Settembre 2013 - Netpublicator

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Settembre 2013 - Netpublicator
Settembre 2013
Box Media
Salute
dei reni
In collaborazione con
SIN, FIR, ANED
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QUESTO SUPPLEMENTO E STATO REALIZZATO DA BOX MEDIA ITALIA. RCS NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL SUO CONTENUTO / WWW.BOXMEDIAITALIA.COM
Salute dei Reni
Settembre 2013
Pag. 2
Direttore Stampa
e Redazione
Box Media
Veicolato con
Corriere della Sera
Sette
Responsabile Edizione
Sabrina Lieto
Diffusione
Nazionale
Layout
Giandomenico Pozzi
Tiratura
Pluriregionale
Editoriale
LA SOCIETÀ ITALIANA DI NEFROLOGIA:
UNA SOCIETÀ SCIENTIFICA APERTA
ALLE ESIGENZE DELLA COMUNITÀ
Prof. Giovambattista Capasso
Ordinario di Nefrologia
Presidente della Società Italiana di Nefrologia
Collaboratori
Mara Venturini Giornalista professionista, si occupa
di sostenibilità ambientale, alimentazione e agricoltura biologica,
oltre che di salute e benessere
SIN
Società Italiana di Nefrologia
FIR
Fondazione Italiana del Rene
ANED
Associazione Nazionale Dializzati e Trapiantati
Sommario
Ricerca e prevenzione
al primo posto
pag. 4
L’importanza della ricerca in
ambito nefrologico
pag. 4
Inforeal: informazioni
a portata di click
pag. 5
Aned: da oltre 40 anni a fianco
dei malati di rene
pag. 6
Esercizio fisico: un “nuovo
farmaco” nella cura
dell’Insufficienza Renale Cronica
pag. 7
Rene Policistico Autosomico
Dominante: una malattia ancora
"orfana" di terapia
pag. 9
AIRP (Associazione Italiana Rene
Policistico - onlus)
pag. 9
Calcoli renali: piccoli accorgimenti
per un grande risultato
pag. 10
Gli essenziali benefici dell’acqua
pag. 11
La Società Italiana di
Nefrologia (SIN) è tra le
più importanti società
nefrologi¬che al mondo per rilevanza clinica,
produzione scientifica
ed anche per numero
di iscritti. La sua importanza si basa su diversi
fattori: prima di tutto il numero e la tipologia
dei pazienti che assiste. In Italia ci sono attualmente circa 4 milioni di persone che sono
potenzialmente affette da qualche forma di
insufficienza renale ed essere ammalati di
rene è un fattore di rischio aggiuntivo di mortalità cardiovascolare. Quando l'insufficienza
renale progredisce bisogna ricorrere alla dialisi:
attualmente circa cinquantamila nostri concittadini necessitano di questo trattamento
essenziale per la loro sopravvivenza. L'impegno economico necessario a coprire le spese
per la dialisi ammontano a 2 miliardi e 475
milioni di euro annui, pari al 2.3% dell’intero
budget sanitario (spesa globale valutabile sui
110 miliardi di euro). Questo è un secondo
aspetto per cui la SIN è importante: si interessa di una malattia che costa molto. Qualunque piano sanitario dovrebbe avere come
obiettivo primario la riduzione o il
conteni¬mento di questo enorme budget.
Ciò si può ottenere attivando strategie di prevenzione, coinvolgendo la medi¬cina territoriale, incentivando la dialisi peritoneale, promuovendo politiche per favorire il trapianto
da vivente e così via. Tutti questi programmi
innovativi non possono in nessun modo prescindere dal coinvolgimento della figura del
Nefrologo. Recenti dati indicano che laddove
è il Nefrologo (o un medico in stretta collaborazione con il Nefrologo) a seguire il paziente nefropatico, allora la vita del rene si
allunga, determinando una significativa riduzione dell’incidenza dei pazienti in dialisi. In
questi anni la SIN si è impegnata in alcune
settori specifici. Abbiamo e stiamo dando
molto spazio alla ricerca sulle Malattie rare.
Questo impegno nasce da diverse considerazioni: prima di tutto è possibile che molti dei
pazienti che necessitano trattamento dialitico
siano affetti da una malattia rara non diagnostica (oggi soltanto il 70% dei pazienti in
dialisi conoscono la malattia che li ha portati
in dialisi). Dal 1998 le malattie rare sono state
dichiarate un’area di intervento prioritario nel
piano sanitario na¬zionale. Le ragioni di questa scelta sono molteplici: i pazienti affetti da
queste patologie si trovano di fronte a una
serie di problemi che vanno dalla difficoltà
nel porre una diagnosi, alla mancanza di centri di riferimento in grado di seguirli nel tempo, all’assenza, spesso, di una cura adeguata
e alle enormi problematiche, incluse quelle
economiche, che devono affrontare le famiglie dei pazienti. Si aggiunga che, trattandosi
di patologie rare, è spesso difficile convincere
l’industria farmaceutica ad intraprendere studi
adeguati per approntare cure specifiche. Tutte
queste ragioni impon¬gono alle istituzioni,
ivi comprese le società scientifiche, di impegnarsi nella promozione di diagnosi, assistenza
e terapia di queste patologie, aprendo la strada all’interessamento di aziende farmaceutiche. Inoltre la SIN sta facendo grossi sforzi
per identificare e trattare quanto più precocemente possibile i pazienti che vanno incontro ad insufficienza renale acuta. Questo
sta avvenendo attivando la ricerca di base
per identificare marcatori precoci di danno
renale e stimolando la collaborazione con i
colleghi medici delle terapie intensive. Lungo
questa linea abbiamo anche iniziato una proficua collaborazione con la Società Italiana di
Oncologia individuando due temi da sviluppare insieme: lo studio della nefrotos¬sicità
dei farmaci oncologici, soprattutto di quelli
di ultima generazione (che vengono propagandati come non nefrotossici), e la patogenesi e cura dei tumori nei pazienti trapiantati.
Infine ci sono realtà nel mondo dove l’accesso
alle cure nefrologiche è un sogno, un miraggio. E quando parlo di cure mi riferisco al
semplice esame delle urine, al monitoraggio
della pressione ar¬teriosa, alla possibilità di
avere una diagnosi bioptica, per non parlare
dell’eventualità di trattamenti con terapia dialitica. I colleghi nefrologi italiani sentono molto
queste problematiche. Parecchi nostri Colleghi
spontaneamente e coraggiosamente si recano
nei Paesi del cosiddetto “Terzo Mondo” per
portarvi la propria opera pro¬fessionale. Noi
li vogliamo incentivare ed assistere in questa
loro opera meritoria e di grande solidarietà.
Per questo abbiamo intenzione di attivare un
intervento in uno dei paesi più poveri al mondo, il Madacascar. In questa nazione, grazie
anche alla presenza in loco di operatori sanitari italiani (Next onlus) e di concerto con
la Seconda Università di Napoli, abbiamo approntato un programma che prevede una collaborazione per la formazione medica degli
studenti malgasci e la nascita di una clinica
nefrolo¬gica che, partendo dall’esame delle
urine, sia in grado di fornire anche una diagnostica più complessa, come la biopsia renale, fino a giungere alla terapia sostitutiva
(dialisi peritoneale ed emodialisi).
Ho cercato di disegnare in poche righe l'essenza della nostra società scientifica molto
attenta alle problematiche dei pazienti, desiderosa di promuovere la crescita culturale dei
nefrologi ma che abbia anche il coraggio,
nono¬stante i tempi di crisi e di rigore economico, di guardare fuori dai nostri confini
in regioni del mondo più sfortunate, per portare quello che è sempre stato il carattere distintivo della nostra italianità, solidarietà e
umanità che si coniugano a professionalità,
capacità e creatività.
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Una pubblicazione
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Da sapere
VERSO UNA DIALISI PERSONALIZZATA
Prof. Antonio Santoro
Direttore Unità Operativa Complessa
di Nefrologia, Dialisi ed Ipertensione
Policlinico S.Orsola-Malpighi
Azienda Ospedaliero-Universitaria
di Bologna
Sono trascorsi più di 50 anni dalla nascita
del primo rene artificiale a membrana per
il trattamento dialitico dei pazienti con
insufficienza renale cronica. Da allora numerose innovazioni tecnologiche, tra cui
l’introduzione delle membrane biocompatibili, hanno profondamente modificato
la terapia sostitutiva renale. Ancora oggi, però, non abbiamo
dati conclusivi che suggeriscano
una modalità di trattamento o
una membrana come ottimali.
L’adeguatezza dialitica rimane
un concetto teorico, basato sul
raggiungimento di molteplici
obiettivi comprendenti la regolare correzione dei disordini metabolici, la prevenzione degli effetti collaterali e della non-fisiologicità di una dialisi intermittente, che tenta di “imitare”
le complesse funzioni del rene umano.
