La non violenza come strumento di libertà
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La non violenza come strumento di libertà
Seminario Autunnale 27 - 30 Ottobre 2011 Reg. Num. 6188 – A VILLA NAZARETH QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO Villa Nazareth – Fondazione “Comunità Domenico Tardini” ONLUS Via D. Tardini 33-35, 00167 Roma – Tel. 06-666971, Fax. 06-6621754 siti web: www.villanazareth.org, www.vnstudenti.org, www.vnservizi.it e-mail: [email protected], [email protected], [email protected] Programma Giovedì 27 Ottobre In giornata Arrivo a Villa Nazareth ed accoglienza Ore 20:00 Cena e saluto del card. Achille Silvestrini, di mons. Claudio Maria Celli, della prof.ssa Angela Groppelli, del prof. Carlo Felice Casula, del dott. Marco Catarci, del dott. Massimo Gargiulo, di don Giuseppe Bonfrate, della dott.ssa Maria Cristina Girardi Ore 20:30 Presentazione del Seminario a cura degli Studenti della Commissione Cultura Venerdì 28 Ottobre Ore 8:00 Colazione Ore 8:30 Partenza da Villa Nazareth per le visite guidate alle mostre: “Filippino Lippi e Sandro Botticelli nella Firenze del '400”, presso le Scuderie del Quirinale “Piet Mondrian: l'Armonia perfetta”, presso il Complesso del Vittoriano Ore 13:00 Pranzo Ore 16:00 Conferenza: “Il quadro normativo italiano ed internazionale in materia di Bioetica” Relatore: prof. Stefano Canestrari, ordinario di Diritto Penale all'Università di Bologna Moderatore: Patroclo Olivieri Ore 19:00 Celebrazione eucaristica Ore 20:00 Cena 2 Sabato 29 Ottobre Ore 8:30 ColazioneQuestioni di Bioita tra le possiblità della scienza ed il sentire dell'uomo Ore 9:00 Incontro dei Gruppi Regionali Ore 11:00 Laboratorio degli Studenti Ore 13:00 Pranzo Ore 16:00 Conferenza: “Ai confini dell'esistenza: possibilità e limiti per l'uomo nel suo intervento sulla vita” Relatori: prof. Stefano Semplici, docente di Etica sociale all‟Università di Roma “Tor Vergata”; prof. Piergiorgio Donatelli, docente di Bioetica all'Università di Roma “Sapienza” Moderatrice: Dott.ssa Roberta Rampazzo Ore 19:00 Celebrazione eucaristica Ore 20:00 Cena Ore 21:00 Concerto di musica da camera a cura delle ragazze e dei ragazzi di Villa Nazareth: “Viaggio nella musica da camera fra Romanticismo e contemporaneità” Domenica 30 Ottobre Ore 12:00 Santa Messa Ore 13:00 Pranzo e conclusione del Seminario. Saluti e partenze Coma Reading “Questo è un anti testamento cioè non è quello che lascio se non torno ma quello che voglio quando torno… Quando torno voglio cambiare vita così posso mettermi pantaloni di una taglia più piccola. Voglio un letto a due piazze ed un monumento: il mio. Voglio un aereo con due enormi orecchie al posto delle ali: praticamente un Dumbojet. Voglio un fratello sole e una sorella luna, per divertirmi giorno e notte come San Francesco che parlava agli uccelli, stava zitto con i pesci e ripeteva tutto con i pappagalli. E a proposito voglio anche un pappagallo che dica Loreto e anche un altro pappagallo che dica Assisi. Quando torno voglio un motoscafo guidato da un idraulico per andare a trovare mia moglie quando le si rompono le acque. Voglio costruire un ospedale dove ci và chi non si è mai fatto niente e lo voglio chiamare “Ospedale Grandi Illesi”. Poi ne voglio costruire un altro dove ci và soltanto chi crede di essere amato e lo è stato; chi crede di essere il migliore e non lo è; di avere un sacco di soldi e non li ha: l’ “Ospedale Grandi Illusi”. Quando torno voglio un cane da punta che disegni con me ma soprattutto che mi temperi le matite. Voglio un bel paio di sì nuovi per annuire anche sulla neve. Voglio diventare a tutti i costi amico di Alvaro per andare all’inaugurazione di una nave e poter dire, così tanto per dire,: “Sono stato al varo con Alvaro…” così per il gusto di fare. Voglio conoscere meglio i Sumeri e già che ci sono gli Stranz, gl Ignurant, i Sfighè. Voglio mettermi una benda sugli occhi e poter comprare e vedere tutte le cassette pirata che voglio. Voglio fare l’autostop con il medio senza risultare volgare. Voglio un pacemaker senza fili per telefonare tra me e me a chi mi sta veramente a cuore. Voglio fare piangere il mare calmo fino a farlo diventare un mare commosso. Voglio sporcare il coro delle voci bianche. Ma soprattutto permettetemi dal coma voglio ricavare dei comandamenti come dice la parola stessa: 1 - Forse è meglio non fidarsi solo di quelli che non si sono svegliati. 2 - Forse è meglio considerare il proprio caso come se fosse il primo, come se fosse l’ultimo o almeno come se fosse il più speciale. 3 - Forse è meglio non fare un fascio di tutta un’erba medica. 4 - Forse è meglio non obbedire, è meglio credere, l’importante è combattere. 5 - Forse il coma è un’ouverture, al massimo un intermezzo, forse non deve essere mai considerato un finale andante. 6 - Forse il tuo caso non è mai un caso, quindi è meglio non lasciare mai niente al caso. 7 - Forse il coma è come un come: un modo per capire. 8 - L’unica cosa che deve morire nel coma forse è il coma. 9 - Credere che chi è in coma sia morto sarebbe come credere che chi dorme sia svenuto. 10 - Se entri in coma appena puoi fatti vivo.” Alessandro Bergonzoni, Inedito presentato in occasione della chiusura della Giornata dei Risvegli, 7 Ottobre 2001 4 Indice del materiale a disposizione Biografie relatori .......................................................................................... 6 Stefano Canestrari ............................................................................................................................ 6 Stefano Semplici ................................................................................................................................ 6 Piergiorgio Donatelli ......................................................................................................................... 7 Articolo n. 1 – Marina Gennaro, “La legge 40 nuovamente al vaglio della Corte Costituzionale - Quid iuris sulla fecondazione assistita?” – da www.leggioggi.it, 14 Febbraio 2011 ................................................................................................ 8 Articolo n. 2 - La legge 194 sull‟Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) – da it.wikipedia.org ............................................................................................. 10 Articolo n. 3 – Oriana Fallaci, da “Lettera a un bambino mai nato”....................... 14 Articolo n. 4 - Dalla Relazione della Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche – 28 Dicembre 2000 - Sintesi della relazione ....... 20 Articolo n. 5 – Andrea Porcarelli, “Quale qualità della vita?” – da www.portaledibioetica.it ................................................................................. 26 Articolo n. 6 – Andrea Porcarelli – “L‟eutanasia nella storia” – da www.portaledibioetica.it ................................................................................. 31 Articolo n. 7 - Enzo Bianchi, “Bioetica e scontro politico: i giorni cattivi del caso Englaro” - da La Stampa, 15 Febbraio 2009....................................................... 37 Articolo n. 8 - Testamento biologico, ecco la legge - Non vincolante e solo se il cervello è spento – da www.repubblica.it, 12 Luglio 2011 .................................... 42 Bibliografia ................................................................................................ 44 Filmografia ................................................................................................ 46 Webgrafia .................................................................................................. 48 Playlist....................................................................................................... 48 Appendice .................................................................................................. 49 Biografie relatori Stefano Canestrari Stefano Canestrari, nato a Bologna il 3 gennaio 1958, è Professore ordinario di Diritto penale nella Facoltà di Giurisprudenza dell'Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Già Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna (dal 1° novembre 2004 al 31 ottobre 2010); già Presidente del Consiglio di Corso di laurea in Scienze giuridiche; già Vice Preside; già Direttore del Corso di Preparazione alla Funzione Giudiziaria dell'Università di Bologna; già Presidente della Commissione per la Revisione dello Statuto Generale d'Ateneo. Membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. Accademico corrispondente dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna (Sezione di Scienze Giuridiche). Componente del Consiglio Scientifico della Scuola Superiore di Politiche per la Salute dell'Università di Bologna. Componente del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in Bioetica (sede amministrativa. Università di Bologna) e di alcuni Master dell'Università di Bologna (in “Diritto sanitario” e in “Programmazione, gestione e valutazione dei servizi sanitari”). Componente del Comitato direttivo della rivista "Criminalia" e del Comitato scientifico di alcune riviste giuridiche, tra cui “L'Indice Penale”; condirettore della rivista "Ius 17. Studi e materiali di diritto penale". Condirettore del Trattato di diritto penale (ed. Utet Giuridica) e del Trattato “I reati contro la persona” (I Grandi Temi, ed. Utet Giuridica). Presidente del Comitato di Bioetica dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e membro di alcuni Comitati Etici, tra cui il CE dell'Ausl di Bologna (istituito ai sensi del D.M. 18 marzo 1998) e il Comitato di Bioetica dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bologna. Nel corso della sua carriera, il Prof. Canestrari ha svolto lunghi periodi di studio e ricerca presso il Max Planck Institut für ausländisches und internationales Strafrecht di Freiburg i. Br. (Germania); ha frequentato, durante la permanenza a Freiburg, anche l'Istituto di criminologia e diritto penale dell'economia (diretto dal Prof. K. Tiedemann) della Albert-Ludwigs-Universität e ha trascorso in seguito alcuni periodi di studio presso l'Harvard University di Boston. Stefano Semplici Stefano Semplici (Arezzo 1961) è dal 2006 professore straordinario di Etica sociale all‟Università di Roma «Tor Vergata», dove è entrato nel 1986 dopo la laurea e il perfezionamento presso la Facoltà di Lettere e quella di Magistero dell‟Università «La Sapienza», sotto la guida rispettivamente di Marco Maria Olivetti e Valerio Verra. La sua attività di ricerca si è articolata su due fondamentali direttrici: 6 l'interesse per la filosofia contemporanea (il nichilismo, la ripresa dell'istanza trascendentale “a valle” del linguistic turn, il “nuovo pensiero”) e quello per la filosofia “classica” tedesca e la vicenda storico-culturale nella quale nasce e si consolida la “filosofia della religione” (l‟illuminismo, Kant, Hegel). Negli ultimi anni, parallelamente ai nuovi impegni didattici, è cresciuta l‟attenzione per le tematiche connesse all‟etica pubblica e “applicata”, con particolare riferimento alla bioetica, ai processi di comunicazione interculturale e all‟«etica degli affari». È membro del Comitato internazionale di Bioetica dell'Unesco e direttore della rivista «Archivio di filosofia». Fa parte della «Internationale Hegel-Vereinigung», della Direzione scientifica della Collana di Filosofia morale e del Comitato scientifico dell‟Annuario di Etica editi da Vita e Pensiero e del Comitato scientifico della Fondazione «Nova Spes». È direttore editoriale della Collana di Studi e Ricerche «Dario Mazzi» (il Mulino) e direttore scientifico del Collegio universitario «Lamaro-Pozzani» della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro. Tra le sue pricipali pubblicazioni: “Un filosofo "all'ombra del nichilismo" (W. Weischedel, Roma, Armando, 1984), “Socrate e Gesù. Hegel dall'ideale della grecità al problema dell'Uomo-Dio” (Padova, CEDAM, 1987), “Dalla teodicea al male radicale. Kant e la dottrina illumini¬sta della "giustizia di Dio" (Padova, CEDAM, 1990), “La logica e il tempo. Il "nuovo pensiero" e Hegel” (Genova, Marietti, 1992), “Il soggetto dell‟ironia” (Padova, CEDAM, 2002), “Bioetica. Le domande, i conflitti, le leggi” (Brescia, Morcelliana, 2007), “Il diritto di morire bene” (Bologna, il Mulino, 2002). Piergiorgio Donatelli Piergiorgio Donatelli è professore associato di Filosofia morale presso la facoltà di Filosofia, lettere, scienze umanistiche e studi orientali della Sapienza Università di Roma dove è anche direttore del Master in Etica pratica e bioetica. È stato professore a contratto presso la Facoltà di Scienze politiche della LUISS Guido Carli e Visiting Professor presso il Department of Philosophy della University of Chicago. È membro del Dottorato in Filosofia, Sapienza Università di Roma, e del Dottorato in Teoria politica, LUISS Guido Carli. Ha tenuto lezioni e conferenze in numerose università in Italia e all'estero. Dirige la rivista «Iride. Filosofia e discussione pubblica» (Il Mulino). È membro del comitato di redazione di «Iris. European Journal of Philosophy and Public Debate» e fa parte del comitato scientifico di «Bioetica. Rivista interdisciplinare» e di «Etica & Politica / Ethics & Politics». Tra le sue pubblicazioni: Etica analitica. Analisi, teorie, applicazioni (con E. Lecaldano, LED, 1996); Wittgenstein e l'etica (Laterza, 1998); La filosofia morale (Laterza, 2001); Introduzione a Mill (Laterza, 2007). Ha curato i volumi: L'immaginazione e la vita morale di C. Diamond (Carocci, 2006), il Dizionario di bioetica di E. Lecaldano (Laterza, II ed. 2007), Il senso della virtù (con E. Spinelli, Carocci, 2009), Rileggere Wittgenstein di J. Conant e C. Diamond (Carocci, 2010), Eugenio Lecaldano. L'etica, la storia della filosofia e l'impegno civile (con M. Mori, Le Lettere, 2010). QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 1 Marina Gennaro, “La legge 40 nuovamente al vaglio della Corte Costituzionale - Quid iuris sulla fecondazione assistita?” da www.leggioggi.it, 14 Febbraio 2011 E‟ di pochi giorni fa la notizia di un nuovo rinvio della legge 40 alla Corte Costituzionale, questa volta ad opera della prima sezione civile del Tribunale di Milano. Si tratta dell‟ennesimo intervento, effettuato dall‟autorità giudiziaria, sul testo della controversa legge che dal 2004 regolamenta in Italia la fecondazione assistita. E‟ difficile non ricordare che la promulgazione della legge è stata preceduta da un acceso dibattito che ha coinvolto non solo le forze politiche impegnate in Parlamento ma l‟intera società civile, divisa tra uno schieramento favorevole ad una regolamentazione più restrittiva e uno schieramento “laico” che, invece, auspicava una legge di più ampio respiro, svincolata da condizionamenti etici e religiosi. L‟approvazione della legge n. 40, con l‟introduzione di numerosi divieti, ha in parte disatteso le speranze di quest‟ultimo schieramento ed è stata salutata come la legge più restrittiva (in materia) d‟Europa e lesiva dei diritti della persona. Così, dal giorno della sua entrata in vigore ad oggi, la legge 40 è stata bersaglio di una sorta di “class action” messa in atto da associazioni e da gruppi di pazienti affetti da serie patologie, che hanno presentato ricorsi in diverse città d‟Italia per vedersi riconosciuto il diritto di diventare genitori. E‟ lungo l‟elenco delle sentenze che – dal 2005 – si sono susseguite determinando, di fatto, lo sgretolamento del testo della legge anche in riferimento a principi cardine della stessa. Solo per citarne alcune tra le più rilevanti: è del settembre del 2007 la pronuncia del Tribunale di Cagliari che consentì di effettuare la diagnosi preimpianto, facendo leva su di una interpretazione costituzionalmente orientata della legge 40, ed ancora, dell‟aprile del 2009 la pronuncia della Consulta che dichiarò l‟illegittimità dell‟art. 14, c.2 sulla restrizione del numero degli embrioni da impiantare e l‟assenza di una espressa previsione che stabilisca che il trasferimento dell‟embrione debba essere effettuato senza pregiudizio per la salute della donna. Si è trattato, allora, d‟importanti traguardi raggiunti dalle numerosissime coppie che ogni anno decidono di intraprendere questo difficile percorso e che si scontrano non soltanto con le difficoltà insite nella natura stessa della tecnica dell‟inseminazione medicalmente assistita ma anche con una legislazione fortemente restrittiva che pone importanti limiti all‟utilizzo della stessa. Oggi, per tutte quelle coppie, sembra più vicino anche un ulteriore traguardo, forse il più importante da raggiungere ovvero l‟abrogazione dell‟art. 4 della legge che vieta la fecondazione eterologa, quella cioè che utilizza materiale genetico proveniente da un donatore terzo. Divieto che, senza dubbio, è il principio più controverso e criticato dell‟intera legge. Contro tale divieto sono stati, infatti, presentati numerosi ricorsi in seguito ai quali si sono espressi – tutti con ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale – il 8 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Tribunale di Firenze, quello di Catania (nell‟ottobre del 2010) e recentemente quello di Milano; a breve dovrebbe pronunciarsi anche il Tribunale di Bologna. Secondo i giudici milanesi l‟attuale normativa, laddove prevede delle sanzioni pecuniarie a carico delle strutture che operano tale tipologia di fecondazione, “non garantisce alle coppie cui viene diagnosticato un quadro clinico di sterilità irreversibile il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare”. Il divieto di fecondazione eterologa lede principalmente il principio di uguaglianza sancito dall‟articolo 3 della Costituzione: si viene a creare, infatti, una disparità di trattamento tra le coppie infertili che tuttavia producono ovuli e spermatozoi (e sono ammesse alle cure) e quelle che invece non ne producono perché colpite da una forma di sterilità più severa, escluse così dal ricorso a tale tipo di cura pur essendone (paradossalmente!) maggiormente bisognose e costrette a recarsi all‟estero nelle numerose cliniche specializzate presenti in molti Paesi d‟Europa. Si parla di “turismo procreativo” e di viaggi della speranza, naturalmente accessibili solo alle coppie economicamente in grado di affrontare gli alti costi del viaggio e dell‟intervento; un‟ulteriore forma di discriminazione, questa volta di natura economica. Ma in ballo, oltre al principio d‟uguaglianza, c‟è anche il diritto alla salute. Alla luce dell‟enorme mole di ricorsi presentati e delle conseguenti pronunce dei giudici (che ne hanno parzialmente sgretolato l‟impianto originario) sorge spontaneo chiedersi se che questa legge abbia effettivamente colto le istanze delle migliaia di coppie infertili, soddisfacendone le legittime aspettative e fornendo loro gli strumenti per raggiungere il risultato sperato, o se invece sia stata promulgata spinta dalla pressante necessità di disciplinare il fenomeno sempre più dilagante del ricorso alla fecondazione assistita (già regolamentata nel resto dei Paesi europei) accogliendo tuttavia suggerimenti e prescrizioni di carattere etico-religioso, presenti nel nostro Paese. La pronuncia della Consulta è attesa per la prossima primavera. E‟ ragionevole, oggi, porsi una domanda: cosa succederà se la Corte Costituzionale dovesse pronunciarsi accogliendo l‟eccezione di incostituzionalità dell‟articolo 4 della legge 40? La soluzione più ragionevole imporrebbe una nuova regolamentazione della materia, attuata di concerto con tutte le forze politiche e tenendo conto delle importanti modifiche apportate dalle recenti pronunce dell‟autorità giudiziaria. Non resta che aspettare e sperare che le scelte future vengano, finalmente, adottate nel pieno rispetto dei principi costituzionali e dei diritti della persona. 