istruzione e microcredito femminile: il caso del benin

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istruzione e microcredito femminile: il caso del benin
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE
ISTRUZIONE E MICROCREDITO FEMMINILE:
IL CASO DEL BENIN
Relatrice:
Tesi di Laurea di:
Prof.ssa Bianca Maria Carcangiu
Emanuele Vigo
ANNO ACCADEMICO 2006 – 2007
A nonna Angela,
questo è anche merito tuo.
RINGRAZIAMENTI
Se questo percorso è giunto a conclusione devo ringraziare innanzitutto la
mia famiglia, i miei genitori su tutti. E’ facile seguire i propri sogni se si ha
una famiglia che ci sostiene sia umanamente che materialmente a
prescindere dal costo dei sacrifici che è costretta ad affrontare. Io ho la
fortuna di avere questa famiglia e non è cosa da poco. Grazie a mamma,
papà, Angelo e Caterina.
Il secondo “grazie” va ad una piccola grande donna che mi ha stregato e
con cui ho il privilegio di condividere la vita da ormai dieci anni. A
Veronica devo un’infinità di grazie per un incalcolabile numero di motivi,
eccone alcuni: perché è l’unica che crede in me anche quando io stesso
smetto di crederci, perché è una delle poche, rarissime persone al mondo
capace di farmi cambiare idea, perché mi conosce forse meglio di quanto io
stesso mi conosca. Se sono diventato adulto senza dimenticare il mio lato
bambino lo devo a lei. Il mio equilibrio. Grazie per avermi sopportato fin
qui, per esserci stata sempre nei momenti della mia vita che hanno segnato
una svolta, nel bene e nel male. Da qui in poi comincia per noi un nuovo
cammino che spero ci conduca lontano, insieme.
Una prima menzione speciale spetta a quel gruppetto di “terroristi” che
stanno sul palmo della mia mano e dentro al mio cuore e che sono “quelli
che ci sono sempre”, quelli con cui ho diviso i banchi di scuola e che
nonostante questo mi apprezzano ugualmente!
Ad Andrea, Emanuela e Davide che per me è come dire ad Athos, Portos e
Aramis…
La seconda menzione la merita un altro “terrorista” con cui ho inventato
alcuni dei giochi più assurdi e pericolosi della storia dell’infanzia. Ora lui è
papà e io laureato: cugino, chi se lo sarebbe immaginato ai tempi di
“Jamin Jets”?
Devo poi ringraziare altre tre famiglie che mi hanno “adottato” e che sono
le uniche, al di fuori dei miei genitori e di miei fratelli, con cui sono sicuro
di essere a casa: grazie di cuore agli Arthemalle per aver sempre lasciato la
loro porta di casa aperta.
Grazie alla famiglia Vacca per aver messo al mondo una donna così
speciale e per essere il mio rifugio in più di un’occasione.
Grazie di cuore alla famiglia allargata Yaya-Nadiani che mi ha coccolato
in Benin facendosi in quattro per farmi sentire a casa. Senza di loro questa
tesi non sarebbe mai stata scritta e io mi sarei sentito sperduto in un posto
di cui non conoscevo lingua e cultura. In particolare grazie a Justine,
Christian, Roland e Chef (Clemence) e a tutti gli amici stupendi che ho
trovato in Africa. A presto, come promesso!
Grazie a tutti gli amici e amiche che rendono costantemente la mia vita
migliore, anche solo con una parola giusta al momento giusto o un sorriso
nei momenti bui. Non posso menzionarvi tutti perché scriverei una nuova
tesi solo di nomi, ma mi ricordo di voi, sempre…
INDICE
INTRODUZIONE .................................................................... 1
CAPITOLO I – Breve storia del Benin ...................................... 3
1.1 Dall’epoca precoloniale alla colonizzazione francese ........... 3
1.2 Dall’indipendenza alla Rivoluzione marxista ....................... 4
1.3 Il “colpo di stato civile” e il cammino verso la democrazia... 5
CAPITOLO II – L’istruzione in Benin..................................... 13
2.1 Società tradizionale, educazione e istruzione formale......... 13
2.2 Ritorno tra i banchi ........................................................... 17
2.2.1 Cenni sulle strutture scolastiche............................ 17
2.2.2 La scuola primaria ............................................... 18
2.2.3 La scuola secondaria d’insegnamento generale e
tecnico-professionale.................................................... 26
2.2.4 La professione di insegnante ................................ 32
2.2.5 Le interviste agli insegnanti.................................. 35
2.3 Vita da studenti................................................................. 45
CAPITOLO III – Microcredito femminile in Benin .................. 49
3.1 Cenni sulla storia e sui principi generali del microcredito .. 49
3.2 L’altra metà del cielo e le nuvole del Benin....................... 51
3.3 Due esempi di microcredito locale: PADME e Donga
Women.................................................................................. 58
3.3.1 PADME (Association pour la Promotion d’Appui au
Développement de Micro-Entreprises) .......................... 59
3.3.2 Donga Women Microfinance................................ 67
CONCLUSIONI ..................................................................... 77
APPENDICE: CARTINA AMMINISTRATIVA DEL BENIN ..... 80
BIBLIOGRAFIA..................................................................... 81
INTRODUZIONE
Il Benin, il cui nome antico era Dahomey1, è uno degli stati che si
affacciano a sud sul Golfo di Guinea; una lingua di terra incastonata fra
Nigeria e Togo, rispettivamente a est e ovest, e chiuso a nord da Burkina
Faso (l’ex Alto Volta) e Niger. Il clima varia dal nord, più secco, al sud:
quest’ultimo presenta due stagioni delle piogge chiamate rispettivamente
grandi piogge e piccole piogge, cui fa seguito la stagione secca. Il nord
invece presenta una sola stagione umida, quella delle grandi piogge.
Durante l’inverno il nord è spazzato dall’harmattan, vento freddo e secco
che provoca grandi sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte.
La popolazione del Benin è di circa otto milioni e mezzo di abitanti2 divisi
fra oltre 40 etnie, di cui fon3 e yoruba sono le principali, ma per la sua
posizione strategica esso è un crocevia naturale di commerci e spostamenti,
tra il cuore dell’Africa centrale e l’Africa occidentale. Sono milioni le
persone che ogni anno attraversano i suoi confini in una direzione o
nell’altra, spesso in clandestinità, in cerca di un buon mercato su cui poter
vendere le proprie merci o comprarne altre a prezzi vantaggiosi. Il Benin è
uno dei pochi paesi al mondo in cui il sud presenta un livello di sviluppo
economico e sociale notevolmente superiore al nord. E’ nel sud, infatti, che
risiedono i tre quarti della popolazione ed è nel sud che hanno sede le città
principali: Porto Novo, capitale politica e sede dell’Assemblée Nationale;
Cotonou, caotica ed iper-inquinata metropoli affacciata sull’oceano
Atlantico, vero cuore governativo ed economico del paese con la sede della
Présidence de la République e dei principali ministeri. A Cotonou troviamo
anche il labirintico e affascinante mercato di Danktopa, uno dei più vasti
dell’Africa occidentale, l’aeroporto internazionale del paese oltre,
naturalmente, al grande porto commerciale. A pochi chilometri di distanza
da questa città sorge l’Università di Abomey-Calavi4, con un campus di
notevoli dimensioni in stile europeo. L’altra università ha sede a Parakou il
solo vero centro urbano del nord.
Culla del vodoun (titolo contesogli dal confinante Togo), il Benin è un
esempio di convivenza pacifica tra religioni: accanto ad una netta
maggioranza animista convivono, infatti, musulmani e cristiani in un
sincretismo decisamente originale. Accantonando per un momento le
statistiche che vedrebbero un 70% di popolazione animista e il restante 30%
equamente suddiviso tra musulmani e cristiani, possiamo affermare senza
tema di smentita che, qualunque sia la religione professata ufficialmente, il
Il nome Dahomey è un nome fon, si veda successiva nota 3.
Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito
dall’Unicef,
tavola 1, p. 114, voce Benin: la popolazione del Benin stimata al 2006
ammontava a 8 milioni 760 mila abitanti.
3 L’etnia fon è molto antica e vi appartiene oltre il 40% della popolazione. Il
fon è anche la lingua più parlata nel sud del Benin.
4 Il nome Abomey-Calavi non va confuso con la città di Abomey. Il primo è
un piccolo centro nel dipartimento dell’Atlantique, sede dell’Universià
omonima, la seconda è la capitale odierna del dipartimento di Zou, un
tempo antica capitale del regno di Abomey e sede di diversi palazzi reali.
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100% della popolazione crede nelle tradizioni, nei princìpi e nei riti del
vodoun5. Quest’ultimo rappresenta dunque un tratto culturale molto antico e
fondamentale che permea ogni aspetto della vita del paese ed è così
complesso e articolato da non poter essere qui approfondito come
meriterebbe6.
Dal punto di vista economico7 il Benin è un paese a base agricola il cui
principale prodotto commerciale è il cotone, che copre circa la metà delle
esportazioni8. Vengono prodotti anche caffè, cacao, noci di karité e prodotti
derivanti dalla palma, come l’olio. Tuttavia la gran parte dell’agricoltura è
destinata al mercato interno con la produzione di cibi tradizionali come
igname (prodotto quasi esclusivamente nel nord), mais, miglio e sorgo a cui
vanno aggiunte alcune coltivazioni d’importazione come pomodori, cipolle
e fagioli. Il settore industriale stenta a decollare e le poche aziende di rilievo
si occupano principalmente del comparto alimentare e tessile, oltre alla
produzione di cemento. Discretamente sviluppato è, invece, il settore dei
servizi, concentrato soprattutto nelle grandi città del sud.
Nonostante un’economia in crescita negli ultimi anni, il Benin resta uno dei
paesi più poveri dell’Africa occidentale con gravi carenze in alcuni settori
cruciali come sanità, istruzione, diritti, in gran parte affidati all’impegno
della cooperazione internazionale. Problematica è anche la stretta
dipendenza dalla Nigeria e dal Ghana soprattutto in campo energetico: il
Benin non dispone, infatti, di proprie centrali per la produzione di energia
elettrica, nonostante la presenza di due grandi laghi, Ahemè e Ouémé, e
questa deve essere acquistata dai paesi confinanti. Per quanto riguarda il
carburante esso proviene in massima parte dal contrabbando lungo il
confine nigeriano9. La vendita, illegale ma tollerata dal governo, costituisce
un mezzo di sostentamento per buona parte della popolazione.
Notevole la presenza di interessi stranieri in varie aree economiche, dalla
finanza all’industria, dagli appalti pubblici al commercio. Tra di essi
spiccano, oltre all’ex madrepatria Francia e ai vicini africani di Nigeria,
Costa D’Avorio e Ghana, anche alcuni paesi extra - africani come Cina,
Giappone, USA e Libano.
Ogni anno, il 10 di gennaio si celebra la festa nazionale vodoun. In questa
occasione per tutta il Benin ed in particolare nelle città più antiche come
Abomey, Ouidah, Porto Novo etc., si svolgono feste animate da danze,
canti e riti pubblici, mentre normalmente il vodoun è un fatto
essenzialmente privato che ogni famiglia custodisce gelosamente nella
riservatezza.
6 K. Elwert-Kretchmer, “Vodun et contrôle social au village”, Politique
Africaine, vol. 59, 1995, pp. 102-119.
7 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin, pp. 85-89.
8 Questo rende l’economia del Benin soggetta a pesanti ripercussioni in
occasione del crollo dei prezzi del cotone, come si è verificato più tra dagli
anni ’80 ad oggi.
9 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin, p. 85.
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CAPITOLO I – Breve storia del Benin
1.1 Dall’epoca
francese
precoloniale
alla
colonizzazione
I primi europei ad approdare sulle coste del Dahomey10 furono i portoghesi
nel XV sec., seguiti poi da francesi, inglesi e danesi. Gli scambi
commerciali avviati dai portoghesi furono ostacolati dal fatto che i sovrani
locali governavano su regni solidi e ben organizzati ed erano pertanto
disposti a commerciare soltanto secondo le proprie regole. Inoltre in questa
prima fase i re ponevano notevoli restrizioni al commercio degli schiavi,
limitando fortemente il numero d’individui maschi che potevano essere
prelevati. Nel 1516 fu in pratica vietato ai portoghesi l’acquisto di schiavi di
sesso maschile. Ciò causò l’abbandono progressivo, ma non definitivo,
dell’area da parte dei portoghesi in favore dei ben più redditizi commerci
con la Costa d’Oro, le isole del Golfo di Guinea e l’Africa sud-orientale.
Essi inoltre erano restii a pagare in armi le proprie merci poiché si trattava
di armare popolazioni che, di fatto, non erano ancora assoggettate al potere
europeo né profondamente toccate dalla conversione al cristianesimo,
nonostante diverse missioni cristiane fossero state invitate dai re nel
Dahomey, e restavano, dunque, dei potenziali nemici, assai pericolosi. Il
paese interruppe così per quasi un secolo e mezzo i rapporti con gli europei
ritenendo di poter fare a meno del commercio con essi. Più tardi si
consolidarono i tre regni principali, tutti di origine fon, che divennero
protagonisti della storia del Dahomey: quello di Allada, quello di Abomey
fondato nel 1625 e infine quello di Porto Novo.11
Dal 1650 dapprima gli inglesi, poi nuovamente i portoghesi, nel 1680 prima
e nel 1721 poi, ed infine i francesi nel 1704 furono autorizzati dai re del
Dahomey a costruire dei forti nella città costiera di Ouidah. La città divenne
così uno dei principali porti commerciali lungo quella che poi avrebbe
assunto il triste nome di “costa degli schiavi”12, poiché non solo gli schiavi
catturati in Benin, ma gran parte di quelli prelevati nell’Africa centrooccidentale venivano imbarcati sulle spiagge tra Benin13, Togo e Ghana, per
R. Cornevin, Histoire du Dahomey Paris, Berger-Levrault, 1962.
J.D. Fage, Storia dell’Africa, SEI, Torino, 1998, pp. 277-281
12 Per un approfondimento sulla storia della schiavitù nel Dahomey si veda
anche K. Polanyi, Il
Dahomey e la tratta degli schiavi : analisi di
un'economia arcaica, Torino, G. Einaudi, 1987.
13 Nel 1992 nella città di Ouidah, sotto la presidenza di Nicéphore Soglo,
sono stati costruiti diversi monumenti in ricordo della “via degli schiavi”. Essa
parte dalla piazza antistante alla casa del governatore portoghese De
Souza, dove si svolgeva il mercato degli schiavi, per arrivare alla spiaggia
con la “Porte de non retour”, ultimo passo degli schiavi sul suolo africano
prima dell’imbarco per le Americhe. Una delle tappe più interessanti di
questo cammino simbolico è “l’arbre du retour”, un albero attorno a cui gli
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poi compiere il lungo viaggio che li avrebbe condotti verso le piantagioni
del continente americano. Nel 1752 i portoghesi s’insediarono a Hogbonou
e la ribattezzarono Porto Novo.
Circa un secolo più tardi, nel 1863, approfittando delle lotte interne tra i
regni del Dahomey, i francesi riuscirono a instaurare un protettorato sul
regno di Porto Novo con la promessa di aiutare il re locale a difendersi dagli
attacchi del rivale regno di Abomey e dalle incursioni degli inglesi
insediatisi a Lagos. Il re di Abomey Glélé decise allora di concedere ai
francesi il permesso di insediarsi a Cotonou, ma i francesi si rivelarono assai
abili nello sfruttare i dissidi interni al paese e nel 1882 ottennero dal re di
Porto Novo un nuovo accordo col quale egli accettava l’invio di un
Residente dalla Francia incaricato di assisterlo. Infine, nel 1894, i francesi
prendendo a pretesto l’ennesimo scontro interno tra il regno di Abomey e il
loro protettorato di Porto Novo14, condussero una campagna vittoriosa
contro il re d’Abomey, Behanzin, il quale fu deposto dopo una tenace
resistenza, ma rifiutò di firmare qualunque trattato o accordo di resa
nazionale alla Francia in un ultimo, disperato, guizzo d’orgoglio. In seguito
fuggì protetto dal suo popolo che vedeva in lui un eroe della nazione, ma
l’elite del regno trovò più vantaggioso sottomettersi al dominio straniero15.
Il Dahomey divenne così, a tutti gli effetti, una colonia francese e nel 1904
entrò a far parte dell’Africa Occidentale Francese16.
1.2 Dall’indipendenza alla Rivoluzione marxista
Dopo mezzo secolo di colonizzazione nel 1958 il Dahomey fu proclamato
repubblica e il 1° agosto del 196017 divenne uno Stato indipendente con a
capo Hubert Maga passato dalla carica di Primo Ministro, nel periodo della
transizione, a quella di Presidente della neonata Repubblica. Tuttavia le
tensioni etniche e sociali acuite dai problemi economici all’interno del paese
rimasero forti e sfociarono dopo soli tre anni nel primo di una lunga serie di
colpi di stato. Nell’ottobre 1963, infatti, i militari deposero Maga e
insediarono al suo posto Justin Ahomadegbè, il quale fu a sua volta deposto,
poco dopo, dal colpo di stato del colonnello Paul-Emile De Souza.
Nel 1970 la carica presidenziale fu affidata ad un triumvirato composto
dallo stesso Maga, da Souru Migan Apithy e Ahomadegbè, i quali
dirigevano lo Stato a turno. Questa decisione singolare può essere spiegata
dal fatto che essi incarnavano le aspirazioni politiche delle famiglie regnanti
schiavi in catene venivano fatti camminare. La funzione di quest’albero,
che la leggenda narra fosse stato regalato a De Souza dal re di Abomey,
era quella di permettere il ritorno delle anime di coloro che erano morti
nella deportazione fuori dall’Africa. In tal modo secondo la credenza
vodoun le anime avrebbero trovato pace e non avrebbero tormentato
coloro che li avevano condotti alla morte, come ad esempio il re.
14 A. M. Gentilini, Il leone e il cacciatore, storia dell’Africa sub-sahariana, La
Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, p.153.
15 C. Coquery-Vidrovitch, Africa nera: mutamenti e continuità, SEI, Torino,
1990, pp. 90-92
16 A.M. Gentilini, op.cit., p.196
17 Ibidem, p.333.
4
delle rispettive regioni d’origine: Porto Novo per Apithy, Abomey per
Ahomadegbè e il Borgou per Maga.18 Nell’ottobre del 1972 un nuovo colpo
di stato19 portò al potere il Maggiore Mathieu Kérékou il quale operò una
decisa virata politica verso il blocco comunista guidato dall’Unione
Sovietica che divenne così il primo partner militare ed economico del paese.
Fu introdotto il marxismo-leninismo come ideologia di stato e tutti i
principali settori economici, dalle industrie alle banche, alle assicurazioni,
furono nazionalizzati. Il Parti de la Révolution Populaire du Benin (PRPB)
divenne l’unico partito politico autorizzato e nel 1975 il nome del paese fu
cambiato in Repubblica Popolare del Benin20. Nonostante questa svolta
ideologica, nei primi anni ’80 il peggioramento delle condizioni economiche
spinse il governo di Kérékou a operare una prima apertura verso il blocco
occidentale e il FMI.
A metà degli anni ’80 la Francia subentrò all’URSS come principale
fornitore militare del Benin, ma l’Unione Sovietica mantenne il predominio
nei settori del commercio, della cooperazione allo sviluppo e in altre forme
di cooperazione. Nel gennaio del 1987, mentre il paese era percorso da
nuove tensioni sociali e dal sorgere di rivalità etniche, Kérékou smise la
divisa dell’esercito per diventare un Capo di Stato civile.
Nel frattempo la crescente insofferenza delle gerarchie militari nei confronti
del Governo culminò in due tentativi di colpo di stato nel marzo e nel
giugno 1988, entrambi falliti, che inaugurarono un periodo di dura
repressione, ma ciò provocò una forte instabilità e inasprì ulteriormente il
malcontento della popolazione già duramente provata dalle misure di
austerity imposte dal FMI. Nelle elezioni legislative dell’anno successivo,
nel giugno del 1989, una singola lista di 206 candidati fu approvata con
quasi il 90% dei voti espressi. Nell’agosto seguente l’Assemblée Nationale
Révolutionnaire (ANR) rielesse Kérékou Presidente con un mandato
quinquennale. A dicembre fu annunciato ufficialmente l’abbandono
dell’ideologia di stato marxista-leninista, essendo nel frattempo cominciato
il crollo del blocco sovietico, e ciò permise al governo del Benin di
negoziare con i propri creditori esteri un finanziamento parziale per il
pagamento dei salari pubblici arretrati e alleggerire così le tensioni interne.
1.3 Il “colpo di stato civile” e il cammino verso la democrazia
Nel febbraio 1990 ebbe luogo una conferenza nazionale delle “forze attive
della nazione” con la partecipazione di 500 delegati che votarono per
l’abolizione della vigente struttura di governo e delle sue istituzioni.
L’incarico di organizzare le nuove elezioni fu affidato all’Haut Conseil de
la République (HCR) che assunse temporaneamente le funzioni dell’ANR e
che includeva inoltre i leader dell’opposizione.21
C. Coquery-Vidrovitch, op.cit., pp. 119-121
J.D. Fage, op. cit. , p.503.
20 Kérékou non mantenne il nome Dahomey perché essendo un nome fon
(si vedano le note 2 e 3) non era adatto ad esprimere l’unità nazionale di
un paese con decine di etnie differenti.
21 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin,
18
19
5
Questo “colpo di stato civile”, come sarà poi ricordato, portò come prima
conseguenza la scelta di eleggere il Presidente della Repubblica a suffragio
universale con un mandato di cinque anni rinnovabile una sola volta. La
conferenza designò inoltre Nicéphore Soglo, ex funzionario della World
Bank, come Primo Ministro ad interim. Kérékou fu così obbligato a
rimettere a Soglo il portafoglio della Difesa e ad accettare il nuovo cambio
di nome del paese, voluto dalla conferenza, in Repubblica del Benin. Il mese
successivo alla conferenza, marzo 1990, l’HCR fu inaugurato ufficialmente
e Soglo nominò un Governo di transizione.
In maggio tutti i prefetti militari delle sei province del Benin furono
sostituiti da funzionari civili e un mese dopo fu avviata una massiccia
riorganizzazione delle forze armate, mentre nel mese di agosto fu
promulgata la legislazione che permetteva la registrazione dei partiti
politici. Il Benin fu, dunque, il primo Stato africano dell’area sub-sahariana
a sperimentare un colpo di stato civile.
La bozza della nuova Costituzione fu sottoposta a referendum popolare nel
mese di dicembre del 1990 in due versioni, una delle quali conteneva limiti
minimi e massimi d’età per i candidati alla presidenza della repubblica, cosa
che avrebbe messo automaticamente fuori dai giochi diversi ex presidenti. Il
95% degli aventi diritto scelse una versione o l’altra, ma con il 79,7% dei
voti passò la Costituzione che imponeva restrizioni sull’età dei candidati.
Tutto era ormai pronto per le elezioni legislative che si svolsero nel febbraio
del 1991 e videro la partecipazione di ben 24 partiti politici, nessuno dei
quali, solo o in coalizione, riuscì a guadagnare la maggioranza assoluta dei
64 seggi dell’Assemblée Nationale. Il numero maggiore di seggi (solamente
dodici), fu invece conquistato da un’alleanza a sostegno del Primo Ministro
Soglo. L’erede del disciolto PRPB, un nuovo partito chiamato Union des
Forces du Progrès, non riuscì invece ad assicurarsi nemmeno un seggio. Al
primo turno delle elezioni presidenziali svoltesi il 10 marzo parteciparono
13 candidati: coerentemente con le divisioni etniche regionali Soglo divenne
il candidato espressione del sud e Kérékou il candidato supportato dal
nord22. Quest’ultimo ottenne il 27,3% delle preferenze contro il 36,2% di
Soglo che al secondo turno sconfisse definitivamente Kérékou ottenendo il
67,7% dei voti complessivi. Alla fine di marzo l’Haut Conseil de la
République che aveva guidato la transizione post-rivoluzionaria venne
finalmente disciolto, non prima però di aver garantito all’ex Presidente
Kérékou l’immunità contro ogni procedimento legale a suo carico
riguardante gli anni passati al potere. Il 4 aprile 1991 Soglo fu proclamato
Presidente e subito dopo lasciò il portafoglio della Difesa al cognato Désirè
Vieyra. Nel mese di luglio il leader del Parti de Renouveau Démocratique
(PRD), Adrien Houngbédji, anch’egli reduce dalla corsa alle presidenziali,
fu eletto Presidente dell’Assemblée Nationale. Le prime mosse della nuova
amministrazione furono una decisa ripresa degli sforzi per la
liberalizzazione economica e l’istruzione di procedimenti legali contro alti
funzionari dello Stato accusati di corruzione. Tuttavia la stabilità politica era
pp. 81-82. Si veda inoltre P. Noudjenoume, La démocratie au Bénin 19881993 : bilan et perspectives , Paris, Harmattan, 1999
N. Bako-Arifari, «Démocratie et logiques du terroir au Bénin», Politique
Africaine, vol.59, 1995, pp. 7-24.
22
6
ancora lontana e a maggio del 1992 diversi militari furono arrestati con
l’accusa di preparare un nuovo colpo di stato e fra questi spiccava il
Capitano Pascal Tawes, vice comandante della guardia presidenziale di
Kérékou. Tawes e altri complici riuscirono a evadere di prigione e ad agosto
presero il controllo di una base militare nel nord del paese da cui speravano
di poter guidare la rivolta, ma questa fu repressa. Ancora una volta Tawes e
altri militari riuscirono a sfuggire all’arresto e nel settembre del 1994 il
Capitano e quindici di loro furono condannati in absentia ai lavori forzati a
vita. Sul fronte parlamentare, nonostante il proliferare delle alleanze tra
partiti, la mancanza di una salda maggioranza nell’Assemblée Nationale
faceva slittare l’approvazione di una nuova legislazione. Un deciso
rafforzamento della posizione del Presidente venne però da Le Renouveau,
una coalizione di maggioranza in favore di Soglo, formatasi nel giugno del
’92, che comprendeva 34 deputati. Ora era necessario un rafforzamento del
consenso popolare verso la sua amministrazione e Soglo cercò di ottenerlo
sviluppando i contatti con le regioni del nord, tradizionalmente legate all’ex
Presidente Kérékou.
A marzo del 1993 nuovi disordini minacciarono la stabilità del Governo: più
di 100 detenuti evasero dal carcere di Ouidah, nel sud-ovest del paese. Ciò
portò alla rimozione del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dal suo
incarico e, di conseguenza, alle dimissioni del Ministro della Difesa, con
una successiva crisi di governo. Soglo tentò di riorganizzare il Governo e
correre ai ripari, ma ad ottobre perse l’appoggio della maggioranza
parlamentare quando quindici membri di Le Renouveau abbandonarono la
coalizione. Nel luglio precedente, intanto, Soglo si era alleato con il Parti de
la Renaissance du Bénin (RB) di cui fu eletto leader nel luglio del 1994.
L’inizio del 1994 fu però caratterizzato da gravi agitazioni in conseguenza
della svalutazione del 50% del franco CFA. A luglio l’Assemblée Nationale
approvò incrementi salariali e borse di studio che andavano oltre il piano
finanziario programmato dal Governo. Questi incrementi squilibrati erano
incostituzionali e minavano seriamente la possibilità di rifondere i debiti già
contratti con i creditori esteri, così Soglo prese la decisione, poi avvallata
dalla Corte Costituzionale, di imporre il piano finanziario del Governo per
decreto. Questi attriti tra il potere legislativo e quello esecutivo vennero a
galla nuovamente nel novembre ‘94 in occasione della preparazione delle
elezioni parlamentari previste per febbraio del 1995. L’Assemblée
Nationale, infatti, votò l’istituzione di una commissione indipendente
denominata Commission Electorale Nationale Autonome (CENA) incaricata
di supervisionare le elezioni. La commissione fu in seguito approvata dalla
Corte Costituzionale, nonostante Soglo fosse apertamente contrario sia alla
sua istituzione sia all’incremento del numero dei deputati all’Assemblée da
64 a 83. Tra numerose difficoltà organizzative e dopo esser state rimandate
per ben due volte, le elezioni si svolsero, finalmente, il 28 marzo 1995 e
videro la partecipazione di 31 formazioni politiche. Sebbene il RB,
sostenitore di Soglo, avesse guadagnato come singolo partito il maggior
numero di seggi al Parlamento, i suoi avversari in alleanza risultarono
vincenti soprattutto grazie al contributo dei sostenitori di Kérékou (assente
in prima persona dalla campagna elettorale) nel nord i cui voti confluirono
nel Front d’Action pour le Renouveau et le Développement – Alafia (FARD7
Alafia). In seguito la Corte Costituzionale invalidò il voto per 13 seggi a
causa di brogli e nelle successive elezioni, svoltesi in maggio, il RB
conquistò 20 seggi da sommare ai 13 degli altri partiti a sostegno di Soglo.
