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Brevi considerazioni su morte e ritualità funebri per la Comunità italiana Fonti: Rapporto Caritas/Migrantes, dossier 2008 (immigrati e cittadini italiani). Rapporto Eurispes 2010 ed integrazioni a cura di don Sebastiano Carlo Vallati, Carla Giordana e Nadia Somale. Premessa: il panorama religioso in Italia Ottenere dei dati verosimilmente certi ed aggiornati sull’adesione a fedi religiose, sull’atteggiamento spirituale, sull’effettiva conoscenza ed osservanza di prescrizioni o meno è molto difficile. Di seguito viene presentato un estratto dei dati Eurispes e Caritas nell’ultima versione reperita in internet a marzo 2011. La religione più diffusa in Italia è il Cristianesimo; la confessione maggioritaria il Cattolicesimo. Risultano presenti molte altre confessioni cristiane: -ortodossi (1,3 milioni circa, per lo più di recente immigrazione e appartenenti in genere per 900000 alla Chiesa Ortodossa Romena, 150000 alla Chiesa Ortodossa Ucraina, 90000 alla Chiesa Ortodossa Moldava), -protestanti (circa 700000) di cui per lo più Pentecostali e Pentecostali ADI (Assemblea di Dio in Italia, circa 400000), sebbene la tradizione più antica risalga ai valdesi (47500, di cui una vasta comunità nelle aree del Pinerolese). -Circa 36000 risultano essere gli Ebrei, -22000 i Mormoni (solo recentemente censiti), -244000 i Testimoni di Geova. -Per quanto riguarda le altre religioni si stima che in Italia vivano attualmente 1,2 milioni di musulmani, 103000 buddisti, 108000 induisti, 25000 sikh, 45000 animisti. -450 000 appartengono ad altre religioni e 4 milioni si dichiarano atei (7,8%) o agnostici (10,7%) o aconfessionali. In base al rapporto Eurispes del 2010 il numero dei credenti, rispetto alle precedenti rilevazioni, è sensibilmente diminuito ed in Italia i credenti che si dichiarino anche praticanti sono 24,4% (versus non praticanti dichiarati: 52,1%). Sarebbe interessante capire in base a cosa viene fatta questa dichiarazione e quanti effettivamente conoscano le prescrizioni da parte della Chiesa. Già le diverse ricerche spesso utilizzano discrimen differenti per raccogliere evidenze a corredo della dichiarazione di essere praticanti o meno (es. andare a messa la domenica, confessarsi, aver ricevuto i Sacramenti elencati) e i dati cambiano ulteriormente quando vengono incrociati con indicatori più proxy (es. opinione su divorzio, aborto, fecondazione assistita). Lo Stato Italiano ha stipulato delle Convenzioni e dei Trattati con rappresentanti di diversi gruppi religiosi. Si può trovare documentazione ufficiale sul sito del governo all’indirizzo: http://www.governo.it/Presidenza/USRI/confessioni/accordo_indice.html Di seguito vengono indicate alcune peculiarità legate alla religione cristiana cattolica ed ebraica Durante l’ospedalizzazione si verificano specifiche esigenze? Il morire in ospedale o in una struttura è diventato per la maggior parte delle persone un fatto normale, talvolta, l’unica possibilità. Purtroppo la maggior parte delle strutture di ricovero non sono attrezzate per riservare anche solo degli spazi che consentano di vivere decorosamente gli ultimi tempi della vita, sia per il paziente sia per chi lo assiste. Queste problematiche sono da tempo sollevate da utenti, associazioni e curanti che comunque cercano di fare tutto il possibile per garantire almeno un minimo di privacy e di flessibilità, laddove possibile, rispetto agli orari di assistenza1. 1 I luoghi del commiato ARESS-Regione Piemonte 2009 in http://www.aress.piemonte.it/Contenuti/15/40/I_luoghi_del_commiato.pdf Pagina 1 di 8 aggiornato al 18.03.2011 Per Cristiani Cattolici Per i credenti che lo desiderano (su richiesta del paziente stesso o del parente) può essere somministrata l’unzione degli infermi (o unzione dei malati o estrema unzione): un sacramento celebrato dalla Chiesa cattolica e da altre chiese cristiane che consiste fondamentalmente nella preghiera che si fa per un malato, spesso al suo capezzale, e nell'unzione dello stesso con l'olio appositamente benedetto per questo uso. È il sacramento destinato espressamente dalla Chiesa al conforto anche fisico delle persone affette da malattia, fin dai primi secoli del cristianesimo ed ha il significato antropologico di rito di passaggio. In