fase analitica - principi di diagnostica microbiologica

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fase analitica - principi di diagnostica microbiologica
C.I. MEDICINA DI LABORATORIO
Microbiologia Clinica
CL Medicina e Chirurgia – AA 2014-2015
Modulo 2: FASE ANALITICA – PRINCIPI DI
TECNICHE DIAGNOSTICHE
Giovanni Di Bonaventura, PhD
Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara
Nuovo Polo Farmacia, corpo D, III livello (tel 0871 3554812)
Centro Scienze dell’Invecchiamento (Ce.S.I.), V livello (tel 0871 541519)
E-mail: [email protected]
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Diagnostica microbiologica
La diagnosi microbiologica è finalizzata alla ricerca ed alla identificazione dell’agente
eziologico (ossia responsabile di una malattia infettiva). Tre tipologie:
 DIAGNOSI DIRETTA, finalizzata a stabilire la presenza dell’agente patogeno, la sua identità
e la sua sensibilità agli antibiotici, direttamente nel campione mediante:
1.
2.
3.
4.
esame microscopico
esame colturale (isolamento)
identificazione (a livello di specie)
antibiogramma
 DIAGNOSI RAPIDA, per la identificazione rapida dell’agente patogeno, direttamente da
campione oppure da coltura, mediante:
– ricerca di antigeni
– ricerca di sequenze geniche
 DIAGNOSI INDIRETTA, tesa a rilevare la risposta immunitaria (anticorpale) dell’ospite
all’agente infettivo.
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Diagnostica microbiologica
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Diagnosi DIRETTA
Esame microscopico
 L’esame microscopico fornisce informazioni utili per:
– porre diagnosi presuntiva, a seguito della evidenziazione di microrganismi e delle loro
caratteristiche (tintoriali, morfologia, disposizione);
– guidare le decisioni del Microbiologo (scelta di idonei presìdi diagnostici) e del Clinico (rapida
formulazione della terapia “empirica”);
– stabilire la idoneità del campione (es. Bartlett’s score per espettorato).
 Il campione può essere osservato:
– “a fresco”, ossia non fissato; adatto per la ricerca di microrganismi difficilmente
colorabili/coltivabili e per lo studio di alcune proprietà biologiche (forma, organizzazione, motilità,
reattività chimica e/o sierologica);
– previa fissazione (fisica o chimica) e successiva colorazione, per la ricerca “mirata” di specifici
gruppi microbici/patogeni (colorazione Gram, Ziehl-Neelsen).
 La scelta della tecnica microscopica da impiegare dipende dal patogeno di cui si sospetta la
presenza:
–
–
–
–
microscopia in campo chiaro
microscopia in campo oscuro
microscopia a contrasto di fase
microscopia in fluorescenza
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Diagnosi DIRETTA
Esame microscopico: tecniche di osservazione
da: Sherris et al, Microbiologia Medica
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Esame microscopico
Microscopia in campo chiaro previa colorazione
Si esegue su campioni “fissati” (al calore o chimicamente).
La fissazione garantisce che: i) il materiale venga disteso ed essiccato, in modo che non venga
rimosso dal vetrino nel corso dei successivi lavaggi; ii) le cellule vengano uccise per coagulazione
(sicurezza biologica e maggiore penetrazione ai coloranti).
 Tipologia delle colorazioni:
– semplici: prevedono l’impiego di un solo colorante (cristalvioletto, fucsina basica, blu di
metilene). Forniscono informazioni limitate a morfologia e organizzazione cellulare.
– differenziali, prevedono l’impiego di più coloranti (Gram, Ziehl-Neelsen). Forniscono indicazioni
riguardo alla:
•
•
•
•
morfologia (cocchi, bastoncelli, cocco-bacilli, lanceolata)
disposizione (catenelle, clusters, diplococchi)
localizzazione intra/extra-cellulare del microrganismo
presenza di microrganismi con particolari caratteristiche tintoriali (Gram+, Gram-, bacilli alcoolacido resistenti)
– speciali, in grado di fornire informazioni aggiuntive:
• verde malachite (endospore batteriche in Bacillus spp. e Clostridium spp.)
