Recensioni film

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Recensioni film
Rappresentazione dei giovani (20-40 anni) nel cinema degli anni Duemila Generazione 1000 euro
Genere: Commedia, sociale
Regia: Massimo Venier
Interpreti: Alessandro Tiberi, Valentina Lodovini, Carolina Crescentini, Francesco Mandelli
Nazionalità: Italia
Anno d’uscita: 2008
Durata: 101’
Matteo (Tiberi), brillante laureato in Matematica e assistente universitario senza fondi di ricerca,
lavora con un contratto a progetto nella divisione marketing di una società di comunicazione. È un
lavoro precario, non amato, che non lo aiuta neppure a pagare l’affitto dell’appartamento, condiviso
insieme a due amici. È una vita instabile, anche negli affetti. Tutto si complica quando la società lo
mette sotto pressione, in vista di un possibile rinnovo contrattuale, spingendolo ad andare contro i
propri principi. Massimo Venier porta sullo schermo, con una commedia brillante, l’amarezza della
condiziona lavorativa giovanile negli anni Duemila; giovani condannati a stage reiterati o contratti a
progetto, che riescono a malapena a sbarcare il lunario a fine mese. Una precarietà che si riverbera
inevitabilmente anche sulla sfera affettiva, sul progetto di una vita familiare. Venier si inserisce in
un terreno sempre più esplorato dai registi italiani, ricordando l’altrettanto efficace Tutta la vita
davanti (2007) di Paolo Virzì, la surreale esperienza in un call center di una giovane laureata in
filosofia (Isabella Ragonese), oppure Fuga dal Call Center (2008) di Federico Rizzo. Da non
dimenticare, certamente, le intense suggestioni proposte dai maestri Ken Loach (Bread and Roses,
In questo mondo libero…, The Agenl’s Share) o i fratelli Dardenne (Rosetta, L’enfant).
Immaturi
Genere: Commedia
Regia: Paolo Genovese
Interpreti: Ambra Angiolini, Barbora Bobulova, Raoul Bova, Anita Caprioli, Ricky Memphis
Nazionalità: Italia
Anno d’uscita: 2010
Durata: 108’
Un gruppo di amici trentenni si ritrova per un errore ministeriale sui banchi di scuola del liceo a
dover ripetere l’esame di maturità. Un terremoto nelle loro vite che li spingerà ad affrontare ricordi
ed emozioni sopite, nonché a riflettere sul proprio percorso di vita ormai sulla soglia dell’età adulta.
Paolo Genovese, attraverso un improbabile espediente narrativo (il ripetere l’esame di maturità, un
incubo ricorrente per la maggior parte delle persone), affronta con umorismo la vita della
generazione dei trentenni. Ritratto tra i più riusciti è certamente quello di Lorenzo (Memphis),
rimasto a casa con i propri genitori, nonostante sia economicamente indipendente, con un lavoro
ben avviato. Lorenzo è bloccato in dinamiche familiari tardo-adolescenziali, che richiamano anche
il film francese Tanguy (Id., 2001) di E. Chatiliez. Il figlio “stagionato” si rifiuta di uscire da una
condizione protetta e confortante per affrontare la vita da adulto. Situazione che esaspera i genitori,
al punto che il padre arriva a dirgli, ipotizzando possibili relazioni sentimentali: «Se ti andasse una
cenetta intima? E dove te la porti, sul letto a castello?». Alla commedia di Genovese si contrappone
lo sguardo asciutto e denso di un’ironia amara di Jason Reitman, con il film Young Adult (2011),
ritratto di una trentenne alla deriva, Mavis (Charlize Theron), un tempo la più ammirata del liceo,
che ora conduce un’esistenza disordinata tra disillusioni e una patologica propensione all’alcol,
ossessionata dall’idea di ritrovare e riconquistare il suo primo amore, ormai felicemente spostato e
neopapà.
