Ultimo tango al Quirinale Frontalieri a piedi Il Paschi va... a monte

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Ultimo tango al Quirinale Frontalieri a piedi Il Paschi va... a monte
Anno V - Numero 291 - Sabato 10 dicembre 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Roma
Esteri
Storia
Morta per inseguire
gli scippatori
Corea del Sud
senza presidente
Grande Guerra,
eventi in tutta Italia
Sarra a pag. 5
Moriconi a pag. 9
Di Giorgi a pag. 8
TRA GENNAIO E FEBBRAIO NASCERÀ IL NUOVO MOVIMENTO, DESTRA UNITA PER LA SOVRANITÀ ITALIANA. OTTIMI I DATI SUL TESSERAMENTO
di Roberto Buonasorte
iciamolo con chiarezza,
se anche Donald Trump
prima di diventare inaspettatamente presidente
degli Stati Uniti d’America
si è sottoposto alle primarie, è maturo
il tempo di farle svolgere anche da
noi. Si obietterà che negli States
sono regolamentate per legge, certo,
ma nessuno ci impedisce di svolgerle
pur non essendo obbligatorie. D’altra
parte proprio Trump, se non vi fosse
stato questo strumento, difficilmente
i salotti o l’establishment lo avrebbero indicato quale candidato per
la Casa Bianca.
Esattamente come accadrebbe da
noi: avrebbero la strada sbarrata sia
Matteo Salvini che Giorgia Meloni,
per fare giusto due esempi.
Il centrodestra, anziché litigare su
quale legge elettorale approvare,
convochi subito le primarie - da celebrarsi entro gennaio -, vari le regole, inviti chiunque si trova da
questa parte del campo a presentarsi
con un proprio programma e chiami,
tutti insieme a raccolta, milioni di
italiani ad esprimersi. Chiunque risulterà vincente verrà appoggiato
con lealtà dagli altri.
In queste ore al Quirinale stanno
sfilando le delegazioni di partiti e
partitini, ognuno pensa di avere la
ricetta giusta; in realtà Mattarella,
da vecchio democristiano qual è,
sta pensando di allungare il brodo
sperando che passi la nottata e si
metta su un governicchio che tiri a
campare, il tutto per compiacere le
cancellerie e tranquillizzare Bruxelles
che ovviamente è terrorizzata dal
fatto che anche a Roma, dopo Washington e probabilmente Parigi,
possa arrivare lo tsunami.
Noi, per quanto ci riguarda, stiamo
concludendo il tesseramento a La
Destra in vista del congresso costituente che probabilmente terremo
già nei primi giorni di febbraio.
I dati sono incoraggianti.
Nel nord del Paese il dato più entu-
PRIMARIE SUBITO
D
Comunque andrà a finire ci sarà un Renzi più debole
siasmante riguarda il Veneto con
tutte le province in netto aumento
di iscritti, con le eccellenze che riguardano Rovigo e Treviso, ma bene
anche Verona e Padova.
Stazionaria la situazione in Liguria
con un leggero incremento a La
Spezia, bene il Piemonte con l’exploit
di Alessandria, andamento stabile
in Lombardia con l’aumento registrato a Monza e Milano e la massiccia adesione in Friuli. In Emilia Romagna aumentano le adesioni rispetto all’anno precedente a Parma,
CONSULTAZIONI: GENTILONI IN POLE POSITION
Ultimo tango
al Quirinale
Vignola a pag. 2
Rimini e Forlì mentre in Toscana
bene le province di Arezzo, Siena e
Grosseto. Stabili le Marche mentre
raddoppiano le adesioni a Perugia
così come nelle province di Latina
e Frosinone nel Lazio. Ottimo come
sempre il dato della provincia di
Roma, come buono risulta quello di
Pescara e l’Aquila in Abruzzo. Grandi
soddisfazioni arrivano dalla Puglia
con le province di Bari e Foggia in
testa, subito sotto Brindisi e bene
anche Taranto, lieve calo di iscritti
si registra invece a Lecce. Aumentano
le iscrizioni in Molise e Basilicata,
mentre si registra una flessione in
Calabria. Buono il dato della Campania anche se disomogeneo con
Napoli e Caserta che aumentano,
stabile Salerno e una retrocessione
nel beneventano. Buono, come sempre il dato della Sicilia, stabile quello
della Sardegna con l’eccezione di
Nuoro in lieve flessione.
Insomma un gran lavoro da fare
tutti insieme nelle prossime settimane, con gli amici di Azione nazionale e le tante persone e realtà
VENTIMIGLIA: CAOS MIGRANTI PENALIZZA CHI LAVORA
territoriali che in questi mesi ci hanno contattato.
Avanti dunque con coraggio ed
entusiasmo consapevoli che ci attende un domani forse migliore: il
bullo fiorentino tra un po’ sarà solo
un triste ricordo anche perché, comunque andrà a finire, sia che egli
verrà reincaricato, sia che sarà lui
stesso a indicare il suo successore
pro tempore, avremo un Renzi più
debole, dunque un’Italia più forte,
e per questo non ci sarà che da
festeggiare.
STOP ALLA DEROGA, L’EUROPA “VEDE” IL BLUFF
Frontalieri
a piedi
Il Paschi
va... a monte
Fruch a pag. 3
Zappa a pag. 4
2
8
Sabato 10 dicembre 2016
ATTUALITA’
LA CRISI POLITICA
Il “compromesso” è Gentiloni
Forza Italia dice no al sostegno ad un governo Pd. Si va verso l’incarico al ministro degli Esteri
senza cambi di maggioranza, per andare al voto a fine primavera. Oggi ultimo giro di colloqui
di Robert Vignola
A
veva detto di tenerlo in
freddo per gli affari correnti. Ma le correnti che
spirano sono di tempesta: eppure quelli del
governo Renzi si sono incontrati
ugualmente, a ranghi ridotti. Chissà
che non si sia intravista addirittura,
per ragioni di forza maggiore, la
vera natura del governo (di scopo,
di responsabilità nazionale o di
chissà cos’altro: decidete voi) che
verrà: mentre il Quirinale ospitava
i colloqui con i tanti gruppuscoli
parlamentari, il gioco vero si svolgeva a Palazzo Chigi. Dove il ministro degli esteri uscente Paolo
Gentiloni si è recato per ben due
volte nel corso della giornata, la
seconda incontrando anche Pier
Carlo Padoan, che si trova tra le
mani la bollentissima patata di
Mps, oltre al ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. La prima
invece Gentiloni ha avuto un incontro proprio con Matteo Renzi,
a confermare che magari non ci
sarà alcun reincarico per colui che
ora è diventato “solo” segretario
del Pd, ma la successione di stampo quasi dinastico con quello che
è stato il titolare della Farnesina è
la strada al momento più percorribile.
D’altronde, da parte di Forza Italia
nel corso della giornata erano arrivate da più parti dichiarazioni di
chiusura nei confronti dell’ipotesi
di un sostegno azzurro ad un esecutivo dalle intese più ampie della
maggioranza che ha tenuto fino al
3 dicembre. “In Parlamento una
maggioranza c'è già, ed è quella
che ha sostenuto Renzi in questi
anni”, ribadiva appunto Renato
Schifani. “A quest'ultima adesso la
responsabilità di sostenere un go-
verno di breve
durata, per consentire a tutte le
forze politiche di
trovare una ampia
intesa su una nuova legge elettorale, omogenea nei
due rami del parlamento, e ciò all'indomani del
pronunciamento
della Corte Costituzionale sul l'italicum”. In ciò fissando anche i
tempi, quelli che
a questo punto
porterebbe le lancette del ritorno
alle urne più
avanti, diciamo a
giugno. Il barricadiero Renato Brunetta faceva il resto, chiarendo che
non c’è più il margine per riconoscere all’ex premier diritto di cittadinanza nella stanza dei bottoni:
“Si formi un altro governo guidato
dal Pd. Noi resteremo all'opposizione e certo che se ci sarà un governo che accetterà le nostre pro-
poste per la gente - contro povertà
e immigrazione clandestina, per
un'Europa più solidale, risolvere finalmente il problema delle banche,
il problema Monte dei Paschi di
Siena che è ancora aperto - noi saremo pronti a fornire le nostre proposte dall'opposizione”. Ma “mai
e poi mai un appoggio da parte
nostra a qualsiasi governo di
marca Pd”. Mentre altero Matteoli
anticipa già il tema del colloquio
domani al Quirinale tra il Capo
dello Stato e la delegazione azzurra, guidata dal suo leader. “Berlusconi va da Mattarella sabato
alle 16, insieme ai presidenti dei
gruppi Romani e Brunetta. Al presidente dirà 'facciamo la legge e
poi si va a votare'. L'ho visto nei
giorni scorsi ad Arcore e questo
e' quello che andrà a dire”.
E allora oggi sotto con l’ultimo giro
di consultazioni: in mattinata con
Si-Sel, attesi nel pomeriggio Forza
Italia con il leader Silvio Berlusconi
e M5S, a chiudere il Pd per il quale
saranno al Colle Luigi Zanda, Ettore
Rosato, Lorenzo Guerini e Matteo
Orfini. Con Gentiloni ad aspettare,
altrove, una telefonata…
LE CONSULTAZIONI
La lista della spesa al Quirinale
Legge elettorale e forma della maggioranza: le posizioni dei gruppi. Netta la Lega: il popolo non vuole Renzi-bis, al voto il prima possibile
l giro di consultazioni di ieri
ha dato al presidente Mattarella
un quadro abbastanza eterogeneo delle indicazioni su come
uscire dall’impasse post referendaria. La delegazione più importante della giornata è stata
quella della Lega, salita al Colle
in serata. “Il popolo vuole votare
e non gradisce Renzi presidente
del Consiglio. Si deve andare al
voto il prima possibile”, ha detto
Giancarlo Giorgetti dopo l’incontro, sottolineando che “questa è
la posizione che emerge dal referendum”. Per poi ribadire un
concetto espresso da Matteo
Salvini fin dai primi minuti dopo
la chiusura delle urne, domenica
sera: “Non ci interessa la legge
elettorale. Basta che si voti il
prima possibile. Ci sono leggi
già usate che in un sol giorno
I
possono essere reinserite nell'ordinamento”. Nel pomeriggio
era stata la volta di Fratelli d’Italia.
“Fare una legge elettorale in pochissimi giorni, entro la fine dell'anno. Quindi scioglimento a
gennaio e voto entro marzo” è
la road map del partito, secondo
le dichiarazioni rese al termine
del colloquio da Giorgia Meloni,
accompagnata al Quirinale da
Ignazio La Russa e Fabio Rampelli. Per il resto, però, esiste un
vasto quadro che non ha fretta
di mandare il popolo italiano alle
urne. Il nodo è sempre quello
della legge elettorale, per la quale
Campanella (Si-Sel) ha auspicato
“un’ampia maggioranza” in Parlamento. Ne discende anche la
sostanza e l’orizzonte temporale
che dovrà avere il nuovo governo
che comunque Mattarella vor-
Giancarlo Girogetti (Lega)
rebbe varare in tempi rapidi. Favorevoli a sostenere un esecutivo
ampio si sono detti i rappresentanti di una serie di gruppi numericamente non consistenti:
dall’Italia dei Valori (che guarda
anche al rimettere in sesto i
conti) al “calderone” del Gruppo
Misto (“Il Governo non ha aggettivi, è un governo e basta. È
un governo da fare, e da subito,
partendo dalla maggioranza che
c'era e aprendo a altre forze.