9 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 2 La legge 194 sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) da it.wikipedia.org L'aborto e la legge: ammissibilità L'ammissibilità morale dell'aborto, o interruzione volontaria di gravidanza (IVG) è soggetta in gran parte alle convinzioni etiche, agli orientamenti religiosi, all'idea che una certa cultura abbia di concetti quali l'anima, la vita, eccetera. A partire dagli ultimi decenni del XX secolo, l'IVG è una pratica autorizzata per legge in buona parte del mondo, soprattutto in quello occidentale, a discrezione della donna nei primi mesi della gestazione. Le motivazioni oggi ammesse sono diverse. In primo luogo i casi di salute della madre, di gravi malformazioni del feto, di violenza carnale subita. Queste motivazioni sono ammesse anche nei paesi a dominanza maschile e di stampo conservatore, come l'Iran. In numerose nazioni si tiene tuttavia conto anche di istanze psicologiche e di sociali, garantendo alla madre la possibilità di ottenere l'IVG in sicurezza ricorrendo a strutture mediche competenti. Le motivazioni ammesse sono, oltre a quelle qui sopra, il solo giudizio della donna sulla propria impossibilità di diventare madre ad esempio per giovane età, per rapporti preesistenti al di fuori dei quali è stato concepito il bambino, per timore delle reazioni del proprio nucleo famigliare (o della società in genere) nei confronti di una gravidanza avvenuta fuori da quanto si percepisca come lecito. In diversi paesi, tra cui l'Italia, l'aborto è garantito anche alle minorenni, cui, in assenza dei genitori, viene affiancato un tutore del tribunale minorile. In altre nazioni ancora, l'aborto è imposto alla donna o fortemente raccomandato quando il nascituro non abbia le caratteristiche volute dalla famiglia, prima fra tutte il sesso. Questa condizione sociale privilegia i maschi rispetto alle femmine che vengono, in alcuni stati, sistematicamente abortite. Questa situazione è oggi nota per essere endemica in ampie zone dell'India e della Cina in quest'ultima il numero degli uomini ha superato quello delle donne per oltre 40 milioni di individui. Tempistiche: entro quando si può richiedere la IVG Negli stati in cui la IVG è legale, può venire richiesta su solo giudizio della donna entro un dato periodo di tempo. Scaduto questo viene concessa solo in casi rari, a discrezione del medico e in presenza di gravi malformazioni del feto o di rischio per la salute della donna. Il termine varia anche considerevolmente a seconda della legge dello stato in cui ci si trova. In Italia, come in molti altri, il termine è la 12ª settimana di gestazione, in Inghilterra la 24ª. L'IVG nella legislazione italiana Legislazione precedente al 1978 10 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Prima del 1978, l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata dal codice penale italiano un reato (art. 545 e segg. cod. pen., abrogati nel 1978). In particolare: causare l'aborto di una donna non consenziente (o consenziente, ma minore di quattordici anni) era punito con la reclusione da sette a dodici anni (art. 545), causare l'aborto di una donna consenziente era punito con la reclusione da due a cinque anni, comminati sia all'esecutore dell'aborto che alla donna stessa (art. 546), procurarsi l'aborto era invece punito con la reclusione da uno a quattro anni (art. 547). istigare all'aborto, o fornire i mezzi per procedere ad esso era punito con la reclusione da sei mesi a due anni (art. 548). In caso di lesioni o morte della donna le pene erano ovviamente inasprite (art. 549 e 550), ma, nel caso "... alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 545, 546, 547, 548 549 e 550 è stato commesso per salvare l'onore proprio o quello di un prossimo congiunto, le pene ivi stabilite sono diminuite dalla metà ai due terzi." (art. 551). La regolamentazione dell'IVG del 1978 Le premesse storiche Nel 1975 il tema della regolamentazione dell'aborto riceveva l'attenzione dei mezzi di comunicazione, in particolare dopo l'arresto del segretario del Partito Radicale Gianfranco Spadaccia, della segretaria del Centro d'Informazione sulla Sterilizzazione e sull'Aborto (CISA) Adele Faccio e della militante radicale Emma Bonino, per aver praticato aborti, dopo essersi autodenunciati alle autorità di polizia (azione nonviolenta dei radicali). Il CISA era un organismo fondato da Adele Faccio che con molte altre donne si proponeva di combattere la piaga dell'aborto clandestino, creando i primi consultori in Italia e organizzando dei «viaggi della speranza» verso le cliniche inglesi e olandesi, dove grazie a voli charter e a convenzioni contrattate dal CISA, era possibile per le donne avere interventi medici a prezzi contenuti e con i mezzi tecnologicamente più evoluti. Nel 1975 dopo un incontro prima con Marco Pannella e poi con Gianfranco Spadaccia il CISA si federava con il Partito radicale, e in poche settimane entrava in funzione l'ambulatorio di Firenze presso la sede del partito. Il 5 febbraio una delegazione comprendente Marco Pannella e Livio Zanetti, direttore de L'espresso, presentava alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo degli articoli nn. 546, 547, 548, 549 2º Comma, 550, 551, 552, 553, 554, 555 del codice penale, riguardanti i reati d'aborto su donna consenziente, di istigazione all‟aborto, di atti abortivi su donna ritenuta incinta, di sterilizzazione, di incitamento a pratiche contro la procreazione, di contagio da sifilide o da blenorragia. Cominciava in questo modo la raccolta firme. Il referendum era patrocinato dalla Lega XIII maggio e da L‟Espresso, che lo promossero unitamente al Partito Radicale e al Movimento di liberazione della donna. Tra le forze aderenti figuravano Lotta continua, Avanguardia operaia e PdUP-Manifesto. Dopo aver raccolto oltre 700.000 firme, il 15 aprile del 1976 con un Decreto del Presidente della Repubblica veniva fissato il giorno per la consultazione referendaria, ma lo stesso Presidente Leone il primo maggio fu costretto a ricorrere per la seconda volta allo scioglimento delle Camere. Erano forti i timori dei partiti per le divisioni che 11 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre poteva provocare una nuova consultazione popolare dopo l‟esperienza del referendum sul divorzio dell'anno precedente. Il bisogno di adeguare la normativa si è presentato al legislatore anche in seguito alla sentenza n.27 del 18 febbraio 1975 della Corte Costituzionale. Con questa sentenza la Suprema Corte, pur ritendendo che la tutela del concepito ha fondamento costituzionale, consentiva il ricorso alla IVG per motivi molto gravi. La legge 194 La legge italiana sulla IVG è la Legge n.194 del 22 maggio 1978 (detta anche più semplicemente "la 194") con la quale sono venuti a cadere i reati previsti dal titolo X del libro II del codice penale con l'abrogazione degli articoli dal 545 al 555, oltre alle norme di cui alle lettere b) ed f) dell'articolo 103 del T.U. delle leggi sanitarie. La 194 consente alla donna, nei casi previsti dalla legge (vedi sotto), di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione; tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. Il prologo della legge (art. 1), recita: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.“ L'art. 2 tratta dei consultori e della loro funzione in relazione alla materia della legge, indicando il dovere che hanno della donna in stato di gravidanza: informarla sui diritti garantitigli dalla legge e sui servizi di cui può usufruire; informarla sui diritti delle gestanti in materia laborale; suggerire agli enti locali soluzioni a maternità che creino problemi; contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza. Nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla IVG è permesso alla donna “che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito (art. 4).” Come risulta dalle amplissime formule usate dalla legge, le possibilità di accedere alla IVG nei primi novanta giorni sono praticamente illimitate. Dunque, la legislazione italiana permette alla donna piena libertà di accedere alla IVG durante il primo trimestre di gravidanza. La IVG è permessa dalla legge anche dopo i primi novanta giorni di gravidanza (art. 6): quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. 12 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Le minori e le donne interdette devono ricevere l'autorizzazione del tutore o del tribunale dei minori per poter effettuare la IVG. Ma, al fine di tutelare situazioni particolarmente delicate, la legge 194 prevede che (art.12) “nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza.“ La legge stabilisce che le generalità della donna rimangano anonime. La legge prevede inoltre che "il medico che esegue l'interruzione della gravidanza è tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite" (art. 14). Il ginecologo può esercitare l'obiezione di coscienza. Tuttavia il personale sanitario non può sollevare obiezione di coscienza allorquando l'intervento sia "indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo" (art. 9, comma 5). La donna ha anche il diritto a lasciare il bambino in affido all'ospedale per una successiva adozione, e a restare anonima. Questa legge è stata confermata dagli elettori con una consultazione referendaria il 17 maggio 1981. Testi normativi di riferimento Legge n.194 del 22 maggio 1978 Sentenza n.27 del 18 febbraio 1975 13 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 3 Oriana Fallaci, da “Lettera a un bambino mai nato” Nello studio del medico c'era una fila di donne con la pancia gonfia. Quando la segretaria mi ha pregato di attendere, mi sono irritata. Non mi piaceva allinearmi con le donne dalla pancia gonfia: non avevo nulla in comune con loro. Nemmeno la pancia. La mia é scarsa, si vede e no. Finalmente sono entrata, mi sono spogliata, mi sono distesa sul lettuccio. Il medico ti ha tormentato col dito, pigiando, frugando, poi se l'è tolto il guanto di gomma e con voce di gelo mi ha chiesto: Ma lei vuole davvero questo figlio? . Non credevo ai miei orecchi. Naturalmente. Perché‚? gli ho risposto. Perché‚ molte dicono di volerlo e poi, nel subcosciente, non lo vogliono affatto. Senza realizzarlo magari, fanno di tutto perché‚ non nasca. Mi sono indignata. Non ero lì per subire processi alla mia buonafede e nemmeno per discutere di psicanalisi, ho detto, ero lì per sapere come stavi tu. Ha cambiato tono, si é spiegato con garbo. V'erano cose che non capiva in questa gravidanza. Riteneva che l'uovo fosse inserito bene, in sede normale. Riteneva che la crescita del feto avvenisse bene, in modo regolare. E tuttavia qualcosa non funzionava. Ad esempio l'utero era troppo sensibile, si contraeva con eccessiva facilità: ciò alimentava il sospetto che il sangue non affluisse perfettamente alla placenta. Ero stata immobile come mi aveva ordinato? Ho risposto sì. Avevo evitato di bere alcool, avevo fumato meno come s'era raccomandato? Ho risposto sì. Non avevo mai compiuto sforzi, strapazzi? Ho risposto no. Avevo avuto rapporti sessuali? Di nuovo ho risposto no ed era vero, lo sai: non gli ho permesso di avvicinarsi, l'altra notte sebbene lui ripetesse che era una crudeltà. Allora il medico é apparso perplesso: Ha preoccupazioni? . Gli ho risposto sì. Ha avuto qualche trauma psicologico, che so un dispiacere? Gli ho risposto sì. Mi ha fissato senza chiedere che specie di trauma, che specie di dispiacere, poi mi ha esposto la sua tesi. A volte le preoccupazioni, le ansie, gli shock sono più pericolosi delle fatiche fisiche perché‚ causano spasmi, contrazioni uterine, e minacciano seriamente la vita dell'embrione o del feto. Non dimenticassi che l'utero é in relazione con l'ipofisi, che ogni stimolo si trasmette subito agli organi genitali. Una sorpresa violenta, un dolore, una collera, possono provocare il distacco parziale dell'uovo. Lo può addirittura un nervosismo costante, un perpetuo stato d'angoscia. Al limite, e lungi da lui l'intenzione di sconfinare nella fantascienza o nella fantapsicologia, si poteva parlare di un pensiero che uccide. Al livello inconscio, s'intende, e per questo dovevo assolutamente impormi d'esser tranquilla. Dovevo rigorosamente evitare ogni emozione, ogni pensiero nero. Serenità, placidità erano le parole d'ordine. Dottore, ho risposto, é lo stesso che chiedermi di cambiare il colore degli occhi: come faccio ad essere placida se la mia natura non lo é? Mi ha squadrato di nuovo con freddezza: Questo é affar suo. Si arrangi. Ingrassi . Poi mi ha prescritto antispastici e altre medicine. Se per caso appare una goccia di sangue, corra da lui. Sono impaurita. Ed anche adirata con te. Cosa credi che sia: un contenitore, un barattolo dove si mette un oggetto da custodire? Sono una donna, perDio, sono una persona. Non posso svitarmi il cervello e proibirgli di pensare. Non posso annullare i miei sentimenti o proibirgli di manifestarsi. Non posso ignorare una rabbia, una gioia, un dolore. Ho le mie reazioni, io, i miei stupori, i miei scoramenti. Anche se potessi, non vorrei disfarmene per ridurmi allo stato di un vegetale o di una macchina fisiologica che serve a procreare e basta! Quanto sei esigente, bambino. Prima 14 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre pretendi di controllare il mio corpo e privarlo del suo più elementare diritto: muoversi. Dopo pretendi addirittura di controllare la mia mente e il mio cuore: atrofizzandoli, neutralizzandoli, derubandoli della loro capacità di sentire, pensare, vivere! Accusi perfino il mio inconscio. Questo é eccessivo, é inaccettabile. Se vogliamo restare insieme, bambino, dobbiamo scendere a patti. Eccoli. Ti faccio una concessione: ingrasso, ti regalo il mio corpo. Ma la mia mente no. Le mie reazioni no. Me le tengo. E con quelle pretendo una mancia: i miei piaceri spiccioli. Infatti ora bevo un abbondantissimo whisky, e fumo un pacchetto di sigarette, una dopo l'altra, e riprendo a lavorare, ad esistere come persona e non come barattolo, e piango, piango, piango: senza chiederti se ti fa male. Perché‚ sono stufa di te! *** Perdonami. Dovevo essere ubriaca, impazzita. Guarda quante cicche, e guarda questo fazzoletto. E ancora bagnato. Che crisi di furore imbecille, che scena disgustosa. Egoista. Come stai, bambino? Meglio di me, spero. Io sono esausta. Sono così stanca che vorrei resistere altri sei mesi, il tempo di portarti alla luce, e poi morire. Tu prenderesti il mio posto nel mondo e io mi riposerei. Non sarebbe neanche troppo presto: mi sembra d'avere ormai visto tutto ciò che v'era da vedere, d'avere ormai capito tutto ciò che v'era da capire. E comunque, una volta uscito dal mio corpo, non avrai più bisogno di me. Qualsiasi donna capace di amarti sarà un'ottima madre per te: la voce del sangue non esiste, é un'invenzione. La mamma non é colei che ti porta nel ventre, é colei che ti cresce. O colui che ti cresce. Potrei regalarti a tuo padre. Tuo padre é tornato poco fa e mi ha portato una rosa blu. Ha detto che il blu é il colore del maschio. Ora pensa anche