LA RAZIONE ALIMENTARE DURANTE LA GRAVIDANZA E L

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LA RAZIONE ALIMENTARE DURANTE LA GRAVIDANZA E L
LA RAZIONE ALIMENTARE
DURANTE LA GRAVIDANZA E L’ALLATAMENTO
L'età adulta abbraccia circa 50 anni della vita di uomini e donne: in un tale arco di tempo, anche le
esigenze alimentari saranno di volta in volta diverse. Nel periodo che va dai 20 anni alla terza età, la
qualità e i ritmi dell'alimentazione dipendono evidentemente dal tipo di vita che si conduce, oltre che
dalle caratteristiche fisiche di ciascuno. In sostanza, il bilancio delle calorie introdotte con il cibo deve
corrispondere a quello delle calorie spese quotidianamente; inoltre, la dieta deve comprendere cibi
appartenenti a tutti i gruppi alimentari.
In gravidanza è bene approfondire in modo particolare il tema dell'alimentazione, per non rischiare
di causare danni al nascituro.
La corretta nutrizione della donna che aspetta o allatta un bambino rappresenta oggi un importante
fattore di prevenzione di malformazioni e disturbi metabolici sia per il nascituro che per la madre, oltre
che a essere fondamentale per la buona conduzione della gravidanza e del parto.
Ci sono dei rapporti chiave fra le due condizioni (gravidanza e allattamento), in quanto
l’alimentazione in gravidanza influenza sia la strutturazione dei tessuti del feto che la riserva materna
per l’allattamento; tali elementi, insieme all’alimentazione che avrà la futura nutrice (alimentazione
durante l’allatamento), condizionano lo sviluppo e l’accrescimento del bambino.
II controllo dell'alimentazione in questi due periodi (gravidanza e allattamento) è diventato
indispensabile per i seguenti nuovi fattori:
- posticipazione dell'età media di concepimento della donna;
- aumento del peso medio della popolazione femminile;
- correlazione tra equilibrio metabolico e malformazioni;
- maggiore diffusione dell'allattamento al seno;
- contaminazione ambientale ed alimentare;
- uso più generalizzato di farmaci ed interrelazioni con gli alimenti.
Nel periodo dell'attesa l'organismo lavora parecchio e aumentano le necessità di energia e di alcuni
specifici nutrienti. Bisogna tenerne conto, non solo per garantire la giusta crescita del bimbo che si sta
formando, ma anche per la salute della futura mamma.
Oggi la scienza della nutrizione ha individuato con precisione i fabbisogni dell'organismo in questa
condizione così delicata. Soddisfarli non è difficile, ma è importante scegliere i cibi più adatti e
assumerli nella giusta quantità.
I n generale in gravidanza sono consigliati i seguenti comportamenti:
- Evitare aumenti eccessivi di peso e fare attenzione a coprire gli aumentati fabbisogni in proteine
calcio, ferro, folati e acqua;
- Durante tutta l’età fertile occorre curare l’assunzione di folati in misura tale da garantire i
fabbisogni, in tal modo si può ridurre il rischio di alterazioni del tubo neurale (spina bifida) del
feto;
- In gravidanza non consumare cibi di origine animale crudi o poco cotti e non assumere bevande
alcoliche.
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In particolare, sotto il profilo nutrizionale, durante la gravidanza occorrono in sintesi:
• Più calorie. Nel primo trimestre il fabbisogno calorico varia poco, ma nel secondo e nel terzo
occorrono ogni giorno circa 300-370 kcal in più (per avere un'idea, è il corrispondente di due
panini da 60 g).
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Più proteine. Sono indispensabili per la costruzione dei nuovi tessuti. Ne occorrono circa 6 g in
più ogni giorno ed è importante che siano proteine di "alto valore biologico", come quelle di carne,
pesce, latte, formaggi e uova.
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•
Più calcio. In gravidanza il fabbisogno di calcio praticamente raddoppia.
Più ferro, iodio e zinco. Anche il fabbisogno di ferro aumenta notevolmente nel periodo dell'attesa
e si considera sempre utile un'integrazione farmacologica di questo elemento. Altri minerali dei
quali aumenta il fabbisogno sono lo iodio e lo zinco. Per il primo è consigliabile l'uso di sale
iodato, mentre lo zinco è presente in buona quantità nella carne rossa.
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Più acido folico. È fondamentale che venga soddisfatto il maggior bisogno di questa vitamina
attraverso una supplementazione farmacologica per tutta la durata della gravidanza.
AUMENTO DI PESO IN GRAVIDANZA
Dal periodo pre-concezionale a quello immediatamente precedente il parto varia
consiclerevolmente: nelle donne normali, va da 6 Kg a 24 Kg. Una buona media cui è opportuno
attenersi è di 12,5 Kg.
