A quando la vittoria della 24 ore di Daytona?

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A quando la vittoria della 24 ore di Daytona?
Domenico Parrotta
UN'AMICIZIA SINCERA DI 30 ANNI
La breve storia di un bambino calabrese e un imprenditore-pilota milanese
.
Studio PADO Design
Trent’anni di amicizia
E’ difficile raccontare in sintesi trent'anni di amicizia. Sincera!
Nel 1982, avevo dodici anni, chiesi all’edicolante vicino casa una rivista di
macchine da corsa. Mi propose Autosprint e sfogliandola fui subito attirato
dalla foto di una Porsche rossa-gialla con la scritta “Momo” guidata da un
pilota di nome Gianpiero Moretti.
Dal quel giorno iniziai a seguire le sue corse attraverso gli articoli di
Autosprint; in quel periodo, Gianpiero gareggiava nelle competizioni
europee, Campionato Tedesco Sport, dove si classificò 12° assoluto con 18
punti. Il campionato fu vinto da Bob Wollek; altri piloti forti del periodo
erano R. Stommelen, K. Ludwing, J. Mass, M. Winkelhock, W. Brun....
La mia passione per le corse e per il design mi portò sempre di più a
seguire con interesse le corse di Gianpiero, perché lui rappresentava la
sintesi del pilota-imprenditore di successo, oggetto della mia appassionata
ammirazione. La Momo era leader mondiale del design dell'auto per gli
accessori e il suo grande intuito creò il volante con diametro più piccolo e
impugnatura grande, piccola genialità che ha cambiato in modo definitivo
la storia delle corse.
Un giorno trovai l'indirizzo della Momo e, con un po’ timidezza, decisi di
scrivere una lettera, quasi come se mi stessi rivolgendo ad un “amico di
penna”. Io, piccolo ragazzo di Calabria, scrivevo ad un noto imprenditore
milanese... Non mi aspettavo una risposta. Invece ricevetti la prima
lettera... non ci potevo credere...quel pilota, conosciuto solo attraverso le
pagine di un settimanale, mi rispondeva con tanto di foto .
Da quel momento iniziò una lunga corrispondenza. Io passavo dalle scuole
medie alle superiori, lui correva con la March 83G/Porsche, con la Desire
Wilson passando sulla Alba-Momo Ford con vari piloti come Larrauri,
Sigala. Oltre a scrivergli sul mondo delle corse, gli spedivo dei disegnischizzo per la Momo e Momo Design.
Nella notte di Capodanno del 1984, realizzai dei disegni - tra cui orologi e
volanti, con l'idea di utilizzare anche la fibra di carbonio – e glieli spedii
nei primi giorni di gennaio augurandogli un grande in bocca a lupo per la
gara della 24 ore Daytona 1985 con Alba-Ford.
Gianpiero mi rispose il 28 marzo, in occasione del mio prossimo
compleanno, ricordandomi che il suo era passato da pochi giorni (il 20
marzo) ed aveva compiuto 45 anni, “soltanto 29 più di te!” scrisse.
Nel 1986, le nostre comunicazioni erano sempre di grande interesse: si
parlava sia di design sia delle corse, anche se in quel periodo fece poche
gare con la Porsche 962C della Joest. Mi confidava anche la difficoltà di
trovare sponsor per correre.
Il 1987 fu l'anno delle corse con la March 86G/Buik; la macchina non era
super competitiva, ma correva comunque con un certo successo per
l'immagine italiana in America. Malgrado tutti i suoi impegni, la nostra
corrispondenza rimaneva sempre costante. Spedivo sempre le mie ideeschizzo per la Momo Design (occhiali da sole, scarpe, valigie, pomelli per
auto) e realizzai anche un piccolo quadro composto da un collage di foto e
disegni di tutte le sue auto e prodotti della Momo, che Gianpiero gradì
molto.
Nel 1988, in America, egli partecipò alle gare nel campionato Imsa con la
March 86G/Buik e ricordo una bellissima copertina che Autosprint gli
dedicò con il titolo Fantastico Test, messe a confronto 6 regine dell'ImsaFord Gtp, Nissan Zx Turbo, March Buik, GM Corvette, Porsche 962, Spice
Buik. Ricordo con piacere anche i suoi auguri per il mio diploma di
geometra, mentre io continuavo a spedirgli disegni come il progetto
dell'Alfa Romeo 164 Momo e 75 Turbo America Momo.