Tuttavia i partiti dell’opposizione si assicurarono un totale di 49 seggi
suddivisi tra il PRD di Houngbédji (19 seggi), il FARD-Alafia (10 seggi) e
il Parti Social Démocrate (PRD) che con 29 seggi poté mandare Bruno
Amossou alla Presidenza dell’Assemblée. In questo clima di conflitto
istituzionale ci si avviava alle nuove elezioni presidenziali previste per
l’anno successivo. Kérékou, forte del successo dei suoi sostenitori in
Parlamento e della progressiva perdita di popolarità del suo avversario,
sempre più in contrasto con il legislativo e costretto ad imporre le proprie
scelte finanziarie per decreto, annunciò nel gennaio del 1996 che avrebbe
corso ancora una volta per la Presidenza. Frattanto Soglo perdeva anche
l’appoggio popolare, benché avesse il plauso internazionale, proprio a causa
delle sue politiche di riforma economica.
Il 3 marzo 1996 si svolse il primo turno elettorale che vide sette candidati
contendersi la più alta carica dello Stato. Nonostante l’annullamento di oltre
un quinto dei voti da parte della Corte Costituzionale, Soglo vinse il primo
turno con il 35,7% delle preferenze, subito seguito dal rivale di sempre
Kérékou con il 33,9% e, a notevole distanza, da Houngbédji col 19,7% e
Amossou col 7,8%. Decisivo, a questo punto dello scontro elettorale, fu
l’appoggio dato a Kérékou dal già sconfitto Houngbéndji. Con esso, infatti,
al secondo turno Kérékou passò in testa col 52,5% dei voti validi espressi e
si aggiudicò la vittoria23. Nonostante le proteste di Soglo e l’appello alla
Corte Costituzionale per il 3% di voti annullati essa stabilì che questi ultimi
erano del tutto ininfluenti sul totale delle preferenze espresse, confermando
così la Presidenza a Kérékou, regolarmente insediatosi il 4 aprile 1996.24
E il primo gesto politico del neo-eletto Presidente fu di chiedere alla Corte il
permesso di nominare il Primo Ministro (atto non previsto dalla
Costituzione). Houngbédji fu quindi ricompensato per il suo appoggio
determinante e divenne Premier di un Governo formato dagli otto partiti che
avevano appoggiato la campagna di Kérékou. Quest’ultimo fece un passo
indietro sulla lotta alla privatizzazione negoziando col FMI un nuovo piano
di finanziamenti e alla fine dell’anno si tenne una conferenza nazionale di
500 delegati in rappresentanza di vari settori produttivi, organizzazioni
politiche, oltre, naturalmente, agli immancabili osservatori della Banca
Mondiale e del FMI. Durante la conferenza il Presidente esaltò la centralità
dello sviluppo delle imprese private per il futuro economico del Benin e
pose l’accento sulla necessità di eliminare la corruzione dal settore pubblico.
Più tardi, nel settembre ‘97, l’Assemblée Nationale approvò un’amnistia per
i crimini contro la sicurezza dello Stato e i cosiddetti “crimini elettorali”
commessi dal gennaio del 1990 al giugno 1996, il che rendeva Tawes un
uomo libero e, infatti, egli tornò in patria appena l’amnistia fu promulgata.
Vivaci proteste giunsero dal RB che paventava un incremento delle tensioni
23R.
Banégas « Marchandisation du vote, citoyenneté et consolidation
démocratique au Bénin », Politique Africaine, vol. 69, 1998, pp. 75-87
24 Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin,
pp. 82-83
8
etniche nel paese poiché la stragrande maggioranza degli amnistiati era del
nord. Poco dopo fu la Corte Costituzionale ad invalidare il provvedimento
poiché il Parlamento non aveva consultato la Corte Suprema come invece la
stessa Corte Costituzionale ritenne obbligatorio per questo tipo di leggi. Nel
frattempo il Governo si scontrava nuovamente con l’Assemblée la quale
ancora una volta rifiutava di ratificare la legge finanziaria per il 1998. I
problemi più seri che il Governo di Kérékou doveva affrontare riguardavano
i salari arretrati dei funzionari pubblici e le privatizzazioni di alcune imprese
statali i cui lavoratori temevano di perdere il proprio posto. Il Presidente
cercò in tutti i modi di rassicurare gli uni e gli altri, ma ciò nonostante una
serie di scioperi del personale pubblico che portarono ad una nuova crisi di
governo: Houngbéndji e si dimise e il suo PRD tolse l’appoggio al Governo.
A questo punto Kérékou operò un rimpasto tentando di salvare il salvabile,
ma ormai il nuovo Governo poteva contare sull’appoggio di soli 27
parlamentari e il solco tra legislativo ed esecutivo appariva incolmabile.
In questo clima di accesi contrasti istituzionali, nel 1999 si svolsero le nuove
elezioni legislative che videro il paese letteralmente spaccato a metà:
l’opposizione vinse al Parlamento per un solo seggio, 42 a 41, e ciò
rifletteva in pieno la frattura tra il nord, fedele al Presidente Kérékou, e il
sud in cui il RB di Soglo guadagnò da solo ben 27 seggi.
Maggioranza e opposizione furono costrette a trovare un accordo per
garantire la governabilità del paese e Houngbédji fu nuovamente eletto
Presidente dell’Assemblée. Tuttavia il paese era ancora preda degli scioperi
organizzati dai lavoratori pubblici (ad ottobre scioperarono ben 32.000
dipendenti) i cui sindacati non accettavano il nuovo sistema di promozioni
interne, basate sul merito, e chiedevano a gran voce il pagamento dei salari
arretrati. Alla fine, in mancanza di un accordo tra sindacati e Governo, si
decise di costituire una Commissione ad hoc per lo studio del problema. Ciò
non bastò a placare gli animi quando una nuova imposizione per decreto
della legge finanziaria per il 2000 scatenò dapprima uno sciopero generale,
indetto dai principali sindacati del Benin in seguito all’aumento del costo
del petrolio e, più tardi, una protesta popolare cui presero parte circa 10.000
persone nella capitale governativa, Cotonou. Il Governo annunciò allora che
avrebbe trovato dei fondi per finanziare gli ammortizzatori sociali, ma le
proteste continuarono.
Nel gennaio 2001, con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali, un
nuovo, pesante scontro oppose Governo e Parlamento: l’Assemblée nominò,
infatti, i membri del CENA (la Commissione di vigilanza elettorale)
scegliendone ben 19 su 25 tra le file dell’opposizione. Kérékou portò per
ben due volte la questione davanti alla Corte Costituzionale la quale, infine,
gli diede ragione obbligando il Parlamento a trovare una composizione più
equilibrata. Intanto le elezioni si preannunciavano ancora una volta come la
consueta corsa a due tra Soglo e Kérékou e la conferma arrivò alla
conclusione del primo turno a inizio marzo: Kérékou era in testa ma
nessuno dei due aveva raggiunto una maggioranza sufficiente a governare
perciò tutto si sarebbe deciso al ballottaggio. Intanto era emerso che
entrambi i candidati erano stati coinvolti in casi di corruzione durante la
campagna elettorale. Più tardi la Corte Costituzionale riconteggiò i voti del
primo turno e Kérékou risultò avere un margine assai ampio sul rivale.
9
A questo punto Houngbédji si schierò dalla parte di Soglo e Amossou
supportò Kérékou che intanto aveva promesso, in caso di rielezione, di
formare un governo di unità nazionale. Poiché le irregolarità e i tentativi di
brogli persistevano Soglo decise di rivolgersi alla Corte Costituzionale per
chiedere l’annullamento delle elezioni e una nuova tornata elettorale.
Quest’ultima rigettò il ricorso di Soglo il quale, in segno di protesta, uscì
dalla corsa alla presidenza e invitò i suoi sostenitori all’astensione. A questo
punto rientrò in gioco Houngbédji che divenne il nuovo avversario di
Kérékou, ma abbandonò anch’egli il campo per motivazioni analoghe a
quelle di Soglo. Fu allora il turno di Bruno Amossou che nonostante
inizialmente supportasse il candidato uscente decise infine di tentare
l’ascesa alla presidenza. Tra defezioni e proteste di alcuni membri del
CENA le elezioni al secondo turno videro la partecipazione di poco più
della metà degli aventi diritto e furono vinte nuovamente da Kérékou con
l’84,1% dei voti validi25.
Ancora una volta Soglo annunciò di voler ricorrere alla Corte Costituzionale
per invalidare le elezioni. Intanto Kérékou formò il nuovo governo con
Amossou alla più alta carica ministeriale, ma all’inizio del 2002 restavano
diverse questioni irrisolte e mentre all’interno del RB di Soglo si
consumavano alcune lotte intestine per la leadership del partito, la
popolazione reagì all’ennesima imposizione della legge finanziaria con una
serie di scioperi che investirono tutta la nazione. Le proteste stavolta furono
guidate dai lavoratori del settore sanitario e dagli insegnanti che chiedevano
ancora una volta aumenti salariali, il pagamento dei salari arretrati e
l’abbandono della proposta di legge per introdurre le promozioni in base al
merito nel settore pubblico. Il Governo riuscì finalmente a trovare un
accordo con sei dei sette sindacati nazionali a capo della protesta: i salari
arretrati furono pagati e fu garantito un aumento di stipendio per i funzionari
pubblici, tuttavia la questione delle promozioni su base meritocratica fu
rinviata all’attenzione dell’Assemblée.
Alla fine dell’anno si tennero le elezioni municipali che erano saltate l’anno
prima a causa delle eccessive spese per le elezioni presidenziali. Soglo e
Houngbédji ottennero una magra consolazione vincendo ampiamente nelle
due capitali di cui divennero i rispettivi sindaci, Cotonou e Porto Novo.
Nel 2003 si tennero le nuove elezioni dei deputati per l’Assemblée Nationale
e per la prima volta dal fine della Rivoluzione e dall’introduzione del
sistema multipartitico il Governo di Kérékou ottenne una netta maggioranza
parlamentare con 52 degli 83 seggi a disposizione. Maggioranza che fu
ulteriormente rafforzata dal PRD di Houngbéndji che portò così i seggi in
favore del Presidente da 52 a 63. Il RB di Soglo precipitò invece dalla
passata legislatura con 27 seggi a soli 15.
Nella seconda metà dell’anno scoppiò uno scandalo che coinvolse diversi
alti funzionari della polizia di Stato e ufficiali giudiziari accusati di traffico
di auto rubate e complicità con alcune bande criminali organizzate con sede
in Benin. In reazione allo scandalo il confine tra Nigeria e Benin, dove i
Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin,
pp. 83-85
25
10
traffici avvenivano, fu chiuso per una settimana. Più tardi Kérékou ordinò
una commissione d’inchiesta che stilò un rapporto in base al quale diversi
alti ufficiali giudiziari e di polizia furono licenziati.
L’anno successivo un nuovo e più grave caso di corruzione fu scoperto e
coinvolse 37 funzionari di giustizia e il ministro delle finanze, condannati a
pene tra i due anni e mezzo e i cinque anni di reclusione per aver sottratto
più di otto miliardi di franchi CFA dalle casse dello Stato tra il 1996 e il
2000. Degli altri 50 imputati 25 ricevettero sentenze sospensive e 25 furono
assolti. Una sola delle nove corti minori del paese non fu toccata dallo
scandalo che vide alla sbarra ben 27 magistrati. Pochi giorni dopo i
magistrati indissero uno sciopero di tre giorni per chiedere maggiore
indipendenza del potere giudiziario. Sempre nel 2004 si verificarono
disordini nella capitale Porto Novo e quattro persone furono uccise. Gli
scontri facevano seguito ad una serie di arresti operati dalla polizia per le
strade nei confronti di numerosi venditori abusivi di benzina, proveniente
dal contrabbando con la Nigeria.
Le condizioni economiche peggiorarono durante l’anno e ancora una volta i
sindacati di varie categorie, dagli insegnanti ai lavoratori del settore
pubblico, agli studenti, scesero per le strade in sciopero. I primi chiedevano
il passaggio dal precariato all’insegnamento di ruolo, i lavoratori pubblici
domandavano pensioni sicure e gli studenti, la riduzione delle tasse
universitarie. Fu, inoltre, un anno in cui, a causa della crisi economica
attraversata dal paese, il banditismo subì un incremento soprattutto lungo le
strade principali delle regioni centrali del Benin, il che spinse il Governo a
serrare i controlli di polizia. Nel marzo 2005 uno scandalo scoppiato negli
Stati Uniti d’America toccò di riflesso il Benin.
Si trattava del caso della Titan Corporation26, azienda statunitense che si
occupava di difesa e comunicazione, la quale aveva il compito di sviluppare
il sistema di telefonia nello Stato africano. L’US Department of Justice e
l’US Security and Exchange Commission accusarono la Titan di frode per
un valore di circa 2 milioni di dollari. Nel caso fu coinvolto anche il
governo beninese, allora presieduto da Kérékou, il quale, fresco di
rielezione, aveva acconsentito alla richiesta della Titan di quadruplicare il
compenso per la progettazione del nuovo sistema di telecomunicazioni in
Benin. In seguito la Titan fu dichiarata colpevole da un tribunale degli Stati
Uniti e patteggiò il pagamento di una multa da 28,5 milioni di dollari. Non
fu mai provato se il Presidente Kérékou fosse direttamente coinvolto
nell’affare Titan e il Governo beninese, prudentemente, rifiutò di fare
commenti sul caso.
Intanto era già cominciata la consueta danza di indiscrezioni sui possibili
candidati alle presidenziali del 2006. Con Kérékou e Soglo, storici
protagonisti della vita politica beninese, fuori dai giochi per raggiunti limiti
d’età, il candidato più probabile era Amossou. Questa ipotesi era avvalorata
dal fatto che Kérékou lo aveva rimosso dal suo incarico ministeriale per
Africa South of the Sahara 2006 - 35th edition, Routledge, London, 2005,
voce Benin,
p.84.
26
11
permettergli, così sembrava, di concentrarsi sulla propria campagna
elettorale. D’altro canto cominciarono a diffondersi notizie circa il tentativo
di Kérékou di corrompere numerosi deputati all’Assemblée Nationale
affinché fosse votato un emendamento alla Costituzione che gli permettesse
di estendere la propria legislatura e al cui scopo il Presidente avrebbe
utilizzato ben 7 miliardi di franchi CFA. Intanto i media nazionali
assicuravano che, coerentemente con questo piano, i deputati favorevoli a
Kérékou intendevano proporre un’estensione del mandato parlamentare da 4
a 5 anni, così da far slittare le elezioni presidenziali al 2008 e permettere al
Presidente di restare in carica durante questo periodo. Tuttavia all’interno
dei partiti e delle alleanze pro-Kérékou sorsero spaccature e divisioni che
minarono il progetto del Presidente mentre anche all’interno del RB di
Soglo ci furono numerose defezioni e scissioni. Così nelle elezioni
presidenziali del 2006 fu un outsider ad assicurarsi la carica di Presidente:
Thomas Yayi Boni, banchiere proveniente dal mondo della finanza
beninese, già collaboratore nel gabinetto dell’ex Presidente Soglo.
Nonostante qualche broglio episodico, gli osservatori internazionali
giudicarono le lezioni sostanzialmente corrette e democratiche.
Il nuovo Presidente subì, nel marzo 2007, un attacco armato nel quale dieci
delle guardie presidenziali rimasero ferite e da allora i suoi spostamenti
all’interno del paese sono soggetti a imponenti misure di sicurezza,
nonostante le autorità abbiano poi chiarito che l’episodio sia stato in realtà
un maldestro e fortuito tentativo di rapina nel quale i banditi non si
sarebbero resi conto di aver preso di mira il convoglio del Presidente della
Repubblica. Ad ogni modo, l’impressione che si ricava parlando con la
popolazione è che Yayi Boni rappresenti l’homo novus in grado di
imprimere un’accelerazione allo sviluppo del paese e di risolverne i
problemi più pressanti. Questo sentimento è in parte dovuto all’abilità
comunicativa del Presidente che trasmette di sé l’immagine di un uomo
molto vicino alla gente27, in parte a una diffusa convinzione della
popolazione che vede in lui una figura di uomo incorruttibile. Tralasciando
le considerazioni soggettive e la simpatia del suo popolo, va sottolineato che
Yayi Boni ha fatto della lotta alla corruzione un vero e proprio vessillo del
suo governo, tanto da compiere personalmente alcune incursioni a sorpresa
in uffici pubblici e licenziare i dipendenti che non si trovavano al loro posto
nell’orario di lavoro stabilito.
Le premesse sono sicuramente incoraggianti, ma la corruzione in Benin è
ben radicata nella pubblica amministrazione e in gran parte del settore
privato, estirparla non è dunque cosa di poco conto, anche se questo
costituisce una lotta assolutamente imprescindibile per non vanificare i
tentativi di sviluppo del paese.28
Il 10 ottobre 2007, per esempio, il Presidente ha organizzato un incontro di
calcio, lo sport nazionale, tra la squadra del Benin e la formazione
governativa, formata dai ministri e capitanata dallo stesso Yayi Boni. Scopo
del match era raccogliere fondi per sostenere il cammino della nazionale
di calcio beninese verso la Coppa d’Africa 2008. La popolazione ha
risposto bene, nonostante la giornata piovosa, sia per amore verso il calcio,
sia per l’evento mediatico che coinvolgeva il Presidente.
28 G. Blundo e J.P. Olivier de Sardan, « La corruption au quotidien », Politique
Africaine, vol.83, 2001, pp.5-7.
27
12
CAPITOLO II – L’istruzione in Benin
2.1 Società tradizionale, educazione e istruzione
formale
In questo e nel prossimo capitolo analizzeremo dapprima il sistema
d’istruzione che caratterizza il Benin, con particolare attenzione alle
implicazioni sociali, culturali ed economiche dei problemi ad esso connessi,
per poi spostare la nostra attenzione sulla condizione femminile e su come il
microcredito possa fungere da grimaldello per scardinare le porte di quella
prigione sociale nella quale le donne del Benin, sono rinchiuse da secoli.
Prima di cominciare il nostro viaggio, è però necessario fissare alcuni
concetti chiave che forniscono la base indispensabile da cui partire per
eseguire la nostra analisi. Il primo di questi concetti fondamentali è che in
Benin, come nel resto dell’Africa e, più in generale, nei sud del mondo, il
destino di bambini e donne è intrecciato a doppio filo in una comune lotta
per la sopravvivenza, dunque non si può pensare di affrontare i problemi
degli uni prescindendo da quelli delle altre. In secondo luogo si deve tenere
conto della cornice culturale e sociale in cui il sistema d’istruzione
s’inserisce e delle modificazioni profonde che l’istruzione, mutuata da
modelli occidentali, provoca nella società tradizionale. Infine occorre dare il
giusto peso ai numeri e alle statistiche che sono indubbiamente strumenti
fondamentali per un’analisi scientifica accurata, ma corrono il rischio, se
prese in maniera troppo asettica, specie da chi non abbia mai compiuto
un’esperienza sul campo, di ingenerare l’erroneo convincimento che una
determinata situazione o un dato problema siano privi di cause verificabili o,
peggio ancora, siano statici ed immutabili nella loro drammaticità.
L’Africa non è immobile, tutt’altro, è viva e pulsante e fa i conti con le
proprie radici, con il colonialismo, di cui ancora patisce i postumi, e col
neo-colonialismo da cui non sa ancora bene come difendersi. E’ un
continente ricco di risorse, umane innanzitutto, ma ha i suoi tempi, come
l’Europa, l’Asia o il continente Americano. Il fatto che i suoi tempi non
coincidano con quelli di altri continenti e popolazioni totalmente differenti
per lingua, storia, cultura, tradizioni ed economia, non è sempre e
necessariamente un male. Inoltre anche ove i cambiamenti e l’acquisizione
di concetti estranei alle culture locali siano ritenuti assolutamente necessari
13
allo sviluppo dei popoli africani, non si può pensare di trasformare un intero
continente da un giorno all’altro. Il processo di sviluppo avviene, infatti, a
diversi livelli e se gli africani accolgono velocemente innovazioni
tecnologiche, per esempio tv, radio, telefoni cellulari e, in misura minore,
internet29, più difficile è invece introdurre concetti, strumenti e pratiche, che
spesso sono in aperto contrasto con secoli di storia e cultura tradizionale.
Tenendo a mente quanto detto finora, possiamo addentrarci un poco nella
società beninese per coglierne alcune caratteristiche che ci torneranno utili
in questo come nel prossimo capitolo, dove concentreremo la nostra
attenzione sulle donne.
Il fondamento della società beninese è l’educazione tradizionale, basata sul
principio che i giovani sono figli innanzitutto della comunità. Ciò significa
che i bambini e le bambine nascono e crescono sottoposti ad una pluralità di
autorità tradizionali che va dai genitori, alla famiglia allargata, al capo
villaggio, agli anziani, senza dimenticare, naturalmente, le autorità religiose.
Un sistema del genere presenta l’indubbio vantaggio di una forte solidarietà
comunitaria per cui i piccoli vengono educati dai più grandi in una gerarchia
dettata, innanzitutto, dall’anzianità. In questo modo anche l’assenza forzata
dei genitori per motivi di lavoro o di salute viene colmata da qualche
membro della famiglia allargata tradizionale o, in mancanza di questi, da
qualcun altro all’interno del villaggio. Una pratica tradizionale caratteristica
del Benin è il vidomegon30 che nella locale lingua fon significa “affido del
bambino”. Attraverso questo strumento i genitori dei villaggi più poveri, in
modo particolare quelli del nord, affidano la custodia di uno o più figli a
parenti della famiglia allargata oppure ad amici benestanti. La speranza dei
genitori è che i propri figli abbiano maggiori possibilità di studiare e
lavorare nei centri urbani più sviluppati, laddove restare al villaggio
costituirebbe un onere economico insopportabile per la famiglia. Purtroppo
con il passare del tempo questa tradizione ha subito una distorsione
drammatica e nella tradizione si sono inserite le figure degli “intermediari”
che battono i villaggi più poveri, in veri e propri rastrellamenti, in cerca di
bambini e bambine da prendere per poi sistemare in affido o addirittura da
comprare per pochi soldi, sfruttando la povertà estrema delle famiglie o
raggirandole con false promesse. Questi bambini sono poi venduti come
forza lavoro nei paesi vicini, ad esempio la Nigeria o la Costa d’Avorio,
dove sono tenuti in schiavitù ed impiegati nelle attività più disparate, dal
lavoro nei campi a quello nelle cave di pietra, alla servitù presso ricche
famiglie locali, con tutto il corollario di abusi dei quali sono fatti oggetto.
Da diversi anni il governo del Benin ha iniziato una vera e propria
Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito
dall’Unicef,
tavola 5, p.130, voce Benin. Secondo questi dati riferiti al 2005, in Benin
erano presenti 11 telefoni e 6 computer connessi ad internet ogni 100
abitanti.
29
Per un approfondimento visitare il sito web delle Suore Salesiane del Foyer
Laura Vicuna di Cotonou che si occupano dei piccoli schiavi:
http://www.foyerlauravicuna.org/cms/
30
14
campagna di lotta al traffico dei bambini31, sia di quelli strappati alle loro
famiglie all’interno del paese, sia di quelli che in Benin arrivano come
schiavi introdotti illegalmente da paesi stranieri quali Togo, Ghana, Costa
d’Avorio etc. Purtroppo il fenomeno è difficile da tenere sotto controllo sia
per l’alto livello di corruzione delle forze di polizia pubbliche, sia perché i
confini del Benin non sono facilmente monitorabili e le vie d’accesso
clandestine sono troppo numerose. Tuttavia anche quando una famiglia è in
grado di mantenere i propri figli ancora una volta la tradizione impone le
proprie regole: i maschi per lo più vengono mandati a scuola e le femmine
restano a badare alla casa e ai fratelli più piccoli in aiuto alla madre o per
permettere a quest’ultima di dedicarsi ad un lavoro retribuito. Più tardi,
quando entrano nell’adolescenza, possono essere date in matrimonio e
cessano di gravare economicamente sul bilancio familiare.32 Altri tipi di
barriere sono conseguenza della religione di appartenenza, così, ad esempio,
non è infrequente che i figli di famiglie musulmane siano mandati nelle
scuole coraniche e la loro istruzione si limiti all’apprendimento del Corano e
ad una formazione di carattere strettamente religioso, invece di
un’istruzione di tipo generale spendibile per trovare un lavoro o migliorare
la propria posizione sociale. Questa stessa opposizione alla scuola moderna
la possiamo trovare, sotto forma di rifiuto di una cultura estranea, in alcuni
villaggi tradizionali del nord, dove il modello di sviluppo occidentale e
quindi anche l’istruzione, non sono ben visti dalle autorità locali che
ritengono tale modello, ereditato dal colonialismo, un mezzo di distruzione
totale delle proprie radici culturali.33 Vi è poi un grave problema di
discriminazione di genere che colpisce le bambine e le accompagna, come
vedremo diffusamente nel prossimo capitolo, sino all’età adulta, minando la
loro esistenza e la possibilità di avere una vita serena, basata su scelte
consapevoli e sullo sviluppo delle proprie capacità di autodeterminazione.
Oltre a questi problemi di ordine sociale, religioso e culturale ve ne sono
altri di carattere strutturale come la carenza di edifici scolastici adeguati e il
In particolare la Loi N° 2006-04 al Chapitre II - Section Premiere, agli
articoli 7 e 8, vieta lo spostamento all’interno del paese o la separazione
dei minori di 18 anni dai propri genitori biologici o da chi abbia autorità sui
minori stessi, a meno che non vi sia un’ autorizzazione dalle autorità
amministrative del luogo di residenza. Inoltre nessuno può accogliere un
minore di 18 anni in un luogo diverso dalla sua residenza senza tale
autorizzazione e senza dichiararlo alle autorità del luogo di accoglienza
entro 72 ore dall’arrivo del minore. La pena per i trasgressori va dai 2 ai 5
anni di reclusione e da una sanzione di 500 mila a 2 milioni e 500 mila
franchi CFA (tra i 760 e i 3.800 euro , circa). Il Governo ha istituito anche un
apposito corpo di polizia chiamato Brigade de Protection des Mineurs che
ha il compito specifico di recuperare i piccoli schiavi e affidarli a centri di
accoglienza specializzati.
32Nel prossimo capitolo vedremo come la Grameen Bank in Bangladesh
abbia adottato 16 “risoluzioni”, una delle quali riguarda specificamente la
lotta a questo tipo di matrimoni.
33 In uno dei villaggi dei Tangba (o Taneka) dell’Atacora l’autore ha
incontrato l’anziano del villaggio che veste solo l’antica pelle tradizionale,
non conosce la lingua francese e spesso discute col capo villaggio perché
disapprova che i giovani frequentino scuole moderne. Sui Tangba si veda
M. Aime, Il mercato e la collina. Il sistema politico dei tangba (taneka) del
Benin settentrionale: passato e presente, Il Segnalibro, Torino, 1997.
31
15
conseguente sovraffollamento cronico delle aule, la costante riluttanza degli
insegnanti a recarsi in sedi disagiate, le difficoltà di collegamento interno.
Come si vedrà, man mano che li approfondiremo, affrontarli nel loro
complesso non è un compito facile e spesso si è costretti ad operare su più
fronti con risorse che nella maggior parte dei casi sono del tutto inadeguate
e insufficienti. Si noti che manca in questo lavoro una parte che riguardi
l’università. Tale mancanza è dovuta alla difficoltà di reperire informazioni
sufficienti sull’università, sia per mancanza di tempo e risorse che per una
collaborazione molto limitata dei funzionari universitari locali.