Fattori che possono influenzare le dimensioni del nascituro sono l'altezza materna, il rapporto
peso/altezza all'inizio della gravidanza e l'incremento del feto. Nei paesi del Terzo mondo le donne che
intraprendono una gravidanza spesso sono sottopeso e aumentano di poco a causa della scarsità e della
monotonia degli alimenti, nonché dell'attività fisica intensa.
L'obesità in gravidanza aumenta le probabilità di sviluppo eccessivo infantile nonché di malattie
gravi per la madre (ipertensione e diabete). Poiché circa 4 dei 12 kg che rappresentano l'abituale
aumento di peso, sono costituiti da grasso, le donne già in sovrappeso dovrebbero cercare di aumentare
complessivamente non oltre 7-8 kg nel corso della gravidanza.
CALORIE NECESSARIE IN GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Una gravidanza ha bisogno complessivamente di 80.000 kcal, 36.000 delle quali vengono
depositate come massa grassa (4 kg per un aumento di 12,5 kg di peso corporeo), che sarà utilizzata in
caso di carenza di alimenti o nella primissima fase dell'allattamento.
Se l'attività fisica è molto intensa il valore sopra indicato va aumentato e, viceversa, dovrà essere
diminuito nel caso in cui l'attività è scarsa, come avviene nella maggioranza dei casi.
Dividendo per 280 giorni il totale, in media l'aumento delle calorie giornaliere è di 285 kcal o
meglio di 150 kcal nel primo trimestre e di 350 kcal nei secondo e terzo trimestre.
I migliori esiti per la gravidanza (minore mortalità e morbosità perinatale) si ottengono quando il
peso del neonato è compreso tra 3,5 e 4 kg. Il basso peso alla nascita, determinato da un ritardato
accrescimento intrauterino del feto o da un parto pretermine determinano un rischio relativo di
mortalità neonatale significativamente più elevato.
Il peso neonatale è direttamente correlato, oltre che con l'incremento di peso della donna durante la
gravidanza, anche con 1'IMC (Indice di Massa Corporea) della donna all'inizio della gestazione. Ciò
implica che l'incremento auspicabile di peso delle gestanti e il loro fabbisogno aggiuntivo di energia
devono essere determinati individualmente e differiscono in funzione dell' IMC pre-gravidanza.
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È quindi importante sottolineare che le donne sottopeso all'inizio della gravidanza necessitano dì
quantità di energia superiori a quelle delle donne che iniziano la gravidanza in condizioni di peso
ottimale o in sovrappeso. Le prime infatti (IMC < 18,5 kg/m2) dovrebbero essere incoraggiate ad
aumentare il loro peso di 12,5-18 kg, le normopeso (18,5 kg/ m2< IMC < 25 kg/ m2) di 11,4-16 kg (0,5
kg / settimana nel 2° e 3° trimestre) e le sovrappeso (IMC > 25 kg/ m2) di 7-11,5 kg.
Come indicato sopra, nelle donne obese (IMC > 30 kg/ m2) il guadagno di peso raccomandato è di
7 kg. La gestante con età inferiore a 20 anni dovrà essere incoraggiata al guadagno di peso verso i limiti
superiori delle raccomandazioni e la donna di bassa statura (<157 cm) verso i limiti più bassi delle
raccomandazioni. Nella gravidanza gemellare il guadagno di peso consigliato è di 16-20,5 kg (750
g/settimana nel 2° e 3° trimestre).
L’Allattamento comporta uno sforzo per l'organismo e un notevole dispendio energetico, che va
compensato da una dieta qualitativamente e quantitativamente completa.
Il fabbisogno energetico supplementare legato all' allattamento materno è ovviamente
proporzionale alla quantità di latte prodotto. Il valore energetico medio del latte umano è di 65-70
kcal/100 g. Il calcolo del costo energetico della produzione di latte richiede una valutazione
dell'efficienza della conversione dell'energia di origine alimentare in energia del latte (mediamente si
può considerare un tasso di efficienza dell’80%). Nel calcolo del fabbisogno si dovrebbe tener conto di
una perdita media di peso di 0,5 kg/mese nei sei mesi che seguono il parto. Dopo il sesto mese di
allattamento, si dovrebbero distinguere le donne che svezzano i propri bambini lentamente da quelle
che li svezzano rapidamente.
In generale, nell'allattamento la produzione di 850-1000 ml di latte al giorno (nel primo periodo si
osserva la secrezione media di 850 ml di latte) comporta un aumento del bisogno calorico giornaliero di
circa 500-600 kcal. Per sei mesi di allattamento sarebbero pertanto necessarie 135.000 kcal; questo
apporto si riduce a 100.000 kcal in considerazione della quota di grassi che, depositata durante la
gravidanza, va sottratta.
