Occidente vs Gheddafi

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Occidente vs Gheddafi
Mb!opuj{jb!qvohfouf"!
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Numero 19; giugno 2011
Giornalino degli studenti del Liceo scientifico “Galeazzo Alessi” PG
“Le idee ispirate dal coraggio sono come le pedine negli scacchi, possono essere mangiate ma anche dare
avvio ad un gioco vincente.”
Johann Wolfgang von Goethe
Editoriale
Non c’è una ragione precisa per
cui ci sono persone che lavorano al nostro giornale. C’è chi lo
fa perché ama scrivere, chi
perché ha qualcosa da dire ma
non trova altro modo per farlo,
e chi perché ama mostrare agli
altri le proprie potenzialità. Poi
ci sono quelli che pensano che
tutti quanti abbiano il diritto di
sapere e di far sapere a più
gente possibile cosa accade nel
mondo. La differenza sostanziale tra il cittadino consapevole e
quello non consapevole è che il
primo si informa. E visto che la
scuola viene vista anche come
preparazione alla cittadinanza,
il compito che ci siamo prefissati non è stato di certo tra i più
facili anche se di certo è stato il
più piacevole. Ciò che abbiamo
fatto è stato qualcosa di importante e che va al di là della
semplice carta e inchiostro;
quello che davvero conta è cosa
ha suscitato in tutti voi . Non
siate mai inerti a ciò che vi
circonda, ma critici e desiderosi
di sapere e di capire maggiormente il mondo in cui viviamo.
Ed è proprio questo che ci
auguriamo dopo tutti questi
anni passati insieme. Quindi,
anche se c'è un po' di malinconia nello scrivere questo editoriale che per noi sarà
(speriamo) l'ultimo, non possiamo che guardarci indietro
sorridendo a tutti voi che ci
avete permesso di far parte di
qualcosa di speciale.
Dario Sattarinaia V L
Michael Ceccaccio V G
Occidente vs Gheddafi
L’Italia e l’Occidente in generale sono in guerra. Il nemico
in questa occasione è Gheddafi, il dittatore libico che spesso
è stato considerato un amico
da tutti i governi occidentali.
Ma la guerra è giusta? Esistono guerre giuste? Negli ultimi
20 anni ogni Stato ha giustificato il proprio intervento
militare con l’espressione di
guerra giusta, ovvero una
guerra fatta con l’obiettivo di
esportare la democraziama
come abbiamo visto molto
spesso questo obiettivo è stato
disatteso …
Continua a pag 2
Nucleare in Italia!
TU da che parte stai?
Un’intera nazione in ginocchio. Tre colpi terribili più
forti di come li assestava Mike
Tyson ai bei tempi. Prima il
terremoto, poi lo tsunami,
infine il pericolo nucleare.
Venerdì 11 marzo un terremoto di magnitudo spaventosa
(8,9) ha colpito il Giappone,
provocando poi uno tsunami
nell’oceano Pacifico che si è
abbattuto sul paese del Sol
Levante. La catastrofe ha causato distruzione ovunque e
una miriade di morti e dispersi: ben 22 mila complessiva-
mente. E non è finita qui,
perché Sabato 12 marzo si è
verificata una devastante
esesplosione nella
centrale, evidentemente danneggiata …
Terremoto in
Giappone
Intervista a
Lorenzo Papini
La scienza:
dubbi e paure dello
scienziato
Un terremoto di magnitudo
8.9 ha sorpreso il Paese di
Shintaro Ishihara alle 14:46
dell’11 marzo.L’epicentro in
mare aperto a 337 Km dalla
capitale Tokyo…
Continua a pag 3
Intervista a Lorenzo Papini
(4 E ) dopo le ottime prestazioni e capacità dimostrate nelle olimpiadi di
matematica(1° posto) e di
fisica...
Continua a pag 7
Continua a pag 4
Possiamo volere il progresso a tutti i costi? Dove lo
collochiamo in una ipotetica scala di valori?
In poche parole : dove si ...
Continua a pag 12
Caso Libia
L’Italia e l’Occidente in generale sono in guerra. Il nemico in
questa occasione è Gheddafi, il
dittatore libico che spesso è
stato considerato un amico da
tutti i governi occidentali. Ma
la guerra è giusta? Esistono
guerre giuste? Negli ultimi 20
anni ogni Stato ha giustificato
il proprio intervento militare
con l’espressione di guerra
giusta, ovvero una guerra fatta
con l’obiettivo di esportare la
democrazia, ma come abbiamo
visto molto spesso questo
obiettivo è stato disatteso poiché come diceva Ernesto Che
Guevara: “ La democrazia e la
rivoluzione non possono essere esportate ma devono nascere dal popolo”. Oggi questa
frase è diventata il motto dei
non interventisti,la usa specialmente l’area politica del centro-destra a insaputa di chi l’ha
pensata. Ma a mio avviso in
questa occasione la situazione
è completamente diversa. Tutti
noi condanniamo le atrocità
delle guerre e pensiamo che la
democrazia non può essere
esportata, di sicuro non con la
violenza dei conflitti armati,
ma in Libia non si tratta di
questo, in Libia si sta cercando
di aiutare dei rivoluzionari che
cercano di spodestare un
tiranno che negli ultimi mesi
ha bombardato il suo stesso
popolo in rivolta. Quindi la
domanda iniziale va cambiata:
si possono esportare i diritti
umani? Io penso che non solo
si possa fare ma addirittura è
nostro dovere impegnarci
perché vengano rispettati più
diritti in tutto il mondo. Io
vedo l’intervento militare in
Libia sotto il comando dell’ONU da questo punto di vista.
Gheddafi è diventato il principale nemico del suo popolo, lo
ha bombardato, lo ha accusato
di essere pagato dall’America
per creare disordini. L’unico
problema dell’intervento militare è il fatto che non si sa
bene quali siano gli obiettivi
reali della missione: prima al
comando della missione c’era
la Francia di Sarkozy che aveva
iniziato a bombardare la Libia
senza ascoltare l’opinione
dell’ONU, poi questo si è sostituito alla Francia . Inoltre le
guerre solitamente hanno
secondi fini economici e la
Libia è uno dei principali fornitori di petrolio a livello mondiale. In conclusione la missione può essere anche giusta in
questo caso se si limitasse a
ristabilire il rispetto dei diritti
umani in uno Stato che negli
ultimi decenni è stato sottoposto ad una dittatura, ma va
regolamentata e va impedito
ogni tipo di secondo fine economico di alcuni stati come
Francia, Stati Uniti e Italia.
Francesco Peverini V L
Vittorio Arrigoni
La sera del 14 Aprile viene
rapito all’uscita della palestra
di Gaza l’attivista Vittorio Arrigoni. La notizia arriva e la cronaca italiana si ritrova di nuovo
a confrontarsi con un rapimento senza spiegazione apparente. Nel video in cui si veniva a
conoscenza del rapimento
c’erano alcuni esponenti di
una cellula terroristica islamica che opera in Palestina. Fino
a qui sembra tutto normale:
una storia a cui siamo abituati
nell’ultimo decennio. Ma chi è
stato attento alla notizia si
sarà subito accorto della particolarità del caso.
Vittorio Arrigoni era un membro dell’International Solidarity Movement che sin dai suoi
primi viaggi in Israele sposò la
causa palestinese e si scagliò
duramente contro Israele e il
comportamento dei militari
israeliani nei confronti della
popolazione della Striscia di
Gaza.Il suo impegno in Palestina è stato subito riconosciuto a
livello internazionale e molto
spesso viene contrastato in
quanto ritenuto pericoloso dai
potenti del mondo. Nel 2004 il
suo blog diventa uno dei più
seguiti a livello nazionale poiché era l’unica voce che giungeva dalla Palestina quando gli
israeliani l’avevano occupata
costringendo alla fuga tutti i
giornalisti. La sua condanna
allo stato israeliano lo porterà
ad essere inserito nella lista
nera dei nemici di Israele nel
2005 poiché era uno dei pochi
occidentali a conoscenza dei
crimini di guerra compiuti da
Israele in Palestina. Vittorio
Arrigoni viene ritrovato morto
il giorno seguente durante un
blitz organizzato dal governo
palestinese per liberarlo. Il
giorno dopo il governo pubblica le foto dei suoi presunti
rapitori ma tre di questi vengono ritrovati morti in circostanze misteriose.
La notizia della morte di un
grande uomo che operava in
uno stato invaso dalle truppe
nemiche è passato in secondo
piano in Italia non solo nei
telegiornali, ma anche nei
piani alti della politica italiana.
Nessun politico è apparso al
suo funerale, nessun personaggio di spicco della società italiana lo ha ricordato; probabilmente è meglio così: in fondo
lui non ha mai voluto essere
compianto da uno Stato che
non riconosceva il suo operato. Invece le Nazioni Unite lo
hanno ricordato in una seduta
avvenuta dopo la morte, ma il
cordoglio che di certo a lui è
stato più gradito è stato quello
avvenuto a Gaza a cui hanno
partecipato centinaia di palestinesi prima del trasferimento
della salma in Italia. Vitttorio
Arrigoni è morto a causa del
suo operato in Palestina e
ancora una volta siamo costretti a parlare di una persona
morta in circostanze misteriose
( a mio parere non è credibile
l’idea di una cellula terroristica
di Al Qaeda impazzita) mentre
aiutava una popolazione che
spesso è sottoposta ai soprusi
di uno stato invasore come
Israele.
Francesco Peverini V L
Immigrati: le vittime di un mondo a petrolio
ITALIA. Il governo ha varato un
piano per collocare i cinquantamila clandestini di cui è previsto lo sbarco. Lampedusa ne
è esclusa. Lombardo:<<Serve
il mitra>>.
Casini:<<Via i tunisini, non
sono rifugiati>>. Frattini
propone di incentivare il rimpatrio con somme dai 1500€ a
2500€ ai singoli clandestini.
Così non si trova una risposta
condivisa all’emergenza clandestini che ormai da mesi ha
messo in ginocchio Lampedusa; ovunque dilaga l’idea secondo cui non dovremmo far
altro che rispedirli al mittente.
TUNISIA: ex presidente Zine
El-Abidine Ben Ali
in carica dal 7 novembre 1987
e mandato in esilio il 14 gennaio 2011. Ventiquattro anni al
potere.
Egitto: ex presidente Hosni
Mubarak in carica dal 14 ottobre 1981 all’11 febbraio 2011.
Al potere per trent’anni.
Libia: leader Muammar Gheddafi in carica dal 1° settembre
1969. Al potere da quarantadue anni.
Siria: leader Bashar al-Assad
succeduto al padre ne 2000.
Così il mondo arabo è sottomesso da decine di anni a
monarchie, democrazie fittizie
o governi risultanti da colpi di
stato spesso assecondati, o
anche solo in rapporti
commerciali con le grandi
potenze per lo smercio di
petrolio, l’unica grande risorsa
che accomuna tutti i paesi
nordafricani che si affacciano
sul Mediterraneo. Il petrolio ha
portato una grande ricchezza a
parti molto limitate della società lasciando la maggior parte
della popolazione in condizioni di miseria ed analfabetismo.
Con l’avvento di internet e di
mezzi di comunicazione difficilmente controllabili queste
masse sono diventate coscienti
della loro povertà e tentano di
trovare una vita migliore raggiungendo il miraggio che
ormai è diventata l’Europa.
La stessa consapevolezza oggi
sta mobilitando manifestazioni
contro il governo che, duramente represse, che sono
sfociate in tragiche guerre civili
in cui si scontrano popolazioni
e leader con un’iniziale supremazia di questi ultimi che senza pudore sterminano il proprio popolo.
Queste condizioni causano
crisi umanitarie che altre nazioni non possono permettersi di
ignorare, soprattutto se c’è di
mezzo la più importante fonte
di energia al mondo.
Sofia Sagarriga Visconti II F
Tettonica a zolle, test nucleari, HAARP
o punizione divina?
Il Giappone brancola nel
buio, nella speranza di trovare una soluzione per la catastrofe che l’ha colpito. Un
terremoto di magnitudo 8.9
ha sorpreso il Paese di Shintaro Ishihara alle 14:46 dell’11 marzo. L’epicentro in
mare aperto a 337 Km dalla
capitale Tokyo, non ha tuttavia attenuato il disastro. È
stata registrata una profondità del sisma di circa 25 Km,
per una durata di ben tre
minuti. Attimi di terrore
puro per tutta la popolazione. La scossa ha provocato
uno tsunami le cui onde
hanno raggiunto i dieci
metri di altezza, per poi
scagliarsi senza pietà sulle
case, sugli uffici, sulle scuole, ma soprattutto sulla centrale nucleare di Fukushima,
le cui mura di protezione
alte sei metri, non sono
riuscite ad evitare la catastrofe. Questo terremoto è
stato classificato
come uno dei peggiori degli
ultimi 150 anni, secondo solo a
quello Cileno del 1960, in cui
venne registrato un magnitudo
di 9.3. Il movimento tellurico
ha oltretutto causato uno spostamento
dell’asse
terrestre di
circa dieci
centimetri,
con
un
conseguente aumento
della rotazione terrestre di un
microsecondo.
Il Giappone
è uno dei
Paesi provvisti dei migliori sistemi antisismici del Mondo, tuttavia la
potenza di questo sisma ha
provocato, secondo le ultime
stime, circa 22000 morti e
350000 sfollati. Oltre alle perdite e alle città distrutte, il
problema principale riguarda
la centrale nucleare di Fukushima: lo tsunami ha condotto
all’interruzione di tutti i sistemi di raffreddamento dei sei
reattori, provocando un successivo
aumento di
energia,
quindi di
calore, che
ha causato
l’esplosione
del reattore
1.
La popolazione limitrofa è stata
evacuata
a
causa
dell’alta
diffusione di
radiazioni. Successivamente si
è proceduto a raffreddare i
noccioli con l’acqua di mare
per evitare la fusione delle
barre radioattive, tuttavia dal
reattore 3 prima e dal reattore
2 poi è uscita una colonna di
fumo radioattiva la cui origine
rimane ancora inspiegabile.
Nel frattempo sono emerse
alcune voci secondo le quali la
TEPCO, la società che gestisce
l’impianto, avrebbe omesso dei
controlli nel rapporto del 28
febbraio di quest’anno. Altri
sostengono che alla base di
questa tragedia ci siano interessi economici. Infatti, in questi
giorni, ha acquistato sempre
più voce l’idea secondo cui i
tecnici abbiano esitato una
giornata intera prima di sfruttare l’acqua del mare per il raffreddamento, al fine di trovare
una soluzione economicamente più vantaggiosa, poiché
l’acqua esterna, e soprattutto
salata, avrebbe reso impossibile l’utilizzo della centrale nei
prossimi anni. Infine, Kazuma
Yokota, ispettore di sicurezza
del “Japan’s nuclear and industrial safety agency”, sostiene
addirittura che i tecnici abbiano disattivato l’impianto di
sicurezza prima dell’arrivo
dell’onda anomala, caso per
rendere l’impianto utilizzabile
in futuro.
Per quanto riguarda le radiazioni che sono state liberate in
questi dieci giorni, l’OMS
(organizzazione mondiale della
salute) ha definito “grave” la
contaminazioni di spinaci, fave,
latte e acqua; inoltre il pericolo
è stato esteso a tutti i Paesi che
avrebbero importato questi
beni dal Giappone. In questi
giorni hanno preso piede tre
specifiche teorie sull’origine
del terremoto: la prima è quella classica, secondo la quale la
crosta terrestre, costituita da
placche in continuo movimento, avrebbe causato il sisma in
Giappone, tuttavia molte per
sone si chiedono come allora
non sia stato possibile prevederlo. La seconda ipotesi, appoggiata dal dottor Matsushita
del Nation Center of Atmosferic Research, affianca i movimenti
tellurici agli esperimenti nucleari: secondo questa teoria,
cinquant’anni di test nucleari
avrebbero surriscaldato e de-
alla ionosfera, avrebbe volontariamente provocato il terremoto attraverso una macchina che
sfrutta le microonde; una teo-
stabilizzato il nocciolo terrestre
e gli altri strati, favorendo i
terremoti. La terza ipotesi,
molto più drastica, sostiene
che l’HAARP, un’organizzazione che effettua ricerche relative
all’atmosfera e
ria che però desta ancora molti
dubbi a livello fisico e geologico. Infine c’è una anche una
quarta lettura dei fatti, che non
ha basi scientifiche, sostenuta
dal governatore giapponese,
che ha dichiarato: ”L’identità
dei giapponesi è egoista. Usando questo tsunami, per una
volta, è necessario lavare l’egoismo. Insomma, io penso
che sia un castigo dal cielo. E’
necessario che lo tsunami
spazzi via tutto questo. Spazzi
via la sporcizia che s’è accumulata col tempo nel cuore dei
giapponesi”. Una specie di
punizione divina che si è insomma scagliata contro il popolo giapponese, colpevolizzato da colui che lo rappresenta,
proprio nel momento in cui
vorrebbe sentire parole di
speranza. Il Giappone riuscirà
a riprendersi, ma la paura che
è dilagata in tutto il resto del
Mondo per questa “nuova
Chernobyl” si fa sentire ogni
giorno di più e sicuramente
andrà ad influenzare il giudizio
sul nucleare e sui problemi
ambientali di molti cittadini,
preoccupati per la propria
salute e i propri figli..
Sophia Frequenti IV E
Quanto accaduto in Giappone deve far riflettere sulla decisone riguardo agli impianti in Italia
Nucleare: sì o no?
La maggioranza lo auspica come unica soluzione. E le fonti rinnovabili?
Un’intera nazione in ginocchio. Tre colpi terribili, più
forti di come li assestava
Mike Tyson ai bei tempi.
