regime fiscale e parziale deducibilità degli ammortamenti

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regime fiscale e parziale deducibilità degli ammortamenti
I TEMI MAP (libera consultazione)
Immobili, aree e terreni:
regime fiscale e parziale deducibilità
degli ammortamenti*
di Claudio Mazzoleni**
1. Premessa
La seconda metà del 2006 è stata caratterizzata, sul
piano della legislazione fiscale, da un’intensa attività normativa che ha introdotto modifiche di assoluto rilievo. Uno
dei settori maggiormente interessati dalle recenti novità è
sicuramente quello immobiliare. Numerose, infatti, sono le
nuove regole dettate per la gestione dei fabbricati. Si tratta di modifiche che spaziano a trecentosessanta gradi (dal
comparto delle imposte indirette a quello delle imposte dirette, da quelle esclusivamente destinate ai soggetti “privati”, a quelle che hanno per oggetto la determinazione del
reddito di impresa) con finalità varie (dalla lotta all’evasione/elusione alla razionalizzazione del settore, dalla semplificazione degli adempimenti all’armonizzazione della disciplina fiscale alla prassi contabile).
Tali interventi sono stati operati mediante una serie di
provvedimenti legislativi che si sono avvicendati a ritmo incalzante in un brevissimo arco temporale: il D.L. 04/07/2006,
n. 223 (c.d. “manovra d’estate”, convertito con modifiche nella L. 04/08/2006, n. 248), il D.L. 03/10/2006, n. 262
(c.d. “manovra d’autunno”, convertito con modifiche nella L. 24/11/2006, n. 286) e, infine, la L. 27/12/2006, n. 296
(c.d. “Legge Finanziaria per il 2007”), infatti, si sono succeduti, come detto, nel volgere di soli sei mesi.
Il trattamento di tutte le modifiche portate da questa “raffica” di interventi legislativi è obbiettivo estremamente ambizioso ed esula dagli scopi del presente
contributo. La trattazione sistematica di una tale mole
di novità legislative, infatti, richiederebbe tempi e risorse di gran lunga superiori a quelli disponibili. Ciò che ci
si propone in quest’ambito è invece di approfondire le
novità relative alle imposte dirette che trovano applicazione nella sfera del reddito d’impresa. Inoltre, benché
lo scopo sia quello di mettere a fuoco le novità più recentemente intervenute, per fornire un quadro più completo del contesto nell’ambito del quale queste ultime
andranno ad innestarsi, si riepilogheranno, senza alcuna pretesa di esaustività, anche le altre modifiche normative di rilievo intervenute meno recentemente con il
D.L. 30/09/2005, n. 203 (c.d. “collegato alla Finanziaria
2006”, convertito con modifiche nella L. 02/12/2005,
n. 248).
Restringendo il campo d’analisi in questo modo, la prima novità in oridne d’importanza è sicuramente quella
introdotta dai commi 7, 7-bis e 8 del D.L. 223/2006 che ha
disposto la parziale indeducibilità delle quote d’ammortamento e della quota capitale dei canoni leasing relativi ai
fabbricati strumentali per la parte riferibile al costo delle
aree sottostanti o pertinenziali, pari al maggiore tra il valore risultante dal bilancio e il 30% del totale per i fabbricati
industriali e il 20% del totale per gli altri fabbricati.
La genesi di tale norma è stata particolarmente travagliata, pertanto, al fine di meglio comprendere l’attuale formulazione della disposizione, pare quanto meno opportuno
ripercorrerne le fasi salienti.
2. Le modifiche introdotte
dai DD.LL. 223/2006, 262/2006
e rispettive leggi di conversione
2.1. L’evoluzione della norma
La norma in esame, introdotta, come detto, per effetto dell’art. 36, co. 7 e ss., D.L. 04/07/2006, n. 223, è stata in
prima istanza modificata in sede di conversione in Legge1.
In tale occasione, infatti, è stato introdotto, quale criterio
di individuazione della quota di costo riferibile all’area (da
ritenersi indeducibile fiscalmente) l’obbligo2, gravante in
capo al contribuente, di farne attestare l’entità, mediante
apposita perizia di stima redatta da soggetti iscritti agli albi
degli ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili.
Successivamente, il legislatore è nuovamente intervenuto per modificare e integrare la disciplina in argomento ad opera del D.L. 03/10/2006, n. 262, al fine di rimediare alla mancata regolamentazione – da più parti segnalata
– dell’ipotesi in cui i fabbricati strumentali siano detenuti
in forza di un contratto di locazione finanziaria. La menzionata modifica normativa non ha fatto altro che conferma-
*
Capitolo 5 del Libro MAP n. 28 “Gli imponibili d’impresa 2006”, 2007, pagg. 55 e ss.
**
Cristofori & Partners s.s.t.p. Milano e Verona.
1
Cfr. L. 04/08/2006, n. 248.
2
Obbligo, poi, venuto meno per effetto delle modifiche introdotte dal D.L. 03/10/2006, n. 262.
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3
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re l’ipotizzata estensione al caso in esame del principio di
equivalenza in più occasioni ribadito dall’Amministrazione
finanziaria3.
Infine, la L. 24/11/2006, n. 286, è ulteriormente intervenuta – in sede di conversione del D.L. 03/10/2006, n. 262
– chiarendo gli aspetti più controversi della disciplina in
esame e rimuovendo ogni riferimento all’obbligo di redazione della perizia volta ad attestare il valore dell’area su
cui insiste il fabbricato strumentale, stabilendo che “Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari
al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno
di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per
i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso”, tenendo conto del fatto che, per i fabbricati
eventualmente acquistati, ovvero acquisiti in forza di contratti di leasing, si deve fare riferimento ai valori esposti
nell’ultimo bilancio approvato prima dell’entrata in vigore della disposizione in commento, ovverosia prima del
4 luglio 2006.
Pertanto, al fine di schematizzare il susseguirsi delle modifiche normative testé ricordate, si è riepilogata in
forma tabellare l’evoluzione normativa subita dalla disposizione originariamente introdotta dall’art. 36, co. 7 e 8,
D.L. 04/07/2006, n. 223, evidenziando le principali novità di
volta in volta introdotte dal legislatore:
precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore
tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello
corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali,
al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o
trasformazione di beni”.
La ratio sottostante a tale disposizione, evidentemente,
è quella di estendere anche in ambito fiscale la validità di
un principio oramai consolidatosi nella prassi contabile (sia
nazionale che internazionale): la non ammortizzabilità dei
terreni e delle aree occupate da fabbricati strumentali. Civilisticamente tale assunzione è chiaramente desumibile dall’art. 2426, n. 2), c.c., dove, trattando dei criteri di valutazione, si precisa che “il costo delle immobilizzazioni, materiali
e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve
essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in
relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”.
Il ragionamento viene esposto con maggior chiarezza
ed ulteriormente ampliato dal Principio contabile nazionale 164: “(…) tutti i cespiti vanno assoggettati ad ammortamento salvo (…) quei cespiti la cui utilità non si esaurisce, come i terreni. Tuttavia, nel caso in cui il valore dei
fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi
insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime. In quei casi, invece, in cui
il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se
Provvedimento normativo Norma di riferimento
Entrata in vigore
Modifiche introdotte
D.L. 223/2006
Art. 36, co. 7 e 8
04/07/2006
L. 248/2006
-
12/08/2006
- Obbligo di redazione della perizia di stima.
D.L. 262/2006
Art. 3, co. 1
03/10/2006
- Estensione della disciplina in commento agli immobili condotti in forza di un contratto di locazione finanziaria.
L. 286/2006
Art. 2, co. 18
29/11/2006
- Eliminazione dell’obbligo di perizia;
- esclusione dalla nuova disciplina delle “aree autonomamente acquistate in precedenza”;
- definizione di fabbricato “industriale”;
- esclusione, ai fini computo della quota indeducibile, dei costi incrementativi capitalizzati e delle rivalutazioni;
- trattamento degli ammortamenti “pregressi”.
2.2. L’avvicinamento
delle disposizioni fiscali
alla prassi contabile
Passando al testo della norma attualmente vigente, il
settimo comma dell’art. 36, D.L. 223/2006, dispone che “Ai
fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il
costo complessivo dei fabbricati strumentali é assunto al
netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di
quelle ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire
alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in
4
lo stesso viene meno il costo di bonifica può azzerare verosimilmente quello del terreno, con la conseguenza che anch’esso va ammortizzato”. La medesima regola vige anche
in ambito internazionale: lo IAS 16, al paragrafo 58, precisa
infatti che “I terreni e gli edifici sono beni separabili e sono
contabilizzati separatamente, anche quando vengono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione, come
cave e siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita
utile illimitata e quindi non vengono ammortizzati. Gli edifici
hanno una vita utile limitata e perciò sono attività ammor-
3
Si veda a tal proposito la nota 22.