Di conseguenza la quantità addizionale raccomandata per questo periodo corrisponde a 500 kcal
giornaliere. In caso di allattamento oltre i sei mesi l'apporto di energia che la dieta dovrà fornire sarà
adeguatamente maggiore.
Non si deve dimenticare che il cibo, in questo periodo, oltre a compensare le necessità per la
produzione del latte, deve anche ristabilire le scorte di quei minerali, come il ferro, che sono diminuite
nell'organismo durante la gravidanza.
I comportamenti consigliati nell'allattamento sono i seguenti:
- Durante l'allattamento le necessità nutritive sono perfino superiori a quelle della gravidanza:
un'alimentazione variata, ricca di acqua, vegetali freschi, pesce, latte e derivati, può aiutare a star
bene e a produrre un latte del tutto adatto alle esigenze del neonato.
- Nel periodo dell'allattamento è bene evitare quegli alimenti che possono conferire odori o sapori
sgraditi al latte o scatenare nel lattante manifestazioni di tipo allergico.
- Evitare il consumo di bevande alcoliche e usare con cautela i prodotti contenenti sostanze nervine
(caffé, tè, cacao, bevande a base di cola, ecc.).
GLI ZUCCHERI IN GRAVIDANZA
L'effetto dello stato di gravidanza sul ricambio degli zuccheri materni, dipende sia da fattori
ormonali, che da fattori legati alla crescita ed allo sviluppo del feto.
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Le modificazioni endocrine consistono in:
• aumentata secrezione di ormoni in antitesi con l'insulina (estrogeni, progesterone, HPL);
• aumentato ricambio insulinico per motivi placentari.
La placenta è un filtro che ha permeabilità diversa per tutte le sostanze presenti nel sangue
materno; si ha un libero passaggio per glucosio, aminoacidi, acidi grassi, ma non si ha permeabilità per
l'insulina, né per quella materna, ne per quella fetale.
Ogni alterazione del metabolismo materno, ed in particolare della regolazione glucidica, si tradurrà
automaticamente in un'analoga modificazione a livello fetale; in altre parole un'elevazione o un
abbassamento dei livelli glicemici materni comporta una parziale variazione nell'ambiente fetale. Uno
stato di ridotta tolleranza agli zuccheri della madre, come si verifica nelle donne in sovrappeso, che
spesso presentano piccoli rialzi della glicemia, crea problemi di regolazione glicemica anche al
bambino.
Il profilo metabolico durante una gravidanza normale è caratterizzato da maggiori oscillazioni dei
valori glicemici con più bassi livelli a digiuno e più ampie escursioni post-prandiali.
I periodi della gravidanza più pericolosi per i danni da alterata regolazione glucidica sono quello
iniziale e quello terminale. Si è potuto stabilire che l'organogenesi degli apparati coinvolti nelle più
frequenti malformazioni congenite (lo studio era stato condotto su figli di madri diabetiche) è già
praticamente completata fra la terza e la sesta settimana di gestazione. Una composizione modificata
dell'ambiente fetale, ed in particolare dei livelli glicemici, se si verifica in queste prime settimane, può
essere alla base dell'alta incidenza di malformazioni.
Il numero complessivo di malformazioni congenite in questi casi è infatti nettamente superiore che
nella popolazione generale, essendo riportate da diversi Autori percentuali intorno al 6-9%, cioè 3-4
volte superiori alla norma. Si calcola inoltre che attualmente il 50% della mortalità perinatale in
gravidanze complicate da iperglicemie o da diabete gestazionale è da attribuire proprio a
malformazioni congenite.
L'ultimo periodo è altrettanto pericoloso, soprattutto per lo sviluppo di feti troppo grossi
(macrosomia). Quest'ultima anomalia, con le possibili conseguenze di traumi da parto e asfissia, risulta
nettamente aumentata, anche soltanto in presenza di valori glicemici di poco superiori alla norma, o
addirittura in donne con glicemia normale.
Dalle considerazioni fatte, emerge soprattutto la fondamentale importanza della regolazione
metabolica e della glicemia che deve essere mantenuta nella norma fin dall'inizio della gravidanza. Ciò
non è sempre facile considerando il fatto che il riconoscimento dello stato di gravidanza avviene quasi
sempre con qualche settimana di ritardo. Per cui il controllo metabolico nei periodi precedenti il
concepimento (procreazione consapevole) deve essere mantenuto a livelli ottimali. Il controllo è poi
fondamentale lungo tutto il corso della gravidanza, con una corretta alimentazione.
La correzione più opportuna è rappresentata dalla riduzione nell'apporto di zuccheri semplici e
dall'incremento della fibra soprattutto della quota cosiddetta solubile (presente nei legumi e nella soia).
Più che quantitativi i bisogni glucidici sono qualitativi per due problemi contingenti: regolazione
metabolica e stipsi.