Prima il terremoto, poi lo
tsunami, infine il pericolo
nucleare. Venerdì 11 marzo
un terremoto di magnitudo
spaventosa (8,9) ha colpito il
Giappone, provocando poi
uno tsunami nell’oceano
Pacifico che si è abbattuto
sul paese del Sol Levante. La
catastrofe ha causato distruzione ovunque e una miriade di morti e dispersi: ben
22 mila complessivamente. E
non è finita qui, perché
Sabato 12 marzo si è verificata una devastante esplosione
nella centrale di Fukushima,
a 250 km da Tokyo, evidentemente danneggiata dalle
catastrofi abbattutesi sul
paese il giorno prima,
La stessa all'esterno della quale già Venerdì era stata registrata attività radioattiva superiore ai limiti, tanto da indurre
il governo a decretare l'obbligo
di evacuazione per un raggio
di 10 chilometri. Questa prima
esplosione ha coinvolto il reattore n°1, mentre una seconda
è avvenuta nei pressi del reattore 3, mentre il cuore dei
reattori 2 e 4 risulta pesantemente danneggiato. Il pericolo
maggiore a cui la popolazione
giapponese, e forse buona
parte del continente va incontro è quello della contaminazione radioattiva. Al momento
risultano essere contaminati
una decina i tecnici, ben 90
quelli da tenere sotto controllo, 10 milioni le persone evacuate e dunque a rischio. E’
vero che il livello delle radiazioni sembra essere al momen-
to contenuto. Si parla attualmente di 30 millisievert di
radiazioni tra i reattori numero
2 e 3, di 400 millisievert nei
pressi del reattore 3 e di 100
vicino al reattore 4. Una singola dose di 1.000 millisievert,
cioè di un sievert, che è l'unità
di misura della radioattività,
può causare malori temporanei
quali nausea e vomito, mentre
una di 5.000 millisievert è in
grado di uccidere entro un
mese circa la metà di coloro
che l'hanno ricevuta.
Per tutti questi motivi sarebbe
sbagliato sottovalutare quanto
successo. Quello di Fukushima
è uno dei più gravi incidenti
che si ricordino. E non ne
attenua la gravità il fatto che
non sia stato causato dall'imprudenza umana, come a Chernobyl, né da un'avaria, come a
Three Mile Island, ma da un
terremoto devastante.
Quanto successo deve far attentamente riflettere tutti noi
sulla domanda a cui tra pochi
mesi dovremo prenderci la
responsabilità di rispondere
votando. Nucleare sì o nucleare no in Italia?
Ci sono molti che hanno detto
che quanto accaduto in Giappone ad i nostri sicurissimi
futuri impianti non potrà accadere. La centrale di Fukushima
è vecchia ed in più è difficile
che in Italia possa accadere
una catastrofe naturale simile a
quella avvenuta in Giappone.
Tutto vero. Ma i latini dicevano
“Errare humanum est”. E l’impressione dei molti altri che si
oppongono ai “nuclearisti” è
che un futile errore umano,
come quello che poco più di
vent’anni fa causò la catastrofe
di Cher-
nobyl sia sempre in agguato. E
le conseguenze da pagare per
quel futile errore sarebbero
gravissime. Non solo per l’Italia, ma anche per l’Europa
intera. Possiamo noi assumerci
questa pesantissima responsabilità? Ed inoltre ne vale veramente la pena? Il nucleare è
l’unica soluzione risolutiva che
possiamo adottare per risollevare la situazione che attualmente vede
l’Italia come
il Paese europeo più inquinante, più
dip en den t e
dagli sceicchi
e con le bollette più care?
Prima
di
essere tutto
questo,
il
nostro è il
paese
del
sole:La famosa canzone
napoletana
“O sole mio”
è sentita dalla
popolazione
quasi quanto
l’inno nazionale. E allora
perché in Germania, dove il
sole per molte parti dell’anno
se lo scordano, si produce 70
volte l’energia solare che produciamo noi? Perché non sfruttare le fonti rinnovabili investendovi seriamente invece che
puntare tutto sul pericolosissimo nucleare? Perché non l’energia eolica? Ah, no, questo si
sa. Perché, come ha detto Patricello “l’eolico deturpa l’ambiente”. Invece una carovana di
radiazioni e di scorie nucleari
da smaltire all’ambiente fanno
bene. Prima di puntare tutte le
fisches del tavolo verde sugli
impianti nucleari forse sarebbe
meglio rimboccarsi le maniche,
cercare di installare impianti
solari ed eolici in dov’è possibile. Un tempo il rendimento
di queste fonti era molto scarso, adesso inizia a diventare
consistente. Questi impianti
non inquinano, hanno bisogno
di pochissima manutenzione,
non c’è possibilità di far danno
con un errore umano o a causa
di un qualunque imprevisto ad
un continente e non sussiste il
problema delle scorie da smaltire.
In più, sempre prima di andare
a votare, c’è bisogno anche di
considerare cosa fa il resto
dell’Europa e del mondo. La
tendenza, ormai stabilizzatasi è
che abbiamo i paesaggi naturali forse più belli del mondo e
che vengono dopo l’autosufficienza, perché ci abbiamo
costruito sopra le centrali.
Diremo che se un domani le
scorie che produrremo per
essere autosufficienti economicamente dovessero creare gravi
danni ai nostri nipoti o ai nostri figli, la colpa è anche la
nostra. Votando per il no dire-
proprio quella di fare retromarcia sugli impianti nucleari e
di puntare proprio sulle energie alternative, la cui potenzialità, per altro, non è ancora
sfruttata a pieno.
Ma la Francia ha 59 impianti
nucleari al suo interno e non
so quanti proprio al confine
con l’Italia. Dunque se qualcosa accade ci coinvolge comunque. Premessa ineccepibilmente vera. Ma prima di approdare
alla conclusione “tanto vale
costruire anche noi impianti
nucleari” è meglio riflettere
ancora un po’. La Francia dando il via alla “nuclearizzazione”
del suo territorio è come se
avesse detto una cosa come
“l’energia disponibile e l’autosufficienza economica viene
prima di tutto, l’ambiente, i
rischi e tutto il resto, dopo”.
Votando il sì nel referendum
diremo la stessa cosa. Diremo
mo il contrario. Diremo di
esserci sempre rifiutati di mettere in gioco la salute dell’ambiente in cui viviamo e di chi
vivrà dopo di noi.
E’ vero che per puntare sulle
energie rinnovabili serve un
po’ di tempo. Ed è vero che
forse non si riuscirà ancora con
questi impianti ad eguagliare il
rendimento dei reattori nucleari coprendo l’intero fabbisogno
energetico italiano.
Questo referendum è più che
un voto, è una scommessa. E
tutti noi dobbiamo decidere su
cosa puntare. Cosa rischiare e
cosa assicuraci.
Assicurarci l’autosufficienza
energetica e le centrali nucleari, rischiando la salute dell’
ambiente e dei posteri?
Assicurarci salute di ambiente e
posteri, puntando sulle energie rinnovabili rischiando l’autosufficienza energetica? Essere
“gli ultimi ad aver adoperato il
nucleare” come vorrebbe la
maggioranza oppure “tra quelli
ad aver contribuito ad invertire
la tendenza” come vorrebbe
l’opposizione?
A noi la scelta. E scegliamo
bene, scegliamo dopo aver
riflettuto, scegliamo dopo
essere convinti per dimostrare
che non siamo il paese dei
controsensi, non siamo il paese dove ogni
decisione importante non viene
presa in base a
disegni strategici,
bensì sull'onda di
un'emozione, di
polemiche o
interessi particolari, anche se si
tratta di scelte
destinate a cambiare la vita dei
nostri figli e nipoti.
Lorenzo Papini IV E
Da sapere
Il 12 e il 13 giugno gli
italiani saranno chiamati ad un referendum abrogativo molto
importante per la nostra nazione. Per abrogare, cioè impedire e bloccare la privatizzazione dell’acqua,
il legittimo impedimento del Presidente
del Consiglio dei Ministri e il ritorno al
nucleare, sarà necessario votare SI.
Comenius:
ultimo meeting in Francia
Si è concluso da poco il progetto Comenius, con un
meeting che si è svolto in Francia dal 5 al 9 aprile, a
cui ha partecipato una
piccola delegazione
del nostro Liceo, composta da sei alunni di
diverse classi accompagnati dalle professoresse Persichetti e De
Petro.
L’incontro è avvenuto
a Martigues, dove le
delegazioni di Spagna,
Polonia e Italia sono
state accolte molto
calorosamente, non
solo dagli studenti e
dagli insegnanti francesi, ma
anche da diversi rappresentanti
delle istituzioni locali, che
hanno dimostrato quanto stia
loro a cuore tutto ciò che dà ai
ragazzi una possibilità di con-
frontarsi e accrescere la propria cultura, come, appunto, il
progetto La ville plurielle.
Gli incontri nei vari paesi partecipanti al progetto sono stati,
possibili solo grazie alla costante collaborazione da parte dei
ragazzi e, soprattutto, dei
professori, che
per due
anni hanno
contribuito a
questo scambio
interculturale
facendo crescere il blog e
migliorandolo
continuamente; due anni di
assiduo lavoro
che hanno avuto un ottimo
risultato : attraverso gli incontri, virtuali e
Olimpiadi della filosofia
Si sono tenuti tre incontri di
preparazione alle “Olimpiadi
della Filosofia”, che sono stati
presieduti dal professor Picciafoco e le lezioni sono state
dirette dai professori Porcello,
Genzolini e Chiatti. Questi
incontri sono stati una full
immersion nella filosofia, si è
analizzato il tema, che quest’anno riguardava “Potenza &
Impotenza della filosofia”,
attraverso tutti i filosofi, partendo da Zenone, fino ad arrivare a Kant, Hegel, Shopenauer. I partecipanti potevano
scegliere due canali; uno permetteva di svolgere il tema in
italiano, l’altro in una lingua
straniera.
Dopo aver affrontato la prova
del 28 marzo, il liceo Alessi ha i
suoi vincitori: Portali Maiettini
Andrea del V°H, per il primo
canale e Bonucci Jacopo,V°M,
per il secondo.
Facciamoci dire da loro qualco-
sa in più.
Cosa ti ha spinto a fare questa prova?
A: “E’ stata un’occasione per
mettermi in gioco e confrontarmi con gli studenti delle altre
classi.
J:Sono stato convinto a fare questa
prova dalle mie
professoresse di
filosofia e inglese,
che mi hanno fatto
capire che ne ero
all’altezza. Ho pensato, poi, che è comunque
un’esperienza interessante e
che non avrei perso nulla
sostenendola, così ho provato
e ho avuto successo.
Quale traccia hai scelto e
perché?
A:Ho scelto la traccia in riferimento a Nietzche, poiché èun
filosofo che apprezzo particolarmente, anche se non con-
cordo con la sua linea di pensiero, ho pensato dunque di
poter trovare in lui gli spunti
adatti per intraprendere il
dibattito sul tema proposto.
J:Ho scelto la seconda
traccia, perché mi permetteva di fare un
discorso più ampio e
più ricco di spunti e
argomenti. avevo ripassato sia le filosofie
antiche sia quelle moderne e la seconda
traccia mi permetteva
di parlare di entrambe
liberamente.
Come secondo te la filosofia
presenta la sua potenza ed
impotenza ai giorni d’oggi?
A:Dipende dai punti di vista: se
da una parte la filosofia ha
perso d’importanza e di rilievo,
in relazione al piano politico e
sociale, tuttavia rimane sempre
un “potenziale” che continua a
persistere nelle persone
non, tra i ragazzi si sono formate nuove amicizie e si è
creato un collegamento che
supera le barriere linguistiche
e unisce le differenze culturali,
il simbolo insomma di una
città plurale, un luogo in cui è
possibile confrontarsi e migliorarsi, la cosiddetta Ville Plurielle, appunto.
Quindi, si può, dire che l’obiettivo proposto dal progetto
Comenius è stato ampiamente
raggiunto!
Francesca Bellucci IV E
Cappannini Maria Teresa IVB
(poche) che ancora credono in
essa e nella sua funzione costruttiva ed educativa. L’ostacolo che si one dinanzi alla filosofia è l’incomprensione di
questa da parte della gente
comune a causa della loro
ignoranza, ed è questa la causa, a mio parere, dei disagi
culturali presenti in Italia ed in
gran parte del mondo. I filosofi
parlano una lingua che la gente comune non sa comprendere.
J:In questi giorni la filosofia
presenta, più che altro, la sua
impotenza, in quanto con
l’ignoranza diffusa e dilagata
che c’è, non riesce ad ispirare
le nuove generazioni. Purtroppo solo una classe elitaria di
persone riesce a comprenderei
suoi insegnamenti, e, sono
ancora meno, quelli che li
mettono .
Intervista a Lorenzo Papini (IV E)
In Matematica, l’Alessi si è piazziata al primo posto mentre, in Fisica, secondi e terzi
Com’è stata l’esperienza
delle olimpiadi?
“E’ stata una grossa esperienza
di crescita, ho trovato un clima
amichevole e compatto. Trovo
che sia un’ottima valorizzazione per le eccellenze, ed è stato
un buon modo per imparare
insieme e conoscere
nuove persone.”
Questa esperienza
ti ha aiutato a capire che fare in futuro?
Sì, soprattutto quella
di Fisica, mi ha fatto
vedere dove, nella
vita, applichi i concetti, mi ha permesso
di capire cosa mi
aspetta se dovessi
scegliere Fisica.
Quale delle due è
stata più impegnativa?
“Penso quella di
Matematica, poiché
la scuola, e l’attività
stessa, pretendono
una preparazione
continua. Forse quella di Fisica, essendo individuale era più difficile, ma a me la
Fisica piace di più, quindi l’ho
fatta con più interesse (non
che Matematica non mi abbia
interessato).”
Per quanto riguarda la preparazione specifica?
“A dire il vero, non c’era bisogno di una preparazione specifica, almeno non in Matematica, poiché i corsi erano generali e tutti studiavano tutto. A
Cesenatico, invece, quando
faremo le Nazionali, cercheremo di incentrarci più sullo
specifico, ognuno avrà un
campo dove è più portato.”
E l’organizzazione?
E’ stata impegnativa per la
squadra, come nell’individuale,
e durante le selezioni devi
assolutamente sapere a cosa
vai incontro, dovrai dedicarci
del tempo, e come dice il nostro Fèo : “E’ un onere ed un
onore”.
Quanto richiede in media la
preparazione olimpica?
Beh, in media un’ora e mezzo,
se non due, al giorno, sia per
Matematica che per Fisica.
Dico in media, perché ci sono
giorni in cui impiego quattro
spiccato impegno ed un grande senso di attaccamento a
quello che fanno, hanno tanta
voglia di fare e infatti rendono
il meglio.
Personalmente, spero anche
io, questo e l’anno prossimo,
di soddisfare le aspettative dei
ore e giorni in cui ne impiego
una. Io, come gli altri.
Come avete preso questa
vittoria?(Matematica)
“Il risultato è ovviamente positivo, riconferma la tendenza
dell’Alessi a vincere questa
gara, anche se non per questo
dobbiamo allentare la presa.
Invito chi potrebbe partecipare
i prossimi anni ad investire
gran parte del loro tempo e di
metterci l’impegno necessario.” Problemi riscontrati?
(Matematica)
“L’unico problema è che i
quesiti erano più impegnativi
degli anni passati, così ci hanno detto, e abbiamo commesso
degli errori veramente stupidi.”
Riguardo i piccoli della
squadra che mi dici?
Nonostante sia il primo anno
che partecipo, mentre le piccole sono già due, noto uno
miei compagni, e anche le
mie.”
Perfetto.. ma non tralasciamo Fisica, impressioni particolari? (Qui ho chiesto anche a Giovanni Bartolini,
anche lui del IV E, riserva
della squadra)
Lorenzo: “A Fisica, se non fai il
quinto (e questo va assolutamente premesso) hai poche
possibilità di vincere, quindi
bisogna partire con l’intenzione principale di fare pratica, e
non di vincere e sperare che gli
anni prossimi vincerai. Così la
vedo io, almeno. Comunque
direi che sono alquanto soddisfatto dei miei risultati.” Giovanni: “Essendo la riserva, e
quindi fuori-gara, posso dirti
che l’allenamento fatto è stato
di grande aiuto, e poi ho visto
come funzionano le gare, e
spero proprio di sfondare
l’anno prossimo.”
Sembra che l’anno prossimo, a Fisica, sarete rivali!
Bene ragazzi, grazie Giovanni, qui abbiamo quasi concluso, un’ultima domanda a
Lorenzo: hai consigli per chi
intende partecipare gli anni
prossimi, sia a Matematica
che a Fisica?
Riguardo Matematica,
consiglio caldamente
di venire ai corsi, poiché sono estremamente importanti, ma soprattutto di studiare
con passione e tentarla, dando il meglio,
sereni e tranquilli.
Riguardo Fisica, come
già detto prima, non
bisogna partire con
l’intento di vincere,
soprattutto per i terzi o
i quarti, ci si va per
perdere, ma oltremodo
per fare esperienza, e
prendere coscienza che
in quinto si avranno i
requisiti adatti per
vincere.
Lasciami dire una cosa,
però: “Noi puntiamo sui giovani in entrambe le materie, ma
soprattutto per Matematica.
Dal momento che quest’anno
ne escono tre, e consiglio ai
giovani talenti di partecipare,
senza preoccuparvi, se vi piace
davvero, è un’esperienza che
dovreste fare!”
Purtroppo non sono tra questi talenti della matematica,
Giombolini, la Trabucco e la
Delli Ponti sarebbero assolutamente d’accordo su questo…
Comunque, grazie Lorenzo,
e buona fortuna per le Nazionali!