Non possiamo più perdere tempo”, dice il capogruppo alla Camera Pino Pisicchio), passando
per Suedtiroler Volks Partei (con
Daniel Alfreider a sottolineare
che “occorre un governo che
vari una nuova legge elettorale
anche senza il verdetto della Consulta”). Insomma, le sensibilità
sono diverse: Flavio Tosi di Fare
non disdegna un Renzi-bis, per
Franco Dellai del Centro Democratico “serve una transizione
responsabile” senza smanie di
voto anticipato, in questo esprimendo un pensiero non dissimile
da quello di Pippo Civati, di Pos-
sibile (“Siamo pronti a andare a
votare, ma lo si faccia in condizioni di rispettare la volontà cittadini”). C’è anche chi guarda
già al dopo elezioni, come Rocco
Buttiglione dell’Udc: “Serve una
legge proporzionale, la prossima
SINDACATI SUL PIEDE DI GUERRA
Corpo forestale:
riparte la battaglia
nutile dire che, a occhio e
croce, la maggioranza degli
italiani ha festeggiato per la
caduta di Renzi. Tra le “vedove”
del governo senz’altro non figurano i sindacati del Corpo Forestale dello Stato, vittima di un
taglio netto, che ora si spera di
scongiurare proprio alla luce degli
effetti del semaforo rosso al referendum sulle riforme. "Ventidue
giorni per non morire: dopo la
caduta del governo Renzi fermiamo la soppressione del Corpo
Forestale",è l'appello, dal tono fin
troppo chiaro, lanciato ieri dalle
sigle di categoria del Cfs. Con
l’occasione è stata annunciata
per i prossimi giorni una conferenza stampa con successivo
presidio e assemblea in piazza, a
Roma.
"Le donne e gli uomini del Corpo
forestale dello Stato non fanno
'ponte' e anche oggi restano
I
mobilitati per impedire che tra
22 giorni siano cancellati e soppressi", si legge in un nota congiunta di Sapaf, Ugl-Cfs, Snf,
Fns-Cisl e Dirfor. "La crisi politica
figlia del No al referendum costituzionale, che i forestali hanno
appoggiato, rilancia la nostra
battaglia - affermano i sindacati
- e il nostro percorso di mobilitazione". Dunque, "martedì 13
dicembre, presso la Sala Conferenze di Montecitorio, dalle
ore 10 alle 11 terremo una
conferenza stampa - è detto nel
comunicato - nel corso della
quale illustreremo la 'road map'
per fermare, in 3 settimane, questa
scellerata riforma. Il giorno 15
dicembre, sotto Palazzo Vidoni,
sede del Ministero della pubblica
amministrazione, terremo un presidio e una assemblea di piazza
dalle ore 9.30 alle ore 14.30. Noi
non molliamo".
legislatura deve essere quella
della grande coalizione tra la sinistra democratica e i partiti che
fanno riferimento al Ppe in Italia:
su questo lancio un appello a
Silvio Berlusconi”. Sarebbero
senz’altro della partita di un governo a larga maggioranza i Socialisti di Nencini, Vaccaro di Idea
e il Gal di Ferrara, secondo cui
però “non aspettare le conclusioni
della Corte sarebbe una violazione
del principio di lealtà”.
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Sabato 10 dicembre 2016
ATTUALITA’
ENNESIMO EFFETTO COLLATERALE DEL CORTO CIRCUITO DELL’ACCOGLIENZA NEL PONENTE LIGURE
Un bus chiamato desiderio
I controlli al confine per bloccare i migranti penalizzano i frontalieri italiani.
Iachino (Progetto Ventimiglia): “Trasporto su gomma unica soluzione, lavoratori disponibili ad accollarsi le spese”
di Barbara Fruch
R
ischiano di perdere il
posto di lavoro. Motivo?
Il trasporto. Una situazione al limite del paradossale quella che
coinvolge migliaia di italiani residenti nel Ponente ligure, nei
dintorni di Ventimiglia.
Loro hanno deciso di continuare
a vivere nella loro nazione, l’Italia.
Ma ad offrirgli un’occupazione
è l’estero. In particolare il principato di Monaco. Ed ecco che
sono costretti giornalmente a
sobbarcarsi il tragitto dalla loro
casa al posto di lavoro.
Un viaggio che per molti è diventato un problema. L’orario, quello
dei treni, spesso non gli permette
di arrivare puntuali. Ai classici ‘ritardi’ si aggiunge il problema migranti: con i controlli alle frontiere,
proprio per evitare che gli stranieri
cerchino di intrufolarsi illegalmente nel paese d’oltralpe.
Una soluzione ci sarebbe. Un servizio di trasposto su gomma che è
stato già proposto, come spiega
Carlo Maria Iachino, presidente e
consigliere comunale di ‘Progetto
Ventimiglia’. “Il bus serve a fronteggiare gli orari di alcuni lavoratori, vi è ad esempio chi prende
servizio la mattina presto oppure
chi stacca la sera tardi, orari che
non sono compatibili con quelli
dei treni. Sono costretti ad usare
le macchine, ma non tutti hanno
questa possibilità”.
Ed ecco che, agli italiani che già
hanno perso il lavoro, se ne potrebbero aggiungere gli altri. “I
monegaschi già preferiscono assumere i francesi, oltre agli stessi
concittadini, se a ciò si aggiungono
anche le difficoltà oggettive dei
nostri conterranei, la situazione
diventa ancor più grave”. E poi
ricorda: “Negli anni sono già stati
persi parecchi posti di lavoro,
sono diverse le fabbriche d’oltre
confine che hanno chiuso i battenti
lasciando a casa gli operai”.
Le occupazioni insomma vanno
salvaguardare ad ogni costo. Anche se le spese, ricorda il consigliere, verrebbero in gran parte
sostenute proprio dai lavoratori.
“I frontalieri sono disposti a pagare
gran parte dei costi. Con un aiuto
della regione si potrebbero inserire le corse, ne basterebbero alcune la mattina e alcune la sera”.
Orari, puntualizza Iachino, che andrebbero poi studiati in base alle
esigenze. “È ovvio che non si può
pensare ad un trasposto per due
o tre persone. Ma qui si sta parlando di migliaia di persone che
si spostano giornalmente. Per un
autobus da 50/60 posti i frontalieri
sono pronti a sostenere tre quarti
di spesa, pur di veder salvaguardata la loro occupazione, e pur di
non sobbarcarsi un trasposto in
auto, a cui poi si deve aggiungere
pure il posteggio a pagamento”.
Una questione che, comunque,
non è nuova. In passato infatti,
continua il consigliere, “se ne è
occupato anche l'assessore
regionale ai Trasporti Gianni Berrino”. In un comunicato pubblicato a luglio
scorso infatti lo stesso Berrino, condividendo la proposta avanzata dall’amministrazione comunale
di Ventimiglia, aveva sostenuto che tale servizio
poteva essere “economicamente sostenibile oltre
che molto utile per i nostri
lavoratori” ed aveva provveduto a “inoltrare formale richiesta autorizzativa di attivazione al ministero dei Trasporti che
auspichiamo possa risponderci nel più breve tempo
possibile”.
Tutto bene? Non proprio, almeno
al momento. Quella richiesta si
è arenata nei meandri della burocrazia. Ma ora pare ci sia uno
spiraglio di luce. “Da voci pare
che la situazione si stia sbloccando” spiega Iachino.
Una situazione, ci tiene a precisare, che non coinvolge solo Ventimiglia. “Ci sono tantissimi frontalieri anche in atre zone di confine, come Como, Udine o Bolzano, solo per fare alcuni esempi”.
Cittadini che decidono di continuare a vivere in Italia, anche se
ciò a volte gli crea non pochi
problemi. “Si tratta di persone
che lavorano all’estero ma continuano a spendere in Italia – sottolinea – Qualcuno ha scelto di
trasferirsi in Francia, perché gli conviene, paga
meno tasse. Sono tanti gli
esempi di uomini e donne,
anche giovani, che hanno
deciso di andarsene”.
Ma il problema, rimarca,
ora è anche un altro. “Chi
decide di rimanere rischia
il posto. E perdere il lavoro
di questi tempi è drammatico, soprattutto a Ventimiglia, realtà già duramente colpita dalla crisi economica. Sono tante le attività che
hanno chiuso”. A ciò, conclude il
consigliere, si aggiunge anche il
problema della sicurezza. “La popolazione è sofferente: rapine e
furti sono frequenti”, segnala, ricordando il problema migranti
che “non si accontentano di essere
Carlo Maria Iachino
mantenuti, non potendo andare
altrove. Tentano ogni giorno di
passere la frontiere ma, individuati,
vengono rispediti in Italia”.
In questo quadro, il Paese non è
capace neppure di dare una
mano ai frontalieri. Basterebbe
una risposta. Che però tarda ad
arrivare.
L’INVITO AI COMUNI
Documenti agli extracomunitari? Il Veneto dice ‘no’
Il sindaco di Oderzo: “Insufficiente basarsi sulle generalità dichiarate, non sappiamo chi sono e a gran parte
di loro non sarà riconosciuto lo status di rifugiato”. E Zaia invita gli altri primi cittadini a seguire l’esempio
ran parte dei migranti non
hanno diritto all’asilo politico.
Ma ciò si saprà solo tra diversi mesi. Intanto però, non sapendo chi sono e da dove vengono,
perché dovrebbero ottenere la carta
d’identità? A sollevare la questione
è il Presidente della Regione Veneto
Luca Zaia, invitando a seguire la
strada indicata dal sindaco di Oderzo
(Treviso), Maria Scardellato,che ha
deciso di non rilasciare il documento
ai sedicenti profughi. “Questi signori
sono richiedenti asilo - spiega il
Governatore - Tra un anno, un anno
e mezzo, avremo una risposta se
sono profughi oppure no e la stati-
G
stica ci dice che per due su tre non
ci sarà il riconoscimento dell’asilo
e che sarà impossibile rimandarli a
casa. Allora io mi chiedo per quale
motivo dobbiamo dare una carta
d’identità in mano a una persona
che comunque si rischia che non
sia un profugo. I profughi veri precisa - hanno le porte aperte,
quelli che sono scappati dalla morte
e dalla fame, non quelli che arrivano
con lo smartphone in perfetta forma
fisica”. Il Governatore quindi ricorda
l’iniziativa della Scardellato che,
contrariamente alla legge vigente,
ha negato il rilascio della carta
d’identità a chi si presenta in Comune
Luca Zaia e Maria Scardellato a Oderzo
per richiedere il documento con un
permesso di soggiorno temporaneo.