La stipsi è legata a fatti compressivi dati dalla massa uterina e dalla ridotta peristalsi, che
condizionano non poco la salute della gestante. Più che con farmaci va combattuta assicurando un
contenuto di fibra di 35-40 g/die da garantire sin dall'inizio della gravidanza. La comune fibra di
frumento presenta notevoli vantaggi rispetto alle altre fibre, ma ha il grosso inconveniente di contenere
derivati dell'acido fitico, che fa precipitare calcio, ferro, magnesio e zinco creando, indipendentemente
dalla carica di contaminanti (e relativi effetti tossici), dei sicuri problemi nutrizionali per l'apporto di
questi minerali in gravidanza. Sarebbe quindi più opportuno integrare con una fibra che non contenga
fitati come quella di soia.
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LE PROTEINE IN GRAVIDANZA
Per l'apporto proteico, il calcolo dei bisogni aggiuntivi per la gravidanza viene fatto tenendo conto
che in una donna che aumenti di 10-12 kg durante la gravidanza e partorisca un figlio di 3,2-3,3 kg, la
deposizione totale stimata di proteine é di 925 g, ovvero di 3,3 g al giorno.
Anche se il ritmo di accumulo non é costante (si passa dai 0,6 g nel primo quarto agli 1,8 g nel
secondo quarto, ai 4,8 g nel terzo quarto ed ai 6,0 g nel quarto), viene proposto un incremento
giornaliero uguale per tutto il periodo della gestazione. Questo incremento va corretto per l'efficienza
con la quale le proteine vengono utilizzate per la costruzione dei tessuti materni e fetali; si può ritenere
che tale efficienza sia di circa il 70%.
La raccomandazione è pertanto quella di un incremento dei consumi in proteine di 6,0 g pro die (le
proteine in gravidanza devono essere aumentate di 6 g al giorno). Tale incremento giornaliero
raccomandato di proteine deriva dalla correzione del valore medio di ritenzione di proteine di 3,3 g per
l'efficienza di utilizzazione (70%) e la variabilità individuale (30%). Ulteriori incrementi di proteine
sembrano non portare nessun beneficio alla madre ed al bambino, e possono al contrario essere di
danno anche al feto.
Per quanto riguarda i bisogni aggiuntivi per la lattazione, calcolando che durante i primi mesi
dell'allattamento si ha una secrezione media giornaliera di 800-850 ml di latte e che il contenuto medio
in proteine del latte è di circa l’1,2%, la perdita che deve essere reintegrata corrisponde a 10 g di
proteine al giorno; il livello aggiuntivo di sicurezza va valutato in 18 g al giorno per tutto il periodo
dell'allattamento, tenendo conto di una efficienza di utilizzazione di circa il 70 % (il fabbisogno in
proteine va incrementato di circa il 30%).
Anche se in realtà solo circa il 75% dell' azoto presente nel latte è azoto proteico, va comunque
considerato che si tratta di azoto perso dalla madre e che pertanto, qualsiasi sia la forma nella quale è
presente nel latte, va reintegrato.
I GRASSI IN GRAVIDANZA
Il fabbisogno minimo di acidi grassi essenziali per l'adulto deriva da studi in base ai quali sembra
che lo 0,5% delle calorie totali sia sufficiente a mantenere l'integrità metabolica. Pertanto viene
raccomandato un livello pari all' 1-2% delle calorie sotto forma di acido linoleico e lo 0,2-0,5% come
acidi grassi poliinsaturi della serie omega-3.
Durante la gravidanza gli acidi grassi essenziali ed i loro derivati svolgono un ruolo importante
per l'unità feto-placentare; pertanto una adeguata assunzione è importante sia nel caso di certe
patologie, come l'ipertensione gravidica o la minaccia di parto prematuro sia per favorire
l'accrescimento fetale. Tuttavia non sembra che il fabbisogno in acidi grassi essenziali, espresso come
percento dell'energia, sia molto diverso da quello della donna adulta non gravida.
Il grasso di deposito materno raggiunge in condizioni normali il peso di circa 4 kg con un
contenuto di acidi grassi essenziali di circa 953 g. Il livello di assunzione raccomandato aumenta in
questo periodo dell'1,5%; dal 3% si passa quindi al 4,5% dell'energia totale.
Nel periodo dell'allattamento, poiché il contenuto di acido linoleico e linolenico nel latte
rappresenta il 4-5% dell'energia totale, la quantità di acidi grassi essenziali secreti giornalmente sarà di
3-5 g. Non essendo nota l'efficienza di incorporazione nel latte di questi acidi grassi e data la relativa
incertezza per altre variabili, gli esperti raccomandano un apporto supplementare di acidi grassi
essenziali del 2-4% dell'energia totale.
