Malpractice ed autoassicurazione

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Malpractice ed autoassicurazione
Assicurazioni sanitarie
N. 206 - 2015
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Malpractice ed
autoassicurazione
Marco Marchi
Prof. Ordinario di Statistica sanitaria, DISIA Università di Firenze
Presidente Commissione rischi sanitari del C.I.S.A.
(Centro interuniversitario per gli studi attuariali e la gestione dei rischi)
Abstract
Prendendo lo spunto dal Dossier dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) intitolato “Malpractice, il
grande caos” (Luglio 2014) e dalle repliche/precisazioni che ne sono seguite emergono alcune considerazioni, in parte
commenti a quanto riportato ed in parte spunti per ulteriori riflessioni.
Nel Dossier si afferma che “quella dell’autoassicurazione non è stata una scelta pianificata dall’alto, costruita seguendo una
metodologia di prevenzione e di gestione dei rischi condivisa a livello locale secondo linee guida approvate da qualche
ministero. Si è trattato piuttosto di una risposta, in molti casi disordinata, all’emergenza causata dalla crescita dei premi
assicurativi e, spesso, anche dalla mancanza di un assicuratore disposto a prendersi il rischio (che per molte compagnie è
divenuta una certezza) di perdere soldi nella malasanità degli ospedali italiani”.
L’indicatore principale fornito dall’Ania è quello del rapporto “sinistri/premi” (“loss ratio”, ovvero quanto pagato
per i sinistri rispetto a quanto incassato per i premi assicurativi)) per il quale vengono riportati dati clamorosi: “Per
l’intero settore della R.C. medica al 31/12/2012 il rapporto medio dei sinistri a premi per le varie generazioni
dal 1994 al 2012 si attesta al 173%”!
Attualmente, secondo l’Ania, la spiegazione delle macroscopiche perdite sopra-evidenziate andrebbe ricercata
nella “miscela esplosiva costituita da una dilatazione del
concetto di malpractice da parte dei tribunali ed un incremento inarrestabile del valore dei risarcimenti, scarsa
prevenzione o risk management da parte degli ospedali,
incremento esponenziale delle liti e crescente attivismo di
strutture di infortunistica e legali”.
D’altro canto in un documento della Conferenza delle Regioni, illustrato in una audizione parlamentare del Gennaio 2014, si prende decisamente posizione affermando
che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile medica non rappresenta “la panacea di tutti i mali”
ed anche se così fosse “i costi sarebbero così elevati, e
stante così le cose, pressoché insostenibili per professionisti e strutture, sempre ammesso che vi siano reperibili
assicurazioni disponibili a contrarre, delle quali ci si possa fidare (vale a dire solvibili ed affidabili)” da cui la via
d’uscita, per le strutture sanitarie, è quella della “gestione
diretta dei sinistri, perché ne impone l’analisi sistematica
e stimola l’individuazione dei possibili correttivi”… almeno per quanto attiene ai danni non catastrofali”.
Assicurazione ed autoassicurazione a confronto.
I presupposti per procedere all’assicurazione di un evento
sono:
1. La rilevante entità del danno potenziale.
2. La ridotta probabilità del suo verificarsi (nel periodo di
riferimento/osservazione).
Tavola 1. Rapporto sinistri/premi (S/P) al 31/12/2012 per anno di protocollo del sinistro (dal 2000):
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
210%
260%
296%
225%
180%
125%
150%
123%
151%
163%
153%
151%
122%
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L’obiettivo di una compagnia di assicurazione è quello di
gestire in modo efficiente le risorse ottenute dai premi raccolti (che nel caso della sanità sembrano aver raggiunto
un limite massimo e quindi non ulteriormente incrementabili) e ciò è perseguibile riducendo sia il numero di risarcimenti (con aumento della % di “senza seguito”) sia
contenendo al massimo gli importi per gli indennizzati.