“Spero che l’esempio del primo cittadino venga colto da tutti – spiega
Zaia – Non dare la carta d’identità è
un'ottima forma di contrapposizione,
dura ma legale, alla gestione di
questo fenomeno”.
Ovviamente sul caso è immediatamente intervenuto Il Viminale.
“Scardellato nel momento in cui
non concede il documento infrange
la legge, perché disattende un suo
dovere rispetto al diritto di un altro
cittadino, che sia italiano o extracomunitario – commenta il prefetto
Mario Morcone, capo del Dipartimento Immigrazione del Viminale
- Le leggi vanno rispettate da tutti,
primi cittadini e funzionari”.
Secondo un decreto legislativo del
2015, che recepisce le direttive comunitarie in combinato al Testo
unico per l’immigrazione, la carta
d’identità può essere richiesta se lo
straniero è ospitato per tre mesi
consecutivi in un centro di accoglienza (dove otterrà la residenza),
sulla base dei dati anagrafici e proprio
del permesso di soggiorno temporaneo rilasciato dalla questura. Anche
se, come ricorda in un articolo il
Corriere del Veneto, si tratta di un
documento che ha durata limitata:
se lo status viene negato il soggetto
non ha più titolo al documento. Un
riconoscimento comunque che, ricorda il primo cittadino di Oderzo,
diventa un pericolo per la sicurezza
dei cittadini. “Secondo me è un’assurdità, è insufficiente basarsi solamente sulle generalità dichiarate
dalla persona, sulla fotografia e sul
rilievo delle impronte digitali – spiega
il sindaco a Reteveneta – perché
non sappiamo la storia precedente
di chi arriva qui. È assurdo oltre al
mantenimento riconoscere anche i
servizi sociali a favore di persone
che nella maggior parte dei casi non
otterranno lo status di rifugiato.
Quindi solo in seguito si riconoscerà
che non avevano diritto di attingere
a delle risorse, che però gli sono
state già concesse, togliendole a chi
aveva diritto”. Maria Scardellato
quindi chiede certezze, le stesse certezze che pretende anche in merito
all’ex caserma Zanusso dove sono
ospitati quasi 400 migranti (ne do-
vevano essere accolti ‘solo’ 144),
alcuni dei quali dormono in tende
che dovevano essere temporanee.
“Eppure sono passati due mesi e
sono ancora lì”, spiega Scardellato
che vorrebbe capire il numero degli
stranieri alloggiati e in quali condizioni,
richiedendo tra l’altro come mai il
Comune non possa usare parte della
palazzina (che dovrebbe essere svincolata dal centro accoglienza). “Ho
chiesto di fare un sopralluogo –
conclude – perché una soluzione
B.F.
tecnica può essere trovata”.
L’EMERGENZA
Il meteo peggiora, ma gli arrivi continuano
li sbarchi di migranti in
Italia continuano ad aumentare in modo esponenziale. Secondo Frontex,
l’Agenzia Ue per il controllo
delle frontiere, sono stati 13.740
gli stranieri arrivati nel nostro
paese a novembre, “la maggior
parte dei quali cittadini di Nigeria
e Guinea”. Una cifra, ricorda
l’agenzia, pari alla “metà” degli
G
arrivi di ottobre “ma il numero
è quattro volte maggiore rispetto
allo stesso mese del 2015”.
Dietro gli arrivi le organizzazioni
criminali che, nonostante le condizioni meteo non favorevoli,
incentivano le partenze. “Anche
quando il meteo è peggiorato
vicino alla costa libica – spiega
Frontex – i trafficanti di esseri
umani hanno continuato a co-
stringere grandi gruppi di migranti a mettersi in mare su
imbarcazioni non adatte, mettendoli in grave pericolo”.
Analizzando il totale dei migranti
che ha intrapreso la rotta del
Mediterraneo nei primi 11 mesi
dell’anno il numero sale quindi
a 173mila, “circa un quinto in
più dello stesso periodo del
2015”.
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Sabato 10 dicembre 2016
ATTUALITA’
FRANCOFORTE HA RESPINTO LA RICHIESTA DI PROROGA SULL’AUMENTO DI CAPITALE
Mps, la Bce chiude le porte: il Tesoro le apre
Vertice al ministero dell’Economia tra Padoan, Morelli e Falciai. Si va verso un nuovo aiuto pubblico
Il niet dell’Eurotower per fare pressioni affinché lo Stato intervenga per salvare Siena
di Marco Zappa
M
onte dei Paschi, colpo
di scena. La Banca
centrale europea ha
respinto la richiesta
dell’istituto di credito
senese volta ad ottenere una proroga (dalla scadenza del 31 dicembre) di 20 giorni - dopo il risultato del referendum e le dimissioni di Renzi - sui tempi dell’aumento di capitale da 5 miliardi.
Una mossa decisamente inaspettata, che sarebbe dettata dalla volontà dell’Eurotower di fare pressione sul Tesoro affinché intervenga
per salvare Rocca Salimbeni.
Un fulmine a ciel sereno che ha
letteralmente spiazzato i vertici del
gruppo toscano. Costretti a precipitarsi ieri mattina (attraverso l’amministratore delegato Morelli e il
presidente Falciai) a una riunione
fiume svoltasi al ministero dell’Economia alla presenza di Padoan e
degli advisor Jp Morgan e Mediobanca. Fonti del Mef hanno precisato che l’incontro è servito per
fare “il punto sulla situazione” e
non per parlare di un eventuale
decreto da emanare per lanciare
il paracadute a Mps. Pretattica. Perché per banca rossa è ormai im-
minente l’ennesimo salvataggio di
Stato per mettere in sicurezza l’istituto tanto caro alla sinistra.
Con il responso negativo di Francoforte i tempi adesso sono davvero
stretti. La ricapitalizzazione in via
autonoma dovrebbe infatti avvenire
entro la fine dell’anno. Ma senza
gli investitori, fondo sovrano di
Doha in testa, che dopo l’esisto del
referendum si sarebbero sfilati anche a causa dell’instabilità politica,
la strada obbligata sembra essere
quella di un intervento pubblico.
TRECENTO MILIONI DI EURO ALL’ANNO PER SALDARE LE MULTE
Secondo le indiscrezioni raccolte
da autorevoli fonti finanziarie il decreto potrebbe essere varato entro
lunedì e dovrebbe riguardare, oltre
al Monte dei Paschi, l’intero settore
bancario. L’ipotesi più probabile
è quella di un rafforzamento patri-
moniale cautelativo (possibilità
prevista dalla direttiva sul bail-in
in caso di istituti in difficoltà e
bocciati agli stress-test) tramite
“burden sharing”. E quindi attraverso una condivisione degli oneri,
a carico di azionisti e obbligazionisti subordinati, che verrebbero
azzerati. Uno scenario che riporta
la mente al 22 novembre 2015
quando per salvare Etruria, Marche, Carichieti e Carife, ad oltre
130mila risparmiatori vennero sottratti indebitamente i risparmi di
una vita.
Ma c’è chi parla pure di una riforma
totalmente rivista sulle Popolari,
formulata ex novo dopo la bocciatura del Consiglio di Stato per
sospetta incostituzionalità sul diritto
di recesso ai soci contrari.
Siena viaggia verso l’ennesimo intervento pubblico. Con la ricapitalizzazione che potrebbe addirittura superare i 5 miliardi per via
delle numerose sofferenze bancarie che il gruppo è costretto ad affrontare. A cui dovranno partecipare, con ogni probabilità, anche i
titolari delle obbligazioni subordinate emesse da Mps. Un incubo
che torna a materializzarsi perché
la banca della sinistra non può morire. Né ora né mai.
CEDUTI A PIMCO CREDITI IMMOBILIARI PER 1,3 MILIARDI
Ancora cessioni per UniCredit
Infrazioni europee,
all’Italia il triste primato A
Risorse sottratte alle casse pubbliche che limitano
I sacrifici per centrare autonomamente la maxi-ricapitalizzazione continuano
ulteriormente la spesa per gli investimenti
T
recento milioni di euro
buttati ogni anno per
saldare le multe europee. Un gruzzolo importante
di soldi che il nostro Paese
potrebbe risparmiare se solo
rispettasse le regole. E invece
no. Siamo ancora uno degli
Stati membri con il maggior
numero di procedure aperte.
Tra i primissimi posti di una
poco speciale classifica.
Cornuti e mazziati. Perché la
sudditanza italiana alla Troika
viene “ripagata” con sanzioni
a non finire. Questo il ringraziamento per un innegabile
atteggiamento servile verso
l’Europa dimostrato in tutti questi anni dai governanti di Palazzo Chigi, che hanno risposto
più agli interessi stranieri che
a quelli nazionali. E questo è
il premio ricevuto. Una quantità
incredibile di risorse sottratte
alle casse pubbliche (per rimpinguare quelle europee) che
limita ulteriormente la spesa
per gli investimenti.
A luglio 2016 erano 82 i casi
in totale che riguardavano il
Belpaese: 60 per violazione
del diritto dell’Ue e i restanti
22 per mancato recepimento
di direttive. E il dato, in questi
cinque mesi, è cresciuto ulte-
riormente. Certo, se confrontato a quello di qualche anno
fa la situazione è sicuramente
migliorata. Ma non basta. Visto
e considerato pure che dal
1952 ad oggi, l’Italia è la nazione che è finita più spesso
davanti alla Corte di giustizia
europea con quasi 700 ricorsi
per inadempimenti. Nessuno,
neanche a dirlo, è riuscito a
fare peggio di noi. E la cosa
più sconcertante è che ci ritroviamo obbligati a pagare
multe costosissime per via di
mancate risposte ai reclami
inviatici. Questione dunque di
pigrizia, approssimazione, arroganza, incuranza.
Per limitare al minimo le infrazioni, la rappresentanza italiana a Bruxelles ha messo a
punto un “vademecum”. Indirizzato alle amministrazioni
per evitare ulteriori contenziosi
e chiudere il prima possibile
quelli aperti. Trentadue pagine
per spiegare dettagliatamente
come evitare altre beffe. Con
la speranza che questa “guida” possa mettere fine a uno
spreco di denaro inspiegabile.
Specialmente per un Paese
in crisi, alla prese con povertà
M.Z.
e disoccupazione.
ncora cessioni per UniCredit
al fine di riuscire a centrare
autonomamente la super
ricapitalizzazione da (quasi) 20
miliardi di euro. Dopo il sacrificio
del 32,8% del pacchetto azionario
di Pekao (passata per 2,4 miliardi
ai polacchi di Pzu e Pfr), è arrivata
la vendita a Pimco di un portafoglio
di crediti immobiliari (operazione
già annunciata nel 2015 ed entrata
ora nella fase operativa) che porterà nelle casse 1,3 miliardi. L’intesa prevede che gli investitori
rilevino la gestione del pacchetto,
attraverso la controllata Aurora
Recovery Capital (Arec), allo scopo
di aumentare l’efficienza nell’amministrazione di titoli immobiliari
a medio e lungo termine. Entro
metà dicembre la prima tranche
sarà trasferita al veicolo per la
cartolarizzazione. E non è tutto.