al colore. Ovviamente desidera che tu sia maschio: nascere maschio per lui é un merito maggiore, un segno di superiorità. Poveretto. Non é colpa sua, hanno raccontato anche a lui che Dio é un vecchio con la barba bianca, che Maria era un'incubatrice, che senza Giuseppe non avrebbe trovato nemmeno una stalla, che ad accendere il fuoco fu Prometeo. Io non lo disprezzo per questo. Tuttavia dico che non ho, non abbiamo necessità di lui. non della sua rosa blu. Gli ho ordinato di andarsene, di lasciarci in pace. Ha barcollato come per una legnata, s'é avviato verso la porta, se non'é andato senza rispondere. Tra poco ce ne andiamo anche noi: a lavorare. Il commendatore mi ha ricordato la sua comprensione però ha aggiunto che bisogna rispettare gli impegni: una donna incinta può lasciare l'impiego solo al sesto mese. Mi ha ricordato anche il viaggio: minacciando con perfido garbo di trasferire l'incarico a un uomo perché‚ a-un-uomo-non-accadonocerti-incidenti. Ho frenato a stento la tentazione di aggredirlo, e mi son messa a tergiversare. I prossimi dieci giorni saranno duri, devo guadagnare il tempo perduto. Ma ti dirò: L'idea di riprendere le mie attività mi scuote da questo torpore, da questa rassegnazione che mi fa sognare la morte. Menomale che é già incominciato l'inverno: sotto il cappotto il ventre gonfio non si noterà. E, d'ora innanzi, crescerà parecchio. Stamani ad esempio é più gonfio. Il vestito mi tira. A quattordici settimane, sai quanto sei lungo? Almeno dieci centimetri. Perfino la placenta, ormai troppo piccola per avviluppare il sacco amniotico, sta tirandosi da parte. E tu stai invadendomi senza pietà. Non sono una persona che si spaventa alla vista del sangue. Ed essere donne é una scuola di sangue: tutti i mesi offriamo a noi stesse il suo spettacolo odioso. Ma quando ho visto quella minuscola macchia sopra il cuscino, i miei occhi si sono annebbiati e le mie gambe si sono piegate. M'ha invaso il panico, poi la disperazione, e mi son maledetta. Mi sono accusata di ogni colpa verso di te che non potevi proteggerti, non potevi ribellarti, così piccino e indifeso e alla mercé di ogni mio capriccio, ogni mia 15 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre irresponsabilità. Non era nemmeno rossa, la macchia. Era rosa, d'un pallido rosa. E tuttavia era più che sufficiente a trasmettermi il messaggio, ad annunciarmi che stavi forse finendo. Ho agguantato il cuscino e son corsa. Il medico é stato inaspettatamente gentile. Mi ha ricevuto sebbene fosse sera, mi ha detto di calmarmi: non stavi morendo, non t'eri staccato, avevi sofferto e basta, si trattava di una minaccia e basta, il riposo assoluto avrebbe sistemato ogni cosa, purché fosse assoluto, purché‚ non scendessi dal letto nemmeno per andare nel bagno, e per questo era meglio che mi ricoverassi in ospedale. Siamo all'ospedale. Una camera triste di questo mondo triste. Ci siamo da una settimana che ho trascorso quasi sempre dormendo, obnubilata dai sedativi. Ora li hanno sospesi ma é peggio: non so come impiegare il tempo che gocciola vuoto. Ho chiesto i giornali e non me li hanno portati. Ho chiesto una televisione e me l'hanno negata. Ho chiesto un telefono e non funziona. La mia amica non viene. Tuo padre nemmeno. Il silenzio mi abbrutisce e mi schiaccia. Prigioniera d'una belva vestita di bianco che ogni tanto arriva con un'iniezione di luteina e mi buca con scherno, non riesco nemmeno a tentar di trasmetterti un po' di tenerezza. Ma riflessioni a lungo sopite, invano soffocate, salgono alla superficie della mia coscienza e gridano cose che non sapevo di sapere. Queste. Perché‚ dovrei sopportare una tale agonia? In nome di cosa? Di un reato commesso abbracciando un uomo? Di una cellula scissa in due cellule e poi in quattro cellule e poi in otto cellule, all'infinito, senza che io lo volessi, senza che io lo ordinassi? Oppure in nome della vita? E va bene, la vita. Ma cos'é questa vita per cui tu, che esisti non ancora fatto, conti più di me che esisto già fatta? Cos'é questo rispetto per te che toglie rispetto a me? Cos'é questo tuo diritto ad esistere che non tiene conto del mio diritto ad esistere? Non c'è umanità in te. Umanità! Ma sei un essere umano, tu? Bastano davvero una bollicina d'uovo e uno spermio di cinque micron a fare un essere umano? Essere umano son io che penso e parlo e rido e piango e agisco in un mondo che agisce per costruire cose ed idee. Tu non sei che un bambolottino di carne che non pensa, non parla, non ride, non piange, e agisce solo per costruire se stesso. Ciò che vedo in te non sei te: sono io! Ti ho attribuito una coscienza, ho dialogato con te, ma la tua coscienza era la mia coscienza e il nostro dialogo era un monologo: il mio ! Basta con questa commedia, con questo delirio. Non si é umani per diritto naturale, prima di nascere. Umani lo si diventa dopo, quando si é nati, perché‚ si sta con gli altri, perché‚ ci aiutano gli altri, perché‚ una madre o una donna o un uomo o non importa chi ci insegna a mangiare, a camminare, a parlare, a pensare, a comportarsi da umani. L'unica cosa che ci unisce, mio caro, é un cordone ombelicale. E non siamo una coppia. Siamo un persecutore e un perseguitato. Tu al posto del persecutore e io al posto del perseguitato. Ti insinuasti in me come un ladro, e mi rapinasti il ventre, il sangue, il respiro. Ora vorresti rapinarmi l'esistenza intera. Non te lo permetterò. E giacché sono arrivata a dirti queste verità sacrosante, sai cosa concludo? Non vedo perché‚ dovrei avere un bambino. Non mi sono mai trovata a mio agio, io, coi bambini. Non sono mai riuscita a trattare con loro. Quando mi avvicino con un sorriso, strillano come se li picchiassi. Il mestiere di mamma non mi si addice. Io ho altri doveri verso la vita. Ho un lavoro che mi piace e intendo farlo. Ho un futuro che mi aspetta e non intendo abbandonarlo. Chi assolve una donna povera che non vuole altri figli, chi assolve una ragazza violentata che non vuole quel figlio, deve assolvere anche me. Essere povere, essere violentate, non costituisce la sola giustificazione. Lascio questo ospedale e parto per il mio viaggio. Poi sarà quel che sarà. Se riuscirai a nascere, nascerai. Se non ci riuscirai, morirai. Io non ti ammazzo, sia chiaro: semplicemente, mi rifiuto di aiutarti 16 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre ad esercitar fino in fondo la tua tirannia. Questo non era il nostro patto, me ne rendo conto. Ma un patto é un accordo dove ciascuno dà per ricevere, e quando lo firmammo ignoravo che avresti preteso tutto per darmi nulla. Del resto tu non lo firmasti per niente, lo firmai soltanto io. Ciò ne incrina la validità. Non lo firmasti e da te non mi giunse mai un assenso: il tuo unico messaggio é stato una goccia rosa di sangue. Ch'io sia maledetta davvero, e per sempre, che la mia vita diventi un rimpianto perpetuo, al di là della morte, se stavolta cambio la mia decisione. Mi ha definito assassina. Chiuso dentro il suo camice bianco, non più medico ma giudice, ha tuonato che vengo meno ai doveri più fondamentali di madre e di donna e di cittadina. Ha gridato che lasciar l'ospedale sarebbe già un misfatto, scendere dal letto già un crimine, ma intraprendere un viaggio é omicidio premeditato e la legge dovrebbe punirmi come punisce un qualsiasi assassino. Poi s'é fatto supplice, ha tentato di convincermi con la tua fotografia. Che ti osservassi bene se avevo un minimo di cuore: eri ormai un bambino in tutto e per tutto. La tua bocca non era più l'idea di una bocca: ma una bocca. Il tuo naso non era più l'idea di un naso: ma un naso. Il tuo viso non era più l'abbozzo di un viso: ma un viso. E lo stesso il tuo corpo, le tue mani, i tuoi piedi dove le unghie erano evidenti. Era evidente anche un principio di capelli sulla testolina ben formata. Che mi rendessi conto, al tempo stesso, della tua fragilità. Che studiassi la tua pelle: così delicata, così diafana che attraverso di essa traspariva ogni vena, ogni capillare, ogni nervo. Non eri neanche più minuscolo: misuravi almeno sedici centimetri e pesavi due etti. Se avessi voluto abortirti non avrei potuto: sarebbe stato tardi. Eppure mi accingevo a fare qualcosa che era peggio di un aborto. L'ho ascoltato senza battere ciglio. Dopo ho firmato un foglio con cui egli declinava ogni responsabilità per la tua vita e la mia, ed io me le assumevo al suo posto. L'ho guardato uscire dalla camera in preda a un furore che lo rendeva paonazzo. E, quasi in quel momento, tu ti sei mosso. Hai fatto ciò che avevo aspettato, agognato, per mesi. Ti sei allungato, forse hai sbadigliato, e mi hai tirato un colpetto. Un piccolo calcio. Il tuo primo calcio. Come quello che tirai a mia madre per dirle di non buttarmi via. Le mie gambe son diventate marmo. E per qualche secondo son rimasta con il fiato mozzo, le tempie che mi pulsavano. Ho sentito anche un bruciore alla gola, una lacrima che mi accecava. Poi la lacrima é ruzzolata giù, é caduta sul lenzuolo facendo: paf! Ma sono scesa ugualmente dal letto. Ho preparato ugualmente la valigia. Domani si parte, ho detto. In aereo. Era proprio il caso di pigliarsela tanto? Stiamo benissimo nel paese in cui siamo venuti. Siamo stati benissimo durante l'intero viaggio e all'arrivo e dopo. Mai uno spasmo, un dolore, una nausea. Non è successo nulla di ciò che il medico aveva annunciato: ho la conferma della dottoressa che mi ha visitato ieri. Simpatica. Dopo averti palpato ha concluso che non vede ragioni per allarmarsi, il suo collega eccedeva in pessimismo e prudenza, una goccia di sangue cos'é? Vi sono donne che perdono sangue per l'intera durata della gravidanza e poi mettono al mondo figli sanissimi. Secondo lei stare a letto é contro natura, ed anche eccedere nelle precauzioni. Una sua cliente, ad esempio, ballerina di professione, aveva continuato a esibirsi nel pas à deux fino a dopo il quinto mese. Di me la meravigliava soltanto lo scarso gonfiore del ventre, però anche la ballerina aveva un ventre pressoché piatto. Che continuassi pure coi medicamenti prescritti dal collega, se desideravo, ma soprattutto lasciassi la natura provvedere da sé. Unico consiglio, non guidare troppo l'automobile. Le ho spiegato che in automobile dovevo fare un viaggio di dieci giorni almeno. Ha alzato il sopracciglio un po' incerta, e mi ha chiesto se fosse proprio necessario. Le ho risposto 17 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre di sì. E‟ rimasta zitta per qualche minuto e poi ha concluso pazienza, le strade di questo paese sono comode e lisce, le macchine di questo paese sono ben molleggiate. L'importante é non strapazzarsi e concedersi ogni due o tre ore un riposo. Mi ascolti? Sto dicendo che ho fatto la pace con te, siamo amici alla fine ! Sto dicendo che mi dispiace averti maltrattato, sfidato, e ancora di più mi dispiace se resti offeso e non mi tiri colpetti. Non me ne hai tirati più, dopo l'ospedale. A volte, pensandoci, aggrotto la fronte. Dura poco però. Subito dopo ritrovo la tranquillità. Intuisci quanto sono cambiata? Dacché ho ripreso la vita di sempre, mi sembra d'essere un'altra: un gabbiano che vola. Davvero ci fu un momento in cui desideravo la morte? Pazza. E così bella la vita, la luce. Sono così belli gli alberi e la terra e il mare. C'é molto mare qui: te ne arriva il profumo, il fragore? E bello anche lavorare se dentro di te guizza una gioia: mentivo a sostenere che in ogni caso il lavoro stanca e umilia. Devi scusarmi: la collera, L'ansia, mi facevano veder tutto buio. E a proposito del buio: é sorta di nuovo in me l'impazienza di tirartene fuori. Con essa, il timore di averti scoraggiato attraverso le chiacchiere sulla libertà che non esiste, sulla solitudine che é l'unica condizione possibile. Dimentica quelle sciocchezze: stare gomito a gomito serve. La vita é una comunità per darci la mano, consolarci, aiutarci. Anche le piante fioriscono meglio una accanto all'altra, e gli uccelli migrano a gruppi, i pesci nuotano a branchi. Che faremmo soli? Ci sentiremmo come astronauti sulla Luna, soffocati dalla paura e dalla fretta di tornare indietro. Sbrigati, trascorri alla svelta i mesi che ti rimangono, affacciati senza timore di vedere il sole. Lì per lì ti abbaglierà, ti spaventerà, ma presto diverrà un'allegria di cui non potrai fare a meno. Mi pento d'averti fornito sempre gli esempi più brutti, di non averti mai raccontato lo splendore di un'alba, la dolcezza di un bacio, il profumo di un cibo. Mi pento di non averti fatto ridere mai. Se tu mi giudicassi dalle fiabe che narravo, saresti autorizzato a concludere che io sono una specie di Elettra sempre vestita di nero. D'ora innanzi devi immaginarmi come un Peter Pan sempre vestito di giallo di verde di rosso e sempre intento a stendere nastri di fiori sui tetti, sui campanili, sulle nuvole che non diventano pioggia. Saremo felici insieme perché, in fondo, sono un bambino anch'io. Lo sai che mi diverto a giocare? Stanotte rientrando in albergo ho scambiato tutte le scarpe messe fuori delle camere ed anche le richieste delle colazioni. Al mattino é scoppiato il subbuglio. Una signora aveva trovato un paio di mocassini da uomo e reclamava i suoi sandali col tacco, un uomo aveva trovato due scarpette da tennis e reclamava i suoi stivali, un tale protestava che gli avevano portato soltanto il caffè e cercava le uova al prosciutto che aveva ordinato, un altro si rammaricava perché‚ non aveva chiesto un pranzo di Natale ma un tè col limone. L'orecchio appoggiato alla porta, ascoltavo e ridevo in modo così divertito che mi sembrava d'esser tornata alla fanciullezza, quand'ero felice perché‚ ogni gesto era un gioco. *** Ti ho comprato una culla. Dopo averla comprata m'é venuto in mente che, secondo alcuni, possedere una culla prima che il bambino nasca porta disgrazia come i fiori sul letto. Ma le superstizioni non mi toccano più. E una culla indiana, di quelle che si portano a zaino dietro le spalle. E gialla e verde e rossa come Peter Pan. Ti caricherò sulle spalle, ti porterò ovunque così, e la gente sorriderà dicendo: guarda quei due fanciulli matti. Ti ho comprato anche un guardaroba: magliette, tutine, e un bel carillon. Suona un valzer tutto festoso. Quando l'ho detto alla mia amica, per telefono, ha commentato che manco di qualsiasi equilibrio. Però aveva una voce contenta, lavata dell'inquietudine che la serrava il giorno in cui partimmo: e-se-loperdi-in-aereo? Lei che mi consigliava di eliminarti all'inizio ! E davvero una brava donna. Infatti non 18 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre sono mai riuscita a rimproverarla per avermi mandato tuo padre. E quanto a lui, sai che dico? Un uomo che accetta di farsi cacciare come lo cacciai io non é un uomo da buttar via. Mi ha scritto una lettera, dopo. Mi ha commosso. Sono un vigliacco, ammette, perché‚ sono un uomo; però devo essere assolto perché‚ sono un uomo. Un atavico istinto, suppongo, lo induce ormai a desiderarti. Vedremo cosa fare di lui: a volte un mobile di cui non si ha bisogno finisce col dimostrarsi utile ed é certo che non ho più voglia di essergli nemica. In questo armistizio col formicaio c'entrano tutti: lui, i medici, il commendatore. Se tu avessi visto il commendatore mentre gli annunciavo la nostra partenza. Ripeteva: Ecco una buona notizia. Brava, non se ne pentirà! Non me ne pentirò. E‟ solo rispettando se stessi che si può esigere il rispetto degli altri, é solo credendo in se stessi che si può essere creduti dagli altri. Buonanotte, bambino. Domani incomincia il viaggio in automobile. Vorrei scriverti una poesia che narrasse il mio sollievo, la fiducia ritrovata, questa voglia di tendere nastri di fiori sui tetti, Sui campanili, sulle nuvole, questa sensazione di volare come un gabbiano dentro l'azzurro, lontano dalle sporcizie, dalle malinconie, su un mare che dall'alto sembra sempre pulito. In fondo il coraggio é ottimismo. Io non ero ottimista perché‚ non ero coraggiosa. Le strade di questo paese sono comode e lisce, le automobili di questo paese sono ben molleggiate: dottoressa, anche lei mente. Ed io non sono un gabbiano. Cosa faccio, bambino? Vado avanti, torno indietro? Se torno indietro é peggio: devo rifare lo stesso tratto impossibile. Se vado avanti, invece, ho speranza che migliori. Avendo il coraggio della retorica, potrei dire che sto guidando lungo una strada uguale alla mia vita: tutta buche e sassi, difficoltà. Una volta conobbi uno scrittore che sosteneva: ciascuno ha la vita che si merita. Come sostenere che un povero merita d'essere povera, che un cieco merita d'essere cieco. Era un uomo stupido, sebbene fosse uno scrittore intelligente. Anche il filo che divide l'intelligenza dalla stupidaggine é un filo talmente sottile, te ne accorgerai. Infatti, quando si rompe, le due cose si fondono insieme come l'amore e l'odio, la vita e la morte, che tu sia uomo o donna. Sono tornata a chiedermi se sei un uomo o una donna ed ormai vorrei che tu fossi un uomo. Così non avresti la scuola mensile di sangue, un giorno non ti giudicheresti colpevole di guidare lungo una strada sconvolta dalle buche e dai sassi. Non ti sentiresti male come in questo momento mi sento io e potresti librarti su nell'azzurro molto più seriamente di quanto faccia io: i miei sforzi per volare non vanno mai oltre il balzo di un tacchino. Le donne che bruciano il reggiseno hanno ragione. Hanno ragione? Nessuna di loro ha scoperto un sistema perché‚ il mondo non finisca se non fai bambini. E i bambini nascono dalle donne. Conosco un racconto di fantascienza che Si svolge su un pianeta dove per procreare bisogna essere in sette. Ma é molto difficile trovarsi in sette ed é ancor più difficile mettersi d'accordo in sette perché‚ la gravidanza, non solo il concepimento, coinvolge tutti e sette. Perciò la razza si estingue e il pianeta si vuota. Conosco un altro racconto dove al protagonista basta una soluzione alcalina, o un bicchiere d'acqua col sale. Ci salta dentro e paf ! Diventano due. Si tratta di una normale scissione cellulare e, nell'attimo in cui il protagonista si scinde, cessa d'esser se stesso: compie una specie di suicidio del suo io. Però non muore e non soffre nove mesi d'inferno. D'inferno? Per alcune, sono nove mesi di gloria. La soluzione migliore resta quella che ti dissi in principio. Si toglie l‟embrione dal ventre della madre, lo si mette nel ventre di un'altra disposta ad ospitarlo, una più paziente di me, più generosa di me. Credo d'avere la febbre. Gli spasmi sono ricominciati. Devo ignorarli. Ma come? Pensando a tutt'altre cose, suppongo. 