Beltel FEBBRAIO 2002

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Beltel FEBBRAIO 2002
dal 1995
èBeltel
rapporto mensile indipendente sulle comunicazioni promosso da Gianni Di Quattro
bundling people
belvedere
le tlc nel nostro sistema economico, Paolo Bassi
controluce, Franco Morganti
visto da Elfo
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Comitato
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Sandro Frova
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Franco Morganti
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Comitato di redazione
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responsabile
Marina Mascazzini
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via Cassolo, 6
20122 Milano
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mercato
primopiano
proiezioni, Maurizio Decina
oligopolio e concorrenza, Sandro Frova
da persona a persona ai bordi della rete, Franco Carlini
analisi
discussione sul futuro della new economy, Sergio Mariotti
grazie e disgrazie nel futuro di Silicon Valley, Bernardo Parrella
occhio alla privacy! Rocco Panetta
attualità
pronto, Beltel?
elettromagnetismo: invenzione o realtà? Andrea M. Sacripanti
notizie
umts in Europa
da New York, Sandro Malavasi
oltre il mercato
regole
commenti, Claudio Leporelli
da Bruxelles, A. Fratini e F. Filpo
le regole del mercato, Silvia Venturini
chiarimenti in materia di servizi wholesale, Giovanni Crea
l’oracolo di Beltel
economia
public utilities e investimenti in tlc, L. Prosperetti e M. Merini
dai mercati, Walter Galbiati
tecnologia
bollettino tecnologico, Vittorio Trecordi
formazione spazio all’e-learning
le interviste
fatti, analisi e tendenze nelle tlc, François de Brabant
essere un operatore alternativo, Elserino Piol
municipalizzate e tlc un matrimonio difficile, Alberto Cazziol
pagine utili
febbraio 2002 n. 2
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le tlc nel nostro sistema economico
intervista a Paolo Bassi
a cura di Pasquale Alferj
Paolo Bassi è consulente di direzione strategica e organizzativa di grandi gruppi industriali e finanziari
italiani ed esteri. Si è occupato della riorganizzazione del Gruppo Montedison e degli aspetti strategici e
finanziari di processi di acquisizione (es. BI-Invest, La Fondiaria, Antibioticos) e di disinvestimento. Ha
ricoperto numerosi incarichi nei Consigli di Amministrazione di aziende e gruppi finanziari non soltanto
italiani. Fino all’aprile scorso è stato Presidente di Banca Popolare di Milano che, sotto la sua presidenza
si è trasformata in Gruppo bancario ed è cresciuta, in redditività. Nel 2000, l’utile netto di BPM è stato del
33% in più rispetto al ’99.
E’ laureato in sociologia. Ha svolto studi di fisica e Business Administration negli Stati Uniti e in Francia.
Insegna Economia e Organizzazione Aziendale presso il Corso di Laurea in Informatica alla Facoltà di
Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Parlando di telecomunicazioni, il più delle volte assumiamo un punto di vista tutto italiano. E’ secondo
Lei un modo corretto?
Le telecomunicazioni rappresentano, assieme alla finanza, il primo vero settore completamente
globalizzato. Interconnessione e dimensione costituiscono i suoi elementi motori e contestualmente
di potenziale crisi. Questo vuol dire che non è possibile ragionare sulle telecomunicazioni assumendo
come ambito geografico di riferimento il paese (es. l’Italia) o una Regione ( es. l’Europa), perché il
mondo delle telecomunicazioni costituisce di per sé un territorio. Un territorio continuo.
Quali sono i problemi che il settore deve ancora affrontare e risolvere?
Tre sono i punti che, secondo me, bisogna tenere a mente. Primo. Le telecomunicazioni non sono
ancora un settore maturo. Ciò significa che non c’è ancora una ‘tecnologia’ stabilizzata. Gli investimenti
in Ricerca & Sviluppo sono molto importanti. L’Umts, di cui si parla molto, è ancora una tecnologia allo
stadio ‘virtuale’. Teoricamente funziona, ma è stata provata in misura limitata, sperimentale. Un’altra
tecnologia potenziale è quella della trasmissione del segnale digitale telefonico attraverso i cavi elettrici
ed è evidente che, una volta operativa, renderebbe gli operatori della power generation fortissimi
perché ogni casa dispone già di una installazione elettrica. Ma anche questa è una tecnologia di cui si
parla molto ma non ancora affermata. Identico discorso per i satelliti e per il cavo che rappresentano
delle alternative all’Umts. Infine, è ancora tutto aperto il discorso sulla convergenza tv-tlc .
Vale a dire…
La mia opinione è che non siamo ancora in presenza di una tecnologia dominante. Quelle che ho citato
sono funzionanti ma non sufficientemente sperimentate e sviluppate e, soprattutto, sono disponibili a
costi ancora troppo elevati. La competizione tra tecnologie, ed è questo il punto da tenere sempre a
mente, riguarda tutto il mondo delle telecomunicazioni. Ne è l’elemento unificante. Riguarda gli americani come gli europei e i giapponesi. Il problema è scegliere una tecnologia che sia quella vincente.
Per esempio?
Negli Stati Uniti la competizione è tra il cavo e il ‘mobile’. E, in questo momento, sta prevalendo il cavo che
a sua volta trascina la “banda larga”. E questo spiega perché laggiù il discorso sull’Umts non è così forte.
Quindi …
Se il primo punto fermo è che le tecnologie disponibili sono diverse, non necessariamente convergenti e tra loro in lotta per conquistare il primato, il secondo è il mercato. Sto cercando di evidenziare
quelli che per me sono i punti fermi di un discorso intorno alle telecomunicazioni. So bene che nella
realtà tecnologia e mercato si presentano intrecciati.
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Continui…
Una volta che hai scelto la tecnologia, perché ormai stabile, e su questa hai investito - non fosse altro,
come nel caso dell’Umts, per acquistare la licenza - devi continuare a investire per mettere a punto la rete.
E devi pensare ai servizi che offrirai. Prima di andare avanti è necessario però fare una precisazione.
Quale?
Io credo che alla fine, tra le tecnologie - che richiedono tutte grandi investimenti e alle spalle delle
quali ci sono affermati operatori - prevarrà quella più in sintonia con l’evoluzione della società perché
nel mercato verranno giocate due partite. La prima sarà quella dei produttori che spingeranno privati
e aziende ad adottare la nuova tecnologia. L’abbiamo già visto all’interno di questo settore con il
Tacs, la versione iniziale del telefono portatile, che già soddisfaceva le esigenze di base dell’utente.
Il passo successivo, il Gsm, offriva un maggior numero di prestazioni che venivano e vengono però
usate solo da un numero esiguo di utenti. Il fatto però di essere più potente, ha allargato l’immaginario degli utenti. “Non l’utilizzo tutto, ma potrei sfruttarne tutta la potenza!”, ecco cosa ogni utente può
pensare. E non dobbiamo stupirci. In fondo un computer , grazie al quale si possono mandare uomini
sulla luna, viene usato per spedire e-mail al fidanzato o alla fidanzata o per convertire le lire in euro!
La seconda è la partita giocata dagli erogatori di servizi. Tutta questa tecnologia serve fondamentalmente a trasferire molte informazioni in una unità di tempo sempre più breve. Questo significa che
devi disporre di una enorme quantità di informazioni da veicolare. L’affermarsi di una determinata
tecnologia è quindi legata allo sviluppo dei servizi. E’ una cosa che spesso viene dimenticata. E’ il
successo dei servizi che trascina la tecnologia e non viceversa. Successo dei servizi vuol dire loro
convenienza. Internet non avrebbe raggiunto l’attuale diffusione se non ci fossero stati, a spingerla,
la posta elettronica e la pornografia. Se l’e-mail ha semplificato e velocizzato la comunicazione
scritta a distanza, l’industria del porno ha dato alle persone in rete, via internet, la possibilità di
accedere a questo servizio senza avere il problema di andare nei sexy shop o nei ‘privè’. Del resto è
noto che come giacimento d’informazioni internet è usata solo in minima parte.
Un altro esempio di convenienza lo offre, questa volta, la telefonia cellulare. Col portatile non è più
necessario comprare la scheda, cercare una cabina telefonica, fermarti, fare eventualmente la coda, ecc.
La parola d’ordine è “convenienza”: ossia un prezzo adeguato per soddisfare un’esigenza.
E se questo ragionamento lo applicassimo all’Umts…
L’errore che spesso facciamo è di concentrare la nostra attenzione sulla tecnologia e di dimenticare il fattore
convenienza. Non averlo fatto ha significato che non ci si è interrogati sul modello di business legato all’Umts.
Se non si riesce a trovare l’elemento di servizio, di convenienza, che funge da traino forte, non ci sarà
successo. I servizi multimediali che dovrebbero utilizzare le reti 3G restano da inventare. L’elemento
forte, necessario allo sviluppo di questo sistema, è da ricercare soprattutto nel coinvolgimento della
Pubblica Amministrazione. Se si riuscisse a trasferire, a diffondere alcuni grandi servizi: la sanità, il
catasto,… e non solo da noi, ma in tutto il mondo, ecco che allora si avrà quella massa critica che ne
faciliterà e ne garantirà il decollo.
Per le licenze Umts, il tesoro italiano ha incassato 1.224 mln di Euro, quello britannico 38,4 mln di
Euro e il tesoro tedesco addirittura 50,8 miliardi di Euro. Si è trattato di un costo esorbitante, tanto da
mettere in difficoltà gli operatori che hanno vinto le gare.
La vendita delle licenze Umts può essere letta come un grande trasferimento di denaro dagli ex
operatori pubblici allo Stato. Le società telefoniche sono state messe sul mercato, privatizzate a
valori ridicoli rispetto a quanto oggi capitalizzano in borsa. Per gli Stati europei si trattava di vendere
per rimettere a posto i conti viste le dimensioni del debito pubblico e la necessità di abbatterlo nella
prospettiva di Maastricht e della moneta unica.
La gara per l’acquisto delle licenze ha inoltre mostrato che il meccanismo dell’asta è in assoluto lo
strumento che massimizza i risultati per chi vende. Ha lasciato le aziende delle telecomunicazioni
indebitate, ma non al punto da essere in difficoltà. Oggi i tassi d’interesse sono bassi, vicini al nominale. L’inflazione è assente. E il costo del denaro può essere ancora abbassato con sofistificazioni
finanziarie. Non bisogna quindi drammatizzare. Il tipo di servizi tradizionali che questi operatori
erogano - sia nel fisso sia nel mobile - sono tanti e tutti fondati sulla rotazione degli asset. Per
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generare ricavi è sufficiente spingere le vendite e articolare l’offerta. Un modesto lavoro di marketing!
I grandi operatori sono ancora quelli ex pubblici e conservano, dappertutto, quote di mercato molto
alte. Oltre ai grandi operatori nazionali, abbiamo poi una pletora di piccoli che non hanno la dimensione necessaria per competere.
Un po’ come nella finanza?
Si. Ci saranno alcuni grandi players mondiali che si conteranno sulle dita di una mano e tanti piccoli
operatori locali che troveranno delle soluzioni mediante aggregazioni o delle posizioni di nicchia
(tecnologiche, geografiche, di contenuti) o spariranno.
Che ruolo gioca la politica in questo settore?
In tutto il mondo questo è un settore regolamentato. Politica e Stato giocano un ruolo importante. Pensi
alle tariffe, ai contratti, alle autorizzazioni, ai modelli di business, alle leggi, alle licenze, ai regolamenti…
Le telecomunicazioni possono rappresentare l’occasione per modernizzare il nostro capitalismo?
Noi scontiamo una sorta di ‘peccato originale’. Da quando, con la prima guerra mondiale i capitali
tedeschi, svizzeri e austriaci hanno abbandonato il Nord del Paese, l’Italia si è sviluppata in assenza
di un sistema di grandi industrie. Il nostro è il capitalismo delle piccole e medie imprese. Siamo,
paradossalmente, ancora nella fase dell’ ‘iniziativa privata’!. Da qui al capitalismo moderno la strada
è lunga…Il passaggio alla grande impresa significa capacità di dimensionarsi in modo da avere
un’organizzazione strutturata in grado di generare ricchezza e stabilità nel tempo. La grande impresa
ti permette di selezionare i gruppi dirigenti, di investire in formazione e, soprattutto, in organizzazione. L’investimento in organizzazione crea quella capacità di generare cultura e valori che è alla base
dell’evoluzione di un’impresa. L’ Italia ha fatto questo tipo di esperienza in modo molto limitato. Come
grande impresa ha avuto solo Fiat e le aziende pubbliche. Le vere grandi imprese internazionali
influente e presenti in tutto il mondo, sono Fiat ed Eni. Le altre, quelle dell’Iri per intenderci, pur
importanti per quanto riguarda la generazione di una cultura dell’organizzazione e del management,
avevano degli obiettivi più “sociali” che di mercato.
E quindi?
L’assenza di esperienze di grande industria ha fatto si che da noi manchi quella cultura che permette
di vedere le cose prima, di anticiparle, pianificarle, ragionando con un orizzonte temporale più lungo
di quello di un medio-piccolo operatore. Noi abbiamo perso i grandi appuntamenti che la crescita
economica, lo sviluppo dell’industria e l’evoluzione della società ci hanno offerto: l’elettronica, i microprocessori, i nuovi materiali, la farmaceutica. Tutti i settori che richiedono cultura e capacità
organizzative, ci sono sostanzialmente sfuggiti.
Nelle telecomunicazioni stiamo ripetendo lo stesso schema. Abbiamo un’azienda, Telecom Italia,
forte nonostante l’attuale indebitamento, ma con una struttura di controllo inadeguata rispetto al
livello di competizione mondiale. Dimentichiamo sempre che in tutto il mondo non c’è una sola azienda di telecomunicazioni che sia controllata in maggioranza da una famiglia o da un gruppo industriale
o da dei privati. Sono tutte public company. Il problema delle public company non è solo una questione di “governance”. E’ una questione legata alla capacità d’investimento dell’impresa, alla capacità di
presentarsi sul mercato per raccogliere soldi, convincendo gli investitori che tu riesci a farli fruttare
meglio di un altro. Meglio di un tuo concorrente o di un investimento alternativo, insomma come in un
contratto da rispettare. E’ questo il punto di vista che assume il management di una public company!
Quando invece un’azienda è controllata da nuclei di azionisti privati, ogni volta che ti rivolgi al mercato, devi
costruire dei “marchingegni” particolari - tutti legali, tutti moralmente corretti, tutti previsti e regolati dal codice
civile e dal diritto d’impresa - perché devi tutelare prima di ogni cosa la posizione del gruppo di controllo.
Oggi in Italia, la “governance” è un termine d’uso comune. Tutti la vogliono…
Si, ma in una maniera tutta italiana. Quella esemplificata in un concetto ormai noto a tutti e usato fino
all’abuso, alla “Gattopardo”: una “governance” che cambi tutto, senza cambiare niente, senza effetti
correttivi. Il perché è semplice: comporre interessi diversi significa distribuire il potere tenendo conto
di tutti gli interessi, cioè degli interessi di tutti. E non di “uno solo”.
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controluce
Franco Morganti
Crescere, ma altrove
Il panorama nazionale delle tlc sembra sconfortante. Tutti i servizi sono in saturazione, compresa la
telefonia mobile. La crescita ulteriore di Internet chiede tecnologie che non sono ancora disponibili,
come Umts e tv digitale terrestre. Le aziende della net economy che attendevano denaro dalla Borsa
per completare i loro investimenti hanno dovuto ripiegare su strategie di attesa. Anche le linee di
credito garantite da alti valori dei titoli si sono assottigliate. Ci si aspetta molto dalla larga banda,
dove dobbiamo recuperare un gap, ma non si sa quando decolleranno misure di sostegno della
domanda e dell’offerta, secondo quanto suggerito dalla Task Force.
Che fare? Sembra proprio di essere in un loop. Ma ancora una volta, se la montagna non va a
Maometto, è Maometto che deve muoversi.
In una recente convention di Alcatel è emerso che nel Sud-Europa, la loro cosiddetta Area 5, i tassi
di crescita di Grecia, Romania, Bulgaria e altri 12 paesi dell’area, hanno più che compensato i modesti tassi italiani: il mercato delle vendite di apparati e servizi agli operatori è salito del 15%, quando
nell’Europa centrale gli investimenti dei carrier sono in declino. Ovviamente si tratta di paesi che si
trovano in un diverso punto del ciclo, dove gli stessi incumbent stanno completando investimenti di
base e dove la liberalizzazione ha cominciato da poco a dare risultati. Ma questo appunto dimostra
che il mercato delle tlc, che manifesta ancora caratteristiche nazionali abbastanza spinte, da altri
punti di vista non può che essere globale e soltanto su questa scala può trovare economie di scala e
tassi di crescita ragionevoli.
Non si ha la sensazione che questo messaggio sia percepito interamente dalle nostre parti: la logica
sembra ancora quella di attendere la montagna o talvolta addirittura di disinteressarsene, con qualche lodevole eccezione.
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primopiano
crescita del mercato della sicurezza Ict in Italia
Maurizio Decina
Direttore Scientifico Cefriel, Politecnico di Milano
La sicurezza dei sistemi informativi, delle reti locali e aziendali e delle loro connessioni Internet, è un
settore in fortie sviluppo in tutte le sue componenti: hardware, software e servizi di sicurezza. Anche
il mercato italiano è in forte espansione, come dimostrano i dati forniti da IDC nel seguito (fonte IDC.)
Servizi
146,0
Hardware
61,3
154,4
Software
tipologia
servizi
(mlUS$)-2001
dettaglio
Consulenza,
Integrazione
cagr '01-'00
di
sistema,
27,2%
Monitoraggio e gestione, Formazione
software
Sicurezza 3A, Firewall, VPN, IDS Software,
24,9%
Antivirus, Crittografia,...
hardware Firewall, Biometria, Token & Smart Card,…
47,3%
Mercato della sicurezza in Italia nel 2001, in milioni di dollari statunitensi.
(Fonte: IDC 2001.)
La figura 1 mostra le quote delle varie componenti del mercato italiano della sicurezza ICT nell’anno
2001. Su un fatturato totale di circa 360 milioni di dollari statunitensi il software e i servizi hanno
quote attorno al 40%, mentre l’hardware ha una quota di mercato dell’ordine del 20%. I servizi
comprendono tutte le attività che vanno dalla consulenza sulle politiche e sulle realizzazioni della
sicurezza alla realizzazione e l’integrazione dei sistemi, dalla gestione e monitoraggio della sicurezza
fino alla formazione delle risorse umane. I dispositivi hardware e software comprendono tutti i meccanismi di difesa della sicurezza perimetrale (ove il perimetro si affaccia a Internet) e interna alle
aziende e alle pubbliche amminastrazioni. Autenticazione, Autorizzazione e Amministrazione (3 A)
sono funzioni chiave per garantire la sicurezza dei sistemi informativi distribuiti in rete e si stanno
rapidamente arricchendo di meccanismi basati sull’identificazione biometrica degli individui (riconoscimento della voce, dell’iride, delle impronte digitali, dell’impronta della mano, della configurazione
della faccia, ...) e sull’impiego di dispositivi di riconoscimento individuale (token e smart card).
I classici dispositivi di sicurezza in Rete (Intranet e Internet): Firewall, Virtual Private Networks,
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mercato .............................................
Milioni di $ USA
Intrusion Detection Systems, e Antivirus si stanno diffondendo in svariate forme hardware e
software adatte al tipo di azienda o ente a cui sono dedicati e al tipo di gestione e di monitoraggio
cui saranno sottoposti i dispositivi stessi.
IDC prevede una crescita sostenuta di questo mercato nei prossimi quattro anni: Il CAGR previsto dal
2001 al 2005 è compreso tra il 40 e il 50%, mentre la crescita del mercato prevista nel 2002 rispetto
al 2001 è compresa tra il 70 e l’80%!
700
600
500
400
Software
Hardware
Servizi
CAGR ’01-’05
45%
300
200
100
0
2000 2001 2002 2003 2004 2005
Mercato della sicurezza in Italia dal 2000 al 2005, in milioni di dollari statunitensi.
(Fonte: IDC 2001.)
L’istogramma mostra le previsioni di IDC 2001-2005 per il mercato italiano della sicurezza ICT scomposto nelle tre componenti, hardware, software e servizi. I servizi, ad esempio, passano dai 146
milioni di dollari del 2001 ad oltre 600 milioni di dollari nel 2005 con un CAGR del 45%.
Nella sequenza di dati forniti spicca il rilevante impulso di crescita previsto nell’anno 2002.
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primopiano
oligopolio e concorrenza nella telefonia
una nota stonata sul fronte finanziario?
Sandro Frova
Università L. Bocconi, Milano
Nel corso di soli sette anni il mercato italiano della telefonia ha subito una serie di shock assolutamente straordinari e positivi per la concorrenza e per i consumatori:
– è caduto il monopolio nella telefonia fissa, e si cominciano a vedere alcuni segni di concorrenza;
– si è sviluppata una concorrenza effettiva nella telefonia mobile;
– si è (più di recente) compiuto il fenomeno della convergenza fisso/mobile, almeno per una parte del mercato;
– si è assistito al fiorire di nuove iniziative imprenditoriali, molte delle quali -come è purtroppo e
“per fortuna” (nel senso che questo è uno dei migliori indicatori della vitalità del sistema di mercato) inevitabile- non hanno avuto successo o si dibattono in acque decisamente agitate;
– i prezzi sono calati sensibilmente, e continuano a calare;
– la qualità e la differenziazione dei servizi sono cresciute notevolmente.
Rispetto a questo -semplificatissimo- quadro, una prima osservazione, banale ma importante, è che
assai raramente, forse mai, nella storia dell’economia moderna un settore ha compiuto tanto rapidamente una metamorfosi così radicale. Dal punto di vista della struttura dell’offerta, la dinamica ha
seguito con una certa precisione il modello del ciclo di vita: il numero delle imprese è cresciuto
rapidamente, fino al momento in cui –complice il rallentamento della domanda e della dimensione
economica del mercato- si è avviato il processo di selezione. E’ ben vero che la concentrazione –pur se
diminuita- è rimasta elevata, ma ciò appare del tutto inevitabile in un business caratterizzato da risorse
scarse (mobile/frequenze) ed oggettive barriere (fisso/ultimo miglio). Forse sarebbe potuta andare un
po’ diversamente, se solo gli entusiasmi per l’inarrestabilità del circolo virtuoso fra nuovi prodotti/servizi
- nuovi mercati – crescente disponibilità al consumo avessero trovato conferma: purtroppo non poteva
essere così, ed i business plan delle mille società Internet abortite o il flop del WAP mostrano –se ve ne
era bisogno- che alla fine ogni nuova iniziativa è comunque soggetta a rischio.
Un secondo punto riguarda la performance economica delle imprese. E qui il mondo si divide nettamente
in due: da un lato Telecom Italia (pur se in calo), TIM ed Omnitel (ambedue in progressione) mostrano
conti economici eccellenti; tutti gli altri, di fatto, rimangono ancora “in rosso”, ed è assolutamente ovvio
che non potranno rimanervi in eterno. Quanto ai primi, le differenti dinamiche riflettono la convergenza
progressiva della domanda –processo in cui il fisso perde ed il mobile guadagna- oltre alla bravura (e
perchè no, alla fortuna) di TIM ed Omnitel nel creare e trovare un terreno estremamente fertile; sulla
tenuta di TI, poi, hanno certamente pesato i tempi del cambiamento del quadro regolamentare. Quanto
ai secondi, invece, nonostante siamo chiaramente entrati in una fase di concentrazione/selezione che
dovrebbe sfociare in miglioramenti di performance sia nel fisso che nel mobile, le prospettive rimangono
a mio giudizio più incerte ed in alcuni casi occorrerebbe interrogarsi sui modelli di business prescelti.
Infine, non si può fare a meno di spendere qualche parola sulle condizioni di entrata che determinano il successo/insuccesso dei nuovi operatori, sia nel fisso che nel mobile. In primo luogo, pare
confermata la regola del pollice secondo la quale il “secondo” comunque ce la fa: ciò è lapalissiano
nel caso del mobile, ma sembrerebbe doversi avverare anche nel fisso; quello che forse stupisce,
e che distingue parzialmente l’esperienza italiana da quella di alcuni altri paesi, è la grande difficoltà di affermazione del terzo (per non parlare del quarto) operatore, sia fisso che mobile. Rispetto
a questo ultimo tema, certo una influenza significativa è stata giocata da tempi e modi della
liberalizzazione, e –per la telefonia mobile- dal macigno finanziario della gara UMTS.
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XXX
Questa lunga premessa per dire, in sintonia con l’articolo di Pontarollo sulla Oligopolizzazione dei
mercati (Beltel, gennaio 2002), che non bisogna aver paura degli oligopoli (in fin dei conti, l’oligopolio
è la condizione normale di quasi tutti i business), e che il processo di concentrazione che caratterizza
tutta la filiera del sistema delle comunicazioni riflette una serie di razionalizzazioni probabilmente
inevitabili e tutto sommato positive. Va sottolineato, tuttavia, che disponibilità e costi del finanziamento hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo del business, ed è importante che la variabile finanziaria non costituisca un fattore di discriminazione nell’arena competitiva; se osservata in questa ottica,
la selezione attuale e futura dei competitors potrebbe essere fortemente influenzata dalla loro forza
finanziaria e dalla loro necessità di accedere a nuovi finanziamenti.
L’esperienza recente mostra l’esistenza di grandi differenze di comportamento e di performance a
seconda dei modelli di finanziamento; ad esempio, nel panorama italiano vi è:
a) chi ha raccolto capitali di rischio attraverso collocamenti, ed il cui “rispetto” dell’equilibrio economico/finanziario previsto dal business plan sta alla base della permanenza sul mercato: ad esempio, si considerino i casi di e-Biscom e Tiscali da un lato, di Freedomland e di e-Planet (quest’ultima ricapitalizzata) dall’altro;
b) chi invece gode del sostegno finanziario di una compagine azionaria ristrettissima, i cui profitti
derivano da una storia di monopolio in un altro business: è il caso di Wind, le cui ricapitalizzazioni
ed operazioni di finanziamento sul mercato avrebbero forse avuto sorte diversa se alle spalle non
vi fosse stato Enel, gigante a controllo pubblico;
c) chi ha una compagine azionaria non pienamente omogenea e soggetta –per vari motivi- a tensione finanziaria: è il caso di Blu, che ha visto alcuni azionisti di riferimento manifestare chiari segni
di disimpegno, anche a costo di incorrere in gravi perdite secche.
Essendo Blu ufficialmente in via di cessione/smembramento(*), viene automatico domandarsi se non
vi sia almeno una nota stonata – in termini di regole della concorrenza - nel processo di concentrazione oligopolistica. Detto in altri termini: chi si sente di escludere che, ove Wind non avesse potuto
godere della deep poket di Enel, quote di mercato e risultati economici di Blu avrebbero potuto essere
migliori, con tutto quello che ne deriva?
(*) Forse, quando questo numero di Beltel sarà uscito, si conoscerà già la conclusione della vicenda.
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primopiano
da persona a persona ai bordi della rete
Franco Carlini
La copertina del 4 ottobre 1999 del settimanale americano Business Week rappresentava in versione
tecno il famoso affresco della Cappella Sistina dove tra l’indice proteso di Dio e quello di Adamo
scocca la scintilla dell’intelligenza e della vita. “The Internet Age” era il titolo, evidentemente alludendo a un nuovo rinascimento che era in corso. Nel marzo del 2001 un libro dell’editore O’Reilly, noto
promotore del movimento Open Source, affiancava l’uno all’altro due Adami, allo stesso livello, con
l’indice dell’uno puntato verso quello dell’altro. Il titolo del volume era: “Peer to Peer”, e cioè “da pari
a pari”. Questa volta l’intelligenza scocca tra due umani e secondo gli autori ne potrà venire nuova
vita per tutta l’Internet.
Tutta colpa - o merito - di Napster se una locuzione tecnica quasi caduta in disuso, nel giro di pochi
mesi è divenuta famosa, accendendo speranze e polemiche e stimolando centinaia di nuove iniziative
in rete, sia per il profitto sia non profit. Il Peer to Peer, familiarmente abbreviato in P2P, di per sé
significa una configurazione tra computer in cui ogni macchina ha lo stesso ruolo rispetto all’altra.
Oggi la modalità P2P ha riacquistato interesse e partecipanti e si presenta come una promettente
alternativa sociale ed economica all’Internet frammentata e accentrata che gli interessi solo commerciali hanno prodotto.
Lo si capirà meglio vedendo più da vicino i principali software P2P in circolazione.
Napster
Per capire come funziona Napster vale la pena di seguire, riadattandola, una felice metafora proposta da Gene Kah. Un Client si presenta alla festa organizzata da Server, il padrone di casa. Client non
sa quanti altri clienti sono alla festa, né chi siano, né di cosa si occupino, però vorrebbe approfittare
dell’occasione per conoscere qualcuno che gli possa dare la ricetta originale della Sacher Torte
viennese. Così, presentandosi al padrone di casa, gli domanda: “Conosci qualcuno cha sappia fare la
Sacher?”; per parte sua gli rivela le proprie particolari competenze in astronomia.
Server fa un rapido esame in memoria e gli risponde: “Certo, sono Aldo al tavolo 12, Giovanni, al
tavolo 23 e Giacomo al tavolo 5. A questo punto Client non ha che da mettersi in contatto con uno dei
tre e farsi dare la ricetta, in download. Nello stesso tempo se un altro partecipante alla festa vorrà
informazioni astronomiche, Server lo indirizzerà a lui, che volentieri condividerà le sue conoscenze.
E’ chiaro che in questo schema il signor Server ha un ruolo assolutamente centrale. Deve essere
molto bravo e versatile per mantenere aggiornato in ogni istante l’archivio delle persone presenti
(molte vanno e vengono, e nessun movimento gli deve sfuggire), della loro posizione a tavola e delle
loro competenze. Così funziona Napster, e i software analoghi: è un sistema Client/Server che diventa P2P per lo scambio diretto dei file MP3 tra i diversi partecipanti.
Gnutella
E’ il più noto e più diffuso, ma non unico sistema di P2P altamente decentrato. Nel caso di Gnutella
la metafora suona così: Aldo va a una cena, che non è stata organizzata da un singolo Server ospite.
Gli aderenti al Club Gnutella sono soliti riunirsi spontaneamente, senza convocarsi. Ovviamente non
tutti partecipano ogni sera, ma i convitati sono comunque sempre numerosi. Aldo in precedenza
conosceva solo Bruno, che lo ha invitato. Come entra nella sala, si rivolge a lui e gli chiede: “Conosci
la ricetta della Sacher?”. “No, risponde Bruno, ma vediamo in giro”. Detto fatto smista la domanda
alle persone fisicamente vicine e queste a loro volta a altri finché almeno uno non dia risposta
affermativa. Essa si propaga allora all’indietro lungo la catena dei partecipanti, ritornando a Aldo: “La
ricetta della Sacher la conosce Giacomo al tavolo 12”.
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Freenet
Questo sistema davvero “micidiale” per i nemici della libertà di espressione è stato realizzato da Ian
Clarke dell’università di Edimburgo, con un fine nettamente politico e progressista, quello impedire
ogni censura in rete e di garantire l’anonimato. Si tratta di un P2P puro, nel senso che non dipende da
un server centrale nemmeno per funzioni di ingresso e coordinamento. In Freenet nessuno dei
server partecipanti svolge un ruolo centrale. Sempre come nel caso di Gnutella, la richiesta di un
documento viene passata in avanti lungo una catena di nodi, fino a trovare quello che lo contiene. La
risposta segue poi il percorso inverso, ma in questa strada a ritroso ogni nodo acquisisce a sua volta
quel documento, che in tal modo si diffonde per la rete e si avvicina ai luoghi dove più spesso viene
richiesto. Nei sistemi Gnutella invece la catena dei nodi memorizza solo l’indirizzo del documento, ma
esso resta là dov’è.
