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LIVE CONCERT
di Douglas Cole
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La produzione
Ci accoglie il tour manager Roberto Busetto
che, insieme alla responsabile della pre-produzione Romina Amidi, ci dà un po’ di informazioni sull’organizzazione e sulla gestione
della tournée.
“Il tour – ci spiega Romina – è prodotto da
DNA Concerti, nelle persone di Pietro Fuccio
e Nicola Romani che hanno anche curato il
calendario. Ad essere precisi le date non vengono vendute, ma co-prodotte insieme ai promoter locali.
“Questa prima tranche – continua Romina – è
stata di nove date in venue con una capienza
alta, con una media di 1500 persone. Qui a Bologna abbiamo 1800 persone sold out, all’Alcatraz
abbiamo registrato 2800 persone... otto sold-out
su nove date, quindi direi che è andata molto
bene. È stato davvero un successo.
“Il calendario è stato molto intenso, con nove
date in dodici giorni da Milano alla Sicilia, in
pratica tutti back-to-back tranne Firenze-Bari e
Catania-Napoli.
“Si tratta di una mezza produzione: richiediamo sul posto il main PA e la corrente e noi portiamo al seguito i banchi, il backline ed alcune
luci, oltre ad uno schermo e ad un videoproiettore per il video; i Verdena hanno sempre privilegiato l’audio nei concerti, ma quest’anno
hanno voluto aggiungere le proiezioni”.
Verdena
ENDKADENZ TOUR
Tenendo alta la bandiera del rock
italiano, il gruppo bergamasco dei
Verdena ha pubblicato all’inizio
di quest’anno il sesto disco di
inediti, Endkadenz Vol. I. Si è poi
imbarcato in una tournée ad impatto
massimizzato per promuovere
il disco, facendo sold-out in otto
date su nove, suonando nella
maggior parte delle venue italiane
di capienza adatta... dodici giorni
da Milano a Catania. Dopo due
settimane di recupero, il gruppo è
poi ripartito per una seconda tranche
di 14 date in un mese nelle venue
più piccole… e diverse date estive
sono già in calendario.
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1_ Romina Amidi, responsabile pre-produzione,
con tour manager Roberto Busetto.
2_ Martino Cerati, operatore luci.
In quanti siete in tournée?
Q
uando ho visto che la prima tranche di
questa tournée dei Verdena si concludeva con una data all’Estragon, a Bologna, ho deciso che era l’opportunità giusta per
soddisfare una certa curiosità su questa band.
A 15 anni abbondanti dal loro disco d’esordio,
i Verdena possono contare su un seguito fedele e sono, inoltre, molto stimati da diverse
persone con opinioni a mio parere condivisibili
– e aggiornate – sul rock-n-roll, tra le quali il
lighting designer Jò Campana, che lavora con
il gruppo da anni. Quando, poi, abbiamo letto
in redazione che in tournée insieme ai Verdena
c’era il gruppo di psichedelia par excellence,
Jennifer Gentle, questa serata al Parco Nord è
entrata nella mia lista personale di impegni immancabili: una band che conosco da tempo ma
che non ero ancora riuscito a sentire dal vivo,
ed una band entusiasticamente raccomandata
ma ancora da scoprire.
Arriviamo alla Venue nel tardo pomeriggio, al
suono del soundcheck, e già la serata si annuncia promettente.
SOUND&LITE n. 113_2015
Fra band e supporto – risponde Romina –
siamo 22 persone in tour, con uno staff tecnico di una decina di persone. L’operatore luci,
Martino Cerati, ha sostituito il lighting designer Jò Campana dopo le prime quattro date,
ma aveva partecipato alle prove, quindi sapeva
bene quale fosse il lavoro da fare e si è integrato benissimo. Lui lavora direttamente per la
produzione, come il backliner ed il fonico, scelti
direttamente dalla band, il resto del personale
è fornito dal service Big Talu.
Aggiunge Roberto: “Giriamo con i due furgoni del service con due tecnici per furgone,
poi un pulmino nove-posti per tour manager,
merchandising, operatore luci, backliner, fonico di sala, ed un altro mezzo per gli artisti che
si muovono su autovetture in autonomia. C’è
poi anche il mezzo del gruppo spalla, i Jennifer Gentle, che si muovono da soli. La scelta di
questo gruppo è dovuta all’amicizia con i Verdena, con cui collaborano spesso: non sono un
gruppo di supporto normale, perché sono molSOUND&LITE n. 113_2015
to rinomati, specialmente all’estero, tanto che
sono l’unico gruppo italiano ad aver firmato per
la SubPop di Seattle”.