19 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 4 Dalla Relazione della Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche – 28 Dicembre 2000 Sintesi della relazione Il Ministro della Sanità, professor Umberto Veronesi, il 7 settembre scorso, nominò la Commissione di studio sull‟utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche” presieduta dal Premio Nobel, professor Renato Dulbecco, con il compito di indicare sulla base del Rapporto Donaldson (il primo studio organico sulle potenzialità terapeutiche delle cellule staminali), quali ricerche in quel campo si possono intraprendere anche in Italia. In particolare il Ministro Veronesi ha posto ai 25 saggi alcune domande di cui qui esponiamo una sintesi di ordine scientifico ed etico. In corsivo sono riportate le risposte della Commissione. 1) Fino a che punto è realistica l‟ipotesi che cellule staminali, opportunamente stimolate, possano differenziarsi a seconda delle necessità per poi essere utilizzate a scopo terapeutico per curare malattie cronico-degenerative, finora inguaribili? L’applicazione terapeutica della ricerca sulle cellule staminali è di notevole interesse e potrebbe condurre a una vera e propria rivoluzione in medicina, superiore persino a quella rappresentata dagli antibiotici. Dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese, 10 milioni (se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari) potrebbero essere curati con le cellule staminali. C’è ormai una sufficiente mole di dati per sostenere che grazie a tali ricerche i sistemi sanitari potranno offrire ai cittadini nuovi ed efficaci trattamenti per una notevole serie di patologie degenerative. Le cellule staminali, siano esse embrionali, fetali, da sangue del cordone ombelicale, o adulte, rappresentano un’importante alternativa ai trapianti di organo. La possibilità di espandere in vitro queste cellule fino a quantità elevatissime, se non proprio illimitate, potranno risolvere i due limiti fondamentali dell’attuale tecnologia dei trapianti: la scarsità di organi e la necessità dell’immunosoppressione cronica. Da ciò derivano due importanti condizioni per l’uso clinico routinario delle cellule staminali: la quantità di esse e la loro compatibilità col ricevente. Quanto al problema della compatibilità con il sistema immune del ricevente, soltanto cellule staminali derivate dal paziente stesso risolverebbero completamente questo problema. 2) Con quali probabilità e quali tempi? A questa domanda la Commissione non è in grado di fare una previsione sufficientemente certa, e fa suo il criterio di massima cautela, presente nei documenti nazionali e internazionali in materia, circa il tempo in cui questi trattamenti potranno entrare nella pratica clinica. 3) Quali saranno le principali patologie curabili con le cellule staminali? Dalla letteratura scientifica internazionale emerge la grande potenzialità per lo sviluppo di terapie utili al trattamento di un ampio ventaglio di patologie. Alcune di esse vengono già utilizzate nella pratica clinica. Vedi “Appendice A” e “Appendice B”. 20 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre 4) Quale tra le cinque sorgenti classiche (da feti abortiti, da cordone ombelicale, da midollo osseo, da cellule adulte riprogrammate, da embrioni) può avere più possibilità di successo in termini di ricerca a fini terapeutici? Quale tecnica è accettabile eticamente? La Commissione ha analizzato tutte queste sorgenti, esprimendo su ciascuna di esse un parere sia scientifico sia etico. Eccole in breve sintesi. STAMINALI FETALI PARERE SCIENTIFICO Sono derivate da aborti (spontanei o volontari). Si tratta pertanto di materiale cadaverico ed il suo utilizzo equivale a quello di organi da cadaveri. Dal punto di vista biologico, le cellule staminali fetali possiedono caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte: sono generalmente pluripotenti e deputate all‟accrescimento peri-natale dei tessuti. I pochi studi disponibili non permettono di trarre conclusione definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed integrazione funzionale nei vari tessuti. PARERE ETICO La ricerca sulle cellule staminali da feti abortiti non solleva problemi morali purché si escluda un rapporto di causalità tra prelievo di cellule ed aborto. DA CORDONE OMBELICALE PARERE SCIENTIFICO Suscitano grande interesse, soprattutto perché sarebbe in teoria possibile creare una banca di cellule autologhe per ogni neonato all‟atto della nascita e utilizzabili anche dopo anni. Si tratta al momento di una ipotesi futuribile. Ad oggi le cellule staminali ombelicali sono state considerate capaci di dare origine soltanto a cellule del sangue ma non di altri tessuti. PARERE ETICO La ricerca sulle cellule staminali prelevate da sangue di cordone ombelicale non solleva problemi morali insormontabili. Su questo punto c‟è consenso unanime all‟interno della Commissione. STAMINALI ADULTE PARERE SCIENTIFICO Provvedono al mantenimento dei tessuti in condizioni fisiologiche ed alla loro riparazione in seguito ad un danno; questa capacità però non è illimitata. Ad oggi, il loro isolamento e la loro coltivazione estensiva, eccezion fatta per le cellule staminali cutanee e mesenchimali, sono al momento limitate ai roditori. L‟utilizzo clinico di tali cellule è strettamente legato alla possibilità pratica di espanderle in vitro in modo efficiente. Ad oggi questo è estremamente difficile e, in concomitanza con possibili fenomeni di senescenza, potrebbe rappresentare un limite all‟effettiva fattibilità di questo approccio. Sperimentazioni terapeutiche con cellule staminali adulte hanno in alcuni casi ottenuto risultati modesti dal punto di vista dell‟efficacia clinica. PARERE ETICO La ricerca sulle cellule staminali adulte non solleva problemi morali insormontabili. Su questo punto c‟è consenso unanime all‟interno della Commissione. EMBRIONALI ETEROLOGHE PARERE SCIENTIFICO Derivano dalla regione interna dell‟embrione prima del suo impianto nell‟utero. Dotate di elevata capacità proliferativa, sono in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell‟organismo risultando ideali per la terapia delle patologie umane. Alcune 21 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre sperimentazioni hanno permesso di dire che, isolate da blastocisti e cresciute in vitro, queste cellule mantengono inalterate le proprietà di plasticità e totipotenza per alcuni anni. Ciò consente, a partire da poche decine di cellule, di ottenerne centinaia di milioni con le stesse caratteristiche e potenzialità. Cellule staminali embrionali possono essere isolate da embrioni congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità della fecondazione in vitro. In linea di principio ognuno di questi embrioni potrebbe dare origine ad un nuovo individuo. In pratica, però, questo non è possibile, non fosse altro che per la proporzione tra l‟abbondanza di embrioni congelati e il numero di donne interessate ad averli impiantati nel proprio utero. Ne consegue che questi embrioni non hanno la possibilità concreta di divenire individui. Importantissimo e inesplorato è l‟aspetto riguardante la “scadenza”, per usare un termine brutale, di questi embrioni. PARERE ETICO - PREMESSA Oggi un programma di ricerca che contempli la sperimentazione sulle cellule staminali derivate da embrioni umani appare a molti necessario. Sulla liceità morale della sperimentazione sugli embrioni umani esistono tre posizioni e ciascuna trova il suo fondamento in differenti concezioni etiche, filosoficamente e/o religiosamente fondate, ad ognuna delle quali questa Commissione riconosce piena legittimità. La soluzione della controversia sulla sperimentazione degli embrioni umani varia a seconda della posizione assunta sulla questione dell‟embrione. Alcuni affermano che l‟embrione è un essere umano a partire dal momento della fecondazione; altri che nelle prime fasi dello sviluppo l‟embrione non sia una persona; altri ancora che non è possibile risolvere la controversia in materia ma ritengono che l‟embrione umano non sia una mera “cosa” utilizzabile a piacimento e che meriti una tutela crescente proporzionata al suo sviluppo. La Commissione è ben consapevole che il semplice fatto che una data soluzione raccolga un vasto consenso, non la rende “più giusta” rispetto alle altre, né equivale ad una delegittimazione delle altre posizioni. La Commissione, infatti, prende atto che esiste un valore unanimemente condiviso da tutte le posizioni sopra accennate: il rispetto dovuto alla vita umana. Anche se poi ci si può dividere sui modi concreti di manifestare tale rispetto nelle circostanze reali della vita. PARERE ETICO MINORITARIO Espresso da sette membri della Commissione (Cardinale Ersilio Tonini, Adriano Bompiani, Bruno Dallapiccola, Domenico Di Virgilio, Enrico Garaci, Luigi Lorenzetti, Girolamo Sirchia). L‟embrione è un essere umano con potenzialità di sviluppo (non un essere umano potenziale), pertanto, come ogni altro essere umano, ha diritto alla vita. Le diverse argomentazioni a favore della sperimentazione degli embrioni cosiddetti sovrannumerari (“il sacrificio di questi embrioni è proporzionato ai vantaggi sperati”; “un male minore rispetto a quello peggiore della loro distruzione”; “una giusta soluzione del conflitto tra diritto alla vita di questo embrione e il diritto del malato a essere curato”), si fondano su una visione strumentale dell‟embrione umano, al quale non si riconosce ancora il titolo di soggetto. Inoltre, il dilemma “l‟embrione o viene usato o viene distrutto” corrisponde ad accettare, in etica, l‟insostenibile equiparazione tra “uccidere” e “lasciar morire”. Le argomentazioni che proibiscono moralmente di creare embrioni per la sperimentazione, valgono anche per la proibizione di quelli già esistenti. PARERE ETICO MAGGIORITARIO Di tutti gli altri membri della Commissione, diciotto su venticinque. In Italia, nei vari laboratori che attuano la fecondazione in vitro, esiste un elevato numero di embrioni sovrannumerari che, per varie ragioni, non sono più destinati all‟impianto. Mettere a disposizione questi embrioni per ricerche dalle quali possono derivare notevole 22 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre benefici per l‟umanità non rappresenta una concezione strumentale dell‟embrione, né un atto di mancanza di rispetto nei confronti della vita umana, specialmente se si considera che l‟alternativa è di lasciare che questi embrioni periscano. A fronte dell‟inevitabile destino riservato a una parte degli embrioni crioconservati e non più impiantabili, la Commissione ritiene che la bilancia penda a favore della destinazione di tali embrioni agli scopi di una ricerca suscettibile di salvare la vita di milioni di esseri umani. Tale soluzione si ispira al principio di beneficialità, che, sia pure con differenti accentuazioni, è un tratto comune alle principali dottrine morali ed è fonte dei doveri di responsabilità che noi abbiamo nei confronti delle persone che soffrono. TRASFERIMENTO NUCLEARE PER LA PRODUZIONE DI CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE (TNSA) PARERE SCIENTIFICO La produzione in vitro di cellule staminali del malato stesso (autologhe) può essere ottenuta con la riprogrammazione del nucleo di cellule somatiche (mature) prelevate dal paziente e trasferite all‟interno di una cellula uovo precedentemente enucleata, cioè svuotata del suo nucleo (Metodo TNSA). Il processo per cui il nucleo di una cellula già formata, una volta posto nel citoplasma (il liquido in cui si trova il nucleo di una cellula) dell‟ovocita riacquista le capacità di cellula staminale, riproducendone altre uguali, non è molto diverso da quello usato nel caso in cui cellule sane prelevate dal corpo di un paziente adulto vengono indotte a moltiplicarsi in vitro, stimolate da “fattori di crescita”. Conoscendo i meccanismi del processo di riprogrammazione del nucleo di una cellula matura non si dovrà ricorrere agli ovociti di donna. Un ovocita ricostituito con il nucleo di una cellula adulta, ma privo del suo nucleo, non è assolutamente uno zigote (ossia una cellula formata dall‟unione di due gameti, quello maschile e quello femminile) da cui può avere origine un embrione. Quella che si forma è, invece, una cellula comunque in grado di generare cellule staminali con la qualità, per giunta, di avere le stesse caratteristiche genetiche del paziente, il che non le farebbe rigettare qualora venissero impiantate in un suo organo. Esse infatti posseggono lo stesso genoma nucleare del donatore della cellula somatica e sono immunologicamente compatibili per autotrapianto. Nel caso di malattie genetiche, queste cellule potrebbero essere „curate‟ in vitro prima del trapianto. PARERE ETICO La Commissione è concorde sulla tecnica del trasferimento nucleare (TNSA). CONCLUSIONI DEL “RAPPORTO DULBECCO” Delle diverse sorgenti di cellule staminali la Commissione indica nel “Rapporto Dulbecco” la via innovativa e del tutto originale del trasferimento cellulare (TNSA) quale metodo che garantisce efficacia scientifica e liceità etica. Ecco in sintesi il parere sulle tre principali sorgenti di cellule staminali. TRASFERIMENTO CELLULARE (TNSA) La novità del Rapporto Dulbecco, che supera brillantemente le questioni etiche sollevate dal Rapporto Donaldson (adottato dalla Gran Bretagna), consiste nell‟utilizzo della tecnica di trasferimento nucleare (TNSA: inserimento di un nucleo di cellula adulta prelevata dal paziente in un ovocita privato del proprio nucleo) al fine di ottenere, escludendo la formazione dell‟embrione, cellule staminali da differenziare, fin dall‟inizio, verso le linee cellulari e tissutali desiderate. Per l‟immediato futuro si prevede di essere in grado di utilizzare, al posto degli ovociti di donna, citoplasmi artificiali e/o animali. È questa la proposta davvero innovativa che esce dalla 23 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Commissione e quella che si può definire fin d‟ora “Progetto Dulbecco per le cellule staminali”. CELLULE EMBRIONALI Rispetto ai dati scientifici attualmente disponibili si può sostenere che la condizione della “quantità” è certamente soddisfatta dalle cellule staminali di provenienza embrionale (pressoché illimitata capacità di autorigenerazione). Questo stesso tipo di linee cellulari soddisfarebbe anche la condizione della “compatibilità”, a patto di utilizzare la tecnica del trasferimento nucleare da cellula somatica del ricevente. CELLULE ADULTE Le cellule staminali di origine adulta non soddisfano il criterio della “quantità” nella misura delle embrionali, mentre possono soddisfare quello della “compatibilità” qualora vengano utilizzate quelle del paziente stesso. Ma qui si pongono problemi, anche temporali, che rendono difficilmente perseguibile tale processo sul piano clinico per tutte le patologie. RACCOMANDAZIONI La Commissione, fermo restando il quesito etico che permane per alcune delle modalità di ottenimento delle cellule staminali embrionali umane (e che si auspica possa venire superato con il progredire delle scoperte e la messa a punto di tecnologie più avanzate), è dell‟opinione che sia necessario effettuare sempre maggiori ricerche su tutte le sorgenti di cellule staminali per poter comprendere quali di esse possano dare le risposte più efficaci alle esigenze terapeutiche per le diverse patologie. APPENDICE A TERAPIE POSSIBILI IN FUTURO CON CELLULE STAMINALI Grande è il potenziale terapeutico delle cellule staminali, tanto che dei 30 milioni di malati cronici stimati nel nostro Paese, 10 milioni (se si comprendono anche quelli con patologie cardiovascolari) potrebbero essere curati con le staminali. Sarebbe possibile usarle, infatti, per: – ricostruire il midollo spinale danneggiato da traumi fisici, dando così una speranza ai paraplegici di riacquistare le facoltà motorie perse; – le malattie degenerative del sistema nervoso quali l‟Alzheimer, il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica; – le malattie muscolo scheletriche (displasia ossea, malattie progressive delle giunzioni ossee, osteogenesi imperfetta e miopatie primitive); – le malattie infiammatorie di natura sistemica attraverso la sostituzione delle cellule delle ghiandole salivari non più funzionanti dei malati; – le malattie degenerative della retina, della cornea e dell‟apparato uditivo, i cui tessuti sono stati danneggiati per cause genetiche e traumatiche; – ricostruire il tessuto cardiaco danneggiato da un infarto acuto del miocardio; – riparare i vasi sanguigni distrutti da patologie progressive quali l‟arteriosclerosi e l‟ipertensione; – terapia cellulare sostitutiva contro malattie metaboliche tipo lisosomiali, dovute all‟accumulo nei lisosomi (particelle cellulari) di sostanze non degradate. Le cellule staminali sono in grado, inoltre, di accettare e tollerare, molto meglio delle cellule mature, geni introdotti dall‟esterno con tecniche d‟ingegneria genetica mirate a sostituire geni difettosi o mutati. Potrebbero, quindi, essere usate come vettori cellulari per la terapia genica, rappresentando, in questo ambito, la soluzione ottimale. Un singolo trasferimento di gene, infatti, renderebbe disponibili cellule “corrette” del sangue, della pelle, del fegato e, perfino, del cervello, in quantità molto rilevanti. 