Grazie a te, ed alla redazione
della Siringa per questo
‘privilegio’! *Faccina da paracu-o*
Mett IV E
Giustificazionevolissimevolmente
Per la serie “Answer back in
anger”, vorrei proporvi la mia
(spero condivisa) risposta
all’articolo della Prof.ssa Persichetti sulla non pertinenza del
binomio “motivi personali” (o
“affari miei” secondo la Sua
personalissima opinione),
ricorrente nei libretti scolastici
dei ragazzi.
Ci viene continuamente detto
che la scuola, o meglio l’istruzione, è una possibilità che ci
viene offerta, che non deve
essere sprecata e via dicendo.
È vero.
Ma nessuno di noi è indispensabile e sicuramente le assenze
di un qualsiasi membro della
classe non pregiudicano il
corretto svolgersi delle lezioni.
Tutti noi abbiamo il diritto di
andare a scuola, che è completamente diversa dal sistema
lavorativo, di cui, spesso più
che per spirito d’apprendimento, si fa parte solo per essere
remunerati e poter arrivare a
fine mese.
Se io lavorassi e non mi presentassi nel mio ipotetico ufficio, il programma da svolgere
durante la giornata rallenterebbe, provocando, nel peggiore
dei casi, anche una perdita
economica da parte dell’azienda.
Ovviamente un datore di lavoro che vede peggiorare il profitto della sua impresa non è
esattamente estasiato dal comportamento del suo impiegato
e si aspetta , perlomeno, una
giustificazione adeguata.
Ora, come mai noi ragazzi, che
non rallentiamo nulla, che non
provochiamo una perdita economica, che potremmo aver
avuto qualsiasi tipo di problema esattamente come tutti gli
altri, dovremmo spiegare il
motivo della nostra mancata
presenza? Che cosa ha prodotto il nostro non esserci se non
una lacuna, nostra e di nessunaltro, riguardante gli approfondimenti svolti la mattina
della nostra assenza? E soprattutto, una volta appurato che
noi maggiorenni o i nostri
tutori abbiamo posto quella
piccola firma che sancisce la
Liminalia
Sono ormai vent’anni che
il Liceo Alessi collabora con
l'Associazione culturale Liminalia, al fine di educare i giovani alla bellezza del teatro.
Quest’anno, poi,
il nostro laboratorio teatrale parteci
pa al progetto
europeo Comenius in modo attivo sul
tema “La Ville Plurielle”, la città
plurale. Il nostro primo incontro è stato aperto infatti con
questa domanda: “Che cos’è la
città plurale?”. Le risposte sono
state varie. Poi ci hanno chiesto” Che cos' è la città globale?”
E non siamo stati capaci di
dare definizioni diverse dalle
prime. Gli stadi iniziali del
progetto sono stati dunque
dedicati a capire la differenza
tra queste due realtà. Silvia
Bevilacqua e Francesco Torchia , i nostri esperti professionisti, ci hanno indirizzato alla
ricerca di questa risposta. Siamo giunti alla conclusione che
la città globale è una città dove
le differenze culturali spariscono, dove domina una società
di massa che tende ad omologare, convogliando tutti verso
uno stesso prototipo di pensiero e persona. La città plurale
invece è una città dove emergono molte differenze culturali, ma queste non dividono,
anzi arricchiscono. Dalle no-
stre idee, osservazioni e dai
nostri dubbi, rielaborati con
l’aiuto di Francesco e Silvia ed
inseriti in uno sfondo letterario proveniente dalle suggestioni di importanti Autori, è
così nato il copione. Esso descrive la giornata "tipo" di
alcuni personaggi caratteristici
della città globale: ciò che li
accomuna è un sogno, vivere
nella città plurale. Non è certo
un tema poco impegnativo per
ragazzi della nostra età: ma
questo ha fatto scaturire un
dibattito tra professori alunni
ed esperti che ci ha anche
legato umanamente. E da qui
deriva il piacere di lavorare in
piena assunzione di responsabilità per la perdita delle lezioni, cosa cambia nella vostra
giornata se venite a sapere che
abbiamo donato il sangue
all’AVIS, siamo stati male, abbiamo trovato traffico, abbiamo
investito un gatto e lo abbiamo
portato dal veterinario o sono
“affari nostri”?
In fin dei conti, una delle frasi
più spesso sciorinate dagli
anziani è: “Peggio per te se
non vai a scuola!”. Quindi?
Qual è il problema?
Il vostro tanto accanito interesse verso le nostre assenze farebbe quasi pensare all’esistenza di una setta- delpettegolezzo regolarizzata in
aula professori!
Lorenzo benedetti V G
un gruppo unito, creativo ed
entusiasta, guidato da due
artisti capaci di tirare fuori la
nostra personalità, apprezzando e facendo fruttare tutto ciò
che ciascuno di noi ha da offrire. Abbiamo così lavorato e
tanto, ma non ci è pesato.
Questa esperienza ha arricchito il bagaglio culturale di ognuno e ci ha aperto gli occhi sulle
molteplici facce che può assumere una città.
Una città che potrebbe essere
anche
la nostra!
I ragazzi del laboratorio Liminalia.
Lucia Baldassarri V M
Alice
Dopo un dramma epico, il
teatro carthago fa rotta verso le
coste del paese delle meraviglie. Marinai! leveremo le ancore nel paese dove i gatti sorridono, i fiori parlano e
cappellai (chi sa quanti!)
prendono il the all' ora del the
insieme a lepri che bevono il
the poiché è sempre l' ora del
the a causa di un orologio
rotto che non segna altro che
l'ora del the. Un mondo dove
tutto il possibile é impossibile
perché di possibile c' é solo
l'impossibile.
Alla fine di maggio riderete,
piangerete, piangerete dal
ridere e riderete dal piangere;
seguirete Alice, se vorrete,
dove solo la fantasia può arrivare.
Silvia V. Angeli II E
Michele Ramadori IV L
La ville plurielle:
meeting in Francia dal 5 al 9 aprile 2011
Si è appena concluso l’ultimo
meeting previsto nell’ambito
del progetto eTwinningComenius La ville plurielle.
Alunni e docenti della Polonia,
della Spagna e dell’Italia sono
stati ospiti dei partners francesi
del Lycée Jean Lurçat di Martigues.
Non c’è stata solo una squisita
accoglienza da parte della
scuola, rappresentata dal Dirigente scolastico, Madame
Marie-Claude Bonal, ma la
costante presenza, in tutti i
momenti, delle istituzioni
locali: il sindaco di Martigues
Gaby Charroux, la rappresentante del municipio Annie
Kinas, il presidente del gemellaggio Perugia- Aix-EnProvence, Cosimo Giunta, il
responsabile dei programmi
europei dell’Accademia di AixMarsiglia, Jean-Michel Berthe.
Abbiamo chiaramente percepito quanto il sistema educativo
stia a cuore alle amministrazioni locali e l’importanza che
si attribuisce alla cultura e al
multilinguismo .
Siamo ormai nella fase conclusiva del nostro progetto e i dati
dell’attività sul multiblog parlano chiaro: al momento attuale
più di 500 articoli, circa 4.000
commenti (per non parlare
degli articoli pubblicati su
Twinagers news, il nostro
giornale on line) testimoniano
un intenso lavoro che per due
anni si è svolto attraverso un
dialogo interculturale volto a
conoscere la diversità delle
nostre città e a riflettere sull’idea di città sostenibile o città
ideale e sui problemi dei giovani. E’ l’idea di una città
“plurale”, metafora o sogno di
un futuro migliore e di un’umanità in grado di recuperare
una dimensione autentica del
vivere.
Hanno fatto parte della delegazione italiana gli alunni Azzurra G. (3^ C), Sofia E. (3^ F),
Francesca B. (4^ E), Chiara C.
(4F), Lorenzo V. (4^ H) e
Martina M. (4^I), accompagnati dalle prof.sse Giuseppina
De Petro e Annalisa Persichetti.
Chiara, Lorenzo e Martina
raccontano così come il gruppo ha vissuto le giornate del
meeting:”Comenius, we’ll
remember it for ever” (è il
refrain della canzone del nostro progetto, creata in Francia; ndr.).
E’ stato questo lo spirito che ci
ha accompagnati durante questa straordinaria esperienza.
Francia, Spagna, Italia, Polonia:
quattro paesi differenti, ognuno con la sua cultura e le sue
tradizioni, si sono incontrati e
hanno avuto l’opportunità di
confrontarsi, conoscersi e anche migliorarsi, cercando di
costruire, attraverso un vero e
proprio autoritratto, l’idea di
una città ideale dell’Europa in
cui potrebbero essere soddisfatte le nostre esigenze di
futuri cittadini europei. In
pochi giorni si è creato un
“ponte” che le differenze linguistiche e culturali hanno
contribuito a consolidare e che
rimarrà simbolo di quella che
può essere una vera e propria
“città plurale”, che è l’idea base
del nostro progetto. Infatti,
non bisogna dimenticare che
tutti gli incontri svolti in uno
dei paesi partners (come quest’ultimo in Francia) sono stati
resi possibili unicamente dal
lavoro di studenti e professori
che oramai da 2 anni collaborano al progetto attraverso il
multiblog. I viaggi, che rendono possibile l’incontro vero e
proprio dei diversi paesi, rappresentano il momento più
significativo e “concreto”, attraverso gli ateliers, degli obiettivi
che il Comenius persegue, e
sono frutto di un lavoro notevole che sta alla base dell’idea
della cosiddetta “ville plurielle”. Abbiamo respirato uno
spirito di uguaglianza e solidarietà che univa ciascuno studente partecipante. Grazie
mille a tutti”.
Giuseppina De Petro
L’informazione distorta
Nella riunione di Sabato 7
Maggio il tema proposto agli
studenti è stato “La Distorsione
dell’Informazione da parte dei
media”. Come ospite è stato
invitato Remo Gasperini, Presidente dei Giornalisti Sportivi e
che ha scritto per il Messaggero per molti anni.
La particolarità di questo incontro è che le classi interessate sono state quelle del biennio, ovvero ragazzi che non
superano l’età di 16 anni. Nello stare in mezzo al pubblico
non ho potuto non notare un
certo disinteresse per le questioni mostrate dall’ospite.
A parte l’elementare abc dei
giornalisti che includeva la
definizione di notizia e qualche
breve esempio di che cosa
consista il lavoro del giornalista, l’intervento non ha suscitato particolare entusiasmo da
parte del pubblico. Non credo
che sia dovuto esclusivamente
all’età dei ragazzi ma semplicemente a quello a cui ogni giorno siamo abituati a vedere. Il
disinteresse per i fatti che accadono nel mondo dilaga e neanche l’avvento dei social
network e di internet sembra
aver scosso le coscienze delle
persone. La passività con cui
si ricevono le notizie impedisce a molti di farsi un idea
personale sugli avvenimenti e
questo rende più facile ai media il manipolare e distorcere
la realtà. Alla richiesta dell’ospite di poter aprire un dibattito riguardo gli ultimi avvenimenti ed in particolare riguardo alla morte di Osama Bin
Laden i ragazzi rimangono
muti e si guardano intorno,
come scocciati da quell’invito.
Non posso dire di non essere
pessimista riguardo alle prossime generazioni, ma non posso
neanche negare ciò che vedo.
Tuttavia, alcuni ragazzi hanno
deciso di intervenire e di porre
domande intelligenti e interessanti all’ospite, tra cui dei commenti riguardo a Wikileaks o al
fatto che molti giornalisti al
giorno d’oggi preferiscono
rimanere anonimi e diffondere
le notizie senza alcun filtro.
Insomma il dibattito, anche se
poco, c’è stato. Alcuni ragazzi
intervistati hanno trovato molto interessante l’incontro e che
sarebbero felici di poterne fare
altri sempre su temi attuali
quale questo. Il tutto sempre
per dimostrare che il disinteresse, per quanto esteso, non
vale per tutti.
Dario Sattarinia V L
Incontro con Mauro Volpi sulla Costituzione
Mercoledì 4 Maggio in occasione dell’assemblea d’istituto si è
tenuto un incontro con il Professor Mauro Volpi, docente
all’Università di Perugia ed ex
membro del Consiglio Superiore della Magistratura. L’argomento dell’incontro era “ Costituzione, separazione dei
poteri e forme di governo”.
Mauro volpi ha tenuto una
piccola lezione sulla nostra
Costituzione e mostrato per
quali motivi essi è il documento più importante per la nostra
Repubblica. Partendo dall’insieme di ideologie dei nostri
padri costituenti che hanno
stilato ed elencato gli articoli
fondamentali che stanno alla
base dei diritti e dei doveri di
ogni cittadino, Mauro Volpi ha
in seguito mostrato le differenze fondamentali tra le altre
carte costituzionali di altri
paesi quali la Francia e gli Stati
Uniti d’America. Tutte queste
però pongono sempre ai primi
posti la libertà dei cittadini e
l’importanza della partecipazione civile per ricordare a
tutti la grande responsabilità
che ogni uomo ha in mano nel
vivere in una democrazia.
Tuttavia la parte più interessante dell’incontro è stato il
dibattito portato avanti dagli
studenti che,
avendo letto e studiato gli
articoli della Costituzione Italiana, avevano trovato alcune
contraddizioni tra quanto è
stato sancito come presupposto della Repubblica Italiana e
quanto in realtà avviene nel
nostro paese ogni giorno.
Tra questi alcuni hanno posto
quesiti riguardo la guerra in
Libia e l’incongruenza con
l’articolo 11 in cui l’Italia dichiara di ripudiare la guerra
come strumento di offesa e di
risoluzione per le controversie
internazionali. A questi Mauro
Volpi ha affermato che la guerra “non viene più dichiarata da
molto tempo” e che oramai si
tratta solamente di
“un’operazione di polizia militare”.
In seguito si è passati alla scuola e all’istruzione pubblica e
privata chiedendo spiegazioni
per il finanziamento di scuole
paritarie a discapito di quelle
statali. Infatti l’articolo 33 comma 3 afferma che nessuna
scuola paritaria può ricevere
oneri dallo Stato. Anche a questa Mauro Volpi ha dato ragione agli studenti e ha criticato la
politica del Ministro Gelmini
secondo cui Pubblico e Privato
devono “avere una concorrenza alla pari”.
Molte critiche sono state fatte
anche alla linea del Governo
che nel suo ultimo mandato
ha, sempre secondo il
Prof.Volpi. “abusato dei decreti
legge” i quali, stando alla Costituzione, devono essere usati
esclusivamente in “caso di
emergenza nazionale”.
Infine, sempre su domanda di
uno studente, si è parlato della
questione dell’immigrazione.
“Stando ai dati del Ministero
questioni internazionali. Una
nota particolare riguarda una
studentessa che ha affermato
che forse l’ospite era “troppo
di parte” e che era lampante il
suo atteggiamento da uomo di
“sinistra”, ma che tuttavia ha
apprezzato che si fosse parlato
di questioni attuali.
Non ho paura di dire che il
dibattito si sarebbe fatto più
interessante se anche studenti
del Lavoro”, afferma Volpi, “nei
prossimi 10 anni il nostro paese avrà bisogno dai 90mila ai
200mila posti adibiti alla manodopera estera per non tornare a calare nel PIL.”
Gli studenti sono stati molto
entusiasti di questo incontro e
stando alle interviste fatte si
sente il bisogno e la necessità
di coinvolgere maggiormente
gli studenti in argomenti quali
la politica o semplicemente le
con idee diverse da quelle
dell’ospite si fossero fatti avanti per stimolare una discussione più aperta e senza timore di
scatenare polemiche.
Globalmente un incontro molto ben riuscito, forse anche per
merito della maturità dimostrata da tutti gli studenti.
Dario Sattarinia V L
Importanza della CGIL
Quest’assemblea era organizzata sull’importanza del sindacato, nel passato come oggi. La
persona che ha esposto ciò si
chiama Domenico Maida e fa
parte della CGIL.
Ci ha mostrato un filmato di
venti minuti tratto da un film
mandato dalla rai poco tempo
fa (Pane e Libertà).
Il filmato illustrava parte della
vita di Giuseppe di Vittorio,
fondatore della CGIL. Cresciuto sfruttato dal lavoro minorile,
nato in una famiglia di brac-
cianti agricoli. Da adulto, lottando per l’uguaglianza dei
diritti
sul lavoro,
si
esprime
in parlamento e
si definisce fiero
di aver
lavorato,
e fiero di essere definito
‘cafone’, asserendo che ‘la vera
vita si impara così, la fame, il
dolore e la fatica non hanno
colore’. La CGIL nasce dopo il
delitto di Bruno
Buozzi,
assassinato dai
fascisti. Nasce
con l’intento di
essere un’associazione che
tutela i lavoratori, al di là dei
partiti politici,
e contando anche l’uguaglianza dei sessi (questo solo dopo
gli anni ’70!!!).
Marylisa Alemi IIC
Un elemento fondamentale è
che la costituzione non procede da sola, ma ogni giorno
deve essere alimentata da impegno e responsabilità: il dovere di aver fatto tutto il possibile.
Il filmato è stato seguito con
interesse da tutti, e anche la
prima parte della conversazione. Purtroppo però in seguito
l’attenzione è andata dissolvendosi in un interminabile chiacchiericcio, in cui nessuno si
interessava più con sincerità .
Volontariato
Il giorno 5 maggio è stata
tenuta in aula magna una riunione per mettere in contatto
gli studenti con il mondo del
volontariato. È stato invitato
un membro del Cesvol (Centro
Servizi per il Volontariato) per
mostrare ai ragazzi il mondo
dei volontari e in maniera più
specifica creare una futura
collaborazione dell’Ente con il
nostro Liceo. La figura del
volontario è risultata essere
molto importante per il nostro
paese poiché esso, oltre a rac-
chiudere un insieme di valori
positivi ed etici tra i quali l’altruismo e la voglia di sacrificarsi per gli altri, è una figura
ufficialmente riconosciuta
dallo Stato. Questo comporta
anche una tutela garantita da
alcune leggi in merito. Esso ha
anche un ruolo politico poiché
appunto sollecita la cittadinanza dei propri diritti e doveri.