In gravidanza sono particolarmente necessari gli acidi grassi della serie omega-3 che si trovano
essenzialmente nel pesce. Per la strutturazione dei tessuti fetali e per lo sviluppo del nascituro si ritiene
che gli omega-3 siano essenziali a livello delle membrane biologiche, soprattutto nei confronti della
retina e del sistema nervoso centrale.
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In particolare, gli acidi arachidonico e docosaesaenoico sono necessari per le strutture cerebrali e
retiniche; la capacità di immagazzinamento del feto e l'approvvigionamento attraverso il latte materno
nel neonato sembrano soddisfare i fabbisogni; qualche problema al riguardo può sorgere nei neonati
prematuri che non hanno accumulato sufficienti riserve di tali acidi grassi e che spesso non vengono
allattati al seno.
Nei mammiferi, elevati livelli di omega-3 si trovano nei fosfolipidi della retina legati alla
rodopsina, pigmento fotosensibile dei fotorecettori, e nella sostanza grigia della corteccia cerebrale. II
pesce ed i derivati ittici in genere (olio) sono ottime fonti di grassi omega-3, che si trovano
originariamente in alghe, piante marine e fitoplancton.
La quantità ottimale di grassi omega-3 nella dieta non è ancora fissata con certezza: tuttavia
sembra più importante definire il rapporto omega-6/omega-3 per l'aspetto equilibratore sopra
menzionato. Il rapporto ideale sembra essere compreso fra 4:1 e 10:1. Un apporto di omega-3 pari all'1
% dell'apporto calorico sembra dunque accettabile.
Tali raccomandazioni valgono soprattutto per la donna in gravidanza e durante l'allattamento per
salvaguardare lo sviluppo retinico e del sistema nervoso del nascituro da eventuali deficit. Nel latte
umano gli acidi grassi omega-3 normalmente rappresentano dallo 0,7 all'1,3% delle calorie totali. Il
latte di donne strettamente vegetariane contiene 2/3 di meno di tali grassi rispetto a donne che
consumano regolarmente diete comprendenti pesce e suoi derivati. Il grasso (DHA) rappresenta circa la
metà della quota di omega-3 contenuti nel latte materno.
Si consiglia pertanto di mangiare più frequentemente pesce e, nei casi di impossibilità, di ricorrere
a integratori di cui ormai esistono parecchie forme, pur di non far mancare alla madre ed al feto questo
elemento così importante.
LE VITAMINE IN GRAVIDANZA
Tutte le vitamine sono utili in gravidanza, ma fra quelle indispensabili l'acido folico, merita
considerazioni a parte. Mentre nella donna adulta il fabbisogno giornaliero si valuta di circa 50 mcg,
nella donna gravida o in allattamento può superare i 100-200 mcg, per il passaggio molto rapido che
determina concentrazioni nel sangue fetale 2-5 volte superiori al sangue materno.
L'anemia si presenta infatti in gravidanza con un'incidenza variabile tra 1:200 e 1 :40 parti, in
relazione alle zone geografiche ed al livello socioeconomico, ed è quasi sempre legata a carenza di
acido folico, non di vitamina B12. L'origine di questa carenza è da riportarsi a fattori molteplici che
spesso coesistono anche in gravidanze normali; oltre all'aumentato fabbisogno per la formazione dei
globuli rossi materni e l'accrescimento del feto, intervengono modificazioni dell'assorbimento e del
metabolismo stesso dell'acido folico, in relazione a un alterato transito intestinale, vomito, o
semplicemente a carenze dietetiche.
L'eccessiva manipolazione o cottura dei cibi porta infatti a riduzione fino al 90% del contenuto di
acido folico. I mesi invernali sono «poveri» di cibi ad elevato apporto, e ciò aumenta il riscontro di
anemie carenziali in primavera; alcoolismo, iponutrizione, mancanza di cibi freschi ne aggravano
facilmente la carenza. Gravidanze plurime o ravvicinate favoriscono quindi la carenza di folati
esaurendo le scorte tissutali. Altri fattori aggravanti possono essere l'età materna avanzata
(fisiologicamente l'acido folico si riduce con l'età ed è molto basso nell'anziano), il fumo e l'uso di
anticoncezionali nel periodo precedente la gravidanza (gli estroprogestinici riducono la concentrazione
di acido folico tissutale).
Come si è detto solo una piccola parte delle pazienti con deficit di acido folico manifesta anemia,
la maggioranza presenterà una carenza «silente» con disturbi aspecifici come astenia, depressione,
edemi, infezioni ricorrenti, disturbi digestivi, ecc.
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Il livello di assunzione raccomandato è stato di conseguenza fissato a 400 μg/die. Nel periodo
dell'allattamento, bisogna considerare oltre al contenuto di acido folico nel latte (circa 50 μg) anche le
richieste metaboliche materne, per cui il livello di assunzione raccomandato è stato fissato a 300
μg/die.