• colorazione di Albert (granuli metacromatici o volutina in Corynebacterium spp.)
• colorazione di Leifson (flagelli)
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Colorazione di Gram
Tecnica e principio
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
cristalvioletto, per 1-2 min
lavare con acqua
soluzione iodio-iodurata di Lugol per 1-2 min
lavare con acqua
alcool-acetone per 10 sec (decolorazione)
lavare con acqua
safranina per 1-2 min
lavare con acqua e lasciare asciugare
osservazione
 Nei batteri Gram+ il cristalvioletto e lo iodio (mordenzante) si combinano a
formare un complesso (CV-I) di grosse dimensioni che precipita all’interno
della cellula. Il decolorante condensa, per disidratazione, la struttura
peptidoglicanica, che in tal modo «cattura» il complesso.
 Nei batteri Gram- il decolorante agisce come solvente lipidico, dissolvendo la
membrana esterna della parete cellulare, permettendo così il rilascio del
complesso CV-I e, quindi, la decolorazione della cellula batterica.
 Gram-variabilità: a volte, i batteri Gram+ possono divenire Gram- (non è
possibile il contrario) a seguito di danno/modifica/riduzione/perdita della
parete cellulare (esposizione ad antibiotici, età avanzata della coltura).
Colorazione di Gram: colorazione regressiva e differenziale
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Colorazione di Gram
Osservazione microscopica
Staphylococcus epidermidis
Enterococcus + Escherichia coli
(Gram-positivo)
(Gram-positivo + Gram-negativo)
Escherichia coli
Bacillus spp.
(Gram-negativo)
(Gram-variabile)
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Colorazione di Gram
Utilità clinica
 Diagnosi eziologica presuntiva (suggestiva)
– sulla base della morfologia ed organizzazione cellulare: in campioni fisiologicamente sterili
(meningiti e polmoniti batteriche, batteriuria) o quando il patogeno ha una morfologia
caratteristica (gonorrea, spirochete, Borrelia vincentii, Fusobacterium fusiformis)
 Indirizza le scelte terapeutiche
– rapida adozione di una terapia antibiotica empirica (ragionata)
 Indirizza l’iter diagnostico, aiutando nella selezione dei presidi per l’isolamento colturale
– soprattutto nel caso di infezioni polimicrobiche
– suggerisce la necessità di adottare tecniche di coltivazione “non routinarie” (anaerobi, funghi)
 Ausilio alla interpretazione dell’esame colturale
– angina di Vincent (spirochete, Borrelia vincentii, Fusobacterium fusiformis)
– nel paziente antibiotizzato
 Idoneità del campione da sottoporre a coltura (es. espettorato)
– differenziazione delle cellule epiteliali da quelle infiammatorie
 Informazioni sulla complessità eziologia dell’infezione
– infezioni poli/mono-microbiche
La informazione derivante dalla osservazione di un Gram, associata al quadro clinico, può
orientare il comportamento del Clinico in attesa che sia noto l’esito dell’indagine colturale.
In alcuni casi (es. meningite, polmonite) questo può consentire di salvare la vita al paziente !
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Colorazione di Gram
Limiti
 non fornisce alcuna indicazione in campioni clinici in cui il patogeno non può essere
differenziato dalla flora commensale autoctona (es. feci, escreato).
 non è utile per la ricerca di:
– Mycoplasma spp. (per assenza di parete)
– Chlamydia spp., Rickettsia spp. (dimensioni troppo piccole)
– Mycobacterium spp. (M. tuberculosis, M. leprae) (incapacità dei coloranti a penetrare la
parete cellulare a natura “cerosa” (acido micolico, lipidi-arabinogalattani,
lipoarabinomannani)
I Micobatteri possono essere elettivamente colorati mediante:
 Ziehl-Neelsen
 Kinyoun (colorazione “a freddo”)
 auramina od auramina-rodamina (colorazione con fluorocromi)
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Colorazione di Ziehl-Neelsen
Tecnica e principio
1.
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6.