In questa logica si comprende quindi come le proposte
suggerite/approvate da Ania non riguardino tanto il contenimento degli eventi avversi in generale ma mirino a ridurre il numero e l’entità di quelli risarcibili, prevedendo:
1. La riduzione dei tempi di prescrizione per le richieste
di risarcimento (dagli attuali 10 anni fino a 5-2 anni
dal momento in cui se ne è acquisita conoscenza).
2. L’esclusione di responsabilità nel caso di aderenza a
linee guida mediche validate a livello nazionale e riconosciute dai giudici (vedere in tal senso quanto previsto dal cosiddetto Decreto Balduzzi 2012, rimasto
inapplicato in quanto non è stato seguito da norme
interpretative in grado di fare ordine fra differenti protocolli e codici professionali in vigore).
3. L’adozione di un tetto alla risarcibilità dei danni non
patrimoniali (altro punto di non applicazione del Decreto Balduzzi 2012 che imponeva l’adozione delle
medesime tabelle per il danno biologico previste per i
sinistri di r.c.a., responsabilità civile auto).
4. L’opzione da evento avverso (evento inatteso correlato
al processo assistenziale e che comporta un danno al
paziente, non intenzionale e indesiderato) a evento
sentinella (evento avverso di particolare gravità, potenzialmente indicativo di un serio malfunzionamento
del sistema, che può comportare morte o grave danno
al paziente e che determina una perdita di fiducia dei
cittadini nei confronti del servizio sanitario).
5. Il ripristino del principio della cosiddetta responsabilità extracontrattuale (regola “aquileiana” del neminem
laedere) in alternativa a quanto stabilito dalla Corte
di Cassazione (n°599/1999) circa la natura contrattuale della relazione che lega un paziente ad una
struttura sanitaria (su questo punto l’opposizione degli
ordini degli avvocati è categorica e si affianca alla
diffusa discrezionalità dei giudici nelle procedure di
determinazione degli indennizzi nel rendere lunghe e
farraginose tutte le relative pratiche).
6. Il mancato interesse per un efficace contrasto delle
pratiche di “medicina difensiva” (sia positiva che negativa) ove queste permettano di respingere/ridurre le
richieste di indennizzo anche a costo di sprechi rilevanti per il servizio sanitario.
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L’orientamento espresso dalla Conferenza delle Regioni a
favore della soluzione in auto-assicurazione sembrerebbe
invece tradursi nella costituzione di Centri regionali per la
gestione rischio clinico - GRC che dovrebbero, in primis
come loro compito istituzionale, individuare le situazioni
di rischio clinico (con le relative variabili causali) al fine
di rimuoverle, utilizzando, correttamente un sistema informativo ad hoc basato sulle:
• segnalazioni di eventi avversi (EA);
• segnalazioni di NM (near miss: eventi avversi potenziali che hanno dato luogo a dei “quasi incidenti”).
Attualmente però in Toscana (la Regione che ha fatto per
certi versi da battistrada sul tema dell’autoassicurazione
sanitaria) al GRC (vedi DGRT 1234/2011) fa capo (oltre
al Sistema informativo S.I. integrato del rischio clinico) anche il funzionamento ed il coordinamento gestionale del
Comitato regionale valutazione sinistri (CRVS) che gestisce i sinistri di entità superiore a 500.000 euro nonché favorisce modalità condivise di valutazione dei risarcimenti
mediante una supervisione dell’attività svolta dai Comitati
aziendali di gestione dei sinistri, con obiettivi non del tutto
convergenti:
1. Rimuovere le cause dei rischi (in particolare nelle situazioni di “eccesso”) per un’azione di reale prevenzione
primaria dei danni ai pazienti.
2. Gestire al meglio (tempestività, conciliazione, riduzione del contenzioso, risparmio nei rimborsi, ecc.) le
pratiche di risarcimento/indennizzo.
