Politiche dell`istruzione in Europa

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Politiche dell`istruzione in Europa
Michele Barghini
Politiche dell'istruzione in Europa
Una visione d'insieme
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Introduzione
1. Le competenze europee
2. La legislazione
2.1 Sintesi generale
2.2 Il processo di Bologna
2.3 Il processo di Copenhagen
3. L'opera del Parlamento Europeo 2007-2013
3.1 La scuola dell'infanzia
3.2 L'abbandono scolastico precoce
3.3 Il quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente
3.4 Il processo di Bologna nel contesto del Parlamento
3.5 Il riconoscimento delle qualifiche professionali
3.6 Ripensare l'istruzione
3.7 Le nuove tecnologie e le risorse educative aperte
4. La mobilità europea
4.1 Introduzione
4.2 Un po' di storia
4.3 Qualche dato sui risultati ad oggi
4.4 Il nuovo programma Erasmus+
Introduzione
L'istruzione ha un valore fondamentale per l'Unione Europea. Senza la capacità di fornire ai giovani
e giovanissimi di oggi gli strumenti per affrontare il futuro, nessuna Unione Europea avrà la
possibilità di affrontare i numerosi ostacoli e le numerose sfide che si parano al suo orizzonte.
Questo è tanto più vero ora, che in molti Stati membri la disoccupazione giovanile sta
raggiungendo livelli sempre più preoccupanti. La generale rassegnazione ad una situazione
stagnante, la sfiducia verso il futuro, l'incapacità di riuscire a sognare un domani migliore,
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conducono un numero crescente di giovani non solo a smettere di cercare un impiego che non
credono più di essere in grado di trovare, ma persino a cessare ogni attività formativa ormai vista
come inutile e persino dannosa in quanto fonte di spese spesso diventate poco sostenibili.
Si tratta di uno spreco enorme di risorse intellettuali il cui costo, già ora, è destinato a pesare sul
futuro dell'Unione in maniera pesante. Non solo. La cosiddetta fuga dei cervelli, espressione ormai
diventata proverbiale, sottrae materiale umano indispensabile alle nostre economie, e avvantaggia
quelle altrui. L'imponente disoccupazione e disperazione sociale rischiano invece, al contrario, di
nutrire quelle economie sommerse che troppo spesso significano delinquenza e criminalità.
Occorre quindi che l'Unione faccia la sua parte, non solo procurando di riavviare il motore
produttivo europeo e lasciarsi definitivamente la crisi alle spalle, ma intervenendo da un lato per
minimizzare i danni, e dall'altro perché in futuro le criticità esasperate dalla congiuntura negativa
non si ripetano nei medesimi termini. Non c'è da farsi illusioni su questo: la mobilità della forza
lavoro deve incrementarsi, se vogliamo sperare di appaiare offerta e domanda nel migliore dei
modi, e questo deve essere fatto evitando ogni forma di dumping e competizione al ribasso che
nuocerebbe allo scopo invece di aiutare. Si tratta di sfide importanti nell'ambito delle quali il
legislatore europeo può fare molto; parte di questi compiti esulano dal settore dell'istruzione, ma
c'è molto che può e deve essere fatto anche in questo campo. Instillare nei giovani l'abitudine a
spostarsi dal proprio luogo di origine, andando a studiare lontano da casa, possibilmente in un
contesto straniero e rescindendo quindi precocemente il legame con la famiglia, responsabilizza e
aiuta la maturazione dei giovani, contribuendo in modo determinante ad aprire ai futuri cercatori
di impiego un mondo di possibilità, conoscenze, e modi di pensare che allargano l'orizzonte
mentale e professionale dei ragazzi. In questo contesto si colloca la necessità di sviluppare prima
possibile le competenze linguistiche, che sono indispensabili allo scopo di travalicare gli ostacoli
nazionali e permettere di usufruire dell'intera gamma di opportunità offerte dal panorama
europeo.
Ultimo, ma non meno importante, e anzi fondamentale in questi tempi di euroscetticismo, a
cadere non devono essere tanto, o solo, le barriere doganali o i confini nazionali o linguistici, ma
quelli psicologici e culturali. Dobbiamo volere una generazione per la quale uscire dai confini
dell'Italia per andare in Germania, in Francia, in Polonia, non è espatriare, non è vivere in esilio, ma
è rimanere in Europa. Dobbiamo volere una generazione che è orgogliosa di contribuire al
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benessere di un altro Stato come se fosse il suo, perché è anche il suo.
Non nascondiamocelo: questa è una battaglia dura, anzi forse la più dura di tutte, perché si scontra
con resistenze antiche che fanno parte del retaggio storico e culturale di ognuno di noi. Eppure fino
a che non esisterà un senso di comunità di fatto, oltre che di diritto, al di là delle belle proposizioni
di circostanza che sempre vengono offerte al pubblico per l'occasione, tutti i tentativi e le
costruzioni politiche del mondo cadranno nel vuoto. E questo sentimento di appartenenza va
costruito sin da piccoli, rinforzato durante la crescita e sviluppato appieno negli anni della
formazione. La scuola può essere lo strumento principalmente deputato a questo. Non soltanto
inculcando un'idea di Europa più aperta, ma mostrando nella pratica che è proprio così. Certo,
nulla di tutto ciò è possibile senza la convergenza dei corsi di studio, la riconoscibilità dei titoli, la
portabilità dei crediti, e molto altro. Eppure il percorso è aperto e la strada è segnata. Dobbiamo
solo trovare la forza di percorrerla fino in fondo.
1. Le competenze europee
Le competenze europee in materia di istruzione sono chiaramente delineate nella Parte Prima,
Titolo I, Articoli 2 e 6, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
L’Articolo 2, comma 5, stabilisce: “In taluni settori e alle condizioni previste dai trattati, l'Unione ha
competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati
membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza in tali settori.”
L’Articolo 6 specifica invece in quali dei settori previsti dall’Articolo 2 l’Unione può esercitare la
competenza suddetta: “L'Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare
o completare l'azione degli Stati membri. I settori di tali azioni, nella loro finalità europea, sono i
seguenti: [...] e) istruzione, formazione professionale, gioventù e sport.”
Quella nel settore dell’istruzione è quindi una competenza di sostegno, coordinamento o
completamento delle politiche nazionali realizzate dai singoli Stati membri. Questo significa che in
ultima analisi gli Stati sono responsabili dei loro sistemi di istruzione, sia dal punto di vista
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contenutistico che organizzativo, mentre l’Europa, dal canto suo, può intervenire soltanto se e in
quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli
Stati membri né a livello centrale né a livello regionale e locale, in base al principio di sussidiarietà
(TFUE, Articolo 5).
In base a tutto questo, il Trattato sull’Unione Europea dettaglia al Titolo XII, Articoli 165 e 166, il
campo di intervento dell’Unione stessa. Converrà riportare per intero il Titolo XII qui di seguito.
TITOLO XII: ISTRUZIONE, FORMAZIONE PROFESSIONALE, GIOVENTÙ E SPORT
Articolo 165
1. L'Unione contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra
Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione nel pieno rispetto della
responsabilità degli Stati membri per quanto riguarda il contenuto dell'insegnamento e
l'organizzazione del sistema di istruzione, nonché delle loro diversità culturali e linguistiche.
L'Unione contribuisce alla promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto delle sue
specificità, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale ed educativa.
2. L'azione dell'Unione è intesa:
— a sviluppare la dimensione europea dell'istruzione, segnatamente con l'apprendimento e la
diffusione delle lingue degli Stati membri;
— a favorire la mobilità degli studenti e degli insegnanti, promuovendo tra l'altro il riconoscimento
accademico dei diplomi e dei periodi di studio;
— a promuovere la cooperazione tra gli istituti di insegnamento;
— a sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di
istruzione degli Stati membri;
— a favorire lo sviluppo degli scambi di giovani e di animatori di attività socioeducative e a
incoraggiare la partecipazione dei giovani alla vita democratica dell'Europa;
— a incoraggiare lo sviluppo dell'istruzione a distanza;
— a sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l'equità e l'apertura nelle
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competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo
l'integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi.
3. L'Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni
internazionali competenti in materia di istruzione e di sport, in particolare con il Consiglio
d'Europa.
4. Per contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo:
— il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando in conformità della procedura legislativa
ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni,
adottano azioni di incentivazione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni
legislative e regolamentari degli Stati membri,
— il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta raccomandazioni.
Articolo 166
1. L'Unione attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli
Stati membri, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il
contenuto e l'organizzazione della formazione professionale.
2. L'azione dell'Unione è intesa:
— a facilitare l'adeguamento alle trasformazioni industriali, in particolare attraverso la formazione
e la riconversione professionale,
— a migliorare la formazione professionale iniziale e la formazione permanente, per agevolare
l'inserimento e il reinserimento professionale sul mercato del lavoro,
— a facilitare l'accesso alla formazione professionale ed a favorire la mobilità degli istruttori e delle
persone in formazione, in particolare dei giovani,
— a stimolare la cooperazione in materia di formazione tra istituti di insegnamento o di
formazione professionale e imprese,
— a sviluppare lo scambio di informazioni e di esperienze sui problemi comuni dei sistemi di
formazione degli Stati membri.
3. L'Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni
internazionali competenti in materia di formazione professionale.
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4. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e
previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle Regioni, adottano le
misure atte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al presente articolo, ad esclusione di
qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e il
Consiglio, su proposta della Commissione, adotta raccomandazioni.
Lingue, mobilità, cooperazione, scambio di informazioni e buone pratiche, scambi di giovani, elearning, sono dunque i principali nodi di intervento dell'Unione per quanto riguarda l'istruzione;
mentre per quanto concerne la formazione professionale, l'Europa si focalizza su riconversione,
formazione iniziale e permanente, mobilità, cooperazione e scambio di informazioni e buone
pratiche.
Il testo ribadisce esplicitamente l’impossibilità per la legislazione dell’Unione di armonizzare le
disposizioni di legge o regolamentari degli Stati membri. In altri termini, nessuna misura
dell’Unione può comportare un intervento diretto a uniformare le pratiche che ogni paese conduce
nei punti sopra elencati. Questo implica che le attività e le iniziative dell’Europa saranno in
generale limitate all’implementazione di metodi per portare in contatto le varie professionalità in
materia, in modo che gli Stati possano selezionare idee e misure che ritengono adeguate ed
importarle eventualmente nella propria legislazione. Quindi, per quanto riguarda gli strumenti a
disposizione del legislatore, essi sono quelli convenzionalmente stabiliti dai Trattati: regolamenti,
direttive e decisioni, deliberate secondo la procedura ordinaria di codecisione tra Parlamento e
Consiglio, e in più le raccomandazioni che il Consiglio ha facoltà di emanare indipendentemente.
Tuttavia, a causa del fatto che la competenza in materia di istruzione è di coordinamento e
supporto, la raccomandazione, che non è un atto legislativo e non è vincolante, viene usata in
maniera più estensiva che in altri casi. Vediamo come.
Il Metodo Aperto di Coordinamento
L'impossibilità pratica di intervenire direttamente nelle legislazioni nazionali è vista a volte con
disagio, a volte con sollievo, specie da parte di coloro che guardano con sospetto ogni intervento
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dell'Unione nelle faccende nazionali definendole ingerenze. Per questo è invalso, a partire dal 2000
e specialmente nelle questioni che riguardano le politiche sociali e dell'istruzione, il cosiddetto
Metodo di Coordinamento Aperto adottato per la prima volta nel quadro della Strategia di Lisbona.
Il metodo di coordinamento aperto fornisce un nuovo quadro di cooperazione tra gli Stati membri
per far convergere le politiche nazionali al fine di realizzare certi obiettivi comuni. Contestualmente
a questo metodo intergovernativo, gli Stati membri sono valutati da altri Stati membri (“peer
pressure”) e la Commissione si limita a svolgere un ruolo di sorveglianza. Il Parlamento europeo e
la Corte di giustizia sono quasi completamente estranei al processo del metodo di coordinamento
aperto.
Il metodo di coordinamento aperto funziona appunto in ambiti che rientrano nella competenza
degli Stati membri quali l'occupazione, la protezione sociale, l'inclusione sociale, l'istruzione, la
gioventù e la formazione.
Esso si basa essenzialmente su:
identificazione e definizione congiunta di obiettivi da raggiungere (adottati dal Consiglio);
strumenti di misura definiti congiuntamente (statistiche, indicatori, linee guida);
il benchmarking, vale a dire l'analisi comparativa dei risultati degli Stati membri e lo scambio di
pratiche ottimali (sorveglianza effettuata dalla Commissione).
A seconda dei diversi ambiti il metodo di coordinamento aperto comporta misure dette di soft law
che sono più o meno vincolanti per gli Stati membri, ma che non si configurano mai in forma di
direttive, di regolamenti o di decisioni. Ad esempio, nel quadro della strategia di Lisbona, il metodo
di coordinamento aperto imponeva agli Stati membri di elaborare piani di riforma nazionali e di
trasmetterli alla Commissione.
2. La legislazione
2.1 Sintesi generale
Per comodità, possiamo considerare come quadri legislativi generali al cui interno è possibile
rinvenire gli indirizzi più recenti in materia di policy sull'istruzione i testi seguenti:
A. il quadro strategico per la cooperazione europea nell’istruzione e formazione “ET2020”;
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B. le priorità per una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione
professionale per il periodo 2011-2020;
C. il Quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù (2010-2018).
Il programma “Istruzione e formazione 2020” (ET 2020)
Il programma, detto anche quadro strategico aggiornato per la cooperazione europea nel settore
dell'istruzione e della formazione, prende le mosse dai progressi realizzati nel quadro del
programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” (ET 2010). Esso istituisce degli obiettivi
strategici comuni per gli Stati membri, incluso un certo numero di misure volte a raggiungere gli
obiettivi stabiliti, nonché metodi di lavoro comuni che definiscono una serie di settori prioritari per
ciascun ciclo di lavoro periodico.
Lo scopo essenziale del quadro strategico è incoraggiare il miglioramento dei sistemi d'istruzione e
di formazione nazionali, i quali devono fornire i mezzi necessari per porre tutti i cittadini nelle
condizioni di realizzare appieno le proprie potenzialità, nonché garantire una prosperità economica
sostenibile e l'occupabilità. Il quadro strategico dovrebbe abbracciare i sistemi di istruzione e
formazione nel loro complesso, in una prospettiva di apprendimento permanente, contemplando
l’apprendimento in tutti i contesti, siano essi non formali o informali, e a tutti i livelli.