7.
versare la fucsina fenicata (fucsina
basica in acqua, alcool e fenolo)
fare evaporare il colorante alla
fiamma per 5 min
lavare con acqua
decolorare (2 min, circa) con
alcool-acido fino alla scomparsa
del colorante
lavare con acqua
contrastare con blu di metilene per
1-2 min
lavare con acqua
Osservare al microscopio
 L’alcool-acido resistenza è la capacità di trattenere
il colore anche a seguito di esposizione a
decoloranti forti (acidi minerali forti, alcool).
 Questa caratteristica è legata alla formazione arylmetano-micolati tra la fucsina e gli acidi micolici
parietali, nonché alla formazione di altri complessi
tra colorante ed altre strutture cellulari.
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Colorazione di Ziehl-Neelsen
Osservazione microscopica
 Gli organismi acido-resistenti (AFB) appaiono colorati in rosso
 Gli organismi non acido-resistenti risulteranno colorati in blu
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Esame microscopico
Microscopia in campo scuro
 Il condensatore esclude la luce direttamente trasmessa, consentendo l’illuminazione del
campione con luce obliqua o scattered. Solo la luce riflessa dalla cellula raggiungerà
l’oculare.
 I microrganismi appaiono circondati da un alone luminoso contro uno sfondo scuro.
 Questa tecnica consente di aumentare il potere di risoluzione del microscopio ottico
(passando da 0.20 a 0.10 µm), permettendo in tal modo la visualizzazione di microrganismi
di più piccole dimensioni.
 Infatti, essa viene utilizzata soprattutto per la ricerca di microrganismi difficilmente
colorabili o di piccole dimensioni:
– spirochete (Borrelia spp., Treponema spp.)
– leptospire
oppure per osservare strutture accessorie alla cellula:
– capsula (Cryptococcus neoformans)
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Esame microscopico
Microscopia in campo scuro
Borrelia burgdorferi
Leptospira
Treponema pallidum
Cryptococcus neoformans. L’alone
rifrangente indica la presenza di una capsula
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Esame microscopico
Microscopia a contrasto di fase
 Un’onda luminosa subisce un rallentamento in dipendenza della densità delle strutture
attraversate. Le differenze nell’indice di rifrazione nei campioni sono convertite, nella
immagine, in segnali luminosi di differente intensità. Ciò consente un maggiore contrasto e,
quindi, una migliore visualizzazione di strutture non colorate (es. strutture intracellulari).
 Usata soprattutto per protozoi e funghi, ma anche per batteri.
lieviti
batteri
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Esame microscopico
Microscopia in fluorescenza
 Utilizza la luce UV: ad una  pari a 200-400 nm le strutture sono analizzate in base alla
fluorescenza che emettono nello spettro visibile.
 Fluorescenza: capacità di alcuni composti (fluorocromi) di assorbire radiazioni
elettromagnetiche di una certa  e di emettere una frazione dell’energia assorbita con
radiazione elettromagnetiche a  superiore a quella assorbita.
 I fluorocromi sono coniugati a Ab, per la ricerca di Ag (immunofluorescenza).
 Tecnica impiegata soprattutto per la ricerca di microrganismi difficilmente coltivabili:
– patogeni della alte vie respiratorie: virus influenzali (A e B) e parainfluenzali (1,2 e 3), Virus
Respiratorio Sinciziale, Adenovirus, Coronavirus
– Treponema pallidum, Borrelia burgdorferi
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Esame microscopico
Microscopia in fluorescenza
Adenovirus
Coronavirus
Mycobacterium tuberculosis
Giardia intestinalis
Candida albicans
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Esame microscopico
Colorazioni “speciali”
 La colorazione negativa consiste nella colorazione di
sottofondo con un colorante acido (nero nigrosina, inchiostro
di china). Viene generalmente usata per evidenziare la
presenza della capsula in Cryptococcus neoformans (diagnosi
liquorale differenziale).
 La colorazione delle spore richiede calore per facilitare la
penetrazione del colorante (verde di malachite, fucsina
fenicata) attraverso gli involucri sporali. Impiegata per la
ricerca di Clostridium spp., Bacillus spp.
 La colorazione dei flagelli impiega un mordenzante
(precipitazione dei sali dell’acido tannico) per evidenziare la
struttura flagellare, altrimenti invisibile (d: 12-30 nm).
