OS_Rivista_Marzo_06 - Obiettivo Sicurezza

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OS_Rivista_Marzo_06 - Obiettivo Sicurezza
LA SALUTE
a cura di Pompeo Pindozzi
La prevenzione
possibile
Seno: i progressi
scientifici non bastano
senza una cultura
della prevenzione
La considerazione più confortante riguardo al tumore della mammella
è che oggi 8 donne su 10 guariscono. Anzi, integrando prevenzione,
nuove tecniche chirurgiche, radioterapia e farmaci “intelligenti” almeno per le lesioni più piccole di un centimetro - una paziente
può risolvere definitivamente il suo problema e con non più di 2 giorni
di ricovero. Dati questi impensabili solamente 20 anni fa, quando le
guarigioni non superavano il 40% e anche la vittoria sulla malattia
lasciava comunque segni indelebili nel corpo delle donne. Oggi il
90% conser va il seno e grazie alla tecnica del “linfonodo sentinella”,
il 70% mantiene intatta anche l’ascella.
La donna operata ha cioè una qualità della vita del tutto paragonabile
ad una sana, nè va incontro a discriminazioni sotto il profilo estetico.
Cer to tutto questo non basta. In base ai dati dei registri tumori, nel
nostro Paese ogni anno il carcinoma della mammella colpisce ancora
oltre 32.000 donne e causa quasi 12.000 decessi. Rimane la prima
causa di mor te nella fascia d’età tra i 35 e i 44 anni e in molte zone
rappresenta un quar to circa di tutti i tumori di cui soffrono le
donne. I progressi scientifici sono fondamentali ma non sono sufficienti:
devono essere percepiti e conosciuti dalle dirette interessate, così
come deve essere continuamente sostenuta la cultura della prevenzione,
in modo da anticipare il più possibile la scoper ta di un’eventuale
neoplasia.
Lo screening
Lo screening è un programma di esami medici eseguiti in assenza di
sintomi che ha l’obiettivo di individuare la presenza di un eventuale
tumore in fase iniziale e poter iniziare immediatamente la cura.
Programma di screening per il tumore al seno, esami da effettuare:
Dopo i 25 anni
Visita clinica annuale
Tra i 25 e i 40 anni
Ecografia: viene eseguita, a giudizio del medico, soprattutto al di sotto dei
40 anni, quando il seno è più giovane, più denso e quindi più difficilmente
individuabile dai raggi. Viene effettuata anche oltre i 40 anni, in genere
associato alla mammografia.
Verso i 40 anni
Mammografia: questo esame radiologico può individuare precocemente il cancro, quando cioè il tumore è troppo piccolo per essere
identificato con l’autopalpazione.
Eventualmente può essere associata a un’ecografia.
Dopo i 40 anni
Mammografia: a cadenza annuale.
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obiettivo sicurezza
SALUTE
La prevenzione
possiblile
Le buone abitudini...
Oltre al programma di screening, alla donna è consigliato attenersi
ad una serie di indicazioni sullo stile di vita che svolgono un’azione
preventiva nei confronti della malattia.Tra le altre, le più importanti sono:
un’alimentazione ricca di frutta e verdura
praticare regolarmente adeguata attività fisica
eseguire esami periodici di controllo.
Una malattia
non contagiosa
Potenziali benefici
e fattori di rischio
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obiettivo sicurezza
CAUSE E FATTORI DI RISCHIO
I medici sono raramente in grado di spiegare perché una persona si
ammala di cancro e un’altra ne viene risparmiata. E’ tuttavia chiaro
che il tumore della mammella non colpisce chi ha subito traumi o
contusioni al seno e che si tratta di una malattia non contagiosa: nessuno
può prendere il cancro da un’altra persona.
