istruzione e microcredito femminile: il caso del benin
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istruzione e microcredito femminile: il caso del benin
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE ISTRUZIONE E MICROCREDITO FEMMINILE: IL CASO DEL BENIN Relatrice: Tesi di Laurea di: Prof.ssa Bianca Maria Carcangiu Emanuele Vigo ANNO ACCADEMICO 2006 – 2007 A nonna Angela, questo è anche merito tuo. RINGRAZIAMENTI Se questo percorso è giunto a conclusione devo ringraziare innanzitutto la mia famiglia, i miei genitori su tutti. E’ facile seguire i propri sogni se si ha una famiglia che ci sostiene sia umanamente che materialmente a prescindere dal costo dei sacrifici che è costretta ad affrontare. Io ho la fortuna di avere questa famiglia e non è cosa da poco. Grazie a mamma, papà, Angelo e Caterina. Il secondo “grazie” va ad una piccola grande donna che mi ha stregato e con cui ho il privilegio di condividere la vita da ormai dieci anni. A Veronica devo un’infinità di grazie per un incalcolabile numero di motivi, eccone alcuni: perché è l’unica che crede in me anche quando io stesso smetto di crederci, perché è una delle poche, rarissime persone al mondo capace di farmi cambiare idea, perché mi conosce forse meglio di quanto io stesso mi conosca. Se sono diventato adulto senza dimenticare il mio lato bambino lo devo a lei. Il mio equilibrio. Grazie per avermi sopportato fin qui, per esserci stata sempre nei momenti della mia vita che hanno segnato una svolta, nel bene e nel male. Da qui in poi comincia per noi un nuovo cammino che spero ci conduca lontano, insieme. Una prima menzione speciale spetta a quel gruppetto di “terroristi” che stanno sul palmo della mia mano e dentro al mio cuore e che sono “quelli che ci sono sempre”, quelli con cui ho diviso i banchi di scuola e che nonostante questo mi apprezzano ugualmente! Ad Andrea, Emanuela e Davide che per me è come dire ad Athos, Portos e Aramis… La seconda menzione la merita un altro “terrorista” con cui ho inventato alcuni dei giochi più assurdi e pericolosi della storia dell’infanzia. Ora lui è papà e io laureato: cugino, chi se lo sarebbe immaginato ai tempi di “Jamin Jets”? Devo poi ringraziare altre tre famiglie che mi hanno “adottato” e che sono le uniche, al di fuori dei miei genitori e di miei fratelli, con cui sono sicuro di essere a casa: grazie di cuore agli Arthemalle per aver sempre lasciato la loro porta di casa aperta. Grazie alla famiglia Vacca per aver messo al mondo una donna così speciale e per essere il mio rifugio in più di un’occasione. Grazie di cuore alla famiglia allargata Yaya-Nadiani che mi ha coccolato in Benin facendosi in quattro per farmi sentire a casa. Senza di loro questa tesi non sarebbe mai stata scritta e io mi sarei sentito sperduto in un posto di cui non conoscevo lingua e cultura. In particolare grazie a Justine, Christian, Roland e Chef (Clemence) e a tutti gli amici stupendi che ho trovato in Africa. A presto, come promesso! Grazie a tutti gli amici e amiche che rendono costantemente la mia vita migliore, anche solo con una parola giusta al momento giusto o un sorriso nei momenti bui. Non posso menzionarvi tutti perché scriverei una nuova tesi solo di nomi, ma mi ricordo di voi, sempre… INDICE INTRODUZIONE .................................................................... 1 CAPITOLO I – Breve storia del Benin ...................................... 3 1.1 Dall’epoca precoloniale alla colonizzazione francese ........... 3 1.2 Dall’indipendenza alla Rivoluzione marxista ....................... 4 1.3 Il “colpo di stato civile” e il cammino verso la democrazia... 5 CAPITOLO II – L’istruzione in Benin..................................... 13 2.1 Società tradizionale, educazione e istruzione formale......... 13 2.2 Ritorno tra i banchi ........................................................... 17 2.2.1 Cenni sulle strutture scolastiche............................ 17 2.2.2 La scuola primaria ............................................... 18 2.2.3 La scuola secondaria d’insegnamento generale e tecnico-professionale.................................................... 26 2.2.4 La professione di insegnante ................................ 32 2.2.5 Le interviste agli insegnanti.................................. 35 2.3 Vita da studenti................................................................. 45 CAPITOLO III – Microcredito femminile in Benin .................. 49 3.1 Cenni sulla storia e sui principi generali del microcredito .. 49 3.2 L’altra metà del cielo e le nuvole del Benin....................... 51 3.3 Due esempi di microcredito locale: PADME e Donga Women.................................................................................. 58 3.3.1 PADME (Association pour la Promotion d’Appui au Développement de Micro-Entreprises) .......................... 59 3.3.2 Donga Women Microfinance................................ 67 CONCLUSIONI ..................................................................... 77 APPENDICE: CARTINA AMMINISTRATIVA DEL BENIN ..... 80 BIBLIOGRAFIA..................................................................... 81 INTRODUZIONE Il Benin, il cui nome antico era Dahomey1, è uno degli stati che si affacciano a sud sul Golfo di Guinea; una lingua di terra incastonata fra Nigeria e Togo, rispettivamente a est e ovest, e chiuso a nord da Burkina Faso (l’ex Alto Volta) e Niger. Il clima varia dal nord, più secco, al sud: quest’ultimo presenta due stagioni delle piogge chiamate rispettivamente grandi piogge e piccole piogge, cui fa seguito la stagione secca. Il nord invece presenta una sola stagione umida, quella delle grandi piogge. Durante l’inverno il nord è spazzato dall’harmattan, vento freddo e secco che provoca grandi sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte. La popolazione del Benin è di circa otto milioni e mezzo di abitanti2 divisi fra oltre 40 etnie, di cui fon3 e yoruba sono le principali, ma per la sua posizione strategica esso è un crocevia naturale di commerci e spostamenti, tra il cuore dell’Africa centrale e l’Africa occidentale. Sono milioni le persone che ogni anno attraversano i suoi confini in una direzione o nell’altra, spesso in clandestinità, in cerca di un buon mercato su cui poter vendere le proprie merci o comprarne altre a prezzi vantaggiosi. Il Benin è uno dei pochi paesi al mondo in cui il sud presenta un livello di sviluppo economico e sociale notevolmente superiore al nord. E’ nel sud, infatti, che risiedono i tre quarti della popolazione ed è nel sud che hanno sede le città principali: Porto Novo, capitale politica e sede dell’Assemblée Nationale; Cotonou, caotica ed iper-inquinata metropoli affacciata sull’oceano Atlantico, vero cuore governativo ed economico del paese con la sede della Présidence de la République e dei principali ministeri. A Cotonou troviamo anche il labirintico e affascinante mercato di Danktopa, uno dei più vasti dell’Africa occidentale, l’aeroporto internazionale del paese oltre, naturalmente, al grande porto commerciale. A pochi chilometri di distanza da questa città sorge l’Università di Abomey-Calavi4, con un campus di notevoli dimensioni in stile europeo. L’altra università ha sede a Parakou il solo vero centro urbano del nord. Culla del vodoun (titolo contesogli dal confinante Togo), il Benin è un esempio di convivenza pacifica tra religioni: accanto ad una netta maggioranza animista convivono, infatti, musulmani e cristiani in un sincretismo decisamente originale. Accantonando per un momento le statistiche che vedrebbero un 70% di popolazione animista e il restante 30% equamente suddiviso tra musulmani e cristiani, possiamo affermare senza tema di smentita che, qualunque sia la religione professata ufficialmente, il Il nome Dahomey è un nome fon, si veda successiva nota 3. Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito dall’Unicef, tavola 1, p. 114, voce Benin: la popolazione del Benin stimata al 2006 ammontava a 8 milioni 760 mila abitanti. 3 L’etnia fon è molto antica e vi appartiene oltre il 40% della popolazione. Il fon è anche la lingua più parlata nel sud del Benin. 4 Il nome Abomey-Calavi non va confuso con la città di Abomey. Il primo è un piccolo centro nel dipartimento dell’Atlantique, sede dell’Universià omonima, la seconda è la capitale odierna del dipartimento di Zou, un tempo antica capitale del regno di Abomey e sede di diversi palazzi reali. 1 2 1 100% della popolazione crede nelle tradizioni, nei princìpi e nei riti del vodoun5. Quest’ultimo rappresenta dunque un tratto culturale molto antico e fondamentale che permea ogni aspetto della vita del paese ed è così complesso e articolato da non poter essere qui approfondito come meriterebbe6. Dal punto di vista economico7 il Benin è un paese a base agricola il cui principale prodotto commerciale è il cotone, che copre circa la metà delle esportazioni8. Vengono prodotti anche caffè, cacao, noci di karité e prodotti derivanti dalla palma, come l’olio. Tuttavia la gran parte dell’agricoltura è destinata al mercato interno con la produzione di cibi tradizionali come igname (prodotto quasi esclusivamente nel nord), mais, miglio e sorgo a cui vanno aggiunte alcune coltivazioni d’importazione come pomodori, cipolle e fagioli. Il settore industriale stenta a decollare e le poche aziende di rilievo si occupano principalmente del comparto alimentare e tessile, oltre alla produzione di cemento. Discretamente sviluppato è, invece, il settore dei servizi, concentrato soprattutto nelle grandi città del sud. Nonostante un’economia in crescita negli ultimi anni, il Benin resta uno dei paesi più poveri dell’Africa occidentale con gravi carenze in alcuni settori cruciali come sanità, istruzione, diritti, in gran parte affidati all’impegno della cooperazione internazionale. Problematica è anche la stretta dipendenza dalla Nigeria e dal Ghana soprattutto in campo energetico: il Benin non dispone, infatti, di proprie centrali per la produzione di energia elettrica, nonostante la presenza di due grandi laghi, Ahemè e Ouémé, e questa deve essere acquistata dai paesi confinanti. Per quanto riguarda il carburante esso proviene in massima parte dal contrabbando lungo il confine nigeriano9. La vendita, illegale ma tollerata dal governo, costituisce un mezzo di sostentamento per buona parte della popolazione. Notevole la presenza di interessi stranieri in varie aree economiche, dalla finanza all’industria, dagli appalti pubblici al commercio. Tra di essi spiccano, oltre all’ex madrepatria Francia e ai vicini africani di Nigeria, Costa D’Avorio e Ghana, anche alcuni paesi extra - africani come Cina, Giappone, USA e Libano. Ogni anno, il 10 di gennaio si celebra la festa nazionale vodoun. In questa occasione per tutta il Benin ed in particolare nelle città più antiche come Abomey, Ouidah, Porto Novo etc., si svolgono feste animate da danze, canti e riti pubblici, mentre normalmente il vodoun è un fatto essenzialmente privato che ogni famiglia custodisce gelosamente nella riservatezza. 6 K. Elwert-Kretchmer, “Vodun et contrôle social au village”, Politique Africaine, vol. 59, 1995, pp. 102-119. 7 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, pp. 85-89. 8 Questo rende l’economia del Benin soggetta a pesanti ripercussioni in occasione del crollo dei prezzi del cotone, come si è verificato più tra dagli anni ’80 ad oggi. 9 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, p. 85. 5 2 CAPITOLO I – Breve storia del Benin 1.1 Dall’epoca francese precoloniale alla colonizzazione I primi europei ad approdare sulle coste del Dahomey10 furono i portoghesi nel XV sec., seguiti poi da francesi, inglesi e danesi. Gli scambi commerciali avviati dai portoghesi furono ostacolati dal fatto che i sovrani locali governavano su regni solidi e ben organizzati ed erano pertanto disposti a commerciare soltanto secondo le proprie regole. Inoltre in questa prima fase i re ponevano notevoli restrizioni al commercio degli schiavi, limitando fortemente il numero d’individui maschi che potevano essere prelevati. Nel 1516 fu in pratica vietato ai portoghesi l’acquisto di schiavi di sesso maschile. Ciò causò l’abbandono progressivo, ma non definitivo, dell’area da parte dei portoghesi in favore dei ben più redditizi commerci con la Costa d’Oro, le isole del Golfo di Guinea e l’Africa sud-orientale. Essi inoltre erano restii a pagare in armi le proprie merci poiché si trattava di armare popolazioni che, di fatto, non erano ancora assoggettate al potere europeo né profondamente toccate dalla conversione al cristianesimo, nonostante diverse missioni cristiane fossero state invitate dai re nel Dahomey, e restavano, dunque, dei potenziali nemici, assai pericolosi. Il paese interruppe così per quasi un secolo e mezzo i rapporti con gli europei ritenendo di poter fare a meno del commercio con essi. Più tardi si consolidarono i tre regni principali, tutti di origine fon, che divennero protagonisti della storia del Dahomey: quello di Allada, quello di Abomey fondato nel 1625 e infine quello di Porto Novo.11 Dal 1650 dapprima gli inglesi, poi nuovamente i portoghesi, nel 1680 prima e nel 1721 poi, ed infine i francesi nel 1704 furono autorizzati dai re del Dahomey a costruire dei forti nella città costiera di Ouidah. La città divenne così uno dei principali porti commerciali lungo quella che poi avrebbe assunto il triste nome di “costa degli schiavi”12, poiché non solo gli schiavi catturati in Benin, ma gran parte di quelli prelevati nell’Africa centrooccidentale venivano imbarcati sulle spiagge tra Benin13, Togo e Ghana, per R. Cornevin, Histoire du Dahomey Paris, Berger-Levrault, 1962. J.D. Fage, Storia dell’Africa, SEI, Torino, 1998, pp. 277-281 12 Per un approfondimento sulla storia della schiavitù nel Dahomey si veda anche K. Polanyi, Il Dahomey e la tratta degli schiavi : analisi di un'economia arcaica, Torino, G. Einaudi, 1987. 13 Nel 1992 nella città di Ouidah, sotto la presidenza di Nicéphore Soglo, sono stati costruiti diversi monumenti in ricordo della “via degli schiavi”. Essa parte dalla piazza antistante alla casa del governatore portoghese De Souza, dove si svolgeva il mercato degli schiavi, per arrivare alla spiaggia con la “Porte de non retour”, ultimo passo degli schiavi sul suolo africano prima dell’imbarco per le Americhe. Una delle tappe più interessanti di questo cammino simbolico è “l’arbre du retour”, un albero attorno a cui gli 10 11 3 poi compiere il lungo viaggio che li avrebbe condotti verso le piantagioni del continente americano. Nel 1752 i portoghesi s’insediarono a Hogbonou e la ribattezzarono Porto Novo. Circa un secolo più tardi, nel 1863, approfittando delle lotte interne tra i regni del Dahomey, i francesi riuscirono a instaurare un protettorato sul regno di Porto Novo con la promessa di aiutare il re locale a difendersi dagli attacchi del rivale regno di Abomey e dalle incursioni degli inglesi insediatisi a Lagos. Il re di Abomey Glélé decise allora di concedere ai francesi il permesso di insediarsi a Cotonou, ma i francesi si rivelarono assai abili nello sfruttare i dissidi interni al paese e nel 1882 ottennero dal re di Porto Novo un nuovo accordo col quale egli accettava l’invio di un Residente dalla Francia incaricato di assisterlo. Infine, nel 1894, i francesi prendendo a pretesto l’ennesimo scontro interno tra il regno di Abomey e il loro protettorato di Porto Novo14, condussero una campagna vittoriosa contro il re d’Abomey, Behanzin, il quale fu deposto dopo una tenace resistenza, ma rifiutò di firmare qualunque trattato o accordo di resa nazionale alla Francia in un ultimo, disperato, guizzo d’orgoglio. In seguito fuggì protetto dal suo popolo che vedeva in lui un eroe della nazione, ma l’elite del regno trovò più vantaggioso sottomettersi al dominio straniero15. Il Dahomey divenne così, a tutti gli effetti, una colonia francese e nel 1904 entrò a far parte dell’Africa Occidentale Francese16. 1.2 Dall’indipendenza alla Rivoluzione marxista Dopo mezzo secolo di colonizzazione nel 1958 il Dahomey fu proclamato repubblica e il 1° agosto del 196017 divenne uno Stato indipendente con a capo Hubert Maga passato dalla carica di Primo Ministro, nel periodo della transizione, a quella di Presidente della neonata Repubblica. Tuttavia le tensioni etniche e sociali acuite dai problemi economici all’interno del paese rimasero forti e sfociarono dopo soli tre anni nel primo di una lunga serie di colpi di stato. Nell’ottobre 1963, infatti, i militari deposero Maga e insediarono al suo posto Justin Ahomadegbè, il quale fu a sua volta deposto, poco dopo, dal colpo di stato del colonnello Paul-Emile De Souza. Nel 1970 la carica presidenziale fu affidata ad un triumvirato composto dallo stesso Maga, da Souru Migan Apithy e Ahomadegbè, i quali dirigevano lo Stato a turno. Questa decisione singolare può essere spiegata dal fatto che essi incarnavano le aspirazioni politiche delle famiglie regnanti schiavi in catene venivano fatti camminare. La funzione di quest’albero, che la leggenda narra fosse stato regalato a De Souza dal re di Abomey, era quella di permettere il ritorno delle anime di coloro che erano morti nella deportazione fuori dall’Africa. In tal modo secondo la credenza vodoun le anime avrebbero trovato pace e non avrebbero tormentato coloro che li avevano condotti alla morte, come ad esempio il re. 14 A. M. Gentilini, Il leone e il cacciatore, storia dell’Africa sub-sahariana, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, p.153. 15 C. Coquery-Vidrovitch, Africa nera: mutamenti e continuità, SEI, Torino, 1990, pp. 90-92 16 A.M. Gentilini, op.cit., p.196 17 Ibidem, p.333. 4 delle rispettive regioni d’origine: Porto Novo per Apithy, Abomey per Ahomadegbè e il Borgou per Maga.18 Nell’ottobre del 1972 un nuovo colpo di stato19 portò al potere il Maggiore Mathieu Kérékou il quale operò una decisa virata politica verso il blocco comunista guidato dall’Unione Sovietica che divenne così il primo partner militare ed economico del paese. Fu introdotto il marxismo-leninismo come ideologia di stato e tutti i principali settori economici, dalle industrie alle banche, alle assicurazioni, furono nazionalizzati. Il Parti de la Révolution Populaire du Benin (PRPB) divenne l’unico partito politico autorizzato e nel 1975 il nome del paese fu cambiato in Repubblica Popolare del Benin20. Nonostante questa svolta ideologica, nei primi anni ’80 il peggioramento delle condizioni economiche spinse il governo di Kérékou a operare una prima apertura verso il blocco occidentale e il FMI. A metà degli anni ’80 la Francia subentrò all’URSS come principale fornitore militare del Benin, ma l’Unione Sovietica mantenne il predominio nei settori del commercio, della cooperazione allo sviluppo e in altre forme di cooperazione. Nel gennaio del 1987, mentre il paese era percorso da nuove tensioni sociali e dal sorgere di rivalità etniche, Kérékou smise la divisa dell’esercito per diventare un Capo di Stato civile. Nel frattempo la crescente insofferenza delle gerarchie militari nei confronti del Governo culminò in due tentativi di colpo di stato nel marzo e nel giugno 1988, entrambi falliti, che inaugurarono un periodo di dura repressione, ma ciò provocò una forte instabilità e inasprì ulteriormente il malcontento della popolazione già duramente provata dalle misure di austerity imposte dal FMI. Nelle elezioni legislative dell’anno successivo, nel giugno del 1989, una singola lista di 206 candidati fu approvata con quasi il 90% dei voti espressi. Nell’agosto seguente l’Assemblée Nationale Révolutionnaire (ANR) rielesse Kérékou Presidente con un mandato quinquennale. A dicembre fu annunciato ufficialmente l’abbandono dell’ideologia di stato marxista-leninista, essendo nel frattempo cominciato il crollo del blocco sovietico, e ciò permise al governo del Benin di negoziare con i propri creditori esteri un finanziamento parziale per il pagamento dei salari pubblici arretrati e alleggerire così le tensioni interne. 1.3 Il “colpo di stato civile” e il cammino verso la democrazia Nel febbraio 1990 ebbe luogo una conferenza nazionale delle “forze attive della nazione” con la partecipazione di 500 delegati che votarono per l’abolizione della vigente struttura di governo e delle sue istituzioni. L’incarico di organizzare le nuove elezioni fu affidato all’Haut Conseil de la République (HCR) che assunse temporaneamente le funzioni dell’ANR e che includeva inoltre i leader dell’opposizione.21 C. Coquery-Vidrovitch, op.cit., pp. 119-121 J.D. Fage, op. cit. , p.503. 20 Kérékou non mantenne il nome Dahomey perché essendo un nome fon (si vedano le note 2 e 3) non era adatto ad esprimere l’unità nazionale di un paese con decine di etnie differenti. 21 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, 18 19 5 Questo “colpo di stato civile”, come sarà poi ricordato, portò come prima conseguenza la scelta di eleggere il Presidente della Repubblica a suffragio universale con un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta. La conferenza designò inoltre Nicéphore Soglo, ex funzionario della World Bank, come Primo Ministro ad interim. Kérékou fu così obbligato a rimettere a Soglo il portafoglio della Difesa e ad accettare il nuovo cambio di nome del paese, voluto dalla conferenza, in Repubblica del Benin. Il mese successivo alla conferenza, marzo 1990, l’HCR fu inaugurato ufficialmente e Soglo nominò un Governo di transizione. In maggio tutti i prefetti militari delle sei province del Benin furono sostituiti da funzionari civili e un mese dopo fu avviata una massiccia riorganizzazione delle forze armate, mentre nel mese di agosto fu promulgata la legislazione che permetteva la registrazione dei partiti politici. Il Benin fu, dunque, il primo Stato africano dell’area sub-sahariana a sperimentare un colpo di stato civile. La bozza della nuova Costituzione fu sottoposta a referendum popolare nel mese di dicembre del 1990 in due versioni, una delle quali conteneva limiti minimi e massimi d’età per i candidati alla presidenza della repubblica, cosa che avrebbe messo automaticamente fuori dai giochi diversi ex presidenti. Il 95% degli aventi diritto scelse una versione o l’altra, ma con il 79,7% dei voti passò la Costituzione che imponeva restrizioni sull’età dei candidati. Tutto era ormai pronto per le elezioni legislative che si svolsero nel febbraio del 1991 e videro la partecipazione di ben 24 partiti politici, nessuno dei quali, solo o in coalizione, riuscì a guadagnare la maggioranza assoluta dei 64 seggi dell’Assemblée Nationale. Il numero maggiore di seggi (solamente dodici), fu invece conquistato da un’alleanza a sostegno del Primo Ministro Soglo. L’erede del disciolto PRPB, un nuovo partito chiamato Union des Forces du Progrès, non riuscì invece ad assicurarsi nemmeno un seggio. Al primo turno delle elezioni presidenziali svoltesi il 10 marzo parteciparono 13 candidati: coerentemente con le divisioni etniche regionali Soglo divenne il candidato espressione del sud e Kérékou il candidato supportato dal nord22. Quest’ultimo ottenne il 27,3% delle preferenze contro il 36,2% di Soglo che al secondo turno sconfisse definitivamente Kérékou ottenendo il 67,7% dei voti complessivi. Alla fine di marzo l’Haut Conseil de la République che aveva guidato la transizione post-rivoluzionaria venne finalmente disciolto, non prima però di aver garantito all’ex Presidente Kérékou l’immunità contro ogni procedimento legale a suo carico riguardante gli anni passati al potere. Il 4 aprile 1991 Soglo fu proclamato Presidente e subito dopo lasciò il portafoglio della Difesa al cognato Désirè Vieyra. Nel mese di luglio il leader del Parti de Renouveau Démocratique (PRD), Adrien Houngbédji, anch’egli reduce dalla corsa alle presidenziali, fu eletto Presidente dell’Assemblée Nationale. Le prime mosse della nuova amministrazione furono una decisa ripresa degli sforzi per la liberalizzazione economica e l’istruzione di procedimenti legali contro alti funzionari dello Stato accusati di corruzione. Tuttavia la stabilità politica era pp. 81-82. Si veda inoltre P. Noudjenoume, La démocratie au Bénin 19881993 : bilan et perspectives , Paris, Harmattan, 1999 N. Bako-Arifari, «Démocratie et logiques du terroir au Bénin», Politique Africaine, vol.59, 1995, pp. 7-24. 