Perché Amundi avrebbe infatti intenzione di cedere azioni vicine ai 2
miliardi per sostenere l’acquisto di
Pioneer. Con l’azienda francese che
sarebbe prossima a un aumento di
capitale volto proprio a condurre in
porto l’operazione. Ma l’eventuale
rafforzamento patrimoniale potrebbe
portare a una riduzione dell’attuale
quota del 75,4% di Crédit Agricole
(che non vorrebbe partecipare all’operazione) nel capitale del gestore
transalpino. Continuano ad aumentare le operazioni a favore del rilancio
per l’istituto di credito di Piazza Gae
Aulenti, che culla il sogno di tornare
alla ribalta attraverso una ricapitalizzazione senza precedenti. E soprattutto, senza aiuti: di Stato.
5
Sabato 10 dicembre 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
RITROVATO IL CADAVERE DELLA RAGAZZA CINESE, IMMORTALATA DALLE TELECAMERE DI UN’AZIENDA. MA LE IMMAGINI NON SONO CHIARE
Inseguiva i ladri, muore sulla ferrovia
Si spengono a Roma i sogni di Zhang Yao, arrivata per frequentare un corso all’Accademia delle Belle Arti
di Giuseppe Sarra
n sogno... Roma. La Capitale era un’opportunità
per Zhang Yao e, una volta
raggiunta, mai avrebbe
potuto immaginare di morire. La 20enne cinese, arrivata per
frequentare un corso all’Accademia
delle Belle Arti di via Ripetta, s’è
spenta per cause ancora da accertare. Ci sarebbe una certezza: la ragazza sarebbe stata derubata della
sua borsa, dove conteneva, secondo
quanto rivelato dagli amici, poco
più di mille euro.
“Aiuto. Sto inseguendo tre uomini
che mi hanno strappato la borsa,
uno è di colore, gli altri due sono un
po’ più chiari”, queste sarebbero le
sue ultime parole al telefono prima
che cadesse la linea all’amica con
cui condivideva l’appartamento in
zona Don Bosco. Il suo cellurare è
squillato a vuoto fino alle 18 di lunedì.
Poi risulta staccato. Si riaggancerà
solamente il giorno dopo in zona
piazza Vittorio.
L’ultima immagine delle telecamere
di sorveglianza dell’ufficio Immigrazione ha ripreso la ragazza mentre
lasciava la sede di via Patini.
Quasi sicuramente la ragazza avrebbe subito un’aggressione durante il
tragitto di ritorno. Come è noto, a
pochi passi da lì sorge uno dei campi
rom più pericolosi della Capitale:
quello di via Salviati, ma la zona è
ben circondata da baraccopoli e da
edifici abbandonati dove vivono
sbandati, drogati, immigrati e clochard. I cosiddetti invisibili di una
città di cui spesso non si conosce
nemmeno le identità.
Il cadavere è stato scoperto in via
Sansoni a Tor Sapienza. Il corpo
era in un cespuglio lungo la linea
ferroviaria che costeggia il campo
U
Zhang Yao, scippata nei pressi dell’ufficio Immigrazione, vicino al campo rom di via Salviati; a destra il fotogramma dove si vede la ragazza ferma davanti al treno
nomadi via Salviati.
Intanto una telecamera posta su un
capannone industriale nella zona di
via Salviati avrebbe ripreso la sua
morte: nel filmato, oltre alla ragazza,
si intravedono anche “tre ombre in
movimento”.
Una prova che confermerebbe la
versione della vittma che chiese
aiuto alla sua amica, la quale poi
diede l’allarme alla polizia. Ma la
qualità delle immagini è scarsa e
quindi non mancano le difficotà per
individuare i tre delinquenti.
Secondo i primi accertamenti degli
investigatori, la ragazza avrebbe seguito gli aggressori fino alla massicciata che costeggia la ferrovia.
Durante la sua corsa, però, sarebbe
stata travolta da un treno in transito.
Anche da un primo esame del ca-
davere, infatti, risultano compatibili
le ferite con un impatto violento.
Ma se qualcuno l’avesse spinta contro
il treno in corsa? Gli inquirenti non
escludono nessuna ipotesi.
“Nella serata di giovedì - ha spiegato
la questura di Roma - il personale
di una ditta con sede nei pressi della
stazione ferroviaria Tor Sapienza,
dopo aver visto un servizio televisivo
sulla scomparsa della ragazza cinese,
si è ricordato di aver sentito, nel
giorno in questione, delle voci provenire dai binari, come di persone
che si stessero rincorrendo”.
E le immagini delle telecamere dell’azienda, ha aggiunto la questura
di Roma,“hanno confermato la presenza di una ragazza deceduta vicino
ai binari, in una zona difficilmente
accessibile. Sono stati pertanto av-
visati i Carabinieri della Stazione di
Tor Sapienza che, avendo ricollegato
l’episodio alle ricerche della giovane
scomparsa in atto da parte della Polizia di Stato, hanno avvisato la Squadra Mobile. Sul posto è stato rinvenuto il corpo, tra i rovi, in un luogo
difficilmente raggiungibile e visibile
dall’esterno”.
Sulla misteriosa morte è stato aperto
un fascicolo dalla procura di Roma,
coordinato dal pm Pierfilippo Laviani,
nel quale si ipotizzano i reati di sequestro di persona e di rapina.
Non riescono a fermare le lacrime i
genitori di Zhang Yao.“Siamo distrutti
dal dolore”, avrebbero detto a chi
ha avuto modo di parlare con loro
per qualche istante. Sono stati proprio
i genitori a effettuare ieri mattina il
riconoscimento del corpo della figlia,
IL DIETROFRONT
Berdini aggiusta il tiro
L’assessore si autoconferma fino al 2021 e dà la colpa ai media
Ma sullo Stadio della Roma non c’è sintesi con la Raggi
al possibile divorzio al
matrimonio eterno. L’assessore all’Urbanistica e
ai Lavori pubblici, Paolo Berdini,
sembra smorzare i toni degli
ultimi giorni per lo scontroconfronto interno alla maggioranza comunale sul nuovo
Stadio della Roma e torna a
giurare amore al sindaco di
Roma, Virginia Raggi, e ai 5
Stelle.
“Resterò a fare l’assessore per
tutti e 5 gli anni, lo dico per
tranquillizzare tutti i giornalisti
presenti”, ha scandito Berdini
partecipando ieri alla presentazione del libro “Rome. Nome
plurale di città”, di Bordeaux
edizioni.
“Dalla Giunta fino all’ultimo
dei consiglieri, questi 29 ragazzi
che conosco ormai tutti come
piccoli fratelli, sono persone
sensibili che hanno a cuore
questioni come il diritto al-
D
l’abitare. Forse sono inesperti,
ma guardate che fine ci hanno
fatto fare quelli che erano esperti”, ha aggiunto Berdini.
Quindi l’impasse amministrativa, i malumori tra i pentastellati
e i siluri sganciati dai parlamentari grillini contro l’amministrazione Raggi? Mistero.
Ovviamente Berdini ha alzato
il tiro sui media: “C’è una pressione infernale, un killeraggio
che dà fastidio alle persone
per bene come noi”.
Eppure la posizione dell’assessore sembrava da giorni in
bilico, e proprio l’altro ieri lo
stesso Berdini in un’intervista
ha annunciato una sorta di ultimatum: “O lo stadio della
Roma si fa senza torri o lascio”,
ritenendo un paradosso il “no
alle Olimpiadi del mattone”,
mentre lui era favorevole purché
straziato dopo essere stato investito
da un treno.
Vicinanza ai familiari e a tutta la comunità cinese è stata espressa dal
sindaco di Roma, Virginia Raggi, in
un tweet: “La sicurezza va garantita
a chiunque viva nella nostra città”.
Ma sui social network si è scatenata
la rabbia della popolo della Rete. In
molti hanno ricordato l’omicidio di
Giovanna Reggiani, picchiata e poi
morta dopo l’aggresione nei pressi
della stazione di Tor di Quinto il 30
ottobre del 2007, per il quale Romulus Nicolae Mailat sta scontando
l’ergastolo in Romania, ma anche le
tantissime violenze sessuali subite
da turiste e romane nella Capitale.
Un’escalation di reati che fotografano
l’insicurezza percepita nella Città
Eterna.
VITERBO: MESI DI FUOCO AL CARCERE MAMMAGIALLA
il Villaggio olimpico non sorgesse a Tor Vergata - e il “sì al
progetto Tor di Valle leggermente ritoccato”: “Non si tengono in piedi? Non c’è equilibrio”.
Lo scontro sul nuovo Stadio
della Roma si protrae da giorni.
L’assessore vorrebbe cambiare
la delibera sul pubblico interesse approvata da Marino
mentre al resto della maggioranza capitolina e anche del
direttorio nazionale dei 5 Stelle
andrebbe bene pure qualche
modifica.
Ma a concentrare le attenzioni
sul Campidoglio ci aveva pensato Roberta Lombardi, deputata romana grillina, criticando chiaramente la mancanza di programmazione della
Raggi, la quale ha preferito un
“no comment” al riguardo,
supponendo addirittura che
Mafia Capitale sarebbe ancora
presente al Comune: “Viste
certe dinamiche, direi proprio
di sì”.
Intanto ieri è toccato all’assessore alle Politiche Sociali,
Laura Baldassare, smentire le
possibili dimissioni di Berdini.
L’aria è cambiata da un giorno
G.S
all’altro?
La polizia penitenziaria
pronta alla protesta
i fa sempre più forte la
tensione che da mesi
serpeggia tra gli agenti
della polizia penitenziaria in
servizio presso il carcere di
Mammagialla.
Dopo mesi di segnalazioni
circa il pessimo stato operativo
del penitenziario, i dirigenti
delle associazioni di categoria
Sappe, Osapp, Uilpa, Uspp e
Cgilfp hanno recentemente firmato un documento nel quale
si annuncia un nuovo inasprimento dello stato di agitazione
dei secondini. Alla base della
protesta c’è il costante e crescente sovraffollamento nel
quale versa il carcere, con ben
160 detenuti in esubero, che
mina gravemente lo stato di
sicurezza della struttura e dei
suoi operatori, dotati di numeri
e mezzi insufficienti al mantenimento dell’ordine.