In Toscana, essendo i Comitati aziendali (ed in seconda
battuta il Comitato regionale) per la gestione dei sinistri
controparte diretta del paziente “danneggiato” l’utilizzo
di informazioni “privilegiate” potrebbe costituire una sorta di nuova asimmetria informativa (vedi classica selezione avversa dell’assicurato) sulla base delle quali decidere
circa soluzioni conciliatorie o meno proprio in virtù di una
conoscenza più approfondita rispetto alle “informazioni
ufficiali” a disposizione della controparte ed in eventuale contrasto con le informazioni derivanti dall’esperienza
vissuta da parte del paziente.
Non solo ma il “privilegio” garantito al flusso delle segnalazioni di evento avverso (EA) rischia di scaricarsi in modo
negativo sulla completezza ed attendibilità delle fonti informative ufficiali ”di routine” (Cartella clinica, CeDAP e, in
subordine, Scheda di dimissione ospedaliera) diventando
una sorta di strumento improprio di difesa, per cui verrà
detto esattamente cos’è successo solo al GRC che può così
può attuare una difesa più efficace in sede di accertamento delle responsabilità (e di conseguenza ridurre l’entità degli indennizzi), configurando in tal modo quasi l’induzione
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ad una sorta di doppia verità, nel contesto di procedure
S.E.A (Single Event Audit) “informali”! Mancando una parte “terza” nella contrapposizione fra utente (paziente) e
fornitore del servizio /SSN il GRC, con la sua componente
di gestione degli indennizzi, viene quasi ad assumere una
doppia veste di controllato e controllore con in più anche la
disponibilità di un canale informativo “riservato”.
A livello regionale il Centro regionale Gestione rischio
clinico (GRC) e Comitati (aziendali e regionale) per la
gestione dei sinistri (GS) dovrebbero quindi avere ruoli ben distinti anche per evitare le succitate commistioni
“improprie” che potrebbero arrivare fino al punto di configurare una sorta innovativa di “azzardo morale” (Moral
Hazard) nel senso che proprio la garanzia offerta da una
maggiore tutela (acquisita con le informazioni privilegiate di cui sopra) potrebbe indurre l’operatore sanitario ad
una minore attenzione/cautela e la struttura ad un minore
controllo delle situazioni di rischio.
Il GRC dovrà, come suo obiettivo di efficacia, stabilire un
nesso di causalità fra comportamenti/atti del personale
sanitario e disponibilità/uso di attrezzature ed il verificarsi di un EA, identificando così i potenziali fattori di rischio
al fine di rimuoverli (in questo senso l’analisi anche dei
“near miss” assume un ruolo importante e complementare) garantendo la riservatezza con una opportuna (e
formalmente garantita!) attività di “audit”, “peer review”,
ecc. In tale contesto il rilievo di responsabilità dovrà avvenire sotto il profilo “solo operativo”, escludendo i risvolti
economici, con l’unica finalità di permettere quella rimozione dei rischi di cui sopra e le informazioni disponibili
e/o recuperabili dovranno essere utilizzate esclusivamente a questo scopo.
Il GS invece dovrà invece, come suo obiettivo di efficienza, cercare di “pagare il meno possibile” e quindi:
1. Verificare l’entità del danno.
2. Accertare le responsabilità e/o colpe, sotto il profilo
“legale”.
3. Contrapporsi/patteggiare con la controparte.
La possibilità che informazioni riservate, raccolte dal GRC
per scopi di prevenzione primaria dei rischi, passino al
GS per mascherare eventuali colpe e/o ridurre l’entità
dei risarcimenti sussiste e va assolutamente contrastata,
operando una separazione netta fra GRC e GS.
Le informazioni riservate che dovessero emergere nell’ambito della procedura di mediazione/conciliazione dovrebbero essere invece considerate come utilizzabili ai
fini della prevenzione/rimozione dei rischi (senza per ciò
entrare in contrasto con quanto previsto agli art. 9 e 10
del Decreto legislativo 4/3/2010 n° 28).