Vitamina A. Nel caso della gravidanza, considerando la necessità di una maggiore quantità di
vitamina A per la crescita e il mantenimento del feto, per la costituzione delle sue riserve e per la
crescita dei tessuti materni, si raccomanda un aumento dei livelli raccomandati di 100 RE/die,
sufficienti per garantire adeguate riserve.
Vitamina D. In gravidanza e allattamento aumenta il fabbisogno di vitamina D, per l'aumentata
utilizzazione di calcio e fosfato nella mineralizzazione dello scheletro in crescita, sia nel feto che nel
neonato. Numerosi studi hanno dimostrato che si possono avere stati carenziali a carico non solo della
madre ma anche del nascituro per una insufficiente esposizione al sole, specialmente in inverno e nel
terzo trimestre di gravidanza. Si raccomanda pertanto l'introduzione con la dieta di 10 μg al giorno.
Vitamina C. Nella donna che allatta, a causa della quantità di vitamina secreta con il latte, i livelli
raccomandati devono essere più elevati (30 mg/die in più). Ugualmente si stima che in gravidanza
l'aumento del fabbisogno sia di circa 10 mg/die.Nel caso dei lattanti le quantità raccomandate sono
basate sul contenuto in vitamina C del latte materno, e sono state fissate a circa la metà di quelle
raccomandate per l'adulto (20-30 mg/die). Per le età successive vengono aumentate progressivamente
con l'aumentare del peso corporeo, fino a raggiungere quelle dell'età adulta.
Folati (Acido Folico). Va sottolineata l'importanza della supplementazione di folati in gravidanza
per la prevenzione della spina bifida e dell'anencefalia nel neonato, in quanto la raccomandazione viene
raddoppiata (400 μ g /die). L'insufficiente apporto di acido folico porta nell'uomo ad una riduzione
della sintesi di DNA e RNA, con la conseguente insorgenza di manifestazioni assai gravi a carico di
cellule a rapido turnover come quelle del midollo osseo, causando così l'anemia megaloblastica. La
carenza di folati nelle donne in stato di gravidanza è frequente, e costituisce un fattore di rischio della
comparsa della spina bifida nel nascituro, una gravissima turba a carico del midollo spinale. Apporti di
folati fino a 5 mg/die sembrano tollerati senza effetti collaterali. Apporti elevati di folati hanno però
l'effetto di mascherare un'eventuale carenza in vitamina B12. Poichè tale carenza può avere effetti
neurologici irreversibili, si consiglia di evitare eccessive supplementazioni di folati, in particolare nei
vegetariani e negli anziani che sono particolarmente a rischio di carenza in B12•
Vitamina B6 Durante la gravidanza e l'allattamento viene raccomandato un incremento del 20% e
del 30% rispettivamente.
Vtamina B12 Le diete strettamente vegetariane sono ad alto rischio di deficienza in vitamina B12.
Una dieta strettamente vegetariana della madre in gravidanza è pericolosa per il nascituro, specie se
sarà in seguito allattato dalla madre e poi alimentato anch'esso con dieta vegetariana: i danni
neurologici possono essere irreversibili. Nelle donne vegetariane strette in stato di gravidanza e nei
neonati carenti si consiglia un supplemento di vitamina B12. Il fabbisogno nell’adulto normale è di circa
1 mg/die. Tale fabbisogno aumenta del 20% circa durante la gravidanza e del 50% durante
l'allattamento.
FABBISOGNI MINERALI IN GRAVIDANZA
Sodio. Durante la gravidanza aumenta il fabbisogno di sodio per aumento del volume dei liquidi
extracellulari, per la richiesta del feto e per il liquido amniotico. L'abituale consumo di sale è
comunque sufficiente a coprire gli aumentati fabbisogni. Anche durante l'allattamento aumenta il
fabbisogno di sodio in relazione al suo contenuto nel latte materno: questo fabbisogno è comunque
coperto dal contenuto della dieta, e pertanto la raccomandazione è uguale a quella dell'adulto.
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Il bilancio del sodio in gravidanza ripartito tra feto e madre è positivo, nel senso che si verifica un
buon equilibrio fra entrate e uscite, queste ultime regolate dai reni. Tale equilibrio è influenzato anche
da vari fattori ormonali (aldosterone) e fisici (la postura eretta riduce la diuresi per la compressione
uretrale esercitata dall'utero gravidico) per cui il bilancio sodico in gravidanza è il risultato di una serie
di equilibri personalizzati.
Potassio. In gravidanza non si verifica una perdita di potassio per l'effetto antagonizzante del
progesterone ed è presente una ritenzione modesta di potassio. Tale quota entra nei tessuti fetali, della
muscolatura dell'utero, delle mammelle e della placenta senza incovenienti.