Il 1989, per me era il famoso anno della naja; lui corse la 24 ore di
Daytona insieme a Mauro Baldi e altri piloti mentre la nostra
corrispondenza continuava come sempre…
Il 1990, con la fine del servizio militare, mi pose davanti ad un bivio:
continuare a studiare o no? Gianpiero mi aiutò a scegliere la facoltà di
architettura e mi consigliò di abbandonare l’idea di correre perché non
avevo risorse economiche personali. Gli confidai che riprendere gli studi
dopo due anni dal diploma - a causa del servizio militare - sarebbe stato
duro, ma lui rispose: “Dipende tutto da te e dalla tua voglia di studiare”…
Capii che se si vogliono raggiungere dei risultati, si deve puntare alla meta
e così feci.
In quell'anno, lui continuava a correre con la Porsche 962 con copilota
Derek Bell e batteva la strada della Gebhardt 872 con motore Audi provato
a Monza. Nel 1991, mentre io preparavo esami a capofitto, Gianpiero
proseguiva la sua spola tra l'America in Imsa e la sua Momo, ma mi
seguiva sempre chiedendomi come andavano i miei studi. Mi comunicò
anche della nuova Momo per Imsa, la Gebhardt C91- Audi che presentava
ad Hockenheim, macchina bellissima come linea, ma poco prestazionale,
tanto che dopo alcune gare cambiò il motore con un Cosworth. In quel
periodo, restavano costanti anche le mie “spedizioni” di disegni artistici che ritraevano lui con le sue auto - e progetti di design per Momo e Momo
design.
Il 1992 segnò la mia vittoria nel Campionato Italiano Indoor di atletica;
non correvo in auto, ma fin da piccolo facevo atletica leggera. Gianpiero fu
felice della mia vittoria a Verona. Mi scrisse, lasciandole impresse nella
mia memoria, queste parole: “Mi complimento per la tua attività
agonistica e per la tua vittoria a Verona; l'importante è competere sempre,
in qualsiasi settore nel quale possano emergere le capacità individuali.
Quindi vedi che non è strettamente necessario correre in auto”. In quel
periodo, realizzai il disegno, molto particolare di una Sport prototipo, che
presentai a Gianpiero, nel frattempo che lui continuava a correre con la
Porsche 962 C con piloti come H. J. Stuck, F. Jelinski, H. Pescarolo nella
24 ore di Daytona o piloti come Sigala, Larrauri, J. Paul jr, B. Schneider
nelle restanti gare del campionato Imsa Camel GT.
Quell'anno, nel campionato, i costruttori più forti furono la Nissan GTP e
la Toyota, ma Porsche 962 C MOMO ormai dava il passo e riusciva ad
ottenere buoni risultati.
Io, oltre a spedire le mie idee-schizzo, con l'aiuto di Gianpiero realizzai
una Fiat 500 dove gli accessori interni erano tutti Momo, il colore era
rosso momo, il motore bicilindrico realizzato con dei pezzi speciali
realizzati a Maranello... Bei tempi!!
Quell'anno fu realizzata anche una Momo-Allard, auto da competizione
molto avveniristica con forme avanzate che, anni più tardi, sarebbero state
riprese, con risultati più positivi, dalla Pegeout per Le Mans.
Ormai da tempo la corrispondenza scritta fra me e Gianpiero si era
arricchita con quella telefonica, nonostante i suoi vari viaggi in America
per lavoro.
Il 1993 per Gianpiero doveva essere l’anno della svolta nelle gare
americane, perché decise di prendere la macchina più potente del lotto, la
famosa Nissan NTP-90. Corse la 24 ore di Daytona: grande gara, a 2 ore
dal termine erano primi, ma un problema al motore li rilegò, nella
classifica finale, al 6° posto.
Ci sentimmo telefonicamente quando rientrò dall'America, era un po'
deluso ma già stava pensando ad una nuova avventura agonistica.