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Qualche commento ai dati in “autoassicurazione”: punti
di forza e di debolezza dell’esperienza toscana.
(“Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla gestione dei sinistri in Toscana”, a cura di T.Bellandi e R.Tartaglia del
Centro regionale per la gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente - GRC - Regione Toscana, risposta
riportata da Quotidiano sanità del 2 Agosto 2014)
Un punto saliente sembra essere quello della riduzione
delle richieste di risarcimento (di cui si sottolinea la diminuzione “nettamente maggiore tra il 2009 ed il 2013,
anni in cui è stata introdotta la gestione diretta, rispetto
a quella tra il 2006 ed il 2008”): alcune precisazioni
sembrano doverose/essenziali per capire se la Regione
Toscana si sia presa in carico i sinistri denunciati a partire
dal 2010 anche se avvenuti in anni precedenti oppure
questi siano stati rimandati al regime assicurativo in vigore al momento del loro accadimento.
Si ricorda a questo proposito che sussistono due possibili
regimi assicurativi:
• Loss occurrence: sono coperti i sinistri che avvengono
quando la polizza è “attiva”;
• Claims made: sono coperte le richieste di risarcimento
presentate durante il periodo di validità della polizza
(possono essere relative a fatti pregressi).
I dati forniti dal GRC toscano per il periodo 2010-2012
indicano costi per 103 milioni di Euro (sinistri liquidati
per 50 milioni – In altra sede si riportavano però risarcimenti per 22,5 milioni all’anno per il biennio 20102011 – e 53 milioni di stima dei costi futuri per i sinistri
da risarcire) a fronte di una stima triennale di 180 milioni di Euro per costi assicurativi potenziali (premi + franchigie), basata sull’entità estrapolata dei premi pagati
negli anni precedenti.
Alcune osservazioni:
1. Da dati Ania si ricava, in una situazione a regime, un
grossolano rapporto 1:3 fra PAID e RESERVE (indennizzi pagati annualmente a fronte di quanto messo a
riserva) mentre per la Regione Toscana, trattandosi del
periodo di avvio in cui si pagano i sinistri meno impegnativi economicamente, dovrebbero andare a riserva risorse ben più consistenti per fronteggiare adeguatamente, negli anni a venire, i casi più “rognosi” (in”
cauda venenum”), considerando che, sempre su dati
Ania, dopo 18 anni rimanevano 2,3% di “riservati”
con oltre il 7% di importo!
2. I 180 milioni di Euro di premi comprendevano le imposte sui contratti assicurativi (al 22,25%) e l’intermediazione (brokeraggio, di solito fra il 5 ed il 10%) il cui
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importo andrebbe correttamente sottratto.
3.La differenza residua (quindi circa 30 milioni di
Euro) andrebbe rapportata alle spese (non valutate,
o comunque mai rese note) sostenute, per i 3 anni
in questione, per la gestione, in economia e/o con
il supporto di consulenze specialistiche esterne, del
sistema di valutazione dei sinistri e della loro liquidazione articolato nelle 16 Aziende toscane ed a livello
regionale.
Pur sussistendo una sostanziale scarsità di informazioni
per procedere ad una valutazione più rigorosa e puntuale
si possono evidenziare, in positivo ed in negativo, alcuni
elementi.
Punti di forza:
a. creazione di una rete di risk manager nelle 16 Aziende toscane con relativa sensibilizzazione sul tema dei
rischi sanitari ed implementazione di Buone Pratiche
per la sicurezza delle canagure
b. analisi ed approfondimento anche dei near miss (i cosiddetti “quasi incidenti”) oltre che degli eventi avversi.
c. corsi di alta formazione «gestione del rischio nella
pratica clinica e miglioramento continuo della qualità
e sicurezza delle cure», con il Laboratorio management e sanità della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa
(alla 6° edizione);
d.aumento delle conciliazioni* e della tempestività dei
rimborsi (ed assenza di sequele penali);
e. riconduce il processo di liquidazione in un contesto
sanitario (differenziandolo dal risarcimento danni per
r.c.a., incendio od altro) con una rianalisi del problema posto e l’eliminazione delle possibili componenti
di reclamo, insoddisfazione, ecc.