I ricercatori stanno tentando di approfondire le conoscenze sui fattori
che incrementano il rischio di sviluppare la malattia. Sono in corso
studi per determinare se l’insorgenza del cancro è influenzata da
fattori ambientali. Pesticidi, campi magnetici, gas di scarico ed
agenti inquinanti contenuti nell’acqua e nel cibo sono alcuni dei
fattori ambientali in esame. Si sta inoltre cercando di scoprire se
un abor to aumenta il rischio di tumore mammario: sinora i risultati
sono contrastanti e il dubbio permane.
E’ stato invece documentato che alcune abitudini di vita possono
influire sulla possibilità di ammalarsi di cancro alla mammella: secondo
alcuni studi il rischio è leggermente più elevato per le donne che
fanno uso di alcolici. Per quanto riguarda la dieta, diverse ricerche
hanno rivelato che questo tipo di neoplasia è maggiormente diffusa
presso le popolazioni che seguono una dieta ricca di grassi. Tuttavia,
non si è ancora accer tato se una dieta povera di calorie aiuti a
prevenire la malattia. Studi recenti hanno inoltre dimostrato che
nelle donne in giovane età la pratica regolare di attività fisica riduce
il rischio di sviluppare un tumore.
La ricerca ha identificato alcune modificazioni genetiche che espongono
le donne a un elevato rischio di sviluppare nel corso della vita un
tumore alla mammella. Si consiglia per tanto alle donne con storia
familiare di carcinoma mammario di sottoporsi a specifici esami del
sangue per verificare se abbiano o meno ereditato una modificazione
dei geni BRCA1 o BRCA2, potenzialmente pericolosi.
Prima e dopo gli esami sarebbe oppor tuno parlare con una persona
esper ta che possa aiutare a comprendere i potenziali benefici e rischi
dei risultati di un test genetico. Un potenziale beneficio derivante dal
test consiste nell’oppor tunità di prendere decisioni consapevoli sul
proprio comportamento, sia dal punto di vista medico che personale.
Conoscere l’esistenza di modificazioni nei propri geni potrebbe
però influenzare anche la vita lavorativa di una donna. Sintetizzando,
sono considerati fattori di rischio tutti quelli elencati di seguito.
L’età
Prima dei 30 anni: è una malattia rara
Tra i 30 e i 40: la probabilità di ammalarsi è del 4-5
Dopo i 40 e negli anni immediatamente successivi: la probabilità sale al 25.
La predisposizione familiare
Si stima che solo il 6-8 di tutti i tumori della mammella sia dovuto
alla predisposizione familiare. Il rischio cresce e può essere più di
tre volte superiore alla norma se una donna ha:
SALUTE
La prevenzione
possiblile
Un fattore di rischio
il non avere figli
Effetti protettivi:
gravidanze multiple
e allattamento
al seno
una parente di primo grado* con cancro al seno bilaterale o un
cancro al seno e all’ovaio
una parente di primo grado con tumore al seno diagnosticato
prima dei 40 anni o un parente maschio di primo, grado a cui è stato
diagnosticato un cancro alla mammella (a qualsiasi età)
due parenti di primo o secondo grado a cui è stato diagnosticato
un tumore al seno prima dei 60 anni, oppure un tumore ovarico a
qualsiasi età ma dallo stesso ramo familiare
tre parenti di primo o secondo grado dallo stesso ramo familiare
a cui è stato diagnosticato cancro al seno o ovarico
II rischio è molto elevato, tale da rendere appropriato il test genetico,
per le donne con quattro o più parenti colpiti da tumore al seno o tumore
ovarico nell’arco di tre generazioni di cui un parente è ancora in vita.
* I parenti di primo grado sono: madre, sorella o figlia; di secondo grado
femminile sono: nonna, nipote, zia.
La storia riproduttiva
II non avere figli viene considerato un fattore di rischio. Per le mamme
inoltre sembra anche incidere il numero di figli e l’età in cui hanno
par torito: il cancro al seno è meno frequente nelle donne che hanno
avuto il primo bambino prima dei 21 anni, mentre si considera fattore
di rischio par torire per la prima volta dopo i 30.