Era l’ultimo anno che correvano i prototipi coperti per cui aveva in mente
di chiedere alla Ferrari di creare un prototipo scoperto per le gare
americane. Mi raccontava che in America impazzivano per la Ferrari che
correva nelle gare Imsa.
Mi faceva partecipe di questo nuovo progetto, meglio sogno, di correre in
America con la Ferrari. Il figlio di Ferrari era felice dell'idea. Così iniziò
la storia di una leggendaria Ferrari 333 SP, il cui successo commerciale fu
dovuto all'acume imprenditoriale di Gianpiero Moretti.
Nel 1994, alla “veneranda” età di 54 anni, iniziava per lui una nuova
avventura agonistica che lo avrebbe portato ad entrare nella leggenda
automobilistica. Fu un bellissimo anno; personalmente, speravo che la
prima vittoria fosse di Gianpiero, ma fu Jay Cocharn a vincere la prima
gara con la Ferrari 333 SP. Comunque Gianpiero fu felice sia del ritorno
della Ferrari nell'Imsa, sia per le sue tre vittorie con Salazar (2 ore di Lime
Rock, 3 ore di Watkins Glen, 2 ore di Indianapolis).
Ormai con Gianpiero ci sentivamo telefonicamente e quando era possibile
ci incontravamo a Milano. La prima domanda era sempre: “Allora come
vanno gli studi’”. Può sembrare strano, ma la sua attenzione verso
l’andamento dei miei studi, mi era di stimolo per andare avanti con grande
intensità.
Era diventato quasi un rito sentirci il 1° gennaio per scambiarci gli auguri e
“guardare insieme al nuovo anno”. Mi confidò che forse il 1995 era
l'ultima stagione agonistica perché nelle gare di due ore sentiva di più la
“fatica” che nelle gare di lunga durata (24 ore di Daytona o 12 ore di
Sebring). Con disinvoltura, gli risposi che aveva solo 29 anni più di me e
che poteva ritirarsi solo se vinceva la 24 ore di Daytona... Si mise a
ridere...
Nel 1995 corse insieme a Wayne Taylor ottenendo due vittorie e bei
piazzamenti. Io, come di consueto, gli spedivo idee di design, anche se
ormai aveva ceduto una parte della Momo alla Mercury Holding.
Quell'anno realizzai per lui un quadro 100x70 con tutte le auto con cui
aveva corso fino a quel momento e nella lettera di “accompagnamento” gli
ricordai: “A quando la vittoria della 24 ore di Daytona?”.
All'inizio del 1996 mi comunicò i nomi dei piloti – Papis, Wollek, Theys
-con cui avrebbe corso la famosa gara. Non rinunciava al suo sogno, così
partì una nuova stagione agonistica dove, nella 24 ore, arrivò secondo. In
quell'anno Gianpiero aveva voglia di correre anche la 24 ore di Le Mans e
mi confidò che quello poteva essere il momento buono per un successo
della Ferrari.
Per lui fu una vera e propria “maratona” di convincimento, verso la Ferrari
e verso Montezemolo che non vedeva di buon occhio la 333SP, ma si
pensava solo al programma GT F50.
A causa del ritardo dell'assenso, per partecipare alla maratona francese, e
al comportamento poco serio e professionale di Jean-Pierre Moreau,
presidente dell'Asa-Aco, Gianpiero non riuscì a realizzare il sogno di
correre la 24 ore. Non fu molto contento dell’accaduto….
Nel 1997 si presentava ancora ai nastri di partenza dove preferiva correre
le gare di lunga durata come la 24 ore di Daytona con i piloti D. Theys, D.
Bell, A. Hermann o la 12 ore di Sebring con i piloti D. Theys, A.
Hermann, A. Montermini, lasciando le gare veloci a Montermini ed
Hermann che vinsero tre corse con la Ferrari-Momo.
In quel periodo gli comunicai che ero quasi alla fine dei miei studi e che
volevo preparare la tesi sull’argomento del design, in modo specifico sulla
progettazione di un casco innovativo sotto l'aspetto della sicurezza o di un
seggiolino per bambini nel caso di incidenti laterali. Trovò interessante
l’idea di un seggiolino per bambini che derivasse dallo studio dei sedili da
competizione della Momo Corse. Intanto partecipava alla 1000 km di
Monza in preparazione della 24 ore di Le Mans. Finalmente riuscì a
partecipare con la Ferrari 333 SP alla 24 ore con i piloti Theys e Papis.