f. risparmio sugli indennizzi/risarcimenti (come riduzione dell’ammontare medio piuttosto che come aumento
del numero dei respinti e/o senza seguito) **
* anche se non si può non rilevare la contraddizione
“filosofica” fra l’adozione della mediazione, (meno
Stato meglio è) contestualmente alla decisione di portare nell’ambito pubblico l’attività di assicurazione sanitaria, inoltre va sottolineato che non ci può essere
conciliazione senza riconoscimento implicito di colpa
e ciò potrebbe trovare l’opposizione del sanitario per
un suo personale interesse al “buon nome”, a fini di
carriera, ecc.
** tutto questo non risulta però, al momento, adeguatamente documentato dai dati pubblicati.
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Punti di debolezza:
a. creazione ex-novo di competenze, interne alle aziende sanitarie, in tema di loss adjuster (valutatori del
danno), per cui occorrerebbero dati analitici sui costi
e sulle reali capacità di svolgere a livello professionale
tali compiti (in alternativa al ricorso a specialisti esterni);
b.sistema informativo integrato del rischio clinico (includente anche il SRGS -Sistema regionale gestione
sinistri) che viene, per certi versi, a contrapporsi al
SIS (Sistema informativo sanitario) ufficiale (Scheda
nosologica di dimissione ospedaliera, CeDAP; ecc.)
e che dovrebbe confluire/armonizzarsi con il SIMES
(Sistema informativo per il monitoraggio degli errori
in sanità, facente capo ad Agenas), tuttora in fase di
difficoltoso decollo;
Reintroduzione di elementi di possibile “sudditanza psicologica” tipica del rapporto medico-paziente nella procedura di valutazione del danno
Sistema un pò “naif” di valutazione probabilistica dei pagamenti ritardati, per le richieste già presentate, e dell’entità del loro risarcimento/indennizzo: la suddivisione in
tre categorie di Probabili (circa il 16%), di Possibili (circa
il 40%) e di Remoti (il restante 44%) in relazione al grado
di realizzazione del pagamento con le relative aliquote
di futuro indennizzo (dal 90 al 10%) appare decisamente
inadeguato rispetto alla sofisticazione delle più aggiornate tecniche di previsione attuariale, che richiedono però
specifiche competenze specialistiche che non risultano essere invece rappresentate in seno al Comitato scientifico
del Centro GRC
Procedura di messa a riserva delle cifre offerte e rifiutate,
prevista esplicitamente dalla Delibera G.R.T. 1234/2011
(“Fase III – Definizione Sinistro: Se invece il danneggiato
rigetta la liquidazione d’indennizzo formulata, l’U.O. Affari Generali/Legali iscrive la riserva (valutazione interna)
per l’eventuale soccombenza nell’azione legale di risarcimento”) che ove comportasse una sottostima sistematica
delle passività (quanto rifiutato in prima istanza sarà verosimilmente inferiore al definitivo!) potrebbe configurarsi
forse come una fattispecie di falso in bilancio
Attuale inadeguata stima delle ritardate denunce IBNR
(Incurred But Not Reported), almeno in parte motivata dal
fatto che solo una attenta analisi delle serie storiche (che
qui non è ancora fattibile, data l’esiguità temporale della
serie stessa) permetterebbe di arrivare a delle stime attendibili con i relativi intervalli probabilistici di confidenza:
andrebbero comunque esplicitati i criteri di quantificazione economica e le modalità della loro messa a riserva.