ospedale può essere fatta richiesta di somministrazione da parte del sacerdote attraverso il personale di assistenza. Trattamento del corpo Chi può preparare il corpo del defunto? La religione cristiana cattolica non fornisce indicazioni particolari per la composizione della salma. Abitualmente in ospedale la salma viene composta da personale appositamente deputato, una volta che i parenti hanno fornito gli abiti ed eventuali indicazioni particolari su piccoli oggetti da porre eventualmente sulla persona. Un parente può assistere/compartecipare alla vestizione, salvo impedimenti di natura giuridicosanitaria, dopo averne fatto richiesta al personale di reparto. Ci sono prescrizioni particolari? La religione cristiana cattolica non fornisce indicazioni particolari per la composizione della salma. Per gli Ebrei Se il defunto è di religione ebraica i parenti possono richiedere che venga composto dal personale che agisce per conto della Comunità, contattando il personale di reparto. Presso gli Ebrei, il corpo del defunto viene ritualmente lavato ed avvolto in un lenzuolo bianco o vestito con abiti modesti, per essere deposto in una bara e seppellito (nelle zone orientali i corpi possono essere seppelliti senza bara). La veglia funebre Quali sono i tempi? Per legge nessun cadavere può essere chiuso in cassa né sottoposto ad autopsia, a trattamenti conservativi in celle frigorifere né essere inumato, tumulato, cremato prima che siano trascorse 24 ore dal momento del decesso, salvo casi specifici stabiliti dalla legge2. Durante il periodo di osservazione il corpo viene posto in condizioni tali che non ostacolino manifestazioni di vita. In caso di richieste particolari (es cremazione, trasferimento della salma) occorre darne comunicazione appena possibile al personale di reparto, al fine di adottare le misure necessarie (es. pratiche burocratiche, modalità di conservazione) Quali caratteristiche devono avere gli spazi della veglia? La Chiesa Cattolica non prescrive nulla di particolare. Per quanto riguarda la ‘veglia’ (nelle camere mortuarie, in casa, in chiesa) si tratta di una partecipazione non rigidamente codificata. Di solito consta di una preghiera comune, di norma il rosario, un salmo, un’orazione conclusiva. 2 DPR n. 285 FRL 10.09.1990 Regolamento di polizia mortuaria Pagina 2 di 8 aggiornato al 18.03.2011 Veri e propri cerimoniali sono previsti solo per le veglie per la morte del Papa, con i cosiddetti “novendiali” (almeno prima del Concilio Vaticano II). I funerali di Paolo VI sono espressione del mutamento apportato dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II contrassegnata da un’elegante sobrietà Gli spazi ospedalieri presso le camere mortuarie sono utilizzabili in relazione al numero di defunti presenti per stanza. È solitamente possibile l’allestimento tradizionale, solitamente organizzato dalle agenzie di pompe funebri, che può prevedere ai fiori (vasi in prestito nel bagno delle camere mortuarie), compatibilmente con le norme igieniche e di sicurezza previste. Un tempo la preghiera era centrale nell’accompagnamento del defunto oltre la vita terrena. È a scelta dei presenti e dei parenti la recita del Rosario all’interno della camera mortuaria o in altra sede (non è una cosa d’ufficio fatta dall’ospedale). Per la recita del Rosario non è necessaria la guida da parte di un ministro del culto. Gli spazi e le regole aziendali consentono la veglia del defunto nelle camere mortuarie negli orari di apertura delle stesse (tutti i giorni dalle ore 8 alle ore 20). Nelle ore successive al decesso i parenti del defunto devono scegliere liberamente l’Impresa di Onoranze Funebri a cui affidare le pratiche per il funerale. Nelle Camere Mortuarie è a disposizione l’elenco telefonico Pagine Bianche. Nessuna Agenzia di Pompe Funebri ha convenzioni o rapporti privilegiati con l’ospedale. Le apposite certificazioni rilasciate dall’amministrazione ospedaliera (dichiarazione di morte, certificato necroscopico, modello ISTAT) possono essere ritirate da un parente avente diritto o, generalmente, dall’addetto delle Pompe Funebri da voi incaricato, presso le Camere mortuarie. La sepoltura Rito e corteo funebre. Dal Nuovo Testamento non risulta che Gesù Cristo abbia predicato nulla circa il modo di dare sepoltura ai