Il quadro dovrebbe affrontare, in particolare, i seguenti quattro obiettivi strategici:
1.
fare in modo che l'apprendimento permanente e la mobilità divengano una realtà: è
necessario proseguire i lavori di attuazione delle strategie di apprendimento permanente, di
sviluppo dei quadri nazionali delle qualifiche collegati al Quadro europeo delle qualifiche e di
creazione di percorsi di apprendimento più flessibili. Occorre intensificare la mobilità e applicare i
principi sanciti nella Carta europea di qualità per la mobilità;
2.
migliorare la qualità e l'efficacia dell'istruzione e della formazione: tutti i cittadini devono
essere in grado di acquisire le competenze fondamentali; l’eccellenza e l’attrattiva dell'istruzione e
della formazione devono essere sviluppate a tutti i livelli;
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3.
promuovere l'equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva: le politiche d'istruzione e di
formazione devono fare in modo che tutti i cittadini siano in grado di acquisire e sviluppare le loro
competenze professionali e le competenze essenziali necessarie per favorire la propria occupabilità
e l'approfondimento della loro formazione, la cittadinanza attiva e il dialogo interculturale. Lo
svantaggio educativo dovrebbe essere affrontato fornendo un'istruzione della prima infanzia di
qualità elevata e un’istruzione inclusiva;
4.
incoraggiare la creatività e l'innovazione, inclusa l'imprenditorialità, a tutti i livelli
dell'istruzione e della formazione: occorre incoraggiare l'acquisizione di competenze trasversali da
parte di tutti i cittadini e garantire il buon funzionamento del triangolo della conoscenza
(istruzione/ricerca/innovazione). Occorre promuovere i partenariati tra il mondo imprenditoriale e
gli istituti di formazione, e incoraggiare comunità di insegnamento più ampie, comprendenti
rappresentanti della società civile e altre parti interessate.
Per misurare i progressi conseguiti in rapporto agli obiettivi, si applicano gli indicatori e i criteri di
riferimento europei.
Nell'ambito degli sforzi volti a conseguire gli obiettivi strategici sopra menzionati, devono essere
rispettati diversi principi. Fra di essi, vi è l'attuazione della cooperazione europea nei settori
dell'istruzione e della formazione in una prospettiva di apprendimento permanente facendo un
uso più efficace del metodo di coordinamento aperto (vedi sopra) e sviluppando sinergie tra i
differenti settori dell'istruzione e della formazione. La cooperazione europea nei settori
dell'istruzione e della formazione deve essere intersettoriale e trasparente, e coinvolgere le aree
politiche correlate e tutte le pertinenti parti interessate. I risultati della cooperazione devono
essere diffusi e rivisti regolarmente. Si dovrebbe tendere altresì a una stretta sinergia con i processi
di Copenaghen e di Bologna, nonché a un dialogo e a una cooperazione rafforzati con i paesi terzi e
le organizzazioni internazionali.
Per poter disporre di metodi di lavoro efficaci e flessibili nel contesto della cooperazione europea
in materia di istruzione e formazione, il quadro strategico prevede una serie di cicli di lavoro fino al
2020, il primo dei quali copriva il periodo 2009-2011. Per ciascun ciclo il Consiglio adotterà vari
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settori prioritari fondati sugli obiettivi strategici indicati. La cooperazione deve essere realizzata
mediante iniziative di apprendimento reciproco, sulla base di mandati, scadenzari e risultati
previsti ben definiti. I risultati della cooperazione saranno ampiamente diffusi tra tutte le parti
interessate e la classe politica al fine di migliorarne la visibilità e l'impatto. Al termine di ciascun
ciclo dovrebbe essere elaborata una relazione comune del Consiglio e della Commissione
sull’andamento dei lavori, anche per stabilire una nuova serie di settori prioritari per il ciclo
successivo. Insieme agli Stati membri, la Commissione controllerà la cooperazione nell'istruzione e
nella formazione.
Gli Stati membri devono collaborare utilizzando il metodo di coordinamento aperto al fine di
sviluppare la cooperazione europea nell’istruzione e nella formazione, sulla base degli obiettivi
strategici, dei principi e dei metodi di lavoro di cui sopra. Allo stesso tempo, gli Stati membri
devono adottare misure nazionali per raggiungere gli obiettivi strategici e contribuire al
raggiungimento dei criteri di riferimento europei.
Il quadro strategico per la cooperazione europea nell’istruzione e formazione “ET2020”
Le priorità per una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione
professionale per il periodo 2011-2020 sono inestricabilmente legate al processo di Copenhagen.
Queste priorità, in effetti, non sono altro che quelle che il processo in questione si propone per il
periodo cronologico in esame, e costituiscono la ratifica di quanto concordato all'interno del
Comunicato di Bruges, per il quale vedi sotto.
Nel quadro di queste priorità, entro il 2020, i sistemi di IFP dovrebbero essere resi più attrattivi e
inclusivi, capaci di fornire un insegnamento di qualità ed elevata pertinenza ai fini del mercato del
lavoro. Devono essere sufficientemente flessibili da consentire la permeabilità tra diversi sistemi di
insegnamento (istruzione scolastica, istruzione superiore, ecc.). L’IFP continua deve essere
facilmente accessibile e più orientata alla carriera. Devono aumentare le possibilità di svolgere una
parte della propria istruzione o formazione professionale all’estero.
Obiettivi 2011-2020
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Sono stati definiti vari obiettivi strategici da realizzare entro il 2020, tutti corredati da obiettivi a
breve termine (2011-2014) che dovranno essere perseguiti a livello nazionale e da precisazioni sul
sostegno fornito dall’Unione europea (UE) per la relativa realizzazione. Sono emersi sei obiettivi
strategici, ovvero:
1.
rendere l’IFP iniziale un’opzione di apprendimento attrattiva. A breve termine, si invitano le
autorità nazionali a promuovere l’attrattiva dell’IFP, ma anche a sostenere le attività che
consentono agli studenti di familiarizzarsi con le varie categorie professionali e le opportunità di
carriera offerte.
2.
Promuovere l’eccellenza, la qualità e la pertinenza dell’IFP ai fini del mercato del lavoro. Entro
la fine del 2014, si dovrà finire l’introduzione di quadri nazionali per la garanzia della qualità. Si
dovrà rafforzare anche la cooperazione tra istituti di IFP e le imprese, in particolare mediante
tirocini presso le imprese per gli insegnanti. Gli istituti di IFP dovrebbero anche ricevere
informazioni sull’occupabilità dei diplomati dell’IFP.
3.
Rendere più flessibili le condizioni d’accesso alla formazione e alle qualifiche. A livello
nazionale e a breve termine, sarà necessario riesaminare il ricorso a incentivi per la partecipazione
all’IFP e i diritti e obblighi delle parti interessate. Le autorità nazionali dovrebbero anche adottare
adeguate iniziative per incoraggiare la partecipazione all’IFP continua.
4.
Promuovere la mobilità internazionale nell’IFP. Al riguardo, gli Stati membri dovrebbero in
particolare incoraggiare gli studenti e i professionisti del settore a partecipare a un programma di
mobilità, ma dovrebbero anche incoraggiare le autorità locali e regionali e i fornitori di IFP a
sviluppare
strategie
di internazionalizzazione.
Nei programmi
dovrà
essere
integrato
l’apprendimento delle lingue.
5. Promuovere innovazione, creatività e imprenditorialità, nonché l’uso delle nuove tecnologie. A
livello nazionale, dovrebbero essere incoraggiati i partenariati fra istituti di IFP, istituti di istruzione
superiore, centri di design, arte, ricerca e innovazione. Gli istituti di IFP dovrebbero essere dotati
delle attrezzature necessarie in materia di nuove tecnologie. La promozione delle esperienze
pratiche nelle imprese dovrebbe incoraggiare un maggiore spirito imprenditoriale.
6.
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Rendere l’IFP inclusiva, in particolare massimizzando il suo contributo alla lotta contro la
dispersione scolastica. Si dovrebbe favorire la partecipazione delle persone scarsamente qualificate
e di altri gruppi “a rischio” attraverso servizi di sostegno e di orientamento adeguati, l’utilizzo delle
nuove tecnologie e dei sistemi di monitoraggio esistenti.
Il Consiglio definisce parimenti quattro obiettivi trasversali:
A.
potenziare il coinvolgimento delle parti IFP interessate e la visibilità dei risultati della
cooperazione europea;
B.
coordinare la governance degli strumenti europei e nazionali nei settori della trasparenza, del
riconoscimento, della garanzia della qualità e della mobilità;
C. intensificare la cooperazione tra l’IFP e gli altri settori politici pertinenti;
D.
migliorare la qualità e la comparabilità dei dati per la definizione delle politiche in materia di
IFP a livello UE.
Il quadro rinnovato di cooperazione europea in materia di gioventù
Il quadro, per il periodo 2010-2018, punta a due obiettivi globali correlati:
1. creare, all'insegna della parità, maggiori opportunità nell'istruzione e nel mercato del lavoro;
2. promuovere la cittadinanza attiva, l'inclusione sociale e la solidarietà.
A tal fine si sviluppano e si promuovono iniziative specifiche rivolte ai giovani e iniziative di
integrazione per inserire le questioni relative ai giovani in altre politiche. Il quadro rinnovato
delinea otto campi d’azione in cui vanno avviate iniziative intersettoriali per sostenere i giovani:
istruzione e formazione;
occupazione e imprenditorialità;
salute e benessere;
partecipazione;
volontariato;
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inclusione sociale;
i giovani nel mondo;
creatività e cultura.
La cooperazione europea in materia di gioventù deve osservare alcuni principi guida e nello
specifico:
A. promuovere il principio delle parità di genere;
B. combattere la discriminazione in qualsiasi forma;
C. tenere presente le differenze tra i giovani soprattutto di quelli più svantaggiati;
D. prevede la partecipazione dei giovani all’elaborazione delle politiche.
La cooperazione europea dovrebbe fondarsi su dati certi ed essere pertinente e concreta.
Dovrebbe produrre risultati chiari e visibili che dovrebbero essere presentati, riesaminati e diffusi
periodicamente. Dovrebbe avvenire nel quadro rinnovato del metodo di coordinamento aperto. Il
successo dipende dall’impegno politico degli Stati membri e dai metodi di lavoro basati su:

una serie di 3 cicli triennali (il primo ciclo ha coperto il triennio 2010-2012);

una priorità tematica generale per ogni trio di presidenza e priorità specifiche per ogni
paese della presidenza che contribuiranno alla priorità tematica generale ;

strumenti di attuazione (acquisizione di conoscenze, apprendimento reciproco, relazioni
sull'andamento dei lavori, divulgazione dei risultati, controllo del processo, dialogo con i
giovani, mobilitazione dei programmi e fondi dell’UE).
Nell’ambito di questo quadro rinnovato di cooperazione europea è necessario rafforzare il ruolo
dell’animazione socioeducativa che deve essere sostenuta e riconosciuta per il suo contributo
sociale ed economico. Il dibattito dovrebbe evidenziare la formazione, il riconoscimento di
competenze e la mobilità degli operatori ed animatori socioeducativi e sulla promozione di
soluzioni innovative nell’ambito dell’animazione socioeducativa.
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Gli Stati membri sono chiamati a collaborare sulla base di questa risoluzione per migliorare la
cooperazione europea nel settore della gioventù e sono invitati ad adottare a livello nazionale
misure che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi delineati per tale cooperazione.
La Commissione è invitata a collaborare con gli Stati membri e a sostenere la loro cooperazione in
questo quadro. Si invita la Commissione a monitorare la realizzazione degli obiettivi e in questo
contesto essa dovrebbe istituire un gruppo di lavoro che discuta i dati disponibili sulla situazione
dei giovani e valutare la necessità di elaborare nuovi indicatori in settori collegati ai giovani. Inoltre
si invita la Commissione a proporre attività di apprendimento tra pari e avviare studi pertinenti.
2.1. Il Processo di Bologna
Il processo di Bologna è un processo di riforma internazionale dei sistemi di istruzione superiore
dell'Unione Europea, che si era originariamente riproposto di realizzare, entro il 2010, lo Spazio
europeo dell'istruzione superiore.
Nel 1999, una Dichiarazione congiunta di 29 Ministri dell'istruzione ha dato vita a quello che sarà
poi noto come Processo di Bologna. La dichiarazione di Bologna del 19 giugno 1999 è stata
sottoscritta da 30 paesi europei, fra cui i 15 Stati membri dell’UE dell’epoca (Austria, Belgio,
Germania, Danimarca, Grecia, Spagna, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi,
Portogallo, Svezia, Regno Unito) e i 10 paesi che hanno aderito all’Unione europea il 1° maggio
2004 (Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Slovenia,
Slovacchia). Sono firmatari anche l’Islanda, la Norvegia e la Confederazione svizzera, come pure la
Bulgaria e la Romania che sono Stati membri dell’UE dal 1° gennaio 2007. Il Kazakstan ha aderito al
processo di Bologna nel marzo 2010.
Attualmente, 47 paesi partecipano al processo di Bologna dopo aver soddisfatto le condizioni e le
procedure di adesione. Paradossalmente, quindi, il processo di Bologna, dal momento che riguarda
molte più nazioni degli Stati membri dell’Unione, non ha luogo all’interno del panorama
istituzionale europeo.
Tuttavia, tra i 47 membri c’è anche la Commissione Europea; l’Unione è quindi parte integrante di
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questo processo, dai risultati del quale non può prescindere e al quale comunque guarda. Scopo
finale di quello che possiamo considerare il punto di partenza di tutte le successive iniziative
europee in materia di istruzione era quello di introdurre un sistema di titoli accademici che fossero
facilmente riconoscibili e comparabili, oltre alla necessità di promuovere la mobilità e in generale
di assicurare un insegnamento di alta qualità al cui interno fosse stata riportata la dimensione
europea.
La dichiarazione di Bologna è stata un impegno volontario di ciascun paese firmatario a riformare il
proprio sistema di insegnamento: tale riforma non è imposta ai governi nazionali o alle università.
La dichiarazione di Bologna si articola in sei azioni:
a.
un sistema di titoli accademici facilmente riconoscibili e comparabili. Comprende
l’attuazione di un supplemento al diploma condiviso per migliorare la trasparenza;
b.
un sistema fondato essenzialmente su due cicli: un primo ciclo utile per il mercato del
lavoro di una durata di almeno 3 anni e un secondo ciclo (Master) che richiede il completamento
del primo ciclo;
c.
un sistema di cumulo e trasferimento di crediti del tipo ECTS, utilizzato nell’ambito degli
scambi Erasmus;
d.
la mobilità degli studenti, degli insegnanti e dei ricercatori: l’eliminazione di tutti gli ostacoli
alla libertà di circolazione;
e.
la cooperazione per assicurare la qualità;
f.
la dimensione europea nell’insegnamento superiore: accrescere il numero di moduli e di
filoni d’insegnamento e di studio, il cui contenuto, orientamento o organizzazione presentino una
dimensione europea.
Da quel momento, nel corso degli anni si sono succeduti una serie di incontri ufficiali dei Ministri
firmatari volti a stabilire a che punto fosse la messa a punto degli obiettivi stabiliti per il Processo.
In sintesi, i risultati dei vari incontri sono i seguenti.
Comunicato di Praga (2001): la creazione di uno Spazio europeo di istruzione superiore
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Il comunicato di Praga ha aggiunto le seguenti azioni al processo di Bologna:
1.
l’apprendimento permanente, un elemento essenziale dello Spazio europeo dell’istruzione
superiore (EHEA), per accrescere la competitività economica;
2.
il coinvolgimento degli istituti di insegnamento superiore e degli studenti: i ministri
sottolineano l’importanza della partecipazione delle università, degli altri istituti superiori e degli
studenti per creare uno Spazio europeo dell'istruzione superiore in modo costruttivo;
3.
la promozione dello Spazio europeo dell’istruzione superiore tra gli studenti in Europa e tra
quelli delle altre parti del mondo.
Comunicato di Bergen (2005): raggiungere gli obiettivi dello Spazio europeo dell'istruzione
superiore
Il comunicato di Bergen constata la realizzazione di progressi significativi riguardo agli obiettivi del
processo di Bologna.