E’ necessario sottolineare, infatti, che la presenta ricerca è stata svolta per la
gran parte sul campo. Accanto all’analisi dei dati collezionati nei ministeri
competenti del Benin e integrati o confrontati, secondo i casi, con statistiche
di organismi internazionali quali Unicef, Unesco, World Bank e altri,
procederemo anche all’analisi di dati ottenuti attraverso questionari
somministrati agli insegnanti delle scuole primarie e secondarie, secondo
modalità che saranno chiarite più avanti. La scelta è dettata dal fatto che i
dati e le statistiche sono utili per fotografare la situazione dell’istruzione
formale34 in Benin, ma non ne spiegano le cause né le implicazioni sociali
ed economiche. In questo capitolo ci occuperemo dunque dell’istruzione
formale, pubblica e privata. Il sistema beninese comprende cinque gradi
d’istruzione, vediamoli qui di seguito in sintesi:
1. Istruzione pre-scolare (Enseignement Maternel), durata 2 anni:
rivolta a bambini della fascia di età compresa tra i 3 e i 5 anni.
Obbligatoria se si vuole accedere alla scuola primaria a 6 anni. In caso
contrario si accede alla scuola primaria a 7 anni.
2. Istruzione primaria (Enseignement Primaire), durata 6 anni: rivolta
ai bambini della fascia di età compresa tra 6 e 11 anni. Obbligatoria. Al
termine si sostiene l’esame per il conseguimento del CEP (Certificat
d’Etudes Primaire.)
3. Istruzione secondaria generale (Enseignement Secondaire General),
durata 7 anni: rivolta a ragazzi della fascia di età compresa tra gli 11 e i
17 anni. E’ divisa in due cicli formativi: il primo ciclo comprende 4
anni (dalla 6ème alla 3ème classe) al termine dei quali si sostiene
l’esame per il conseguimento del BEPC (Brevet d’Etudes du Premier
Cycle). Il secondo ciclo comprende 3 anni (dalla 2nde al Terminal) alla
fine dei quali ottiene il BAC (Baccalauréat) cioè il diploma di istruzione
secondaria che permette l’accesso all’università.
4. Istruzione secondaria tecnica e professionale (Enseignement
Secondaire Technique et Professionnel), durata 7 anni: come per la
scuola d’insegnamento generale anche quella tecnica è divisa in due
cicli. Al termine del primo ciclo si può ottenere il CAP (Certificat
d’Aptitude Professionnelle) mentre completato il secondo ciclo si
L’aggettivo formale è qui specificato per limitare il nostro campo
d’indagine all’istruzione programmata e gestita dallo Stato.
34
16
ottiene il BAC specifico in base al corso di studi oppure il DTI (Diplôme
de Technicien Industriel).
5. Istruzione Superiore (Enseignement Superieur), durata 5 anni (3+2):
possono accedervi gli studenti in possesso di un diploma di scuola
secondaria. Diverse facoltà sono però soggette al numero chiuso e
prevedono degli esami d’ingresso. I titoli rilasciati dall’università sono i
diplomi universitari a seconda della filiera di studi, la License con esame
al termine del triennio oppure la Maitrise che si ottiene con un altro
esame dopo due ulteriori anni di studio.
Questo primo colpo d’occhio è utile per focalizzare l’oggetto del nostro
studio e cominciare a fissare alcuni termini che ritroveremo più in là nella
nostra trattazione. Nei prossimi paragrafi cercheremo di approfondire il
discorso prendendo in considerazione i singoli ordini d’insegnamento, il
loro funzionamento e i dati che li riguardano senza dimenticare che le
percentuali e i numeri si riferiscono a bambini, bambine e ai loro insegnanti,
cioè persone e non entità astratte.
2.2 Ritorno tra i banchi
Dopo aver visto schematicamente il funzionamento del sistema scolastico
beninese, è necessario varcare la soglia delle scuole per “toccare con mano”
quale sia lo stato dell’istruzione nella pratica quotidiana. Partiremo
innanzitutto dall’analisi dei dati per poi osservare quali siano i problemi, le
differenze tra zone rurali e zone urbane, le differenze di genere. Dopo di che
modificheremo il nostro punto di vista prendendo in considerazione la vita
degli studenti e degli insegnanti così come loro la percepiscono e la
raccontano. Questo è fondamentale, a nostro avviso, perché così come la
cultura tradizionale africana viene tramandata oralmente, allo stesso modo
non è possibile capire fino in fondo la situazione scolastica del Benin (ma
ciò crediamo valga per qualunque aspetto della vita del paese) senza
confrontarsi con gli attori che questa scuola la vivono.
2.2.1 Cenni sulle strutture scolastiche
Dal punto di vista delle strutture scolastiche queste si presentano in maniera
pressoché identica in tutto il Benin, fatte salve le eccezioni dovute alla
mancanza di mezzi adeguati nelle regioni più disagiate del paese.
Generalmente una scuola primaria pubblica, è costituita da uno o più
caseggiati rettangolari in muratura, bassi e con tetto a spiovente, dotati di 4
o 5 aule ampie, ciascuno con finestre traforate direttamente sul muro.
Naturalmente le dimensioni dei caseggiati e i materiali da costruzione
variano notevolmente tra zone rurali e zone urbane, così può capitare di
imbattersi in scuole costruite con mattoni e cemento come altre costruite con
semplici lamiere e canne o mattoni di terra cruda e paglia. Di norma ad ogni
caseggiato o coppia di caseggiati corrisponde un gruppo pedagogico
identificato da una lettera dell’alfabeto, con propri insegnanti e un proprio
17
direttore. Quando i gruppi pedagogici all’interno di una scuola sono
numerosi, si parla di “complesso” scolastico. Al centro dei caseggiati c’è
sempre un grande spazio aperto in cui svetta la bandiera nazionale del Benin
e spesso le aree scolastiche non sono cinte da mura o altre protezioni se non
nei centri urbani come Cotonou, Porto Novo, Parakou etc., ossia quelle zone
ad alta densità di traffico che possono costituire un pericolo per gli scolari.
Queste mura in genere non sono alte e delimitano semplicemente il
perimetro scolastico, peraltro non sempre sono presenti dei cancelli
d’ingresso e, quando ci sono, è facile che restino aperti. Le scuole
secondarie hanno strutture che non differiscono molto da quelle primarie,
anche se a Cotonou si possono osservare alcuni colléges su più piani. Le
differenze strutturali più rilevanti non sono visibili tanto tra scuole primarie
e secondarie, quanto tra scuole pubbliche e scuole private. Infatti, le prime
rispettano tutte all’incirca gli stessi canoni di edilizia scolastica pubblica,
mentre il settore privato è più eterogeneo perché gli edifici scolastici sono
sovente edifici di recupero,35 oppure, come nel caso di scuole confessionali
cattoliche, sono spesso meglio attrezzati perché godono di finanziamenti che
la Chiesa Cattolica destina alle missioni in Africa, oppure sono finanziate
direttamente da donatori privati nell’ambito della cooperazione
internazionale. Inoltre le dimensioni degli istituti privati sono generalmente
più contenute perché il settore scolastico privato ha meno iscritti a causa dei
costi elevati, come vedremo più avanti in dettaglio, il che vale tanto per le
scuole primarie quanto per quelle secondarie e le università. Di norma poi
gli istituti privati sono più protetti sia con recinzioni alte che impediscano
l’ingresso, ma anche la visuale, sia per l’attenzione da parte del personale
che controlla l’ingresso di estranei, controllo praticamente assente nella
scuola pubblica. Una particolare annotazione merita la collocazione degli
istituti, soprattutto nei centri più piccoli e nei villaggi, che spesso tende ad
essere abbastanza originale: spesso capita che le scuole siano letteralmente
perse in mezzo alla savana oppure come capita sul litorale tra Cotonou e
Ouidah è normale trovare scuole in mezzo a palmeti a pochi metri dal mare.
Questo accade perché essendoci grossi problemi di collegamento interno le
scuole vengono costruite dove le comunità che ne sono prive facciano
richiesta. Ecco allora che se più villaggi necessitano di una scuola primaria
si cerca di metterla ad una distanza equa tra un villaggio e l’altro magari
letteralmente in aperta savana. Oppure se le comunità di pescatori non
possono spostarsi troppo per mandare i figli a scuola si fanno le scuole
lungo la spiaggia.
2.2.2 La scuola primaria
Come abbiamo visto nella sintesi introduttiva, la scuola primaria prevede 6
anni d’insegnamento ed è destinata a bambini della fascia d’età compresa tra
i 6 e gli 11 anni che corrispondono alla fascia della scuola dell’obbligo.
Ciò è vero in particolar modo per le città di vaste dimensioni come
Cotonou in cui gli spazi di urbanizzazione ormai saturi non consentono la
costruzione di nuovi edifici nel cuore della città, cosicché vengono sfruttati
quelli già esistenti.
35
18
Ogni classe ha una specifica denominazione, generalmente abbreviata con
una sigla, qui di seguito riportiamo la denominazione originale in scala
ascendente:
1. Cours d'Initiation (CI)
2. Cours Préparatoire (CP)
3. Cours Élémentaire 1 (CE 1)
4. Cours Élémentaire 2 (CE 2)
5. Cours Moyen 1 (CM 1)
6. Cours Moyen 2 (CM 2)
Il contenuto della formazione è organizzato su tre aree disciplinari: la prima
comprende discipline strumentali (matematica, francese) e discipline
cosiddette “d’éveil” (storia, geografia, scienze). Poi vi sono le attività
pratiche volte alla trasformazione dell’ambiente e, infine, le discipline
attraverso le quali i bambini apprendono i rudimenti dell’educazione civica,
artistica, economica, domestica, nutrizionale e ambientale. Alla fine del
CM2, gli scolari devono sottoporsi a un esame per il conseguimento del
CEP (Certificat d’Etudes Primaire), che dà loro accesso alle scuole
secondarie. Sarà bene ora prestare attenzione ad alcuni dati statistici a
cominciare da quelli tratti dall’ultimo rapporto dell’ISU36 (Institut de
Statistique UNESCO), da cui prenderemo spunto per alcune riflessioni. La
tabella 2.1 mostra il tasso lordo37 e il tasso netto38 di scolarizzazione
primaria, per gli anni 1999 e 2005. Questo ci permette subito di apprezzare
il notevole miglioramento che, tra la fine del vecchio millennio e l’inizio del
nuovo, si è avuto nel numero di bambini iscritti alla scuola primaria.
Entrambi i tassi sono cresciuti vistosamente, ma in particolar modo quelli
femminili che nella stima lorda hanno subito un incremento del 26% mentre
in quella netta del 30%. Ciò è spiegabile sicuramente con i numerosi
programmi di sviluppo dell’educazione che sono stati avviati in
concomitanza con l’individuazione degli Obiettivi del Millennio. Il nuovo
impulso della comunità internazionale, sicuramente positivo, non deve però
farci eccedere nell’entusiasmo, perché accanto a questi segnali positivi ve ne
sono altri tutt’altro che incoraggianti.
Tabella 2.1: Tasso lordo e netto di scolarizzazione primaria in Benin
36 Rapporto ISU, RECUEIL DE DONNÉES MONDIALES SUR L’ÉDUCATION 2007 Statistiques comparées sur l’éducation dans le monde, TABLEAU 2
ENSEIGNEMENT PRIMAIRE / CITE 1 / Nouveaux inscrits, p.77, voce Benin.
Consultabile e scaricabile al seguente indirizzo web :
http://www.uis.unesco.org/ev.php?ID=7167_201&ID2=DO_TOPIC
37Tasso lordo di scolarizzazione primaria: Indica il numero di bambini, di
qualunque età, iscritti alla scuola primaria, espresso come percentuale sul
numero totale dei bambini in età da scuola primaria.
38Tasso netto di scolarizzazione primaria: Indica il numero di bambini tra 6 e
11 anni d'età, iscritti alla scuola primaria, sul numero totale dei bambini in
età da scuola primaria.
19
TASSO LORDO
MF
74%
1999
M
89%
MF
50%*
M
59%*
F
MF
59%
97%
TASSO NETTO
F
MF
40%*
78%
2005
M
107%
F
85%
M
86%
F
70%
*Stime nazionali
Fonte ISU
Ad esempio sul totale di 1.318.140 alunni delle scuole primarie nel 2005, in
Benin, le bambine rappresentano soltanto il 44% della popolazione
scolastica (Fonte ISU). L’ultimo dato mette in luce immediatamente quanto
la scolarizzazione primaria sia ancora fortemente condizionata dalle
differenze di genere e ben lungi dall’obiettivo della parità. Come abbiamo
accennato più volte, la discriminazione di genere è un fatto diffuso in Benin
e tocca tutti i livelli della società, dalla politica all’economia, all’istruzione.
Una prima conclusione ricavabile dai dati è dunque la seguente: sradicare la
discriminazione femminile si presenta come un compito arduo già dalla
scuola primaria, nonostante gli indubbi progressi verificatisi dagli anni
‘90 ad oggi. Quando parliamo di differenze di genere nella scuola, a
prescindere dal livello scolastico a cui ci riferiamo, dobbiamo inoltre
ricordare che esse toccano tanto gli allievi quanto gli insegnanti. Nel 2005
su un totale di 28.148 insegnanti della scuola primaria in Benin, soltanto il
17,75% risulta costituito da donne.39 La tabella 2.2 oltre a mostrarci come
si traduce questa percentuale in numeri, cioè 4.998 maestre contro 23.160
colleghi maschi sul territorio nazionale, evidenzia il secondo punto che
dobbiamo approfondire e cioè la distribuzione geografica delle risorse
umane per la scuola primaria. Vediamo dunque il dettaglio dei
dipartimenti40 in questa statistica generale: nel 2004-2005 la coppia di
dipartimenti Atacora/Donga ha un totale di 166.070 alunni per 3.340
insegnanti, cioè un rapporto circa di un insegnante ogni cinquanta alunni
(vedi tabella 2.3). Si noti poi l’estremo divario tra il numero dei maestri e
quello delle maestre che su oltre tremila insegnanti totali raggiungono solo
le 293 unità, percentuale in assoluto più bassa (5,87%) sul totale femminile
nazionale. Per contro, i quattro dipartimenti con la popolazione scolastica
più elevata, cioè Atlantique/Littoral e Ouémé/Plateau che, giova ricordarlo,
sono situati nel sud del Benin, hanno una percentuale d’insegnanti donne
nettamente superiore a quella dei maschi, rispettivamente 34,40% contro
20,25% per la prima coppia e 25,34% contro 19% circa, per la seconda
coppia. Se, infine, sommiamo i totali delle due coppie di dipartimenti, ci
rendiamo conto che quasi il 43% degli insegnanti di scuola elementare di
tutto il Benin si trova in questi quattro dipartimenti meridionali. Ecco allora
L’ISU arrotonda al 18%, ma facendo la proporzione esatta con i dati
raccolti sul campo presso il MEPS (Ministére des Enseignements Primaire et
Secondaire) la percentuale è leggermente inferiore.
40 E’ consigliabile leggere i dati osservando la cartina amministrativa del
Benin a pag. 80
39
20
la nostra seconda conclusione: esiste una netta disparità tra le risorse del sud
e quelle del nord che vanno a sfavore di quest’ultimo.
A ulteriore conferma di quanto detto poc’anzi analizziamo la tabella 2.3 che
mette in rapporto il numero di alunni con quello degli insegnanti e delle
classi disponibili. La tabella è assai intuitiva e si nota facilmente che il
binomio Atlantique/Littoral ha un rapporto di 42 alunni per maestro e di 44
alunni per classe, cioè al di sotto della media nazionale che è
rispettivamente di 46,8 e 48 alunni. Stavolta però il disagio maggiore spetta
ai dipartimenti di Couffo/Mono che con un rapporto alunni/maestro di
1/53,8 e alunni/classe di 53,1/1 risultano ben oltre la media nazionale già
ricordata. Arriviamo dunque a una terza considerazione significativa e cioè
che nonostante Couffo e Mono siano due dipartimenti meridionali, per la
precisione del sud-ovest, rappresentano una sacca di disagio all’interno di
un sud mediamente più sviluppato del nord. Come vedremo nel capitolo III
quando parleremo di povertà, ciò è vero tanto per’insegnamento quanto per
lo sviluppo generale di queste due aree. Torniamo, però alla situazione della
scuola primaria e cerchiamo di capire le possibili risposte a quest’apparente
anomalia. In realtà se facciamo un passo indietro ai dati della tabella 2.2,
noteremo che la popolazione scolastica elementare di Couffo/Mono è di
230.391 unità contro le 166.070 unità di Atacora/Donga.
Tabella 2.2: Dati generali sull’insegnamento primario (Pub. + Priv.)
Studenti
N°
Maschi
Femmine
Totale
96.556
69.514
166.070
Maschi
Femmine
Totale
146.698
122.178
268.867
Maschi
Femmine
Totale
97.230
81.545
178.775
Maschi
Femmine
Totale
131.309
99.083
230.391
Maschi
Femmine
Totale
140.578
102.004
242.582
Maschi
Femmine
Totale
131.676
99.779
231.445
%
Benin
Insegnanti
N°
%
Benin
N°
scuole
ATACORA / DONGA
12,98
3.047
13,16
837
12,11
293
5,87
12,60
3.340
11,87
ATLANTIQUE / LITTORAL
19,72
4.691
20,25
1.117
21,28
1.716
34,40
20,40
6.407
22,76
ALIBORI / BORGOU
13,07
3.123
13,48
835
14,20
479
9,60
13,56
3.602
12,80
COUFFO / MONO
17,65
3.806
16,43
837
17,26
473
9,48
17,48
4.279
15,20
OUEME’ / PLATEAU
18,89
4.397
18,99
1.061
17,77
1.264
25,34
18,40
5.661
20,11
COLLINES / ZOU
17,70
4.096
17,69
17,38
763
15,30
1.035
17,56
4.859
17,26
N° aule
utilizzate
N° aule
totali
3.324
3.415
6.113
6.320
3.467
3.696
4.336
4.489
5.570
5.754
4.677
4.930
TOTALE BENIN
21
Maschi
744.047
Femmine 547.103
Totale
1.318.140
100
100
100
23.160
4.998
28.148
100
100
100
5.722
27.487
28.604
Fonte: MEPS 2004-2005
Se però osserviamo il numero di scuole e di aule utilizzate rispettivamente
dagli uni e dagli altri, avremo la risposta che cerchiamo: sullo stesso
identico numero di scuole (837) dell’Atacora/Donga sono ripartite circa un
migliaio di aule in più per Mono/Couffo, ma in queste mille aule, devono
entrare 64.321 bambini in più rispetto all’Atacora/Donga. A questo punto
due sono le risposte possibili: o il Mono/Couffo ha 837 scuole di enormi
dimensioni (e sappiamo per esperienza diretta che non è così), oppure le
aule sono molto affollate. Infatti, questo è ciò che ci raccontano anche i dati
della tabella 2.3.
Tabella 2.3: Rapporto allievi/maestro e allievi/classe per dipartimento
N° di scuole
Rapporto allievi
per maestro
Rapporto allievi
per classe
837
49,7
50,0
1.117
42,0
44,0
835
49,6
51,6
837
53,8
53,1
1.061
42,9
43,6
COLLINES / ZOU
1.035
47,6
49,5
TOTALE BENIN
5.722
46,8
48,0
Dipartimenti
ATACORA /
DONGA
ATLANTIQUE /
LITTORAL
ALIBORI /
BORGOU
COUFFO /
MONO
OUEME’ /
PLATEAU
Fonte: MEPS 2004-2005
Siamo quindi giunti ad altri due problemi della scuola primaria in Benin: il
sovraffollamento delle classi e il numero insufficiente d’insegnanti che
affligge soprattutto il nord del paese. La conseguenza pratica è che un
maestro o una maestra che deve fronteggiare cinquanta o più bambini41 tra i
6 e gli 11 anni, passerà verosimilmente più tempo a cercare di mantenere
ordine nella propria classe che ad insegnare qualcosa ai piccoli allievi.
In realtà durante la somministrazione dei questionari ai docenti all’autore
è capitato di imbattersi in classi da 60-70 alunni in una situazione del tutto
ingestibile per l’insegnante.
41
22
Riguardo a questo problema è bene soffermarci sull’efficacia della scuola
primaria attraverso alcuni dati che ci permettono di capire meglio quanto gli
alunni di questo grado d’insegnamento abbiano effettivamente la possibilità
di imparare o meno. Per farlo ci serviremo della tabella 2.4 in cui sono
contenuti i dati sulle promozioni secondo le singole classi e il genere.
Analizzando questi dati, riferiti all’anno scolastico 2004-2005, notiamo
subito tre cose: la prima è che il tasso di promossi è sempre in calo da una
classe all’altra, fatte salve alcune eccezioni che però non sono indicative
della tendenza generale. Andando avanti nel percorso della scuola primaria,
sono sempre meno coloro che riescono a passare da una classe a un'altra. La
seconda considerazione è che guardando i totali sull’intero percorso
scolastico, non si tocca nemmeno il 70% di promozioni.
La terza considerazione è che, stante il calo di promozioni che si registra
mediamente in tutti i dipartimenti, tra la CI e la CM2, se guardiamo i totali
per dipartimento e secondo il genere possiamo agevolmente notare che le
bambine vengono bocciate in percentuale maggiore rispetto ai bambini.
Tabella 2.4: Tasso di promozione per classe, genere e dipartimento
CI
Maschi
Femmine
Totale
76,82%
75,92%
76,42%
Maschi
Femmine
Totale
70,32%
68,75%
69,60%
Maschi
Femmine
Totale
82,92%
84,76%
83,78%
Maschi
Femmine
Totale
77,16%
75,49%
76,40%
Maschi
Femmine
Totale
72,82%
73,75%
73,72%
Maschi
Femmine
Totale
65,39%
64,24%
64,88%
CP
CE 1
CE 2
CM 1
ATACORA / DONGA
71,67% 70,08% 69,73% 63,82%
69,73% 67,77% 60,91% 54,25%
70,83% 69,11% 66,11% 60,33%
ATLANTIQUE / LITTORAL
77,33% 72,10% 69,74% 69,64%
75,16% 71,99% 67,76% 66,49%
76,34% 72,05% 68,87% 68,30%
ALIBORI / BORGOU
76,48% 76,01% 72,14% 70,77%
77,31% 75,90% 67,62% 64,87%
76,87% 75,96% 70,08% 68,28%
COUFFO / MONO
78,01% 76,11% 73,64% 73,03%
75,09% 73,05% 68,11% 62,91%
76,70% 74,77% 71,28% 68,94%
OUEME’ / PLATEAU
72,54% 69,62% 66,17% 67,07%
71,89% 67,42% 62,47% 59,95%
72,26% 68,70% 64,68% 64,26%
COLLINES / ZOU
70,65% 67,85% 66,15% 64,74%
70,34% 67,04% 61,31% 57,36%
70,52% 67,50% 64,07% 61,80%
TOTALE BENIN
CM 2
Totale
52,27%
47,22%
50,62%
68,56%
65,61%
67,35%
56,16%
54,85%
55,62%
69,90%
68,50%
69,28%
58,56%
53,58%
56,64%
73,72%
72,86%
73,34%
66,70%
58,61%
63,92%
74,59%
70,43%
72,81%
60,64%
56,90%
59,25%
68,76%
66,72%
67,92%
53,85%
48,51%
51,89%
65,50%
63,16%
64,51%
23
Maschi
73,38%
Femmine
73,01%
Totale
73,21%
Fonte: MEPS 2004-2005
74,44%
73,35%
73,96%
71,84%
70,55%
71,28%
69,39%
64,89%
67,47%
68,44%
61,54%
65,65%
58,51%
53,80%
56,77%
70.07%
67,84%
69,12%
Proviamo a capire il perché di questi dati: per quanto riguarda il calo di
promossi tra la CI e la CM2 ciò è spiegabile con il fatto che, come si vedrà
meglio nel prossimo paragrafo, i bambini e le bambine hanno due tipi di
impegno, scolastico e domestico. Quello domestico per le famiglie è
irrinunciabile quanto, e forse più, di quello scolastico, perché tutti devono
contribuire al buon funzionamento della casa e al sostentamento della
famiglia. Su questa prima considerazione s’inserisce la seconda che ancora
una volta ci riporta alla questione di genere. Sono, infatti, le bambine che
tradizionalmente aiutano la madre nelle faccende domestiche o nel piccolo
commercio, perciò il carico maggiore di lavoro non scolastico spetta a loro.
Ed è innegabile che il loro rendimento ne risenta maggiormente rispetto agli
alunni maschi. Infine, come abbiamo già fatto notare, il sovraffollamento
delle classi rende difficile l’apprendimento per tutti.
Tabella 2.5: Tasso di ripetenti per classe, genere e dipartimento
CI
CP
CE 1
CE 2
CM 1
CM 2
Totale
28,10%
17,65%
ATACORA / DONGA
Maschi
3,72%
16,20%
19,08%
23,33%
23,73%
21,19%
26,52%
Femmine
4,42%
18,07%
27,69%
34,71%
19,04%
Totale
4,03%
17,01%
19,96%
24,64%
25,18%
ATLANTIQUE / LITTORAL
30,26%
18,22%
Maschi
11,17%
14,60%
23,73%
16,90%
Femmine
10,35%
14,17%
Totale
10,80%
14,41%
Maschi
3,22%
13,70%
17,78%
19,72%
17,66%
20,45%
17,72%
20,04%
ALIBORI / BORGOU
17,81%
19,09%
25,19%
16,86%
18,35%
24,33%
16,88%
22,10%
30,58%
17,40%
18,15%
23,07%
18,78%
25,40%
27,35%
30,97%
18,02%
18,44%
24,13%
COUFFO / MONO
24,32%
30,73%
17,68%
Femmine
3,24%
13,86%
Totale
3,23%
13,77%
Maschi
1,77%
12,46%
16,04%
18,02%
19,34%
19,24%
13,74%
Femmine
1,54%
12,68%
17,22%
20,35%
22,89%
21,73%
14,47%
Totale
1,67%
12,55%
20,78%
20,10%
14,05%
Maschi
6,70%
15,66%
19,29%
22,31%
22,80%
20,40%
17,21%
Femmine
6,49%
15,39%
20,27%
23,91%
25,26%
22,68%
17,84%
Totale
6,61%
15,55%
19,70%
22,96%
COLLINES / ZOU
23,77%
21,24%
17,47%
Maschi
15,52%
15,09%
18,99%
23,01%
17,61%
16,56%
19,01%
OUEME’ / PLATEAU
17,76%
18,36%
24
Femmine
15,12%
15,67%
19,22%
20,23%
22,46%
27,31%
18,81%
Totale
15,34%
15,34%
18,39%
19,16%
20,37%
24,58%
18,12%
Maschi
7,63%
14,54%
TOTALE BENIN
17,94%
20,46%
20,59%
23,61%
16,65%
Femmine
7,34%
14,75%
18,89%
22,33%
23,71%
26,33%
17,36%
Totale
7,50%
14,64%
Fonte: MEPS 2004-2005
18,35%
21,26%
21,85%
24,61%
16,95%
Le tabelle 2.5 e 2.6 mostrano rispettivamente la percentuale di ripetenti, per
ogni classe di scuola primaria, secondo genere e dipartimento e la
percentuale di abbandono scolastico per ogni classe sempre secondo genere
e dipartimento. La prima annotazione generale è che c’è l’andamento della
tabella s’inserisce nella tendenza vista nella tabella 2.4, in altre parole più si
va avanti nel percorso scolastico elementare, minore è il numero di
promossi e, di conseguenza, maggiore quello dei bocciati. La tabella 2.5
mostra però delle eccezioni non trascurabili: per esempio per quanto
riguarda la classe CI, accanto a percentuali di ripetenti sotto il 10%,
spiccano le due coppie di dipartimenti Atlantique/Littoral e Collines/Zou
rispettivamente con una percentuale totale di ripetenti del 10,80% e del
15,34%, valori decisamente elevati per una prima elementare.
Analogamente alla simmetria generale promossi/ripetenti delle tabelle 2.4 e
2.5 va notata la simmetria delle due tabelle su maschi/femmine, il tasso di
ripetenti tra le bambine è, infatti, mediamente superiore a quello dei bambini
in particolare nelle ultime tre classi CE2, CM1 e CM2 in cui per certi
dipartimenti la forbice tocca i sei punti percentuali, come nel caso della
CM2 nell’Atacora/Donga con le femmine al 34,71% e i maschi al 28,10%.
Tabella 2.6: Tasso di abbandono per classe, genere e dipartimento.