Sembra inoltre essere un rappor to inverso tra numero di figli,
incidenza e precocità del tumore. Anche la data della prima
mestruazione e dell’inizio della menopausa possono diventare
significative: un menarca precoce e una menopausa tardiva sembrano
predisporre la donna alla malattia.
La gravidanza
Gli studi epidemiologici hanno da tempo indicato che la gravidanza
è un impor tante fattore protettivo. Recentemente i risultati di una
grande metanalisi pubblicata su Lancet - 47 studi epidemiologici
condotti in 30 Paesi, oltre 147 mila pazienti coinvolte, 50 mila delle
quali avevano avuto un tumore al seno - hanno indicato una correlazione diretta e lineare tra numero di mesi di allattamento al
seno e rischio relativo di neoplasia. Rispetto alle donne che non
avevano mai allattato al seno, il cui rischio è stato considerato
uguale a 1, il rischio scendeva a 0,98 per un periodo di allattamento inferiore a 6 mesi, a 0,94 per la fascia 7-18 mesi, a 0,89
per la fascia 19-30 mesi, a 0,88 per quella 31-54 mesi, e infine a
0,73 per quelle che avevano allattato per oltre 55 mesi.
Dalle cifre emerge con evidenza l’effetto protettivo combinato
delle gravidanze multiple e dell’allattamento al seno. L’entità della
diminuzione del rischio non varia tra i paesi sviluppati e quelli del
terzo mondo e non è influenzata da fattori quali l’età, la condizione
menopausale, il numero di figli e l’età al momento del primo par to.
E’ stato significativamente calcolato che nei Paesi sviluppati l’incidenza
complessiva di cancro della mammella si ridurrebbe di oltre la metà
(da 6,3 a 2,7 per ogni 100 donne all’età di 70 anni) se le donne di
questi Paesi avessero lo stesso numero medio di figli e gli stessi
periodi di allattamento comuni fino a pochi anni fa nelle nazioni
del terzo mondo.
Un allattamento al seno va perseguito dunque come obiettivo non
solo per la salute futura del bambino, ma anche come strumento
preventivo contro il rischio di cancro della mammella.
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obiettivo sicurezza
SALUTE
La prevenzione
possiblile
Strumenti preventivi
contro
il rischio di cancro
Il rischio aumenta ...
II rischio diminuisce ...
se non si hanno figli
(condizione detta di ‘nulliparità’)
in modo inversamente
proporzionale al numero
di figli che si hanno
per le donne che hanno avuto
il primo figlio dopo i 30 anni
per le donne che hanno avuto
il primo figlio prima dei 21 anni
per le donne che hanno avuto
la prima mestruazione precoce
e la menopausa tardiva
Il ruolo dell’alimentazione e dell’obesità
II collegamento tra abitudini alimentari e incidenza della malattia
non sembra essere così stretto come invece accade per altre forme
tumorali. Tuttavia si è notato che un’alimentazione basata su farine
eccessivamente raffinate e su alimenti di origine animale, come quella
prevalente nei Paesi industrializzati, favorisce il cancro al seno.
Indipendentemente da come si mangia inoltre, anche l’obesità, soprattutto
dopo la menopausa, costituisce un fattore di rischio.
Una pratica
meno diffusa
di quanto dovrebbe
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obiettivo sicurezza
COSA C’E’ DA SAPERE,
CONSIGLI UTILI PER LE PAZIENTI
L’autopalpazione
Più del 90% dei tumori della mammella vengono scoper ti dalle
donne attraverso l’autoesame del seno, una pratica pur troppo
molto meno diffusa di quanto dovrebbe. La prima cosa da fare è
acquisire familiarità con le proprie mammelle e riconoscere i
cambiamenti nelle diverse fasi del ciclo mestruale, in modo da cogliere
facilmente eventuali variazioni. Il medico di famiglia oppure un
consultorio, sono sicuramente in grado di istruire ogni donna su come
dovrebbe essere alla vista e alla palpazione.