Freenet poi è dotato di un sistema particolarmente furbo (anche se tecnicamente abbastanza complicato) per ottimizzare la ricerca: se una particolare parola chiave (key) non ha successo, la ricerca tuttavia
continua secondo criteri di prossimità, coinvolgendo in prima battuta i nodi che hanno un “punteggio” più
vicino alla chiave cercata (il sistema è figlio degli algoritmi di minimax usati nel calcolo numerico per
approssimarsi empiricamente alla soluzione cercata, il minimo o il massimo di una funzione).
Infine un’altra differenza: i singoli server di Freenet non conoscono il contenuto dei documenti che ospitano; in questo modo nessun gestore di siti può decidere di eliminare dei testi sgraditi, censurandoli.
In sostanza gli aderenti a Freenet mettono volontariamente a disposizione del progetto parte del loro
hard disk, dove vengono depositati i documenti, e la loro connettività in rete. Da questo punto di vista
Freenet è un gigantesco hard disk distribuito, finalizzato alla libertà di espressione.
Publius
Il publishing anonimo giocò un ruolo importante nella storia USA. I “Federalist papers” vennero scritti
da James Madison, Alexander Hamilton, John Jay con il nome collettivo di Publius. Sono 85 articoli
scritti in vari giornali dello stato di New York tra l’ottobre del 1787 e il maggio del 1788. Sostenevano
la necessità di approvare la Costituzione Americana al posto degli Articoli della Confederazione allora
in vigore. E’ a quel nome collettivo, Publius, che si sono ispirati Marc Waldman, Lorrie Faith Cranor e
Avi Rubin dei laboratori di ricerca dell’AT&T per realizzare un sistema molto interessante il cui scopo
è di garantire la libertà di espressione in rete, contro ogni censura, da chiunque possa venire. Il
sistema Publius (www.publius.org).
Non si tratta nemmeno in questo caso di un P2P puro, ma in qualche modo rientra nel filone. In
sostanza si tratta di questo: ogni documento che si voglia mettere in rete viene crittografato, il che ne
assicura la inaccessibilità a chi non sia abilitato. La chiave di codifica viene spezzata in un certo
numero di pezzi (tecnicamente vengono chiamati “share”). Di queste share – diciamo che siano 30 almeno un certo numero – 3 per esempio – sono necessarie per poter decodificare e leggere il
documento. Il proprietario del documento sceglie un sottoinsieme dei server Publius – diciamo una
ventina - dove caricare il documento crittografato. Su ognuno di questi server viene fatto l’upload del
documento e di una delle share della chiave. Per ogni documento viene creato uno speciale indirizzo,
che è un po’ come gli URL del Web, ma che contiene impacchettati tutti gli indirizzi dei server scelti.
A questo punto il proprietario del documento può decidere cosa farne: tenerselo nascosto, spedirlo
per posta a amici fidati, pubblicarlo su un suo sito.
Per leggere il documento occorre usare ovviamente il software Publius e avere l’URL del documento.
Il software sceglierà a caso 3 server dalla lista, e da questi recupererà le tre share che servono per
decrittare il documento. Con la chiave integra il documento potrà essere letto, ma prima della lettura
viene effettuato un ulteriore controllo, relativo all’integrità del documento: se infatti il server che lo
ospita lo avesse alterato, arriva la segnalazione che non è più aderente all’originale.
Free Haven
La traduzione vuol dire “Porto libero” ed è un sistema analogo a Publius, ma ancora più spinto quanto
a anonimato, alla cui protezione pressoché totale sacrifica un po’ di efficienza e di usabilità. E’ stato
progettato da Roger Dingledine della società Reputation technology, da Michael J. Freedman del
Mit e David Molnar dell’università di Harvard (www.freehaven.net)
I dettagli tecnici sono abbastanza complessi, qui basti dire che Free Haven garantisce l’anonimato
dell’autore, del publisher, del lettore, del server, del documento e delle interrogazioni (query).
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Beltel
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L’anonimato del server significa che nessun computer può essere collegato in maniera univoca a un
certo documento; nello stesso tempo il documento è anonimo nel senso che nessun server su cui è
ospitato ne conosce il contenuto.
Tutto si basa su una comunità di server aderenti al progetto, collettivamente chiamati “servnet”. A
essi il publisher si rivolge per depositare il documento crittografato, con un sistema di chiavi sparpagliate analogo a quello di Publius. Ma con una particolarità: nessun server è obbligato a accettare
ogni documento che gli viene sottoposto per la custodia; questa clausola è stata introdotta per
evitare che degli avversari intasino i server di Free Haven con spazzatura o addirittura materiali
osceni. In pratica ogni volta, sia pure in maniera rapida ed elettronica, il publisher e il server fanno un
contratto di deposito (la cui durata è stabilita dal publisher stesso). Sulla base del rispetto del contratto viene costruita una sorta di reputazione dei computer aderenti: se qualcuno non rispetta il
contratto, la sua reputazione decade .
Da persona a persona
Gli aspetti tecnici di questi sistemi sono importanti da capire perché non sono fatti tecnici, ma politici
e culturali e P2P non è solo una configurazione tra macchine, ma un’idea di relazione tra le persone.
Una definizione possibile è questa, fornita da Clay Shirky. “Peer to peer è una classe di applicazioni
che trae vantaggio dalle risorse – di memoria, di potenza di calcolo, di contenuti, di presenza umana
– disponibili ai bordi dell’Internet”.
In altri termini: la rete Internet, essendo cresciuta enormemente dal 1993 in poi, ha arruolato milioni
di persone per i più diversi motivi e fini, ma ognuna di esse è un patrimonio individuale e sociale di
conoscenze, sentimenti, culture. Molte di queste persone sono andate in rete attratte dall’idea stessa
di essere in relazione con altri, prima ancora che per cercarvi informazioni di borsa, donnine nude o
risultati sportivi. A ognuna di esse corrisponde grosso modo un computer con la sua potenza di calcolo
e con il suo disco duro di memoria. Questo insieme di risorse rappresenta quella che lo stesso Shirky
chiama la “materia oscura” dell’universo Internet per analogia con la “dark matter” dell’universo fisico
postulata dalle leggi cosmologiche, ma finora invisibile. Secondo i sostenitori del P2P è ormai possibile
illuminare questi materiali che stanno ai bordi della rete, valorizzandoli e facendone un bene comune.
Così facendo non si fa altro che riprendere la legge virtuosa con cui la prima Internet si sviluppò
spontaneamente, sfruttando il feedback positivo tipico di tutte i network: si va in rete attratti dalle
risorse lì presenti, ma entrandovi la si arricchisce ulteriormente apportandovi le proprie. Così avveniva quando una nuova università entrava nell’Internet con i suoi archivi, ma non è più potuto avvenire,
se non in minima parte, con i milioni di nuovi entranti singoli.
Non è stato possibile perché la struttura non era predisposta a accogliere tanto ben di rete e anche
perché ai nuovi poteri dell’Internet commerciale interessavano soprattutto dei consumatori, non dei
produttori. Così l’Internet ha finito per coincidere sempre di più con il solo web e questa enorme
ragnatela a sua volta si è strutturata per aggregati
Fonte
Oram Andy (2001). Peer-To-Peer : harnessing the power of disruptive technologies.
O’ Reilly & associates.
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Beltel
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discussione sul futuro della new economy
Sergio Mariotti
Direttore Scientifico Ciret, Politecnico di Milano
Al suo emergere, la new economy è stata da molti salutata come un evento paragonabile alle grandi
rivoluzioni industriali del passato, in grado di inaugurare un’era di alti tassi di crescita del prodotto e
della produttività, ovvero di favorire il tanto atteso ritorno ad «un’età dell’oro». A fronte delle successive delusioni, le opinioni si sono divise. I pessimisti hanno avvalorato la tesi che nulla è cambiato,
riportando in tal modo indietro l’orologio della storia. Altri, seguendo un approccio almeno in apparenza
più riflessivo, hanno invitato alla pazienza: la new economy è solo la premessa di un cambiamento
radicale che durerà decenni e alla fine darà forma compiuta al sostituto della vecchia economia fordista.
Dopo una necessaria fase di metabolizzazione da parte del sistema economico e istituzionale, caratterizzata un complesso processo di apprendimento collettivo teso ad adattare al cambiamento tecnologico i modelli mentali e di comportamento, le istituzioni, le infrastrutture e i mercati, il nuovo emergerà
realizzando appieno il proprio potenziale di produttività e di crescita. Così è stato per altre grandi
rivoluzioni del passato: per il capitalismo liberale dell’ottocento e per il fordismo del novecento, rispettivamente promossi dallo sviluppo delle macchine utensili e da una serie di innovazioni radicali (l’energia elettrica, la parcellizzazione del lavoro, ecc.). Questi due paradigmi hanno richiesto circa un secolo
per giungere a maturazione e declino e dunque anche il nuovo paradigma innescato dalle ICT impiegherà del tempo per affermarsi, passando attraverso diverse fasi prima della maturità.
Queste posizioni si sono ancorate alle teorie dei cicli lunghi alla Kondratieff e ad approcci economici
di ispirazione schumpeteriana, quale quello dei paradigmi tecnologici (Dosi-Freeman-Perez). Uno
dei riferimenti canonici all’esperienza del passato concerne l’energia elettrica: si evidenzia come
anche nel caso dell’elettrificazione si ebbero effetti ritardati del progresso tecnico sulla produttività e
sulla crescita: in particolare, le difficoltà di transizione al nuovo regime tecnologico furono alla base
dello slowdown della produttività totale dei fattori nella prima parte del novecento; la ripresa della
produttività si ebbe solo dopo mezzo secolo dall’introduzione della dinamo, nel periodo 1919-29, con
l’esplosione applicativa della nuova tecnologia.
Nonostante queste argomentazioni di buona scuola, credo vi siano buoni ragioni per non confidare
pienamente per il futuro nei meccanismi tratti dall’analogia con il passato. Tali ragioni prendono le
mosse proprio dall’evidenza prodotta da decenni di storia: la new economy nasce nell’alveo della
traiettoria tecnologica delle ICT, la quale si è svolta attraverso tre grandi cluster di innovazioni: il
primo negli anni quaranta-cinquanta, con l’introduzione del calcolatore; il secondo negli anni sessanta-settanta, centrato attorno al microprocessore; il terzo negli anni ottanta-novanta, con le grandi
convergenze tecnologiche che determinano, da un lato, lo sviluppo delle tecnologie flessibili di produzione e, dall’altro, l’affermarsi della rete Internet e delle applicazioni multimediali. Si è trattato di
oltre mezzo secolo di forte effervescenza tecnologica che ha ripetutamente alimentato l’aspettativa
di una nuova era di sostenuto sviluppo dell’economia (il ricordo va alla cosiddetta «onda informatica»). Il succedersi delle delusioni è stato spesso fronteggiato con la tesi dei cicli lunghi e dei paradigmi
che per affermarsi richiedono una lunga e complessa transizione. Ma in tal modo, il concetto di
paradigma tecnologico, così fertile nelle sue proposizioni iniziali, e stato svilito sempre più in un
ricorrente esercizio di copertura delle incertezze correnti.
Per superare l’impasse credo sia necessario interrogarsi circa le caratteristiche proprie delle tecno-
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Beltel
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logie protagoniste del nuovo paradigma e circa la loro conseguente effettiva capacità di promuovere
un’era di alti e stabili tassi di sviluppo economico. In fondo le ICT vivono da oltre mezzo secolo, e
dunque dovrebbe essere possibile, come per gli organismi viventi che hanno percorso un tratto
significativo del proprio ciclo di vita, svolgere qualche ragionamento sui caratteri genetici che influenzano la loro performance di lungo periodo. Al proposito vorrei suggerire un carattere persistente e peculiare delle ICT, il quale consiste nella manifestazione semisecolare di un bias attorno ad innovazioni
concernenti la produzione, piuttosto che il consumo. Non che le ICT non abbiano generato innovazioni
di prodotto, ma, comparativamente alle precedenti rivoluzioni industriali, lo hanno fatto in misura minore e con qualità tale da non avere modificato significativamente le condizioni di vita della popolazione.
Al riguardo, il tema da approfondire è se non siano proprio le insufficienze del paradigma delle ICT nel
produrre un radicale miglioramento dello stile di vita e del rapporto tra uomo e natura (con il conseguente portato di nuovi modelli di consumo), a favorire l’emergere di un peculiare regime economico,
con dinamiche diverse dal passato e privo delle virtù necessarie per una replica dell’età dell’oro.
L’economista Gordon ( «Does the New Economy Measure Up to the Great Inventions of the Past?»,
Journal of Economic Perspectives, 14, 2000, pp. 49-74) invita a confrontare il piccolo incremento
nello standard di vita introdotto dall’era di Internet e della navigazione in rete, portatrice di servizi
peraltro in larga misura sostitutivi di altre forme di intrattenimento e di raccolta delle informazioni,
con quanto consentito dalla «seconda rivoluzione» industriale del 1860-1900, ovvero dalle «grandi
invenzioni» che hanno segnato l’evoluzione del secolo appena trascorso e accompagnato l’affermarsi
del fordismo: l’estensione del giorno dovuta alla luce elettrica; il miglioramento della vita domestica
dovuto alle nuove apparecchiature (elettrodomestici, aria condizionata, ecc.); la flessibilità e la libertà di movimento dovute all’automobile; il drastico risparmio di tempo dovuto ai mezzi di trasporto via
terra e aria; le innovazioni derivate dal trasporto di massa, quali le periferie urbanizzate, le autostrade, i supermercati; le innovazioni della farmaceutica e della cura della salute; il complesso delle
innovazioni per l’intrattenimento e la comunicazione, quali telegrafo, telefono, fonografo, fotografia,
radio, cinema, televisione; gli enormi miglioramenti nelle aspettative di vita, nella salute e nel comfort
raggiunti attraverso i servizi di pubblica utilità e le infrastrutture sanitarie.
E’ dal felice e prolungato incontro tra le innovazioni di consumo ora ricordate e le innovazioni di
processo celebrate dal fordismo che scaturiscono e trovano alimento i lunghi anni d’oro di crescita
della produttività (1913-1972). Ma nella storia nulla garantisce che le grandi innovazioni operino in
modo simmetrico sui lati della produzione e del consumo, determinando tra essi un equilibrio dinamico, nonché l’innesco di relazioni virtuose. Si può anche non essere d’accordo con lo scetticismo di
Gordon sulla creatività delle nuove tecnologie quanto a modelli di consumo, ma per chiarire quali
potranno essere l’economia e la società del futuro non è sufficiente limitare l’analisi alla sfera della
produzione: bisogna estenderla al lato della domanda ed esaminare gli incentivi che i consumatori
hanno per modificare i propri modelli di consumo.
A questo riguardo, oltre che riflettere sulla penuria di innovazioni in grado di innalzare in misura
«rivoluzionaria» la qualità della vita, si debbono considerare le peculiari difficoltà che incontrano nella
loro affermazione e diffusione le innovazioni di consumo proposte dalle ICT, rappresentate essenzialmente dai nuovi servizi di rete, con specifica attenzione al formarsi di adeguate preferenze presso i
consumatori, che motivino gli investimenti individuali necessari per fruire dell’innovazione. Si osservi
infatti come i servizi, a differenza dei beni materiali, richiedano al fruitore un ruolo attivo nella loro
produzione. Ciò è particolarmente vero per i nuovi servizi delle ICT: al loro processo produttivo il
fruitore apporta lavoro qualificato (attività di self-service basata su acquisite competenze informatiche), capitale (apparecchiature, terminali, programmi), nonché conoscenze tecniche e di mercato specifiche per le singole applicazioni (si pensi al commercio elettronicoB2C, all’e-banking, alla
tele-medicina, ecc.).
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Beltel
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La dinamica della domanda risulta così influenzata da investimenti individuali e da processi di apprendimento dai tratti peculiari:
– più sofisticato è il livello tecnologico del servizio, maggiori sono le competenze richieste al consumatore e più lento il processo di apprendimento necessario alla sua diffusione;
– quanto più le traiettorie tecnologiche si caratterizzano per un alto tasso di introduzione di innovazioni incrementali, con cicli di vita troncati dei singoli prodotti/processi, tanto più alti sono il tasso
di obsolescenza dell’esperienza accumulata, l’ammontare degli investimenti adattativi in competenza e quindi le barriere di accesso al servizio;
– l’innovazione viene a dipendere significativamente dal processo di cross-learning tra produttore e
consumatore e la lentezza dell’apprendimento da parte del consumatore rallenta la messa a
punto delle applicazioni da parte dei produttori e i miglioramenti incrementali da cui possono
dipendere più facili condizioni di accesso al servizio per il consumatore.
L’emergere di nuovi modelli di consumo sembra così ostacolato più che nel passato dalle caratteristiche intrinseche alle innovazioni di prodotto del nuovo paradigma, le quali favoriscono l’instaurarsi di
comportamenti di wait and see e di circoli viziosi tra produzione e consumo. Non a caso, lo stesso
Michael Porter in una recente intervista pubblicata sull’inserto del Sole 24 Ore (@lfa del 18 gennaio
2002) lamenta l’ormai duratura mancanza della killer application ed afferma che «è tempo di studiare nuovi servizi che forniscano valore aggiunto al cliente».
Mi sembra in definitiva che la discussione sul futuro della new economy si debba allargare nella
direzione di alcune domande-chiave. Quali dinamiche economiche possono scaturire sotto l’influenza duratura di una rivoluzione tecnologica radicale che appare persistentemente ricca, anzi ricchissima di innovazioni nei modi produzione, ma povera di innovazioni nei modi di vita della popolazione
e poverissima di innovazioni che siano rapidamente sostenute dal formarsi di forti preferenze presso
i consumatori? Vi sono esperienze storiche in grado di insegnarci qualcosa in proposito, posto che al
riguardo sia la prima (1760-1830), sia la seconda rivoluzione industriale (1860-1900), sembrano non
poterci illuminare? Ovvero, dobbiamo attrezzarci per affrontare un futuro senza analogie col passato, perlomeno su questa questione centrale?
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Beltel
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grazie e disgrazie nel futuro di Silicon Valley
Bernardo Parrella
[email protected]
Potrà il settore high-tech confermarsi ultima spiaggia per arginare la recessione statunitense? Quali
le previsioni 2002 per l’andamento imprenditoriale nella valle al silicio? Queste alcune questionichiave in un periodo assai delicato per l’economia d’oltreoceano e, forse, dell’intero pianeta. Meglio
sgombrare subito il campo da facili illusioni. Appare scontato che a Silicon Valley per qualche tempo
sarà l’incertezza a dominare, in buona parte ancora a seguito dello scoppio della bolla Internet,
concretizzatosi a partire dall’estate 2000. Una bolla gonfiata a dismisura, l’abbiamo scoperto un po’
tutti a cose fatte, che ha causato una crescita impossibile da sostenere.
L’ennesima conferma arriva da uno studio diffuso a dicembre dall’agenzia di consulenze
McKinsey & Co. di San Francisco. Offrendo uno squarcio sullo stato di salute dell’economia nazionale, la ricerca si concentra sulle proiezioni delle prospettive occupazionali e produttive per la Bay
Area nei prossimi 3-5 anni. Stavolta si tratta di stime più caute e realiste: “Avremo una crescita più
ridotta ma anche più sostenibile, rispetto agli anni del boom high-tech,” precisa uno dei curatori dello
studio, non a caso intitolato: “Dopo la bolla: per una prosperità economica sostenibile.” Fra i dati
salienti va segnalato il tasso d’incremento annuale dell’economia locale, previsto tra il 4,2 per cento
e il 5,1 da qui al 2005-2007. Pur raggiungendo quasi il doppio delle proiezioni nazionali, la cifra
rimane notevolmente al di sotto dei livelli degli anni d’oro 1995-2000, quando la media annuale
minima era di un più 8,5 per cento. Sarà cioè impossibile ripetere quello straordinario boom economico basato sull’improvviso emergere di start-up digitali dal futuro dorato.
Un boom che nel 2000 fece lievitare notevolmente gli stipendi lordi annuali della Bay Area, fino a
toccare i 65.000 dollari pro capita, ovvero l’84 per cento in più rispetto alla media nazionale (35.000
dollari). Per fare un raffronto, l’area di Boston, al secondo posto in classifica, seguiva con meno di
50.000 dollari a testa. Ancora, la valutazione media delle nuove aziende high-tech prossime all’entrata in borsa totalizzava 316 milioni di dollari nel 1999 e 364 l’anno successivo. Due anni fa sono state
107 le società tecnologiche entrate in borsa, tra cui 48 software house e 34 aziende di
telecomunicazione, totalizzando investimenti iniziali pari a circa 19 miliardi di dollari. Invece il 2001
ha visto l’ingresso di 21 nuove entità complessive e soltanto 9 del giro high-tech, con un accumulo di
capitale pari ad appena a 1,73 miliardi di dollari, una flessione del 90 per cento rispetto ai livelli
precedenti e il peggior dato degli ultimi sette anni. “Dal punto di vista dei grandi investimenti, lo
scorso anno si è caratterizzato per l’assenza pressoché totale di attività,” conferma Stewart Alsop,
dirigente della New Enterprise Associates, società di venture capital californiana. Affrettandosi
però ad aggiungere: “Quanto accaduto nel 1998, 1999 e parte del 2000 è stata un’anomalia. Siamo
felici di esser tornati in un periodo in cui le valutazioni imprenditoriali si fanno più responsabili e le
società puntano a raccogliere e impiegare la minima quantità possibile di capitale.”
Il riflusso persiste, quindi, anche se non del tutto negativo. Proseguono intanto tagli, licenziamenti e
ristrutturazioni aziendali. Un trend confermato dalle rilevazioni dell’Index of Silicon Valley for 2002,
indagine annuale sull’andamento generale della zona. Tra i dati centrali relativi allo scorso anno,
troviamo che almeno 30.000 sono stati gli impiegati high-tech licenziati; il venture capital in circolazione si è ridotto del 70 per cento; e per la prima volta dal 1993, lo stipendio medio pro capita è
diminuito anziché aumentare. Attenzione però: simili risultati vanno considerati tutt’altro che definitivi, sottolinea il direttore del Center for the Continuing Study of the California Economy,
collaboratore della ricerca: “Ci troviamo di fronte a un declino temporaneo. Nessuno sostiene che si
tratti di una caduta permanente.” Ovvero, l’attuale riflusso rispecchia l’eccessiva quota d’investimenti
del recente passato, non certo una flessione nella richiesta di mercato per rodotti informatici e
telematici. Basti notare, ad esempio, come nonostante l’agguerrita competizione di altre regioni
high-tech del Paese, per tutti gli anni ’90 le industrie di Silicon Valley continuino a mantenere salda-
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Beltel
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mente il primato per quanto concerne i brevetti assegnati nel settore tecnologico. “Si tratta dell’indicatore migliore a sostegno dell’innovazione tecnologica locale,” spiega il presidente del consorzio
Collaborative Economics. Particolarmente promettente si mostra la convergenza in atto nel settore a
cavallo tra information technology e biologia, in ambiti quali lo sviluppo di semiconduttori biologici e
medicine basate sul DNA. Anche se Stephen Levy, direttore del Center for the Continuing Study of the
California Economy basato a Palo Alto, non vede alcun motivo sostanziale per cui debba essere
sempre e comunque il settore tecnologico, e soprattutto i vari business dislocati nella Bay Area, a
“tirare la ripresa economica del Paese.” Altro elemento da non sottovalutare, i problemi sociali a latere
innescati dalla rivoluzione high-tech e tuttora pressanti. Nell’ultimo decennio alcuni di questi non hanno
fatto altro che peggiorare: mercato immobiliare alle stelle, ingorghi stradali paurosi e relativo inquinamento, scarsità di trasporti pubblici, declino del livello di educazione. Questioni comunque essenziali
che richiedono l’immediato intervento della comunità locale — pena il rapido declino della produttività.
Perché, insistono gli esperti, “è impossibile raggiungere l’innovazione economica senza quella sociale.”
E neppure va dimenticato come la flessione digitale non manchi di riflettere appieno la recessione in
cui si dibatte l’intera economia statunitense. Secondo il Dipartimento del Lavoro a fine anno si è
raggiunto il peggior livello occupazionale dall’aprile ’95. Da fine marzo hanno perso il posto di lavoro
più di un milione e quattrocentomila persone nei settori della manifattura e dei servizi. Mentre altre
fonti non mancano tuttavia di notare come, dopo gli ultimi quattro mesi di caduta libera, complici le
conseguenze dell’11 settembre, ci si va avviando verso una certa stabilizzazione generale. E più di
qualche esperto azzarda l’uscita dal tunnel della recessione a partire già dalla primavera dell’anno
appena iniziato. Intanto, le prime settimane di gennaio danno in salita le azioni di due aziende-leader
in Silicon Valley: Intel registra un incremento del 14 per cento, Sun Microsystems del 4 per cento.
E a proposito di grandi nomi, vale la pena di segnalare la classifica delle 50 società che nel 2001
hanno conseguito il volume più elevato di introiti. Complessivamente queste hanno totalizzato vendite
lorde pari a 10 miliardi di dollari, a fronte però di perdite sui 28 miliardi. Trend nettamente negativo,
quindi, confermato dal fatto che sono appena tre le società che possono vantare dei profitti. Da
segnalare in particolare VeriSign, che di fatto ha conquistato una sorta di monopolio sulla registrazione dei domini .com, .net e .org. Ciò grazie anche e soprattutto all’acquisizione di Network Solutions,
che comunque le è costata buona parte delle uscite generali (circa 15 miliardi di dollari).
Nell’ultimo trimestre VeriSign ha dichiarato un attivo utile di quasi 800 milioni di dollari in contanti e
investimenti a breve termine. Altra corporation che continua a far soldi, evento non certo poco di
questi tempi, è Juniper Networks, tra i maggiori fornitori di router high-end, che continua a rosicchiare terreno all’azienda-leader del settore, Cisco Systems. Il bilancio dell’ultimo trimestre di
Juniper Networks appare più che convincente: un miliardo di dollari di attivo. Infine, maggiore sorpresa di questa lista delle top 50 società stilata dal quotidiano San Josè Mercury News, il primo posto
spetta a una (ex) start-up di belle promesse, Transmeta, produttore di chip per notebook e portatili
con notevole risparmio energetico. Le entrate dell’ultimo trimestre superano infatti i 10 milioni di
dollari, ben 30 volte in più rispetto a quelle raggiunte un anno prima (354.000 dollari). Eppure,
nonostante nel 2001 sia cresciuta in maniera esponenziale, recentemente le azioni della società che
dà lavoro a Linus Torvalds, “padre” del sistema operativo Linux, sono cadute molto in basso nell’arena di Wall Street. Si viaggia appena sui 40 cent ad azione, rispetto al massimo di oltre 50 dollari
toccato subito dopo l’entrata in borsa. Oltre al generalizzate tendenze in discesa, nello specifico il
declino di Transmeta è dovuto al rapido uno-due infertogli dal rivale Intel, i cui ultimi chip raggiungono le medesime prestazioni al risparmio del tanto sbandierato Crusoe. E finora quest’ultimo ha
trovato diffusione soltanto nel mercato giapponese, mentre ad esempio IBM, che pareva sul punto di
utilizzarlo nei super-leggeri ThinkPad, ha poi deciso di fare marcia indietro. Chiudendo sul quadro
complessivo, questo non sembra insomma offrire ”buone notizie in tempi brevi,” come ha notato il
manager di una grossa agenzia d’investimenti di San Francisco. Eppure, sostengono altri esperti,
proprio in un simile periodo di riflusso sembrano moltiplicarsi le possibilità di successo per le aziende
più scaltre (e i vari venture capitalist al seguito). Nonostante bilanci in rosso, le società che crescono
rapidamente continuano a creare un ampio flusso di capitali che sembra destinato a crescere nell’immediato futuro. “Per chi vuole investire, è questa l’opportunità migliore,” dichiara convinto Bruce Lupatkin,
responsabile di North Bay Technology Partners. Il ragionamento è semplice: il fatto che oggi sia
molto più difficile ottenere fondi per nuove tecnologie, rallenta alquanto la competizione, lasciando così
spazio soltanto alle start-up più valide e agguerrite. Possibile che abbiano davvero ragione?
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Beltel
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occhio alla privacy!
le nuove regole in tema di Privacy e Telecomunicazioni
Rocco Panetta*
Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali
Finalmente è arrivata la novella!
Non si tratta certo della “buona novella” che ci veniva insegnata al catechismo la domenica pomeriggio, si
tratta piuttosto della traduzione in concreto di quanto disposto dalla cosiddetta legge gemella1 della legge
sulla privacy2, ai sensi della quale entro un dato termine (poi prorogato al 31 dicembre 2001) il Governo
avrebbe dovuto adottare un provvedimento ad hoc integrativo e correttivo della legge sulla privacy.
Come previsto dal nostro ordinamento giuridico, la novella alla legge sulla privacy ha assunto le vesti
di un decreto legislativo, il n. 467 del 28 dicembre 2001 (“d.lgs. 467/01”), pubblicato su Gazzetta
Ufficiale del 16 gennaio 2002, n. 13, Serie Generale. Esso è destinato a cambiare significativamente
il quadro normativo di riferimento nel settore della tutela dei dati personali, a decorrere dal 1 febbraio 2002, giorno di entrata in vigore del decreto stesso.
Da un punto di vista dell’architettura generale del provvedimento, preme segnalare che il d.lgs. 467/
01 è intervenuto trasversalmente interessando quasi tutti gli istituti principali introdotti dalla legge
sulla privacy, modificando, in particolare, il regime (i) delle notificazioni al Garante per la protezione
dei dati personali (“Garante”), (ii) della comunicazione e diffusione dei dati personali, (iii) dell’informativa all’interessato e della prestazione del consenso, (iv) dei dati sensibili, (v) del trasferimento dei
dati personali all’estero e, infine, (vi) il sistema sanzionatorio.
Inoltre, in ossequio all’obbligo di dare piena ed ampia attuazione ai principi codificati in tema di
trattamento dei dati personali, il d.lgs. 467/01 ha disposto che il Garante promuova entro il 30 giugno
2002 la sottoscrizione di codici di deontologia e buona condotta in determinati settori, quale (i) quello
delle telecomunicazioni e della fornitura di servizi informativi attraverso strumenti telematici
(es.Internet), (ii) il settore previdenziale e dei rapporti di lavoro, (iii) il settore della pubblicità e del
direct marketing, (iv) quello creditizio, (v) tutto il settore pubblico e (vi) i diversi ambiti di applicazione
dei moderni strumenti automatizzati di rilevazioni di immagini (videosorveglianza e biometria).
La scelta di regolamentare settori fondamentali della società e dell’economia mediante il ricorso a
codici deontologici e di buona condotta non ha mancato di sollevare qualche perplessità tra gli addetti
ai lavori, in quanto molti hanno visto in tale soluzione l’ennesimo tentativo di diluire nel tempo la
regolamentazione di tali settori cruciali ma al tempo stesso critici e problematici. Altri hanno considerato tale approccio come una sorta di scorciatoia che permetterebbe al Governo di liberarsi di un non
indifferente onere regolatorio, che verrebbe in tal modo a essere riversato direttamente sugli operatori e sui protagonisti dei vari settori.
Sia consentito dissentire sommessamente da tali posizioni, considerato che, una volta posti dalla
legge i principi fondamentali, la regolamentazione dettagliata di settori così delicati per la vita quotidiana del cittadino (si pensi anzitutto ai settori del credito, delle telecomunicazioni e ai trattamenti in
ambito pubblico), non dovrebbe mai prescindere dal coinvolgimento diretto dei soggetti interessati.