CI
Maschi
Femmine
Totale
19,46%
19,66%
19,55%
Maschi
Femmine
Totale
18,51%
20,90%
19,60%
Maschi
Femmine
Totale
13,87%
12,00%
12,99%
Maschi
Femmine
Totale
21,07%
22,97%
21,93%
Maschi
20,48%
CP
CE 1
CE 2
CM 1
ATACORA / DONGA
12,13%
10,84%
6,95%
12,46%
12,30%
11,04%
12,57%
18,05%
12,16%
10,92%
9,25%
14,50%
ATLANTIQUE / LITTORAL
8,07%
10,12%
10,54%
12,55%
10,67%
10,35%
11,79%
14,42%
9,26%
10,22%
11,09%
13,34%
ALIBORI / BORGOU
9,82%
8,84%
9,36%
5,84%
4,80%
7,13%
5,31%
6,98%
7,78%
5,60%
5,79%
7,40%
COUFFO / MONO
9,53%
7,85%
8,33%
7,64%
12,23%
9,73%
11,54%
14,20%
10,75%
8,67%
9,70%
10,29%
OUEME’ / PLATEAU
11,80%
11,09%
11,52%
10,12%
CM 2
Totale
19,63%
18,07%
19,12%
13,79%
15,35%
14,43%
20,11%
19,96%
20,05%
13,21%
14,64%
13,84%
10,86%
15,45%
12,63%
8,88%
9,12%
8,98%
14,06%
19,66%
15,99%
11,67%
15,11%
13,14%
18,96%
14,02%
25
Femmine
Totale
Maschi
Femmine
Totale
19,76%
20,17%
19,09%
20,64%
19,78%
12,72%
12,19%
12,31%
11,60%
13,60%
12,36%
14,79%
11.96%
20,42%
19,50%
15,45%
14,61%
14,26%
13,99%
14,14%
COLLINES / ZOU
14,39%
15,49%
13,73%
18,49%
14,11%
16,76%
TOTALE BENIN
16,27%
20,18%
17,83%
23,14%
24,19%
23,52%
16,89%
18,03%
17,37%
10,22%
10,56%
10,37%
10,98%
14,75%
12,50%
17,88%
19,87%
18,61%
13,28%
14,80%
13,93%
Maschi
18,99%
11,01%
Femmine 19,66%
11,90%
Totale
19,29%
11,41%
Fonte: MEPS 2004-2005
10,15%
12,77%
11,27%
Se sul tasso di promozione/bocciatura abbiamo già spiegato i fattori
determinanti, restano da formulare alcune ipotesi sul tasso di abbandono
scolastico che come mostra la tabella 2.6 ha un andamento abbastanza
regolare per tutti i dipartimenti, ovvero una curva che partendo da tassi
elevati, tra 18% e 20% (fa eccezione l’Alibori/Borgou sotto il 14%), per la
CI, scende nelle quattro classi centrali per poi risalire nella CM2. Ciò
significa che i bambini e le bambine abbandonano gli studi primari più
frequentemente nel primo e nell’ultimo anno. Vediamo di capire il perché,
anche se in mancanza di informazioni certe possiamo solo provare a
ricostruire motivazioni plausibili. Nel caso della CI la scelta è
verosimilmente dettata dal fatto che i bambini sono molto piccoli e
necessitano di maggiore attenzione non potendo recarsi a scuola da soli, il
che implica per le madri un dispendio di tempo maggiore. Inoltre essendo
piccoli probabilmente non si ritiene che lo studio sia così importante per
loro, potendolo rimandare a quando saranno più autonomi. Non è
infrequente che nelle scuole primarie vi siano ragazzi e ragazze di 14 o 15
anni che spesso non sono ripetenti, ma piuttosto sono stati iscritti in età
avanzata alle prime classi. Per quanto riguarda l’abbandono nell’ultima
classe ossia la CM2, bambini e bambine oltre al problema di essere
abbastanza grandi da risultare fondamentali nell’economia familiare,
scontano la barriera dell’esame finale per il passaggio al grado d’istruzione
secondario. Un’ipotesi ulteriore che possiamo avanzare è quella della
differenza di priorità tra genitori e bambini. La scuola primaria è
obbligatoria, ma come abbiamo più volte ribadito, non tutti i genitori hanno
tra i propri interessi quello del maggior grado d’istruzione possibile per i
figli. Per alcuni, soprattutto nelle zone più povere e disagiate, è sufficiente
che un bambino o una bambina sappiano leggere, scrivere e contare
l’indispensabile per poter aiutare nei lavori domestici o nelle attività di
piccolo commercio dei genitori, anzi in certi casi non è nemmeno
indispensabile dato che alcuni lavori, per esempio quelli agricoli, non
richiedono istruzione scolastica e si tramandano di genitore in figlio. Questa
ipotesi diventa ancora più plausibile se si pensa che l’istruzione è un
investimento a medio - lungo termine, mentre in Benin i problemi della
gente sono quotidiani e richiedono soluzioni immediate. Nella gente
comune, inoltre, il concetto di programmazione o investimento è pressoché
assente. A questo si aggiunge in certi casi una questione di ruoli sociali:
alcuni genitori, analfabeti o con un basso livello d’istruzione, temono che un
26
figlio che completa tutti i cicli d’istruzione possa in qualche modo superare
la loro posizione sociale e quindi venga meno a quegli obblighi di rispetto e
obbedienza che invece la società tradizionale impone.
2.2.3 La scuola secondaria d’insegnamento generale e
tecnico-professionale
All’inizio del capitolo abbiamo elencato sinteticamente i gradi
d’insegnamento del sistema di istruzione del Benin. Qui di seguito
approfondiremo la conoscenza della scuola secondaria nel suo complesso,
partendo quindi dalla descrizione dei due gradi di insegnamento secondario,
quello generale e quello tecnico-professionale.42
Insegnamento generale
Finalità e organizzazione degli studi.
• Fare acquisire agli studenti il sapere, inteso come saper fare e saper
essere, in maniera da sviluppare le loro attitudini fisiche e manuali la
curiosità, spirito di osservazione, il ragionamento logico e lo spirito
di ricerca.
• Preparare gli studenti ad affrontare con successo gli esami scolastici.
Questo insegnamento è destinato ai giovani tra gli 11 e i 14 anni che
abbiano terminato con successo il loro percorso di studi primario.
Questo grado ha due cicli:
Al primo ciclo gli studi durano quattro anni, che corrispondono a quattro
classi denominate sixième (6ème), cinquième (5ème), quatrième (4ème),
troisième (3ème). Questo ciclo forma gli studenti sulla cultura generale ed in
particolare sulle seguenti discipline: francese, storia e geografia,
matematica, scienze fisiche (a partire dalla 5ème), biologia e geologia,
tecnologia ed economia domestica, sport. Al termine della classe troisième,
gli studenti sono sottoposti ad esame: il Brevet d'Études du Premier Cycle
(BEPC). Al secondo ciclo gli studi durano tre anni, corrispondenti a tre
classi dette rispettivamente seconde (2nde), première (1ère) e terminale
(Tle). Esse sono destinate a consolidare l’insegnamento generale del primo
ciclo, estendere il bagaglio culturale degli studenti affinché possano
superare con successo l’esame che segna la fine dell’insegnamento
secondario: il Baccalauréat. Questo grado formativo comprende poi cinque
grandi filiere di studi, suddivise secondo le specifiche materie
d’insegnamento:
• A1 (letteraria), in cui le materie principali sono francese, filosofia,
inglese, e una seconda lingua straniera.
• A2 (letteraria), con filosofia, storia e geografia come materie
principali.
42
Descrizione fornita dal Ministero dell’Insegnamento Primario e Secondario.
27
• B (economico-sociale), con uno spazio riservato all’economia,
accanto all’insegnamento delle materie classiche della filiera
letteraria.
• C (tecnico-scientifica), dove le materie privilegiate sono matematica
e fisica.
• D (scientifica), in cui si privilegiano le scienze naturali, cioè
biologia e geologia.
Insegnamento Tecnico e Professionale
Finalità e organizzazione degli studi
Oltre all’acquisizione delle conoscenze generali, le finalità
dell’insegnamento tecnico e professionale sono:
• Lo studio delle scienze e delle tecniche connesse.
• L’assimilazione di competenze pratiche, di savoir faire, di attitudine
e di elementi di comprensione in relazione alle professioni che
possono essere esercitate nei diversi settori della vita economica e
sociale.
Ci sono cinque campi di formazione nell’insegnamento tecnico e
professionale in Benin:
•
•
•
•
•
Scienze e tecniche industriali
Scienze e tecniche amministrative e di gestione
Scienze biologiche e sociali applicate
Alberghiero e Ristorazione
Scienze e tecniche agricole
a) Scienze e tecniche industriali
Questo campo è suddiviso a sua volta in sei filiere di studi:
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Elettronica.
Meccanica industriale.
Meccanica automobilistica
Genio civile
Opere di legno per la costruzione di edifici
Topografia.
A queste sei filiere se ne aggiunge una settima un po’ particolare, detta serie
E, che prepara gli studenti a carriere scientifiche e tecnologiche di alto
livello. La durata degli studi in queste filiere industriali è di sei anni, divisi
in due cicli da tre anni ciascuno. Il primo ciclo prepara gli studenti a un
Certificat d'Aptitude Professionnelle (CAP). Vi possono accedere giovani
dai 13 ai 16 anni che abbiano conseguito il Certificat d'Etudes Primaires e
che abbiano una formazione almeno al livello della classe 5ème
28
dell’insegnamento secondario generale. Il secondo ciclo ha il suo sbocco nel
Diplôme de Technicien Industriel (DTI) oppure in un Baccalauréat série E.
Il secondo ciclo è aperto a studenti di età compresa tra i 16 e i 20 anni, in
possesso di un CAP o del Brevet d'Etudes du Premier Cycle (BEPC)
dell’insegnamento generale.
b) Scienze e tecniche amministrative e di gestione
La formazione dura sei anni, divisi in due cicli da tre anni. Il primo ciclo
prepara a un CAP nelle seguenti branche: Contabilità, Impiegato d’Ufficio,
Stenodattilografia. Il secondo ciclo termina con un BAC tecnico Segretariato
(BAC G1), Contabilità (BAC G2), Amministrazione e Commercio (BAC
G3). Le condizioni di accesso a questa branca di studi sono identiche a
quelle per la formazione industriale.
c) Scienze biologiche e sociali applicate
La formazione dura sei anni, divisi in due cicli da tre anni. Il primo ciclo
prepara sia a un Diplôme d'Infirmier Adjoint, nelle Scienze Biologiche, sia a
un CAP, per le Scienze Sociali. E’ aperto a giovani di entrambe i sessi, di
età compresa tra i 14 e i 17 anni, in possesso del Certificat d'Etudes
Primaires, e con un livello di formazione che sia almeno alla classe 5ème
dell’insegnamento secondario generale. Possono ugualmente accedere al
primo ciclo delle scuole di sanità, gli ausiliari di età compresa tra i 18 e i 25
anni. Il secondo ciclo porta ai seguenti titoli :
•
•
•
•
Brevet de Technicien
Diplôme d'Infirmier d'État du Bénin
Diplôme de Sage-Femme d'État du Bénin
Diplôme d'Aide-Sociale : possono accedervi studenti dei due sessi di
età compresa tra i 16 e i 20 anni, in possesso di BEPC , oppure
ambosessi tra i 18 e i 25 anni, in possesso di un Diplôme d'Infirmier
Adjoint o di un CAP.
d) Settore Alberghiero e Ristorazione
La formazione comprende un unico ciclo di tre anni. Vi possono accedere
giovani tra i 14 e i 17 anni d’età, in possesso di un Certificat d'Etudes
Primaires, e con una formazione secondaria generale almeno al livello della
classe 5ème . Il titolo che si consegue è un CAP.
e) Scienze e Tecniche Agricole
La formazione dura otto anni divisi in due cicli da quattro anni.
Il primo ciclo termina con il Brevet d'Etudes Agricoles Tropicales (BEAT).
Vi possono accedere giovani dai 14 ai 16 anni di età, in possesso di CEP e
biennio di scuole secondarie generali (5ème). Il secondo ciclo aperto a
giovani tra i 16 e i 20 anni d’età, in possesso di un BEPC, oppure di età
compresa tra i 18 e i 20 anni, in possesso di BEAT. Il titolo conseguito alla
fine degli otto anni è il Diplôme d'Etudes Agricoles Tropicales (DEAT).
29
Adesso che abbiamo visto in dettaglio tutti i possibili percorsi di istruzione
secondaria possiamo concentrarci come di consueto sui dati e sulle
statistiche per vedere come funziona l’istruzione secondaria, nella pratica, in
Benin. Per quanto riguarda i dati fornitici dal MEPS è necessario specificare
che mentre per la scuola primaria i dati vengono aggregati tra settore
pubblico e settore privato, nell’istruzione secondaria questi vengono forniti
sia aggregati che disaggregati. La motivazione è che mentre le differenze
sostanziali tra scuola primaria pubblica e privata sono trascurabili, lo stesso
non si può dire per quanto riguarda i colléges che invece presentano
differenze significative. Innanzitutto vediamo però i dati ISU 2005:
Tabella 2.7: Tasso lordo e netto di scolarizzazione per l’istruzione
secondaria nell’anno 2005 (tutti i programmi)
Tasso lordo totale per l’insegnamento
secondario di qualsiasi programma
MF
M
33%*
41%*
*Stime nazionali
Fonte ISU
Tasso netto totale per l’insegnamento
secondario di qualsiasi programma
F
23%*
MF
-
M
-
F
-
In questo caso abbiamo solo il tasso lordo e notiamo il consueto divario tra
maschi e femmine. Per il 2005 il totale della popolazione scolastica per
l’insegnamento secondario ammonta a 435.449 studenti di cui il 35%
costituito da ragazze e il 25% da appartenenti all’insegnamento privato. Sul
totale della popolazione scolastica gli studenti del solo insegnamento
generale sono 377.618 di cui il 34% formato da ragazze.43 Per quanto
riguarda l’insegnamento tecnico e professionale la percentuale di studenti
sul totale è del 13%.44 Tradurre le percentuali in numeri ci aiuterà ancora
una volta ad osservare in maniera più approfondita la situazione sia riguardo
alle differenze di genere, sia riguardo alle differenze geografiche e, in
questo caso, anche alle differenze tra settore pubblico e settore privato.
Vediamo dunque la tabella 2.8:
Tabella 2.8: Dati sull’insegnamento secondario generale pubblico per
dipartimento
Dipartimenti
Atacora
Donga
Atlantique
Littoral
Borgou
Alibori
Mono
Couffo
Ouémé
Plateau
Zou
Collines
Totale
Benin
Numero di scuole
1°ciclo
solamente
27
28
36
49
48
72
260
Queste cifre si riferiscono a stime nazionali
Rapporto ISU, RECUEIL DE DONNÉES MONDIALES SUR L’ÉDUCATION 2007 Statistiques comparées sur l’éducation dans le monde, TABLEAU 5
ENSEIGNEMENT SECONDAIRE / CITE 2 et 3 / Effectifs scolarisés et
redoublants/2005, pp.106-107, voce Benin.
43
44
30
1° e 2°
ciclo
11
24
12
15
20
14
96
Totale
38
52
48
64
68
86
356
Numero di studenti
Maschi
21.309
44.040
33.479
36.765
41.328
38.033
214.924
Femmine
7.476
25.869
14.883
13.049
20.494
16.380
98.151
Totale
28.785
69.909
48.362
49.784
61.822
54.413
313.075
52
57
53
56
51
54
Allievi/
53
classe
Fonte: MEPS 2004-2005
Intanto bisogna precisare che sia la tabella 2.8 che la tabella 2.9 forniscono
dati sulle scuole di insegnamento generale pubbliche e private, restano
perciò fuori dalla statistica tutte le scuole di indirizzo tecnico-professionale.
Dopo questa doverosa precisazione facciamo un primo raffronto generale tra
le due tabelle per annotare subito alcune differenze macroscopiche: la prima
riguarda il numero di studenti che evidentemente è molto maggiore nel
settore pubblico. Il settore privato sembra però risentire meno della
differenza di genere anche nei dipartimenti del nord dove nel settore
pubblico è più marcata, si noti in particolare l’Atacora/Donga che presenta
quasi lo stesso numero di studenti maschi e femmine nelle scuole private,
dove in quelle pubbliche la proporzione maschi/femmine e circa 3/1. Questo
dato è molto interessante così come è interessante notare che
nell’Atlantique/Littoral ci sono ben 188 scuole private contro sole 52
pubbliche.
Tabella 2.9: Dati sull’insegnamento secondario generale privato
Dipartimenti
Atacora
Donga
Atlantique
Littoral
Borgou
Alibori
Mono
Couffo
Ouémé
Plateau
Zou
Collines
Totale
Benin
Numero di scuole
1°ciclo
solamente
2
111
11
30
62
19
235
1° e 2° ciclo
2
77
5
10
25
6
125
Totale
4
188
16
40
87
25
360
Numero di studenti
Maschi
412
19.542
863
3.633
6.723
2.380
33.558
Femmine
385
19.489
746
2.914
5.776
1.675
30.985
Totale
797
39.031
1.614
6.547
12.499
4.055
64.543
27
25
28
24
39
27
Allievi/
26
classe
Fonte: MEPS 2004-2005
31
Ora proviamo a capire le cause di queste differenze. Tralasciamo quelle che
sono delle conferme, cioè la differenza di genere a sfavore delle
bambine/ragazze che dalle statistiche sulla scuola primaria sembra
accompagnarci anche qui e la generale carenza di strutture scolastiche al
nord, motivata oltre che dalle maggiori difficoltà strutturali anche dal
minore peso demografico rispetto al sud. Soffermiamoci invece sul perché
la scuola privata discrimina meno di quella pubblica, anche qui siamo nel
campo delle ipotesi. Il primo punto che vogliamo considerare sono i costi: la
scuola privata a differenza di quella pubblica costa decisamente di più e non
ha dei prezzi regolamentati. Ogni scuola fa il prezzo che ritiene opportuno e
questo indubbiamente opera una scrematura tra studenti con un tenore di
vita medio - alto e studenti che non possono permettersi altro che la scuola
pubblica, spesso con grossi sacrifici. Quindi dove opera il discrimine del
denaro, quello di genere pare funzionare meno, verosimilmente perché da
parte dei direttori di istituti e colléges privati non c’è alcun motivo per non
incentivare le entrate derivanti dalle studentesse. A ciò si aggiunga che sono
numerose le scuole private gestite da missionari o da religiosi locali che
cercano di offrire le stesse possibilità a ragazzi e ragazze avendo un
particolare occhio di riguardo verso queste ultime che rappresentano il
gruppo sociale più svantaggiato. Ciò nondimeno c’è un fattore a monte
dell’iscrizione alla scuola privata piuttosto che a quella pubblica, ossia il
livello medio di istruzione dei genitori: al di là del reddito che può non
essere necessariamente alto, un genitore con un buon livello d’istruzione è
sicuramente più portato ad investire non solo sull’istruzione generica dei
propri figli, ma anche sulla qualità. La scuola privata, ovviamente, non è di
per sé indice di qualità ed anzi nelle nostre ricerche in giro per il Benin è
capitato più volte di trovare istituti privati fatiscenti e, quando parleremo
specificamente dei metodi di insegnamento, vedremo che sostanzialmente
non c’è un livello qualitativo tale da rendere la scuola privata una garanzia
assoluta di buona istruzione. Un punto oggettivamente a favore della scuola
privata è però il rapporto numerico studenti/classe. A fronte di oltre
cinquanta allievi per classe nel settore pubblico, in quello privato la media è
assolutamente accettabile sia nei vari dipartimenti (se si eccettuano i 39
alunni per classe di Zou/Collines) che sul territorio nazionale dove è di 27
alunni per classe. Questo fattore, lungi anch’esso dal mettere il settore
privato su un piano di assoluta superiorità nei confronti del settore pubblico,
contribuisce sicuramente ad una lezione più ordinata e ad un’efficacia
maggiore della figura dell’insegnante, altrimenti relegato all’unico ruolo di
“guardiano” della disciplina. Per quanto riguarda i dati sul rendimento degli
studenti, non disponiamo dei dati percentuali del 2004-2005, cosicché
dobbiamo fare riferimento a quelli dell’anno scolastico precedente, 20032004 e solo per l’insegnamento pubblico. Possiamo dire che quanto
osservato nelle scuole primarie è qui confermato sia per quanto riguarda il
tasso di promozioni che decresce man mano che si procede nel percorso di
studi, sia per quel che riguarda la selettività delle promozioni che vede
ancora una volta le ragazze bocciate più dei compagni maschi, anche se la
forbice maggiore si ha nel primo ciclo, mentre nel secondo le percentuali
tendono a equivalersi come si vede nella tabella 2.10
32
Tabella 2.10: percentuali di rendimento interno dell’istruzione pubblica
in Benin
1° Ciclo
2° Ciclo
Promossi
Ripetenti
Abbandoni
Promossi
Ripetenti
Abbandoni
Maschi
68,50%
24,26%
7,25%
69,70%
22,48%
7,82%
Femmine
63,32%
26,65%
10,03%
70,02%
22,75%
7,24%
Totale
66,82%
25,03%
8,15%
69,77%
22,53%
7,70%
Fonte: MEPS 2003-2005
2.2.4 La professione di insegnante
In Benin i problemi del sistema scolastico sono molteplici ed oltre a toccare
gli studenti, come vedremo alla fine del capitolo, affliggono anche la classe
docente. Innanzitutto un diffuso precariato dovuto ai problemi economici
globali del paese che si ripercuotono a tutti i livelli, a partire dal settore
pubblico, in cui insegnanti e funzionari, precari o di ruolo, continuano ad
essere pagati in ritardo e con salari mediamente bassi. Le cose vanno ancora
peggio nel settore privato dove il precariato è la norma. Per prima cosa
dobbiamo ancora una volta affidarci ai dati ministeriali di cui disponiamo
per trovare alcuni spunti di riflessione sugli insegnanti della scuola primaria
e secondaria, pubblica e privata. Poiché le dinamiche sono molto simili, in
sarà sufficiente l’esempio statistico delle scuole primarie:
Tabella 2.11: Ripartizione degli insegnanti di scuola primaria
per contratto, genere e dipartimento (settore pubblico e privato)
Tipo di contratto
Dipartimento
APE
Uomini
Donne
Totale
865
53
918
Uomini
Donne
Totale
1.349
1.155
2.503
Uomini
Donne
Totale
966
164
1.130
Uomini
Donne
Totale
1.363
147
1.510
ACE
EC
Atacora/Donga
1.154
1.027
152
88
1.306
1.115
Atlantique/Littoral
687
2.637
117
441
804
3.078
Alibori/Borgou
1.014
1.122
165
144
1.179
1.266
Couffo/Mono
949
1.490
117
209
1.066
1.699
Ouémé/Plateau
Altri
Totale
% di
insegnanti
statali
1
0
1
3.047
293
3.340
66,26 %
69,97 %
66,59 %
18
4
22
4.691
1.716
6.407
43,40 %
74,07 %
51,62 %
21
6
27
3.123
479
3.602
63,40 %
68,68 %
64,10 %
4
0
4
3.806
473
4.279
60,75 %
55,81 %
60,20 %
33
1.103
1.724
17
4.397
239
359
2
1.264
1.342
2.083
19
5.661
Zou/Collines
1.714
1.013
1.369
0
4.096
Uomini
359
187
217
0
763
Donne
2.073
1.200
1.586
0
4.859
Totale
Totale Benin
7.810
5.920
9.369
61
23.160
Uomini
2.541
977
1.458
12
4.998
Donne
10.351
6.897
10.827
73
28.148
Totale
Legenda
APE: Agents Permanents de l’Etat – Retribuiti dallo Stato
ACE: Agents Contractuels de l’Etat – Retribuiti dallo Stato
EC : Enseignants Communautaires – Retribuiti dalle associazioni di genitori
Fonte: MEPS 2004-2005
Uomini
Donne
Totale
1.553
664
2.217
60,40 %
71,44 %
62,87 %
66,58 %
71,56 %
67,36 %
59,28 %
70,53 %
61,28 %
La tabella 2.11 mette subito in luce alcuni dati interessanti riguardanti gli
insegnanti di scuola primaria. Prendiamo come riferimento le prime due
coppie di dipartimenti che sono Atacora/Donga e Atlantique/Littoral,
notiamo come prima cosa la netta differenza nel numero degli insegnanti
come è normale aspettarsi poiché, come abbiamo più volte ribadito, la
maggior parte della popolazione risiede a sud. In secondo luogo, nonostante
i dati siano aggregati tra scuole pubbliche e private, se osserviamo l’ultima
colonna a destra che riporta la percentuale di insegnanti statali sul totale
possiamo ricavare un’indicazione molto utile: il 66,59% degli insegnanti
dell’Atacora/Donga ha un contratto statale contro il 51,62%
dell’Atlantique/Littoral il che dovrebbe farci supporre che fare il maestro o
la maestra nell’Atlantique/Littoral sia meno semplice che al nord. Se così
fosse non si spiegherebbe perché gli insegnanti delle scuole primarie si
ostinino a sgomitare per un posto di lavoro al sud. In realtà la situazione è
complessa e può essere spiegata osservando che comunque la maggior parte
degli insegnanti con posto pubblico fisso (APE) o a tempo (ACE) si trovano
proprio nell’Atlantique/Littoral. Ciò che in qualche modo “falsa” la
percezione della realtà è che il sud è ricco di insegnanti pagati dallo Stato,
ma anche di migliaia di enseignants communautaires (EC) che abbassano la
media di insegnanti statali sul totale. I communautaires sono reclutati sul
posto e pagati dalle comunità locali, cioè dai genitori degli alunni, sono
quindi dei precari. Spesso questo tipo di insegnanti non possiede un livello
di qualificazione professionale adatto, ma data la carenza di insegnanti nel
paese se ne fa largo utilizzo, anche perché non gravano direttamente sul
bilancio dello Stato. Alcune considerazioni generali sono dunque d’obbligo:
la carenza di insegnanti non è legata a un effettivo deficit di personale
docente, quanto piuttosto ad una distribuzione territoriale totalmente
squilibrata, che risente della qualità generale della vita all’interno delle
diverse zone del paese. Nessun insegnante che risieda a Cotonou, Porto
Novo o Ouidah, città dotate di servizi e collegamenti qualitativamente
superiori ai villaggi del nord, ad eccezione forse di Parakou, unica vera città
settentrionale, accetta volentieri un incarico in una sede disagiata del nord.
Del resto, come vedremo più avanti, gli stipendi medi non sono certo tali da
incentivare i docenti al sacrificio. L’altra riflessione concerne la qualità
generale dell’insegnamento che patisce, oltre al basso livello medio di
34
formazione dei docenti, situazioni di sovraffollamento cronico delle classi e
questo, com’è comprensibile, porta ad una scarsa efficacia didattica. A
questo proposito abbiamo avuto la testimonianza di Christian Yaya,
professore di scuola secondaria che vive a Ouidah, ma insegna matematica
presso il College d'Enseignement General di Kilibo, nel nord, poco sotto
Parakou. Gli abbiamo chiesto una sua impressione sul mondo
dell’insegnamento visto dall’interno e su quelli che secondo lui sono i
problemi più seri della scuola in Benin:
“Fare il maestro o il professore è difficile per tanti motivi, non è una
situazione recente, è una crisi che va avanti da molti anni, da prima che il
paese diventasse democratico, ma ora sta diventando sempre più difficile
tanto che nel 2005 gli insegnanti furono costretti a rifiutarsi di lavorare e
per quasi tutto l’anno gli studenti rimasero a casa. Oggi chi come me è un
APE è certamente più tranquillo di un insegnante privato o di un
comunitario perché gli stipendi arrivano, anche se spesso con molto
ritardo. C’è chi è costretto a fare anche due lavori oltre a quello di
insegnante per poter mettere insieme un reddito decente, ma nessuno vuole
muoversi dalla propria zona, soprattutto chi abita qui al sud, perché il sud è
più sviluppato, ci sono più possibilità. Ci sono tantissimi insegnanti che non
sono qualificati e insegnano lo stesso perché quando non si trova personale
qualificato ci si affida a quello che c’è in giro. Io ad esempio ho fatto
l’università, sono laureato. Comunque anche le classi sono troppo affollate,
io ho insegnato perfino in classi da 90 studenti…cosa posso insegnare a
così tanti ragazzi tutti assieme? E’ chiaro che faccio la mia lezione per quei
10-15 fortunati che stanno nei primi banchi e riescono a sentire e vedere
qualcosa. Se chiedi in giro ai ragazzi ti diranno che da grandi vogliono fare
qualsiasi cosa tranne insegnare, prima invece questo mestiere era visto
come un ottimo lavoro…”
I problemi testimoniati da Christian Yaya sono effettivamente reali e diffusi
e sembrano assolutamente in sintonia con quanto le nostre statistiche hanno
dimostrato finora. Più difficili sembrano invece le soluzioni perché come da
lui affermato non si tratta di problemi congiunturali, ma di un intero sistema
scolastico che dagli anni 70 in poi non ha fatto altro che cercare di tappare le
falle della classica diga con un dito. Ancora nel 2008, durante la nostra
permanenza in Benin è stato possibile osservare una serie di scioperi e un
braccio di ferro continuo tra sindacati degli insegnanti e Governo. Quella di
Christian è stata una testimonianza articolata, ma non è stata l’unica come
vedremo nel prossimo paragrafo.
