antonella lattanzio

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antonella lattanzio
ABSTRACT
LUSSO E CRISI: DIARIO DI SOPRAVVIVENZA
Per poter comprendere a fondo cosa si intende per lusso e per moda e
individuare punti di forza e di debolezza di queste realtà durante la
recente crisi economica, è necessario partire dall’inizio e rispondere
ad alcune domande: Cos’è il lusso? Quali sono le caratteristiche che
distinguono un bene di lusso da un bene di prima necessità? Quali
sono i maggiori produttori e i più fiorenti mercati per questo tipo di
prodotti?
La prima difficoltà che incontriamo rispondendo a queste domande è
nella definizione del concetto di lusso. L’attribuzione alla parola lusso
di un particolare significato è direttamente influenzata da numerosi
fattori caratterizzati da una forte soggettività e volatilità come, per
esempio, la cultura, la dimensione psicologica del consumatore, il
periodo storico e i canoni estetici. Per questo motivo, nel mercato dei
beni di lusso, una posizione di fondamentale importanza viene
attribuita ai desideri, alla percezione e alle necessità estetiche e
psicologiche del consumatore.
Tutti gli elementi analizzati ci comunicano una visione in cui è
impossibile stabilire una definizione univoca di lusso. Il lusso può
essere definito in termini di opulenza, ostentazione e affermazione
della propria posizione sociale, ma anche come esperienza sensoriale,
come simbolo di eleganza, elitarietà e bellezza e come stile di vita.
Dopo aver analizzato il concetto di lusso passiamo a definire la natura
del bene ad elevato valore simbolico, attraverso le sue principale
caratteristiche, vista l’impossibilità di definire delle categorie
merceologiche ben precise per questo tipo di prodotti. Anche qui
incontriamo il problema della soggettività e della pluralità di
definizioni ma possiamo riassumere il tutto passando attraverso alcuni
attributi fondamentali che un prodotto deve avere affinché possa
essere considerato “di lusso”. La prima cosa che ci viene in mente
pensando ad una lussuosa borsa di Bottega Veneta o ad un prezioso
paio di scarpe di Louboutin è il prezzo elevato. Il prezzo elevato non è
una caratteristica assoluta dei beni di lusso ma una conseguenza di
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altre loro tipiche caratteristiche. Un prodotto di lusso deve
necessariamente rispondere a standard qualitativi molto elevati non
solo in termini di materie prime e manodopera utilizzate nella
realizzazione, ma anche relativamente ai servizi post-vendita e
all’immagine agli occhi del consumatore. Ovviamente questi sono
tutti elementi che vanno ad incidere sul prezzo finale del capo,
dell’accessorio, dell’automobile o del gioiello che andiamo ad
acquistare. Inoltre, ovviamente, il consumatore di beni di lusso si
aspetta che ciò che acquista abbia una tiratura limitata, e quindi una
certa rarità ed elitarietà, che abbia un design impeccabile e
accattivante, un packaging sempre innovativo. Ma queste sono
soltanto alcuni degli attributi che possiamo ricondurre ai beni ad
elevato valore simbolico in quanto, come anticipato in precedenza, la
loro definizione è profondamente legata alla soggettività del
consumatore.
Le molteplici sfaccettature finora evidenziate in questa categoria di
beni fanno si che anche la popolazione di consumatori di essi sia
molto variegata. La classificazione degli acquirenti può avvenire
secondo diversi driver come, ad esempio, la frequenza nel consumo, la
disponibilità economica, la posizione sociale e la necessità da
soddisfare.
Al fine di raggiungere l’obiettivo di stabilire se il mercato dei beni di
lusso sia riuscito o meno ad uscire a testa alta dalla crisi, dobbiamo
analizzare il suo andamento durante tutti gli anni della crisi, dal 2008
al 2013.
Il 2008 e il 2009 risultano essere gli anni peggiori per il mondo del
lusso che si trova a dover fronteggiare una riduzione nei tassi di
crescita, negli investimenti e nelle vendite. I mercati maggiormente
colpiti da questa crisi sono quelli maturi, cioè Stati Uniti, Francia,
Giappone e Italia e i settori che ne risentono in misura maggiore sono
quello della gioielleria, dell’arte e degli yacht di lusso. Come è molto
semplice immaginare, i consumatori più colpiti non sono quelli della
fascia alta, ma quelli della fascia medio-alta e media.
Nel 2010 la crisi del mercato dei beni di lusso si avvia verso la fine
per la maggior parte dei settori, ad eccezione di quello nautico la cui
attività si risolleverà solo a partire dall’anno successivo. La spinta
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verso la ripresa è data dalla crescita registrata nei mercati emergenti,
dal rafforzamento della rete di vendita e dall’utilizzo di nuovi canali di
vendita, come, ad esempio, il web. Durante il 2010 vediamo anche
emergere l’importante tematica della responsabilità sociale, capace di
migliorare l’immagine dei vari brand agli occhi dei consumatori.