4
Cfr. Principio contabile nazionale 16 – Le immobilizzazioni materiali – del 13/07/2005, § D.XI) Ammortamento, pag. 26, n. 7.
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tizzabili. Un incremento del valore del terreno sul quale un
edificio è costruito non influisce sulla determinazione del
valore ammortizzabile del fabbricato”. Tuttavia, se l’intento del legislatore, con l’introduzione della norma in esame,
era quello di eliminare il c.d. “doppio binario” relativamente
agli immobili5, la formulazione dell’articolo e alcune modifiche apportate all’originaria versione della norma, rischiano di produrre effetti diametralmente opposti. Per ottenere
il risultato desiderato, infatti, sarebbe stato sufficiente stabilire la percentuale forfetaria da applicare per effettuare
la ripartizione dei valori tra fabbricato e terreno, per le sole
imprese che li esponevano in bilancio attribuendo loro un
unico importo. Invece, il decreto ha quantificato in via forfetaria per tutte le imprese la percentuale da utilizzare per
effettuare tale scorporo. Di conseguenza, una società che
avesse già da tempo scisso dal valore dell’immobile quello
relativo al terreno (ad esempio, perché soggetta agli IAS),
attribuendo a quest’ultimo un costo inferiore al 20% (o al
30%, in caso di fabbricato industriale) del complessivo, dovrebbe effettuare una variazione in aumento nel quadro RF
della dichiarazione dei redditi per riallineare il valore reale
a quello imposto dal legislatore fiscale6. Gli oneri di gestione di un “doppio binario” civilistico - fiscale, quindi, vengono risparmiati solamente alle società che avevano attribuito a terreni e fabbricati un unico valore indistinto (che
potranno ora scindere applicando la percentuale prevista
dal legislatore7) e a quelle che avevano già provveduto allo
scorporo, attribuendo però al terreno valori superiori al
20% (o al 30%, a seconda del caso) del totale.
Prescindendo, comunque dagli oneri (di gestione del
“doppio binario” e di disinquinamento fiscale del bilancio)
che la norma può comportare, essa dispone che, ai fini del
calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo
complessivo dei fabbricati strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione
e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, nell’eventualità che non siano
state acquisite autonomamente in precedenza, sarà pari
al maggiore tra:
Z il valore separatamente esposto in bilancio nell’anno di acquisto;
Z il valore ottenuto applicando il 20% o, per i fabbricati industriali, il 30% al costo complessivo d’acquisto
dell’immobile, comprensivo del valore dell’area.
2.3. Ambito oggettivo di applicazione
della norma
Tale norma, come precisato dalla Circolare 19/01/2007,
n. 1/E, è applicabile, oltre che agli immobili che rientrano
nella nozione di fabbricato8, anche “anche agli impianti e
ai macchinari infissi al suolo nel caso in cui questi realizzino una struttura che nel suo complesso costituisca una
unità immobiliare iscrivibile nel catasto urbano in quanto
rientrante nelle categorie catastali di cui sopra”.
Come affermato nella Circolare 04/08/2006, n. 28/E, non
rientrano, invece, nell’ambito di applicazione delle disposizioni in commento gli impianti e i macchinari infissi al suolo, qualora gli stessi non costituiscano fabbricati iscritti o
iscrivibili nel catasto edilizio urbano9. Resta ferma, anche
in tali ipotesi, l’indeduciblità delle quote di ammortamento
riferibili al valore del terreno, che sarà tuttavia determinato
secondo i criteri ordinari, comunque diversi da quelli forfetari stabiliti dalle norme in esame.
5
Lo stesso Ministero ha fatto presente che tale modifica dovrebbe permettere di unificare i principi fiscali a quelli civilistici e di semplificare
il calcolo per la determinazione del valore del terreno su cui insiste un fabbricato per quei soggetti che civilisticamente non sono obbligati a
effettuare tale operazione. Nella relazione (n. 741-A) accompagnatoria del disegno di Legge così si commenta il provvedimento: “Una specifica disposizione introduce il principio della non ammortizzabilità dei terreni e delle aree occupate dai fabbricati strumentali, in linea con
i principi contabili nazionali ed internazionali, secondo i quali le imprese devono scorporare dal valore del fabbricato il costo dell’area o del
terreno e sottoporre ad ammortamento solo l’importo relativo all’edificio”.
6
A questo proposito, la stessa Assonime ha protestato contro tale modifica normativa poiché: “non viene affatto incontro alle esigenze che
da più parti erano state manifestate di ancorare, quantomeno per le imprese che adottano gli IAS, la determinazione del costo dei terreni e
dei fabbricati strumentali alle risultanze di bilancio e, comunque, di attribuire rilevanza ad apposita perizia di stima. La nuova norma, infatti,
trascura le imprese che adottano gli IAS (…)” (cfr. Assonime, Circolare 03/08/2006, n. 36, Parte II: Imposte sui redditi, pag. 15).
7
Le società che avevano attribuito a terreni e fabbricati un unico valore indistinto potranno ora scinderlo attribuendo riconoscimento anche
contabile ai valori fiscali determinati su base forfetaria (20% o 30%) ma solamente a condizione che questi ultimi possano considerarsi ragionevolmente sostitutivi del valore civilistico di stima. Ovviamente qualora in passato fosse stato ammortizzato anche il terreno, si renderebbe necessario ricostruire la corretta rappresentazione contabile mediante un intervento di disinquinamento fiscale del bilancio. Per una
esaustiva descrizione delle operazioni da compiere con particolare attenzione anche alle registrazioni contabili da rilevare, si vedano D. Pini
e L. Bergero, “Beni immobili: aspetti contabili e novità fiscali”, Libro MAP n. 27, I. Facchinetti, “Terreni e fabbricati di proprietà: la nuova normativa”, in Contabilità, Finanza e Controllo, n. 2/2007, Il Sole 24 Ore, F. Roscini Vitali, “Scorporo dei terreni dai fabbricati”, in Guida alla contabilità e al bilancio, n. 4/2007, Il Sole 24 Ore.
8
A tal proposito si ricorda che la Circolare 19/01/2007, n. 1/E (§ 7.2) ha chiarito che “Le disposizioni dei commi 7, 7-bis e 8 dell’art. 36 si applicano agli immobili strumentali che rientrano nella nozione di fabbricato, ai sensi dell’articolo 25 del TUIR, ossia agli immobili situati nel territorio
dello Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto edilizio urbano, nonché a quelli situati fuori del territorio
dello Stato aventi carattere similare. A tal fine dovrà farsi riferimento agli immobili a destinazione ordinaria, speciale e particolare, secondo
la classificazione rilevante per l’attribuzione delle rendite catastali dei fabbricati”.
9
“Pertanto, pare di capire che la (sottile) differenza è tra macchinari infissi al suolo che, nel complesso, costituiscono un’unità immobiliare
iscrivibile in catasto e impianti e macchinari, anche infissi al suolo, che non costituiscono fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto: solo i primi
rientrano nell’ambito applicativo della norma in oggetto” - F. Roscini Vitali, “Ammortamento dei terreni: chiarimenti”, in Guida alla contabilità
e al bilancio, 19/02/2007, n. 3.
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Un’altro importante chiarimento circa l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione è giunto dalla Circolare 1/E/200710. In tale sede l’interprete ministeriale ha
infatti chiarito che lo scorporo riguarda anche l’ipotesi
degli immobili che non sono “cielo - terra” (cioè che non
occupano tutto lo spazio edificabile con un’unica unità
immobiliare), per i quali i Principi contabili non richiedono la ripartizione tra area e fabbricato11. Tale chiarimento sgombra definitivamente (anche se con una soluzione
discutibile) il campo da un dubbio che aveva assillato i
commentatori sin dalla prima formulazione della norma12.
All’indomani della pubblicazione dell’originario testo del
D.L. 223/2006, infatti, quando l’aspetto in esame non era
ancora stato chiarito dall’Amministrazione, la dottrina13 si
era prevalentemente schierata a favore della esclusione
di tale tipologia di immobili dalla sfera di applicazione della
disciplina in esame, adducendo a giustificazione la mancanza del presupposto d’imposizione, in coerenza con il
dettato degli standard contabili internazionali. La pronuncia dell’Amministrazione finanziaria ha tuttavia smentito
tale assunto: nel paragrafo 7.2 della suddetta Circolare, infatti, è stato precisato che le disposizioni in commento “si
applicano anche alle singole unità immobiliari presenti all’interno di un fabbricato ossia anche per gli immobili che
non possono essere definiti “cielo - terra”, per i quali i principi contabili internazionali non richiedono la separata indicazione in bilancio del valore del terreno”. Tale posizione è in realtà alquanto discutibile in quanto, come denunciato da buona parte dei commentatori14, si pone in contraddizione con uno degli obbiettivi dichiarati dal legislatore (la stessa relazione accompagnatoria dell’originario
D.L. 223/2006 lo confermava15), vale a dire quello di avvicinare la norma fiscale ai Principi contabili.