Arrivò al 6° posto, bella prestazione! Quando tornò da Le Mans lo
chiamai; era contento della gara, ma subito mi chiese se avevo iniziato la
ricerca per la mia tesi, mi teneva sempre “in tensione”. Mi mise in contatto
con il dottor Alberto Agostino - responsabile della Momo Corse, per
aiutarmi nella ricerca sull’uso della fibra di carbonio - e il CSI per
l’omologazione. Così passò un altro anno.
Ci telefonammo, come al solito, per Natale: aveva sempre in testa la 24 ore
di Daytona. Mi comunicò i nomi dei piloti, forse il team giusto per
realizzare il sogno. Gli ritelefonai prima che partisse per l’America, per
augurargli un grande in bocca a lupo. Il resto è entrato nella leggenda della
storia automobilistica mondiale: dopo 31 anni la Ferrari vinceva di
nuovo la 24 ore di Daytona. La notizia la lessi il lunedì su La Gazzetta
dello Sport. Ma la cosa più emozionante fu che la mattina di martedì, verso
le ore 8,45, squillò il telefono a casa dei miei genitori e dopo un po’ sentii
mio padre che mi diceva: “C'è Gianpiero al telefono che ti cerca”. Saltai
dalla sedia e afferrata la cornetta sentii: “Allora che pensi del
risultato?...”. ed io: “Grande, grande, grande, sei entrato nella leggenda
automobilistica”. “Sono veramente felice di questo risultato...” aggiunse e
mi chiese subito a che punto ero con la tesi. Arrivò anche la vittoria di
Sebring, in quel 22 marzo del 1998 e anche quella volta ci sentimmo al
telefono e gli dissi: “Vuoi proprio entrare nella leggenda delle gare di
durata...” e lui si fece una gran risata. Io ero nella fase finale della stesura
della tesi. Gli spedii la relazione, più di 70 pagine. La trovò veramente
interessante perché innovativa sotto l’aspetto progettuale: infatti, di un
seggiolino per bambini che metteva in risalto la sicurezza passiva ed attiva,
in quel periodo, in Europa, non se ne occupava nessuno, e mi diede due
dritte per migliorare la presentazione. Lo invitai a presenziare alla mia
laurea, nel maggio del 1998, anche perché era stato inserito come
collaboratore esterno, ma non riuscì perché la data coincideva con la
preparazione della 24 ore di Le Mans (7-8 giugno 1998).
Mi laureai con il massimo dei voti e la pubblicazione della tesi. Stavolta fu
lui ad essere contento del mio successo universitario. Ci sentimmo
telefonicamente, parlammo della mia laurea e poi mi confidò che non
vedeva bene la 24 ore di Le Mans, era impossibile la vittoria assoluta viste
le super prestazioni delle Gt Porsche, Toyota e Nissan e poteva competere
solo con la categoria Sport LMP1 dove era presente la Bmw V12 Le Mans;
mi disse inoltre che aveva intenzione, a fine anno, di ritirarsi dalle corse;
ormai sentiva sulle spalle i suoi 58 anni. Io gli dissi che prima dovevamo
correre insieme una 24 ore di Daytona e poi si poteva ritirare; lui mi
rispose, come in tutti gli anni precedenti, che dovevo solo pensare al mio
futuro di architetto.
La 24 ore di Le Mans non fu fortunata, comunque Gianpiero ricevette il
premio da parte degli organizzatori come team più organizzato
professionalmente. Tra fine giugno e inizio luglio ci incontrammo a
Milano e parlammo un intero pomeriggio di corse…si sentiva nell'aria la
volontà di ritirarsi anche se con una grande sensazione di malinconia…
dopo 37 anni nelle corse... praticamente una vita.
Chiuse la carriera con la vittoria alla 6 ore di Watkins Glen. In quell'anno,
le tre vittorie delle gare più famose d'America portarono il team Moretti
Racing e Gianpiero nell'olimpo dei grandi dell'automobilismo di durata.