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Esame microscopico
Significato diagnostico
L’esame microscopico può fornire precise indicazioni diagnostiche (diagnosi presuntiva) qualora si
esamini un materiale:
 normalmente sterile o comunque proveniente da zone non comunicanti con l’esterno
(liquido cefalo-rachidiano, essudato pleurico o peritoneale, materiale purulento
proveniente da raccolte chiuse);
 nella cui popolazione batterica “normale” non siano compresi batteri con i caratteri
morfologici e/o tintoriali del batterio osservato.
Le informazioni desunte dall’esame microscopico sono inoltre importanti per orientare l’iter
diagnostico:
 restringere il campo di indagine (ricerca “mirata”);
 scelta di adeguati presìdi diagnostici (es. terreni di coltura, temperatura ed atmosfera di
incubazione);
 stabilire la idoneità del campione (es. Bartlett’s score per espettorato).
Tuttavia:
L’esame microscopico è caratterizzato da scarsa sensibilità (104 cellule/ml di campione).
Pertanto, un risultato negativo non esclude la presenza del patogeno.
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Diagnosi DIRETTA
Esame microscopico per miceti e protozoi
I miceti ed i parassiti hanno dimensioni maggiori rispetto ai
batteri. Pertanto, la loro osservazione non richiede
generalmente la colorazione del campione ma una osservazione
“a fresco”.
Tuttavia, si può ricorrere all’impiego di colorazioni per aumentare
la sensibilità dell’osservazione:
– Calcofluor white (fluorescenza)
– KOH + blue cotone in lattofenolo (chiarificante e colorante per
evidenziare le ife)
– iodio-ioduro di Lugol (per i protozoi, colora i nuclei e le strutture
intracitoplasmatiche, ma inibisce motilità cellulare)
Candida albicans
 Nel caso della ricerca di miceti in campioni cheratinizzati
(unghia, capelli), la componente cheratinosa deve essere
dissolta previo trattamento del campione con una soluzione di
KOH.
 Nel caso dei protozoi, la ricerca microscopica:
– richiede la concentrazione del campione causa scarsa
concentrazione dei protozoi (soprattutto quelli fecali) vengono di
norma concentrati;
– è fortemente influenzata dalle modalità di raccolta del campione.
Giardia intestinalis
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Diagnosi DIRETTA
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Diagnosi DIRETTA
Esame colturale (isolamento)
 L’isolamento colturale è solitamente la tecnica di maggiore impiego nella diagnostica
microbiologica.
 Buona sensibilità:
– teoricamente, la presenza di una sola cellula vitale può portare ad un isolamento;
– la maggior parte dei batteri, nonchè miceti e protozoi, è in grado di crescere in adeguati
terreni di coltura; di contro, i patogeni intracellulari (Chlamydia, Rickettsiae, virus) possono
essere isolati soltanto in colture di cellule eucariotiche.
 Massima specificità (100%)
L’isolamento colturale si articola nelle seguenti fasi (sequenziali):
1. scelta e preparazione dei terreni di coltura
2. semina del microrganismo
3. incubazione
4. lettura ed interpretazione dei risultati
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Diagnosi DIRETTA
Isolamento di batteri e miceti: terreni
I terreni di coltura possono essere suddivisi in base allo stato fisico, chimico od in base alla
tipologia di informazione che essi forniscono.
Sulla base dello stato fisico:
 LIQUIDI (“brodi”), utilizzati soprattutto nei casi di campioni per i quali si prevede una bassa
carica microbica (liquidi biologici, aspirati, etc.)
– Terreno liquido “classico“ (brodo normale o nutritivo)
•
•
•
•
•
peptone (derivato dalla digestione parziale di proteine animali) 0,5%
estratto di carne 0,3%
NaCl (per rendere isotonico il terreno)
tampone fosfato (PBS; pH 7,0)
H2O
 SOLIDI (“agarizzati”) in cui il brodo normale viene solidificato con agar (1.5-2%),
polisaccaride acido estratto da alghe rosse tropicali del genere Gelidium.