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Verso un nuovo modello di autoassicurazione
Il Servizio sanitario pubblico deve indicare in modo chiaro ed esplicito quali siano le priorità. Risparmiare soldi/
contenere i costi o far aumentare la sicurezza dei pazienti
(ridurre i rischi e limitare i danni) non sono inconciliabili
ma possono contrapporsi ad esempio in fase di ridefinizione dei flussi informativi (e rispettiva rilevanza): al limite, provocatoriamente, se si fosse capaci di ridurre gli
indennizzi a “zero” non ci sarebbe forse più bisogno di
intervenire sui rischi?
Naturalmente esistono delle vie di mezzo, come in passato la presenza di franchigia avrebbe dovuto indurre/
stimolare il coinvolgimento diretto della struttura sanitaria (e quindi indirettamente il suo interesse alla rimozione
delle situazioni di rischio!) adesso potrebbe configurarsi
un sistema misto di autoassicurazione per eventi avversi
“medio/piccoli” riservando all’assicurazione esterna la
copertura degli eventi “catastrofici” mediante l’introduzione di modelli di gestione “self retention” che ottimizzino
il rapporto fra le parti e valorizzino adeguatamente, in
termini di premi assicurativi, i risultati ottenuti in tema di
rimozione dei rischi (cosa questa che invece non è avvenuta in passato!).
Quello dell’autoassicurazione è davvero un mercato sui
generis in quanto non sussistendo più un premio da far
pagare quale sintesi del processo di analisi sui rischi, sui
danni reali e su quelli reclamati quale significato nuovo
assume il “fair price” (prezzo equo) a livello di operatore
e/o di struttura operativa? Può costituire un indicatore sintetico di rischio “eccessivo” (score che quantifichi l’entità
di rischio rimuovibile, standardizzato e confrontato con
un benchmark) utilizzabile, per un giudizio di performance, in sede di valutazione del personale e/o degli amministratori, una volta “sterilizzata” la fase di quantificazione economica del danno.
Rimane sempre il problema se tale quantificazione sia
più utile per incentivare (premi ai “migliori”) o per disincentivare (penalizzazioni ai “peggiori”) oppure sia più
opportuno rovesciare la tendenza con una maggiore allocazione di risorse/formazione concentrate proprio sui
punti e/o operatori più critici!
A livello regionale è invece di indubbio interesse arrivare ad un ”fair price” globale (quale premio assicurativo
si dovrebbe pagare per coprire i rischi dell’intero sistema sanitario regionale) e soprattutto stimare la massima
perdita potenziale in condizioni estreme, fornendo alla
Regione elementi conoscitivi indispensabili per un adeguato accantonamento di risorse mediante la costituzione
di specifiche riserve attuariali, anche se trattandosi di ac-
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cantonamento e gestione di risorse senza trasferimento di
rischio a soggetti terzi (autoritenzione totale) non sembra
comunque sussistere la delimitazione (requisito assicurativo questo essenziale) del “patrimonio aggredibile” degli
enti pubblici coinvolti (Aziende ospedaliere, Regione) che
ne rimarrebbero quindi responsabili “in toto”.
Autoassicurazione ed equità
Uno dei temi “caldi” dell’analisi epidemiologica sull’attività dei servizi sanitari è quello delle possibili disuguaglianze (di accesso ai servizi, di esito, ecc.) imputabili alle
differenti condizioni socio-economiche, culturali, ecc., ma
finora non è stato mai posto il problema di valutare le possibili disuguaglianze derivanti dal verificarsi degli eventi
avversi e dal loro risarcimento/indennizzo.
Le variabili individuali che potrebbero differenziare la probabilità del verificarsi dell’evento avverso sono qui mirate
alle caratteristiche di status socio-economico, al netto di quelle imputabili ad altri aspetti (età, sesso, patologia, gravità
ecc.) al fine di evidenziare differenze di rischio. Passando
poi alle fasi successive della richiesta di indennizzo e della liquidazione (o meno!) dello stesso sarebbe interessante
accertare se, in regime di assicurazione esterna, ci fossero
elementi significativi di differenziazione in merito alle capacità di affrontare con successo un’azione risarcitoria.