dott. Sergio Perugini – Azione Cattolica, San Felice Circeo, 15 settembre 2012
Rappresentazione dei giovani (20-40 anni) nel cinema degli anni Duemila American Life (Away We Go)
Genere: Commedia
Regia: Sam Mendes
Interpreti: John Krasinski, Maya Rudolph
Nazionalità: Gran Bretagna, USA
Anno d’uscita: 2009
Durata: 98’
Un viaggio on the road per l’America del Nord per la coppia di trentenni Burt (Krasinski) e Verona
(Rudolph), in attesa del loro primo figlio. I due si amano, si completano, rifiutano fermamente di
sposarsi ma si giurano amore e sostegno per sempre. Decidono di lasciare l’ameno posto in cui
vivono per cercare una casa migliore, un luogo migliore dove far crescere la propria bambina.
Partono così alla volta di diverse città in cui risiedono amici e familiari, per trovare il loro posto
ideale. Il viaggio propone una carrellata sgangherata e surreale di incontri, per lo più avvilenti:
famiglie disfunzionali e problematiche, perse tra solitudini, falsi idoli o ciechi egoismi. Alla fine
Burt e Verona, dopo un estenuante e sconsolato vagare, trovano la propria casa nel luogo d’infanzia
di Verona, una casa abbandonata purtroppo alla morte improvvisa dei suoi genitori; un luogo di
ricordi felici, dunque, dove porre le proprie radici, dove innestare il proprio domani. Il regista Sam
Mendes, dopo aver affrontato con sguardo lucido, provocatorio, le problematicità e le
contraddizioni della famiglia made in USA con American Beauty (Id., 1999) e Revolutionary Road
(2008), torna a riflettere sulla condizione della coppia con American Life. Il film, seppur incline
spesso a una comicità discutibile, offre un interessante ritratto di due trentenni sulla soglia della vita
adulta, positivi e fiduciosi nel formare una famiglia, nonostante le difficoltà di una condizione
lavorativa precaria e il mancato sostegno dei propri familiare.
L’enfant. Una storia d’amore (L’enfant)
Genere: Drammatico
Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
Interpreti: Jérémie Renier, Déborah François
Nazionalità: Belgio, Francia
Anno d’uscita: 2005
Durata: 95’
Bruno (Renier) e Sonia (François) sono due giovani genitori, che campano alla giornata, soprattutto
grazie ai piccoli furti di Bruno. Giovani fragili e disorientati, chiamati a essere prematuramente
genitori, quando ancora non responsabili per se stessi. Vivono ai margini della vita, al confine con
la delinquenza. Bruno, per racimolare soldi, arriva persino a vendere il proprio figlio, Jimmy. Sarà
poi la disperazione di Sonia a indurlo a riprendere il piccolo, obbligandoli a saldare un pesante
debito con la malavita locale. La situazioni si fa così sempre più oscura, intrisa di disperazione e
smarrimento. Sarà, però, il desiderio di amore, di protezione verso la propria famiglia, che spingerà
Bruno al cambiamento. Dopo l’ennesimo, tragico, furto, si consegnerà alla polizia, confessando i
propri crimini; ritroverà poi Sonia, nella sala colloqui della prigione, che lo accoglierà con un
abbraccio ristoratore, che sembra sancire redenzione e perdono. I fratelli Dardenne (Rosetta, Il
ragazzo con la bicicletta), si muovo tra le pieghe oscure della società, evocando lo sguardo poetico
e duro di Pier Paolo Pasolini, così come di altri maestri del cinema europeo quali Robert Bresson
(Pickpocket, Au hasard Balthazar) o Ken Loach (Sweet Sixteen), attenti alle esistenze precarie e
abbandonate di quegli “ultimi” che sembrano nati senza speranza.