Pochi giorni fa un detenuto
ha appiccato un incendio nella
struttura, incitando gli altri
S
carcerali alla rivolta, mentre
risale a domenica scorsa l’ultimo tentativo di rogo all’interno
di una cella. Pillole di una
quotidianità diventata ormai
insostenibile. “Sappe, Osapp,
Uilpa, Uspp e Cgilfp - si legge
nel documento diffuso dalle
associazioni - visto l’ennesimo
episodio verificatori, domenica
pomeriggio, che si aggiunge
ai gravi eventi critici accaduti
nell’ultimo periodo, per far
fronte ad atti di protesta eclatanti e pericolosi, che si ripercuotono sul personale di polizia penitenziaria, intendono
inasprire lo stato di agitazione
per l’istituto di Viterbo, già
esistente a livello regionale”.
Come primo atto dimostrativo, il personale ha deciso
di astenersi dalla mensa del
penitenziario, mentre è stata
annunciata per il 12 dicembre
una manifestazione davanti
ai cancelli dell’istituto penitenziario. Alessandro Bruni
6
Sabato 10 dicembre 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
LA COMUNITÀ CONTINUA A CHIEDERE SPAZI PER PREGARE
Ostia, un’altra protesta dei musulmani
Sul litorale i fedeli di Allah sono stati sfrattati dall’ex colonia Vittorio Emanuele. Non avrebbero
un contratto regolare dal Comune, che ora rischia di rispondere di danno erariale
di Giuseppe Sarra
L
a comunità islamica, dal
canto suo, ha presentato
un ricorso al Tar del Lazio
per impugnare il verbale
che ha poi portato al se-
questro.
L’Islam romano continua a manifestare per la chiusura delle moschee
ritenute abusive dalle forze dell’ordine. Ieri una settantina di fedeli
di Allah si sono inginocchiati rivolgendosi verso La Mecca in piazza
dei Ravennati sul pontile di Ostia,
disponendo un lungo tappeto ai
piedi del cippo marmoreo che ricorda l’opera della bonifica.
Una preghiera sotto il controllo di
un imponente dispiegamento di
uomini e mezzi delle forze di polizia,
con diversi agenti in borghese e
camionette dei carabinieri in assetto
anti-sommossa.
“Siamo qui per pregare e non per
protestare - ha ribadito Youssef Al
Moghazi, direttore dell’Istituto di
Culto islamico di Ostia - ma vogliamo lanciare anche un messaggio: chiudere le moschee non ci
farà smettere di pregare e noi musulmani questo lo possiamo fare
ovunque nel mondo”.
Un’iniziativa a cui hanno partecipato
altre comunità islamiche romane,
arrivate dai quartieri di Centocelle
e Prenestino dove sono stati apposti
i sigillli in diversi centri di culto.
“C’è bisogno di maggiore attenzione per i nostri luoghi di culto”,
ha spiegato Francesco Tieri, italiano
convertito all’Islam e portavoce del
coordinamento delle associazioni
islamiche del Lazio, il quale ha incontrato gli assessori capitolini Berdini e Baldassare per “far rispettare
quello che è un nostro diritto”.
Dunque resta alta la tensione nella
Città Eterna. Ad accendere i riflettori è stato Fabio Sabbatani Schiuma, capogruppo nel Municipio V
di Noi con Salvini, che ha promosso
una petizione popolare, sottoscritta
anche Marion Le Pen (Front National), per chiedere all’Assemblea
capitolina il ritiro della concessione
del minisindaco pentastellato con
la quale si assegna ai musulmani
la palestra, frequentata da una società calcistica di ragazzi, di via
Policastro 45.
Sempre Schiuma ha denunciato sia
l’acquisto di un ex mobilificio a
Centocelle di quattro piani per
quattro milioni di euro da parte
della comunità musulmana che presunti lavori abusivi in alcuni garage
del municipio che metterebbero
“a rischio la stabilità dei palazzi”.
Segnalazioni che hanno spinto le
forze dell’ordine a mettere in campo
una task force su tutto il territorio
romano. Proseguono le indagini
anche sulla concessione dei locali
al centro culturale islamico ospitato
negli spazi sotterranei dell’ex colonia Vittorio Emanuele. La moschea
sarebbe priva di un contratto regolare da parte del Comune di
Roma, che ora potrebbe essere
chiamato a rispondere di danno
erariale.
La comunità islamica, dal canto suo,
ha presentato un ricorso al Tar del
Lazio per impugnare il verbale che
ha poi portato al sequestro.
Durante la preghiera di ieri, infatti,
Youssef Al Moghazi ha spiegato
che “stiamo cercando un altro posto
da affittare o comprare”.
“Abbiamo chiesto al Comune di
poter usufruire dei locali nella ex
Colonia Vittorio Emanuele ancora
per un po’, per permetterci di trovare un’alternativa come luogo di
culto e per le attività che svolgiamo:
i corsi di lingua italiana e araba.
Noi lavoriamo per favorire il dialogo
e l’integrazione, così certo è difficile.
Non siamo abusivi, i problemi di
sicurezza riscontrati nella moschea
potevano essere risolti - ha concluso
-. Se era questione di estintori si
poteva rimediare, invece ci hanno
sfrattati”.
DAL LITORALE
Centri di cure primarie,
sit-in contro Asl e Regione
ontinua la querelle tra
gli abitanti del litorale
romano, l’Asl Rm3 e
la Regione Lazio per la chiusura nottura, dal 19 dicembre, dalle 20 alle 8 dei nuclei
di cure primarie di Fiumicino, Fregene e Casal Bernocchi a causa del trasferimento del personale infermieristico all’ospedale
Grassi di Ostia. Saranno
due le manifestazioni di
protesta, rispettivamente a
Fregene e Fiumicino, contro
la chiusura dei centri di primo intervento organizzate
dalle forze politiche di centrodestra e da associazioni
cittadine.
La prima, martedì 13 dicembre, alle 16, davanti
l’ex pronto soccorso di Fregene, in viale della Pineta.
Sabato 17, alle 10, invece
davanti al Centro di cure
primarie di via Coni Zugna
a Fiumicino.
Non solo, tra le iniziative
C
messa in campo anche una
petizione lanciata dalle associazioni Vivere Fregene,
Comitato Cittadino 2.15 e
Confcommercio Fiumicino.
Al fianco dei cittadini e contro la Regione Lazio guidata
da Nicola Zingaretti (Pd) si
è schierato anche l’ex vicepresidente della giunta di
Piero Marrazzo e attuale sindaco di Fiumicino, Esterino
Montino (nella foto).
“Se la Asl non torna indietro
e dovesse persistere nella
decisione sconcertante e
nel suo atteggiamento di
chiusura dei presidi, senza
nemmeno discuterne con
chi, come il Sindaco, rappresenta comunque l’autorità sanitaria locale a tutela
dei diritti dei cittadini residenti, mi vedrò costretto mio
malgrado a rivolgermi alle
autorita' competenti per segnalare una probabile violazione del dettato normativo
richiamato in merito alla garanzia del livello essenziale
di assistenza ‘Continuità assistenziale’”, ha denunciato
il primo cittadino,
che ha reso noto
le prestazioni dei
presidi sanitari di
Fiumicino e Fregene che assicurano un servizio
di continuità assistenziale per una
popolazione residente di circa
80.000 persone, oltre ai turisti
nei mesi estivi.
Secondo i dati di Montino,
le strutture ha seguito ben
1262 codici rossi e gialli dal
gennaio al settembre 2016;
più un notevolissimo numero
di codici verdi: gennaio-settembre 12070.
“Complessivamente - ha
notato il sindaco dem - gli
accessi nei due Ncp sono
stati, da gennaio e settembre
di quest’anno 19.769 pari a
2.196 al mese”.
7
Sabato 10 dicembre 2016
ESTERI
NUOVE ACCUSE DELL’AGENZIA MONDIALE: COINVOLTI OLTRE MILLE SPORTIVI, COMPRESE ALCUNE MEDAGLIE OLIMPICHE
Doping di Stato per gli atleti russi
Tirati in ballo anche i servizi segreti - Balbettante la replica di Mosca: “Niente di nuovo”
L’ADESIONE NON È ANCORA COSÌ SCONTATA
Il Montenegro nella Nato
dipende anche da Usa-Russia
negoziati sull’adesione del Montenegro all’Alleanza Atlantica devono
far fronte ad alcuni ostacoli di natura
tempistica, provenienti dal Capitol
Hill degli Stati Uniti. L’entrata del paese
balcanico nella NATO è convintamente
sostenuta dalla Casa Bianca e dal Pentagono, mentre il Senato – la cui legislatura volge al termine - non si è ancora espresso in merito. Il tempo
scorre e, nonostante la questione
possa essere rimessa all’ordine del
giorno nel gennaio del 2017, gli esperti
della sicurezza europea stanno sollecitando i senatori americani a concludere la trattativa entro giovedì prossimo,
al fine di evitare una eventuale opposizione da parte del neo eletto presidente Donald Trump che si insedierà
nell’Ufficio Ovale il 20 gennaio.
Durante la campagna elettorale, infatti,
il magnate ha manifestato l’intenzione
di scongelare le relazioni con la Russia
di Putin. Il tono quieto nei confronti
del nemico russo ha destato diverse
preoccupazioni tra i membri della
NATO, intimoriti, in questo caso, dall’ipotesi che Trump possa esprimersi
a sfavore dell’adesione del Montenegro.
I
di Marco Buonasorte
S
ono oltre mille gli atleti
russi (esattamente1115
quelli finora identificati,
anche se questo numero
già molto alto potrebbe
addirittura aumentare) che avrebbero beneficiato del doping di Stato, tra il 2011 e il 2015. È questo
l’aspetto più sconvolgente della
seconda parte del rapporto stilato
da Richard McLaren, professore di
diritto canadese incaricato dalla
Wada (l’Agenzia mondiale antidoping creata per volontà del Comitato Olimpico Internazionale e che
ha sede nella città canadese di
Montreal) di esaminare le accuse
sul doping già rivolte alla Russia.
Un rapporto, come si ricorderà,
che aveva già portato all’estromissione della Russia dall’atletica ai
Giochi Olimpici di Rio de Janeiro
e l’intera delegazione dai Giochi
Paralimpici.
Tra i 1115 atleti coinvolti nel doping
di stato figurano rappresentanti di
ben 30 discipline, “sia di sport invernali che estivi e anche gli atleti
paralimpici”, si legge nel rapporto,
calcio compreso.
Secondo McLaren e le conclusioni
del primo rapporto, già ai Giochi
invernali di Sochi era stato applicato un “doping di Stato, un
sistema “controllato, diretto e supervisionato” dal ministero dello
Sport russo, guidato da Vitaly
Mutko, “con l’aiuto attivo dei servizi segreti” di Mosca, per “un
attacco senza precedenti all’integrità dello sport”.
In questo secondo rapporto, invece, l’attenzione si sposta direttamente sugli atleti ritenuti coinvolti
( i cui nomi comunque non vengono fatti), compresi anche quattro
medagliati di Sochi 2014 e cinque
delle Olimpiadi di Londra, disputatesi nl 2012, con in mezzo i mondiali di atletica svoltisi nel 2013 e
proprio a Mosca.