22 6 ancora lontana e a maggio del 1992 diversi militari furono arrestati con l’accusa di preparare un nuovo colpo di stato e fra questi spiccava il Capitano Pascal Tawes, vice comandante della guardia presidenziale di Kérékou. Tawes e altri complici riuscirono a evadere di prigione e ad agosto presero il controllo di una base militare nel nord del paese da cui speravano di poter guidare la rivolta, ma questa fu repressa. Ancora una volta Tawes e altri militari riuscirono a sfuggire all’arresto e nel settembre del 1994 il Capitano e quindici di loro furono condannati in absentia ai lavori forzati a vita. Sul fronte parlamentare, nonostante il proliferare delle alleanze tra partiti, la mancanza di una salda maggioranza nell’Assemblée Nationale faceva slittare l’approvazione di una nuova legislazione. Un deciso rafforzamento della posizione del Presidente venne però da Le Renouveau, una coalizione di maggioranza in favore di Soglo, formatasi nel giugno del ’92, che comprendeva 34 deputati. Ora era necessario un rafforzamento del consenso popolare verso la sua amministrazione e Soglo cercò di ottenerlo sviluppando i contatti con le regioni del nord, tradizionalmente legate all’ex Presidente Kérékou. A marzo del 1993 nuovi disordini minacciarono la stabilità del Governo: più di 100 detenuti evasero dal carcere di Ouidah, nel sud-ovest del paese. Ciò portò alla rimozione del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dal suo incarico e, di conseguenza, alle dimissioni del Ministro della Difesa, con una successiva crisi di governo. Soglo tentò di riorganizzare il Governo e correre ai ripari, ma ad ottobre perse l’appoggio della maggioranza parlamentare quando quindici membri di Le Renouveau abbandonarono la coalizione. Nel luglio precedente, intanto, Soglo si era alleato con il Parti de la Renaissance du Bénin (RB) di cui fu eletto leader nel luglio del 1994. L’inizio del 1994 fu però caratterizzato da gravi agitazioni in conseguenza della svalutazione del 50% del franco CFA. A luglio l’Assemblée Nationale approvò incrementi salariali e borse di studio che andavano oltre il piano finanziario programmato dal Governo. Questi incrementi squilibrati erano incostituzionali e minavano seriamente la possibilità di rifondere i debiti già contratti con i creditori esteri, così Soglo prese la decisione, poi avvallata dalla Corte Costituzionale, di imporre il piano finanziario del Governo per decreto. Questi attriti tra il potere legislativo e quello esecutivo vennero a galla nuovamente nel novembre ‘94 in occasione della preparazione delle elezioni parlamentari previste per febbraio del 1995. L’Assemblée Nationale, infatti, votò l’istituzione di una commissione indipendente denominata Commission Electorale Nationale Autonome (CENA) incaricata di supervisionare le elezioni. La commissione fu in seguito approvata dalla Corte Costituzionale, nonostante Soglo fosse apertamente contrario sia alla sua istituzione sia all’incremento del numero dei deputati all’Assemblée da 64 a 83. Tra numerose difficoltà organizzative e dopo esser state rimandate per ben due volte, le elezioni si svolsero, finalmente, il 28 marzo 1995 e videro la partecipazione di 31 formazioni politiche. Sebbene il RB, sostenitore di Soglo, avesse guadagnato come singolo partito il maggior numero di seggi al Parlamento, i suoi avversari in alleanza risultarono vincenti soprattutto grazie al contributo dei sostenitori di Kérékou (assente in prima persona dalla campagna elettorale) nel nord i cui voti confluirono nel Front d’Action pour le Renouveau et le Développement – Alafia (FARD7 Alafia). In seguito la Corte Costituzionale invalidò il voto per 13 seggi a causa di brogli e nelle successive elezioni, svoltesi in maggio, il RB conquistò 20 seggi da sommare ai 13 degli altri partiti a sostegno di Soglo. Tuttavia i partiti dell’opposizione si assicurarono un totale di 49 seggi suddivisi tra il PRD di Houngbédji (19 seggi), il FARD-Alafia (10 seggi) e il Parti Social Démocrate (PRD) che con 29 seggi poté mandare Bruno Amossou alla Presidenza dell’Assemblée. In questo clima di conflitto istituzionale ci si avviava alle nuove elezioni presidenziali previste per l’anno successivo. Kérékou, forte del successo dei suoi sostenitori in Parlamento e della progressiva perdita di popolarità del suo avversario, sempre più in contrasto con il legislativo e costretto ad imporre le proprie scelte finanziarie per decreto, annunciò nel gennaio del 1996 che avrebbe corso ancora una volta per la Presidenza. Frattanto Soglo perdeva anche l’appoggio popolare, benché avesse il plauso internazionale, proprio a causa delle sue politiche di riforma economica. Il 3 marzo 1996 si svolse il primo turno elettorale che vide sette candidati contendersi la più alta carica dello Stato. Nonostante l’annullamento di oltre un quinto dei voti da parte della Corte Costituzionale, Soglo vinse il primo turno con il 35,7% delle preferenze, subito seguito dal rivale di sempre Kérékou con il 33,9% e, a notevole distanza, da Houngbédji col 19,7% e Amossou col 7,8%. Decisivo, a questo punto dello scontro elettorale, fu l’appoggio dato a Kérékou dal già sconfitto Houngbéndji. Con esso, infatti, al secondo turno Kérékou passò in testa col 52,5% dei voti validi espressi e si aggiudicò la vittoria23. Nonostante le proteste di Soglo e l’appello alla Corte Costituzionale per il 3% di voti annullati essa stabilì che questi ultimi erano del tutto ininfluenti sul totale delle preferenze espresse, confermando così la Presidenza a Kérékou, regolarmente insediatosi il 4 aprile 1996.24 E il primo gesto politico del neo-eletto Presidente fu di chiedere alla Corte il permesso di nominare il Primo Ministro (atto non previsto dalla Costituzione). Houngbédji fu quindi ricompensato per il suo appoggio determinante e divenne Premier di un Governo formato dagli otto partiti che avevano appoggiato la campagna di Kérékou. Quest’ultimo fece un passo indietro sulla lotta alla privatizzazione negoziando col FMI un nuovo piano di finanziamenti e alla fine dell’anno si tenne una conferenza nazionale di 500 delegati in rappresentanza di vari settori produttivi, organizzazioni politiche, oltre, naturalmente, agli immancabili osservatori della Banca Mondiale e del FMI. Durante la conferenza il Presidente esaltò la centralità dello sviluppo delle imprese private per il futuro economico del Benin e pose l’accento sulla necessità di eliminare la corruzione dal settore pubblico. Più tardi, nel settembre ‘97, l’Assemblée Nationale approvò un’amnistia per i crimini contro la sicurezza dello Stato e i cosiddetti “crimini elettorali” commessi dal gennaio del 1990 al giugno 1996, il che rendeva Tawes un uomo libero e, infatti, egli tornò in patria appena l’amnistia fu promulgata. Vivaci proteste giunsero dal RB che paventava un incremento delle tensioni 23R. Banégas « Marchandisation du vote, citoyenneté et consolidation démocratique au Bénin », Politique Africaine, vol. 69, 1998, pp. 75-87 24 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, pp. 82-83 8 etniche nel paese poiché la stragrande maggioranza degli amnistiati era del nord. Poco dopo fu la Corte Costituzionale ad invalidare il provvedimento poiché il Parlamento non aveva consultato la Corte Suprema come invece la stessa Corte Costituzionale ritenne obbligatorio per questo tipo di leggi. Nel frattempo il Governo si scontrava nuovamente con l’Assemblée la quale ancora una volta rifiutava di ratificare la legge finanziaria per il 1998. I problemi più seri che il Governo di Kérékou doveva affrontare riguardavano i salari arretrati dei funzionari pubblici e le privatizzazioni di alcune imprese statali i cui lavoratori temevano di perdere il proprio posto. Il Presidente cercò in tutti i modi di rassicurare gli uni e gli altri, ma ciò nonostante una serie di scioperi del personale pubblico che portarono ad una nuova crisi di governo: Houngbéndji e si dimise e il suo PRD tolse l’appoggio al Governo. A questo punto Kérékou operò un rimpasto tentando di salvare il salvabile, ma ormai il nuovo Governo poteva contare sull’appoggio di soli 27 parlamentari e il solco tra legislativo ed esecutivo appariva incolmabile. In questo clima di accesi contrasti istituzionali, nel 1999 si svolsero le nuove elezioni legislative che videro il paese letteralmente spaccato a metà: l’opposizione vinse al Parlamento per un solo seggio, 42 a 41, e ciò rifletteva in pieno la frattura tra il nord, fedele al Presidente Kérékou, e il sud in cui il RB di Soglo guadagnò da solo ben 27 seggi. Maggioranza e opposizione furono costrette a trovare un accordo per garantire la governabilità del paese e Houngbédji fu nuovamente eletto Presidente dell’Assemblée. Tuttavia il paese era ancora preda degli scioperi organizzati dai lavoratori pubblici (ad ottobre scioperarono ben 32.000 dipendenti) i cui sindacati non accettavano il nuovo sistema di promozioni interne, basate sul merito, e chiedevano a gran voce il pagamento dei salari arretrati. Alla fine, in mancanza di un accordo tra sindacati e Governo, si decise di costituire una Commissione ad hoc per lo studio del problema. Ciò non bastò a placare gli animi quando una nuova imposizione per decreto della legge finanziaria per il 2000 scatenò dapprima uno sciopero generale, indetto dai principali sindacati del Benin in seguito all’aumento del costo del petrolio e, più tardi, una protesta popolare cui presero parte circa 10.000 persone nella capitale governativa, Cotonou. Il Governo annunciò allora che avrebbe trovato dei fondi per finanziare gli ammortizzatori sociali, ma le proteste continuarono. Nel gennaio 2001, con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali, un nuovo, pesante scontro oppose Governo e Parlamento: l’Assemblée nominò, infatti, i membri del CENA (la Commissione di vigilanza elettorale) scegliendone ben 19 su 25 tra le file dell’opposizione. Kérékou portò per ben due volte la questione davanti alla Corte Costituzionale la quale, infine, gli diede ragione obbligando il Parlamento a trovare una composizione più equilibrata. Intanto le elezioni si preannunciavano ancora una volta come la consueta corsa a due tra Soglo e Kérékou e la conferma arrivò alla conclusione del primo turno a inizio marzo: Kérékou era in testa ma nessuno dei due aveva raggiunto una maggioranza sufficiente a governare perciò tutto si sarebbe deciso al ballottaggio. Intanto era emerso che entrambi i candidati erano stati coinvolti in casi di corruzione durante la campagna elettorale. Più tardi la Corte Costituzionale riconteggiò i voti del primo turno e Kérékou risultò avere un margine assai ampio sul rivale. 9 A questo punto Houngbédji si schierò dalla parte di Soglo e Amossou supportò Kérékou che intanto aveva promesso, in caso di rielezione, di formare un governo di unità nazionale. Poiché le irregolarità e i tentativi di brogli persistevano Soglo decise di rivolgersi alla Corte Costituzionale per chiedere l’annullamento delle elezioni e una nuova tornata elettorale. Quest’ultima rigettò il ricorso di Soglo il quale, in segno di protesta, uscì dalla corsa alla presidenza e invitò i suoi sostenitori all’astensione. A questo punto rientrò in gioco Houngbédji che divenne il nuovo avversario di Kérékou, ma abbandonò anch’egli il campo per motivazioni analoghe a quelle di Soglo. Fu allora il turno di Bruno Amossou che nonostante inizialmente supportasse il candidato uscente decise infine di tentare l’ascesa alla presidenza. Tra defezioni e proteste di alcuni membri del CENA le elezioni al secondo turno videro la partecipazione di poco più della metà degli aventi diritto e furono vinte nuovamente da Kérékou con l’84,1% dei voti validi25. Ancora una volta Soglo annunciò di voler ricorrere alla Corte Costituzionale per invalidare le elezioni. Intanto Kérékou formò il nuovo governo con Amossou alla più alta carica ministeriale, ma all’inizio del 2002 restavano diverse questioni irrisolte e mentre all’interno del RB di Soglo si consumavano alcune lotte intestine per la leadership del partito, la popolazione reagì all’ennesima imposizione della legge finanziaria con una serie di scioperi che investirono tutta la nazione. Le proteste stavolta furono guidate dai lavoratori del settore sanitario e dagli insegnanti che chiedevano ancora una volta aumenti salariali, il pagamento dei salari arretrati e l’abbandono della proposta di legge per introdurre le promozioni in base al merito nel settore pubblico. Il Governo riuscì finalmente a trovare un accordo con sei dei sette sindacati nazionali a capo della protesta: i salari arretrati furono pagati e fu garantito un aumento di stipendio per i funzionari pubblici, tuttavia la questione delle promozioni su base meritocratica fu rinviata all’attenzione dell’Assemblée. Alla fine dell’anno si tennero le elezioni municipali che erano saltate l’anno prima a causa delle eccessive spese per le elezioni presidenziali. Soglo e Houngbédji ottennero una magra consolazione vincendo ampiamente nelle due capitali di cui divennero i rispettivi sindaci, Cotonou e Porto Novo. Nel 2003 si tennero le nuove elezioni dei deputati per l’Assemblée Nationale e per la prima volta dal fine della Rivoluzione e dall’introduzione del sistema multipartitico il Governo di Kérékou ottenne una netta maggioranza parlamentare con 52 degli 83 seggi a disposizione. Maggioranza che fu ulteriormente rafforzata dal PRD di Houngbéndji che portò così i seggi in favore del Presidente da 52 a 63. Il RB di Soglo precipitò invece dalla passata legislatura con 27 seggi a soli 15. Nella seconda metà dell’anno scoppiò uno scandalo che coinvolse diversi alti funzionari della polizia di Stato e ufficiali giudiziari accusati di traffico di auto rubate e complicità con alcune bande criminali organizzate con sede in Benin. In reazione allo scandalo il confine tra Nigeria e Benin, dove i Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, pp. 83-85 25 10 traffici avvenivano, fu chiuso per una settimana. Più tardi Kérékou ordinò una commissione d’inchiesta che stilò un rapporto in base al quale diversi alti ufficiali giudiziari e di polizia furono licenziati. L’anno successivo un nuovo e più grave caso di corruzione fu scoperto e coinvolse 37 funzionari di giustizia e il ministro delle finanze, condannati a pene tra i due anni e mezzo e i cinque anni di reclusione per aver sottratto più di otto miliardi di franchi CFA dalle casse dello Stato tra il 1996 e il 2000. Degli altri 50 imputati 25 ricevettero sentenze sospensive e 25 furono assolti. Una sola delle nove corti minori del paese non fu toccata dallo scandalo che vide alla sbarra ben 27 magistrati. Pochi giorni dopo i magistrati indissero uno sciopero di tre giorni per chiedere maggiore indipendenza del potere giudiziario. Sempre nel 2004 si verificarono disordini nella capitale Porto Novo e quattro persone furono uccise. Gli scontri facevano seguito ad una serie di arresti operati dalla polizia per le strade nei confronti di numerosi venditori abusivi di benzina, proveniente dal contrabbando con la Nigeria. Le condizioni economiche peggiorarono durante l’anno e ancora una volta i sindacati di varie categorie, dagli insegnanti ai lavoratori del settore pubblico, agli studenti, scesero per le strade in sciopero. I primi chiedevano il passaggio dal precariato all’insegnamento di ruolo, i lavoratori pubblici domandavano pensioni sicure e gli studenti, la riduzione delle tasse universitarie. Fu, inoltre, un anno in cui, a causa della crisi economica attraversata dal paese, il banditismo subì un incremento soprattutto lungo le strade principali delle regioni centrali del Benin, il che spinse il Governo a serrare i controlli di polizia. Nel marzo 2005 uno scandalo scoppiato negli Stati Uniti d’America toccò di riflesso il Benin. Si trattava del caso della Titan Corporation26, azienda statunitense che si occupava di difesa e comunicazione, la quale aveva il compito di sviluppare il sistema di telefonia nello Stato africano. L’US Department of Justice e l’US Security and Exchange Commission accusarono la Titan di frode per un valore di circa 2 milioni di dollari. Nel caso fu coinvolto anche il governo beninese, allora presieduto da Kérékou, il quale, fresco di rielezione, aveva acconsentito alla richiesta della Titan di quadruplicare il compenso per la progettazione del nuovo sistema di telecomunicazioni in Benin. In seguito la Titan fu dichiarata colpevole da un tribunale degli Stati Uniti e patteggiò il pagamento di una multa da 28,5 milioni di dollari. Non fu mai provato se il Presidente Kérékou fosse direttamente coinvolto nell’affare Titan e il Governo beninese, prudentemente, rifiutò di fare commenti sul caso. Intanto era già cominciata la consueta danza di indiscrezioni sui possibili candidati alle presidenziali del 2006. Con Kérékou e Soglo, storici protagonisti della vita politica beninese, fuori dai giochi per raggiunti limiti d’età, il candidato più probabile era Amossou. Questa ipotesi era avvalorata dal fatto che Kérékou lo aveva rimosso dal suo incarico ministeriale per Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin, p.84. 26 11 permettergli, così sembrava, di concentrarsi sulla propria campagna elettorale. D’altro canto cominciarono a diffondersi notizie circa il tentativo di Kérékou di corrompere numerosi deputati all’Assemblée Nationale affinché fosse votato un emendamento alla Costituzione che gli permettesse di estendere la propria legislatura e al cui scopo il Presidente avrebbe utilizzato ben 7 miliardi di franchi CFA. Intanto i media nazionali assicuravano che, coerentemente con questo piano, i deputati favorevoli a Kérékou intendevano proporre un’estensione del mandato parlamentare da 4 a 5 anni, così da far slittare le elezioni presidenziali al 2008 e permettere al Presidente di restare in carica durante questo periodo. Tuttavia all’interno dei partiti e delle alleanze pro-Kérékou sorsero spaccature e divisioni che minarono il progetto del Presidente mentre anche all’interno del RB di Soglo ci furono numerose defezioni e scissioni. Così nelle elezioni presidenziali del 2006 fu un outsider ad assicurarsi la carica di Presidente: Thomas Yayi Boni, banchiere proveniente dal mondo della finanza beninese, già collaboratore nel gabinetto dell’ex Presidente Soglo. Nonostante qualche broglio episodico, gli osservatori internazionali giudicarono le lezioni sostanzialmente corrette e democratiche. Il nuovo Presidente subì, nel marzo 2007, un attacco armato nel quale dieci delle guardie presidenziali rimasero ferite e da allora i suoi spostamenti all’interno del paese sono soggetti a imponenti misure di sicurezza, nonostante le autorità abbiano poi chiarito che l’episodio sia stato in realtà un maldestro e fortuito tentativo di rapina nel quale i banditi non si sarebbero resi conto di aver preso di mira il convoglio del Presidente della Repubblica. Ad ogni modo, l’impressione che si ricava parlando con la popolazione è che Yayi Boni rappresenti l’homo novus in grado di imprimere un’accelerazione allo sviluppo del paese e di risolverne i problemi più pressanti. Questo sentimento è in parte dovuto all’abilità comunicativa del Presidente che trasmette di sé l’immagine di un uomo molto vicino alla gente27, in parte a una diffusa convinzione della popolazione che vede in lui una figura di uomo incorruttibile. Tralasciando le considerazioni soggettive e la simpatia del suo popolo, va sottolineato che Yayi Boni ha fatto della lotta alla corruzione un vero e proprio vessillo del suo governo, tanto da compiere personalmente alcune incursioni a sorpresa in uffici pubblici e licenziare i dipendenti che non si trovavano al loro posto nell’orario di lavoro stabilito. Le premesse sono sicuramente incoraggianti, ma la corruzione in Benin è ben radicata nella pubblica amministrazione e in gran parte del settore privato, estirparla non è dunque cosa di poco conto, anche se questo costituisce una lotta assolutamente imprescindibile per non vanificare i tentativi di sviluppo del paese.28 Il 10 ottobre 2007, per esempio, il Presidente ha organizzato un incontro di calcio, lo sport nazionale, tra la squadra del Benin e la formazione governativa, formata dai ministri e capitanata dallo stesso Yayi Boni. Scopo del match era raccogliere fondi per sostenere il cammino della nazionale di calcio beninese verso la Coppa d’Africa 2008. La popolazione ha risposto bene, nonostante la giornata piovosa, sia per amore verso il calcio, sia per l’evento mediatico che coinvolgeva il Presidente. 28 G. Blundo e J.P. Olivier de Sardan, « La corruption au quotidien », Politique Africaine, vol.83, 2001, pp.5-7. 27 12 CAPITOLO II – L’istruzione in Benin 2.1 Società tradizionale, educazione e istruzione formale In questo e nel prossimo capitolo analizzeremo dapprima il sistema d’istruzione che caratterizza il Benin, con particolare attenzione alle implicazioni sociali, culturali ed economiche dei problemi ad esso connessi, per poi spostare la nostra attenzione sulla condizione femminile e su come il microcredito possa fungere da grimaldello per scardinare le porte di quella prigione sociale nella quale le donne del Benin, sono rinchiuse da secoli. Prima di cominciare il nostro viaggio, è però necessario fissare alcuni concetti chiave che forniscono la base indispensabile da cui partire per eseguire la nostra analisi. Il primo di questi concetti fondamentali è che in Benin, come nel resto dell’Africa e, più in generale, nei sud del mondo, il destino di bambini e donne è intrecciato a doppio filo in una comune lotta per la sopravvivenza, dunque non si può pensare di affrontare i problemi degli uni prescindendo da quelli delle altre. In secondo luogo si deve tenere conto della cornice culturale e sociale in cui il sistema d’istruzione s’inserisce e delle modificazioni profonde che l’istruzione, mutuata da modelli occidentali, provoca nella società tradizionale. Infine occorre dare il giusto peso ai numeri e alle statistiche che sono indubbiamente strumenti fondamentali per un’analisi scientifica accurata, ma corrono il rischio, se prese in maniera troppo asettica, specie da chi non abbia mai compiuto un’esperienza sul campo, di ingenerare l’erroneo convincimento che una determinata situazione o un dato problema siano privi di cause verificabili o, peggio ancora, siano statici ed immutabili nella loro drammaticità. L’Africa non è immobile, tutt’altro, è viva e pulsante e fa i conti con le proprie radici, con il colonialismo, di cui ancora patisce i postumi, e col neo-colonialismo da cui non sa ancora bene come difendersi. E’ un continente ricco di risorse, umane innanzitutto, ma ha i suoi tempi, come l’Europa, l’Asia o il continente Americano. Il fatto che i suoi tempi non coincidano con quelli di altri continenti e popolazioni totalmente differenti per lingua, storia, cultura, tradizioni ed economia, non è sempre e necessariamente un male. Inoltre anche ove i cambiamenti e l’acquisizione di concetti estranei alle culture locali siano ritenuti assolutamente necessari 13 allo sviluppo dei popoli africani, non si può pensare di trasformare un intero continente da un giorno all’altro. Il processo di sviluppo avviene, infatti, a diversi livelli e se gli africani accolgono velocemente innovazioni tecnologiche, per esempio tv, radio, telefoni cellulari e, in misura minore, internet29, più difficile è invece introdurre concetti, strumenti e pratiche, che spesso sono in aperto contrasto con secoli di storia e cultura tradizionale. Tenendo a mente quanto detto finora, possiamo addentrarci un poco nella società beninese per coglierne alcune caratteristiche che ci torneranno utili in questo come nel prossimo capitolo, dove concentreremo la nostra attenzione sulle donne. Il fondamento della società beninese è l’educazione tradizionale, basata sul principio che i giovani sono figli innanzitutto della comunità. Ciò significa che i bambini e le bambine nascono e crescono sottoposti ad una pluralità di autorità tradizionali che va dai genitori, alla famiglia allargata, al capo villaggio, agli anziani, senza dimenticare, naturalmente, le autorità religiose. Un sistema del genere presenta l’indubbio vantaggio di una forte solidarietà comunitaria per cui i piccoli vengono educati dai più grandi in una gerarchia dettata, innanzitutto, dall’anzianità. In questo modo anche l’assenza forzata dei genitori per motivi di lavoro o di salute viene colmata da qualche membro della famiglia allargata tradizionale o, in mancanza di questi, da qualcun altro all’interno del villaggio. Una pratica tradizionale caratteristica del Benin è il vidomegon30 che nella locale lingua fon significa “affido del bambino”. Attraverso questo strumento i genitori dei villaggi più poveri, in modo particolare quelli del nord, affidano la custodia di uno o più figli a parenti della famiglia allargata oppure ad amici benestanti. La speranza dei genitori è che i propri figli abbiano maggiori possibilità di studiare e lavorare nei centri urbani più sviluppati, laddove restare al villaggio costituirebbe un onere economico insopportabile per la famiglia. Purtroppo con il passare del tempo questa tradizione ha subito una distorsione drammatica e nella tradizione si sono inserite le figure degli “intermediari” che battono i villaggi più poveri, in veri e propri rastrellamenti, in cerca di bambini e bambine da prendere per poi sistemare in affido o addirittura da comprare per pochi soldi, sfruttando la povertà estrema delle famiglie o raggirandole con false promesse. Questi bambini sono poi venduti come forza lavoro nei paesi vicini, ad esempio la Nigeria o la Costa d’Avorio, dove sono tenuti in schiavitù ed impiegati nelle attività più disparate, dal lavoro nei campi a quello nelle cave di pietra, alla servitù presso ricche famiglie locali, con tutto il corollario di abusi dei quali sono fatti oggetto. Da diversi anni il governo del Benin ha iniziato una vera e propria Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito dall’Unicef, tavola 5, p.130, voce Benin. Secondo questi dati riferiti al 2005, in Benin erano presenti 11 telefoni e 6 computer connessi ad internet ogni 100 abitanti. 29 Per un approfondimento visitare il sito web delle Suore Salesiane del Foyer Laura Vicuna di Cotonou che si occupano dei piccoli schiavi: http://www.foyerlauravicuna.org/cms/ 30 14 campagna di lotta al traffico dei bambini31, sia di quelli strappati alle loro famiglie all’interno del paese, sia di quelli che in Benin arrivano come schiavi introdotti illegalmente da paesi stranieri quali Togo, Ghana, Costa d’Avorio etc. Purtroppo il fenomeno è difficile da tenere sotto controllo sia per l’alto livello di corruzione delle forze di polizia pubbliche, sia perché i confini del Benin non sono facilmente monitorabili e le vie d’accesso clandestine sono troppo numerose. Tuttavia anche quando una famiglia è in grado di mantenere i propri figli ancora una volta la tradizione impone le proprie regole: i maschi per lo più vengono mandati a scuola e le femmine restano a badare alla casa e ai fratelli più piccoli in aiuto alla madre o per permettere a quest’ultima di dedicarsi ad un lavoro retribuito. Più tardi, quando entrano nell’adolescenza, possono essere date in matrimonio e cessano di gravare economicamente sul bilancio familiare.32 Altri tipi di barriere sono conseguenza della religione di appartenenza, così, ad esempio, non è infrequente che i figli di famiglie musulmane siano mandati nelle scuole coraniche e la loro istruzione si limiti all’apprendimento del Corano e ad una formazione di carattere strettamente religioso, invece di un’istruzione di tipo generale spendibile per trovare un lavoro o migliorare la propria posizione sociale. Questa stessa opposizione alla scuola moderna la possiamo trovare, sotto forma di rifiuto di una cultura estranea, in alcuni villaggi tradizionali del nord, dove il modello di sviluppo occidentale e quindi anche l’istruzione, non sono ben visti dalle autorità locali che ritengono tale modello, ereditato dal colonialismo, un mezzo di distruzione totale delle proprie radici culturali.33 Vi è poi un grave problema di discriminazione di genere che colpisce le bambine e le accompagna, come vedremo diffusamente nel prossimo capitolo, sino all’età adulta, minando la loro esistenza e la possibilità di avere una vita serena, basata su scelte consapevoli e sullo sviluppo delle proprie capacità di autodeterminazione. Oltre a questi problemi di ordine sociale, religioso e culturale ve ne sono altri di carattere strutturale come la carenza di edifici scolastici adeguati e il In particolare la Loi N° 2006-04 al Chapitre II - Section Premiere, agli articoli 7 e 8, vieta lo spostamento all’interno del paese o la separazione dei minori di 18 anni dai propri genitori biologici o da chi abbia autorità sui minori stessi, a meno che non vi sia un’ autorizzazione dalle autorità amministrative del luogo di residenza. Inoltre nessuno può accogliere un minore di 18 anni in un luogo diverso dalla sua residenza senza tale autorizzazione e senza dichiararlo alle autorità del luogo di accoglienza entro 72 ore dall’arrivo del minore. La pena per i trasgressori va dai 2 ai 5 anni di reclusione e da una sanzione di 500 mila a 2 milioni e 500 mila franchi CFA (tra i 760 e i 3.800 euro , circa). Il Governo ha istituito anche un apposito corpo di polizia chiamato Brigade de Protection des Mineurs che ha il compito specifico di recuperare i piccoli schiavi e affidarli a centri di accoglienza specializzati. 32Nel prossimo capitolo vedremo come la Grameen Bank in Bangladesh abbia adottato 16 “risoluzioni”, una delle quali riguarda specificamente la lotta a questo tipo di matrimoni. 33 In uno dei villaggi dei Tangba (o Taneka) dell’Atacora l’autore ha incontrato l’anziano del villaggio che veste solo l’antica pelle tradizionale, non conosce la lingua francese e spesso discute col capo villaggio perché disapprova che i giovani frequentino scuole moderne. Sui Tangba si veda M. Aime, Il mercato e la collina. Il sistema politico dei tangba (taneka) del Benin settentrionale: passato e presente, Il Segnalibro, Torino, 1997. 