Come si esegue: per eseguire l’autopalpazione correttamente è
necessario controllare il seno in questo modo: davanti allo specchio
esaminare le mammelle prima con le braccia sopra la testa, poi spingendo
le mani sui fianchi, inclinate in avanti. Controllare se ci sono cambiamenti
di forma o di grandezza del seno; lievi depressioni o retrazioni della
pelle o dei capezzoli, rossore, dolore localizzato e secrezioni mai
notate prima. Distese, con i polpastrelli delle tre dita centrali di una
mano esaminare la mammella sul lato opposto con piccoli movimenti
ciliari in su e in giù; esercitare progressivamente una pressione lieve
moderata e profonda su ciascuna area del seno senza sollevare le
dita della pelle. Cambiando mano ripetere queste operazioni sull’altra
mammella. E’ possibile eseguire lo stesso procedimento mentre
fai il bagno o la doccia con le mani insaponate.
Mammografia, un esame che può salvare la vita. La mammografia è un
esame radiologico della mammella ed è il più efficace per diagnosticare
precocemente i tumori al seno.
Perché è importante sottoporsi a questo esame? Perché permette
di individuare eventuali lesioni di piccole dimensioni, ancora prima
che le si possa sentire al tatto.
A che età e con quale frequenta si fa lo screening mammografie?
Le donne dai 50 ai 69 anni vengono chiamate dalla propria USL ad
SALUTE
La prevenzione
possiblile
Le domande
più diffuse
da dover chiedere
Un trattamento
precoce aumenta
le probabilità
di guarigione
eseguire una mammografia ogni due anni. Per le donne che hanno
tra i 40 e i 50 anni è consigliabile un esame annuale.
Quanto costa? E’ un esame gratuito, così come gli eventuali accertamenti
diagnostici successivi.
La mammografia è dolorosa o pericolosa? Poiché per eseguire bene
l’esame bisogna comprimere la mammella, alcune donne provano un
cer to fastidio, che però dura solo pochi attimi. La quantità di raggi
X utilizzati nella mammografia è molto bassa, quindi i rischi ipotetici
sono trascurabili e, in ogni caso di gran lunga inferiori ai vantaggi
della prevenzione.
Dopo quanto tempo viene comunicato l’esito? La mammografia viene
valutata separatamente da due medici radiologi per garantire una
maggior accuratezza diagnostica. La risposta deve comunque essere
comunicata per lettera entro un mese, se l’esito è negativo. In caso
di esame dubbio, la donna viene richiamata telefonicamente per eseguire
gli ulteriori accertamenti diagnostici necessari a chiarirne il significato.
Quali sono i limiti della mammografia? In pochi casi, per difficoltà di
interpretazione dovute alle caratteristiche del tessuto della mammella
o perché la lesione e talmente piccola da non essere riconoscibile,
la mammografia non è in grado di evidenziare il tumore anche se
presente. Tra un esame mammografico e l’altro si possono sviluppare
tumori (i cosiddetti “tumori di merva”). E’ dunque molto importante
prestare attenzione ad eventuali cambiamenti del seno nell intervallo
di tempo tra due controlli mammografici e riferirli immediatamente
al proprio medico di fiducia.
I NODULI NON SONO TUTTI MALIGNI
Sette noduli mammari su otto sono tumori benigni e non carcinomi.
In genere si tratta di cisti, vale a dire sacche di liquido che si formano
nel tessuto mammario. Un altro nodulo mammario benigno è il
fibroadenoma, una formazione di tessuto ghiandolare fibroso.
I noduli mammari benigni richiedono semplici trattamenti medici o
chirurgici. In ogni caso, qualsiasi modificazione della mammella è
meglio farla esaminare dal ginecologo o dal senologo, sia per escludere
l’eventualità di forme precancerose, sia per intervenire precocemente.
Più precoce è il trattamento, maggiori sono le probabilità di guarigione.