In tal senso, una scelta autoritativa delle regole da applicare difficilmente avrebbe aiutato nella
*
1
2
Il presente contributo rappresenta unicamente le convinzioni personali dell’autore e non impegna in alcun
modo l’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, presso il quale egli attualmente opera.
Si tratta della legge n. 676 del 31 dicembre 1996, con la quale il Parlamento ha dato delega al Governo a provvedere
in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali in tutta una serie di settori
ed ambiti che non erano stati debitamente regolamentati per una serie di diverse ragioni.
La legge sulla privacy è la legge n. 675 del 31 dicembre 1996, recante disposizioni in tema di tutela delle persone e
di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali.
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codificazione delle relative norme e principi. Peraltro, la strada del coinvolgimento degli operatori di
settore è strada già nota al sistema della tutela dei dati personali, considerato che si è già
registrata, tra luci e ombre, la stesura di un primo codice deontologico e di buona condotta,
quello del settore giornalistico.
Ad ogni buon conto, tralasciando il dibattito relativo alla stesura dei codici deontologici, le principali novità per quanto riguarda il settore delle telecomunicazioni sono essenzialmente due.
Da un canto, viene a essere integrato, mediante l’aggiunta di un nuovo comma, l’art. 7 del
decreto legislativo 13 maggio 1998, n. 171 (“d.lgs. 171/98”)3, recante disposizioni in tema di
tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, in attuazione della direttiva 97/66/
CE; dall’altro, l’art. 6 del d.lgs. 467/01, modificando l’art. 14, comma 1 della legge sulla privacy, pone una significativa limitazione al diritto di accesso nel settore delle telecomunicazioni
da parte dei soggetti interessati.
Procediamo per gradi. Come noto, l’art. 7 del d.lgs 171/98 disciplina la fattispecie delle “chiamate di disturbo”4, in presenza dell’offerta al pubblico del servizio di Calling Line Identification
(“CLI”). Mediante tale norma, viene sostanzialmente posta una deroga al funzionamento ordinario della CLI, sia in condizioni di urgenza sia in condizioni normali, qualora il soggetto chiamato riceva delle chiamate a suo avviso tali da arrecare “disturbo”.
La fattispecie ivi prevista ricorre in tutti quei casi in cui o per una chiara ed effettiva volontà
criminale 5 ovvero più semplicemente per gioco6, si arrechi un disturbo a un soggetto terzo
mediante l’uso improprio delle linee telefoniche.
L’art. 7 del d.lgs. 171/98 è più che altro volto a coprire tutte quelle ipotesi in cui il chiamato si
trovi a subire delle molestie telefoniche a) per impossibilità soggettiva di utilizzare la CLI,
dovuta a disparità tecnologica rispetto al chiamante, nel caso in cui, cioè, la CLI non sia disponibile contemporaneamente per entrambi i soggetti, oppure b) per impossibilità oggettiva di
utilizzare la CLI, nel caso in cui il chiamante effettui la telefonata da un telefono pubblico,
ovvero infine nell’ipotesi estrema, quasi “patologica” in cui c) il chiamato per dimenticanza o
per fretta non attivi la funzione che permette di respingere automaticamente le chiamate anonime e si trovi pertanto quasi costretto a subirle.
In effetti, a ben guardare, in condizioni di parità tecnologica – invero molto rara - tra chiamante e chiamato, la CLI, come strutturata dal d.lgs. 171/98, è di per sé idonea a risolvere il
problema delle chiamate di disturbo.
Ad ogni modo, l’art. 7 del d.lgs. 171/98 nella sostanza riconosce al soggetto chiamato o meglio, per essere
più precisi, all’abbonato, che subisca delle chiamate di disturbo, il diritto di rivolgersi direttamente al fornitore
del servizio di telecomunicazioni con il quale è in essere un contratto di fornitura di servizi di telecomunicazioni, per richiedere a proprie spese che sia resa «inefficace la soppressione dell’identificazione della linea
chiamante» e che siano «conservati i dati relativi alla provenienza della chiamata ricevuta».
3
4
5
6
Sia consentito citare, al riguardo, il commentario al d.lgs. 171/98 curato da Massimiliano Atelli, intitolato “Privacy e
Telecomunicazioni”, edito nel 1999 da Jovene, Napoli.
Il testo previgente dell’art. 7 del d.lgs. 171/98 disponeva: “1. L’abbonato che riceve chiamate di disturbo può
richiedere, a proprie spese ed anche telefonicamente in caso di urgenza, che il fornitore del servizio di telecomunicazioni accessibile al pubblico renda inefficace la soppressione dell’identificazione della linea chiamante e
conservi i dati relativi alla provenienza della chiamata ricevuta. L’inefficacia della soppressione può essere
disposta per i soli orari durante i quali si verificano le chiamate di disturbo e per un periodo non superiore a
quindici giorni.
2. L’istanza formulata per iscritto dall’abbonato deve specificare le modalità di ricezione delle
chiamate di disturbo e, nel caso in cui sia preceduta da una richiesta telefonica, deve essere inviata entro
ventiquattro ore”. Con riferimento alla norma in questione, chi scrive ha avuto il privilegio di commentare, all’indomani
della pubblicazione del d.lgs. 171/98, la fattispecie delle chiamate di disturbo proprio nel citato commentario al decreto
curato da Massimiliano Atelli.
Il codice penale, peraltro, espressamente sanziona all’art. 660 il reato di «Molestia o disturbo alle persone»,
prevedendo espressamente il caso in cui la molestia sia arrecata mediante l’uso del telefono.
Probabilmente in simili casi si potrebbe ipotizzare, al limite, una fattispecie sostanzialmente più vicina a quanto
previsto, ai sensi dell’art. 833 c.c., in materia di proprietà, in cui si vieta la commissione di atti emulativi: «Il proprietario
non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri», piuttosto che una
ipotesi di vero e proprio reato di molestia o disturbo. E’ qui evidente, ad ogni buon conto, il diverso contesto in cui l’art.
7 d.lgs. 171/98, da un lato, e l’art. 833 c.c., dall’altro, operano, nonostante le molteplici assonanze.
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Il soggetto chiamato viene qui posto in una posizione estremamente forte: si riconosce a esso la
possibilità di accedere ai dati relativi all’abbonato chiamante (che tuttavia non sempre corrisponde
con l’utente chiamante) mediante una semplice richiesta telefonica nei casi urgenti; richiesta che in
ogni caso deve essere seguita entro ventiquattr’ore da regolare «istanza formulata per iscritto dall’abbonato» con la quale, tra l’altro, il richiedente dovrà altresì «specificare le modalità di ricezione
delle chiamate di disturbo».
Sin qui le previsioni di cui all’art. 7 nel testo precedente rispetto alla novella del d.lgs. 467/01. Il
nuovo testo, invece, prevede ora anche che «il fornitore di una rete di telecomunicazioni pubblica o di
un servizio di telecomunicazioni accessibile al pubblico deve predisporre procedure adeguate e trasparenti per garantire, linea per linea, l’annullamento della soppressione dell’identificazione della
linea chiamante da parte dei servizi abilitati a ricevere chiamate d’emergenza».
In tal modo è stato finalmente recepito pienamente quanto previsto a suo tempo dall’art. 9 della
direttiva 97/66/CE, prevedendo così un’importante deroga al normale funzionamento di attivazione e
disattivazione della CLI in caso di chiamate di “emergenza”, quali quelle chiamate rivolte a forze di
polizia, servizi di pronto soccorso e vigili del fuoco.
L’introduzione di tale deroga al funzionamento della CLI deve essere salutato con grande favore da
tutti, infatti, è proprio nei più drammatici casi di emergenza che potrebbe verificarsi che il soggetto
chiamante, il quale in precedenza abbia scelto di tenere disattivata la CLI, trovandosi appunto in una
situazione di emergenza, potrebbe non avere il tempo materiale di riattivare la CLI, anche nel caso
estremo in cui dalla possibilità di identificare la linea chiamante derivi, in ultima analisi, il concreto
intervento da parte delle forze di polizia ovvero dei servizi di ambulanza, con conseguente rischio di
grave pregiudizio per il soggetto chiamante in condizioni di pericolo.
La disattivazione unilaterale della soppressione della linea chiamante da parte dei servizi di emergenza
consentirà inoltre una drastica diminuzione proprio delle chiamate di disturbo, spesso effettuate ioci
causa, a carico di polizia, carabinieri ed altri servizi di emergenza, proprio in considerazione del fatto che
sarà immediatamente identificabile il chiamante indipendentemente dall’attivazione o meno della CLI.
L’altra importante novità introdotta dal d.lgs. 467/01, alla quale si faceva cenno sopra, è volta a porre
dei limiti all’esercizio del diritto di accesso dei soggetti interessati, finalizzato a sapere se ed attraverso quali modalità siano trattati eventuali propri dati personali, in caso di trattamento effettuato «da
fornitori di servizi di telecomunicazioni accessibili al pubblico, limitatamente ai dati personali identificativi di chiamate telefoniche entranti, salvo che possa derivarne pregiudizio per lo svolgimento delle
investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397». In tali casi, pertanto, l’esercizio del
diritto di accesso è ora escluso.
La fattispecie qui regolamentata ha delle conseguenze importantissime per gli operatori di servizi di
telecomunicazioni i quali, sulla base della precedente normativa sul diritto di accesso in materia di
trattamento dei dati personali, si erano visti più volte costretti a dover fornire ai loro abbonati gli
elenchi delle chiamate entranti, con notevoli difficoltà di reperire e incrociare i dati relativi al traffico
in entrata, anche in considerazione delle difficoltà pratiche derivanti dalle procedure di carrier selection,
nella migliore delle ipotesi, se non addirittura a causa della diffusa pratica del cosiddetto tromboning,
che rende, di fatto, poco agevole risalire ai dati relativi al chiamante.
Al di là dell’impatto favorevole per gli operatori licenziatari, la nuova formulazione della legge sul
punto è, invero, volta piuttosto a bilanciare, in un’ottica di proporzionalità, i diritti del chiamante e del
chiamato, in ragione del rispetto del principio di bilanciamento dei contrapposti interessi in campo,
con riferimento e a garanzia della riservatezza di ciascun individuo.
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attualità
pronto, Beltel?
Pronto Beltel? Quest’ultimo mese è stato solo interlocutorio, in fin dei conti.
Non ci sono state novità eclatanti. Cosa che per certi punti di vista è una novità eclatante. Rimangono
però molte conferme delle tendenze anticipate nei numeri scorsi, a incominciare dal palesarsi, sempre più marcato, di fenomeni di concentrazione, integrazione e sfoltimento di un settore che sta
cercando una profonda ridefinizione.
Tanto per cambiare.
La grande differenza è che questa volta manca quel contorno di ottimismo, per non dire euforia
finanziaria che nel recente passato ha fatto dimenticare molti dei nodi che oggi vengono spietatamente al pettine. Uno di questi è l’insostenibilità di certi modelli di business. Dimostrata del resto dal
non brillante andamento dei cosiddetti Clec, gli exchange locali, negli Stati Uniti.
Insomma il modello delle telco regionali.
A fine dicembre c’era stata la messa in liquidazione di Lts in Sicilia, un’azienda che francamente
appariva decotta fin dalla nascita. Ma a gennaio anche un operatore che si è dato un gran da fare per
conquistare un po’ di notorietà, Lombardiacom, ha abbassato un po’ il vessillo del localismo per
rientrare nei ranghi della nuova strategia Elitel.
Il ragionamento non fa una grinza: si cerca di mantenere la flessibilità di un rapporto molto diretto
con la clientela coniugandola alla maggiore potenza di fuoco di un unico brand.
Comunque sia è un dietrofront rispetto a una strategia che era apparsa percorribile solo nel momento in cui era ancora illuminata dal faro dell’euforia di cui sopra. Oggi questo faro si è spento e anche
le piccole, coraggiose regionali di Elserino Piol si mettono alla ricerca di se stesse. Che poi vuol dire
alla ricerca di clienti. E non solo sole in questo rimescolamento di identità.
Chi altro sta cercando di capire la propria natura?
Per esempio le tanto decantate Authority. Le quali, è praticamente certo, presto avranno molto meno
da regolare visto che i meccanismi della concorrenza e del libero mercato ai clienti hanno giovato ben
poco e ai concorrenti hanno fatto malissimo, almeno quantitativamente parlando. L’euro ha portato
alla ribalta esigenze come una futura politica fiscale comune. Ma in un simile contesto, è chiaro che
la concorrenza dovrà essere tutelata a livello europeo. Prima o poi si arriverà a organi sovranazionali
e le varie piccole autorità dovranno cedere ruoli e poteri di decisione e interdizione.
Ma tutto questo per ora non è certo sul piatto.
Altre tematiche proprie del comparto più globalizzato in un quadro già abbastanza complesso sono
invece urgentissime. Ormai è ogni giorno più evidente il problema della terza generazione del cellulare.
Altro che fine 2002 inizio 2003: qui l’Umts rischia semplicemente di non arrivare mai. Da un lato c’è la
cappa di incertezza che grava sui licenziatari del tutto privi di infrastrutture di seconda generazione, che
in linea di principio avrebbero tutto l’interesse a partire ma che versano in condizioni a dir poco allarmanti. Dall’altro basta guardare l’atteggiamento di chi la seconda generazione ce l’ha, la sta utilizzando
più o meno bene e che proprio per questo non pare incalzata da chissà quale urgenza. Tronchetti
Provera ha detto in modo esplicito che per il primo operatore italiano la larga banda sulle linee fisse ha
la priorità ed è difficile dargli torto. Se aggiungiamo la ridda di voci sui destini a breve termine di Ipse,
il silenzio di H3g e l’ormai imminente cessione della rete (di seconda generazione) di Blu, la fase è a dir
poco patologica e nessuno può dire come finirà l’affare del millennio, costato già così tanti miliardi.
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Non c’è proprio spazio per l’ottimismo, quindi. Dobbiamo solo essere contenti perché non ci sono
altre cattive notizie.
Niente affatto, lo spazio per l’ottimismo c’è. Basta leggere le promesse del ministro Stanca, gli
impegni più o meno formali giunti dal passato e dall’attuale governo. Il computer e Internet nella pubblica
amministrazione potrebbero essere il punto di partenza di un nuovo boom dell’information technology e di
conseguenza avere un impatto molto positivo anche sul versante delle telecomunicazioni.
Proprio nella lunga intervista del Sole 24Ore al ministro Stanca si dice però che tutta questa carne al
fuoco assomiglia tanto a uno di quei barbecue all’italiana in cui finiscono per mangiare solo i soliti noti.
Il “rischio-bolla” c’è sempre, ma un lavoro così impegnativo porterà comunque a rivedere molte
posizioni e in fin dei conti basterebbe questo per ravvivare la situazione. Anche qui basta vedere quel
che succede in casa Telecom, dove fino a poco tempo fa aziende come Finsiel portavano attaccati
venti cartelli “Vendesi” e che ora invece tornano a diventare asset fondamentali, se è vero che al
vertice della gestione viene messo un signore che di nome fa Nino e cognome Tronchetti Provera. La
logica dice che se affidi un pezzo della tua industria al fratello non è per dismetterli meglio entrambi.
Potrebbe anche darsi che l’ondata di panico, la frenesia al negativo che aveva portato tutti a ritenere
urgentissime le dismissioni hanno lasciato posto a un maggior realismo. Ora si tratta di far fruttare i
gioielli di famiglia e soprattutto di non buttare il bambino con l’acqua sporca.
E infatti l’attenzione nei confronti del mercato è cambiata. Aziende grandi e piccole stanno affrontando il problema delle strutture commerciali inefficienti, che sanno vendere prodotti e servizi solo
quando tutti comprano a occhi chiusi ma in realtà non capiscono un’acca quando si tratta di creare
nuovo mercato, specie in condizioni di ristrettezza economica. Molti cominciano a capire che se non
si mette mano al management e alla forza vendita, se non si fa vera formazione in tal senso, non si
viene a capo di nulla, come Beltel va ripetendo da mesi.
Anche questa è una buona notizia.
Solo in apparenza. Perché questa voglia di cambiamento è accompagnata da un fenomeno estremamente negativo: il proliferare di iniziative come convegni, fiere, seminari e manifestazioni accessorie. Molti gruppi importanti si stanno interessando a questo tipo di attività per acquisire le società che
le organizzano o attivare nuovi filoni di business in questa direzione.
Bene. E’ tornato l’interesse a discutere su certe tematiche.
Male. Perché l’interesse, la fame di apprendimento, non si placa certo inviando i propri dipendenti a
un seminario costoso ma poco qualificato, dove l’aria fritta si paga a prezzi inflazionati. La formazione non si esaurisce con il nome del manager o del quadro appiccicato su un certificato di frequenza
che ricorda la vecchia battuta sulla patente di guida conseguita coi punti Miralanza.
Dopo “potere dromedario”, “potere seminario”, insomma.
Il fenomeno della formazione fasulla è il classico rimedio peggiore del male, e bisogna combatterlo in
tutti i modi.
Allora a risentirci alla prossima occasione. Quando forse si potrà già discutere su un tema fondamentale come il nuovo servizio pubblico televisivo.
Il presidente della Camera ha sollevato una questione di merito forse scontata - e più di parte di
quanto non si pensi - ma non del tutto trascurabile. Ai presidenti di Camera e Senato si chiede di
essere super parte, ma sarebbe ipocrita pensare le cariche che devono assegnare debbano essere
indipendenti. Meglio sarebbe prendere certe decisioni in altre sedi. Vedremo presto come andrà a
finire e se sarà il caso di approvare o criticare.
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attualità
inquinamento elettromagnetico: invenzione o realtà?
Andrea Michele Sacripanti
Direttore Affari Istituzionali H3G
Conoscete l’arroganza del non sapere? “… il proliferare di impianti radiotelevisivi e per la telefonia cellulare
sta provocando le giuste preoccupazioni da parte dei cittadini…”. E ancora “…le antenne sui nostri tetti
non le vogliamo…” recitava così uno striscione dipinto da una buona mano da parte di un gruppo di
cittadini che manifestavano contro le antenne installate vicino a una scuola di Roma.
Questa è una sintesi concisa e puntuale di un appello generale manifestato da parte degli amministratori
locali che, pur di non vedersi occupare il municipio o il proprio assessorato, impongono agli “untori” di
emissioni (elettrodotti, impianti radioelettrici, impianti di telefonia mobile e impianti per radiodiffusione)
delle regole non perfettamente conformi con l’attuale normativa in vigore e con lo sviluppo del settore.
Con tutto il rispetto e la sensibilità per la materia e per chi amministra il proprio elettorato, vorrei riflettere
su alcuni quesiti che potrebbero supportare la mia tesi, ossia l’elettrosmog è una mera invenzione, un
veicolo politicamente usato, sedotto e infine abbandonato.
L’arroganza del non sapere è semplicemente il manifestare la non conoscenza dell’esistenza di una Organizzazione Mondiale della Sanità che non ha mai informato che impianti, sistemi o apparecchiature tecniche a
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0Hz e 300Ghz, cui sono esposti
lavoratori, lavoratrici e popolazione Hz, siano cancerogeni per l’essere umano.
L’arroganza del non sapere è la non conoscenza dell’esistenza del Rapporto, dello scorso settembre, della
Commissione dell’Istituto della Sanità che istituita dal Ministro Prof. Veronesi ha chiaramente negato ogni
nesso tra gli 8 casi di leucemia verificatasi nel raggio di 10 km dai ripetitori di Radio vaticana.
L’arroganza del non sapere è il non voler fare informazione giusta e realistica verso i propri elettori, perché
ostinarsi a confermare, in innumerevoli comizi, dibattiti e cenacoli simil culturali che le preoccupazioni dei
cittadini sono giuste invece di dire realmente che sono scientificamente infondate.
Mi raccontava recentemente un giovane militare di leva, addetto alla manutenzione di un sistema radar
dislocato in un aeroporto militare del nord Italia, che aveva una “paura tremenda” circa l’assorbimento di
onde elettromagnetiche nocive. Gli risposi che i radar sia militari sia civili usano frequenze elevatissime, fino
a 10GHz, ovvero 10 miliardi di herz con picchi massimi nell’ordine di milioni di watt e la scienza ha illustrato
che i tessuti esposti possono arrivare ad assorbire potenze di ca. 100W/Kg, quindi gli consigliai, con tutto
l’onore e la stima per la Repubblica, di disertare per il bene della sua salute.
Tuttavia, occorre riflettere sulle esposizioni dovute ai radar (militari e civili) che sono molto diverse da
quelle alle quali è esposta oggi la nostra popolazione, pardon, noi elettori. Alcuni esempi: il telefono senza
fili emette fino a 8V/m oppure il forno 7V/m, ed ancora il ferro da stiro, il ventilatore, la lampada alogena,
il frullatore, il trapanp, la radiosveglia…ecc.
I valori di sicurezza stabiliti dalla normativa italiana sono infinitamente più bassi comparati alla media europea. Il D.M. del 10 settembre 1998, n° 381 “Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti
di radiofrequenza compatibili con la salute umana” fissa i limiti di esposizione per la popolazione ai campi
elettromagnetici (art.3) e le misure di cautela ed obiettivi di qualità (art.4). Lo spirito del Decreto è quello
di riservare misure più cautelative nei casi in cui si possono verificare esposizioni a campi elettromagnetici
per tempi prolungati, da parte di ricettori sensibili, non esposti per ragioni professionali. Il rischio implicito,
cui si fa riferimento, è rappresentato da eventuali malattie in qualche modo connesse con una esposizione
prolungata nel tempo anche a livelli molto bassi.
La “Legge quadro n. 36 sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”
ha l’obiettivo di assicurare la tutela della salute dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32
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della Costituzione, rimandando all’emanazione di decreti attuativi la fissazione dei limiti di esposizione, dei
valori di attenzione e degli obiettivi di qualità.
Tutti i soggetti interessati a svolgere qualsiasi attività industriale che tratta di impianti, sistemi o
apparecchiature tecniche che possono comportare l’esposizione dei lavoratori e della popolazione a campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici con frequenze comprese tra 0Hz e 300GHz attendono l’emanazione nel più breve tempo possibile da parte del Governo di detti atti normativi.
limiti di esposizione per la popolazione ai campi elettromagnetici
Valore efficace di intensità Valore efficace di intensità Densità di potenza dell’onda
Frequenza f
di campo elettrico E
di campo magnetico H
piana equivalente
(MHz)
(V/m)
(A/m)
(W/m2)
0,1 – 3
60
0,2
->3 – 3000
20
0,05
1
>3000 – 300.000
40
0,1
4
Il quadro di riferimento generale in Europa è costituito dalla Raccomandazione UE 1999/519/CE che
evidenzia molto chiaramente:
la normativa italiana è molto cautelativa, avendo previsto limiti di esposizione ai campi elettromagnetici
di gran lunga più bassi rispetto agli altri paesi europei.
Tutti i cittadini dell’Unione hanno diritto allo stesso livello di protezione poiché l’esistenza di normative
diverse nei vari stati crea nei cittadini confusione e sfiducia verso la scienza e verso le autorità sanitarie.
Valori raccomandati dalla Commissione Europea e dall’Internetional Commission on Non-Ionizing Radation
Protection (Icnirp) almeno 10 volte superiori ai valori italiani di 6 V/m.
Settore
Telefonia
cellulare
Frequenze Campo elettrico Campo magnetico Densità di potenza
(MHz)
(V/m)
(W/m)
(W/m)
900
41,2
4,5
1800
58,3
9
1900
62
-
Sempre l’Icnirp fissa i limiti di esposizione in 0,4 W/g per le esposizioni professionali e di 0,08 W/g per
la popolazione in generale. Esposizioni che manifestano un riscaldamento inferiore a quello naturalmente prodotto dall’organismo umano a riposo, quantificabile in 1,2 W/g.
In vari editoriali pubblicati sulla rivista New England Journal of Medicine sono stati illustrati studi di
correlazione tra vari tipi di tumori e l’esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti con dei
risultati assolutamente non preoccupanti per la nostra esistenza.
In conclusione, alla luce di quanto detto l’arroganza del non sapere è molto pericolosa.
-
(Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società)
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notizie
a cura della redazione
Da gennaio Omnitel ha ridotto il costo delle telefonate
fisso-mobile, vero punto centrale delle strategie tlc dal ‘98 ad
oggi. Siamo entrati, finalmente, in un’epoca di maggiore libertà
e competitività? Comunque vediamo adesso cosa fa TIM.
Hdp acquista dal Sole 24 Ore Radio Italia Network, la
concessionaria pubblicitaria dell’editoriale Sper e l’agenzia Agr.
Yahoo! acquista, per 439 milioni di dollari, Hot.Jobs, il numero due al mondo nei servizi on line di job recruitment.
Le attività di fusioni e acquisizioni nel 2001, secondo
Thomson Financial, sono calate del 54% rispetto al 2000.
In Europa ammontano a 632 miliardi di dollari, meno della
metà del 1999 considerato anno record. Comunque sempre una bella cifra!
Un’ indagine di Cegos CyberSearch condotta su 565
venditori e 135 manager commerciali non ritiene il prezzo
l’elemento determinante per conquistare i clienti.
Bull ha ceduto Integris Europa a Steria.
La rete elettrica dell’Enel di Torino passa all’AEM di Torino
per 248 milioni di euro. E’ importante capire meglio il ruolo
futuro delle municaplizzate nel panorama economico italiano.
Per Microsoft il baco in XP può essere grave. Per l’immagine,
al di là del modo di come hanno deciso di proteggere i clienti.
Importante piano di ristrutturazione in Inferentia: riduzione dei costi e nuove strategie. Inferentia è quotata al
Nuovo Mercato. E’ un’azienda new economy.
Alcatel ha venduto la sua partecipazione in Areva alla
Caisse des Depots et Consignations e quella in Answare
it a EDS. I processi di semplificazione e di focalizzazione
continuano.
Telespazio tratta con Finmeccanica. Che vendita è?
Nell’ambito dei progetti della Comunità Europea nell’area
Information Society Technologies, il Laboratorio di Ricerca
e Sviluppo di Engineering ha ideato “Train Me”, un sistema interattivo per la creazione di corsi di apprendimento
online. Frutto di una collaborazione fra Engineering, Oikos
(specializzata nei servizi alle PMI) e la spagnola Ibermática
(operante anch’essa nel’ICT), la soluzione è easy-to-use,
personalizzabile, non richiede conoscenze specifiche nel
campo della tecnologia Web ed è interamente riutilizzabile.
“Train.me” sarà adottato anche dalla stessa Engineering,
in vista della creazione di una università virtuale da affiancare alla propria Scuola di Alta Formazione.
Luigi Capitani, dopo Caresob e Banca Generali, è ora in
Banca della Rete, la nuova banca multicanale della Banca di Roma e di Telecom Italia.
Sirti è al 4,59% del capitale di ePlanet.
Bertelsmann acquista da Pearson il 22% di Rtl, di cui ha
già il 67%, per 1,5 miliardi di euro. Rtl è la più grande
emittente commerciale in Europa.
Reggeborgh Partecipates bv aveva il 3,8% di Tiscali.
Adesso è sceso sotto al 2%.
Ivano Airoldi è il nuovo vice direttore di Lottomatica.
Roberto Di Gaetano è il nuovo direttore generale di Colt
Telecom di Roma. Sostituisce Francesco Ghignone.
Anche l’Antitrust ha sollecitato l’Authority a far entrare in vigore senza ulteriori rinvii la portabilità del numero
nella telefonia cellulare.
La condivisione delle reti umts non è una strada percorribile da parte dei licenziatari. Anche per le pressioni dei
fornitori di apparati. Resta in piedi invece il cositing, cioè la
possibilità di condividere lo spazio fisico del suolo in affitto
e i pali su cui installare le antenne. Il primo accordo di site
sharing è quello tra TIM e H3G e riguarda 1.500 siti. La
condivisione delle reti avrebbe consentito un grande risparmio ma abbassato il livello di competizione.
Anche LTS è in liquidazione volontaria.
Il 10% del ricavato dalle licenze umts verrà utilizzato
per la ricerca sui campi elettromagnetici creati dalle reti di
telefonia mobile, per la costituzione di una rete di
monitoraggio degli stessi campi, per incentivare lo sviluppo
di nuove tecnologie.
La cessione di Blu si avvicina. Varie le ipotesi e le voci, ma,
secondo noi, in pole position rimane Wind.
Malgrado le svalutazioni di partecipazioni, Telecom Italia chiuderà il bilancio 2001 in nero, cioè meglio del
previsto. Notevole il contributo di TIM che nell’appuntamento dell’ultimo trimestre ha segnato un +28% dell’utile.
In ogni caso il nuovo piano industriale di Telecom Italia
non prevede più dismissioni. In particolare nella tv e
nell’information technology. Fa eccezione Telespazio.
La Debis è ora tutta di Deutsche Telekom. Daimler ha
deciso di vendere anche la restante quota del suo portafoglio per 4,6 miliardi di euro.
Joint venture a Milano tra AEM e Siemens Informatica:
è nata e-utile, in principio per gestire in outsourcing i servizi
informatici di AEM per poi aprirsi al mercato delle utilities.
I gruppi Arnault e Sonera sono entrati nel capitale di
Vitaminic.
Ubaldo Livolsi investe nella radio digitale. Dopo aver investito nella casa cinematografica di Rita Rusic e poi nel
circuito Tv Profit, ora ha rilevato il 21% di Finelco (Radio
Montecarlo, Radio 105 e Nove Nove Pubblicità).
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Mario Gabrielli, ex ENI e BNL, ha creato con Sandro de
Bruno la Gabrielli Associati per operare nella consulenza
finanziaria e strategica.
Tc Sistema, azienda software quotata al Nuovo Mercato,
ha acquistato per 511 mila euro il 90% di eMotion, start up
dell’Università di Padova operativa nella bioingegneria.
Ugo Guelfi, ex IBM, è consulente del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca.
La delibera dell’Authority riserva l’offerta di interconnessione alla
rete Telecom Italia per gestire il traffico a internet, con modalità
flat, agli operatori con licenza. Secondo il Ministro Maurizio
Gasparri l’opportunità dovrebbe essere estesa anche agli
internet service provider che hanno solo un’autorizzazione.
ENX, la più grande associazione europea che raccoglie i
costruttori di auto e i fornitori di attrezzature per l’industria
dell’automotive, tra i quali Ford, BMW, Daimler, Chrysler e
Michelin, ha scelto Ebone per il proprio traffico IP
paneuropeo. Ebone è uno dei leader europei nella fornitura
di soluzioni di rete a larga banda su infrastruttura in fibra
ottica proprietaria.
Patricia Russo è il nuovo amminsitratore delegato di
Lucent Technology. Dopo Carly Fiorina di HP è la seconda donna al vertice di una grande multinazionale tecnologica. Peraltro Carly Fiorina viene da Lucent.
Secondo IDC i dati 2001 di internet dicono che sul totale
delle persone che hanno accesso a internet, il 29,8% è in
Europa ed il 29,2% in USA. Quindi, il sorpasso dell’europa
sugli USA sarebbe cosa fatta!
Secondo una ricerca della Camera di Commercio di Milano,
il 2001 è stato l’anno del boom delle assunzioni nel settore dell’ict in Lombardia. I neo assunti lombardi ammontano a 11.238 pari al 31,2% del dato nazionale, di cui
9.257 nella sola Milano, 25,7% del totale.
Nell’ultimo bollettino 2001, l’Antitrust ha bocciato due campagne di Blu e Omnitel per “pubblicità ingannevole”.
Nuovo direttore generale in Omnitel Vodafone. E’ Luca Rossetto e viene da Autogrill dove era direttore generale.
Per Wind in Borsa c’ è da attendere. Per Franco Tatò in
questo momento le condizioni non sono favorevoli.
IBM cede in outsourcing la produzione dei pc alla Sanmina-Sci.