2.4. L’ammortamento degli immobili
acquisiti in proprietà
Come detto, per effetto della norma in commento, con
riferimento agli immobili acquisiti a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del
D.L. 223/2006 (04/07/2006), il valore da attribuire alle aree
sarà pari al maggiore tra:
1) il valore dell’area esposto nel bilancio d’esercizio
relativo al periodo di imposta in corso al momento
dell’acquisto;
6
2) il valore che si ottiene applicando i coefficienti del
20 o 30% (per i fabbricati industriali) al costo di acquisto complessivo dell’immobile, comprensivo del
valore dell’area.
Se non risulta esposto separatamente in bilancio nei
modi indicati al punto 1), il valore non ammortizzabile dell’area deve essere determinato applicando esclusivamente il criterio di cui al punto 2). Per le acquisizioni avvenute
nei periodi di imposta precedenti a quello in corso al 4 luglio 2006, il confronto tra i valori indicati ai punti 1) e 2) va
effettuato prendendo a riferimento l’ultimo bilancio approvato prima dell’entrata in vigore del D.L. 223/2006.
Ad esempio, nel caso di contribuenti con esercizio
coincidente con l’anno solare, se l’acquisizione del fabbricato comprensivo di area è avvenuta prima del 2006,
i valori di cui ai punti 1) e 2) sono quelli risultanti dal bilancio chiuso in data 31 dicembre 2005, se approvato prima del 4 luglio 2006, o, se approvato dopo, quelli risultanti
dal bilancio chiuso in data 31 dicembre 2004. In quest’ultimo caso, si fa riferimento al bilancio relativo al penultimo periodo d’imposta precedente a quello in corso al
4 luglio 2006.
Nel caso, invece, di contribuenti con esercizio non coincidente con l’anno solare, ad esempio 1° luglio - 30 giugno,
i valori di cui ai punti 1) e 2) nel caso di acquisto effettuato
ante 1° luglio 2006 sono quelli risultanti nell’ultimo bilancio
approvato prima del 4 luglio 2006, e cioè quello relativo al
periodo 1° luglio 2004 - 30 giugno 2005.
Come chiarito dalla Circolare 19/01/2007, n. 1/E, il fatto
che la norma faccia riferimento al valore “esposto in bilancio” non significa, ovviamente, che la disposizione in
esame trovi applicazione esclusivamente nei confronti dei
soggetti obbligati alla sua redazione. Per i soggetti in contabilità semplificata, infatti, assumono rilievo i valori degli
immobili risultanti dal registro dei beni ammortizzabili (o
dalle relative annotazioni sui registri IVA).
Appare opportuno evidenziare che la determinazione
del valore dell’area, che rappresenta la quota non ammortizzabile del costo complessivo del fabbricato, va effettuata una sola volta (si veda in tal senso la Circolare 1/E/2007,
§ 7.3). L’importo così determinato non sarà quindi più influenzato dalle successive vicende che possano interessare l’immobile, come ad esempio la rivalutazione o il sostenimento di spese incrementative, di cui si dirà oltre.
10
La posizione relativa al trattamento da riservare agli immobili diversi da quelli cielo-terra è stata confermata anche dalla Circolare 16/02/2007,
n. 11/E (§ 9.3).
11
Si veda a tal proposito il Principio contabile internazionale IAS 16, § 58, di cui si è già precedentemente accennato nel testo.
12
Ci si riferisce al testo del D.L. 223/2006 pubblicato il 04/07/2006.
13
Si veda, a titolo d’esempio, M. Piazza, “Terreni, perizia a data incerta”, Il Sole 24 Ore, 28/07/2006, pag. 20.
14
Si veda, a titolo d’esempio, F. Roscini Vitali, “Lo scorporo dei terreni snobba i principi contabili”, Il Sole 24 Ore, 20/01/2007, pag. 23.
15
La relazione tecnica che accompagnava il testo dell’originario D.L. 223/2006 poneva in evidenza come la disposizione ribadisse “il principio
della non ammortizzabilità dei terreni e delle aree occupate dai fabbricati strumentali in aderenza con le indicazioni fornite al riguardo dai
principi contabili nazionali ed internazionali secondo i quali le imprese devono indicare separatamente (scorporare) in bilancio il valore del
fabbricato da quello del terreno e non potranno ammortizzarlo”. Del medesimo tenore anche la relazione n. 741-A accompagnatoria del disegno di Legge di conversione del D.L. 223/2006 (si veda nota n. 6).
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Al fine di illustrare adeguatamene le modalità da seguire per individuare il valore dell’area su cui insistono i fabbricati l’Agenzia delle Entrate ha fornito due interessanti
esempi (a tal proposito si veda la Circolare 1/E/2007), uno
relativo al caso in cui gli immobili siano stati iscritti in bilancio con separata indicazione dell’area, l’altro riferito invece al caso in cui terreno e fabbricato siano stati iscritti
ad un unico valore.
Nella prima ipotesi si esamina la situazione di un contribuente che, nell’anno di acquisto, ha separatamente indicato in bilancio il valore delle aree relative a tre immobili
strumentali di cui i primi due (immobile A e B) a destinazione industriale.
Valore immobile
Valore area
8.000
Immobile A
1.800
Immobile B
1.000
Immobile C
10.800
Totale valore
Valore complessivo
2.000
10.000
1.200
3.000
1.000
2.000
4.200
15.000
Come si evince dall’esempio, il valore ammortizzabile di
ciascun immobile è determinato sottraendo al valore complessivo (immobile comprensivo di area) il maggiore tra il
valore dell’area esposto in bilancio e quello ottenuto applicando le percentuali forfetarie. Il valore ammortizzabile di
ciascun immobile sarà fiscalmente deducibile secondo gli
ordinari criteri previsti nell’art. 102, TUIR.
Nel secondo esempio, partendo dai medesimi dati utilizzati per il primo, si ipotizza che il valore complessivo
del terreno, riferibile ai tre immobili strumentali, sia stato
esposto in bilancio per 4.200. In tal caso, essendo l’area
non separatamente esposta in bilancio, occorre calcolare
il valore della stessa applicando le percentuali forfetarie
sul valore dell’immobile comprensivo di area. Tale ultimo
valore è ottenuto ripartendo il valore complessivo dell’area
in proporzione al valore dei tre fabbricati.
Valore immobile
Immobile A
Immobile B
Immobile C
Totale valore
16
8.000
1.800
1.000
10.800
Valore area
L’indeducibilità fiscale dei valori attributi ai terreni impatterà, ovviamente, anche sul limite di deducibilità delle
spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e
trasformazione di cui all’art. 102, co. 6, TUIR. Tale norma,
infatti, dispone che “le spese di manutenzione, riparazione,
ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non
risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento
del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni
ammortizzabili; per le imprese di nuova costituzione il limite percentuale si calcola, per il primo esercizio, sul costo
complessivo quale risulta alla fine dell’esercizio; per i beni
Riduzione forfetaria
3.000
7.000
(30% di 10.000)
(10.000 - 3.000)
900
1.800
(30% di 3.000)
(3.000 - 1.200)
400
1.000
(20% di 2.000)
(2.000 - 1.000)
4.300
9.800
ceduti, nonché per quelli acquisiti nel corso dell’esercizio, compresi quelli costruiti o fatti costruire, la deduzione
spetta in proporzione alla durata del possesso ed è commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione. L’eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi (…)”. Ovviamente la parziale indeducibilità
delle quote di ammortamento relative agli immobili sancita
dalla norma in esame comporterà l’esclusione del valore
fiscale dei terreni dal costo complessivo dei beni da assumere quale base di calcolo per l’applicazione dell’aliquota
del 5% ai fini della determinazione dell’anzidetto limite. Ciò
è confermato anche dalla Circolare 1/E/200716 nella quale, al paragrafo 7.3, si legge che “L’indeducibilità del valore delle aree si riflette altresì, riducendone l’ammontare,
sul plafond del 5 per cento del valore complessivo dei beni
ammortizzabili al quale commisurare l’importo delle spese
Valore complessivo Riduzione forfetaria
3.111,12
8.000 x 4.200
10.800
11.111,12
700
1.800 x 4.200
10.800
2.500
388,88
1.000 x 4.200
10.800
1.388,88
4.200
15.000
(valore dell’area esposto
in bilancio relativo ai tre
fabbricati)
Valore ammortizzabile
Valore ammortizzabile
3.333,33
7.000
(30% di 11.111,12)
(11.111,12-3.333,33)
750
(30% di 2.500)
(2.500-750)
277,77
(20% di 1.388,88)
(1.388,88-277,77)
4.361,11
10.638,90
1.800
1.000
Il concetto è ribadito anche dalla Circolare 16/02/2007, n. 11/E, § 9.5.