dott. Sergio Perugini – Azione Cattolica, San Felice Circeo, 15 settembre 2012
Rappresentazione dei giovani (20-40 anni) nel cinema degli anni Duemila La nostra vita
Genere: Drammatico, commedia
Regia: Daniele Luchetti
Interpreti: Elio Germano, Raoul Bova, Isabella Ragonese, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi
Nazionalità: Italia
Anno d’uscita: 2010
Durata: 100’
La vita di un giovane operaio, Claudio (Germano), padre di due figli piccoli e di un terzo in arrivo,
viene sconvolta dalla morte della moglie Livia (Ragonese), per complicazioni durante il parto. È
l’inizio di un calvario di sofferenze, cui si aggiungono angoscianti problemi di lavoro. Claudio si
smarrisce per allontanarsi dal dolore, abbandonando i figli alle cure dei fratelli e rincorrendo un
sogno imprenditoriale oltre le proprie forze, per garantire un futuro migliore ai propri figli. Grazie,
però, al sostegno della sua famiglia, che non lo abbandona neanche nei momenti più rischiosi, oltre
la legalità, Claudio riesce a termine il suo primo cantiere. Luchetti si addentra tra le pieghe del
sottoproletariato, seguendo la lezione di Pasolini, raccontando storie di “ultimi”, di disgraziati, in
cerca di un futuro diverso, migliore. Sarà la presenza rassicurante della famiglia a garantire a
Claudio la via del riscatto, della redenzione. La famiglia si conferma, pertanto, risposta solida alle
numerose difficoltà della contemporaneità. Sempre su questo tema, oltre a Giorni e nuvole (2007)
di Silvio Soldini, si ricorda il film The Company Men (2010) di John Wells: la storia del manager
Bobby (B. Affleck), dalla vita agiata, con moglie e figli, che all’improvviso, per un piano di
ristrutturazione aziendale, perde il lavoro. Bobby, però, non è solo. La sua famiglia è con lui, si
stringe accanto a lui; lo aiuta a ritrovare l’equilibrio, la caparbietà per non arrendersi.
50 e 50 (50/50)
Genere: Commedia, drammatico
Regia: Jonathan Levine
Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Seth Rogen, Anna Kendrick, Anjelica Huston
Nazionalità: USA
Anno d’uscita: 2011
Durata: 100’
È possibile raccontare con umorismo e leggerezza il calvario della malattia, lo spettro del cancro? È
una sfida audace, ma certamente vinta nel caso del film 50 e 50 di Jonathan Levine. Adam (GordonLevitt) è un giovane di 27 anni, con un lavoro in un’emittente radiofonica; ha una fidanzata e dei
buoni amici. Un ragazzo come tanti. La vita di Adam viene stravolta, però, dall’improvvisa scoperta
di un cancro, che gli lascia il 50 per cento di possibilità di sopravvivenza. Adam, però, non è solo ad
affrontare questo lacerante percorso. La sua famiglia e il suo più caro amico, Kyle (Rogen),
costituiscono un appoggio saldo, un rifugio protettivo, così come la sua terapista Katherine
(Kendrick). Il regista tratteggiando la discesa negli inferi della malattia di un giovane, realizza un
film dall’impianto narrativo drammatico, ma sapientemente stemperato da iniezioni di umorismo:
dal linguaggio esplicito e irriverente dell’amico Kyle alla goffaggine della terapista alle prime armi,
sino alle ironiche conversazioni con gli altri malati durante la chemioterapia. Un’opera densa di
positività e di speranza, tesa a sottolineare la centralità degli affetti, sicuri ancoraggi nelle tempeste
della vita. Altro film sulla malattia, sempre mitigato da ironia e atmosfere in stile musical, è La
guerra è dichiarata (2011) di Valérie Donzelli, la storia d’amore di due trentenni, stravolta dal
tumore del proprio bambino di soli 18 mesi. Un racconto autobiografico, girato in maniera
sperimentale (con macchina digitale fotografica), che regala commozione e speranza.
dott. Sergio Perugini – Azione Cattolica, San Felice Circeo, 15 settembre 2012