Alla fine del 1998 realizzai un quadro 70x100 dal titolo “il sogno”, con le
immagini più belle della gara di Daytona e il modellino della mia tesi: il
seggiolino per bambini.
Mi comunicò che aveva portato tutto nel suo ufficio della Baglietto, dove
andai in seguito a trovarlo.
Mi chiese cosa volevo fare da “grande”; parlammo per due ore dei miei e
dei suoi progetti nuovi come la Mokart e la Moretti Racing e Baglietto ...
ormai la Momo era solo un ricordo.
Dal 1999 in poi le nostre comunicazioni divennero più continue. Gli
comunicai che avevo superato l'esame di abilitazione alla professione e fu
veramente contento: “Adesso non sei solo un dottore in architettura, ma
un vero architetto...”.
Per me iniziò la vera avventura della vita, il lavoro che mi avrebbe portato
a varie esperienze: dalla creazione di una rivista d'arredamento alla
progettazione, alla collaborazione per un mensile dedicato all'auto…
In quell'anno, partecipai anche al concorso della Mitsubishi Motors
International Design Competition 99; su 255 partecipanti eravamo solo 9
italiani e 1 solo del sud. Ne parlai subito con Gianpiero, che mi spronava e
mi insisteva a partecipare a concorsi di design, e così feci: avevo meno di
20 giorni per spedire tutto in Giappone!
Disegnai in poco tempo una macchina elettrica con motori elettrici su ogni
ruota (tipo 4x4), con una formula modulare per passare da due posti fino
ad arrivare a sei; l’idea piacque ai giapponesi come a Gianpiero. In quel
periodo fui uno dei primi a provare il nuovo circuito al coperto della
Mokart a Cinisello Balsamo; il disegno del circuito veniva dalla sua
esperienza nel mondo delle corse.
Lui ormai si occupava solo della Mokart e della Baglietto, altra grande
passione di Gianpiero erano la nautica e il mare; tante volte mi promise
che sarebbe venuto in Calabria, ma era sempre molto preso dal suo lavoro.
Per motivi di lavoro mi trasferii a Reggio Emilia, per cui i nostri incontri
diventarono molto più frequenti. Ormai non gli interessava più il mondo
delle corse, aveva messo una grande pietra sul quel periodo. Un giorno gli
dissi scherzando: “Non hai proprio più intenzione di correre?”. Mi rispose
che ormai aveva la sensazione del vomito, solo al pensiero. Nuovi eventi e
difficoltà di vario genere lo avevano portato a distaccarsi totalmente dal
quel mondo che, vissuto sempre in corsa, il giorno che ti fermi, ti sembra
così fermo e lento...
In quel periodo oltre alla consolidata amicizia con Gianpiero nacque anche
quella con i suoi figli, Matteo e Marco.
Negli incontri di quel tempo si parlava poco di corse, ma molto del mio
lavoro e delle difficoltà che si incontravano.
Lui si mostrava sempre positivo, anche se nei suoi occhi si leggevano le
difficoltà della sua vita: l'avanzare dell'età e della malattia.
Intanto io iniziai a provare la Predator's e lui con molta solerzia mi dava
consigli chiari: “Le gare devono essere solo un divertimento, mai farsi
travolgere dalla pura passione...”.
Gianpiero inoltre portò avanti un progetto per una vettura destinata alle
zone turistiche del mare. Realizzò un prototipo su progetto della Renault
Kangoo. L'idea era quella di creare un'auto da diffondere come la nuova
“spiaggina”. Come al solito mi rese partecipe del progetto; dedicò molto
tempo alla creazione del modello che, però, non ebbe seguito perché la
Renault non aveva intenzione di realizzare un'auto così particolare. Questi
modelli erano molto diffusi negli anni '50-'90. Gianpiero, come al solito,
precorreva i tempi con le sue idee. Forse, oggi, i tempi sono maturi per la
creazione di una nuova “spiaggina”…
Nel 2007 gli mostrai i bozzetti della Predator's PC008 e la filosofia
progettuale scelta: “Massimo divertimento al minimo costo”.