2.2.5 Le interviste agli insegnanti
L’idea di intervistare gli insegnanti è nata dalla situazione di tensione che
già prima dell’inizio dell’anno scolastico abbiamo notato nel paese: nel
mese di settembre i ministri dei vari gradi di insegnamento hanno percorso
lo Stato in lungo e in largo, sia per la consueta campagna di
sensibilizzazione sull’importanza dell’istruzione, sia per rassicurare il
personale docente circa le misure che il Governo avrebbe adottato per
35
garantire loro sicurezza lavorativa e salari regolari. Abbiamo dunque
somministrato un questionario anonimo a insegnati di scuole primarie e
secondarie, con le seguenti 10 domande:
1) Sesso
2) Età
3) Titolo di studio
4) Insegna in una sola scuola?
5) Se no in quante scuole insegna?
6) Qual è il suo salario mensile?
7) E’ pagato regolarmente?
8) Lei offre anche ripetizioni?
9) Ha altri lavori a parte l’insegnamento?
10) E’ soddisfatto della sua professione di insegnante:
Per Nulla/ Poco/ Abbastanza/ Molto/ Non sa-Non risponde
Il metodo elaborato inizialmente prevedeva la scelta di cinque
comuni/villaggi nel sud del Benin e cinque nel nord. Questa prima
suddivisione avrebbe dovuto mettere in luce le differenze geografiche e
garantire un’equità nel numero di interviste tra nord e sud.
Per ogni comune si è deciso di visitare quattro scuole primarie e quattro
secondarie a loro volta suddivise a metà tra pubbliche e private come
riepilogato nello schema seguente:
Tabella 2.12: Schema sul metodo di somministrazione dei questionari
5 Comuni nord
Ogni comune
scuole
pubbliche
private
5 Comuni sud
Ogni comune
primarie
secondarie
2 (10)
2 (10)
2 (10)
2 (10)
scuole
pubbliche
private
primarie
secondarie
2 (10)
2 (10)
2 (10)
2 (10)
Nota: Tra parentesi è riportato il numero dei questionari da somministrare per ogni
scuola
L’obiettivo iniziale era di avere un campione di 800 interviste. In realtà non
è stato possibile raggiungere tale obiettivo per alcuni motivi ben precisi,
alcuni dovuti al nostro eccessivo ottimismo sulla velocità del lavoro e sulla
collaborazione degli insegnanti altri per nostri errori di valutazione. Il lavoro
sì è presentato da subito più complesso del previsto perché trovare comuni
rappresentativi è stato semplice fino a quando si è trattato di Cotonou o
Ouidah, cioè città di grande e media entità, dotate di scuole in numero
sufficiente da soddisfare il nostro schema di partenza. Finiti i grandi centri
urbani abbiamo però dovuto fare i conti con i comuni e i villaggi minori che
spesso e soprattutto al nord non arrivano ad avere le otto scuole che
servivano alla nostra inchiesta. Spesso abbiamo trovato scuole con meno di
dieci insegnanti. Tuttavia come i dati fin qui analizzati hanno dimostrato in
dipartimenti rurali del nord è molto difficile trovare scuole private, dal
momento che non c’è un bacino di utenza sufficiente a giustificarne i costi e
36
le spese. Inoltre non avevamo tenuto in debito conto i tempi della burocrazia
locale e la difficoltà di spostamento soprattutto da sud a nord. Uno
spostamento da Ouidah a Djougou per esempio richiede praticamente una
mattina e un pomeriggio di viaggio e a nord la situazione è ancora peggiore
per la carenza di taxi brousse45 e la conseguente difficoltà di spostamento da
un villaggio all’altro. Per concludere va detto che i risultati di queste
interviste non possono avere un valore statistico per una serie di fattori46 che
non si sono tenuti in debito conto al momento dell’impostazione del
questionario. Ciò nondimeno le risposte degli insegnanti forniscono un utile
indicazione sulla loro percezione del proprio mestiere e sul tenore di vita
medio possibile sia nella scuola pubblica che in quella privata. Le schede
dei risultati sono presentate qui di seguito divise per zone e tipo si scuola:
partiamo dalle scuole primarie e dal sud, poi ci sposteremo a nord, dove
avremo modo di notare un minore numero d’interviste effettuate dovute alle
difficoltà che abbiamo elencato sopra. Il campione di interviste che qui
presentiamo abbraccia un totale di 376 insegnanti di scuole primarie e
secondarie, sia pubbliche che private.
Zona sud: Scuole Primarie Pubbliche (50 interviste)
1) Sesso
F 23
M 27
Totale 50
2) Età: 40-49 (20) 50 e oltre (14)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: BEPC (10) CAP (27)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
0
50
6) Salario mensile in FCFA: 30-50 mila (13) / 140-160 mila (13)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
45
1 (4)
3
46 (1)
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
I taxi locali sono soprannominati brousse cioè savana. Questo
soprannome non esiste solo in Benin, ma in molti Stati dell’Africa subsahariana francofona. Si veda M. Aime, Taxi Brousse, Stampa alternativa,
Roma, 1997.
46 Per esempio non è stato possibile “pesare” il campione di intervistati, non
sempre le intervsite si sono potute ottenere con gli stessi metodi o ancora
l’anonimato non sempre è stato garantito come da noi richiesto.
45
37
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
3
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
47
N
P
A
M
NS
T
2
20 17
8
3
50
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
Per le scuole primarie del sud notiamo innanzitutto l’anzianità media
elevata, con le due fasce di età più ricorrenti che sono quella tra i 40 e i 49
anni e quella di 50 anni e oltre. La maggior parte degli intervistati che hanno
dichiarato il proprio titolo di studio risultano avere il CAP, il che significa
che sono insegnanti qualificati per l’insegnamento primario, tuttavia è
elevato anche il numero di BEPC, cioè di coloro che non hanno qualifica
per l’insegnamento. La forbice di reddito così ampia è data dal fatto che la
maggior parte degli intervistati è oltre i 40 anni di età e dunque ha
verosimilmente una anzianità di servizo nel settore pubblico che giustifica il
numero elevato di salari tra i 140 e 160 mila FCFA. La fascia più bassa di
salari è evidentemente quella degli insegnanti giovani. Una costante che ci
accompagnerà in tutte le scuole primarie è che nessun maestro o maestra
può insegnare in più scuole, non perché vietato, ma perché impossibile nella
pratica. Così non è, come vedremo, per i professori di scuole secondarie.
I pagamenti dei salari avvengono regolarmente in quasi tutti i casi e la
maggior parte degli insegnanti elementari pubblici del sud non fa ripetizioni
o altri lavori a parte l’insegnamento. La maggior parte di essi è poco o
abbastanza soddisfatta del proprio mestiere.
Zona sud: Scuole Primarie Private (50 interviste)
1) Sesso
F7
M 43
Totale 50
2) Età: 20-29 (27) / 40-49 (11)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: BEPC (25) BAC (7)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
0
50
6) Salario mensile in FCFA: 20-29 mila (21) / 30-39 mila (18)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
45
5
38
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
28
20 (2)
8
42
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
N
P
A
M
NS
T
3
35
6
2
4
50
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
Notiamo subito alcune differenze tra pubblico e privato: i maestri delle
scuole private sono mediamente più giovani e gli stipendi più bassi, inoltre
il numero di BEPC supera di gran lunga quello dei BAC o dei titoli
superiori, ciò significa che in questo campione prevalgono i maestri senza
qualifica. I salari sono corrisposti con regolarità per quasi tutto il campione,
mentre una significativa differenza la troviamo alla domanda sule ripetizioni
per cui oltre metà degli intervistati ha risposto in maniera affermativa.
Questa differenza è spiegabile con la maggiore precarietà dell’insegnamento
privato, con il tipo di salario che spesso è orario e non mensile e col fatto
che i salari privati sono mediamente più bassi di quelli pubblici e dunque gli
insegnanti privati devono in qualche modo completare le proprie entrate
economiche. Sono dunque generalmente insoddisfatti del proprio lavoro.
Zona sud: Scuole Secondarie Pubbliche (50 interviste)
1) Sesso
F7
M 43
Totale 50
2) Età: 30-39 (22) / 40-49 (12)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: Maitrise (16) Licence (10)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
20
30
6) Salario mensile in FCFA: 50-59 mila (14) / 60-69 mila (9)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
46
4
39
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
13
37
8
42
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
N
P
A
1
21 17
M
NS
T
8
3
50
Anche nei collége pubblici l’età media è elevata e si va dai 30 anni in su,
anche se per dovere di completezza dobbiamo dire che la terza fascia d’età
distaccata di una sola posizione da quella 40-49 anni, per questo campione è
quella dei professori di 20-29 anni d’età con undici risposte. In questo caso
dunque abbiamo una migliore distribuzione dell’anzianità nel campione,
anche se resta netta la prevalenza dei professori over 40. Ottimo il livello di
preparazione dei professori che in prevalenza hanno istruzioni del primo e
secondo livello universitario (Licence e Maitrise) con in terza posizione i
professeurs certifiés e gli adjoints in quarta, cioè i titolari di CAPES e
BAPES47. Infine alcune punte di eccellenza, non riportate in questa tabella
con due professori titolari di studi specialistici post universitari. Il range di
salari mensili varia dai 50 e i 69 mila FCFA. Venti docenti dichiarano di
insegnare in più di un istituto. Questo nei collége è molto frequente data la
specificità delle materie insegnate e il fatto che i professori possono avere
entrate aggiuntive sia insegnando in più scuole pubbliche o private, sia
facendo ripetizioni domestiche come in questo campione avviene per tredici
docenti su cinquanta. Otto di loro svolgono altri lavori oltre l’insegnamento
e il livello di soddisfazione generale è medio - basso.
Zona sud: Scuole Secondarie Private (50 interviste)
1) Sesso
F4
M 46
Totale 50
2) Età: 30-39 (25) / 20-29 (15)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: Maitrise (18) Licence (11)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
Sono chiamati certifiés i professori che abbiano il Certificat d'Aptitude au
Professorat de l'Enseignement Secondaire (CAPES). Sono invece adjoints I
professori titolari di Brevet d'Aptitude au Professorat de l'Enseignement
Secondaire (BAPES).
47
40
37
13
6) Salario mensile in FCFA: non individuabili
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
39
11
24
26
17
33
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
N
P
A
M
NS
T
2
25 13
6
4
50
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
Per quanto riguarda il nostro campione di docenti di scuole secondarie
private il dato più rilevante è che l’eterogeneità delle risposte circa il salario
mensile non permette di classificarli nettamente, diciamo però che la fascia
di salario più rilevante è ampia e va dai 30 mila ai 60 mila FCFA. La
maggior parte dei docenti è sotto i 40 anni e dispone di qualifiche
universitarie. La maggioranza di essi si divide tra più scuole (spesso fino a
5 diverse). Oltre a questo circa la metà si dedicano anche a ripetizioni e
diciassette ad altri lavori. Sono quasi sempre pagati regolarmente, tuttavia il
loro livello di soddisfazione si inserisce nella tendenza generale riscontrata
fin qui e le loro risposte si concentrano su “poco soddisfatti” o “abbastanza
soddisfatti”. Vediamo ora come vanno le cose per il nord del Benin.
Zona nord: Scuole Primarie Pubbliche (50 interviste)
1) Sesso
F 20
M 30
Totale 50
2) Età: 30-39 (21) / 20-29 (18)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: BEPC (18) CAP (15)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
0
50
41
6) Salario mensile in FCFA: 30-39 mila (15) / 40-49 (9)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
40
10
13
37
3
47
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
N
P
0
10 10 28
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
A
M
NS
T
2
50
Qui partiamo dal fondo della tabella per annotare un’inversione di tendenza
rispetto al sud: il livello di soddisfazione è medio - alto per gli insegnanti di
scuola primaria pubblica. Se li confrontiamo con i loro colleghi del sud sono
mediamente più giovani, ma anche meno qualificati, il che è in linea con
quanto abbiamo detto finora sul livello di sviluppo generalmente
insufficiente del nord rispetto al sud. Non hanno stipendi esorbitanti, ma
probabilmente al nord il solo fatto di avere un salario fisso e garantito
rappresenta motivo di notevole soddisfazione. Anch’essi dichiarano in
maggioranza di essere pagati regolarmente e solo tre di loro si dedicano ad
altri lavori oltre alla professione d’insegnante. Tuttavia un buon numero di
essi arrotonda il salario offrendo ripetizioni agli alunni.
Il settore privato conferma subito un’altra conclusione cui eravamo
approdati osservando i dati ministeriali sugli insegnanti. Infatti il prossimo
campione non arriva a 50 insegnanti giacché si tratta di scuole soprattutto al
livello di istruzione primaria si contano quasi sulla punta delle dita e spesso
hanno solo due o tre classi. Abbiamo trovato dunque solo 36 insegnanti.
Zona nord: Scuole Primarie Private (36 interviste)
1) Sesso
F 13
M 23
Totale 36
2) Età: 30-39 (17) / 20-29 (16)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: BEPC (24) CEAP (4)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
42
0
36
6) Salario mensile in FCFA: 30-39 mila (32) / 40-49 mila (2) / 50-59 mila
(2)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
30
4 (2)
7
28 (1)
5
31
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
N
P
0
13 11 11
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
A
M
NS
T
1
36
Anche qui praticamente tutti sono sotto i 40 anni d’età e percepiscono
stipendi tra 30 e 39 mila FCFA ad eccezione di quattro casi (che abbiamo
inserito dato l’esiguo numero di insegnanti), due coppie di intervistati che
guadagnano rispettivamente dai 40 mila FCFA in su e dai 50 mila FCFA in
su. Alcuni hanno un altro lavoro o si dedicano alle lezioni private. Il livello
di soddisfazione è qui molto eterogeneo e spazia da una maggioranza poco
soddisfatta ad una parità tra coloro che sono abbastanza o molto soddisfatti.
Date queste ultime due categorie possiamo quindi dire che c’è un buon
livello di soddisfazione media.
Zona nord: Scuole Secondarie Pubbliche (50 interviste)
1) Sesso
F 13
M 37
Totale 50
2) Età: 30-39 (31) / 20-29 (11)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
3) Titolo di studio: Maitrise (15) Licence (21)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
19
31
43
6) Salario mensile in FCFA: 60-69 mila (13) / 70-79 mila (9)
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
49
1
13
37
16
34
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
N
P
A
M
0
19 18 11
NS
T
2
50
Il livello di formazione dei professori di scuola superiore pubblica del nord
è nella media di quanto mostrato dal settore pubblico finora. Qui però gli
insegnanti sembrano essere generalmente più giovani e gli stipendi più alti
rispetto ai colleghi del sud. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che il nord
ha un numero elevato di insegnanti assunti sul posto (gli insegnanti
cosiddetti communautaires, di cui già abbiamo parlato) ed in generale di
precari. La paga è regolare anche qui nel nord, tuttavia molti sono i
professori che offrono lezioni a pagamento o hanno altri mestieri al di fuori
del mondo della scuola evidentemente per garantirsi delle entrate
supplementari. Vediamo ora l’ultimo campione delle nostre interviste che
per poi cercare di trarre alcuni spunti di riflessione e alcune conclusioni.
Le prime due note sono anche qui per il numero di insegnanti che siamo
riusciti ad intervistare che è stato di 40. Inoltre anche in questo campione le
risposte riguardanti i salari sono state piuttosto omogenee , ma la fascia che
predomina è sicuramente quella tra 40 e 60 mila FCFA.
Zona nord: Scuole Secondarie Private (40 interviste)
1) Sesso
F8
M 32
Totale 40
2) Età: 30-39 (18) / 20-29 (17)
(le 2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
44
3) Titolo di studio: Maitrise (12) BAC (9)
(i 2 titoli più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
4-5) Docenti in più di una scuola
Sì
No
38
12
6) Salario mensile in FCFA: non individuabili
(2 fasce più frequenti:
tra parentesi il n° di risposte)
7) Pagati regolarmente:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
37
3
13
27
3
36
8) Ripetizioni:
(tra parentesi coloro che non hanno
risposto)
9) Altri lavori oltre
l’insegnamento:
10) Livello di soddisfazione
N: per nulla
P: poco
A: abbastanza
M: molto
NS: non sa/non risponde
T: totale
N
P
A
M
1
8
12 18
NS
T
1
40
Le paghe sono regolari, quasi tutti insegnano in più di una scuola e danno
lezioni private. La soddisfazione è molto alta e pochi hanno un secondo
lavoro. E’ da notare che, per quanto riguarda il livello di formazione degli
insegnanti immediatamente dopo i laureati ci sono i diplomati delle scuole
secondarie, quasi un quarto del totale, cioè professori non qualificati per
l’insegnamento secondario.
Dai questionari vengono fuori alcuni spunti di riflessione interessanti perché
sul totale di 376 insegnanti intervistati circa la metà si sono dichiarati
abbastanza o molto soddisfatti, ma l’altra metà ha dichiarato l’opposto. Il
livello di soddisfazione maggiore è però concentrato nel nord e questo
potrebbe essere paradossale se non tenessimo conto che in una zona
disagiata è più semplice che un insegnante locale (e la maggior parte di
quelli del nord lo sono) sia soddisfatto di poter vivere nella propria zona di
origine con uno stipendio assicurato in particolare nel caso di dipendenti
dello Stato, per cui i salari sono omogenei. Un collega del sud dove il costo
della vita è leggermente più alto e la “concorrenza” lavorativa pure, avrà
ovviamente maggiori aspettative nei confronti del proprio lavoro per poter
mantenere il tenore di vita che contraddistingue il sud.
Infine è bene ribadire che i questionari hanno un valore puramente
indicativo e non statistico giacché non potevamo in alcun modo sperare di
riuscire, con mezzi assai limitati, in un tipo di ricerca statistica che spesso in
Africa è difficoltosa anche per le organizzazioni internazionali più
professionali e dotate di abbondante personale. Abbiamo dunque solo voluto
45
riportare il punto di vista degli insegnanti così come nel prossimo paragrafo
ci accingiamo a raccontare la vita dello studente medio del Benin.
2.3 Vita da studenti
Visitare una scuola elementare in Benin è sempre un’esperienza
emozionante, sia per l’immancabile filastrocca “yovo, yovo bonsoir ça va
bien? Merci!” che accoglie qualunque yovo48 si avventuri nel cortile,
passando magari davanti alle finestre di una CI, sia per gli sguardi, a metà
tra il divertito e l’interrogativo, che i bambini rivolgono a chiunque abbia la
pelle bianca. E’ un bel contrappasso per chi metta piede per la prima volta in
Africa con l’idea che “straniero” sia sempre qualcun altro. I bambini, infatti,
non hanno questo tipo di preconcetti e non hanno alcun problema a trattare
un europeo per ciò che è: uno straniero dall’aspetto bizzarro.
A nulla valgono i rimproveri e le minacce dei maestri o delle maestre che
vorrebbero un’accoglienza più formale e “rispettosa”, fatta di scatti sugli
attenti e “bonjour monsieur”. La scuola elementare è, dunque, più di un
luogo dove s’impara a leggere, scrivere e fare di conto. Essa è
contemporaneamente il primo passo sul cammino dello sviluppo, ma anche
sulla via parallela dell’allontanamento dalla tradizione, in favore di una
modernità aliena alla cultura africana, nella fattispecie una modernità
europea di stampo francese. Questa duplice veste della scuola ed in
particolare della scuola primaria, è stata oggetto di critiche da parte di
diversi intellettuali locali, sin dall’indipendenza del Benin, nel 1960.
Il poeta, scrittore e regista Jules Nago49, ad esempio, ha dedicato
all’argomento un cortometraggio dal titolo “Nos ancetres les Gaulois” nel
1982, quando ancora le ferite del colonialismo erano fresche e ci si
ricordava di quando nei libri di storia del Benin i bambini studiavano la
storia dei loro antenati, i Galli. Oggi, fortunatamente, le cose sono cambiate
e i libri di testo sono stati opportunamente adattati mantenendo
l’impostazione metodologica europea, ma sostituendo i contenuti con figure
e situazioni presi dalla cultura africana. Ciò, lungi dal risolvere il dilemma
tra continuità tradizionale e modernizzazione, è comunque un grande passo
in avanti da un punto di vista didattico, poiché, lingua francese a parte, il
bambino impara attraverso realtà a lui familiari e non più cercando di
immaginare, per esempio, l’aspetto di questi sconosciuti antenati dagli elmi
cornuti. Questo facilita indubbiamente il processo d’apprendimento oltre a
non creare più problemi dal punto di vista dell’identificazione della propria
cultura nativa.
Essere studenti in Benin però non è semplice per tanti motivi: innanzitutto, a
differenza della maggioranza dei loro coetanei occidentali, la loro unica
Yovo è il termine che in lingua Fon significa “uomo bianco”. Qualsiasi
bianco si trovi a passeggiare per le vie del sud non potrà non sentirla un
milione di volte. La parola più comune per indicare un bianco nel nord del
paese è invece baturè.
49 Jules Nago è nato a Domé nel 1944, oggi vive tra la Francia e il Benin
dove risiede spesso nella sua casa a Ouidah. Qui è stato possibile
incontrarlo, parlare con lui e assistere alla proiezione di alcune sue opere.
48
46
occupazione non è lo studio, perché nessun bambino africano può
permettersi il lusso di dedicarsi unicamente a un’attività che, seppur
importante per il proprio futuro, non garantisce il benessere economico
immediato della famiglia. Quindi si studia e si lavora e non importa l’età o il
sesso, nonostante le discriminazioni di genere di cui abbiamo già parlato e
che ritroveremo più avanti, perché chiunque sia in grado lavorare e
contribuire all’economia familiare è obbligato a farlo anche se in misura
differente. La lunga permanenza all’interno di una famiglia media beninese
composta da madre, padre e cinque figli di età compresa tra i tre e i venti
anni, ci ha permesso di vedere lo svolgimento di una giornata tipo in
periodo scolastico e durante le vacanze. Nel nostro caso il copione
prevedeva sveglia all’alba, di solito intorno alle cinque e mezzo, per
svolgere le mansioni domestiche, prima di andare a scuola, ognuno secondo
le proprie competenze e possibilità. Ai più piccoli sono affidati compiti
relativamente semplici come spazzare pavimenti e giardino, tritare spezie
col mortaio artigianale costituito da due pietre, oppure stendere o ritirare il
bucato. I ragazzi e le ragazze più grandi si dedicano ai lavori più
impegnativi come rassettare la casa, preparare la colazione per tutti e
vigilare sul lavoro dei più piccoli, oltre ad avere l’ingrato compito di
assicurarsi che nessuno tra fratelli e sorelle più piccoli sfugga alla doccia
mattutina, momento particolarmente temuto e odiato dai bambini.
Finite le incombenze casalinghe ci s’infila la divisa scolastica e si affronta la
strada che conduce alla scuola. Nel sud gli studenti relativamente meno
poveri possono usufruire degli zemidjan, i famigerati taxi moto capaci di
portare anche tre passeggeri per volta, così da abbreviare il cammino verso
la scuola, oppure i più fortunati usano le proprie biciclette.
La maggior parte di essi però si sposta a piedi e spesso, soprattutto nei
piccoli villaggi del sud e ancor più nei minuscoli villaggi del nord del
Benin, bambini e ragazzi sono costretti a percorrere chilometri prima di
raggiungere la scuola più vicina. Poiché il sistema scolastico beninese
prevede il rientro pomeridiano tutti i giorni tranne il mercoledì, gli studenti
che abitano molto lontano dalle scuole sono obbligati a comprare il pranzo
dalle venditrici ambulanti che affollano i cortili e i dintorni delle scuole. Le
lezioni cominciano alle otto di mattina, dopo aver salutato la bandiera e
cantato l’inno nazionale. Ci si ferma per la ricreazione alle dieci e un quarto
e poi si riprende fino a mezzogiorno, poi ancora una pausa per il pranzo.
Dopo di che si torna a lezione dalle quindici fino alle diciassette o per chi
deve affrontare esami anche fino alle diciannove. Non esistono bidelli nelle
scuole, tutti i lavori di pulizia e di “servizio” vengono svolti dagli studenti
stessi a turno, oppure da chi è sotto punizione. Le lezioni sono difficili
perché, come abbiamo visto, si è davvero in tanti ed è complicato mantenere
la concentrazione, anche volendo, in mezzo al chiasso dei coetanei e alle
urla degli insegnanti. Nel nord del paese dove le scuole sono assai meno
numerose che a sud e localizzate nei centri rurali principali, è la norma
vedere lunghe file di bambini e ragazzi che rincasano quando il sole è ormai
calato da molto tempo, rischiando seriamente la vita ai bordi delle strade
giacché la guida incosciente degli autisti di auto, moto e camion, è una
costante in tutto il paese. Giunti a casa si mangia e ci si dedica ancora una
volta alle faccende domestiche, finite le quali si fanno i compiti e si studia
47
per il giorno seguente. Più tardi, a notte inoltrata, si va a dormire per
ricominciare all’alba dell’indomani.
Il sabato e la domenica sono liberi dalla scuola, ma non dal lavoro. Si
aiutano i genitori nei lavori agricoli, oppure nelle attività di piccolo
commercio nelle botteghe, in giro per le strade o semplicemente nel chiosco
davanti a casa. Spesso anche fuori dall’orario scolastico le famiglie che se lo
possono permettere pagano un maestro per impartire lezioni a domicilio.
Non è semplice studiare e badare alla casa e ai fratelli minori, non è
semplice percorrere chilometri per andare e tornare da scuola, non è
semplice avere così tante persone a cui dovere obbedienza. Agli studenti
rimane ben poco tempo per divertirsi ed anche quando i periodi di vacanza
dalla scuola lasciano un po’ più di tempo libero, gli svaghi non sono tanti,
soprattutto per chi abita lontano dalle grandi città dove normalmente si
svolge la maggior parte degli eventi mondani come concerti, partite di
calcio, concorsi di bellezza etc. La televisione diventa allora il catalizzatore
dell’attenzione giovanile (ma anche gli adulti ne sono preda) perché in
Benin la tv trasmette principalmente telegiornali, video musicali africani, in
genere rap, partite di calcio e telenovelas sudamericane. In alternativa alla
moderna tv ci sono le feste tradizionali che, soprattutto nei villaggi più
poveri e quindi non ancora invasi dalla presenza di radio e tv, costituiscono
gli unici veri momenti di aggregazione per gli adulti, ma soprattutto per
ragazzi e ragazze.
I problemi per gli studenti sono tanti sia dentro che fuori dalla scuola. Uno
degli aspetti meno facili da osservare con distacco sono le punizioni
corporali che bambini e ragazzi subiscono costantemente, tanto a casa
quanto a scuola. In Africa è la norma, tuttavia non farsi coinvolgere dai
pianti e dalle urla dei bambini colpiti con larghe bacchette di legno o con
scudisci artigianali e costretti a contare i colpi è veramente arduo.
I metodi di insegnamento sono però gli stessi in tutto il Benin e gli studenti
non vengono assolutamente educati allo spirito critico ed al ragionamento.
Lo studio avviene sempre a memoria, il che spiega la difficoltà che anche
molte persone istruite trovano nell’ acquisire concetti diversi da quelli con
cui sono stati educati costantemente. I bambini e i ragazzi crescono
imbevuti di nozioni di cui nel migliore dei casi si ricordano solo perché gli
sono state inculcate a suon di bastonate o altre punizioni fisiche.
L’impostazione scolastica ricorda quella militare per molti aspetti, dal saluto
alla bandiera all’esaltazione degli esercizi ginnici alle marce, all’obbligo di
cantare l’inno nazionale prima dell’inizio delle lezioni.
Anche le divise, che costituiscono un grave problema in termini di costi
aggiuntivi per le famiglie, sono del tipico beige militare per la scuola
pubblica, mentre variano a seconda della scuola nel caso di istituti privati.