Inoltre egli ha il compito di
sviluppare una coscienza collettiva basata sul principio di
solidarietà e di responsabilità.
L’aspetto più importante di
tale incontro è stato l’invito ad
una collaborazione attiva con
la scuola sperando di poter
invogliare così i ragazzi ad una
cittadinanza attiva e consapevole. A tale fine si è pensato di
avere in ogni scuola un
“presidio del volontariato” per
garantire così una maggiore
partecipazione secondo i principi fondamentali di tale attività.
Tuttavia è doveroso segnalare
la poca partecipazione da parte
del pubblico e lo scarso entusiasmo mostrato per ’incontro.
Gli intervistati hanno espresso
la richiesta di avere un qualcosa che sia più a contatto con la
realtà di tutti i giorni piuttosto
che “discorsi vuoti e ripetitivi”
e che finiscono con il rimanere
legati alla sola “idea accademica”. Inoltre ritengono che ci sia
più bisogno di attenzione nel
selezionare l’età dei ragazzi
adibiti come pubblico in tali
incontri
Michael Ceccaccio VG
Emergency
Il 2 maggio 2010, con la presenza in aula magna delle classi 4^ A, B, C, D ed E ha avuto
inizio la settimana dedicata alle
assemblee scolastiche sul tema
dell’emergenza umanitaria in
Italia e nel mondo. A questo
proposito sono stati chiamati
esperti di Emergency per illustrare la dura realtà delle guerre (in particolare in Sudan e
Iraq) e la situazione drammatica che riguarda l’immigrazione
in Italia.
Con l’occasione sono stati
consegnati all’associazione le
Il professor Sacchetti, docente
universitario nella facoltà di
Fisica all’Università di Perugia
ha tenuto un’ interessante
lezione sull’energia nucleare,
tema scottante d’attualità in
quanto a breve i cittadini aventi diritto al voto, e quindi anche i ragazzi delle quinte, saranno chiamati alle urne per
giudicare, per l’appunto, l’
attività nucleare in Italia. Il
dott. Sacchetti, reputando il
referendum un metodo poco
donazioni da parte di alunni a
professori dell’Alessi. Con il
motto “bisturi e cazzuola” –
come ha spiegato Brunetta
Bellucci– Emergency costruisce per curare tutti i feriti di
guerra, senza posizione politica o religiosa, perché ogni
essere umano ha il diritto di
essere curato.
Ricordando come il 93% delle
vittime in una guerra sono
civili di cui il 33% bambini,
puntualizzando la drammaticità dell’uso delle mine antiuomo durante le guerriglie ,
infine citando l’articolo 11
della costituzione Italiana
(“L’Italia ripudia la guerra”…)
Brunetta introduce un video,
dalla durata di 20 minuti, che
commuove tutti i presenti
attraverso la storia toccante di
un bambino vittima di una
mina anti-uomo e un giovane
sudafricano operato al cuore
dall’attento intervento dei
medici Emergency.
Obiettivo dell’associazione
umanitaria è essenzialmente il
diffondere una cultura di pace, aiutando i piu’ deboli a
NUCLEARE
consono per prendere questo
tipo di decisioni, in quanto
sono richieste troppe competenze in merito e un parere
che difficilmente si discosti da
quello immediato dello stomaco, ha deciso di parlarci non
tanto dei pro e dei contro della
produzione energetica, bensì
del vero e proprio funzionamento delle centrali, delle
fonti non rinnovabili da cui si
ricava energia, degli incidenti
di Fukushima e di Cernobil e
degli effetti che hanno le radiazioni sull’uomo. Tra varie battute di spirito, il docente ci ha
fatto una lezione di ripasso
sulla reazione di fusione in
maniera più approfondita,
togliendoci dei dubbi, e sfatando qualche luogo comune.
Sicuramente nel campo del
nucleare c’è ancora spazio alle
scoperte, per esempio nell’ambito dei reattori autofertilizzanti, o sul problema delle scorie
radioattive, delle
“guarire” non solo curando,
ma anche offrendo spazi puliti
e un’accoglienza adeguata ad
ogni persona in difficoltà.
Oggi Emergency è presente
anche in Italia, dove accoglie
gli immigrati per fornirgli un’adeguata assistenza.
Emercency vi aspetta in via
Imbriani il primo giovedì di
ogni mese dalle ore 18:00 per
curiosità o approfondimenti
riguardo l’enorme lavoro di cui
si fa carico in molte parti del
mondo.
Sara Mariangeloni IV E
quali non sembra momentaneamente esistere nulla di efficace per poterne velocizzare lo
smantellamento. Alla fine dell’assemblea qualche studente si
è lamentato del fatto che si
aspettava un approfondimento
più adeguato sull’impatto positivo o negativo che può avere
in uno stato la presenza di
centrali nucleari sul territorio,
ma nel complesso è stata apprezzata da tutti.
Donatella Sorci V C
La scienza:
dubbi e paure dello scienziato
Il problema etico della
scienza è senz’altro uno fra i
più attuali della nostra epoca:
Come scriveva Hobsbawm
nel suo “Il Secolo Breve” :
“il ventesimo secolo non si
trova a suo agio
con la scienza che è
il suo risultato più
straordinario e da
cui esso dipende.”.
Il problema, parafrasando Oscar
Wilde , è l’ accettazione o meno del
principio “ Science
for science’s sake” (la scienza per
la scienza). Problema assurdo data l’
origine della scienza nell’ antica grecia come sostituzione del logos al mito
come chiave di
lettura della realtà.
Possiamo volere il
progresso a tutti i costi?
Dove lo collochiamo in una
ipotetica scala di valori?
In poche parole : dove si
ferma la libertà di uno
scienziato ?
Bisogna partire senz’altro
dall’ idea di scienza comune , partenza che suscita di
fatto il primo problema
della diatriba.
Lo studio filosofico della
scienza riguarda principalmente due aspetti della
scienza stessa : il suo valore
conoscitivo-gnoseogico
(epistemologia) , e la sua
ingerenza in questioni etiche.
Partendo dal punto di vista
gnoseologico,come diceva
Pascal: “ il supremo passo
della ragione sta nel riconoscere che c’è un’ infinità di
cose che la sorpassano”,
opinione di un filosofo cristiano, ma comunque largamente condivisa, che sancisce la non-onniscienza dell’
livello teorico-speculativo,
per quanto riguarda il suo
riscontro etico il problemasi
manifesta nell’esigenza di
scelte concrete, ed ha molteplici nomi : etica della
scienza pura, etica della
uomo di fronte alla realtà.
Si contrappone questa alla
convinzione materialista
secondo la quale tutto ciò
che non si sa, non lo si sa
perché ancora non ci è possibile reperire i dati adatti
alla sperimentazione.
Dal punto di vista etico invece possiamo notare come, dopo la caduta del Nazismo e delle sue indiscriminate sperimentazioni di
eugenetica , l’ idea di uno
scienziato convinto di poter
esercitare controllo sulla
vita o sulla morte resta poco
più che un residuo cinematografico.
Se per quanto riguarda i
limiti conoscitivi della scienza il problema rimane al
scienza applicata , etica della tecnica (bioetica).
Andando a rovistare fra gli
eventi storici legati alla
scienza carichi di un significato etico (Invenzione e uso
della bomba atomica, invenzione e uso della bomba ad
idrogeno) sorgono molteplici problemi : Heisemberg
ricordando una chiacchierata con Fermi riguardante il
progetto Manhattan cita la
risposta di quest’ultimo al
quesito etico da lui posto :
“eppure è un così bello
esperimento”.A parere di
Heisemberg è tutto qui il
problema : lo scienziato “ha
bisogno di sentirsi confermare da un giudice imparziale,dalla natura stessa”
frase che ci porta a individuare quantomeno la fetta
di responsabilità che appartiene allo scienziato.
Il problema è da porre non
solo quindi alle spinte esterne, alle sovvenzioni, ai motivi politici che lo stesso
Hobsbawm ricorda sempre
nel suo “ Secolo Breve”
bensì nella testa dello scienziato, nella sua propria coscienza, nel conflitto che si
viene a creare fra i suoi
bisogni di conferma e l’etica
universale e sociale una
volta sancita la sua responsabilità.
Fioriscono ad oggi studi
teorici di applicazione di un
etica deontologica alla
scienza in generale basata
su valori altrettanto generali quali possono essere i
diritti dell’ uomo, ed hanno
tutti i loro sbocchi pratici ,
che non risolvono però il
problema, irrisolvibile, della
libertà personale e della
coscienza dell’individuo
che, per gli stessi valori
morali devono essere preservati nella loro integrità.
Non esistono forse casi generali e ogni singola questione etica è da discutere
nella sua singolarità alla
luce del principio di inviolabilità della vita umana :
ogni scienziato nella sua
coscienza di uomo è responsabile di ogni sua azione, compreso l’ uso che si fa
del suo operato.
Come ricorda Fëdor Dostoevskij “ciascuno di fronte a
tutti è per tutti e di tutto
colpevole”.
Emilio Gianotti V C
Nuove Tecnologie
In un mondo consumista e in
continua evoluzione come
quello attuale, la richiesta di
novità tecnologiche e perfezionamento degli strumenti già
presenti cresce a livello espo-
lettori musicali e varie applicazioni potrebbe comportare un
impoverimento delle capacità
del nostro cervello non più
utilizzato per le cose banali che
però potrebbero diventare
nenziale giorno dopo giorno e
normalmente anche l’ offerta
sul mercato deve crescere
insieme alla richiesta per la
legge della domanda e dell’
offerta.
Tra le ultime innovazioni figurano come personaggi principali Personal Computer, chat
di ogni tipo, lettori musicali e
qualsiasi genere di social
network conosciuto.
Lo sviluppo costante di questo
settore prettamente commerciale comporta, come tutte le
cose, una serie di fattori e
caratteristiche positive seguita
subito da una serie altrettanto
importante di conseguenze ed
effetti negativi.
Sicuramente la vita quotidiana
è molto facilitata dall’ impiego
di queste nuove tecnologie ma
il cervello umano per merito o
per causa di queste stesse compie meno sforzo, in quanto
viene sostituito in alcuni procedimenti da questi strumenti
e, dato che, come tutti sappiamo, l’ uso sviluppa l’ organo,
lo scorretto uso di computer,
importanti.
La possibilità di effettuare
ricerche, inviare dati da una
parte all’ altra del mondo in
frazioni di secondo o la capacità di avere informazioni in
tempo reale da dovunque,
sono ormai divenute normalità
all’ ordine del giorno pur essendo, non più di quindici
anni fa, semplice e pura fantascienza.
Il problema fondamentale è
che presto o tardi, queste ‘
esemplificazioni’ che ci vengono offerte e propinate in continuazione potrebbero diventare
qualcosa di indispensabile così
da far trasformare l’ uomo
stesso in schiavo degli strumenti che ha creato per la
propria convenienza. Che ci sia
quindi un gatto che si mangia
la coda dietro a quello che
sembra un miracolo tecnologico?
D’ altra parte tra i pro, riscontriamo però la velocità che
certe tecnologie ci offrono: in
un mondo che va sempre e
comunque di fretta dati,
informazioni e numeri non
possono viaggiare lenti perché
sarebbe un forte impedimento
per tutto ciò che riguarda il
mondo dell’ economia. Una
corsa contro il tempo è sempre
una caratteristica apprezzata in
tutto, forse perché l’ uomo ha
paura del tempo. Ma è veramente giusto eliminare del
tutto l’ attesa? Se già i dati di
cui abbiamo bisogno viaggiano
più veloci di noi, il futuro quale sarà? Arrivati alla perfezione
non si può sicuramente migliorare ma la richiesta di innovazione non si fermerà di certo.
Il codice binario e i meccanismi dei nostri portatili appiattiscono ogni nostra sensazione,
percezione o frase con una
semplice sequenza di numeri,
ma l’ uomo non è e non sarà
mai una semplice sequenza di
numeri. La verità è che stiamo
andando in contro a una vita in
cui nessuno sarà più in grado
di comunicare i propri sentimenti e le proprie sensazioni
senza una sequenza binaria a
fargli da intermediario? L’uomo come animale sociale ha e
avrà sempre bisogno di comunicare con suoi simili e forse
queste tecnologie finiranno
per toglierci la capacità di farlo.
Sicuramente il nostro futuro
non lo possiamo prevedere ma
possiamo costruirne le basi,
quindi usiamo gli strumenti
che ci sono stati dati come tali
e non facciamoci comandare
da loro, non cadiamo in dipendenza e non perdiamo le capacità acquisite fin ora.
A prescindere dalle conseguenze positive o negative che le
nuove tecnologie possono
avere, tutte le cose materiali
vanno usate con il giusto dosaggio e senza abusarne per
non finire poi a non poterne
fare più a meno.
Nicole Zugarini III L
Dall’anno della
biodiversità all’anno
delle foreste
Maria Teresa Cappanni IVB
Il 2010 è stato l’anno dedicato
dall’Onu alla biodiversità, il
2011 vedrà al centro delle
discussioni ambientali le foreste. Queste sono fondamentali
nella conservazione delle acque e del suolo, oltre ad assorbire ogni anno tre miliardi di
tonnellate di carbonio, che
corrisponde a circa il 40% delle
emissioni dovute al consumo
dei combustibili fossili dell’uomo, attuando un importante
processo che ripulisce l’aria di
un gas serra pericoloso e ci
consente di rallentare i cambiamenti climatici. La deforestazione e il degrado delle foreste
sono responsabili di circa il
18% delle emissioni di gas
serra. Ogni anno si perdono
circa 13 milioni di ettari di
foresta, vale a dire 36 campi di
calcio al minuto di foreste in
meno nel nostro pianeta, soprattutto nei territori tropicali
dove si concentra la massima
biodiversità. Analizzando dei
dati relativi a queste perdite
possiamo dire di essere migliorati rispetto agli anni ’90, dove
i milioni erano 16, ma i dati
restano comunque allarmanti.
Le cause principali di questa
imminente scomparsa possono
essere ritenute il taglio illegale
per il commercio di legname,
la conversione in aree di pascolo o di agricoltura, i cambiamenti climatici e gli incendi; a
causa di deforestazioni insostenibili alcune società antiche
sono scomparse. Osservando
le varie situazioni delle foreste
mondiali, possiamo dedurre
che, ad esempio, in India,
secondo le autorità, c’è stato
un aumento del 5% negli ultimi dieci anni, ma se si guarda
al concreto, i dati governativi
sono nella sostanza ingannevoli.
Continua nella pagina successiva.
I boschi indiani naturali, stanno scomparendo al ritmo di
2,7% all’anno, bisogna distinguere tra impianti artificiali e
foreste naturali, che sono sempre più saccheggiate da un
forte incremento di popolazione. Ciò ha portato a situazioni
come la scomparsa della natura precedentemente presente
in pianura e, sulle colline, uno
sfruttamento eccessivo ha devastato la vegetazione naturale,
attivando canali di erosione. Se
si analizza la situazione presente in Uganda, si possono notare, dove un tempo era situata
la foresta pluviale, ultimo rifugio dei gorilla di montagna,
piantagioni di banane e l’erosione ormai inevitabile e devastante è in atto. In Indonesia il
fenomeno della deforestazione
è aumentato dal 1996 fino a
raggiungere una media di 2
milioni di ettari di foresta perduta all’anno; oggi resta solo la
metà della copertura originaria
e le foreste delle ultime tigri
con essa. Quest’anno in Indonesia arriverà una moratoria su
tutte le nuove concessioni per
aree forestali e torbiere.
In Italia è stata attuata l’Operazione Beniamino che ha assicurato un futuro a circa 10mila
ettari di bosco. Grazie alle Oasi
il WWF protegge numerose e
preziose aree di boschi; negli
ultimi anni il nostro mercato di
prodotti come olio di palma e
polpa di carta è andato crescendo, questo deve essere per
noi uno stimolo per permettere una corretta crescita e conservazione delle ultime foreste
tropicali, non dobbiamo pensare che non sia un problema
nostro restando consumatori.
Sempre nel nostro Paese abbiamo un grande patrimonio, 12
foreste storiche, la loro gestione non è facile, perché sono
tra le più sensibili ai cambiamenti globali, a partire da
quelli climatici; per difendere
le nostre foreste si stanno
applicando piani di gestione
che puntano a consolidare la
struttura vegetale, a riqualificare i boschi che hanno subito
trasformazioni nel tempo, ad
eliminare specie invasive. Spostando il nostro sguardo in
Amazzonia, ecosistema più
ricco al mondo di biodiversità,
ospitando 60mila specie di
piante, mille specie di uccelli e
oltre 300 specie di mammiferi,
possiamo notare la situazione
in bilico tra distruzione e conservazione; le etnie sono minacciate continuamente, alcune sono salve, altre sono state
deportate dopo aver visto le
ruspe devastare i loro territori.
Le dighe costruite hanno portato allagamenti e malattie
come la malaria, quelle in
costruzione serviranno per
alimentare fabbriche di multinazionali. Il taglio e gli incendi
continuano come sempre, ma
ora vengono intolleranti anche
dalle autorità locali, che prima
chiudevano gli occhi. Associazioni come Greenpeace e il
WWF si impegnano a denunciare il continuo taglio e la
corruzione illegale, radicate
nella vita amazzonica. L’Amazzonia resta un’importante
realtà per la ricerca; infatti
nelle aree che ora sono occupate per il pascolo dei bovini e
dove sorgono vegetali per
biodiesel, sono state scoperte
1200 nuove specie di animali
tra scimmie e uccelli, di cui
prima non si sapeva niente.