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di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili ai sensi dell’articolo 102, comma 6, del
TUIR”.
2.5. Aree autonomamente acquisite
in precedenza
Un’importante novità comparsa solamente nell’ultima
formulazione della norma in esame è rappresentata dall’inciso che fa salve dall’applicazione della disposizione le
“aree autonomamente acquisite in precedenza”: in base a
tale previsione, quindi, qualora la costruzione dell’edificio
sia avvenuta in una data successiva a quella di acquisizione del terreno, a quest’ultimo verrà attribuito un valore pari
a quello risultante dal rogito notarile, anche qualora risultasse iscritto a un valore comprensivo del fabbricato su di
esso insistente. In tale ipotesi, infatti, anziché procedere
allo scorporo di un valore pari al 20% (o 30%) del costo
complessivo, per determinare il valore fiscalmente deducibile dell’immobile si dovrebbe sottrarre al valore complessivo quello storico d’iscrizione del terreno. Come chiarito
dalla Circolare 19/01/2007, n. 1/E (§ 7.4)17 “la disposizione
trova applicazione anche per gli acquisti effettuati nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del
4 luglio 2006”. Tale principio, precisa l’Agenzia delle Entrate, trova applicazione anche “nel caso di fabbricati edificati su un’area già utilizzata per la costruzione o che risulta
libera a seguito della demolizione del fabbricato che la occupava. In tal caso i fabbricati edificati successivamente
saranno ammortizzabili per un importo pari al costo di edificazione sostenuto. Occorre precisare al riguardo che, nel
caso in cui il fabbricato preesistente, ora demolito, fosse
stato un bene strumentale funzionante, il valore dell’area
ed il valore del fabbricato saranno determinati applicando i criteri ordinariamente stabiliti dal comma 7 (raffronto
tra il valore dell’area eventualmente esposto in bilancio al
momento dell’acquisto e quello che si ottiene applicando
i coefficienti del 20 o 30 per cento al costo complessivo
dell’immobile, comprensivo del valore dell’area). Il costo
residuo del fabbricato demolito – come sopra determinato – sarà ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 102,
comma 4, del TUIR18, mentre le spese di bonifica relative
alla demolizione e capitalizzate insieme ai costi della nuova costruzione sono da imputare al terreno e ne incrementano il valore fiscalmente riconosciuto”19.
Con riferimento alla tematica in esame, ci si era inizialmente chiesti se la disposizione che disciplina l’ipotesi di acquisto autonomo ed antecedente dell’area rispetto
alla successiva costruzione del fabbricato potesse trova-
8
re applicazione anche nel caso in cui terreno e fabbricato
venissero acquistati contestualmente (cioè con un unico
atto) ma con separata indicazione dei valori. A tale quesito ha risposto l’Amministrazione finanziaria nella suddetta circolare, chiarendo che la disposizione in commento
“non trova applicazione nel diverso caso in cui in sede di
acquisto del fabbricato, nell’unico atto o in atti autonomi,
siano indicati corrispettivi distinti per l’area e per il fabbricato sovrastante. In tal caso, infatti, il valore dell’area è
pari al maggiore tra il valore dell’area indicato nell’atto e
quello che si ottiene applicando i coefficienti del 20 o 30
per cento al costo complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area”.
2.6. Il diritto di superficie
Un dubbio che, invece, non ha ancora trovato risposta
nei chiarimenti forniti dall’Amministrazione finanziaria riguarda l’ipotesi di fabbricati che insistono su terreni dei
quali si possiede solamente il diritto di superficie. A tal proposito, in dottrina20 è stato fatto notare che “non essendovi
alcuna quota del costo del fabbricato destinata a mantenere quantomeno inalterato nel tempo il proprio valore, se
si ha riguardo semplicemente alla ratio della norma, quanto stabilito dall’articolo 36, comma 7 del Decreto Legge
n. 223/2006 non dovrebbe imporre, sotto il profilo fiscale,
alcuna modifica al piano di ammortamento effettuato sull’immobile.
Alle medesime conclusioni dovrebbe pervenirsi anche
con riferimento alla disciplina dell’ammortamento finanziario dei beni gratuitamente devolvibili. Infatti, pur riconoscendo che la formulazione della norma è piuttosto generica e parrebbe quindi riferita indistintamente a tutti gli ammortamenti del costo dei fabbricati strumentali, la disposizione in commento non dovrebbe trovare applicazione
con riferimento ai beni utilizzati in forza di una concessione amministrativa. Infatti, in questo caso, va riconosciuto
come, differentemente da una situazione canonica in cui
il terreno non perde di valore al trascorrere del tempo, le
aree su cui insistono dei fabbricati per i quali è prevista la
devoluzione gratuita al termine della concessione amministrativa perdano completamente di valore. Per tale motivo
e sempre ancorandosi alla ratio della norma in commento, parrebbe ragionevole ritenere non applicabile al caso
di specie la disciplina introdotta dall’articolo 36, commi 7,
7-bis e 8 del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223. A tal proposito, sarebbe auspicabile che tale problematica trovasse un chiarimento ufficiale da parte dell’Amministrazione
finanziaria”.
17
Il chiarimento è stato ribadito anche dalla successiva Circolare 16/02/2007, n. 11/E (§ 9.2).
18
Si ricorda che l’art. 102, co. 4, TUIR, dispone che “In caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso
produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione”.
19
L’amministrazione, nel medesimo passaggio, ha altresì chiarito che “Nel caso, invece, in cui il fabbricato preesistente sia solo un rudere acquistato unitamente al terreno, a tale fattispecie non è applicabile la disciplina del comma 7 (dell’art. 36, D.L. 223/2006) ed il costo d’acquisto
deve essere interamente imputato al terreno e non al rudere. Si osserva al riguardo che un rudere, non potendo costituire un bene strumentale in quanto non funzionante, non è ammortizzabile”.
20
Cfr. G. Cristofori, “L’ammortamento fiscale degli immobili strumentali”, Contabilità Finanza e Controllo n. 2/2007.
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2.7. Definizione
di fabbricato industriale
Ai fini della determinazione del valore da attribuire al
terreno, la norma impone di confrontare il valore esposto in bilancio (in caso, ovviamente di attribuzione di distinti valori a fabbricato ed area) con il 20% o il 30% del
costo complessivo. Ai fini della individuazione della percentuale da applicare, diviene discriminante la classificazione dell’immobile: nel caso dei “fabbricati industriali”, come recita la norma, si dovrà applicare la percentuale più elevata. A tal proposito l’ultimo periodo del settimo comma della disposizione in esame chiarisce che
per tali devono intendersi “quelli destinati alla produzione
o trasformazione di beni”. Le Circolari 21/11/2006, n. 34/E
(§ 3.4) e la successiva 19/01/2007, n. 1/E (§ 7.2) hanno ulteriormente ribadito il concetto, chiarendo che si deve tenere conto della effettiva destinazione degli immobili, a prescindere dalla classificazione catastale o contabile ad essi
attribuita. Non rientrano, quindi, tra i fabbricati industriali gli immobili destinati ad una attività commerciale, quali
ad esempio negozi, locali destinati al deposito o allo stoccaggio di merci. A tal proposito erano sorti dubbi circa il
trattamento da riservare agli immobili a destinazione “mista” (cioè ad utilizzo “promiscuo”, per esempio fabbricati
in parte riservati alla produzione di beni, in parte allo stoccaggio dei medesimi). Il criterio da seguire in tali ipotesi
sarà quello della prevalenza: bisognerà cioè confrontare la
superficie destinata alla produzione e alla trasformazione
con quella destinata alla commercializzazione e applicare
il 30% o il 20% a seconda che risulti maggiormente estesa,
rispettivamente, la prima o la seconda area. La conferma
in tal senso è giunta, infatti, dal passaggio della suddetta Circolare 1/E/2007 che recita testualmente: “Nel caso
di immobili all’interno dei quali si svolge sia un’attività di
produzione o trasformazione di beni che attività diverse da
questa (ad esempio attività commerciale o di stoccaggio)
l’intero immobile potrà considerarsi industriale qualora gli
spazi, espressi in metri quadri, utilizzati per l’attività di produzione o trasformazione siano prevalenti rispetto a quelli
destinati ad altra attività”.