31 15 conseguente sovraffollamento cronico delle aule, la costante riluttanza degli insegnanti a recarsi in sedi disagiate, le difficoltà di collegamento interno. Come si vedrà, man mano che li approfondiremo, affrontarli nel loro complesso non è un compito facile e spesso si è costretti ad operare su più fronti con risorse che nella maggior parte dei casi sono del tutto inadeguate e insufficienti. Si noti che manca in questo lavoro una parte che riguardi l’università. Tale mancanza è dovuta alla difficoltà di reperire informazioni sufficienti sull’università, sia per mancanza di tempo e risorse che per una collaborazione molto limitata dei funzionari universitari locali. E’ necessario sottolineare, infatti, che la presenta ricerca è stata svolta per la gran parte sul campo. Accanto all’analisi dei dati collezionati nei ministeri competenti del Benin e integrati o confrontati, secondo i casi, con statistiche di organismi internazionali quali Unicef, Unesco, World Bank e altri, procederemo anche all’analisi di dati ottenuti attraverso questionari somministrati agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie, secondo modalità che saranno chiarite più avanti. La scelta è dettata dal fatto che i dati e le statistiche sono utili per fotografare la situazione dell’istruzione formale34 in Benin, ma non ne spiegano le cause né le implicazioni sociali ed economiche. In questo capitolo ci occuperemo dunque dell’istruzione formale, pubblica e privata. Il sistema beninese comprende cinque gradi d’istruzione, vediamoli qui di seguito in sintesi: 1. Istruzione pre-scolare (Enseignement Maternel), durata 2 anni: rivolta a bambini della fascia di età compresa tra i 3 e i 5 anni. Obbligatoria se si vuole accedere alla scuola primaria a 6 anni. In caso contrario si accede alla scuola primaria a 7 anni. 2. Istruzione primaria (Enseignement Primaire), durata 6 anni: rivolta ai bambini della fascia di età compresa tra 6 e 11 anni. Obbligatoria. Al termine si sostiene l’esame per il conseguimento del CEP (Certificat d’Etudes Primaire.) 3. Istruzione secondaria generale (Enseignement Secondaire General), durata 7 anni: rivolta a ragazzi della fascia di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. E’ divisa in due cicli formativi: il primo ciclo comprende 4 anni (dalla 6ème alla 3ème classe) al termine dei quali si sostiene l’esame per il conseguimento del BEPC (Brevet d’Etudes du Premier Cycle). Il secondo ciclo comprende 3 anni (dalla 2nde al Terminal) alla fine dei quali ottiene il BAC (Baccalauréat) cioè il diploma di istruzione secondaria che permette l’accesso all’università. 4. Istruzione secondaria tecnica e professionale (Enseignement Secondaire Technique et Professionnel), durata 7 anni: come per la scuola d’insegnamento generale anche quella tecnica è divisa in due cicli. Al termine del primo ciclo si può ottenere il CAP (Certificat d’Aptitude Professionnelle) mentre completato il secondo ciclo si L’aggettivo formale è qui specificato per limitare il nostro campo d’indagine all’istruzione programmata e gestita dallo Stato. 34 16 ottiene il BAC specifico in base al corso di studi oppure il DTI (Diplôme de Technicien Industriel). 5. Istruzione Superiore (Enseignement Superieur), durata 5 anni (3+2): possono accedervi gli studenti in possesso di un diploma di scuola secondaria. Diverse facoltà sono però soggette al numero chiuso e prevedono degli esami d’ingresso. I titoli rilasciati dall’università sono i diplomi universitari a seconda della filiera di studi, la License con esame al termine del triennio oppure la Maitrise che si ottiene con un altro esame dopo due ulteriori anni di studio. Questo primo colpo d’occhio è utile per focalizzare l’oggetto del nostro studio e cominciare a fissare alcuni termini che ritroveremo più in là nella nostra trattazione. Nei prossimi paragrafi cercheremo di approfondire il discorso prendendo in considerazione i singoli ordini d’insegnamento, il loro funzionamento e i dati che li riguardano senza dimenticare che le percentuali e i numeri si riferiscono a bambini, bambine e ai loro insegnanti, cioè persone e non entità astratte. 2.2 Ritorno tra i banchi Dopo aver visto schematicamente il funzionamento del sistema scolastico beninese, è necessario varcare la soglia delle scuole per “toccare con mano” quale sia lo stato dell’istruzione nella pratica quotidiana. Partiremo innanzitutto dall’analisi dei dati per poi osservare quali siano i problemi, le differenze tra zone rurali e zone urbane, le differenze di genere. Dopo di che modificheremo il nostro punto di vista prendendo in considerazione la vita degli studenti e degli insegnanti così come loro la percepiscono e la raccontano. Questo è fondamentale, a nostro avviso, perché così come la cultura tradizionale africana viene tramandata oralmente, allo stesso modo non è possibile capire fino in fondo la situazione scolastica del Benin (ma ciò crediamo valga per qualunque aspetto della vita del paese) senza confrontarsi con gli attori che questa scuola la vivono. 2.2.1 Cenni sulle strutture scolastiche Dal punto di vista delle strutture scolastiche queste si presentano in maniera pressoché identica in tutto il Benin, fatte salve le eccezioni dovute alla mancanza di mezzi adeguati nelle regioni più disagiate del paese. Generalmente una scuola primaria pubblica, è costituita da uno o più caseggiati rettangolari in muratura, bassi e con tetto a spiovente, dotati di 4 o 5 aule ampie, ciascuno con finestre traforate direttamente sul muro. Naturalmente le dimensioni dei caseggiati e i materiali da costruzione variano notevolmente tra zone rurali e zone urbane, così può capitare di imbattersi in scuole costruite con mattoni e cemento come altre costruite con semplici lamiere e canne o mattoni di terra cruda e paglia. Di norma ad ogni caseggiato o coppia di caseggiati corrisponde un gruppo pedagogico identificato da una lettera dell’alfabeto, con propri insegnanti e un proprio 17 direttore. Quando i gruppi pedagogici all’interno di una scuola sono numerosi, si parla di “complesso” scolastico. Al centro dei caseggiati c’è sempre un grande spazio aperto in cui svetta la bandiera nazionale del Benin e spesso le aree scolastiche non sono cinte da mura o altre protezioni se non nei centri urbani come Cotonou, Porto Novo, Parakou etc., ossia quelle zone ad alta densità di traffico che possono costituire un pericolo per gli scolari. Queste mura in genere non sono alte e delimitano semplicemente il perimetro scolastico, peraltro non sempre sono presenti dei cancelli d’ingresso e, quando ci sono, è facile che restino aperti. Le scuole secondarie hanno strutture che non differiscono molto da quelle primarie, anche se a Cotonou si possono osservare alcuni colléges su più piani. Le differenze strutturali più rilevanti non sono visibili tanto tra scuole primarie e secondarie, quanto tra scuole pubbliche e scuole private. Infatti, le prime rispettano tutte all’incirca gli stessi canoni di edilizia scolastica pubblica, mentre il settore privato è più eterogeneo perché gli edifici scolastici sono sovente edifici di recupero,35 oppure, come nel caso di scuole confessionali cattoliche, sono spesso meglio attrezzati perché godono di finanziamenti che la Chiesa Cattolica destina alle missioni in Africa, oppure sono finanziate direttamente da donatori privati nell’ambito della cooperazione internazionale. Inoltre le dimensioni degli istituti privati sono generalmente più contenute perché il settore scolastico privato ha meno iscritti a causa dei costi elevati, come vedremo più avanti in dettaglio, il che vale tanto per le scuole primarie quanto per quelle secondarie e le università. Di norma poi gli istituti privati sono più protetti sia con recinzioni alte che impediscano l’ingresso, ma anche la visuale, sia per l’attenzione da parte del personale che controlla l’ingresso di estranei, controllo praticamente assente nella scuola pubblica. Una particolare annotazione merita la collocazione degli istituti, soprattutto nei centri più piccoli e nei villaggi, che spesso tende ad essere abbastanza originale: spesso capita che le scuole siano letteralmente perse in mezzo alla savana oppure come capita sul litorale tra Cotonou e Ouidah è normale trovare scuole in mezzo a palmeti a pochi metri dal mare. Questo accade perché essendoci grossi problemi di collegamento interno le scuole vengono costruite dove le comunità che ne sono prive facciano richiesta. Ecco allora che se più villaggi necessitano di una scuola primaria si cerca di metterla ad una distanza equa tra un villaggio e l’altro magari letteralmente in aperta savana. Oppure se le comunità di pescatori non possono spostarsi troppo per mandare i figli a scuola si fanno le scuole lungo la spiaggia. 2.2.2 La scuola primaria Come abbiamo visto nella sintesi introduttiva, la scuola primaria prevede 6 anni d’insegnamento ed è destinata a bambini della fascia d’età compresa tra i 6 e gli 11 anni che corrispondono alla fascia della scuola dell’obbligo. Ciò è vero in particolar modo per le città di vaste dimensioni come Cotonou in cui gli spazi di urbanizzazione ormai saturi non consentono la costruzione di nuovi edifici nel cuore della città, cosicché vengono sfruttati quelli già esistenti. 35 18 Ogni classe ha una specifica denominazione, generalmente abbreviata con una sigla, qui di seguito riportiamo la denominazione originale in scala ascendente: 1. Cours d'Initiation (CI) 2. Cours Préparatoire (CP) 3. Cours Élémentaire 1 (CE 1) 4. Cours Élémentaire 2 (CE 2) 5. Cours Moyen 1 (CM 1) 6. Cours Moyen 2 (CM 2) Il contenuto della formazione è organizzato su tre aree disciplinari: la prima comprende discipline strumentali (matematica, francese) e discipline cosiddette “d’éveil” (storia, geografia, scienze). Poi vi sono le attività pratiche volte alla trasformazione dell’ambiente e, infine, le discipline attraverso le quali i bambini apprendono i rudimenti dell’educazione civica, artistica, economica, domestica, nutrizionale e ambientale. Alla fine del CM2, gli scolari devono sottoporsi a un esame per il conseguimento del CEP (Certificat d’Etudes Primaire), che dà loro accesso alle scuole secondarie. Sarà bene ora prestare attenzione ad alcuni dati statistici a cominciare da quelli tratti dall’ultimo rapporto dell’ISU36 (Institut de Statistique UNESCO), da cui prenderemo spunto per alcune riflessioni. La tabella 2.1 mostra il tasso lordo37 e il tasso netto38 di scolarizzazione primaria, per gli anni 1999 e 2005. Questo ci permette subito di apprezzare il notevole miglioramento che, tra la fine del vecchio millennio e l’inizio del nuovo, si è avuto nel numero di bambini iscritti alla scuola primaria. Entrambi i tassi sono cresciuti vistosamente, ma in particolar modo quelli femminili che nella stima lorda hanno subito un incremento del 26% mentre in quella netta del 30%. Ciò è spiegabile sicuramente con i numerosi programmi di sviluppo dell’educazione che sono stati avviati in concomitanza con l’individuazione degli Obiettivi del Millennio. Il nuovo impulso della comunità internazionale, sicuramente positivo, non deve però farci eccedere nell’entusiasmo, perché accanto a questi segnali positivi ve ne sono altri tutt’altro che incoraggianti. Tabella 2.1: Tasso lordo e netto di scolarizzazione primaria in Benin 36 Rapporto ISU, RECUEIL DE DONNÉES MONDIALES SUR L’ÉDUCATION 2007 Statistiques comparées sur l’éducation dans le monde, TABLEAU 2 ENSEIGNEMENT PRIMAIRE / CITE 1 / Nouveaux inscrits, p.77, voce Benin. Consultabile e scaricabile al seguente indirizzo web : http://www.uis.unesco.org/ev.php?ID=7167_201&ID2=DO_TOPIC 37Tasso lordo di scolarizzazione primaria: Indica il numero di bambini, di qualunque età, iscritti alla scuola primaria, espresso come percentuale sul numero totale dei bambini in età da scuola primaria. 38Tasso netto di scolarizzazione primaria: Indica il numero di bambini tra 6 e 11 anni d'età, iscritti alla scuola primaria, sul numero totale dei bambini in età da scuola primaria. 19 TASSO LORDO MF 74% 1999 M 89% MF 50%* M 59%* F MF 59% 97% TASSO NETTO F MF 40%* 78% 2005 M 107% F 85% M 86% F 70% *Stime nazionali Fonte ISU Ad esempio sul totale di 1.318.140 alunni delle scuole primarie nel 2005, in Benin, le bambine rappresentano soltanto il 44% della popolazione scolastica (Fonte ISU). L’ultimo dato mette in luce immediatamente quanto la scolarizzazione primaria sia ancora fortemente condizionata dalle differenze di genere e ben lungi dall’obiettivo della parità. Come abbiamo accennato più volte, la discriminazione di genere è un fatto diffuso in Benin e tocca tutti i livelli della società, dalla politica all’economia, all’istruzione. Una prima conclusione ricavabile dai dati è dunque la seguente: sradicare la discriminazione femminile si presenta come un compito arduo già dalla scuola primaria, nonostante gli indubbi progressi verificatisi dagli anni ‘90 ad oggi. Quando parliamo di differenze di genere nella scuola, a prescindere dal livello scolastico a cui ci riferiamo, dobbiamo inoltre ricordare che esse toccano tanto gli allievi quanto gli insegnanti. Nel 2005 su un totale di 28.148 insegnanti della scuola primaria in Benin, soltanto il 17,75% risulta costituito da donne.39 La tabella 2.2 oltre a mostrarci come si traduce questa percentuale in numeri, cioè 4.998 maestre contro 23.160 colleghi maschi sul territorio nazionale, evidenzia il secondo punto che dobbiamo approfondire e cioè la distribuzione geografica delle risorse umane per la scuola primaria. Vediamo dunque il dettaglio dei dipartimenti40 in questa statistica generale: nel 2004-2005 la coppia di dipartimenti Atacora/Donga ha un totale di 166.070 alunni per 3.340 insegnanti, cioè un rapporto circa di un insegnante ogni cinquanta alunni (vedi tabella 2.3). Si noti poi l’estremo divario tra il numero dei maestri e quello delle maestre che su oltre tremila insegnanti totali raggiungono solo le 293 unità, percentuale in assoluto più bassa (5,87%) sul totale femminile nazionale. Per contro, i quattro dipartimenti con la popolazione scolastica più elevata, cioè Atlantique/Littoral e Ouémé/Plateau che, giova ricordarlo, sono situati nel sud del Benin, hanno una percentuale d’insegnanti donne nettamente superiore a quella dei maschi, rispettivamente 34,40% contro 20,25% per la prima coppia e 25,34% contro 19% circa, per la seconda coppia. Se, infine, sommiamo i totali delle due coppie di dipartimenti, ci rendiamo conto che quasi il 43% degli insegnanti di scuola elementare di tutto il Benin si trova in questi quattro dipartimenti meridionali. Ecco allora L’ISU arrotonda al 18%, ma facendo la proporzione esatta con i dati raccolti sul campo presso il MEPS (Ministére des Enseignements Primaire et Secondaire) la percentuale è leggermente inferiore. 40 E’ consigliabile leggere i dati osservando la cartina amministrativa del Benin a pag. 80 39 20 la nostra seconda conclusione: esiste una netta disparità tra le risorse del sud e quelle del nord che vanno a sfavore di quest’ultimo. A ulteriore conferma di quanto detto poc’anzi analizziamo la tabella 2.3 che mette in rapporto il numero di alunni con quello degli insegnanti e delle classi disponibili. La tabella è assai intuitiva e si nota facilmente che il binomio Atlantique/Littoral ha un rapporto di 42 alunni per maestro e di 44 alunni per classe, cioè al di sotto della media nazionale che è rispettivamente di 46,8 e 48 alunni. Stavolta però il disagio maggiore spetta ai dipartimenti di Couffo/Mono che con un rapporto alunni/maestro di 1/53,8 e alunni/classe di 53,1/1 risultano ben oltre la media nazionale già ricordata. Arriviamo dunque a una terza considerazione significativa e cioè che nonostante Couffo e Mono siano due dipartimenti meridionali, per la precisione del sud-ovest, rappresentano una sacca di disagio all’interno di un sud mediamente più sviluppato del nord. Come vedremo nel capitolo III quando parleremo di povertà, ciò è vero tanto per’insegnamento quanto per lo sviluppo generale di queste due aree. Torniamo, però alla situazione della scuola primaria e cerchiamo di capire le possibili risposte a quest’apparente anomalia. In realtà se facciamo un passo indietro ai dati della tabella 2.2, noteremo che la popolazione scolastica elementare di Couffo/Mono è di 230.391 unità contro le 166.070 unità di Atacora/Donga. Tabella 2.2: Dati generali sull’insegnamento primario (Pub. + Priv.) Studenti N° Maschi Femmine Totale 96.556 69.514 166.070 Maschi Femmine Totale 146.698 122.178 268.867 Maschi Femmine Totale 97.230 81.545 178.775 Maschi Femmine Totale 131.309 99.083 230.391 Maschi Femmine Totale 140.578 102.004 242.582 Maschi Femmine Totale 131.676 99.779 231.445 % Benin Insegnanti N° % Benin N° scuole ATACORA / DONGA 12,98 3.047 13,16 837 12,11 293 5,87 12,60 3.340 11,87 ATLANTIQUE / LITTORAL 19,72 4.691 20,25 1.117 21,28 1.716 34,40 20,40 6.407 22,76 ALIBORI / BORGOU 13,07 3.123 13,48 835 14,20 479 9,60 13,56 3.602 12,80 COUFFO / MONO 17,65 3.806 16,43 837 17,26 473 9,48 17,48 4.279 15,20 OUEME’ / PLATEAU 18,89 4.397 18,99 1.061 17,77 1.264 25,34 18,40 5.661 20,11 COLLINES / ZOU 17,70 4.096 17,69 17,38 763 15,30 1.035 17,56 4.859 17,26 N° aule utilizzate N° aule totali 3.324 3.415 6.113 6.320 3.467 3.696 4.336 4.489 5.570 5.754 4.677 4.930 TOTALE BENIN 21 Maschi 744.047 Femmine 547.103 Totale 1.318.140 100 100 100 23.160 4.998 28.148 100 100 100 5.722 27.487 28.604 Fonte: MEPS 2004-2005 Se però osserviamo il numero di scuole e di aule utilizzate rispettivamente dagli uni e dagli altri, avremo la risposta che cerchiamo: sullo stesso identico numero di scuole (837) dell’Atacora/Donga sono ripartite circa un migliaio di aule in più per Mono/Couffo, ma in queste mille aule, devono entrare 64.321 bambini in più rispetto all’Atacora/Donga. A questo punto due sono le risposte possibili: o il Mono/Couffo ha 837 scuole di enormi dimensioni (e sappiamo per esperienza diretta che non è così), oppure le aule sono molto affollate. Infatti, questo è ciò che ci raccontano anche i dati della tabella 2.3. Tabella 2.3: Rapporto allievi/maestro e allievi/classe per dipartimento N° di scuole Rapporto allievi per maestro Rapporto allievi per classe 837 49,7 50,0 1.117 42,0 44,0 835 49,6 51,6 837 53,8 53,1 1.061 42,9 43,6 COLLINES / ZOU 1.035 47,6 49,5 TOTALE BENIN 5.722 46,8 48,0 Dipartimenti ATACORA / DONGA ATLANTIQUE / LITTORAL ALIBORI / BORGOU COUFFO / MONO OUEME’ / PLATEAU Fonte: MEPS 2004-2005 Siamo quindi giunti ad altri due problemi della scuola primaria in Benin: il sovraffollamento delle classi e il numero insufficiente d’insegnanti che affligge soprattutto il nord del paese. La conseguenza pratica è che un maestro o una maestra che deve fronteggiare cinquanta o più bambini41 tra i 6 e gli 11 anni, passerà verosimilmente più tempo a cercare di mantenere ordine nella propria classe che ad insegnare qualcosa ai piccoli allievi. In realtà durante la somministrazione dei questionari ai docenti all’autore è capitato di imbattersi in classi da 60-70 alunni in una situazione del tutto ingestibile per l’insegnante. 41 22 Riguardo a questo problema è bene soffermarci sull’efficacia della scuola primaria attraverso alcuni dati che ci permettono di capire meglio quanto gli alunni di questo grado d’insegnamento abbiano effettivamente la possibilità di imparare o meno. Per farlo ci serviremo della tabella 2.4 in cui sono contenuti i dati sulle promozioni secondo le singole classi e il genere. Analizzando questi dati, riferiti all’anno scolastico 2004-2005, notiamo subito tre cose: la prima è che il tasso di promossi è sempre in calo da una classe all’altra, fatte salve alcune eccezioni che però non sono indicative della tendenza generale. Andando avanti nel percorso della scuola primaria, sono sempre meno coloro che riescono a passare da una classe a un'altra. La seconda considerazione è che guardando i totali sull’intero percorso scolastico, non si tocca nemmeno il 70% di promozioni. La terza considerazione è che, stante il calo di promozioni che si registra mediamente in tutti i dipartimenti, tra la CI e la CM2, se guardiamo i totali per dipartimento e secondo il genere possiamo agevolmente notare che le bambine vengono bocciate in percentuale maggiore rispetto ai bambini. Tabella 2.4: Tasso di promozione per classe, genere e dipartimento CI Maschi Femmine Totale 76,82% 75,92% 76,42% Maschi Femmine Totale 70,32% 68,75% 69,60% Maschi Femmine Totale 82,92% 84,76% 83,78% Maschi Femmine Totale 77,16% 75,49% 76,40% Maschi Femmine Totale 72,82% 73,75% 73,72% Maschi Femmine Totale 65,39% 64,24% 64,88% CP CE 1 CE 2 CM 1 ATACORA / DONGA 71,67% 70,08% 69,73% 63,82% 69,73% 67,77% 60,91% 54,25% 70,83% 69,11% 66,11% 60,33% ATLANTIQUE / LITTORAL 77,33% 72,10% 69,74% 69,64% 75,16% 71,99% 67,76% 66,49% 76,34% 72,05% 68,87% 68,30% ALIBORI / BORGOU 76,48% 76,01% 72,14% 70,77% 77,31% 75,90% 67,62% 64,87% 76,87% 75,96% 70,08% 68,28% COUFFO / MONO 78,01% 76,11% 73,64% 73,03% 75,09% 73,05% 68,11% 62,91% 76,70% 74,77% 71,28% 68,94% OUEME’ / PLATEAU 72,54% 69,62% 66,17% 67,07% 71,89% 67,42% 62,47% 59,95% 72,26% 68,70% 64,68% 64,26% COLLINES / ZOU 70,65% 67,85% 66,15% 64,74% 70,34% 67,04% 61,31% 57,36% 70,52% 67,50% 64,07% 61,80% TOTALE BENIN CM 2 Totale 52,27% 47,22% 50,62% 68,56% 65,61% 67,35% 56,16% 54,85% 55,62% 69,90% 68,50% 69,28% 58,56% 53,58% 56,64% 73,72% 72,86% 73,34% 66,70% 58,61% 63,92% 74,59% 70,43% 72,81% 60,64% 56,90% 59,25% 68,76% 66,72% 67,92% 53,85% 48,51% 51,89% 65,50% 63,16% 64,51% 23 Maschi 73,38% Femmine 73,01% Totale 73,21% Fonte: MEPS 2004-2005 74,44% 73,35% 73,96% 71,84% 70,55% 71,28% 69,39% 64,89% 67,47% 68,44% 61,54% 65,65% 58,51% 53,80% 56,77% 70.07% 67,84% 69,12% Proviamo a capire il perché di questi dati: per quanto riguarda il calo di promossi tra la CI e la CM2 ciò è spiegabile con il fatto che, come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, i bambini e le bambine hanno due tipi di impegno, scolastico e domestico. Quello domestico per le famiglie è irrinunciabile quanto, e forse più, di quello scolastico, perché tutti devono contribuire al buon funzionamento della casa e al sostentamento della famiglia. Su questa prima considerazione s’inserisce la seconda che ancora una volta ci riporta alla questione di genere. Sono, infatti, le bambine che tradizionalmente aiutano la madre nelle faccende domestiche o nel piccolo commercio, perciò il carico maggiore di lavoro non scolastico spetta a loro. Ed è innegabile che il loro rendimento ne risenta maggiormente rispetto agli alunni maschi. Infine, come abbiamo già fatto notare, il sovraffollamento delle classi rende difficile l’apprendimento per tutti. Tabella 2.5: Tasso di ripetenti per classe, genere e dipartimento CI CP CE 1 CE 2 CM 1 CM 2 Totale 28,10% 17,65% ATACORA / DONGA Maschi 3,72% 16,20% 19,08% 23,33% 23,73% 21,19% 26,52% Femmine 4,42% 18,07% 27,69% 34,71% 19,04% Totale 4,03% 17,01% 19,96% 24,64% 25,18% ATLANTIQUE / LITTORAL 30,26% 18,22% Maschi 11,17% 14,60% 23,73% 16,90% Femmine 10,35% 14,17% Totale 10,80% 14,41% Maschi 3,22% 13,70% 17,78% 19,72% 17,66% 20,45% 17,72% 20,04% ALIBORI / BORGOU 17,81% 19,09% 25,19% 16,86% 18,35% 24,33% 16,88% 22,10% 30,58% 17,40% 18,15% 23,07% 18,78% 25,40% 27,35% 30,97% 18,02% 18,44% 24,13% COUFFO / MONO 24,32% 30,73% 17,68% Femmine 3,24% 13,86% Totale 3,23% 13,77% Maschi 1,77% 12,46% 16,04% 18,02% 19,34% 19,24% 13,74% Femmine 1,54% 12,68% 17,22% 20,35% 22,89% 21,73% 14,47% Totale 1,67% 12,55% 20,78% 20,10% 14,05% Maschi 6,70% 15,66% 19,29% 22,31% 22,80% 20,40% 17,21% Femmine 6,49% 15,39% 20,27% 23,91% 25,26% 22,68% 17,84% Totale 6,61% 15,55% 19,70% 22,96% COLLINES / ZOU 23,77% 21,24% 17,47% Maschi 15,52% 15,09% 18,99% 23,01% 17,61% 16,56% 19,01% OUEME’ / PLATEAU 17,76% 18,36% 24 Femmine 15,12% 15,67% 19,22% 20,23% 22,46% 27,31% 18,81% Totale 15,34% 15,34% 18,39% 19,16% 20,37% 24,58% 18,12% Maschi 7,63% 14,54% TOTALE BENIN 17,94% 20,46% 20,59% 23,61% 16,65% Femmine 7,34% 14,75% 18,89% 22,33% 23,71% 26,33% 17,36% Totale 7,50% 14,64% Fonte: MEPS 2004-2005 18,35% 21,26% 21,85% 24,61% 16,95% Le tabelle 2.5 e 2.6 mostrano rispettivamente la percentuale di ripetenti, per ogni classe di scuola primaria, secondo genere e dipartimento e la percentuale di abbandono scolastico per ogni classe sempre secondo genere e dipartimento. La prima annotazione generale è che c’è l’andamento della tabella s’inserisce nella tendenza vista nella tabella 2.4, in altre parole più si va avanti nel percorso scolastico elementare, minore è il numero di promossi e, di conseguenza, maggiore quello dei bocciati. La tabella 2.5 mostra però delle eccezioni non trascurabili: per esempio per quanto riguarda la classe CI, accanto a percentuali di ripetenti sotto il 10%, spiccano le due coppie di dipartimenti Atlantique/Littoral e Collines/Zou rispettivamente con una percentuale totale di ripetenti del 10,80% e del 15,34%, valori decisamente elevati per una prima elementare. Analogamente alla simmetria generale promossi/ripetenti delle tabelle 2.4 e 2.5 va notata la simmetria delle due tabelle su maschi/femmine, il tasso di ripetenti tra le bambine è, infatti, mediamente superiore a quello dei bambini in particolare nelle ultime tre classi CE2, CM1 e CM2 in cui per certi dipartimenti la forbice tocca i sei punti percentuali, come nel caso della CM2 nell’Atacora/Donga con le femmine al 34,71% e i maschi al 28,10%. Tabella 2.6: Tasso di abbandono per classe, genere e dipartimento. CI Maschi Femmine Totale 19,46% 19,66% 19,55% Maschi Femmine Totale 18,51% 20,90% 19,60% Maschi Femmine Totale 13,87% 12,00% 12,99% Maschi Femmine Totale 21,07% 22,97% 21,93% Maschi 20,48% CP CE 1 CE 2 CM 1 ATACORA / DONGA 12,13% 10,84% 6,95% 12,46% 12,30% 11,04% 12,57% 18,05% 12,16% 10,92% 9,25% 14,50% ATLANTIQUE / LITTORAL 8,07% 10,12% 10,54% 12,55% 10,67% 10,35% 11,79% 14,42% 9,26% 10,22% 11,09% 13,34% ALIBORI / BORGOU 9,82% 8,84% 9,36% 5,84% 4,80% 7,13% 5,31% 6,98% 7,78% 5,60% 5,79% 7,40% COUFFO / MONO 9,53% 7,85% 8,33% 7,64% 12,23% 9,73% 11,54% 14,20% 10,75% 8,67% 9,70% 10,29% OUEME’ / PLATEAU 11,80% 11,09% 11,52% 10,12% CM 2 Totale 19,63% 18,07% 19,12% 13,79% 15,35% 14,43% 20,11% 19,96% 20,05% 13,21% 14,64% 13,84% 10,86% 15,45% 12,63% 8,88% 9,12% 8,98% 14,06% 19,66% 15,99% 11,67% 15,11% 13,14% 18,96% 14,02% 25 Femmine Totale Maschi Femmine Totale 19,76% 20,17% 19,09% 20,64% 19,78% 12,72% 12,19% 12,31% 11,60% 13,60% 12,36% 14,79% 11.96% 20,42% 19,50% 15,45% 14,61% 14,26% 13,99% 14,14% COLLINES / ZOU 14,39% 15,49% 13,73% 18,49% 14,11% 16,76% TOTALE BENIN 16,27% 20,18% 17,83% 23,14% 24,19% 23,52% 16,89% 18,03% 17,37% 10,22% 10,56% 10,37% 10,98% 14,75% 12,50% 17,88% 19,87% 18,61% 13,28% 14,80% 13,93% Maschi 18,99% 11,01% Femmine 19,66% 11,90% Totale 19,29% 11,41% Fonte: MEPS 2004-2005 10,15% 12,77% 11,27% Se sul tasso di promozione/bocciatura abbiamo già spiegato i fattori determinanti, restano da formulare alcune ipotesi sul tasso di abbandono scolastico che come mostra la tabella 2.6 ha un andamento abbastanza regolare per tutti i dipartimenti, ovvero una curva che partendo da tassi elevati, tra 18% e 20% (fa eccezione l’Alibori/Borgou sotto il 14%), per la CI, scende nelle quattro classi centrali per poi risalire nella CM2. Ciò significa che i bambini e le bambine abbandonano gli studi primari più frequentemente nel primo e nell’ultimo anno. Vediamo di capire il perché, anche se in mancanza di informazioni certe possiamo solo provare a ricostruire motivazioni plausibili. Nel caso della CI la scelta è verosimilmente dettata dal fatto che i bambini sono molto piccoli e necessitano di maggiore attenzione non potendo recarsi a scuola da soli, il che implica per le madri un dispendio di tempo maggiore. Inoltre essendo piccoli probabilmente non si ritiene che lo studio sia così importante per loro, potendolo rimandare a quando saranno più autonomi. Non è infrequente che nelle scuole primarie vi siano ragazzi e ragazze di 14 o 15 anni che spesso non sono ripetenti, ma piuttosto sono stati iscritti in età avanzata alle prime classi. Per quanto riguarda l’abbandono nell’ultima classe ossia la CM2, bambini e bambine oltre al problema di essere abbastanza grandi da risultare fondamentali nell’economia familiare, scontano la barriera dell’esame finale per il passaggio al grado d’istruzione secondario. Un’ipotesi ulteriore che possiamo avanzare è quella della differenza di priorità tra genitori e bambini. La scuola primaria è obbligatoria, ma come abbiamo più volte ribadito, non tutti i genitori hanno tra i propri interessi quello del maggior grado d’istruzione possibile per i figli. Per alcuni, soprattutto nelle zone più povere e disagiate, è sufficiente che un bambino o una bambina sappiano leggere, scrivere e contare l’indispensabile per poter aiutare nei lavori domestici o nelle attività di piccolo commercio dei genitori, anzi in certi casi non è nemmeno indispensabile dato che alcuni lavori, per esempio quelli agricoli, non richiedono istruzione scolastica e si tramandano di genitore in figlio. Questa ipotesi diventa ancora più plausibile se si pensa che l’istruzione è un investimento a medio - lungo termine, mentre in Benin i problemi della gente sono quotidiani e richiedono soluzioni immediate. Nella gente comune, inoltre, il concetto di programmazione o investimento è pressoché assente. A questo si aggiunge in certi casi una questione di ruoli sociali: alcuni genitori, analfabeti o con un basso livello d’istruzione, temono che un 26 figlio che completa tutti i cicli d’istruzione possa in qualche modo superare la loro posizione sociale e quindi venga meno a quegli obblighi di rispetto e obbedienza che invece la società tradizionale impone. 