Nel 2011 la situazione continua a migliorare: le vendite crescono in
tutte le caratteristiche merceologiche e tutti i Paesi maturi registrano
un miglioramento dei profitti. L’elemento che emerge grazie ad uno
studio condotto da McKinsey è l’importanza degli acquisti di beni di
lusso effettuati nei mercati maturi dai turisti provenienti da Russia e
Cina. Per concludere il discorso relativo al 2011, possiamo soffermaci
sulla questione prezzi: i prezzi dei beni di lusso non sembrano aver
avvertito le conseguenze della crisi, mantenendosi stabili o, in alcuni
casi, crescendo lievemente. Questa situazione è spiegata dal fatto che i
consumatori di beni di lusso non sono sensibili a piccoli incrementi di
prezzo in quanto esso è un modo per esprimere altre caratteristiche del
prodotto ritenute di fondamentale importanza. Alla fine del 2011 le
situazione del lusso “Made in Italy” ci permette di affermare che le
aziende che sono riuscite a superare la crisi sono quelle che hanno
saputo rinnovarsi, aprirsi al contesto internazione e sperimentare
nuovi mezzi di comunicazione e nuovi canali di vendita.
Nel 2012 il mercato dei beni di lusso ribadisce la propria capacità di
risollevarsi da una crisi che affligge ancora la gran parte dei mercati
globali. Dati positivi provengono da tutti i settori e i mercati emergenti
proseguono nella propria ascesa.
Nel 2013 la performance migliore proviene dal mercato americano,
che si riprende la propria posizione di leader di crescita nella vendita
dei beni di lusso. La tecnologia assume un ruolo sempre più
importante nell’implementazione di innovazioni all’interno di questo
mercato, favorendo lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione e
nella riduzione del gap esistente fra commercio fisico e digitale.
Le previsioni per il 2014 sono molto ottimistiche e parlano di
un’ulteriore crescita dovuta, soprattutto, alla spinta dei mercati
emergenti. In Italia i punti di forza saranno le esportazioni e il turismo
proveniente dai mercati emergenti.
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Soffermiamoci ora sulle strategie utilizzate dalle aziende che operano
in questo mercato per sfuggire e risollevarsi dalla crisi economica.
Il primo punto che andiamo ad analizzare riguarda il prodotto.
Affichè le aziende, italiane e non, restino competitive nel contesto
internazionale è necessario sviluppare prodotti sempre innovativi,
creativi e rispondenti alle esigenze dei consuamatori che sono in
continuo cambiamento. Solamente le aziende che sapranno adeguarsi
rapidamente al mutamento delle condizioni del mercato imposto dalla
crisi potranno sopravvivere. Sempre relativamente alla questione
prodotto, possiamo evidenziare l’attuazione, in questo periodo, di
strategie di brand extension per i marchi più affermati e di
valorizzazione del core business per le aziende che operano in contesti
di nicchia o che non possono fare affidamento su un’immagine
altrettanto affermata.
Il secondo punto su cui vogliamo soffermarci riguarda
l’internazionalizzazione. Come abbiamo già anticipato parlando della
necessità per le aziende italiane di ampliare il proprio mercato,
durante la crisi i mercati maturi hanno avvertito una necessità sempre
maggiore di rivolgersi a nuovi mercati, in modo da poter compensare
la riduzione delle vendite nel proprio Paese. I brand che non riescono
ad attuare una strategia di questo genere hanno davvero pochissime
speranze di sopravvivere in un momento in cui la crisi economica ha
notevolmente ristretto la popolazione di consumatori di beni di lusso.
Dopo aver rivisto elementi interni come i costi, il prodotto e la
liquidità, le aziende del lusso si concentrano sull’apertura nei
confronti dei mercati emergenti e si misurano con la necessità di
soddisfare desideri e bisogni completamente differenti.
Un’altra strategia, che risulta di fondamentale importanza in un
contesto economico in cui distinguersi significa restare a galla,
concerne l’attenzione dedicata allo sviluppo di risorse umane di
particolare pregio, che possano conferire all’azienda un vantaggio
competitivo considerevole nei confronti dei concorrenti.
In una situazione di ristrettezze economiche, la questione costi diventa
una priorità. Molti marchi che operano in questo mercato hanno
dovuto, durante la crisi, gestirli in maniera molto minuziosa, per
evitare di tagliare i costi in maniera non corretta. Per questo motivo la
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maggior parte delle aziende hanno evitato di ridurre la spesa relativa
al marketing, che nei beni di lusso è qualcosa di assolutamente
fondamentale, ed hanno rivisto la politica di investimento,
focalizzando le proprie risorse economiche sullo sviluppo di nuove
tecnologie, sull’ampliamento e il rafforzamento della rete di vendita e
sulla protezione dell’immagine e della proprietà intellettuale del
brand.