E’ in fase di decollo il consorzio e-Security costituito tra
Engineering e Marconi per la sicurezza delle reti. Dopo il
primato nella firma digitale conseguito con la controllata
Engiweb.com, Engineering punta ora a incassare in alleanza
con Marconi i primi contratti di VPN outsourcing con banche e
imprese. Intanto il Gruppo Engineering prosegue nella politica
di partnership tecnologiche in grado di garantire indipendenza ed eccellenza nell’offerta. Ultime arrivate sono Siebel e
Hyperion, che si aggiungono a Oracle, Business Objects,
Solipsys, Sap, Baltimore, Compaq, Hp e Sun.
L’ outsourcing prende sempre più piede. Anche la canadese Celestica rileva da Nec le attività di produzione di un’ampia
gamma di prodotti per le comunicazioni in fibra ottica e a banda larga.
Accordo di Tiscali con Fujitsu Siemens. Prevede il
caricamento del programma di connessione alla rete nei pc
che saranno distribuiti e venduti nei 14 paesi dove Tiscali è
presente. Inoltre, la partnership tra le due società dovrebbe
portare alla creazione di nuovi servizi da fornire entro i confini
europei: servizi voce, di messaggi, di musica e intrattenimento.
Vodafone è interessato, sembra, a Telekom Austria per
entrare nella telefonia mobile anche in questo paese.
E’ boom per le server farm in Italia: i servizi di internet
hosting passeranno da 158 a 647 milioni di euro nei prossimi 4 anni. L’ Italia è il paese europeo che avrà il maggiore
sviluppo, lo rivela un report di Colt. L’ hosting è il servizio di
gestione tecnologica dei server dei siti e portali internet. In
Italia alla fine del 2001 erano 400.000 le aziende con un
sito web, nel 2005 saliranno a 760.000. Tra questi circa
190.000, una su quattro, affiderà la gestione del sito
internet in outsourcing a una web farm.
Vodafone ha vendutto del tutto a Siemens Atecs
Mannesmann.
Alcatel prosegue a terziarizzare attività e funzioni considerati non essenziali. Ha venduto a Platinum Equity le
attività europee di servizi e distribuzione per le imprese.
Da parte di molti autorevoli commentatori si dice che le
nuove indicazioni del Parlamento europeo sulle Authority
tlc del 12 dicembre 2001 potranno produrre una eccessiva burocratizzazione.
Anna Banfi è il nuovo direttore marketing e comunicazione di Nortel Networks Southern Region (Italia,
Grecia, Malta e Cipro).
Francesco Ghignone è andato in Grecia a fare l’amministratore delegato della venture nelle tlc tra Wind e l’ente
elettrico di quel paese.
Nino Tronchetti Provera, fratello di Marco ed ex amministratore delegato di Cam Tecnologie, entra nel gruppo
Telecom Italia come responsabile della divisione It Telecom
Mercato cui faranno capo alcune attività ex Finsiel. La sua
origine culturale è McKinsey. E’ una ulteriore prova che non
sono in vista dismissioni nell’area informatica.
I clienti di Blu sono quasi 2 milioni.
Apple nel primo trimestre del nuovo anno fiscale ha annunciato un utile di 38 milioni di dollari. Nello stesso periodo dell’anno scorso si registrava una perdita di 195 milioni di dollari.
Yahoo! nel quarto trimestre 2001 cala l ’utile netto del 79%.
L’esercizio 2001 di Compaq Italia si chiude con un fatturato in progresso del 5% circa rispetto al 2000.
Livolsi & Partner entra nel capitale della società di p.r. Sec.
Atlanet ha firmato il contratto con Alcatel per le
apparecchiature che le consentiranno di offrire in 50 città
italiane servizi a larga banda attraverso l’ultimo miglio.
L’ e-commerce coinvolge il 39% delle aziende con più di 20
dipendenti. Lo afferma Federcomin.
febbraio 2002
Beltel
............................................. mercato .............................................
Marco Tronchetti Provera ha affermato che la prima infrastruttura da far decollare nel paese è la banda larga, poi l’umts.
Microsoft nel secondo trimestre fiscale: vendite
+18%, utili in calo.
IBM nell’ultimo trimestre 2001: fatturati e utili in calo.
Tele+ compra Stream. Il prezzo? 600 dollari per abbonato.
Engineering ha acquisito da GFI Informatique il 50% della ex Olivetti Sanità (ora ribattezzata Engisanità) puntando così a consolidare la propria presenza sul mercato
dei servizi IT per la sanità. Grazie a questa acquisizione
Engineering si è infatti assicurata una quota di mercato del
40%, con una penetrazione commerciale di circa il 60%.
Nortel Networks ricavi trimestrali superiori alle attese, ma -60%
sullo stesso trimestre del 2000. Previsto un calo del 10% dei
ricavi nel trimestre in corso, utile atteso nel quarto trimestre 2002.
Fulvio Zandrini era responsabile delle comunicazioni in Telecom
Italia. Ora è in proprio con una società denominata Aneway.
Alessandro Giaume è il nuovo direttore generale di
Netscalibur Italia.
Le vendite Gprs a Natale non sono andate bene come
tuttora. Le compagnie comunque si rifiutano di dare dei dati.
Seconda una recente indagine condotta da Merrill Lynch
(Merril Lynch, TechStrat Survey, 2 January 2002) su un campione di 110 CIOs di grandi gruppi industriali, le priorità di
investimento in azienda per il 2002 saranno tutte con un forte
orientamento all’outsourcing e riguarderanno in particolare
problematiche legate alla sicurezza, all’implementazione ERP,
al disaster recovery, al web development, allo storage interno ed esterno (Storage Area Network).
Il 30 gennaio si è svolto a Roma il Convegno “la condivisione
delle infrastrutture di telecomunicazioni” organizzato
dall’ANFoV. Introdotto da Franco Morganti, ha presentato
una relazione di Claudio Leporelli e due tavole rotonde,
una per rete fissa ed una per rete mobile, con la presenza
dei principali operatori di più alto livello.
Nei recenti rapporti 9 e 13 dell’Umts Forum, vengono
individuate sei aree di domanda: servizi di infotainment
personalizzato, messaggistica multimediale, accesso ad
intranet ed extranet, accesso ad internet, servizi basati sulla
localizzazione e servizi vocali “arricchiti”. La spesa media
procapite per servizi dati dovrebbe essere di 40 dollari nel
2006 e scendere, per effetto di mix e per il calo dei prezzi, a
30 dollari nel 2010. Il 65% dei ricavi deriverebbe dalla spesa
dei consumatori e si ritiene che su di essa i margini potrebbero
essere più interessanti di quelli dell’utenza affari.
Maurizio Gasparri dice che bisogna evitare che Wind
compri Blu, per evitare lo statalismo di ritorno.
Amazon ha chiuso per la prima volta nella sua storia un
trimestre in attivo. Sembra con un sistema contabile tradizionale. Qualcosa si muove anche nella new economy?
Il Governo albanese ha deciso di privatizzare Albtelecom.
La società di Stato che gestisce la rete fissa. Gli advisor
dell’operazione sono: Banca IMI, Bain e Company Italy e lo
Studio Tonucci.
Per trovare un accordo sulla number portability per cellulari,
gli operatori del settore hanno tempo sino a fine mese.
Parola di Authority!
AOL Time Warner, quello di Netscape, ha presentato
una nuova denuncia contro Microsoft per pratiche
monopolistiche. Favorisce Explorer.
I clienti Fastweb alla fine del 2001 erano 48.000.
Possibile accordo di Freedomland con il fondo inglese
Cambria che potrebbe conferire la controllata Pay per
Moon. Nascerebbe un nuovo business.
Finmatica potrebbe lasciare il Nuovo Mercato. Pier Luigi Crudele ci sta pensando.
La società di venture capital 3i ha acquisito una quota del
14% di Itsoftware, specializzata nello sviluppo di applicazioni e servizi per il trading finanziario.
Vodafone ha superato i 100 milioni di abbonati nel mondo.
Alcatel ha acquisito l’americana Astral Point
Communications, specializzata in sistemi ottici Sonet (lo
standard di trasmissione sincrona di nuova generazione
usato in Nord America).
Sono nati a Roma e Milano due EtnoteamLabs, due laboratori di ricerca sulle nuove tecnologie realizzati da Etnoteam.
L’attività di ricerca si focalizzerà inizialmente sulle applicazioni per il mondo wireless, con particolare riferimento alle nuove generazioni GPRS e UMTS, oltre all’usabilità delle applicazioni web e il CRM su piattaforma internet.
Clickit, società di advertising online, e l’incubatore internet
in3 hanno annunciato un accordo in base al quale svilupperanno insieme nuovi strumenti di comunicazione sul web.
Da novembre è possibile registrare i domini .biz, il nuovo
top level domain autorizzato da Icam e dedicato esclusivamente alle aziende commerciali.
Infracom è un portale geografico rivolto alle imprese del NordEst, alle quali mette a disposizione una serie di servizi, tra cui la
connessione a banda larga, i servizi di mobilità per i trasporti (la
società gestisce il sistema informatico dell’autostrada BresciaPadova), i marketplace business to business e i servizi Asp.
CRM nelle tlc. Come implementare e integrare in azienda
una strategia di Customer Relationship Management di
successo? Per avere una risposta, convegno del 13 marzo
a Milano. Per informazioni Business International: tel.
06845411-fax 068842034 [email protected]
Offrire servizi di direct marketing tramite una serie di uffici
in franchising: è quanto si propone di fare FlashMarketing, società che si rivolge a professionisti, promotori finanziari, agenti di commercio e a tutte le realtà imprenditoriali locali che necessitano di un servizio specializzato a condizioni competitive.
Matrix, del gruppo Seat, ha 100 esuberi su 300 dipendenti.
IBM è la regina dei brevetti in USA. Anche nel 2001 con
3.453 innovazioni registrate.
febbraio 2002
Beltel
.............................................
mercato .............................................
Come conseguenza dell’introduzione della tv digitale terrestre
si prevede per il 2006, per il mercato italiano, la vendita di 3,3 milioni di tv digitali e di 7 milioni fra adattatori e Stb.
Federcomin (Federazione di Confindustria delle Aziende
di Telecomunicazioni Radiotv ed Informatica) ha presentato il progetto Fiducia. Si tratta di una iniziativa rivolta sia
alle imprese sia ai consumatori, nata per favorire la fiducia
verso l’utilizzo della rete e del commercio elettronico. Il
progetto, gratuito, si articola in una serie di iniziative: un
codice di comportamento per le imprese che operano in
rete, un marchio Fiducia per le imprese che sottoscrivono il
codice, le procedure per il rispetto del codice, la creazione
di un sito web per informazioni e modalità operative.
Dopo l’euforia della net economy, Gianfilippo Cuneo pensa
che il valore del cliente è tornato a essere determinato da
quanto il cliente produce, non da quanto vale potenzialmente.
Quando parte l’UMTS? Le dichiarazioni sono diverse,
ma nel 2002, crediamo, si pensa solo ad un lancio finale,
sperimentazioni e messa a punto dei sistemi. La partenza
effettiva non prima del 2003. Questo anche per ritardi
tecnologici (vedi ad esempio terminali). Ma quando si dice
2003 si vuole dire nel corso del 2003 e non all’inizio. Salvo
smentite o imprevisti.
L’offerta di linee affittate da parte di Telecom deve
rivolgersi esclusivamente a operatori e provider che
siano dotati di un’infrastruttura di base. Lo ha stabilito
l’Authority delle tlc.
Dopo Renato Casarotto, un altro manager Infostrada in
una posizione di rilievo della nuova Wind: è Carlo Abbà,
direttore acquisti.
Datamat insieme a Vitrociset ha acquisito in outsourcing
dall’Aeronautica Militare il contratto per il supporto logistico
dei veivoli Eurofighter 2000.
Albacom sponsorizza il Milan per le prossime tre stagioni. La presenza di Mediaset nella compagine azionaria
è casuale?
Anche le tariffe di Omnitel dopo quella di Tim nel GPRS
saranno molto care.
La UE sta per esprimersi positivamente sulla fusione
HP- Compaq.
De Agostini sta per conquistare Lottomatica. Il Ministro
delle Finanze ha detto sì alla sua Opa.
Direct Line, la maggiore compagnia via telefono di assicurazioni auto in Europa, ora è anche in Italia. E’ controllata dalla
Royal Bank of Scotland e conta oltre 5 milioni di clienti.
Una ricerca effettuata da Dimension Data dice, tra l’altro, che i manager svedesi sono i più dipendenti dal supporto tecnologico, mentre in Italia gran parte degli investitori sostiene di poter lavorare anche senza.
La Commissione per la riforma delle Authority di controllo aveva nel mirino anche l’Authority delle tlc. Le tentazioni sono una
cosa e la realtà un’altra. Non ci sarà alcuna modifica.
In Francia Telecom Italia vuole dismettere 9Telecom
che ha ricavi intorno ai 185 milioni di euro. Ma, in generale,
la parola d’ordine è dismettere dove non c’è un ruolo di
gestione, con l’eccezione del Brasile e dei paesi limitrofi.
Per vendere Freedomland Virgilio Degiovanni sembra
voglia circa 200 milioni di euro.
Sarà Mauro Tosi, ex capo di Sirti USA, il direttore generale nuovo
di e-Via, la società promossa da Kiwi2 e preseduta da Carlo Callieri.
Full Contents produrrà e distribuirà contenuti per telefonia mobile, tv digitale, analogica e satellitare, pc e telefono
fisso con schermo. In essa ha investito Franco Bernabè
con Fb Group ed inoltre Bendoni Comm. ed Eta Beta. Il
presidente di Full Contents è Giovanni Stella.
Ipse congela le attività, probabilmente in attesa della
liquidazione volontaria. A casa 650 perssne, ne rimangono
50 per qualche mese. Interruzione di tutte le attività pianificate: rete, campagna pubblicitaria, lancio sperimentale
del primo servizio attraverso i roaming Gsm con Tim. I soci
di Ipse: Telefonica Moviles 45,59%, Sonera 12,55, Atlatnet
12, Banca di ROma 10, Edison 3, Xera 5, Falk 2, Goldenegg
4,8, ePlanet o,5, altri 4,56%.
Gli esperti dicono che in Italia non c’è posto per quattro
aziende umts. Dopo l’abbandono di Ipse, ci sarà qualche
altra defeizone?
Ericsson ha presentato, per la prima volta, il progetto di
bilancio 2001 in rosso e per il 2002 pronostica un calo
dei ricavi almeno del 10%.
febbraio 2002
Beltel
............................................. mercato .............................................
attualità
umts in europa
Stato Membro
assegnatari
Spettro frequenze
UNA TANTUM
ANNUI
UNA TANTUM
ANNUI
Belgio
- asta
- durata licenza: 20 anni
- lancio: entro
settembre 2002
- copertura: 30% entro
3 anni, 40% entro 4
anni, 50% dopo 5, 85%
entro 6.
Proximus
(Belgacom)
2x15
5
12.500
250.000
150.200.000
(asta)
2.500.000 (5)
Mobistar
2x15
5
12.500
250.000
150.000.000
(asta)
2.500.000 (5)
KPN Orange
2x15
5
12.500
250.000
150.000.000
(asta)
2.500.000 (5)
Hi3G Denmark
2x15
5
3.350.000
0
31.830.000
9.778.818 (7)
TDC Denmark
Internat.
2x15
5
3.350.000
0
31.830.000
9.778.818 (7)
Telia Mobile
AB
2x15
5
3.350.000
0
31.830.000
9.778.818 (7)
9.778.818 (7)
simmetrico
Danimarca
- asta
- durata licenza: 20 anni
- copertura: 30% entro
2004, l’80% della
popolazione entro 2008
Germania
- asta
- durata licenza: 20 anni
- copertura: 25% entro
fine 2003, popolazione
entro il 2005.
Grecia
- asta
- durata licenza: 20 anni
- lancio: entro 2003
- copertura: 25% entro
dicembre 2003, 50%
entro dicembre 2006
Spagna
- beauty contest
- durata licenza: 30 anni
- lancio: previsto a
giugno 2002
- copertura: entro
giugno 2002 tutte le
città con oltre 250mila
abitanti.
asimmetrico
oneri amministrativi (€)
contributi frequenze (€)
Orange A/S
2x15
5
3.350.000
0
31.830.000
T-Mobil
2x10
5
0
0
4.370.000.000
Mannesman
2x10
5
0
0
4.370.000.000
E-plus
Hutchison
2x10
5
0
0
4.370.000.000
Viag Interkom
2x10
--
0
0
4.320.000.000
Mobilcom
Multimedia
2x10
5
0
0
8.430.000.000
Group 3G
(57,2%
Telefonica
Moviles; 42,8%
Sonera),
2x10
5
0
0
4.330.000.000
Canone basato
sui costi a partire
dal 3°anno postrilascio licenza
Panafon
2x20
5
0
176.376.199
Cosmote
2x15
5
0
161.411.701
0
Stet Hellas
2x10
5
0
146.735.169
0
Telefonica
Moviles
2x15
5
0
129.220.000
162.980.000 (8)
Airtel
2x15
5
0
129.220.000
162.980.000 (8)
2x15
5
0
Amena
Xfera
0
febbraio 2002
Dal 2005
0.15%
del
fatturato
0
129.220.000
162.980.000 (8)
129.220.000
162.980.000 (8)
Beltel
............................................. mercato .............................................
Francia
- asta
- durata licenza: 15
anni,
con
possibile
estensione
a 20
- lancio: SFR marzo
2002; Orange
giugno ‘02
- copertura: a 2 anni dal
lancio 25%
copertura voce,
20% per TD a 144
Kbit/s; do po 8 anni:
80% copertura
voce, 60% per TD a
144 Kbit/s
Irlanda
Beauty contest da
effettuarsi
Italia
- asta+beauty contest
- durata licenza: 15 anni
- copertura: entro 30
mesi per i capoluoghi
di regione e altri 30
mesi per i capoluoghi di
provincia.
Lussemburgo
Beauty contest da
effettuarsi
Olanda
- asta
- durata licenza: 16 anni
- copertura: entro
gennaio 2007 il 60%
della popolazione
anche per TD a 144
Kbit/s, soprattutto per il
traffico in entrata e in
uscita per e da Belgio e
Germania e le aree
aeroportuali.
Austria
- asta
- durata licenza: 20 anni
- lancio: entro 2003
- copertura: entro la fine
del 2003 il 25% e a fine
2005 la popolazione.
Itineris
2x15
5
305.000
152.500
619.000.000 pagabili in rate durante 20
anni (9)
SFR
2x15
5
305.000
152.500
619.000.000 pagabili in rate durante 20
anni (9)
Telecom Italia
Mobile
2x10
5
56.810
61.975
2.442.000,000
0
Omnitel
2x10
5
56.810
61.975
2.448.000.000
0
Wind
2x10
5
56.810
61.975
2.427.000.000
0
Ipse
2x15
5
56.810
61.975
2.427.000.000
0
H3G
2x15
5
56,810
61.975
2.417.000.000
0
KPN Mobile
2x15
5
363 (1)
356.670
711.000.000
98.243
Libertel
2x14,6
5,6
0
353.949
713.800.000
98.243
Telfort
2x10
5
0
353.949
430.000.000
135.907
Dutchtone
2x10
5
0
353.949
435.600.000
145.907
3G-Blue (Ben
–Belgacom e
Tele Denmark;
DT)
2x10
5
0
353.949
395.000.000
98.243
Mobilkom
Austria
2x10
10
7.267
171.500.000
0
Max Mobil
2x10
10
7.267
170.800.000
0
Connect
Austria (One)
2x10
--
7.267
119.900.000
0
Telefonica
2x10
--
7.267
117.700.000
0
TeleRing
2x10
--
7.267
113,.400.000
0
Hutchison 3G
2x10
5
7.267
138.800.000
0
Na
Na
febbraio 2002
0.1-0.2%
del
fatturato
Beltel
............................................. mercato .............................................
Portogallo
- beauty contest
- licenza spettro
rinnovabile ogni 5 anni
sino allo scadere della
licenza per i servizi
- lancio: entro dicembre
2002
- copertura: almeno
20% dopo il primo
anno, 40% dopo i 3
anni, 60% dopo 5,
comunque ogni
operatore ha
obbligazioni individuali.
Finlandia
- beauty contest
- durata licenza: 20 anni
- lancio: gennaio 2002
- nessun obbligo di
copertura
Svezia
- beauty contest
- durata licenza: 15 anni
- lancio: gennaio 2002
- copertura: entro
dicembre 2003 99,98%
della popolaizone
Regno Unito
- asta
- durata licenza: 25 anni
- copertura: 80% della
popolazione entro il
31.12.2007
TMN
2x15
5
49.880
9.976
99.760.000
Telecel
2x15
5
49.880
9.976
99.760.000
Optimus
2x15
5
49.880
9.976
99.760.000
Oni-way
2x15
5
49.880
9.976
99.760.000
Attualmente
basata sul
numero di stazioni
base e terminali
mobili
Sonera (2)
2x15
5
0
0
0
1.592.640 (4)
Radiolinja (2)
2x15
5
0
0
0
1.592.640 (4)
Telia Finland
(2)
2x15
5
0
0
0
1.592.640 (4)
Suomen 3G
(2)
2x15
5
0
0
0
1.592.640 (4)
Ålands
Mobiltelefon
(3)
2x15
5
0
0
0
Tele1 Europe
Ab (3)
2x15
5
0
0
0
10.893
Europolitan
2x15
5
Tele2
2x15
5
Hi3G Access
2x15
5
Orange
Sverige
2x15
5
BT Cellnet
2x10
5
0
€ 5.447
più
0.15%
del
fatturato
0
One2one
2x10
5
0
Orange
2x10
5
0
Vodafone
2x15
--
0
Hutchison 3G
2x15
5
62.800
Fino allo
0.08%
del
fatturato
0
0
0
€ 17.43 all’anno
per stazioni base
6.500.000.000
0
6.452.000.000
0
6.468.000.000
0
9.613.000.000
0
7.065.000.000
0
Fonte: Commissione europea, 7th Report on the Implementation of the Telecommunications Regulatory Package
(http://europa.eu.int/information_society/topics/telecoms/implementation/annual_report/7report/doc/finalannex1corrected.pdf).
(1). Applicabile ad operatori con SMP.
(2). Copertura: Finlandia salvo Åland.
(3). Copertura: Åland.
(4). Soggetto a riduzione nei primi 5 anni
(5). Contributo massimo: il contributo effettivo è basato sullo spettro effettivamente impiegato.
(7). 10 rate annue (pari 7,5 % dell’offerta d’asta + €228.000 contributo annuo dello spettro).
(8). Il progetto di legge finanziaria 2002 prevede una riduzione media del 65%.
(9). Inizialmente fissati a 4.966.000, pagabili in rate durante 15 anni.
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attualità
da New York
Sandro Malavasi
Banda larga? una lobby per farne la priorità nazionale
I firmatari sono nomi di rilievo come il ceo di Intel Craig Barrett e quello di Cisco John Chambers. La
richiesta è chiara: “fare della banda larga una priorità nazionale” e “ cambiare il modo con cui enti
locali, stati e autorità federali regolano la tecnologia”. Il gruppo che li riunisce è la TechNet, e le
proposte sono anche di altra natura. Per esempio si chiede di offrire degli incentivi fiscali per indurre le
società a offrire servizi di banda larga anche nelle zone rurali o più’ povere del paese ma anche di
convincere il Pentagono a cedere alcune delle bande che non utilizza a vantaggio del settore privato.
Per le licenze cellulari multata la Enron
La multa è decisamente modest, e l’infrazione probabilmente anche, ma è la società in questione a fare
effetto. Enron ha infatti accettato di pagare 7.500 dollari alla Fcc come patteggiamento per l’accusa di
trasferimento irregolare di licenze cellulari . La società, che è in amministrazione controllata dall’inizio di
dicembre e al centro di un grosso scandalo sia di natura contabile sia politica, controlla ben 146 licenze
cellulari e non avrebbe chiesto le necessarie autorizzazioni per il trasferimento fra alcune sue controllate delle licenze stesse o per il loro utilizzo per comunicazioni interne. In base all’accordo Enron ha
dieci giorni di tempo per pagare la multa che, per effetto dell’amministrazione controllata, deve essere
approvato da un giudice. L’aspetto curioso e poco noto della vicenda è che Enron deve buona parte del
suo successo al trading di contratti su prodotti petroliferi e quindi alla gestione di una vera e propria
borsa valori. Fra i contratti e i prodotti scambiati tramite il network di Enron, che aveva ottenuto una non
meglio motivata esenzione da ogni supervisione delle autorità, c’erano anche le licenze sul cellulare.
Sirius punta sulla radio satellitare a pagamento
Radio satellitare a pagamento. E’ questo l’obiettivo di Sirius Satellite Radio, una società quotata al
Nasdaq da tenere d’occhio per l’originalità del suo progetto. Il gruppo ha infatti pesantemente investito per
costruire l’infrastruttura necessaria e punta sull’offerta di un servizio senza pubblicità con canali tematici.
Obiettivo: ripetere il successo della tv satellitare. Il lancio avverrà in febbraio inizialmente in quattro città
(Denver, Houston, Phoenix e Jackson nel Mississippi). La maggiore concorrente è XM Satellite Radio,
già attiva con un suo network dal mese di dicembre, che vanta 300mila abbonati e 100 canali specializzati.
Ma il problema di fondo – secondo gli analisti di “AtNewYork.com”- è quello di convincere gli utenti a
pagare 12,95 dollari al mese per un servizio che è tradizionalmente gratuito come quello radiofonico e per
il quale la casa rivale offre una tariffa di 9,99 dollari. Secondo alcuni esperti le due società sono destinate
alla fusione perché la nicchia delle vetture di lusso, a cui si rivolge principalmente l’offerta, non potrà
giustificare l’attività di due società nello stesso segmento di mercato. Nel frattempo dallo scorso dicembre
due modelli di Cadillac hanno la radio satellitare come optional e da fine mese lo sarà anche per 20
modelli di General Motors. La Sirius ha già accordi con produttori americani ed esteri compresi Jaguar,
Volvo, Bmw e Mazda. In un recente sondaggio condotto negli Usa dalla Dohring il 16% degli intervistati
ritiene la radio satellitare un optional interessante per la prossima vettura che acquisteranno.
Telematica: per le auto è la nuova frontiera
I modelli 2002 delle Lincoln offrono come optional a 1.295 dollari un sistema di comunicazione capace di
attivare con la sola voce un telefono cellulare, fornire indicazioni stradali, informazioni sportive o news. Il
tutto previo abbonamento e pagamento di un canone mensile alla Sprint. Dalla prossima primavera i
modelli Chrysler potranno avere come optional un software Bluetooth che utilizza trasmissioni cellulari
e comandi vocali per permettere la comunicazione con altri utenti e la raccolta di informazioni. Il
febbraio 2002
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mercato .............................................
sistema di comunicazione scelto da GM, OnStar, vanta invece già 2 milioni di abbonati e offre servizi
simili con l’aggiunta dell’accesso alla posta elettronica. Il servizio viene offerto gratuitamente per un
anno agli acquirenti di 36 diverse vetture, in seguito richiede un abbonamento annuale a un costo
compreso fra i 16 e i 70 dollari. A questo punto uno dei problemi chiave è quello di stabilire lo standard
affinché questi sistemi possano dialogare e interagire fra loro. In tal senso nei giorni scorsi la società di
consulenza Accenture e Microsoft hanno lanciato uno speciale consorzio per creare una piattaforma comune per le comunicazioni in auto.
Chi tenere d’occhio per il nuovo anno negli usa?
Sul fronte del “Chi tenere d’occhio per l’anno nuovo” ad AtNewYork, bollettino della comunita’ tecnologica newyorkese, non mancano di idee. Ci sono le segnalazioni ovvie come Aol Time Warner - che
assisterà al cambio della guardia e all’uscita di Gerald Levin sostituito in primavera da Richard Parsone
- e Ibm. Ci sono società attive sul fronte del messaging come ActiveBuddy e Odigo, colossi del
marketing e della pubblicità online come Bigfoot Interactive e Doubleclick, società che producono
software destinati al mondo finanziario come CapitalIQ e Kiodex, e gruppi come Audium che sviluppano comandi vocali per l’uso dei computer. Ma anche suggerimenti ed esperimenti interessanti come
quello della società di media della lega di baseball, la MLBAM, che lo scorso anno ha offerto a pagamento la radiocronaca in diretta su internet delle partite del campionato ed è posseduta dalle trenta
squadre che compongono la lega stessa. O società che producono tv interattiva come Filter Media e
Bthere.Tv, e SportVision sul fronte sportivo. Sul fronte delle tlc viene seguita ReefEdge che produce
un software per l’accesso ai network cellulari e la trasmissione anche di comandi specifici come quelli
di stampare o proiettare uno specifico documento. Questa società fa uso di basse frequenze che non
richiedono la concessione di una licenza. In un settore parallelo opera anche Flarion Technologies,
finanziata da Bell Labs e Lucent con l’obiettivo di potenziare la trasmissione dati per via cellulare.
Nextwave: per le aste mancate arrivano i rimborsi
La Fcc americana non ha l’abitudine di investire il denaro che raccoglie con le aste di frequenze radio e
televisive. I suoi introiti vanno al Tesoro direttamente e quest’ultimo finanzia l’attivià’ dell’agenzia federale
per le telecomunicazioni. Solo che nel caso delle frequenze Nextwave la Fcc dovrà pensare a dei rimborsi
in tempi brevi. Tredici società del settore avevano infatti versato 3,1 miliardi di dollari nel gennaio del 2001
in vista della riassegnazione delle frequenze comprate inizialmente dalla società successivamente fallita,
ma l’accordo fra Nextwave e la FCC non è stato approvato dal Congresso prima della pausa natalizia e
ora la vicenda è nuovamente per aria. Nextwave ha ottenuto una proroga fino all’inizio di febbraio. Quanto
va reso? Inizialmente le società coinvolte volevano un rimborso del 95% sui loro versamenti, mentre la
FCC puntava a un rimborso solo del 75%. Ora le parti stanno cercando di raggiungere un compromesso.
Con Zeus il ritorno di Wozniak
Lo chiamano Woz, dalle iniziali del suo cognome. E’ stato fra i fondatori della Apple, e ha alle spalle
molti riconoscimenti e una grande reputazione. La sua nuova iniziativa, Wheels of Zeus, ha le iniziali
del suo soprannome ed è una società che farà il design di prodotti cellulari. Steven Wozniak, ha
ricevuto 6 milioni di dollari in finanziamenti di venture capital e punta a creare strumenti cellulari “ che
aiutino le gente qualunque a fare le cose di tutti i giorni”, vale a dire strumenti semplici per l’uso delle
linee cellulari. La definizione è vaga, ma Woz spiega che a oltre 35 anni dal lancio di Apple, oggi è
possibile fare molto grazie ai sistemi di software di posizionamento e alle tecnologie delle antenne, ma
anche grazie al forte calo dei costi di alcune componenti.
Verizon si prepara alla terza generazione dei cellulari
Verizon Wireless ha firmato un accordo pluriennale con CommWorks per un upgrade del suo sistema cellulare verso la terza generazione, in uno dei primi segnali chiari del settore telefonico Usa in quel
senso. Verizon utilizza il sistema CDMA e ha già provato nella zona di Filadelfia parte del nuovo equipaggiamento e delle strutture. La maggiore differenza nell’utilizzo della terza generazione sarà l’accesso a
internet in tempo reale, e non solo su siti particolari e disegnati in modo diverso, ma su quelli di tutti i
giorni, con un forte aumento della grafica disponibile.
febbraio 2002
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Al supernet di Santa Clara, gli espositori calano del 75%
Il salone organizzato dalla Tia, l’associazione di categoria delle tlc, si è svolto alla fine di gennaio al
centro convegni di Santa Clara, nel cuore della Silicon Valley, ed è stato accompagnato da un convegno sulle utilities e la banda larga, nonché e da una lunga serie di seminari. Secondo l’analista di
Merrill Lynch Samuel Wilson, però, lo stato di salute del settore si vede dai partecipanti: gli espositori
sarebbero calati del 75% e i partecipanti sono anche calati in modo considerevole.