2.2.3 La scuola secondaria d’insegnamento generale e tecnico-professionale All’inizio del capitolo abbiamo elencato sinteticamente i gradi d’insegnamento del sistema di istruzione del Benin. Qui di seguito approfondiremo la conoscenza della scuola secondaria nel suo complesso, partendo quindi dalla descrizione dei due gradi di insegnamento secondario, quello generale e quello tecnico-professionale.42 Insegnamento generale Finalità e organizzazione degli studi. • Fare acquisire agli studenti il sapere, inteso come saper fare e saper essere, in maniera da sviluppare le loro attitudini fisiche e manuali la curiosità, spirito di osservazione, il ragionamento logico e lo spirito di ricerca. • Preparare gli studenti ad affrontare con successo gli esami scolastici. Questo insegnamento è destinato ai giovani tra gli 11 e i 14 anni che abbiano terminato con successo il loro percorso di studi primario. Questo grado ha due cicli: Al primo ciclo gli studi durano quattro anni, che corrispondono a quattro classi denominate sixième (6ème), cinquième (5ème), quatrième (4ème), troisième (3ème). Questo ciclo forma gli studenti sulla cultura generale ed in particolare sulle seguenti discipline: francese, storia e geografia, matematica, scienze fisiche (a partire dalla 5ème), biologia e geologia, tecnologia ed economia domestica, sport. Al termine della classe troisième, gli studenti sono sottoposti ad esame: il Brevet d'Études du Premier Cycle (BEPC). Al secondo ciclo gli studi durano tre anni, corrispondenti a tre classi dette rispettivamente seconde (2nde), première (1ère) e terminale (Tle). Esse sono destinate a consolidare l’insegnamento generale del primo ciclo, estendere il bagaglio culturale degli studenti affinché possano superare con successo l’esame che segna la fine dell’insegnamento secondario: il Baccalauréat. Questo grado formativo comprende poi cinque grandi filiere di studi, suddivise secondo le specifiche materie d’insegnamento: • A1 (letteraria), in cui le materie principali sono francese, filosofia, inglese, e una seconda lingua straniera. • A2 (letteraria), con filosofia, storia e geografia come materie principali. 42 Descrizione fornita dal Ministero dell’Insegnamento Primario e Secondario. 27 • B (economico-sociale), con uno spazio riservato all’economia, accanto all’insegnamento delle materie classiche della filiera letteraria. • C (tecnico-scientifica), dove le materie privilegiate sono matematica e fisica. • D (scientifica), in cui si privilegiano le scienze naturali, cioè biologia e geologia. Insegnamento Tecnico e Professionale Finalità e organizzazione degli studi Oltre all’acquisizione delle conoscenze generali, le finalità dell’insegnamento tecnico e professionale sono: • Lo studio delle scienze e delle tecniche connesse. • L’assimilazione di competenze pratiche, di savoir faire, di attitudine e di elementi di comprensione in relazione alle professioni che possono essere esercitate nei diversi settori della vita economica e sociale. Ci sono cinque campi di formazione nell’insegnamento tecnico e professionale in Benin: • • • • • Scienze e tecniche industriali Scienze e tecniche amministrative e di gestione Scienze biologiche e sociali applicate Alberghiero e Ristorazione Scienze e tecniche agricole a) Scienze e tecniche industriali Questo campo è suddiviso a sua volta in sei filiere di studi: 1) 2) 3) 4) 5) 6) Elettronica. Meccanica industriale. Meccanica automobilistica Genio civile Opere di legno per la costruzione di edifici Topografia. A queste sei filiere se ne aggiunge una settima un po’ particolare, detta serie E, che prepara gli studenti a carriere scientifiche e tecnologiche di alto livello. La durata degli studi in queste filiere industriali è di sei anni, divisi in due cicli da tre anni ciascuno. Il primo ciclo prepara gli studenti a un Certificat d'Aptitude Professionnelle (CAP). Vi possono accedere giovani dai 13 ai 16 anni che abbiano conseguito il Certificat d'Etudes Primaires e che abbiano una formazione almeno al livello della classe 5ème 28 dell’insegnamento secondario generale. Il secondo ciclo ha il suo sbocco nel Diplôme de Technicien Industriel (DTI) oppure in un Baccalauréat série E. Il secondo ciclo è aperto a studenti di età compresa tra i 16 e i 20 anni, in possesso di un CAP o del Brevet d'Etudes du Premier Cycle (BEPC) dell’insegnamento generale. b) Scienze e tecniche amministrative e di gestione La formazione dura sei anni, divisi in due cicli da tre anni. Il primo ciclo prepara a un CAP nelle seguenti branche: Contabilità, Impiegato d’Ufficio, Stenodattilografia. Il secondo ciclo termina con un BAC tecnico Segretariato (BAC G1), Contabilità (BAC G2), Amministrazione e Commercio (BAC G3). Le condizioni di accesso a questa branca di studi sono identiche a quelle per la formazione industriale. c) Scienze biologiche e sociali applicate La formazione dura sei anni, divisi in due cicli da tre anni. Il primo ciclo prepara sia a un Diplôme d'Infirmier Adjoint, nelle Scienze Biologiche, sia a un CAP, per le Scienze Sociali. E’ aperto a giovani di entrambe i sessi, di età compresa tra i 14 e i 17 anni, in possesso del Certificat d'Etudes Primaires, e con un livello di formazione che sia almeno alla classe 5ème dell’insegnamento secondario generale. Possono ugualmente accedere al primo ciclo delle scuole di sanità, gli ausiliari di età compresa tra i 18 e i 25 anni. Il secondo ciclo porta ai seguenti titoli : • • • • Brevet de Technicien Diplôme d'Infirmier d'État du Bénin Diplôme de Sage-Femme d'État du Bénin Diplôme d'Aide-Sociale : possono accedervi studenti dei due sessi di età compresa tra i 16 e i 20 anni, in possesso di BEPC , oppure ambosessi tra i 18 e i 25 anni, in possesso di un Diplôme d'Infirmier Adjoint o di un CAP. d) Settore Alberghiero e Ristorazione La formazione comprende un unico ciclo di tre anni. Vi possono accedere giovani tra i 14 e i 17 anni d’età, in possesso di un Certificat d'Etudes Primaires, e con una formazione secondaria generale almeno al livello della classe 5ème . Il titolo che si consegue è un CAP. e) Scienze e Tecniche Agricole La formazione dura otto anni divisi in due cicli da quattro anni. Il primo ciclo termina con il Brevet d'Etudes Agricoles Tropicales (BEAT). Vi possono accedere giovani dai 14 ai 16 anni di età, in possesso di CEP e biennio di scuole secondarie generali (5ème). Il secondo ciclo aperto a giovani tra i 16 e i 20 anni d’età, in possesso di un BEPC, oppure di età compresa tra i 18 e i 20 anni, in possesso di BEAT. Il titolo conseguito alla fine degli otto anni è il Diplôme d'Etudes Agricoles Tropicales (DEAT). 29 Adesso che abbiamo visto in dettaglio tutti i possibili percorsi di istruzione secondaria possiamo concentrarci come di consueto sui dati e sulle statistiche per vedere come funziona l’istruzione secondaria, nella pratica, in Benin. Per quanto riguarda i dati fornitici dal MEPS è necessario specificare che mentre per la scuola primaria i dati vengono aggregati tra settore pubblico e settore privato, nell’istruzione secondaria questi vengono forniti sia aggregati che disaggregati. La motivazione è che mentre le differenze sostanziali tra scuola primaria pubblica e privata sono trascurabili, lo stesso non si può dire per quanto riguarda i colléges che invece presentano differenze significative. Innanzitutto vediamo però i dati ISU 2005: Tabella 2.7: Tasso lordo e netto di scolarizzazione per l’istruzione secondaria nell’anno 2005 (tutti i programmi) Tasso lordo totale per l’insegnamento secondario di qualsiasi programma MF M 33%* 41%* *Stime nazionali Fonte ISU Tasso netto totale per l’insegnamento secondario di qualsiasi programma F 23%* MF - M - F - In questo caso abbiamo solo il tasso lordo e notiamo il consueto divario tra maschi e femmine. Per il 2005 il totale della popolazione scolastica per l’insegnamento secondario ammonta a 435.449 studenti di cui il 35% costituito da ragazze e il 25% da appartenenti all’insegnamento privato. Sul totale della popolazione scolastica gli studenti del solo insegnamento generale sono 377.618 di cui il 34% formato da ragazze.43 Per quanto riguarda l’insegnamento tecnico e professionale la percentuale di studenti sul totale è del 13%.44 Tradurre le percentuali in numeri ci aiuterà ancora una volta ad osservare in maniera più approfondita la situazione sia riguardo alle differenze di genere, sia riguardo alle differenze geografiche e, in questo caso, anche alle differenze tra settore pubblico e settore privato. Vediamo dunque la tabella 2.8: Tabella 2.8: Dati sull’insegnamento secondario generale pubblico per dipartimento Dipartimenti Atacora Donga Atlantique Littoral Borgou Alibori Mono Couffo Ouémé Plateau Zou Collines Totale Benin Numero di scuole 1°ciclo solamente 27 28 36 49 48 72 260 Queste cifre si riferiscono a stime nazionali Rapporto ISU, RECUEIL DE DONNÉES MONDIALES SUR L’ÉDUCATION 2007 Statistiques comparées sur l’éducation dans le monde, TABLEAU 5 ENSEIGNEMENT SECONDAIRE / CITE 2 et 3 / Effectifs scolarisés et redoublants/2005, pp.106-107, voce Benin. 43 44 30 1° e 2° ciclo 11 24 12 15 20 14 96 Totale 38 52 48 64 68 86 356 Numero di studenti Maschi 21.309 44.040 33.479 36.765 41.328 38.033 214.924 Femmine 7.476 25.869 14.883 13.049 20.494 16.380 98.151 Totale 28.785 69.909 48.362 49.784 61.822 54.413 313.075 52 57 53 56 51 54 Allievi/ 53 classe Fonte: MEPS 2004-2005 Intanto bisogna precisare che sia la tabella 2.8 che la tabella 2.9 forniscono dati sulle scuole di insegnamento generale pubbliche e private, restano perciò fuori dalla statistica tutte le scuole di indirizzo tecnico-professionale. Dopo questa doverosa precisazione facciamo un primo raffronto generale tra le due tabelle per annotare subito alcune differenze macroscopiche: la prima riguarda il numero di studenti che evidentemente è molto maggiore nel settore pubblico. Il settore privato sembra però risentire meno della differenza di genere anche nei dipartimenti del nord dove nel settore pubblico è più marcata, si noti in particolare l’Atacora/Donga che presenta quasi lo stesso numero di studenti maschi e femmine nelle scuole private, dove in quelle pubbliche la proporzione maschi/femmine e circa 3/1. Questo dato è molto interessante così come è interessante notare che nell’Atlantique/Littoral ci sono ben 188 scuole private contro sole 52 pubbliche. Tabella 2.9: Dati sull’insegnamento secondario generale privato Dipartimenti Atacora Donga Atlantique Littoral Borgou Alibori Mono Couffo Ouémé Plateau Zou Collines Totale Benin Numero di scuole 1°ciclo solamente 2 111 11 30 62 19 235 1° e 2° ciclo 2 77 5 10 25 6 125 Totale 4 188 16 40 87 25 360 Numero di studenti Maschi 412 19.542 863 3.633 6.723 2.380 33.558 Femmine 385 19.489 746 2.914 5.776 1.675 30.985 Totale 797 39.031 1.614 6.547 12.499 4.055 64.543 27 25 28 24 39 27 Allievi/ 26 classe Fonte: MEPS 2004-2005 31 Ora proviamo a capire le cause di queste differenze. Tralasciamo quelle che sono delle conferme, cioè la differenza di genere a sfavore delle bambine/ragazze che dalle statistiche sulla scuola primaria sembra accompagnarci anche qui e la generale carenza di strutture scolastiche al nord, motivata oltre che dalle maggiori difficoltà strutturali anche dal minore peso demografico rispetto al sud. Soffermiamoci invece sul perché la scuola privata discrimina meno di quella pubblica, anche qui siamo nel campo delle ipotesi. Il primo punto che vogliamo considerare sono i costi: la scuola privata a differenza di quella pubblica costa decisamente di più e non ha dei prezzi regolamentati. Ogni scuola fa il prezzo che ritiene opportuno e questo indubbiamente opera una scrematura tra studenti con un tenore di vita medio - alto e studenti che non possono permettersi altro che la scuola pubblica, spesso con grossi sacrifici. Quindi dove opera il discrimine del denaro, quello di genere pare funzionare meno, verosimilmente perché da parte dei direttori di istituti e colléges privati non c’è alcun motivo per non incentivare le entrate derivanti dalle studentesse. A ciò si aggiunga che sono numerose le scuole private gestite da missionari o da religiosi locali che cercano di offrire le stesse possibilità a ragazzi e ragazze avendo un particolare occhio di riguardo verso queste ultime che rappresentano il gruppo sociale più svantaggiato. Ciò nondimeno c’è un fattore a monte dell’iscrizione alla scuola privata piuttosto che a quella pubblica, ossia il livello medio di istruzione dei genitori: al di là del reddito che può non essere necessariamente alto, un genitore con un buon livello d’istruzione è sicuramente più portato ad investire non solo sull’istruzione generica dei propri figli, ma anche sulla qualità. La scuola privata, ovviamente, non è di per sé indice di qualità ed anzi nelle nostre ricerche in giro per il Benin è capitato più volte di trovare istituti privati fatiscenti e, quando parleremo specificamente dei metodi di insegnamento, vedremo che sostanzialmente non c’è un livello qualitativo tale da rendere la scuola privata una garanzia assoluta di buona istruzione. Un punto oggettivamente a favore della scuola privata è però il rapporto numerico studenti/classe. A fronte di oltre cinquanta allievi per classe nel settore pubblico, in quello privato la media è assolutamente accettabile sia nei vari dipartimenti (se si eccettuano i 39 alunni per classe di Zou/Collines) che sul territorio nazionale dove è di 27 alunni per classe. Questo fattore, lungi anch’esso dal mettere il settore privato su un piano di assoluta superiorità nei confronti del settore pubblico, contribuisce sicuramente ad una lezione più ordinata e ad un’efficacia maggiore della figura dell’insegnante, altrimenti relegato all’unico ruolo di “guardiano” della disciplina. Per quanto riguarda i dati sul rendimento degli studenti, non disponiamo dei dati percentuali del 2004-2005, cosicché dobbiamo fare riferimento a quelli dell’anno scolastico precedente, 20032004 e solo per l’insegnamento pubblico. Possiamo dire che quanto osservato nelle scuole primarie è qui confermato sia per quanto riguarda il tasso di promozioni che decresce man mano che si procede nel percorso di studi, sia per quel che riguarda la selettività delle promozioni che vede ancora una volta le ragazze bocciate più dei compagni maschi, anche se la forbice maggiore si ha nel primo ciclo, mentre nel secondo le percentuali tendono a equivalersi come si vede nella tabella 2.10 32 Tabella 2.10: percentuali di rendimento interno dell’istruzione pubblica in Benin 1° Ciclo 2° Ciclo Promossi Ripetenti Abbandoni Promossi Ripetenti Abbandoni Maschi 68,50% 24,26% 7,25% 69,70% 22,48% 7,82% Femmine 63,32% 26,65% 10,03% 70,02% 22,75% 7,24% Totale 66,82% 25,03% 8,15% 69,77% 22,53% 7,70% Fonte: MEPS 2003-2005 2.2.4 La professione di insegnante In Benin i problemi del sistema scolastico sono molteplici ed oltre a toccare gli studenti, come vedremo alla fine del capitolo, affliggono anche la classe docente. Innanzitutto un diffuso precariato dovuto ai problemi economici globali del paese che si ripercuotono a tutti i livelli, a partire dal settore pubblico, in cui insegnanti e funzionari, precari o di ruolo, continuano ad essere pagati in ritardo e con salari mediamente bassi. Le cose vanno ancora peggio nel settore privato dove il precariato è la norma. Per prima cosa dobbiamo ancora una volta affidarci ai dati ministeriali di cui disponiamo per trovare alcuni spunti di riflessione sugli insegnanti della scuola primaria e secondaria, pubblica e privata. Poiché le dinamiche sono molto simili, in sarà sufficiente l’esempio statistico delle scuole primarie: Tabella 2.11: Ripartizione degli insegnanti di scuola primaria per contratto, genere e dipartimento (settore pubblico e privato) Tipo di contratto Dipartimento APE Uomini Donne Totale 865 53 918 Uomini Donne Totale 1.349 1.155 2.503 Uomini Donne Totale 966 164 1.130 Uomini Donne Totale 1.363 147 1.510 ACE EC Atacora/Donga 1.154 1.027 152 88 1.306 1.115 Atlantique/Littoral 687 2.637 117 441 804 3.078 Alibori/Borgou 1.014 1.122 165 144 1.179 1.266 Couffo/Mono 949 1.490 117 209 1.066 1.699 Ouémé/Plateau Altri Totale % di insegnanti statali 1 0 1 3.047 293 3.340 66,26 % 69,97 % 66,59 % 18 4 22 4.691 1.716 6.407 43,40 % 74,07 % 51,62 % 21 6 27 3.123 479 3.602 63,40 % 68,68 % 64,10 % 4 0 4 3.806 473 4.279 60,75 % 55,81 % 60,20 % 33 1.103 1.724 17 4.397 239 359 2 1.264 1.342 2.083 19 5.661 Zou/Collines 1.714 1.013 1.369 0 4.096 Uomini 359 187 217 0 763 Donne 2.073 1.200 1.586 0 4.859 Totale Totale Benin 7.810 5.920 9.369 61 23.160 Uomini 2.541 977 1.458 12 4.998 Donne 10.351 6.897 10.827 73 28.148 Totale Legenda APE: Agents Permanents de l’Etat – Retribuiti dallo Stato ACE: Agents Contractuels de l’Etat – Retribuiti dallo Stato EC : Enseignants Communautaires – Retribuiti dalle associazioni di genitori Fonte: MEPS 2004-2005 Uomini Donne Totale 1.553 664 2.217 60,40 % 71,44 % 62,87 % 66,58 % 71,56 % 67,36 % 59,28 % 70,53 % 61,28 % La tabella 2.11 mette subito in luce alcuni dati interessanti riguardanti gli insegnanti di scuola primaria. Prendiamo come riferimento le prime due coppie di dipartimenti che sono Atacora/Donga e Atlantique/Littoral, notiamo come prima cosa la netta differenza nel numero degli insegnanti come è normale aspettarsi poiché, come abbiamo più volte ribadito, la maggior parte della popolazione risiede a sud. In secondo luogo, nonostante i dati siano aggregati tra scuole pubbliche e private, se osserviamo l’ultima colonna a destra che riporta la percentuale di insegnanti statali sul totale possiamo ricavare un’indicazione molto utile: il 66,59% degli insegnanti dell’Atacora/Donga ha un contratto statale contro il 51,62% dell’Atlantique/Littoral il che dovrebbe farci supporre che fare il maestro o la maestra nell’Atlantique/Littoral sia meno semplice che al nord. Se così fosse non si spiegherebbe perché gli insegnanti delle scuole primarie si ostinino a sgomitare per un posto di lavoro al sud. In realtà la situazione è complessa e può essere spiegata osservando che comunque la maggior parte degli insegnanti con posto pubblico fisso (APE) o a tempo (ACE) si trovano proprio nell’Atlantique/Littoral. Ciò che in qualche modo “falsa” la percezione della realtà è che il sud è ricco di insegnanti pagati dallo Stato, ma anche di migliaia di enseignants communautaires (EC) che abbassano la media di insegnanti statali sul totale. I communautaires sono reclutati sul posto e pagati dalle comunità locali, cioè dai genitori degli alunni, sono quindi dei precari. Spesso questo tipo di insegnanti non possiede un livello di qualificazione professionale adatto, ma data la carenza di insegnanti nel paese se ne fa largo utilizzo, anche perché non gravano direttamente sul bilancio dello Stato. Alcune considerazioni generali sono dunque d’obbligo: la carenza di insegnanti non è legata a un effettivo deficit di personale docente, quanto piuttosto ad una distribuzione territoriale totalmente squilibrata, che risente della qualità generale della vita all’interno delle diverse zone del paese. Nessun insegnante che risieda a Cotonou, Porto Novo o Ouidah, città dotate di servizi e collegamenti qualitativamente superiori ai villaggi del nord, ad eccezione forse di Parakou, unica vera città settentrionale, accetta volentieri un incarico in una sede disagiata del nord. Del resto, come vedremo più avanti, gli stipendi medi non sono certo tali da incentivare i docenti al sacrificio. L’altra riflessione concerne la qualità generale dell’insegnamento che patisce, oltre al basso livello medio di 34 formazione dei docenti, situazioni di sovraffollamento cronico delle classi e questo, com’è comprensibile, porta ad una scarsa efficacia didattica. A questo proposito abbiamo avuto la testimonianza di Christian Yaya, professore di scuola secondaria che vive a Ouidah, ma insegna matematica presso il College d'Enseignement General di Kilibo, nel nord, poco sotto Parakou. Gli abbiamo chiesto una sua impressione sul mondo dell’insegnamento visto dall’interno e su quelli che secondo lui sono i problemi più seri della scuola in Benin: “Fare il maestro o il professore è difficile per tanti motivi, non è una situazione recente, è una crisi che va avanti da molti anni, da prima che il paese diventasse democratico, ma ora sta diventando sempre più difficile tanto che nel 2005 gli insegnanti furono costretti a rifiutarsi di lavorare e per quasi tutto l’anno gli studenti rimasero a casa. Oggi chi come me è un APE è certamente più tranquillo di un insegnante privato o di un comunitario perché gli stipendi arrivano, anche se spesso con molto ritardo. C’è chi è costretto a fare anche due lavori oltre a quello di insegnante per poter mettere insieme un reddito decente, ma nessuno vuole muoversi dalla propria zona, soprattutto chi abita qui al sud, perché il sud è più sviluppato, ci sono più possibilità. Ci sono tantissimi insegnanti che non sono qualificati e insegnano lo stesso perché quando non si trova personale qualificato ci si affida a quello che c’è in giro. Io ad esempio ho fatto l’università, sono laureato. Comunque anche le classi sono troppo affollate, io ho insegnato perfino in classi da 90 studenti…cosa posso insegnare a così tanti ragazzi tutti assieme? E’ chiaro che faccio la mia lezione per quei 10-15 fortunati che stanno nei primi banchi e riescono a sentire e vedere qualcosa. Se chiedi in giro ai ragazzi ti diranno che da grandi vogliono fare qualsiasi cosa tranne insegnare, prima invece questo mestiere era visto come un ottimo lavoro…” I problemi testimoniati da Christian Yaya sono effettivamente reali e diffusi e sembrano assolutamente in sintonia con quanto le nostre statistiche hanno dimostrato finora. Più difficili sembrano invece le soluzioni perché come da lui affermato non si tratta di problemi congiunturali, ma di un intero sistema scolastico che dagli anni 70 in poi non ha fatto altro che cercare di tappare le falle della classica diga con un dito. Ancora nel 2008, durante la nostra permanenza in Benin è stato possibile osservare una serie di scioperi e un braccio di ferro continuo tra sindacati degli insegnanti e Governo. Quella di Christian è stata una testimonianza articolata, ma non è stata l’unica come vedremo nel prossimo paragrafo. 2.2.5 Le interviste agli insegnanti L’idea di intervistare gli insegnanti è nata dalla situazione di tensione che già prima dell’inizio dell’anno scolastico abbiamo notato nel paese: nel mese di settembre i ministri dei vari gradi di insegnamento hanno percorso lo Stato in lungo e in largo, sia per la consueta campagna di sensibilizzazione sull’importanza dell’istruzione, sia per rassicurare il personale docente circa le misure che il Governo avrebbe adottato per 35 garantire loro sicurezza lavorativa e salari regolari. Abbiamo dunque somministrato un questionario anonimo a insegnati di scuole primarie e secondarie, con le seguenti 10 domande: 1) Sesso 2) Età 3) Titolo di studio 4) Insegna in una sola scuola? 5) Se no in quante scuole insegna? 6) Qual è il suo salario mensile? 7) E’ pagato regolarmente? 8) Lei offre anche ripetizioni? 9) Ha altri lavori a parte l’insegnamento? 10) E’ soddisfatto della sua professione di insegnante: Per Nulla/ Poco/ Abbastanza/ Molto/ Non sa-Non risponde Il metodo elaborato inizialmente prevedeva la scelta di cinque comuni/villaggi nel sud del Benin e cinque nel nord. Questa prima suddivisione avrebbe dovuto mettere in luce le differenze geografiche e garantire un’equità nel numero di interviste tra nord e sud. Per ogni comune si è deciso di visitare quattro scuole primarie e quattro secondarie a loro volta suddivise a metà tra pubbliche e private come riepilogato nello schema seguente: Tabella 2.12: Schema sul metodo di somministrazione dei questionari 5 Comuni nord Ogni comune scuole pubbliche private 5 Comuni sud Ogni comune primarie secondarie 2 (10) 2 (10) 2 (10) 2 (10) scuole pubbliche private primarie secondarie 2 (10) 2 (10) 2 (10) 2 (10) Nota: Tra parentesi è riportato il numero dei questionari da somministrare per ogni scuola L’obiettivo iniziale era di avere un campione di 800 interviste. In realtà non è stato possibile raggiungere tale obiettivo per alcuni motivi ben precisi, alcuni dovuti al nostro eccessivo ottimismo sulla velocità del lavoro e sulla collaborazione degli insegnanti altri per nostri errori di valutazione. Il lavoro sì è presentato da subito più complesso del previsto perché trovare comuni rappresentativi è stato semplice fino a quando si è trattato di Cotonou o Ouidah, cioè città di grande e media entità, dotate di scuole in numero sufficiente da soddisfare il nostro schema di partenza. Finiti i grandi centri urbani abbiamo però dovuto fare i conti con i comuni e i villaggi minori che spesso e soprattutto al nord non arrivano ad avere le otto scuole che servivano alla nostra inchiesta. Spesso abbiamo trovato scuole con meno di dieci insegnanti. Tuttavia come i dati fin qui analizzati hanno dimostrato in dipartimenti rurali del nord è molto difficile trovare scuole private, dal momento che non c’è un bacino di utenza sufficiente a giustificarne i costi e 36 le spese. Inoltre non avevamo tenuto in debito conto i tempi della burocrazia locale e la difficoltà di spostamento soprattutto da sud a nord. Uno spostamento da Ouidah a Djougou per esempio richiede praticamente una mattina e un pomeriggio di viaggio e a nord la situazione è ancora peggiore per la carenza di taxi brousse45 e la conseguente difficoltà di spostamento da un villaggio all’altro. Per concludere va detto che i risultati di queste interviste non possono avere un valore statistico per una serie di fattori46 che non si sono tenuti in debito conto al momento dell’impostazione del questionario. Ciò nondimeno le risposte degli insegnanti forniscono un utile indicazione sulla loro percezione del proprio mestiere e sul tenore di vita medio possibile sia nella scuola pubblica che in quella privata. Le schede dei risultati sono presentate qui di seguito divise per zone e tipo si scuola: partiamo dalle scuole primarie e dal sud, poi ci sposteremo a nord, dove avremo modo di notare un minore numero d’interviste effettuate dovute alle difficoltà che abbiamo elencato sopra. Il campione di interviste che qui presentiamo abbraccia un totale di 376 insegnanti di scuole primarie e secondarie, sia pubbliche che private. Zona sud: Scuole Primarie Pubbliche (50 interviste) 1) Sesso F 23 M 27 Totale 50 2) Età: 40-49 (20) 50 e oltre (14) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: BEPC (10) CAP (27) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 0 50 6) Salario mensile in FCFA: 30-50 mila (13) / 140-160 mila (13) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 45 1 (4) 3 46 (1) 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) I taxi locali sono soprannominati brousse cioè savana. Questo soprannome non esiste solo in Benin, ma in molti Stati dell’Africa subsahariana francofona. Si veda M. Aime, Taxi Brousse, Stampa alternativa, Roma, 1997. 