Atleti che non hanno agito da soli
ma all’interno di un programma
descritto sempre più minuziosamente dal rapporto in questione,
come “una copertura che si è trasformata in una strategia istituzionalizzata e disciplinata volta a conquistare delle medaglie”.
La manipolazione sarebbe avvenuta
con sale e caffè solubile, per cercare così di nascondere le positività
ai vari controlli antidoping.
Secondo gli accertamenti, era il
direttore del laboratorio di Mosca
Grigory Rodchenkov a scambiare
le urine incriminate con altre pu-
lite, prelevate in precedenza,
mantenendone la consistenza nel
tempo anche con l’uso di ingredienti da cucina.
Ecco dunque che il rapporto evidenzia come almeno tre medagliati di Sochi 2014 avessero livelli
“fisiologicamente impossibili” di
sale venuti fuori dai campioni
forniti per le analisi. Secondo
l’esperto canadese, “Rodchenkov
ha alterato i campioni A o diluendoli con l’acqua e aggiun-
A tal proposito, i sostenitori della trattativa ritengono essenziale mantenere
la pressione e portare a termine la
procedura onde evitare scenari spiacevoli e mandare un segnale forte sia
alla Russia che alle nazioni dell’Est.
Stando alle dichiarazioni dell’ex capo
della politica del Pentagono per la Russia
e l’Europa dell’est, Evelyn Farkas, “un’azione del Senato sarebbe interpretata dai
nostri alleati europei come un passo in
avanti positivo. Probabilmente – ha aggiunto - non susciterà reazioni da parte
della Russia, ma nel caso in cui il Senato
non si pronunciasse, la Russia ne prenderebbe nota e potrebbe cogliere l’opportunità per cambiare la dinamica”.
L’ex ambasciatore americano in Montenegro, Sue Brown, ha confermato la
“politica di porte aperte” della NATO per
poi usare toni duri nei confronti della
Russia: “Il Montenegro ha deciso d’intraprendere questa strada, la Russia
deve accettarla”. E mentre continua ad
aleggiare un’aria gelida sul rapporto
Russia-NATO, la politica espansionistica
dell’alleanza sembra portare con sé un
obiettivo inequivocabile: l’isolamento del
C.P.P.
nemico russo.
gendo sale, o altri sedimenti o
granelli di Nescafé quando doveva imitare l’apparenza dei campioni B, sporchi”.
Mosca prova, come già nella precedente occasione, a smorzare i
toni, attraverso il presidente della
Commissione Sport della Duma Mikhail Degtiariov che ha commentato: "Per ora non c'è nulla di nuovo
sul rapporto McLaren. Migliaia di
sportivi non identificati, delle lettere,
qualche testimone".
DOPO LA PROMESSA DI TRUMP DI STRACCIARE GLI ACCORDI FIRMATI DA OBAMA SUL NUCLEARE
ANDREW PUZDER MINISTRO DEL LAVORO
L’Iran prova a riconvertirsi al petrolio
Alla Casa Bianca arriva
il “re dei fast food”
L’
elezione di Donald
Trump ha agitato le
acque negli ambienti
mediorientali. Il presidente
dell’Iran Hassan Rohani – intimorito dalla promessa del
magnate di stracciare l’accordo sul nucleare firmato da
Obama un anno fa – sta tentando di firmare il maggior
numero di contratti con aziende petrolifere occidentali (e
non solo) prima dell’insediamento del neo eletto presidente alla Casa Bianca.
“I nostri ufficiali stanno firmando dei contratti con grandi aziende petrolifere in
modo da essere pronti quando Trump entrerà nella Casa
Bianca”, ha detto Saeed Laylaz, un economista legato al
governo di Rohani. L’accordo
provvisorio con la Royal
Dutch Shell per lo sviluppo
di due dei più grandi giaci-
menti di petrolio del paese
è stato l’ultimo di una lunga
serie. Nell’ultimo mese, infatti,
Tehran ha negoziato accordi
simili non solo con il gigante
Schlumberger (la più grande
società per servizi petroliferi
al mondo) ed altre aziende
della Norvegia, della Polonia,
della Cina e della Tailandia,
bensì anche con la Total
(azienda francese), la quale
è diventata la prima società
di energia occidentale a negoziare un accordo per lo
sviluppo e la produzione di
gas naturale da una sezione
di un giacimento di gas del
Golfo Persico. Nel caso in
cui questi accordi fossero
resi ufficiali, l’Iran goderebbe
di un incremento d’investimenti esteri notevole e rinsalderebbe i rapporti con i
partner europei e asiatici. Il
ripristino delle relazioni com-
merciali ed energetiche con
i partner mondiali permetterebbe all’Iran di avere una
sorta di polizza assicurativa
contro le eventuali misure
punitive adottate dall’amministrazione di Trump e un
Congresso a maggioranza
repubblicana.
La reintroduzione delle sanzioni – che hanno dimezzato
l’esportazione petrolifera iraniana - è uno scenario temuto
dall’Iran poiché riporterebbe
l’intero paese all’isolamento
economico e finanziario. Intenzionato a lottare contro
l’Arabia Saudita ed altri produttori dell’OPEC, l’Iran necessita di un’immediata iniezione di capitali esteri e competenza tecnica per raggiungere i livelli di produzione del
2011 (4.3 milioni di barili al
giorno) e ritornare sul podio
dei principali paesi esportatori
di petrolio al mondo. Tramite
i recenti accordi, il presidente
Rohani si è posto l’obiettivo
ambizioso di raggiungere un
livello di produzione pari a
4.8 milioni di barili al giorno
entro il 2021, diventando così
un diretto competitor dell’Arabia Saudita.
Il tentativo dell’Iran di ritrovare
le sue dimensioni nell’economia globale rischia di essere ostacolato da Trump.
L’economista Laylaz ha però
mandato un messaggio forte
al nuovo governo americano:
“Sembra che le grandi aziende petrolifere ed energetiche
europee siano determinate
nel dimostrare a Trump che
continueranno comunque a
fare accordi con l’Iran” a prescindere dalle misure che attuerà la nuova amministrazione.
Claudio Pasquini Peruzzi
e dei fast-food, contrario
agli aumenti del salario
minimo e non troppo favorevole al pagamento degli
straordinari: è questo l’identikit
di Andrew Puzder, amministratore delegato di Cke Restaurants, appena designato
dal nuovo presidente americano Donald Trump ministro
del Lavoro.
Secondo il presidente eletto,
che ha già selezionato per
la sua compagine di governo
altre figure, Puzder "ha un
passato di lotta in favore
dei lavoratori". Il futuro ministro ha sostenuto più volte
che un aumento dei salari
causerebbe la perdita di posti di lavoro. Netta anche la
sua opposizione alle norme
R
volute dall'amministrazione di
Barack Obama per estendere il
pagamento degli straordinari a
oltre quattro milioni di dipendenti. Sul fronte dei salari Puzder
si è invece opposto alle richieste
degli impiegati dei fast-food
per una retribuzione minima di
15 dollari, circa il doppio di
quella attuale.
8
Sabato 10 dicembre 2016
ESTERI
COREA DEL SUD
Il Parlamento di Seul dice sì
all’impeachment di Park
Il presidente è stato sospeso. La decisione definitiva spetta alla Corte costituzionale, attesa entro sei mesi
di Cristina Di Giorgi
TIBET
Monaco buddista si immola
per protesta contro Pechino
I
l parlamento di Seul detto
sì alla messa in stato di
accusa del presidente Park
Geun hye. La votazione,
trasmessa in diretta dalla
televisione di Stato, ha dunque
dato il via libera all’avvio del
procedimento, con un risultato
in termini di voti molto netto:
sono stati infatti appena 56 i no,
contro 234 sì. Tra loro dunque
anche quelli di un certo numero
di dissidenti di Saeuri, il partito
della Park, che hanno permesso
di superare facilmente il necessario quorum dei due terzi dei
seggi (200 su 300) che compongono l’assemblea. Ai 172 voti
dell’opposizione (Partito Democratico, People’s Party, Justice
Party e vari deputati indipendenti), se ne sono aggiunti altri
62. Più di quanti, alla vigilia della
seduta, si erano apertamente dichiarati a favore dell’imeachment.
Nel frattempo, fuori dalla sede
del Parlamento, si erano radunate
migliaia di persone, che hanno
ancora una volta manifestato per
chiedere la destituzione di Park,
accusata – ricorda tpi.it - di aver
consentito all’amica e confidente
Choi Soon-sil, attualmente agli
arresti per diversi capi d’accusa
(tra cui abuso di potere) di interferire, pur non avendo alcun
incarico di governo, negli affari
di Stato. Anche a fini personali.
Il presidente, nonostante le pro-
n monaco buddista tibetano si è
immolato, dandosi fuoco per
protesta contro il governo cinese.
Lo riferisce Radio Free Asia, secondo
cui l’episodio si è verificato giovedì
sera intorno alle 7 ora locale nella
strada principale della città di Machu
(a maggioranza tibetana nella provincia
di Gansu, localizzata nel nordovest
della Cina). Stando a quanto si è appreso, il religioso è stato portato via
dalla polizia giunta sul posto. Nessuna
notizia è stata fornita sull’identità e
sulle condizioni del monaco, che sono
comunque sembrate fin da
subito piuttosto gravi.
Questo di Manchu, ricorda
la stampa porta a 146 le
azioni analoghe portate a
termine negli ultimi anni
(la protesta è iniziata nel
2009) da tibetani che vivono in Cina, 125 delle
quali risultate poi mortali.
Prima di compiere l’estremo gesto, hanno riferito
U
teste suscitate in seguito allo
scandalo, aveva negato ogni coinvolgimento e non aveva voluto
rassegnare le sue dimissioni, sostenendo che spettava al Parlamento decidere in merito. Ora
l’Assemblea si è pronunciata e
Park – che verrà sospesa ma per
il momento non definitivamente
rimossa dall’incarico – sarà sostituita nelle funzioni residenziali
dal primo ministro Hwang Kyoahn. Il prossimo definitivo passo
è la decisione dei nove giudici
della Corte costituzionale, che
verrà presa presumibilmente entro i prossimi sei mesi.
Se Park dovesse essere rimossa
– ricorda la stampa – sarebbe la
prima volta nella storia della Corea del Sud. Nell’unico caso ana-
logo infatti, quello del 2004 di
Roh Moo-hyun (accusato di incompetenza e violazioni della
legge elettorale), dopo appena
due mesi la Corte costituzionale
aveva deciso per il reintegro. Gli
esperti hanno in proposito ricordato che affinché si arrivi alla
destituzione di Park servirà il
voto favorevole di almeno sei
giudici, altrimenti il presidente
sarà reintegrata, anche se la sua
popolarità risulta comunque ridotta ai minimi termini.