Quali sono le difficoltà in Italia per un tour
del genere?
Soprattutto – risponde Roberto – la differenza fra le venue: cinque o sei locali, come
l’Atlantico, l’OBIHall a Firenze e lo stesso
Estragon a Bologna sanno cosa si va a fare.
Altri non hanno le capacità tecniche per gestire un concerto di una certa dimensione; sono,
più che altro, discoteche che ospitano concerti
piccoli o di techno, perciò non c’è potenza elettrica, manca una adeguata struttura live con
americane mobili, i palchi sono piccoli e con
altezze scarse, così come manca lo spazio per
la produzione. Quindi bisogna sempre adattarsi alle venue, mentre all’estero ci sono circuiti di locali adeguati e molto simili fra loro. A
Catania abbiamo ad esempio dovuto affittare
un generatore perché non c’era sufficiente potenza elettrica, comunque un costo aggiuntivo
per il locale.
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LIVE CONCERT
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Quanto è impegnativo l’allestimento?
In tre ore montiamo audio e luci, in
due ore il backline; entriamo alle due
ed alle sette tutto è pronto, usando
quattro facchini in loco.
Dove avete fatto le prove con la produzione?
Abbiamo fatto due giorni di prove al
CAP10100, un nuovo locale di Torino
molto adatto alle nostre dimensioni
ed in cui andremo a suonare nel prossimo giro.
3_ La regia FoH, dominata
dalla console Soundcraft
Series Five.
4_ David Lenci, fonico FoH.
La prossima tranche è in versione
ancora più snella, no?
Ricominceremo il 27 marzo, fino al 27 aprile, in venue molto più piccole, anche locali da
400/500 persone, perché la band vuole suonare ed essere vicina al pubblico: per ragioni di
spazio non ci saranno proiezioni, né gruppo
spalla, e le luci al seguito saranno molte di
meno. Continueremo, invece, a portare la mezza produzione audio, anche se con un mixer di
sala più piccolo. Il giro sarà di una quindicina
di date, in tutta Italia, ma con più day off… diciamo un ritmo più da giro dei fine settimana
italiano.
David Lenci – Sound engineer
“È il mio primo tour con i Verdena,” racconta
David. “Il contatto è avvenuto tramite Giulio
Favero, del Teatro degli Orrori: sono andato
a Bergamo, ho conosciuto il gruppo ed abbiamo capito che potevamo lavorare bene insieme. Così sono entrato nel mondo Verdena ed
abbiamo fatto le prove a Torino. È un tour di
promozione del nuovo disco, quindi i suoni
sono tarati più sui pezzi nuovi che sui vecchi.
Io cerco sempre di rispettare il suono e la storia
della band, anche se considero la componente
artistica del mio lavoro.
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La cassa da 26 pollici: molta cassa per poco
palco, no?
Una piccola caratteristica è l’uso di un microfono sul battente della cassa, oltre a quello dietro, quindi due AKG D112, per la punta e per la
pancia; per evitare il rientro della retina, molto
forte, uso un compressore comandato dal rullante, così quando suona il rullante il compressore agisce tantissimo, praticamente chiudendo il microfono del battente: fortunatamente i
colpi di cassa e rullante insieme non sono frequenti. Il palco genera tanto suono, ma non mi
crea grossi problemi, ci sono abituato.
Per la voce, invece?
Il cantante usa un vecchio microfono dinamico EV, un RE16, poi il segnale passa da un TC
Helicon con effetti direttamente gestiti da lui,
e a me arriva il suono già effettato, ma il disco
l’ha prodotto lo stesso artista, quindi mi fornisce già un buon suono e non mi crea problemi.
Ci sono delle sequenze o è tutto alla vecchia?
Non ci sono sequenze, ma dei loop mandati
in diretta dal palco, senza click, è tutto molto
SOUND&LITE n. 113_2015
è già leggenda
www.theprojectors.it
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“Per il tour – continua David – in base alla
channel list finale, abbiamo scelto questo grosso mixer analogico, Soundcraft Series Five:
pensavamo di starci con tutti i canali, compresi
quelli del gruppo spalla, ma poi abbiamo dovuto aggiungere un altro mixer digitale per i
Jennifer Gentle. Io ho sempre lavorato in analogico, anche in studio, quindi la scelta del mixer
analogico è stata mia, anche perché così ho tutto sottomano e dal vivo la velocità di intervento
è fondamentale.