Rispetto al nuovo regime di autoassicurazione le potenziali disequità, specialmente legate alla fase di rivendicazione del danno e dell’entità della sua liquidazione, sono
aumentate o diminuite?
Sicuramente quello che va evitato è che i risparmi (effettivi
o potenziali) connessi ad un nuovo sistema assicurativo
portino ad un aumento delle disuguaglianze stesse, scaricandosi cioè sulle spalle della componente più debole
della società.
Autoassicurazioni e medicina difensiva
La medicina difensiva si verifica quando i medici ordinano test, procedure e visite, oppure evitano pazienti o
procedure ad alto rischio, principalmente (ma non necessariamente) per ridurre la loro esposizione a un giudizio
di responsabilità per malpractice. Quando i medici prescrivono extra test o procedure per ridurre la loro esposizione a un giudizio di responsabilità per malpractice,
essi praticano una medicina difensiva positiva. Quando
essi evitano certi pazienti o certe procedure essi praticano una medicina difensiva negativa. (OTA, Office of
Technology Assessment, USA).
È importante ricordare che a fronte di circa 2 miliardi di
euro riportati come possibile entità complessiva dei costi
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riconducibili alla sfera assicurativa medica si contrappongono (come riportato in convegni, interviste ed indagini
parlamentari) cifre indicative fra i 10 ed i 13 miliardi
riferibili alla medicina “difensiva”.
Ne viene come conseguenza che quando si valutano le
implicazioni connesse ad una scelta in tema di assicurazione medica (con particolare riferimento alla promozione delle attività di risk management) occorre tener conto,
massimamente, dei possibili e rilevanti riflessi che questa
può avere nella riduzione di tali costi indiretti.
Va anche aggiunto che in un’ottica più ampia di comportamenti medici difensivi può ascriversi anche l’alterazione delle informazioni riportate nella documentazione
medica (anche di valore legale come la cartella clinica)
al fine di nascondere l’effettuazione di manovre/interventi/procedure sconsigliati (se non addirittura proibiti!)
che potrebbero costituire elementi negativi in un giudizio
di responsabilità civile e/o penale. La “via di fuga” è
rappresentata dalla possibilità di riportare solo successivamente (ad es. per i CeDAP l’obbligo di compilazione
è entro 10 giorni dalla nascita) o addirittura alterare a
posteriori l’informazione mentre sarebbe necessaria una
registrazione in “tempo reale” e l’obbligo di consegna
della documentazione medica del ricovero al momento/
atto della dimissione del paziente: ciò fornirebbe una ben
maggiore garanzia di qualità dei dati, anche come elemento di prova in sede giudiziale.
Il ruolo della magistratura, dell’avvocatura e della
politica
Si assiste da un lato all’accumulo di cause civili, che contribuiscono con 30000 liti ogni anno ad un contenzioso che
ha raggiunto al 31/12/2010 oltre 3.800.000 casi pendenti, e dall’altro ad un numero abbastanza rilevante (stima
MARSH circa il 5% delle denunce di sinistro) di cause penali
(spesso intentate come “apripista” rispetto alla causa civile)
che solo nell’1% di casi conducono alla condanna.
Con l’autoassicurazione si potrebbe aprire inoltre un
nuovo terreno di scontro per le azioni di rivalsa (esclusa,
per la colpa lieve ma non per il dolo e la colpa grave,
dall’art.3 del Decreto Balduzzi): infatti se il sinistro veniva
pagato dall’assicuratore non si configurava esplicitamente un danno erariale (non essendoci un esborso pubblico aggiuntivo), mentre in regime di autoassicurazione il
risarcimento risulta in corrispondenza biunivoca con l’operato di un singolo o di una èquipe, causando quindi
direttamente un danno economico all’Azienda.