corpi, tuttavia, pur non essendo vietata la cremazione, è l’inumazione la modalità più consueta e caldeggiata . La legge italiana Attualmente, da un punto di vista civile, lo svolgimento dei funerali è normato, in Italia, dal DPR 285 del 1990, intitolato «Regolamento di Polizia Mortuaria» (cfr. http://www.uaar.it/documenti/laicita/22a.html). Il testo va a regolare tutto ciò che concerne la gestione del cadavere dal riscontro della morte alle varie modalità di tumulazione. Inoltre, in sintonia con i tempi, presenta la preoccupazione di non favorire alcuna religione ed anzi offrire uguale decoro e possibilità "rituale" anche a coloro che non volessero avvalersi di funerali religiosi. Il feretro, sempre chiuso per disposizione della legge civile, viene posto dinanzi al presbiterio. Un tempo solo i nobili avevano diritto alla bara poggiata sul pavimento: la riforma liturgica invece vietò di far differenze tra persone. Per i ministri ordinati si è conservato l’uso di disporre il feretro con il capo rivolto all’altare. Il nuovo rito (Rito delle Esequie, 21 settembre 1974), lega provocatoriamente la propria "novità" ad un ritorno alle origini. Si ispira infatti ad un recupero di modalità antiche per lo svolgimento delle esequie (antecedenti a Trento e anche al Medioevo). Pagina 3 di 8 aggiornato al 18.03.2011 In particolare all’articolo 4, il rituale dispone che i funerali possono svolgersi secondo tre forme3, tra le quali verrà scelta quella più consona alle abitudini del luogo: 1. con tre luoghi di raduno: nella casa, in chiesa, al cimitero; è la forma adottata in Italia 2. con un solo raduno nella cappella del cimitero ed un corteo alla tomba; è la forma prevalsa nel nord Europa, e specificamente nell’area linguistica tedesca. 3. con un solo raduno nella casa del defunto; forma diffusa in parecchie regioni dell’Africa e dell’Europa Lo svolgimento del rito prevede quattro momenti. 1. 2. 3. 4. l’accoglienza ed il raduno la liturgia della Parola la celebrazione della eucaristia (facoltativa) il commiato dal defunto Il DPR n.285 del 1990 stabilisce le condizioni del trasporto dei cadaveri. Sepoltura preferita. Sepoltura tramite tumulazione nei cimiteri locali Sta aumentando la percentuale di persone che vengono fatte cremare. Di tutte le pratiche organizzative e burocratiche connesse alla sepoltura di occupa l’Impresa di Pompe Funebri scelta dai parenti del defunto. La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; non ne proibisce, tuttavia, la cremazione (dal 19634) , tranne che venga scelta per motivi contrari alla dottrina cristiana. Il canone contiene tre norme di carattere generale: il diritto dei fedeli defunti alle esequie ecclesiastiche, il fine delle esequie, l’inumazione delle salme5. Tradizionalmente, i funerali cattolici vengono negati a chi non è stato battezzato, apostati, eretici, scismatici, coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana, agli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli. (non si cita esplicitamente il caso dei suicidi, nda) Rito funebre ebraico La morte è considerata un processo naturale, parte del piano di Dio che rappresenta il passaggio al mondo ultraterreno dove, coloro che hanno vissuto la loro vita in modo degno e virtuoso, saranno ricompensati. La fede ebraica vede Dio come pieno di misericordia e di amore, non punitivo, ciò che conta è il comportamento etico tenuto da ogni individuo in vita. I funerali ebraici possono differire nei riti e nelle tradizioni, esistono infatti diverse comunità: quelle ortodosse, quelle più conservatrici e quelle riformate. I funerali sono gestiti dai familiari più vicini: sposa o sposo, madre, padre, figlio, figlia, fratello o sorella. Il primo passo è contattare il rabbino per avere chiara l'esatta procedura da seguire. 