LE CURE DOPO LA CHIRURGIA
Negli stadi iniziali della malattia, la chirurgia costituisce il trattamento
risolutivo, anche se spesso è seguita dall’irradiazione del tessuto
mammario residuo allo scopo di distruggere eventuali cellule
neoplastiche non visibili all’atto chirurgico, soprattutto nel caso in
cui la resezione sia stata solo parziale. L’oncologo consiglia di solito
un trattamento medico che si definisce terapia adiuvante. La scelta
è rappresentata da una terapia ormonale o da una chemioterapia,
da sole o in combinazione. Se si viene a sapere che altre pazienti
ricoverate nello stesso ospedale ricevono un trattamento diverso
non bisogna preoccuparsi: la malattia non è uguale per tutte e, di
conseguenza, anche le terapie.
LA CHEMIOTERAPIA NON E’ SEMPRE NECESSARIA
Non sempre. Nella maggior parte dei casi però è utile un trattamento
adiuvante post operatorio sistemico (ormonoterapia, chemioterapia
o entrambe). Per valutare l’utilità di questi trattamenti si prendono
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SALUTE
La prevenzione
possiblile
in considerazione diversi fattori prognostici che si ricavano dal
tumore e dalla paziente. Il trattamento viene quindi modulato a
seconda dell’età della paziente, delle sue condizioni generali di salute,
della situazione linfonodale. Si considera anche l’espressione dei
recettori ormonali: se risultano negativi suggeriscono il ricorso a una
chemioterapia, se positivi una ormonoterapia a cui aggiungere in
taluni casi un trattamento chemioterapico. Un ciclo di chemioterapia
dura di solito diversi giorni; segue, quindi, un periodo di riposo di
qualche settimana per consentire all’organismo di smaltire gli eventuali
effetti collaterali. Il numero di cicli di trattamento dipende dal tipo
di tumore e dal modo in cui questo risponde ai farmaci.
Un identikit
della donna
Ormonoterapia:
un trattamento
per le pazienti
più anziane
PER OGNUNA LA TERAPIA MIGLIORE
Prima di decidere che approccio terapeutico adottare è necessario
che il medico tracci un identikit della donna. Non solo il tipo di neoplasia,
ma anche la storia della paziente ed eventuali caratteristiche genetiche
che predispongono allo sviluppo di nuovi tumori. La terapia con
tamoxifene, per esempio, si è rivelata utile solo per le donne affette
da neoplasia “ormonosensibile”.
I due terzi delle pazienti colpite da cancro del seno ha questo tipo
di tumore e il trattamento con questa molecola per cinque anni è
quindi molto utilizzato. Vari studi condotti per valutare gli effetti di
trattamenti con tamoxifene per 5 e 10 anni hanno dimostrato come
la molecola svolga un’azione protettiva solo nei primi cinque anni
dopo l’inter vento. Se assunto per più tempo, tamoxifene non solo
non appor ta alcun beneficio aggiuntivo ma contribuisce ad aumentare
il rischio di essere colpite da un nuovo tumore.
Sulla base di questi dati, oggi, il trattamento con tamoxifene viene
proseguito per cinque anni e poi interrotto.Tuttavia, anche dopo cinque
anni la donna corre ancora il rischio di ammalarsi. Se è vero infatti
che il massimo rischio di ricaduta viene registrato nei primi due anni
per poi decadere progressivamente fino ai cinque, va tenuto presente
che, passato quel periodo, la donna non è protetta contro eventuali
ricadute. Neanche dopo venti anni. Cosa si può fare? Dopo i primi
cinque anni di trattamento con il tamoxifene è possibile continuare
la terapia ormonale assumendo un altro tipo di agente ormonale, un
inibitore dell’aromatasi di terza generazione, il letrozolo. Questa
molecola non solo protegge la donna dallo sviluppo di recidive ma
migliora anche la sopravvivenza.
Un ulteriore dato confor tante: il letrozolo proteggerebbe contro un
altro rischio, quello che la paziente sviluppi un nuovo tumore nell’altro
seno.
IL TRATTAMENTO IN PRE O POST MENOPAUSA
Esiste differenza di trattamento tra le donne in pre e post menopausa.