In caso di destituzione – a favore
della quale si è dichiarato il 75%
della popolazione – si apre la
strada delle elezioni, che dovranno essere convocate entro 60
giorni. In pole position per la
successione c’è Ban Ki Moon. Ol-
tre all’ex segretario generale delle Nazioni unite, gli altri nomi
che si fanno in questi giorni sono
quello dell’avvocato e attivista
per i diritti civili Moon Jae-in
testimoni presenti alle diverse immolazioni, i monaci hanno sempre rivendicato l’indipendenza del Tibet o il
ritorno del Dalai Lama, leader spirituale
del Paese attualmente costretto all’esilio
in India (dove si è rifugiato nel 1959).
Va brevemente ricordato che per tentare
di porre un freno alle auto-immolazioni,
il governo di Pechino ha varato, pochi
mesi fa, una legge che inasprisce le pene
per chi pone in essere tali forme di contestazione e chi vi collabora, anche diffondendo all’estero notizie su quanto avviene in Tibet.
(esponente del Partito democratico, rivale di Park nel 2012), quello del centrista Ah Cheol-soo e
quello del sindaco di Seongnam
Lee Jae-myung.
TURCHIA
La procura di Istanbul ordina 87 arresti
Nel mirino i docenti dell’università pubblica, accusati di legami con l’imam Gulen
a procura di Istanbul ha
spiccato ieri 87 mandati di
cattura in capo ad altrettanti
accademici dell’università pubblica cittadina, accusati di avere
legami con l’ex fedelissimo e
oggi nemico numero uno del governo di Ankara, Fetullah Gulen.
Secondo l’agenzia di stampa Anadolu, cinquanta ordini di cattura
sono già stati eseguiti, in dodici
province. Tra i ricercati sembra
L
ci sia anche un politico: si tratta
di anche Abdurrahim Karsli, docente alla facoltà di giurisprudenza
e fondatore del partito Merkez,
da tempo indicato come vicino
alla presunta rete “golpista” dell’imam Gulen (che Ankara ritiene
la mente del tentato golpe).
Proseguono dunque senza sosta
le purghe che Erdogan e i suoi
fedelissimi stanno mettendo in
atto in tutto il Paese e in tutti i
settori della società per eliminare
ogni persona anche soltanto sospettata di coinvolgimento con i
responsabili, ad ogni livello, del
fallito colpo di stato del 15 luglio.
Una vera e propria “campagna
di repressione” insomma, che
ha portato, fino ad ora, al fermo
di decine di migliaia di persone
fra cui semplici cittadini, militari,
intellettuali, oppositori politici,
imprenditori, ed anche giornalisti
e docenti.
Quanto in particolare agli accademici, Asianews ricorda che,
oltre agli arresti di ieri, appena il
mese scorso erano già finiti in
manette 103 professori del politecnico di Yildiz, accusati anch’essi di simpatie guleniste. Da
ricordare infine, in un quadro
evidentemente sempre più drammatico, che il governo di Ankara
ha ufficialmente confermato un
cambiamento nel sistema di elezione dei vertici degli atenei: “per
effetto di un controverso decreto
emesso nell’ambito dello stato
di emergenza a fine ottobre – ricorda Serena Tarabini su Radio
popolare – il presidente turco
Recep Tayyip Erdogan sarà in
grado di nominare direttamente
i rettori delle università pubbliche
senza considerare le preferenze
degli accademici”. Stella Spada
fatti, da questo punto di vista,
risulta piuttosto tesa: in seguito
all'alto numero di deputati a favore dell'indipendenza
da Pechino nel corso
delle ultime elezioni
per il rinnovo del locale
parlamento, due esponenti del movimento
Youngspiration in sede
di giuramento avevano
modificato la formula
prescritta, facendo riferimento alla “nazione
Hong Kong” (fatto questo evidentemente considerato dalla
MB
Cina una grave offesa).
HONG KONG
Leung Chun rinuncia alla candidatura
Il premier dell'ex colonia ha annunciato che non correrà alle prossime elezioni per “motivi di famiglia”
l premier di Hong Kong Leung
Chun ying ha annunciato ieri
che, per “motivi di famiglia”
non meglio specificati, rinuncerà
a ricandidarsi nelle elezioni di
marzo 2017.
La decisione del rappresentante
di Pechino nell'ex colonia appare
decisamente una sorpresa, tenuto
I
conto del fatto che appena tre
settimane fa, nel corso del vertice
Apec a Lima, Leung aveva incontrato il presidente cinese Xi
Jinping, che lo aveva incoraggiato
a proseguire nel suo compito.
Stando a quanto riportato dalla
stampa ufficiale, in quell'occasione
il leader di Pechino si era dimo-
strato attento alle vicende interne
di Hong Kong, mettendo in risalto
il fatto che il governo cinese era
perfettamente a conoscenza del
lavoro del suo rappresentante.
Per quanto riguarda in particolare
il caso dei due deputati indipendentisti sospesi e poi fatti decadere, “Xi – che, rileva tio.ch, non
aveva fino a quel momento commentato – aveva chiesto a Leung
di costruire un consenso più ampio possibile, focalizzandosi sullo
sullo sviluppo economico, sulla
tutela dell'unità della nazione e
sul mantenimento della stabilità
sociale e politica”.
La situazione di Hong Kong in-
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Sabato 10 dicembre 2016
STORIA
GRANDE GUERRA
Commemorazioni in tutta Italia
Siena, Verona, Modena: mostre, spettacoli teatrali, iniziative per capire, approfondire, ricordare
di Emma Moriconi
L’
Italia intera commemora
il centenario della Grande Guerra: mostre, spettacoli, convegni, celebrazioni continuano a caratterizzare
questo importante anniversario
della nostra storia. C'è la mostra
“Fotografi in trincea. La Grande
Guerra negli occhi dei soldati senesi”, allestita al Santa Maria della
Scala a Siena. A completare l'evento,
una performance artistica, musicale
e cinematografica, ospitata nel complesso museale alle 18.30 di ieri,
venerdì 9 dicembre. Si chiama
“Fronti, echi della Grande Guerra”,
performance per clarinetti, live
electronics e film di e con Roberto
Paci Dalò, compositore musicale,
regista e artista visivo. Una rielaborazione delle immagini girate
sul fronte, accompagnate da canti
alpini ricomposti dallo stesso artista. Voci e immagini, strumenti acustici, ed ecco l'arte che racconta il
conflitto. “Fronti” è una produzione
Fondazione Premio Napoli in coproduzione con il gruppo “Giardini
Pensili”, la piattaforma di arte contemporanea “Arthub” (Shanghai /
Hong Kong) e “Home Movies – Archivio nazionale del film di famiglia”, in collaborazione con il Comune di Pesaro e l’associazione
marchigiana “Amat”. All'evento è
seguita la seconda visita guidata
alla mostra “Fotografi in trincea”.
Appuntamento anche a Verona,
ieri sera alle 21, con "La Grande
Guerra Meschina", in scena al Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto.
Uno spettacolo di Alessandro Anderloni, scritto e diretto da Alessandro Anderloni. Il tema è delicato, importantissimo, e da sempre
suscita sentimenti contrastanti tra
gli Italiani: parliamo delle fucilazioni sommarie della "giustizia militare” dell’esercito italiano. Un
tema del quale ci siamo occupati
spesso anche noi sul Giornale
d'Italia, anche fornendo ai lettori
punti di vista differenti. In realtà
si tratta per molti aspetti ancora
di un argomento che è spesso un
tabù, nel quale vanno a mescolarsi
responsabilità di ufficiali sulle quali
si potrebbe aprire un dibattito approfondito e così sarà certamente
ora che queste storie di sangue
italiano, versato da italiani, hanno
trovato posto sul palcoscenico veronese. È l'argomento, infatti, spinoso, che questo spettacolo si propone di affrontare.
Ancora, a Modena ecco "Obiettivo
sul fronte": una mostra che raccolta
la Grande Guerra di Balelli al Palazzo Ducale. È stata inaugurata
ieri presso la sede dell'Accademia
Militare. Ingresso gratuito, visitabile
fino al prossimo 31 gennaio. La mostra si propone di raccontare, tra
l'altro, come la Grande Guerra fu
l'occasione in cui nacque il fotogiornalismo: seicento reporter del
Servizio Fotografico del Regio Esercito vennero inviati a prestare la
loro opera con circa 290 macchine
fotografiche: raggiunsero i campi
di battaglia e documentarono così
l’evolversi del conflitto. Duplice lo
scopo della documentazione così
ottenuta: militare e strategico da
una parte, di propaganda dall'altra.
Uno di questi fotografi fu il maceratese Carlo Balelli, che aveva al-
l'epoca appena vent'anni. La Mostra,
ideata e curata da Emanuela Balelli,
Nicola di Monte, Ivano Palmucci e
Giuseppe Trivellini, ci racconta
così la quotidianità nelle trincee,
la solidarietà tra i soldati, i luoghi,
i caduti, i prigionieri austriaci. Sono
state selezionate 240 foto su oltre
ventimila conservati presso i Fondi
della Biblioteca Comunale MozziBorgetti di Macerata, della Biblioteca Statale di Macerata e della famiglia Balelli. Promotori dell'esposizione sono l'Accademia Militare
di Modena e Anmig Modena. Il catalogo della Mostra reca la prefazione del Comandante dell’Accademia Militare di Modena, Gene-
MEMORIA E MUSICA
La nebbia dell’Ortigara
“Per la bellezza che crea e che diffonde nel mondo in difesa del passato e del nostro futuro”
E’
stato uno degli scenari in cui, tra la fine del 1916 e
l’estate del 1917, si è svolto il contrattacco italiano in risposta alla precedente Straexpedition austriaca: parliamo
dell’Altipiano di Asiago, in particolare del massiccio dell’Ortigara.
Che costituisce un’imponente bastionata dalle pendici pietrose
e dalle “alte cime consacrate alla storia - si legge in un articolo
di approfondimento del sito www.lagrneguerra.net – dal sangue
di migliaia di combattenti” di entrambi i fronti. Alla loro memoria
sono dedicati, in loco, due cippi commemorativi.
Sull’Ortigara si è in particolare combattuta l’ultima fase
della battaglia, quella decisiva, quella da cui dipendeva
l’esito dell’intera offensiva e la riconquista di tutto quello
che – in termini di territorio e forse anche soprattutto di
spirito – si era perso in seguito alla “Spedizione punitiva”
del maggio-giugno 1916. Consapevoli di questo, i soldati
italiani – in particolare gli Alpini – diedero tutto quel che
avevano e anche di più.
A loro e all’eroica pagina di storia scritta nel sangue, è dedicata
“Attraverso la nebbia”, una canzone che il cantautore milanese
Skoll ha inserito nel suo ultimo cd di recente pubblicazione. Ve
ne proponiamo qui di seguito il testo integrale, che merita di
essere letto tutto d’un fiato senza alcun commento.