24 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre APPENDICE B TERAPIE GIÀ IN USO CON CELLULE STAMINALI La ricerca sulle cellule staminali ad uso terapeutico ha già dimostrato una grande potenzialità terapeutica. Ecco alcuni esempi: – CELLULE STAMINALI PRESENTI NEL SANGUE DEL CORDONE OMBELICALE Sono in grado di dare origine solo a cellule del sangue e per questo utilizzate, nei bambini, per la cura delle leucemie. I trapianti allogenici (la cui componente genetica è diversa da quella del paziente) di cellule staminali ematopoietiche prelevate dal sangue di cordone ombelicale donato da un estraneo, fino al 1998, sono stati 17.800. Questo trapianto è alternativo a quello di midollo osseo o a quello delle cellule staminali prelevate da sangue periferico. Le sue indicazioni cliniche sono sovrapponibili a quelle previste per il trapianto di cellule staminali di altre sorgenti. – CELLULE STAMINALI DA MIDOLLO OSSEO (EMATOPOIETICHE) L‟autotrapianto di cellule staminali ematopoietiche (cioè da midollo osseo) è in grado di far riprendere la formazione delle varie componenti del sangue distrutte a seguito della somministrazione, ad alte dosi, di chemioterapia e radioterapia. È usato contro vari tumori tra cui quello alla mammella, il neuroblastoma, il microcitoma, il carcinoma ovarico, oltre ai linfomi di Hodgkin e non-Hodgkin, diversi tipi di leucemie (linfatica e mieloide, acuta e cronica) e la talassemia. – CELLULE STAMINALI CUTANEE Coltivate ed espanse in vitro, vengono usate per coprire permanentemente lesioni estese della cute e della mucosa. Tali lesioni possono essere dovute per lo più a bruciature e fistole diabetiche o all‟epidermolisi bollosa. È auspicabile l‟impiego di queste cellule anche per altri tipi di patologie cutanee, quale terapia genica, per esempio, contro le neoplasie e le infezioni cutanee. 25 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 5 Andrea Porcarelli, “Quale qualità della vita?” da www.portaledibioetica.it Il concetto di qualità della vita occupa una posizione centrale nel dibattito bioetico contemporaneo, sia a motivo dell‟attualità del problema, sia perché esso funge da linea di crinale tra diverse impostazioni teoriche e contribuisce a determinare diversamente la soluzione di una molteplicità di questioni pratiche. Si tratta, però, di un concetto che non è privo di margini di ambiguità, soprattutto a motivo delle diverse chiavi di lettura che vengono utilizzate. La riflessione sulle tematiche della qualità della vita si consolida a partire dalla seconda metà del XX secolo, quando si vengono a creare condizioni generali di vita [1] per cui la maggior parte delle persone (nel mondo sviluppato) può considerarsi sollevata dalle necessità più impellenti e ci si pone il problema di un miglioramento complessivo dello stato di benessere da molti punti di vista. Il contestuale sviluppo delle conoscenze dal punto di vista scientifico, specialmente in campo biomedico, oltre a porre interrogativi che porteranno al sorgere della stessa bioetica come disciplina specifica, rende possibili cure e interventi un tempo impensabili. Le società complessivamente - si riorganizzano con l‟obiettivo di garantire ai propri membri un sempre maggiore “benessere”, tanto che si parla di “welfare state” e di “welfare society”, ed criterio per individuare gli spazi di benessere (e quelli di miglioramento) è proprio quello di “qualità della vita”, che si precisa nei vari settori. Ampiezza del concetto Quando si parla di “qualità della vita”, senza ulteriori precisazioni si intende abbracciare la totalità dei fattori che contribuiscono a determinarla, ma per agire direttamente sulla qualità della vita, anche al fine di cercare di migliorarla è importante fare riferimento ad una serie di “indicatori” che si riferiscono ai diversi ambiti la cui “qualità” può migliorare o peggiorare; ne indichiamo alcuni a titolo esemplificativo: popolazione: densità sul territorio, natalità, indice di vecchiaia, carico sociale o indice di dipendenza (dato dal rapporto tra le classi in età non lavorativa - giovanissimi e anziani - e quelle in età lavorativa), saldo migratorio interno, ecc.; sanità: vita media o speranza di vita, quoziente di mortalità, natimortalità (nati morti per 1000 nati), mortalità perinatale (nati morti + morti nella prima settimana di vita per 1000 nati), mortalità infantile, suicidi, assistenza medica, livello di alimentazione, ecc.; istruzione: grado di analfabetismo, di scolarità, spesa per l‟istruzione (in rapporto al PIL); lavoro: livello di occupazione (forza lavoro per 1000 abitanti), tassi di disoccupazione, pensionamenti, ecc.; giustizia: litigiosità, amministrazione della giustizia (durata media dei procedimenti in giorni), livello di criminalità, delinquenza minorile, ecc.; tenore di vita: ricchezza (prodotto interno lordo pro-capite), propensione ai consumi, propensione al risparmio, abitazione (numero delle stanze, grado di affollamento), ecc.; ambiente: stato di degrado, politiche di tutela, ecc. 26 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Ambiguità del concetto Al di là dell‟ampiezza di ambiti di applicazione vi è anche un‟ambiguità di questo concetto che dipende dalle diverse prospettive teoriche (etico-filosofiche) alla luce delle quali viene inteso. Limitandoci all‟ambito strettamente bioetico, possiamo individuare innanzitutto una prospettiva di matrice utilitarista (Engelhardt, Mori, Lecaldano, ecc.) la preoccupazione principale è quella di opporre a questo concetto variamente inteso l‟idea di una “sacralità della vita” per prenderne con decisione le distanze: per loro una vita ha valore solo se possiede un certo grado di “qualità”, anche se diventa problematico il modo in cui tale grado può essere definito e si pone anche la domanda circa il soggetto che abbia l‟autorità di definirlo, soprattutto in situazioni in cui questo comporta scelte irreversibili (come nel caso della richiesta di eutanasia per un malato più o meno “terminale”). Tale orizzonte di pensiero dà vita a quella che può essere identificata come una “etica della qualità della vita”, le cui caratteristiche fondamentali sono: la dipendenza da un‟etica di tipo consequenziali sta; l‟assegnare un valore relativo alle vite umane, differenziandole tra loro sulla base dei diversi livelli di “qualità” che queste sembrano avere alla luce di determinati parametri; assumere la norma per cui la tutela della vita umana non comporta un obbligo superiore, indipendente dalla valutazione della sua “qualità”. Salta immediatamente agli occhi come il punto nodale di tale orizzonte di pensiero sia quello dei criteri per determinare un grado di qualità della vita che possa essere considerato “accettabile” e quindi generare una sorta di diritto alla tutela della persona. Ma quali possono essere tali criteri? Fletcher [2] enumera i seguenti: minimo intellettivo (Q.I. superiore a 20-40), autocoscienza, autocontrollo, senso del tempo (presente, passato, futuro), capacità di relazione, interesse per gli altri, capacità comunicativa, controllo dell‟esistenza, curiosità, capacità di cambiare, equilibrio tra ragione e sentimento, funzioni neocorticali. Naturalmente anche altri autori si sono misurati con il problema ed hanno compilato altre “liste” di caratteristiche ed indicatori, ciascuna delle quali - a sentir loro - consentirebbe di individuare una sorta di “soglia” del grado di accettabilità della vita umana. Ci sembra interessante un testo di Lecaldano che esplicitamente si pone questo tipo di problematica: “Un‟etica che afferma la centralità della nozione di qualità della vita per le scelte private e pubbliche sulle questioni relative all‟inizio della vita, alla sua fine e alla cura riconosce la possibilità di dare diverso valore alle vite degli individui (o alle varie possibilità di vita di un singolo individuo). A quest‟assunzione che presiede alla nozione di qualità della vita è spesso opposta la concezione della sacralità della vita, la quale afferma che tutte le vite (in genere solamente vite umane) hanno un uguale valore assoluto e sacro. (…) Dal punto di vista teorico, la questione centrale relativamente alla nozione di qualità della vita riguarda la natura del metro di valutazione della qualità della vita. In proposito, si possono distinguere tre principali approcci teorici: le teorie edonistiche, le teorie della preferenza e le teorie perfezioniste. Le teorie edonistiche definiscono la qualità della vita in funzione della presenza di stati mentali piacevoli e dell‟assenza di stati mentali spiacevoli o dolorosi. In questi termini, la promozione della qualità della vita consiste nella produzione di stati mentali piacevoli e nella rimozione di quelli spiacevoli. (…) La teoria della preferenza ha l‟indubbio merito di mettere al centro della nozione di qualità della vita il ruolo della scelta autonoma degli individui nel guidare le proprie scelte. Anche tale teoria, tuttavia, non è immune dai 27 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre problemi. Il ricorso diretto alle preferenze che un individuo esprime può non essere risolutivo. Spesso, infatti, le preferenze sono il risultato di un processo di adattamento alle circostanze. (…) Le possibilità di vita che sembrano sfuggire a chi esprime preferenze frutto dell‟adattamento sono invece al centro delle teorie perfezioniste. Tali teorie, infatti, identificano la promozione della qualità della vita con l‟esercizio di alcune capacità propriamente umane. (…) Ciò che è essenziale per la promozione della qualità della vita sarebbe la presenza di un‟effettiva capacità di sviluppo in ambiti che appartengono propriamente e universalmente agli esseri umani, come le relazioni affettive, la riflessività, la creatività, e così via. (…) Una teoria convincente della qualità della vita, quindi, dovrebbe essere in grado di combinare elementi della teoria della preferenza e di quella perfezionista, salvaguardando l‟idea che è la pluralità degli stili di vita e delle scelte autonome a determinare la lista delle capacità umane da promuovere” [3]. Per gli autori che si rifanno ad una concezione di matrice personalista il fondamento della riflessione è l‟idea che la dignità della persona (che le appartiene di diritto e non per cortese attribuzione dall‟esterno) sia il fondamento del dovere di rispettare/favorire anche la qualità della sua vita, e non viceversa. Se la persona umana è meritevole di tutela, lo è in forza di quello che è e non in forza di quello che ha, fa o può fare. Se è pur vero che in un‟ottica di tipo teologico si potrebbe dire che la vita umana è “sacra” (in quanto immagine e somiglianza della vita divina e oggetto di un particolare amore da parte del Creatore), in termini strettamente filosofici sembra più corretto affermare che essa rappresenta un bene “non disponibile”, in forza della dignità intrinseca della persona umana. Tale dignità deve essere “riconosciuta” e non “attribuita”, né pertanto ha senso assumere una qualsiasi “valutazione” della qualità della sua vita come criterio di attribuzione di tale dignità: “La contrapposizione tra un‟etica della qualità della vita e un‟etica della sacralità della vita perde di consistenza se i due termini sono assunti in modo formale, cioè prescindendo da determinazioni contenutistiche più precise. Infatti la “sacralità” è propriamente una “qualità” della vita e, nello stesso tempo, nessuna visione sacrale può trascurare il significato quantitativo, empirico, materiale, presente nel concetto di qualità. Ma, così dicendo, si trascura ciò che è invece lo specifico di questa contrapposizione, e la si svuota del suo potere dialettico. La sacralità della vita, che per l‟occidente ebraico-cristiano è però riconducibile alla specificazione “vita umana”, ha ragione d‟essere pensata come contraddittoria rispetto alla “qualità della vita” soltanto se quest‟ultima espressione indica la radicale negazione di qualsiasi significato e valore dell‟esistenza umana che non sia in qualche modo empiricamente equiparabile alle condizioni della vita di un adulto sano e consapevole. Tutte le situazioni marginali e di marginalizzazione, dalla vita prenatale alle condizioni di malattia, assumono, indubbiamente, un significato differente se il parametro di valutazione è esclusivamente empirico. Il problema consiste nel sapere se le variazioni delle condizioni di vita di un uomo (fisiologiche, biologiche, psicologiche, sociali), che ne determinano la “qualità”, siano un criterio sufficiente per stabilire il “valore” dell‟uomo stesso. Ora, se si assumesse questa prospettiva, lungi dall‟introdurre una nuova etica si ritornerebbe, con la mediazione della scienza, a quell‟impostazione che ha dominato tutte le culture che non hanno riconosciuto l‟eguaglianza ontologica tra tutti gli uomini. Indubbiamente la tesi dell‟eguaglianza tra gli uomini, e quindi quella del loro valore intrinseco, è storicamente debitrice sia della filosofia stoica sia della religione ebraico-cristiana, ma queste origini non impediscono che si possa accedere ad un riconoscimento della “dignità” dell‟uomo che non passi attraverso queste fondazioni” [4]. 28 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Interessante anche la “diagnosi culturale” della situazione contemporanea prodotta da un testo dei vescovi italiani, nel tentativo di darsi ragione di un‟evoluzione culturale che - letta alla luce del Vangelo - presenta i tratti di uno scivolamento verso una mentalità sempre meno attenta al valore della vita: “Anche nel nostro paese, nel quale il rispetto e l'amore verso la vita sono stati alla base di una cultura millenaria, la mentalità e il costume dominanti sono complessi, notevolmente diversificati e talvolta persino contraddittori. Sembrano contrapporsi una cultura della vita e una cultura della morte o, più in profondità, una vera cultura della vita e una presunta cultura della qualità della vita. (…) La cultura dominante considera la "qualità della vita" come valore primo e assoluto e la interpreta prevalen-temente o esclusivamente in termini di efficienza eco-nomica, di godibilità consumistica, di bellezza e vivi-bilità della vita fisica, separata dalle dimensioni re-lazionali, spirituali e religiose dell'esistenza. Una simile cultura conduce, come a suo esito ul-ti-mo, alla eliminazione di tutte le vite umane che ap-pa-iono insopportabili, perché prive di quella pretesa qua-lità della vita. Così, di fronte al rischio di dare alla luce una creatura malformata o malata, le diagnosi prenatali diventano una facile premessa per l'aborto. Di qui anche i tentativi di emarginazione degli an-zia-ni, delle persone non autosufficienti, di malati gravi e di quelli terminali, sino alle forme più o meno lar-va-te di eutanasia, per la quale non manca chi invoca u-na legittimazione giuridica, facendo leva sui cosid-det-ti "casi pietosi", come già è accaduto per l'aborto. Co-sì si sopprime la vita, perché la si pretende perfetta!” [5] Uno spunto di riflessione filosofica Per Aristotele la qualità è uno dei modi di essere dell‟ente e - precisamente - una delle categorie accidentali che determinano la sostanza. In altri termini si può dire che chi esiste propriamente, chi esercita l‟atto di essere, è l‟ente in quanto sostanza ontologicamente costituita (un uomo, un albero, un animale, ecc.), ma questo ente è soggetto a modificazioni che non lo annientano, ma ne modificano alcuni aspetti (sono queste quelle che Aristotele chiama proprietà “accidentali”). Le qualità rappresentano l‟insieme principale e più significativo delle proprietà accidentali (altre sono la quantità, la relazione, ecc.), ma - in quanto categoria accidentale - non possono contribuire a modificare la natura intima della persona umana, conferirle o toglierle una dignità che le compete in quanto tale. Il contributo di Aristotele - pertanto - offre una chiave di lettura metafisicamente avvertita della prospettiva personalista. In una cultura dominata dalla categoria dell‟avere possiamo ritrovare la dicotomia tra essere e avere anche nella riflessione sui fondamenti della bioetica e sui criteri di azione in campo biomedico. Soprattutto nelle situazioni “di frontiera” vi è la tentazione di applicare in modo assoluto la categoria dell‟avere, subordinando il riconoscimento del valore di una persona a ciò che essa ha (in termini di “qualità della vita”), fa, o può fare. A tale mentalità si oppone una logica centrata sull‟essere, in cui la persona ha valore e dignità in forza di quello che è e non di quello che ha. Il bivio concettuale e culturale è netto e profondo e ci sembra difficile individuare, di fronte a tale bivio, soluzioni intermedie che possano salvare entrambe le posizioni. Come Ercole, giunto al famoso “bivio”, ciascuno è chiamato a fare la propria scelta. -------------------------------------------------------------------------------[1] Le grandi guerre mondiali, la diffusione di malattie infettive di proporzioni epidemiche (come la terribile “spagnola”), l‟alta mortalità infantile, la bassa durata media della vita caratterizzano ancora le condizioni di vita della prima metà del XX secolo e si modificano radicalmente nella seconda metà, in cui si avvia - peraltro quel processo di risanamento economico che porterà al “boom” degli anni ‟60. 