I libri e la cancelleria sono anch’essi costosi e la norma per le famiglie
numerose è tramandarsi i libri di testo o acquistarli nei mercatini di seconda
e spesso di terza o quarta mano. Tuttavia nulla vieta di pensare che un
cambiamento sia possibile, ma più che dai ragazzi in questo caso debba
partire dalla formazione dei nuovi insegnanti perché senza un’adeguata
preparazione pedagogica, oltre che nozionistica, l’insegnamento rimane
confinato alla trasmissione forzata di concetti dall’insegnante allo studente
48
senza che né l’uno né l’altro crescano, professionalmente nel primo caso e
culturalmente nel secondo.
CAPITOLO III – Microcredito femminile in
Benin
3.1 Cenni sulla storia e sui principi generali del microcredito
Nel 1974 una grave carestia colpì il Bangladesh segnando la vita di milioni
di persone. Fra di esse vi era un professore della facoltà di Economia di
Chittagong, Muhammad Yunus. Ciò che colpì il professor Yunus fu che
quanto avveniva nel suo paese, devastato da una povertà cronica, non
trovava rimedio nelle leggi dell’economia tradizionale. Fu cosi che dopo
49
anni di studi e ricerche sul campo il professore fondò la Grameen Bank che,
a dispetto del nome, è una banca molto particolare perché per accedere al
credito è necessario avere dei requisiti esattamente opposti a quelli richiesti
dai normali istituti di credito. La Grameen Bank presta piccole somme di
denaro solamente a persone in condizioni di povertà estrema che non
possono offrire alcuna garanzia50. Perché questa scelta?
La risposta è che secondo il professor Yunus è possibile combattere la
povertà estrema concedendo piccoli prestiti a chi non ha alcun accesso alle
normali vie di credito. Così nasce l’idea del microcredito. Su questa base
s’inseriscono poi altre linee fondamentali nella conduzione del
microcredito: esso deve essere erogato senza chiedere alcuna garanzia,
perché difficilmente i poveri possiedono qualcosa con un valore monetario
da offrire come garanzia. Deve essere destinato innanzitutto alle donne51,
perché nei paesi in via di sviluppo le donne (assieme ai bambini, come
abbiamo visto in precedenza) rappresentano costantemente la fascia di
popolazione maggiormente discriminata dal punto di vista sociale,
economico e giuridico, ciò non significa naturalmente escludere gli uomini,
ma utilizzare il microcredito per ridimensionare lo strapotere maschile,
tipico di molte società tradizionali. I prestiti devono essere indirizzati a
gruppi di donne e non a singole perché questo crea coesione sociale e
solidarietà all’interno delle comunità, soprattutto al livello di villaggio, ed
instaura un circolo virtuoso di responsabilità collettiva. Inoltre l’esperienza
pluriennale della Grameen Bank ha dimostrato che la solidarietà e la
responsabilità del gruppo sono un’ottima garanzia sulla restituzione dei
prestiti, infatti, se un membro di un gruppo non restituisce quanto dovuto, il
debito ricade su tutta la collettività che ha usufruito del prestito e, in casi
estremi, non vengono erogati altri prestiti a quel gruppo fino al saldo del
debito precedente.
I prestiti, come abbiamo detto poc’anzi, devono essere di modestissima
entità e con tassi d’interesse costanti nel tempo52. In questo modo le donne
beneficiarie hanno facilità di restituzione e questo giova anche alla loro
autostima, giacché normalmente vivono ai margini di una società la quale
attribuisce loro tutta una serie di qualità negative e di pregiudizi ai quali esse
stesse, spesso, finiscono per credere. La funzione del microcredito dunque
non è solamente e puramente economica, ma anche e soprattutto di riscatto e
promozione sociale e di valorizzazione dell’imprenditorialità di donne o
gruppi di donne che, in paesi caratterizzati da società fortemente maschiliste
e autoritarie, attraverso l’accesso a questa forma di credito riescono sempre
più spesso a liberarsi dal giogo della tradizione che le vorrebbe relegate al
ruolo di madri e mogli sottomesse, anche economicamente, ai propri mariti.
Per raggiungere tutti questi obbiettivi il modello della Grameen Bank
prevede che non siano le donne a cercare il microcredito, ma sia il
microcredito a trovare le proprie clienti, attraverso degli agenti
opportunamente formati e mandati sul campo. Ciò implica un rapporto
diretto, trasparente e continuativo tra i funzionari della banca o
dell’associazione che eroga i prestiti e le comunità femminili scelte per
M. Yunus, Il banchiere dei poveri, Universale Economica Feltrinelli, Milano,
2005, pp.73-83
51 Ibidem, pp. 87-97
52 Ibidem, pp. 107-114.
50
50
l’avvio di progetti di microcredito. Tale rapporto, basato sulla fiducia e sulla
conoscenza personale del cliente, è alla base di questo tipo di credito detto
di prossimità. Naturalmente questo sistema presenta dei limiti. Il maggiore
di tali limiti è che il microcredito non è una formula magica, per quanto
rappresenti un’innegabile rivoluzione ed una rottura con i sistemi
tradizionali di credito molto esclusivi, tipici del modello capitalista, quindi
non rappresenta la panacea dei mali del mondo.
Alcuni esperti di economia pur riconoscendo al microcredito il merito di
fornire una soluzione immediata a situazioni di crisi circoscritte delle
popolazioni povere, contestano il fatto che si sia enfatizzato troppo il peso di
questa micro-economia, facendo perdere di vista il valore reale di questo
cambiamento. Infatti, essi sostengono che lo sviluppo di un paese non è
trainato dalla somma delle micro realtà individuali, le quali non creano
sviluppo, ma auto sostengono semplicemente se stesse, quanto piuttosto
dalle medie imprese, vero motore delle economie di scala, che nei paesi in
via di sviluppo sono invece quasi totalmente assenti. Non esiste dunque,
secondo questi economisti, una via di mezzo tra la “bancarella di frutta” e la
“grande corporation”, cosicché il meccanismo economico resta incompleto
perché preda dei due estremi: la micro-imprenditoria individuale e la megaimprenditoria delle corporations, ecco perché questa assenza è stata
ribattezzata “il centro mancante”.53 Inoltre i paesi in via di sviluppo sono
distribuiti su più continenti, ognuno con la propria storia, cultura e
tradizione e il microcredito praticato in Bangladesh non potrà essere il
medesimo applicabile in Brasile o in Benin54. A questo punto, dopo aver
fissato alcuni dei principi generali che ci serviranno per analizzare il
microcredito incentrato sulle donne, è tempo di incontrare le donne del
Benin sia in giro per il paese che nelle statistiche e nei numeri che le
rappresentano.
3.2 L’altra metà del cielo e le nuvole del Benin
Una delle prime cose che colpisce il visitatore che percorre le strade del
Benin è la quantità impressionante di mercati, bancarelle e venditori
ambulanti che popolano i bordi frastagliati di queste lingue di asfalto e terra
rossastra che corrono in mezzo alla brousse dal confine con la Nigeria a
quello col Togo e dall’oceano Atlantico al Burkina Faso. A osservare
attentamente questa folla di persone è facile notare che la maggior parte è
costituita da donne. Donne con figli al seguito, spesso con uno di essi sulla
schiena, infagottato alla maniera tradizionale, che portano torri di pesanti
mercanzie sulla testa e si spostano, eleganti e impassibili nella loro fatica, in
cerca di clienti. Donne che stanno dietro al proprio banchetto o dentro la
baracca in lamiera che funge da bottega, in attesa della clientela locale o di
J. Surowiecki, “What microloans miss”, The New Yorker, pagina finanziaria
del 17/03/2008
54 M. Yunus, op.cit., pp.177-188
53
51
qualche yovo intento a curiosare. Donne che corrono e si accalcano, si
spingono, con le mercanzie che ondeggiano sulla testa in un funambolico
assalto al taxi, non ancora completamente fermo, per riuscire a vendere due
baguette per 125 franchi CFA55 a qualcuno dei passeggeri. Donne che
attendono in una delle fermate prefissate l’autobus di qualche linea che
attraversa il paese da sud a nord, che sosterà per 10-15 minuti nei quali loro
potranno tentare di vendere arance, fazzoletti di carta, aloko fritti o zampe di
aulacode56. Non importa che ci si trovi a Djougou, dove l’harmattan
riempie l’aria di sabbia rossa oppure a Ouidah, dove l’oceano un tempo ha
visto milioni di africani, venduti dai propri sovrani e comprati dai
conquistatori europei, partire in catene per le Americhe57. Le donne in Benin
sono ovunque, eppure quasi sempre invisibili. L’altra metà del cielo è un
cielo a metà, in Benin.
Sono tante le nuvole che impediscono a questo cielo di splendere
completamente e distendere il suo bellissimo azzurro sull’Africa. La parola
chiave è discriminazione. In Benin, la donna è sottoposta a una lunga serie
di discriminazioni, la maggior parte delle quali sono tollerate o ignorate
dalle leggi locali per il fatto che costituiscono consuetudini tradizionali a cui
nessun legislatore pare essere seriamente intenzionato a mettere fine.
Combattere queste consuetudini equivale in qualche modo a mettere in
discussione millenni di dominazione maschile. Eppure anche qui, nella terra
delle Amazzoni, le antiche e temute donne guerriere, le donne avrebbero i
numeri e il peso economico sufficiente a costringere alla trattativa mariti,
datori di lavoro, legislatori. La situazione attuale ci racconta invece un’altra
realtà, infatti secondo gli ultimi dati Unicef58 disponibili per il Benin, il 37%
delle ragazze tra i 20 e i 24 anni d’età si sono sposate o hanno iniziato a
convivere prima dei 18 anni. Di queste, il 45% proviene da zone rurali e il
25% da zone urbane. Questa distinzione geografica richiama quanto visto
nel capitolo precedente circa il diverso livello d’istruzione tra le zone rurali,
in particolare nel nord del paese, e le zone del sud, leggermente più
sviluppate sia economicamente sia socialmente. E’ necessario ricordare che
in Benin, come in molti altri paesi in via di sviluppo, i matrimoni
tradizionali prevedono che l’uomo offra il “prezzo della sposa” e questo
costituisce una delle ragioni principali per cui soprattutto tra le famiglie
povere si cerca di accasare le figlie il più velocemente possibile. A tal
proposito una delle “sedici risoluzioni”59 che i clienti Grameen del
Bangladesh devono rispettare, prevede il rifiuto del matrimonio tra bambini
l’impegno a non accettare o offrire una dote in cambio del matrimonio,
proprio per evitare che esso diventi una questione di puro calcolo
Un euro equivale a 655 franchi CFA: due baguette costano circa 19
centesimi di euro.
56 Gli aloko sono i platani, cioè una particolare qualità di banane di notevoli
dimensioni che in Benin vengono fritte e costituiscono un pasto veloce. Gli
aulacode sono invece grossi roditori che vivono nella savana.
57 Sulla schiavitù si veda la nota 12.
58 Unicef, rapporto “La condizione dell’infanzia nel mondo 2008” , edito
dall’Unicef,
tavole 8 - 9 , pp. 142-146, voce Benin.
59 M. Yunus, op. cit., pp.111-112
55
52
economico. Infine, per quanto riguarda l’atteggiamento delle donne verso la
violenza domestica, cioè la giustificazione di atti violenti da parte del marito
in situazioni comuni di vita familiare (per esempio bruciare il cibo, rifiutare
di avere rapporti sessuali, uscire senza avvisare etc.), il 60% delle donne tra
i 15 e i 49 anni, dichiara che tali violenze sono giustificate. Ciò significa che
quasi una donna su due in Benin giustifica le violenze del proprio marito.
Vediamo ora i dati riguardanti la salute delle donne60 nella medesima fascia
d’età: la diffusione di assistenza prenatale raggiunge l’88% delle donne
mentre l’assistenza qualificata durante il parto è presente per il 78% delle
madri. Il parto avviene in centri sanitari nel 78% dei casi, ma ciò nonostante
il tasso di mortalità materna resta elevato e le ultime stime arrotondate ed
aggiornate al 2005 ci dicono che in Benin il numero annuo di decessi per
cause legate alla gravidanza è di 840 madri ogni 100 mila nati vivi e che 1
donna su 20 rischia di morire nell’arco dei propri anni riproduttivi. Resta,
inoltre, estremamente bassa la percentuale di donne che ricorrono ai
contraccettivi, solamente il 17%.
Di fronte a questi dati possiamo notare che la prima cosa che manca loro è
una consapevolezza solida della propria forza e del proprio reale peso
sociale ed economico, ma tale consapevolezza può svilupparsi innanzitutto a
patto di avere un’istruzione adeguata che permetta loro di considerarsi come
persone e non più come oggetti di proprietà altrui. Purtroppo, come abbiamo
visto61, il primo discrimine avviene proprio in quel sistema educativo che
dovrebbe innescare un processo di presa di coscienza della propria identità e
autonomia di scelta. Spesso però, anche in presenza di un buon grado
d’istruzione, la donna continua a non esprimere al meglio le proprie
potenzialità o rinuncia a rivendicare i propri diritti, in nome della tradizione
cui accennavamo prima. Perché, dunque, davanti alla realtà assolutamente
terribile della propria condizione, le donne si pongono in genere con un
misto di velata consapevolezza, rassegnato fatalismo o, nel peggiore dei
casi, muta accondiscendenza?
Una risposta plausibile è che i sentimenti non si cambiano da un giorno
all’altro. La cultura tradizionale e il sentimento di sottomissione all’uomo
sono così radicati nella popolazione femminile che l’istruzione da sola non
basta. E’ sufficiente parlare con le donne beninesi per rendersene conto: la
maggior parte di loro raccontano di padri violenti, di matrimoni forzati con
mariti altrettanto violenti. Peraltro la tradizione non è nemmeno così
immutabile come potrebbe sembrare a prima vista, ma cambia in base alle
esigenze dell’uomo. Ad esempio anche le mogli musulmane che, se non
dalle leggi dello stato, sarebbero protette almeno da alcune leggi islamiche
come quelle che regolano la poligamia62, si trovano invece in balìa di nuove
Secondo il rapporto Unicef, per quanto concerne le mutilazioni genitali
femminili, la percentuale di donne tra i 15 e i 49 anni che dichiara di averle
subite si attesta al 17%, anche qui con una prevalenza del fenomeno nel
contesto rurale con il 20%, contro il 13% delle zone urbane. Le madri della
stessa fascia di età che dichiarano di avere almeno una figlia vittima di
mutilazioni genitali è invece del 6%.
61 Si veda il capitolo II
62 A. Ventura, “L’Islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI Sec.)” in G.
Filoramo (a cura di), Islam, Laterza, Bari, 2002, pp.149-150. La sura che
prevede la poligamia nel Corano è la 4,3.
60
53
consuetudini per cui il marito porta in casa altre “mogli” senza alcun
consenso da parte della prima moglie, senza poter garantire il sostentamento
di tutte e spesso finendo con l’abbandonarle a sé stesse, coi rispettivi figli,
per cercare ancora una nuova compagna. Un'altra pratica diffusa tra gli
uomini è quella di sposarsi con riti tradizionali e ufficiosi in maniera tale da
non essere costretti a firmare alcun tipo di documento che possa fornire alla
moglie un eventuale appiglio in caso di abbandono da parte del coniuge.
Questo crea numerosi problemi soprattutto alla morte di quest’ultimo
perché, in mancanza di documenti scritti, tutte le donne che ne sono state
compagne, più o meno ufficiali, avanzano pretese sull’eredità e così i loro
figli. L’onta dell’abbandono ricade poi sempre sulla moglie, perché nella
convinzione comune una donna abbandonata è colpevole per qualche
motivo, probabilmente non è stata una buona madre o una brava donna di
casa o una moglie fedele. Rimaste sole e, nella maggior parte dei casi, con
figli a carico, queste donne non hanno più alcuna speranza di trovare un
compagno che si faccia carico del loro sostentamento e di quello dei loro
figli (comunque di un altro uomo) e sono costrette a reinventarsi una vita dal
nulla. Lo studio di Marie-Odile Attanasso63, sulla povertà delle donne
capifamiglia ci aiuta a mettere in luce alcuni dati interessanti relativi alle
differenze di genere. Innanzitutto è molto difficile valutare il reale livello di
povertà delle donne ove queste siano inserite in un contesto familiare,
poiché di norma le statistiche vengono fatte sul tenore di vita dei
capifamiglia64, salvo che le donne in questione non siano, appunto,
capifamiglia. In secondo luogo l’incidenza della povertà varia non solo in
base al genere, ma anche in base alla collocazione geografica. L’analisi
generale di Marie-Odile Attanasso procede su due direttrici parallele: da un
lato, infatti, vengono analizzati gli indici di povertà nei dipartimenti rurali
del Benin (11 su 12, poiché il dipartimento del Littoral comprende in pratica
solo la zona urbana di Cotonou)65 secondo il genere. Dall’altro, invece,
prende in considerazione gli indici di povertà e le relative differenze di
genere, ma stavolta all’interno delle principali città del Benin.
Tabella 3.1:Ripartizione dell'incidenza della povertà secondo il genere
Poveri
Zona rurale
Zona urbana
Donne
23,6
28,3
Uomini
30,1
35,3
Fonte: ELAM 1999, ECVR2 1999
63
M.O. Attanasso, “Analyse des déterminants de la pauvreté monétaire des
femmes chefs de ménage au Bénin », Mondes en Développement, Vol.32-2004/4n°128, pp. 41-62. Le fonti delle statistiche riportate sono l’ «Enquête sur les conditions de
vie dans le milieu rural :deuxième édition » (ECVR2, 1999) e l’ « L'enquête légère auprès
des ménages » (ELAM 1999). La rivista, pubblicata dall’università franco-belga De Boeck
Unviersitè , è consultabile e scaricabile (in formato .pdf) al seguente indirizzo web :
http://universite.deboeck.com/revues/mondes/?
64 Ibidem, p.47
65 Vedere carta amministrativa del Benin a pagina 80
54
La tabella 3.1 mostra in percentuale l’incidenza della povertà sul territorio
del Benin, secondo il genere, nelle zone rurali e urbane. Da questi primi dati
generali possiamo notare che la povertà pare colpire maggiormente gli
uomini rispetto alle donne e che nelle zone urbane c’è un’incidenza
superiore rispetto alle zone rurali. Per apprezzare le differenze reali di
povertà tra uomini e donne è dunque necessario ricorrere ad un’analisi più
approfondita quale quella mostrata dalle seguenti tabelle 3.2 e 3.3:
Tabella 3.2 : Incidenza della povertà per dipartimento e per sesso
Incidenza della povertà
Dipartimenti
Uomini
%
Donne
posiz.
%
Totale
posiz.
%
posiz.
Alibori
26,2
8
31,6
3
26,5
6
Atacora
26,4
6
8,6
10
23,5
9
Atlantique
36,4
3
31,4
4
35,5
3
Borgou
46,4
2
42,9
1
46,1
2
Collines
26,4
6
20,8
7
25,5
8
Couffo
48,2
1
27,3
6
46,7
1
Donga
30,7
5
0,0
11
28,4
5
Mono
20,5
10
12,0
9
18,4
10
Ouémé
22,8
9
38,5
2
26,3
7
Plateau
31,9
4
28,6
5
31,3
4
Zou
17,1
11
15,6
8
16,8
11
Totale zone rurali
30,1
23,6
29,2
Fonte: ECVR2, 1999
La tabella 3.2 ci mostra infatti il caso rurale dove nel dipartimento del
Borgou le donne detengono l’incidenza maggiore col 42,9%, ma gli uomini
poveri sono in numero maggiore col 46,4%, mentre nell’Ouémé la
percentuale di donne povere è del 38,5% contro il 22,8% degli uomini e nel
ranking, dal dipartimento più povero al meno povero, le donne dell’Ouémé
sono al secondo posto mentre gli uomini si trovano al nono posto, con un
gap decisamente elevato. I dati che si riferiscono a questo dipartimento sono
indicativi anche di un altro fattore molto importante: trattandosi di una zona
immediatamente adiacente a quella urbana possiamo concludere che questo
tipo di aree gioca un ruolo fondamentale nelle fluttuazioni della povertà
urbana in ragione dell’esodo rurale verso le città, alla ricerca di un lavoro e
55
migliori condizioni di vita. Nella tabella 3.3 notiamo infatti che la maggiore
incidenza della povertà femminile urbana è situata proprio nelle due città
principali del Benin cioè Cotonou (42%) e Porto Novo (36,8%) che sono
anche le mete privilegiate di chi abbandona le campagne in cerca di fortuna.
Tabella 3.3 : Incidenza della povertà per città e per sesso
Incidenza della povertà
Città
Uomini
Donne
%
%
posiz.
Totale
posiz. %
posiz.
Abomey-Bohicon
26,3 9
13,0 8
26,5 9
Parakou
32,4 5
12,7 9
23,5 5
Cotonou
45,8 1
42,0 1
35,5 1
Porto Novo
34,2 4
36,8 2
46,1 4
Kandi
22,1 10
10,5 10
25,5 10
Natitingou
28,4 8
19,4 7
46,7 8
Djougou
39,1 3
33,3 3
28,4 3
Ouidah
31,7 7
24,7 4
18,4 7
Lokossa
32,1 6
22,2 6
26,3 6
Akplahoué
43,4 2
23,9 5
31,3 2
Totale
35,3
28,3
29,2
Fonte: ELAM 9, 1999
Passiamo ora ai dati dei tabelle 4 e 5 relativi all’indice di intensità della
povertà66: innanzitutto è necessario distinguere questi due concetti, infatti
l’incidenza della povertà è un indicatore che fornisce informazioni circa la
quantità di poveri presenti sul territorio. L’intensità invece aiuta a capire la
qualità della povertà all’interno del territorio stesso. Affermare che la
maggior parte delle donne povere si trova nel dipartimento del Borgou non
equivale a dire che le donne più povere del Benin risiedano nella medesima
zona. Un rapido sguardo alle tabelle seguenti ci permette di notare che le
donne più povere in ambiente rurale sono quelle dell’Atacora, con un indice
d’intensità 2,35 contro lo 0,66 delle donne dell’Atlantique, ma ciò
nonostante la povertà femminile maggiore si riscontra in città e, più
66
Marie-Odile Attanasso, op. cit., pp. 44-45
56
precisamente, nei comuni di Parakou e Kandi
rispettivamente un indice di intensità pari a 4,04 e 2,37.
che
presentano
Tablella 3.4: Indice I dell’intensità della povertà per dipartimento e
sesso
Indice I della povertà
Dipartimenti
Uomini
Donne
I
posiz.
I
posiz.
Alibori
26,2
8
31,6
3
Atacora
26,4
6
8,6
10
Atlantique
36,4
3
31,4
4
Borgou
46,4
2
42,9
1
Collines
26,4
6
20,8
7
Couffo
48,2
1
27,3
6
Donga
30,7
5
0,0
11
Mono
20,5
10
12,0
9
Ouémé
22,8
9
38,5
2
Plateau
31,9
4
28,6
5
Zou
17,1
11
15,6
8
Totale zone rurali
30,1
23,6
Fonte: ECVR2, 1999
Tabella 3.5 : Indice I dell’intensità della povertà per città e per sesso
Indice I della povertà
Città
Uomini
Donne
I
posiz.
I
posiz.
Abomey-Bohicon
26,3
9
13,0
8
Parakou
32,4
5
12,7
9
57
Cotonou
45,8
1
42,0
1
Porto Novo
34,2
4
36,8
2
Kandi
22,1
10
10,5
10
Natitingou
28,4
8
19,4
7
Djougou
39,1
3
33,3
3
Ouidah
31,7
7
24,7
4
Lokossa
32,1
6
22,2
6
Akplahoué
43,4
2
23,9
5
Totale
35,3
28,3
Fonte: ELAM 9, 1999
E’ interessante rilevare che questi dati confermano quanto abbiamo più
volte affermato e cioè che la povertà più devastante si concentra nel nord del
paese, nonostante la maggiore incidenza tocchi il sud. Ciò si spiega in parte
con il maggiore peso demografico del sud che, va ricordato, ospita quasi tre
quarti della popolazione del Benin. Quanto alle conclusioni cui Marie-Odile
Attanasso giunge alla fine della sua analisi, vale la pena notare che anche lei
ritiene di primaria importanza il fattore istruzione, concordando in questo
con quanto da noi affermato nel precedente capitolo. Riguardo agli altri
fattori che concorrono a determinare la povertà delle donne beninesi, ella
spiega che mentre nelle zone rurali sesso, età e professione non sembrano
avere un peso determinante (ma lo ha l’istruzione) sulla probabilità delle
donne di diventare povere, nelle zone urbane questi due fattori diventano
invece decisivi, poiché la povertà aggredisce sensibilmente meno le donne
giovani e quelle che hanno la possibilità di svolgere lavori dipendenti67. La
gran parte della povertà urbana è infatti a carico delle donne impegnate
nell’economia informale. Ciò non significa che anche nel settore formale e
nel lavoro dipendente urbano non vi siano donne sottopagate o in condizioni
di grande indigenza, ma queste rappresentano sacche di povertà in un
sistema che permette mediamente un discreto tenore di vita. Quanto detto ci
riporta sulla via per rispondere alla domanda che ci siamo posti ad inizio
capitolo e cioè se il microcredito sia la soluzione migliore per aiutare le
donne del Benin a sconfiggere povertà ed emarginazione.
Marie-Odile Attanasso afferma, infine, che il microcredito può essere una
soluzione se non si limita alla concessione di prestiti destinati ad alimentare
il già saturo settore del commercio informale, ma è invece orientato e
incentrato maggiormente sulla promozione sociale dei gruppi di donne,
attraverso la formazione di queste ultime e lo sviluppo della loro
imprenditorialità. Infine va rilevata l’importanza attribuita dal Governo
67
M.O. Attanasso, op. cit., p. 49 e pp.55-59.
58
stesso allo strumento del microcredito, tanto che tra i ministeri del Benin ne
è stato creato uno ad hoc per il microcredito e che esso è anche il ministero
incaricato dello sviluppo delle piccole e medie imprese e della promozione
dell’impiego giovanile e femminile, da qui la sua lunghissima
denominazione di Ministére de la Micro Finance, des Petites et Moyennes
Entreprises, de l’Emploi des Jeunes et des Femmes (MMFPMEEJF).
La nostra ultima tappa in questo “viaggio” partito dal Bangladesh di
Muhammad Yunus e proseguito con Marie-Odile Attanasso in Benin, non
può che essere un’incursione esemplificativa nella specifica realtà del
microcredito beninese.
3.3 Due esempi di microcredito locale: PADME e Donga
Women
Una delle caratteristiche del Benin che attirano anche il visitatore più
distratto è la quantità infinita di cartelli, insegne, placche, targhe di ONG e
associazioni o enti per la cooperazione internazionale, disseminate lungo le
strade o sui palazzi, in particolare nelle grandi città del sud. Se dovessimo
giudicare il benessere del paese dal numero di attori della cooperazione
internazionale, istituzionale e non, presenti sul posto, il Benin dovrebbe
essere uno dei paesi in assoluto più avanti nella strada verso lo sviluppo.
Come abbiamo visto invece la situazione è tutt’altro che rosea e qualcuno
potrebbe obiettare che è esattamente l’inverso: in Benin c’è moltissima
cooperazione internazionale perché il paese è sempre in crisi. Lasciando da
parte per un momento questa piccola provocazione, occupiamoci di chi
opera nel microcredito dall’interno del paese. Data la limitatezza del tempo
e delle risorse a disposizione, non è stato possibile compiere un numero
elevato di interviste perciò si è preferito limitare il numero delle interviste a
due. La scelta delle organizzazioni da intervistare ha cercato di tenere conto
di criteri geografici, dimensionali e qualitativi come vedremo in maniera più
approfondita tra poco. Possiamo anticipare che PADME e Donga Women
hanno basi geografiche differenti, la prima principalmente nelle zone urbane
del sud, mentre la seconda opera nel solo dipartimento della Donga. La
prima è un’associazione a livello nazionale, la seconda un’ong di piccole
dimensioni.
Entrambe verranno dunque analizzate secondo il seguente schema:
•
•
•
•
•
Chi sono (fondazione, storia, evoluzione etc.)
Che cosa offrono (prodotti finanziari e non finanziari)
Come operano (obiettivi e motodo)
Analisi di dati (ove disponibili)
Confronto con i principi generali dettati dal prof. Yunus e con
alcuni indicatori della Grameen Bank, alla ricerca di
corrispondenze con i suoi principi generali.
• Eventuali osservazioni.