“Sul palco ho quattro persone, perché ai tre musicisti dei Verdena si aggiunge un turnista. La
band usa una batteria Ludwig con cassa da 26”,
il batterista è bravo e costante, ed ha anche una
drum machine; il basso usa un Ampeg Micro
Amp, mentre le chitarre sono sia con ampli che
con le dirette; a questi si aggiungono le tastiere con tutti i suoni stereo, per una quarantina di
canali totali. Io uso uno Yamaha SPX990 per il reverse gate ed altre cosine, un delay per le chitarre e un SansAmp per il basso. Come outboard ho
dei dbx 166XL, con attacco e rilascio, dei dbx 160
e un Drawmer DL251 stereo: è quasi tutto compresso, tranne le chitarre e una tastiera”.
“Uso i PA dei locali, molto vari: qui ho un
Martin W8 – ottimo – ma che ho dovuto scavare
intorno ai 3000 Hz; infatti quando arrivo faccio
sempre un’equalizzazione di quello che trovo
per avere un riferimento più o meno costante
tra una data e l’altra”.
SUPERHERO ID
NOME
MYTHOS
NATO
MISSIONE
la forma più avanzata di
proiettore ibrido
LAMPADA
OTTICA
SPOT
BEAM
FOCUS
WASH
COLORI
GOBO
EFFETTI
PRISMA
DESIGN
Lampada a scarica 470W, 7800K. 150.000 lux a 20 m
Lente frontale Ø 160 mm di grandi dimensioni
Zoom elettronico 4°- 50° (Spotlight mode)
Angolo d’apertura 2.5° ed effetto “cilindro” (Beam mode)
Messa a fuoco perfettamente nitida lungo l’intera lunghezza del fascio
Filtro frost per proiezioni soft-edge (Wash mode)
Sistema colori CMY + 14 colori su 3 ruote
6 gobo rotanti dicroici HQ e 18 gobo metallici fissi
Disco di effetti visivi avanzati (disco animazione)
2 prismi rotanti indicizzabili (8-facce e lineare 4-facce)
“Italian Design” brevettato
LIVE CONCERT
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2000 watt pilota una coppia di monitor, in tutto
abbiamo quattro coppie stereo. Hanno un suono molto grezzo ed aggressivo che ai Verdena
piace molto. Ne abbiamo otto sul palco, oltre
ad un sistema Yorkville con un doppio 18” per
il batterista.
“Sul palco – continua Michele – la console è
una Venue SC48, più adatta alle dimensioni
del palco della console analogica. Ho quattro
linee perché, oltre ai tre Verdena, c’è un turnista molto bravo che suona con loro: è un lavoro
che dà molta soddisfazione perché loro sono
dei cultori del suono, quindi occorrono cura e
precisione, ma il risultato è molto gratificante.
Le dinamiche sono tutte interne al banco.
“Col fonico ci siamo trovati molto bene. È molto
bravo e già dalle prove si capiva che sarebbe
stato facile lavorare con lui: la data zero a Torino, in un locale davvero piccolo, è andata molto
bene, e questo ci ha rassicurato: negli altri locali sarebbe andata sicuramente ancora meglio”.
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Lo show
5_ La squadra del service
Big Talu: (da sx) Alessandro
Filipazzi (backliner), Guido
“Talu” Costamagna (resp.
service), Michele Martinelli
(fonico di palco) e Nicola
Costamagna (operatore video).
6_ Nicola Costamagna alla
regia video, composta da un
laptop e una console Chamsys.
7_ Il proiettore da 16.000
ANSI lm.
easy; anche loro hanno registrato tutto il nuovo
disco su un 24 piste analogico, e questa mentalità mi trova d’accordo.
“Il sound fra i pezzi nuovi e vecchi è abbastanza regolare – aggiunge David – ma Verdena
è un gruppo che va molto seguito nel mixaggio, a volte occorre ammorbidire il suono o
fare esplodere le chitarre al punto giusto… a
parte il rullante, si tratta di micro movimenti,
ma anche un solo dB all’interno del mix può
significare molto.
“Il pubblico è molto partecipe – conclude David – canta sempre e mi va anche sopra la voce
del cantante, ma questo mi piace perché aggiunge mood alla serata”.
Big Talu – Il service
Il service piemontese Big Talu fornisce tutto il
materiale audio, luci e video oltre ai mezzi per
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il trasporto e quattro tecnici.