Certamente l’introduzione delle membrane ad elevata capacità filtrante ha aperto
la strada a tecniche dialitiche, come
l’emodiafiltrazione e l’emofiltrazione, che
allargano l’orizzonte depurativo e facilitano il percorso verso trattamenti adeguati. Inoltre, la caratteristica di alcune
membrane di adsorbire molecole tossiche
di grandi dimensioni, permette di alleviare
molti sintomi e disfunzioni correlate con
l’uremia. A seguito dei grandi progressi
tecnologici degli ultimi anni, è nata l’opinione, anche tra i nefrologi, che si possa
pensare ad una terapia dialitica “unica”,
adatta a tutti i pazienti. Questa visione
contrasta pesantemente con l’esistenza
di un profilo biochimico e clinico specifico
per ogni paziente. Il paziente
con diuresi conservata non
può certo avere lo stesso milieu biochimico e lo stesso bilancio fluidico di un paziente
anurico. Il diabetico, il cardiopatico o il bronco-pneumopatico in dialisi cronica hanno
problematiche distinte fra loro,
nonché differenti risposte cliniche ed emodinamiche al trattamento
dialitico. Nei pazienti “problematici” la
personalizzazione della terapia e la specificità della prescrizione sono l’unica via
per migliorarne l’esito clinico. D’altronde
il concetto di personalizzazione è normalmente applicato ed accettato in molte
terapie farmacologiche. Basti pensare al
trattamento dell’ipertensione arteriosa
che, per correggere alti valori pressori,
può contare su trenta farmaci differenti
fra loro in farmacodinamica, farmacocinetica ed efficacia.
Ed è ormai assodato che la terapia migliore per il paziente con ipertensione è
quella “ragionata” che tiene conto dell’eziologia della malattia, della sua gravità,
ma anche delle caratteristiche del soggetto, della sua vita sociale e di quella lavorativa. Se abbiamo accettato la personalizzazione del trattamento dell’ipertensione, perché dobbiamo pensare che la
dialisi debba essere standardizzata ed
uguale per tutti? E’ pur vero che, in un
sistema sanitario come l’attuale, sofferente per una cronica carenza di risorse
ed in assenza di evidenze cliniche che indichino la superiorità di uno specifico trattamento dialitico, venga spontaneo pensare di adottare un trattamento “unico”.
Un trattamento standardizzato potrebbe,
infatti, essere visto come estremamente
vantaggioso sul piano economico. Ad
un’analisi più approfondita, questa visione
economicistica della dialisi, può rilevarsi
miope e poco efficace anche sul piano
del risparmio. In sanità, nella valutazione
dei costi va fatto un salto quantico, sfor-
zandosi di considerare la prestazione non
solo per il suo costo individuale, ma anche
per l’impatto sui costi indiretti che la sua
inappropriatezza può indurre. Un trattamento dialitico non ben tollerato da alcuni pazienti, per esempio quelli più “fragili“, può dare luogo ad effetti collaterali
che richiedono ripetuti ricoveri ospedalieri.
Quel trattamento, oltre che dannoso per
il paziente, diventa economicamente
svantaggioso rispetto ad un altro, apparentemente più costoso, ma meglio tollerato.
La terapia dialitica, come tutte le terapie
croniche, deve tener conto delle specificità
del paziente, basarsi sui suoi bisogni metabolici, sulla sua tolleranza generale e
cardiovascolare, sulla sua funzione renale
residua e sulla sua compliance dietetica.
A questo punto diventa facile formulare
la ricetta della prescrizione considerando
modalità di trattamento, tipo di membrana, frequenza e durata delle sessioni settimanali, flusso sangue, definizione del
“peso secco” e farmaci prescritti. In conclusione, è mia personale opinione che,
solo attraverso una visione olistica del paziente e del suo trattamento, si può pensare di raggiungere obiettivi di sicura efficacia clinica senza trascurare aspetti di
appropriatezza e di economicità.
Focus
FUNZIONALITÀ RENALE
UN PROBLEMA DA NON SOTTOVALUTARE
Giuseppe Remuzzi
Presidente Società Internazionale
di Nefrologia
Giovanni ha 32 anni, è sempre stato bene
(alla visita di leva c'erano tracce di sangue
nelle urine, ma nessuno ci ha fatto caso).
Da qualche tempo urina molto, anche di
notte e da qualche giorno ha mal di testa
tanto che fatica perfino a prendere sonno.
Va in farmacia a cercare un analgesico.
Gli provano la pressione: 200/110. “Com'
è possibile? Ho sempre avuto la pressione
normale”. Gli fanno gli esami. C'è insufficienza renale, grave. Giovanni due settimane dopo è in dialisi: quattro ore, tre
volte la settimana per tutte le settimane
del mese, per tutti i mesi dell' anno. E
sarà così finché non si potrà fare un trapianto di rene. Una storia come tante. Sì,
perché pressione alta e diabete alla lunga
danneggiano il rene. Al mondo forse 500
milioni di persone hanno qualche forma
di danno renale. Molti di loro hanno l' albumina nelle urine e adesso sappiamo
che chi ha l' albumina nelle urine potrà
avere presto o tardi anche problemi al
cuore. La malattia renale oltre a danneggiare il cuore può progredire verso l' insufficienza renale. Servirà la dialisi e un
giorno o l' altro il trapianto. Quanti vivono
con la dialisi? Quasi cinquantamila in Italia,
due milioni in tutto il mondo e costeranno
mille miliardi di euro in dieci anni. Così,
per chi vive nei Paesi poveri di dialisi e trapianto non si parla proprio, costa troppo.
E un milione di persone che si potrebbero
salvare, muoiono. Ma a cosa servono i reni? “Per produrre urina” si dirà. Sì, ma il
rene fa tante altre cose ancora. Siamo
fatti per i tre quarti di acqua e le nostre
cellule sono immerse in un fluido che ha
– e deve avere - una composizione molto
precisa.
La funzione principale del rene è proprio
questa: mantenere costanti le caratteristiche del liquido che ci avvolge. Basta un
po’ più di potassio o meno sodio nel fluido che bagna le cellule perché il cuore si
fermi o il cervello ne soffra. Non succede
quasi mai. C’ è il rene, che fra l’altro ci
dà la libertà di eccedere. E’ per via del re-
ne che possiamo prendere più di quanto
abbiamo bisogno, acqua e sale per esempio. Il rene elimina esattamente quello
che non serve e lo fa minuto per minuto,
con una precisione cui nessuna bilancia
di nessun farmacista riesce ad arrivare. Se
il rene, di colpo, smette di funzionare si
muore in pochi giorni (è perché i prodotti
di scarto che produciamo ogni giorno sono tossici). Ma il rene sa adattarsi in un
modo straordinario al danno cronico; si
può arrivare a perdere il 95% della funzione del rene e stare ancora abbastanza
bene. E dopo? C’è la dialisi. Ma la dialisi
non sostituisce tutte le funzioni del rene,
non quella di far formare i globuli rossi,
e non gli effetti favorevoli sulle ossa, per
esempio. Oggi però per chi è in dialisi ci
sono eritropoietina e vitamina D. Per fortuna, oggi il rene si può proteggere e
quello che è successo a Giovanni oggi si
può evitare Come? Con farmaci che abbassano la pressione e appartengono alla
categoria degli ACE-inibitori: fermano la
progressione delle malattie renali e proteggono il cuore da infarto e scompenso.
Bisogna accorgersene presto però, e non
succede quasi mai: c’è poca sensibilità per
le malattie renali, il rene è negletto, persino nel linguaggio del popolo. Diciamo
“cuor di leone” o che uno “ha fegato”,
non c’è niente di simile per il rene. Nella
Bibbia si fa riferimento al sangue e al
cuore un'infinità di volte. Del rene si parla
una volta sola: Dio per giudicare le persone guarda i loro reni. E perché proprio
i reni? Perché i reni erano considerati la
sede del temperamento, delle emozioni,
delle virtù. Poi, più nulla, fino alle “Allegre
Comari di Windsor”, di Shakespeare. Nel
terzo atto, scena V, Falstaff parla di reni
quando racconta al gentiluomo che pensava fosse Master Brook la sua disavventura (la cesta dei panni sporchi in cui si
era nascosto è stata gettata nel Tamigi!)
e gli dice “a man of my kidneys”, letteralmente “o uomo dei miei reni”: vuol dire uno come me, con i miei stessi sentimenti e anche, un po’, la mia stessa corporatura. Se dalla Bibbia a Shakespeare
si ricorre ai reni per esprimere temperamento e virtù una ragione ci sarà.
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Salute dei Reni
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Focus
RICERCA E PREVENZIONE AL PRIMO POSTO
Prof. Alessandro Balducci
Presidente Fondazione Italiana del Rene
Luca Gentile giornalista
Vice Presidente Fondazione Italiana del
Rene
La FIR –ONLUS, fondazione italiana del
rene, è la fondazione ufficiale della SIN,
società italiana di nefrologia. Essa ha tra
i suoi compiti statutari quelli di stimolare
la ricerca e la prevenzione delle malattie
renali. Senza lanciare facili allarmismi, non
si può trascurare la crescente frequenza
delle nefropatie nella popolazione generale: si calcola che il 10% circa della popolazione adulta abbia una qualche forma di compromissione della funzione renale senza distinzione fra paesi ricchi e
poveri. Per giunta un recente articolo,
comparso sulla rivista della fondazione
americana del rene e basato su un campione molto vasto della popolazione statunitense, ha evidenziato un elevatissimo
rischio (60%) sin dalla nascita di sviluppare nel tempo una insufficienza renale
cronica di grado medio-alto. Questa percentuale è stata calcolata come superiore
a quella di essere durante la vita affetti
da malattia coronarica, diabete o cancro
invasivo. Naturalmente essendo diabete
e ipertensione le due principali cause di
malattia renale, idonee misure di prevenzione potrebbero ridurre di molto questo
rischio. Ecco dunque che la FIR è in primo
piano nella lotta conto le malattie renali,
in primo luogo cercando di sensibilizzare
l’opinione pubblica mediante campagne
mediatiche, spot per la donazione del
5%°, sondaggi di opinione, come quello
condotto dall’Eurisko nel 2010. Quest’ultimo ha dimostrato peraltro quanto lungo
sia ancora il cammino che
ci attende! Un ruolo cruciale nella informazione è
svolto durante la giornata
mondiale del rene che ha
luogo in tutto il mondo il
secondo giovedì di marzo.