Una delle strategie più importanti e più profittevoli sviluppate durante
la crisi riguarda l’introduzione dell’e-commerce e del mobile
commerce anche nel mondo dei beni di lusso. Molte aziende italiane e
non hanno creato delle app o dei negozi online tramite cui il
consumatore può acquistare prodotti di lusso di ogni genere senza
doversi recare personalmente in un punto vendita e non rinunciando
interamente all’esperienza di acquisto che può fornire un flgship store.
Il risultato di questa operazione è stato quello di poter ampliare la
clientela raggiungendo una fascia di acquirenti più giovane o con poco
tempo da dedicare all’acquisto. Ma la rivoluzione tecnologica non ha
rugardato solamente la vendita, ma anche la comunicazione. Durante
la crisi ha acquistito sempre maggior importanza lo sviluppo di nuovi
canali attraveso cui promuovere il brand e raggiungere i consumatori,
al fine di accrescerne la fedeltà nei confronti del brand. Più cresce la
fedeltà del consumatori, più un’azienda riesce a proteggersi dalle
conseguenze della crisi economica.
Per tradurre in qualcosa di concreto tutto ciò di cui abbiamo parlato
finora, è necessario analizzare un caso pratico, che ci faccia
comprendere come queste teorie sono state applicate nella realtà al
fine di fronteggiare le problematiche causate dalla crisi. L’azienda in
grado di fornirci più spunti e che può essere considerata un esempio
da imitare LVMH. La holding capitanata da Bernard Arnault ci
fornisce un perfetto esempio di applicazione delle strategie di cui
abbiamo appena discusso.
Parliamo di diversificazione. L’amplissimo portafoglio brand di
LVMH ha reso possibile la copertura delle perdite subite da alcuni
brand durante la crisi con in guadagni ottenuti da altri. Basta pensare a
Louis Vuitton: con i suoi profitti, che sono rimasti molto elevati
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durante tutti gli anni da noi considerati, la holding è riuscita a coprire
le perdite registrate nel comparto gioielleria e “wines and spirits”.
Il primo passo di LVMH nel fronteggiare la crisi ha riguardato la
revisione del piano di investimenti, senza rinunciare alle opportunità
di crescita e all’innovazione. In quest’ottica il gruppo ha deciso di
dedicare le proprie risorse economiche ai comparti e alle acquisizioni
più profittevoli, allo sviluppo di risorse umane molto competenti,
all’impliamento della rete di vendita e all’innovazione di prodotto,
oltre che, ovviamente, alla promozione e al miglioramento continuo
dell’immagine dei vari brand. Se osserviamo la struttura finanziaria
del gruppo, possiamo notare che abbiamo a che fare con un’azienda
molto capitalizzata e focalizzata a mantenere il debito abbastanza
basso per poter contare su di una maggiore stabilità.
Un altro punto che vogliamo evidenziare nelle strategie di LVMH è
l’attenzione alla tematica dell’internazionalizzazione e l’apertura nei
confronti dei nuovi mercati del lusso (Russia, Cina, Medio Oriente,
ecc..). Uno dei fattori di maggior successo del gruppo è, infatti, la
capacità di produrre e vendere prodotti che risultano appetitbili non
solo per una clientela tradizione, come quella dei mercati maturi, ma
anche per una clientela nuova e dalle necessità completamente
diverse.
Al fine di combattere le conseguenze della crisi, anche LVMH ha
dovuto tagliare i costi, riducendo gli sprechi.
I maggiori fattori di successo, non solo per questa azienda ma per il
mondo del lusso in generale si possono, riassumere nella crescita
continua, nelle sinergie fra i brand, nell’internazionalizzazione, nella
creazione di un contesto protetto in cui prosperare e molto appetibile
agli occhi degli altre aziende, nell’attenzione allo sviluppo di risorse
umane altamente qualificate e alle tematiche della responsabilità
sociale e della salvaguardia dell’ambiente, nella capacità di sfruttare
l’elevato potenziale dei mercati emergenti, nell’implementazione di
un’innovazione continua, nello sviluppo di design e tecnologie sempre
nuove e nella capacità di vendere più uno stile di vita che un singolo
prodotto.
Possiamo concludere affermando che le aziende, italiane e non,
produttrici di beni di lusso devono basare la propria attività su alcuni
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valori fondamentali: la creatività, l’innovazione, la qualità, l’apertura
al marcato globale, la conservazione del know-how e l’immagine.
Antonella Lattanzio
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