Comunicato di Londra (2007): rispondere alle sfide di un mondo globalizzato
Nel Comunicato di Londra, valutati buoni i progressi raggiunti fino a quel momento, si è rivolta
l'attenzione alle azioni seguenti:
1.
promuovere la mobilità degli studenti e dei docenti, nonché sviluppare misure per valutare
tale mobilità;
2.
valutare l’impatto delle strategie nazionali sulla dimensione sociale dell’istruzione;
3.
sviluppare indicatori e dati volti a misurare i progressi relativamente a mobilità e
dimensione sociale;
4.
esaminare come migliorare l’occupabilità in relazione al sistema di titoli accademici a tre
cicli e nel contesto dell’apprendimento permanente;
5.
17
migliorare la diffusione delle informazioni sullo Spazio europeo dell’istruzione superiore e il
suo riconoscimento nel mondo;
6.
continuare a fare un bilancio dei progressi verso l’EHEA, sviluppando in tale bilancio l’analisi
qualitativa.
Comunicato di Lovanio (2009): il Processo di Bologna 2020
Il Comunicato ha valutato che permanevano ancora alcuni obiettivi da raggiungere interamente e
da applicare in modo adeguato a livello europeo, nazionale ed istituzionale. Il comunicato ha
stabilito quindi che il processo di Bologna proseguisse oltre il 2010 con le seguenti priorità per il
decennio successivo:
1.
offrire un accesso paritario a un’istruzione di qualità – la partecipazione all’istruzione
superiore dovrebbe essere ampliata; in particolare, occorre garantire agli studenti appartenenti ai
gruppi sottorappresentati le condizioni necessarie per parteciparvi;
2.
accrescere la partecipazione all’apprendimento permanente – occorre garantire l’accesso
all’apprendimento permanente, la sua qualità nonché la trasparenza delle informazioni che lo
riguardano. Le politiche in materia di apprendimento permanente dovrebbero essere attuate
insieme a quadri nazionali delle qualifiche e attraverso solidi partenariati fra tutte le parti
interessate;
3.
promuovere l’occupabilità – le parti interessate dovrebbero collaborare per innalzare le
qualifiche iniziali, rinnovare una manodopera qualificata e migliorare l’offerta, l’accesso e la qualità
dei servizi di orientamento alla carriera e all’impiego. Occorre inoltre incoraggiare ulteriormente
l’inclusione di periodi di stage nei programmi di studio nonché la formazione sul posto di lavoro;
4.
sviluppare risultati di apprendimento incentrati sugli studenti e missioni di insegnamento –
ciò dovrebbe comprendere lo sviluppo di punti di riferimento internazionali per diverse aree
tematiche e il miglioramento della qualità dell’insegnamento dei programmi di studio;
5.
integrare fra loro istruzione, ricerca e innovazione – l’acquisizione di competenze in materia
di ricerca va potenziata, la ricerca dovrebbe essere maggiormente integrata nei programmi di
dottorato e le prospettive di carriera per i ricercatori nella fase iniziale della loro carriera
dovrebbero essere rese più attraenti;
18
6.
aprire gli istituti d’istruzione superiore alle sedi di cooperazione internazionale – gli istituti
europei dovrebbero internazionalizzare maggiormente le loro attività e collaborare a livello
globale;
7.
accrescere le opportunità di mobilità e la qualità della mobilità – entro il 2020 il 20% dei
laureati dovrebbe avere effettuato un periodo di studio o di formazione all’estero;
8.
migliorare la raccolta dei dati – dovrebbero essere raccolti dati per monitorare e valutare i
progressi compiuti verso gli obiettivi del processo di Bologna;
9.
sviluppare strumenti multidimensionali per la trasparenza – per acquisire informazioni
dettagliate sugli istituti d’istruzione superiore e i loro programmi occorre sviluppare strumenti per
la trasparenza insieme alle principali parti interessate. Tali strumenti dovrebbero basarsi su dati
comparabili e indicatori adeguati nonché tenere conto dei principi di certificazione della qualità e
riconoscimento del processo di Bologna;
10.
garantire i finanziamenti – dovrebbero essere individuate nuove e diversificate soluzioni di
finanziamento a complemento dei finanziamenti pubblici.
Il primo decennio del processo di Bologna si chiudeva così con una valutazione complessivamente
buona, ma anche con l'esigenza di portare avanti gli obiettivi ivi stabiliti.
Comunicazione di Bucharest (2012)
Ad oggi la prima comunicazione sul processo di Bologna nel nuovo decennio, questo testo ha
sottolineato come le priorità per l'immediato futuro dei sistemi di istruzione europei debbano
essere la mobilità, l'utilità ai fini dell'impiego, e l'innalzamento generale della qualità.
2.2 Il Processo di Copenhagen
Il processo di Copenaghen è una strategia orientata al mercato del lavoro dell’UE volta all’aumento
dell'attrattiva della formazione professionale (o IFP, istruzione e formazione professionale).
Il processo di Copenaghen prende il via dalla Dichiarazione di Copenaghen del 2002 elaborata
nell’ambito della Strategia di Lisbona, avviata nel 2000 in risposta alle sfide della globalizzazione e
19
dell’invecchiamento della popolazione nell’UE. Contrariamente al Processo di Bologna, l’obiettivo
del Processo di Copenaghen non è l’armonizzazione internazionale dei sistemi di formazione
professionale, ma la promozione della loro diversità. I Paesi aderenti hanno infatti un ampio
margine di manovra in merito alle modalità di attuazione del processo di Copenaghen.
Il processo di Copenhagen è costituto da:
- una dimensione politica, che ha lo scopo di stabilire una serie di obiettivi europei comuni e
riformare i sistemi di formazione professionale nazionali;
- lo sviluppo di quadri europei comuni e altri strumenti che aumentino la trasparenza e la qualità
delle competenze e delle qualifiche e facilitino l'aumento della mobilità;
- la cooperazione fra Stato per incrementare l'apprendimento reciproco a livello europeo e
coinvolgere tutti i portatori di interesse a livello nazionale.
Originariamente pensati per essere settati sul 2010, gli obiettivi del processo di Copenhagen così
come espressi nella Dichiarazione del 2002 sono i seguenti:
- rinforzare la dimensione europa della formazione professionale;
- aumentare l'informazione e la capacità di consulenza sulla IFP, assieme ad un consistente rinforzo
della trasparenza;
- sviluppare strumenti per il mutuo riconoscimento e la reciproca convalida di competenze e
qualifiche;
- migliorare in generale l'affidabilità e la qualità della formazione professionale.
Come per il processo di Bologna, anche per quello di Copenhagen si sono succeduti nel tempo una
serie di comunicati emessi a seguito degli incontri tra ministri competenti in materia, con cadenza
circa biennale e l'obiettivo di arrivare al 2010 con un'agenda di lavoro di biennio in bienno.
Questi comunicati si possono brevemente sintetizzare come segue.
Comunicato di Maastricht del 14 dicembre 2004 sulle future priorità della cooperazione europea
rafforzata in tema di istruzione e formazione professionale (IFP).
20
Il comunicato di Maastricht conferma il successo del processo di Copenaghen nel migliorare la
visibilità e l’immagine dell'istruzione e formazione professionale a livello europeo. Allo stesso
tempo, sviluppa le priorità fissate dalla dichiarazione di Copenaghen. Inoltre, e per la prima volta,
fissa priorità specifiche a livello nazionale nel campo dell'istruzione e della formazione
professionale:
· l'uso di strumenti e riferimenti comuni a sostegno della riforma e dello sviluppo dei sistemi e delle
pratiche di IFP;
· il miglioramento degli investimenti pubblici e/o privati nell'IFP;
· il ricorso ai finanziamenti europei (come il Fondo sociale europeo e il Fondo europeo di sviluppo
regionale) a sostegno dello sviluppo dell'IFP;
· lo sviluppo dei sistemi di IFP per soddisfare le esigenze delle persone e dei gruppi svantaggiati;
· l'attuazione di approcci all'apprendimento aperti nonché quadri flessibili e aperti per l'IFP al fine
di favorire la mobilità tra livelli e contesti educativi diversi;
· la maggiore pertinenza e qualità dell'IFP in collaborazione con tutte le parti interessate;
· lo sviluppo di contesti che favoriscano l'apprendimento, sia negli istituti di formazione che sul
luogo di lavoro;
· il continuo sviluppo delle competenze di insegnanti e formatori responsabili dell'IFP.
Comunicato di Helsinki del 5 dicembre 2006 sulla cooperazione europea rafforzata in materia di
istruzione e formazione professionale.
Il comunicato di Helsinki valuta il processo di Copenaghen, rivedendo le sue priorità e strategie.
Dopo l'adozione del comunicato di Maastricht, sono stati compiuti progressi sui quadri e sugli
strumenti comuni europei per l'IFP. Il quadro unico EUROPASS per la trasparenza delle qualifiche e
delle competenze è stato adottato e si sta lavorando sul Quadro europeo delle qualifiche, sul
Sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) e sul Quadro
europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale.
Un'azione rafforzata è ora necessaria per le seguenti priorità:
· migliorare l'immagine, lo status, l'attrattiva e la qualità dell'istruzione e della formazione
professionale;
21
· sviluppare, testare e attuare strumenti europei comuni per l'IFP, in modo che siano operativi
entro il 2010;
· adottare un approccio sistematico al rafforzamento dell'apprendimento reciproco e della
cooperazione, in particolare con l'uso di dati e indicatori coerenti e comparabili;
· coinvolgere tutte le parti interessate nell'attuazione del processo di Copenaghen.
Comunicato di Bordeaux del 26 novembre 2008 sulla cooperazione europea rafforzata in materia di
istruzione e formazione professionale.
Il comunicato di Bordeaux riesamina le priorità e le strategie del processo di Copenaghen, alla luce
di un futuro programma in materia di istruzione e formazione professionale dopo il 2010. Il
processo ha dimostrato di essere efficace nel promuovere l'immagine dell'IFP, pur mantenendo la
diversità dei sistemi nazionali di istruzione e formazione professionale. Tuttavia, è necessario un
nuovo impulso, in particolare per quanto riguarda:
· l'attuazione degli strumenti e dei sistemi di IFP per promuovere la cooperazione sia a livello
europeo che nazionale;
· l’ulteriore miglioramento della qualità dei sistemi IFP e promozione dell’attrattiva dell'IFP tra tutti
i gruppi destinatari;
· la creazione di legami più forti tra l'IFP e il mercato del lavoro;
· il consolidamento degli accordi di cooperazione europea.
Comunicato di Bruges del 7 dicembre 2010 su una maggiore cooperazione europea in materia di
istruzione e formazione professionale per il periodo 2011-2020.
Il comunicato di Bruges prevede obiettivi strategici a lungo termine per la cooperazione europea in
materia di IFP per il periodo 2011-2020. Questi obiettivi si basano sui risultati conseguiti in passato
e intendono rispondere alle sfide attuali e future, tenendo conto dei principi di fondo del processo
di Copenaghen.
Il processo di Copenaghen ha svolto un ruolo cruciale nella sensibilizzazione all’importanza dell’IFP
22
sia a livello nazionale che europeo, in particolare attraverso l’attuazione di strumenti, principi e
orientamenti comuni a livello europeo in materia di IFP. Occorre tuttavia migliorare la
comunicazione per coinvolgere maggiormente tutti i soggetti interessati nonché collegare meglio
l’IFP alle altre politiche per poter affrontare le sfide socio-economiche e far sì che la mobilità e
l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita diventino una realtà.
Affinché l’IFP possa rispondere alle sfide attuali e future, i sistemi europei di istruzione e
formazione devono:
· essere flessibili e di elevata qualità;
· adattarsi all’evoluzione del mercato del lavoro e comprendere i settori e le competenze
emergenti;
· garantire una formazione adatta a una società che invecchia;
· garantire la sostenibilità ed eccellenza dell’IFP attraverso un approccio comune in materia di
garanzia della qualità;
· offrire alle persone i mezzi necessari per adattarsi ai nuovi sviluppi e gestire il cambiamento,
dando loro la possibilità di acquisire competenze chiave;
· rimuovere gli ostacoli alla mobilità transnazionale dei discenti e degli insegnanti nell’IFP;
· garantire il finanziamento sostenibile dell’IFP e assicurare che le risorse siano assegnate in modo
efficace e ripartite equamente.
Il processo di Copenaghen è parte integrante del quadro strategico “Istruzione e formazione 2020”
(ET2020) e può contribuire al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 fissati per
il settore dell’istruzione. In tale ottica, la prospettiva globale per l’IFP richiede che i sistemi europei
d’IFP siano resi più attrattivi, più inclusivi, più pertinenti, più accessibili, più orientati alla carriera,
più flessibili e innovativi entro il 2020. In base a tale prospettiva, gli 11 obiettivi strategici a lungo
termine per la cooperazione europea in materia di IFP per il periodo 2011-2020, insieme ai 22
risultati a breve termine per il periodo 2011-2014, che prevedono azioni concrete a livello
nazionale per il conseguimento degli obiettivi strategici, richiedono in particolare di:
· migliorare la qualità e l’efficienza dell’IFP e rafforzare attrattiva e pertinenza dell’IFP;
· rendere l’apprendimento permanente e la mobilità una realtà;
· rafforzare creatività, innovazione e imprenditorialità;
23
· promuovere equità, coesione sociale e cittadinanza attiva.
Il comunicato di Bruges ha permesso di superare la soglia stabilita a Copenaghen degli obiettivi
2010, e resettare il programma in vista di, e in coordinamento con, la nuova strategia di Europa
2020.
Parte 3: L'opera del Parlamento Europeo 2007-2013
3.1 Relazione sull'apprendimento durante la prima infanzia nell'Unione Europea
La relazione data al 29 marzo 2011, e la relatrice era Mary Honeyball.
Introduzione
L'Europa si compone di un insieme ricco e variato di tradizioni pedagogiche e nel continente
l'istruzione precoce è erogata con modalità diverse. Esistono significative differenze tra gli Stati
membri in termini di qualità ed offerte, tassi d'iscrizione, approccio ai servizi e gestione degli stessi.
La presente relazione riconosce l'inadeguatezza e la difficile realizzazione di un approccio ai servizi
di custodia e di educazione per la prima infanzia (in appresso CEPI) nell'UE che preveda una
soluzione valida per ogni contesto. Piuttosto, è decisamente più consono sviluppare un quadro
europeo comprensivo di obiettivi e valori condivisi che comprendano diritti e strutture comuni.
Sebbene molti Stati membri dell'UE siano indubbiamente leader mondiali nell'erogazione di servizi
CEPI, occorre fare di più per apportare migliorie generali. Ai fini della presente relazione, "prima
infanzia" indicherà il periodo dell'infanzia che va da 0 a 6 anni.
Nel 2002 il Consiglio europeo di Barcellona ha invitato gli Stati membri a offrire, entro il 2012,
assistenza all'infanzia per almeno il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo
scolastico e per almeno il 33% dei bambini con meno di tre anni. Questi obiettivi indicavano un
approccio di mercato del lavoro ai servizi CEPI, basato sulla necessità individuata in quel momento
di aumentare il numero delle donne che lavorano. Sebbene sia fondamentale prestare la debita
attenzione al legame tra i servizi CEPI e le pari opportunità tra uomini e donne, tali obiettivi sono
24
chiaramente problematici e superati, poiché non tengono conto dei numerosi aspetti qualitativi
fondamentali di una rigorosa politica dell'istruzione precoce. I centri CEPI non sono semplicemente
luoghi dove "parcheggiare" i bambini per consentire alle donne di lavorare, bensì strutture della
massima importanza per contribuire al benessere dei bambini e migliorarne le opportunità future.