Vantaggi:
– l’agar non viene metabolizzato dalla maggior parte dei batteri;
– liquidi a temperature 80 °C, vengono aliquotati in contenitori sterili (capsule Petri) dove
gelificano a temperature di 42-47 °C;
– consentono un esame qualitativo (aspetti coloniali macroscopici) e quantitativo (stima
della carica batterica) dell’isolamento.
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Diagnosi DIRETTA
Isolamento di batteri e miceti: terreni liquidi e solidi
Terreni liquidi (brodi)
Terreni in forma disidratata
Terreni semi-solidi (agar)
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Diagnosi DIRETTA
Isolamento di batteri e miceti: terreni
I terreni di coltura possono essere suddivisi in base allo stato fisico, chimico od in base alla
tipologia di informazione che essi forniscono.
 Sulla base dello stato chimico:
– Terreni a composizione chimicamente definita: molto costosi, utilizzati esclusivamente per
l’identificazione di batteri con particolari esigenze nutrizionali.
– Terreni a composizione chimicamente indefinita: di frequente utilizzo, contengono sostanze
naturali (peptone, siero, sangue, estratto di lievito etc.).
– Terreni minimi: utilizzati di rado, contengono carbonio, azoto, zolfo e fosforo sotto forma
di sali inorganici, aggiunti a concentrazione nota.
– Terreni di arricchimento: più frequentemente utilizzati, contengono sangue, siero, estratto
di lievito, infuso di cuore e cervello, carboidrati e amminoacidi per facilitare la crescita di
microrganismi patogeni particolarmente “esigenti” dal punto di vista nutritivo.
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Diagnosi DIRETTA
Isolamento di batteri e miceti: terreni
Sulla base della tipologia di informazioni che forniscono, i terreni si suddividono in:
 Terreni NON SELETTIVI: consentono la crescita batterica di gran parte delle specie note.
 Terreni SELETTIVI: consentono la crescita di una (alcune) specie batteriche, inibendo la
crescita delle rimanenti.
 Terreni ELETTIVI: favoriscono la crescita di una o alcune specie batteriche, sebbene non
inibiscano la crescita di altre.
 Terreni DIFFERENZIALI: consentono di differenziare le specie batteriche sulla base delle
loro caratteristiche biochimiche. Possono essere anche selettivi.
Alcuni terreni possono essere sia SELETTIVI che DIFFERENZIALI
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Esame colturale (isolamento)
Terreni NON SELETTIVI
Privi di inibitori, consentono la crescita della maggior parte delle specie microbiche. Tra i più
frequentemente impiegati ricordiamo:
 Agar sangue: contiene il 5% sangue montone/cavallo, evidenzia la attività emolitica:
– α-emolisi = emolisi parziale, dà luogo alla formazione di un alone verde intorno alla colonia
per degradazione della bilirubina a biliverdina (streptococchi viridanti; S. pneumoniae, E.
faecalis);
– β-emolisi = emolisi completa, dà luogo alla formazione di un alone trasparente intorno alla
colonia (S. pyogenes, S. agalactiae, S. aureus);
– γ-emolisi = mancanza di emolisi (streptococchi viridanti, E. faecalis).
 Agar cioccolato: contiene emoglobina (emina o fattore X), NAD (fattore V) e vitamine, per
l’isolamento di germi “esigenti” dal punto di vista nutritivo (Haemophilus spp., Neisseria
spp., S. pneumoniae). Il caratteristico color cioccolato deriva dal trattamento termico del
sangue che ne causa la emolisi e, quindi, il rilascio dei fattori di crescita.
 Brodi nutrienti: a composizione chimica ricca, consente la crescita della maggior parte dei
batteri (es. brodo di soia-caseina, infusione cuore-cervello, etc.)