Un chiarimento in merito era stato lungamente auspicato dai professionisti, anche perché riguardava proprio
uno degli aspetti più delicati: ai fini dell’applicazione della
norma in esame, infatti, la qualificazione del fabbricato non
può essere successivamente modificata nel caso di un suo
diverso utilizzo, neanche a seguito di variazione catastale
della destinazione d’uso. A tal proposito, diviene quindi di
fondamentale importanza l’individuazione del momento rilevante ai fini della suddetta classificazione: l’Agenzia delle
21
Entrate ha chiarito che “Per i fabbricati acquisiti o costruiti dopo l’entrata in vigore della norma,l’utilizzo rilevante ai
fini della classificazione del fabbricato tra quelli industriali
o meno, deve essere verificato con riferimento al periodo
di imposta in cui il bene è entrato in funzione. Per i fabbricati già posseduti rileva l’utilizzo del bene nel periodo di
imposta precedente a quello in corso al 4 luglio 2006”.
2.8. Gli immobili condotti in forza
di un contratto di leasing
Per effetto del comma 7-bis, l’irrilevanza fiscale già
prevista per le quote di ammortamento dei terreni, viene
estesa anche a quella parte delle quote capitale dei canoni
di fabbricati strumentali acquisiti in locazione finanziaria,
riferibile ai terreni medesimi.
La norma trova applicazione, per espressa previsione
del comma 8, a partire dal periodo di imposta in corso alla
data di entrata in vigore del D.L. 223/2006, anche in relazione agli immobili acquisiti in precedenti periodi di imposta,
ma solo con riferimento ai canoni che maturano a decorrere dal predetto periodo di imposta.
La norma è volta a rendere il trattamento fiscale dei canoni relativi all’acquisizione in leasing di un fabbricato, per
la quota parte riferibile al terreno sul quale il fabbricato
insiste, equivalente a quello applicabile al costo sostenuto
per l’acquisizione del medesimo fabbricato a titolo di proprietà21.
In applicazione del medesimo principio, si ritiene invece deducibile la quota del canone di leasing costituita
dagli interessi passivi impliciti, anche per la parte riferibile alla quota capitale relativa al valore dei terreni. In altre parole, così come l’acquisto delle aree occupate dalla
costruzione, realizzato con mezzi finanziari esterni, avrebbe comportato la deducibilità degli interessi passivi relativi al finanziamento, allo stesso modo sono deducibili gli
interessi passivi corrisposti per l’acquisizione della medesima area con un contratto di leasing. Tali interessi concorreranno alla determinazione del reddito d’impresa nell’esercizio di competenza tenendo conto dei limiti previsti
dagli artt. 96, 97 e 98, TUIR, in materia di pro-rata generale, pro-rata patrimoniale e thin capitalization. Si ricorda, infatti, che, ai fini dell’applicazione degli artt. 97 e 98,
TUIR, vanno considerati anche gli interessi passivi impliciti
nei canoni dovuti in base ai contratti di leasing finanziario
(cfr. Circolari 17/03/2005, n. 11/E e del 02/11/2005, n. 46/E).
Per determinare la parte di canone riferibile agli interessi passivi occorrerà fare riferimento alle indicazioni fornite ai fini IRAP dall’art. 1, D.M. 24/04/1998 (pubblicato nella
Si vedano le Risoluzioni 23/02/2004, n. 19/E e 10/05/2004, n. 69/E, nelle quali l’Amministrazione finanziaria aveva postulato il principio in forza
del quale i contribuenti che utilizzano beni in leasing e quelli che li acquistano in proprietà devono soggiacere al medesimo trattamento fiscale, in ossequio ai fondamentali principi di equità e non discriminazione. A tal proposito, vale altresì la pena osservare come, oltre che dalle
pronunce dell’Amministrazione finanziaria, il predetto principio di equivalenza sia desumibile anche dalle disposizioni dettate dalle recenti
agevolazioni fiscali introdotte dall’art. 4, co. 4, L. 18/10/2001, n. 383 (c.d. “Legge Tremonti”) e dall’art. 8, co. 2, L. 23/12/2000, n. 388 (recante
agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate), che hanno equiparato, sul piano sostanziale, l’acquisizione in leasing all’acquisto
in proprietà, riconoscendo il beneficio fiscale anche per gli acquisti di beni strumentali effettuati mediante locazione finanziaria. Traendo le
debite conclusioni, quindi, si poteva ragionevolmente ritenere che, se, secondo la volontà del legislatore, l’acquisto di un fabbricato con terreno sottostante comporta la indeducibilità delle quote di ammortamento di quest’ultimo, analogamente dall’utilizzo del medesimo in leasing
non può che conseguirne l’indeducibilità della parte di canoni riferita all’area su cui sorge l’immobile; restano, invece, pienamente deducibili
gli oneri finanziari sostenuti per acquisire il terreno, chiaramente nei limiti risultanti dall’applicazione degli artt. 96, 97 e 98, TUIR.
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I TEMI MAP (libera consultazione)
G.U. n. 108 del 12/05/1998). Pertanto, la quota capitale del
canone di competenza dell’esercizio sarà pari all’importo
risultante dal rapporto tra il costo sostenuto dalla società
concedente, al netto del prezzo di riscatto, ed il numero dei
giorni di durata del contratto di locazione finanziaria, moltiplicato per il numero dei giorni del periodo di imposta:
costo sostenuto dal concedente
- prezzo di riscatto
X
numero giorni di durata
del contratto
numero giorni
nel periodo
d’imposta
Il valore da attribuire alla parte della quota capitale dei
canoni riferibile all’area (ossia quella non deducibile) sarà
pari, per i contratti di leasing finanziari stipulati a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del D.L. 223 (04/07/2006), a quella derivante dall’applicazione delle percentuali del 20% o 30% alla quota capitale
complessiva di competenza del periodo d’imposta.
Un aspetto che non era desumibile dal dato letterale
della norma e che ha trovato soluzione in via interpretativa
è quello relativo alla percentuale di scorporo da adottare
al fine di determinare forfetariamente il valore da attribuire
al terreno sottostante in caso di immobile condotto in leasing. Non era chiaro, infatti, se ai fini della percentuale da
adottare (20% o 30%) dovesse aversi riguardo alla destinazione attribuita all’immobile dal locatore piuttosto che dal
locatario. La Circolare 19/01/2007, n. 1/E, ha chiarito che
“in caso di immobili dati in locazione, anche finanziaria,
o in comodato, ai fini della determinazione del valore ammortizzabile, il proprietario dell’immobile dovrà tener conto
del concreto utilizzo dell’immobile da parte dell’utilizzatore”. La successiva Circolare 16/02/2007, n. 11/E, ribadendo
il concetto, ha altresì chiarito che “Per i fabbricati acquisiti
o costruiti dopo l’entrata in vigore della norma, l’utilizzo rilevante ai fini della classificazione del fabbricato tra quelli
industriali o meno, deve essere verificato con riferimento
al periodo di imposta in cui il bene è entrato in funzione.
Per i fabbricati già posseduti rileva l’utilizzo del bene nel
periodo di imposta precedente a quello in corso al 4 luglio
2006. Si ritiene che la qualificazione del fabbricato, ai fini
dell’applicazione della norma in esame, non possa essere successivamente modificata nel caso di un suo diverso
utilizzo, neanche a seguito di intervenuta variazione catastale della destinazione d’uso.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti in corso alla data
di entrata in vigore delle nuove disposizioni l’Agenzia delle Entrate, nella suddetta Circolare 1/E/2007 (§ 7.6, es. n. 6)
ha opportunamente indicato la condotta da tenere, specificando che “per i contratti leasing stipulati nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 4 luglio 2006” la quota
capitale fiscalmente deducibile “sarà pari alla quota capitale complessiva relativa al fabbricato (ottenuta applicando le percentuali del 20 o 30 per cento alla quota capitale complessiva dell’area) decurtata dell’ammontare complessivo delle quote capitali dedotte fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 4 luglio 2006
che devono intendersi interamente riferibili al fabbricato. Il
10
I TEMI MAP (libera consultazione)
valore residuo della quota capitale riferibile al fabbricato
sarà deducibile a partire dal periodo d’imposta in corso al
4 luglio 2006 sulla base della residua durata del contratto
di leasing”.
Tali delucidazioni sono accompagnate da un esempio
numerico che aiuta a meglio comprendere il funzionamento della norma limitatamente a questa fase transitoria.
Il caso ipotizzato dall’Agenzia è quello di un contribuente con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare,
che ha stipulato ante 2006 un contratto di locazione finanziaria relativo all’acquisizione di un fabbricato industriale.