46 Per esempio non è stato possibile “pesare” il campione di intervistati, non sempre le intervsite si sono potute ottenere con gli stessi metodi o ancora l’anonimato non sempre è stato garantito come da noi richiesto. 45 37 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 3 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza 47 N P A M NS T 2 20 17 8 3 50 M: molto NS: non sa/non risponde T: totale Per le scuole primarie del sud notiamo innanzitutto l’anzianità media elevata, con le due fasce di età più ricorrenti che sono quella tra i 40 e i 49 anni e quella di 50 anni e oltre. La maggior parte degli intervistati che hanno dichiarato il proprio titolo di studio risultano avere il CAP, il che significa che sono insegnanti qualificati per l’insegnamento primario, tuttavia è elevato anche il numero di BEPC, cioè di coloro che non hanno qualifica per l’insegnamento. La forbice di reddito così ampia è data dal fatto che la maggior parte degli intervistati è oltre i 40 anni di età e dunque ha verosimilmente una anzianità di servizo nel settore pubblico che giustifica il numero elevato di salari tra i 140 e 160 mila FCFA. La fascia più bassa di salari è evidentemente quella degli insegnanti giovani. Una costante che ci accompagnerà in tutte le scuole primarie è che nessun maestro o maestra può insegnare in più scuole, non perché vietato, ma perché impossibile nella pratica. Così non è, come vedremo, per i professori di scuole secondarie. I pagamenti dei salari avvengono regolarmente in quasi tutti i casi e la maggior parte degli insegnanti elementari pubblici del sud non fa ripetizioni o altri lavori a parte l’insegnamento. La maggior parte di essi è poco o abbastanza soddisfatta del proprio mestiere. Zona sud: Scuole Primarie Private (50 interviste) 1) Sesso F7 M 43 Totale 50 2) Età: 20-29 (27) / 40-49 (11) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: BEPC (25) BAC (7) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 0 50 6) Salario mensile in FCFA: 20-29 mila (21) / 30-39 mila (18) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 45 5 38 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 28 20 (2) 8 42 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza N P A M NS T 3 35 6 2 4 50 M: molto NS: non sa/non risponde T: totale Notiamo subito alcune differenze tra pubblico e privato: i maestri delle scuole private sono mediamente più giovani e gli stipendi più bassi, inoltre il numero di BEPC supera di gran lunga quello dei BAC o dei titoli superiori, ciò significa che in questo campione prevalgono i maestri senza qualifica. I salari sono corrisposti con regolarità per quasi tutto il campione, mentre una significativa differenza la troviamo alla domanda sule ripetizioni per cui oltre metà degli intervistati ha risposto in maniera affermativa. Questa differenza è spiegabile con la maggiore precarietà dell’insegnamento privato, con il tipo di salario che spesso è orario e non mensile e col fatto che i salari privati sono mediamente più bassi di quelli pubblici e dunque gli insegnanti privati devono in qualche modo completare le proprie entrate economiche. Sono dunque generalmente insoddisfatti del proprio lavoro. Zona sud: Scuole Secondarie Pubbliche (50 interviste) 1) Sesso F7 M 43 Totale 50 2) Età: 30-39 (22) / 40-49 (12) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: Maitrise (16) Licence (10) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 20 30 6) Salario mensile in FCFA: 50-59 mila (14) / 60-69 mila (9) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 46 4 39 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 13 37 8 42 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza M: molto NS: non sa/non risponde T: totale N P A 1 21 17 M NS T 8 3 50 Anche nei collége pubblici l’età media è elevata e si va dai 30 anni in su, anche se per dovere di completezza dobbiamo dire che la terza fascia d’età distaccata di una sola posizione da quella 40-49 anni, per questo campione è quella dei professori di 20-29 anni d’età con undici risposte. In questo caso dunque abbiamo una migliore distribuzione dell’anzianità nel campione, anche se resta netta la prevalenza dei professori over 40. Ottimo il livello di preparazione dei professori che in prevalenza hanno istruzioni del primo e secondo livello universitario (Licence e Maitrise) con in terza posizione i professeurs certifiés e gli adjoints in quarta, cioè i titolari di CAPES e BAPES47. Infine alcune punte di eccellenza, non riportate in questa tabella con due professori titolari di studi specialistici post universitari. Il range di salari mensili varia dai 50 e i 69 mila FCFA. Venti docenti dichiarano di insegnare in più di un istituto. Questo nei collége è molto frequente data la specificità delle materie insegnate e il fatto che i professori possono avere entrate aggiuntive sia insegnando in più scuole pubbliche o private, sia facendo ripetizioni domestiche come in questo campione avviene per tredici docenti su cinquanta. Otto di loro svolgono altri lavori oltre l’insegnamento e il livello di soddisfazione generale è medio - basso. Zona sud: Scuole Secondarie Private (50 interviste) 1) Sesso F4 M 46 Totale 50 2) Età: 30-39 (25) / 20-29 (15) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: Maitrise (18) Licence (11) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No Sono chiamati certifiés i professori che abbiano il Certificat d'Aptitude au Professorat de l'Enseignement Secondaire (CAPES). Sono invece adjoints I professori titolari di Brevet d'Aptitude au Professorat de l'Enseignement Secondaire (BAPES). 47 40 37 13 6) Salario mensile in FCFA: non individuabili (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 39 11 24 26 17 33 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza N P A M NS T 2 25 13 6 4 50 M: molto NS: non sa/non risponde T: totale Per quanto riguarda il nostro campione di docenti di scuole secondarie private il dato più rilevante è che l’eterogeneità delle risposte circa il salario mensile non permette di classificarli nettamente, diciamo però che la fascia di salario più rilevante è ampia e va dai 30 mila ai 60 mila FCFA. La maggior parte dei docenti è sotto i 40 anni e dispone di qualifiche universitarie. La maggioranza di essi si divide tra più scuole (spesso fino a 5 diverse). Oltre a questo circa la metà si dedicano anche a ripetizioni e diciassette ad altri lavori. Sono quasi sempre pagati regolarmente, tuttavia il loro livello di soddisfazione si inserisce nella tendenza generale riscontrata fin qui e le loro risposte si concentrano su “poco soddisfatti” o “abbastanza soddisfatti”. Vediamo ora come vanno le cose per il nord del Benin. Zona nord: Scuole Primarie Pubbliche (50 interviste) 1) Sesso F 20 M 30 Totale 50 2) Età: 30-39 (21) / 20-29 (18) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: BEPC (18) CAP (15) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 0 50 41 6) Salario mensile in FCFA: 30-39 mila (15) / 40-49 (9) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 40 10 13 37 3 47 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza N P 0 10 10 28 M: molto NS: non sa/non risponde T: totale A M NS T 2 50 Qui partiamo dal fondo della tabella per annotare un’inversione di tendenza rispetto al sud: il livello di soddisfazione è medio - alto per gli insegnanti di scuola primaria pubblica. Se li confrontiamo con i loro colleghi del sud sono mediamente più giovani, ma anche meno qualificati, il che è in linea con quanto abbiamo detto finora sul livello di sviluppo generalmente insufficiente del nord rispetto al sud. Non hanno stipendi esorbitanti, ma probabilmente al nord il solo fatto di avere un salario fisso e garantito rappresenta motivo di notevole soddisfazione. Anch’essi dichiarano in maggioranza di essere pagati regolarmente e solo tre di loro si dedicano ad altri lavori oltre alla professione d’insegnante. Tuttavia un buon numero di essi arrotonda il salario offrendo ripetizioni agli alunni. Il settore privato conferma subito un’altra conclusione cui eravamo approdati osservando i dati ministeriali sugli insegnanti. Infatti il prossimo campione non arriva a 50 insegnanti giacché si tratta di scuole soprattutto al livello di istruzione primaria si contano quasi sulla punta delle dita e spesso hanno solo due o tre classi. Abbiamo trovato dunque solo 36 insegnanti. Zona nord: Scuole Primarie Private (36 interviste) 1) Sesso F 13 M 23 Totale 36 2) Età: 30-39 (17) / 20-29 (16) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: BEPC (24) CEAP (4) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 42 0 36 6) Salario mensile in FCFA: 30-39 mila (32) / 40-49 mila (2) / 50-59 mila (2) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 30 4 (2) 7 28 (1) 5 31 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza N P 0 13 11 11 M: molto NS: non sa/non risponde T: totale A M NS T 1 36 Anche qui praticamente tutti sono sotto i 40 anni d’età e percepiscono stipendi tra 30 e 39 mila FCFA ad eccezione di quattro casi (che abbiamo inserito dato l’esiguo numero di insegnanti), due coppie di intervistati che guadagnano rispettivamente dai 40 mila FCFA in su e dai 50 mila FCFA in su. Alcuni hanno un altro lavoro o si dedicano alle lezioni private. Il livello di soddisfazione è qui molto eterogeneo e spazia da una maggioranza poco soddisfatta ad una parità tra coloro che sono abbastanza o molto soddisfatti. Date queste ultime due categorie possiamo quindi dire che c’è un buon livello di soddisfazione media. Zona nord: Scuole Secondarie Pubbliche (50 interviste) 1) Sesso F 13 M 37 Totale 50 2) Età: 30-39 (31) / 20-29 (11) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 3) Titolo di studio: Maitrise (15) Licence (21) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 19 31 43 6) Salario mensile in FCFA: 60-69 mila (13) / 70-79 mila (9) (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 49 1 13 37 16 34 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza M: molto NS: non sa/non risponde T: totale N P A M 0 19 18 11 NS T 2 50 Il livello di formazione dei professori di scuola superiore pubblica del nord è nella media di quanto mostrato dal settore pubblico finora. Qui però gli insegnanti sembrano essere generalmente più giovani e gli stipendi più alti rispetto ai colleghi del sud. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che il nord ha un numero elevato di insegnanti assunti sul posto (gli insegnanti cosiddetti communautaires, di cui già abbiamo parlato) ed in generale di precari. La paga è regolare anche qui nel nord, tuttavia molti sono i professori che offrono lezioni a pagamento o hanno altri mestieri al di fuori del mondo della scuola evidentemente per garantirsi delle entrate supplementari. Vediamo ora l’ultimo campione delle nostre interviste che per poi cercare di trarre alcuni spunti di riflessione e alcune conclusioni. Le prime due note sono anche qui per il numero di insegnanti che siamo riusciti ad intervistare che è stato di 40. Inoltre anche in questo campione le risposte riguardanti i salari sono state piuttosto omogenee , ma la fascia che predomina è sicuramente quella tra 40 e 60 mila FCFA. Zona nord: Scuole Secondarie Private (40 interviste) 1) Sesso F8 M 32 Totale 40 2) Età: 30-39 (18) / 20-29 (17) (le 2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 44 3) Titolo di studio: Maitrise (12) BAC (9) (i 2 titoli più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 4-5) Docenti in più di una scuola Sì No 38 12 6) Salario mensile in FCFA: non individuabili (2 fasce più frequenti: tra parentesi il n° di risposte) 7) Pagati regolarmente: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 37 3 13 27 3 36 8) Ripetizioni: (tra parentesi coloro che non hanno risposto) 9) Altri lavori oltre l’insegnamento: 10) Livello di soddisfazione N: per nulla P: poco A: abbastanza M: molto NS: non sa/non risponde T: totale N P A M 1 8 12 18 NS T 1 40 Le paghe sono regolari, quasi tutti insegnano in più di una scuola e danno lezioni private. La soddisfazione è molto alta e pochi hanno un secondo lavoro. E’ da notare che, per quanto riguarda il livello di formazione degli insegnanti immediatamente dopo i laureati ci sono i diplomati delle scuole secondarie, quasi un quarto del totale, cioè professori non qualificati per l’insegnamento secondario. Dai questionari vengono fuori alcuni spunti di riflessione interessanti perché sul totale di 376 insegnanti intervistati circa la metà si sono dichiarati abbastanza o molto soddisfatti, ma l’altra metà ha dichiarato l’opposto. Il livello di soddisfazione maggiore è però concentrato nel nord e questo potrebbe essere paradossale se non tenessimo conto che in una zona disagiata è più semplice che un insegnante locale (e la maggior parte di quelli del nord lo sono) sia soddisfatto di poter vivere nella propria zona di origine con uno stipendio assicurato in particolare nel caso di dipendenti dello Stato, per cui i salari sono omogenei. Un collega del sud dove il costo della vita è leggermente più alto e la “concorrenza” lavorativa pure, avrà ovviamente maggiori aspettative nei confronti del proprio lavoro per poter mantenere il tenore di vita che contraddistingue il sud. Infine è bene ribadire che i questionari hanno un valore puramente indicativo e non statistico giacché non potevamo in alcun modo sperare di riuscire, con mezzi assai limitati, in un tipo di ricerca statistica che spesso in Africa è difficoltosa anche per le organizzazioni internazionali più professionali e dotate di abbondante personale. Abbiamo dunque solo voluto 45 riportare il punto di vista degli insegnanti così come nel prossimo paragrafo ci accingiamo a raccontare la vita dello studente medio del Benin. 2.3 Vita da studenti Visitare una scuola elementare in Benin è sempre un’esperienza emozionante, sia per l’immancabile filastrocca “yovo, yovo bonsoir ça va bien? Merci!” che accoglie qualunque yovo48 si avventuri nel cortile, passando magari davanti alle finestre di una CI, sia per gli sguardi, a metà tra il divertito e l’interrogativo, che i bambini rivolgono a chiunque abbia la pelle bianca. E’ un bel contrappasso per chi metta piede per la prima volta in Africa con l’idea che “straniero” sia sempre qualcun altro. I bambini, infatti, non hanno questo tipo di preconcetti e non hanno alcun problema a trattare un europeo per ciò che è: uno straniero dall’aspetto bizzarro. A nulla valgono i rimproveri e le minacce dei maestri o delle maestre che vorrebbero un’accoglienza più formale e “rispettosa”, fatta di scatti sugli attenti e “bonjour monsieur”. La scuola elementare è, dunque, più di un luogo dove s’impara a leggere, scrivere e fare di conto. Essa è contemporaneamente il primo passo sul cammino dello sviluppo, ma anche sulla via parallela dell’allontanamento dalla tradizione, in favore di una modernità aliena alla cultura africana, nella fattispecie una modernità europea di stampo francese. Questa duplice veste della scuola ed in particolare della scuola primaria, è stata oggetto di critiche da parte di diversi intellettuali locali, sin dall’indipendenza del Benin, nel 1960. Il poeta, scrittore e regista Jules Nago49, ad esempio, ha dedicato all’argomento un cortometraggio dal titolo “Nos ancetres les Gaulois” nel 1982, quando ancora le ferite del colonialismo erano fresche e ci si ricordava di quando nei libri di storia del Benin i bambini studiavano la storia dei loro antenati, i Galli. Oggi, fortunatamente, le cose sono cambiate e i libri di testo sono stati opportunamente adattati mantenendo l’impostazione metodologica europea, ma sostituendo i contenuti con figure e situazioni presi dalla cultura africana. Ciò, lungi dal risolvere il dilemma tra continuità tradizionale e modernizzazione, è comunque un grande passo in avanti da un punto di vista didattico, poiché, lingua francese a parte, il bambino impara attraverso realtà a lui familiari e non più cercando di immaginare, per esempio, l’aspetto di questi sconosciuti antenati dagli elmi cornuti. Questo facilita indubbiamente il processo d’apprendimento oltre a non creare più problemi dal punto di vista dell’identificazione della propria cultura nativa. Essere studenti in Benin però non è semplice per tanti motivi: innanzitutto, a differenza della maggioranza dei loro coetanei occidentali, la loro unica Yovo è il termine che in lingua Fon significa “uomo bianco”. Qualsiasi bianco si trovi a passeggiare per le vie del sud non potrà non sentirla un milione di volte. La parola più comune per indicare un bianco nel nord del paese è invece baturè. 49 Jules Nago è nato a Domé nel 1944, oggi vive tra la Francia e il Benin dove risiede spesso nella sua casa a Ouidah. Qui è stato possibile incontrarlo, parlare con lui e assistere alla proiezione di alcune sue opere. 48 46 occupazione non è lo studio, perché nessun bambino africano può permettersi il lusso di dedicarsi unicamente a un’attività che, seppur importante per il proprio futuro, non garantisce il benessere economico immediato della famiglia. Quindi si studia e si lavora e non importa l’età o il sesso, nonostante le discriminazioni di genere di cui abbiamo già parlato e che ritroveremo più avanti, perché chiunque sia in grado lavorare e contribuire all’economia familiare è obbligato a farlo anche se in misura differente. La lunga permanenza all’interno di una famiglia media beninese composta da madre, padre e cinque figli di età compresa tra i tre e i venti anni, ci ha permesso di vedere lo svolgimento di una giornata tipo in periodo scolastico e durante le vacanze. Nel nostro caso il copione prevedeva sveglia all’alba, di solito intorno alle cinque e mezzo, per svolgere le mansioni domestiche, prima di andare a scuola, ognuno secondo le proprie competenze e possibilità. Ai più piccoli sono affidati compiti relativamente semplici come spazzare pavimenti e giardino, tritare spezie col mortaio artigianale costituito da due pietre, oppure stendere o ritirare il bucato. I ragazzi e le ragazze più grandi si dedicano ai lavori più impegnativi come rassettare la casa, preparare la colazione per tutti e vigilare sul lavoro dei più piccoli, oltre ad avere l’ingrato compito di assicurarsi che nessuno tra fratelli e sorelle più piccoli sfugga alla doccia mattutina, momento particolarmente temuto e odiato dai bambini. Finite le incombenze casalinghe ci s’infila la divisa scolastica e si affronta la strada che conduce alla scuola. Nel sud gli studenti relativamente meno poveri possono usufruire degli zemidjan, i famigerati taxi moto capaci di portare anche tre passeggeri per volta, così da abbreviare il cammino verso la scuola, oppure i più fortunati usano le proprie biciclette. La maggior parte di essi però si sposta a piedi e spesso, soprattutto nei piccoli villaggi del sud e ancor più nei minuscoli villaggi del nord del Benin, bambini e ragazzi sono costretti a percorrere chilometri prima di raggiungere la scuola più vicina. Poiché il sistema scolastico beninese prevede il rientro pomeridiano tutti i giorni tranne il mercoledì, gli studenti che abitano molto lontano dalle scuole sono obbligati a comprare il pranzo dalle venditrici ambulanti che affollano i cortili e i dintorni delle scuole. Le lezioni cominciano alle otto di mattina, dopo aver salutato la bandiera e cantato l’inno nazionale. Ci si ferma per la ricreazione alle dieci e un quarto e poi si riprende fino a mezzogiorno, poi ancora una pausa per il pranzo. Dopo di che si torna a lezione dalle quindici fino alle diciassette o per chi deve affrontare esami anche fino alle diciannove. Non esistono bidelli nelle scuole, tutti i lavori di pulizia e di “servizio” vengono svolti dagli studenti stessi a turno, oppure da chi è sotto punizione. Le lezioni sono difficili perché, come abbiamo visto, si è davvero in tanti ed è complicato mantenere la concentrazione, anche volendo, in mezzo al chiasso dei coetanei e alle urla degli insegnanti. Nel nord del paese dove le scuole sono assai meno numerose che a sud e localizzate nei centri rurali principali, è la norma vedere lunghe file di bambini e ragazzi che rincasano quando il sole è ormai calato da molto tempo, rischiando seriamente la vita ai bordi delle strade giacché la guida incosciente degli autisti di auto, moto e camion, è una costante in tutto il paese. Giunti a casa si mangia e ci si dedica ancora una volta alle faccende domestiche, finite le quali si fanno i compiti e si studia 47 per il giorno seguente. Più tardi, a notte inoltrata, si va a dormire per ricominciare all’alba dell’indomani. Il sabato e la domenica sono liberi dalla scuola, ma non dal lavoro. Si aiutano i genitori nei lavori agricoli, oppure nelle attività di piccolo commercio nelle botteghe, in giro per le strade o semplicemente nel chiosco davanti a casa. Spesso anche fuori dall’orario scolastico le famiglie che se lo possono permettere pagano un maestro per impartire lezioni a domicilio. Non è semplice studiare e badare alla casa e ai fratelli minori, non è semplice percorrere chilometri per andare e tornare da scuola, non è semplice avere così tante persone a cui dovere obbedienza. Agli studenti rimane ben poco tempo per divertirsi ed anche quando i periodi di vacanza dalla scuola lasciano un po’ più di tempo libero, gli svaghi non sono tanti, soprattutto per chi abita lontano dalle grandi città dove normalmente si svolge la maggior parte degli eventi mondani come concerti, partite di calcio, concorsi di bellezza etc. La televisione diventa allora il catalizzatore dell’attenzione giovanile (ma anche gli adulti ne sono preda) perché in Benin la tv trasmette principalmente telegiornali, video musicali africani, in genere rap, partite di calcio e telenovelas sudamericane. In alternativa alla moderna tv ci sono le feste tradizionali che, soprattutto nei villaggi più poveri e quindi non ancora invasi dalla presenza di radio e tv, costituiscono gli unici veri momenti di aggregazione per gli adulti, ma soprattutto per ragazzi e ragazze. I problemi per gli studenti sono tanti sia dentro che fuori dalla scuola. Uno degli aspetti meno facili da osservare con distacco sono le punizioni corporali che bambini e ragazzi subiscono costantemente, tanto a casa quanto a scuola. In Africa è la norma, tuttavia non farsi coinvolgere dai pianti e dalle urla dei bambini colpiti con larghe bacchette di legno o con scudisci artigianali e costretti a contare i colpi è veramente arduo. I metodi di insegnamento sono però gli stessi in tutto il Benin e gli studenti non vengono assolutamente educati allo spirito critico ed al ragionamento. Lo studio avviene sempre a memoria, il che spiega la difficoltà che anche molte persone istruite trovano nell’ acquisire concetti diversi da quelli con cui sono stati educati costantemente. I bambini e i ragazzi crescono imbevuti di nozioni di cui nel migliore dei casi si ricordano solo perché gli sono state inculcate a suon di bastonate o altre punizioni fisiche. L’impostazione scolastica ricorda quella militare per molti aspetti, dal saluto alla bandiera all’esaltazione degli esercizi ginnici alle marce, all’obbligo di cantare l’inno nazionale prima dell’inizio delle lezioni. Anche le divise, che costituiscono un grave problema in termini di costi aggiuntivi per le famiglie, sono del tipico beige militare per la scuola pubblica, mentre variano a seconda della scuola nel caso di istituti privati. I libri e la cancelleria sono anch’essi costosi e la norma per le famiglie numerose è tramandarsi i libri di testo o acquistarli nei mercatini di seconda e spesso di terza o quarta mano. Tuttavia nulla vieta di pensare che un cambiamento sia possibile, ma più che dai ragazzi in questo caso debba partire dalla formazione dei nuovi insegnanti perché senza un’adeguata preparazione pedagogica, oltre che nozionistica, l’insegnamento rimane confinato alla trasmissione forzata di concetti dall’insegnante allo studente 48 senza che né l’uno né l’altro crescano, professionalmente nel primo caso e culturalmente nel secondo. CAPITOLO III – Microcredito femminile in Benin 3.1 Cenni sulla storia e sui principi generali del microcredito Nel 1974 una grave carestia colpì il Bangladesh segnando la vita di milioni di persone. Fra di esse vi era un professore della facoltà di Economia di Chittagong, Muhammad Yunus. Ciò che colpì il professor Yunus fu che quanto avveniva nel suo paese, devastato da una povertà cronica, non trovava rimedio nelle leggi dell’economia tradizionale. Fu cosi che dopo 49 anni di studi e ricerche sul campo il professore fondò la Grameen Bank che, a dispetto del nome, è una banca molto particolare perché per accedere al credito è necessario avere dei requisiti esattamente opposti a quelli richiesti dai normali istituti di credito. La Grameen Bank presta piccole somme di denaro solamente a persone in condizioni di povertà estrema che non possono offrire alcuna garanzia50. Perché questa scelta? La risposta è che secondo il professor Yunus è possibile combattere la povertà estrema concedendo piccoli prestiti a chi non ha alcun accesso alle normali vie di credito. Così nasce l’idea del microcredito. Su questa base s’inseriscono poi altre linee fondamentali nella conduzione del microcredito: esso deve essere erogato senza chiedere alcuna garanzia, perché difficilmente i poveri possiedono qualcosa con un valore monetario da offrire come garanzia. Deve essere destinato innanzitutto alle donne51, perché nei paesi in via di sviluppo le donne (assieme ai bambini, come abbiamo visto in precedenza) rappresentano costantemente la fascia di popolazione maggiormente discriminata dal punto di vista sociale, economico e giuridico, ciò non significa naturalmente escludere gli uomini, ma utilizzare il microcredito per ridimensionare lo strapotere maschile, tipico di molte società tradizionali. I prestiti devono essere indirizzati a gruppi di donne e non a singole perché questo crea coesione sociale e solidarietà all’interno delle comunità, soprattutto al livello di villaggio, ed instaura un circolo virtuoso di responsabilità collettiva. Inoltre l’esperienza pluriennale della Grameen Bank ha dimostrato che la solidarietà e la responsabilità del gruppo sono un’ottima garanzia sulla restituzione dei prestiti, infatti, se un membro di un gruppo non restituisce quanto dovuto, il debito ricade su tutta la collettività che ha usufruito del prestito e, in casi estremi, non vengono erogati altri prestiti a quel gruppo fino al saldo del debito precedente. I prestiti, come abbiamo detto poc’anzi, devono essere di modestissima entità e con tassi d’interesse costanti nel tempo52. In questo modo le donne beneficiarie hanno facilità di restituzione e questo giova anche alla loro autostima, giacché normalmente vivono ai margini di una società la quale attribuisce loro tutta una serie di qualità negative e di pregiudizi ai quali esse stesse, spesso, finiscono per credere. La funzione del microcredito dunque non è solamente e puramente economica, ma anche e soprattutto di riscatto e promozione sociale e di valorizzazione dell’imprenditorialità di donne o gruppi di donne che, in paesi caratterizzati da società fortemente maschiliste e autoritarie, attraverso l’accesso a questa forma di credito riescono sempre più spesso a liberarsi dal giogo della tradizione che le vorrebbe relegate al ruolo di madri e mogli sottomesse, anche economicamente, ai propri mariti. Per raggiungere tutti questi obbiettivi il modello della Grameen Bank prevede che non siano le donne a cercare il microcredito, ma sia il microcredito a trovare le proprie clienti, attraverso degli agenti opportunamente formati e mandati sul campo. Ciò implica un rapporto diretto, trasparente e continuativo tra i funzionari della banca o dell’associazione che eroga i prestiti e le comunità femminili scelte per M. Yunus, Il banchiere dei poveri, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2005, pp.73-83 51 Ibidem, pp. 87-97 52 Ibidem, pp. 107-114. 