La FIR si è distinta anche
rispetto ad altri paesi per
il progetto Camper e
Scuole. Ogni anno in oltre 60 piazze d’Italia,
con il supporto della
Croce Rossa, vengono
installate delle postazioni camper dove i passanti
possono essere sottoposti a controllo della
pressione arteriosa, esame delle urine mediante stick e visita da parte dello specialista nefrologo. Lo stesso accade in oltre
50 scuole superiori italiane dove si raccolgono i dati degli alunni dell’ultimo anno di scuola. Questo è un punto molto
importante poiché il venir meno della visita di leva obbligatoria non consente più
di svelare delle patologie asintomatiche
come ad esempio la presenza anomala
di sangue e proteine nelle urine.
I dati da noi raccolti negli anni e pubblicati
anche di recente su riviste specialistiche
sono di notevole importanza riguardo in
particolare agli studenti. Difatti tra costoro
nel campione rilevato nel 2012-13 abbiamo riscontrato un 14% di presenza di
proteine nelle urine al di sopra
della quantità fisiologicamente presente. Pur
con tutte le limitazioni
del caso in merito ai criteri statistici di selezione,
sono numeri che ci devono fare riflettere e spingere sempre più a fare
conoscere il rischio di sviluppare nel tempo una
malattia renale che ha in
genere anche la caratteristica di essere spesso asintomatica per anni. Ovviamente la prevenzione ne
può sempre rallentare il decorso se non
portare alla guarigione: abbiamo oggi ad
esempio a disposizione dei farmaci che,
mediante il controllo della ipertensione e
la diminuzione della proteinuria, possono
frenare di molto l’andamento di una nefropatia.
Come tutte le ONLUS a carattere sanitario
per adempiere alle proprie finalità è indispensabile il supporto del 5%°, grazie
al quale la FIR ha negli ultimi anni distri-
buito 162.000 euro sotto forma di borse
di studio per la ricerca, coinvolgendo oltre
ai medici anche infermieri e dietisti. La
speranza è che, anche grazie al supporto
dei media e delle odierne tecnologie informatiche, cresca sempre più la consapevolezza della malattia renale non come
uno spauracchio ma come una patologia
prevenibile e curabile.
La FIR negli ultimi anni ha prodotto alcuni
spot con importanti testimonial quali Federica Pellegrini, Gianni Rivera e Josefa
Idem. Grazie agli spot, trasmessi dalle televisioni nazionali e locali, la Fondazione
ha iniziato a promuovere ed a sensibilizzare i cittadini ad una maggiore attenzione alle malattie renali in occasione della
Giornata Mondiale del Rene. La FIR promuove e propone informazioni sulla nefrologia grazie anche al sito internet,
www.fondazioneitalianadelrene.org nel
quale è possibile trovare notizie da tutto
il mondo sulla ricerca nefrologica, sulla
dialisi e sul trapianto di rene. Ed anche
su facebook è possibile trovare news, video e foto della fondazione e del mondo
nefrologico. La nefrologia, forse per troppo tempo, non è riuscita ad emergere e
a far breccia tra il grande pubblico ma
ora è giunto il tempo di entrare tra i cittadini spiegando che i reni si possono ammalare ma anche che grazie alle attuali
terapie ed alla prevenzione si può vivere
una buona qualità di vita.
L’IMPORTANZA DELLA RICERCA IN AMBITO NEFROLOGICO
FONDAZIONE D’AMICO PER LA RICERCA SULLE MALATTIE RENALI
A fronte dell’incremento esponenziale delle patologie renali a
livello mondiale, per cui si stima
che almeno il 10% della popolazione sia affetto da qualche
forma di danno renale, esistono
ancora oggi dei gap diagnostici
e terapeutici che solo la ricerca
scientifica può colmare. Sono
poche infatti le patologie renali
delle quali conosciamo bene
cause e meccanismi e questa
scarsità di conoscenze si riflette
nella mancanza di adeguate risorse terapeutiche.
I reni svolgono funzioni cruciali
per l’organismo: eliminano le sostanze nocive prodotte quotidianamente, mantengono l’equilibrio idrico e salino del corpo,
producono alcuni ormoni e la
forma attiva della vitamina D.
E’ importante sapere che alterazioni anche modeste della funzione renale si riflettono immediatamente sulla funzione del sistema cardiovascolare ed aumentano il rischio di mortalità.
Dunque è cruciale effettuare e
sostenere la ricerca scientifica
sulle malattie renali.
La Fondazione D’Amico per la
Ricerca sulle Malattie Renali si è
costituita nel 2004, per volontà
dei coniugi D’Amico Allegri, come prosecuzione dell’attività
trentennale svolta dall’Associazione per l’Aggiornamento e la
Ricerca in Nefrologia di cui il professor Giuseppe D’Amico è sempre stato presidente e animatore.
Struttura strategica della Fondazione, il Laboratorio di Ricerca
Nefrologica svolge attività di ricerca di base e clinica in collaborazione con la Divisione di Nefrologia dell’IRCCS Ca’ Granda
Ospedale Maggiore Policlinico di
Milano diretta dal professor Piergiorgio Messa, grazie ad una
convenzione con l’omonima
Fondazione.
Al centro dell’attenzione della ricerca della Fondazione D’Amico
ci sono le cellule del glomerulo,
Il Laboratorio di Ricerca
Nefrologica della Fondazione
svolge attività di ricerca di base
e clinica in collaborazione con la
Divisione di Nefrologia dell’IRCCS
Ca’ Granda Ospedale Maggiore
Policlinico di Milano diretta dal
professor Piergiorgio Messa
l’unità filtrante del rene. I ricercatori della Fondazione hanno
dimostrato che le cellule che formano il filtro glomerulare sono
estremamente specializzate ed
organizzate a formare una “barriera intelligente”, molto simile
alla barriera emato-encefalica
presente nel cervello.
Le cellule del glomerulo utilizzano infatti sistemi di comunicazione che si basano sulla presenza di neurotrasmettitori e dei rispettivi recettori, molecole precedentemente ritenute specifi-
che delle cellule neuronali. Utilizzando queste modalità sofisticate di comunicazione, le cellule
del glomerulo riescono a discriminare tra eventi fisiologici e
patologici e a mantenere intatta
l’attività di filtrazione a fronte
dei numerosi cambiamenti cui
sono esposte.
Si tratta di una funzione cruciale
perché attraverso i glomeruli
passa tutto il sangue dell’organismo ogni cinque minuti, pertanto le cellule del glomerulo sono sollecitate da continue varia-
zioni dell’ambiente che le circonda.
Il Laboratorio sta attualmente
approfondendo questa originale
linea di ricerca con indagini volte
ad indagare i meccanismi che regolano la trasmissione dei segnali “simil-neuronali”, poiché
il glomerulo non funziona e perde proteine quando essi sono alterati. L’identificazione precisa
dei meccanismi che regolano
queste attività nel rene sano sono infatti la base indispensabile
per identificare le molecole alterate quando i reni si ammalano,
e quindi scegliere in modo preciso i farmaci utili a curarle.
Trovare i farmaci corretti potrebbe però non essere abbastanza,
perché è noto che anche i farmaci più efficaci comportano a
lungo termine l’insorgenza di effetti collaterali, dovuti al fatto
che la somministrazione sistemica fa sì che i farmaci agiscano
sia sull’organo malato che su
quelli sani. Da / segue a pag. 7
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Dossier
INFORENAL
INFORMAZIONI A PORTATA DI CLICK
Mara Venturini
Quando si arriva a parlare di
“insufficienza renale cronica”
significa che siamo di fronte alla
malattia conclamata e dobbiamo fare i conti con una situazione non facile da gestire per
il malato. La dottoressa Valentina Paris, presidente dell'ANED
(Associazione nazionale emodializzati Dialisi e Trapianto), insiste molto sulla necessità di far
capire al paziente e a chi gli sta
vicino in che cosa consiste questa malattia e che cosa è possibile fare per gestirla con il minor disagio possibile.
“L'informazione è fondamentale – dice. – I medici devono
aiutare il paziente a capire che
cosa gli sta succedendo, perché,
come diceva la fondatrice dell'ANED Franca Pellini: 'il paziente che sa è quello che sta meglio'. La persona che soffre di
insufficienza renale cronica e
che deve accostarsi alla dialisi
deve sapere a che cosa va incontro e così la sua famiglia.