3 Il Codice di Diritto Canonico (1983) 4 Codice di Diritto Canonico Libro IV, Titolo III, Canone 1176 La cremazione nel diritto canonico e civile” di Zbigniew Suchecki, Edizione Libreria Editrice Vaticana, 1995, pp. 300 (vedi recensione apparsa sul numero 97/2 di Nuova Antigone) 5 Pagina 4 di 8 aggiornato al 18.03.2011 Ogni comunità ebraica ha una propria società di sepoltura che si occupa di preparare il corpo e assisterlo fino al momento della sepoltura. Un gruppo di donne si occupa del corpo di una donna, un gruppo di uomini di quello di un uomo. Far parte di questa società è considerato un grande onore dal momento che è un servizio non retribuito. Il defunto non può essere mai lasciato solo fino al momento della sepoltura, è una forma di rispetto mentre passa da questo mondo all’altro. Gli occhi e la bocca devono essere chiusi e un foglio viene messo sul suo volto, i suoi piedi vanno posizionati di fronte alla porta. La sepoltura va effettuata il prima possibile, di solito entro le 24 ore per preservare l’integrità e la sacralità del corpo, si può ritardare se devono essere ancora compiuti i preparativi o devono arrivare parenti da lontano. Il processo di purificazione prevede che il corpo sia pulito e curato con dell'acqua che viene versata ritualmente su di esso. Dopo la purificazione, il defunto è vestito con un sudario bianco come segno di purezza e di santità. Al momento della morte tutti vengono considerati uguali, le ricchezze non contano più niente, nella vestizione non vanno rilevate differenze tra ricchi e poveri. Anche la bara è semplice e completamente di legno così che si decompone allo stesso ritmo del corpo. Il cadavere viene poi avvolto nel tallith, uno scialle di preghiera con numerose frange dove sono segnati i precetti da osservare. Madre, padre, figlio, figlia, fratello, sorella o coniuge strappano una parte dei loro vestiti come segno di profondo dolore per la perdita subita. Anche il pianto è molto incoraggiato perchè simboleggia il cuore distrutto dal dolore. Viene letto un memoriale della persona con la funzione di lodare le qualità del defunto ed esprimere il cordoglio a nome dei familiari e del resto della comunità. Si ritiene che dopo la morte il corpo tornerà alla terra da cui è originato, mentre l'anima ritornerà alla sua radice divina. Dunque il defunto deve essere sepolto nella terra, sono vietate la cremazione e l’imbalsamazione. Normalmente i familiari e amici più intimi si occupano di trasportare la bara e sono quelli che cominceranno a gettare terra sulla tomba. Tre palate di terra sono gettate sulla bara come segno di rispetto per il defunto e la famiglia. I precetti richiedono che tutti i partecipanti assistano alla processione funebre e attendano fino alla fine della sepoltura che la famiglia se ne vada. Sono questi segni di profondo rispetto per il defunto e tali atti saranno ricompensati nella prossima vita. Durante la sepoltura viene recitata la preghiera per il defunto, il Kaddish, con cui si esprime la piena accettazione della volontà di Dio e della sua misericordia, nonostante il grande dolore per la perdita. Sono i familiari più stretti ad iniziare questa preghiera, ma se non ci sono parenti, viene recitata dagli amici o dal rabbino. Gli altri membri della famiglia e gli amici possono unirsi. L’inumazione deve avvenire, se possibile, in un cimitero ebraico o nel settore ebraico di un cimitero municipale. Al termine del funerale, tutti i presenti devono lavarsi le mani, come segno di purificazione e per rimettere l’enfasi sulla vita, dopo che si è stati in contatto con la morte. Trasporto della salma Pagina 5 di 8 aggiornato al 18.03.2011 Sito a cui fare riferimento per notizie circa norme per i trasporti funebri internazionali e i links per poter accedere facilmente alle informazioni su ambasciate e consolati in Italia e all’estero: http://www.euroact.net/tis/ Il lutto Quanto tempo dura? Ci sono prescrizioni da osservare? La Chiesa non fornisce indicazioni in merito; spesso ciò che avviene è frutto di tradizioni locali e familiari. Oggi il lutto non prevede particolari restrizioni, sono piuttosto le persone che si trovano vicino alla famiglia che devono cercare di darle conforto in questi duri momenti, sostenere i familiari ascoltando il loro dolore e la loro sofferenza, senza tentare di diminuire o ignorare le loro emozioni, fornire aiuti pratici per le faccende quotidiane. Ogni anno il giorno della morte della persona può essere richiesta dalla famiglia una messa di suffragio per rinnovare il ricordo del defunto. Il colore del lutto è solitamente il nero, ma durante il rito funebre familiari, parenti ed amici solitamente vestono eleganti con tonalità scure. Fino a non molti decenni fa, vigeva la tradizione di portare abiti neri anche per tutta la vita come segno