L’esempio è stato sviluppato considerando un maxicanone
iniziale di € 5.000 (che nella tabella che segue è ripartito
per competenza sulla base della durata del contratto) e un
prezzo di riscatto finale di € 2.500. I dati rilevanti ai fini dello scorporo dei valori sono i seguenti:
- Contratto stipulato in data
01/01/2000
- Scadenza
31/12/2009
€ 100.000,00
a) Costo sostenuto dalla società di leasing
b) Giorni di durata del contratto
3.650
c) Giorni del periodo d’imposta
365
d) Prezzo di riscatto
€ 2.500,00
e) Componente capitale annuale dei canoni
[((a-d)/b) x c]
€ 9.750,00
- Totale canoni (incluso maxicanone
alla stipula)
€ 136.868,90
Secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia, quindi, i canoni leasing dovrebbero essere così scomposti:
Anno
Canoni
Quota
capitale
Quota
interessi
Quota
terreno
Quota
Somma
fabbricato canoni
fabbricato
9.750,00 9.750,00
9.750,00 19.500,00
9.750,00 29.250,00
9.750,00 39.000,00
9.750,00 48.750,00
9.750,00 58.500,00
2.437,50 60.937,50
2.437,50 63.375,00
2.437,50 65.812,50
2.437,50 68.250,00
1.750,00 70.000,00
2000
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2001
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2002
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2003
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2004
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2005
13.686,89 9.750,00 3.936,89
2006
13.686,89 9.750,00 3.936,89 7.312,50
2007
13.686,89 9.750,00 3.936,89 7.312,50
2008
13.686,89 9.750,00 3.936,89 7.312,50
2009
13.686,89 9.750,00 3.936,89 7.312,50
Riscatto
- 2.500,00
750,00
(2010)
Totale 136.868,90 100.000,00 39.368,90 30.000,00 70.000,00
-
A commento dell’esempio, la circolare precisa che “la
quota non deducibile riferibile al terreno si determina applicando la percentuale del 30 per cento alla quota capitale di competenza del periodo d’imposta. Al fine di determinare la quota parte dei canoni ancora deducibile occorre
sottrarre alla quota capitale relativa al fabbricato (70.000),
al netto della quota capitale del prezzo di riscatto riferibile
al fabbricato (1.750), la quota capitale dei canoni dedotta
nei periodi d’imposta ante 2006 (58.500), interamente riferi-
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bile al fabbricato. L’importo (9.750), così determinato, sarà
deducibile a partire dal periodo d’imposta 2006 e nei successivi, come riportato nell’esempio, tenendo conto della
residua durata del contratto di locazione finanziaria”.
2.9. Costi incrementativi,
rivalutazioni ed imputazione
del fondo di ammortamento
Il comma 8 della disposizione in esame prevede che il
costo complessivo (area più fabbricato) su cui applicare le
percentuali del 20% o 30% deve essere “assunto al netto
dei costi incrementativi capitalizzati nonché delle rivalutazioni effettuate”, le quali, pertanto, sono riferibili esclusivamente al valore del fabbricato e non anche a quello
dell’area.
Con tale disposizione, il legislatore ha sostanzialmente
recepito le osservazioni di chi sosteneva che le spese incrementative finalizzate alla manutenzione dell’immobile non
potessero altro che riferirsi al fabbricato strumentale, non
avendo nulla a che vedere con la stratificazione del costo
sostenuto per l’acquisto dell’area. Pertanto, tali spese non
trovano alcun limite alla deduzione a causa della disciplina
introdotta dall’art. 36, co. 7 e ss., D.L. 04/07/2006, n. 223.
Per “costi incrementativi capitalizzati” devono intendersi le spese per interventi di manutenzione, riparazione, ammodernamento, trasformazione e ampliamento che
siano state portate ad incremento del costo dei fabbricati
strumentali, sostenute successivamente all’acquisto o alla
costruzione. A tal proposito, tuttavia, si rende necessario
un corretto inquadramento delle spese a cui possa ritenersi applicabile il chiarimento in oggetto. Al riguardo l’Agenzia delle Entrate22 ha precisato che i predetti costi non debbono essere decurtati dal costo complessivo nel caso in
cui oggetto dell’acquisizione sia un “edificio significativo”
ai sensi dell’art. 2645-bis, c.c., il quale per essere utilizzato come bene strumentale necessita del sostenimento dei
predetti costi incrementativi. In tali casi, è di tutta evidenza
che il costo sostenuto per l’acquisizione è riferibile prevalentemente al terreno; pertanto, il valore complessivo del
fabbricato in relazione al quale applicare le disposizioni in
esame deve essere comprensivo dei costi incrementativi
sostenuti per renderlo pienamente funzionale, ovvero di
quelli sostenuti fino all’entrata in funzione del bene nel ciclo produttivo. Si ritiene, inoltre, che rientrano nella medesima disciplina prevista per i costi incrementativi anche gli
oneri di urbanizzazione e gli oneri accessori capitalizzati,
che, pertanto, dovranno essere decurtati dal costo complessivo (area più fabbricato) su cui si applicano le percentuali forfetarie indicate dalla norma.
Si ritiene, infine, assimilabile alla rivalutazione l’ipotesi
in cui, a seguito di un’operazione di fusione, il relativo disavanzo venga allocato su un fabbricato oggetto di ammortamento. Anche in tali casi, quindi, il valore complessivo
del fabbricato dovrà essere decurtato della quota riferibile
a tale disavanzo e sul valore residuo saranno calcolate le
percentuali forfetarie. Appare evidente come la norma del
22
Cfr. Circolare 19/01/2007, n. 1/E, § 7.5.
Dispensa MAP On-Line n. 3 - Marzo 2007
comma 8 in commento rappresenti una previsione di vantaggio per il contribuente, dato che consente di applicare
le percentuali forfetarie per determinare la quota riferibile all’area (non ammortizzabile) su un valore di riferimento
più basso.
Con riferimento ai valori da escludere ai fini della determinazione del costo fiscalmente attribuibile al terreno,
inoltre, era stato chiesto all’Amministrazione finanziaria, in
occasione di incontri con la stampa specializzata, la condotta da adottare in caso di rivalutazioni effettuate ai sensi
della L. 266/2005: il comma 470 dell’art. 1 di tale disposizione, infatti, prevedeva che il maggiore valore attribuito in
sede di rivalutazione si considerasse fiscalmente riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP “a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale è stata eseguita”. La discrasia tra i momenti di
riconoscimento dei maggiori valori ai fini civilistici e fiscali aveva infatti destato alcune perplessità circa il corretto trattamento da riservare ad essi. Come detto, l’Agenzia
delle Entrate, interrogata in proposito ha fornito una risposta (poi confluita nella Circolare 19/01/2007, n. 11/E, § 9.4)
nella quale ha chiarito che, poiché la suddetta norma consentiva esclusivamente la rivalutazione dei beni esistenti nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2005, i conseguenti
maggiori valori (riconosciuti solamente a partire dal terzo
esercizio successivo) sarebbero comunque irrilevanti ai
fini della separazione delle aree, “poiché detto scorporo
deve essere effettuato una sola volta sul costo complessivo fiscalmente riconosciuto dell’immobile risultante dal
bilancio 2005, che, per quanto detto spora, non include alla
predetta data il maggior valore relativo alla rivalutazione”.
L’ultima parte del comma 8 prevede che per i fabbricati acquisiti nei periodi di imposta precedenti a quello
in corso alla data del 4 luglio 2006, gli ammortamenti precedentemente dedotti debbano essere imputati prioritariamente al valore del fabbricato, ottenuto applicando le
modalità di calcolo in precedenza descritte. Pertanto, il
costo fiscalmente riconosciuto del fabbricato ancora da
ammortizzare sarà decurtato degli ammortamenti dedotti fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso
alla data del 4 luglio 2006. Il valore residuo sarà deducibile fino ad esaurimento, a partire dal periodo d’imposta in corso alla predetta data. È evidente che quando il
fondo di ammortamento è pari o superiore al valore del
fabbricato, il residuo costo fiscalmente ammortizzabile del fabbricato è pari a zero (cfr. Circolare 21/11/2006,
n. 34/E). La parte del fondo di ammortamento già dedotto e
che eventualmente eccede il valore fiscale del fabbricato,
inciderà, diminuendolo, sul costo fiscale dell’area – determinato sempre secondo i criteri dettati dalle disposizioni in
esame – rilevante per la determinazione di una eventuale
plusvalenza o minusvalenza da cessione.
A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha proposto nella Circolare 19/01/2007, n. 1/E, due esempi di calcolo della
residua quota da ammortizzare in caso di fabbricati acquisisti in periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla
data del 4 luglio 2006.