29 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre [2] Cfr. J. Fletcher, Four Indicators of Humanhood, in “Hastings Center Report”, 4, 1975; cit. da S. Leone, La riflessione bioetica sulla qualità della vita, in: G. Russo (et alii), Bioetica fondamentale e generale, SEI, Torino 1995. [3] Simone Pollo, Qualità della vita, in Eugenio Lecaldano (cur.) “Dizionario di Bioetica”, Laterza, Roma-Bari 2002, pp. 245-247 passim. [4] Adriano Pessina, Bioetica. L‟uomo sperimentale, Bruno Mondadori, Milano 1999, p. 74. [5] CEI, Evangelizzazione e cultura della vita umana, Roma, 1989, nn. 4 e 6. 30 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 6 Andrea Porcarelli, “L’eutanasia nella storia” da www.portaledibioetica.it Premettiamo che una ricognizione storica significativa dovrebbe allargarsi soprattutto all‟evoluzione dell‟idea della morte e del morire, soprattutto sul piano esistenziale, sia in rapporto all‟esistenza che la persona ha vissuto, sia in rapporto alle aspettative di una vita ultraterrena. Nel mondo greco, per esempio, erano presenti diverse concezioni della vita ultraterrena, ma l‟espressione “buona morte” veniva utilizzata prevalentemente in riferimento alle modalità con cui si concludeva l‟esperienza di una vita: per un guerriero la buona morte è l‟eroica morte in battaglia (si pensi ad Ettore), per un artigiano o un mercante potrebbe essere la morte serena, circondati dall‟affetto dei propri cari. Nella cultura cristiana il concetto di “buona morte” è assorbito in quello di “morte santa” e si riferisce alle modalità con cui ciascuno ha vissuto il proprio rapporto con Dio nella vita terrena e si appresta (nel momento supremo) a viverlo nella vita eterna: tanto è vero che la festa di coloro che sono stati proclamati santi si celebra nel giorno della loro morte (quando questo è noto), in quanto “dies natalis” della vita eterna. Anche in una cultura “laica” si può parlare di “buona morte”, sul piano esistenziale, soprattutto in riferimento agli obiettivi che ci si era prefissi nella propria vita, all‟eredità di affetti e di idee che si lascia alle generazioni che verranno, al modo in cui ciascuno potrà sopravvivere nel ricordo dei propri simili. La disamina di tali problematiche può essere utile complemento di un percorso didattico articolato, ma ci porterebbe - in questa sede - troppo lontano. Assumendo il termine eutanasia nel suo significato più ristretto, potremmo tentare di farne una sorta di “storia” attraverso i secoli, individuando alcuni comportamenti che presentano significative affinità con la pratica eutanasica odierna. Nel mondo antico era già presente quella che potremmo chiamare eutanasia sociale, nel senso che la società sopprimeva o abbandonava alla propria sorte persone che potessero risultare un peso per essa. Tale pratica è attestata a Sparta, nel mondo romano, ma anche in culture più arcaiche (come ad esempio tra le popolazioni cannibali dell‟isola di Sumatra) e si può agevolmente supporre che i popoli primitivi uccidessero o abbandonassero alla propria sorte tutti coloro che - in condizioni di vita durissime - non apparivano in grado di resistere nella lotta per la sopravvivenza. Ritornando al mondo greco possiamo ricordare un testo di Platone che, nel porre a confronto le arti mediche con quelle giuridiche, scrive: “Allora, insieme con tale arte giudiziaria, codificherai tu nel nostro stato anche la medicina nella forma da noi detta? Così, tra i tuoi cittadini, esse cureranno quelli che siano naturalmente sani di corpo e d‟anima. Quanto a quelli che non lo siano, i medici lasceranno morire chi è fisicamente malato, i giudici faranno uccidere chi ha l‟anima naturalmente cattiva e inguaribile.” [1] D‟altro canto il medesimo autore si esprime in termini chiari contro il suicidio, anche se sembra ammettere qualche eccezione; citiamo tra i diversi testi significativi quello in cui Platone dichiara, di colui che si toglie la vita: “privandosi violentemente della sorte assegnatagli dal destino, e che, senza che lo stato abbia ordinato per punizione la sua morte, né che sia costretto da qualche acerba e inevitabile sciagura capitatagli, né che sia colpito da qualche ignominia irreparabile e tale da rendere insopportabile la vita, ma per dappocaggine e per ignavia, prodotta da debolezza di spirito, infligge a se 31 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre stesso una pena ingiusta. (…) le tombe di coloro, che si sono distrutti in tal modo, siano, in primo luogo, a solo e non in comune con gli altri, in secondo luogo siano essi sepolti senza onori alle estremità delle dodici parti del paese, in luoghi incolti e senza nome; né vi siano cippi o iscrizioni a indicare le loro tombe.” [2] Aristotele, nell‟etica nicomachea, presenta il suicida come persona che commette un‟ingiustizia nei confronti della città [3] ed affronta specificamente anche il caso dei malati o in genere di chi è sottoposto a situazioni di particolare disagio, citandoli come esempio mentre parla della virtù del coraggio: “Invece il morire per fuggire la povertà o la passione amorosa o qualcosa di doloroso non è di un uomo coraggioso, ma piuttosto di un vile: è infatti debolezza lo sfuggire ai travagli e chi s‟uccide agisce non per affrontare una prova decorosa, bensì per fuggire un male.” [4] Quanto al ruolo del medico in eventuali casi di “suicidio assistito” possiamo dire che da un lato la prassi comune non escludeva questo tipo di azione, ma dall‟altro lato il Giuramento di Ippocrate la esclude in modo categorico: “Non darò a nessuno farmaci mortali, neppure se richiesto, né mai suggerirò di prenderne”. Sul suicidio in generale vi sono diverse posizioni, da quella degli stoici che lo additano come via d‟uscita non tanto rispetto ai mali della vita (questo sarebbe una viltà), ma alla prospettiva di essere costretti a venir meno ai propri doveri di uomini virtuosi, a Cicerone che, nel "Somnium Scipionis" (III, 7) così scrive: "Tu, o Publio, e tutte le persone rette, dovete conservare la vostra vita e non dovete allontanarvi da essa senza il comando di colui che ve l‟ha data, affinché non sembriate sottrarvi all‟ufficio umano che Dio vi ha stabilito". In età medievale la riflessione sulle virtù etiche del medico si evolve nella linea segnata da Ippocrate e Galeno ed arricchendosi delle suggestioni che provengono dalla cultura ebraico-cristiana. Anche il tema del suicidio viene affrontato in tale ottica e, fin dai Padri della Chiesa, sono numerose le prese di posizione di quanti ne sottolineano l‟assoluta inconciliabilità con la morale cristiana: l‟uomo non è padrone della propria vita e non ne può disporre da arbitro assoluto. Tommaso d‟Aquino esprime in modo lapidario le tre motivazioni per cui il suicidio è un atto moralmente illecito, sia nell‟ottica della legge morale naturale, sia in quella della legge divina positiva: „Il suicidio è assolutamente illecito per tre motivi. Primo, perché per natura ogni essere ama se stesso; e ciò implica la tendenza innata a conservare se stessi e a resistere per quanto è possibile a quanto potrebbe distruggerci. (…) Secondo, perché la parte è essenzialmente qualche cosa del tutto; ora, ciascun uomo è parte della società; e quindi è essenzialmente della collettività. Perciò uccidendosi fa un torto alla società, come insegna il Filosofo. Terzo, la vita è un dono divino, che rimane in potere di colui il quale “fa vivere e fa morire”. Perciò chi priva se stesso della vita pecca contro Dio (…). Infatti a Dio soltanto appartiene il giudizio di vita e di morte, secondo le parole della Scrittura: “Sono io a far morire e a far vivere.‟“[5] L‟età moderna si presenta con diversi volti e non è possibile ricondurla univocamente ad un unico filone di pensiero. Da un lato prosegue la linea di pensiero che vede nel suicidio un atto immorale e contrario al bene comune della società, dall‟altro lato vi sono alcuni pensatori che sviluppano posizioni differenti, come ad esempio David Hume [6]. Posizione nettamente contraria al suicidio è espressa da Immanuel Kant, sulla base di argomentazioni “laiche” [7] che si fondano sulla necessità di rispettare quell‟ordine morale su cui si fondano tutti i doveri dell‟uomo. Sul versante che più ci interessa, dell‟eutanasia in senso stretto, compare anche il termine in modo esplicito ed il suo uso sembra certo che risalga ad uno scritto di Francesco Bacone del 1605: “Dirò inoltre, insistendo su questo argomento, che il compito del medico non è solo quello di ristabilire la salute, ma anche quello di 32 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre calmare i dolori e le sofferenze legate alle malattie; e questo non solo perché questo alleviamento del dolore, considerato un sintomo pericoloso, contribuisce alla guarigione e conduce alla convalescenza, ma inoltre per poter procurare al malato, quando non c‟è più speranza, una morte dolce e tranquilla; questa eutanasia è una parte non trascurabile della felicità (…). Ma nel nostro tempo sembra che i medici ritengano loro dovere abbandonare i malati al momento della fine; contrariamente alla mia opinione, se essi fossero zelanti nell‟adempiere il proprio dovere e di conseguenza rispettassero i propri doveri nonché le esigenze della propria professione, non risparmierebbero nessuna cura per aiutare gli agonizzanti ad uscire da questo mondo con maggior dolcezza e facilità. Ora, questa ricerca la qualifichiamo ricerca sull‟eutanasia esteriore, che distinguiamo da quell‟altra eutanasia che si riferisce alla preparazione dell‟anima e che poniamo fra le nostre raccomandazioni.” [8] Va osservato come anche in questo testo, pur tenendo conto dell‟evoluzione del dibattito sul suicidio a cui abbiamo sommariamente accennato, il termine “eutanasia” viene utilizzato in riferimento ad un‟idea di “buona morte” che nulla ha a che vedere con le odierne proposte di legalizzazione della medesima, ma si collega ancora all‟idea di un accompagnamento del morente nel momento supremo della sua esistenza. In età contemporanea, soprattutto nel XX secolo, cresce in genere la domanda eutanasica e l‟eutanasia sociale viene praticata in modo più massiccio. Nel 1906 il parlamento dell‟Ohio presentò il testo di una legge sull‟eutanasia su richiesta (che fu respinto dal Consiglio Superiore), analoga proposta fu presentata nel 1936 a Londra da “Vesper” (Società per l‟eutanasia volontaria, nata nel 1935 ad opera di Lord Moynihan e del Dr Killick Millard), ma il progetto fu respinto dalla Camera dei Lords. Nel 1938 nasce la Società Americana per l‟eutanasia volontaria, a New York, ad opera del rev.do Charles Potter. Alla domanda sociale di eutanasia, portata avanti da alcuni gruppi di pressione, fa riscontro un riemergere di quella che possiamo chiamare eutanasia sociale, già presente nel mondo antico e che assume in età contemporanea forme nuove, anche sul piano giuridico. Per affrontare tale tema, possiamo sviluppare in modo più analitico l‟esempio paradigmatico della Germania [9], anche prima dell‟avvento del regime nazista. Già durante la Grande Guerra si assiste - come in molti altri Paesi - ad un‟impennata delle morti dei malati cronici presenti negli ospedali, anche a motivo della scarsità di cibo che rendeva oneroso nutrire tante “bocche inutili”. Nel 1920 viene pubblicato un libro, di Alfred Hoche e Karl Binding, dal titolo „L'autorizzazione all'eliminazione delle vite non più degne di essere vissute‟, che - secondo gli autori - sono in se stesse luogo di sofferenza e provocano sofferenza ai parenti e danno economico allo stato che, quale arbitro della distribuzione delle ricchezze, avrebbe dovuto autorizzarne l‟uccisione. La motivazione economica, portata all‟interno del dibattito tra gli scienziati, non fu certamente sufficiente a motivare un‟azione effettiva e sistematica, che invece venne con il progetto eugenetico nazista che collegava la necessità di eutanasia sociale nei confronti di alcune categorie di persone con quella di preservare la purezza della razza ariana. Il primo passo verso l'attuazione del piano eugenetico si ebbe nel 1933 con l'emanazione della "Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie". La legge venne discussa il 14 luglio. Poiché il 20 luglio si sarebbe dovuto firmare il Concordato tra Chiesa Cattolica e Stato Nazista si ritenne politicamente più opportuno promulgarla ufficialmente il 25 luglio successivo. L'8 ottobre 1935 venne emanata una seconda legge per "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco". Con essa si autorizzava l'aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da malattie ereditarie. Parallelamente venne varata un‟intensa 33 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre campagna di propaganda mirante a convincere il popolo tedesco dell‟opportunità sociale e dell‟intrinseca bontà delle pratiche eugenetiche (sterilizzazione ed eutanasia), venne anche creata la "Commissione del Reich per la salute del popolo" che si dedicò all'organizzazione della propaganda nelle scuole, negli uffici pubblici e nel Partito Nazista. La Direzione Sanitaria del Reich creò in tutta la Germania circa 500 "Centri di consulenza per la protezione del patrimonio genetico e della razza". I medici che li dirigevano furono incaricati di raccogliere tutti i dati necessari per stimare quale parte della popolazione dovesse essere sterilizzata e controllare le nascite di bambini deformi o psichicamente disabili. Si giunge così alla preparazione prossima dei provvedimenti direttamente eutanasici nei confronti di quei bambini che il “monitoraggio” aveva individuato. A dare inizio al processo di eutanasia fu un ordine scritto di Adolf Hitler retro-datato al 1° settembre 1939 (in realtà emanato in ottobre) su carta intestata della Cancelleria. Il testo recitava: "Il Reichsleiter Bouhler e il dottor Brandt sono incaricati, sotto la propria responsabilità, di estendere le competenze di alcuni medici da loro nominati, autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l'umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia." [10] In tal modo la pratica di eliminazione fisica dei malati gravi e dei minorati psichici trovava la sua “copertura giuridica”, pur essendo già iniziata in modo strisciante da alcuni mesi, nei centri sopra citati. Venne subito creato un centro di coordinamento dell‟intera operazione che trovò la sua sede in un villino espropriato ad un ebreo, a Berlino in Tiergartenstrasse n. 4 (di qui il nome in codice dell‟intera operazione: “Aktion T4”). La procedura può essere riassunta in alcuni passaggi essenziali: invio, a tutti i responsabili di ospedali psichiatrici, di generici questionari, apparentemente miranti a censire la capacità lavorativa dei soggetti inabili; sulla base dell‟analisi di tali questionari (senza visitare il malato) una commissione di esperti decideva quali dovessero essere soppressi; tali persone venivano poi prelevate dagli ospedali, trasportate (con pullman dai finestrini oscurati) nei centri di eliminazione (di cui non si comunicava la destinazione e scelti in genere lontani dal luogo di cura, per depistare i parenti delle vittime), dove erano state predisposte delle camere a gas mascherate da docce e si procedeva all‟uccisione; ai parenti veniva inviata una lettera standard che annunciava la morte per una causa qualsiasi. Si avvertiva che per ragioni sanitarie il cadavere era stato cremato e si avvertiva che l'urna con le ceneri era a disposizione. Tra il 1940 e il 1941 furono eliminati in questo modo più di 70.000 malati psichici nei cinque centri di eliminazione, prima che Hitler - a motivo del montare delle proteste dopo che la cosa iniziò ad emergere alla luce del sole - non la sospese nel 1941. In realtà l‟azione non fu realmente sospesa, ma semplicemente trasformata in altra azione (Aktion 14F13) condotta direttamente dalle SS (da Himmler) in collegamento con le azioni che si svolgevano nei campi di concentramento che nel frattempo erano stati istituiti ed in cui - assieme alle persone afflitte da varie forme di malattia vennero soppresse anche persone divenute nel frattempo inabili al lavoro o persone sane di cui si decise la soppressione. Si può osservare come l‟operazione T4 abbia avuto anche il ruolo di fornire una “palestra” in cui sperimentare metodiche di uccisione di massa di persone adulte che vennero immediatamente impiegate per realizzare la “soluzione finale”, senza soluzione di continuità: il personale che era stato 34 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre impiegato nell‟azione T4 venne in genere trasferito dai centri di soppressione dei malati psichici ai campi di sterminio. Nell‟immediato secondo dopoguerra, essendo venuti alla