di lutto. Oggi non c’è più questa usanza, la si può trovare forse ancora nei piccoli paesi di campagna, dove in particolare le donne, indossano un velo e abiti neri dopo la scomparsa del marito o di un figlio o non portano il rosso per un anno dalla morte. Per gli Ebrei Secondo le principali regole del lutto della tradizione ebraica i defunti, prima della sepoltura, vengono lavati (taharà) e vestiti con le rituali vesti mortuarie (tachrichim). La Comunità dispone affinché il precetto venga eseguito secondo l’alachà (legge ebraica). Si raccomanda di agevolare l’operazione che costituisce uno dei doveri verso il defunto. Le persone per le quali è prescritto il lutto sono: padre, madre, fratello, sorella, figlio, figlia, marito o moglie. Primo segno di lutto è la kerià, lo strappo dell’indumento, generalmente al momento della sepoltura. Se il defunto era un genitore, lo strappo si fa sulla sinistra, per gli altri, sulla destra. Terminata la sepoltura, il primo pasto consumato dai dolenti (consistente in pane, uova sode e caffè, ma anche olive nere o lenticchie), dovrà essere offerto loro da amici e non preparato con cibi della famiglia in lutto. Il lutto si divide in tre fasi: durante i primi sette giorni di grande lutto, i parenti più prossimi devono compiere riti specifici, astenersi dal lavoro, e ricevere le visite di coloro che portano conforto. Il lutto grave ha inizio subito dopo la sepoltura, dura sette giorni – compreso quello della sepoltura – e ha termine nella mattina del VII giorno. In questi sette giorni è vietato: lavorare, fare bagni completi, adoperare cosmetici in genere, portare scarpe di pelle, avere rapporti sessuali, studiare – fatta eccezione per le parti tristi della Bibbia e per i riti di aveluth (lutto) -. È prescritto di sedersi per terra o su sgabelli bassi ed è vietato anche uscire di casa. Se non è possibile avere minian in casa, si usa andare in sinagoga per la commemorazione e il kaddish. L’obbligo del kaddish vige fino al termine del XI mese (in data ebraica) dal giorno della sepoltura. Per la recitazione del kaddish nel XII mese, data la diversità degli usi presso i diversi gruppi ebraici, si invita a chiedere chiarimenti al rabbino. Il sabato viene considerato nel computo dei sette giorni, ma non si compiono in esso forme esteriori di lutto. Durante i trenta giorni seguenti la sepoltura è vietato farsi la barba. C’è chi usa cambiare il proprio posto al tempio per la durata di trenta giorni. In questo secondo periodo di lutto (periodo dei trenta giorni) le persone in lutto non devono partecipare a cerimonie liete a meno che queste non riguardino la famiglia in lutto. In caso di lutto per i genitori la proibizione è estesa ad un anno. Pagina 6 di 8 aggiornato al 18.03.2011 Dopo dieci o undici mesi ha luogo la commemorazione annuale che inaugura il monumento funebre, in genere una lapide con la data di morte e qualche frase commemorativa. La tradizione ebraica definisce le pratiche e i rituali che permettono di dare espressione al dolore, allo stesso tempo, però, stabilisce una sequenza predefinita di tempi entro i quali l'intensità del lutto si va progressivamente attenuando. Il lutto ebraico è una dimostrazione di rispetto per i defunti e una fase cruciale per la guarigione di chi ha subito la perdita. Ma l'anima del defunto non desidera che i propri cari restino paralizzati dal dolore, al contrario, l'anima trae grande beneficio dai sentimenti e dalle azioni di amore e di venerazione dei loro cari rimasti. Il lutto per un genitore, fratello, sorella, coniuge o figlio dura sette giorni e prende il nome di "Shivah" che appunto significa "sette”. Bisogna rimanere a casa a pregare fino alla mattina del settimo giorno, senza uscire né partecipare a momenti mondani, amici o famiglie vicine si occuperanno del sostentamento. Durante Shivah è possibile andare a far visita a chi è in lutto, possibilmente dopo i primi tre giorni, che sono considerati i più duri ed è difficile dare conforto, solo amici e parenti più stretti sono presenti. Al momento della visita non è consentito salutare, è necessario attendere che la persona in lutto rivolga la parola al visitatore e solo allora si può provare a dare conforto, è consigliato ascoltare piuttosto che parlare, perché chi è in lutto spesso ha