La condizione per far sì che le
foreste svolgano nel migliore
dei modi il loro ruolo utile
all’uomo per ripulire l’atmosfera dal carbonio è che le
foreste non siano disturbate
nelle loro funzioni; una foresta
ci mette circa 100 anni nelle
regioni temperate, nelle foreste tropicali i tempi sono di
circa mille anni, per raggiungere un equilibrio abbastanza
stabile nel bilancio del carbonio.
In un solo giorno, ad esempio
a causa di un incendio, tutto il
lavoro fatto da un bosco per
ripulire l’aria può essere perso;
l’aumento degli incendi boschivi causa una situazione di
stress all’interno del bosco
e,conseguentemente, la perdita di biomassa e l’estinzione di
alcune specie. Alla Conferenza
sul clima di Cancun è stato
stabilito un fondo internazionale di 5 miliardi di dollari
entro il 2012 per la protezione
delle foreste; quest’accordo, se
ben attuato, potrà permettere
ai Paesi più poveri di difendere
le foreste e controllare i tagli
illegali.
Giustizia Dimenticata
Ferrara, 25 settembre 2005.
Muore Federico Aldrovandi, un
giovane diciottenne, per mano
di quattro poliziotti. Questo
racconta Filippo Vendemmiati
con il suo video documentato
"E' stato morto un ragazzo".
La mattina il ragazzo tornava a
casa a piedi dopo una serata
"sfascio" con gli amici, l'autopsia rivelerà poi che aveva assunto un paio di pasticche,
fatto che gli stessi amici confermeranno, aggiungendo che era
un'abitudine. Verso le 6 della
mattina, il 113 riceve una chiamata, da un'anziana signora
abitante lì, nei paraggi
dell'Ippodromo di Ferrara,
nella quale vengono segnalate
diverse urla e rumori fastidiosi
provenienti
probabilmente
da un "ragazzo
impazzito".
Solo 5 ore più
tardi i genitori,
Patrizia Moretti
e Lino Aldrovandi, verranno
informati della
morte del figlio, da un amico e
collega poliziotto del padre di
Federico.
Il 15 marzo dell'anno successivo viene aperta l'inchiesta
contro i quattro poliziotti indagati per omicidio preterintenzionale Paolo Forlani, Monica
Segatto,
Enzo Pontani e Luca
Pollastri, i
quali negheranno i fatti
fino al 2010,
quando
verranno
condannati
a tre anni e otto mesi, che non
sconteranno mai. E' questo ciò
che racconta Vendemmiati, in
un documentario che fa riflettere e commuovere: come é
stato possibile che 4 rappresentanti dell'ordine pubblico
d'Italia abbiano potuto commettere un simile crimine? Ed
é proprio su questo concetto
che si sofferma il giornalista:
bisogna stare attenti a non
criminalizzare la polizia italiana
ma solo quei 4 individui.
"È stato morto un ragazzo",
titolo provocatorio quanto mai
azzeccato che sostituisce alla
verità dei fatti ("ucciso") la
sconvolgente bugia dichiarata
per ben 5 anni in tribunale.
Mett Mariotti IV E
Sara Mariangeloni IV E
MONOTEISMO E INTOLLERANZA:
UNA QUESTIONE APERTA
Il primo titolo che mi era venuto in mente per questo contributo era, semplicemente,
“Monoteismo e intolleranza”;
tuttavia, riflettendoci meglio,
mi è sorto il dubbio che in
qualche modo già dall’incipit
tacitamente venisse suggerita
una interpretazione che prefigurasse un legame costitutivo e
fondante tra questi due termini. Per cui ho ritenuto opportuno aggiungere una “coda”
esplicativa per evidenziare
come in realtà non sia così
scontato e predeterminato
come si potrebbe pensare il
nesso tra la fede in un Dio
unico e la costituzione di un
sistema di rapporti umani
tendenti ad emarginare e a
combattere anche con le armi
coloro che tale fede non condividono.
Non si può tuttavia negare che
nella storia dell’umanità persecuzioni e conflitti basati su
motivazioni di carattere religioso hanno fatto massicciamente
il loro ingresso con la diffusione del monoteismo, in primo
luogo quello ebraico - cristiano
e successivamente quello islamico.
Infatti, rimanendo nell’area
gravitante intorno al Mediterraneo, laddove tale credo è nato
e si è profondamente radicato,
i popoli che praticavano le
religioni politeiste e naturalistiche – i cosiddetti “pagani” –
pur non essendo né pacifici né
tolleranti verso i “diversi” (si
pensi ad esempio al dualismo
grecità – barbarie, oppure
libertà – schiavitù…..), tuttavia
mai scesero in guerra per imporre i loro dei agli altri popoli, né misero in piedi organismi
repressivi e coercitivi sul tipo
del tribunale dell’Inquisizione.
Lo stesso Paolo di Tarso, trovandosi in Atene nell’Areopago
ad annunciare la Buona Notizia
ai Greci, si imbatté in un’ara
dedicata al Dio ignoto (Atti,
17:23); questo tanto per capire
quanto fosse sconfinata la
libertà in fatto di culti nel mondo classico, ove ci si preoccupava addirittura di assicurare
adorazione ad eventuali deità
sconosciute, che comunque
non si volevano offendere.
È certamente vero che gli imperatori romani spesso sottoposero ebrei e cristiani a persecuzione, con condanne al carcere ed alla pena capitale, ma
la motivazione di esse non
aveva tanto a che fare con la
sostanza del credo religioso
quanto piuttosto con il fatto
che coloro che lo praticavano
si ponevano in contrasto con
precise disposizioni legislative,
come ad esempio l’obbligo
civico di sacrificare al Genio
dell’Imperatore; del resto anche in Italia, sino all’introduzione dell’obiezione di coscienza, i Testimoni di Geova
che si rifiutavano di svolgere il
servizio militare per motivi
legati alla loro interpretazione
del Cristianesimo subivano la
condanna al carcere militare.
Vi era poi il timore, spesso non
infondato, che l’ostilità e l’intolleranza dimostrata sin dall’inizio da Ebrei e Cristiani verso
tutti gli altri culti ammessi
nell’impero creasse problemi
di ordine pubblico e tensioni
sociali: è ben noto il caso di
Alessandria, ove la coesistenza
tra la comunità ebraica e quella
greca non era sempre pacifica,
al contrario dava spesso luogo
a violenti scontri, mentre l’assassinio da parte di fanatici
cristiani di Ipazia, studiosa di
scienze matematiche e filosofiche, è stato di recente riproposto tramite una riuscita interpretazione
cinematografica.
Per il resto, a prescindere dalle
crociate e dalle violente e feroci persecuzioni dei movimenti
cosiddetti eretici che lasciarono una funesta scia di sangue e
di morte nell’occidente cristiano lungo tutta la storia medievale e moderna, sin dall’inizio
il Cristianesimo, quando divenne con Teodosio religione di
stato (editto di Tessalonica, 27
febbraio 380), portò avanti la
distruzione sistematica di ciò
restava degli antichi culti politeistici, perseguitandone e
disperdendone i cultori e spesso appropriandosi di antichi
templi e santuari, riconvertiti
in chiese. Per ciò che riguarda
poi il dovere dello Jihad (al
maschile, come viene raccomandato dai cultori di studi
musulmani) nella religione
dell’Islam, il significato originario di “sforzo interiore necessario per la comprensione dei
misteri divini” che il termine
aveva nel periodo iniziale della
rivelazione coranica venne ben
presto a declinare nell’accezione di “guerra di conquista
contro i nemici non credenti”,
pur rimanendo comunque
espressione largamente polisemica e passibile di letture anche molto divergenti. Comunque tuttavia lo si voglia interpretare, rimane il fatto che la
diffusione dell’Islam nel Vicino
Oriente e nella sponda meridionale del Mediterraneo, sino
alla Penisola iberica, non avvenne tramite la predicazione
non violenta, come fu almeno
all’inizio per il Cristianesimo,
ma sulla punta delle spade e
con una travolgente serie di
conquiste che sconvolse alla
radice l’assetto del mondo
mediterraneo.
Posto dunque il problema,
ovviamente solo per accenni e
suggestioni, di tutto il pesantissimo carico di dolore e di ingiustizia che le grandi religioni
monoteiste si portano sulle
spalle e con cui i sinceri credenti debbono per forza di
cose fare i conti, senza volgere
ipocritamente la faccia da un’altra parte e senza nascondersi
dietro frettolose e tardive prese di distanza (peraltro piene
di sottintesi e riserve auto
assolutorie), resta il nodo centrale da cui questa riflessione
ha preso le mosse: può la tolleranza, o meglio ancora come
oggi si preferisce dire l’inclusione di chi è diverso da noi,
costituire parte integrante a
tutti i livelli del modo di pensare e di vivere di chi affida la
propria salvezza personale a
quel Dio che sul Sinai presentò
se stesso a Mosè come “un Dio
geloso” nel primo dei comandamenti da Lui dettati (Esodo,
34:14)? A una tale domanda io
fornirò in questa sede la risposta che come cristiano mi sento
di poter dare, ovviamente nella
consapevolezza che l’individuazione di un luogo di incontro tra diversi punti di vista su
un argomento così gravido di
implicazioni non solo teologiche sia senza dubbio l’unica e
vera base su cui costruire un
autentico ecumenismo e un
effettivo dialogo tra le religioni. In questo spirito di umiltà e
nella piena consapevolezza
della grande complessità e
varietà delle prospettive dalle
quali questo discorso può
essere affrontato, ritengo che
certo può apparentemente
sussistere una drammatica
contraddizione tra il sentirsi
parte di un progetto di salvezza che esclude da essa coloro
che ne sono fuori, e nel contempo includere questi ultimi
in un rapporto di parità e fraternità. Ciononostante credo
esista una via per superare
questo dilacerante dilemma:
essa si trova a mio parere nel
prendere coscienza che l’insieme della convinzioni su cui si
basa la fede cristiana si configura, se autenticamente vissuto, come “un’impresa di libertà”, e che quindi “non è data
nessuna statica verità oggettiva
che si impone alla mente e che
occorre solo riconoscere”; al
contrario ogni credente in
Cristo è costantemente chiamato “all’esercizio della creativa
responsabilità
personale” (traggo tali citazioni dal
bell’articolo del teologo Vito
Mancuso intitolato Il Gesù
storico secondo Ratzinger,
pubblicato in Repubblica dell’11 marzo 2011). Ecco dunque
che alla durezza della lettera,
irta di divieti, di contraddizioni
e di sentieri interrotti si contrappone la libertà dello Spirito il quale “soffia dove vuole” (Giovanni, 3:8) e quindi ci
riconduce alla sorgente della
Parola che in ogni tempo si
manifesta agli uomini, parlando in forma ad essi comprensibile e chiamandoli
tuttavia a ricercare in se stessi,
in quella interiorità ove Agostino ci ha insegnato si manifesta
quella Verità vivente a cui i
segni impressi sulla carta alludono per speculum et in aenigmate (1Corinzi, 13:12). In
questo
senso
dunque
“conosceremo la verità e la
verità ci farà liberi” (Giovanni,
8:32), affrancandoci dal giogo
della letteralità scritturale e dei
precetti di chi ritiene di avere il
monopolio interpretativo di
essa e chiamandoci a riscoprire
e a mettere in discussione la
nostra fede anche attraverso il
confronto con chi crede diversamente da noi o con chi non
accetta di inscrivere la propria
vita in una prospettiva oltremondana. In questa visione il
fanatismo e il dogmatismo
sono i più grandi nemici di un
rapporto con la Divinità autenticamente vissuto come continua conquista e percorso incessante lungo un itinerario in
cui ogni punto di arrivo è sempre punto di partenza di un
nuovo viaggio che ha la sua
meta finale oltre questa dimensione esistenziale, quando si
apriranno a noi “cieli nuovi e
terre nuove” (Apocal., 21:1).
Riconducendo dunque alla
dimensione interiore della
coscienza individuale il nucleo
fondante dell’esperienza di
fede ed il luogo elettivo del
rapporto con Dio si superano
gli steccati che separano gli
uomini in base alle loro convinzioni religiose e si pongono
le basi per una tolleranza che
non significhi “sopportare” con
malcelato fastidio chi è diverso
da noi, ma al contrario aprirsi
ad un confronto senza riserve
da cui tutti possano uscire
confortati ed arricchiti.
E non si pensi che questo atteggiamento di apertura e
disponibilità sia solo una specie di “abito intellettuale” da
indossare in occasioni riservate
agli “addetti ai lavori”, sul tipo
di incontri ecumenici, congressi, iniziative di settore e quant’altro: in realtà dovrebbe,
anzi deve divenire parte integrante dello stile di vita quotidiano dei credenti in generale
e dei cristiani in particolare. I
quali si distinguono dagli altri
non per le loro convinzioni
metafisiche sbattute in faccia
con supponenza a coloro che
non le condividono, ma per lo
spirito di servizio con cui si
aprono ad ogni esperienza
umana senza voler giudicare,
nella convinzione che Dio si
manifesti nel prossimo, anche
se apparentemente lontanissimo da noi. Spogliandoci quindi socraticamente delle nostre
artificiose certezze vivremo una
fede autentica, non sorretta
dalle stampelle dei dogmi ma
costantemente arricchita e
rafforzata dalla ricerca della
verità che si manifesta nel
dialogo e nel confronto in
tutte le occasioni della vita.
Ovviamente la scelta di fede
implica una certa dose di solitudine e di rischio: a noi e a
noi soli, come singoli, spetta
infatti la scelta di “affidarci”
senza garanzie di sorta ad una
Presenza che non si lascia catturare né da argomentazioni
filosofiche né tanto meno da
elucubrazioni pesudoscientifiche o pseudomistiche. Tuttavia
questo “cammino nel deserto”
che costituisce l’essenza fondativa della condizione di chi
crede, in quanto implica il
distacco dalle cose materiali ci
spinge a percepire in chi ci è
vicino non un mezzo da usare
ma un fine da conseguire; e
allora in questo spirito si apre
a noi l’itinerario che conduce
alla scoperta dell’altro come
enorme ricchezza da conquistare e valorizzare. Homo homini Deus: su questo terreno
genuinamente umanistico tutti,
atei e credenti, possiamo e
dobbiamo incontrarci per camminare insieme rimandendo
diversi ma sentendoci uguali e
fratelli, non importa se per la
parola “Deus” usiamo la lettera
maiuscola o minuscola.
Sandro Tiberini
LE CENTRALI NUCLEARI SALVERANNO L’UMANITA’
Basta pregiudizi. Stop all’ipocrisia. E’ ora di dire la verità
Da molti anni, ormai, si sa che
l’energia sprigionata da un
atomo, l’infinitesima parte
della materia, è talmente grande da poter radere al suolo
persino una città come New
York o Tokyo. Di pari passo la
paura delle persone è aumentata tanto che sarebbero disposte a pagare per non sentire
neanche più quella parola:
‘’nucleare’’. Tutto questo a
causa della Seconda Guerra
Mondiale che ha visto l’alba di
una nuova era di scoperte e
invenzioni in campo fisicomatematico ma che, in quel
caso però, sono servite ad
uccidere e distruggere: la potenza dell’energia nucleare.
Prima ‘’Little Boy’’ su Hiroshima e poi ‘’Fat Man’’ su Nagasaki, rispettivamente il 6 e il 9
agosto del distante ma recente
1945, hanno mostrato al mondo intero la potenza del genio
umano, ma anche la pazzia di
una specie animale che ha
sfruttato la propria intelligenza
per uccidere i propri simili.
Tutti sanno gli effetti causati
delle due bombe ‘’Little Boy’’ e
‘’Fat Man’’ (piccolo ragazzo e
uomo grasso, soprannomi
coniati dagli scienziati per i
due ordigni a causa della loro
forma prima piccola, quasi
esile, e poi ‘’grassa’’ sferica’’) ,
il famoso fungo di fuoco e
fumo, l’onda d’urto biancastra,
il deserto di fuoco e i milioni
di vittime, ma nessuno non sa
o fa finta di non sapere che la
stessa potenza può essere
sfruttata per dare enorme quasi infinita ad un bassissimo
costo. Una centrale nucleare
infatti, in una media annua,
produce il 1000% in più di
unanormale centrale termica
sfruttando solo poche
tonnellate
di
uranio
(ricavabile in quantità pressoché infinita dal mare e dalle
minire per altri 60-70 anni) che
durano quasi 20 anni. In Italia,
però, il discorso è stato chiuso
nel 1987 con il famoso referendum abrogativo che sancì definitivamente il ‘’No’’ alla costruzione di centrali nucleari nel
nostro territorio e che ci
‘’costrinse’’ a comprare l’energia prodotta dalle centrali
nucleari francesi pagandola
salatamente. La paura della
gente è causata anche dal timore che si possa ripetere un
disastro come quello di Cernobyl, la violenta esplosione
della centrale nucleare che ha
raso al suolo l’omonima città e
che fatto uscire materiale radioattivo nell’ambiente circostante colpendo i pochi sopravvissuti e perfino le generazioni
seguenti inguaribili malattie e
incessanti agonie. Ma la costruzione di una centrale è veramente una scelta azzardata? Il
processo di produzione di
energia elettrica partendo
dall’uranio è il seguente: nel
nocciolo (la parte più importante del sistema) avvengono
le reazioni nucleari, che riscaldano a temperature anche
notevoli gli elementi di combustibile, (l'uranio 238 più altre
piccole percentuali di uranio
235 ) che è impilato in cilindri
molto lunghi e stretti. Questo
sono lambiti dall'acqua di raffreddamento del circuito primario, che raffreddandoli asporta il calore e si riscalda.
L'acqua si trova a circa 300330°, ma non evapora, perché
viene tenuta a una pressione
dicirca 155 bar (155 volte la
pressione
atmosferica).