Deve sapere che ogni controllo
in ambulatorio porterà con sé
dei cambiamenti nello stile di
vita, nell'alimentazione, nei farmaci da assumere. Io mi occupo
di questi temi da 28 anni – continua la dottoressa – e ogni volta che ne ho la possibilità raccomando ai medici e agli infermieri di spiegare il più chiaramente possibile al paziente che
cosa gli sta succedendo e suc-
Un nuovo portale dedicato
all'insufficienza renale cronica
In aiuto ai malati nefropatici ora arriva un nuovo portale, realizzato per iniziativa della Baxter e
presente in rete anche in lingua italiana. È possibile collegarsi semplicemente indirizzandosi al
seguente link: http://italia.inforenal.com/.
Baxter è un’azienda multinazionale farmaceutica e biomedicale attiva in diversi rami del settore sanitario, tra i quali anche quello dello sviluppo di terapie sostitutive e servizi per pazienti affetti da
insufficienza renale cronica ed acuta. In un'ottica di miglioramento della comunicazione tra azienda,
comunità scientifica e pazienti, Baxter Italia ha voluto dar vita negli ultimi mesi a questo nuovo
servizio, che offre prevalentemente informazioni sull'insufficienza renale e sulle diverse opzioni terapeutiche per aiutare l'utente ad arrivare a una scelta consapevole del trattamento presso strutture
ospedaliere oppure a domicilio. Sono inoltre presenti informazioni utili sulle ricerche scientifiche in
materia, sulle normative regionali e link utili ad associazioni e strutture.
cessivamente di chiedere al paziente stesso: 'Che cosa pensi
di ciò che ti ho detto finora?' Il
malato deve poter esprimere il
proprio disagio e deve essere
aiutato a gestire la malattia. E
così la sua famiglia.”.
L'Associazione (www.aned-onlus.it), fondata nel 1972, oggi
conta più di 4000 iscritti (tra pazienti, medici e operatori sanitari) e opera su tutto il territorio
nazionale, fornendo servizi di
assistenza e informazione. Scopo principale di ANED è la centralità del malato, “testimone
diretto della qualità della medicina e vero protagonista del
cambiamento, che può comprendere solo attraverso la conoscenza”, considerata uno
“strumento di emancipazione
e di corretto agire”. Questo è
quanto scritto dalla fondatrice
Franca Pellini nella Carta dei Diritti e Doveri rivolta al malato
già nel 1976, quando si è tentato di dare una prima indicazione alla responsabilizzazione
riguardo la malattia, anticipando le intenzioni di molte fonti
sanitarie odierne.
Ogni anno, inoltre, ANED pubblica un censimento dei servizi
di nefrologia, dialisi e trapianto,
consentendo a malati e a operatori sanitari di rivolgersi alle
oltre mille strutture, tra private
e pubbliche, esistenti oggi in Italia (nel 1972 erano soltanto 16)
e di prendere coscienza delle
possibilità che si hanno di alleviare il disagio. Perché la dialisi
può essere una trappola se non
c'è un lavoro sul sociale.
“Possiamo certamente dire –
precisa la dottoressa Paris – che
l'atteggiamento del paziente e
dei suoi familiari gioca un ruolo
fondamentale nella cura dell'insufficienza renale. Il paziente è
l'attore principale. Una volta che
il medico ha diagnosticato il
problema e ha prescritto farmaci e terapie, dev'essere il paziente stesso a farsi carico del problema: lui o lei dovrà assumere
le medicine, dovrà modificare
le proprie abitudini alimentari,
nel caso di dialisi dovrà capire
che per due o tre mezze giornate la settimana il suo tempo
sarà dedicato alla terapia in
ospedale oppure che potrà sottoporsi alla dialisi a domicilio.
In ogni caso, è il paziente che
dev'essere educato a prendersi
cura di se stesso. Dirò di più: il
paziente dev'essere portato ad
accettare l'idea del trapianto,
che può essere anche da donatore vivente, ovvero da un familiare. E questa è la cosa più
difficile: non perché non vi sia
disponibilità di donatori, ma
perché sono quasi sempre i pazienti che temono di far correre
dei rischi ai propri cari accettan-
do un rene in dono”.
Ecco perché una corretta e puntuale informazione si rivela fondamentale. Un nuovo portale
(http://italia.inforenal.com/) realizzato per iniziativa della Baxter
Italia (si veda il box; ndr) ha recentemente cercato di colmare
molte delle lacune tuttora esistenti in proposito, fornendo
agli utenti anche suggerimenti
sul modo di gestire la vita del
nefropatico – sia personale sia
lavorativa – affrontando la malattia. Abbiamo chiesto alla dottoressa Paris una sua opinione
in proposito ed eventuali suggerimenti per migliorare la panoramica informativa oggi esistente.
“Tutto ciò che serve a informare, con linguaggio comprensibile e con obiettività, sui temi
dell'insufficienza renale può essere un reale aiuto – commenta
la dottoressa Paris. – Ma non è
importante soltanto l'informazione: è essenziale che l'informazione sia 'partecipata'.
Se potessi dare un suggerimento ai curatori del sito consiglierei
di ampliare la sezione dedicata
alle testimonianze, consentendo
a chi ha avuto esperienza di dialisi e di trapianti di confrontarsi
con gli altri pazienti e con gli
esperti, perché purtroppo per
questa malattia non c'è cura:
nel tempo l'insufficienza renale
peggiora e si arriva alla dialisi
o, nei casi più fortunati, al trapianto”.
QUESTO SUPPLEMENTO E STATO REALIZZATO DA BOX MEDIA ITALIA. RCS NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL SUO CONTENUTO / WWW.BOXMEDIAITALIA.COM
Salute dei Reni
Settembre 2013
Pag. 6
Focus
ANED
DA OLTRE 40 ANNI A FIANCO DEI MALATI DI RENE
Valentina Paris
Presidente ANED
Quando nel 1972 la dialisi e il
trapianto erano ancora un mondo poco conosciuto, una donna
straordinaria, Franca Pellini, fondò ANED (Associazione Nazionale Emodializzati – Dialisi e Trapianto – Onlus), che da allora
divenne punto di riferimento
non solo per i pazienti, ma anche per lo sviluppo della nefrologia. In quegli anni infatti, si assistì a una sorta di “miracolo”
per i malati di rene, prima destinati a morire: da una parte
medici e infermieri misero a
punto una tecnica (la dialisi) che
permetteva di salvare vite umane, e dall’altra ANED iniziò le
battaglie per i diritti sociali, al fine di rendere “decorosa” la vita
di coloro che, a meno di un trapianto renale, avrebbero trascorso tutta la loro vita in dialisi.
Ma quale preciso apporto ha
dato questa Associazione alla
Nefrologia Italiana? Anzitutto,
come non ricordare, fra le tante
intuizioni della fondatrice, l’idea
di realizzare e pubblicare il primo, storico e ancora oggi unico,
“Censimento Italiano dei servizi
di Nefrologia e Dialisi”? Fu un
lavoro artigianale molto impegnativo, ma preciso a tal punto
che le prime ricerche epidemiologiche nacquero dall’analisi dei
dati di questo Censimento e l’allora Presidente della Società Italiana di Nefrologia, il Prof.
D’Amico, ebbe ad affermare
pubblicamente che il Censimento ANED era il più completo e
attendibile a disposizione dei nefrologi italiani.
Il Registro da allora costituisce
un mezzo irrinunciabile non solo
per conoscere l’epidemiologia
della dialisi nella nostra nazione,
ma anche per valutare l’adeguatezza dei servizi esistenti, per la
razionalità della loro distribuzione geografica e per pianificare
eventuali interventi sul territorio
Comprendendo l’importanza di
questo lavoro, l’Associazione
continua a operare quotidianamente su tutto il territorio nazionale, attraverso il costante
impegno dei propri Comitati Regionali che, eletti principalmente
nei centri dialisi, svolgono atti-
Medaglia d’Oro al merito della Sanità
Pubblica nel 2003, ANED da 41 anni è
impegnata nella sensibilizzazione
dell’opinione pubblica e delle istituzioni sil tema delle
nefropatie, patologie in costante aumento nel nostro Paese
vità rivolte al monitoraggio della
rete nefrologica e alla salvaguardia dei diritti dei pazienti; diritti
acquisiti grazie alle battaglie affrontate in questi lunghi anni,
per l’ottenimento delle tutele
sanitarie, assistenziali e sociali,
in relazione alla qualità della vita, alle relazioni sociali e al lavoro, come per esempio:
n l’esenzione alla spesa sanitaria
per patologia;
n l’ estensione dei permessi
della legge 104 per l’assenza dal
lavoro dovuto alla terapia dialitica;
n il trasporto in dialisi (diritto
sancito dai LEA) per chi non è
autonomo o vive in aree sprovviste di servizi pubblici;
n la legge 210 che statuisce il
diritto all’indennizzo a coloro
che hanno contratto l’epatite a
seguito della dialisi.