50 50 l’avvio di progetti di microcredito. Tale rapporto, basato sulla fiducia e sulla conoscenza personale del cliente, è alla base di questo tipo di credito detto di prossimità. Naturalmente questo sistema presenta dei limiti. Il maggiore di tali limiti è che il microcredito non è una formula magica, per quanto rappresenti un’innegabile rivoluzione ed una rottura con i sistemi tradizionali di credito molto esclusivi, tipici del modello capitalista, quindi non rappresenta la panacea dei mali del mondo. Alcuni esperti di economia pur riconoscendo al microcredito il merito di fornire una soluzione immediata a situazioni di crisi circoscritte delle popolazioni povere, contestano il fatto che si sia enfatizzato troppo il peso di questa micro-economia, facendo perdere di vista il valore reale di questo cambiamento. Infatti, essi sostengono che lo sviluppo di un paese non è trainato dalla somma delle micro realtà individuali, le quali non creano sviluppo, ma auto sostengono semplicemente se stesse, quanto piuttosto dalle medie imprese, vero motore delle economie di scala, che nei paesi in via di sviluppo sono invece quasi totalmente assenti. Non esiste dunque, secondo questi economisti, una via di mezzo tra la “bancarella di frutta” e la “grande corporation”, cosicché il meccanismo economico resta incompleto perché preda dei due estremi: la micro-imprenditoria individuale e la megaimprenditoria delle corporations, ecco perché questa assenza è stata ribattezzata “il centro mancante”.53 Inoltre i paesi in via di sviluppo sono distribuiti su più continenti, ognuno con la propria storia, cultura e tradizione e il microcredito praticato in Bangladesh non potrà essere il medesimo applicabile in Brasile o in Benin54. A questo punto, dopo aver fissato alcuni dei principi generali che ci serviranno per analizzare il microcredito incentrato sulle donne, è tempo di incontrare le donne del Benin sia in giro per il paese che nelle statistiche e nei numeri che le rappresentano. 3.2 L’altra metà del cielo e le nuvole del Benin Una delle prime cose che colpisce il visitatore che percorre le strade del Benin è la quantità impressionante di mercati, bancarelle e venditori ambulanti che popolano i bordi frastagliati di queste lingue di asfalto e terra rossastra che corrono in mezzo alla brousse dal confine con la Nigeria a quello col Togo e dall’oceano Atlantico al Burkina Faso. A osservare attentamente questa folla di persone è facile notare che la maggior parte è costituita da donne. Donne con figli al seguito, spesso con uno di essi sulla schiena, infagottato alla maniera tradizionale, che portano torri di pesanti mercanzie sulla testa e si spostano, eleganti e impassibili nella loro fatica, in cerca di clienti. Donne che stanno dietro al proprio banchetto o dentro la baracca in lamiera che funge da bottega, in attesa della clientela locale o di J. Surowiecki, “What microloans miss”, The New Yorker, pagina finanziaria del 17/03/2008 54 M. Yunus, op.cit., pp.177-188 53 51 qualche yovo intento a curiosare. Donne che corrono e si accalcano, si spingono, con le mercanzie che ondeggiano sulla testa in un funambolico assalto al taxi, non ancora completamente fermo, per riuscire a vendere due baguette per 125 franchi CFA55 a qualcuno dei passeggeri. Donne che attendono in una delle fermate prefissate l’autobus di qualche linea che attraversa il paese da sud a nord, che sosterà per 10-15 minuti nei quali loro potranno tentare di vendere arance, fazzoletti di carta, aloko fritti o zampe di aulacode56. Non importa che ci si trovi a Djougou, dove l’harmattan riempie l’aria di sabbia rossa oppure a Ouidah, dove l’oceano un tempo ha visto milioni di africani, venduti dai propri sovrani e comprati dai conquistatori europei, partire in catene per le Americhe57. Le donne in Benin sono ovunque, eppure quasi sempre invisibili. L’altra metà del cielo è un cielo a metà, in Benin. Sono tante le nuvole che impediscono a questo cielo di splendere completamente e distendere il suo bellissimo azzurro sull’Africa. La parola chiave è discriminazione. In Benin, la donna è sottoposta a una lunga serie di discriminazioni, la maggior parte delle quali sono tollerate o ignorate dalle leggi locali per il fatto che costituiscono consuetudini tradizionali a cui nessun legislatore pare essere seriamente intenzionato a mettere fine. Combattere queste consuetudini equivale in qualche modo a mettere in discussione millenni di dominazione maschile. Eppure anche qui, nella terra delle Amazzoni, le antiche e temute donne guerriere, le donne avrebbero i numeri e il peso economico sufficiente a costringere alla trattativa mariti, datori di lavoro, legislatori. La situazione attuale ci racconta invece un’altra realtà, infatti secondo gli ultimi dati Unicef58 disponibili per il Benin, il 37% delle ragazze tra i 20 e i 24 anni d’età si sono sposate o hanno iniziato a convivere prima dei 18 anni. Di queste, il 45% proviene da zone rurali e il 25% da zone urbane. Questa distinzione geografica richiama quanto visto nel capitolo precedente circa il diverso livello d’istruzione tra le zone rurali, in particolare nel nord del paese, e le zone del sud, leggermente più sviluppate sia economicamente sia socialmente. E’ necessario ricordare che in Benin, come in molti altri paesi in via di sviluppo, i matrimoni tradizionali prevedono che l’uomo offra il “prezzo della sposa” e questo costituisce una delle ragioni principali per cui soprattutto tra le famiglie povere si cerca di accasare le figlie il più velocemente possibile. A tal proposito una delle “sedici risoluzioni”59 che i clienti Grameen del Bangladesh devono rispettare, prevede il rifiuto del matrimonio tra bambini l’impegno a non accettare o offrire una dote in cambio del matrimonio, proprio per evitare che esso diventi una questione di puro calcolo Un euro equivale a 655 franchi CFA: due baguette costano circa 19 centesimi di euro. 56 Gli aloko sono i platani, cioè una particolare qualità di banane di notevoli dimensioni che in Benin vengono fritte e costituiscono un pasto veloce. Gli aulacode sono invece grossi roditori che vivono nella savana. 57 Sulla schiavitù si veda la nota 12. 58 Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito dall’Unicef, tavole 8 - 9 , pp. 142-146, voce Benin. 59 M. Yunus, op. cit., pp.111-112 55 52 economico. Infine, per quanto riguarda l’atteggiamento delle donne verso la violenza domestica, cioè la giustificazione di atti violenti da parte del marito in situazioni comuni di vita familiare (per esempio bruciare il cibo, rifiutare di avere rapporti sessuali, uscire senza avvisare etc.), il 60% delle donne tra i 15 e i 49 anni, dichiara che tali violenze sono giustificate. Ciò significa che quasi una donna su due in Benin giustifica le violenze del proprio marito. Vediamo ora i dati riguardanti la salute delle donne60 nella medesima fascia d’età: la diffusione di assistenza prenatale raggiunge l’88% delle donne mentre l’assistenza qualificata durante il parto è presente per il 78% delle madri. Il parto avviene in centri sanitari nel 78% dei casi, ma ciò nonostante il tasso di mortalità materna resta elevato e le ultime stime arrotondate ed aggiornate al 2005 ci dicono che in Benin il numero annuo di decessi per cause legate alla gravidanza è di 840 madri ogni 100 mila nati vivi e che 1 donna su 20 rischia di morire nell’arco dei propri anni riproduttivi. Resta, inoltre, estremamente bassa la percentuale di donne che ricorrono ai contraccettivi, solamente il 17%. Di fronte a questi dati possiamo notare che la prima cosa che manca loro è una consapevolezza solida della propria forza e del proprio reale peso sociale ed economico, ma tale consapevolezza può svilupparsi innanzitutto a patto di avere un’istruzione adeguata che permetta loro di considerarsi come persone e non più come oggetti di proprietà altrui. Purtroppo, come abbiamo visto61, il primo discrimine avviene proprio in quel sistema educativo che dovrebbe innescare un processo di presa di coscienza della propria identità e autonomia di scelta. Spesso però, anche in presenza di un buon grado d’istruzione, la donna continua a non esprimere al meglio le proprie potenzialità o rinuncia a rivendicare i propri diritti, in nome della tradizione cui accennavamo prima. Perché, dunque, davanti alla realtà assolutamente terribile della propria condizione, le donne si pongono in genere con un misto di velata consapevolezza, rassegnato fatalismo o, nel peggiore dei casi, muta accondiscendenza? Una risposta plausibile è che i sentimenti non si cambiano da un giorno all’altro. La cultura tradizionale e il sentimento di sottomissione all’uomo sono così radicati nella popolazione femminile che l’istruzione da sola non basta. E’ sufficiente parlare con le donne beninesi per rendersene conto: la maggior parte di loro raccontano di padri violenti, di matrimoni forzati con mariti altrettanto violenti. Peraltro la tradizione non è nemmeno così immutabile come potrebbe sembrare a prima vista, ma cambia in base alle esigenze dell’uomo. Ad esempio anche le mogli musulmane che, se non dalle leggi dello stato, sarebbero protette almeno da alcune leggi islamiche come quelle che regolano la poligamia62, si trovano invece in balìa di nuove Secondo il rapporto Unicef, per quanto concerne le mutilazioni genitali femminili, la percentuale di donne tra i 15 e i 49 anni che dichiara di averle subite si attesta al 17%, anche qui con una prevalenza del fenomeno nel contesto rurale con il 20%, contro il 13% delle zone urbane. Le madri della stessa fascia di età che dichiarano di avere almeno una figlia vittima di mutilazioni genitali è invece del 6%. 61 Si veda il capitolo II 62 A. Ventura, “L’Islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI Sec.)” in G. Filoramo (a cura di), Islam, Laterza, Bari, 2002, pp.149-150. La sura che prevede la poligamia nel Corano è la 4,3. 60 53 consuetudini per cui il marito porta in casa altre “mogli” senza alcun consenso da parte della prima moglie, senza poter garantire il sostentamento di tutte e spesso finendo con l’abbandonarle a sé stesse, coi rispettivi figli, per cercare ancora una nuova compagna. Un'altra pratica diffusa tra gli uomini è quella di sposarsi con riti tradizionali e ufficiosi in maniera tale da non essere costretti a firmare alcun tipo di documento che possa fornire alla moglie un eventuale appiglio in caso di abbandono da parte del coniuge. Questo crea numerosi problemi soprattutto alla morte di quest’ultimo perché, in mancanza di documenti scritti, tutte le donne che ne sono state compagne, più o meno ufficiali, avanzano pretese sull’eredità e così i loro figli. L’onta dell’abbandono ricade poi sempre sulla moglie, perché nella convinzione comune una donna abbandonata è colpevole per qualche motivo, probabilmente non è stata una buona madre o una brava donna di casa o una moglie fedele. Rimaste sole e, nella maggior parte dei casi, con figli a carico, queste donne non hanno più alcuna speranza di trovare un compagno che si faccia carico del loro sostentamento e di quello dei loro figli (comunque di un altro uomo) e sono costrette a reinventarsi una vita dal nulla. Lo studio di Marie-Odile Attanasso63, sulla povertà delle donne capifamiglia ci aiuta a mettere in luce alcuni dati interessanti relativi alle differenze di genere. Innanzitutto è molto difficile valutare il reale livello di povertà delle donne ove queste siano inserite in un contesto familiare, poiché di norma le statistiche vengono fatte sul tenore di vita dei capifamiglia64, salvo che le donne in questione non siano, appunto, capifamiglia. In secondo luogo l’incidenza della povertà varia non solo in base al genere, ma anche in base alla collocazione geografica. L’analisi generale di Marie-Odile Attanasso procede su due direttrici parallele: da un lato, infatti, vengono analizzati gli indici di povertà nei dipartimenti rurali del Benin (11 su 12, poiché il dipartimento del Littoral comprende in pratica solo la zona urbana di Cotonou)65 secondo il genere. Dall’altro, invece, prende in considerazione gli indici di povertà e le relative differenze di genere, ma stavolta all’interno delle principali città del Benin. Tabella 3.1:Ripartizione dell'incidenza della povertà secondo il genere Poveri Zona rurale Zona urbana Donne 23,6 28,3 Uomini 30,1 35,3 Fonte: ELAM 1999, ECVR2 1999 63 M.O. Attanasso, “Analyse des déterminants de la pauvreté monétaire des femmes chefs de ménage au Bénin », Mondes en Développement, Vol.32-2004/4n°128, pp. 41-62. Le fonti delle statistiche riportate sono l’ «Enquête sur les conditions de vie dans le milieu rural :deuxième édition » (ECVR2, 1999) e l’ « L'enquête légère auprès des ménages » (ELAM 1999). La rivista, pubblicata dall’università franco-belga De Boeck Unviersitè , è consultabile e scaricabile (in formato .pdf) al seguente indirizzo web : http://universite.deboeck.com/revues/mondes/? 64 Ibidem, p.47 65 Vedere carta amministrativa del Benin a pagina 80 54 La tabella 3.1 mostra in percentuale l’incidenza della povertà sul territorio del Benin, secondo il genere, nelle zone rurali e urbane. Da questi primi dati generali possiamo notare che la povertà pare colpire maggiormente gli uomini rispetto alle donne e che nelle zone urbane c’è un’incidenza superiore rispetto alle zone rurali. Per apprezzare le differenze reali di povertà tra uomini e donne è dunque necessario ricorrere ad un’analisi più approfondita quale quella mostrata dalle seguenti tabelle 3.2 e 3.3: Tabella 3.2 : Incidenza della povertà per dipartimento e per sesso Incidenza della povertà Dipartimenti Uomini % Donne posiz. % Totale posiz. % posiz. Alibori 26,2 8 31,6 3 26,5 6 Atacora 26,4 6 8,6 10 23,5 9 Atlantique 36,4 3 31,4 4 35,5 3 Borgou 46,4 2 42,9 1 46,1 2 Collines 26,4 6 20,8 7 25,5 8 Couffo 48,2 1 27,3 6 46,7 1 Donga 30,7 5 0,0 11 28,4 5 Mono 20,5 10 12,0 9 18,4 10 Ouémé 22,8 9 38,5 2 26,3 7 Plateau 31,9 4 28,6 5 31,3 4 Zou 17,1 11 15,6 8 16,8 11 Totale zone rurali 30,1 23,6 29,2 Fonte: ECVR2, 1999 La tabella 3.2 ci mostra infatti il caso rurale dove nel dipartimento del Borgou le donne detengono l’incidenza maggiore col 42,9%, ma gli uomini poveri sono in numero maggiore col 46,4%, mentre nell’Ouémé la percentuale di donne povere è del 38,5% contro il 22,8% degli uomini e nel ranking, dal dipartimento più povero al meno povero, le donne dell’Ouémé sono al secondo posto mentre gli uomini si trovano al nono posto, con un gap decisamente elevato. I dati che si riferiscono a questo dipartimento sono indicativi anche di un altro fattore molto importante: trattandosi di una zona immediatamente adiacente a quella urbana possiamo concludere che questo tipo di aree gioca un ruolo fondamentale nelle fluttuazioni della povertà urbana in ragione dell’esodo rurale verso le città, alla ricerca di un lavoro e 55 migliori condizioni di vita. Nella tabella 3.3 notiamo infatti che la maggiore incidenza della povertà femminile urbana è situata proprio nelle due città principali del Benin cioè Cotonou (42%) e Porto Novo (36,8%) che sono anche le mete privilegiate di chi abbandona le campagne in cerca di fortuna. Tabella 3.3 : Incidenza della povertà per città e per sesso Incidenza della povertà Città Uomini Donne % % posiz. Totale posiz. % posiz. Abomey-Bohicon 26,3 9 13,0 8 26,5 9 Parakou 32,4 5 12,7 9 23,5 5 Cotonou 45,8 1 42,0 1 35,5 1 Porto Novo 34,2 4 36,8 2 46,1 4 Kandi 22,1 10 10,5 10 25,5 10 Natitingou 28,4 8 19,4 7 46,7 8 Djougou 39,1 3 33,3 3 28,4 3 Ouidah 31,7 7 24,7 4 18,4 7 Lokossa 32,1 6 22,2 6 26,3 6 Akplahoué 43,4 2 23,9 5 31,3 2 Totale 35,3 28,3 29,2 Fonte: ELAM 9, 1999 Passiamo ora ai dati dei tabelle 4 e 5 relativi all’indice di intensità della povertà66: innanzitutto è necessario distinguere questi due concetti, infatti l’incidenza della povertà è un indicatore che fornisce informazioni circa la quantità di poveri presenti sul territorio. L’intensità invece aiuta a capire la qualità della povertà all’interno del territorio stesso. Affermare che la maggior parte delle donne povere si trova nel dipartimento del Borgou non equivale a dire che le donne più povere del Benin risiedano nella medesima zona. Un rapido sguardo alle tabelle seguenti ci permette di notare che le donne più povere in ambiente rurale sono quelle dell’Atacora, con un indice d’intensità 2,35 contro lo 0,66 delle donne dell’Atlantique, ma ciò nonostante la povertà femminile maggiore si riscontra in città e, più 66 Marie-Odile Attanasso, op. cit., pp. 44-45 56 precisamente, nei comuni di Parakou e Kandi rispettivamente un indice di intensità pari a 4,04 e 2,37. che presentano Tablella 3.4: Indice I dell’intensità della povertà per dipartimento e sesso Indice I della povertà Dipartimenti Uomini Donne I posiz. I posiz. Alibori 26,2 8 31,6 3 Atacora 26,4 6 8,6 10 Atlantique 36,4 3 31,4 4 Borgou 46,4 2 42,9 1 Collines 26,4 6 20,8 7 Couffo 48,2 1 27,3 6 Donga 30,7 5 0,0 11 Mono 20,5 10 12,0 9 Ouémé 22,8 9 38,5 2 Plateau 31,9 4 28,6 5 Zou 17,1 11 15,6 8 Totale zone rurali 30,1 23,6 Fonte: ECVR2, 1999 Tabella 3.5 : Indice I dell’intensità della povertà per città e per sesso Indice I della povertà Città Uomini Donne I posiz. I posiz. Abomey-Bohicon 26,3 9 13,0 8 Parakou 32,4 5 12,7 9 57 Cotonou 45,8 1 42,0 1 Porto Novo 34,2 4 36,8 2 Kandi 22,1 10 10,5 10 Natitingou 28,4 8 19,4 7 Djougou 39,1 3 33,3 3 Ouidah 31,7 7 24,7 4 Lokossa 32,1 6 22,2 6 Akplahoué 43,4 2 23,9 5 Totale 35,3 28,3 Fonte: ELAM 9, 1999 E’ interessante rilevare che questi dati confermano quanto abbiamo più volte affermato e cioè che la povertà più devastante si concentra nel nord del paese, nonostante la maggiore incidenza tocchi il sud. Ciò si spiega in parte con il maggiore peso demografico del sud che, va ricordato, ospita quasi tre quarti della popolazione del Benin. Quanto alle conclusioni cui Marie-Odile Attanasso giunge alla fine della sua analisi, vale la pena notare che anche lei ritiene di primaria importanza il fattore istruzione, concordando in questo con quanto da noi affermato nel precedente capitolo. Riguardo agli altri fattori che concorrono a determinare la povertà delle donne beninesi, ella spiega che mentre nelle zone rurali sesso, età e professione non sembrano avere un peso determinante (ma lo ha l’istruzione) sulla probabilità delle donne di diventare povere, nelle zone urbane questi due fattori diventano invece decisivi, poiché la povertà aggredisce sensibilmente meno le donne giovani e quelle che hanno la possibilità di svolgere lavori dipendenti67. La gran parte della povertà urbana è infatti a carico delle donne impegnate nell’economia informale. Ciò non significa che anche nel settore formale e nel lavoro dipendente urbano non vi siano donne sottopagate o in condizioni di grande indigenza, ma queste rappresentano sacche di povertà in un sistema che permette mediamente un discreto tenore di vita. Quanto detto ci riporta sulla via per rispondere alla domanda che ci siamo posti ad inizio capitolo e cioè se il microcredito sia la soluzione migliore per aiutare le donne del Benin a sconfiggere povertà ed emarginazione. Marie-Odile Attanasso afferma, infine, che il microcredito può essere una soluzione se non si limita alla concessione di prestiti destinati ad alimentare il già saturo settore del commercio informale, ma è invece orientato e incentrato maggiormente sulla promozione sociale dei gruppi di donne, attraverso la formazione di queste ultime e lo sviluppo della loro imprenditorialità. Infine va rilevata l’importanza attribuita dal Governo 67 M.O. Attanasso, op. cit., p. 49 e pp.55-59. 58 stesso allo strumento del microcredito, tanto che tra i ministeri del Benin ne è stato creato uno ad hoc per il microcredito e che esso è anche il ministero incaricato dello sviluppo delle piccole e medie imprese e della promozione dell’impiego giovanile e femminile, da qui la sua lunghissima denominazione di Ministére de la Micro Finance, des Petites et Moyennes Entreprises, de l’Emploi des Jeunes et des Femmes (MMFPMEEJF). La nostra ultima tappa in questo “viaggio” partito dal Bangladesh di Muhammad Yunus e proseguito con Marie-Odile Attanasso in Benin, non può che essere un’incursione esemplificativa nella specifica realtà del microcredito beninese. 3.3 Due esempi di microcredito locale: PADME e Donga Women Una delle caratteristiche del Benin che attirano anche il visitatore più distratto è la quantità infinita di cartelli, insegne, placche, targhe di ONG e associazioni o enti per la cooperazione internazionale, disseminate lungo le strade o sui palazzi, in particolare nelle grandi città del sud. Se dovessimo giudicare il benessere del paese dal numero di attori della cooperazione internazionale, istituzionale e non, presenti sul posto, il Benin dovrebbe essere uno dei paesi in assoluto più avanti nella strada verso lo sviluppo. Come abbiamo visto invece la situazione è tutt’altro che rosea e qualcuno potrebbe obiettare che è esattamente l’inverso: in Benin c’è moltissima cooperazione internazionale perché il paese è sempre in crisi. Lasciando da parte per un momento questa piccola provocazione, occupiamoci di chi opera nel microcredito dall’interno del paese. Data la limitatezza del tempo e delle risorse a disposizione, non è stato possibile compiere un numero elevato di interviste perciò si è preferito limitare il numero delle interviste a due. La scelta delle organizzazioni da intervistare ha cercato di tenere conto di criteri geografici, dimensionali e qualitativi come vedremo in maniera più approfondita tra poco. Possiamo anticipare che PADME e Donga Women hanno basi geografiche differenti, la prima principalmente nelle zone urbane del sud, mentre la seconda opera nel solo dipartimento della Donga. La prima è un’associazione a livello nazionale, la seconda un’ong di piccole dimensioni. Entrambe verranno dunque analizzate secondo il seguente schema: • • • • • Chi sono (fondazione, storia, evoluzione etc.) Che cosa offrono (prodotti finanziari e non finanziari) Come operano (obiettivi e motodo) Analisi di dati (ove disponibili) Confronto con i principi generali dettati dal prof. Yunus e con alcuni indicatori della Grameen Bank, alla ricerca di corrispondenze con i suoi principi generali. • Eventuali osservazioni. 59 3.3.1 PADME (Association pour la Promotion d’Appui au Développement de Micro-Entreprises) La scelta di intervistare PADME è stata in qualche modo obbligata dal fatto che è parsa subito un organismo di microcredito molto importante, come testimoniato dai numerosi uffici e dalle agenzie affiliate presenti in particolare nelle città principali del sud. Inoltre molte delle donne a cui è stato chiesto se fossero clienti di enti che operassero nel microcredito ci hanno segnalato PADME come il principale. Vediamo dunque chi è PADME e cosa fa esattamente68. In effetti la storia di PADME è interessante sotto diversi punti di vista. Originariamente nacque nel 1993 come un progetto governativo nel (Projet d’Appui au Développement de Micro-Entreprises), in seguito al Programme d’Ajustement Structurel (PAS)69 imposto dalla World Bank. Il progetto finanziato dalla stessa World Bank e col supporto tecnico dell’ong americana VITA, avrebbe dovuto fungere da ammortizzatore sociale, soprattutto nel tentativo di traghettare verso il settore d’iniziativa privato i numerosi funzionari pubblici in esubero, rimasti senza lavoro a causa del rinnovo strutturale. Questo progetto si concluse nel 1998 quando PADME divenne ufficialmente un’associazione indipendente operante nell’ambito della micro finanza inquadrata sotto la legge PARMEC definita all’interno dell’UEMOA (Union Economique et Monétaire Ouest Africaine)70 di cui il Benin è membro. Sempre nel 1998 il Ministero dell’Interno riconosce PADME come un’associazione del tipo “loi 1901”. 71 Nel 1999 fu riconosciuta associazione di pubblica utilità dal Governo col decreto presidenziale n° 99-250 del 18 maggio. L’Associazione ricevette dal Ministero delle Finanze e dell’Economia, nello stesso anno, il mandato a operare sul territorio della Repubblica del Benin per 5 anni rinnovabili tacitamente a fine mandato. La mission di PADME è così espressa: “rendere l’accesso al credito produttivo, facile e rapido per tutti i microimprenditori beninesi e per le persone a basso reddito, offrendo una gamma varia e differenziata di servizi finanziari adatti alle specifiche necessità di ciascun settore produttivo, soprattutto allo sviluppo della micro-impresa e Le informazioni contenute nel presente sotto-paragrafo, riguardante l’associazione PADME, sono tratte da materiale informativo ufficiale e dall’intervista effettuata dall’autore nel mese di gennaio 2008, presso la Direzione Generale della PADME a Cotonou. L’intervista è stata rilasciata da monsieur Alphonse D. Odjo, Segretario della Direzione. I dati e le statistiche sono invece stati forniti da monsieur Célestin Koudokpode, Assistente al Servizio Marketing Ricerca e Sviluppo. 