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Agar cioccolato
Brodo cuore-cervello
Agar cioccolato
Agar sangue:
α-, β-, -emolisi
Agar sangue montone
Esame colturale (isolamento)
Terreni NON SELETTIVI
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Esame colturale (isolamento)
Terreni SELETTIVI
Questi terreni consentono la crescita di particolari specie microbiche grazie alla presenza di agenti
selettivi, tra cui:
 coloranti: cristalvioletto, verde brillante, fucsina basica
 antibiotici: con attività batteriostatica/battericida vs “contaminanti”
Vengono utilizzati per l’isolamento di microrganismi patogeni presenti in campioni prelevati da siti
caratterizzati da una da flora microbica residente (ossia «contaminati»: cute, faringe, naso,
intestino, vagina). Tra i più frequentemente utilizzati:
 Cetrimide agar: contiene cetrimide, composto dell’ammonio quaternario, che inibisce la
crescita di tutti i microrganismi eccetto P. aeruginosa.
 Thayer-Martin agar (agar cioccolato addizionato di vancomicina, colistina, trimethoprim
lattato e nistatina): selettivo per Neisseriaceae patogene.
 MacConkey agar: contiene sali biliari e cristalvioletto, che inibiscono la crescita dei Grampositivi; selettivo per Enterobacteriaceae.
 Mannitol Salt agar: elevata concentrazione NaCl (7.5%), selettivo per stafilococchi.
 SS agar (sodio citrato, sali biliari, verde brillante): selettivo per Salmonella e Shigella spp.
 Terreni riducenti: solidi o liquidi, contengono composti chimici che si combinano
chimicamente con O2 atmosferico fino ad esaurirlo (agenti riducenti: tioglicolato di sodio,
acido ascorbico, etc.). Selettivi per gli anaerobi.
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Salmonella-Shigella (SS) agar
Mannitol Salt Agar
MacConkey agar
Thayer-Martin agar
Esame colturale (isolamento)
Terreni SELETTIVI
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Esame colturale (isolamento)
Terreni DIFFERENZIALI
Contengono ingredienti in grado di differenziare particolari specie (o gruppi) microbiche sulla
base della capacità di fermentare specifici carboidrati:
 carboidrati (zuccheri);
 indicatori di pH (rosso fenolo, rosso neutro, blu di bromofenolo).
La fermentazione del carboidrato causa il rilascio di prodotti acidi della via fermentativa
causando una acidificazione del terreno, prontamente indicata dal viraggio dell’indicatore di
pH (e della colorazione delle colonie).
Esempi:
 Agar sangue (5% di montone oppure cavallo) per evidenziare la capacità di emolisi dei
batteri: α-emolisi, β-emolisi, γ-emolisi.
 MacConkey agar (cristalvioletto, lattosio, rosso neutro), differenzia specie lattosiofermentanti (E. coli) da quelle non fermentanti (P. mirabilis, Salmonella spp, Shigella
spp.).
 Mannitol Salt agar (mannitolo, rosso fenolo), differenzia specie mannitolo-fermentanti
(S. aureus) dalle non fermentanti (stafilococchi coagulasi-negativi).
 SS agar: i) tiosolfato di sodio e citrato ferrico consentono di evidenziare la produzione di
solfuro di idrogeno da parte delle colonie di Salmonella con aree centrali nere; ii)
lattosio, per evidenziare capacità fermentanti.
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Agar sangue:
α-, β-, -emolisi
Agar sale-mannite
Agar SS
Agar MacConkey
Esame colturale (isolamento)
Terreni DIFFERENZIALI
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Esame colturale (isolamento)
Semina del campione
La semina del campione è finalizzata all’ottenimento di colonie isolate, ossia sufficientemente
distinguibili, necessarie per la successiva caratterizzazione del ceppo (es. identificazione,
antibiogramma). Pertanto, soltanto i terreni agarizzati possono essere utilizzati a tal fine. Il
terreno da impiegare viene adeguatamente scelto sulla base della tipologia del campione
prelevato e del sospetto diagnostico.
Tecnica di semina per isolamento:
1. deporre una piccola quantità di materiale patologico da esaminare al
margine della piastra (se il materiale è molto denso, prima stemperarlo
con soluzione fisiologica o brodo sterile).
2. mediante l’utilizzo di una spatola o di un’ansa, distribuire il materiale sulla
superficie del terreno in modo da avere la formazione di colonie
ravvicinate nel primo tratto di semina e colonie isolate nell’ultimo tratto.