luce - grazie al processo di Norimberga - i fatti di cui si è detto sopra, si è assistito ad un periodo di relativa cautela nel portare avanti le istanze eutanasiche, anche perché il collegamento con le stragi naziste risultava molto immediato. Il dibattito sull‟eutanasia volontaria, in ogni caso, non si interrompe ma prosegue con tanto maggiore intensità quanto più i progressi della medicina consentono la sopravvivenza (talora in condizioni fisiche piuttosto precarie) di persone che in altre epoche non sarebbero riuscite a sopravvivere. Soprattutto negli anni 1955-1960 si sviluppano tecniche di rianimazione tali da mettere in discussione anche le precedenti metodiche per l‟accertamento della morte, così come si pone il problema dello status dei pazienti in “stato vegetativo persistente” [11]. Di fronte a tali nuove sfide riprende slancio l‟attività dei movimenti pro-eutanasia [12], che si sono fatti promotori di iniziative miranti sia a far accettare tale pratica a livello di costume, sia - soprattutto - a legalizzarla. Segnaliamo alcuni punti di riferimento che possono essere utili: 1967 - Luis Kutner conia l‟espressione “Living will” per designare il rifiuto di alcune forme di terapie, da allora inizia una forte campagna di diffusione di questi “testamenti biologici” (così viene abitualmente tradotta l‟espressione in lingua italiana) che in molti casi si configurano come vere e proprie richieste di “eutanasia passiva”; 1973 - nascono in Olanda società per l‟eutanasia volontaria; 1976 - analoghe società vengono costituite in Germania e Giappone; si tiene a Tokyo - il primo incontro internazionale delle società per l‟eutanasia volontaria; 1980 - nasce la World Federation of Right-to-Die Societies, costituta ad Oxford (Inghilterra) a partire da 27 gruppi appartenenti a 18 nazioni; 1980 (5 maggio) - viene resa pubblica la “Dichiarazione sull‟eutanasia” della Sacra Congregazione per la dottrina della fede (Chiesa Cattolica) che esprime una netta condanna di tale pratica; 1983 - viene resa pubblica la “Dichiarazione sulla fase finale della malattia” dell‟Associazione Medica Mondiale, che ancora ribadisce la necessità di curare le persone sofferenti senza sopprimerle; 1984 - la Suprema corte olandese approva la pratica dell‟eutanasia, a determinate condizioni; 1991 - il Congresso degli Stati Uniti approva il "Patient Self-Determination Act", che impone agli ospedali il rispetto dei “living wills”; l‟anno successivo è l‟Associazione Medica britannica a dichiarare il proprio supporto ai living wills; 1996 - il governo del Territorio dell‟Australia del Nord approva la prima legge che consente l‟eutanasia attiva volontaria, che viene però soppressa nel 1997 dal Parlamento Federale australiano; 1998 - in Cina il governo ha autorizzato la soppressione dei malati terminali; 2001 (10 aprile) - viene approvata la legge che legalizza l‟eutanasia in Olanda; 2002 (23 settembre) - entra in vigore la legge che legalizza l‟eutanasia in Belgio. 35 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre La situazione attuale è quindi piuttosto dinamica, con un dibattito teorico sull‟eutanasia che appassiona gli esperti di bioetica e rimbalza sovente sui massmedia, ma anche con azioni di tipo politico e culturale che pongono principi o modificano la situazione dal punto di vista legislativo. Si fa particolarmente urgente la necessità di tenere vigile il proprio spirito critico. -------------------------------------------------------------------------------[1] Platone, Repubblica, 409e - 410a. [2] Platone, Leggi, IX, 873 c-d. [3] Cfr. Libro V, 1138 a. [4] Aristotele, Etica nicomachea, III, 116 a. [5] Tommaso D‟Aquino, Summa Theologiae, II-II, qu. 64, art. 5, c. [6] In un saggio Sul suicidio, pubblicato postumo nel 1777, offre una sua libera interpretazione del concetto di Provvidenza, obiettando alle argomentazioni teologiche di condanna del suicidio con l‟argomento (del tutto lontano dalla prospettiva cristiana) per cui se la Provvidenza governa molte cause, tra di esse potrebbe esserci anche l‟atto di un suicida. [7] Cfr. Metafisica dei costumi, tr. it. Laterza, Roma-Bari 1991, III ed., p. 279. [8] Cit. da Patrick Verspieren, Eutanasia? Dall‟accanimento terapeutico all‟accompagnamento dei morenti, Paoline, Cinisello Balsamo (MI), 1985, pp. 137138. [9] Cfr. il percorso didattico che si trova all‟URL http://www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia/eutanasia1.htm, nel sito dell‟associazione “Olokaustos”, interamente dedicato a ricerche, banche dati e percorsi didattici sul tema evocato dal nome stesso dell‟associazione. [10] Cit. in: http://www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia/eutanasia5.htm, dove si trova anche copia fotografica del documento originale in tedesco. [11] Già l‟uso di questa terminologia sottintende un implicito giudizio di valore - di segno negativo - sulla dignità della persona che si trova in tale condizione e di cui talora si dice, non senza una buona dose di brutalità, che si trova a vivere “come un vegetale”, quasi per giustificare l‟invocazione della “uccisione pietosa”. [12] Cfr. http://www.euthanasia.org, sito internazionale dell‟associazione “Exit”, che rappresenta il nome assunto nel 2000 dalla VESS (Società per l‟eutanasia volontaria della Scozia), da cui desumiamo anche alcuni dati circa le tappe storiche del dibattito. Cfr. anche http://www.finalexit.org (sito dell‟organizzazione ERGO, americana). 36 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 7 Enzo Bianchi, Englaro” “Bioetica e scontro politico: i giorni cattivi del caso da La Stampa, 15 Febbraio 2009 Guida alla lettura Enzo Bianchi ha scritto questo articolo pochi giorni dopo la morte di Eluana Englaro, avvenuta lo scorso 9 febbraio. Con la franchezza che lo contraddistingue, e che – come monaco – gli deriva dall‟adesione al solo Vangelo, e a nessun‟altra delle “verità” del mondo, Bianchi traccia un quadro impietoso dello «scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano» che ha accompagnato gli ultimi mesi dell‟infelice donna. E sottolinea come i cristiani, pur credendo che la vita non possa essere spenta da nessuno, debbano operare con rispetto e semplicità con quanti non condividono la loro fede «affinché la società ritrovi un‟etica condivisa e ciascuno possa vivere e morire nell‟amore e nella libertà». Come noto, il dibattito sulla sorte di Eluana Englaro ha riguardato la sospensione dell‟alimentazione e dell‟idratazione, e in particolare se considerarle una forma di terapia o un sostentamento vitale di base. Nell‟ipotesi in cui la nutrizione artificiale venga considerata una terapia (e quindi, potenzialmente, degenerabile in accanimento terapeutico), la possibilità legale della sospensione troverebbe riscontro nell‟articolo 32 della Costituzione Italiana («Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana») e nell‟articolo 51 (“Rifiuto consapevole di nutrirsi”) del Codice di Deontologia Medica della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, che afferma: «Quando una persona, sana di mente, rifiuta volontariamente e consapevolmente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle conseguenze che tale decisione può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale, ma deve continuare ad assisterla». In assenza di una esplicita manifestazione della volontà del paziente, l‟articolo 34 (“Autonomia del cittadino”) del medesimo Codice afferma che il medico «se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso», e ciò in aderenza all‟articolo 9 della “Convenzione per la protezione dei diritti dell‟uomo e della dignità dell‟essere umano nei confronti dell‟applicazioni della biologia e della medicina” (nota anche come Convenzione Europea di Bioetica), promulgata dal Consiglio d‟Europa il 4 aprile 1997 e ratificata dal Parlamento Italiano con la legge n. 145 del 28 marzo 2001. Tale orientamento (nutrizione artificiale come terapia) è quello che, nello caso specifico della signora Englaro, ha indotto la Corte d‟Appello ad autorizzare la sospensione del trattamento. 37 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Se invece si considera la nutrizione artificiale alla stregua di un sostentamento vitale, la sua sospensione si configurerebbe come una forma di eutanasia, poiché il paziente non morirebbe per le conseguenze dirette della patologia, come accade per l‟interruzione di una cura, ma per l‟omissione di una forma di sostegno. A livello internazionale, l‟interpretazione prevalente è quella di considerare l‟alimentazione e l‟idratazione forzata, anche nel caso di persone in stato vegetativo persistente (SVP), come un trattamento medico liberamente rifiutabile dal paziente o dal suo rappresentante legale: si veda, ad esempio, la sentenza emessa dalla Corte Suprema statunitense nel caso di Terri Schiavo. In Italia il Comitato Nazionale per la Bioetica si esprime invece in modo più articolato. L‟articolo 9 del documento “L‟alimentazione e l‟idratazione dei pazienti in stato vegetativo persistente”, approvato il 30 settembre 2005, afferma in sintesi che: - la vita umana va considerata un valore indisponibile, indipendentemente dal livello di salute, di percezione della qualità della vita, di autonomia o di capacità di intendere e di volere; - l‟idratazione e la nutrizione di pazienti in stato vegetativo persistente vanno ordinariamente considerate alla stregua di un sostentamento vitale di base; - la loro sospensione è da considerarsi lecita sulla base di parametri obiettivi e quando realizzi l‟ipotesi di un autentico accanimento terapeutico; è invece da considerarsi illecita tutte le volte che venga effettuata, non sulla base delle effettive esigenze della persona interessata, bensì sulla base della percezione che altri hanno della qualità della vita del paziente. Anche la discussione politica italiana sul cosiddetto “testamento biologico” si è prevalentemente concentrata, per effetto della vicenda di Eluana Englaro, sulla questione della nutrizione artificiale e sulla possibilità etica e legale di interrompere tale trattamento. Il progetto di legge formulato dalla maggioranza parlamentare, considerando l‟idratazione e l‟alimentazione come un sostegno vitale, sembra escludere ogni possibilità di richiederne o deciderne l‟interruzione; per contro, le forze di opposizione le considerano forme di terapia e, come tali, riconducibili all‟ambito di autodeterminazione del paziente. Le informazioni tecnico-legali contenute in questo commento sono state tratte e rielaborate il 17 giugno 2009 da: Wikipedia, l‟enciclopedia libera - Eluana Englaro “C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare”, ammoniva Qohelet, così come “c’è un tempo per nascere e un tempo per morire; un tempo per uccidere e un tempo per guarire...”. Veniamo da settimane in cui questa antica sapienza umana – prima ancora che biblica – è parsa dimenticata: anche tra i pochi che parlavano per invocare il silenzio v’era chi sembrava mosso più che altro dal desiderio di far tacere quanti la pensavano diversamente da lui. Soprattutto si è avuto l’impressione che l’insieme della nostra società non avesse certezze condivise sulla scansione dei diversi “tempi” e sul significato dei diversi verbi usati da Qohelet a indicare lo scorrere dell’esistenza umana: quando è “tempo” per questo o per quell’altro? E cosa significa parlare, morire, uccidere, guarire? Uno smarrimento di senso condiviso che ha coinvolto anche parole forti attinenti ai principi fondamentali dell’etica: dignità, libertà, volontà, rispetto, carità, vita... Le settimane appena trascorse saranno sicuramente ricordate come “giorni cattivi” da molti cristiani, ma anche da molti uomini e donne non cristiani che tentano ogni giorno di rinnovare la loro ricerca di senso, soprattutto attraverso la faticosa lotta dell’amare in verità e dal lasciarsi amare da quanti sono loro accanto. “Giorni cattivi” è 38 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre un’espressione biblica che indica tempi privi di una parola da parte di Dio, da parte dei suoi profeti e quindi anche privi di parole umane sincere, vere, autentiche: tempi in cui si fa silenzio per non aumentare il rumore, la rissa, l’aggressione nella comunità umana e per evitare che parole sensate vengano triturate insieme alle insensate e non si riesca poi più a recuperarle per giorni migliori. Per questo molti hanno preferito il silenzio. Da parte mia, ho preferito fare silenzio anzi, soffrire in silenzio aspettando l’ora in cui fosse forse possibile – ma non è certo – dire una parola udibile. Attorno all’agonia lunga diciassette anni di una donna, attorno al dramma di una famiglia nella sofferenza, si è consumato uno scontro incivile, una gazzarra indegna dello stile cristiano: giorno dopo giorno, nel silenzio abitato dalla mia fede in Dio e dalla mia fedeltà alla terra e all’umanità di cui sono parte, constatavo una violenza verbale, e a volte addirittura fisica, che strideva con la mia fede cristiana. Non potevo ascoltare quelle grida – “assassini”, “boia”, “lasciatela a noi”... – senza pensare a Gesù di Nazaret che, quando gli hanno portato una donna gridando “adultera”, ha fatto silenzio a lungo, per poterle dire a un certo punto: “Donna (e non “adultera”), neppure io ti condanno: va’ e non peccare più”; non riuscivo ad ascoltare quelle urla minacciose senza pensare a Gesù che in croce non urla “ladro, assassino!” al brigante non pentito, ma in silenzio gli sta accanto, condividendone la condizione di colpevole e il supplizio. Che senso ha per un cristiano recitare rosari e insultare? O pregare ostentatamente in piazza con uno stile da manifestazione politica o sindacale? Ma accanto a queste contraddizioni laceranti, come non soffrire per la strumentalizzazione politica dell’agonia di questa donna? Una politica che arriva in ritardo nello svolgere il ruolo che le è proprio – offrire un quadro legislativo adeguato e condiviso per tematiche così sensibili – e che brutalmente invade lo spazio più intimo e personale al solo fine del potere; una politica che si finge al servizio di un’etica superiore, l’etica cristiana, e che cerca, con il compiacimento anche di cattolici, di trasformare il cristianesimo in religione civile. L’abbiamo detto e scritto più volte: se mai la fede cristiana venisse declinata come religione civile, non solo perderebbe la sua capacità profetica, ma sarebbe ridotta a cappellania del potente di turno, diverrebbe sale senza più sapore secondo le parole di Gesù, incapace di stare nel mondo facendo memoria del suo Signore. E’ avvenuto quanto più volte avevo intravisto e temuto: lo scontro di civiltà preconizzato da Huntington non si è consumato come scontro di religioni ma come scontro di etiche, con gli effetti devastanti di una maggiore divisione e contrapposizione nella polis e, va detto, anche nella chiesa. Da questi “giorni cattivi” usciamo più divisi e non certo per quella separazione in nome di Cristo che, con il comandamento nuovo dell’amore da estendersi fino ai nemici, può provocare divisione anche tra genitori e figli, all’interno della famiglia o della “casa” di appartenenza. Abbiamo invece conosciuto divisione in nome di quel male che affligge l’umanità e che trasforma la diversità in demonizzazione dell’altro, muta l’avversario in nemico, interrompe o nega il confronto e il dialogo, dando origine a posizioni ideologiche capaci di violenza prima verbale, poi fisica e sociale. Da un lato il fondamentalismo religioso che cresce, dall’altro un nichilismo che rigetta ogni etica condivisa fanno sì che cessi l’ascolto reciproco e la società sia sempre più segnata dalla barbarie. Per chi come me ha pensato di dedicare tutte le fatiche alla ricerca del dialogo, del confronto, del faticoso cammino verso la comunione, innanzitutto nello spazio cristiano e poi tra gli uomini, e in questo sforzo sentiva di poter rendere conto della speranza cristiana che lo abita e di annunciare il vangelo che lo anima, questi giorni sono davvero cattivi... 39 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Sì, ci sono state anche voci di compassione, ma nel clamore generale sono passate quasi inascoltate... Molti mass media in realtà sono apparsi ostaggio di una battaglia frontale in cui nessuno dei contendenti si è risparmiato mezzi ingiustificabili dal fine. Eppure, di vita e di morte si trattava, realtà intimamente unite e pertanto non attribuibili in esclusiva a un campo o all’altro, a una cultura o a un’altra. La morte resta un enigma per tutti, diviene mistero per i credenti: un evento che non deve essere rimosso, ma che dà alla nostra vita il suo limite e fornisce le ragioni della responsabilità personale e sociale; un evento che tutti ci minaccia e tutti ci attende come esito finale della vita e, quindi, parte della vita stessa, un evento da viversi perciò soprattutto nell’amore: amore per chi resta e accettazione dell’amore che si riceve. Sì, questa è la sola verità che dovremmo cercare di vivere nella morte e accanto a chi muore, anche quando questo risulta difficile e faticoso. Infatti la morte non è sempre quella di un uomo o una donna che, sazi di giorni, si spengono quasi naturalmente come candela, circondati dagli affetti più cari. No, a volte è “agonia”, lotta dolorosa, perfino abbrutente a causa della sofferenza fisica; oggi è sempre più spesso consegnata alla scienza medica, alla tecnica, alle strutture e ai macchinari... Che dire a questo proposito? La vita è un dono e non una preda: nessuno si dà la vita da se stesso, né può conquistarla con la forza. Nello spazio della fede i credenti, accanto alla speranza nella vita in Dio oltre la morte, hanno la consapevolezza che questo dono viene da Dio: ricevuta da lui, a lui va ridata con un atto puntuale di obbedienza, cercando, a volte anche a fatica, di ringraziare Dio: “Ti ringrazio, mio Dio, di avermi creato...”