I fumetti di Feiffer salgono in palcoscenico.

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I fumetti di Feiffer salgono in palcoscenico.
EPOCA. N. 890. 15 OTTOBRE 1967.
I fumetti di Feiffer salgono in palcoscenico.
di Roberto De Monticelli.
Ed eccoci al teatro derivato dai fumetti. Ci si doveva arrivare, ci sono già
arrivati il cinema e la televisione. D’altronde, non è questa una constatazione
amara. E perché mai dovrebbe esserlo? Il fumetto è importante, come
affermano i sociologi, il fumetto è ormai entrato stabilmente a far parte della
nostra vita, dell’universo di immagini che ci circonda. L’occasione, poi, di
questo ingresso del fumetto nel teatro è positiva. Due giovani attori, Cristiano
Censi e Isabella Del Bianco, si sono provati a portare sulla scena le strisce
coniugali e paraconiugali di Feiffer. In realtà, come scrive in una
presentazione sul programma Oreste Del Buono, che di fumetti è un
intenditore, «Feiffer non è neppure un autore di fumetti, è un polemista che
usa tutti i mezzi a sua disposizione». Uno di questi mezzi, il più immediato e
vistoso, è appunto il fumetto: il fumetto intelligente, critico, ironico, un fumetto,
in fondo, per minoranze (le relative minoranze di oggi, composte di larghi
strati; che poi tali minoranze siano spesso vicine al conformismo del non
conformismo, questo è un altro discorso che non riguarda i fumetti di Feiffer).
Ora, debbo rivelare una mia grave lacuna. Conosco poco i fumetti in
questione. Ne ho visti e gustati in modo deplorevolmente saltuario. Lettore
tradizionale ho ancora qualche nostalgia per la pagina scritta, meglio se
densa, con pochi “a capo” e niente illustrazioni. So però che Feiffer sa anche
coraggiosamente politicizzare la sua produzione. E so anche che Bernard, il
suo personaggio più popolare, «il complesso, tormentato, incoerente
Bernard», come lo definisce, sempre nella citata presentazione, Oreste del
Buono, è un’immagine critica dell’individuo immerso nella civiltà di massa: lui
e le sue compagne, che poi diventano, come in questo spettacolo, la Compagna, la Donna, la Moglie. Ma la scarsa conoscenza - mia e anche di altri
spettatori, probabilmente - del mondo di Feiffer non pregiudica per nulla la
comprensione e la valutazione di questo trasferimento sulla scena. Anzi. Ciò
torna evidentemente a lode di Cristiano Censi, che è anche l’autore del
copione. Partito dalle situazioni e dalle immagini di Feiffer, ricalcando
fedelmente gli atteggiamenti mimici dei due personaggi, a poco a poco, dal
cabaret alla ribalta regolare (lo spettacolo, nato appunto in un cabaret
romano, si dà ora al milanese teatro di Palazzo Durini), egli ha arricchito il
dialogo, nutrendolo anche di pimenti italiani e dando alla successione
dei vari frammenti una coerenza, si che ne venisse fuori come l’arco di
una parabola: e, insomma, una storia vera e propria.
Così, anche chi come noi non ha molta dimestichezza col mondo di Feiffer,
si trova davanti a una piccola commedia in due tempi, abbastanza autonoma.
Il primo tempo potrebbe anche intitolarsi Storia di un Fidanzamento; il secon-
do, Storia di un Matrimonio. E nel primo tempo le immagini femminili, pur
interpretate dalla stessa attrice, sembrano molteplici, mentre resta evidentemente fisso il personaggio di Bernard. È tutta una gustosa, amara, ironica
aneddotica dell’Approccio. E sia nel primo che nel secondo tempo, col suo
ammiccamento inconfondibile e il suo passo felpato che si sovrappone allo
scalpiccìo dei nostri pensieri più pigri, il Luogo Comune percorre in lungo e in
largo la scena, investito dai corrosivi fasci di luce della satira. L’insensatezza
e la routine, il girare in folle, il bla-bla del dialogo quotidiano fra uomo e donna
danno a questa piccola pièce un’aria e un ritmo alla lonesco. Una divertente e
divertita amarezza ritaglia con forbici piuttosto crudeli il contorno dei pensieri
femminili e li ammucchia uno sull’altro come figurine grottesche. Vela lo
spettacolo una misoginia leggera, simile a una piccola nebbia sparsa qua e là
di granelli irritati. In questo lungo delirio a due (è il titolo di un atto unico
di lonesco, e qui ci sta benissimo), in questo battibecco fitto e senza soste i due giovani attori si ritrovano benissimo; fra l’altro sono anche nella
vita marito e moglie e ciò rende più simpaticamente pepata, agli occhi dello
spettatore, la loro interpretazione.
Ricordavo Isabella Del Bianco nella prima Compagnia dci Quattro, in
certe figurazioni comiche e caricaturali, in piccole parti, di natura magari quasi
soprattutto mimica, ma nelle quali riusciva quasi sempre a distinguersi. Qui la
ritrovo trasformata, a schizzare, una dopo l’altra, le immagini della
mediocrità e del velleitarismo femminili, con una mimesi precisa,
espressa da una recitazione sopra le righe, dalla deliberata astrazione
del falsetto, tutti modi assai difficili se non si ha controllo di sé e
mestiere: doti di cui l’attrice è ampiamente fornita. Così a Cristiano
Censi, oltre ai complimenti per l’ idea che ha avuta e per come l’ha
realizzata, bisogna fare un pari elogio per la sua recitazione,
accortamente modulata tra una certa stupefatta paura e una sicumera
altrettanto assurda. In fondo, siamo sinceri, non è che questi due
giovani attori abbiano la presunzione – Feiffer o no – di dirci cose
assolutamente nuove. Ma hanno l’abilità di farcele sembrare nuove: che
è davvero il risultato migliore cui potevano aspirare.
Roberto De Monticelli