69 A. M. Gentilini, Il leone e il cacciatore, storia dell’Africa sub-sahariana, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, pp.389-402. 70 UEMOA è l’acronimo francese che indica l’Unione Economica e Monetaria dell’Africa Occidentale, organizzazione internazionale nata nel 1994 col trattato di Dakar del 10 gennaio, composta dai paesi aventi in comune l’uso del franco CFA come moneta. Oltre al Benin ne fanno parte Togo, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Sénégal e dal 1997 la Guinea Bissau. 71 E’ la legge che regola le istituzioni no-profit. 68 60 garantendo l’accesso duraturo ai servizi finanziari di prossimità a un gran numero di persone a basso reddito, consolidando la redditività finanziaria dell’istituzione.” Le agenzie principali di PADME si trovano a Cotonou (sede della Direzione Generale), Porto Novo a sud e ad Abomey e Parakou per il centro-nord. PADME fornisce due tipi di servizi rispettivamente finanziari e non finanziari. I primi corrispondono ai cinque tipi di credito erogati dall’associazione come vediamo nella Tabella A. I servizi non finanziari sono invece tutti quei servizi di “sensibilizzazione e formazione alla buona gestione delle micro-imprese”. Queste sessioni di formazione servono per fornire al potenziale cliente tutte le informazioni su PADME e sui suoi prodotti e sulle condizioni a cui il credito viene erogato. In particolare il cliente è sensibilizzato sull’importanza di una corretta contabilità, sulla separazione tra cassa dell’impresa e propri risparmi personali, sul rispetto degli impegni con i propri fornitori. Gli vengono anche fornite alcune nozioni basilari di marketing. Le sessioni di formazione sono collettive ed hanno la durata media due settimane per i clienti nuovi e una settimana per i clienti in rinnovo. Le garanzie finanziarie richieste da PADME sono di tre tipi: 1. Fondo di garanzia: “tutti i clienti devono costituire presso le casse di PADME un fondo di garanzia il cui ammontare dovrà essere pari all’1% dell’ammontare del credito ottenuto. L’ammontare totale del fondo di garanzia è ripartito sui differenti programmi di rimborso per il cliente. Questo fondo di garanzia viene recuperato dal cliente al termine dei suoi rimborsi. Se il cliente dovesse avere difficoltà nel rimborso, questo fondo sarà utilizzato per coprire parte o tutto la somma non pagata.” 2. Deposito di garanzia: “per rinforzare certe garanzie reali (per esempio campi non recintati), può essere chiesto ai clienti di fare un deposito di garanzia il cui ammontare è pari all’1% del credito ottenuto. Il deposito di garanzia può essere considerato un fondo di garanzia supplementare con la sola differenza che il cliente dovrà versarlo integralmente prima di ottenere il credito.” 3. Garanzia per decesso: “Per tutelarsi contro il rischio di insolvibilità legato al decesso dei clienti, Padme ha messo in atto un sistema di garanzia per decesso il cui premio non supera l’1% dell’ammontare del credito. Per certi tipi di credito può essere chiesto ai clienti di stipulare un’assicurazione sulla vita presso una compagnia di assicurazione.” Tabella A Prodotto Credito individuale Beneficiari e ammontare FCFA(€) • Singoli individui per attività generatrici di reddito • Da 20 mila a Tasso d’interesse e durata • 2% mensile per un massimo di 18 mesi Garanzie • Ipoteca immobiliare, veicoli in pegno, avallo sullo stipendio, ipoteca sull’impresa 61 • Credito immobiliare • • Credito di gruppo (da 3 persone) • • Credito di gruppo (da 5 a 30 persone) • • Credito “relais” • 10 milioni di FCFA (30,53 – 15.267 ) Singoli individui per acquisto, ristrutturazion eo costruzione di immobili Da 20 mila a 10 milioni di FCFA Gruppi da 3 persone per sviluppo attività generatrici di reddito Da 20 mila a 10 milioni di FCFA Gruppi da 5 a 30 persone per sviluppo attività generatrici di reddito Da 20 mila a 5 milioni di FCFA (30,53 – 7.633) Ong che svolgano attività di microcredito nelle zone rurali non raggiunte da PADME Da 20 mila a 10 milioni di FCFA • 2% mensile per un massimo di 18 mesi • Ipoteca immobiliare avallo sullo stipendio. • 2% mensile per un massimo di 18 mesi • Solidarietà tra i membri • 2% mensile per un massimo di 18 mesi • Solidarietà tra i membri • 1% mensile per un massimo di 18 mesi • Ipoteca immobiliare, veicoli in pegno, avallo sullo stipendio, ipoteca sull’impresa Fonte: PADME Le garanzie reali (campi, veicoli, attrezzature etc.): “Permettono di ridurre i rischi d’insolvenza del cliente, non perché assicurano il recupero sistematico della somma non rimborsata, ma perché forniscono un mezzo per migliorare il rimborso quando i mutuatari sono in difficoltà” Dopo aver risposto a parte dei nostri quesiti attraverso la lettura del materiale informativo ufficiale, possiamo dedicarci alle domande dirette.72 72 L’Autore è indicato con A mentre il referente con R. 62 Siamo accolti dal Segretario della Direzione che ci chiede di pazientare a causa della mole di lavoro da sbrigare prima di poterci dedicare la mezz’ora concordata. Attendiamo circa un’ora durante la quale cominciamo a prendere visione del materiale informativo fornitoci. Finite le incombenze d’ufficio, monsieur Odjo73 ci fa accomodare presso il suo studio e cominciamo la nostra piccola intervista. Qui di seguito il testo. A: Monsieur Odjo gli incontri di formazione avvengono sul posto e come viene affrontato il problema dell’analfabetismo di molti potenziali clienti ? R: “Le sessioni formative sono collettive e si tengono presso gli uffici e le filiali PADME e che gli incaricati forniscono le informazioni anche in lingua fon o in altra lingua locale, a seconda delle zone, per far sì che anche gli analfabeti possano comprendere” A: Sì ma vorrei capire se voi mandate agenti nei villaggi a fare formazione o se i clienti vengono da voi R: “Ci sono gli uffici decentrati e la formazione viene fatta lì dai nostri incaricati”74 A: Per quanto riguarda l’informazione dei potenziali clienti in che modo fate conoscere i vostri servizi, come pubblicizzate PADME sul territorio? Fate campagne di sensibilizzazione nei villaggi? Usate la TV? R: “Mah guardi, Padme non ha bisogno di pubblicità perché come può notare, è molto conosciuta” A: Sbaglio o PADME è la prima associazione di microcredito in Benin? R: “Non sbaglia, è la più grande, quella con più clienti” A: Esistono servizi specifici rivolti solo alle donne? R:“PADME non ha servizi specifici per le donne, ma circa il 70% della clientela è costituito da donne e che domandano prestiti, nella quasi totalità dei casi per progetti di piccolo commercio o trasformazione alimentare.” A: Come mai PADME non ha specifici prodotti e servizi rivolti alle donne? Vedi nota 68 Le informazioni scritte che ci sono fornite assieme all’organigramma, aggiornate a dicembre 2007, parlano di circa 83 incaricati per i prestiti. 73 74 63 R: “Padme non fa distinzioni tra i propri clienti, comunque, come le ho detto, le donne sono circa il 70% dei nostri clienti” A: L’accesso al credito è facile? Sono necessari molti documenti? R:“Beh l’accesso facile e veloce … è nella mission di PADME, se i documenti sono pronti, il credito viene erogato nel giro di 7-10 giorni.” A: Bene, ma ci vogliono diversi documenti e dunque ci vorrà del tempo… non è un ostacolo ai clienti? R:“Può essere, ma il tempo richiesto per i documenti non dipende da PADME, ma dalla pubblica amministrazione” A: PADME usufruisce di finanziamenti pubblici? R: “Esistono dei finanziamenti specifici del Governo per gli organismi che fanno microcredito” A: Posso sapere a quanto ammonta il finanziamento pubblico a PADME? R: “In questo momento non dispongo di questa informazione, mi spiace” A: PADME è un’associazione che opera solo in Benin a quanto leggo. Ha partner stranieri? Ci può dire di quali Paesi? R: “Sì PADME è attiva solo in Benin essendo nata come progetto governativo, ma abbiamo partner stranieri, sia banche sia ONG…ora non ricordo i nomi di tutte ma le può trovare sul sito web75, ad ogni modo lavoriamo con partner del Belgio, della Francia e dell’Olanda.” Per quanto riguarda le attività di PADME, nella Tabella B presentiamo la sintesi dei dati forniti per gli ultimi sei anni: Tabella B RISULTATI OTTENUTI Indicatori 2002 2003 2004 2005 2006 200776 Il sito web PADME era attivo fino alla permanenza dell’autore in Benin, ma a causa della difficoltà di reperire una connessione internet è stato difficile visitarlo. A marzo 2008 il sito risulta inaccessibile. 76 I dati per il 2007 sono aggiornati al mese di novembre. 75 64 Numero di prestiti emessi 28.234 35.569 39.281 33.697 30.878 25.497 Ammontare dei prestiti in milioni di FCFA 14.181 20.973 29.218 23.066 19.439 17.712 Numero di clienti attivi 25.836 32.600 37.661 42.350 44.853 44.664 8.905 14.026 21.375 20.538 16.440 14.370 81% 78% 73% 70% 70% 70% 99,60% 99,33% 99,05% 94,74% 94,77% 94,87% 94,77% 93,67% 91,10% 82,39% - - Crediti in corso in milioni di FCFA Percentuale di clienti donne Tasso di rimborso Tasso di rispetto delle scadenze Fonte: PADME Dato che l’oggetto della nostra attenzione sono le donne, non vogliamo aprire una competizione su chi tra PADME e Grameen sia più produttiva, essendo queste due realtà molto differenti sotto molti punti di vista. Ciò che però ci preme evidenziare è se PADME rispetti o no un modello che, di là della valenza puramente economica, ha innanzitutto una valenza sociale e anzi è quest’ultima la base su cui poggia la prima. A tal proposito dobbiamo notare in PADME che la percentuale di clienti donne è andata progressivamente a decrescere fino a stabilizzarsi negli ultimi tre anni intorno al 70%. Questo è spiegabile probabilmente col fatto che non c’è in PADME una politica specifica che favorisca l’elemento femminile nell’accesso al credito. Se confrontiamo questa percentuale con quella di riferimento della Grameen Bank per esempio, notiamo che, al contrario, la percentuale di clienti donne è andata in costante crescita (eccettuate alcune fluttuazioni nella sua fase “sperimentale”) dal 20% del 1976 al 96% del 200577. In particolare mentre nel periodo 2002-2005 la percentuale di clienti donna della PADME è calato bruscamente, passando dall’81% al 70%, la percentuale, nel medesimo periodo, per Grameen è salita di un punto portandosi dal 95% al 96%. Il che ci porta a una prima importante riflessione: posto che, come abbiamo visto in questo come nel precedente capitolo, le donne del Benin sono ancora fortemente discriminate sotto il profilo dell’istruzione e sotto quello economico, è vincente una strategia di microcredito che non tenga conto di queste lampanti discriminazioni? Parlando con le donne per le strade o soffermandosi nei rari momenti di riposo che esse hanno, tra un impegno e l’altro, è facile sentire racconti di donne ostacolate dai mariti in ogni loro iniziativa imprenditoriale. Vale la pena a tal proposito riportare un piccolo aneddoto raccontatoci da madame Justine Yaya, madre di cinque figli (un maschio e quattro femmine), e moglie del professor Christian Yaya che abbiamo già conosciuto78. Justine vive a Ouidah con la sua famiglia, tutti i suoi figli vanno a scuola, è una donna imprenditrice che con il microcredito ed enorme fatica è riuscita ad La fonte dei dati è l’Annual Report 2005 di Grameen Bank liberamente scaricabile presso il sito web della Grameen all’indirizzo http://www.grameeninfo.org/annualreport/commonElements/htmls/index.html 78 Vedi capitolo II paragrafo 2.2.4, testimonianza del professor Christian Yaya sulla scuola. 77 65 aprire un “maquis”, un piccolo ristorante che dà lavoro ad altre tre donne. Ecco il suo racconto: “Un giorno si è presentata a casa mia una conoscente, era in lacrime, allora le ho chiesto cosa fosse successo e lei mi ha spiegato che da qualche tempo era intenzionata a chiedere un prestito a Padme o Papme79. Siccome per i prestiti individuali sono necessarie delle garanzie, spesso viene chiesto alle donne di fornire una specie di autorizzazione del marito o, se sono nubili, da qualche uomo della famiglia, per evitare problemi dopo…capisci no? Poi questa donna è anche analfabeta quindi solo il marito poteva firmare le carte per il prestito. Allora lei ha parlato col marito e gli ha spiegato le sue intenzioni e il marito senza battere ciglio ha preso un foglio e una penna ed ha scritto l’autorizzazione per la moglie. Così lei, tutta contenta, si è recata presso l’agenzia…non ricordo se fosse Padme o Papme…ma fa lo stesso…insomma lei era analfabeta, capisci? Quindi non ha letto l’autorizzazione, si è presentata direttamente lì, in ufficio, dove c’erano tante altre donne e ha consegnato la lettera del marito all’impiegata. A quel punto l’impiegata le ha risposto che non poteva concederle il prestito. Lei si è stupita e ha detto – Ma come?Ho la lettera di mio marito! Mio marito è d’accordo! – allora l’impiegata le ha risposto – Signora, è sicura? Forse è meglio se parla con suo marito… - ma lei poverina insisteva, così l’impiegata le ha letto la lettera e sul foglio c’era scritto “io non garantisco niente e qualunque prestito facciate a mia moglie lo fate a vostro rischio e pericolo”. Insomma poverina, lui l’ha umiliata di fronte a tutte quelle donne dell’ufficio, capisci? Alla fine visto che lei era disperata, le ho detto che forse potevo prestarglieli io quei soldi…beh, sai quanto le serviva? 10 mila FCFA80!! Alla fine glieli ho dati io, non mi cambieranno la vita…poverina era felicissima, però ci pensi? Che umiliazione lì nell’ufficio…” Questo piccolo racconto fornisce la motivazione della domanda che ci siamo posti prima. Finché l’iniziativa economica resta prevalentemente nelle mani degli uomini che devono “autorizzare” le mogli ad aprire delle attività o semplicemente a domandare dei prestiti personali, va da sé che non s’interromperà mai quel rapporto di subordinazione che esclude le donne da qualsiasi iniziativa personale. E giacché è fuori discussione che gli uomini beninesi rinuncino ai propri privilegi spontaneamente, dovrebbero essere gli enti che lavorano nel microcredito a spezzare questo rapporto di subordinazione. Il prof. Yunus mise in piedi la Grameen Bank anche per questo, perché nel Bangladesh le donne erano ugualmente sottomesse in tutto e per tutto ai mariti o ai parenti maschi. PADME sembra invece fuori da questa logica che, in un paese come il Benin che soffre una drammatica discriminazione di genere, dovrebbe invece essere prioritaria. Tenendo conto che Grameen ha un numero di clienti che è all’incirca pari alla PAPME è un'altra associazione che si occupa di microcredito in Benin. E’ la più diffusa sul territorio subito dopo PADME, ma non è stato possibile visitarla. 80 Circa 15 euro. In Benin però la sproporzione tra poveri, come abbiamo visto, è molto elevata e 15 euro per alcuni lavoratori costituiscono un intero mese di stipendio. 79 66 popolazione dell’intero Benin e che nel febbraio 2008 la percentuale di donne ha toccato quota 97%81, si comprende meglio, quanto l’approccio di PADME sia sostanzialmente differente. Manca in quest’ultima la priorità verso l’empowerment femminile e verso un tipo di formazione duraturo rivolto alle donne. Ciò è evidente anche da alcune risposte alla nostra intervista: PADME attende i propri clienti negli uffici, non va sul terreno a cercarli, a informarli della propria esistenza, e la formazione viene fatta all’interno degli uffici stessi, il che, verosimilmente, significa costringere uomini e donne a spendere tempo e risorse per raggiungere le sedi di formazione. La stessa distribuzione geografica delle sedi (le città principali del Benin) tradisce un’impostazione tipica dei normali istituti di credito: si va dove è più comodo avere clienti. Grameen da sempre agisce all’opposto, cioè va a cercare le persone più povere e affamate là dove si trovano, ossia prevalentemente nei disastrati villaggi rurali. La formazione di PADME è poi funzionale all’erogazione del credito, non sono previsti veri e propri programmi di aiuto alla popolazione analfabeta tant’è che le informazioni sono fornite anche in lingua locale, ma questo pare essere più un’esigenza di rapidità di tempi (cioè aprire più velocemente dossier clienti) che una forma di cortesia e aiuto verso le persone non istruite. Una differenza macroscopica è poi la richiesta di garanzie, finanziarie e reali. La teoria del professor Yunus che anche i nullatenenti siano solvibili è qui disattesa completamente. Non si erogano prestiti sulla fiducia nelle capacità del cliente, quanto piuttosto su ciò che il cliente ha da offrire in garanzia, il che ci riporta al modus operandi della più classica delle banche. Si fa indifferentemente credito a singoli individui e a gruppi mentre la Grameen Bank promuove la politica del raggruppamento, e in particolare del raggruppamento femminile, innanzitutto per creare solidarietà sociale e in secondo luogo perché la solidarietà è un’ulteriore garanzia, non scritta, che i prestiti saranno rimborsati. Dall’analisi dei dati e dall’intervista fatta, PADME sembra configurarsi più come un normale istituto di credito le cui uniche differenze risiedono nel movimento complessivo dei flussi di denaro, ovviamente molto inferiore a quello di una comune banca commerciale, oltre al suo inquadramento formale come associazione di pubblica utilità. A questo proposito dobbiamo segnalare, per dovere di cronaca, lo scandalo che sta investendo PADME e che sta occupando grande spazio nei media locali, dopo che il Consiglio dei Ministri del Benin ha ufficialmente accusato l’associazione tra le altre cose di: “cattiva gestione del portafoglio crediti con una distrazione di fondi attuata attraverso l’apertura di crediti fittizi da parte di 39 agenti per un ammontare di oltre 1 miliardo di FCFA, mancata supervisione delle attività del progetto, a causa dei molteplici viaggi, da parte del suo Direttore Generale, che non ha un vice dal 2005, né da parte Direttore Tecnico”. Il Governo ha accusato inoltre PADME di un ammanco di 1.504.167.295 FCFA “causati dall’apertura di crediti irregolari e altre malversazioni, l’attribuzione fantasiosa (fuori dalla griglia salariale) di stipendi troppo 81Informazioni tratte dal sito web ufficiale della http://www.grameen-info.org/bank/GBGlance.htm Grameen Bank: 67 elevati al Direttore Generale e la scoperta di una rete di falsari di documenti di garanzie”.82 In questa sede non ci interessa esprimere un giudizio su una vicenda delicata ancora in corso la cui competenza è della magistratura del Benin. L’unica annotazione che possiamo fare a margine della vicenda è che, in seguito alle accuse del Governo, gli impiegati PADME hanno fatto quadrato attorno ai propri dirigenti ed hanno chiuso a tempo indefinito gli uffici, il che sta causando una situazione di estremo disagio a migliaia di persone che di PADME sono clienti. 3.3.2 Donga Women Microfinance Il nostro viaggio all’interno del Benin ci porta stavolta a Djougou, cittadina del nord a prevalenza confessionale musulmana e sede della Donga Women. Il nome di questa piccola ong deriva dal dipartimento della Donga, il solo territorio in cui essa opera e che comprende quattro comuni: Djougou, Bassila, Ouakè e Copargo. Donga Women nasce nell’agosto 2001 su iniziativa di un gruppo di donne della classe dirigente locale, per far fronte alle difficoltà d’accesso al credito delle donne nella regione. Ecco le ragioni di questa scelta come ci sono spiegate nel dossier dell’ong83: “In effetti nel dipartimento della Donga l’accesso delle donne al credito è reso difficile a causa del tipo di sistema finanziario che lascia loro poco spazio. Questa situazione è all’origine dell’esodo rurale delle donne della zona verso gli altri paesi della sub-regione (Niger, Nigeria, Ghana, Togo, Burkina-Faso) o verso le altre città del Paese (Cotonou, Porto Novo, Parakou) alla ricerca di un lavoro remunerativo che gli permetta di costituire un’attività e ridurre la povertà. Questo esodo femminile che caratterizza il dipartimento della Donga pone dei seri problemi di scolarizzazione, di traffico di bambini e in particolare di gestione familiare e di educazione dei bambini abbandonati dalle proprie madri.” La mission di Donga Women è dunque così espressa: “Lottare efficacemente contro la povertà e contribuire in maniera duratura al miglioramento delle condizioni socio-economiche delle donne della Donga facilitando loro l’accesso al microcredito. Ha inoltre come obiettivo quello di assicurare la formazione e l’alfabetizzazione delle donne per permettere loro di tenere i documenti di gestione delle loro attività.” Donga Women eroga crediti per diversi tipi di attività tra cui le principali sono: piccolo commercio, artigianato, trasformazione e macchinari per la 82 Articolo di G. Afangbédji “CRISE AU PADME : Il faut éviter la destabilisation du secteur de la micro finance”, tratto dal quotidiano locale L’Autre Quotidien del 20/03/2008. 83 Le informazioni contenute nel seguente sotto-paragrafo, provengono dal materiale informativo e dall’intervista effettuata dall’autore, nel mese di dicembre del 2007, presso la sede di Djougou. L’intervista è stata rilasciata da monsieur Sarafadine Adedjoumobi, Capo del Servizio Amministrativo, Contabile e Finanziario. I dati e le statistiche sono invece stati forniti dal Servizio Informatico. 68 trasformazione, ristorazione e più in generale tutte quelle attività generatrici di reddito che posso essere verosimilmente oggetto di credito. Vediamo ora in dettaglio i tipi di credito nella Tabella C: Tabella C Tipi di credito Individuale • Credito per il commercio • • • Credito per l’artigianato • • • Credito per la produzione agricola • • min. 50 mila max. 350 mila FCFA Durata 12 mesi Periodicità 1 mese min. 50 mila max. 250 mila FCFA Durata 1218 mesi Periodicità 1 mese min. 100 mila max. 500 mila FCFA Durata 618 mesi Periodicità 3,6-12 mesi Cauzione Solidale (3 donne) • min. 20 mila max. 150 mila FCFA • Durata 12 mesi • Periodicità 1 mese • min. 50 mila max. 250 mila FCFA • Durata1218 mesi • Periodicità 1 mese • • • • Credito per la trasformazione • • min.100 mila max. 500 mila FCFA Durata 618 mesi Periodicità 3,6-12 mesi min.20 mila max.150 mila FCFA Durata Periodicità Gruppi di donne (oltre 3 donne) - • • • • • • • • • • Credito macchinari da trasformazione - • • min.50 mila max. 1 milione FCFA Durata1224 mesi Periodicità 1 mese min. 100 mila max. 500 mila FCFA Durata 618 mesi Periodicità 3,6-12 mesi min.20 mila max. 150 mila FCFA Durata Periodicità min. 250 mila max. 1 milione FCFA Durata 1224 mesi Periodicità 2,6-12 mesi N.B.: Il tasso di interesse è sempre del 2% sul credito in corso o del 13,47% l’anno. Fonte: Donga Women Donga Women è stata accompagnata nella sua evoluzione dalla cooperazione internazionale svizzera attraverso la Direction du 69 Développement et de la Coopération (DDC). Nel novembre 2002 ha beneficiato di un primo sostegno per un ammontare di 59.891.000 FCFA di cui 50 milioni come linea di credito e i restanti 9.891.000 come sostegno istituzionale. Ad aprile 2003 è arrivato un secondo finanziamento per un ammontare di 164 milioni di FCFA di cui 100 milioni come linea di credito e il resto come sostegno istituzionale. Complessivamente ad oggi la Svizzera ha contribuito allo sviluppo di Donga Women con 223.891.840 FCFA, poco più di 340 mila euro. Nel 2002 ha ricevuto inoltre aiuti da parte della cooperazione danese (DANIDA) attraverso l’Ambasciata Reale di Danimarca per un totale di 64.035.000 FCFA, circa 98 mila euro. La tabella D mostra il numero dei crediti aperti rispettivamente sulla linea di Donga Women e su quella della cooperazione svizzera. Tabella D Numero di crediti secondo la linea di credito Al 31 dicembre Donga Women Coopération Suisse 2001 442 0 2002 2227 433 2003 3640 1482 2004 4696 2964 2005 6631 6109 2006 7017 7355 Fonte: Donga Women Possiamo notare che il numero di crediti è andato in crescendo dall’inizio dell’attività nel 2001, ma parallelamente è andata crescendo l’importanza dei finanziamenti da parte della Svizzera come possiamo vedere nella successiva tabella E: Tabella E Anno Donga Women 2001 2002 2003 2004 2005 20.165.000 83.000.000 82.415.000 87.455.000 95.957.969 2006 49.310.000 Totale per linea 418.302.969 Fonte: Donga Women N.B.: Ammontare espresso in FCFA Cooperazione Svizzera 0 16.550.000 41.410.000 61.735.000 126.739.639 86.150.000 316.034.639 Totale per anno 20.165.000 99.550.000 123.825.000 149.190.000 222.724.608 135.460.000 734.337.608 Si noti infatti che mentre nella fase iniziale, dal 2001 al 2004, Donga Women ha finanziato per la maggior parte le proprie attività, anche se con 70 significativi interventi della DDC dal 2002 in poi, dal 2005 l’impegno finanziario della cooperazione svizzera supera notevolmente quello della stessa Donga Women arrivando quasi a doppiarlo nel 2006. In effetti dal 2004 la DDC è il solo partner a finanziare Donga Women, mentre i contributi da altri partner sono stati erogati soltanto nei primi tre anni di vita dell’organizzazione come vediamo nella tabella F: Tabella F A fine 2001 A fine 2002 A fine 2003 Donga Women 15.465.000 55.945.000 120.430.000 Danida 0 20.305.000 38.235.000 CBDD84 4.520.000 6.990.000 6.990.000 Campus Benin85 0 20.015.000 20.015.000 Cooperazione Svizzera 0 16.155.000 57.965.000 Fonte: Donga Women N.B.: Ammontare espresso in FCFA Tabella G Anno (fine dicembre) Tasso di rimborso 2001 100% 2002 99,8% 2003 97,1% 2004 95,5% 2005 98,11% 2006 85% Fonte: Donga Women Centre Béninois pour le Développement Durable Benin è un programma governativo del Ministero dell’economia e delle Finanze del Benin vedi sito ministeriale: http://www.mdef.bj/article.php?id_article=36 84 85Campus 71 Per quanto concerne il tasso di rimborso la tabella G permette di osservare un calo lento, ma costante, con una ripresa nel 2005 e un crollo rilevante nel 2006. Entrambi ci vengono spiegati in una nota a margine delle statistiche: “Il tasso di rimborso del 98,11% al 31 dicembre 2005 è stato ottenuto dopo una lunga serie di liquidazioni e di revisione dei crediti. Il tasso di rimborso dell’85% al 31 dicembre 2006 è dovuto alla sfortunata esperienza dei nuovi crediti che l’istituzione ha sperimentato. Ciò è dovuto essenzialmente a: • Utilizzo del credito da parte delle clienti per obiettivi diversi da quelli iniziali. E’ il caso di Djakpingou, dove i crediti erano stati destinati alla produzione agricola seguita dalla vendita. Dopo la produzione, le clienti hanno ritenuto opportuno conservare i raccolti per venderli a un prezzo maggiore, disattendendo così le date delle rate prestabilite. • Svendita dei raccolti in mancanza di mercato dei prodotti. E’ il caso dei gruppi di donne di Barei, Copargo e altre.” Questa spiegazione ci aiuta a comprendere meglio le difficoltà a cui possono andare incontro le ong di piccole dimensioni come Donga Women: sono sufficienti alcuni rovesci dovuti a cause esterne e si rischia di bruciare capitale prezioso. A questo proposito vale la pena riflettere sul fatto che la formazione delle clienti dovrebbe probabilmente servire a evitare eccessi d’iniziative da parte delle clienti, soprattutto quando queste iniziative siano controproducenti per le clienti stesse. Tuttavia è comprensibile che spiegare alcune basilari regole economiche a donne prive d’istruzione non sia affatto semplice ed è ugualmente comprensibile che queste donne siano naturalmente portate a fare le cose come hanno sempre fatto per tutta la loro vita, cioè secondo le regole tradizionali. Tuttavia il mercato del villaggio può non seguire necessariamente regole produttive da un punto di vista economico. Alcuni dubbi e domande le abbiamo rivolte direttamente al nostro referente all’interno della sede Donga Women a Djougou. La prima cosa che colpisce entrando è la sobrietà della struttura, poche sale, arredamento essenziale. Ciò che però più conta è che l’unica presenza maschile che abbiamo incontrato al momento dell’intervista è stata quella di monsieur Sarafadine Adedjoumobi, capo del Servizio Amministrativo, Contabile e Finanziario. A: Monsieur Sarafadine innanzitutto: voi operate solo con donne? R: “Sì, Donga Women è stata fondata da donne per le donne” A: Abbiamo letto che Donga Women ha servizi finanziari e non, questi ultimi in che cosa consistono? R: “Formazione e informazione principalmente. Noi facciamo formazione di gruppo alle donne e le informiamo circa le ultime notizie utili per ciò che concerne le leggi o qualsiasi cosa riteniamo possa essere loro utile sapere” 72 A: Voi mandate agenti nei villaggi a fare formazione o le clienti vengono da voi? R: “Il nostro si chiama credito di prossimità perché i nostri incaricati seguono le clienti sul posto, periodicamente, circa ogni settimana, vanno nei villaggi per incontrare i gruppi di donne con le quali operano, ognuno di loro ha un certo numero di clienti da seguire, sparse in diversi villaggi” A: Per quanto riguarda l’informazione dei potenziali clienti in che modo fate conoscere i vostri servizi, come vi fate conoscere? R: “Beh Donga Women, come avrà letto, opera solo nel dipartimento della Donga dunque non abbiamo bisogno di grande pubblicità, sono le clienti col passa parola o i nostri agenti sul campo eventualmente a organizzare gli incontri con le nuove donne interessate” A: Leggiamo che voi praticate anche il credito individuale, ma chiedete anche delle garanzie? R: “Per il credito individuale richiediamo dei “pagherò” o ipoteche su terreni” A: Come mai questa scelta? R:“Scusi, lei presterebbe denaro a qualcuno senza chiedere garanzie? A nessuno piace buttare il proprio denaro…” A: Sì, su questo siamo d’accordo, ma perché semplicemente non fate credito esclusivamente a gruppi solidali, cioè quelli senza necessità di garanzia? R: “Perché purtroppo è molto difficile tirare avanti senza affiancare al non-commerciale anche qualche servizio commerciale” A: L’accesso al credito è facile? Sono necessari molti documenti? R:“Nessun documento particolare tranne, appunto, nel caso di garanzie per il credito individuale” A: Dunque le vostre clienti sono seguite in ogni fase del loro percorso? R:“Sì, è il modo di operare di Donga Women” A: Quali sono le caratteristiche per diventare cliente Donga Women? R: “Sono questi 7 requisiti – porge un pieghevole – essere beninesi, non avere accesso ad altre forme di credito da istituzioni o dalla famiglia, non avere precedenti negativi in ambito di rimborso del credito, seguire i consigli dei nostri incaricati e cooperare, saper risparmiare, saper tenere un minimo di contabilità e infine rispettare i patti.” 