Proseguendo nel suo cammino
l'acqua scambia calore con
altra acqua in un secondo
circuito, a una pressione inferiore e quindi evapora. Il vapore arriva, ad una pressione di
circa 55 bar e ad una temperatura di circa 280°, e investe
una turbina, collegata a un
alternatore che dà energia alla
rete elettrica. Il vapore a bassa
pressione in uscita dalla turbina viene raffreddato da acqua
che scorre in un terzo circuito
che viene poi alla fine raffreddato ad aria nelle torri di raffreddamento che sono ormai
diventate il simbolo delle centrali nucleari. Se la centrale si
trova nelle vicinanze di un
fiume l'acqua del circuito di
condensazione (il terzo), che
non ha avuto il minimo contatto con zone contaminate viene
presa e scaricata dal fiume,
ovviamente con portate e temperature tali da non influire
sull'ecosistema.
Tutto questo non è fantascienza. Le nuove centrali moderne
sono dotate di sensori che al
minimo malfunzionamento
agiscono sul sistema di alimentazione, spegnendolo.
I veri rischi, purtroppo, si corrono quando, ad esempio, un
terremoto ‘’congela’’ l’elettricità di un intero Paese: l’alimentazione della centrale si bloccherebbe,i raffreddatori che
controllavano la temperatura
dell’acqua si bloccherebbero e
così la pressione si alzerebbe
in maniera esponenziale provocando una violentissima
esplosione sia per i danni dell’esplosione in sé, sia per la
fuoriuscita di radiazioni. Ciò
non è tutto: nel nocciolo, a
causa della temperatura vicina
a quella della superficie del
sole, avrebbe luogo la cosiddetta fusione nucleare, cioè si
formerebbero dei composti
dell’uranio talmente radioattivi
che perfino
la flora circostante smetterebbe
di crescere per tantissimo tempo in quel posto. Per fortuna la
ricerca sul nucleare fuori dall’Italia fa cos temente dei passi
avanti, sviluppando sia i sistemi di controllo, sia le strutture
che dovranno tenere il nocciolo ben distante dall’ambiente
esterno qualora cataclismi o
cause varie dovessero colpire
la centrale. Per quanto riguarda la catastrofe di Cernobyl è
opportuno dire che le cause
del esplosione sono state sia la
complessità dei sistemi di controllo dei reattori BWR
(costruiti per la maggior parte
nella Russia dell’Unione Sovietica e diversi dai reattori PWR
di uso ‘’commerciale’’, sia il
cattivo operato dei tecnici
addetti alla manutenzione che
violarono il protocollo che
portarono al sovraccarico della
pressione dell’acqua.
Una centrale nucleare, quindi,
non è un giocattolo. E’ una
centrale energetica come lo è
la termo-elettrica o la idroelettrica, avente il difetto di
avere un potenziale distruttivo
altalenante a seconda delle
situazioni, e un pregio cioè
l’enorme produttività rispetto
a tutte le altre centrali che
sfruttano l’energia rinnovabile.
Non sarebbe giusto e nemmeno saggio scartare l’idea di
sfruttare il nucleare anche
Paese, patria proprio del primo
scienziato ad aver fatto scoperte in questo campo, Enrico
Fermi, sia perché le probabilità
che si verifichi una catastrofe è
relativamente bassa (ma comunque esistente), sia perché
ci darebbe l’indipendenza, in
questo settore. E, onestamente, questa chiusura incondizionata sarebbe solo pura e semplice ipocrisia poiché anche la
sottoposizione a semplici esami ospedalieri di routine prevede l’esposizione a radiazioni,
controllate, sebbene siano
minime.
Christian di Lazzaro IV E
Anarchy
IL POTERE DELLE IMMAGINI
Nessuno ha mai avuto dubbi
sulla forza comunicativa che
hanno le immagini e le arti
figurative in generale.
È infatti da due secoli a questa
parte che, partendo dal saggio
“Teoria dei colori” di Goethe,
si sta studiando l’effetto che
provocano le immagini sull’osservatore.
Oggi i risultati di queste analisi
le possiamo senz’altro ritrovare
in infinite applicazioni, dalla
didattica
all’informazione,
dalla pubblicità all’arte stessa.
Se per esempio pensiamo ai
libri per bambini, le pagine
sono piene di illustrazioni
interattive: caselline che aprono altre caselline, nelle quali si
trovano altre immagini ancora
più colorate, ma il bambino,
sempre più incuriosito di sapere che figurina scoverà, difficilmente nota la misera didascalia
esplicativa. E, tra virgolette, ha
fatto una scelta corretta! Perché se, a distanza di giorni,
dovesse ricordarsi le annotazioni, solo grazie all’associazione coi simpatici disegnini,
riuscirebbe a richiamarle alla
memoria.
Sicuramente, se fin da piccoli
si preferiscono le immediate
immagini piuttosto che le scritte, vuoi perché ancora non si è
capaci a leggere, vuoi perché
sono più semplici da memorizzare, da adulti quest’abitudine
può svilupparsi in una pigrizia
di fondo, che premia i fumetti
ai libri, o i fotoromanzi ai romanzi.
In ogni caso ora non si pensa
più al cartaceo perché, a sostituire la faticosa lettura della
complicatissima “nuvoletta”, è
la televisione ad interpretare la
battuta del supereroe per noi.
Ma a parte questo, l’abitudine
alle immagini ha anche un
altro effetto: come i piccini si
annoiano a vedere sempre le
stesse rappresentazioni, e a
lungo andare sentono il bisogno di cambiare libricino per
uno più bello e più accattivante, così gli adulti si assuefanno
alla televisione al punto che se
questa non propone scene
sempre più a forte impatto
emozionale, smetterebbero di
guardarla perché non abbastanza interessante.
Quando poi il tipo di immagini
che ci viene somministrato è
oggettivamente troppo violento e crudo per tutte le fasce di
telespettatori (vorrei ricordare
che uno stesso programma
può essere visto sia da un anziana signora che da un adolescente), inizialmente ci si trova
spiazzati e indignati, ma allo
stesso tempo, attratti dalla
cruenta novità (che questa sia
la foto dall’obitorio del corpo
tumefatto di Cucchi, o lo squallido striptease di Victoria Silvstedt al “La Ruota della Fortuna”); l’essere esposti costantemente a questo tipo di visioni
ci rende immuni da qualunque
oscenità ma anche tristemente
indifferenti, tanto che i
“gestori” delle reti sono paradossalmente costretti proprio
da quei telespettatori insensibili, ad aumentare ogni volta di
più la dose di violenza quotidiana, per tentare di stupirli e
inchiodarli alle poltrone. Nulla
ci infastidisce ormai, allora
accettiamo a malincuore anche
il servizio di guerra con sparatoria, morti e feriti, mentre
ceniamo con un bel piatto
spaghetti al sugo rosso, senza
che il sangue sparso per le
strade di una lontana città del
Medio Oriente ci scandalizzi
minimamente.
Guardiamo
quelle scene con la stessa intensità con cui guardiamo la
pubblicità dei “Pan di Stelle”.
Donare così tanto potere alle
immagini può però essere una
lama a doppio taglio, perché
potrebbe sia appagare la stravagante sete di mutamento
degli insensibili, ma anche far
distogliere lo sguardo dallo
schermo tv a chi la testa ce l’ha
ancora sul collo.
La certezza è che di quei servizi
bellici, l’unica cosa che rimane
impressa all’osservatore è
l’immagine terrificante, e non
il messaggio di questo. L’orrore distrae totalmente dalla voce
narrante del giornalista che
parla in sottofondo di una
guerra per il possesso di una
pompa di petrolio USA in Iraq,
o se gli scontri a fuoco in piena
giungla Sudamericana tra gli
attivisti ambientalisti e gli abitanti autoctoni sono per evitare che un altro ettaro di foresta
vergine venga bruciato.
Vorrei specificare inoltre, che a
renderci disattenti ai contenuti
dei reportage, non sono soltanto i panorami troppo calienti dalle bombe al fosforo, ma è
l’abitudine stessa di essere
bombardati da centinaia di
messaggi che ci vengono proposti tutti con la medesima
importanza,o quasi: dal risultato incredibile di 4-3 di Castel
Rigone in serie Z contro il
Prececchie per cui vengono
dedicati 3 minuti di Tg, ai 30
secondi dedicati alla denuncia
di strani ostacoli sulla trasmissione “Vieni via con me” di
Saviano e Fazio.
Sarei un’ eretica se parlassi di
complotti, e infatti voglio considerare queste solo come
semplici evidenze.
Sta di fatto che per cogliere i
messaggi contenuti nelle immagini bisogna restare particolarmente attenti ed esaminare
quanto più possibile le situazioni.
Occorre
quindi
“educare” la nostra sensibilità
per riuscire a captare e cogliere tutto il necessario, andando
al di là delle apparenze o comunque dandogliene il giusto
peso.
Un consiglio conclusivo? Evitare accuratamente il comportamento delle mosche: attratte
dall’intrigante luce blu, non
possono fare a meno di guardarla, ne rimangono stordite,
ma ignare continuano ad avvicinarsi. Attenzione, perché c’è
il rischio che alla fine vengano
fusi.. i cervelli.
Donatella Sorci V C
Oggi è più anarchico
gettare una lattina di
plastica nel cestino che
a terra..
Comincio con il dare una definizione di anarchia tratta da
wikipedia: "è una concezione
politica basata sull'idea di un
ordine fondato sull'autonomia
e la libertà degli individui,
contrapposto ad ogni forma di
Stato e di potere costituito.
Anarchia era invece precedentemente esclusivo nel descrivere caos e situazioni di disordine sociale; non essendo ciò
che sostengono gli anarchici e
anche per evitare questa confusione tra politica e anarchia in
senso lato, venne utilizzato
contemporaneamente, precisamente dal 1857, il termine
libertario, coniato da Joseph
Déjacque, scrittore anarchico".
Detto questo, è bene ricordare
che alla base del pensiero anarchico, che lo si apprezzi o
meno, vi è il concetto di
"Abolizione dello Stato" e soprattutto delle gerarchie che
ne compongono gli apparati, il
rispetto assoluto quindi delle
libertà individuali evitando che
esse si trasformino in disordine
sociale. Vorrei che si riflettesse
sul concetto di disordine sociale per una critica al comportamento di coloro che ritenendosi "anarchici" esibiscono e
promuovono il "caos" sopprimendo le libertà individuali. Il
rifiuto delle gerarchie da parte
dei pensatori anarchici non
deve andare in contrasto con il
rispetto per il prossimo altrimenti l'ideale viene falsato e
plasmato a proprio piacimento
nascondendo invece una semplice ignoranza e una buona
dose di maleducazione. Personalmente ritengo questo iedeale altamente utopistico ma ...
certamente degno di rispetto
se valutato in modo non strumentale. In questo periodo
storico, i luoghi comuni
Dorian Gray
Ma il quadro? Che pensarne?
Esso possedeva il segreto della
sua vita, e raccontava la sua
storia. Gli aveva insegnato ad
amare la sua bellezza. Gli
avrebbe anche insegnato ad
odiare la sua anima? (Cit. O.
Wilde)
Qual è il prezzo della bellezza?
Ve lo siete mai chiesti?
Dimenticate per un momento
cosa non è
permesso,
i
peccati, l’impossibile; immaginate
di
poter
vivere
senza invecchiare di un giorno,
immaginatelo: è
quello
che
Dorian
Gray
desiderava più
di ogni altra
cosa. Giovinezza e bellezza; le
uniche cose per
cui
pensava
valesse la pena
di vivere.
Ma vale veramente la pena
restare giovani per sempre se
intanto la tua anima sta morendo sfregiata da crimini che
hanno creato un mostro dentro di te…
Dorian Gray era un ragazzo di
sedici anni quando nello studio di un pittore, in un giorno
come tutti gli altri, la sua vita
cambiò per sempre.
Affascinato dalla passione e
rapito dalla selvaggia voglia di
vivere chiuse
nel dipinto per cui aveva appena posato la sua anima.
Ma quella scelta condizionò
tutta la sua vita; lo sovrastava e
spopolano e la cultura della
"non cultura" avanza indisturbata per mezzo dei mass media
deviati da una classe politica
Silvia V. Angeli
a volte diveniva insopportabile.
Perché nessuno può vedere in
faccia la sua anima e capire
che non potrà più essere quello di prima. Mai più.
Il prezzo della bellezza, portare
tutta la vita il peso di un segreto per cui è chiaro che il tempo, il suo peggior nemico, non
è stato l’unico a logorare un
volto un tempo perfetto, immacolato.
Pagare questo prezzo,
ha rovinato
Dorian Gray.
Per tutta la
sua
vita
soddisfacendo
ogni
capriccio,
cercando la
passione in
ogni
sua
azione aveva
reso il peccato meraviglioso e la
crudeltà
parte di ogni
gioia e di ogni piacere.
Alla fine Dorian Gray viveva la
vita fino in fondo, dominato
dalle passioni e annoiato dalla
normalità; un vivere però,
tormentato dal male, l’unico
mezzo che aveva per realizzare
quello che considerava bellezza.
Beh, Dorian Gray? Non saprei
dirvi chi è: un pazzo? Un fanatico della bellezza? Un ragazzo
che ha capito tutto dalla vita?
La scelta è vostra: chiedetevi
soltanto se per vivere nell’eterna giovinezza chiudereste la
vostra anima in un quadro .
imbarazzante, ed è per questo
motivo che vorrei vedere ogni
uomo giovane cercare informazioni, istruirsi e farsi le proprie
idee e un proprio pensiero
perchè pensare è ancora possibile.. e ci rende liberi!
Matteo Mariotti IV E
LA PARRUCCHIERA DI KABUL
Deborah Rodriguez
Quando toccò a me, Allen mi
sorrise come per rassicurarmi
che non mi aveva dimenticata.<<E infine, Debbie Rodriguez>> disse.<<E’ una
parrucchiera di Holland, nel
Michigan, e ha seguito un
corso di addestramento…
>> Non riuscì a finire la
presentazione perché l’intera
sala scoppiò nell’applauso più
entusiastico della serata. Alcune donne si misero addirittura a saltellare.
PIEMME Bestseller 2009
Pagine: 276
Costo: 10,50 euro
In un posto dove
le donne non
hanno dritti, devastato dai talebani,
arriva una donna
americana, chiamata da un’organizzazione umanitaria, che vede in
Kabul la sua seconda casa, il
posto in cui ritrovare se stessa e far
sì che il suo lavoro, possa dare alle
donne la possibilità di sognare, di
trovare una loro
indipendenza;
viene così aperta
la prima scuola
per estetiste nel
2002. All’interno
di questa ogni
donna non ha più
il viso celato da
burqa o veli, è
libera,
si sente libera.
Le donne hanno tutte storie
diverse che si snodano nella
narrazione, presentandoci le
varie sfaccettature che si possono riscontrare in persone che
non sono più abituate a ragionare, a pensare con la propria
testa, che vedono davanti a
loro solo fumo, bombe e distruzione. Nel momento in cui
iniziano a rendersi consapevoli
delle loro capacità, della possibilità di un futuro, ecco riaffiorare i sogni abbandonati e una
vita a colori.
Maria Teresa
CappanniniIVB
ONE PIECE e qualcosa di più
Note a margine ad un diario di bordo
Ebbene anche io mi sono lasciato contagiare dalla febbre
di dobloni, sterline, ghinee,
tesori e pezzi da otto sulla
Rotta Maggiore di One Piece e
dei suoi bizzarri e pittoreschi
personaggi. Il protagonista
Monkey D. Rufy -divenuto
inevitabilmente (sigh) Rubber
nel cartone animato- ricorda
forse perché, dopo tutto, gli
incubi su cui indaga lui sono
meno terrificanti di quelli presentati ogni giorno e preferibilmente ore pasti dai Tg di tutte
le reti.
Ah già, ero partito da One
Piece, il leggendario tesoro del
pirata Gold Roger e dall’ambizione di Rufy di diventare il re
dei pirati: l’idea può non esse-
numeri 1 originali prima edizione, gli introvabili per antonomasia, il santo Graal dei
monomaniaci delle nuvole di
carta. Ne so qualcosa perché,
da cultore della beneamata e
dolorosamente fallita casa
editrice bolognese Granata
Press (la prima a pubblicare in
Italia i classici del Sol Levante
Devilman, Mazinga Z, Grande
Mazinga, Ken il Guerriero,
del tabacco della sigaretta:
pane al pane, vino al vino e
alla salute dei luoghi comuni e
della loro defunta divinità (chi
non avesse colto la citazione
può leggersi John Doe n.12 dal
titolo “Morte di un piccolo
dio” per scoprire ogni riferimento).
Ad ogni buon conto, pirati,
filibustieri, rinnegati, corsari
non poco Mr. Fantastic dei
Fantastici 4 ma sembra essere
più simpatico e imprevedibile
di come io ricordi “Gommolo”,
lo scienziato e leader del Quartetto di casa Marvel. Era da un
po’ che non mi dedicavo alla
lettura di manga preferendo il
nostrano John Doe, giunto alla
sua quarta stagione con tanto
ancora da dire nonostante i
dissapori all’interno del gruppo editoriale fu Eura e migliore
di un Dylan Dog che sente il
peso degli anni e il cui stile sta
invecchiando piuttosto in fretta
re malvagia e la Star Comics ha
fatto un ottimo colpo assicurandosene i diritti di pubblicazione in Italia. E devo inoltre
riconoscere alla Star un merito
che finora le avevo negato con
ostinazione: la possibilità cioè
di reperire qualunque numero
arretrato senza difficoltà anche
a distanza di anni e con un
modesto sovrapprezzo. E’
probabile che i collezionisti
più ortodossi si sentano in
qualche modo indispettiti
vedendo gli scaffali delle fumetterie tracimare di
Lady Oscar, Cavalieri dello
Zodiaco, etc. etc. etc. e chissà
come diamine abbia fatto a
chiudere bottega), nutro un’insana passione per tutto quello
che è irreperibile o giù di lì e
quindi inevitabilmente assai
dispendioso.