Approccio incentrato sul bambino
È fondamentale che la relazione parta dall'accertamento delle questioni, dei problemi e delle
difficoltà di primaria importanza, anziché precipitarsi a offrire soluzioni complesse. Un utile punto
di partenza consiste nel riflettere esattamente sulla nostra visione del "bambino". Se i bambini
sono considerati cittadini attivi, impegnati, che godono di diritti e possiedono un ricco potenziale di
creatività e che sono in grado di formulare ed esprimere le proprie opinioni in questioni che li
riguardano, allora si è concordi nel ritenere che i dibattiti sulla cura e l'educazione della prima
infanzia debbano partire dalla prospettiva del bambino. Il periodo che va dalla nascita ai tre anni è
fondamentale per lo sviluppo cerebrale, fisico e cognitivo del bambino nonché per lo sviluppo del
linguaggio. Questi primi anni gettano inoltre le basi per l'apprendimento del bambino in tutte le
fasi della vita, elemento fondamentale per il conseguimento degli obiettivi di Lisbona. Nella
presente relazione le esigenze e l'interesse superiore del bambino sono quindi di fondamentale
importanza.
Erogazione universale piuttosto che mirata
È meno probabile che, rispetto ad altri gruppi, le famiglie povere utilizzino i servizi CEPI,
soprattutto nei mercati privatizzati. Uno dei gruppi più a rischio dell'UE è quello dei Rom, il cui
accesso ai servizi per la prima infanzia è estremamente basso e si colloca ben al di sotto della
media europea. Il dato è preoccupante, poiché è dimostrato che i bambini svantaggiati traggono
maggiori benefici dall'accesso ai servizi CEPI. Molti Stati membri dell'UE hanno accolto numerosi
bambini immigrati e non madrelingua nella propria popolazione scolastica, il che aumenta
considerevolmente le sfide in ambito pedagogico, in particolare se si rileva che, rispetto ad altri
gruppi, è meno probabile che i bambini di famiglie appartenenti a minoranze etniche utilizzino i
25
servizi CEPI.
Negli Stati membri che si rivolgono direttamente alle famiglie povere, il problema è rappresentato
dalla stigmatizzazione, che può dissuaderle dal fare un uso completo dei servizi offerti. Sebbene sia
importante riconoscere che numerose famiglie povere necessitano di un ulteriore incoraggiamento
a utilizzare i servizi CEPI, l'offerta di tali servizi dovrebbe essere universale, ovvero destinata a tutte
le famiglie e a tutti i bambini, indipendentemente dalla loro origine o situazione finanziaria.
Coinvolgimento dei genitori
I genitori sono i primi educatori dei propri figli. Nella maggior parte dei casi essi comprendono in
modo profondo e impareggiabile i loro figli e hanno un legame intimo con loro. È ampiamente
riconosciuto che la famiglia è il luogo ideale che consente al bambino di crescere e svilupparsi
durante il primo anno di vita. La concessione di un lungo periodo di congedo parentale può aiutare
a ridurre la richiesta di posti nelle strutture per l'infanzia. Attualmente però pochissimi Stati
membri offrono periodi di congedo remunerato sufficientemente lunghi. Le difficoltà per i genitori
possono insorgere nel momento in cui esista un intervallo tra la fine del congedo parentale
retribuito e il diritto a un posto in una buona struttura per l'infanzia. La relazione evidenzia che la
concessione di un congedo parentale sufficientemente lungo è un elemento essenziale in
un'efficace politica a favore dell'istruzione e dell'assistenza per la prima infanzia.
Il coinvolgimento dei genitori deve proseguire anche negli anni successivi. È meno probabile che i
genitori poveri e appartenenti a categorie svantaggiate siano coinvolti in strategie dedicate
all'educazione dei propri figli rispetto agli altri genitori. Sempre più spesso anche gli uomini sono
tenuti in disparte quando si tratta di sviluppare programmi e politiche CEPI e di partecipare ad
attività che coinvolgono i loro figli. La relazione sottolinea che i genitori dovrebbero essere
coinvolti in tutti i processi decisionali che interessano i loro figli e che le strutture CEPI dovrebbero
ripensare le modalità di interazione con i genitori, in particolare con i padri. I programmi prescolari
come quello di Reggio Emilia in Italia, in cui i genitori sono legittimamente coinvolti nella duplice
mansione di cura ed educazione dei propri figli, dimostrano l'efficacia di una simile pratica.
Migliore integrazione dei servizi
26
I servizi CEPI possono rappresentare potenzialmente una solida rete di sostegno per i genitori. La
relazione sostiene che i servizi CEPI nell’UE non si sono ancora dimostrati sufficientemente
innovativi. I centri e le strutture per la prima infanzia non dovrebbero essere solo spazi in cui i
bambini sono accolti ed educati, ma dovrebbero anche offrire tutta una serie di altri progetti. Per
fornire solo alcuni esempi, i centri per la prima infanzia possono tentare di combinare
l’apprendimento formale e informale con la salute del bambino e della madre, l'assistenza
all’allattamento al seno, servizi di consulenza e pianificazione familiare. Se il centro per la prima
infanzia è inteso come uno spazio collettivo, che riunisce soggetti provenienti da tutti i settori della
comunità, esso è più consono a sostenere le famiglie, rafforzare la coesione sociale e la solidarietà
della comunità nonché a promuovere la parità di genere.
Gli Stati membri dovrebbero avere un approccio analogo nella gestione e nell’organizzazione delle
politiche per la prima infanzia. Salvo rari casi, i paesi hanno preferito adottare un approccio duplice
ai servizi CEPI, che opera una distinzione tra benessere (“custodia del bambino”) ed educazione
prescolare. Ciò si è concretizzato in una scarsa attenzione per lo sviluppo cognitivo dei bambini tra
0 e 3 anni e per la salute e lo sviluppo psicosociale dei bambini a partire dai 3 anni. La situazione ha
acuito inoltre disuguaglianze e contraddizioni, portando a una mancanza di coerenza per le
famiglie.
In caso di collaborazione tra settori e agenzie diversi, l’assenza di comprensione o di linguaggio
comuni può rendere vana buona parte di un lavoro potenzialmente positivo.
Così come i centri per la prima infanzia devono essere più innovativi, affrontando una serie di
problematiche che interessano i bambini piccoli, analogamente gli Stati membri devono riunire
molteplici organismi nello sviluppo di politiche e programmi per la prima infanzia. Esempi
includono la salute, la migrazione, la parità di genere e l'occupazione. Servizi integrati, individuati
principalmente nell’istruzione, aiuteranno a soddisfare le esigenze dei bambini tra 0 e 6 anni in
materia di istruzione, salute e altro. I settori e i servizi esistenti dovrebbero inoltre sviluppare una
visione condivisa e un lessico comune.
3.2 Relazione sulla lotta contro l'abbandono scolastico
27
18 ottobre 2011; relatrice: Mary Honeyball
Introduzione
L'abbandono scolastico è un fenomeno complesso nonché una sfida importante cui l'Europa deve
far fronte. L'Unione europea ha quindi iniziato a mettere in atto una serie di misure e strumenti per
meglio sostenere gli Stati membri nell'elaborazione di politiche nazionali adeguate ed efficaci onde
affrontare il problema. Nel novero di tali iniziative rientrano la comunicazione della Commissione
sulla lotta contro l'abbandono scolastico, una nuova proposta di raccomandazione del Consiglio
sulle politiche di riduzione dell'abbandono scolastico e l'iniziativa faro della Commissione "Youth
on the Move".
La strategia Europa 2020, inoltre, delinea sei obiettivi principali per gli Stati membri, uno dei quali è
ridurre al 10% il tasso di abbandono scolastico entro il 2020. L'obiettivo del 10% era già stato
concordato dagli Stati membri nel 2003, ma soltanto sette tra loro sono riusciti a raggiungere
questo parametro; nel 2009 il tasso di abbandono scolastico fra i giovani dai 18 ai 24 anni si
attestava a una media del 14,4%.
La maggior parte degli Stati membri dell'UE ha realizzato almeno qualche progresso nel ridurre la
percentuale di giovani che abbandonano la scuola precocemente o con scarse qualifiche, e si è
registrato un cambiamento apprezzabile e positivo nel loro approccio all'abbandono scolastico;
cionondimeno, la presente relazione sostiene la tesi che si debba fare molto di più al riguardo.
Chi sono le persone che abbandonano la scuola prima del tempo?
Per identificare coloro che già rientrano nella categoria di quanti hanno abbandonato la scuola
anzitempo e coloro che potenzialmente potrebbero rientrarvi, è fondamentale definire il
fenomeno dell'abbandono scolastico. Non esiste tuttavia una definizione unica e onnicomprensiva
di tale fenomeno, che si possa facilmente applicare a tutti gli Stati membri, le organizzazioni e i
singoli individui all'interno dell'UE. La Commissione, nella comunicazione sulla lotta contro
l'abbandono scolastico, fa riferimento a coloro che hanno lasciato la scuola descrivendoli come
persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno interrotto gli studi e la formazione e che
possiedono al massimo un diploma di istruzione secondaria inferiore. A fini di coerenza e chiarezza,
28
è stata adottata la definizione della Commissione in tutto il testo della presente relazione.
Non esiste un profilo tipico della persona che ha interrotto gli studi, così come non vi è un
indicatore standard per identificare le persone che hanno le maggiori probabilità di farlo.
L'abbandono scolastico accomuna diverse tipologie di persone, e non tutte hanno lasciato gli studi
per motivazioni negative. Nella presente relazione tuttavia si osserva che vi sono alcuni gruppi che
sono considerati più a rischio di altri.
Gli scarsi risultati scolastici costituiscono uno degli indicatori dell'abbandono scolastico. Nei primi
anni di scolarizzazione, le differenze fra gli allievi in termini di risultati sono meno pronunciate;
tuttavia, a mano a mano che queste diventano più marcate nelle fasi successive
dell'apprendimento, gli allievi che hanno difficoltà diventano talvolta molto meno motivati a
proseguire un percorso scolastico. Gli allievi con voti brillanti, per contro, tendono a continuare gli
studi a prescindere da circostanze o fattori esterni.
È importante sottolineare che risultati scolastici mediocri non possono essere considerati un fatto
isolato, essendo indissolubilmente collegati ad altri fattori quali la povertà, gli abusi e il contesto
familiare. Alcuni studi hanno indicato ad esempio che gli studenti i cui genitori hanno scarse
qualifiche o un lavoro poco qualificato hanno maggiori probabilità di abbandonare gli studi.
Laddove il nucleo familiare fornisce un ambiente stabile in cui i bambini possono crescere,
imparare e svilupparsi, gli studenti hanno probabilità di gran lunga superiori di continuare gli studi.
Analogamente, nelle famiglie in cui i giovani non sono incoraggiati e il loro apprendimento non è
sostenuto, l'abbandono scolastico diventa più probabile.
Si possono discernere altri elementi in comune tra le persone che abbandonano gli studi, quali le
disparità regionali e il divario tra zone urbane e zone rurali. Il tasso di abbandono scolastico è
inoltre molto superiore per le minoranze etniche e le comunità di immigrati, in particolare i rom.
Ma soprattutto, l'abbandono scolastico è risultato essere un fenomeno legato al genere, con
probabilità notevolmente inferiori per le ragazze rispetto ai ragazzi (con percentuali
rispettivamente del 13% e del 17%).
Conseguenze dell'abbandono scolastico
Elevati tassi di abbandono economico hanno implicazioni sociali ed economiche tutt'altro che
29
rosee; il fenomeno incide negativamente sulla crescita economica e conduce all'instabilità
economica e sociale. È quindi decisivo intervenire con provvedimenti per canalizzare l'energia e
sviluppare le capacità dei giovani, ai fini dello sviluppo economico e sociale futuro degli Stati
membri. Si ritiene che riducendo di un solo punto percentuale il tasso di abbandono scolastico in
Europa si otterrebbe quasi mezzo milione in più di giovani qualificati all'anno.
È stato dimostrato che quanti abbandonano gli studi senza un diploma secondario superiore
avranno per tutta la vita un reddito sensibilmente inferiore rispetto a coloro che invece l'hanno
conseguito. I titoli di studio (o la loro mancanza) sono un indicatore sostanziale di povertà. Dato
che quanti abbandonano gli studi si ritrovano con competenze inferiori rispetto a coloro che li
proseguono, hanno meno opportunità al momento di entrare nel mercato del lavoro e spesso
finiscono per accettare lavori scarsamente retribuiti, precari e con poche possibilità di evoluzione.
La prevenzione dell'abbandono scolastico può quindi potenzialmente spezzare il ciclo della povertà
intergenerazionale e migliorare la crescita economica complessiva.
L'abbandono scolastico produce anche conseguenze sociali interdipendenti più immediate, in
quanto è associato a percentuali più elevate di comportamenti antisociali, gravidanze in età
adolescenziale e consumo di droga.
Nella presente relazione si riconosce che non esiste una soluzione semplice che da sola porrà
rimedio al problema dell'abbandono scolastico; si tratta di una questione complessa, che va
affrontata mediante una serie di interventi e iniziative. Nessuna misura sarà efficace di per sé, se
non sarà integrata da altre misure.
Necessità di un approccio personalizzato
Si possono sollecitare o indurre numerosi attori diversi ad affrontare il problema dell'abbandono
scolastico, ma è probabile che il fenomeno sia visto da una prospettiva diversa dagli studenti, dagli
insegnanti, dai genitori e da altri soggetti interessati. La presente relazione sottolinea che la
prospettiva e il migliore interesse dello studente dovrebbero avere la priorità in sede di definizione
della misure da adottare per contrastare l'abbandono scolastico.
Gli interventi devono essere condotti in un'ottica di sensibilità verso la complessità delle esigenze
di una persona. Molti giovani decidono di abbandonare l'istruzione tradizionale per motivi
30
personali quali ad esempio il bullismo a scuola, mentre altri possono essere colpiti da problemi
personali come la tossicodipendenza o la mancanza di una fissa dimora. La presente relazione
raccomanda che ciascuna scuola secondaria istituisca un servizio di consulenza al quale gli studenti
che hanno problemi personali possano rivolgersi e trovare delle soluzioni. Le scuole non hanno
meramente un ruolo educativo, ma devono anche offrire assistenza. Il riconoscimento di questa
funzione di sostegno può costituire un decisivo passo avanti nella lotta all'abbandono scolastico.
Oltre a dover far fronte alle difficoltà personali, anche il mondo del lavoro può costituire una
prospettiva sconfortante per gli studenti. La relazione raccomanda pertanto l'istituzione di reti di
sostegno concepite per gli studenti, allo scopo di fornire loro orientamenti e consulenze in ambito
professionale, tra cui la definizione di obiettivi, la formazione professionale e la consulenza sulla
carriera. Questo non solo renderà il mondo del lavoro meno oscuro e più accessibile per gli
studenti, ma li motiverà a prefiggersi degli obiettivi e ad adoperarsi per raggiungerli. Un esempio di
buona prassi viene dal Regno Unito, dove nel 2001 è stato istituito con notevole successo il
Connexions Service, un'organizzazione che combina servizi dedicati ai giovani e orientamento
professionale, il cui obiettivo è fornire ai giovani sostegno e consulenza personalizzata e che ha
introdotto nell'approccio ai giovani una serie di innovazioni, segnatamente l'utilizzo di servizi
online.