A Santa Clara pompieri, polizia e ambulanze sulle stessa lunghezza d’onda
Il problema è nazionale, ma la soluzione non poteva arrivare che dalla Silicon Valley. E’ infatti nella
contea di Santa Clara in California che sta per partire la prima fase di un sistema che permetterà a
tutti i servizi di emergenza di mantenere le proprie frequenze radio, utilizzando uno strumento che
collega fra loro diverse frequenze in tempo reale. Nella prima fase circa diciotto diversi enti potranno
comunicare in questo modo in quattro casi, incidenti o incendi, contemporaneamente. La seconda
fase, che dovrebbe essere completata entro l’anno, permetterà il contatto continuo 24 su 24 anche
fra enti diversi di comuni limitrofi. L’esperimento è partito contemporaneamente anche a Washington
D.C., ma nel caso della California è frutto del lavoro di una commissione ad hoc che inizialmente
pensava a un investimento pluriennale di almeno 20 milioni di dollari per risolvere il problema. La
soluzione, a costi ridotti, è invece venuta dalla JPS Communication di Raleigh in Nord Carolina.
Numero trasferibile? negli Usa solo fra due anni
Formalmente la cosa doveva essere già fatta. Da qualche settimana negli Usa era possibile mantenere il proprio numero di cellulare anche cambiando fornitore o provider. In realtà dopo una serie di
intoppi il progetto è rientrato, e ora voci non confermate sostengono che la FCC ritarderà di 1-2 anni
l’entrata in vigore del provvedimento. No secco invece per la richiesta delle società dei cellulari di
annullare ogni iniziativa in tal senso, sostenendo che il numero portatile è inutile vista la forte concorrenza esistente sul fronte dei cellulari. Un voto e una decisione sono attesi nelle prossime settimane.
Contro il telemarketing un registro nazionale
La Federal Trade Commission americana sta per dare un brutto colpo al telemarketing. L’idea è
quella di creare un registro nazionale che raccolga i nomi e i numeri di telefono di chi non vuol essere
disturbato dai vari venditori e sondaggisti telefonici. La normativa, che se approvata potrebbe entrare
in vigore entro un anno, prevede anche il divieto di nascondere la propria identità nei confronti di un
intervistato. Spesso infatti nel “caller-ID”, che è lo strumento per stabilire il numero del telefono da
cui arriva una telefonata, le società di telemarketing evitano con un sotterfugio di rivelare la loro
identità. Attualmente la stessa associazione del telemarketing gestisce un registro volontario a cui si
sono iscritte 4,1 milioni di americani che non vogliono ricevere offerte di questo tipo. Nel frattempo la
giurisdizione della Ftc non si estende al settore bancario, a quello delle compagnie telefoniche,
compagnie aeree e gruppi assicurativi. Per cui si spera che adottino anche loro un meccanismo
simile. E possibilmente lo stesso registro.
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commenti
Claudio Leporelli
Università di Roma “La Sapienza”
Il 28 gennaio Blu* e i suoi azionisti valuteranno le proposte ricevute dai soggetti ammessi negli
scorsi giorni alla data room, in quanto interessati a subentrare nella società agli attuali azionisti o
anche soltanto ad acquisirne determinati asset.
Poiché tra gli interessati ci sono unicamente soggetti già presenti sul mercato italiano della telefonia
mobile, la struttura di questo mercato appare destinata a cambiare in tempi brevi.
Il cambiamento sarebbe ancora più clamoroso se fossero confermate le voci di un abbandono alla
licenza UMTS da parte di IPSE, con la definitiva rinuncia a recuperare la parte sin qui pagata allo
Stato dell’importo che la società aveva offerto in sede di asta.
Sia, soprattutto, il caso di IPSE sia quello di Blu confermano il profondo mutamento delle aspettative
degli operatori circa le prospettive delle telecomunicazioni prodottosi, in tutto il mondo, in poco più
di un anno e segnalano la possibilità di ulteriori consolidamenti. Entrambi hanno, tuttavia, anche
radici più lontane e più specificamente italiane, nel quadro istituzionale in cui è avvenuta la nascita e
la crescita della telefonia mobile nel nostro Paese, e nella struttura di mercato che ne è derivata.
Ulteriori somiglianze tra i due casi riguardano le difficoltà di rapporto tra soci tecnologici stranieri e
partner italiani, ma che questo non si rifletta necessariamente, in Italia, in problemi di sviluppo della
società, è dimostrato dalla storia di Omnitel, se non da quella di Wind.
La più clamorosa specificità italiana è costituita dalla sequenzialità dell’entrata nel mercato: da essa
dipendono differenze nelle quote di mercato, e quindi nella possibilità di competere, sconosciute
nei paesi che hanno rilasciato simultaneamente le licenze. Quando Omnitel ha cominciato ad operare, nell’ottobre del ’95, il gruppo Telecom si era già assicurato alcuni milioni di pregiatissimi
utenti sul sistema TACS, gente che chiama e viene chiamata molto, tiene alla copertura ed alla
affidabilità del sistema e, ancora di più, a tenersi il proprio numero di telefono. La fase del duopolio
viene gestita con grande intelligenza e innovatività (basti pensare al prepagato e ai nuovi schemi
tariffari); con l’aiuto dei sostanziosi flussi pagati dagli utenti della rete fissa per chiamate dirette ai
mobili, e del crollo dei prezzi dei terminali, diviene possibile far accedere al servizio milioni di
cittadini precedentemente esclusi.
Nel 1999, anno in cui Wind si affaccia sul mercato, le linee mobili attive passano da 20,5 a 30,3
milioni; il terzo gestore è allora ancora caratterizzato da molti limiti specifici che si aggiungono a
quello enorme della mancata introduzione della portabilità del numero (in particolare l’estensione
della copertura propria e l’ulteriore disincentivo al churn derivante dalla necessità di acquisto di
terminali dual band), tuttavia partecipa a questo incremento con 1,3 milioni di linee, presumibilmente
in massima parte nuove utenze o SIM aggiuntive di utenti che non lasciano gli altri operatori. A fine
2000 le SIM attive di Wind arrivano a 4,9 milioni, con una quota nelle net addition del 30%; a fine
* Quando questo numero di Beltel sarà uscito, forse si conoscerà la conclusione di questa vicenda.
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ottobre 2001 sono 7,4 milioni. Sono risultati lusinghieri, se si tiene conto dell’enorme vischiosità dei
processi di churn. Ma per raggiungerli, oltre a puntare sull’integrazione fisso mobile, Wind, date le
caratteristiche degli utenti individuali acquisibili, ha dovuto adottare una politica tariffaria molto aggressiva, sapendo comunque che essa non avrebbe potuto generare volumi di utilizzazione significativi. Parimenti aggressiva, ma probabilmente obbligata, l’offerta che ha portato al grande contratto di
fornitura alla Pubblica Amministrazione. Non c’è da stupirsi, in questo quadro, se la società definisce “in
linea con le previsioni” la perdita di 1.487 miliardi, a livello di risultato operativo netto, conseguita nel
2000, sul complesso delle sue attività, a fronte di investimenti per oltre 5800 miliardi.
Blu arriva sul mercato nel 2000, essendo stata, non a caso, nel 1999, l’unica partecipante al beauty
contest per la quarta licenza: tutto sembra occupato da chi è arrivato prima, anche in termini di
opzioni strategiche aperte. E’ anche chiarito, nella delibera 69/99 della A.G.COM., che la licenza
ottenuta per il GSM “non costituisce titolo per lo svolgimento del servizio su tecnologia UMTS”.
Peraltro, la stessa delibera, intitolata “Misure atte a garantire condizioni di effettiva concorrenza nel
mercato delle comunicazioni mobili e personali da parte di tutti gli operatori e criteri e modalità per
l’assegnazione delle frequenze” non lesina “asimmetrie” a favore del quarto gestore, riservandogli
un trattamento significativamente più favorevole di quello riservato al terzo (DPCM 4/4/1998), che a
sua volta era incomparabilmente migliore di quello (di vere e proprie “asimmetrie rovesciate”) cui
aveva fatto fronte il secondo.
In particolare, il quarto gestore: non avrebbe avuto obblighi di copertura diversi da quelli autonomamente assunti; avrebbe avuto il diritto a stipulare, per 36 mesi, contratti di roaming nazionale con gli
altri operatori (per i primi diciotto mesi orientati ai costi, con TIM e OPI); avrebbe avuto obblighi e
diritti simmetrici di condivisione di siti (ove tecnicamente possibile) a prezzi orientati ai costi e con
contratti lunghi almeno fino al 2005; avrebbe potuto attivare in base ad accordi commerciali, il
cosiddetto roaming con condivisione delle frequenze utilizzando così fino a un terzo dei canali radio
utilizzati sulla rete propria (e nei primi tre anni fino a un terzo di quelli pianificati. Quest’ultima
previsione, fortemente innovativa, permetteva di mettere le frequenze assegnate a disposizione
dell’operatore che forniva servizi di roaming, alleviando così anche i suoi vincoli di capacità ed evitando rifiuti da essi motivati. Si arrivava quindi, con l’obiettivo di migliorare il potere contrattuale di un
entrante oggettivamente debole, a introdurre nella normativa qualcosa di molto vicino al mercato
secondario delle frequenze, ancora formalmente vietato a livello europeo, ma ampiamente attuato in
Italia, nel settore radiotelevisivo.
Molto ha avuto, dunque, Blu, ma molto è stata penalizzata, prima, da decisioni che, a posteriori,
appaiono difficilmente razionalizzabili. In particolare, nel ’98, fu deciso solo all’ultimo momento dal
Governo di rilasciare una sola licenza e non due, come chiedeva l’Antitrust. La decisione fu motivata
dal fatto che in quel momento non erano disponibili risorse di spettro sufficienti a configurare due
dotazioni uguali per due nuovi licenziatari; ma le risorse che mancavano realmente erano le frequenze a 900Mhz, che solo all’ultimo momento si era deciso di assegnare al terzo gestore. Un anno dopo
esse continuavano a essere scarse, e quindi al quarto gestore non furono comunque assegnate.
E arrivata, infine, all’asta UMTS in condizioni non molto diverse da quelle di un nuovo entrante, Blu è
stata di nuovo penalizzata dal non poter fruire delle asimmetrie (soprattutto nella assegnazione a
prezzo ridotto di 5Mhz aggiuntivi) di cui si sono giovati gli entranti veri, Ipse e H3G.
E’ interessante notare che l’enfasi della delibera 69/99 su roaming, condivisione di siti e condivisione di
frequenze richiama da vicino temi che successivamente hanno attratto l’attenzione di regolatori, operatori
e analisti, come quello degli operatori mobili virtuali e quello della condivisione di infrastrutture. Non a
caso, il quarto comma dell’art.6 della delibera, apparentemente pleonastico, ma inserito proprio per
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sottolineare gli spazi che la normativa lascia alla razionalizzazione dell’offerta, afferma che “Resta ferma
la facoltà per i gestori dei servizi radiomobili pubblici, di stipulare accordi di uso congiunto di apparati,
infrastrutture e segmenti di rete e di fornitura dei relativi servizi, in base ad accordi commerciali, ai sensi
dell’art. 20, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318”.
Come mai Blu non è riuscita (sinora?) a valorizzare pienamente le opportunità che le venivano dal
quadro normativo e a inserirle in un piano strategico coerente con la valorizzazione dei suoi altri punti
di forza (ad esempio il suo rapporto con Autostrade)? A questo punto non è forse più possibile
ricorrere unicamente a spiegazioni basate sulle colpe altrui: indecisioni e contrasti nel management,
certo acuiti dal clima di pessimismo che si è diffuso dopo il 2000, non possono essere trascurati. Ma
resta vero che solo dopo le aste UMTS si è diffuso tra gli operatori un clima favorevole alla condivisione
di risorse di rete e che l’attrattiva di Blu come partner è oggi ridotta per molteplici motivi:
- gli operatori più grandi, anche quelli che ricorrono oggi alle condivisione delle frequenze, e
potrebbero farlo ancora per un po’ nelle zone non coperte dall’UMTS, risolveranno, nel lungo
periodo, i loro problemi di capacità urbana con frequenze UMTS e non GSM e potrebbero essere
interessati a queste ultime solo, casomai, nell’attesa del refarming.
- - gli operatori con reti ancora assenti o carenti potrebbero essere interessati alle frequenze GSM
per un periodo più lungo, ma Blu non ha comunque una rete sufficientemente sviluppata e quindi
ricorre al roaming, cosa che i nuovi entranti potrebbero fare direttamente. Inoltre per una ,
efficiente copertura extraurbana potrebbero essere utili le frequenze a 900Mhz, che Blu non ha,
e allora tanto varrebbe usare quelle UMTS.
L’alternativa di una Blu che continua da sola, senza contare troppo su accordi strategici, configurerebbe un mercato italiano a 6 operatori. In esso Blu non sarebbe tanto penalizzata dalla mancanza di
UMTS (in fondo ha risparmiato e GPRS ed EDGE potrebbero essere una alternativa decente) quanto
dal partire, solo ora, senza un numero adeguato di clienti.
Resta da dire che ancora non è chiaro quali sviluppi societari siano compatibili con il quadro normativo
vigente o richiedano comunque modifiche o autorizzazioni concretamente praticabili. Ha senso ed è
possibile, ad esempio, che uno stesso gruppo imprenditoriale, operi con due licenze GSM? O che
“aggiunga” alla sua licenza diritti e risorse acquisiti da Blu? Tutto sommato, la soluzione più innocua
dal punto di vista del regolatore e della tutela della concorrenza (anche se non priva di problemi)
sarebbe l’acquisto di Blu da parte di un nuovo entrante, ma Ipse ha evidenti difficoltà e i cinesi di H3G
hanno i soldi ma non sono abituati a sprecarli.
Sarebbe paradossale, comunque, se, in extremis, gli azionisti di Blu riuscissero a vendere non una
società che continua a operare ma delle frequenze che hanno ottenuto gratuitamente.
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da Bruxelles
Alessandra Fratini e Fabio Filpo
Studio Legale O’Connor & Co., Bruxelles
Procedimento per abuso di posizione dominante a carico di Wanadoo
Con comunicazione degli addebiti del 21 dicembre scorso, la Commissione europea ha aperto un
procedimento per presunto abuso di posizione dominante ex art. 82 CE nei confronti di Wanadoo
Interactive (al 99% di Wanadoo SA, a sua volta controllata al 72% da France Télécom), con riferimento alle tariffe retail per servizi di accesso Internet ADSL. L’indagine, avviata ex officio nel mese di
settembre sulla base delle informazioni raccolte da France Télécom e concorrenti nell’ambito della sector
inquiry su local loop e servizi DSL, riguarda in particolare i prodotti Pack X-Tense e Wanadoo ADSL.
Per questi prodotti, Wanadoo avrebbe fissato tariffe al pubblico inferiori ai costi, sostanzialmente
rappresentati dai canoni per i servizi intermedi forniti da FT.1 Per la Commissione, la politica tariffaria
di Wanadoo si risolverebbe nella fissazione di prezzi predatori tali da mettere le offerte concorrenti
fuori mercato (Mangoosta ha infatti abbandonato il mercato nell’agosto 2001) e sarebbe dunque
suscettibile di configurare un abuso di posizione dominante ex art. 82 CE. In effetti, con riferimento al
mercato francese per i servizi di accesso veloce ad Internet per la clientela residenziale, Wanadooo
detiene quasi il 60% del mercato comprendente l’accesso via cable modem ed oltre il 90% del
mercato per il solo accesso ad Internet ADSL.2 Inoltre, il rafforzamento della posizione di Wanadoo
consente indirettamente l’espansione di FT sul mercato dei servizi ADSL, considerato che il Pack
ADSL di Wanadoo è commercializzato insieme al servizio ADSL di FT Netissimo.
Recenti sviluppi in materia di leased lines
Com’è noto, nel mese di novembre 2001 diversi operatori alternativi hanno inviato ai Commissari
Monti (Concorrenza) e Liikanen (Società dell’informazione) una lettera aperta in materia di linee
affittate, in cui segnalavano il comportamento discriminatorio degli operatori incumbent con riferimento non soltanto ai prezzi applicati, ma anche alle condizioni di provisioning, alla qualità del servizio
nonché ai tempi di esecuzione delle richieste. I maggiori problemi riscontrati, tuttavia, si riferiscono in
particolare ai prezzi ritenuti eccessivi e ai consistenti ritardi nell’avvio della fornitura del servizio.
In una lettera congiunta del 17 dicembre 2001,3 Monti e Liikanen hanno preso atto della gravità del
problema, ricordando tuttavia che l’argomento è stato costantemente oggetto di attenzione da parte
della Commissione a partire dalla sector inquiry avviata nel 1999 sui prezzi delle linee affittate internazionali4 e delle cinque procedure di infrazione, aperte ex officio, che ne sono successivamente
scaturite; nell’ambito dell’ONP Committee, che se ne è occupato in più di una sessione; ed infine nel
1
2
3
4
La Commissione ha preso atto della riduzione delle tariffe FT per servizi intermedi intervenuta nel mese di
agosto 2001, che ha “appreciably” ridotto lo scarto costi/tariffe retail con riferimento ai prodotti oggetto del
procedimento. Per la Commissione, tuttavia, vi sarebbe ancora spazio per ulteriori aggiustamenti tariffari.
Dati novembre 2001.
http://europa.eu.int/comm/competition/antitrust/others/sector_inquiries/leased_lines/
response_to_concerns/joint_reply.pdf; Memorandum del 18 dicembre 2001: http://europa.eu.int/comm/
competition/antitrust/others/sector_inquiries/leased_lines/response_to_concerns/memorandum.pdf.
Caso n. IV.37.638.
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contesto del recente 7th Report che ha sollecitato le autorità nazionali di regolamentazione ad intervenire con riferimento sia ai profili tariffari, sia ai sistemi di contabilità dei costi degli operatori
incumbent. I Commissari hanno sottolineato che il problema resta, almeno in questa fase, di competenza delle autorità nazionali, molte delle quali hanno già adottato, o si accingerebbero ad adottare,
provvedimenti nella direzione auspicata dai firmatari della lettera. Del resto, i problemi denunciati
assumono connotati differenti nei diversi Stati membri e sono dunque da affrontare, in conformità
con i principi del diritto comunitario, a livello nazionale on a case-by-case basis.5
La Commissione seguirà lo sviluppo dei procedimenti pendenti a livello nazionale e si riserva di
intervenire in presenza di circostanze che mostrino l’incorretta applicazione delle norme comunitarie
di settore, nonché in casi di comportamenti abusivi ai sensi del diritto della concorrenza laddove
questi abbiano, è evidente, rilievo comunitario. Sotto questo profilo, tutttavia, nessuna denuncia
circostanziata è stata formalmente presentata ai servizi competenti della Commissione.
Francia: ART sanziona FT per mancata ottemperanza ad una decisione
Con decisione del 9 gennaio 2002,6 l’ART ha imposto a France Télécom il pagamento di una
sanzione pari a cinque milioni di euro per la mancata esecuzione di una precedente decisione
dell’autorità.7 La decisione in questione era stata adottata nel contesto di una controversia insorta fra Sonera France e France Télécom con riferimento all’accesso alla rete di FT per la fornitura
di un servizio di informazioni telefoniche.
In conformità con quanto previsto dal codice delle poste e telecomunicazioni francese, la sanzione
pecuniaria applicabile deve essere proporzionata alla gravità dell’infrazione commessa ed ai vantaggi che ne sono derivati, senza superare tuttavia il 3%, o il 5% in caso di nuova violazione del medesimo obbligo, del fatturato annuo dell’impresa interessata. Nel caso in questione, ai fini della determinazione dell’ammontare della sanzione, l’ART ha tenuto presente il ritardo di 180 giorni nell’esecuzione della decisione del 15 novembre 2000, nonché i vantaggi di cui ha beneficiato FT per tutto il
2001 con riferimento al mercato per i services de renseignements et d’aboutements d’appels.
Sembra che la replica dei Commissari si sia risolta in un incentivo per alcuni operatori tedeschi, che
intenderebbero agire collettivamente in giudizio contro Deutsche Telekom in relazione ai ritardi per la fornitura
del servizio (cfr. Operators set to sue Telekom, Communications Week International del 21 gennaio 2002.
http://www.totaltele.com/view.asp?articleID=47847&Pub=CWI&categoryid=705&kw=leased).
6
Décision n° 02-34 de l’Autorité de régulation des télécommunications en date du 9 janvier 2002 prononçant
en application de l’article L. 36-11 du code des postes et télécommunications (http://www.art-telecom.fr/
textes/avis/index-02-34.htm).
7
Décision de l’Autorité n° 00-1194 en date du 15 novembre 2000 se prononçant sur un règlement de
différend entre les sociétés Sonera France et France Télécom en application de l’article L. 36-8 du code
des postes et télécommunications.
5
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le regole del mercato
Silvia Venturini
Studio Legale d’Amelio, Sciacca, Bassan - Roma
Delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 25/01/CIR del 20 dicembre 2002
Disposizioni in merito all’introduzione nell’offerta di interconnessione di riferimento del
servizio di raccolta su base forfetaria per il traffico internet
Pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, Serie generale n. 17 del 14 gennaio 200
A conclusione dell’istruttoria sviluppatasi anche tramite la consultazione pubblica “Indagine conoscitiva riguardante le condizioni di offerta per l’accesso ai servizi Internet” disposta con la delibera 20/
01/CIR, l’Autorità ha introdotto nel mercato della raccolta del traffico Internet una modalità di raccolta, tariffata non sulla base dei minuti di traffico, bensì in maniera forfetaria.
Con la delibera 25/01/CIR l’Autorità ha quindi disposto l’integrazione dell’offerta di interconnessione
di riferimento di Telecom Italia con un servizio di raccolta del traffico indirizzato a punti di accesso
alla rete Internet a condizioni economiche forfetarie, associando un canone di accesso fisso ad una
determinata capacità di rete resa disponibile da Telecom Italia ai diversi operatori licenziatari.
Segnatamente le condizioni di offerta delineate dall’Autorità prevedono che il servizio di
interconnessione di raccolta su base forfetaria sia introdotto a livello sia di SGU, sia di singolo SGT, in
quanto l’interconnessione forfetaria rischierebbe altrimenti di penalizzare gli operatori più piccoli
che, non avendo capacità di investimento adeguate, non potrebbero accedere a questa tipologia di
offerta ovvero dovrebbero limitarsi alla sola copertura di alcune aree territoriali.
Telecom Italia dovrà inoltre proporre un ulteriore livello di interconnessione assimilabile al livello SGU
distrettuale per il servizio di raccolta tariffato sia a consumo, sia a forfait del traffico rivolto a numerazioni in decade 7, al fine di contenere gli investimenti degli operatori licenziatari e di consentire
l’instradamento del traffico Internet in un punto relativamente vicino all’origine della chiamata.
In considerazione della incertezza circa il dimensionamento delle risorse di interconnessione necessarie per la fornitura di servizi di accesso Internet basati su modalità forfetarie, dovuta alla difficoltà
di prevedere i volumi di traffico che saranno generati, l’Autorità ha disposto che in caso di saturazione
delle risorse di interconnessione forfetaria disponibili su un autocommutatore, il trabocco del traffico
venga gestito su altri fasci di interconnessione, con conseguente valorizzazione secondo i prezzi del
servizio di raccolta al consumo per l’accesso a numerazioni in decade 7.
I canali di interconnessione utilizzati per il traffico di trabocco potranno, comunque, essere condivisi
con il traffico del servizio di raccolta a consumo.
Al fine di consentire passaggio dalle condizioni degli attuali servizi di raccolta a quelle previste nella
delibera 25/01/CONS, è stato altresì disposto che la trasformazione dei circuiti di raccolta, per traffico voce o decade 7, possa essere richiesta dall’operatore interconnesso senza oneri né penalità.
La delibera prevede altresì che nell’offerta al mercato di servizi di accesso ad Internet basati su modalità di interconnessione forfetaria, vengano evidenziati alcuni indicatori qualitativi minimi, e segnatamente:
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a) il rapporto di concentrazione applicato nel dimensionamento dell’accesso (numero utenti /numero di modem);
b) la banda media, nazionale ed internazionale, riservata sul backbone dell’ISP per ciascun modem;
c) limitazioni della disponibilità del servizio nell’arco della giornata ovvero il profilo orario che caratterizza ciascuna offerta e le modalità utilizzate per assicurarlo.
Tali indicatori ed i relativi valori dovranno essere adeguatamente messi a conoscenza degli utenti finali.
L’Autorità ha giustificato l’intervento regolatorio sulla base della circostanza che la nuova modalità di
tariffazione dell’interconnessione di raccolta del traffico Internet possa sostenere lo sviluppo del
mercato di accesso ad Internet. Poiché la struttura dei costi del traffico è dipendente dalla struttura
dei costi di interconnessione sostenuti dall’operatore di terminazione per remunerare l’operatore di
accesso per la raccolta del traffico, la predisposizione di un’offerta di interconnessione forfetaria
consentirebbe la predisposizione di offerte di accesso ad Internet basate sul pagamento di un importo fisso (a “forfait”), comprensivo sia del servizio Internet, sia del traffico telefonico. In questo modo
verrebbero soddisfatte le esigenze degli utilizzatori, che facendo un uso intenso del collegamento ad
Internet preferiscono una modalità di fatturazione indipendente dal tempo di connessione.
La delibera si inserisce in un più ampio contesto europeo, in cui le autorità nazionali di regolazione di
altri Stati membri hanno ritenuto che l’introduzione di questo modello di interconnessione permetta
un miglior controllo dei costi di interconnessione e quindi l’offerta di migliori condizioni economiche
agli utenti finali.
Per valutare il reale beneficio apportato ai consumatori occorrerà attendere le decisioni che verranno
adottate dagli operatori. Tuttavia, l’entusiasmo per il modello appena introdotto lascia aperto il dubbio che se i prezzi all’utenza potranno scendere con riferimento all’accesso su rete commutata, gli
operatori e alcuni ISP potranno essere tentati di puntare più su offerte a banda stretta che sulla larga
banda. Se si tratta di una ipotesi verosimile, non è detto che l’intervento regolatorio si rilevi un reale
vantaggio per i consumatori nel lungo periodo.
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regole
chiarimenti in materia di servizi wholesale
Giovanni Crea
Public and Economic Affairs Telecom Italia
Il tema della fornitura dei servizi wholesale è, senza dubbio, tra quelli di maggiore attualità, sia
per il particolare ruolo “chiave” che svolgono ai fini della creazione di condizioni concorrenziali
sui mercati a valle, sia per gli interrogativi che alcune recenti misure regolamentari, adottate
dall’Autorità, pongono su specifici aspetti di offerta – strutturali e di pricing – per i quali appare
necessario un approfondimento.
Partiamo dagli aspetti strutturali. In termini pratici, l’offerta di un servizio wholesale è il modo
con il quale un operatore notificato rende disponibile ai nuovi operatori l’accesso a servizi intermedi senza i quali i soggetti richiedenti non potrebbero fornire servizi completi alla clientela
finale. Questa è anche l’impostazione data dalla normativa comunitaria ONP nel processo di
definizione delle regole della concorrenza che si legge, tra l’altro, nella Comunicazione della
Commissione in materia di accesso 1. In quest’ottica, i servizi wholesale sono servizi di rete
intermedi; in quanto tali, rappresentano una parte dei servizi finali (acquisibile mediante accesso/interconnessione ad una porzione di infrastruttura) riconducibile a “segmenti” del servizio di
trasporto o accesso, più o meno prolungati a seconda dell’ubicazione dei punti di presenza degli
operatori rispetto alla rete dell’operatore notificato. La gamma d’offerta resa disponibile da Telecom
Italia è piuttosto ampia e varia: dai servizi intermedi di tipo fisico, quali l’accesso disaggregato
alla rete locale – disponibile in modalità full o shared – a quelli (sempre intermedi) di effettiva
connettività, quali i canali virtuali permanenti, i circuiti parziali fino alla classica interconnessione
di raccolta/terminazione; con essi gli operatori alternativi possono realizzare tutti i possibili servizi finali di telecomunicazioni: dalla telefonia vocale, alle linee affittate, all’accesso ad Internet.
Rispetto alla logica ONP ed alla varietà d’offerta disponibile, la recente decisione dell’Autorità di
settore di introdurre un obbligo, per Telecom Italia, di predisporre anche un’offerta wholesale di
linee affittate2 appare particolarmente singolare, specie se si considera il carattere di servizio
finale che esse rivestono (in quanto servizio end to end) e che per le stesse sono disponibili sul
mercato a monte sia la versione wholesale considerata più “naturale” – l’offerta di circuiti parziali – sia quella più generale (collocata ancor più a monte) di unbundling fisico. D’altra parte,
nell’impostazione ONP anche la fornitura di una linea affittata in modalità wholesale – cioè,
come bene intermedio – non può che essere acquisita da un operatore mediante accesso,
configurando una “coda” locale (ossia un collegamento realizzato tra la sede dell’utente e la rete
dell’operatore richiedente) ovvero un segmento di backbone (cioè un collegamento tra due nodi
dell’operatore). Ma occorre anche dire che la duplice natura del servizio di linee affittate – bene
finale e bene intermedio – più volte sottolineata dall’Autorità (ad esempio, nella delibera n. 389/
00/CONS) ha avuto un senso fintantochè i processi di unbundling e l’offerta di circuiti parziali non
sono stati definitivamente introdotti e resi operativi. Nelle nuove condizioni appare, pertanto,
legittimo interrogarsi sull’ “utilità” dell’offerta wholesale di linee affittate; questa potrebbe rivestire un ruolo complementare rispetto all’offerta di circuiti parziali la quale, in conformità alle
indicazioni comunitarie, prevede solo alcune tipologie3. D’altra parte, se l’offerta di circuiti parziali fosse integrata nelle capacità e nelle distanze – ciò che ha delineato l’Autorità nella propria
delibera n. 18/01/CIR – appare evidente che l’offerta wholesale di linee affittate perderebbe
anche il suo carattere di bene complementare.
1
2
3
Cfr. Comunicazione 98/C 265/02 - Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle regole di
concorrenza agli accordi in materia di accesso nel settore delle telecomunicazioni
Cfr. delibera n. 393/01/CONS – Offerta wholesale di linee affittate da parte della società Telecom Italia S.p.A.
Cfr. Raccomandazione della Commissione C(1999) 3863 del 24 novembre 1999.