Dunque il tema
che ha da sempre caratterizzato il lavoro di
ANED è la centralità del malato, “testimone diretto della qualità della medicina e vero protagonista del cambiamento, che
può comprendere solo attraverso la conoscenza”, considerata
uno “strumento di emancipazione e di corretto agire”. Questo è quanto scritto da Franca
Pellini nella Carta dei Diritti e
Doveri rivolta al malato già nel
1976, quando si è tentato di dare una prima indicazione alla responsabilizzazione riguardo la
malattia, anticipando le intenzioni di molte fonti sanitarie
odierne.
“Il malato che ha capito è colui
che gestisce al meglio la malattia e la terapia” continuava la
fondatrice, sottolineando che
“solo comprendendo appieno
la propria malattia, la si puó gestire e di conseguenza soppor-
tare meglio”.
Inoltre “ogni paziente ha il dovere di ricercare tutte le informazioni che consentono la gestione responsabile della propria
condizione morbosa”, perché
“si ha il dovere di adattare la
malattia alla vita e non la vita
alla malattia”.
Malattia renale e trattamento
dialitico infatti, sono situazioni
croniche che richiedono profondi cambiamenti non solo al pa-
Il tema che
ha da
sempre
caratterizzato il
lavoro di ANED è
la centralità del
malato,
“testimone
diretto della
qualità della
medicina e
vero
protagonista del
cambiamento, che
può comprendere
solo attraverso la
conoscenza”,
considerata uno
“strumento di
emancipazione e
di corretto agire”.
ziente ma anche ai familiari, i
quali, senza adeguate conoscenze rischiano di rimanere “intrappolati” in una esperienza frustrante e senza via d’uscita. È
dunque dovere di ciascun paziente acquisire un saper fare
per la gestione della malattia e
della cura, per poi diventare autonomi e collaboranti con lo
staff curante, che da parte sua
ha il dovere di dare cure di qualità, ascoltare le attese e i timori
del malato, tener conto delle
sue credenze e aiutarlo nel processo di accettazione e adattamento.
Gli strumenti che gli operatori
sanitari hanno a disposizione per
restituire una dignitosa qualità
di vita al malato cronico sono la
relazione d’aiuto e l’educazione
terapeutica, intesa come “l’arte
di aiutare gli adulti malati ad apprendere nuovi comportamenti
e a trovare la motivazione per il
cambiamento”. È uno strumento ritenuto oggi fondamentale
nella cura del paziente cronico
e in dialisi ma, purtroppo, ancora troppo spesso, l’esperienza
attuale mostra come medici e
infermieri tendano a comunicare
col paziente elencando le cose
che deve fare e non fare, piuttosto che aiutarlo ad acquisire
le appropriate capacità necessarie alla gestione quotidiana
della sua malattia.
È invece ampiamente dimostrato che la collaborazione tra il
paziente e la propria famiglia
con il medico di base, il nefrologo e l’infermiere, chiamata
“alleanza terapeutica”, è punto
centrale del successo della cura
e ANED si propone di facilitare
il compito non solo del personale medico, ma anche dei pazienti, attraverso:
n le campagne di educazione
sanitaria a livello nazionale tramite tutti i mezzi di informazione;
n la spiegazione di tutte le possibilità dialitiche, compresa
l’emodialisi notturna e dialisi peritoneale, continuando simultaneamente l’operato al Tavolo di
lavoro del Ministero della Salute
per la prevenzione dell’insufficienza renale cronica;
n l’analisi delle esigenze territoriali, nel tentativo di dare al
paziente la possibilità di recarsi
al Centro Dialisi più vicino possibile al proprio domicilio;
n il potenziamento dei trapianti
organizzando incontri, convegni,
dibattiti ed elaborando materiale
informativo, per promuovere la
donazione degli organi, partecipando anche alla Consulta Tecnica Permanente dei Trapianti,
presso il Centro Nazionale per i
Trapianti, con il compito di svolgere funzioni consultive e predisporre gli indirizzi tecnico-operativi per lo svolgimento delle
attività di prelievo e di trapianto
di organi.
Ma ANED è presente non solo
a livello nazionale, ma anche a
livello internazionale e mondiale
tramite alcuni eventi sportivi a
cui partecipa la squadra di ANED
Sport, nata nel 1992 a seguito
di un’altra grande intuizione:
l’importanza dell’esercizio fisico
per i malati in dialisi e per i trapiantati, come strumento di pieno inserimento sociale e di adozione di stili di vita adeguati.
Ogni anno vengono organizzati
i Giochi Nazionali per dializzati
e trapiantati, quest’anno si sono
svolti a Grosseto dal 14 al 16
Giugno, inoltre la squadra italiana dei trapiantati d’organo ha
partecipato alle olimpiadi Mondiai svoltesi a Durban in Africa
in una cornice di festa, si sport,
di vita ritrovata insieme a 5.000
trapiantati provenienti da tutto
il mondo.
ANED oggi si trova con questa
straordinaria eredità a combattere ancora più intensamente,
orgogliosa dei risultati raggiunti
e consapevole dei tempi difficili
che tutti i settori della nostra
economia stanno attraversando
con ripercussioni ancora più gravi sui malati nefropatici anziani
e fragili, che hanno bisogno di
assistenza con interventi multidisciplinari. ANED continua a fare la sua parte, con il suo staff
che quotidianamente risponde
a numerose telefonate che giungono in ufficio da ogni parte
d’Italia, e con l’impegno dei singoli associati e volontari che sul
territorio sono il riferimento di
tanti malati e familiari.
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In collaborazione con
SIN, FIR, ANED
Una pubblicazione
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Pag. 7
Da sapere
L’ESERCIZIO FISICO
UN “NUOVO FARMACO” NELLA CURA
DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA
Giovambattista Capasso
Ordinario di Nefrologia
Seconda Università
di Napoli
Arianna Restivo
Specializzanda
in Nefrologia
Seconda Università
di Napoli
“L’esercizio fisico è una
bubbola, se sei sano non
ne hai bisogno, se sei malato non ne puoi fare” recitava H. Ford, ma ce la
sentiamo di crederci davvero?
È ormai noto che il grado
di attività, la forma fisica e
gli altri fattori modificabili
dello stile di vita possono
condizionare il rischio di
malattie croniche e morte
prematura. Viene pertanto
raccomandato a tutti i soggetti, anche se apparentemente in buona salute, di
praticare quotidianamente
o quantomeno più volte a
settimana , attività fisica,
conformemente alle caratteristiche fisiche, anagrafiche e cliniche del singolo
individuo. Non fa eccezione nemmeno il paziente
nefropatico, compreso
quello in dialisi, notoriamente “fragile e sedentario” per il quale crescenti
evidenze dimostrano i benefici dell’esercizio aerobico nella performance e forma fisica
Ma perché il paziente in
dialisi è così sedentario? In
realtà, un declino nell’attività fisica inizia già nelle fasi precoci di Insufficienza
Renale Cronica per poi
progredire nel tempo, ed
è prevalentemente legato
alla facile affaticabilità conseguente all’anemia e alla
disfunzione del muscolo
scheletrico secondarie all’IRC di per sé. Quest’ultima si traduce in atrofia
muscolare con riduzione
del numero di fibre in favore di un aumento della
componente di tessuto
non contrattile per effetto
della malnutrizione, dell’acidosi metabolica, della
ridotta sintesi proteica, dell’aumentato catabolismo
e/o resistenza agli ormoni
anabolici che accompagnano la progressione della malattia. Cambiamenti
mentali e sociali, invecchiamento precoce, la diminuzione della qualità di vita,
le stesse 4 ore della seduta
dialitica tre volte alla settimana, inoltre, contribuiscono essi stessi alla scarsa
attività fisica del paziente
in dialisi. Conseguenza diretta dell’inattività è l’aumentato rischio di ipertensione e diabete, nonché
uno scarso controllo degli
stessi quando presenti, effetto decisamente non trascurabile data l’alta mortalità cardiovascolare in
questa categoria di pazienti
Diversi studi clinici hanno
dimostrato, in pazienti in
dialisi inclusi in programmi
di esercizio aerobico, miglioramenti significativi della capacità aerobica e dei
vari parametri delle prestazioni funzionali, quali la
forza di presa, il salire le
scale, il test del cammino
dei sei minuti, la velocità
di andatura. Altri studi interventistici hanno invece
dimostrato l’effetto positivo dell’esercizio fisico su
numerosi indicatori di malattia cardiovascolare tra
cui rigidità vascolare, frequenza cardiaca, ipertensione arteriosa. Questi
cambiamenti fisiologici sostengono l’ipotesi che
l’esercizio fisico riduce la
mortalità nella popolazione
in dialisi, di per sé caratterizzata da alti tassi di mortalità cardiovascolare.
Ovviamente, a causa delle
anomalie strutturali e funzionali della muscolatura
di questi pazienti, la percezione del carico di lavoro, la frequenza , la qualità
o l’intensità di esercizio necessari per ottenere un beneficio clinico può essere
diversa rispetto alla popolazione generale, pertanto,
la “dose” deve essere
adattata a ciascun soggetto, in base alle sue condizioni fisiche, psichiche e cliniche. L’effettuazione del
programma, all’interno
della seduta dialitica o nei
giorni di non-dialisi, va
considerata anche in riferimento ad aspetti organizzativi del Centro e del paziente stesso. Esso dovrebbe essere eseguito da personale qualificato (specialisti in scienze motorie, fisiatri, fisioterapisti) e dovrebbe esserci un totale
coinvolgimento del personale che segue la dialisi. Il
programma dovrebbe essere articolato in modo da
risultare interessante e stimolante, sia per il paziente
che per il personale sanitario, e svolto in spazi idonei muniti di adeguati
strumenti tecnici.