Insomma, in breve, One Piece
è a portata di mano e di tasca,
più economico, duraturo e
salutare di un pacchetto di
sigarette, godibile e gratificante
più di un pacchetto di sigarette
e le pagine su cui è stampato
hanno un profumo decisamente più accattivante rispetto al
catrame bruciato della carta e
col tricorno e compagnia bella
mi sono sempre piaciuti; quando ero bambino, a chi mi domandava che cosa avessi voluto
fare da grande, rispondevo
senza ombra di dubbio proprio
il pirata. Affascinanti, a loro
modo cavallereschi, crudeli,
sgangherati capitani e quartiermastri di vascelli, zattere o
galeoni come quello della
Playmobil, in assoluto il meglio
riuscito fra tutte le sue serie
di qualunque tempo. Per non
parlare della bandiera con le
tibie incrociate di Capitan
Harlock sul pennone della sua
corazzata spaziale Arcadia: vi
dice niente questa regione
della Grecia, non è abbastanza
evocativa? Quel teschio bianco
su fondo nero è tutto una
poesia già a partire dalle disquisizioni sull’origine e possibile significato del suo nome: il
Jolly Roger o Blackjack si presenta in tutta la sua grottesca
eleganza come immancabile
compagno di viaggio e d’avventure.
Il buon vecchio Long John
Silver, i quindici uomini sulla
cassa del morto con una bottiglia di rum sono patrimonio
dell’umanità e del suo immaginario collettivo insieme a Capitan Uncino che ho sempre
preferito a Peter Pan nonostante possa soffrire la sindrome da
adult begninner a lui consacrata. E penso al Capitan Uncino
di Walt Disney e Bennato, più
stilish, barocco e aristocratico
della sua nemesi volante vestita
come un elfo silvano da romanzo fantasy di serie B, affiancata da una pseudo fata in
miniatura anch’essa immancabilmente dotata di ali e saccente quanto il Grillo Parlante sul
quale mi astengo da ogni commento perché scontato.
Quante volte vi è capitato di
sentirvi dire di non bere la
birra con la cannuccia perché
ci si ubriaca prima ? Oppure
quante volte i vostri amici vi
hanno consigliato di bere il
caffè salato per farvi passare la
“sbronza” ?
Beh è tempo di sfatare tutti
questi luoghi comuni per
quanto riguarda l’alcool .
L’alcool rende più sicuri. Falso!
Molti giovani alla domanda”Perché bevi? “ rispondono
sempre che lo fanno per sentirsi più sicuri di se stessi , cosi
Così mi si delinea un aforisma
che sembra uscito dall’antologia di quelli di Oscar Wilde: a
parità di caratterizzazione,
l’eroe è grande ma è il suo
antagonista ad essere grandioso. Batman senza Joker, Big
Jim senza il Professor Obb, HeMan senza Skeletor, l’Uomo
Ragno senza i vari Goblin,
Lizard, Electro, Kraven, Biancaneve senza la Strega Cattiva (la
maiuscola è un imperativo non
dico morale ma almeno estetico) non avrebbero ragione di
esistere. Non ho mai sopportato Superman e nemmeno il
suo alter ego giornalista, molto
meglio Lex Luthor, l’arcirivale
del kryptoniano: ci vuole tantissimo coraggio e ancor più
dedizione per provare a sconfiggere un uomo d’acciaio
quasi privo di punti deboli! Di
sicuro, poi, la Compagnia dell’Anello è molto meno pittoresca dell’accozzaglia caotica e
sgraziata delle truppe di Sauron e l’abilità di Van Helsing
non regge il confronto con il
magnetismo del Conte Dracula.
Ecco allora l’idea di rovesciare
i ruoli, fare del cattivo o presunto tale il protagonista, di
elevarlo al rango di primattore… con una perplessità: nel
momento in cui il cattivo diventa protagonista perde il suo
fascino e deve accontentarsi di
essere soltanto grande? Probabilmente sì. Un esempio può
essere offerto da Diabolik, il
protagonista
dell’omonima
serie che ha sulle spalle dieci
lustri di trucchi, trabocchetti,
rifugi secreti, maschere, evasioni da cardiopalma e sempre la
stessa brama di denaro, lingotti
d’oro, diamanti, gioielli, opere
d’arte e ogni varietà di preziosi. Lui ed Eva Kant sentono a
buon diritto il peso degli anni
e sembrano riscuotere più
successo per il merchandising
di ogni genere, dalla spilla alla
poltrona, che per le loro rocambolesche avventure: il
lettore finisce allora per affezionarsi all’ispettore Ginko, fa
il tifo per lui, sceglie di stare
dalla sua parte, magari perché
il suo nome non compare nella
testata (quod più o meno erat
demonstrandum).
Ma è il caso di riprendere il filo
di One Piece e concludere:
dopo pochi numeri letti da me
su un totale al momento di 58,
il personaggio più azzeccato
sembrerebbe essere Bagy il
Clown. Se volete saperne di
più non vi resta che issare le
vele perché il mare è a un
passo da dove vi trovate nella
sua condizione ontologica di
essere, almeno per molti, sinonimo di bella stagione, vacanze, divertimento in compagnia.
Buona lettura a tutti i provetti
mariani, aspiranti capitani,
cuochi di bordo, vedette e
pure a chi non ha voglia di fare
nulla ma vuole godersi il sole e
le onde altrimenti, con Stevenson, “rassegnato io possa / e i
miei pirati entrare nella fossa /
ove dormono quelli e lor fantasmi”.
P.S.: non chiedetemi mai fumetti in prestito perché tengo
ogni numero delle collezioni
come un oracolo e ho sempre
estrema paura che i miei comics, una volta usciti di casa,
possano non ritrovare la strada
del ritorno.
Seravon
Luoghi comuni sull’alcol
Dan Rusnac IV F
Bere prima la birra e poi i
liquori fa male. Falso! Tra le
queste bevande alcoliche non
esiste nessuna interazione
chimica che ci possa fa sentire
male il giorno dopo. Infatti ciò
che conta è la quantità non il
modo.
Ci si ubriaca prima bevendo
con la cannuccia. Falso! Almeno con non si risucchi l’alcool
più rapidamente di quanto si
deglutisca , non c’è alcuna
possibilità che l’alcool bevuto
con la cannuccia aumenti il
tasso alcolico.
Ci sono numerosi metodi per
smaltire la “sbronza”. Falso!
Dopo varie ricerche fatte da
Rachel Vreeman e Aaron Carroll ,dell'università dell'Indiana
di Indianapolis, si è giunti alla
conclusione che "Non ci sono
prove scientifiche a sostegno
di cure o prevenzione efficaci
delle ubriacature da alcool".
Insomma possiamo concludere
dicendo che l’unico modo per
smaltire l’ubriacatura è non
bere.
da essere più sciolti nel fare
amicizia. In realtà la disinibizione derivante dall’assunzione di alcol , che eccita ed aumenta il senso di socializzazione , è momentanea e si va poi
a trasformare in depressione .
IL caffè fa passare la “sbronza”
più rapidamente. Falso! Al
contrario di quanto si pensi ,il
caffè non fa diminuire il tasso
alcolico nel sangue. In alcuni
casi ci può svegliare , rischiando cosi di non farci accorgere
di essere ubriachi.
Silver Surfer eroe hegeliano (II parte)
Finalmente siamo tornati da
voi, nostri affezionatissimi
lettori, con la seconda e ultima
parte di questo “processo evolutivo” di Silver Surfer. Dal
momento che siamo sopravvissuti abbastanza da poter scrivere questo articolo dobbiamo
dedurre che in fondo in fondo
le nostre pazze trovate non
siano così scandalose da farci
meritare una punizione corporale? Magari c’è anche qualcuno che ancora ci legge! Va
beh… non facciamo conclusioni affrettate…
Dopo aver paragonato la trasformazione di Norrin Radd
nel supereroe che tutti conosciamo allo sviluppo della sua
autocoscienza ed aver analizzato
attraverso
la
“Fenomenologia dello Spirito”
il rapporto con il suo padrone,
eravamo giunti a quando il
nostro eroe si ribella a quest’ultimo per salvare la Terra,
e, per questo motivo, su di
essa viene esiliato.
Da questo punto in poi, iniziano le avventure del nostro
Zenn-Laniano preferito sul
nostro pianeta: Alicia Masters
(ricordiamo, la scultrice cieca
fidanzata con la Cosa che lo
aveva aiutato a ritrovare in sé
un senso di compassione)
instaurerà con lui un rapporto
molto profondo, del quale la
Cosa proverà una forte gelosia,
e gli insegnerà e dimostrerà
tutto quello che c’è di buono
nella natura umana, facendolo
così evolvere come individuo.
Non mancheranno nemmeno
gli esempi negativi da parte
delle persone esterne a questo
rapporto: dalla gelosia della
Cosa alla crudeltà e l’ambizione di Doctor Doom, che lo
cattura, tortura e priva dei
poteri, con i quali cerca per
l’ennesima volta di conquistare
il mondo, dalla disperazione
durante la tortura e la prigionia alla sete di vendetta. Tuttavia anche questo servirà per il
suo arricchimento spirituale.
Parlando in termini filosofici,
possiamo paragonare il primo
periodo di amicizia della nostra “coscienza infelice” con
Alicia con un periodo di devozione religiosa, in cui l’individuo, prima di svilupparsi ulteriormente in ragione, ha come
unico riferimento una figura
mediatrice tra lui e Dio. Naturalmente in un fumetto non
troviamo nessun riferimento
alla religione, ma è innegabile
che Alicia abbia una funzione
di guida nei confronti di Norrin verso la virtù come quella
che ha la Chiesa per il cristiano
e che Hegel descrive.
Accorgendosi, con il proseguire del tempo, che il suo sforzo
di raggiungere questo ideale di
bontà e umanità, d’altronde
inarrivabile anche per gli esseri
umani , è vano, capisce di
essere lui stesso l’assoluto del
quale andava in cerca, di essere il soggetto assoluto.
Come soggetto assoluto, adesso, la nostra autocoscienza si è
evoluta in ragione, che, citando lo stesso Hegel è «la certezza di essere ogni realtà». La
realtà, per il nostro NorrinRagione, non è più la negazione di sé, ma la proiezione sé.
Per rendere più chiaro il concetto ai “non addetti ai lavori”
dovremo aprire una parentesi
sulla dialettica hegeliana. Per
Hegel il processo conoscitivo
(nonché lo stesso divenire)
avviene in maniera dialettica,
secondo una sorta di ciclo: a
partire dalla tesi e dalla sua
conoscenza, si passa all’indagine dell’antitesi, che è la negazione della tesi, ciò che è esterno e diverso dalla tesi, e si
conclude con la sintesi, che è,
come dice il nome stesso, la
sintesi della tesi e dell’antitesi.
In pratica il nostro Norrin, per
conoscere se stesso (tesi) ha
dovuto indagare la realtà, che
credeva totalmente estranea
(antitesi), e che adesso scopre
essere niente di diverso da lui
(sintesi).
Per il momento, però, Silver
Surfer è solo una ragione osservativa che cerca inquietamente di giustificare se stessa
attraverso l’osservazione della
natura e lo studio della psicologia (a questo servono tutte le
sue esperienze sopra citate). Il
passaggio da ragione osservativa a ragione attiva avviene
quando Silver Surfer si rende
conto che l’unità fra se stesso e
la realtà è una cosa che deve
essere realizzata, e non considerata come data e dovuta. In
pratica, capisce che per avere
un posto nel nuovo mondo
deve crearselo, combattendo al
fianco degli altri supereroi.
All’inizio combatte solo per se
stesso contro i “cattivi” un po’
per difendersi e difendere gli
innocenti, un po’ per il combattimento fine a se stesso (e
questo corrisponde, nella nostra analisi, più o meno alla
fase “faustiana”, ispirata alla
figura del dottor Faust di Goethe, ovvero “Il piacere e la
necessità”).
Tuttavia l’osservazione della
realtà, però, pone di fronte agli
occhi del nostro eroe la cruda
realtà: l’umanità è in perenne
conflitto, disunita, afflitta da
guerre e discordia. Per questo
motivo, lasciando da parte il
proprio piacere e dedicandosi
completamente al bene della
popolazione mondiale, deciderà di opporre al male del mondo quella che Hegel chiamerebbe la “legge del cuore”.
In questa fase Norrin crede che
l’unico modo per portare la
pace nel mondo sia porgli di
fronte un supercattivo (ebbene
sì, proprio lui, Silver Surfer)
contro cui allearsi, e comincia
a seminare lui stesso panico e
distruzione tra gli abitanti della
Terra, in un “delirio di presunzione”. La nostra ragione, nella
fase “donchisciottesca” del suo
sviluppo, nell’intento di eliminare alla radice il male del
mondo e opporsi a coloro che
lo diffondono, finisce per entrare in conflitto con il mondo
stesso, poiché è convinta che
solo in essa sia presente il vero
bene e l’unica legge morale a
cui l’uomo deve sottostare.
Infine Silver Surfer si rende
conto, grazie anche all’aiuto
dei Fantastici 4, dell’errore che
stava compiendo, e decide di
abbandonare il suo proposito
per fondare insieme a Hulk e
Namor il “Trio dei titani”, al
quale si unirà Dottor Strange e
che prenderà il nome dei
“Difensori”, diventando così
un “cavaliere della virtù”. Nella
“Fenomenologia dello Spirito”,
questo personaggio, che
“oppone la propria virtù al
corso del mondo” lasciando da
parte fanatismi e “deliri di
presunzione”, viene inevitabilmente sconfitto, come quelli
precedenti del “Faust” e del
“Don Chisciotte”, ma per comodità, coerenza con la storia
del fumetto e (non lo nascondiamo) motivi di spazio, uniamo questa figura alla fase in
cui la ragione si accorge che la
propria individualità, pur avendo la possibilità di realizzarsi e
di cambiare effettivamente il
corso del mondo, essendo tale,
è destinata a rimanere inefficace e irrealizzata.
Il desiderio di Norrin ormai è
solo quello di tornare a casa
dalla sua principessa, e ora ne
ha la possibilità, grazie a uno
stratagemma così assurdamente semplice che nessuno ci
aveva pensato: la barriera di
Galactus rende Silver Surfer
incapace di lasciare la Terra
perché gli toglie la possibilità
di usare la sua tavola, ma superando la barriera a bordo di
un’astronave e usando la suddetta tavola solo una volta
uscitone, il supereroe dalla
pelle d’argento è finalmente
libero. La ragione è diventata
Spirito.
Qui si conclude il nostro viaggio e, librandoci anche noi
liberi nel cielo sulla tavola da
surf della nostra follia, vi salutiamo, nella speranza che ci
ricorderete, magari anche con
un po’ di nostalgia.
Claudia Discanno V F
(dall’ultima, ma non ultima
folle idea di) Emilio Gianotti
VC
Vademecum
dello studente
Ecco le verità supreme che lo
studente è obbligato a sapere
fin dal primo giorno di scuola:
Interrogazione – Il mondo
del silenzio
Preside e vice – Attenti a quei
due
Dal banco alla cattedra – La
via crucis
Il primo della classe – L’uomo che sapeva troppo
I compiti a casa – Le dodici
fatiche di Ercole
La scuola – L’inferno di cristallo
Le aule – Le mie prigioni
La gita – Illusione
Nota a casa – Mezzogiorno di
fuoco
La cattedra – Dove volano le
aquile
Il primo banco – Due passi
dall’inferno
I suggerimenti – Arrivano i
nostri
Gli scrutini – La strage degli
innocenti
Il suono della campana – Via
col vento
L’ultimo della classe – L’incompreso
Entrata in classe – Sfilata
funebre
Lo sciopero – 1997: fuga da
New York
Penna del professore – L’arma del delitto
Tema corretto – Profondo
rosso
Il volontario – Quo Vadis
I promossi – I sopravvissuti
Preside, secchione, professore – Il triangolo maledetto
La palestra – 7 chili in 7 giorni
Il suggeritore – Il pericolo è il
mio mestiere
Compito in classe – Non ci
resta che piangere
Il professore – Dio perdona,
io no!
Un 8 – Nato con la camicia
L’assenza – The day after
Marco Cirimbilli IV E
Ipse dixit
PROF: ( durante la spiegazione
dell’ apparenza)
Avete esempi lampanti di qualcosa che appare ma in realtà
non è?
ALUNNA: Vladimir Luxuria?
PROF: come si chiamano due
geni che stanno sullo stesso
cromosoma?
ALUNNO: coinquilini!!
ALUNNO I: ( parlando degli usi
della farina di farro)
Perché?? La farina di farro non
si può usare subito?
ALUNNA II : si sta a vede, la
sniffiamo!!!
Direttamente dall’ infernoooo
…. DANTE
Ospite speciale di questa sera..
Guidoo Cavalcanti!!
PROF: la lussuria è il peccato
di amare la carne , tu sei lussurioso XXX?
ALUNNO: E mica so un macellaio!!
PROF: nella vita ragazzi nulla
torna indietro.
ALUNNO: I boomerang sì!!
PROF: Dì, Dì cosa pensi, giuro
che non ti metto voto ne giudizio… Non ti frusto nemmeno!!
TITOLO ( il viaggio con il Beagle)
ALUNNO: a ma il beagle è una
persona?
PROF: Sì e a rigor di logica il
brigantino sarebbe un piccolo
brigante
PROF: Per esempio io potrei
organizzare una corsa da qui a
Foligno ed invitarvi
ALUNNO: Grazie prof ma rifiuto l’ offerta e vado avanti , io
non arrivo nemmeno al McDonald !!