La nota continua nella pagina successiva.
I TEMI MAP (libera consultazione)
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I TEMI MAP (libera consultazione)
Nella prima ipotesi si assume che un contribuente con
periodo d’imposta coincidente con l’anno solare abbia acquistato nel 1997 un fabbricato industriale per un valore,
comprensivo dell’area, pari a 100. Nel bilancio chiuso al
31 dicembre 2005 risultano separatamente indicati il valore del fabbricato (per un importo pari a 80) e il valore dell’area (per un importo pari a 20). Considerando un’aliquota
di ammortamento fiscale pari al 6% si ha il seguente piano
di ammortamento.
Anno Valore
Quota
del fabbricato ammortamento
ammortizzabile di competenza
Residuo
ammortizzabile
Fondo
ammortamento
1997
100
6 (6% di 100)
94
6
1998
100
6
88
12
1999
100
6
82
18
2000
100
6
76
24
2001
100
6
70
30
2002
100
6
64
36
2003
100
6
58
42
2004
100
6
52
48
2005
100
6
46
54
2006
70 (100 - 30)
16 (70 - 54)
54
2006
70
4,2 (6% di 70)
11,8
58,2
2007
70
4,2
7,6
62,4
2008
70
4,2
3,4
66,6
2009
70
3,4
0
70
(residua quota
ammortizzabile)
Nella seconda ipotesi simulata, invece, si prende in
esame il caso di un contribuente con periodo d’imposta
coincidente con l’anno solare che esponga nel bilancio
chiuso al 31 dicembre 2005 il valore di un fabbricato industriale, comprensivo dell’area, pari a 1.200, di cui 200 per
spese incrementative capitalizzate, con un fondo di ammortamento pari a 600 di cui 100 riferibili alle spese incrementative. Per effetto dell’applicazione della norma
in commento il valore dell’area sarà pari 300, ottenuto riducendo il valore complessivo del fabbricato delle spese
incrementative capitalizzate (1.200-200) e applicando sul
valore residuo (1.000) la percentuale pari a 30. Il residuo
costo fiscalmente riconosciuto del fabbricato da ammortizzare sarà pari a 200 (700-500), ottenuto riducendo il va-
lore del fabbricato (700) del fondo ammortamento al netto
della quota riferibile alle spese incrementative (600-100).
Si precisa, al riguardo, che le spese incrementative, non
influenzando il costo complessivo del fabbricato, dovranno
essere scorporate anche dal fondo di ammortamento nella
misura in cui hanno concorso ad incrementarlo. La parte
residua riferibile al fabbricato (200) sarà deducibile, fino ad
esaurimento, a partire dal periodo d’imposta 2006 per l’intero importo di competenza.
Qualora il totale degli ammortamenti effettuati nell’esempio precedente fosse stato, invece, pari a 700, senza tenere conto di quelli riferiti alle spese incrementative,
nessuna ulteriore quota di ammortamento si sarebbe potuta fiscalmente dedurre, posto che il valore del fabbricato
(700) sarebbe risultato già completamente ammortizzato.
A conclusione delle simulazioni numeriche proposte,
la Circolare precisa che “la norma non produce alcun effetto sulle quote di ammortamento riferibili all’area già dedotte: le disposizioni in commento, infatti, trovano applicazione a partire dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio
2006 e non prevedono il recupero a tassazione di quote
di ammortamento fiscalmente non deducibili in quanto interamente attribuite all’area sulla base dei criteri individuati dalla nuova disposizione. Pertanto, con riferimento
all’esempio precedente, nel caso in cui il totale degli ammortamenti effettuati risultasse pari a 750, sempre senza
tenere conto di quelli riferiti alle spese incrementative,
non si verificherebbe alcun recupero a tassazione delle
quote di ammortamento riferite all’area precedentemente
dedotte (50) e divenute non più deducibili sulla base delle
nuove disposizioni. La parte eccedente, come precisato,
dovrà essere imputata a riduzione del valore fiscalmente
riconosciuto dell’area”23.
2.10. Il monitoraggio
in dichiarazione dei redditi
La nuova disciplina relativa alla parziale indeducibilità
delle quote di ammortamento relative agli immobili ha imposto l’introduzione di alcuni nuovi righi nel modello della
dichiarazione dei redditi UNICO 2007. Nella bozza del modello destinato alle società di capitali pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, infatti, sono comparsi due
righi nel quadro RS – Prospetti vari – deputati a contenere
l’indicazione dei valori relativi al numero e al costo fiscale
dei fabbricati posseduti e condotti in leasing:
Con riferimento
ai fabbricati condotti
in leasing
Numero
Valore
di fabbricati complessivo
dei terreni
23
12
Con riferimento
agli altri fabbricati
Numero
Valore
di fabbricati complessivo
dei terreni
La posizione è stata ribadita anche nel § 9.1 della Circolare 16/02/2007, n. 11/E.
I TEMI MAP (libera consultazione)
Dispensa MAP On-Line n. 3 - Marzo 2007
Più precisamente le istruzioni chiariscono che tale sezione deve essere compilata al fine di evidenziare il valore dei terreni incorporato nei predetti fabbricati. A tal fine
nella colonna 1 del rigo RS83 va indicato il numero dei fabbricati industriali detenuti in forza di contratti di locazione
finanziaria da cui è stato scorporato il valore del terreno.
In colonna 2 il valore complessivo dei terreni relativi ai fabbricati di cui alla colonna 1. Nella colonna 3 va indicato il
numero degli altri fabbricati industriali da cui è stato scorporato il valore del terreno e nella colonna 4 il valore complessivo dei terreni su cui i predetti fabbricati insistono.
Nella colonna 1 del rigo RS84 va indicato il numero dei
fabbricati non industriali detenuti in forza di contratti di locazione finanziaria da cui è stato scorporato il valore del terreno. In colonna 2 il valore complessivo dei terreni relativi ai
fabbricati di cui alla colonna 1. Nella colonna 3 va indicato
il numero degli altri fabbricati non industriali da cui è stato
scorporato il valore del terreno e nella colonna 4 il valore
complessivo dei terreni su cui i predetti fabbricati insistono.
2.11. Ulteriori considerazioni
Nella Circolare 16/02/2007, n. 11/E, nella quale sono state raccolte le risposte fornite dall’Amministrazione finanziaria ad alcuni quesiti posti in occasione di incontri con
la stampa specializzata, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito
che le novità introdotte dalla norma in merito all’indeducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing
relativi ai terreni generano ripercussioni anche sul costo
fiscalmente riconosciuto dell’immobile, il quale risulta incrementato di dette quote. Di ciò si dovrà ovviamente tener
conto in sede di determinazione della plusvalenza o minusvalenza che si realizzerà all’atto della cessione del bene.
Con riferimento a tale situazione, nel quesito posto si chiedeva all’Amministrazione se l’eventuale plusvalenza fosse
unica o se l’operazione desse luogo a due risultati differenziali: una plus/minusvalenza riferita alla parte terreno
ed una riferita alla parte fabbricato. In risposta, l’Agenzia
ha chiarito che “la cessione dell’area comprensiva di fabbricato genera un’unica plusvalenza (ovvero minusvalenza) pari alla differenza tra il corrispettivo pagato e il costo
fiscalmente riconosciuto dell’area (non ammortizzabile)
comprensiva di fabbricato. Le norme in esame, infatti, prevedono la necessità di effettuare lo scorporo tra il valore
del terreno e quello del fabbricato solo ai fini della determinazione della quota (riferibile al fabbricato) che può essere
ammortizzata e non anche ai fini della relativa plusvalenza
(ovvero minusvalenza) di cessione”.
Tale chiarimento potrebbe avere interessanti risvolti nel
caso di permuta di beni ammortizzabili: in tale circostanza,
infatti, ai fini delle imposte dirette, l’ammontare della plusvalenza si determina ai sensi dell’art. 86, co. 2, TUIR. Tale
norma dispone che: ”(…) se il corrispettivo della cessione è costituito esclusivamente da beni ammortizzabili, anche se costituenti un complesso o ramo aziendale, e questi
vengono complessivamente iscritti in bilancio allo stesso
valore al quale vi erano iscritti i beni ceduti, si considera
24
plusvalenza soltanto il conguaglio in denaro eventualmente
pattuito”. Ciò che ci si chiede in questa sede, in particolare, è se a seguito della introduzione dell’art. 36, co. 7, 7-bis
e 8, D.L. 223/2006 (che ha sancito la indeducibilità delle
quote di ammortamento riferite al terreno), sia ancora possibile procedere alla permuta di due immobili usufruendo
della norma che dispone l’imposizione del solo conguaglio
eventualmente pattuito oppure se la indeducibilità fiscale
degli ammortamenti per la quota riferita al terreno abbia
fatto venir meno uno dei requisiti indispensabili per l’applicazione della norma in esame, vale a dire l’ammortizzabilità del bene ricevuto a titolo di corrispettivo24.