Magnesio. Il fabbisogno di magnesio in gravidanza è invece notevolmente accresciuto. I livelli
plasmatici sono diminuiti rispetto alla condizione non-gravidica, ed è stato dimostrato che esso è
essenziale per un normale sviluppo fetale e per la prevenzione dell'insorgenza di malformazioni dovute
al suo deficit. Ciò è dovuto ad un aumento della eliminazione urinaria che avviene nonostante il
fabbisogno fetale aumenti progressivamente.
Numerosi studi hanno dimostrato il positivo impiego del magnesio in alcune gravidanze anormali.
Il parto prematuro e l'ipertensione hanno un ruolo preminente nel determinare i peggiori esiti, ed il
magnesio sembra interagire direttamente proponendosi come un buon agente profilattico ed un
presidio terapeutico razionale. Il magnesio nella gravida è risultato più basso nel terzo trimestre che nel
primo trimestre.
Analogamente al calcio e al fosforo, il magnesio passa attraverso la placenta ed è necessario, con
gli altri due, per lo sviluppo dello scheletro del feto. Un supplemento orale di magnesio si è dimostrato
efficace nella prevenzione dell'iposviluppo fetale; un supplemento di 270 mg, in aggiunta ai 330 mg
introdotti con una normale dieta giornaliera, riduce anche l'incidenza di ipertensione.
Calcio. Durante la gravidanza, e soprattutto nel terzo trimestre, il fabbisogno di calcio aumenta,
per la necessità di trasferirne al feto 200-250 mg/die. Analoghe quantità sono perse dalla madre durante
l'allattamento: infatti, il contenuto di calcio del latte materno è di 320 mg/l; assumendo un consumo
giornaliero medio da parte del lattante di 750 ml, la perdita giornaliera di minerale è di 240 mg per la
gestante. Anche se il controllo ormonale del metabolismo calcico determina nella gestante e nella
nutrice un aumento dell'assorbimento intestinale e una diminuzione dell'escrezione urinaria di calcio, è
comunque opportuno prevenire il depauperamento del patrimonio minerale della donna con un
aumento dell'assunzione di calcio di 400 mg, in accordo con le precedenti raccomandazioni.
La gravidanza comporta un passaggio considerevole di calcio dall'organismo materno al feto che,
al termine, risulta dotato in media di 25 mg di calcio nello scheletro. Il dato è, comunque, in relazione
al peso del feto stesso. L'organismo materno, di fronte a richieste così elevate, già nel primo trimestre
di gravidanza aumenta l'assorbimento intestinale del calcio, ma è durante la seconda metà della
gravidanza che si verifica l'accumulo maggiore. Quando la gravidanza è a termine si assiste ad un
ulteriore incremento di circa il 20%.
Gli scambi tra placenta ed osso, in questo periodo, aumentano considerevolmente ed un ruolo
fondamentale nel metabolismo del calcio fetale viene giocato dalla placenta che contiene 1 mg di
calcio per grammo di peso. Per la gestante, va considerato che il feto, in particolare al terzo trimestre,
necessita di circa 30 g di calcio. Nell'allattamento la secrezione di 850 ml di latte comporta nei primi
sei mesi una richiesta superiore di 50 g di questo minerale rispetto alla donna non nutrice. In totale il
bisogno addizionale sarebbe di 80-100 g. Considerando una più efficiente utilizzazione del calcio in
questo periodo, gli esperti raccomandano nel terzo trimestre della gravidanza e per tutto il periodo
dell'allattamento una razione di 1000-2000 mg/die.
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Anche le gravide abituate da molto tempo ad un basso apporto di calcio (meno di 500 mg/die)
sembra che si adattino bene a questo scarso apporto diminuendo l'escrezione del calcio ed
aumentandone l'assorbimento. In altre parole, si assiste, durante la gravidanza, ad una utilizzazione più
efficiente del calcio. È comunque importante che sia sufficiente l'apporto di magnesio ed in parte
limitato quello del fosforo per ottenere un bilancio calorico positivo, soprattutto per quelle gravide che
manifestano una intolleranza al latte e ai suoi derivati. Prima di rinunciare all'assunzione del latte è
doveroso fare un tentativo con latti privi di lattosio e tenere ben presente che si possono consigliare
acque minerali ricche di calcio.
Fosforo. È consigliabile che l'apporto dietetico di fosforo sia almeno uguale a quello del calcio nel
bambino e nelle donne durante la seconda metà della gravidanza e l'allattamento. Generalmente una
dieta adeguata per l'apporto di calcio assicura anche una sufficiente quota di fosforo. Il rapporto
calcio/fosforo nella dieta regola l'assorbimento e l'escrezione di questi elementi; purtroppo quando uno
di essi è in eccesso, l'escrezione dell'altro aumenta. È da segnalare l’insufficiente contenuto di fosforo
del latte umano per il neonato prematuro.