Nella relazione si afferma chiaramente che il processo di reintegro dei giovani disillusi nel sistema
educativo deve iniziare il più presto possibile. Il rifiuto scolastico, i problemi comportamentali e
altre problematiche devono essere affrontati non appena si presentano; simili difficoltà non
possono essere sottovalutate o ignorate.
Riforme scolastiche
In alcuni casi, i giovani decidono di abbandonare il sistema scolastico perché non considerano il
curriculum un elemento valido o rilevante per la loro vita. Ogni studente è un caso a sé e non tutti
rispondono allo stesso metodo didattico. La presente relazione invita pertanto le scuole ad
abbandonare i metodi tradizionali di verifica, nei quali le prospettive future di una persona
dipendono dal risultato che ha ottenuto in un unico giorno, per cercare di individuare modalità di
valutazione degli studenti su base continua.
31
È evidente che non tutti i giovani sono attratti dalle materie e dalle qualifiche accademiche più
tradizionali ed è dimostrato che quanti non nutrono interesse verso il programma scolastico
tradizionale sono a maggior rischio di abbandono. Per contrastare questa tendenza, gli Stati
membri dovrebbero prendere provvedimenti finalizzati a rinnovare e diversificare il programma
nazionale, ampliando la gamma di opzioni educative disponibili per gli studenti. Le riforme
strutturali sono importanti per fornire ai giovani le competenze e la formazione necessarie ad
agevolare la loro entrata nel mondo del lavoro, tra cui la capacità di risolvere i problemi, valutare le
informazioni in chiave critica e comunicare efficacemente. Una alternativa, che è già stata
sperimentata in Spagna, consiste nell'incoraggiare legami più forti e accordi di partenariato tra le
scuole e le aziende locali. Simili programmi, che offrono agli studenti un "assaggio" della vita
lavorativa, possono inoltre dare loro una direzione cui tendere e motivarli a impegnarsi di più.
È fondamentale che le scuole incoraggino la mobilità degli studenti fra i diversi percorsi educativi,
siano essi accademici, professionali e così via. Offrire agli studenti una scelta più ampia a scuola è
importante non solo per accrescere la loro motivazione a rimanere, ma anche per fornire loro
l'ampio spettro di conoscenze e competenze essenziali necessarie per trovare successivamente un
impiego. Il relatore è persuaso che il principio di "apprendere ad apprendere" andrebbe posto al
centro di tutte le politiche e i programmi scolastici.
Un'altra raccomandazione rivolta alle scuole è quella di adoperarsi per migliorare il rapporto
numerico tra studenti e insegnanti, in particolare quando si tratta di studenti con difficoltà di
apprendimento. Classi poco numerose per studenti con esigenze speciali di apprendimento o
problemi comportamentali possono incidere positivamente sulle percentuali di abbandono
scolastico. Questo tipo di studenti spesso necessitano di insegnanti di sostegno, che collaborano
con gli insegnanti "titolari". Gli insegnanti di sostegno godono ormai di notevole favore in diversi
Stati membri, poiché grazie a loro sono assicurate le cure necessarie agli studenti che hanno
bisogno di un'attenzione particolare, mentre l'insegnante titolare è più libero di dedicarsi agli altri
studenti.
Infine, come il relatore ha evidenziato anche nella relazione sull'apprendimento durante la prima
infanzia nell'Unione europea, assicurare servizi di elevata qualità di educazione e cura della prima
infanzia ai bambini da 0 a 6 anni è un elemento fondamentale della lotta contro l'abbandono
scolastico. È nell'apprendimento durante la prima infanzia che si pongono le basi per un
32
apprendimento positivo durante l'intero arco della vita e investire nei servizi di educazione e cura
della prima infanzia porta maggiori profitti rispetto agli investimenti in qualsiasi altra fase
educativa.
Legami con i genitori e la comunità
Le scuole non sono gli unici organi che hanno la responsabilità di attuare le politiche e i programmi
finalizzati a contrastare l'abbandono scolastico; la presente relazione sostiene che la responsabilità
si estende anche alla comunità locale. Occorrono chiari collegamenti fra i servizi sociali e
assistenziali, le ONG, le organizzazioni private, le scuole e i genitori nonché intersezioni tra le
politiche nazionali e le strategie condotte a livello locale, su piccola scala. L'istituzione di una rete
che collega gli attori di diversi settori della comunità renderà più facile il superamento individuale
dei molteplici ostacoli che si frappongono all'istruzione. I genitori, soprattutto quelli di bambini con
disabilità, dovrebbero altresì essere riconosciuti in quanto partner qualificati che possono
collaborare con gli insegnanti; si dovrebbe consentire a tutti i genitori di svolgere un ruolo
pienamente collaborativo nella scolarizzazione dei figli.
Nel Regno Unito, il volontariato e la comunità sono stati particolarmente efficaci nel migliorare il
rendimento scolastico dei giovani provenienti da contesti di minoranze etniche e di colore. Le
iniziative locali spesso ricorrono a metodi innovativi e alternativi per motivare i giovani che non si
impegnano, quali la musica, il teatro, la danza e lo sport.
Soluzioni per una "seconda opportunità"
Per quanti abbandonano gli studi anzitempo è necessario un meccanismo volto al loro reintegro
all'interno del sistema scolastico. Una soluzione consiste nell'incoraggiare gli Stati membri a
istituire scuole alternative o "di seconda opportunità", che devono dimostrare sensibilità nei
confronti delle esigenze individuali delle persone, molte delle quali hanno abbandonato gli studi in
gioventù perché deluse dal sistema scolastico, e flessibilità, per consentire alle persone di
conciliare gli impegni di studio con le proprie responsabilità lavorative e familiari.
Sebbene la prevenzione dell'abbandono scolastico sia molto più efficace a lungo termine, occorre
33
mantenere soluzioni che offrono una seconda possibilità come parte integrante delle strategie
degli Stati membri per contrastare l'abbandono scolastico.
3.3 Il quadro europeo delle qualifiche nell'apprendimento permanente
Il 23 aprile 2008, il Parlamento ed il Consiglio hanno emesso una raccomandazione che si
proponeva di far introdurre negli stati regole più uniformi sui metodi di qualifica.
La raccomandazione, di cui si pubblica il testo quasi integrale, richiede agli Stati membri:
1) di usare il Quadro europeo delle qualifiche come strumento di riferimento per confrontare i
livelli delle qualifiche dei diversi sistemi delle qualifiche e per promuovere sia l'apprendimento
permanente sia le pari opportunità nella società basata sulla conoscenza, nonché l'ulteriore
integrazione del mercato del lavoro europeo, rispettando al contempo la ricca diversità dei sistemi
d'istruzione nazionali;
2)di rapportare i loro sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qualifiche entro il
2010, in particolare collegando in modo trasparente i livelli delle qualifiche nazionali ai livelli di cui
all'allegato II e, ove opportuno, sviluppando quadri nazionali delle qualifiche conformemente alla
legislazione e alle prassi nazionali;
3) di adottare misure, se del caso, affinché entro il 2012 tutti i nuovi certificati di qualifica, i diplomi
e i documenti Europass rilasciati dalle autorità competenti contengano un chiaro riferimento — in
base ai sistemi nazionali delle qualifiche — all'appropriato livello del Quadro europeo delle
qualifiche;
4) di adottare un approccio basato sui risultati dell'apprendimento nel definire e descrivere le
qualifiche e di promuovere la convalida dell'apprendimento non formale e informale, secondo i
principi europei comuni concordati nelle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004, prestando
particolare attenzione ai cittadini più esposti alla disoccupazione o a forme di occupazione
34
precarie, per i quali tale approccio potrebbe contribuire ad aumentare la partecipazione
all'apprendimento permanente e l'accesso al mercato del lavoro;
5) di promuovere e applicare i principi di garanzia della qualità nell'istruzione e nella formazione di
cui all'allegato III al momento di correlare le qualifiche relative all'istruzione superiore e
all'istruzione e formazione professionale previste nei sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro
europeo delle qualifiche;
6) di designare punti nazionali di coordinamento, collegati alle strutture e alle condizioni specifiche
degli Stati membri, che sostengano e, unitamente ad altre autorità nazionali competenti, orientino
la correlazione tra sistemi nazionali delle qualifiche e il Quadro europeo delle qualifiche, per
promuovere la qualità e la trasparenza di tale correlazione.
I punti nazionali di coordinamento dovrebbero svolgere le seguenti funzioni:
a) correlare i livelli delle qualifiche previsti dai sistemi nazionali a quelli del Quadro europeo delle
qualifiche descritti nell'allegato II;
b) assicurare che il metodo usato per correlare i livelli delle qualifiche nazionali al Quadro europeo
delle qualifiche sia trasparente, onde facilitare i raffronti, da un lato, e assicurare che le decisioni
che ne derivano vengano pubblicate, dall'altro;
c) fornire alle parti interessate accesso alle informazioni e orientamenti sul collegamento stabilito
tra le qualifiche nazionali e il Quadro europeo delle qualifiche attraverso i sistemi nazionali delle
qualifiche;
d) promuovere la partecipazione di tutte le parti interessate, compresi, conformemente alla
legislazione e alle prassi nazionali, gli istituti di istruzione superiore, gli istituti di istruzione e
formazione professionale, le parti sociali, i settori e gli esperti in materia di comparazione e uso
delle qualifiche a livello europeo.
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3.4 Relazione sul contributo delle istituzioni europee al consolidamento e all'avanzamento del
Processo di Bologna
9 febbraio 2012; relatore: Luigi Berlinguer
La creazione di uno Spazio europeo aperto dell'istruzione superiore costituisce un importante
risultato e rappresenta l'ampio quadro istituzionale necessario per l'attuazione dell'ambizioso
percorso avviato dal Processo di Bologna.
La cooperazione intergovernativa e le strategie definite dalle istituzioni europee sono state lo
stimolo per un'ampia riforma strutturale del sistema europeo di istruzione superiore. Non solo le
università europee hanno rivisto e riorganizzato in modo sostanziale le loro attività didattiche
applicando il quadro a tre cicli introdotto dal Processo di Bologna, ma hanno anche rafforzato il
loro ruolo sociale con attività più adeguate alla cosiddetta "terza missione" del sistema
universitario.
Va osservato che il rapporto tra questo sistema e il mercato del lavoro non ha sempre dato esiti
positivi. Rimane quindi valido quanto affermato nel documento di Lisbona, secondo cui "le
università europee, malgrado una qualità abbastanza valida di insegnamento, non riescono a
esprimere tutto il loro potenziale in maniera da favorire la crescita economica, la coesione sociale e
il miglioramento della qualità e della quantità dei posti di lavoro". Tale affermazione desta
particolari preoccupazioni in questo periodo di crisi economica globale e richiede un'ulteriore
attenzione alla luce dell'obiettivo dell'UE di diventare "l'economia fondata sulla conoscenza più
dinamica e competitiva del mondo, in grado di conseguire una crescita economica sostenibile con
nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale".
A tale riguardo, il rafforzamento dell'intero Processo di Bologna è funzionale al conseguimento
degli obiettivi di crescita fissati dalla strategia Europa 2020: esso rappresenta un requisito per la
piena integrazione del mercato interno dell'UE e uno strumento indispensabile per far fronte alle
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sfide poste dalla crisi economica e finanziaria.
Il primo obiettivo del Processo di Bologna rimane una condizione fondamentale: qualsiasi studente
iscritto a un'università europea ha il diritto di laurearsi e di vedere riconosciuto il proprio titolo in
tutta l'UE.
Governance
Uno dei fattori che ha rallentato i progressi è la natura "dall'alto verso il basso" del Processo.
Il Processo è stato inizialmente creato dalla volontà politica dei governi nazionali; solo in una
seconda fase ha iniziato a coinvolgere gradualmente i direttori delle istituzioni accademiche
dell'EUA (Associazione europea delle università) e deve ancora essere pienamente integrato nelle
università europee, tra gli studenti e nelle famiglie.
Sono quindi necessari un cambiamento radicale e un coinvolgimento più completo di tutti i
soggetti interessati nella gestione degli obiettivi del Processo e nell'individuazione di nuove misure
a suo sostegno.
Un altro aspetto della "governance incompiuta" del Processo è rappresentato dalle azioni
frammentarie intraprese dai singoli Stati membri.
Le ridotte dotazioni di bilancio destinate al conseguimento degli obiettivi sono una delle ragioni di
parte delle stesse critiche: l'illusione che il Processo di Bologna possa essere realizzato a costo zero.
L'attuale crisi finanziaria comporterà verosimilmente un'ulteriore riduzione delle risorse finanziarie
disponibili nell'intero settore dell'istruzione.
Il contesto economico dovrebbe tuttavia indurci a promuovere un'accelerazione del processo e a
studiare nuovi formati e quadri finanziari che consentano un'attuazione più efficace degli obiettivi
37
di crescita e di eccellenza delle università europee.
Accanto agli Stati membri, anche le istituzioni europee hanno un ruolo essenziale nel processo, in
particolare per quanto concerne il riconoscimento dei titoli e le politiche di mobilità.
In questa fase il SEIS non è ancora pienamente sviluppato ed è essenziale ottimizzarne il potenziale
e affrontare una serie di questioni aperte, tra cui la regolamentazione governativa, i vincoli di
bilancio, il controllo della qualità e l'accreditamento nazionale.
Gli altri attori del Processo di Bologna (università, studenti, docenti, sindacati, imprese) hanno la
responsabilità fondamentale di assicurare che il processo sia effettivamente radicato nel corpo
sociale universitario.
La scarsa conformità di alcune università europee alle linee guida del processo dimostra inoltre la
necessità di attuare nuove strategie didattiche.
È necessario prestare sempre più attenzione all'istituzione di un sistema di apprendimento
incentrato sugli studenti, in cui le università e il personale accademico incoraggino gli studenti a
gestire attivamente la loro esperienza nel quadro dell'istruzione superiore.
Strozzature
Mobilità - La mobilità riveste particolare importanza in quanto caratteristica fondamentale del SEIS,
come indicato nella recente comunicazione della Commissione europea sulla modernizzazione del
SEIS e nell'ultima risoluzione del PE del 2008 sul Processo di Bologna e la mobilità degli studenti.
La mobilità non è solo territoriale (all'interno dei paesi e tra paesi diversi), ma anche orizzontale
(tra cicli di laurea) e verticale (all'interno dei cicli di laurea).
Per favorire i flussi di mobilità degli studenti sono necessarie l'istituzione di maggiori incentivi a
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livello di politica di finanziamento, l'assegnazione di risorse finanziarie più cospicue, l'adozione di
misure sulla qualità per il riconoscimento dei crediti, nonché una maggiore trasparenza e
disponibilità di informazioni sui programmi di mobilità.
Riconoscimento dei titoli e quadro delle qualifiche - Le riforme introdotte dal Processo di Bologna
comprendono un insieme di strumenti volti a incoraggiare il riconoscimento dei titoli, come il
sistema europeo di trasferimento e di cumulo dei crediti accademici.
Allo stato attuale, la maggior parte dei paesi partecipanti al Processo di Bologna non ha attuato
quadri nazionali delle qualifiche correlati al Quadro delle qualifiche del SEIS.