Talu stesso, Guido Costamagna, ci spiega un
po’ della dotazione tecnica: “Ci sono quattro persone in tour: io, Alessandro Filipazzi,
Michele Martinella come fonico di palco e
Nicola Costamagna, operatore video. La mezza produzione è gestita con due furgoni, un
75-quintali ed un 35-quintali, il secondo dedicato al backline.
“L’impianto PA è preso sempre sul posto – continua Guido – ma noi, oltre al monitoraggio di
palco e ai banchi, abbiamo al seguito anche sei
teste mobili spot Robe, sei Robin 100 LEDBeam,
sempre Robe, quattro strobo Martin Atomic e
una console Chamsys per il video, oltre al video
proiettore da 16.000 ANSI lumen noleggiato da
Videorent.
“Ovviamente la console analogica, oltre ad
essere ingombrante, pesa circa 350 chili e, aggiungendo il resto, ci servono quattro facchini
sul posto”.
Il monitoraggio ce lo illustra Michele Martinelli:
“Nel 2011 usavamo come wedge monitor gli
Outline 15” attivi, ma per questa nuova tournée il gruppo ha chiesto un sound meno hi-fi
e più grezzo. Così, dopo varie prove, abbiamo
scelto questi monitor autocostruiti nel 2002 da
Guido che montano un 15” più una tromba da
2”, amplificati con dei Lab.gruppen 2000. Ogni
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Per quanto riguarda l’esecuzione tecnica dello
show, possiamo solo fare i complimenti a tutte
le persone coinvolte. L’audio è stato potente ed
intelligibile, senza far sanguinare i timpani a
nessuno, in particolare nella zona centrale del
pubblico. Questo è già un risultato che supera quello di diversi gruppi blasonati e stranieri
che ho visto all’Estragon nel passato.
A livello visivo, il concerto è già di gran lunga
più di quanto ci si aspetti con un biglietto così
abbordabile. L’illuminazione dipende per lo più
dai proiettori floor; queste sono ovviamente le
sicurezze in questo tipo di situazione: il parco
luci che si trova in altezza varia infatti da posto a posto e deve essere integrato in un paio
di ore. Tutto questo controluce e la mancanza
delle forti key, certo, non rendono facile la fotografia – ma quello è un mio problema, non il
loro – ma si adatta perfettamente al contenuto
musicale e all’immagine della band. I contributi
video prodotti o scelti dai Verdena aggiungono
effetti visivi interessanti e, giustamente, rimangono un po’ sul dadaismo (che sembra anche
riflettere appropriatamente i testi della band,
adesso che ne ho letto qualcuno). Nel contesto
dell’Estragon, la potenza del proiettore è stata appena sufficiente sul fondale non-bianco,
ma non penso che le distanze di proiezione in
questo tour siano mai state molto più lunghe.
Comunque, ancora una volta, Jò ha dimostrato
di essere un maestro anche quando i materiali
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sono minimi. In uno show di queste dimensioni, un designer e un operatore luci che conoscono il materiale trasformano completamente la
percezione dello show.
Vorrei poter scrivere molto anche sul gruppo
“di spalla” Jennifer Gentle, ma ci vorrebbe
spazio che qui non abbiamo. Il loro set mi ha
confermato la stima e mi ha rincuorato confermandomi che ci sono ancora musicisti che
hanno il fegato di andare oltre con stile (e con
un’innegabile maestria) e, grazie al cielo, ci
sono ancora persone disposte ad ascoltarli. Io
mi sono divertito da matti ma il nostro caporedattore (che ha origini e gusti musicali un po’
diversi dai miei), ad un certo punto, si è dovuto
ritirare a stendersi nella sua Phedra.
Spendiamo due parole sulla musica?
Prima di approfondire ricerche o ascolti (ma mai
in sostituzione di quelle), ammetto di essere
spesso colpevole della leggerezza moderna che
è la consultazione di Wikipedia. Perciò, qualche
ora prima di partire per il concerto di questa
band – a me precedentemente sconosciuta,
ma spesso consigliata – ho aperto le pagine di
Wikipedia in italiano e in inglese per trarne,
almeno, qualche informazione di base. In alto
a destra, sotto a qualche foto Wikicommons,
come del resto sulla pagina di più o meno ogni
band della Terra, ho trovato quella che dovrebbe essere una descrizione del genere musicale:
il primo termine, quello che apre una serie di
altri termini inventati dalla più disperata stampa musicale, definisce la musica dei Verdena
come “Alternative Rock”.
In uno dei suoi brani più inflazionati, Neil
Young disse “Hey, hey; my, my; Rock and
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LIVE CONCERT
Unisciti alla Cooperativa
leader in Europa.