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Passiamo agli aspetti di pricing. Negli ultimi tempi, la fornitura di servizi wholesale caratterizzati da
condizioni economiche indipendenti dal consumo (flat) è stata oggetto di particolare attenzione da
parte di operatori ed Autorità Nazionali di Regolamentazione. Il princìpio sottostante l’introduzione di
obblighi in tal senso è mutuato dalla regola più generale – di carattere antitrust – di non discriminazione, stabilita, tra l’altro, in materia di accesso alle infrastrutture dell’operatore notificato; in base
ad essa, l’operatore detentore delle infrastrutture deve garantire condizioni di pari opportunità agli
operatori concorrenti – nel caso specifico, un’offerta wholesale flat – qualora decida di commercializzare
sui mercati a valle (retail) offerte con analoga struttura di prezzo. In questa prospettiva, è naturale
concludere che, in applicazione del princìpio di non discriminazione, un’offerta wholesale a prezzi flat
non può che essere oggetto di un obbligo condizionato. L’esperienza europea offre, con il caso
FRIACO, la testimonianza più concreta di un orientamento che prevede obblighi condizionati per
offerte del genere, piuttosto che “assoluti”. In Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna l’integrazione del rispettivo listino con un’offerta di interconnessione forfettaria, finalizzata all’accesso ad
Internet, ha trovato nelle offerte finali forfettarie, commercializzate dagli operatori storici, il suo
presupposto necessario. Il caso tedesco propone, altresì, un’ulteriore novità di interesse a sostegno
della tesi dell’obbligo condizionato. Con la decisione di Deutsche Telekom di modificare la struttura
forfettaria della propria offerta retail di accesso ad Internet, introducendo un pricing correlato al
tempo di connessione, lo stesso operatore ha ottenuto – grazie al pronunciamento del Tribunale
Amministrativo tedesco – l’esclusione dall’ambito del listino di interconnessione dell’offerta FRIACO
(la società ha, tuttavia, deciso di riproporla in chiave commerciale). L’organo amministrativo, alla
luce delle predette variazioni introdotte dall’operatore sul mercato finale, ha sospeso la disposizione
dell’Autorità tedesca con la quale disponeva, invece, il mantenimento degli obblighi originariamente
stabiliti. Rispetto all’orientamento osservato nei Paesi partners, l’esempio italiano si pone, tuttavia,
su un piano diverso. I casi oggetto di attenzione sono rappresentati dalle offerte (wholesale) di
servizi di connettività per l’accesso ad Internet, sia di tipo tradizionale (dial up) sia di tipo più evoluto
basati sulla tecnologia HDSL. Malgrado l’assenza, nei mercati a valle, di offerte flat di Telecom Italia,
l’Autorità di settore si mostra particolarmente orientata all’introduzione di obblighi che prevedono
ugualmente condizioni economiche flat per le corrispondenti offerte wholesale: l’interconnessione di
raccolta FRIACO – per la quale l’organo di regolamentazione ha recentemente disposto l’inserimento
nel listino di un’offerta4 – e la connettività CVP/HDSL, ancora all’esame del Regolatore. Di fronte ad
una simile posizione l’interrogativo che ci si pone sulla sostenibilità regolatoria del princìpio dell’obbligo condizionato appare perlomeno pertinente, in ragione sia dell’esperienza dei paesi europei sopra
tratteggiata, sia degli orientamenti UE che si leggono nel “Seventh Report on the Implementation of
the Telecommunications Regulatory Package” (COM(2001) 706) e nella “POSIZIONE COMUNE (CE) N.
36/2001 definita da Consiglio del 17 settembre 2001 relativa all’accesso alle reti di comunicazione
elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime (2001/C 337/01); l’uno
conferma il carattere di “relatività” di un obbligo di offerta flat rate, come diretta conseguenza del
princìpio di non discriminazione:
“Gli operatori storici che offrono servizi al dettaglio di accesso illimitato ad Internet sono tenuti, in
virtù del principio di non discriminazione, ad offrire le stesse possibilità di interconnessione ai concorrenti per consentire loro di offrire al pubblico gli stessi servizi.”;
l’altra, in particolare al considerando (9), stabilisce che gli obblighi fissati dalla direttiva 97/33/CE per
le imprese che dispongono di notevole forza di mercato devono permanere, ma
“[…] è necessario inoltre stabilire che essi costituiscono il livello massimo degli obblighi che possono
essere imposti alle imprese onde evitare un’eccessiva regolamentazione […]” .
Il percorso tracciato a livello comunitario attraverso il nuovo framework è chiaro: obblighi si! Ma
bastano quelli introdotti con il regìme ONP, con l’auspicio di poter assistere ad uno sviluppo della
concorrenza nei mercati a valle che possa consentire la loro revoca. Un’eccessiva regolamentazione,
basata su ulteriori imposizioni non riconducibili ai princìpi cardine (in particolare quello di non discriminazione), non appaiono misure propizie all’instaurazione della concorrenza, ma rischiano piuttosto
di ritardarla, determinando verosimilmente azioni di sistematico ricorso ai tribunali amministrativi, da
parte degli operatori notificati, avverso le decisioni delle Autorità Nazionali di Regolamentazione.
(Le opinioni espresse dall’autore sono personali e possono non coincidere con quelle della società)
4
Cfr. delibera n. 25/01/CIR – Disposizioni in merito all’introduzione nell’offerta di interconnessione di
riferimento del servizio di raccolta su base forfettaria per il traffico internet.
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il classico elefante sta per partorire il solito topolino?
l’Oracolo di Beltel
Secondo un importante finanziere, personaggio di un romanzo di Pontiggia, esistono un certo numero di faccende che, una volta passata la scadenza, perdono qualunque urgenza…
È con un certo sconforto che l’oracolo sta seguendo la recente ripresa del dibattito sulla parità di
trattamento interno-esterno la cui istruttoria, a quanto si dice, dovrebbe terminare a fine gennaio (il
condizionale è d’obbligo, dal momento che l’istruttoria ai primi di febbraio compirà 19 mesi…!). È
quindi teoricamente possibile che quando uscirà questo numero di Beltel l’istruttoria sia appena stata
chiusa, ma l’oracolo prevede (data la “teoria del finanziere”) che tale scadenza non verrà proprio
rispettata alla lettera e, in ogni caso, si sente di scommettere che la prossima decisione non includerà proprio tutte le tematiche che sono state oggetto dell’istruttoria stessa.
Senza entrare nelle tecnicalità del tema (che sono obiettivamente numerose e complesse), stupisce
la marcia indietro rispetto alle modalità da prevedere per verificare la rispondenza al principio della
parità di trattamento interno-esterno nella gestione della rete di Telecom Italia:
• in Beltel di giugno l’oracolo riportava il dibattito in corso sul tema della separazione strutturale di
Telecom Italia, all’epoca supportato da interventi ufficiali dell’Autorità Antitrust e dell’OCSE1, nonché da dichiarazioni di alcuni Commissari dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni2, e
successivamente anche da dichiarazioni della Corte dei Conti3 (luglio 2001);
• dal mese di agosto fino alla metà di dicembre le dichiarazioni si sono fatte più caute, limitandosi
a illustrare le tre ipotesi allo studio dell’Autorità nell’ambito dell’istruttoria sulla parità di trattamento interno-esterno (separazione strutturale, separazione divisionale, separazione contabile)4;
• nell’ultima settimana di gennaio si sono succedute le dichiarazioni di ben due Commissari dell’Autorità e dello stesso Presidente per dire sostanzialmente che: 1) lo scorporo della rete di Telecom
Italia è un’ipotesi estrema non presa in considerazione; 2) è fortemente messa in dubbio la
possibilità di imporre anche solo una separazione divisionale5.
1
2
3
4
5
Si veda il numero di Beltel di giugno 2001.
Beltel di giugno riportava le dichiarazioni rilasciate dai commissari Traversa e Luciano in data 26 aprile 2001 riportate
dalle agenzie di stampa, e l’intervista al commissario Luciano pubblicata su Il Giornale in data 5 maggio ’01.
“La Corte dei Conti sottolinea che una separazione “solo contabile fra la gestione della rete (persistente monopolio di
fatto) e quella dei servizi (ormai completamente liberalizzati) rischierebbe di vanificare lo scopo che tale operazione si
prefigge: le scelte di strategia aziendale nell’ambito dell’ex-monopolista sarebbero comunque rimesse all’unico management”” – Radiocor, 20 luglio 2001
Si vedano le dichiarazioni rilasciate dal Presidente Cheli, che in data 8 agosto 2001 precisa che “Al termine [dell’istruttoria parità di trattamento] si potrà’ parlare di separazione contabile, di separazione delle strutture o di altro’”
(ANSA), e in data 22 ottobre ribadisce che “quello dello scorporo della rete di Telecom Italia “e’ un tema che sta
maturando: ci diamo dati - ha detto - l’obiettivo di affrontarlo entro la fine dell’anno”” (RADIOCOR). Ancora più
esplicito è il Commissario Traversa, che in data 18 dicembre riferisce “Lo scorporo della rete Telecom e’ la prima
ipotesi che stiamo valutando. La seconda ipotesi e’ quella di una contabilità separata, che sia pero’ molto nitida e
chiara, in maniera da permettere di verificare il rispetto di trattamento interno/esterno. La terza ipotesi e’ un’altra
forma di separazione, non societaria, che in gergo viene detta ‘divisionale’.”
23 Gennaio: “‘’Mi sembra difficile - ha detto [Monaci] - che un’ipotesi di questo genere [scorporo della rete] passi senza
conseguenze giuridico-giurisdizionali’’” (Adnkronos); 24 Gennaio: “Silvio Traversa, smentisce di essersi mai ‘’espresso a favore dello scorporo della rete di Telecom Italia’’” (Adnkronos); 25 Gennaio: “secondo il presidente dell’authority
Enzo Cheli … “Le ipotesi sono tante e lo scorporo sarebbe quella estrema che non e’ presa in considerazione””
(Radiocor). Peraltro in senso contrario si è espresso il Ministro Gasparri lo stesso 25 gennaio: “”Lo scorporo della rete
Telecom rimane un’esigenza da verificare… Il ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, non sembra
condividere la posizione dell’Authority delle Tlc che ha escluso la possibilità di uno scorporo perché non ci
sarebbero i presupposti giuridici per un simile atto.” (Ap.Biscom).
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Come mai questa corsa alla minimizzazione? Se si può comprendere il dubbio sul potere di imporre
la separazione strutturale (pur autorevolmente supportata), come mai fare marcia indietro anche
rispetto alla separazione funzionale, che non tocca né la proprietà né la gestione della rete,
ma solo la modalità di registrazione degli scambi interni al fine di verificare il rispetto della
non discriminazione? Cosa è successo nel frattempo?
Nel frattempo è cambiata la gestione di Telecom Italia che, come previsto dall’oracolo, si è dimostrata più conciliante nei modi rispetto alla gestione precedente e, in particolare, è stata istituita la
divisione “Servizi Wholesale e Nazionali” all’interno della divisione “Domestic Wireline”. Tale divisione
è stata salutata anche dall’oracolo stesso come un primo passo positivo nel senso di una distribuzione
più corretta degli incentivi ma, allo stesso tempo, si sottolineava come Telecom Italia, in questo
modo, ha anticipato l’esito dell’istruttoria sulla parità di trattamento, evitando che la modifica
organizzativa le venisse imposta, magari con modalità più sgradite6.
Il vero quesito, tuttavia, è il seguente: è sufficiente dotarsi di una struttura organizzativa ad
hoc per i concorrenti, anche se dotata di contabilità separata, per garantire la parità di
trattamento interna-esterna? La risposta è evidentemente no, se non si aggiunge il principio (e gli strumenti per verificarne il rispetto) che tutti i servizi devono essere offerti da
tale divisione in maniera analoga (in termini economici e qualitativi) sia ai concorrenti sia
alla propria divisione Commerciale.
La sola separazione contabile, infatti, nella migliore delle ipotesi può condurre al risultato di verificare ex-post che qualcosa non è andato per il verso giusto, per cui, in realtà, le condizioni offerte
dalla divisione Wholesale alle divisioni Commerciali sono state migliori (o teoricamente anche peggiori) di quelle fornite ai concorrenti.
Poiché si tratta di una verifica ex-post, come rimediare?
• Sanzionare Telecom Italia? Utile perché didattico, ma non ripaga chi ha subito un danno.
• Devolvere la sanzione per risarcire gli operatori alternativi? Altrettanto utile, ma solleva il problema di come valutare il danno e, in qualche caso, rischia di arrivare troppo tardi.
L’oracolo facilmente prevede che, in caso di scelta di una semplice separazione contabile, non si
rileverà alcuna variazione positiva apprezzabile sul mercato a seguito dell’approvazione della delibera sulla parità di trattamento interno-esterno. Tra l’altro Telecom Italia, almeno fino all’ottobre
2000, ha sempre dichiarato, senza mai essere smentita, di essere pienamente conforme
alla normativa europea in tema di separazione contabile… non si capisce dunque su cosa
dovrebbe intervenire l’Autorità…
6
Si veda l’oracolo di gennaio.
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economia
public utilities e investimenti in telecomunicazioni
Luigi Prosperetti e Matteo Merini
Università di Milano-Bicocca
Le opportunità offerte dalla liberalizzazione della telefonia fissa e dalla crescita della telefonia mobile
hanno rappresentato un’importante occasione di investimento per le principali utilities europee a
partire dall’inizio degli anni Novanta: in alcuni casi, infatti, esse possedevano infrastrutture di telecomunicazioni da valorizzare o altri asset utilizzabili in questa direzione, mentre in altri casi godevano
di una posizione finanziaria oltremodo favorevole, con elevati flussi di cassa positivi, investibili in un
settore come le telecomunicazioni, avente crescita e redditività attesa molto più elevate che non i
settori tradizionali di attività delle utilities.
Le prospettive attese dei due settori si riflettevano immediatamente nei corsi borsistici: come mostra
la figura dell’andamento relativo dell’indice Morgan Stanley (MSCI) europeo per le telecomunicazioni
e per il complesso delle utilities, dal 1997 ad oggi il rapporto è cresciuto rapidamente con l’Internet
boom fino alla fine del 1999. Tuttavia, la migliore performance degli operatori di telecomunicazioni si
è rapidamente deteriorata nel corso degli ultimi due anni, fino ad annullarsi completamente dopo i
tragici eventi dello scorso mese di settembre.
Andamento del rapporto tra l’indice Morgan Stanley per le tlc e per le utilities
(base: 1 gennaio 1997 =100)
3 5 0 ,0 0
3 0 0 ,0 0
2 5 0 ,0 0
2 0 0 ,0 0
1 5 0 ,0 0
31/12/01
31/10/01
31/08/01
30/06/01
30/04/01
28/02/01
31/12/00
31/10/00
31/08/00
30/06/00
30/04/00
29/02/00
31/12/99
31/10/99
31/08/99
30/06/99
30/04/99
28/02/99
31/12/98
31/10/98
31/08/98
30/06/98
30/04/98
28/02/98
31/12/97
31/10/97
31/08/97
30/06/97
30/04/97
28/02/97
31/12/96
1 0 0 ,0 0
Fonte: elaborazioni su indice MSCI Morgan Stanley
Quali sono i riflessi del rallentamento del comparto TMT su questi operatori? E quali sono le strategie che le
utilities eseguono nei confronti delle partecipazioni che esse hanno assunto in operatori di telecomunicazione?
Un recente rapporto di Merrill Lynch1 ci consente di svolgere alcune considerazioni al riguardo.
Le utilities erano entrate nel comparto delle telecomunicazioni sia nel mobile che nel fisso. I problemi
degli investimenti delle utilities della telefonia mobile riflettono quelli dell’intero comparto: gli operatori di telefonia mobile partecipati dalle utilities vedono diminuire il tasso di crescita del mercato, a cui
1
Cfr. Merrill Lynch , Pan-European Utilities, dicembre 2001.
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si associano ricavi unitari in diminuzione. I nuovi entranti devono focalizzarsi su strategie di prezzo
per incoraggiare il churn degli abbonati, ma questo non aiuta i ricavi. In molti casi, poi, questi operatori hanno conseguito una licenza di terza generazione, devono pagarla e sostenere gli investimenti
necessari per la realizzazione della rete.
D’altro lato, gli operatori che si sono proposti come carrier alternativi di rete fissa sono stati ancora più
duramente colpiti, sia dall’eccesso di capacità, sia dalla contemporanea diminuzione della domanda.
Nonostante le deep pockets delle case madri, si sono materializzati inattesi problemi di finanziamento per questi operatori; se tutti infatti prevedono un breakeven a livello di attività operative (MOL)
entro il 2003, in termini di flussi di cassa il punto di pareggio per molti di essi si allontana significativamente nel tempo, con un impatto negativo sulle possibilità di autofinanziamento.
Gli investimenti in telecomunicazioni delle public utilities
Operatore
Quota
Breakeven
MOL (anno)
Breakeven cash
flow (anno)
Strategia futura sulla
partecipazione
Wind
Metroweb
Fastweb
ACEA
Atlante
Autostrade
Blu
Italgas
Blu
Endesa
Auna
Fenosa
Auna
Red Electrica
RE Telecom
EDP
ONI
Optimus
National Grid
Energis
Scottish Power Thus
United Utilities YourComms
Lattice
SST
186K
SSE
SSE Telecom
E.ON
ONE
Bouygues
Orange
73%
67%
31%
33%
32%
9%
17%
28%
100%
57%
25%
35%
50%
100%
100%
100%
100%
50%
18%
2%
2001
2001
2002
2002
2003
2003
2001
2001
2003
2003
Nd
SI
2002
2002
Nd
Nd
Nd
2003
SI
SI
2003
2002
nd
2005
2009
2009
2004
2004
2005
2006
nd
2006
2006
2005
nd
nd
nd
2006
2005
SI
OPV
mantenimento
mantenimento
M&A
vendita
vendita
OPV
OPV
mantenimento
M&A
vendita
vendita/OPV
vendita/OPV
vendita
mantenimento
mantenimento
mantenimento
vendita
vendita
vendita
Utility
ENEL
AEM
Fonte: Merrill Lynch (2001)
Non sorprende dunque che una diffusa reazione sia stata quella di tagliare in misura sensibile gli
investimenti: secondo le stime di Merrill Lynch, il valore aggregato delle partecipazioni per le 15
utilities europee oggi presenti nel settore delle tlc, che aveva raggiunto un massimo di 92 miliardi di
euro nel marzo 2000, nel settembre 2001 era stimato attorno ad un valore minimo di 21 miliardi di
euro. Dopo la lieve fase di ripresa degli ultimi mesi, era pari, nel mese di dicembre, a 29 miliardi di
euro. Circa il 60% di questo valore è rappresentato da Wind.
La situazione attuale del settore pone quindi importanti interrogativi sul futuro di molti operatori di
telecomunicazioni partecipati dalle public utilities: il fabbisogno di investimenti è infatti notevole, ma
i flussi finanziari sono assai meno abbondanti di una volta, e la redditività di molti di questi investimenti appare oggi assai inferiore che nel passato; in molti casi le sinergie di costo e i vantaggi sul
mercato derivante dall’adozione di un modello di multi-utility non si sono concretizzati.
D’altro lato, l’avanzare del processo di liberalizzazione negli altri settori delle public utilities - ed in
particolare nel gas e nell’energia elettrica - vanno nuovamente stimolando gli investimenti nelle attività
core. Non sorprende quindi, come mostra l’ultima colonna della tavola precedente, che in molti casi le
utilities prevedano strategie di uscita dal mercato delle telecomunicazioni, attraverso fusioni e acquisizioni
di operatori (soprattutto per gli operatori di telefonia fissa) e vendita di partecipazioni.
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economia
dai mercati
le fatiche di Sommer
Walter Galbiati
[email protected]
C’era Ron Sommer a capo di Deutsche Telekom, quando nel 1996 andava in porto uno dei più
importanti collocamenti azionari della storia europea: era lo sbarco in Borsa del più grande operatore
telefonico del Vecchio Continente, con 575 milioni di azioni a un prezzo di 28,5 marchi l’una, equivalenti a 14,6 euro. Da allora sono passati sei anni e c’è ancora Ron Sommer in sella al colosso tedesco,
oggi, però, alle prese con un’altra difficile impresa: il tentativo di quotazione di T-Mobile, la controllata (100%) di Deutsche Telekom che opera nella telefonia mobile. Se in quell’occasione le cose
erano andate bene per Sommer che con il collocamento aveva raccolto 8 miliardi di euro, non è detto
che la storia si ripeta. Oggi l’obiettivo è di portare nelle casse della casa madre, cedendo il 15% di TMobile, 11.3 miliardi di euro, una somma necessaria per ridurre l’indebitamento del gruppo che a
fine 2001 ha raggiunto l’allarmante cifra di 65 miliardi di euro. Nel 1996 l’approdo al Dax di Deutsche
Telekom, l’operazione che aveva dato il via alle grandi privatizzazioni delle imprese di Stato, era stato
un vero e proprio successo: aveva coinvolto oltre due milioni di piccoli investitori e aveva sancito
l’inizio della cultura azionaria in Germania. Chi fin dalla prima ora aveva creduto in Sommer, il giovane manager passato nel ’94 dalla Sony all’operatore pubblico tedesco, non si poteva certo dire
deluso, visto che il titolo, dal prezzo di collocamento, aveva raggiunto il 3 marzo del 2000, in poco più
di tre anni, un valore massimo di 103 euro. Il che significa che chi ai tempi dell’Ipo aveva investito un
milione e aveva conservato i titoli per almeno tre anni, un periodo generalmente consigliato a tutti gli
investitori, se ne era ritrovati nel portafoglio oltre sette.
Dopo il brillante esordio, però, Sommer non si è accontentato e ha fatto ricorso altre tre volte al
mercato azionario per finanziare l’espansione del gruppo tedesco, regalando non solo gioie ma
anche dolori a chi ha investito i propri soldi in DT. I sottoscrittori delle 285,9 milioni di azioni della
seconda tranche, collocate intorno ai 40 euro nel giugno del ’99, possono ritenersi soddisfatti. Il loro
acquisto, infatti, ha preceduto i massimi storici di marzo 2000 e le occasioni per ottimizzare l’investimento non sono mancate. Il titolo nel giro di un anno ha più che raddoppiato il suo valore e fino al
terzo trimestre del 2001 è rimasto sopra i 40 euro del collocamento. L’operazione è andata bene
anche per DT che con gli oltre
11 miliardi di euro raccolti, ha
Il titolo Dt dal collocamento a oggi
acquistato, dopo i fallimenti della campagna italiana e spagnola, l’operatore mobile inglese
One2One per 13,7 miliardi di
euro, aprendo così la via
ll’internazionalizzazione del
gruppo. Le incertezze sul fronte borsistico per Sommer sono
iniziate, invece, nell’aprile del
2000, quando i mercati, già in
fase discendente, lo hanno costretto a quotare al Neuer
Markt di Francoforte il 10%
(100 milioni di azioni) di TOnline, l’Internet service
provider del gruppo, a solo 27
euro per azione, il prezzo equivalente alla parte bassa della
forbice indicata nell’offerta di
vendita (26/32 euro). Dopo un picco di 45 euro il titolo ha conosciuto una fase discendente che lo ha
portato fino ai 5 euro, toccati nell’ottobre del 2001, per poi risalire e tornare intorno agli attuali 12,5
febbraio 2002
Beltel
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euro. Un andamento non certo esaltante e ben diverso da quello di Tiscali, il principale concorrente
in Europa di T-Online che nella sua, pur breve, storia borsistica è sceso sotto il prezzo di collocamento solo due volte, il 19 e il 20 settembre dello scorso anno, subito dopo l’attacco terroristico agli Stati
Uniti, un avvenimento tanto grave da far precipitare le Borse di tutto il mondo. Ora Sommer, a causa
del pesante debito contratto per finanziare l’acquisto delle licenze per la telefonia mobile di terza
generazione e l’espansione negli Stati Uniti, avvenuta rilevando le americane Voicestream e
Powertel, deve nuovamente tornare a chiedere capitali agli investitori. Per convincere i gestori e i
piccoli risparmiatori ad acquistare i titoli T-Mobile, il presidente dovrà non solo sperare in un recupero
del settore telecom, il peggiore da inizio anno dopo il rally dell’ultimo trimestre del 2001, ma anche
vincere lo scetticismo innescato dalla terza tranche di Deutsche Telekom. A giugno del 2000 la domanda per i 230 milioni di azioni DT era stata incoraggiante, tre volte e mezza l’offerta. I titoli
passavano di mano tra i 66 e
63,5 euro, per un totale di 15
L’andamento di T-Online dal collocamento a oggi
miliardi di euro. “L’incredibile
domanda, nonostante le difficili condizioni di mercato, - commentava allora Ron Sommer sottolinea chiaramente il nostro
successo nel convincere gli investitori che le azioni di
Deutsche Telekom sono un’opportunità unica ”. Sostenere
oggi la stessa tesi, però, appare difficile, visto che il titolo dal
giorno del terzo collocamento
ha lasciato sul terreno ben il
72% del suo valore e si è attestato a 17,5 euro, regalando
solo grattacapi a chi ha messo
i propri risparmi su quelle “opportunità uniche”.
Non c’è dubbio, però, che la vera scommessa per Sommer starà ancora nel convincere gli investitori
che le azioni T-Mobile sono non solo un affare ma anche un’occasione migliore rispetto alle azioni
delle rivali Vodafone e Orange. Dalla parte di Sommer gioca il fatto che l’operatore di telefonia
mobile tedesco, con 62,4 milioni di utenti, appare ben posizionato in Europa, dove è tra i leader in
alcuni dei principali mercati, come Germania, Inghilterra e Austria, e ha, grazie a Voicestream, una
buona presenza negli Stati Uniti. A sfavore della società, però, ci sono alcune perplessità. La redditività
di T-Mobile, per esempio, misurata dal rapporto fra margine operativo lordo e fatturato (Ebitda
margin), risulta molto bassa rispetto ai concorrenti consolidati: infatti, mentre per Vodafone nel 2001
il margine operativo lordo rappresenterà il 34% del fatturato, per T–Mobile nello stesso periodo si
attesterà a stento al 26%. La differenza fra i due operatori verrà colmata solo nel 2009, quando,
secondo le proiezioni degli analisti, l’Ebitda margin sarà per entrambi intorno al 43%. Ma non basta:
per acquistare oggi T-Mobile, qualora venisse valutata 65 miliardi di euro, un investitore dovrebbe
pagare un valore d’impresa equivalente a 22 volte l’Ebitda 2001, ben superiore a quanto sborserebbe
per Vodafone, leader mondiale con oltre 100 milioni di clienti, che ai prezzi di Borsa attuali viene
valutata molto meno, circa 14,6 volte l’Ebitda 2001. Se aggiungiamo, inoltre, che il margine operativo
lordo di T-Mobile, preso in cosiderazione per fare la valutazione non tiene conto del contributo di
Voicestream che nei primi nove mesi del 2001 ha avuto una perdita operativa di 359,6 milioni di euro,
ben si capisce quale sia la distanza fra Vodafone e l’operatore tedesco. Ma anche se estendiamo il
confronto a Orange le cose non vanno molto meglio: l’operatore mobile controllato da France Telecom,
infatti, presenta una crescita più sostenuta in termini di Ebitda rispetto a T-Mobile, in quanto da una parte
è l’operatore dominante in un mercato poco competitivo, con una bassa penetrazione e quindi a forte
crescita come quello francese e dall’altra ha adottato una politica aggressiva all’estero che per il momento
sembra premiarla.
“T-Mobile sarà una vendita difficile - afferma Reinhild Keitel, consigliere presso SdK, un gruppo
di investimento tedesco che rappresenta gli azionisti di Deutsche Telekom - e gli investitori dovranno
prestare molta attenzione”. Sommer, da parte sua, se vuole rimanere ancora in sella a Deutsche
Telekom, ha l’obbligo di tentare questa nuova e forse ultima fatica, perché la mancata quotazione di
T-Mobile costa alla controllante ben 100 milioni di euro l’anno in oneri finanziari.
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tecnologia
Generalized Multiprotocol Label Switching
verso una più stretta integrazione tra servizi IP e reti ottiche
Vittorio Trecordi
Direttore Generale Ict Consulting e Cefriel, Politecnico di Milano
Introduzione
In questi anni, le tecnologie ottiche per le comunicazioni hanno conosciuto sviluppi che hanno
straordinariamente accresciuto le potenzialità di impiego nelle nuove reti di telecomunicazioni. Lo
sviluppo ha interessato sia l’aumento della capacità trasmissiva disponibile su un singolo mezzo sia la
possibilità di svolgere funzioni di trattamento dei segnali ottici senza ricorrere alla conversione
all’elettrico, quali ad esempio funzioni di commutazione o di memorizzazione dei segnali.
La contemporanea affermazione dell’IP come protocollo di riferimento per le reti integrate e convergenti
ha sollevato le tematiche dell’integrazione dello strato di rete IP, convenzionalmente deputato a
funzioni di trasporto del traffico in pacchetti IP applicando la commutazione di pacchetto di tipo
datagramma (con qualità best-effort), con gli strati di rete utilizzati per il trasporto dei pacchetti IP:
reti spesso dotate di proprie funzioni di instradamento e inoltro dei dati (es.Frame Relay o ATM). La
necessità di conciliare le funzionalità attribuite alle reti utilizzate per il trasporto dei pacchetti IP con
le funzionalità dello strato di rete IP, operando nella direzione di conseguire maggiore efficienza
nell’uso delle risorse di rete e maggiori prestazioni, ha portato allo sviluppo di modelli di integrazione
delle funzionalità, più o meno capaci di sfruttare le peculiarità delle diverse tecnologie, spesso con
notevoli aumenti di complessità. Tra gli esempi più rilevanti di proposte di integrazione dell’IP con
strati di rete sottostanti citiamo i casi del Classical IP over ATM (noto come CIP) e della Next Hop
Resolution Protocol (NHRP), sviluppati per proporre un modello per le reti IP su ATM. Il primo modello
riduce al minimo l’integrazione tra le funzioni dell’IP e dell’ATM, semplicemente realizzando una rete
in cui i router IP si scambiano pacchetti IP utlizzando la capacità messa a disposizione da una maglia
di Virtual Circuit (VC) ATM senza qualità di servizio (servizio Unspecified Bit Rate dell’ATM) , con
decisioni di instradamento e di modalità di inoltro dei dati a carico dei router IP. Il modello NHRP offre
una integrazione maggiore tra il livello IP e il livello ATM, consentendo di associare a un indirizzo IP
l’indirizzo di una terminazione ATM e di instaurare un Virtual Circuit realizzato allo scopo di inoltrare
in modalità diretta i pacchetti IP alla destinazione. Questo secondo modello si dice che impieghi una
tecnica di inoltro di tipo shortcut (ossia su circuiti virtuali ATM end-to-end), mentre il modello CIP usa
una tecnica di inoltro hop-by-hop (ossia sull’invio di pacchetti
IP da un router all’altro usando i VC predisposti). L’introduzione
di nodi di rete in grado di svolgere funzionalità di livello IP e di
livello ATM in modo integrato ha visto tra i pionieri la Toshiba
con il suo Cell Switch Router e la Ipsilon con il suo IP-switch
(Ipsilon successivamente acquisita da Nokia) che hanno portato
ad affrontare il tema dell’integrazione dell’IP con le reti
sottostanti in maniera più robusta.
La stratificazione dei livelli di rete con la conseguente
problematica dell’integrazione delle funzionalità non è ristretta
al caso dello strato IP e dello strato ATM, eventualmente
presente. Nei casi più complessi si hanno stratificazioni multiple
che vedono ad esempio lo strato IP su ATM, basato su trasporto
ottico SDH ricavato da uno strato ottico WDM (Wavelenght
Division Multiplexing). La figura mostra uno stack protocollare
IP su WDM con le possibili varianti (IP su PPP, su SDH, su WDM
– IP su ATM su SDH su WDM – IP su ATM su WDM).
Le funzionalità alle quali deve essere attribuita una
collocazione o comunque alle quali deve essere conciliata
Esempio di stack IP su rete ottica WMD
l’applicazione ai vari strati sono varie:
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• instradamento, ossia a quali livelli si prendono decisioni di instradamento e a quali livelli si
attuano decisioni di instradamento;
• multiplazione, ossia a quali livelli viene attuata una funzione di aggregazione/
dissggregazione del traffico;
• qualità del servizio, a quali livelli vengono affidate le funzioni di controllo delle risorse di rete
per garantire la qualità del servizio;
• ripristino e protezione, quali livelli si fannno carico di funzioni di gestione dei guasti e di
garanzia di disponibilità dei servizi di rete;
• gestione della rete e dei flussi.
Le iniziative volte a promuovere una maggiore integrazione di funzionalità tra i vari strati di rete
non possono prescindere da una rivisitazione dell’architettura dei nodi di rete e dall’adozione di
standard che consentano di realizzare soluzioni multivendor. Su questa linea si sono mosse le
iniziative di maggior rilievo che si sono spinte recentemente ad affrontare il tema alla luce delle
nuove potenzialità della tecnologia ottica, proponendo la tecnica Generalised MultiProtocol Label
Switching (GMPLS), come evoluzione del MultiProtocol Label Switching (MPLS).