A par te il tamoxifene, utilizzato indifferentemente, nel primo caso si
è visto che la maggiore efficacia si ottiene con la chemioterapia, in
associazione con farmaci denominati LHRH analoghi che bloccano le
mestruazioni. Per le pazienti più anziane è indicata l’ormonoterapia.
In par ticolare gli inibitori dell’aromatasi, che riducono i livelli di
estrogeni circolanti.
I RISCHI DELLA TOS
Negli ultimi anni si è visto che le associazioni extraprogestiniche
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La prevenzione
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I diversi tipi
di terapie
da valutare
facevano registrare un aumento dell’incidenza delle neoplasie della
mammella, soprattutto quando la terapia durava cinque o più anni.
Uno studio recente ha indicato che utilizzando i progestinici naturali
in sostituzione di quelli di sintesi non si riscontra questo incremento.
E’ importante, però, quando si discute di queste terapie, tenere presente
che ne esistono di diversi tipi, che non sono tutte uguali e, soprattutto,
che l’oppor tunità o meno della loro prescrizione dovrebbe essere
valutata attentamente dal ginecologo caso per caso. Il discorso cambia
per chi ha già avuto un tumore della mammella: queste donne corrano
un rischio decisamente elevato di assistere a una ripresa della malattia,
per cui l’utilizzo della TOS è decisamente sconsigliato.
I CAPELLI RICRESCONO
Pur troppo i chemioterapici, soprattutto quelli più efficaci come le
antracicline e i taxani, fanno cadere i capelli. Si tratta comunque di
effetti transitori: non appena si smettono i farmaci, i capelli ricresceranno
come prima. La pillola anticoncezionale non aumenta il rischio di sviluppare un tumore della mammella
Un lungo intervallo
libero da malattia
rende meno probabile
la recidiva
Un approccio
schietto e onesto
è il modo migliore
DIVENTARE MAMMA DOPO IL CANCRO
Secondo alcuni studi condotti recentemente, la gravidanza non
aumenta le probabilità di recidiva del carcinoma mammario. Se si decide
di avere un bambino, è oppor tuno parlarne anche con il medico
curante ed esaminare rischi e implicazioni. E’ comunque consigliabile
lasciar trascorrere un po’ di tempo dalla conclusione del trattamento
prima di programmare la gravidanza. Più lungo sarà l’intervallo libero
da malattia, meno probabile sarà la recidiva. Le pazienti sottoposte
a irradiazione o aspor tazione delle ovaie non potranno più avere figli.
Altrettanto vale per un certo numero di pazienti trattate con chemioterapia adiuvante.
COSA DIRE AI BAMBINI
Decidere cosa dire ai bambini sul cancro è difficile. La sensibilità,
anche dei più piccoli, è spesso straordinaria: quando non vengono
date loro notizie utili a comprendere i cambiamenti in atto, si
costruiscono da soli delle spiegazioni. Pur troppo, i bambini tendono
ad attribuirsi responsabilità che non hanno per motivare l’assenza
del familiare ricoverato o la sua sofferenza. Capita quindi che il bimbo
pensi di aver provocato questa sofferenza con i compor tamenti
disobbedienti e soffra a sua volta. Per gli adolescenti può essere
abbastanza difficile affrontare la situazione, in quanto si sentono
ripor tati con la forza in famiglia proprio nel momento in cui stavano
per conquistare l’indipendenza. Le figlie, in par ticolare, sono spesso
preoccupate dal fatto che la malattia della madre possa essere trasmessa
a loro. Un approccio schietto, onesto è di solito il modo migliore
con tutti i bambini. Il consiglio è di ascoltare le loro paure e di non
lasciarsi sfuggire il minimo cambiamento nel loro compor tamento:
può essere il modo di esprimere i sentimenti che provocano. Si può
decidere di informarli gradualmente, ma non vanno tenuti all’oscuro
di ciò che sta succedendo. La paura di cosa possa trattarsi può essere
di gran lunga peggiore della realtà.
Fonte: Intermedia-Associazione Italiana di Oncologia medica
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