In assenza di un programma definito, o in presenza
di pazienti particolarmente
pigri e demotivati, dovrebbe essere consigliato comunque il movimento, o
almeno incentivate pratiche comuni quali camminare in alternativa all’auto
o consigliato, come suggerito dai nostri colleghi francesi, di accudire un cane,
portandolo a passeggio 23 volte al giorno, celando
così i benefici dell’esercizio
fisico in stimoli che sanno
finalmente di vita.
L’IMPORTANZA
DELLA RICERCA
IN AMBITO NEFROLOGICO
segue da pag. 5 / queste considerazioni è nato un altro importante progetto di ricerca, iniziato quest’anno
e di durata almeno triennale, che riguarda una delle
frontiere più avanzate della medicina: riuscire a portare
i farmaci solo dove servono, in questo caso alle cellule
del glomerulo renale, attraverso l’utilizzo di nanomateriali. Il progetto, possibile grazie al fatto che il Policlinico fa parte del CEN (Centro Europeo di Nanomedicina), viene svolto in collaborazione con il Dipartimento di Chimica “Giulio Natta” del Politecnico di
Milano, dove i ricercatori stanno producendo una serie
di nanomateriali biocompatibili ai quali saranno coniugati i farmaci da portare al rene.
Negli studi “in vitro” di questo progetto, oltre alle colture tradizionali di cellule del glomerulo, viene utilizzato
un sistema di co-coltura sviluppato dal Laboratorio
della Fondazione ed oggetto di un brevetto italiano
concesso al Policlinico lo scorso dicembre. Il sistema
riproduce in un contesto tridimensionale una versione
semplificata della barriera di filtrazione glomerulare,
consentendo di verificare il passaggio dei nanomateriali
e dei farmaci legati ad essi attraverso il filtro renale, e
servirà per individuare le composizioni migliori dal punto di vista della selettività e dell’efficacia.
A sostenere il lavoro di ricerca del laboratorio, oltre ai
fondi dei bandi per progetti specifici e al fondamentale
gettito del 5 per mille, ci sono l’Associazione Bambino
Nefropatico ABN Onlus e la Fondazione La Nuova Speranza – Lotta alla Glomerulosclerosi Focale, alle quali
va un particolare ringraziamento.
Una vetrina aperta per
le bellezze della Toscana.
Riflettori puntati su Firenze, Fiesole e le città
sede delle partenze
delle 12 gare iridate:
Lucca, Pistoia e Montecatini Terme. L’evento più importante
ospitato in Italia nel
2013 si svolgerà dal 22
al 29 settembre.
Attesa per i numerosi
e plurimedagliati campioni provenienti da
tutto il mondo: dal
belga Philippe Gilbert,
campione del mondo
in carica, all’olandese
Marianne Vos, campionessa olimpica e
del mondo 2012.
Ma a dar battaglia ci
saranno anche Chris
Froome, vincitore dell'ultimo Tour de France, Fabian Cancellara,
pentacampione nella
gara a cronometro e,
in rappresentanza per
l’Italia lo "squalo dello
stretto" Vincenzo Nibali, vincitore dell’ultimo Giro d’Italia, e Elisa Longo Borghini,
bronzo nell'edizione
iridata del 2012.
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Salute dei Reni
Settembre 2013
In collaborazione con
SIN, FIR, ANED
Una pubblicazione
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Pag. 9
Da sapere
RENE POLICISTICO AUTOSOMICO DOMINANTE:
UNA MALATTIA ANCORA "ORFANA" DI TERAPIA
Francesco Scolari
Professore Associato Università di Brescia
Direttore Nefrologia Ospedale di Montichiari
Il rene policistico autosomico dominante
(Autosomal Dominant Polycystic Kidney
Disease, ADPKD), tradizionalmente definito dell’adulto, è una malattia
genetica a trasmissione autosomica dominante. L’ADPKD è la
più diffusa malattia genetica renale con una incidenza variabile
tra 1:400 e 1:1000 nati vivi. Nei
paesi sviluppati, il 5-10% dei
pazienti in dialisi riconosce come causa di insufficienza renale
terminale l’ADPKD.
Il quadro clinico è dominato
dallo sviluppo di cisti renali, documentabili attraverso l’esecuzione di ecografia addominale,
che determinano un sovvertimento strutturale parenchimale
completo e sono responsabili delle principali manifestazioni della
malattia, quali aumento di volume dei reni, ipertensione, ematuria, infezioni urinarie, nefrolitiasi e sviluppo progressivo di insufficienza renale.
L’ADPKD si associa ad alterazioni extrarenali in elevata percentuale di casi: sono
documentabili cisti in altri organi (in particolare il fegato) ed alterazioni dell’apparato cardiovascolare, quali aneurismi
intracranici ed anomalie valvolari cardiache. L’ADPKD è anche associato a maggiore prevalenza di diverticoli del colon e
di ernie addominali.
L’ADPKD ha una penetranza completa e
mostra eterogeneità genetica, con due
geni coinvolti, in grado, se mutati, di determinare la malattia. Circa l’85% delle
famiglie ADPKD presenta una mutazione
a carico del gene
PKD1 (cromosoma 16), mentre
nel 15% il di-
fetto genetico è a carico del gene PKD2
(cromosoma 4). Il gene PKD1 codifica
per policistina-1, recettore di membrana;
il gene PKD2 codifica per Policistina-2,
canale permeabile al calcio. Sia Policistina-1 che 2 sono espresse dall’epitelio tu-
bulare renale, in corrispondenza del ciglio
primario (per questa motivo l’ADPKD è
annoverato fra le ciliopatie) che funziona
come sensore in grado di percepire cambiamenti chimici o di flusso nel lume tubulare.
Rispetto ai pazienti con mutazioni PKD2,
i pazienti con mutazioni PKD1 presentano
sintomi renali più precocemente (15
anni prima, attorno ai 40
anni) e hanno una più
rapida progressione
verso la
dialisi (20
anni prima, attorno ai 53
anni). Circa
il 50% dei
soggetti sviluppa insufficienza
renale cronica terminale entro i 60 anni.
Raramente, l’ADPKD può evolvere verso l’insufficienza renale terminale
in età pediatrica. Fattori di rischio per sviluppo di malattia renale richiedente dialisi
sono giovane età alla diagnosi (< 30 anni);
razza ( Afro-Americani); sesso maschile;
difetto genetico (PKD1 contro PKD2); macroematuria; ipertensione; dimensioni dei
reni. Recenti acquisizioni sui meccanismi
di crescita delle cisti suggeriscono che il
difetto genetico orienti l’epitelio tubulare
verso uno stato permanente di proliferazione, associato a secrezione di fluidi nelle
cisti. La possibilità di interferire con questi
processi ha aperto la strada a nuove terapie. L’impiego di rapamicina, farmaco
anti-proliferativo già impiegato nei trapianti d’organo, non ha dato i risultati
sperati. Tra le terapie volte a diminuire la
secrezione di fluidi, sono in corso studi
con somatostatina, non ancora conclusivi;
è terminato lo studio con Tolvaptan, inibitore dei recettori V2 della vasopressina.
Tolvaptan si è dimostrato efficace nel rallentare l'aumento di volume dei reni e il
peggioramento della funzione renale; tuttavia il farmaco era associato ad un maggior numero di abbandoni dello studio a
causa di eventi avversi e alla comparsa di
epatotossicità. Questi risultati non sono
stati considerati sufficienti per approvare
l’impiego del farmaco da parte della autorità regolatoria americana (FDA) che ha
chiesto ulteriori dati. La malattia resta
pertanto senza terapia eziologica. La sorveglianza clinica deve essere indirizzata
al monitoraggio della funzione renale, al
controllo dell’ipertensione arteriosa (con
l’impiego di bloccanti del sistema reninaangiotensina) e di altri fattori che possono
contribuire a rendere più severo il danno
renale (infezioni del tratto urinario, formazione di calcoli).
AIRP: ASSOCIAZIONE ITALIANA RENE POLICISTICO - ONLUS
AIRP, Associazione Italiana Rene Policistico
onlus, è un’associazione di pazienti che
dedica la propria attività a tutti coloro
che soffrono per la malattia del Rene Policistico Autosomico Dominante (Autosomal Dominant Polycistic Kidney Disease
o ADPKD), la più comune di tutte le malattie genetiche che minacciano il benessere e la vita umana.
Si tratta di una patologia ereditaria, che
provoca la formazione di cisti riempite di
fluido in entrambi i reni. Col tempo, queste cisti si sviluppano e si moltiplicano
senza sosta, sicché i reni aumentano drasticamente di volume fino a perdere completamente la loro funzionalità. Ad oggi
gli unici strumenti che consentono la sopravvivenza dei malati di Rene Policistico
sono il ricorso al trattamento sostitutivo
(Dialisi) o il trapianto d’organo.