A loro volta gli avvocati, tramite il Consiglio nazionale
forense, si dichiarano contrari:
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• All’orientamento del legislatore di concentrare la responsabilità civile dei casi di malpractice sulle strutture
sanitarie limitando invece quella dei medici: perché
si ridurrebbe la compagine dei soggetti verso cui indirizzare le pretese risarcitorie in caso di danno e si
indurrebbero i medici ad una minore soglia di attenzione, diligenza e perizia con evidente pericolo per i
pazienti.
• A limitare l’esercizio della rivalsa nei confronti dei medici ai casi di dolo o colpa grave ciò che potrebbe favorire ulteriormente il rischioso processo di deresponsabilizzazione professionale del personale sanitario.
• A ridurre il termine prescrizionale da 10 a 5 anni perché costituirebbe una riduzione drastica degli spazi di
tutela del cittadino.
• A disciplinare per iscritto il contratto tra medico e paziente, perché secondo loro è sufficiente l’obbligo generale di protezione del professionista nei confronti
del paziente sancito dalla magistratura.
La XII Commissione parlamentare - Affari sociali della Camera dei Deputati, a sua volta, ha così sintetizzato, recependole da varie proposte di legge, le richieste avanzate
dagli operatori:
1. Approvazione delle Tabelle ex art.138 (valorizzazione delle c.d. lesioni macro-permanenti, quelle superiori al 10% di percentuale di invalidità) con una quantificazione del danno in linea con gli standard europei.
2.Riduzione a 5 anni dei termini di prescrizione per i
danni da Medical malpractice
3. Istituzione di unità di risk management a livello regionale (e aziendale).
4. Istituzione di sedi di conciliazione obbligatoria.
5. Definizione del perimetro della responsabilità civile e
della responsabilità penale degli operatori sanitari.
Prime considerazioni conclusive
È indubbia la rilevanza della problematica e la sua potenzialità “esplosiva” dato che finora si è assistito ad una
netta insufficienza delle cautele messe in atto per arginare
il fenomeno di cui sottolineiamo:
• una sorta di confluenza di interessi divergenti per cui
le compagnie d’assicurazione non hanno più interesse
a rimanere sul mercato (a fronte di perdite che magari saranno anche “gonfiate” ma appaiono comunque
rilevanti!) e le Regioni vogliono sostituirsi ad esse con
l’intento da un lato di risparmiare, almeno nel breve
termine, e dall’altro di ridurre i rischi e quindi di contenere i danni a medio-lungo termine;
• che sembra improprio che il SSN si debba occupare
Assicurazioni sanitarie
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di temi di cui non ha le competenze e che le vada
acquisendo dall’esterno oltre a riconvertire professionalità interne, che potrebbero essere invece utilizzate
per ottimizzare il rapporto con assicuratori esterni;
• che alcuni punti chiave per la ridefinizione della problematica sono in mano ad attori “terzi”:
1. Potere legislativo per la ridefinizione della responsabilità civile e della normativa sul rischio biologico, sulla durata della decadenza per il risarcimento, ecc.
2. Potere giudiziario per la definizione delle responsabilità e la determinazione dell’entità dei risarcimenti evitando la via stragiudiziale (vedi in proposito anche ruolo dell’avvocatura).
3.Mass-media per la sensibilizzazione dei pazienti
che abbiano subito un evento avverso inducendoli
a richiedere un risarcimento/indennizzo.
Occorre che le parti in causa (Conferenza Stato-Regioni,
Ania, Agenas, Magistratura) mettano in piedi un tavolo
di discussione/valutazione comune evitando che le varie
realtà regionali (nelle loro peculiari diversità!) si muovano
in ordine sparso, fino ad un “punto di non ritorno” con
soluzioni contraddittorie e potenzialmente pericolose per
le future finanze pubbliche!
Riferimenti bibliografici:
Ania. Malpractice, il grande caos, Dossier 2 Luglio 2014.
Bellandi T, Tartaglia R. Rapporto Ania. Alcuni chiarimenti sulla
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