73 A: Donga Women attualmente usufruisce di finanziamenti pubblici? R: “beh il Governo ha un progetto chiamato Microcrédit aux Plus Pauvres(MCPP)86 che serve per offrire una forma di sussidio ai clienti di microcredito da un minimo di 5.000 ad un massimo di 30.000 franchi CFA, ma è diretto ai clienti.” A: Donga Women ha partner internazionali a quanto leggiamo… R: “Sì la Svizzera è il primo partner di Donga Women, nel corso degli anni ne abbiamo avuto altri, ma ora stiamo cercando di renderci autonomi dal punto di vista finanziario, anche se continueremo a collaborare con i nostri partner locali e non” Dopo aver collezionato tutte le informazioni che ci è stato possibile reperire su Donga Women passiamo al consueto confronto con l’esempio di PADME e, naturalmente, con la nostra cartina di tornasole: Grameen Bank. Come già specificato per Padme, anche qui l’intento principale non è fare confronti solo sul piano strettamente economico, data anche la difficoltà di mettere a fianco bilanci e statistiche di realtà che operano nel settore da tempi tanto diversi, 1976 per Grameen, 1998 per PADME e 2001 per Donga Women. Differenti sono anche le aree geografiche, pertanto differenti sono le problematiche, anche all’interno dello stesso Benin dove, va ricordato, esiste un nord molto più tradizionalista e conservatore, anche nelle cattive abitudini. Per i motivi già espressi all’inizio del precedente confronto è però necessario procedere alla comparazione dell’impostazione di metodo tra il microcredito targato Grameen e la realtà del Benin seppur attraverso due soli casi esemplificativi tanto eterogenei. Innanzitutto Donga Women presenta un’impostazione molto più affine al modello Grameen sia nelle scelte degli obiettivi che nei metodi. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che Donga Women nasce dall’iniziativa un gruppo di donne istruite che hanno deciso di mettere le proprie competenze al servizio delle loro colleghe meno fortunate. Coerentemente, Donga Women lavora solo ed esclusivamente con donne a cui offre una formazione oltre all’accesso al credito, anche se, dalle informazioni ricavate attraverso l’intervista, questa formazione pare limitata e funzionale alla sola gestione dell’attività economica. Stona decisamente la presenza di crediti individuali, sconsigliata vivamente da Yunus, perché come abbiamo visto in entrambi gli esempi, devono essere per forza garantiti con garanzie finanziarie o reali. Inoltre l’esperienza della Grameen ha ampiamente dimostrato che il credito solidale garantisce un tasso di rimborso notevolmente elevato rispetto al credito erogato a singoli individui, maggiormente portati a trascurare i propri impegni. La deroga al principio del credito senza garanzia, soprattutto trattandosi di donne, cioè di un gruppo sociale svantaggiato, è sicuramente fuori sintonia La descrizione dettagliata di questo programma governativo è disponibile sul portale web francese dedicato alla microfinanza : http://www.lamicrofinance.org/content/article/detail/19807. 86 74 con l’impostazione generale. Il rischio è sempre quello di riprodurre in scala il modello delle tradizionali banche. Donga Women pare essere al momento lontana da questa deviazione di cui PADME sembra, invece, patire gli effetti. La presenza degli agenti sul campo nel caso di Donga Women è poi una sorpresa perché PADME (prima associazione del Benin per dimensioni e movimento di denaro) e altre associazioni di microcredito di cui purtroppo non è stato possibile approfondire la conoscenza, al di là di numerose testimonianze di donne beninesi, paiono agire in maniera anomala rispetto a quei princìpi che dovrebbero essere fondamento per gli attori del microcredito sempre e ovunque essi si trovino. Su questo punto l’esperienza della Grameen è fondamentale: nessuna donna analfabeta, sia che abiti in un villaggio o che viva in una metropoli, entra volentieri in un ufficio. L’utilizzo di uffici, scrivanie piene di scartoffie incomprensibili, appellativi altisonanti, è una barriera psicologica di non poco conto87, oltre al fatto che andare in ufficio costa tempo e denaro se non si ha una filiale nei paraggi. I vantaggi di PADME sono dovuti soprattutto alla totale autosufficienza ed in parte alla fortuna di essere nata e aver fatto il proprio training come progetto del Governo. Il vantaggio si tramuta però in svantaggio quando un’organizzazione così vasta, formata da centinaia di addetti, è sottoposta ad un controllo insufficiente a preservarla dai rischi derivanti dalla corruzione e dalla cattiva gestione. E’ bene soffermarci a questo proposito su alcune delle proposte più interessanti del già citato progetto MCPP, sul quale il Governo del Benin ha chiesto un parere al Consortium ALAFIA88. Quest’ultimo individua la crisi del settore microfinanza nelle seguenti cause: • Generale crisi economica del Benin e debolezza delle attività generatrici di reddito. • Concorrenza sempre maggiore e sleale nel settore. • Il mancato funzionamento rapido ed efficace della rete informativa centrale nel segnalare comportamenti inaffidabili dei clienti. • Mancanza di professionalità di alcuni operatori. • Difficoltà di applicazione della legislazione da parte dai promotori del microcredito. • Difficoltà organizzative da parte delle due grandi reti mutualiste. • L’ammontare delle somme non rimborsate che eccede ormai il 10% del totale erogato. • Insufficiente coordinamento degli interventi di partner nello sviluppo e ministeri competenti. • Eccessiva pressione fiscale sugli operatori e mancato rispetto degli accordi di esonero fiscale. M.Yunus, op. cit., pp. 115-119. Il Consortium ALAFIA è l’associazione professionale beninese che riunisce gli operatori del settore del microcredito. 87 88 75 • L’infiltrazione del settore da parte di alcuni grossi debitori disonesti e la costituzione di una associazione, cosiddetta di consumatori di prodotti di microcredito, che invita i clienti beneficiari di prestiti a non rimborsare le somme • Lo stesso programma MCPP che presenta gravi rischi per tutto il settore della microfinanza in Benin Il Governo del in sostanza ha proposto l’abbattimento dei tassi d’interesse a un massimo del 4% annuale, l’abolizione delle garanzie reali e sussidi governativi ai clienti che non riescano a pagare gli interessi. Le obiezioni di ALAFIA sono possono riassumersi nei seguenti punti: • Il tasso del 4% annuo non è realistico, dati i costi reali di gestione di un programma del genere e non c’è trasparenza e informazione sul come il Governo intende portare avanti la sua linea, questo farebbe percepire gli operatori del microcredito come dei “ladri”. • La distorsione del mercato attraverso i sussidi può mettere in difficoltà le associazioni di microcredito. Infatti i sussidi sono erogati solo alle associazioni facenti parte del programma MCPP cosicché i clienti delle altre associazioni sarebbero, di fatto, discriminati. A quel tasso d’interesse nessuna associazione fuori dal programma MCPP potrebbe sostenere i costi e competere con quelle incluse. Il che porterebbe a sicuro fallimento le prime. • C’è inoltre il rischio che i sussidi governativi siano percepiti come atto dovuto o come un regalo per tutti e che, di conseguenza, il Governo si trovi numerosi casi di insolvenza da coprire. Ciò metterebbe a rischio tutto il sistema del microcredito, in generale, perché sarebbe un incentivo per i clienti a non rimborsare le somme dovute. ALAFIA conclude la sua analisi concordando sulla necessità di una riforma del sistema che parta dai tassi d’interesse. Avanza poi delle proposte che sostanzialmente vertono sullo spostamento dell’oggetto di sussidi dal cliente alle associazioni che poi li girerebbero indirettamente ai propri clienti. Auspica anche un sistema di incentivi attraverso sussidi di vario genere per i clienti più affidabili e con i pagamenti in regola. Inoltre chiede una legislazione specifica, efficace e snella per il recupero dei crediti per i clienti inaffidabili. Propone poi la creazione di fondi appositi per l’intero sistema di microcredito, sia per il rifinanziamento del sistema stesso che per la sovvenzione di associazioni che offrano servizi specificamente nonfinanziari ai clienti più poveri. Giunti al termine del nostro lavoro sullo specifico tema del microcredito alle donne in Benin, possiamo riassumere alcuni spunti di riflessione poiché è assai arduo trarre conclusioni definitive su un tema così complesso e dinamico per le implicazioni di attori a differenti livelli, sociale, economico, politico. In Benin il sistema del microcredito in generale pare sicuramente in crisi e le donne vivono come sempre una crisi nella crisi, essendo le prime a 76 risentire dei rovesci economici, che si tratti di cattive congiunture macroeconomiche, di malfunzionamenti del microcredito o più comunemente di raccolti andati male. Un primo passo per tentare di uscire da questa crisi potrebbe essere quello di focalizzare l’attenzione delle istituzioni sull’immensa risorsa che le donne rappresentano, anche economicamente, per l’intero Benin. Da ciò che abbiamo potuto osservare nei mesi trascorsi sul campo, quest’attenzione è molto altalenante e manca nelle istituzioni la coordinazione necessaria per agire su più fronti senza cadere negli interventi esasperatamente settoriali che rischiano di restare fine a se stessi. Tutti gli attori che si occupano di microcredito e in particolare di microcredito alle donne, dovrebbero agire di concerto, pur nel rispetto della diversità e della specificità di ognuno. Il tutto seguendo scrupolosamente le linee guida di chi il microcredito lo ha inventato, sperimentato, studiato e implementato, ossia il professor Yunus attraverso la Grameen Bank. Perché il microcredito è una questione sociale e politica, prima ancora che economica. 77 CONCLUSIONI E’ tempo di voltarci indietro a guardare il lavoro svolto sui due temi dell’istruzione e del microcredito femminile in Benin per misurarci un’ultima volta con i problemi che abbiamo fin qui affrontato. La nostra prima considerazione va indubbiamente all’Africa nel suo complesso ed al fatto che ancora una volta si dimostra ricca di contraddizioni. La tradizione contraddice la modernità, la discriminazione contraddice la solidarietà, la voglia di indipendenza contraddice il costante bisogno di qualcuno cui appoggiarsi. Tuttavia se è un dato di fatto che queste contraddizoni siano macroscopiche e ben visibili tanto agli africani quanto a noi che l’Africa la osserviamo dal di fuori, non sono altrettanto chiare e visibili le soluzioni a tali dilemmi, né per noi né per gli africani. Il Benin, paese forse poco conosciuto tra colleghi tristemente noti a causa di continui conflitti, carestie terrificanti e grandi interessi e traffici economici, è comunque un pezzo di quest’Africa stupenda e terribile al tempo stesso. Questa ricerca è nata dal desiderio di capire se gli strumenti dell’istruzione e del microcredito, in particolare di quello femminile, siano al momento adatti alla realtà di un paese in cammino verso la modernità quale è il Benin. Le prime domande a cui abbiamo voluto rispondere erano dunque: quale istruzione e quale microcredito possono essere utili allo scopo? Certamente non quelle attuali. Nel primo caso ci siamo trovati di fronte ad un’ istruzione in piena crisi nonostante nel recente passato, sotto il dominio coloniale ed immeditamente dopo, durante la decolonizzazione, il Benin sia stato uno dei paesi africani con un tasso ed una qualità di istruzione notevoli. La Rivoluzione prima, con le sue politiche miopi e la voracità dei suoi burocrati, e le crisi economiche susseguitesi poi, non certo alleggerite dai piani di aggiustamento strutturale imposti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, hanno fatto piombare il Benin in una situazione drammatica. I programmi internazionali per incentivare l’istruzione puntano soprattutto sull’alfabetizzazione e sulla scolarizzazione primaria, ma come abbiamo visto ciò non è una garanzia di assoluto miglioramento delle condizioni di vita. I progressi ci sono stati, ma perché siano duraturi nel tempo sarebbe necessario riformare il sistema scolastico. Innanzitutto si dovrebbero eliminare le barriere di genere sia tra gli studenti che tra gli insegnanti. E’ fondamentale poi ridurre i costi dell’istruzione al minimo indispensabile e si può fare senza necessariamente intervenire su aspetti che richiederebbero ingenti finanziamenti pubblici o milioni di dollari di aiuti internazionali (che peraltro arrivano comunque e vanno persi in mille rivoli senza alcun coordinamento). Le divise scolastiche negli istitui pubblici, per esempio, sono uno di quei costi che potrebbe essere agevolmente eliminato da parte dello Stato, a differenza di problemi come la carenza di edifici scolastici o il sovraffollamento delle aule che possono risolversi soltanto con la costruzione di nuove strutture e conseguenti nuove, ingenti spese. Inoltre è necessario compiere un salto di qualità nel sistema di reclutamento e formazione degli insegnanti tanto nel settore pubblico quanto nel settore privato. Quest’ultimo pare governato decisamente più dal marketing selvaggio che da reali intenti di sviluppo del paese. 78 Non bisogna però compiere l’errore di attribuire la situazione attuale alla sola azione errata dei governi che si sono succeduti dall’indipendenza ad oggi. Come abbiamo visto nel primo capitolo, l’opposizione dei sindacati e del corpo docente al cambiamento, in particolare a quello del settore pubblico, è stata agguerrita e finalizzata alla salvaguardia dei privilegi della casta dei funzionari pubblici. Ciò ha bloccato qualsiasi iniziativa di riforma del sistema in senso meritocratico e non più gerontocratico come invece attualmente si presenta l’insegnamento pubblico. Molti giovani che lavorano come insegnanti non hanno speranza di vedere riconosciute le proprie capacità se non su di un piano meramente temporale. Un insegnante vale tanto quanti sono i suoi anni di anzianità, indipendentemente dalla sua attitudine all’insegnamento o dal suo grado reale di preparazione. Con ciò non intendiamo sminuire l’importanza all’esperienza pratica, ma senza l’apporto innovativo di giovani formati secondo modelli di efficienza e qualità, l’insegnamento è destinato a stagnare nella sua mediocrità. Quanto alla distribuzione degli insegnanti sul territorio abbiamo già visto che essa è dettata più dalle esigenze di singoli individui che dai bisogni del paese, e anche in questo caso lo Stato dovrebbe avere mano ferma nel gestire le risorse umane in base alle reali necessità di sviluppo del paese e non in base alle esigenze del singolo, per quanto comprensibili dal punto di vista umano. Se dunque da un lato è vero che il lavoro dell’insegnante non sia attualmente appetibile perché considerato sottopagato e insicuro, è altrettanto vero che tale percezione è in parte frutto di aspettative distorte, come la pretesa del posto di lavoro eterno e di uno stipendio elevato come atto dovuto da parte dello Stato. Del resto l’eccellenza e il merito non possono essere trasmessi con efficacia alle nuove generazioni da chi è cresciuto avendo sotto gli occhi un sistema clientelare, corrotto e autoperpetuantesi. Le soluzioni a questi problemi non sono immediate né risiedono necessarimente al di fuori del Benin o del continente africano. Anche perché il sistema scolastico beninese è mutuato da quello francese e se i risultati sono tanto disastrosi significa che l’esportazione di un modello, sia pur efficiente, da un contesto ad un altro, non grantisce in automatico il medesimo grado di funzionalità. Il discorso vale tanto per il sistema scolastico quanto per quello economico. La povertà non si elimina con estemporanee iniezioni di dollari o euro, né con programmi di aggiustamento strutturale dai costi esorbitanti e improponibili. Servono programmi lungimiranti, ma divisi per tappe praticabili, con obiettivi realistici e sistemi dinamici e flessibili, soprattutto in contesti come quello del Benin dove il primo nemico da abbattere è proprio la rigidità di alcuni aspetti deleteri della cultura tradizionale. Il microcredito va certamente ripensato in maniera beninese, ma senza snaturarne i principi. L’esperienza trentennale di Grameen Bank ha prodotto risultati apprezzabili e se, come sostengono i critici, non ha cambiato radicalmente l’economia mondiale, ha sicuramente segnato un punto di rottura tra la tradizione granitica e conservatrice di alcuni paesi in via di sviluppo e quella modernità figlia di un progresso e di uno sviluppo sempre più esponenziali che non possono essere ignorati o rimandati ad improbabili tempi migliori. I tempi migliori devono cominciare subito, ma devono partire dal cambio di mentalità e dall’acquisizione di concetti nuovi, spesso totalmente in contrasto con la tradizione. Le donne in Benin sono, di fatto, 79 coloro che fanno girare l’economia, ma il potere politico e decisionale in genere, resta saldamente nelle mani degli uomini. Un inversione di tendenza può operarsi solo fornendo alle donne gli strumenti giusti per cominciare una lotta seria, consapevole e tenace, giacchè verosimilmente lenta, contro l’eccesso di diritto dell’uomo africano. Le donne beninesi parlano apertamente dei proprio problemi e i loro racconti di soprusi e frustrazioni sono tristemente uguali a sé stessi. Sanno di avere dei problemi e sono forti abbastanza da affrontarli, ma è una forza di cui non sono consapevoli perché la tradizione le ha abituate al ruolo di comparse nella comunità. Per renderle protagoniste del loro tempo e dello sviluppo del proprio paese è necessario far loro comprendere di quante risorse dispongano. Il microcredito concepito e insegnato da Grameen Bank serve innanzitutto a questo, a innsecare quel circolo virtuoso che fornendo mezzi di sostentamento alle donne li fornisce indirettamente anche alle nuove genrazioni che da quelle donne e mamme dipendono. L’esperienza di Muhammad Yunus ha infatti dimostrato ampiamente che le donne dei paesi poveri sono disposte a maggiori sacrifici rispetto agli uomini e in presenza di aiuto economico sono disposte a gestirlo con criterio e investire sul proprio benessere, ma anche su quello dei propri figli. Realizzano sé stesse, ma non trascurano di creare le condizioni per la realizzazione delle generazioni future che, come abbiamo avuto modo di vedere, corrono enormi rischi: dalla precaria condizone sanitaria ed economica, al traffico di bambini, alla mancanza di diritti certi e severamente applicati per la loro tutela. Tuttavia il microcredito in Benin pare essere in crisi, vittima della logica dell’accaparramento selvaggio e della corruzione, come lo scandalo PADME sta dimostrando. Non sappiamo come si risolverà la vicenda in questione dal punto di vista giudiziario. E’ certo che l’immagine del microcredito beninese ne esce abbastanza compromessa e sarà difficile riconquistare la fiducia delle persone che in esso avevano riposto speranze e sogni per una svolta. Forse il Benin non è ancora pronto per un sistema di microcredito su larga scala, o più probabilmente sono gli attori del microcredito locale che si preoccupano più di avviare una attività redditizia che gode del favore (e del finanziamento) internazionale anziché preoccuparsi del vero obiettivo che dovrebbe essere un micro sviluppo duraturo e sostenibile, parallelamente allo sviluppo macro economico che non può che essere, almeno per ora, compito esclusivo del Governo. La speranza è che le piccole realtà locali come Donga Women e tante altre con cui abbiamo potuto avere solo incontri brevissimi, continuino nel loro lavoro senza cadere nella tentazione di deviazioni deleterie. Indubbiamente sarebbe utile che però queste realtà fossero coordinate nei loro interventi, sia per evitare sovrapposizioni territoriali, che per diversificare gli obiettivi. Inoltre è auspicabile un coinvolgimento sempre maggiore delle comunità locali, in particolare di quelle delle aree disagiate del nord. Purtroppo anche il decentramento politico-amministrativo è una scommessa che non parte sotto i migliori asupici se mentre scriviamo queste conclusioni il Governo del Benin è impegnato ad indagare sul furto di cinquantamila schede elettorali avvenuto a ridosso delle imminenti elezioni comunali locali. 80 APPENDICE: CARTA AMMINISTRATIVA DEL BENIN 81 BIBLIOGRAFIA AA.VV., Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005, voce Benin Aime M., Il mercato e la collina. Il sistema politico dei tangba (taneka) del Benin settentrionale: passato e presente, Il Segnalibro, Torino, 1997 Aime M., Taxi Brousse, Stampa alternativa, Roma, 1997 Aime M., Le nuvole dell’Atacora, EDT, Torino 2002 Aime M. e Tokou L., Gli stranieri portano fortuna, Epochè, 2007 Calchi Novati G. e Valsecchi P., Africa, la storia ritrovata : dalle prime forme politiche alle indipendenze nazionali, Carocci, Roma, 2005. Coquery-Vidrovitch C., Africa nera: mutamenti e continuità, SEI, Torino, 1990 Cornevin R., Histoire du Dahomey Paris, Berger-Levrault, 1962 Fage J. D., Storia dell’Africa, SEI, Torino, 1998 Gentilini A. M., Il leone e il cacciatore, storia dell’Africa sub-sahariana, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995 Noudjenoume P., La démocratie au Bénin 1988-1993 : bilan et perspectives , Paris, Harmattan, 1999 Polanyi K., Il Dahomey e la tratta degli schiavi : analisi di un'economia arcaica, Torino, G. Einaudi, 1987 Ventura A., “L’Islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI Sec.)” in G. Filoramo (a cura di), Islam, Laterza, Bari, 2002 Yunus M., Il banchiere dei poveri, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2005 ARTICOLI e PUBBLICAZIONI Afangbédji G., « CRISE AU PADME : Il faut éviter la destabilisation du secteur de la micro finance » L’Autre Quotidien del 20/03/2008 82 Attanasso M.O., « Analyse des déterminants de la pauvreté monétaire des femmes chefs de ménage au Bénin », Mondes en Développement, Vol.322004/4-n°128, pp. 41-62 Bako-Arifari N., « Démocratie et logiques du terroir au Bénin », Politique Africaine, vol.59, 1995, pp. 7-24. Banégas R. « Marchandisation du vote, citoyenneté et consolidation démocratique au Bénin », Politique Africaine, vol. 69, 1998 pp.75-87 Blundo G. e Olivier de Sardan J. P., « La corruption au quotidien », Politique Africaine, vol.83, 2001, pp.5-7 Elwert-Kretchmer K., « Vodun et contrôle social au village », Politique Africaine, vol. 59, 1995, pp. 102-119 ISU-UNESCO Rapporto RECUEIL DE DONNÉES MONDIALES SUR L’ÉDUCATION 2007 - Statistiques comparées sur l’éducation dans le monde, TABLEAU 2 ENSEIGNEMENT PRIMAIRE / CITE 1 / Nouveaux inscrits, p.77, voce Benin Surowiecki J. , «What microloans miss», The New Yorker, pagina finanziaria del 17/03/2008 Unicef, rapporto La condizione dell’infanzia nel mondo 2008 , edito dall’Unicef SITI INTERNET http://www.uis.unesco.org/ev.php?ID=7167_201&ID2=DO_TOPIC (sito dell’Institut de Statistique UNESCO) http://www.foyerlauravicuna.org/cms/ (Sito web delle Suore Salesiane del Foyer Laura Vicuna di Cotonou, che si occupano dei piccoli schiavi del mercato di Danktopa) http://www.grameeninfo.org/annualreport/commonElements/htmls/ind ex.html (Sito ufficiale della Grameen Bank) http://www.lamicrofinance.org/content/article/detail/19807. (Portale francese sulla microfinanza) http://www.mdef.bj/article.php?id_article=36 (Sito governativo dell’Economia e Finanza del Benin) 83 TAVOLA I Foto 1: Ouidah, danzatori alla Festa Nazionale del Vodoun il 10 gennaio. Foto 2: Abomey, Place Goho, monumento al re Behanzin. Foto 3: Particolare dell’iscrizione sotto la statua di Behanzin “Non accetterò mai di firmare alcun trattato che possa compromettere l’indipendenza della terra dei miei avi.” Gbehanzin Re del Dahomey (1890-1906) TAVOLA II Foto 4: Ouidah, classe CI, scuola privata. Foto 5: Ouidah scuola pubblica, piazzale con bandiera del Benin. Foto 6: Ouidah scuola privata, ricreazione. TAVOLA III Foto 7: Ouidah, donne intente nella preparazione dell’ignam pilè in un maquis Foto 8: Ouidah, venditrice davanti a un piccolo chiosco di cosmetici TAVOLA IV Foto 9: Ouidah, pescatrice nella laguna. Foto10: Il vecchio saggio di un villaggio del popolo tangba nell’Atacora