La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate sembrerebbe doversi intendere nel senso che la cessione di un
immobile deve considerarsi unitariamente quale cessione
di un bene ammortizzabile (sia pure parzialmente) e non
dev’essere trattata alla stregua di una duplice operazione (l’una avente ad oggetto un bene ammortizzabile e l’altra un bene non ammortizzabile). In quest’ottica, quindi,
si potrebbe ancora applicare la disposizione prevista dal
secondo comma dell’art. 86, TUIR, ammesso, ovviamente,
che risulti soddisfatto anche il secondo requisito richiesto,
vale a dire che il bene ricevuto venga iscritto nello stato
patrimoniale al valore di quello ceduto.
A tal proposito sarebbe tuttavia auspicabile una più
chiara pronuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria.
3. Le modifiche introdotte
dal D.L. 203/2005
Come accennato in apertura, al fine di fornire un quadro
più completo del contesto in cui le recenti modifiche legislative sopra trattate vanno ad innestarsi, pare opportuno riepilogare, senza alcuna pretesa di esaustività, le altre modifiche normative rilevanti in argomento introdotte, meno recentemente, dal D.L. 30/09/2005, n. 203 (c.d. “collegato alla Finanziaria 2006”, convertito con modifiche nella L. 02/12/2005,
n. 248) con le quali le disposizioni testé trattate dovranno
coordinarsi.
A tal proposito, la prima modifica normativa che pare
opportuno ricordare è quella apportata dall’art. 5-ter, co. 1,
D.L. 203/2005 all’art. 102, co. 7, TUIR, il quale ora dispone che
“(…) Per i beni concessi in locazione finanziaria l’impresa
concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun
esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l’ammortamento
anticipato; indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, per l’impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei
canoni di locazione a condizione che la durata del contratto
non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2,
in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa, se il
contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un
minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo
stesso ha per oggetto beni immobili”. Pertanto, per effetto
L’art. 86, co. 2, TUIR, infatti, richiede che il corrispettivo della cessione sia costituito “esclusivamente da beni ammortizzabili”.
Dispensa MAP On-Line n. 3 - Marzo 2007
I TEMI MAP (libera consultazione)
13
I TEMI MAP (libera consultazione)
delle modifiche introdotte dalla norma in esame, la deducibilità dei canoni di leasing è subordinata alla durata minima
del contratto stesso, il quale non deve essere inferiore alla
metà del periodo di ammortamento, da determinarsi sulla
base dei coefficienti di ammortamento dei beni materiali
strumentali impiegati nell’esercizio di attività commerciali
di cui al D.M. 31/12/1988; tuttavia, se ha per oggetto beni
immobili, esso deve avere durata almeno pari alla metà del
periodo di ammortamento dell’immobile e, comunque, non
inferiore a otto anni e non superiore a quindici.
A tal proposito, nella Circolare 10/E/2006 è stato precisato che, ai fini della deducibilità fiscale dei canoni di leasing aventi per oggetto beni immobili:
Z se la metà del periodo di ammortamento è inferiore
a 8 anni, quest’ultima è la durata minima del contratto richiesta dalla disposizione in commento;
Z se la metà del periodo di ammortamento è compresa tra 8 e 15 anni, la durata minima del contratto richiesta deve essere pari a tale periodo;
Z se la metà del periodo di ammortamento è superiore a 15 anni, quest’ultima è la durata minima25 richiesta dalla disposizione de qua.
Come previsto dall’art. 5-ter, co. 2, D.L. 203/2005, tale disposizione ha trovato applicazione soltanto con riferimento ai contratti di leasing stipulati successivamente al 3 dicembre 2005. Più precisamente, in ordine alla decorrenza
della disposizione citata e, in particolare, avendo riguardo
al caso di contratti di “leasing appalto” su immobili, nella
Circolare 13/02/2006, n. 6/E, l’Amministrazione finanziaria
ha chiarito che sono del tutto ininfluenti le vicende relative
alla decorrenza del contratto e alla consegna dell’opera,
avendo esclusiva rilevanza la data di stipula del contratto
di locazione finanziaria, data alla quale occorre altresì fare
riferimento per la verifica del rispetto della durata minima
del contratto ai fini della deducibilità fiscale dei canoni di
leasing corrisposti dal soggetto utilizzatore26.
Con riguardo poi al trattamento fiscale degli immobili che non costituiscono beni strumentali relativi all’impresa o beni alla cui produzione e al cui scambio è diretta
l’attività dell’impresa, vale la pena ricordare come l’art. 7,
D.L. 203/2005, abbia modificato l’art. 90, co. 1, TUIR, introducendo il seguente periodo: “In caso di immobili locati,
qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15 per cento del canone medesimo, dell’importo delle spese documentate sostenute ed
effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli
interventi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3
del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,
n. 380, risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità
14
immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella
del canone di locazione al netto di tale riduzione”. Pertanto, nella determinazione del reddito d’impresa, i proventi ritratti dalla concessione in locazione dei fabbricati in argomento concorrono alla formazione del reddito nel maggior
ammontare tra canone di locazione e rendita catastale, ove
il primo importo deve essere assunto, non più abbattendolo forfetariamente del 15% (come prevedeva la normativa
ante D.L. 203/2005), bensì riducendolo – nel limite del 15%
– delle spese di manutenzione ordinaria, effettivamente sostenute e rimaste a carico, per gli interventi che riguardano
opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
In proposito, giova altresì osservare come nella Circolare 6/E/2006, nelle risposte ai quesiti fornite in occasione di
incontri con la stampa specializzata, l’Amministrazione finanziaria, a commento della disciplina testé richiamata, abbia precisato che, con riferimento alla disciplina delle altre
spese e dei componenti negativi relativi gli immobili “patrimoniali”, la disposizione contenuta nel comma 2 dell’art. 90
“(…) ha carattere speciale e derogatorio rispetto al principio generale di inerenza dei componenti negativi di reddito.
Tale norma contiene, infatti, un divieto assoluto di deducibilità di tutti i componenti negativi relativi agli immobili, compresi anche gli interessi passivi ad essi relativi, sia di funzionamento, sia di finanziamento”. La predetta presa di posizione
dell’Amministrazione finanziaria si scontra evidentemente
con quella assunta dalla dottrina, la quale ha da sempre sostenuto che tra i componenti negativi non deducibili di cui
all’art. 90, co. 2, TUIR, non debbano essere compresi gli interessi passivi di qualsiasi natura, sulla base della considerazione che “(…) gli interessi passivi che un’impresa sostiene per finanziarsi rappresentano un costo che solo astrattamente è riconducibile ad uno specifico impiego, e ciò anche
in presenza di mutui ipotecari, per i quali la correlazione con
l’immobile è rappresentata dalla garanzia ipotecaria e non
necessariamente dalla modalità d’impiego del denaro mutuato. Di conseguenza, dato che una delle principali caratteristiche del denaro è la sua fungibilità, non è possibile stabilire in modo assoluto un nesso diretto tra un’operazione di
finanziamento - qualunque essa sia - e l’utilizzo delle risorse
finanziarie da essa derivanti. Inoltre un’operazione di finanziamento permette di destinare ad altre attività le eventuali
risorse liberate per effetto dell’operazione stessa e va pertanto valutata, così come ogni altra determinazione di convenienza finanziaria, in relazione al complessivo fabbisogno
aziendale unitariamente considerato. Da ciò deriva che gli
interessi passivi costituiscono un componente negativo del
reddito di impresa generato dalla gestione finanziaria, ossia
una spesa che non è riferita ad una particolare attività aziendale, né accessoria ad uno specifico onere”27.
25
Pertanto, come precisato nella più volte citata Circolare 10/E/2006, § 10, “In definitiva, l’introduzione del limite superiore di quindici anni rappresenta un beneficio per il contribuente. Il legislatore ha, infatti, inteso consentire comunque di dedurre i canoni di locazione finanziaria in
un periodo di tempo inferiore (quindici anni) a quello che si sarebbe dovuto osservare in presenza di un contratto di locazione riguardante un
immobile il cui ordinario periodo di ammortamento, ridotto alla metà, fosse risultato superiore a tale limite”.
26
Cfr. Circolare 13/02/2006, n. 6/E, quesiti n. 7.3 e n. 7.4.
27
Cfr. Associazione Dottori Commercialisti di Milano, norma di comportamento n. 156.
I TEMI MAP (libera consultazione)
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