Per essere misurabili e facilitare la comparabilità e il riconoscimento dei titoli formali, non formali e
informali, queste qualifiche nazionali dovrebbero basarsi sui risultati dell'apprendimento.
A tale riguardo, sarà interessante considerare come sviluppare ulteriormente il progetto "Tuning"
del 2000, finalizzato a fornire un approccio concreto per l'attuazione del Processo di Bologna e a
individuare punti di riferimento comuni per le competenze generiche e specifiche a una singola
disciplina dei laureati del primo e del secondo ciclo in una serie di aree disciplinari.
Certificazione della qualità: La revisione dei sistemi nazionali di certificazione della qualità è
attualmente ancora in corso nella maggior parte dei paesi e le università si stanno adoperando per
sviluppare in tale ambito sistemi uniformi sostenuti da procedure di valutazione esterne.
Il Registro europeo di certificazione della qualità rappresenta un risultato importante, allo stesso
modo di altri strumenti quali le norme e gli orientamenti europei per la certificazione della qualità;
le misure nazionali di certificazione della qualità devono essere ulteriormente adeguate sotto tale
aspetto.
Sarà necessario creare incentivi che inducano i paesi ad aderire al registro e a migliorare i loro
sistemi di autovalutazione.
39
In particolare, un approccio positivo è stato sviluppato in Austria e in Danimarca, dove possono
operare tutte le agenzie per la certificazione della qualità che hanno aderito al registro. In questo
modo, ogni titolo avente un certificato di qualità dovrebbe essere riconosciuto in tutti gli altri paesi
del SEIS.
Dimensione sociale - L'obiettivo della coesione sociale è diventato un aspetto fondamentale del
SEIS e rappresenta una condizione che deve essere soddisfatta se si vuole rafforzare lo Spazio.
Dovrebbe essere attribuita maggiore importanza all'accesso equo e al completamento
dell'istruzione superiore a tutti i livelli.
A tal fine sarebbe necessario un maggiore sostegno governativo per mettere in atto misure volte a
estendere l'accesso agli studenti appartenenti a gruppi sottorappresentati o provenienti da un
contesto socioeconomico svantaggiato, nonché a immigrati, minoranze culturali e studenti
diversamente abili.
Occupabilità e laurea triennale - La carenza di dati statistici rende difficile il monitoraggio dei livelli
di occupazione dei laureati. L'occupabilità potrebbe in particolare essere aumentata anche
coinvolgendo i datori di lavoro nell'integrazione dei tirocini in azienda all'interno dei curricoli
accademici.
Un efficace sistema di riconoscimento a livello di Unione europea sarà altresì essenziale per la
definizione di standard di capacità e competenze per il mercato del lavoro, sia nel settore pubblico
che in quello privato.
Migliore cooperazione tra il SEIS e lo Spazio europeo della ricerca (SER) - L'inclusione del dottorato
nella struttura del Processo di Bologna quale terzo ciclo di studi universitari rappresenta il
principale nesso tra l'istruzione superiore e la ricerca.
Risulta ora necessario modificare la percezione comune secondo cui il dottorato è esclusivamente
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finalizzato alla ricerca accademica. Il dottorato di ricerca ha infatti le potenzialità per diventare un
elemento fondamentale nella creazione di un'innovazione e di una crescita economica basate sulla
conoscenza e può altresì contribuire all'avanzamento e alla diffusione della conoscenza e della
tecnologia.
Azione europea
Per migliorare i risultati e porre rimedio ai problemi irrisolti risulta più incisivo intervenire a livello
europeo. Il compito di modernizzare e rafforzare le università spetta agli Stati membri, alle
istituzioni europee e a tutti gli altri soggetti interessati (imprese, università, studenti). L'Europa è in
grado di assicurare un sistema più efficiente sia attraverso una politica di incentivi, sia tramite i
legami con lo Spazio europeo della ricerca.
Certificazione della qualità: non è possibile procedere senza il mutuo riconoscimento dei titoli e la
fiducia reciproca. L'UE dovrebbe adoperarsi in tal senso attraverso una politica di incentivi.
Quadro delle qualifiche: è stato istituito un Quadro europeo delle qualifiche per tutti i livelli di
istruzione. Gli Stati membri dell'UE devono adottare il proprio quadro nazionale per
l'apprendimento permanente.
Curricoli di base: occorre concentrarsi sugli accordi relativi ai curricoli di base comuni nei
programmi riguardanti le stesse aree disciplinari, che devono essere strutturati per garantire
risultati minimi di apprendimento ben definiti.
Diplomi di laurea comuni: uno degli obiettivi prioritari dei SEIS dovrebbe essere l'istituzione e lo
sviluppo di un sistema di lauree europee riconosciute in tutta Europa, in modo da assicurare che
tutti gli studenti che completano l'università in Europa ottengano un titolo riconosciuto e valido in
tutti gli Stati membri.
3.5 Il riconoscimento delle qualifiche professionali
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Direttiva del 20 novembre 2013
Sono molti gli elementi di novità introdotti rispetto alla legislazione europea esistente. Il testo,
infatti, modifica la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e il
regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di
informazione del mercato interno ("regolamento IMI").
La proposta di modifica, presentata dalla Commissione europea il 19 dicembre 2011, rientra tra le
azioni del Single Market Act I considerate prioritarie per lo sviluppo del Mercato Interno UE, in
particolare per favorire la mobilità dei professionisti. La direttiva deve ora essere recepita dagli
Stati membri che hanno due anni di tempo per introdurre il nuovo regime negli ordinamenti
nazionali.
Novità introdotte dalla direttiva
Tessera professionale europea
La tessera consentirà al possessore di poter circolare liberamente in Europa grazie ad una
procedura di riconoscimento più breve, potendosi avvalere di modalità telematiche. Le professioni
che beneficerano della tessera saranno individuate attraverso specifici atti della Commissione UE
che terranno conto dei criteri individuati dalla direttiva. Tra le principali novità, si evidenzia
l'introduzione dell'istituto del 'silenzio-assenso' nell'ipotesi in cui l'Autorità competente del Paese
UE ospitante non rilasci la tessera professionale nei termini previsti dalla direttiva. Il silenzio
dell'amministrazione è equiparato al rilascio della tessera stessa.
Accesso parziale
Si tratta della possibilità per il professionista di esercitare la propria attività, in un altro Stato UE,
solo nel settore corrispondente a quello per il quale è qualificato nello Stato membro di origine. La
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nuova previsione permette al professionista di ottenere il riconoscimento della sola attività per la
quale è qualificato nello Stato membro di origine (attività che rientra in una professione
regolamentata più ampia dello Stato membro ospitante) e di evitare, altresì, l'applicazione di
pesanti misure compensative.
Tirocini professionali
Viene esteso il campo di applicazione della direttiva 2005/36/CE anche ai possessori di semplici
diplomi che abbiano svolto il tirocinio per l'accesso ad una professione in un Paese diverso da
quello in cui hanno conseguito il titolo di studio. A condizione che il tirocinio venga svolto secondo
le linee guida sull'organizzazione e sul riconoscimento del tirocinio adottate dall’autorità
competente. Dovranno essere presi in considerazione anche i tirocini effettuati in Paesi terzi.
Prestazione temporanea e occasionale
E' stata ridotta ad un anno l'esperienza professionale da documentare nell'ipotesi in cui si provenga
da uno Stato membro che non regolamenta la professione per la quale si chiede di effettuare la
prestazione temporanea ed occasionale in uno Stato membro nel quale la professione è
regolamentata. E' stato introdotto un considerando (n. 30), su richiesta della delegazione italiana,
che prevede la possibilità in caso di professioni a carattere stagionale, di poter chiedere una volta
l'anno, al prestatore, informazioni sul servizio prestato ai fini della valutazione della effettiva
temporaneità e occasionalità dello stesso.
Diritto di stabilimento
I livelli di qualifica di cui all’articolo 11 sono stati mantenuti diventando, però, semplici punti di
riferimento da utilizzare nei casi di richiesta di riconoscimento della qualifica professionale. Non
possono, cioè, essere utilizzati al fine di rigettare la domanda di riconoscimento nel caso in cui la
formazione del richiedente presenti una differenza di più livelli rispetto alla formazione dello Stato
membro ospitante.
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Sulla base di un compromesso ottenuto dalla delegazione italiana, tuttavia, qualora tale differenza
sia superiore ad un livello, in deroga alla previsione attuale, lo Stato membro ospitante può
scegliere la misura compensativa da applicare. Anche nell'ipotesi dello stabilimento, l'esperienza
da richiedere, nel caso in cui si provenga da un Paese che non regolamenta la professione, è stata
ridotta ad un solo anno.
Professioni settoriali (medico, infermiere, odontoiatra, veterinario, ostetrica, farmacista e
architetto)
I requisiti minimi di formazione delle professioni settoriali sono stati rivisitati anche in termini di
conoscenze, competenze e abilità, in coerenza con gli sviluppi a livello europeo del Processo di
Bologna e dell'EQF (European Qualification Framework). Inoltre, è stato introdotto il principio
secondo il quale la formazione può essere anche espressa sotto forma di crediti ETCS in numero
equivalente alla durata prevista del corso di studi. Pertanto la presentazione dei crediti è
equiparata agli anni di formazione universitaria richiesti.
Gli anni minimi della formazione di medico sono passati da sei a cinque anni.
La formazione di architetto prevede due percorsi alternativi: 5 anni di università o quattro anni di
università accompagnati da due anni di esperienza professionale.
Per gli infermieri di assistenza generale sono stati elevati a 12 gli anni di istruzione generale ma è
stato accettato il mantenimento dei dieci anni di istruzione generale qualora indirizzati a successivi
percorsi professionalizzanti.
E' stato introdotto specificamente per l'Italia il paragrafo 2 dell’articolo 27, che consente il
riconoscimento automatico ai medici italiani che hanno cominciato la loro specializzazione dopo il
31 dicembre del 1983 e prima del primo gennaio 1991 e che abbiano maturato sette anni di
esperienza professionale consecutiva nei dieci anni precedenti la richiesta di riconoscimento.
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Quadro comune di formazione
Un insieme comune di conoscenze, capacità e competenze necessarie per l’esercizio di una
specifica professione: è quanto elaborerà la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri,
così da permettere il riconoscimento automatico di quelle professioni inserite in tale quadro. Sono
previsti criteri per permettere agli Stati membri di non aderire al sistema.
Aggiornamento conoscenze e abilità professioni settoriali
Viene introdotta la possibilità che la Commissione adotti atti delegati, sulla base delle condizioni di
cui all’articolo 57 quater della direttiva, al fine di aggiornare le conoscenze e abilità previste per le
professioni settoriali alla luce del progresso scientifico e tecnologico.
Aggiornamento lista attività
La Commissione UE può - attraverso atti delegati - procedere alla rivisitazione dell'allegato IV della
direttiva, che comprende una lista di attività artigianali, del commercio e dell’industria per le quali
è previsto il riconoscimento automatico sulla base della sola esperienza professionale.
Conoscenze linguistiche
Viene introdotta la possibilità per gli Stati membri di imporre il controllo delle conoscenze
linguistiche, dopo il riconoscimento della qualifica ma prima dell’accesso alla professione che abbia
implicazioni sulla sicurezza dei pazienti.
Meccanismo d'allerta
Viene introdotto un meccanismo di allerta specifico per le professioni sanitarie, sulla falsariga di
quanto previsto dalla Direttiva servizi. Il meccanismo d'allerta della direttiva servizi è stato esteso a
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tutte le altre professioni regolamentate.
Centri di assistenza
Il nuovo testo della Direttiva prevede, al considerando 28 e all’articolo 57ter, che gli attuali punti di
contatto nazionali siano trasformati in Centri di assistenza. Tali Centri, oltre a fornire informazioni ai
cittadini, dovranno fornire attività di consulenza e assistenza ai cittadini, ivi compresa la possibilità
di un’assistenza diretta attraverso uno sportello fisico.
Esercizio di trasparenza e screening delle professioni regolamentate
Introdotta la previsione di un processo di trasparenza attraverso il quale ogni Stato dovrà
esaminare tutta la propria regolamentazione delle professioni per verificare che sia non
discriminatoria, proporzionale e basata su un motivo imperativo di interesse generale. L’obbiettivo
è quello di ridurre la regolamentazione dei servizi professionali che non rispetta tali criteri,
considerata una delle cause di maggiore ostacolo alla mobilità dei professionisti e,
conseguentemente, alla crescita economica e allo sviluppo dell'occupazione. In questa ottica, con
Comunicazione adottata il 2 ottobre 2013, la Commissione ha proposto agli Stati membri una
metodologia che prevede una serie di passi (aggiornamento del data base delle professioni
regolamentate, raccolta e screening di tutta la normativa esistente su ogni professione
regolamentata, incontri fra gli Stati membri per la valutazione reciproca e lo scambio di best
practices), che ha trovato il consenso del Consiglio UE nelle conclusioni del 24/25 ottobre 2013.
L’Italia dovrà fare un grande lavoro in questo ambito essendo tra i Paesi europei con un maggior
numero di professioni regolamentate.
Procedura di notifica
Il nuovo articolo (21 bis) prevede che ogni Stato membro notifichi alla Commissione e agli altri SM
(solo nel caso degli architetti) le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative adottate in
materia di rilascio dei titoli di formazione relativi alle professioni a riconoscimento automatico.
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Questa procedura, già prevista dall’articolo 21, paragrafo 7, della Direttiva 2005/36/CE, dovrà essere
ora effettuata attraverso il sistema IMI (Internal market information).
3.6 Relazione sul tema "Ripensare l'istruzione"
1 ottobre 2013; relatrice: Katarina Nedelova
Contesto
Il 20 novembre 2012, la Commissione ha presentato la sua comunicazione dal titolo "Ripensare
l'istruzione: investire nelle competenze per ottenere migliori risultati socioeconomici". Il
documento propone azioni concrete a livello dell'Unione e raccomanda iniziative a livello nazionale
nei tre settori principali seguenti:
1. erogazione di abilità adeguate per il mondo del lavoro;
2. nuove modalità di insegnamento e apprendimento;
3. nuovi approcci ai finanziamenti e ai partenariati.
La comunicazione propone di fornire le abilità adeguate per l'occupazione, migliorare
l'alfabetizzazione di base e numerica e rafforzare le competenze trasversali e imprenditoriali.
Sottolinea altresì la necessità di sviluppare partenariati al fine di creare le giuste strategie in
materia di abilità e promuove dibattiti sul finanziamento dell'istruzione.
È possibile migliorare l'efficienza dell'insegnamento e dell'apprendimento attraverso un migliore
riconoscimento delle competenze e delle qualifiche in Europa. Ciò promuoverebbe la mobilità e
contribuirebbe alla riduzione della disoccupazione. Occorre promuovere l'utilizzo delle risorse
didattiche aperte e delle nuove tecnologie, al fine di ampliare l'accesso ai materiali didattici e
incrementare la partecipazione degli studenti. Gli insegnanti devono avere accesso a una
formazione adeguata per aggiornare le proprie competenze.
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Le tematiche contenute nella comunicazione sono approfondite in altri sei documenti di lavoro dei
servizi della Commissione. La comunicazione è inoltre corredata della relazione di monitoraggio del
settore dell'istruzione e della formazione per il 2012, che fornisce informazioni sostanziali
connesse a tale tematica.