PROF: Interroghiamo… XXX
ALUNNO: Prof interrogare me
oggi sarebbe come interrogare
una gallina : Non so nulla e
mispennerebbe con la solo
eccezione che io alla fine non
farò l’ uovo..
ALUNNO: (lezione sulla divina
commedia)
PROF: ma sto spiegando l’ aids
possibile che non ti interessi
Verdena: Wow
trio aveva creato: 4 anni di
silenzio dopo quel fenomeno
di Requiem si sono fatti sentire
e
anche
pesantemente.
Disco doppio, 27 brani , e
dovevano anche essere di più,
così come doveva essere diversa la composizione , ma con l’
ingresso di Omid Jazi alle tastiere , ci dice Alberto Ferrari
che va cambiato il pensiero di
base
della
musica.
C’è da fargli i complimenti o
no? Non si sa ! Se c’è una cosa
certa è che forse non esiste
gruppo in Italia più visceralmente spontaneo e assolutamente meno cerebrale; i soli
Wow è un disco dei Verdena e
questa, che può sembrare una
banalità, è invece una delle
feature più importanti di questo loro ultimo lavoro.
Riassumendo : i Verdena ora
sorridono un po’.
Un sorriso allucinato, si intenda, non si può che prendere
Wow con le pinze e alla lontana !
Cominciamo da fuori : l’ aspetto più esterno che va analizzato di Wow è l’ aspettativa che il
nemmeno questo?!
ALUNNO: no prof, a lui non
interessa… Ancora fa da solo
PROF: Solo il fallo del divino è
in perenne erezione
ALUNNA: Ora ho capito, furbe
le suore !!
PROF: perché ragazzi un uomo
si può scrivere con la letteratura, con le scienze, con la matematica..
ALUNNO: con la penna, la
matita, il pennello…
PROF: Se vi dico Oscar Wilde… Di che continente è?
ALUNNA: del continente nero
PARAPONZIPONZIPO
(finito di leggere il nome della
rosa)
ALUNNA: Ma alla fine, sta rosa… come se chiamava??
PROF: quindi tu mi stai dicendo una cosa errata.. è come
dire che un umano si potrebbe
accoppiare con una banana
ALUNNO: eh vabe prof però lei
ce le cava dalla bocca!!
che potevano fare un disco
doppio progressivissimo e
affermare innocentemente di
non avere nulla di programmato sono e resteranno sempre
loro.
Parlando di musica Wow non è
un disco facile , non si può
giudicare al primo ascolto , va
capito, ci si va immersi per non
farsi illudere dall’ atmosfera di
superficie che appiattisce tutti i
pezzi ad un’unica tonalità emotiva che già era,meno trascendentale, nella metà meno scarnificata di Requiem.
Sonorità ampie, otturanti,
pesanti e spunti melodici che
ci fanno un po’ dimenticare le
sfuriate alla Don Calisto e ci
fanno invece ricordare i 60’
psych e pop ( pure i Queen e
gli ABBA e Battisti) .
Per il resto c’è da perdersi per
chi a voglia, puoi scavare e
trovare e scavare ancora e
trovare fossili : citazioni messe
li apparentemente dalla natura
stessa dei Verdena, dalla loro
mancanza di dipendenza artistica superficiale.
Wow riprende poco, riscopre
un nulla di quello che erano i
primi lavori del gruppo bergamasco ma porta una firma
inconfondibilmente marchiata
a fuoco fatta di presenze e di
atmosfere umorali.
Sconsigliato, nonostante le
vendite esorbitanti per un
gruppo alternativo, a tutti
coloro che non hanno voglia di
sporcarsi le mani di luce malata per trovare buone perle.
Saltate all’ indietro agli album
precedenti e avrete delle ottime sorprese !
Pace,Amore, Ricerca Musicale
Questo articolo è comparso
sulla fantine online L’Indiependente.
Emilio Gianotti V C
Salutate la capolista!
Giulia Bisello VL
Con 12 punti di vantaggio sulla seconda classificata il Perugia si aggiudica il campionato di
serie D e ritorna tra i professionisti.
Con tre giornate di anticipo
rispetto alla fine del campionato il Perugia calcio ha conquistato il campionato di serie D,
rientrando così
nelle serie professionistiche dopo un
unico, ma troppo
lungo, anno di
agonia. Di questi
tempi, un anno fa,
stava terminando
un altro anonimo
campionato di Lega
Pro prima divisione
e solo poche settimane dopo si sarebbe verificato il
fallimento che avrebbe poi
condannato i grifoni a ripartire
dai dilettanti. Dodici mesi
dopo la situazione è completamente diversa,
la serie è quella che è, ma è
pur vero che l’entusiasmo in
primis della piazza, ma anche
della squadra, merita categorie
divisione proprio non ci apparteneva e fortunatamente, nel
minor tempo possibile, ne
siamo venuti fuori. Il merito di
superiori; il numero di spettatori registrato domenica dopo
domenica non è certo da serie
D, come non lo è il nostro
stadio. Insomma questa
tutto ciò, si deve ad una società, composta per la stragrande
maggioranza da perugini, che
in questo progetto ha messo
serietà ma soprattutto cuore, e
ad una squadra, anch’essa in
gran parte formata da nostri
concittadini, che la maglia
indossata l’ha onorata dalla
prima all’ultima giornata. Come in ogni cosa poi, ci sono
stati alti e bassi, quest’ultimi
soprattutto ad inizio stagione,
ma è più che comprensibile, e
comunque i tifosi, per prima la
Curva Nord, non hanno mai
abbandonato i loro beniamini
nonostante qualche prestazione non proprio eccelsa. Non
possiamo poi non ricordare
che il nostro Perugia quest’anno, non solo ha stravinto il
campionato, ma anche la Coppa Italia per Dilettanti; insomma è stato un anno ricco di
soddisfazioni che forse non
sono terminate perché c’è
rimasto da assegnare lo scudetto della serie D, e siamo sicuri
che con questa squadra l’impresa sarà tutt’altro che impossibile.
Progetto CIPL
L’idea di partecipare al bando di Gara Nazionale “Lo
sport per tutti a scuola”,
indetto dal Cip (Comitato
Italiano Paraolimpico) è nata
dalla riflessione che il Liceo
Alessi da qualche anno si
rivolge ai suoi alunni disabili
con proposte sempre nuove
e ambiziose.
“Scommettiamo che…da
una staffa ad una
roccia!”… è il progetto presentato, che ha permesso di
scoprire e sperimentare sensazioni forti ed emozionanti!
La scommessa che l’attività
sportiva a cavallo e l’arrampicata sportiva potessero ampliare
le opportunità di apprendere
attraverso il corpo, di sviluppare la personalità sul piano
psico-motorio, anche
per i normodotati, è stata superata a pieni voti da tutti i partecipanti.
Ne sono testimonianza le impressioni riportate da uno dei
protagonisti che scrive:
“Provare la velocità di un
cavallo al galoppo mi ha permesso di capire cosa significa
avere una scarica
di adrenalina: è stato magnifico e quando sono sceso da
“Errico” non riuscivo a crederci.
Ringrazio l’istruttrice Antonella per avermi aiutato in questo.
L’arrampicata mi ha aiutato a
superare la paura
dell’altezza perché sono riuscito a salire fino a 7 metri e,
anche se molto impegnativo e
faticoso, è stato bellissimo. È
stato davverofantastico guardare gli altri dall’alto!
Quando sono sceso ero davvero a 7 metri sopra il cielo.
E come dice Jovanotti “la vertigine non è paura di cadere,
ma voglia di volare”.
Queste due esperienze sono
state veramente fantastiche
perché mi hanno permesso di
realizzare due sogni e mi hanno fatto ancor di più capire
come la volontà e la determinazione possano farci
superare i nostri limiti .
Un grazie particolare alla
prof. Tognellini per avermi
pensato.”
Andrea Castellani II E
SOFIA LA CITTA’ DELLA DISGREGAZIONE ESISTENZIALE
Michele Piccolini IV E
ritenuto parte di sé oramai non gli apparteneva più. Avevano però
Sofia è una città di monadi. Gli abitanti, a forza di pensare, si
trovato
un interrogativo che inaspettatamente li teneva in vita:
sono chiusi in se stessi; e in quanto cellule della città, chiudendo“come
faccio
a perdere parti di me, se prima di perderle tutte devo
si in se stessi, hanno portato Sofia alla disgregazione.
perderne la metà, ma prima di quella metà un quarto, e prima un
Nessuno si fida più degli altri da molto tempo, e molti hanno
ottavo e così via?”. In questo modo la disintegrazione famelica si
cominciato a non fidarsi nemmeno delle proprie parti del corpo.
arrestava, e la mente non veniva intaccata, la coscienza non era
C’era per esempio un tizio che qualche mese fa si era
smantellata.
Nessuno si fida più
sentito improvvisamente estraneo alle proprie mani:
Ma ciò che rimane della gente sono appunto solo
coscienze, coscienze libranti e ridotte ad infinitesimi.
degli
altri
da
molto
si chiedeva di chi fossero e cosa fossero realmente; e
Sofia
sembra un immenso cimitero buio –contenitore
tempo, e molti hanno
siccome il dramma esistenziale, quando presenta
dei
resti
dei corpi degli abitanti- pieno di fuochi fatui
cominciato a non fiquesti sintomi è sicuramente infettivo, il tizio aveva
galleggianti:
minuscoli lumini che svolazzano in aria,
cominciato a preoccuparsi, chiedendosi quale fosse in darsi nemmeno delle dotati di luce sufficiente ad illuminare solo se stessi.
proprie parti del corfondo il reale limite fra le sue mani e le sue braccia.
E se gli arti non sono più parte delle persone, ma
po.
Una settimana dopo non aveva più le braccia, spirisolo oscuri nemici, allora tutto ciò che viene prodotto, tutto ciò che è costruito all’interno della città diviene subito
tualmente parlando. Poi avevano fatto la stessa fine i piedi, sicché
odioso, odioso perché ignoto.
il tizio aveva pensato ad un morbo che gli derivasse dall’esterno:
Tutto funziona alla perfezione in Sofia, ognuno continua a compordagli oggetti con cui entrava a contatto e dal pavimento.
tarsi e a lavorare come ha sempre fatto, ma nessuno si rende conto
A molti altri succedeva così; e quando tutti gli abitanti di una città
degli altri. Non si ama più, perché i feromoni devono attraversare
provano diffidenza per la propria porzione di pavimento, allora la
troppa materia oscura per arrivare all’altro.
diffidenza è verso la città stessa.
Dato che i contatti tra le persone sono questi, figuriamoci i contatti
Questo morbo mentale affliggeva le persone, che dopo un po’
della città con quelle limitrofe. Sofia non entrerà mai di certo in
conflitto con realtà straniere; ma come i suoi abitanti si sono confiiniziavano sistematicamente a domandarsi quale fosse il confine
nati all’infinito in se stessi, così questa città è destinata all’implosionetto fra l’io e l’esterno, in quanto ciò che avevano da sempre
ne.
Noi
guardando insieme le foglie del castagno cadere
in autunno.
Rosse di curiosità e di incertezze
come noi.
Dolore e un po' d'amore
proibito, assolutamente.
Ora non ci sei.
Sospirando di nascosto
Il castagno, adesso
lontani dal mondo.
mette nuovi germogli
profumo di novità
Il castagno era spoglio
senza di te.
l'inverno era freddo
Per
sempre,
stavolta.
ma c'eravamo noi.
È la primavera.
Vivi di follia.
Non doveva andare così.
Ero con te
il resto l'ho dimenticato.
Cucciola
Profumo.
e solo ora sento di nuovo quel tuo odore
quel profumo che tanto ti caratterizzava
quel profumo che mi faceva capire che ero al sicuro
che niente avrebbe mai potuto sciogliere quel legame cosi profondo
Lo sento nei piccolo oggetti
nelle stanze
in tutto ciò che ti ricorda
e nel momento in cui lo sento
è già scomparso
effimero...
non riesco ad assaporare quello che di te ho piu caro
il tuo ricordo si fa sempre piu offuscato
ho tanta paura
paura di dimenticare ciò che eravamo
aiutami a ricordare per sempre
perchè mi farebbe troppo male perderti
ma questa volta per sempre.
So che quel profumo non lo sentirò mai più
ma vivrà nitido dentro di me
e tu con lui
nel mio cuore
nei mie ricordi più belli
nei miei sogni
lì ci sarà sempre un posto per te
quando vorrai…
Nome Cognome
LA DIVÌN PARLATA
S’alza l’sol com’ogni mattina
e l’gire a scuola par tanto un malanno
quando l’son del trill campanellar s’avvicina
Quand’ecco l’avvicinar de l’or in cui se magna
e niuno v’è ch’appaia interessato
a ciò che l’avìda educatrice proferisce alla lavagna;
L’umano ocular s’apre d’affanno
ma tanto è forte la volontà di parental genitrice
che ti induce a muover anche con l’inganno.
giunge quivi un grugnir di merenda a lato
s’ode chi or si ciba di sostanza
noto par quanto sia affamato!
L’sortir di magion similar a maroni schiacciatrice
par si tanto astruso e fastidioso
come dolor imperturbabile all’appendice.
Serron fa di nome e trabocca di speranza
nasconde il volto e abbassa lo sguardo
temen d’esser cioccato prima di ricreanza
L’arrivo in classe non è poi disastroso
bensì l’udir di maligna verba qual sì interrogazione
attanaglia l’cor or si nervoso;
Vicin seggia colui che a veder sembra gagliardo
ma quan presta voce cogitan d’esser giusto
eloquia vaneggian tal Pierluigi Pardo;
e da chi provenga tal’espressione?
par si ovvio come critica di ragion kantiana
che Mezza Giulia lo disse con convinzione,
il Miccio sorbisce con esìmio disgusto
ciò che Simone espone gridando
tanto ridendo da piegarsi il busto.
Ma più l’or s’addentra più l’attenzion tiene a tratti
e s’udisce un brusio da la colonna fin su da fano,
come al solito son sempre i due più distratti :
V’è poi chi vive non pelo sfrattando
amante birraio di rossa bandiera
vicino ad’ uom ch’ancella pone bando.
L’uom di Passignano e L’vir di S.Mariano
giacciono architettando in suso al banco,
cercando di ingegnar più possibilmente piano.
Quan’ vè chi di speranza non disperde manco
cercando di sviar lo scuro precettore
favellando tal venditor dal banco affianco;
Con quest’ultimi due conciliam la schiera
col Pev che l’di Satta arto mora
pressando codest’uom a scongiurar preghiera.
Giunti al tempo in cui concluder par ora
indotti dal son campanellar del trillo
i due narrator s’avviano a dimora…
affinché l’apostrofar non sia celatore
sveliam lo di costui nome qualsia Lasagna
che dell’informatica mela risulta adoratore.
Fine
Andrea Pellacchia V L
Marco Cagnazzo V L
C’è l’avevo sulla punta della lingua ...
Pronti all’ultima prova? No non parlo dell’esame di maturià tranquilli, ma siamo sicuri che
magari sfoggiare una o due di queste parole lascerà i professori di stucco!
1.PIAGGERIA
2.EDONISTICO
3.LUPANARE
4.IRSUTO
5.VADEMECUM
6.VIATICO
7.BILIOSO
8.PERNICIOSO
9.INEFFABILE
10.CORRIVO
11.OPINABILE
12.PROSSEMICO
13.FISIOGNOMICO
14.MARPIONE
15.PANTAGRUELICO
16.CLAUDICANTE
17.CISPOSO
18.ZIRLO
19.VARICE
20.NARTECE
21.LESENA
22.CONCENTO
23.SUPPLITO
24.DIADE
25.SERAFICO
DA 0 A 5: Spero che tu conosca il linguaggio dei segni
perché con quello parlato non ci siamo proprio.
DA 6 A 15: Anche se le usi solo per fare il “figo” con i
tuoi amici, almeno qualche parola d’italiano la conosci.
DA 16 A 20: A quanto pare questi anni di studio non
sono stati inutili, se facessi una gara di italiano da solo
arriveresti di certo primo!
DA 21 A 25: Non ti preoccupare, il mondo è pieno di
persone come te che non hanno una vita sociale!
Thanks
To:
Ok. Una scollata di spalle, mi sgranchisco il collo, un respiro
profondo e … VIA !È un grande momento questo per me:
chiudere l’ ultimo numero de La Siringa di quest’anno, chiudere, forse, l’ ultimo numero del giornale per me e per alcuni
miei colleghi coetanei e redattori. Che il tempo sia reale, un
modo per esprimere il divenire oppure solo una forma della
mente … credo di poter dire che scorre e che , scorrendo,
porta con se, in ognuno di noi, le immagini di molte persone
che meritano di essere ringraziate. Un grazie sentito a questa
istituzione che è la scuola : forgia insostituibile della crescita
culturale , fucina dell’identità personale e luogo della formazione della nostra libertà interiore e della nostra dignità di
persone e di cittadini. Un grazie , con lei, a tutti coloro che
dedicano la propria vita a fare di questo posto un ipoteca per
il futuro del proprio paese e del mondo attraverso la gioventù : gli insegnanti in primis e tutti i lavoratori di questo settore. Un grazie ai miei compagni e amici di questo nostro piccolo orgoglio che è La Siringa e un grazie in anticipo alle nuove
generazioni che ci sostituiranno con la speranza che rinnovino il nostro impegno con passione e dedizione sempre maggiori. Se la fortuna si aggiungerà al nostro impegno lasceremo
presto questo posto portando sempre nel cuore il motivo del
più grande dei ringraziamenti che merita…Un bel ricordo.
Emilio Gianotti V C