Dopo aver visto i bozzetti e ascoltato le mie parole disse: “l'idea è
innovativa, l'unica difficoltà è convincere i piloti che si possa correre con
pochi soldi”. Era così entusiasta del progetto che per un lungo periodo la
Predator's PC008 fu esposta alla Mokart con grande successo.
I nostri incontri diventavano quasi ciclici; si discuteva sempre del lavoro e
del cambiamento del mondo economico.
Ricordo benissimo quando dovevo realizzare dei bozzetti per un'auto
sportiva a due posti, sulla falsariga della Lotus Elise per conto di Tullio
Abbate. Con la totale freddezza dell'imprenditore mi disse che non era
momento per realizzare una sportiva; la crisi economica in atto non mi
avrebbe permesso di trovare dei finanziatori. Era proprio una cruda realtà:
ancora oggi non siamo riusciti a trasformare il modello in clay in un'auto
vera...Alla fine del 2010 ci incontrammo alla Mokart dove ormai egli si
recava sempre più di rado. Nel gennaio 2011, al telefono per i consueti
auguri, dalla sua voce trapelava una leggera stanchezza fisica; purtroppo la
malattia stava prendendo sempre di più il sopravvento. Intanto portavo
avanti il progetto della nuova Predator's PC010 e lo tenevo sempre
aggiornato.
Ci sentimmo per il suo compleanno il 20 marzo: la sua voce era più stanca
del solito. Avrei dovuto andare a trovarlo nel mese di giugno, ma finii tardi
una riunione di lavoro, quindi ci sentimmo telefonicamente. Ormai, a
causa delle difficoltà che gli procurava la malattia, trascorreva le sue
giornate isolato in casa.
L'appuntamento slittò in agosto: ma quando provai a telefonargli per
fissare il giorno, non ebbi risposta; solo qualche giorno dopo Matteo mi
comunicò che aveva avuto una grave ricaduta. Capii che stava per
“spezzarsi” un periodo importante della mia vita. Matteo e Marco mi
tenevano aggiornato sulla sua situazione di salute. In autunno riuscii
finalmente a risentirlo, ma la sua voce non prometteva grandi cose!
A Capodanno del 2012 ero indeciso se telefonargli. Pensai: “Per
trent'anni ci siamo scambiati gli auguri, voglio fargli sentire la mia
presenza anche in questo momento di difficoltà”. Allora, con tanta
timidezza, la stessa quasi di quando gli spedii la mia prima lettera 30 anni
prima, lo chiamai.
Dopo un po' di squilli rispose con la voce molto affaticata: mi riconobbe
subito e, dopo lo scambio degli auguri, mi confidò che aveva trascorso
quegli ultimi giorni a letto, forse per farmi capire in che stato lo aveva
ridotto la malattia.
Più tardi scoprii dai figli che quella fu la sua ultima telefonata: da allora si
aggravò in modo irreversibile. E' deceduto la mattina presto di sabato 14
gennaio. Domenica 15, alla premiazione del campionato F. Promotion
parlavo con i piloti della mia amicizia con Gianpiero e delle sue corse in
America... non conoscendo la triste realtà... la vita è proprio strana.
La cosa più inverosimile è che ho scoperto della sua dipartita attraverso la
rivista Autosprint che, 30 anni prima, me lo aveva fatto conoscere...
Martedì 17 gennaio, dopo aver letto l'articolo di Mannucci, telefonai subito
Matteo il quale mi confermò l'accaduto e mi comunicò che, nella
mattinata, tutti gli amici più stretti si incontravano per porgergli un ultimo
saluto. Senza pensarci due volte, spostai i miei appuntamenti di lavoro e
partii per Milano per rimediare a quell'incontro rinviato molte volte.
Trovandomi davanti al suo feretro capii che, purtroppo, si era conclusa,
almeno nella parte terrena e fisica, un’autentica e vera amicizia durata
trent'anni.
Ciao Gianpiero.
Domenico Parrotta - Flamax Team
Campione Italiano Predator's PC008 2012 “Trofeo Flavio Di Bari”
Campione Italiano Team 2012 “Trofeo Flavio Di Bari”
Studio PADO Design
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