Arriva l'alba ma la nebbia scende già
abbiamo polmoni aperti ai tiri di gas
nell'alba che pare la notte all'Ortigara (all'Ortigara)
sotto pioggia martellante all'Ortigara (all'Ortigara)
nascosto nelle caverne il nemico resta giù
falcia rabbioso roccia roccia, noi ci lanciamo solo in sù
in questa corsa che ci stravolge all'Ortigara (all'Ortigara)
la nostra cima maledetta è l'Ortigara (l'Ortigara)
Ora scrivo una storia nuova, artigli che strappano la notte.
Ora l'Italia chiama ancora, vessilli che sbeffeggiano la morte.
Uomini in piedi, siamo cuori che si gonfiano nella nebbia
Uomini in piedi, siamo cuori che pompano nella nebbia
Siamo cuori che si spaccano nella nebbia
Siamo cuori che attraversano la nebbia
Abbiamo fiato e grida per labirinti spinati
e abbiamo sudore da opporre al fiato dei lanciafiamme nemici
in questa corsa che ci stravolge all'Ortigara (all'Ortigara)
la nostra cima maledetta è l'Ortigara (l'Ortigara)
Ora scrivo una storia nuova, artigli che strappano la notte.
Ora l'Italia chiama ancora, vessilli che sbeffeggiano la morte.
Uomini in piedi, siamo cuori che si gonfiano nella nebbia
Uomini in piedi, siamo cuori che pompano nella nebbia
Siamo cuori che si spaccano nella nebbia
Cristina Di Giorgi
Siamo cuori che attraversano la nebbia
rale di Divisione Salvatore Camporeale.
L’Accademia Militare apre così nuovamente il Palazzo Ducale al pubblico nel periodo natalizio e fino a
fine gennaio e rende visitabile anche la Sala della Grande Guerra
del Museo Storico dell’Accademia
Militare. All’interno delle sale mostra saranno ospitati apparecchi fotografici, originali dell’epoca, messi
a disposizione dal Museo del Cinema “A.Marmi” di Vignola.
All'iniziativa collaborano il Centro
Studi Carlo Balelli per la Storia
della Fotografia e l’Associazione
Nazionale fra Mutilati e Invalidi di
Guerra di Modena.
10
Sabato 10 dicembre 2016
SOCIETA’
DA UN’INDAGINE DELLA COLDIRETTI
Tutti a caccia dell’alberello: vero o sintetico?
Cambia la scelta delle famiglie italiane, molte riesumano quello finto in cantina e in poche comprano gli abeti
di Chantal Capasso
L
e famiglie italiane sono
messe a dura prova durante le feste di Natale:
regali, pranzi, addobbi e,
immancabile, la scelta
dell’alberello da addobbare. Ma,
quale preferire tra il sintetico e
vero? Questo dubbio coinvolge ben
3,5 milioni di famiglie, tutte a caccia
dell’albero di Natale, che come da
tradizione deve essere imbellettato
già dal giorno dell’Immacolata.
Un’indagine della Coldiretti/Ixe ha
fotografato la situazione, evidenziando che quasi 6 italiani su dieci
(il 59 %) recuperano dalla cantina
il vecchio albero sintetico, una minoranza dovrà sostituirlo mentre
sono appena il 10% quelli che rinunciano del tutto all'albero.
"Una tradizione consolidata dunque
nelle case degli italiani anche sesottolinea la Coldiretti- con il cambiamento degli stili di vita si registrano nuove tendenze".
Purtroppo sempre meno famiglie
optano per l’acquisto dell’albero
vero sia per questioni economiche
che per la facilità di trasporto o
del minor numero di metri quadrati
disponibili per ogni casa.
“Anche la dimensione dell’albero,
- fa notare la Coldiretti - negli ultimi
quindici anni la dimensione l''albero
di Natale si è accorciato in media
di quasi mezzo metro ed oggi la
maggioranza degli abeti acquistati
dagli italiani hanno una altezza inferiore al metro e mezzo ma in
molti casi non superano neanche
il metro". L'albero di Natale diventa
più leggero, maneggevole e trasportabile "ma la scelta di alberi
più piccoli indica anche una mag-
giore attenzione degli italiani alla
sopravvivenza della pianta oltre il
periodo natalizio in quanto- continua la Coldiretti- è più facile da
curare e da ricollocare in un luogo
adeguato".
Secondo i dati raccolti dall’associazione agricola, la spesa media
degli italiani nell'acquisto dell'albero vero è di 32 euro circa anche
se gli abeti più piccoli che non su-
perano il metro e mezzo sono venduti quest'anno a prezzi stabili e
variabili tra i 10 e i 60 euro a seconda della misura, della presenza
delle radici ed eventualmente del
vaso, mentre per le piante di taglia
oltre i due metri il prezzo sale
anche a 200 euro per varietà particolari. La vendita avviene nei
vivai, nella grande distribuzione,
presso i fiorai, nei garden, ma ottime
occasioni si trovano anche in molti
mercati degli agricoltori di Campagna Amica. L'albero naturale italiano concilia il rispetto della tradizione con quello dell'ambiente
a differenza delle piante di bassa
qualità importate dall'estero che
raggiungono l'Italia dopo un lungo
trasporto con mezzi inquinanti. In
Italia gli alberi naturali - informa
la Coldiretti - sono coltivati soprattutto nelle zone montane e collinari in terreni marginali altrimenti
destinati all''abbandono e contribuiscono a migliorare l'assetto
idrogeologico delle colline ed a
combattere l''erosione e gli incendi.
"Grazie agli alberi di Natale è
quindi possibile mantenere la coltivazione in molte aree di montagna
con il terreno lavorato, morbido e
capace di assorbire la pioggia in
profondità prima di respingerla
verso valle evitando i pericoli delle
frane, mentre la pulizia dai rovi e
dalle sterpaglie diminuisce il pericolo d'incendi". "Niente a vedere
con le piante di plastica che- denuncia la Coldiretti- arrivano molto
spesso dalla Cina e non solo consumano petrolio e liberano gas ad
effetto serra per la loro realizzazione e il trasporto, ma impiegano
oltre 200 anni prima di degradarsi
nell''ambiente".
POLO NORD PORTATILE, PER INVIARE MESSAGGI E SOSTENERE GLI OSPEDALI PEDIATRICI
Arriva l’App di Babbo Natale
Sono 130 milioni gli auguri inviati e 300 mila dollari americani donati.
Anche il Gruppo San Donato è nel progetto benefico
U
n'app per vivere il vero
spirito del Natale, tra
gioia, allegria e condivisione. Si chiama PNP –
“https://www.portablenorthpole.com/it/" Polo Nord Portatile,
l'app gratuita dell'azienda canadese UGroup Media, per
inviare videomessaggi o chiamate di auguri personalizzati
fatti direttamente da Babbo
Natale. Dal 2008, anno della
sua nascita, ad oggi, sono stati
inviati quasi 130 milioni di auguri in tutto il mondo.
In PNP viene riproposto un
mondo magico, fatto di giochi
e feste, dove Babbo Natale
ed i suoi Elfi vivono felici, ricreando l'immaginario dei
bambini. Le feste natalizie
sono un periodo dell'anno
meraviglioso, soprattutto per
i più piccoli, per questo l'azienda ha lanciato il Programma
Ospedali Pediatrici Polo Nord
Portatile, con il quale si impegna a regalare questa magica atmosfera, anche ai bambini meno fortunati che trascorreranno il Natale in un reparto d'ospedale, con la speranza di trasmettere loro un
po' di gioia e conforto.
Da quest'anno entrano a far
parte del progetto anche
l'Ospedale San Raffaele, con
la sua Unità di Pediatria e
Neonatologia, e il Policlinico
San Donato, con la sua Unità
di Cardiochirurgia Pediatrica,
entrambi parte del Gruppo
Ospedaliero San Donato, che
si uniscono agli oltre 40 ospedali pediatrici di tutto il mondo. Per ogni acquisto effettuato all'interno del sito, PNP
si impegna a devolvere una
parte in favore del Programma. Al momento, sono stati
donati oltre 300 mila dollari
americani. Un'app semplice
e divertente, che in pochi
click può davvero rendere
felici i nostri cari e anche
moltissimi bambini.
Disponibile in 6 lingue: inglese, francese, spagnolo e dal
2016 italiano, tedesco e giapponese. PNP consente di creare in modo semplice e gratuito
chiamate vocali e videomessaggi per bambini o adulti,
personalizzandoli con nome
e qualche dato del destinatario, e scegliendo tra vari scenari, ad esempio dalla casa
di Babbo Natale, o all'ufficio
postale, dove riceve le migliaia
di letterine, oppure dalla casa
di un elfo.
La versione Premium dell'app
offre la possibilità di scegliere
tra un più ampio numero di
scenari come, ad esempio, la
chiamata in diretta dalla slitta
o la possibilità di far complimentare il caro Babbo con il
bambino per i suoi risultati
scolastici, o, magari, riprenderlo
invitandolo ad ubbidire di più
ai suoi genitori o a comportarsi
meglio. Quest'ultima opzione
è risultata essere molto apprezzata dalle mamme e dai
papà che hanno usufruito del
servizio, per la sua valenza
educativa. Del resto, quale bambino si sognerebbe mai di contraddire Babbo Natale!
SPENDI E SPANDI
I regali più gettonati: accessori moda,
sportwear, oggetti hi-tech e tanto panettone
asciati alle spalle la festa
dell’Immacolata, preludio
delle festività, inizia a corsa
ai regali di Natale. Gli acquisti
l’online superano i negozi fisici:
il 46% di chi acquista i regali
online afferma che l’e-commerce
offre l’opportunità di anticipare
e pianificare gli acquisti, di cogliere le offerte nel momento
giusto e, soprattutto, ottimizzare
i tempi. A novembre 2016, ad
esempio il traffico su vente-privee attraverso dispositivi mobili
ha raggiunto il 75%.
Il budget di spesa degli italiani
risulta essere in lieve crescita:
per il 48,5% dei rispondenti è
compreso tra i 100 e i 300 euro
e per quasi il 31% è superiore ai
300 euro. Gli italiani hanno le
idee chiare sulle tipologie di
regalo: doni più ricercati e per-
L
sonalizzati per il partner e i familiari. Infatti, per il 50% la scelta
ricade sugli accessori moda (ai
primi posti maglioni, foulardes e
sciarpe, intimo) e sportwear, per
il 30% oggetti high-tech (smartphone e accessori per smartphone, oltre alle
ultime tendenze
in ambito smartwatch e activity
tracking, ma anche elettrodomestici di design
e per la cura della persona) e per
il 35% prodotti
beauty (profumi,
creme viso e cosmetici).
Per i regali
“obbligati” ma
comunque im-
portanti si prediligono i prodotti
food&wine (il panettone artigianale o la bottiglia di bollicine) per il 29,5% e gli oggetti
più classici come agende, cornici portafoto e libri di cucina
per il 41%.