Zinco. La concentrazione di zinco scende circa del 30% in gravidanza e anche la concentrazione di
zinco nei capelli può subire un piccolo decremento. Le indagini rivelano che molte donne gravide
mangiano meno rispetto agli apporti dietetici attualmente raccomandati. La concentrazione di zinco nel
feto è di solito all'incirca doppia che nel sangue della madre. Anche se mancano tuttora dati
significativi e c'è bisogno di ulteriori ricerche, è certo che lo zinco in gravidanza merita un occhio di
riguardo.
Durante la gravidanza, lo zinco accumulato nell'ultimo trimestre è di circa 0,8 mg ma sembra che
meccanismi di adattamento metabolico facciano si che non sia necessario aumentare l'apporto di zinco
in gravidanza. In corso di allattamento è possibile che l'assorbimento dello zinco alimentare aumenti. È
comunque consigliabile una maggiorazione dell'assunzione di 5 mg/die, per reintegrare la quota
secreta nel latte.
Iodio. È molto importante per il rischio di cretinismo. Nello stabilire il livello cli assunzione
raccomandato, occorre tener presente la notevole variabilità del bisogno dei singoli individui,
l'eventuale interferenza degli altri componenti della dieta nonché l'influenza delle condizioni
ambientali.
Il bisogno di iodio nell'adulto è stato valutato tra 100 e 200 mg/die; in alcune zone prive di iodio
nelle acque (dette zone gozzigene) tuttavia, l'apporto alimentare di iodio è inferiore a 75 mg/die, per cui
si consiglia un aumento di consumo di pesce o di supplementi di iodio. In gravidanza si raccomanda un
surplus di 25 p g/die, per tenere conto delle esigenze per lo sviluppo fetale.
In gravidanza si raccomanda un surplus di 25 μg/die, per tenere conto delle esigenze per lo
sviluppo fetale.
Ferro. Occorre calcolare che in gravidanza vi è un trasferimento di 250-300 mg di ferro dalla
madre al feto. Questo processo avviene nella seconda metà della gravidanza e a ciò vanno aggiunte
le perdite ematiche di circa 599 ml, che comportano, al momento del parto, un calo totale di ferro di
300 mg.
Si deve quindi calcolare che una gravidanza depaupera la madre di circa 500-800 mg di ferro.
Bisogna infatti sapere che durante la gravidanza, in presenza di adeguate scorte di ferro, i globuli
rossi possono aumentare del 30% utilizzando almeno 500 mg di ferro di depositi.
Nella prima metà della gravidanza sono sufficienti 0,8 mg di ferro al giorno. Nella seconda
metà il bisogno complessivo per 140 giorni è invece di 425 mg che corrisponde a circa 3 mg al
giorno. La quota perduta durante il parto va invece soddisfatta nella prima fase dell'allattamento.
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In questo periodo, oltre a questa quota, va considerata la quantità di ferro basale (145 mg complessivamente nei 6 mesi) e quella secreta con il latte (45 mg). La richiesta totale è pertanto di 440
mg con un valore giornaliero di ferro assorbito di 2,4 mg.
Questa quantità può essere assicurata con un buon consumo di carne rossa o di fegato che
rappresenta il più importante fornitore di ferro. In alcuni casi sarà il medico a valutare la necessità di
un'aggiunta di ferro per mezzo di farmaci.
Durante il periodo della gravidanza il fabbisogno complessivo di ferro è stato calcolato in 1040
mg 240 mg per il fabbisogno basale, 450 mg per l'aumento della massa emoglobinica, 350 mg per il
feto e la placenta. Nel primo trimestre di gravidanza il maggior fabbisogno di ferro è compensato
dall'interruzione delle perdite mestruali, e non sarebbe quindi necessario un aumento dell'apporto di
ferro. Tuttavia, poiché gran parte delle donne in età fertile presenta scarsità o assenza di depositi di
ferro, viene consigliato un aumento degli apporti di ferro con la dieta sin dal primo trimestre di
gravidanza (30 mg/die). Poiché una dieta equilibrata non permette comunque di coprire tale
raccomandazione, appare necessaria una supplementazione in ferro.
Nel corso dell'allattamento, poiché la quantità di ferro presente nel latte materno è assai modesta, il
depauperamento del patrimonio marziale è inferiore a quello che si avrebbe con i flussi mestruali che
normalmente sono assenti. Tuttavia, poiché si possono verificare perdite di sangue particolarmente
abbondanti al momento del parto, si consiglia di mantenere il livello di raccomandazione delle donne in
età fertile in condizioni normali, ossia 18 mg/die.
BIBLIOGRAFIA
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Donegani G., Menaggia G. - Principi di Alimentazione - FRANCO LUCISANO EDITORE, Milano,
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Murray M., Pizzorno J., Pizzorno L. - Enciclopedia della Nutrizione - TECNICHE NUOVE, Milano,
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