Osservazioni del relatore
Nell'attuale situazione di instabilità economica, in Europa e a livello globale, una delle sfide
principali è la disoccupazione e la capacità delle persone di garantirsi la sussistenza. La lotta alla
disoccupazione deve essere il nostro obiettivo principale ed è in questo ambito che l'istruzione e la
formazione svolgono un ruolo fondamentale. Nel lungo periodo, l'istruzione e lo sviluppo delle
competenze sono essenziali per l'innovazione e la crescita economica. Tuttavia, un'istruzione di
qualità che impartisca competenze utili per le esigenze del mercato del lavoro non può prescindere
dallo sviluppo di competenze personali e atteggiamenti sociali.
Attualmente, gli istituti formativi compiono grandi sforzi: tra il 1980 e il 2005, quasi tutti i paesi
dell'OCSE hanno incrementato in modo sostanziale la spesa nel settore dell'istruzione, ma solo
alcuni hanno registrato un miglioramento significativo dei risultati. Sono necessari cambiamenti
sistemici per migliorare la qualità dei nostri istituti scolastici senza imporre nuovi oneri.
L'apprendimento non formale e informale e il lavoro all'interno delle organizzazioni giovanili
devono essere riconosciuti maggiormente e procedere in parallelo con l'istruzione formale. I
partenariati università-imprese, l'apprendimento sul lavoro e strategie di apprendimento
permanente migliori possono apportare nuovi incentivi per promuovere la riforma dell'istruzione e
della formazione.
Il relatore evidenzia come sia urgente individuare le giuste competenze per il mondo di oggi, non
solo per gli studenti e i giovani che entrano nel mercato del lavoro ma anche per altre persone che
hanno bisogno di riqualificarsi per migliorare la propria situazione personale, per quanto riguarda,
ad esempio, l'occupazione, l'inclusione sociale, la vita familiare, la cittadinanza attiva o il
riconoscimento di sé. Le nuove competenze e le competenze trasversali acquisite devono
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permettere di assicurare non solo le necessità finanziarie ma anche quelle sociali e personali dei
singoli.
A marzo 2013, nell'UE la disoccupazione fra i giovani fino a 25 anni ha raggiunto il 23,5%. Nel
contempo, non è stato possibile coprire oltre 2 milioni di posti di lavoro vacanti. Il relatore
sottolinea che questo problema risulta chiaramente dall'attuale situazione nella quale le esigenze
del mercato del lavoro contemporaneo spesso non coincidono con le opportunità fornite dagli
istituti formativi. Alcuni posti di lavoro richiedono competenze che oggi possiede un numero
insufficiente di giovani. Inoltre, si registra una domanda impellente di persone formate nel settore
STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).
Quando si affronta la questione degli squilibri tra domanda e offerta di abilità, è importante
incentrarsi sul problematico conflitto tra come gli studenti percepiscono il lavoro ideale e la
richiesta sul mercato del lavoro di lavoratori competenti e adeguatamente preparati. Un altro
problema risiede nelle percezioni stereotipiche dei percorsi formativi destinati alle donne e agli
uomini. Tuttavia, promuovere il valore aggiunto dell'istruzione e della formazione professionali e
discostarsi dalla semplice istruzione formale contribuirà a cambiare tali percezioni. Inoltre, è
dimostrato che una maggiore diversità di genere sul luogo di lavoro e nel lavoro di squadra assicura
generalmente il conseguimento di prestazioni e risultati migliori.
Il relatore desidera far riferimento alle statistiche sulla panoramica europea delle competenze al
fine di sottolineare le seguenti tendenze registrate in Europa:
1. maggior numero di lavori altamente qualificati (quali consulenti giuridici, alti funzionari e
manager);
2. diminuzione del numero di lavori manuali qualificati (ad esempio gli artigiani);
3. un lavoratore su tre è troppo qualificato o poco qualificato (ciò riflette il diffuso squilibrio tra le
competenze acquisite e le esigenze del mercato del lavoro);
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4. le assunzioni nel settore privato rispondono maggiormente e più rapidamente alla congiuntura
industriale rispetto al settore pubblico;
5. si riscontrano congestionamenti in certe attività professionali di rilievo, ad esempio nel settore
sanitario (in particolare medici, farmacologi e infermieri), nel settore delle TIC (in particolare
consulenti informatici e programmatori di software), nel settore dell'ingegneria (in particolare
ingegneri specializzati) e nel settore delle finanze (professionisti del settore, quali ad esempio i
contabili).
L'apprendimento non formale e informale, il lavoro nelle organizzazioni giovanili, tirocini di buona
qualità, apprendistati e attività di volontariato devono essere riconosciuti quali strumenti che
creano i primi legami tra studio e mercato del lavoro e diffondono uno spirito d'innovazione nei
giovani. Inoltre, l'esperienza professionale maturata durante gli studi aiuta i giovani ad acquisire le
competenze necessarie per la transizione al mondo del lavoro. Le singole competenze personali,
quali il pensiero critico, il lavoro di squadra, la capacità di risolvere i problemi, la comunicazione, la
fiducia in sé, lo spirito d'iniziativa e la leadership sono altresì necessari al fine di essere preparati
meglio non solo per la vita professionale ma anche per quella privata.
Il relatore invita gli Stati membri a stanziare finanziamenti per promuovere modelli di
apprendimento sul lavoro e apprendimento duale, molto importanti per la transizione dalla scuola
al lavoro. Inoltre, è importante investire sia nella qualità che negli standard, che devono essere
sviluppati ulteriormente.
Le competenze linguistiche sono fondamentali dal momento che promuovono la mobilità di
lavoratori e studenti, migliorandone l'occupabilità e rendendoli sicuri di sé sul posto di lavoro.
Competenze linguistiche adeguate consentono ai cittadini europei di cogliere appieno le
opportunità professionali all'estero. L'adozione di parametri di riferimento è un passo necessario
verso la promozione di competenze linguistiche migliori in Europa; fungerà da incentivo per
migliorare i risultati cognitivi degli studenti e contribuirà al raggiungimento dell'obiettivo di
50
Barcellona relativo a "lingua madre + due lingue straniere".
Il relatore vorrebbe incentrarsi sui seguenti obiettivi principali:
· affrontare la problematica della disoccupazione giovanile – il suddetto 23,5% dei giovani europei;
· aggiornamento dei sistemi scolastici che sono obsoleti e creano uno squilibrio tra le opportunità
fornite dagli istituti formativi e l'attuale mercato del lavoro e messa a punto di nuovi sistemi per
prevenire che la stessa situazione si verifichi in futuro, utilizzando nuovi metodi didattici,
coinvolgendo le parti sociali, partner regionali e commerciali nel processo educativo, nonché
percorsi per l'apprendimento permanente;
· ampliare la portata delle politiche dell'istruzione e della formazione in modo che abbiano un
ruolo specifico nella promozione della cittadinanza attiva, dello sviluppo personale e del
benessere, e potenziamento del dialogo sociale strutturato.
Vi sono sempre più giovani non impegnati negli studi, disoccupati e al di fuori di ogni ciclo di
istruzione e formazione (NEET). L'Unione non può permettersi nessuna generazione perduta in
futuro. Il relatore concorda con la comunicazione nell'affermare che lo strumento fondamentale
per impedire che ciò si verifichi è un'istruzione efficace, accessibile e di qualità che si adatti alle
esigenze del mercato del lavoro. Tuttavia, il relatore sottolinea che non contano unicamente le
esigenze del mercato del lavoro; occorre occuparsi anche dell'inclusione sociale e della cittadinanza
attiva.
Il relatore sottolinea come sia necessario incentrarsi anche sui programmi di apprendimento
destinati agli adulti e sull'apprendimento permanente, che aiutano gli adulti ad acquisire una
riqualificazione al fine di candidarsi per altri impieghi nell'arco della propria vita attiva. Inoltre,
l'istruzione e la formazione devono essere più accessibili per i gruppi vulnerabili quali le persone
socialmente svantaggiate, le persone con disabilità, le minoranze, i cittadini più anziani e le donne,
aiutandoli a incrementare le proprie possibilità di vivere vite dignitose.
Il relatore sottolinea che una rivalutazione dei sistemi formativi in Europa richiede una stretta
51
collaborazione: occorre potenziare il dialogo sociale tra gli istituti formativi e il settore delle
imprese, le parti sociali, i servizi sociali (gli uffici del lavoro), gli enti regionali o le ONG al fine di
promuovere uno scambio di buone prassi e partenariati, quale strumento di transizione dallo
studio al mondo dell'imprenditoria o del lavoro.
Quando si ammodernano le politiche dell'istruzione e della formazione, è altresì importante
incrementare il coinvolgimento della società civile e la responsabilità sociale delle imprese
all'interno dell'ambiente economico. Inoltre, i partner commerciali possono svolgere un ruolo
importante quando gli studenti acquisiscono nuove abilità; possono essere visti come esempi o
modelli di ruolo ed è possibile, ad esempio, coinvolgere i professionisti nelle attività didattiche in
aula.
Il relatore sottolinea che l'idea principale alla base della presente relazione non è solo quella di
individuare le principali sfide e abilità necessarie per gli studenti e per le persone che entrano nel
mercato del lavoro, ma anche trovare soluzioni su come mantenere la condizione essenziale della
loro indipendenza individuale ed economica. Ogni essere umano ha il diritto di accedere
all'istruzione. Se vogliamo che ciò diventi una realtà, dobbiamo investire in un'istruzione di qualità
in modo duraturo e sostenibile. Inoltre, occorre utilizzare tutti gli strumenti complementari per
potenziare le opportunità per il benessere e lo sviluppo personale e ciò deve essere pienamente
riconosciuto sia a livello dell'Unione, sia a livello nazionale.
3.7 Relazione sulle nuove tecnologie e risorse educative aperte
La relazione del MEP Catalin Sorin Ivan, è stata votata in Commissione CULT il 13 marzo (il 14 aprile
in plenaria).
Il documento individua delle sfide in tre
settori:
o (1) l'innovazione nelle istituzioni didattiche e della formazione;
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o (2) l'utilizzo delle risorse didattiche aperte (RDA);
o (3) la disponibilità di infrastrutture e apparecchiature legate alle tecnologie dell'informazione e
della comunicazione (TIC).
I suggerimenti della Commissione agli Stati membri e alle istituzioni didattiche e della formazione
comprendono quanto segue:
o (1) accrescere il riconoscimento delle competenze acquisite on line e sostenere l'acquisizione
delle competenze digitali da parte dei docenti;
o (2) promuovere l'accesso aperto ai materiali didattici con finanziamento pubblico;
o (3) migliorare la connettività a banda larga e le apparecchiature delle TIC a livello
delle aule scolastiche.
Il relatore reputa che, alla luce dell'attuale crisi economica e sullo sfondo dell'elevata
disoccupazione giovanile, una sfida sempre più importante che gli Stati membri si trovano ad
affrontare è offrire ai giovani un'istruzione di qualità.
La disponibilità dell'infrastruttura digitale, disomogenea, in tutta l'Unione apre una seconda sfida.
Il relatore ritiene che la soluzione a tale problema risieda nell'utilizzo dei programmi dell'UE e nella
cooperazione fra gli Stati membri e le regioni.
Inoltre, il relatore paventa che l'Unione possa rimanere ancora più indietro rispetto agli Stati Uniti
d'America e all'Asia nelle competenze digitali della sua forza lavoro. I sistemi di istruzione e
formazione europei non sono ancora in grado di integrare le TIC nelle proprie pratiche abituali.
Esiste una forte differenza fra l'uso quotidiano delle tecnologie digitali e il loro utilizzo nelle
istituzioni didattiche e della formazione. Dovrebbe essere incentivata lacooperazione tra le
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istituzioni didattiche e della formazione europee, al fine di agevolare lo sviluppo delle RDA.
Nel settore dell'istruzione e della formazione stanno verificandosi mutamenti rivoluzionari.
Siamo testimoni di una massiccia crescita dei corsi didattici e di altre risorse reperibili attraverso
Internet, gratuite come le RDA o a pagamento: la conoscenza è sempre più a disposizione di tutti e,
spesso, gratuitamente.
Oltre a ciò, le nostre vite stanno sempre più digitalizzandosi. Per il settore dell'istruzione, ciò
presenta sia opportunità che sfide: i benefici delle nuove tecnologie devono essere fruiti senza
trascurare il valore dei metodi tradizionali.
Il maggior utilizzo delle tecnologie digitali dà vita a opportunità di insegnamento e di
apprendimento in modalità innovative per le istituzioni didattiche e della formazione, per i docenti,
gli studenti e gli allievi. Le istituzioni didattiche avranno la possibilità di scegliere e modificare le
singole risorse sulla base delle loro specifiche esigenze, creando grazie a ciò una maggiore diversità
degli ambienti d'apprendimento. Le RDA possono contribuire a perfezionare gli approcci
collaborativi e a personalizzare il processo d'apprendimento.
Mentre oggi sta venendo rapidamente alla luce una generazione di "nativi digitali", gli insegnanti
odierni devono essere correttamente formati per incorporare le TIC nelle loro pratiche
pedagogiche. Per questo motivo, il relatore ritiene che l'Unione europea debba sostenere
l'istruzione degli insegnanti e il loro sviluppo professionale in materia di TIC, nonché promuovere
l'utilizzo delle RDA.
Molte istituzioni si avvalgono di materiali provenienti dalle RDA. Sebbene le licenze aperte
consentano lo scambio gratuito di risorse didattiche digitali, esistono tuttora alcune sfide da
fronteggiare relativamente ai diritti d'autore sui materiali di insegnamento e di apprendimento.
È importante monitorare e analizzare correttamente tali problematiche.
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Nel settore didattico e della formazione risulta essenziale proseguire nel miglioramento dei metodi
in essere e promuovere metodi di insegnamento e apprendimento innovativi. Le RDA possono dare
un solido contributo al raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020 e a trasformare
in realtà l'apprendimento permanente.
Parte 4: La mobilità europea
4.1 Introduzione
Fino a pochi anni fa, “andare in Erasmus” era l'espressione con cui la stragrande maggioranza dei
giovani entrava più o meno inconsapevolmente in contatto con l'Europa. Per generazioni di ragazzi,
la presenza di una istituzione complessa e spesso percepita come geograficamente distante quale
l'Unione Europea si manifestava concretamente nella possibilità di trascorrere qualche mese
all'estero durante gli anni universitari.
Adesso le cose sono un po' cambiate: con la crisi, l'Europa è entrata nelle case di tutti gli italiani
almeno come concetto, ma Erasmus continua ad essere un marchio di fabbrica riconoscibile ed
immediatamente spendibile. Nella maggior parte dei casi, in senso buono: anche se la narrazione
popolare è solita attribuire al periodo in Erasmus ogni sorta di nefandezze giovanili, in realtà si
tratta di un momento importante di formazione durante il quale vengono apprese abilità
professionali utili come la lingua, e che spesso costituisce anche il primo vero approccio degli
studenti ad un mondo più vasto nel quale devono anche imparare a cavarsela da soli negli aspetti
più basilari della vita quotidiana. Oggi Erasmus è un programma di successo nel quadro del quale il
numero di domande eccede ormai di molto il numero di posti disponibili.
Per questo motivo, quando la Commissione Europea si è trovata nella necessità di attribuire un
nuovo nome al programma quadro che raccogliesse sotto di sé tutte le azioni precedenti in materia
di istruzione e gioventù, ha deciso di utilizzare il marchio più rappresentativo a sua disposizione:
nasce così Erasmus for all, divenuto successivamente durante i negoziati col Parlamento Erasmus +
(o Erasmus plus) per sottolineare la presenza all'interno del programma di altre misure oltre a
quella più celebre.