L’Associazione, nata nel 2005, ha sede a
Milano e conta ben 7 Sezioni Periferiche
distribuite su tutto il territorio nazionale.
Si propone di raggiungere i suoi fini attraverso le seguenti principali attività: Ri-
cerca Scientifica, Prevenzione, Divulgazione, Informazione sul Rene Policistico
e sulle patologie ad esso correlate.
L’impegno di AIRP favorisce la diffusione
delle conoscenze sulla patologia, coinvolgendo i pazienti, le loro famiglie, i medici,
i ricercatori e tutti coloro che si dedicano
allo studio, alla diagnosi precoce e alla
ricerca di una possibile terapia farmacologica.
Concretamente, attraverso l’organizzazione di Corsi di Formazione/aggiornamento per i Medici e Tavole Rotonde con
i pazienti, l’Associazione continua ad essere un punto di riferimento per la Comunità Scientifica e soprattutto per le
persone affette da ADPKD, dando loro e
ai loro figli la possibilità di apprendere,
renderli consapevoli e sperare in un futuro
più sereno.
La ricerca scientifica, che AIRP promuove
attivamente, ha comunque fatto progressi
senza precedenti nella comprensione di
questa malattia: negli ultimi 12 anni i ricercatori hanno scoperto i geni il cui mal-
funzionamento provoca il rene policistico,
e sono attualmente in corso diversi studi
clinici per lo sviluppo di potenziali farmaci.
Questo induce a sperare, seppur non sia
attualmente disponibile alcuna terapia,
che in futuro si possa contrastare efficacemente l’evoluzione della malattia.
“Credo che per tutti i pazienti affetti da
malattie genetiche, e quindi anche per i
nostri soci e gli ammalati di rene policistico, sia fondamentale non sentirsi soli.
– afferma la Presidente dell’Associazione,
Luisa Sternfeld - Sapere di poter condividere ansie, problemi ed esperienze comuni, aiuta ad affrontare la patologia con
più forza e determinazione. Avere un
punto di riferimento attivo che risponde
quotidianamente a chi si mette in contatto (pazienti, parenti) per avere informazioni sulla malattia o per avere consigli
pratici, spesso aiuta ad evitare l’isolamento nell'ambito di questa patologia. Tengo
a sottolineare che AIRP è l’unica associazione in Italia che promuove attività di
informazione, di supporto ai pazienti e
alle loro famiglie, permettendo di migliorarne la qualità di vita.”
Proprio in questa direzione, sono in fase
di pubblicazione due libri, uno più divulgativo dedicato ai Pazienti e alle loro famiglie e l’altro di carattere scientifico per
i Medici. I libri verranno presentati il prossimo 27 settembre al 54° Congresso Nazionale SIN (Società Italiana di Nefrologia).
“Siamo certi e fieri di fornire uno strumento concreto di approfondimento, utile
ai malati di rene policistico e a chi li aiuta
ogni giorno a combattere la propria battaglia.
Abbiamo sentito la necessità di dar vita
ad un mezzo che arrivasse a tutte le persone affette dalla malattia ADPKD. Renderla nota, parlarne e partecipare, per i
malati e per i medici che li assistono, è il
modo migliore per avvicinare il giorno in
cui la patologia sarà sconfitta.”
Per maggiori informazioni:
www.renepolicistico.it
[email protected]
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Salute dei Reni
Settembre 2013
Pag. 10
Focus
CALCOLI RENALI: PICCOLI ACCORGIMENTI
PER UN GRANDE RISULTATO
Manuele Bellenchia
Sembra un controsenso, ma le
persone che hanno già sofferto
di calcolosi sono quelle che più
dovrebbero attivarsi nella prevenzione. La calcolosi urinaria (o
nefrolitiasi) ha un'alta incidenza
di recidive; si stima circa il 6070%. Secondo studi recenti, dopo il “bombardamento” dei calcoli (ESWL è la sigla della terapia)
la probabilità di formare nuovi
calcoli pare sia ancora più alta.
È perciò fondamentale la prevenzione di nuovi episodi e
qui interviene la cara
vecchia saggezza popolare, secondo la
quale i calcoli si
combattono a tavola
ancora prima che dal
medico o dal farmacista.
In effetti, il modo più semplice
e sicuro per evitare la formazione di calcoli renali è quello di
bere molta acqua e di stimolare
quindi il ricambio cellulare e la
diuresi. Questo sistema si rivela
spasso sufficiente: i calcoli inferiori ai 5 mm di diametro di solito transitano spontaneamente
e vengono eliminati con le urine.
Ma anche la scelta degli alimenti
ha la sua importanza.
I calcoli, infatti, altro non sono
che sassolini minuscoli che si formano mediante precipitazione
Secondo uno studio congiuntamente eseguito da ricercatori della facoltà di Medicina del Gemelli e ricercatori della Harvard
University di Boston, bere troppe bibite gassate porterebbe ad un aumento del rischio di avere calcoli renali.
La ricerca, durata otto anni, osservando le abitudini alimentari e le condizioni di salute di oltre 194.000 persone ha fatto emergere
che il consumo di bevande gassate, ne sono state prese in considerazione venti diversi tipi, aumentano di una percentuale tra il
23 ed il 33% il rischio calcolosi nei soggetti che consumino una latina al giorno rispetto a chi ne consuma una a settimana.
Giovanni Gambaro nefrologo direttore dell'Unità Operativa di Nefrologia e Dialisi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, ha
dichiarato che “Il nostro studio suggerisce inoltre che caffè e tè non siano controindicati per la salute dei reni, ma che, al
contrario, possano essere potenzialmente benefici nei pazienti con calcoli renali”.
Secondo i ricercatori la motivazione del perché le bevande gassate aumentino il rischio calcoli è dovuto alla
presenza nelle bibite del fruttosio che favorisce l’aumento dell’escrezione urinaria di calcio, ossalato e acido
urico, tutti fattori che innalzano il rischio di formazione di calcoli renali.
Lo studio è stato pubblicato dal Clinical Journal of the American Society of Nephrology ed è stato
giustificato dal fatto che la calcolosi renale è una patologia frequente e in aumento nella popolazione
generale. Secondo gli esperti che si occupano del problema della calcolosi, una delle poche cose che
possono prevenire i calcoli o aiutare a curarli nel caso in cui fosse già presenti è avere una buona idratazione.
Con il vostro permesso vorrei aggiungere che la cosiddetta colica renale, quella cioè provocata da un calcolo
che si trova o a livello dei calici renali o nell’uretere e lentamente scende verso la vescica è una delle cose più
dolorose che esista. Io personalmente nella mia lunga esperienza ho avuto calcoli renali 8 volte, e ricordo che una volta
parlandone con ginecologa che fece partorire due delle mie tre figlie, anch’essa sofferente di calcolosi renale e madre di tre figli,
mi disse che di fronte alla scelta se avere un altro travaglio di parto o una altra colica renale avrebbe sicuramente scelto il
travaglio. Quindi evitiamoci le bevande gassate non solo perché evitiamo di ingoiare montagne di zucchero ma soprattutto per
evitare una delle esperienze più dolorose della vita.
Dott. Antonio Luzi
delle sostanze solide dell’urina
e la cui formazione si può contrastare con opportune scelte
alimentari. L'acido urico, primo
responsabile della formazione
dei calcoli, è presente nella carne rossa, nei crostacei, nelle frattaglie, nel pesce, in bibite come
il caffè o la cola. Evitare di eccedere nel consumo di questi
alimenti significa già aiutare i
propri reni a non appesantirsi
con depositi sabbiosi. Per contro, assumere verdure crude e
frutta ricca di acqua (ciliegie,
agrumi, kiwi, uva ecc.) contrasta
la formazione dei depositi favorendo la depurazione.
Un altro inibitore della calcolosi
è il citrato di potassio, sostanza
facilmente reperibile in farmacia
e alla base di molti prodotti integratori (da non assumere mai
– in questo caso – senza con-
Nulla è più dolo
doloroso della
prospettiva di uun’altra colica renale...
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dieta
seguire per preve
prevenire
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mazione
formazione
dei calcoli renali?
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trollo medico). Studi clinici dimostrano che il citrato è in grado di legare i componenti solidi
dell'urina in una forma solubile;
può inoltre impedire l'aggregazione dell'ossalato di calcio indotta dall'acido urico e inibire
la crescita del calcolo.
In alcuni casi è stato dimostrato
che la presenza di citrato riesce
non solo a impedire la formazione, ma anche a sciogliere alcuni tipi di calcoli già presenti
nel rene.
Ed è opportuno che chi sa di
avere una predisposizione alla
formazione di calcoli renali si attivi sin dai primi segnali di disagio per evitare che si formino e
che, se già ci sono, assumano
dimensioni consistenti.
Si calcola infatti che i calcoli di
dimensioni comprese tra i 5 e i
7 mm transitano spontaneamente nel 50% dei casi e per il
resto si depositano; quelli di dimensione tra i 7 e i 10 mm in
circa il 20% dei casi vengono
eliminati, provocando fastidio e
non di rado vero e proprio dolore. I calcoli più grandi di 10
mm raramente passano spontaneamente e richiedono l'intervento medico.