Al fine di ulteriormente caratterizzare l’isolato (identificazione, tests
antibiotico-sensibilità), una singola colonia verrà prelevata in sterilità, quindi
coltivata nuovamente (sub-coltura) in adeguato terreno al fine di ottenere
una coltura pura del microrganismo, ossia formata da cellule “clonali”
(derivanti tutte dalla stessa cellula madre “progenitrice”).
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Esame colturale (isolamento)
Semina «per isolamento»
Crescita polimicrobica: 3 tipi coloniali
Crescita monomicrobica (coltura pura): 1 tipo coloniale
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Esame colturale (isolamento)
Incubazione
A seguito della semina del campione su opportuno terreno, esso verrà posto in un
incubatore, in condizioni ottimali - in termini di temperatura, tensione di O2 e tempo - per la
crescita del microrganismo.
TEMPERATURA




Psicrofili: da -10 a +20°C (optimum a 10-12°C; es. L. monocytogenes, 5-8°C).
Mesofili: da +10 a +50°C (optimum a 37°C; la quasi totalità dei batteri patogeni).
Termofili: da +40 a +70°C (optimum a 60°C).
Ipertermofili: da +65 a +110°C (optimum a 95°C).
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Esame colturale (isolamento)
Incubazione
OSSIGENO
 Aerobi obbligati: crescono solo in presenza di O2 atmosferico (Micrococcus spp.).
 Aerobi facoltativi: crescono meglio in condizioni aerobie che anaerobie (Staphylococcus
spp., Bacillus spp., Escherichia coli, Enterococcus spp.).
 Anaerobi obbligati: crescono solo in assenza di O2 atmosferico (Clostridium tetani,
Clostridium botulinum, Fusobacterium spp., Bacteroides spp.).
 Anaerobi facoltativi: crescono meglio in condizioni anaerobie che aerobie
(Corynebacterium spp., Streptococcus spp.).
 Microaerofili: crescono in ambienti con ridotta tensione di O2, in atmosfera addizionata di
CO2 (2-5%, H. pylori, H. influenzae, Neisseria spp.).
Il pattern di crescita osservato in terreno liquido è suggestivo per la richiesta di O2.
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Esame colturale (isolamento)
Incubazione in anaerobiosi o microaerofilia
 Per la ricerca di batteri anaerobi si ricorre all’utilizzo di
sistemi «dedicati» in grado di assicurare l’ottenimento di
una atmosfera anaerobica:
 incubatore (o cappa), in cui l’aria viene sostituita da
una miscela di H2, CO2 e N2.
 giara: contenitore in cui la presenza di un
catalizzatore (bicarbonato di sodio e sodio
boroidruro) favorisce, una volta umidificato, la
reazione di H2 e O2 con formazione di H2O.
Cappa (camera) per anaerobiosi
 La giara può essere utilizzata anche per generare ambienti
arricchiti per CO2 (microaerofilia).
Giara per anaerobiosi
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Esame colturale (isolamento)
Incubazione
pH
 Acidofili: crescono a 2 < pH < 6; funghi e lieviti (pH 5 - 6).
 Neutrofili: crescono a 6 < pH < 8 (la maggior parte dei batteri).
 Alcalofili: crescono a 8 < pH > 9.5.
Ogni terreno di coltura è caratterizzato da un adeguato valore di pH. In alcuni casi è presente
anche un “sistema tampone” atto a contenere eventuali variazioni di pH.
Il pH è uno dei fattori che possono influenzare anche la attività in vitro di farmaci antimicrobici
(antibiogramma).
La preparazione di un terreno viene effettuata secondo linee-guida che tengano conto
dell’opportuno valore di pH.
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Esame colturale (isolamento)
Incubazione
TEMPO
 La velocità di crescita media è una caratteristica peculiare della specie batterica
considerata:
– Escherichia coli (e gran parte dei patogeni)
– Mycobacterium tuberculosis
18 h
– Treponema pallidum
33 h
20-30 min
Gran parte dei batteri patogeni ha un tempo di duplicazione di circa 40-60 min.
Pertanto, la crescita di gran parte dei microrganismi “non esigenti” (a crescita rapida) si
manifesta a seguito di almeno 10-12 h di incubazione in condizioni ottimali.