59
3.3.1 PADME (Association pour la Promotion d’Appui au Développement
de Micro-Entreprises)
La scelta di intervistare PADME è stata in qualche modo obbligata dal fatto
che è parsa subito un organismo di microcredito molto importante, come
testimoniato dai numerosi uffici e dalle agenzie affiliate presenti in
particolare nelle città principali del sud. Inoltre molte delle donne a cui è
stato chiesto se fossero clienti di enti che operassero nel microcredito ci
hanno segnalato PADME come il principale. Vediamo dunque chi è
PADME e cosa fa esattamente68. In effetti la storia di PADME è
interessante sotto diversi punti di vista. Originariamente nacque nel 1993
come un progetto governativo nel (Projet d’Appui au Développement de
Micro-Entreprises), in seguito al Programme d’Ajustement Structurel
(PAS)69 imposto dalla World Bank. Il progetto finanziato dalla stessa World
Bank e col supporto tecnico dell’ong americana VITA, avrebbe dovuto
fungere da ammortizzatore sociale, soprattutto nel tentativo di traghettare
verso il settore d’iniziativa privato i numerosi funzionari pubblici in
esubero, rimasti senza lavoro a causa del rinnovo strutturale. Questo
progetto si concluse nel 1998 quando PADME divenne ufficialmente
un’associazione indipendente operante nell’ambito della micro finanza
inquadrata sotto la legge PARMEC definita all’interno dell’UEMOA
(Union Economique et Monétaire Ouest Africaine)70 di cui il Benin è
membro. Sempre nel 1998 il Ministero dell’Interno riconosce PADME
come un’associazione del tipo “loi 1901”. 71
Nel 1999 fu riconosciuta associazione di pubblica utilità dal Governo col
decreto presidenziale n° 99-250 del 18 maggio. L’Associazione ricevette dal
Ministero delle Finanze e dell’Economia, nello stesso anno, il mandato a
operare sul territorio della Repubblica del Benin per 5 anni rinnovabili
tacitamente a fine mandato. La mission di PADME è così espressa:
“rendere l’accesso al credito produttivo, facile e rapido per tutti i microimprenditori beninesi e per le persone a basso reddito, offrendo una gamma
varia e differenziata di servizi finanziari adatti alle specifiche necessità di
ciascun settore produttivo, soprattutto allo sviluppo della micro-impresa e
Le informazioni contenute nel presente sotto-paragrafo, riguardante
l’associazione PADME, sono tratte da materiale informativo ufficiale e
dall’intervista effettuata dall’autore nel mese di gennaio 2008, presso la
Direzione Generale della PADME a Cotonou. L’intervista è stata rilasciata
da monsieur Alphonse D. Odjo, Segretario della Direzione. I dati e le
statistiche sono invece stati forniti da monsieur Célestin Koudokpode,
Assistente al Servizio Marketing Ricerca e Sviluppo.
69 A. M. Gentilini, Il leone e il cacciatore, storia dell’Africa sub-sahariana, La
Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, pp.389-402.
70 UEMOA è l’acronimo francese che indica l’Unione Economica e
Monetaria dell’Africa Occidentale, organizzazione internazionale nata nel
1994 col trattato di Dakar del 10 gennaio, composta dai paesi aventi in
comune l’uso del franco CFA come moneta. Oltre al Benin ne fanno parte
Togo, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Sénégal e dal 1997 la
Guinea Bissau.
71 E’ la legge che regola le istituzioni no-profit.
68
60
garantendo l’accesso duraturo ai servizi finanziari di prossimità a un gran
numero di persone a basso reddito, consolidando la redditività finanziaria
dell’istituzione.”
Le agenzie principali di PADME si trovano a Cotonou (sede della Direzione
Generale), Porto Novo a sud e ad Abomey e Parakou per il centro-nord.
PADME fornisce due tipi di servizi rispettivamente finanziari e non
finanziari. I primi corrispondono ai cinque tipi di credito erogati
dall’associazione come vediamo nella Tabella A.
I servizi non finanziari sono invece tutti quei servizi di “sensibilizzazione e
formazione alla buona gestione delle micro-imprese”. Queste sessioni di
formazione servono per fornire al potenziale cliente tutte le informazioni su
PADME e sui suoi prodotti e sulle condizioni a cui il credito viene erogato.
In particolare il cliente è sensibilizzato sull’importanza di una corretta
contabilità, sulla separazione tra cassa dell’impresa e propri risparmi
personali, sul rispetto degli impegni con i propri fornitori. Gli vengono
anche fornite alcune nozioni basilari di marketing. Le sessioni di formazione
sono collettive ed hanno la durata media due settimane per i clienti nuovi e
una settimana per i clienti in rinnovo.
Le garanzie finanziarie richieste da PADME sono di tre tipi:
1. Fondo di garanzia: “tutti i clienti devono costituire presso le casse
di PADME un fondo di garanzia il cui ammontare dovrà essere pari
all’1% dell’ammontare del credito ottenuto. L’ammontare totale del
fondo di garanzia è ripartito sui differenti programmi di rimborso
per il cliente. Questo fondo di garanzia viene recuperato dal cliente
al termine dei suoi rimborsi. Se il cliente dovesse avere difficoltà nel
rimborso, questo fondo sarà utilizzato per coprire parte o tutto la
somma non pagata.”
2. Deposito di garanzia: “per rinforzare certe garanzie reali (per
esempio campi non recintati), può essere chiesto ai clienti di fare un
deposito di garanzia il cui ammontare è pari all’1% del credito
ottenuto. Il deposito di garanzia può essere considerato un fondo di
garanzia supplementare con la sola differenza che il cliente dovrà
versarlo integralmente prima di ottenere il credito.”
3. Garanzia per decesso: “Per tutelarsi contro il rischio di
insolvibilità legato al decesso dei clienti, Padme ha messo in atto un
sistema di garanzia per decesso il cui premio non supera l’1%
dell’ammontare del credito. Per certi tipi di credito può essere
chiesto ai clienti di stipulare un’assicurazione sulla vita presso una
compagnia di assicurazione.”
Tabella A
Prodotto
Credito
individuale
Beneficiari e
ammontare FCFA(€)
• Singoli
individui per
attività
generatrici di
reddito
• Da 20 mila a
Tasso d’interesse
e durata
• 2%
mensile
per un
massimo
di 18
mesi
Garanzie
•
Ipoteca
immobiliare,
veicoli in pegno,
avallo sullo
stipendio, ipoteca
sull’impresa
61
•
Credito
immobiliare
•
•
Credito
di
gruppo (da 3
persone)
•
•
Credito
di
gruppo (da 5
a
30
persone)
•
•
Credito
“relais”
•
10 milioni di
FCFA (30,53
– 15.267 )
Singoli
individui per
acquisto,
ristrutturazion
eo
costruzione di
immobili
Da 20 mila a
10 milioni di
FCFA
Gruppi da 3
persone per
sviluppo
attività
generatrici di
reddito
Da 20 mila a
10 milioni di
FCFA
Gruppi da 5 a
30 persone per
sviluppo
attività
generatrici di
reddito
Da 20 mila a 5
milioni di
FCFA (30,53
– 7.633)
Ong che
svolgano
attività di
microcredito
nelle zone
rurali non
raggiunte da
PADME
Da 20 mila a
10 milioni di
FCFA
•
2%
mensile
per un
massimo
di 18
mesi
•
Ipoteca
immobiliare
avallo sullo
stipendio.
•
2%
mensile
per un
massimo
di 18
mesi
•
Solidarietà tra i
membri
•
2%
mensile
per un
massimo
di 18
mesi
•
Solidarietà tra i
membri
•
1%
mensile
per un
massimo
di 18
mesi
•
Ipoteca
immobiliare,
veicoli in pegno,
avallo sullo
stipendio, ipoteca
sull’impresa
Fonte: PADME
Le garanzie reali (campi, veicoli, attrezzature etc.): “Permettono di
ridurre i rischi d’insolvenza del cliente, non perché assicurano il recupero
sistematico della somma non rimborsata, ma perché forniscono un mezzo
per migliorare il rimborso quando i mutuatari sono in difficoltà”
Dopo aver risposto a parte dei nostri quesiti attraverso la lettura del
materiale informativo ufficiale, possiamo dedicarci alle domande dirette.72
72
L’Autore è indicato con A mentre il referente con R.
62
Siamo accolti dal Segretario della Direzione che ci chiede di pazientare a
causa della mole di lavoro da sbrigare prima di poterci dedicare la mezz’ora
concordata. Attendiamo circa un’ora durante la quale cominciamo a
prendere visione del materiale informativo fornitoci. Finite le incombenze
d’ufficio, monsieur Odjo73 ci fa accomodare presso il suo studio e
cominciamo la nostra piccola intervista. Qui di seguito il testo.
A: Monsieur Odjo gli incontri di formazione avvengono sul posto e
come viene affrontato il problema dell’analfabetismo di molti potenziali
clienti ?
R: “Le sessioni formative sono collettive e si tengono presso gli uffici e le
filiali PADME e che gli incaricati forniscono le informazioni anche in
lingua fon o in altra lingua locale, a seconda delle zone, per far sì che
anche gli analfabeti possano comprendere”
A: Sì ma vorrei capire se voi mandate agenti nei villaggi a fare
formazione o se i clienti vengono da voi
R: “Ci sono gli uffici decentrati e la formazione viene fatta lì dai nostri
incaricati”74
A: Per quanto riguarda l’informazione dei potenziali clienti in che
modo fate conoscere i vostri servizi, come pubblicizzate PADME sul
territorio? Fate campagne di sensibilizzazione nei villaggi? Usate la
TV?
R: “Mah guardi, Padme non ha bisogno di pubblicità perché come può
notare, è molto conosciuta”
A: Sbaglio o PADME è la prima associazione di microcredito in Benin?
R: “Non sbaglia, è la più grande, quella con più clienti”
A: Esistono servizi specifici rivolti solo alle donne?
R:“PADME non ha servizi specifici per le donne, ma circa il 70% della
clientela è costituito da donne e che domandano prestiti, nella quasi totalità
dei casi per progetti di piccolo commercio o trasformazione alimentare.”
A: Come mai PADME non ha specifici prodotti e servizi rivolti alle
donne?
Vedi nota 68
Le informazioni scritte che ci sono fornite assieme all’organigramma,
aggiornate a dicembre 2007, parlano di circa 83 incaricati per i prestiti.
73
74
63
R: “Padme non fa distinzioni tra i propri clienti, comunque, come le ho
detto, le donne sono circa il 70% dei nostri clienti”
A: L’accesso al credito è facile? Sono necessari molti documenti?
R:“Beh l’accesso facile e veloce … è nella mission di PADME, se i
documenti sono pronti, il credito viene erogato nel giro di 7-10 giorni.”
A: Bene, ma ci vogliono diversi documenti e dunque ci vorrà del
tempo… non è un ostacolo ai clienti?
R:“Può essere, ma il tempo richiesto per i documenti non dipende da
PADME, ma dalla pubblica amministrazione”
A: PADME usufruisce di finanziamenti pubblici?
R: “Esistono dei finanziamenti specifici del Governo per gli organismi che
fanno microcredito”
A: Posso sapere a quanto ammonta il finanziamento pubblico a
PADME?
R: “In questo momento non dispongo di questa informazione, mi spiace”
A: PADME è un’associazione che opera solo in Benin a quanto leggo.
Ha partner stranieri? Ci può dire di quali Paesi?
R: “Sì PADME è attiva solo in Benin essendo nata come progetto
governativo, ma abbiamo partner stranieri, sia banche sia ONG…ora non
ricordo i nomi di tutte ma le può trovare sul sito web75, ad ogni modo
lavoriamo con partner del Belgio, della Francia e dell’Olanda.”
Per quanto riguarda le attività di PADME, nella Tabella B presentiamo la
sintesi dei dati forniti per gli ultimi sei anni:
Tabella B
RISULTATI OTTENUTI
Indicatori
2002
2003
2004
2005
2006
200776
Il sito web PADME era attivo fino alla permanenza dell’autore in Benin,
ma a causa della difficoltà di reperire una connessione internet è stato
difficile visitarlo. A marzo 2008 il sito risulta inaccessibile.
76 I dati per il 2007 sono aggiornati al mese di novembre.
75
64
Numero di prestiti emessi
28.234
35.569
39.281
33.697
30.878
25.497
Ammontare dei prestiti in
milioni di FCFA
14.181
20.973
29.218
23.066
19.439
17.712
Numero di clienti attivi
25.836
32.600
37.661
42.350
44.853
44.664
8.905
14.026
21.375
20.538
16.440
14.370
81%
78%
73%
70%
70%
70%
99,60%
99,33%
99,05%
94,74%
94,77%
94,87%
94,77%
93,67%
91,10%
82,39%
-
-
Crediti in corso in
milioni di FCFA
Percentuale di clienti
donne
Tasso di rimborso
Tasso di rispetto delle
scadenze
Fonte: PADME
Dato che l’oggetto della nostra attenzione sono le donne, non vogliamo
aprire una competizione su chi tra PADME e Grameen sia più produttiva,
essendo queste due realtà molto differenti sotto molti punti di vista. Ciò che
però ci preme evidenziare è se PADME rispetti o no un modello che, di là
della valenza puramente economica, ha innanzitutto una valenza sociale e
anzi è quest’ultima la base su cui poggia la prima. A tal proposito dobbiamo
notare in PADME che la percentuale di clienti donne è andata
progressivamente a decrescere fino a stabilizzarsi negli ultimi tre anni
intorno al 70%. Questo è spiegabile probabilmente col fatto che non c’è in
PADME una politica specifica che favorisca l’elemento femminile
nell’accesso al credito. Se confrontiamo questa percentuale con quella di
riferimento della Grameen Bank per esempio, notiamo che, al contrario, la
percentuale di clienti donne è andata in costante crescita (eccettuate alcune
fluttuazioni nella sua fase “sperimentale”) dal 20% del 1976 al 96% del
200577. In particolare mentre nel periodo 2002-2005 la percentuale di clienti
donna della PADME è calato bruscamente, passando dall’81% al 70%, la
percentuale, nel medesimo periodo, per Grameen è salita di un punto
portandosi dal 95% al 96%. Il che ci porta a una prima importante
riflessione: posto che, come abbiamo visto in questo come nel precedente
capitolo, le donne del Benin sono ancora fortemente discriminate sotto il
profilo dell’istruzione e sotto quello economico, è vincente una strategia di
microcredito che non tenga conto di queste lampanti discriminazioni?
Parlando con le donne per le strade o soffermandosi nei rari momenti di
riposo che esse hanno, tra un impegno e l’altro, è facile sentire racconti di
donne ostacolate dai mariti in ogni loro iniziativa imprenditoriale. Vale la
pena a tal proposito riportare un piccolo aneddoto raccontatoci da madame
Justine Yaya, madre di cinque figli (un maschio e quattro femmine), e
moglie del professor Christian Yaya che abbiamo già conosciuto78. Justine
vive a Ouidah con la sua famiglia, tutti i suoi figli vanno a scuola, è una
donna imprenditrice che con il microcredito ed enorme fatica è riuscita ad
La fonte dei dati è l’Annual Report 2005 di Grameen Bank liberamente
scaricabile presso il sito web della Grameen all’indirizzo
http://www.grameeninfo.org/annualreport/commonElements/htmls/index.html
78 Vedi capitolo II paragrafo 2.2.4,
testimonianza del professor Christian
Yaya sulla scuola.
77
65
aprire un “maquis”, un piccolo ristorante che dà lavoro ad altre tre donne.
Ecco il suo racconto:
“Un giorno si è presentata a casa mia una conoscente, era in lacrime,
allora le ho chiesto cosa fosse successo e lei mi ha spiegato che da qualche
tempo era intenzionata a chiedere un prestito a Padme o Papme79. Siccome
per i prestiti individuali sono necessarie delle garanzie, spesso viene chiesto
alle donne di fornire una specie di autorizzazione del marito o, se sono
nubili, da qualche uomo della famiglia, per evitare problemi dopo…capisci
no? Poi questa donna è anche analfabeta quindi solo il marito poteva
firmare le carte per il prestito. Allora lei ha parlato col marito e gli ha
spiegato le sue intenzioni e il marito senza battere ciglio ha preso un foglio
e una penna ed ha scritto l’autorizzazione per la moglie. Così lei, tutta
contenta, si è recata presso l’agenzia…non ricordo se fosse Padme o
Papme…ma fa lo stesso…insomma lei era analfabeta, capisci? Quindi non
ha letto l’autorizzazione, si è presentata direttamente lì, in ufficio, dove
c’erano tante altre donne e ha consegnato la lettera del marito
all’impiegata. A quel punto l’impiegata le ha risposto che non poteva
concederle il prestito. Lei si è stupita e ha detto – Ma come?Ho la lettera di
mio marito! Mio marito è d’accordo! – allora l’impiegata le ha risposto –
Signora, è sicura? Forse è meglio se parla con suo marito… - ma lei
poverina insisteva, così l’impiegata le ha letto la lettera e sul foglio c’era
scritto “io non garantisco niente e qualunque prestito facciate a mia moglie
lo fate a vostro rischio e pericolo”. Insomma poverina, lui l’ha umiliata di
fronte a tutte quelle donne dell’ufficio, capisci? Alla fine visto che lei era
disperata, le ho detto che forse potevo prestarglieli io quei soldi…beh, sai
quanto le serviva? 10 mila FCFA80!! Alla fine glieli ho dati io, non mi
cambieranno la vita…poverina era felicissima, però ci pensi? Che
umiliazione lì nell’ufficio…”
Questo piccolo racconto fornisce la motivazione della domanda che ci
siamo posti prima. Finché l’iniziativa economica resta prevalentemente
nelle mani degli uomini che devono “autorizzare” le mogli ad aprire delle
attività o semplicemente a domandare dei prestiti personali, va da sé che non
s’interromperà mai quel rapporto di subordinazione che esclude le donne da
qualsiasi iniziativa personale. E giacché è fuori discussione che gli uomini
beninesi rinuncino ai propri privilegi spontaneamente, dovrebbero essere gli
enti che lavorano nel microcredito a spezzare questo rapporto di
subordinazione. Il prof. Yunus mise in piedi la Grameen Bank anche per
questo, perché nel Bangladesh le donne erano ugualmente sottomesse in
tutto e per tutto ai mariti o ai parenti maschi. PADME sembra invece fuori
da questa logica che, in un paese come il Benin che soffre una drammatica
discriminazione di genere, dovrebbe invece essere prioritaria. Tenendo
conto che Grameen ha un numero di clienti che è all’incirca pari alla
PAPME è un'altra associazione che si occupa di microcredito in Benin. E’
la più diffusa sul territorio subito dopo PADME, ma non è stato possibile
visitarla.
80 Circa 15 euro. In Benin però la sproporzione tra poveri, come abbiamo
visto, è molto elevata e 15 euro per alcuni lavoratori costituiscono un intero
mese di stipendio.
79
66
popolazione dell’intero Benin e che nel febbraio 2008 la percentuale di
donne ha toccato quota 97%81, si comprende meglio, quanto l’approccio di
PADME sia sostanzialmente differente. Manca in quest’ultima la priorità
verso l’empowerment femminile e verso un tipo di formazione duraturo
rivolto alle donne. Ciò è evidente anche da alcune risposte alla nostra
intervista: PADME attende i propri clienti negli uffici, non va sul terreno a
cercarli, a informarli della propria esistenza, e la formazione viene fatta
all’interno degli uffici stessi, il che, verosimilmente, significa costringere
uomini e donne a spendere tempo e risorse per raggiungere le sedi di
formazione. La stessa distribuzione geografica delle sedi (le città principali
del Benin) tradisce un’impostazione tipica dei normali istituti di credito: si
va dove è più comodo avere clienti. Grameen da sempre agisce all’opposto,
cioè va a cercare le persone più povere e affamate là dove si trovano, ossia
prevalentemente nei disastrati villaggi rurali. La formazione di PADME è
poi funzionale all’erogazione del credito, non sono previsti veri e propri
programmi di aiuto alla popolazione analfabeta tant’è che le informazioni
sono fornite anche in lingua locale, ma questo pare essere più un’esigenza di
rapidità di tempi (cioè aprire più velocemente dossier clienti) che una forma
di cortesia e aiuto verso le persone non istruite. Una differenza
macroscopica è poi la richiesta di garanzie, finanziarie e reali. La teoria del
professor Yunus che anche i nullatenenti siano solvibili è qui disattesa
completamente. Non si erogano prestiti sulla fiducia nelle capacità del
cliente, quanto piuttosto su ciò che il cliente ha da offrire in garanzia, il che
ci riporta al modus operandi della più classica delle banche. Si fa
indifferentemente credito a singoli individui e a gruppi mentre la Grameen
Bank promuove la politica del raggruppamento, e in particolare del
raggruppamento femminile, innanzitutto per creare solidarietà sociale e in
secondo luogo perché la solidarietà è un’ulteriore garanzia, non scritta, che i
prestiti saranno rimborsati. Dall’analisi dei dati e dall’intervista fatta,
PADME sembra configurarsi più come un normale istituto di credito le cui
uniche differenze risiedono nel movimento complessivo dei flussi di denaro,
ovviamente molto inferiore a quello di una comune banca commerciale,
oltre al suo inquadramento formale come associazione di pubblica utilità.
A questo proposito dobbiamo segnalare, per dovere di cronaca, lo scandalo
che sta investendo PADME e che sta occupando grande spazio nei media
locali, dopo che il Consiglio dei Ministri del Benin ha ufficialmente
accusato l’associazione tra le altre cose di:
“cattiva gestione del portafoglio crediti con una distrazione di fondi attuata
attraverso l’apertura di crediti fittizi da parte di 39 agenti per un
ammontare di oltre 1 miliardo di FCFA, mancata supervisione delle attività
del progetto, a causa dei molteplici viaggi, da parte del suo Direttore
Generale, che non ha un vice dal 2005, né da parte Direttore Tecnico”.
Il Governo ha accusato inoltre PADME di un ammanco di 1.504.167.295
FCFA “causati dall’apertura di crediti irregolari e altre malversazioni,
l’attribuzione fantasiosa (fuori dalla griglia salariale) di stipendi troppo
81Informazioni
tratte dal sito web ufficiale della
http://www.grameen-info.org/bank/GBGlance.htm
Grameen
Bank:
67
elevati al Direttore Generale e la scoperta di una rete di falsari di
documenti di garanzie”.82
In questa sede non ci interessa esprimere un giudizio su una vicenda delicata
ancora in corso la cui competenza è della magistratura del Benin. L’unica
annotazione che possiamo fare a margine della vicenda è che, in seguito alle
accuse del Governo, gli impiegati PADME hanno fatto quadrato attorno ai
propri dirigenti ed hanno chiuso a tempo indefinito gli uffici, il che sta
causando una situazione di estremo disagio a migliaia di persone che di
PADME sono clienti.
3.3.2 Donga Women Microfinance
Il nostro viaggio all’interno del Benin ci porta stavolta a Djougou, cittadina
del nord a prevalenza confessionale musulmana e sede della Donga Women.
Il nome di questa piccola ong deriva dal dipartimento della Donga, il solo
territorio in cui essa opera e che comprende quattro comuni: Djougou,
Bassila, Ouakè e Copargo. Donga Women nasce nell’agosto 2001 su
iniziativa di un gruppo di donne della classe dirigente locale, per far fronte
alle difficoltà d’accesso al credito delle donne nella regione. Ecco le ragioni
di questa scelta come ci sono spiegate nel dossier dell’ong83:
“In effetti nel dipartimento della Donga l’accesso delle donne al credito è
reso difficile a causa del tipo di sistema finanziario che lascia loro poco
spazio. Questa situazione è all’origine dell’esodo rurale delle donne della
zona verso gli altri paesi della sub-regione (Niger, Nigeria, Ghana, Togo,
Burkina-Faso) o verso le altre città del Paese (Cotonou, Porto Novo,
Parakou) alla ricerca di un lavoro remunerativo che gli permetta di
costituire un’attività e ridurre la povertà. Questo esodo femminile che
caratterizza il dipartimento della Donga pone dei seri problemi di
scolarizzazione, di traffico di bambini e in particolare di gestione familiare
e di educazione dei bambini abbandonati dalle proprie madri.” La mission
di Donga Women è dunque così espressa:
“Lottare efficacemente contro la povertà e contribuire in maniera duratura
al miglioramento delle condizioni socio-economiche delle donne della
Donga facilitando loro l’accesso al microcredito. Ha inoltre come obiettivo
quello di assicurare la formazione e l’alfabetizzazione delle donne per
permettere loro di tenere i documenti di gestione delle loro attività.”
Donga Women eroga crediti per diversi tipi di attività tra cui le principali
sono: piccolo commercio, artigianato, trasformazione e macchinari per la
82 Articolo di G. Afangbédji “CRISE AU PADME : Il faut éviter la destabilisation
du secteur de la micro finance”, tratto dal quotidiano locale L’Autre
Quotidien del 20/03/2008.
83 Le informazioni contenute nel seguente sotto-paragrafo, provengono dal
materiale informativo e dall’intervista effettuata dall’autore, nel mese di
dicembre del 2007, presso la sede di Djougou. L’intervista è stata rilasciata
da monsieur Sarafadine Adedjoumobi, Capo del Servizio Amministrativo,
Contabile e Finanziario. I dati e le statistiche sono invece stati forniti dal
Servizio Informatico.
68
trasformazione, ristorazione e più in generale tutte quelle attività generatrici
di reddito che posso essere verosimilmente oggetto di credito. Vediamo ora
in dettaglio i tipi di credito nella Tabella C:
Tabella C
Tipi di credito
Individuale
•
Credito per il
commercio
•
•
•
Credito per
l’artigianato
•
•
•
Credito per la
produzione
agricola
•
•
min. 50
mila max.
350 mila
FCFA
Durata 12
mesi
Periodicità
1 mese
min. 50
mila max.
250 mila
FCFA
Durata 1218 mesi
Periodicità
1 mese
min. 100
mila max.
500 mila
FCFA
Durata 618 mesi
Periodicità
3,6-12
mesi
Cauzione Solidale
(3 donne)
• min. 20
mila max.
150 mila
FCFA
• Durata 12
mesi
• Periodicità
1 mese
• min. 50
mila max.
250 mila
FCFA
• Durata1218 mesi
• Periodicità
1 mese
•
•
•
•
Credito per la
trasformazione
•
•
min.100
mila max.
500 mila
FCFA
Durata 618 mesi
Periodicità
3,6-12
mesi
min.20
mila
max.150
mila
FCFA
Durata
Periodicità
Gruppi di donne
(oltre 3 donne)
-
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Credito macchinari
da trasformazione
-
•
•
min.50
mila max.
1 milione
FCFA
Durata1224 mesi
Periodicità
1 mese
min. 100
mila max.
500 mila
FCFA
Durata 618 mesi
Periodicità
3,6-12
mesi
min.20
mila max.
150 mila
FCFA
Durata
Periodicità
min. 250
mila max.
1 milione
FCFA
Durata 1224 mesi
Periodicità
2,6-12
mesi
N.B.: Il tasso di interesse è sempre del 2% sul credito in corso o del 13,47%
l’anno.
Fonte: Donga Women
Donga Women è stata accompagnata nella sua evoluzione dalla
cooperazione internazionale svizzera attraverso la Direction du
69
Développement et de la Coopération (DDC). Nel novembre 2002 ha
beneficiato di un primo sostegno per un ammontare di 59.891.000 FCFA di
cui 50 milioni come linea di credito e i restanti 9.891.000 come sostegno
istituzionale. Ad aprile 2003 è arrivato un secondo finanziamento per un
ammontare di 164 milioni di FCFA di cui 100 milioni come linea di credito
e il resto come sostegno istituzionale. Complessivamente ad oggi la
Svizzera ha contribuito allo sviluppo di Donga Women con 223.891.840
FCFA, poco più di 340 mila euro. Nel 2002 ha ricevuto inoltre aiuti da parte
della cooperazione danese (DANIDA) attraverso l’Ambasciata Reale di
Danimarca per un totale di 64.035.000 FCFA, circa 98 mila euro.
La tabella D mostra il numero dei crediti aperti rispettivamente sulla linea
di Donga Women e su quella della cooperazione svizzera.