bisogno di sfogarsi. Confortare non vuol dire far dimenticare o ignorare il dolore, piuttosto dare sostegno e far sentire la propria vicinanza e solidarietà. Bisogna stare attenti a quando la persona vuole essere lasciata, per evitare di farla sentire a disagio. Quando si esce, al posto del saluto va pronunciata una specifica frase. Chi è in lutto si siede su bassi sgabelli o per terra a simboleggiare una maggior vicinanza alla terra in cui l'amato è stato sepolto. Gli specchi in casa sono coperti così che l’immagine della morte non venga riflessa ed un lume di olio rimarrà interrottamente acceso durante Shivah. Lo Shiva viene sospeso il giorno dello Shabbat, che è considerato un momento di gioia e riprende nuovamente dopo. Il periodo di Shiva può concludersi con una visita alla tomba. Dopo dieci o undici mesi viene eseguita una commemorazione funebre dove si prega per il defunto con frasi commemorative. Il ricordo Celebrazioni in ricordo del defunto. 1 NOVEMBRE COMUNIONE DEI SANTI DEL CIELO E DELLA TERRA Le chiese antiche si resero conto ben presto che nessun martirologio era sufficiente a contenere il numero dei santi riconosciuti dalle varie comunità cristiane. Sorse così nel IV secolo la solennità odierna, dapprima nella chiesa siriaca, dove era chiamata festa di “tutti i martiri”. Ad Antiochia essa veniva celebrata la domenica dopo Pentecoste, a sottolineare il legame imprescindibile tra effusione dello Spirito dall’alto e testimonianza dei cristiani fino al martirio. I santi, cioè i morti per Cristo, con Cristo e in Cristo, sono viventi assieme a lui, sono una communio sanctorum; e poiché noi siamo membra del corpo di Cristo ed essi membra gloriose del corpo glorioso del Signore, la chiesa pellegrinante ricorda oggi la sua comunione con la Chiesa celeste, assieme alla quale forma l’unico e totale corpo del Signore. Nel corso dei secoli le chiese bizantine hanno conservato la data antioche della festa, mentre i latini colsero 1’occasione di questa celebrazione per cristianizzare i templi e le feste pagane Pagina 7 di 8 aggiornato al 18.03.2011 dedicati a “tutti gli dèi”. Nel VII secolo a Roma essa fu dunque fissata il 13 maggio, giorno, in cui il tempio romano del Pantheon divenne la chiesa di Santa Maria dei martiri. L ‘attuale data occidentale del l novembre è probabilmente di origine celtica, e fu imposta a tutto l'occidente nell’835 da papa Gregorio IV. Posta così nel tempo autunnale, a conclusione dei raccolti, la solennità di Tutti i santi chiede di contemplare la messe di tutti i sacrifici viventi offerti a Dio, la raccolta presso il Signore di tutti i frutti maturi, opera del suo amore tra gli uomini. Essa ricorda, contro ogni solitudine e isolamento nel cuore dell’uomo, che non siamo soli, ma siamo una comunione destinata a una vita senza fine. 2 NOVEMBRE MEMORIA DEI MORTI IN CRISTO I credenti vivono il proprio pellegrinaggio terreno nella fede grazie al reciproco sostegno che si prestano in seno al popolo di Dio. In Cristo infatti tutti i fedeli, sia quelli ancora in vita sia quelli defunti, sono legati gli uni agli altri mediante una comunione di amore e di preghiera. È questo il fondamento più profondo dell’odierna memoria di tutti i morti in Cristo, posta non a caso il giorno successivo alla memoria della comunione di tutti i santi del cielo e della terra. I cristiani d’oriente e d’occidente hanno sempre ricordato nel corso della celebrazione eucaristica i fedeli già tornati al Padre. Gli orientali ricordano in modo particolare i defunti in alcuni giorni dell’anno. In occidente, a partire dal 998, l’abate di Cluny Oddone istituì un ufficio liturgico per ricordare i fratelli della comunità che avevano già terminato il loro pellegrinaggio terreno. Grazie all’enorme influenza dei monaci cluniacensi, tale uso si estese fino a diventare prassi comune in tutta la chiesa latina. Ricordando i defunti in Cristo ogni credente ravviva la speranza di una vita senza fine; Gesù infatti ha promesso a quanti rimangono nel suo amore che la morte non è l’ultima parola sulle loro esistenze, ma è il passaggio a una vita in pienezza, perché l’amore è più forte della morte e la carità non avrà mai fine. * Da Comunità di Bose, Il libro dei testimoni, Martilorogio ecumenico, san Paolo Pagina 8 di 8 aggiornato al 18.03.2011