MultiProtocol Label Switching
MPLS è stato sviluppato sulla scia di una tecnica inizialmente proposta da Cisco, sotto il nome di
Tag Switching. La caratteristica principale del Tag Switching è l’uso di etichette di lunghezza
fissata (Tag o Label) per attuare le decisioni di instradamento nei nodi di rete.
La ragione dell’interesse per il Tag Switching è la sostituzione di tecniche di instradamento
hop-by-hop basate sulla identificazione della miglior corrispondenza delle righe della tabella
di instradamento di un router con l’indirizzo di rete del pacchetto IP da inoltrare (“longhest
prefix match”), con tecniche in grado di attuare la decisione di instradamento sulla base
della esatta corrispondenza di una etichetta di lunghezza fissa con una riga della tabella di
instradamento per etichette.
Questa innovazione segna l’introduzione di tecniche di instradamento del tipo a circuito
virtuale, a scapito del convenzionale instradamento a datagramma. La portata di questa
variazione è notevolissima: si procede alla separazione delle funzioni di controllo delle
risorse di rete, incluse le funzioni di decisione dell instradaento, dalle funzioni di inoltro
dei dati, passando a una logica più vicina a quella delle reti telefoniche che non a quella
delle reti dati di tipo Internet!
La miglioria introdotta con la commutazione a etichette consente di raggiungere una
serie di obiettivi:
• avvantaggiarsi di tecniche di decisione del routing compatibili con il requisito di svolgere
queste operazioni ad altissima velocità, possibilmente con una realizzazione interamente hardware
(lo slogan che viene utilizzato per descrivere in sintesi la strategia usata da MPLS è “routing at
the edge and switching at the core”, ossia l’assunzione di decisioni sul percorso effettuata alla
periferia della rete e la realizzazione di funzioni di pura commutazione nei nodi di rete);
• conciliare i vantaggi delle reti orientate alla connessione (ATM e Frame Relay) nell’efficacia
nel garantire la qualità del servizio end-to-end con le caratteristiche delle reti IP in reti realizzate
in parte con tecniche di overlay (IP over ATM o IP over Frame Relay): tra questi vantaggi si
sottolinea l’introduzione di percorsi prefissati per i flussi di pacchetti che appartengono al medesimo
flusso (route pinning) o la possibilità di attuare bilanciamenti di carico su percorsi multipli;
• introdurre una tecnica omogenea di trattamento del traffico IP indipendente dalla natura delle
reti che vengono impiegate nel percorso tra la sorgente e la destinazione IP;
• facilitare l’introduzione di tecniche di routing esplicito o di routing imposto dalla sorgente
della comunicazione in reti IP, agevolando il controllo del traffico e le tecniche che indirizzano
la garanzia della QoS;
• offrire una tecnica per la realizzazione di reti private virtuali, ossia di gruppi chiusi di utenti
che utilizzano in modo segregato le risorse di una rete.
MPLS interviene tra il livello 2 e il livello 3 del modello di riferimento OSI in quanto introduce una
etichetta usata per l’instradamento dei flussi sul percorso tra sorgente e destinazione, tra
l’intestazione del pacchetto di livello 3 (header IP) e l’intestazione di livello 2 (header ATM,
Frame Relay, PPP o header Media Access control delle LAN). In particolare nel caso dell’ATM e
del Frame Relay, vengono usati i campi di VCI/VPI (Virtual Channel Identifier/Virtual Path Identifier)
e di DLCI (Data Link Connection Identifier) per ospitare l’etichetta MPLS, mentre nel caso del PPP
o delle Lan viene introdotto uno “shim” header tra l’intestazione di livello 3 e quella di livello 2.
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Architettura MPLS e struttura dell’intestazione MPLS (John Strand, AT&T)
L’intestazione dei pacchetti MPLS ha una dimensione di 4 byte, di cui 20 bit sono dedicati a ospitare il
valore della etichetta, 3 bit sono adibiti a uso sperimentale, 1 bit viene usato per indicare la fine dello
stack di etichette, qualora si tratti di un’incapsulamento MPLS multiplo (la finalità e una gestione gerarchica
delle tecniche di inoltro del traffico) e i restanti 8 bit contengono il Time To Live del pacchetto.
I nodi di rete che operano secondo la modalità MPLS vengono chiamati Label Switching Router (LSR)
e sono in grado di inoltrare i pacchetti MPLS sulla base del contenuto dell’etichetta MPLS, che peraltro
viene aggiornata secondo quanto contenuto nella tabella di commutazione in ogni LSR. All’ingresso di
una rete MPLS i pacchetti IP vengono attribuiti ad una Forwarding Equivalence Class (FEC) e ad essi
viene attribuita una etichetta MPLS ad indicare che a tutti i pacchetti di una FEC deve essere riservato
il medesimo trattamento nei LSR. Sono i nodi di frontiera (Label Edge Router) a determinare
l’attrbuzione dei pacchetti ad una FEC in base all’indirizzo di rete dell’host destinatario, l’identificativo
dei nodi di rete o all’identificativo del flusso IP (porta, indirizzi e campi specificamente dedicati ad
identificare il flusso o la classe di QoS). I pacchetti che appartegono ad una FEC vengono inoltrati su
un percorso specifico, detto Label Switched Path (LSP), tra sorgente e destinazione. La determinazione
di questo percorso avviene nella fase di scelta del cammino e può essere basata sulle informazioni
desunte dai protocolli di routing convenzionali (OSPF ad esempio) o sull’attribuzione esplicita di un
percorso da parte dell’amministratore di rete.
Per poter attuare la funzione di corretto inoltro dei pacchetti è necessario che i LSR condividano
l’informazione di associazione tra le FEC e le etichette: questo obiettivo viene raggiunto con l’impiego
di una tecnica di comunicazione detta Label Distribution Protocol (LDP). La comunicazione di queste
corrispondenze può avvenire secondo varie modalità (usando i protocolli di routing convenzionali o
un protocollo ad hoc) e con approcci diversi (dall’egress LSR a monte verso al sorgente o da ogni LSR
in modo indipendente). In particolare, il protocollo specificamente introdotto per la comunicazione
dell’informazione di corrispondenza tra FEC e etichette nelle reti in cui si vincola il routing a seguire
determinati percorsi, Constraint-based Routing Label Distribution Protocol (CR-LDP), è stato
equipaggiato di tutte le funzionalità che gli consentono di attuare una allocazione delle risorse mirata
al controllo della QoS esplicitando nei messaggi di instaurazione esplicita di un percorso le informazioni
di velocità di picco, velocità minima garantita e dimensione massima del blocco di dati consecutivi.
Una variante del protocollo RSVP è stata proposta come alternativa per il protocollo LDP.
La tecnica MPLS può essere usata in combinazione con il modello DiffServ per garantire la QoS in reti
IP. La modalità proposta dagli standard prevede che le classi di servizio previste dai PHB del DiffServ
vengano mappate nei campi dell’etichetta MPLS dedicati alle applicazioni sperimentali, attribuendo
ad essi un significato di identificativo di classe di servizio. Con questo accorgimento, i router di
ingresso di una rete MPLS provvederanno a realizzare il mapping tra le informazioni di livello DiffServ
e MPLS, mentre le FEC corrispondenti verranno determinate in modo da rispettare i requisiti di QoS
dei flussi aggregati sul percorso LSR.
Generalised MultiProtocol Label Switching
La tecnica Generalised MultiProtocol Label Switching (GMPLS) generalizza l’approccio MPLS alle reti
che non usano commutazione di pacchetto, ma che commutano nei domini del tempo, della lunghezza
d’onda o dello spazio (uso di portanti in fibra distinti). Il GMP?S identifica il sottoinsieme delle tecniche
GMPLS che indirizza specificatamente gli aspetti delle reti ottiche. Il crescente sviluppo delle tecnologie
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ottiche, con particolare riferimento alle tecniche di multiplazione DWDM e alle tecniche di commutazione
ottica realizzate nei nodi di Cossconnect ottici, ha spinto considerare lo sviluppo di forme di integrazione
sempre più stretta tra lo strato ottico e lo strato IP. Nelle reti convenzionali, l’uso della capacità
trasmissiva messa a disposizione a livello di canale ottico è reso disponibile al livello IP in via mediata
da strati di multiplazione sincroni (l’SDH) ed eventualmente da strati di multiplazione asincroni a
pachetto (ATM), realizzando reti IP over ATM over SDH over DWDM, o reti IP over SDH over DWDM.
Co re
Ro u ter
(IP /MP LS)
Co re
Ro u ter
(IP/MP LS)
FR/ATM
Sw itch
MUX
SO NET /
SDH
SONET/SDH
DW DM
DW DM
C or e
R out er
C or e
R out er
ATM
Sw itch
ATM
Sw itch
M UX
S O NET /SD H
ADM
S O NET /SD H
ADM
M UX
SO NET /SD H
ADM
SO NET / SD H
DCS
SO NE T /SD H
DCS
M UX
SO NET /SD H
ADM
Op tical Co re
M UX
ATM
Sw itch
ATM
Sw itch
C or e
R out er
C or e
R out er
Dalla rete a molti strati separati alla rete a due strati (Juniper)
Nella rete a due soli strati, ai router vengono demandate le funzioni di multiplazione con finalità di
guadagno statistico, la capacità di realizzare comunicazioni any-to-any, il controllo del traffico e della
qos, il controllo della congestione e le funzioni di restoration su una scala temporale dell’ordine della
decina di secondi. Allo strato ottico competono le funzioni di tramatura standard TDM, l’isolamento
dei guasti e il partizionamento della rete, la trasmissione efficiente di massive quantità di dati a lunga
distanza e le funzioni di restoration in tempi dell’ordine delle decine di millisicondi.
La crescente maturità delle tecnologie ottiche, principalmente nell’area della commutazione ottica e
della messa a punto di soluzioni per l’alta disponibilità del servizio e la resilienza ai guasti, spingono
a favore della realizzazione di reti IP over DWDM. Il crescente accoppiamento tra le funzionalità dello
strato IP e lo strato di rete ottica mira a superare il modello ci rete che separa i due livelli di rete
attribuendo a cisascuno un proprio livello di controllo delle risorse. Questa separazione viene identificata
con il modello “overlay” della rete IP over DWDM in cui si considera che lo strato ottico disponga di un
proprio piano di controllo delle risorse completamente trasparente per lo stato IP che accede ai
servizi esportati dalla nuvola ottica attraverso una interfaccia User Network Interface (UNI) di accesso
alla capacità trasmissiva.
??
??
??
Connection
Requests, etc.
??
Router
??
Topology &
Capacity Information
??
Router
Router
??
??
Network
Signalling
UNI
??
??
Il modello “overlay” della rete IP su rete ottica
Il modello “peer” della rete IP su rete ottica
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Router
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La maggiore integrazione tra strato IP e strato ottico viene conseguita nel “peer” model in cui i nodi
IP hanno visibilità delle caratteristiche della rete ottica ed esiste un piano di controllo integrato tra i
due livelli di rete. Questa integrazione viene perseguita con la generalizzazione dell’MPLS, con tutte
le sue caratteristiche al caso in cui la tecnica di label switching si applichi a nodi LSR basati su Optical
Crossconnect. In questo caso allo scambio di etichette nei nodi LSR corrisponde il travaso dei pacchetti
IP da una lunghezza d’onda su una porta di ingresso di un OXC ad una lunghezza d’onda su un link di
uscita. Le estensioni dell’MPLS perchè possa assumere il ruolo genralizzato di controllo delle risorse
della rete ottica riguardano vari aspetti:
• introduzione di un Link Management Protocol specifico per il controllo delle risorse ottiche;
• estensione dei protcolli di routing convenzionali (OSPF e BGP ad esempio) per veicolare ed elaborare
le informazioni sulla toplogia e le risorse dello strato ottico (tipi di link, banda sulle lunghezze
d’onda, tecniche di protezione, identificatori dei portanti in fibra, ...);
• estensione dei protocolli per la distribuzione delle corrispondenze tra etichette e FEC (RSVP esteso
o CR-LDP) per consentire di realizzare cammini LSP che attraversino esplicitamente le risorse
della rete ottica;
• la possibilità di generare LSP bidirezionali, non prevista dall’MPLS base, con i conseguenti vantaggi
in termini di rapidità di provisioning dei percorsi per le comunicazioni bidirezionali;
• la possibilità di inviare messaggi riguardanti i guasti sia per il funzionamento delle tecniche di
protezione o di restoration, che per l’aggiornamento dei sistemi di monitoraggio e gestione;
• introduzione di accorgimenti che consentano di rendere l’ingegneria del traffico maggiormente scalabile,
come la creazione gerarchica dei percorsi LSP. Quest’ultima risulta essere particolarmente interessante
in quanto favorisce la realizzazione di politiche di provisioning integrato estremamente efficaci.
Vantaggi in termini di provisioning e di resilienza ai guasti
Approfondiamo brevemente due aspetti che riteniamo abbiano particolare portata nella tecnica GMPLS:
l’attivazione gerarchica degli LSP e le tecniche di protection/restoration.
LSP1
LSP2
LSP3
LSP4
Fiber LSP4
? LSP3
Time Slot (TDM) LSP2
Packet LSP1
Router ac ting
As IP LSR
SDH Switch/MUX
Optical OE O
Switc h
500m from
Gigaethernet
Photonic
Switc h
OC-12c
OC-192
Fiber
Esempio di LSP attivati gerarchicamente
La figura mostra un caso di LSP che possono essere attivati gerarchicamente coinvolgendo
sezioni della rete che impiegano tecnologia differente in modo assolutamente integrato. La
segnalazione GSMP, in particolare la RVSP-TE, è stata modificata per consentire al router
periferico di inviare i messaggi (PATH) che sollecitano l’apertura di un LSP a pacchetto con il
router periferico di destinazione. L’arrivo di questo messaggio al router adiacente (boundary
router) scatena la richiesta di un nuovo LSP (LSP2) tra il boundary router ed il suo corrispondente.
Questo meccanismo di attivazione di richieste di instaurazione di nuovi LSP si ripete fino a che
lo switch elettro-ottico invia la propria richiesta di attivazione di un LSP ottico (LSP4). LSP4
viene attivato sul percorso completamente ottico. Su questo percorso attivo vengono inoltrati i
messaggi (PATH) per l’instaurazione degli LSP successivi ai nodi corrispondenti, consentendo
di attivare nell’ordine LSP3, LSP2 ed LSP1.
Questo procedimento illustra l’efficacia del meccanismo integrato di provisioning di un LSP a pacchetto
con l’attivazione gerarchica ed automatica di LSP che ne consentono il provisioning.
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La gestione dei guasti nelle reti di dorsale si attua nelle seguenti fasi: rilevamento,
localizzazione, notifica e intervento correttivo. Il rilevamento del guasto avviene al livello in
cui il guasto ha luogo: nel caso delle reti ottiche il rilevamento ha luogo al livello fisico con
tecniche di perdita di segnale ottico, di misura del rapporto segnale-rumore, di misura di
altri parametri come il tasso di errore. La localizzazione del guasto ha luogo con lo scambio
di informazione esplicita proveniente dal nodo adiacente al guasto: il protocollo Link
Management Protocol (LMP) del GMPLS ha introdotto una tecnica per la localizzazione dei
fault e per la notifica ai sistemi di gestione. L’intervento correttivo conseguente può essere
basato su due filosofie differenti: la protection e la restoration. La filosofia protection comporta
l’impiego di risorse di backup preallocate, mentre la tecnica restoration alloca le risorse di
backup solo in caso di guasto. Entrambe le tecniche possono essere applicate a livello di link
o a livello di percorso. Nel primo caso la protezione è applicata sul singolo link mentre nel
secondo caso la protezione è applicata sull’intero cammino tra sorgente e destinazione della
comunicazione che si vuole proteggere. I meccanismi di protezione 1+1 prevedono che il
traffico sia trasmesso contemporaneamente su due cammini disgiunti, con impiego di risorse
doppie rispetto al caso senza protezione, lasciando al ricevitore la facoltà di selezionare la
sorgente da cui ricevere traffico. La protezione M:N prealloca M cammini di backup condivisi
da N cammini primari. Casi particolari della protezione M:N sono la protezione 1:1, che
prealloca un cammino di backup per un cammino primario, e la protezione 1:N che condivide
un cammino preallocato di backup tra N cammini primari. Il GMPLS prevede che venga
propagato il Link Protection Type (LPT) che viene usato in fase di instaurazione di un LSP che
richieda una particolare protezione.
Architettura dei nodi di rete
Oltre a tutti questi arricchimenti funzionali dell’MPLS che caratterizzano il GMPLS come
soluzione emergente nelle reti a larghissima banda è opportuno osservare che la sfida
principale consiste nell’attuare la maggior parte delle funzionalità rimanendo nel dominio
dell’ottica, evitando di introdurre conversioni all’elettrico per non compromettere la velocità
di esecuzione delle operazioni.
Optical Layer XC's
for interconnection
Transponders
for multimulti-vendor
interoperability
UltraUltra-capacity DWDM,
scalable to Terabits, capable
of ultraultra- long reach
Backbone Nod e
Optical
Layer Cross
Connect
(STS1
granular
granular))
?
?
D
W
D
M
OADM for
costcost- effective
access to
smaller offices
Regional Node
OADM
?
OA
?
OLXC
OC-48 or OC-192
Interfaces
Metro
DWDM
Local Node
Metro
DWDM
Metro DWDM for local
capacity & ? ?services
Architettura della rete ottica DWDM (John Strand, AT&T)
I componenti principali di una rete ottica evoluta basata sulle tecnologie DWDM sono evidenziati
nella figura. A livello metropolitano si ipotizza l’impiego di nodi DWDM in grado di raccordare
la rete metropolitana alla rete di dorsale con una funzione di multiplazione di più canali a
diversa lunghezza d’onda valorizzando al massimo la capacità trasmissiva dei portanti e
realizzando tecniche di protezione su più fibre. I nodi di dorsale oltre ad attestare i nodi
locali con le controparti delle funzioni DWDM dispongono di funzioni di crossconnect ottico
con granularità di interconnessione a livello di STM1. Oltre a cio’ i nodi di dorsale dispongono
di interfaccie DWDM a capacità elevata fino al Terabit equipaggiati per percorsi a lunga
distanza con interfaccie a 2.4 o a 10Gbit/s. Nodi regionali tipicamente dispongono di una
funzionalità di add-drop ottica e di una funzione di crossconnct ottico di piccole dimensioni.
Le funzionid amplificazione ottica provvedono a compensare l’attenuazione del segnale ottico
sulle lunghe distanze.
febbraio 2002
Beltel
......................................... oltre il mercato .........................................
Transponders
(w/tunable lasers)
OXCs for autoautoprovisioning,
for multi
multi--vendor
interoperability
Signaling
Interface
for datadata-to
to-optical layer
inter
inter-networking
Software
Reconfigurable
OADM for
scalable to Terabits, capable
of ultra
ultra--long reach
cost-effective
costaccess to
smaller offices
Backbone Node
multiplexing,
mesh/ring
restoration,
and capacity
management
Ultra
Ultra--capacity DWDM,
IP/ATM
(Core)
Optical
Layer Cross
Connect
IP/ATM
(Edge)
(STS1
granular)
granular)
?
?
Regional Node
D
W
D
M
Multi
Multi-Service
Platform
?
OLXC
MSP
Service Interfaces
Metro
DWDM
IP/ATM
(Edge)
IP/ATM
(Edge)
Services
MSP
Multi
Multi--Service
Platforms for
multiplexing
and to extend
reach of autoautoprovisioning
Services
Metro
DWDM
Local Node
OA
OADM
?
Metro DWDM for local
capacity & ? ?services
Architettura della rete per l’internetworking
ottico intelligente (John Strand, AT&T)
L’evoluzione dell’architettura della rete ottica, con la forte compenetrazione del livello di rete
IP e con l’introduzione di flessibilità nella gestione delle risorse ottiche è riportata nella
figura che illustra lo scenario evoluto dell’internetworking ottico intelligente. In ogni nodo
della rete ottica si introducono interfaccie di servizio in grado di rendere accessibili in modo
dinamico i servizi ai vari livelli. I componenti ottici offrono interfaccie per condividere
l’informazione sulle risorse della rete ottica e per rendersi disponibili alla configurazione
delle risorse in base alle esigenze. La nuova architettura si presta a realizzare le funzioni di
multiplazione, trasmissione e commutazione nella maniera più efficacie con modalità che
sono sempre più determinate dalla configurazione “soft” (ossia senza modifica
dell’equipaggiamento e senza interventi manuali) dell’assetto delle risorse di nodo. Il
provisioning dei servizi, l’allocazione delle risorse, nonchè la possibilità di applicare tecniche di
protezione e di recupero da situazioni di guasto saranno sempre più efficenti e realizzati in modo
automatico su questa architettura di rete fortemente coesa. L’ottimizzazione delle funzionalità si
prospetta con notevolissimi risvolti dal punto di vista del supporto e della gestione della rete potendo
focalizzare i sistemi di Operation e Support verso una struttura di rete fortemente integrata e compatta.
Riferimenti bibliografici
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–
Vivek Alwayn, “Advanced MPLS Design and Implementation”, Cisco Press, ISBN 158705020X, Settembre 2001.
Eric W. Gray, “MPLS: Implementing the Technology”, Addison Wesley Professional, ISBN 0201657627, Marzo 2001.
Uyless Black, “MPLS and Label Switching Networks”, Prentice Hall PTR, ISBN 0130158232, Dicembre 2000.
Jim Guichard, Ivan Pepelnjak, “MPLS and VPN Archtectures: A Practical Guide to Understanding, Designing and
Deploying MPLS and MPLS-Enabled VPNs”, Cisco Press, ISBN 1587050021, Otobre 2000.
Bruce Davie, Yakov Rekhter, “MPLS: Technology and Applications”, Morgan Kaufmann Publishers, Inc., ISBN 155860-656-4, Maggio 2000.
Eric Mannie, P. Ashwood-Smith, D. Awduche, A. Banerjee, D. Basak, L. Berger, G. Bernstein, S. Dharanikota, J.
Drake, Y. Fan, D. Fedyk, G. Grammel, Dan Guo, K. Kompella, A. Kullberg, J.P. Lang, F. Liaw, T.D. Nadeau, L. Ong, D.
Papadimitriou, D. Pendarakis, B. Rajagopalan, Y. Rekhter, D. Saha, H. Sandick, V. Sharma, G. Swallow, Z.B. Tang, J.
Yates, G.R. Young, J. Yu, A. Zinin,”Generalized Multi-Protocol Label Switching (GMPLS) Architecture”, Novembre 2001
draft-ietf-ccamp-gmpls-architecture-01.txt>
Ayan Banerjee, John Drake, Jonathan P. Lang, Brad Turner, Kireeti Kompella, Yakov Rekhter, “Generalized Multiprotocol Label
Switching: An Overview of Routing and Management Enhancements” , IEEE Communications Magazine, gennaio 2001.
Ayan Banerjee, John Drake, Jonathan Lang, Brad Turner, Daniel Awduche, Lou Berger, Kireeti Kompella, Yakov
Rekhter, “Generalized Multiprotocol Label Switching: An Overview of Signaling Enhancements and Recovery Techniques”,
IEEE Communications Magazine, luglio 2001.
Link per approfondimenti
http://www.watersprings.org/links/mlr/
http://www.ietf.org/html.charters/mpls-charter.html
http://www.mplsrc.com/index.shtml
http://www.awduche.com/
http://www.mplsworld.com/
http://www.gmpls.org/
http://www.cse.msu.edu/~xiaoxipe/researchLink.html
http://www.oiforum.com/
febbraio 2002
Beltel
.......................................... oltre il mercato .........................................
formazione
spazio all’e-learning
a cura di Didael
www.didael.it
M-learning: formazione in movimento
Una nuova tecnologia, la tecnologia wireless (senza fili), sta affacciandosi nell’industria dell’e-learning dando vita a una nuova etichetta, il mobile learning, che pare portare all’estremo le caratteristiche dell’elearning come formazione “anywhere, anytime, anyplace”.
M-learning: “Always on”
Da uno studio condotto nel primo semestre del 2001 dalla britannica Research International, è emerso
che il 54% delle aziende europee è impegnato - o lo sarà nel corso dei prossimi due anni - a valutare,
collaudare o mettere a punto soluzioni wireless (es.: su cellulari e palmari) per le proprie attività. La
prossima generazione di e-learning sarà perciò definita m-learning o mobile learning, resa accessibile dal
cellulare o dai computer palmari.
Il mobile learning non è un fenomeno nuovo: il più diffuso, mobile e ubiquo strumento per apprendere è
il libro. La differenza sta nel fatto che il libro non è connesso a risorse esterne, mentre il m-learning offre
i vantaggi del libro più la connessione a risorse esterne potenzialmente infinite. Le ricerche mostrano come
il futuro sia in una direzione “always on”: sempre interconnessi, online 24 ore su 24, senza dover dipendere da un luogo (l’ufficio) o da un oggetto poco portatile (il PC). Ciò comporterà che l’oggetto wireless con
il quale ci connetteremo sarà sempre più legato alla persona e sempre meno al luogo.
Il mercato e i suoi sviluppi
Se il mercato dell’e-learning è ancora embrionale, quello del m-learning è veramente molto piccolo. Attualmente sono in atto alcune sperimentazioni negli Stati Uniti da parte di alcuni aziende del settore, ma si
tratta soltanto di piccoli progetti.
Secondo i ricercatori della WR Hambrecht + Co, i palmari sono potenzialmente interessanti per tutti coloro
che hanno necessità di conoscenze just-in-time: in primis forze di vendita e tecnici per risolvere i problemi
degli utenti di un servizio/prodotto.
Le ricerche indicano che nei prossimi 18 mesi il focus nel m-learning si sposterà dalla tecnologia al contenuto. Questo fenomeno sarà favorito dalla diffusione dei reusable learning object (RLO), piccoli segmenti di
conoscenza che ben si prestano a essere erogati con la tecnologia wireless, a differenza di un corso intero,
pieno di immagini e di grafica e che richiede molta banda.
Gli ostacoli
Nonostante queste previsioni, tra i ricercatori rimane scetticismo sugli sviluppi a breve di questa nicchia di
mercato. Non bisogna dimenticare che computer palmari hanno delle limitazioni come strumenti per l’apprendimento: lo schermo è molto piccolo, il processore è lento e la memoria è limitata. La loro diffusione poi
finora è molto bassa: circa 13 milioni di palmari sono utilizzati a livello mondiale, ancora pochi per prevederne
usi ulteriori. La diminuzione dei costi e l’aumento di potenza favoriranno, come è già successo, la loro
diffusione, la qual cosa probabilmente stimolerà la creazione di ulteriori applicazioni, anche per l’ e-learning.
Fonti
Research International
Learning Circuits
WR Hambrecht + Co
febbraio 2002
Beltel
............................................. l’intervista .............................................
fatti, analisi e tendenze nelle tlc
François de Brabant, Between
a cura di Marinella Zetti
Il mondo delle telecomunicazioni è in crisi, quali fattori hanno contribuito a determinare la situazione
attuale? E soprattutto quali elementi possono contribuire all’uscita dal tunnel del settore? Per rispondere a queste difficili domande, Beltel ha chiamato in causa François de Brabant che, prima alla guida
di Reseau, poi responsabile strategie di Telecom Italia e oggi amministratore delegato di Between,
ha seguito e analizzato tutti i passaggi delle Tlc.
”Il mercato tlc è caratterizzato da una crisi di margini. In questo momento gli unici operatori che
guadagnano sono Tim/Telecom e Omnitel/Vodafone, tutti gli altri licenziatari perdono, afferma François
de Brabant. I motivi della crisi sono sia interni sia esterni alle aziende. Sul fronte interno sono stati
commessi due errori di valutazione: è stato sopravvalutato lo sviluppo del mercato e sottovalutata la
difficoltà di acquisizione delle quote di mercato da Telecom Italia. Per quanto concerne l’esterno, gli
operatori hanno dovuto fare i conti con un clima competitivo decisamente più accentuato, in gran
parte dovuto alle regole del gioco che hanno consentito l’ingresso a operatori che hanno investito
poco e niente e che quindi hanno lavorato solo sul prezzo. D¹altro canto gli operatori contavano di acquisire
rapidamente quote di mercato, quotarsi in Borsa e con il ricavato rilanciare gli investimenti. La crisi del
mercato finanziario ha bloccato questi progetti e oggi molti medi e piccoli operatori stanno fallendo, mentre
i ‘grandi’ sono fortemente indebitati; di conseguenza si sta delineando uno scenario costituito da due oligopoli
,uno mobile e uno fisso, con pochi giocatori affiancati da qualche operatore di nicchia”.
La crisi finanziaria
Tuttavia, per comprendere l’attuale situazione è indispensabile fare un passo indietro e ripercorrere
gli ultimi anni delle telecomunicazioni. “Quattro anni e mezzo fa il mondo della finanza ha scoperto le
telecomunicazioni, spiega de Brabant, decidendo che valevano moltissimo per tre ragioni: la
privatizzazione del settore, l’apertura della competizione e la crescita attesa di Internet. Non dimentichiamo che le aziende monopoliste erano fondamentalmente sane. A metà marzo 2000 c’è stata
l’inversione di tendenza, la Borsa ha dato segni di forti cedimenti e l’Umts è stata la goccia che ha
fatto traboccare il vaso. I Governi europei, infatti, in modo del tutto disomogeneo nei diversi Paesi,
attraverso le gare per la concessione delle licenze hanno prelevato 300mila miliardi di lire dalle
aziende del settore. Proprio in quel momento il mondo della finanza si è accorto di aver sopravvalutato
le aziende di tlc; anche in questo caso i motivi c’erano: il prelievo dei Governi aveva contribuito a
elevare ulteriormente il già elevato indebitamento, il fatto che i fatturati ‘vecchi’ venivano intaccati
dalla competizione più del previsto, che i costi per la creazione delle infrastrutture erano più elevati
del previsto e infine che i fatturati dei ‘nuovi servizi’ crescevano molto più lentamente del previsto.”
Il mondo politico, secondo François de Brabant, ha cavalcato l¹Umts per prelevare risorse necessarie
a coprire buchi di bilancio e finanziare lo sviluppo di nuovi progetti per l’innovazione del Paese; ma il
prelievo è avvenuto con troppo anticipo rispetto alle potenzialità della tecnologia e soprattutto con
eccessivo ottimismo.
L’Europa e la banda larga
François de Brabant pone l’accento anche sulle differenze di approccio e di storia nei diversi Paesi
europei. “La Gran Bretagna ha privatizzato British Telecom nella seconda metà degli anni 80, mentre
France Telecom e Deutch Telekom sono ancora oggi a maggioranza pubblica. In Italia abbiamo
privatizzato Telecom nel ‘98, poi abbiamo ricostituito un nuovo operatore pubblico che ora stiamo per
portare in borsa. Un altro elemento anomalo è la presenza del cavo tv, un tema che si collega alla
diffusione della banda larga. In Germania e in Francia il cavo tv ha mosso i primi passi nel 1982 e oggi
febbraio 2002
Beltel
............................................. l’intervista .............................................
vi sono rispettivamente 16 e 5/6 milioni di case cablate; in Gran Bretagna il cablaggio televisivo è
iniziato alla fine degli anni 80 chiamando in causa capitali stranieri, in particolare americani, e offrendo la possibilità di competere nella telefonia con British Telecom che non poteva operare nel mondo
del cavo tv. L’Italia non ha il cavo tv; per poter offrire la banda larga gli operatori devono scegliere tra
due strade: installare le fibre ottiche come sta facendo FastWeb o valorizzare il doppino con la
tecnologia xDsl passando per lo più dall’unbundling e quindi dai relativi costi e rallentamenti. In
entrambi i casi significa reinvestire su un’infrastrutturazione fisica della rete e la fisicità implica del
tempo e una logica economica: i ritorni economici, infatti, sono strettamente legati all’area nella
quale viene proposta la banda larga”. Queste disomogeneità, secondo de Brabant, spiegano la difficoltà di affermazione di una regolamentazione omogenea per tutta l’Europa.