Tabella D
Numero di crediti secondo la linea di credito
Al 31 dicembre
Donga
Women
Coopération
Suisse
2001
442
0
2002
2227
433
2003
3640
1482
2004
4696
2964
2005
6631
6109
2006
7017
7355
Fonte: Donga Women
Possiamo notare che il numero di crediti è andato in crescendo dall’inizio
dell’attività nel 2001, ma parallelamente è andata crescendo l’importanza
dei finanziamenti da parte della Svizzera come possiamo vedere nella
successiva tabella E:
Tabella E
Anno
Donga Women
2001
2002
2003
2004
2005
20.165.000
83.000.000
82.415.000
87.455.000
95.957.969
2006
49.310.000
Totale per linea
418.302.969
Fonte: Donga Women
N.B.: Ammontare espresso in FCFA
Cooperazione
Svizzera
0
16.550.000
41.410.000
61.735.000
126.739.639
86.150.000
316.034.639
Totale per anno
20.165.000
99.550.000
123.825.000
149.190.000
222.724.608
135.460.000
734.337.608
Si noti infatti che mentre nella fase iniziale, dal 2001 al 2004, Donga
Women ha finanziato per la maggior parte le proprie attività, anche se con
70
significativi interventi della DDC dal 2002 in poi, dal 2005 l’impegno
finanziario della cooperazione svizzera supera notevolmente quello della
stessa Donga Women arrivando quasi a doppiarlo nel 2006.
In effetti dal 2004 la DDC è il solo partner a finanziare Donga Women,
mentre i contributi da altri partner sono stati erogati soltanto nei primi tre
anni di vita dell’organizzazione come vediamo nella tabella F:
Tabella F
A fine 2001
A fine 2002
A fine 2003
Donga Women
15.465.000
55.945.000
120.430.000
Danida
0
20.305.000
38.235.000
CBDD84
4.520.000
6.990.000
6.990.000
Campus Benin85
0
20.015.000
20.015.000
Cooperazione
Svizzera
0
16.155.000
57.965.000
Fonte: Donga Women
N.B.: Ammontare espresso in FCFA
Tabella G
Anno (fine dicembre)
Tasso di rimborso
2001
100%
2002
99,8%
2003
97,1%
2004
95,5%
2005
98,11%
2006
85%
Fonte: Donga Women
Centre Béninois pour le Développement Durable
Benin è un programma governativo del Ministero dell’economia
e
delle
Finanze
del
Benin
vedi
sito
ministeriale:
http://www.mdef.bj/article.php?id_article=36
84
85Campus
71
Per quanto concerne il tasso di rimborso la tabella G permette di osservare
un calo lento, ma costante, con una ripresa nel 2005 e un crollo rilevante nel
2006. Entrambi ci vengono spiegati in una nota a margine delle statistiche:
“Il tasso di rimborso del 98,11% al 31 dicembre 2005 è stato ottenuto dopo
una lunga serie di liquidazioni e di revisione dei crediti. Il tasso di rimborso
dell’85% al 31 dicembre 2006 è dovuto alla sfortunata esperienza dei nuovi
crediti che l’istituzione ha sperimentato.
Ciò è dovuto essenzialmente a:
• Utilizzo del credito da parte delle clienti per obiettivi diversi da
quelli iniziali. E’ il caso di Djakpingou, dove i crediti erano stati
destinati alla produzione agricola seguita dalla vendita. Dopo la
produzione, le clienti hanno ritenuto opportuno conservare i raccolti
per venderli a un prezzo maggiore, disattendendo così le date delle
rate prestabilite.
• Svendita dei raccolti in mancanza di mercato dei prodotti. E’ il
caso dei gruppi di donne di Barei, Copargo e altre.”
Questa spiegazione ci aiuta a comprendere meglio le difficoltà a cui possono
andare incontro le ong di piccole dimensioni come Donga Women: sono
sufficienti alcuni rovesci dovuti a cause esterne e si rischia di bruciare
capitale prezioso. A questo proposito vale la pena riflettere sul fatto che la
formazione delle clienti dovrebbe probabilmente servire a evitare eccessi
d’iniziative da parte delle clienti, soprattutto quando queste iniziative siano
controproducenti per le clienti stesse. Tuttavia è comprensibile che spiegare
alcune basilari regole economiche a donne prive d’istruzione non sia affatto
semplice ed è ugualmente comprensibile che queste donne siano
naturalmente portate a fare le cose come hanno sempre fatto per tutta la loro
vita, cioè secondo le regole tradizionali. Tuttavia il mercato del villaggio
può non seguire necessariamente regole produttive da un punto di vista
economico.
Alcuni dubbi e domande le abbiamo rivolte direttamente al nostro referente
all’interno della sede Donga Women a Djougou. La prima cosa che colpisce
entrando è la sobrietà della struttura, poche sale, arredamento essenziale.
Ciò che però più conta è che l’unica presenza maschile che abbiamo
incontrato al momento dell’intervista è stata quella di monsieur Sarafadine
Adedjoumobi, capo del Servizio Amministrativo, Contabile e Finanziario.
A: Monsieur Sarafadine innanzitutto: voi operate solo con donne?
R: “Sì, Donga Women è stata fondata da donne per le donne”
A: Abbiamo letto che Donga Women ha servizi finanziari e non, questi
ultimi in che cosa consistono?
R: “Formazione e informazione principalmente. Noi facciamo formazione
di gruppo alle donne e le informiamo circa le ultime notizie utili per ciò che
concerne le leggi o qualsiasi cosa riteniamo possa essere loro utile sapere”
72
A: Voi mandate agenti nei villaggi a fare formazione o le clienti
vengono da voi?
R: “Il nostro si chiama credito di prossimità perché i nostri incaricati
seguono le clienti sul posto, periodicamente, circa ogni settimana, vanno
nei villaggi per incontrare i gruppi di donne con le quali operano, ognuno
di loro ha un certo numero di clienti da seguire, sparse in diversi villaggi”
A: Per quanto riguarda l’informazione dei potenziali clienti in che
modo fate conoscere i vostri servizi, come vi fate conoscere?
R: “Beh Donga Women, come avrà letto, opera solo nel dipartimento della
Donga dunque non abbiamo bisogno di grande pubblicità, sono le clienti
col passa parola o i nostri agenti sul campo eventualmente a organizzare
gli incontri con le nuove donne interessate”
A: Leggiamo che voi praticate anche il credito individuale, ma chiedete
anche delle garanzie?
R: “Per il credito individuale richiediamo dei “pagherò” o ipoteche su
terreni”
A: Come mai questa scelta?
R:“Scusi, lei presterebbe denaro a qualcuno senza chiedere garanzie? A
nessuno piace buttare il proprio denaro…”
A: Sì, su questo siamo d’accordo, ma perché semplicemente non fate
credito esclusivamente a gruppi solidali, cioè quelli senza necessità di
garanzia?
R: “Perché purtroppo è molto difficile tirare avanti senza affiancare al
non-commerciale anche qualche servizio commerciale”
A: L’accesso al credito è facile? Sono necessari molti documenti?
R:“Nessun documento particolare tranne, appunto, nel caso di garanzie per
il credito individuale”
A: Dunque le vostre clienti sono seguite in ogni fase del loro percorso?
R:“Sì, è il modo di operare di Donga Women”
A: Quali sono le caratteristiche per diventare cliente Donga Women?
R: “Sono questi 7 requisiti – porge un pieghevole – essere beninesi, non
avere accesso ad altre forme di credito da istituzioni o dalla famiglia, non
avere precedenti negativi in ambito di rimborso del credito, seguire i
consigli dei nostri incaricati e cooperare, saper risparmiare, saper tenere
un minimo di contabilità e infine rispettare i patti.”
73
A: Donga Women attualmente usufruisce di finanziamenti pubblici?
R: “beh il Governo ha un progetto chiamato Microcrédit aux Plus
Pauvres(MCPP)86 che serve per offrire una forma di sussidio ai clienti di
microcredito da un minimo di 5.000 ad un massimo di 30.000 franchi CFA,
ma è diretto ai clienti.”
A: Donga Women ha partner internazionali a quanto leggiamo…
R: “Sì la Svizzera è il primo partner di Donga Women, nel corso degli anni
ne abbiamo avuto altri, ma ora stiamo cercando di renderci autonomi dal
punto di vista finanziario, anche se continueremo a collaborare con i nostri
partner locali e non”
Dopo aver collezionato tutte le informazioni che ci è stato possibile reperire
su Donga Women passiamo al consueto confronto con l’esempio di
PADME e, naturalmente, con la nostra cartina di tornasole: Grameen Bank.
Come già specificato per Padme, anche qui l’intento principale non è fare
confronti solo sul piano strettamente economico, data anche la difficoltà di
mettere a fianco bilanci e statistiche di realtà che operano nel settore da
tempi tanto diversi, 1976 per Grameen, 1998 per PADME e 2001 per Donga
Women. Differenti sono anche le aree geografiche, pertanto differenti sono
le problematiche, anche all’interno dello stesso Benin dove, va ricordato,
esiste un nord molto più tradizionalista e conservatore, anche nelle cattive
abitudini. Per i motivi già espressi all’inizio del precedente confronto è però
necessario procedere alla comparazione dell’impostazione di metodo tra il
microcredito targato Grameen e la realtà del Benin seppur attraverso due
soli casi esemplificativi tanto eterogenei.
Innanzitutto Donga Women presenta un’impostazione molto più affine al
modello Grameen sia nelle scelte degli obiettivi che nei metodi.
Probabilmente ciò è dovuto al fatto che Donga Women nasce dall’iniziativa
un gruppo di donne istruite che hanno deciso di mettere le proprie
competenze al servizio delle loro colleghe meno fortunate. Coerentemente,
Donga Women lavora solo ed esclusivamente con donne a cui offre una
formazione oltre all’accesso al credito, anche se, dalle informazioni ricavate
attraverso l’intervista, questa formazione pare limitata e funzionale alla sola
gestione dell’attività economica.
Stona decisamente la presenza di crediti individuali, sconsigliata vivamente
da Yunus, perché come abbiamo visto in entrambi gli esempi, devono essere
per forza garantiti con garanzie finanziarie o reali. Inoltre l’esperienza della
Grameen ha ampiamente dimostrato che il credito solidale garantisce un
tasso di rimborso notevolmente elevato rispetto al credito erogato a singoli
individui, maggiormente portati a trascurare i propri impegni.
La deroga al principio del credito senza garanzia, soprattutto trattandosi di
donne, cioè di un gruppo sociale svantaggiato, è sicuramente fuori sintonia
La descrizione dettagliata di questo programma governativo è
disponibile sul portale web francese dedicato alla microfinanza :
http://www.lamicrofinance.org/content/article/detail/19807.
86
74
con l’impostazione generale. Il rischio è sempre quello di riprodurre in scala
il modello delle tradizionali banche. Donga Women pare essere al momento
lontana da questa deviazione di cui PADME sembra, invece, patire gli
effetti. La presenza degli agenti sul campo nel caso di Donga Women è poi
una sorpresa perché PADME (prima associazione del Benin per dimensioni
e movimento di denaro) e altre associazioni di microcredito di cui purtroppo
non è stato possibile approfondire la conoscenza, al di là di numerose
testimonianze di donne beninesi, paiono agire in maniera anomala rispetto a
quei princìpi che dovrebbero essere fondamento per gli attori del
microcredito sempre e ovunque essi si trovino. Su questo punto l’esperienza
della Grameen è fondamentale: nessuna donna analfabeta, sia che abiti in un
villaggio o che viva in una metropoli, entra volentieri in un ufficio.
L’utilizzo di uffici, scrivanie piene di scartoffie incomprensibili, appellativi
altisonanti, è una barriera psicologica di non poco conto87, oltre al fatto che
andare in ufficio costa tempo e denaro se non si ha una filiale nei paraggi.
I vantaggi di PADME sono dovuti soprattutto alla totale autosufficienza ed
in parte alla fortuna di essere nata e aver fatto il proprio training come
progetto del Governo. Il vantaggio si tramuta però in svantaggio quando
un’organizzazione così vasta, formata da centinaia di addetti, è sottoposta ad
un controllo insufficiente a preservarla dai rischi derivanti dalla corruzione e
dalla cattiva gestione. E’ bene soffermarci a questo proposito su alcune delle
proposte più interessanti del già citato progetto MCPP, sul quale il Governo
del Benin ha chiesto un parere al Consortium ALAFIA88. Quest’ultimo
individua la crisi del settore microfinanza nelle seguenti cause:
•
Generale crisi economica del Benin e debolezza delle attività
generatrici di reddito.
•
Concorrenza sempre maggiore e sleale nel settore.
•
Il mancato funzionamento rapido ed efficace della rete informativa
centrale nel segnalare comportamenti inaffidabili dei clienti.
•
Mancanza di professionalità di alcuni operatori.
•
Difficoltà di applicazione della legislazione da parte dai promotori del
microcredito.
•
Difficoltà organizzative da parte delle due grandi reti mutualiste.
•
L’ammontare delle somme non rimborsate che eccede ormai il 10%
del totale erogato.
•
Insufficiente coordinamento degli interventi di partner nello sviluppo e
ministeri competenti.
•
Eccessiva pressione fiscale sugli operatori e mancato rispetto degli
accordi di esonero fiscale.
M.Yunus, op. cit., pp. 115-119.
Il Consortium ALAFIA è l’associazione professionale beninese che riunisce
gli operatori del settore del microcredito.
87
88
75
•
L’infiltrazione del settore da parte di alcuni grossi debitori disonesti e
la costituzione di una associazione, cosiddetta di consumatori di
prodotti di microcredito, che invita i clienti beneficiari di prestiti a non
rimborsare le somme
•
Lo stesso programma MCPP che presenta gravi rischi per tutto il
settore della microfinanza in Benin
Il Governo del in sostanza ha proposto l’abbattimento dei tassi d’interesse a
un massimo del 4% annuale, l’abolizione delle garanzie reali e sussidi
governativi ai clienti che non riescano a pagare gli interessi.
Le obiezioni di ALAFIA sono possono riassumersi nei seguenti punti:
• Il tasso del 4% annuo non è realistico, dati i costi reali di gestione di
un programma del genere e non c’è trasparenza e informazione sul
come il Governo intende portare avanti la sua linea, questo farebbe
percepire gli operatori del microcredito come dei “ladri”.
• La distorsione del mercato attraverso i sussidi può mettere in
difficoltà le associazioni di microcredito. Infatti i sussidi sono
erogati solo alle associazioni facenti parte del programma MCPP
cosicché i clienti delle altre associazioni sarebbero, di fatto,
discriminati. A quel tasso d’interesse nessuna associazione fuori dal
programma MCPP potrebbe sostenere i costi e competere con quelle
incluse. Il che porterebbe a sicuro fallimento le prime.
• C’è inoltre il rischio che i sussidi governativi siano percepiti come
atto dovuto o come un regalo per tutti e che, di conseguenza, il
Governo si trovi numerosi casi di insolvenza da coprire. Ciò
metterebbe a rischio tutto il sistema del microcredito, in generale,
perché sarebbe un incentivo per i clienti a non rimborsare le somme
dovute.
ALAFIA conclude la sua analisi concordando sulla necessità di una riforma
del sistema che parta dai tassi d’interesse. Avanza poi delle proposte che
sostanzialmente vertono sullo spostamento dell’oggetto di sussidi dal cliente
alle associazioni che poi li girerebbero indirettamente ai propri clienti.
Auspica anche un sistema di incentivi attraverso sussidi di vario genere per i
clienti più affidabili e con i pagamenti in regola. Inoltre chiede una
legislazione specifica, efficace e snella per il recupero dei crediti per i clienti
inaffidabili. Propone poi la creazione di fondi appositi per l’intero sistema di
microcredito, sia per il rifinanziamento del sistema stesso che per la
sovvenzione di associazioni che offrano servizi specificamente nonfinanziari ai clienti più poveri.
Giunti al termine del nostro lavoro sullo specifico tema del microcredito alle
donne in Benin, possiamo riassumere alcuni spunti di riflessione poiché è
assai arduo trarre conclusioni definitive su un tema così complesso e
dinamico per le implicazioni di attori a differenti livelli, sociale, economico,
politico. In Benin il sistema del microcredito in generale pare sicuramente in
crisi e le donne vivono come sempre una crisi nella crisi, essendo le prime a
76
risentire dei rovesci economici, che si tratti di cattive congiunture macroeconomiche, di malfunzionamenti del microcredito o più comunemente di
raccolti andati male. Un primo passo per tentare di uscire da questa crisi
potrebbe essere quello di focalizzare l’attenzione delle istituzioni
sull’immensa risorsa che le donne rappresentano, anche economicamente,
per l’intero Benin. Da ciò che abbiamo potuto osservare nei mesi trascorsi
sul campo, quest’attenzione è molto altalenante e manca nelle istituzioni la
coordinazione necessaria per agire su più fronti senza cadere negli interventi
esasperatamente settoriali che rischiano di restare fine a se stessi. Tutti gli
attori che si occupano di microcredito e in particolare di microcredito alle
donne, dovrebbero agire di concerto, pur nel rispetto della diversità e della
specificità di ognuno. Il tutto seguendo scrupolosamente le linee guida di
chi il microcredito lo ha inventato, sperimentato, studiato e implementato,
ossia il professor Yunus attraverso la Grameen Bank.
Perché il microcredito è una questione sociale e politica, prima ancora che
economica.
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CONCLUSIONI
E’ tempo di voltarci indietro a guardare il lavoro svolto sui due temi
dell’istruzione e del microcredito femminile in Benin per misurarci
un’ultima volta con i problemi che abbiamo fin qui affrontato. La nostra
prima considerazione va indubbiamente all’Africa nel suo complesso ed al
fatto che ancora una volta si dimostra ricca di contraddizioni. La tradizione
contraddice la modernità, la discriminazione contraddice la solidarietà, la
voglia di indipendenza contraddice il costante bisogno di qualcuno cui
appoggiarsi. Tuttavia se è un dato di fatto che queste contraddizoni siano
macroscopiche e ben visibili tanto agli africani quanto a noi che l’Africa la
osserviamo dal di fuori, non sono altrettanto chiare e visibili le soluzioni a
tali dilemmi, né per noi né per gli africani. Il Benin, paese forse poco
conosciuto tra colleghi tristemente noti a causa di continui conflitti, carestie
terrificanti e grandi interessi e traffici economici, è comunque un pezzo di
quest’Africa stupenda e terribile al tempo stesso.
Questa ricerca è nata dal desiderio di capire se gli strumenti dell’istruzione e
del microcredito, in particolare di quello femminile, siano al momento adatti
alla realtà di un paese in cammino verso la modernità quale è il Benin. Le
prime domande a cui abbiamo voluto rispondere erano dunque: quale
istruzione e quale microcredito possono essere utili allo scopo?
Certamente non quelle attuali. Nel primo caso ci siamo trovati di fronte ad
un’ istruzione in piena crisi nonostante nel recente passato, sotto il dominio
coloniale ed immeditamente dopo, durante la decolonizzazione, il Benin sia
stato uno dei paesi africani con un tasso ed una qualità di istruzione
notevoli. La Rivoluzione prima, con le sue politiche miopi e la voracità dei
suoi burocrati, e le crisi economiche susseguitesi poi, non certo alleggerite
dai piani di aggiustamento strutturale imposti dalla Banca Mondiale e dal
Fondo Monetario Internazionale, hanno fatto piombare il Benin in una
situazione drammatica. I programmi internazionali per incentivare
l’istruzione puntano soprattutto sull’alfabetizzazione e sulla scolarizzazione
primaria, ma come abbiamo visto ciò non è una garanzia di assoluto
miglioramento delle condizioni di vita. I progressi ci sono stati, ma perché
siano duraturi nel tempo sarebbe necessario riformare il sistema scolastico.
Innanzitutto si dovrebbero eliminare le barriere di genere sia tra gli studenti
che tra gli insegnanti. E’ fondamentale poi ridurre i costi dell’istruzione al
minimo indispensabile e si può fare senza necessariamente intervenire su
aspetti che richiederebbero ingenti finanziamenti pubblici o milioni di
dollari di aiuti internazionali (che peraltro arrivano comunque e vanno persi
in mille rivoli senza alcun coordinamento). Le divise scolastiche negli istitui
pubblici, per esempio, sono uno di quei costi che potrebbe essere
agevolmente eliminato da parte dello Stato, a differenza di problemi come la
carenza di edifici scolastici o il sovraffollamento delle aule che possono
risolversi soltanto con la costruzione di nuove strutture e conseguenti nuove,
ingenti spese. Inoltre è necessario compiere un salto di qualità nel sistema di
reclutamento e formazione degli insegnanti tanto nel settore pubblico quanto
nel settore privato. Quest’ultimo pare governato decisamente più dal
marketing selvaggio che da reali intenti di sviluppo del paese.
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Non bisogna però compiere l’errore di attribuire la situazione attuale alla
sola azione errata dei governi che si sono succeduti dall’indipendenza ad
oggi. Come abbiamo visto nel primo capitolo, l’opposizione dei sindacati e
del corpo docente al cambiamento, in particolare a quello del settore
pubblico, è stata agguerrita e finalizzata alla salvaguardia dei privilegi della
casta dei funzionari pubblici. Ciò ha bloccato qualsiasi iniziativa di riforma
del sistema in senso meritocratico e non più gerontocratico come invece
attualmente si presenta l’insegnamento pubblico. Molti giovani che lavorano
come insegnanti non hanno speranza di vedere riconosciute le proprie
capacità se non su di un piano meramente temporale. Un insegnante vale
tanto quanti sono i suoi anni di anzianità, indipendentemente dalla sua
attitudine all’insegnamento o dal suo grado reale di preparazione. Con ciò
non intendiamo sminuire l’importanza all’esperienza pratica, ma senza
l’apporto innovativo di giovani formati secondo modelli di efficienza e
qualità, l’insegnamento è destinato a stagnare nella sua mediocrità. Quanto
alla distribuzione degli insegnanti sul territorio abbiamo già visto che essa è
dettata più dalle esigenze di singoli individui che dai bisogni del paese, e
anche in questo caso lo Stato dovrebbe avere mano ferma nel gestire le
risorse umane in base alle reali necessità di sviluppo del paese e non in base
alle esigenze del singolo, per quanto comprensibili dal punto di vista umano.
Se dunque da un lato è vero che il lavoro dell’insegnante non sia
attualmente appetibile perché considerato sottopagato e insicuro, è
altrettanto vero che tale percezione è in parte frutto di aspettative distorte,
come la pretesa del posto di lavoro eterno e di uno stipendio elevato come
atto dovuto da parte dello Stato. Del resto l’eccellenza e il merito non
possono essere trasmessi con efficacia alle nuove generazioni da chi è
cresciuto avendo sotto gli occhi un sistema clientelare, corrotto e autoperpetuantesi. Le soluzioni a questi problemi non sono immediate né
risiedono necessarimente al di fuori del Benin o del continente africano.
Anche perché il sistema scolastico beninese è mutuato da quello francese e
se i risultati sono tanto disastrosi significa che l’esportazione di un modello,
sia pur efficiente, da un contesto ad un altro, non grantisce in automatico il
medesimo grado di funzionalità.
Il discorso vale tanto per il sistema scolastico quanto per quello economico.
La povertà non si elimina con estemporanee iniezioni di dollari o euro, né
con programmi di aggiustamento strutturale dai costi esorbitanti e
improponibili. Servono programmi lungimiranti, ma divisi per tappe
praticabili, con obiettivi realistici e sistemi dinamici e flessibili, soprattutto
in contesti come quello del Benin dove il primo nemico da abbattere è
proprio la rigidità di alcuni aspetti deleteri della cultura tradizionale.
Il microcredito va certamente ripensato in maniera beninese, ma senza
snaturarne i principi. L’esperienza trentennale di Grameen Bank ha prodotto
risultati apprezzabili e se, come sostengono i critici, non ha cambiato
radicalmente l’economia mondiale, ha sicuramente segnato un punto di
rottura tra la tradizione granitica e conservatrice di alcuni paesi in via di
sviluppo e quella modernità figlia di un progresso e di uno sviluppo sempre
più esponenziali che non possono essere ignorati o rimandati ad improbabili
tempi migliori. I tempi migliori devono cominciare subito, ma devono
partire dal cambio di mentalità e dall’acquisizione di concetti nuovi, spesso
totalmente in contrasto con la tradizione. Le donne in Benin sono, di fatto,
79
coloro che fanno girare l’economia, ma il potere politico e decisionale in
genere, resta saldamente nelle mani degli uomini. Un inversione di tendenza
può operarsi solo fornendo alle donne gli strumenti giusti per cominciare
una lotta seria, consapevole e tenace, giacchè verosimilmente lenta, contro
l’eccesso di diritto dell’uomo africano. Le donne beninesi parlano
apertamente dei proprio problemi e i loro racconti di soprusi e frustrazioni
sono tristemente uguali a sé stessi. Sanno di avere dei problemi e sono forti
abbastanza da affrontarli, ma è una forza di cui non sono consapevoli perché
la tradizione le ha abituate al ruolo di comparse nella comunità. Per renderle
protagoniste del loro tempo e dello sviluppo del proprio paese è necessario
far loro comprendere di quante risorse dispongano. Il microcredito
concepito e insegnato da Grameen Bank serve innanzitutto a questo, a
innsecare quel circolo virtuoso che fornendo mezzi di sostentamento alle
donne li fornisce indirettamente anche alle nuove genrazioni che da quelle
donne e mamme dipendono. L’esperienza di Muhammad Yunus ha infatti
dimostrato ampiamente che le donne dei paesi poveri sono disposte a
maggiori sacrifici rispetto agli uomini e in presenza di aiuto economico sono
disposte a gestirlo con criterio e investire sul proprio benessere, ma anche su
quello dei propri figli. Realizzano sé stesse, ma non trascurano di creare le
condizioni per la realizzazione delle generazioni future che, come abbiamo
avuto modo di vedere, corrono enormi rischi: dalla precaria condizone
sanitaria ed economica, al traffico di bambini, alla mancanza di diritti certi e
severamente applicati per la loro tutela.
Tuttavia il microcredito in Benin pare essere in crisi, vittima della logica
dell’accaparramento selvaggio e della corruzione, come lo scandalo
PADME sta dimostrando. Non sappiamo come si risolverà la vicenda in
questione dal punto di vista giudiziario. E’ certo che l’immagine del
microcredito beninese ne esce abbastanza compromessa e sarà difficile
riconquistare la fiducia delle persone che in esso avevano riposto speranze e
sogni per una svolta. Forse il Benin non è ancora pronto per un sistema di
microcredito su larga scala, o più probabilmente sono gli attori del
microcredito locale che si preoccupano più di avviare una attività redditizia
che gode del favore (e del finanziamento) internazionale anziché
preoccuparsi del vero obiettivo che dovrebbe essere un micro sviluppo
duraturo e sostenibile, parallelamente allo sviluppo macro economico che
non può che essere, almeno per ora, compito esclusivo del Governo.
La speranza è che le piccole realtà locali come Donga Women e tante altre
con cui abbiamo potuto avere solo incontri brevissimi, continuino nel loro
lavoro senza cadere nella tentazione di deviazioni deleterie. Indubbiamente
sarebbe utile che però queste realtà fossero coordinate nei loro interventi, sia
per evitare sovrapposizioni territoriali, che per diversificare gli obiettivi.
Inoltre è auspicabile un coinvolgimento sempre maggiore delle comunità
locali, in particolare di quelle delle aree disagiate del nord. Purtroppo anche
il decentramento politico-amministrativo è una scommessa che non parte
sotto i migliori asupici se mentre scriviamo queste conclusioni il Governo
del Benin è impegnato ad indagare sul furto di cinquantamila schede
elettorali avvenuto a ridosso delle imminenti elezioni comunali locali.
80
APPENDICE: CARTA AMMINISTRATIVA DEL BENIN
81
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(Portale francese sulla microfinanza)
http://www.mdef.bj/article.php?id_article=36
(Sito governativo dell’Economia e Finanza del Benin)
83
TAVOLA I
Foto 1:
Ouidah,
danzatori
alla Festa
Nazionale
del
Vodoun il
10
gennaio.
Foto 2: Abomey,
Place Goho,
monumento al
re Behanzin.
Foto 3: Particolare
dell’iscrizione sotto
la statua di
Behanzin
“Non accetterò mai
di firmare alcun
trattato che possa
compromettere
l’indipendenza
della terra dei miei
avi.”
Gbehanzin Re del
Dahomey
(1890-1906)
TAVOLA II
Foto 4: Ouidah, classe CI, scuola privata.
Foto 5: Ouidah scuola pubblica, piazzale con bandiera del Benin.
Foto 6: Ouidah scuola privata, ricreazione.
TAVOLA III
Foto 7: Ouidah, donne intente nella preparazione
dell’ignam pilè in un maquis
Foto 8: Ouidah, venditrice davanti a un piccolo chiosco di cosmetici
TAVOLA IV
Foto 9: Ouidah, pescatrice nella laguna.
Foto10: Il vecchio saggio di un villaggio del popolo tangba nell’Atacora