Al primo posto per formazione, gestione sicurezza
e qualità dei servizi offerti nel mondo dei tecnici.
JO’ CAMPANA
roll will never die...” e continuano a volergli
dare ragione quelli tra noi che cercano di far
combaciare il rock-n-roll con l’accompagnare
i bambini a scuola presto alla mattina e con il
fischio residuo che rimane nelle orecchie per
più giorni di prima. Un altro verso dello stesso
brano di Young ha segnato l’evento che – come
Altamont ha segnato la triste fine del flower
power – ha annunciato la fine del grunge: citando anche lui Out of the Blue nella sua lettera
d’addio, Kurt Cobain scrisse “It’s better to burn
out than to fade away” (“è meglio estinguersi
consumato in un fuoco lampo che scomparire
lentamente”). Quel punto esclamativo nella
storia del rock and roll è stato il momento in cui
parecchi di noi contemporanei di Cobain hanno
cominciato a capire che il termine “alternative
rock” è una ridondanza – che il vero rock era
tornato ad essere l’alternativa a tutto il resto
e che lo spirito del rock aveva dimostrato per
l’ennesima volta di essere destinato, con poche
eccezioni, a prosperare sulle frange, vivo grazie al nutrimento che trova nel sudore dei club,
sotto il neon dei bar, e di sentirsi stabile solo
con i piedi fermamente piantati su pavimenti di
cemento nudo bagnato dalla birra.
Verdena è una band di rock... alternativo solo a
quello che non lo è. Lasciamo perdere ulteriori
sottocategorie e tassonomie. Jò aveva ragione
e i Verdena hanno guadagnato almeno un fan
quella sera. Il rock non si è bruciato, né è scomparso... a proposito dei Verdena, citerei un’altra canzone che precede quella di Neil Young di
più di due decenni: “Hail!, Hail! Rock ’n’ Roll!;
Deliver me from the days of old!” (Chuck Berry
– School Days).
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“Conosco i Verdena dal 2009 e da allora ho seguito ogni tour
che hanno fatto. Credo che siamo entrati immediatamente
in sintonia – una cosa molto importante per me in
generale. Di Verdena, posso dire che è un gruppo al quale
io sono particolarmente affezionato perché, in qualche
modo, mi danno modo di esprimere quello che con altri
artisti con cui collaboro magari non esprimo; non è che
questo rappresenta un limite di questi artisti però, visto il
genere musicale e visto anche la tipologia di persone che
sono loro, per me lavorare con i Verdena è ‘terapeutico’,
mi fanno bene, mi fanno respirare. Alla veneranda età
di 52 anni, ho bisogno anche di situazioni di questo tipo
per rinfrescarmi e per rinnovare anche l’entusiasmo e la
passione che sono fondamentali per continuare a fare
questo lavoro.
“La musica di questo gruppo richiede un ascolto molto
attento per poter fare una programmazione – non è che
ogni canzone ha il solito strofa-strofa-ritornello-strofa –
ma è anche un gruppo che non ha delle grandi richieste
illuminotecniche. Infatti, con le situazioni e le possibilità
di illuminazione frontale che si trovano nei club, questo
rende la situazione più fattibile. Posso poi concentrarmi
sul gioco del buio e delle ombre, dei tagli, il controluce ecc.
“In queste situazioni, fondamentalmente la disponibilità
di materiale illuminotecnico è piuttosto limitata, quindi, si
arrangia con quello che si trova. Quest’anno, per la prima
volta è stato fatto un piccolo passo, portando in tour un
videoproiettore e una serie di illuminatori appoggiati sul
palco che rappresentano un po’ l’ossatura del concerto, al
di là del parco luci che si trova da volta in volta sul posto
e che va ad integrare. La dotazione luci in tour è proprio
minimale: sei spot, sei motorizzati a LED piccoli di lato,
tutta roba a terra, e quattro Atomic – giusto ciò che è
sufficiente per avere una traccia per la programmazione e
per formare una base costante dello show alla quale si va
ad aggiungere il materiale che si trova sul posto.
“Le proiezioni non dovevano essere proprio un grande
‘bingo’, ma semplicemente un elemento visivo in più
su qualche brano. Abbiamo scelto il fondale nonbianco perché sarebbe stato poco convincente per il
resto dell’impatto visivo averne uno bianco... perciò, le
proiezioni non vengono evidenziate moltissimo”.
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SOUND&LITE n. 113_2015