La terapia medica permette, nel
caso dei calcoli di acido urico
(10-15% del totale), di scioglierli
completamente evitando qualsiasi manovra di carattere urologico. Negli altri casi, con un
adeguato approccio di carattere
dietetico e/o farmacologico si
riesce spesso ad evitare che il
calcolo si ingrandisca.
Ma valgono le stesse indicazioni
alimentari anche quando i calcoli si sono formati? Prima di
prendere qualsiasi iniziativa bisogna sapere con che cosa si ha
a che fare. È necessario rivolgersi
al medico immediatamente in
caso di dolore e, a maggior ragione, di colica renale.
Non sono rari i casi in cui una
persona si trovi a fronteggiare
una colica avendo trascurato per
molto tempo quel fastidio a livello lombare che avrebbe dovuto far pensare ai calcoli: di fatto, in questi casi la presenza dei
calcoli viene diagnosticata proprio nel momento peggiore.
Ed è anche questo l'unico caso
nel quale non è consigliabile ingerire forti dosi di acqua senza
che il medico abbia prima potuto prendere visione della dimensione e della posizione del
calcolo. Il cosiddetto “carico di
acqua” (bere moltissima acqua
in poco tempo) per favorire
l'espulsione del calcolo non è
più consigliabile.
È stato infatti dimostrato che
potrebbe causare sofferenza al
rene nel caso che il calcolo sia
ostruente. Il “carico di acqua”
potrebbe pertanto avere un effetto dannoso piuttosto che positivo.
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In collaborazione con
SIN, FIR, ANED
Una pubblicazione
Box Media
Pag. 11
Focus
GLI ESSENZIALI BENEFICI DELL’ACQUA
Manuele Bellenchia
Una corretta idratazione è indispensabile
per prevenire i calcoli renali? La risposta
degli esperti è univoca e senza tentennamenti: tanta acqua, frutta fresca e verdura
cruda a volontà. Il consiglio vale in particolare per le persone predisposte alle calcolosi, ma è utile per tutti: occorre sempre
assicurare all’organismo il corretto apporto di acqua, bevendone piccole quantità
più volte nella giornata.
Per il nostro organismo, il ricambio dell'acqua è essenziale: sembra banale, ma
in effetti l'acqua “lava” il nostro corpo
anche all'interno. Se non bevessimo e, di
conseguenza, urinando, non sostituissimo
ogni giorno una parte dell'acqua contenuta nei nostri tessuti, continueremmo
ad accumulare tossine che, a lungo andare, si depositano dentro i nostri organi,
rovinandoli. La disidratazione riduce le
nostre difese immunitarie. I primi organi
a risentirne sono quelli che fanno da filtro
ai nostri principali apparati: fegato e reni.
Il fegato è senza dubbio l’organo più attivo nella disintossicazione dell’organismo.
Se si assumono mangiando troppe tossine, è costretto a un super lavoro mentre
le sostanze di scarto si accumulano. Anche il fegato diventa sempre più lento e
inefficiente, le tossine non vengono eliminate immediatamente e l’organismo è
soggetto a una serie di disturbi più o meno gravi.
I reni provvedono a depurare il sangue e
a eliminare le tossine attraverso l’urina.
Un cambiamento di odore o di colore
dell’urina indica spesso un problema a livello renale. Se sono costretti a un super
lavoro per eliminare dosi eccessive di tossine, i reni prima o poi cominciano a funzionare male. Quando beviamo troppo
poco anche l’urina diventa più scura e
più densa.
Attenzione poi al caldo, che provoca di-
L'ACQUA è un “alimento” essenziale per le nostre cellule.
La disidratazione provoca danni enormi, non solamente ai
reni: diminuisce il volume plasmatico della cellule, l’attività
cardiaca, la sudorazione, il flusso ematico cutaneo, la
capacità di resistenza.
Uno studio pubblicato nel maggio del 2002 dall’American
Journal of Epidemiology ha dimostrato che coloro che bevono più di 5 bicchieri
di acqua al giorno hanno il 41% di probabilità di meno di subire un infarto
rispetto a coloro che bevono meno di 2 bicchieri di acqua al giorno.
sidratazione. Non è un caso che la maggior parte dei ricoveri ospedalieri per calcoli alle vie urinarie si verifica quando il
caldo avanza: se la colonnina di mercurio
sale e la sudorazione aumenta, si perdono
grandi quantità di liquidi e i sali si concentrano.
Ciò non significa automaticamente che
si debba bere di più in estate e di meno
in inverno: la disidratazione può essere
provocata anche dagli impianti di riscaldamento, da un abbigliamento troppo
pesante o eccessivamente impermeabile:
si suda anche d'inverno e in ogni stagione
l'acqua favorisce l’eliminazione dei prodotti di scarto.
Possiamo dire quindi che l'acqua è un
“alimento” essenziale per le nostre cellule. Tra l'altro, è uno dei migliori strumenti per dimagrire, prima di tutto perché
può sostituire tutte le altre bevande, che
sono una fonte nascosta di calorie. È poi
un buon modo per diminuire l’appetito,
perché spesso quando pensiamo di avere
fame in realtà abbiamo sete.
La disidratazione provoca danni enormi,
non solamente ai reni: diminuisce il volume plasmatico della cellule, l’attività
cardiaca, la sudorazione, il flusso ematico
cutaneo, la capacità di resistenza. L’uomo
può sopravvivere senza cibo anche per
alcune settimane, ma senza acqua non
si vive più di qualche giorno: essa è indispensabile per la vita!
E a proposito dell'acqua che ingeriamo
ci sono davvero tante convinzioni sbagliate da correggere.
Un errore frequente è quello di non bere
acqua frizzante. Non è vero, infatti, che
l’acqua gassata gonfia: il gas, invece, esercita una pressione che accelera lo svuotamento dello stomaco e il transito del
cibo nell’intestino.
Vero, invece, che sono da privilegiare le
acque che presentano la minor percentuale possibile di residui fissi. Minore è il
residuo fisso, infatti, maggiore è l’azione
diuretica. Una comoda differenziazione
è la seguente: le acque minimamente mineralizzate hanno un contenuto di sali
minerali inferiore a 50 mg/l; si tratta di
acque “leggere” che in quanto povere
di sali minerali favoriscono la diuresi e facilitano l’espulsione di piccoli calcoli renali.
Le acque oligominerali hanno un contenuto di sali minerali non superiore ai 500
mg/l. In virtù dei pochi sali minerali presenti, sono ottime acque da tavola, adatte
ad essere bevute quotidianamente; inoltre
svolgono un'alta azione diuretica e contengono poco sodio. Nelle acque minerali
il residuo fisso è compreso tra 500 e 1000
mg/l (1 g); contengono una percentuale
consistente di sali minerali e se ne può
assumere fino a un litro al giorno, alternandole con acqua leggera. Vi sono poi
acque ricche di sali minerali: il residuo fisso è di oltre 1,500 g/l. Sono molto ricche
di sali, pertanto devono essere bevute
specificamente a scopo curativo e su con-
siglio medico. Si acquistano in farmacia,
ma alcune si trovano anche nei supermercati. Secondo i medici, inoltre, bere
acqua con regolarità non ha effetti benefici solamente sul sistema linfatico e
sui reni, ma serve a prevenire molti disturbi di varia natura. Uno studio pubblicato nel maggio del 2002 dall’American
Journal of Epidemiology ha dimostrato
che coloro che bevono più di 5 bicchieri
di acqua al giorno hanno il 41% di probabilità di meno di subire un infarto rispetto a coloro che bevono meno di 2
bicchieri di acqua al giorno.
Un'altra ricerca, dell'Università di Parma
pubblicata sul New England Journal of
Medicine, sfata un altro falso convincimento e dimostra che ridurre il calcio nelle diete non fa diminuire la frequenza dei
calcoli renali. E, anzi, al contrario, una
dieta povera di calcio ne fa aumentare il
rischio. Insomma è da preferire un'alimentazione con un apporto ampio di calcio (1,2 g al giorno) e un ridotto quantitativo di sale e di proteine animali, rispetto
a una dieta con basso contenuto di calcio.
Via libera, dunque, alla classica dieta mediterranea.
Bere almeno 2 litri d'acqua al giorno porterebbe inoltre a una diminuzione del
45% del rischio di cancro al colon. Bere
molta acqua può anche diminuire il rischio di cancro alla vescica e al seno.
Per quanto riguarda la ritenzione idrica
che è l’anticamera dell’ingrassamento,
non significa avere “troppa” acqua nel
corpo, ma soffrire di uno squilibrio nella
sua distribuzione. Spesso le persone che
ne soffrono non bevono a sufficienza.
Per finire, un “trucco” vecchio ma sempre
efficace: appena svegli, la mattina, sarebbe bene bere 1 o 2 bicchieri d'acqua, naturale o gassata, a temperatura ambiente
e a digiuno: l'acqua non fredda, infatti,
stimola l’attività diuretica dei reni dopo
la lunga pausa notturna.
QUESTO SUPPLEMENTO E STATO REALIZZATO DA BOX MEDIA ITALIA. RCS NON HA PARTECIPATO ALLA SUA REALIZZAZIONE E NON HA RESPONSABILITÀ PER IL SUO CONTENUTO / WWW.BOXMEDIAITALIA.COM