La contraddizione
Dall’analisi si evidenzia la contraddizione tra il modello di sviluppo in competizione/concorrenza e
l’esigenza di stendere un’infrastruttura che non rappresenta l’obiettivo degli operatori ma solo una
condizione necessaria per poter erogare servizi a larga banda e quindi generare il ‘nuovo traffico’.
”Non è mai accaduto in nessun Paese, che un’infrastruttura fisica capillare venisse realizzata in una
situazione di competizione, sottolinea de Brabant. Tutte le reti (strade, acquedotti, gasdotti o elettricità
o telecomunicazioni) sono state sviluppate con un modello di business di monopolio privato o pubblico.
Abbiamo provato a realizzare le infrastrutture in un modello di business competitivo, con la Borsa in
forte crescita sembrava ragionevolmente possibile, ma oggi appare molto improbabile, infatti, si parla
di condivisione delle reti mobili e si cerca una soluzione anche per la telefonia fissa, esempio un’infrastruttura di accesso unica per tutti i carrier con un’ampia competizione nell’offerta dei servizi”.
I diversi fattori hanno generato un’ulteriore contraddizione: i Governi hanno messo a punto task force
per le infrastrutture mossi dal rischio del digital divide all’interno stesso dei paesi industrializzati, ma
gli operatori sono sotto il tiro della Borsa e devono calibrare gli investimenti in modo completamente
diverso rispetto al modello usuale delle tlc che prevedeva il rientro dell’investimento in 15 anni. In
altre parole gli operatori sono disponibili a realizzare le infrastrutture solo per rispondere allo sviluppo della domanda, proprio perché hanno risorse molto ridotte rispetto ai monopolisti.
L’offerta
L’analisi di François de Brabant pone l’accento anche sull’offerta.
”Siamo rapidamente entrati nella fase di ristrutturazione, i 200 operatori iniziali stanno velocemente
diminuendo, il primo segnale è stata la fusione Wind/Infostrada e poi la confluenza tra Atlanet e
Edisontel, con le voci sempre più insistenti dell’aggregazione di Albacom. Nei giorni scorsi è stata
presentata Elitel (la nuova società che ha riunito gli operatori regionali finanziati dai fondi di Elserino
Piol) che punta a divenire il quinto operatore nazionale. Telecom è al quarto giro di management in
poco più di tre anni. Ma passaggi di proprietà, IPO e grandi ristrutturazioni occupano tempo, risorse
e rallentano i processi di investimento e di sviluppo dei servizi. Il risultato è un’offerta destabilizzata
che può creare seri problemi alla domanda”.
“Non vi è dubbio che le potenzialità di sviluppo ci sono. conclude de Brabant. Siamo però un’altra
volta di fronte a un difficile ‘uovo-gallina’ tipico delle telecomunicazioni. Nello sviluppo della larga
banda siamo appena partiti e già si è aperto un gap tra noi e i principali paesi; la finestra temporale
non è ampia perché se si vuole che i contenuti e i servizi si sviluppino e passino sulla rete bisogna
costruire rapidamente una massa critica di utenza potenziale. Il sistema delle telecomunicazioni tutto
incluso, cioè dai manifatturieri agli operatori, dagli utenti agli informatici, rappresenta una grande
macchina di sviluppo e di occupazione; questa volta si deve aggiungere anche la volontà dei sindaci
e delle lobbies industriali locali di garantire la larga banda al loro territorio come condizione di
sviluppo. Il governo ha dato un primo segnale con la creazione della task force; ora bisogna passare
all’azione che deve giocare di grande intelligenza e innovazione per far convergere le risorse necessarie senza negare la logica di mercato. Così facendo potremmo riuscire a dare con le telecomunicazioni un contributo per uscire dall’attuale recessione o almeno non aggravarla”.
febbraio 2002
Beltel
............................................. l’intervista .............................................
essere un operatore alternativo
l’opinione di Elserino Piol
a cura di Grazia Longoni
La liberalizzata telefonia fissa corre verso il duopolio tra le due grandi Telecom Italia e Wind? E perché così
non sia, che cosa possono fare gli operatori alternativi che con tanta fatica cercano di sfondare sul mercato?
Su queste domande ruota il colloquio di questo numero conElserino Piol che di queste tematicche è uno
dei protagonisti diretti: a metà gennaio, infatti, le aziende lanciate da Piol attraverso i fondi Kiwi (alcuni
reseller nazionali e diversi operatori su scala regionale) sono state fuse e incorporate in una nuova
società: Elitel, controllata a maggioranza da una finanziaria, Kiwicom, a sua volta controllata da Kiwi. Elitel
si propone l’obiettivo di arrivare tra i primi cinque operatori di telefonia fissa del mercato italiano.
E’ reale o no il rischio che la telefonia fissa in Italia si avvii inesorabilmente
a una condizione di duopolio?
“Non c’è dubbio che la tendenza che si sta affermando in tutto il mondo mette in evidenza una
difficoltà di affermazione degli operatori alternativi nei confronti degli ex monopolisti. Questi ultimi
infatti,anche nei Paesi in cui la liberalizzazione è stata condotta con coerenza, conservano una
posizione molto forte. In Italia i due competitor in pole position per aggiudicarsi gran parte del
mercato sono Telecom Italia, in quanto ex “incumbent”, e Wind, perché nata da importanti decisioni
di investimento di colossi come France Télécom ed Enel. Questo però non significa che non ci sia
spazio per operatori alternativi”
Ma come potrebbero conquistare questi spazi muovendo da un punto di partenza così sfavorevole?
“La chiave del successo sta nel fatto che portino davvero sul mercato qualcosa di
alternativo. Mi spiego. All’inizio sembrava che il terreno decisivo per i nuovi competitor fosse quello
dei prezzi. In realtà la concorrenza sulle tariffe, pur importante, non è il fattore principale. Che è
invece quello di apparire diversi dagli ex monopolisti di fronte ai clienti. Elitel ha scelto di caratterizzarsi con una presenza regionale, con un’offerta più vicina al cliente. Inoltre ha puntato esclusivamente sulla clientela business e in particolare sulle aziende medie e piccole. Un altro aspetto
importante è quello di porre l’accento sui distretti industriali, con meccanismi di offerta tagliati
sulle esigenze di quel tipo di realtà. Infine, c’è la tendenza a creare una sorta di comunità tra i clienti
di Elitel, dando una serie di vantaggi legati al fatto di far parte di una sorta di club. A monte di tutte
queste strategia c’è poi una scelta netta: quella di investire esclusivamente sugli aspetti commerciali e sull’intelligenza di rete, senza occuparsi delle infrastrutture”.
Sono orientamenti in qualche modo obbligati per un operatore alternativo o ci sono altre strategie vincenti?
“Ci possono essere scelte diverse. Per esempio, e-Biscom punta tutto sulla banda larga e sulla
multimedialità, Colt che pure opera sulla banda larga, si specializza nell’offerta per un’élite di società multinazionali che hanno presenze in diversi Paesi. In questo caso, sceglie, al contrario di Elitel,
di costruire direttamente l’infrastruttura. Anche E-Planet offre in modo congiunto servizi e infrastrtture.
Complessivamente credo che una condizione per il successo degli operatori alternativi sia la
focalizzazione. Detto questo, rimane la difficoltà a scalzare gli operatorigià affermati”.
A proposito, è andata così anche negli Stati Uniti?
L’esperienza degli Stati Uniti ci dà anche un’altra indicazione. Pur nella difficoltà di affermare operatori alternativi, il processo si sviluppa poi con dinamiche di cambiamento. Oggi il ruolo di protagonisti
del mercato americano è passato dalla At&t alle Baby Bell. Significa che gli scenari si modificano”
febbraio 2002
Beltel
............................................. l’intervista .............................................
Tornando in Italia, quali sono le difficoltà degli operatori alternativi?
Le tre società che sono andate in Borsa, e-Biscom, Tiscali ed e-Planet,lo hanno fatto su
un’idea di business. Il mercato la riconosceva e, almeno fino alla prima metà del 2000, era
disponibile a finanziarla. Oggi le condizioni sono diverse, c’è scetticismo sulle IPO e il mercato
finanziario tende a dar credito alle aziende che “fanno” qualcosa. Anche questa condizione potrà
cambiare, non dimentichiamo che anche le grandi aziende, come Telecom Italia e DT, hanno oggi
un forte indebitamento. L’esposizione del mondo finanziario sulle tlc è alta in generale. Per chi
vuole entrare, come gli operatori alternativi, la chiave è la capacità di gestire il gap di tempo che
esiste tra le decisioni di investimento (da fare subito) e il ritorno dei profitti (spostato nel tempo). Questa
è la sfida per gli azionisti. Una sfida in cui è sempre più difficile essere sostenuti dal mondo della
finanza e del credito. Per questo noi abbiamo rinunciato a promuovere altre iniziative di venture
capital concentrandoci su quelle già avviate”.
Quale è oggi in Italia l’atteggiamento dei “due grandi” rispetto alla sfida
degli operatori alternativi?
E’ ovvio che anche un ex monopolista difende il suo mercato e non vuole farsi erodere il business.
Complessivamente però mi pare che nessuno voglia davvero impedire l’ingresso di nuovi operatori.
Salvo episodi marginali, non possiamo accusarli di questo. Tra i due italiani poi c’è una differenza,
perché con Telecom Italia siamo obbligati ad avere rapporti per la questione della rete infrastrutturale.
E per loro anche noi siamo clienti importanti”.
Per quanti operatori di rete fissa c’è posto in Italia?
Con circa 150 società che hanno ottenuto 200 licenze è ovvio che non c’è spazio per
tutti. Direi che ne resteranno una trentina, ma meno di dieci saranno significative.
Ed Elitel vuol diventare la numero cinque?
Non è una questione di ranking. Diciamo che puntiamo a essere tra le cinque o sei
che avranno un ruolo significativo sul mercato italiano. Comunque noi vogliamo diventare il numero
tre, e la vendita e il numero di clienti acquisiti giustificano questa ambizione.
febbraio 2002
Beltel
............................................. le interviste .............................................
municipalizzate e tlc un matrimonio difficile
colloquio con Alberto Cazziol, Etnoteam
a cura di Marinella Zetti
Per saperne di più abbiamo chiamato in causa Alberto Cazziol, direttore generale della Direzione Corporate
Business di Enoteam (www.etnoteam.it) e amministratore delegato di Etnoteam.com (ww.etnoteam.com),
protagonista di un recente accordo con Logica ed esperto del mondo delle municipalizzate.
“Sull’onda dell’entusiasmo della deregulation delle tlc e della liberalizzazione del campo d’azione
delle utilities – afferma Cazziol – abbiamo assistito a una grandissima spinta da parte di tutte le
municipalizzate nel cercare di trovare sul proprio territorio lo spazio relativo alle telecomunicazioni.
Ma dopo l’entusiasmo iniziale il mercato ha frenato, si è capito che non è così facile e immediato
conquistare la clientela e che occorrono ingenti investimenti. Adesso nel settore delle Public Utilities
vi è una una grande prudenza e un orientamento a tornare a occuparsi del proprio core business
(acqua, energia e gas) ed eventualmente a sfruttare la propria base di clientela sui business immediatamente contigui. In sintesi non mi aspetto grandi affermazioni da parte delle Public Utilities nel
mondo delle tlc, penso invece che, grazie alla liberalizzazione e al nuovo assetto normativo, le Public
Utilities avranno molto lavoro da svolgerenel proprio core business”.
“Forse potranno trovare spazio alleanze tra Public Utilities e pochi grandi operatori di tlc, mentre non
prevedo accordi tra Municipalizzare locali e Telco locali. – continua Cazziol - In questi ultimi due anni
sono nate tante piccole Telco, oggi però molte stanno fallendo. Anche alcune Public Utilities, partite
con grande entusiasmo, insieme a partner tecnologici, per occupare il proprio spazio territoriale con
l’offerta di tlc, si sono arrese. D’altra parte la deregulation e la rinormazione nel campo del gas e
dell’elettricità aprono tante opportunità, offrendo alle municipalizzate uno spazio di business poderoso che le terrà occupate per i prossimi cinque anni”.
Alberto Cazziol prosegue e pone l’accento sui nuovi servizi offerti dalle municipalizzate.
“Le Public Utilities sono molto impegnate nella realizzazione di portali, con l’obiettivo di aggregare i
diversi attori interessati al dialogo con i cittadini, quali le amministrazioni locali, le diverse realtà di
pubblico servizio ma anche i commercianti e la piccola imprenditoria locale. Le Municipalizzate sono
abituate a gestire un’utenza locale molto ampia e ad avere uno sportello che, più o meno rapidamente, sta evolvendo verso forme multicanale. Le Public Utilities intrattengono rapporti da 20/30/50 anni
con una clientela abituata a pagare periodicamente in posta o tramite banca, proprio su questa
abitudine alla relazione economica possono costruire tante piccole cose, dalla vendita dei biglietti
all’offerta di servizi convenzionati. Un esempio è la Municipalizzata di Genova che ha iniziato a offrire
servizi: un pool di installatori certificati che possono essere richiesti chiamando il centralino della
Municipalizzata e il pagamento viene addebitato in bolletta”.
Etnoteam annovera tra i suoi clienti circa 150 Municipalizzate in tutta Italia e riscontra un grande
fermento in tutta la penisola.
La normativa, un’altra spinta al cambiamento viene dalla nuova normativa.
“Le nuove normative - spiega Alberto Cazziol - impongono inizialmente una frammentazione, infatti la
municipalizzata o ex-municipalizzata che una volta gestiva il gas lungo tutta la catena del valore, adesso
deve separare la gestione commerciale, cioè la vendita dal trasporto o distribuzione. In altre parole, da
un’azienda ne devono nascere almeno due: quella che vende al consumatore finale e quella che gestisce
i tubi. L’azienda che gestisce i tubi deve garantire l’efficienza della rete e consentire a chiunque ne abbia
titolo di far passare il proprio gas e farlo arrivare a destinazione; proprio per questo deve sviluppare una
capacità di servizio a beneficio di qualunque altra azienda, poiché, in futuro, il cittadino potrà decidere
dove acquistare, insomma potrà scegliere il fornitore esattamente come oggi avviene con il cellulare”.
febbraio 2002
Beltel
.............................................le interviste .............................................
La nuova normativa, dunque, porterà a una iniziale moltiplicazione dei soggetti con una successiva
concentrazione.
“Le Public Utilities più dinamiche stanno iniziando ad acquistare le più piccole per creare dei Gruppi,
sottolinea Cazziol. Il mercato diventa competitivo quindi è indispensabile per le aziende migliorare la
propria capacità di marketing e commerciale e l’efficienza, potendo contare su una grande forza
finanziaria. A fronte di queste riflessioni si può prevedere una poderosa concentrazione di imprese,
in particolare di quelle che offrono l’infrastruttura, e una ristrutturazione dei mestieri: società di
vendita affiancate da aziende collegate che propongono servizi collaterali”.
Per avere costantemente il polso della situazione, nel 2001 Etnoteam, in collaborazione con l’Università Bocconi, ha avviato l’osservatorio Palomar. I primi risultati sono previsti per la primavera 2002.
L’accordo con l’inglese Logica
“Quando le Public Utilities avevano come unico problema quello delle gestione di un business non
competitivo – precisa Cazziol - le esigenze
di tipo applicativo, informatico e tecnologico
Logica
erano completamente conosciute e presidiate
Fondata nel regno Unito nel 1969, Logica (www.logica.com)
opera nel settore dei servizi spaziando dalla consulenza stradall’offerta di Etnoteam ma, di fronte alla
tegica alla system integration, dalla realizzazione e gestione
deregulation e alle nuove esigenze esecutidi soluzioni software all’outsourcing di processi aziendali. In
ve e gestionali, la società ha dovuto sceglieItalia è presente con due realtà, Logica Informatica e Logica
Consulting (www.logicaconsulting.com), guidate da Massire tra lanciare un poderoso programma di
mo Biondi, un “veterano” del mondo dell’Ict, al quale chieinvestimenti interni per realizzare in casa tutto
diamo di fotografare il ruolo delle Municipalizzate.
il necessario oppure cercare un partner già
attrezzato. Logica è una grande realtà inter“Mentre le tecnologie delle telecomunicazioni stanno facendo convergere voce e dati, i mercati si vanno separando nazionale che ha nelle Public Utilities circa il
precisa Massimo Biondi - da un lato le commodities, come
30% del proprio mercato. Inoltre la società
la telefonia vocale e l’accesso Internet, dall’altro i servizi
ha già vissuto da protagonista tutto il fenopiù complessi. L’altra separazione è nella catena del valomeno della deregulation e ristrutturazione del
re fra infrastrutture (network provider) e servizi (service
provider). Le Municipalizzate possono creare valore in
mercato inglese e lo sta riproponendo anentrambi i contesti valorizzando gli asset materiali e
che in altri paesi”.
Grazie all’accordo, Etnoteam si pone obiettivi ambiziosi, in primo luogo consolidare il mercato già acquisito, successivamente conquistare spazi tra le grandissime Public Utilities.
“In Italia operano e opereranno grandissime
realtà che si occupano di gas, elettricità e
acqua – afferma Cazziol – Etnoteam aveva
una dimensione aziendale adatta e credibile
per Public Utilities di media dimensione, por
potersi candidare a gestire un sistema di fatturazione a milioni di utenti, oltre alle opportune capacità tecnologiche, occorre avere
anche un respiro internazionale e referenze
di analoghe dimensioni. L’accordo con Logica ha fornito a Etnoteam le referenze e la
competenza necessaria”.
immateriali; nel primo caso possono trarre benefici partecipando allo sviluppo di iniziative sulle infrastrutture di rete,
terrestri e wireless; per quanto concerne gli asset immateriali
(clientela, reputazione, sistemi di esazione) possono sviluppare l’offerta di servizi diversificati, uno dei quali è quello
delle tlc “commodities”. Con le liberalizzazioni le Municipalizzate
diventeranno infatti molto più aziende di marketing che puri
gestori di servizi pubblici”.
Per il futuro Massimo Biondi prevede una naturale anche se
modesta riduzione degli attori in gioco nel mondo delle tlc.
“Spariranno molti nuovi operatori il cui modello di business
era basato solo sull’ipotesi di beneficiare della liberalizzazione
e che non hanno portato nulla di nuovo. Sostiene Biondi. Per
contro si svilupperanno molti nuovi ruoli nella catena del
valore e con essi molti operatori specializzati. Nel mondo
delle Municipalizzate ci sarà senz’altro una fase di consolidamento. Gli analisti prevedono anche una riduzione dei fatturati
di gas e di elettricità a vantaggio dei grandi operatori. Ciò sarà
compensato, credo, dall’offerta di servizi completamente nuovi
legati, come dicevo, alla valorizzazione e agli asset immateriali e
non al monopolio nella distribuzione”.
febbraio 2002
B
TWO.NET CONNETTE LA CITTA’ PENSANDO A CHI CI VIVE.
2Net Spa è un’azienda dedicata a realizzare le reti e le infrastrutture che permettono l’erogazione di servizi a banda larga.
Finanziata dal fondo Kiwi II e dalla finanziaria Neweb, collabora con le aziende locali – pubbliche e private – per alleanze di progetto
e operative.
2Net spa – Via Turati, 9 – 20121 Milano
Tel: 026249471 – fax 0262494701 – e-Mail: [email protected] – www.two-net.com
we make business straight.forward
COLT Telecom S.p.A.
Viale Jenner, 56 20159 Milano Tel: 02/30333.1 Fax: 02/30333.700 Numero Verde: 800-909319 [email protected] www.colt-telecom.it
COLT, leader europeo nei servizi di telecomunicazione e Internet a banda larga per aziende, gestisce una rete europea in fibra ottica di 20.000
chilometri che collega 32 grandi città cablate, fra le quali Milano, Roma e Torino. In Europa, COLT ha 18 Internet Solution Centre, tre di questi in
Italia a Milano, Roma e Torino. Attraverso la rete in fibra ottica, ADSL e SHDSL, COLT offre una vasta gamma di servizi integrati di telecomunicazione
e Internet per le aziende: trasmissione dati e video, telefonia e accesso web.
Servizi Dati
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Circuiti cittadini, nazionali e internazionali, da 64 kbps fino a 2.5 Gigabit/s
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Interconnessione “native LAN” a banda larghissima, fino a 1 Gigabit/s
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Reti private virtuali
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Trasporto nazionale ed internazionale di segnali video a banda larga
Servizi Internet
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Accesso a larga banda illimitata, 24 ore su 24, always on
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Hosting su piattaforme Unix, NT e Windows 2000 con connettività dedicata
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Housing con rack o aree dedicati
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Servizi a valore aggiunto: gestione mail, soluzioni di sicurezza, back up, storage e monitoraggio, streaming
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Consulenza e progettazione
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Assistenza 24 ore su 24
Gli Internet Solution Centre di COLT, offrono ad aziende e Internet Service Provider le più evolute soluzioni di hosting e housing per l’e-business
e servizi di accesso a Internet, utilizzando la rete IP in fibra ottica di COLT, con collegamento diretto ai principali peering point europei e di New
York. COLT è il partner ideale per l’e-business: 6.000 server disponibili per l’Italia negli Internet Solution Centre di Milano, Torino e Roma.
Servizi Voce
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Connessione diretta e portabilità del numero
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Accesso con preselezione del codice
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Portale vocale con informazioni su 500 milioni di abbonati in Italia e nel mondo
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Numeri verdi e ad addebito ripartito
Servizi ‘ultimo miglio’
COLT offre Accelerator, un pacchetto integrato che potenzia di 30 volte la tradizionale linea telefonica: fino a 2 Mbit/s per accedere rapidamente
ad Internet, parlare, inviare e ricevere dati e fax. L’offerta comprende: accesso a banda larga sempre disponibile e senza limiti di navigazione,
router in comodato d’uso installato e gestito da COLT, dominio, caselle e-mail personalizzate, web mail, indirizzi IP statici, spazio web per la
creazione di siti, servizi voce con connessione diretta, portabilità del numero, numeri verdi e ad addebito ripartito.
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Italtel S.p.A.
via A. di Tocqueville, 13 - 20154 Milano (MI)
Tel. +39/02/43.88.37.71 Fax +39/02/43.88.54.35
[email protected] www.italtel.com
Da ottant’anni il marchio Italtel è sinonimo di telecomunicazioni, in un’ottica d’innovazione continua. Oggi il suo core business si
focalizza nella progettazione, sviluppo e attivazione di reti integrate multiservizio (voce/dati/video) di nuova generazione e nell’offerta di servizi di supporto al business di rete. Con un valore aggiunto: la capacità di ‘system integration’ che garantisce agli
operatori di tlc (del fisso e del mobile) e agli ISP infrastrutture affidabili, aperte al networking e flessibili nell’evoluzione tecnologica.
Nel corso degli ultimi dieci anni Italtel ha mediamente investito in Development & Innovation’ il 13% del proprio fatturato.
Partnership e assetto azionario
Realtà ampiamente consolidata, la partnership tecnologica e commerciale con Cisco Systems consente a Italtel di offrire al
mercato “Global Network Solutions”: un catalogo che comprende prodotti, servizi, soluzioni turn-key, engineering e network consulting
services per le reti voce/dati. Quest’anno, Italtel è stata premiata da Cisco come partner dell’anno per l’area Emea.
Dal dicembre 2000, Clayton, Dubilier & Rice, società di private equity americana
, è l’azionista di maggioranza di Italtel. Le altre quote appartengono a Telecom Italia, uno dei principali operatori di tlc al mondo e
a Cisco Systems, il leader mondiale nel settore del networking per Internet. Del gruppo di investitori finanziari fanno parte anche
altri due fondi statunitensi, Advent International e Brera Capital.
Sedi, risorse umane, mercati
Mentre la direzione generale e le sedi di rappresentanza sono rispettivamente localizzate a Milano e Roma, Castelletto di Settimo
Milanese, Carini, non distante da Palermo, e Santa Maria Capua Vetere (Caserta) costituiscono il cuore della ricerca Italtel.
Complessivamente, l’azienda occupa oggi circa 3600 addetti, il 47% per cento dei quali - oltre 1600 persone - impiegato proprio
nell’area ‘dei settori di punta dell’ICT: reti a banda larga, integrazione voce/dati e sistemi evoluti di network management. Italtel ha
una forte presenza anche all’estero: oltre all’Italia, i mercati di riferimento annoverano la Spagna e l’America Latina, rappresentata
in particolare da Argentina, Brasile, Cile e Colombia. In Europa, Italtel punta a conquistare quote di mercato anche in Gran
Bretagna, Germania e Francia, dove l’azienda ha attivato nuove sedi operative.
TeleAp
Via Patroclo, 21 – 20151 Milano
tel. 02-409551 fax 02-40955853 [email protected] www.teleap.it
TeleAp partecipa all’IDC - CRM Conference
TeleAp parteciperà alla terza edizione della CRM Conference organizzata da IDC Italia a Milano nei giorni 19 e 20 febbraio in questa
sede saranno illustrate le enormi potenzialità di un approccio CRM, forniti gli strumenti di analisi necessari a guidare le scelte in azienda
e identificati i parametri di valutazione dell’offerta delle principali società di servizi, di consulenza e di implementazione di soluzioni CRM.
In particolare, il 20 febbraio, nella sessione Application Integration: l’integrazione del CRM con le altre soluzioni “Business Critical
“, in programma dalle 9.00 alle 13.40, TeleAp terrà un intervento sul tema “ERM: coinvolgere per innovare”. L’attività di TeleAp
è da sempre focalizzata sulle metodologie e le realizzazioni che abilitano le aziende a convergere su strategie Customercentriche. L’introduzione in azienda del CRM comporta la revisione della definizione degli obiettivi e dei processi interni, interventi
ad alto impatto innovativo e fortemente contrassegnati dal cambiamento.
L’ Employee Relationship Management , supporta dal punto di vista metodologico e tecnologico l’introduzione di questo cambiamento in
azienda.
Nell’ambito della sessione parallela Business Integration: l’integrazione dei CRM con i processi di business dell’azienda, Marco
Iacomussi, IT Manager per lo sviluppo dei Sistemi di Business di Telecom Italia Mobile, esporrà l’esperienza CRM congiunta di
TIM e TeleAp nella realizzazione dei servizi di Customer Care dedicati ai clienti Business e Consumer . L’intervento ha
l’obiettivo di illustrare lo stato dell’arte dei progetti CRM e le implementazioni pianificate così come la metodologia seguita e il
modello eBusiness di Siebel scelto. Saranno inoltre analizzati i fattori di successo che hanno portato a positivi risultati, anche
grazie alla collaborazione efficace con TeleAp, sia in fase di definizione sia di realizzazione del progetto.
TeleAp, costituita da Olivetti nel 1995, opera come system integrator con un’offerta completa di consulenza e soluzioni CRM ed Enterprise
Interaction Management. TeleAp si qualifica come un partner di riferimento per la creazione e lo sviluppo di strategie di relazione con i propri
clienti, ottimizzando il contatto non solo attraverso i mezzi tradizionali, come telefono, fax, e-mail, sms, ma anche impiegando quelli più innovativi
dell’area Internet, esempio chat VoIP, Wap, in tutti i settori: dal Customer Service al Marketing, dalle vendite al Web/ Phone Banking e così via. TeleAp
ha di fatto realizzato i più complessi progetti di Contact Center multimediali in Italia per dimensione, importanza e per strategicità del business.
Nortel Networks S.p.A.
via Montefeltro 6 - 20156 Milano (MI)
Nortel Networks lancia due prodotti innovativi che riducono i costi operativi e velocizzano la profittabilità dei nuovi servizi:
OPTera Metro 1200 Ethernet Services Module (ESM), una nuova classe di dispositivi di punta per Optical Ethernet, è stato
specificamente ideato per consentire ai service provider di offrire servizi Ethernet in modo rapido e facile a diversi tipi di
aziende, garantendo al contempo un’ottima qualità QoS (Quality of Service) globale. OPTera Metro 1200 ESM, disponibile
nel mese di marzo 2002, si propone di velocizzare fino a 10 volte la fornitura di servizi rispetto al passato e di ridurre i
requisiti tecnici grazie alla minor complessità.
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OPTera Metro 8000 Services Switch funge da punto di ingresso nelle reti metropolitane di base dei service provider. OPTera
Metro 8000, disponibile nel secondo trimestre del 2002, presenta un software innovativo basato sugli standard MPLS Layer
2 che include tutti i vantaggi inerenti a MPLS. Consentirà anche ai carrier di adattare efficacemente le reti Ethernet metropolitane alle esigenze di decine di migliaia di clienti aziendali per città.
Come differenziatore chiave per la soluzione Optical Ethernet, Nortel Networks ha ottimizzato OPTera Metro 3500 Multiservice
Platform, un dispositivo SONET di nuova generazione, che consente ai service provider di offrire servizi omogenei e completi per
reti metropolitane diverse ma pienamente interoperabili, come Ethernet su Resilient Packet Ring (RPR), su DWDM e su fibra.
Inoltre, Nortel Networks ha aumentato di 12 volte la scalabilità delle soluzioni Ethernet su RPR.
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Tecnologie Sistemi e soluzioni per garantire la sicurezza nel trasferimento dei dati - IIR Italy
Speaker: Rod Jones, Senior Manager Security Solutions - Nortel Networks
Milano, StarHotel Ritz, 27/28 Febbario
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Local Telcos 2002 - Busacca & Associati
Speaker: Andrea Gombac, Senior Manager Business Development - Nortel Networks
Milano, Hotel Excelsior Gallia, 19 Marzo
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Broadband: le tecnologie abilitanti la banda larga - IIR Italy
Speaker: Andrea Gombac, Senior Manager Business Development - Nortel Networks
Milano, StarHotel Ritz 10/11 Aprile
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IP VPN - IIR Italy
Speaker: Rod Jones, Senior Manager Security Solutions - Nortel Networks
Milano, StarHotel Ritz 28/29 maggio
Per informazioni:[email protected]
REITEK S.p.A.
Viale Monza, 265 – 20126 Milano
Tel: +39 02 27070.111
Fax: +39 02 27070.930
Web: www.reitek.com
Mail: [email protected]
Reitek, nel settore delle telecomunicazioni dal 1990, progetta e realizza sistemi multimediali di Computer Telephony. Nel 1992
entra a far parte del Gruppo Engineering, una delle realtà più significative in Italia nel settore della consulenza ITC e System
Integration con un fatturato di circa € 250 milioni ed oltre 2.500 addetti.
Una approfondita esperienza nel settore e consistenti investimenti hanno permesso alla società di realizzare ContaCT Highway,
prodotto di grande successo sul mercato nazionale e internazionale, tra system integrator ed end user.
L’integrazione di tecnologie avanzate con il patrimonio informatico preesistente, nonché l’attenzione rivolta alle esigenze strategiche, organizzative ed economiche delle aziende sono i fattori chiave del successo di ContaCT Highway.
ContaCT Highway è il Contact server “all in one” con architettura distribuita che conta centinaia di installazioni presso piccole,
medie e grandi aziende nazionali. E’ utilizzabile come Contact Center Multimediale per gestire tutti i tipi di contatto (telefonici,
Voice su IP, Internet, fax, chat, co-browsing e altro ancora) in applicazioni inbound e outbound. ContaCT Highway viene inoltre
impiegato come sistema di risposta interattiva per lo sviluppo di Voice Portal e, grazie all’architettura distribuita, per la realizzazione di ASP Contact Center.
Reitek :Tecnologie per la comunicazione multimediale