. Ma il credente sa che molti cristiani di fronte a quell’incontro finale con Dio hanno deciso di pronunciare un “sì” che comportava la rinuncia ad accanirsi per ritardare il momento di quel faccia a faccia temuto e sperato. Quanti monaci, quante donne e uomini santi, di fronte alla morte hanno chiesto di restare soli e di cibarsi solo dell’eucarestia, quanti hanno recitato il “Nunc dimittis”, il “Lascia andare, o Signore, il tuo servo”, come ultima preghiera nell’attesa dell’incontro con colui che hanno tanto cercato... Negli anni più vicini a noi, pensiamo al patriarca Athenagoras I e a papa Giovanni Paolo II: due cristiani, due vescovi, due capi di chiese che hanno voluto e saputo spegnersi acconsentendo alla chiamata di Dio, facendo della morte l’estremo atto di obbedienza nell’amore al loro Signore. Testimonianze come queste sono il patrimonio prezioso che la chiesa può offrire anche a chi non crede, come segno grande di un anticipo della vittoria sull’ultimo nemico del genere umano, la morte. Voci come queste avremmo voluto che accompagnassero il silenzio di rispetto e compassione in questi giorni cattivi assordati da un vociare indegno. La chiesa cattolica e tutte le chiese cristiane sono convinte di dover affermare pubblicamente e soprattutto di testimoniare con il vissuto che la vita non può essere tolta o spenta da nessuno e che, dal concepimento alla morte naturale essa ha un valore che nessun uomo può contraddire o negare; ma i cristiani in questo impegno non devono mai contraddire quello stile che Gesù ha richiesto ai suoi discepoli: uno stile che pur nella fermezza deve mostrare misericordia e compassione senza mai diventare disprezzo e condanna di chi pensa diversamente. Allora, da una millenaria tradizione di amore per la vita, di accettazione della morte e di fede nella risurrezione possono nascere parole in grado di rispondere agli inediti interrogativi che il progresso delle scienze e delle tecniche mediche pongono al limitare in cui vita e morte si incontrano. Così le riassumeva la lettera pontificale di Paolo VI indirizzata ai medici cattolici nel 1970: “Il carattere sacro della vita è ciò che impedisce al medico di uccidere e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza 40 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe forse un’inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo: l’ora ineluttabile e sacra dell’incontro dell’anima con il suo Creatore, attraverso un passaggio doloroso che la rende partecipe della passione di Cristo. Anche in questo il medico deve rispettare la vita”. Ecco, questo è il contributo che con rispetto e semplicità i cristiani possono offrire a quanti non condividono la loro fede affinché la società ritrovi un’etica condivisa e ciascuno possa vivere e morire nell’amore e nella libertà. 41 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Articolo n. 8 Testamento biologico, ecco la legge - Non vincolante e solo se il cervello è spento Fine vita, regolamento di otto punti. No all'eutanasia e validità delle Dat solo in caso di assenza di attività cerebrale, comunque non obbligatorie per l'azione del medico da www.repubblica.it, 12 Luglio 2011 ROMA - I punti salienti della legge sul testamento biologico approvata oggi alla Camera, che per il varo definitivo dovrà tornare al Senato, sono almeno due: le dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) non sono vincolanti per i medici ed escludono la possibilità di sospendere nutrizione e idratazione, salvo in casi terminali. Inoltre, sono applicabili solo se il paziente ha un'accertata assenza di attività cerebrale. Otto sezioni. Il testo si compone di otto articoli, inizialmente erano nove, ma l'ottavo è stato soppresso da un emendamento del pdl su "autorizzazione giudiziaria". No allo stop alimentazione e idratazione. Il primo "riconosce e tutela la vita umana, quale diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui la persona non sia più in grado di intendere e di volere, fino alla morte accertata nei modi di legge", e vieta esplicitamente "ogni forma di eutanasia e ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio, considerando l'attività medica e quella di assistenza alle persone esclusivamente finalizzate alla tutela della vita e della salute nonchè all'alleviamento della sofferenza". Il secondo articolo è quello sul 'consenso informato': "Salvo i casi previsti dalla legge, ogni trattamento sanitario è attivato previo consenso informato esplicito ed attuale del paziente prestato in modo libero e consapevole". Modalità delle Dat. L'articolo 3, il cuore della legge, definisce i limiti e le modalità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nelle quali il dichiarante "esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l'attivazione di trattamenti terapeutici purchè in conformità a quanto prescritto dalla presente legge". E' una delle modifiche dell'ultim'ora: la legge prevede in sostanza che il paziente possa dichiarare esplicitamente quali trattamenti ricevere, ma non escludere quelli a cui non desidera essere sottoposto. In ogni caso il testo ribadisce che alimentazione e idratazione "devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento". Altra modifica di oggi, tra le polemiche dell'opposizione, la riduzione di fatto della "platea": l'applicazione dei biotestamento scatta solo per chi è "nell'incapacità permanente di comprendere le informazioni circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze per accertata assenza di attività cerebrale integrativa corticosottocorticale e, pertanto, non può assumere decisioni che lo riguardano". Il quarto articolo stabilisce che le DAT hanno valore per 5 anni e sono rinnovabili. 42 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Assistenza agli stati vegetativi. Il quinto articolo prevede che entro 2 mesi dal varo dela legge vengano istituite dal ministero della Salute "linee guida cui le regioni si conformano" per "assicurare l'assistenza ospedaliera, residenziale e domiciliare per i soggetti in stato vegetativo". Familiari. Il sesto articolo fissa la figura del fiduciario nominato dal dichiarante, "l'unico soggetto legalmente autorizzato ad interagire con il medico". Se un paziente non dovesse nominare un fiduciario (che può essere sostituito in qualsiasi momento e, se nominato, è l'unico legalmente autorizzato a interagire con il medico sulla dat) i suoi compiti saranno adempiuti dai familiari nell'ordine previsto dal codice civile. Dat non vincolanti. Il settimo sancisce che il biotestamento non sarà vincolante per il medico: "Gli orientamenti espressi dal soggetto nella sua dichiarazione anticipata di trattamento - si legge infatti nel testo - sono presi in considerazione dal medico curante che, sentito il fiduciario, annota nella cartella clinica le motivazioni per le quali ritiene di seguirle o meno". Soppresso invece il collegio dei medici, inizialmente previsto per dirimere eventuali controversie tra medico e fiduciario. Registro nazionale. Infine, l'articolo 8 istituisce il registro delle DAT "nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico. Il titolare del trattamento dei dati contenuti nel predetto archivio è il Ministero della Salute". 43 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Bibliografia Libro : Bioetica e famiglia Autore: Maria Luisa Di Pietro Editore: Lateran University Press Anno: 2008 Libro : Eutanasia e diritto. Confronto tra discipline Autore: Canestrari S.; Cimbalo G.; Pappalardo G. Editore: Giappichelli Anno: 2003 Libro : La laicità al tempo della bioetica Autore: Mancina Claudia Editore: Il mulino Anno: 2009 Libro : Bioetica Autore: D‟Agostino Francesco, Palazzani Laura Editore: La scuola Anno: 2007 Libro : Aborto & 194. Fenomenologia di una legge ingiusta Autore: Palmaro Mario Editore: SugarCo Anno: 2008 Libro: Manuale di bioetica Autore: Mori Maurizio Editore: Le lettere Anno: 2010 44 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Libro: Procreazione assistita e fecondazione artificiale tra scienza, bioetica e diritto Autore: Di Pietro M. Luisa, Sgreccia Elio, 1999, La Scuola Editore: La scuola Anno: 1999 Libro: Bioetica. Storia, problemi, scenari Autore: Risio Loreta Editore: Aracne Anno: 2009 Libro: Bioetica e laicità. Nuove dimensioni della persona. Autore: Rodotà S.; Rimoli F. Editore: Carocci Anno: 2009 Libro: Bioetica. Le domande, i conflitti, le leggi Autore: Semplici S. Editore: Morcelliana Anno: 2007 Libro: Laicità debole e laicità forte. Il contributo della bioetica al dibattito sulla laicità Autore: Fornero G. Editore: Mondadori Bruno Anno: 2008 45 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Filmografia Mare Dentro di Alejandro Amenàbar. Spagna, 2004 (125'). La vera storia di Ramón Sampedro, tetraplegico spagnolo, che combattè a 30 anni la campagna in favore dell'eutanasia e per il proprio diritto a morire. Risvegli di Penny Marshall. Usa 1990 (121') C‟è un chiaro confine tra la vita e la morte? E‟ uno stato vegetativo permanente è, nonostante tutto, una vita degna di essere vissuta? Il film ripercorre uno dei venti episodi del libro di Oliver Sacks e vede Robert De Niro nei panni di un paziente che sopravvive ad una grave epidemia (malattia del sonno). Il segreto di Vera Drake di Mike Leigh. Gran Bretagna 2004 (125') Il film ripercorre la storia dell'eclatante caso giudiziario di Vera Drake, donna della piccola borghesia che procurava aborti clandestini nell'Inghilterra degli anni '50. 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni di Cristian Mungiu. Romania 2007 (113') Otilia e Gabjta sono due studentesse universitarie che alloggiano nel dormitorio di una città romena. Siamo negli anni che precedono la caduta del regime di Ceausescu e Gabjta affitta una stanza d'albergo in un hotel di bassa categoria. Ha un motivo preciso: con l'assistenza dell'amica ha deciso di abortire grazie anche all'intervento di un medico che però rischia l'arresto, essendo l'interruzione procurata della gravidanza un reato. Otilia resta a fianco dell'amica soffrendo intimamente per quanto sta accadendo e scoprendo progressivamente la fragilità della sua condizione umana. Di chi è la mia vita? di John Badham. Usa 1981 (118') Completamente paralizzato e ridotto a tronco che vegeta in ospedale dopo un incidente d'auto, un giovane scultore ha un'idea fissa: farla finita. Incarica un avvocato di querelare l'ospedale perché lo si lasci morire. Tratto da un dramma di Brian Clarke – sceneggiato dall'autore con Reginald Rose – questo statico e pesante film affronta senza mezzi termini il problema dell'eutanasia, lasciando libero lo spettatore di concludere. L’olio di Lorenzo di George Miller. Usa 1992 (135') Storia vera di Michaela e Augusto Odone e della loro lotta accanita per salvare il figlio Lorenzo, colpito dall'ALD (o sindrome di O'Malley Greenburg), rara forma di distrofia incurabile e mortale. 46 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre La custode di mia sorella di Nick Cassavetes. Usa 2009 (109') Kate Fitzgerald è un'adolescente innamorata della vita e colpita a pochi anni da una forma aggressiva di leucemia. La sua famiglia, partecipe e protettiva, combatte da sempre la sua battaglia. Sara, la madre, ha abbandonato lavoro e carriera per garantirle cure e sostegno, Brian, il padre, veglia sulla famiglia e cerca come può di contenere il dolore della figlia e l'ostinata determinazione della moglie davanti alla malattia, Jesse, figlio maggiore, è un ragazzo introverso e suo malgrado defilato, Anna, figlia minore, ha undici anni ed è stata concepita in provetta per "riparare" la patologia progressiva della sorella maggiore. Provata emotivamente e sfinita dal disinteresse della madre, sempre troppo concentrata su Kate, Anna denuncia i genitori e chiede l'emancipazione medica e i diritti sul proprio corpo. Il processo li dividerà fino a riunirli. La mia vita senza me di Isabel Coixet. Canada, Spagna 2003 (106') Ann vive una vita misera, opaca e senza speranza, con una famiglia disastrata. Tutto cambia dopo un controllo medico che la spinge a riscoprire il piacere di vivere. La morte come spinta alla vita. Ecco allora che la protagonista di questo intelligente film al femminile trova una ragione di vivere proprio negli esiti infausti di alcuni esami. Deve preparare la sua dipartita lasciando ai suoi cari il meglio. Le invasioni barbariche di Denis Arcand. Canada, Francia 2003 (105') Remy è all'ospedale per una malattia terminale. I suoi cinquant'anni li ha vissuti alla grande, godendo ogni piacere della vita, carnale quanto intellettuale. Ha un'ex moglie, Louise, che gli è sempre rimasta vicino, e un figlio, Sébastien, con cui non ha mai condiviso nulla. Quest'ultimo, spronato dalla madre in pena, organizza al capezzale del padre una memorabile rimpatriata, tra amici, colleghi, amanti, alunni e tanti altri personaggi. Lo scafandro e la farfalla diJulian Schnabel. Francia 2007 (112') Jean-Dominique Bauby si risveglia dopo un lungo coma in un letto d'ospedale. È il caporedattore di 'Elle' e ha accusato un malore mentre era in auto con uno dei figli. Jean-Do scopre ora un'atroce verità: il suo cervello non ha più alcun collegamento con il sistema nervoso centrale. Il giornalista è totalmente paralizzato e ha perso l'uso della parola oltre a quello dell'occhio destro. Gli resta solo il sinistro per poter lentamente riprendere contatto con il mondo. Dinanzi a domande precise (ivi compresa la scelta delle lettere dell'alfabeto ordinate secondo un'apposita sequenza) potrà dire "sì" battendo una volta le ciglia oppure "no" battendole due volte. Con questo metodo riuscirà a dettare un libro che uscirà in Francia nel 1997 con il titolo che ora ha il film. Schnabel riesce a non fare retorica e al contempo a commuovere profondamente liberandosi dal falso pietismo che spesso accompagna queste storie 'vere'. 47 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Webgrafia www.governo.it/bioetica www.portaledibioetica.it www.istitutobioetica.org www.scienzaevita.org www.laquerciamillenaria.org www.consultadibioetica.org www.ilgiornaledibioetica.com www.fondazionegraziottin.org www.lucacoscioni.it www.exit-italia.it www.leggioggi.it Playlist La verità – Povia Legato a te – Simone Cristicchi In te - Nek Atto di fede - Ligabue Vivere – Vasco Rossi Il cerchio della vita – Ivana Spagna Il figlio del dolore – Adriano Celentano Piccola storia ignobile – Francesco Guccini 48 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Appendice Scienza e religione non sono in contrasto, ma hanno bisogno una dell‟altra per completarsi nella mente di un uomo che pensa seriamente. (Max Planck) Non sempre ciò che vien dopo è progresso. (Alessandro Manzoni) Ho imparato dalla malattia molto di ciò che la vita non sarebbe stata in grado di insegnarmi in nessun altro modo. (Goethe) In democrazia nessun fatto di vita si sottrae alla politica. (Gandhi) La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi; lo costringe a studiarli più approfonditamente. (Antoine De Saint Exupery) Il segreto dell‟esistenza umana non sta soltanto nel vivere, ma anche nel sapere per che cosa si vive. (Fëdor Dostoevskij) 49 QUESTIONI DI BIOETICA: LA VITA TRA LE POSSIBILITÀ DELLA SCIENZA ED IL SENTIRE DELL’UOMO 27 - 30 Ottobre Prima o poi arriva l'ora in cui bisogna prendere una posizione che non è né sicura, né conveniente, né popolare; ma bisogna prenderla, perchè è giusta. (M.Luther King) La speranza è un rischio che bisogna correre. (Georges Bernanos) La sfida è affermare la nostra passione per la ricerca scientifica, che non può essere una corsa senza regole, e per la vita, che non può soggiacere all'ipertrofizzazione del desiderio che si trasforma in capriccio. (Carlo Bellieni, neonatologo) Siamo sicuri che a guidare la ricerca siano le umanissime finalità della terapia e non piuttosto le finalità del profitto internazionalmente collegato? In questo caso è vera la libertà della ricerca? (Mons. Elio Sgreccia) Chi insegnerà all‟uomo a morire, gli insegnerà a vivere. (Micheal De Montaigne) Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce ne è nessuna per cui sarei disposto ad uccidere. (Gandhi) A nessuno la vita è stata data in possesso, a tutti in usufrutto. (Lucrezio) Anche una vita breve è abbastanza lunga per vivere con virtù e onore. (Cicerone) Anche un pochino di vita ti è cara, quando sei alla fine della vita. (Charles Bukowski) Ci sono persone che non vivono la vita presente, ma si preparano con grande zelo come se dovessero vivere una qualche altra vita e non quella che vivono: e intanto il tempo si consuma e fugge via. (Antifonte) Colui che non rispetta la vita, non la merita. (Leonardo Da Vinci) Esistere significa "poter scegliere"; anzi, essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensí la miseria dell‟uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti egli si trova sempre di fronte all‟alternativa di una "possibilità che sí" e di una "possibilità che no" senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell‟altro. (Sören Kierkegaard) 50