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4.2 Un po' di storia
Volendo riscoprirne le origini, possiamo ricordare che Erasmus nasce come semi-acronimo
dell'espressione European Community Action Scheme for the Mobility of University Students,
Schema d'azione della Comunità europea per la mobilità degli studenti universitari nel 1987.
Il progetto nacque grazie a un'iniziativa dell'associazione studentesca Egee (oggi Aegee) fondata da
Franck Biancheri, poi divenuto presidente del movimento trans-europeo Newropeans, che nel
1986-1987 convinse il presidente francese François Mitterrand ad appoggiare la nascita di Erasmus.
In realtà nel corso della sua più che ventennale carriera Erasmus ha trascorso davvero poco tempo
come programma indipendente. Infatti divenne parte integrante dei programmi Socrates già nel
1994, venendo raccolto sotto questo cappello assieme a Comenius e Grundtvig (più i defunti
Lingua e Minerva) e continuando poi sotto Socrates II (2000-2006). Con Comenius ad occuparsi
della parte educativa rivolta alla scuola, e Grundtvig a farsi carico dell'istruzione degli adulti e
dell'apprendimento permanente, veniva così a strutturarsi quel concetto di istruzione lungo tutto
l'arco dell'esistenza che a partire dal 2007 si è incarnato nel Lifelong Learning Programme (LLP),
venuto a scadenza con la fine del quadro finanziario chiusosi nel 2013. LLP è stato anche il
programm all'interno del quale per la prima volta ha trovato spazio il placement, vale a dire la
misura rivolta alla mobilità a scopo di inserimento lavorativo e non più di solo studio.
L'approccio adottato da Erasmus plus ha poi cambiato nuovamente le cose.
4.3 Qualche dato sui risultati ad oggi
Nei suoi 25 anni di attività, Erasmus ha permesso a tre milioni di studenti di beneficiare del
programma, coinvolgendo fino a 33 paesi europei ed extraeuropei a questo scopo.
Spagna, Francia e Germania sono i paesi che hanno beneficiato di più del programma in termini di
studenti inviati all'estero, mentre l'Italia si colloca al quarto posto. In termini percentuali, questo
significa che ad esempio, nel 2011, sul totale della popolazione studentesca italiana, era in Erasmus
lo 1,12%, contro lo 1,86% in Spagna e lo 0,35% in Ungheria (il valore europeo più basso). Siamo
56
quindi all'interno della media europea. Il nostro paese peraltro ha anche una media piuttosto alta
di mesi trascorsi all'estero: vicino ai sette, contro la media europea che si attesta attorno ai sei (il
valore più alto nel 2010 era quello della Spagna, con 7 mesi e mezzo, quello più basso quello di
Malta, con 3,9 mesi).
Nelle aree di studi affrontate dagli studenti Erasmus la fanno da padrone le scienze sociali, incluso
economia e giurisprudenza, forse perché sono le discipline che più hanno da guadagnare in uno
scambio culturale del genere: il 41,4% degli studenti proviene da queste aree. Si piazzano bene
anche le discipline umanistiche, con un buon 21,9%. Fanalino di cosa sono invece le scienze della
salute, con uno scarso 6% che però dipende forse anche dal fatto che questi studenti non hanno
difficoltà a trovare collocazione in ambito lavorativo alla fine del loro ciclo di studi.
Per quanto riguarda le destinazioni preferite, alla data del 2012 la Spagna rimaneva la destinazione
prediletta in assoluto dagli studenti, seguita da Francia, Germania, UK e Italia. Visti i recenti
sviluppi di cronaca, è degno di nota il fatto che la Svizzera, con cui gli accordi di scambio Erasmus
non sembrano destinati a essere rinnovati, non è né una meta particolarmente prediletta dagli
Europei, né del resto appare particolarmente ricca di cittadini ansiosi di partire per altri paesi,
collocandosi al di sotto dell'Ungheria sia come numero di studenti in arrivo che in partenza. La
Spagna, oltre a essere la meta in assoluto più desiderata dagli studenti, ha anche un ottimo
equilibrio entrate-uscite: il numero di studenti in arrivo e quello in partenza si equivale, mentre ad
esempio l'Italia vede un leggero svantaggio degli studenti in arrivo. In realtà questo è un trend
abbastanza diffuso, essendo simile in generale per i paesi dove il movimento degli studenti è
maggiore; costituiscono due eccezioni macroscopiche il Regno Unito e la Svezia, dove il numero di
ingressi surclassa quello di uscite in maniera schiacciante. Se la cosa, per quanto riguarda la Svezia,
si spiega forse con un certo isolazionismo del paese nordico, i motivi che determinano gli altri
valori sono abbastanza chiari: essendo la lingua un fattore determinante per la scelta della
destinazione Erasmus, sono molti più coloro che vogliono imparare l'inglese in Inghilterra degli
inglesi che desiderano imparare una seconda lingua all'estero. Al di là del folklore sull'Erasmus
come periodo di sballo, la scelta di una meta come la Spagna può essere dovuta al fatto che la
necessità di affrontare corsi di studio ed esami in una lingua straniera spinge studenti francesi e
italiani a selezionare una destinazione dove la lingua parlata non sia troppo differente dalla
propria. Ultimamente si sono aggiunti ulteriori incentivi, specie per gli studenti italiani, in quanto
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spesso la Spagna offre corsi facilitati di accesso alle professioni che in Italia sono ancora
rigidamente sorvegliate da numeri chiusi o esami per l'iscrizione all'albo (un esempio per tutti:
l'esame di avvocatura).
4.4 Il nuovo programma Erasmus plus
Il nuovo Erasmus, come abbiamo detto, è in realtà un ombrello che racchiude sotto di sé le tre
misure succitate del Lifelong Learning Programme (Comenius, Erasmus, Grundtvig), più il Leonardo
da Vinci, che è l'azione di programma dedicata alla formazione professionale, e le misure dedicate
ai giovani e allo sport. A differenza però di LLP, che si limitava in un certo senso a raccogliere i
programmi precedenti senza alterarne la struttura essenziale e riproponendoli come
sottoprogrammi, con Erasmus plus, pur mantenendo inviariati i marchi associati alle singole azioni,
il programma si ripensa proponendosi come un articolato insieme di iniziative volte all'istruzione e
ai suoi referenti immediati, i giovani. Vedremo adesso come si struttura ed organizza il nuovo
programma, che vede il nome Erasmus farla da padrone in onore di quello che rimane uno dei casi
più clamorosi di successo mediatico e non solo dell'Unione Europea.
Il programma Erasmus plus si propone di intervenire negli ambiti dell'istruzione e della formazione
a tutti i livelli, cominciando dal periodo scolastico, attraverso l'Università e fino all'apprendimento
in età adulta, in una prospettiva di apprendimento permanente e con lo sguardo rivolto anche a
quelle forme di apprendimento non formali e informali, inclusa la formazione professionale di ogni
genere. Gli altri due settori nei quali si manifesta l'azione di Erasmus plus sono la gioventù e lo
sport.
Erasmus plus avrà la stessa durata dell'attuale quadro finanziario pluriennale, e quindi si estende
dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2020. Come abbiamo visto, essendo l'istruzione una politica di
sostegno e supporto, il valore aggiunto europeo di questo programma consiste principalmente
nella complementarietà che può fornire agli strumenti nazionali, oltre naturalmente all'essere
caratterizzato da una dimensione transnazionale.
Gli obiettivi del programma sono in linea con i due documenti della strategia Europa 2020 ed
ET2020, ma Erasmus+ si propone anche di incentivare lo sviluppo sostenibile dei paesi partner e di
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aderire agli scopi del Quadro di cooperazione europea per la gioventù. La promozione dello sport a
livello europeo, soprattutto quello amatoriale, e la promozione dei valori dell'Unione sono gli altri
scopi cui tende il programma.
Dal punto di vista della struttura, Erasmus+ prevede tre azioni chiave per ciascuna delle sue due
aree di attività dell'istruzione e della gioventù, più un'azione denominata Jean Monnet per il
sostegno agli istituti dove vengono promossi gli studi europei, e un'azione per lo sport. In totale
quindi si tratta di otto azioni ognuna delle quali è finalizzata ad obiettivi precisi. Le azioni chiave
sono sempre le stesse, e sono le seguenti:
1.
Mobilità
2.
Cooperazione
3.
Sostegno alle policy.
Ad ognuna di esse, a seconda del settore nel quale si inseriscono, afferiscono diverse attività.
Settore Istruzione e Formazione
Gli obiettivi specifici di questa sezione sono il migliormanto del livello di competenze e di abilità
chiave in vista dell'inserimento nel mondo professionale, la necessità di favore l'insegnamento di
eccellenza e la sua internazionalizzazione, la promozione di uno spazio europeo dell'insegnamento,
il miglioramento delle lingue e lo sviluppo di un insegnamento strutturato avente come argomento
l'integrazione europea.
Nel campo dell'istruzione, le attività previste per ogni azione chiave sono le seguenti:
Azione chiave 1 – mobilità: mobilità degli studenti, degli alunni delle scuole, di chi segue una
formazione professionale e del personale scolastico e universitario.
Azione chiave 2 – cooperazione: partenariati strategici realizzati in collaborazione tra organizzazioni
e/o istituti che svolgono attività di istruzione e di formazione, tesi a sviluppare e realizzare iniziative
congiunte e a promuovere l'apprendimento tra pari e gli scambi di esperienze; oppure partenariati
strategici tra mondo del lavoro e istituti di istruzione e di formazione, sotto forma di alleanze tra
istituti e mondo del lavoro da un lato, oppure tra formatori e mondo del lavoro dall'altro;.
Rientrano nell'azione chiave 2 anche le piattaforme di supporto informatico all'apprendimento.
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Azione chiave 3 – sostegno alle policy: questa azione chiave ha l'esplicito scopo di aiutare l'Europa
nell'attuazione della propria agenda politica in materia di formazione e istruzione, implementando
gli strumenti che l'Unione si è data, come Europass, i quadri delle qualifiche europee, il dialogo
con le parti interessate, la rete Eurydice, e altri.
Settore Gioventù
Rientrano in questo ambito le attività che fanno parte del programma dello scorso quadro
finanziario pluriennale denominato Gioventù in Azione. Il settore Gioventù di propone di
migliorare il livello delle competenze e delle abilità chiave dei giovani, al fine di potenziare la
partecipazione al mercato del lavoro, la cittadinanza attiva, il dialogo, l'inclusione e la solidarietà.
L'obiettivo è anche integrare le politiche nazionali regionali e locali e sostenere lo sviluppo di una
politica in materia di gioventù, nonché accrescere la dimensione internazionale delle attività nel
settore della gioventù e il ruolo degli animatori socioeducativi e delle organizzazioni giovanili quali
strutture di sostegno psicologico, sociale ed umano per i giovani.
Nel campo della gioventù, le attività previste per ogni azione chiave sono le seguenti:
Azione chiave 1 – mobilità: sono previste attività legate a fini di apprendimento, non formale e
informale, ad esempio nell'ambito del volontariato, e misure volte alla mobilità degli individui che
operano nell'animazione socioeducativa o nelle organizzazioni giovanili.
Azione chiave 2 – cooperazione: verranno implementate forme di partenariato strategico tese a
sviluppare e realizzare iniziative congiunte, comprese iniziative per la gioventù e progetti di
cittadinanza, innovazione sociale, partecipazione, imprenditorialità; sono comprese inoltre misure
di finanziamento alle piattaforme di supporto informatico che consentono l'apprendimento tra pari
e altre forme di istruzione non formale e informale.
Azione chiave 3 – sostegno alle policy: anche in questo caso, sono previste misure che facilitino
l'attuazione dell'agenda politica dell'Unione in materia di gioventù, l'implementazione degli
strumenti a disposizione dell'Unione e il dialogo politico con le parti interessate. Rientrano in
questo ambito anche i fondi per il Forume europeo della gioventù.
Settore Jean Monnet
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La sezione del programma dedicata a Jean Monnet, il celebre economista e diplomatico francese
considerato uno dei padri dell'Unione, prevede invece attività volte a promuovere l'insegnamento
e la ricerca sull'integrazione europea in tutto il mondo, sia tra gli specialisti del mondo accademico,
che tra gli studenti ed i semplici cittadini. Per questo sostiene le attività degli istituti accademici e
delle associazioni che svolgono studi in questo ambito, ivi inclusi le famose istituzioni Jean Monnet:
l'Istituto universitario europeo di Firenze, il Collegio d'Europa con sedi a Bruges e Natolin, l'Istituto
europeo di pubblica amministrazione di Maastricht, l'Accademia di diritto europeo di Treviri, il
Centro internazionale di formazione europea di Nizza, e l'Agenzia europea per lo sviluppo
dell'istruzione per alunni con esigenze speciali di Odense. L'azione Jean Monnet vorrebbe anche
promuovere il dibattito politico e gli scambi tra i membri del mondo accademico e i rappresentanti
del mondo politico sull'agenda e gli obiettivi dell'Unione Europea, in modo da saldare meglio due
mondi, quello universitario e quello della burocrazia europea, che paiono a volte un po' distanti.
Settore Sport
Lo sport è una novità per l'Unione. Da quando il Trattato di Lisbona ha introdotto questa nuova
competenza, non si era mai verificato il caso di dover introdurre una misura specifica nei
programmi dell'Europa, dal momento che il Trattato è entrato in vigore solo a decorrere dal 2009,
quindi due anni dopo la partenza dell'ultima tornata di programmazione comunitaria. La sua
presenza all'interno di Erasmus+ è perciò una prima volta assoluta. Il focus del programma si è
appuntato sulla volontà di contrastare le minacce ad uno sport sano, pulito e legale,
mantenendone e incrementandone l'integrità, favorendone la buona governance, e sensibilizzando
adeguatamente la popolazione verso l'importanza di una sana attività fisica. Un occhio di riguardo
è previsto per il volontariato sportivo e lo sport amatoriale.
Per quanto riguarda le attività previste da Erasmus+ nell'ambito dello sport, si prevede il sostegno
ai partenariati di collaborazione fra
sostegno ai partenariati di collaborazione, agli eventi sportivi europei senza scopo di lucro, allo
sviluppo di una base di conoscenze comprovate per la definizione delle politiche europee in
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materia di sport, allo scopo di approfondire una tematica nuova per l'Unione, e all'instaurazione di
un dialogo con le parti interessate rilevanti.
Il budget
Il bilancio totale a disposizione di Erasmus+ si aggira intorno ai 14 miliardi e 775 milioni di euro per
l'intero arco dei sette anni. Questa cifra è ancora al di sotto di quella originariamente prevista dalla
proposta originale della Commissione Europea, che si aggirava intorno ai 20 miliardi. Tuttavia, è
stato un successo del Parlamento riuscire a riportare questa cifra molto al di sopra di quella che i
tagli inizialmente preventivati dal Consiglio avrebbero voluto imporre, e che nel corso dei negoziati
avevano fatto scendere il budget settennale addirittura sotto i 13 miliardi. Nel complesso,
comunque, il budget finale per il programma è superiore a quello dello scorso quadro finanziario
settennale, confermando così un trend in crescita che non può che arrecare soddisfazione.
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