Tuttavia, esistono microrganismi di rilevanza clinica a crescita lenta (es. gruppo HACEK, M.
tuberculosis, T. pallidum)
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L’approccio metodologico diagnostico si basa sul sospetto diagnostico
Nella richiesta di esame diagnostico, il Clinico deve notificare al Microbiologo, per quanto
possibile, l’eventuale sospetto per la presenza di patogeni “inusuali” per l’atmosfera richiesta
(aerobiosi, anaerobiosi, carbossifilia, microaerofilia) o per una ridotta velocità di crescita.
Ciò consente al Microbiologo di adottare un set di terreni “dedicati” e di prevedere adeguate
condizioni di incubazione evitando, in tal modo, un risultato FALSAMENTE NEGATIVO.
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Diagnosi DIRETTA
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Diagnosi DIRETTA
Principi di identificazione
Una volta ottenuta una coltura pura del microrganismo, si procede alla sua identificazione.
L’identificazione microbica prevede, generalmente, un approccio a due stadi.
Identificazione
PRESUNTIVA
Identificazione
FINALE
 ID PRESUNTIVA (preliminare). Si basa sulle caratteristiche macroscopiche e microscopiche
principali del microrganismo.
 I risultati della ID presuntiva vengono quindi confermati da prove secondarie (biochimica,
sierologica, molecolari), quali quelle fornite dai sistemi d’identificazione commerciali (ID
DEFINITIVA o FINALE).
La valutazione della probabile identificazione di un microrganismo deve, INOLTRE,
sempre tener conto del sospetto diagnostico e dei rilievi clinici.
42
Diagnosi DIRETTA
Principi di identificazione – ID PRESUNTIVA
 ID PRESUNTIVA (preliminare). Si basa sulle caratteristiche principali del microrganismo:
– macroscopiche (colturali)
• tipo (aspetto) coloniale
• emolisi, motilità (sciamaggio), etc.
• crescita su terreni selettivi/differenziali
– microscopiche (morfologia, organizzazione)
• colorazione di Gram, Ziehl-Neelsen
– biochimiche:
• ossidasi, catalasi
La attendibilità delle prove primarie si basa principalmente sulla stabilità delle caratteristiche
fenotipiche.
43
Identificazione “presuntiva”
Aspetto macroscopico delle colonie
puntiforme
d < 1 mm
effuso
circolare
Forma
rizoide
piatto
irregolare, a filo
intrecciato
irregolare,
ramificata
irregolare
sopraelevato
Rilievo
filamentosa
ondulata
eroso
anelli concentrici
raggrinzita
Margine
Superficie
rugosa
umbonato
ondulato
radiata
concentrica
convesso
intero
liscia
rilevata
sottile, allungato
filamentoso
arricciato
44
Identificazione “presuntiva”
Aspetto macroscopico delle colonie
45
Identificazione “presuntiva”
Osservazione microscopica previa colorazione
http://www.flickr.com/photos/albaraamehdar/4536
386236/in/photostream/
46
Identificazione “presuntiva”
Attività emolitica
da: Microbiologia e Microbiologia Clinica, R. Cevenini, V. Sambri, Piccin
47
Identificazione “presuntiva”
Motilità cellulare
Fenomeno dello “sciamaggio” su agar sangue: tutte le specie del
genere Proteus sono mobili per flagelli peritrichi.
48
Identificazione “presuntiva”
Prove biochimiche: catalasi ed ossidasi
Per l’identificazione dei microrganismi possono essere utilizzate numerose prove
biochimiche. Alcune di loro, come la catalasi e l’ossidasi, sono rapide e di facile esecuzione e
possono essere utilizzate per la differenziazione preliminare.
 Catalasi. Il perossido di idrogeno si forma in alcuni batteri come prodotto finale del
metabolismo ossidativo aerobico degli zuccheri ed è particolarmente tossico se ne si
consente l’accumulo. L’enzima catalasi scinde il perossido d’idrogeno in acqua ed
ossigeno gassoso.
 Ossidasi. La prova dell’ossidasi è utilizzata per rilevare il sistema enzimatico citocromoossidasi intracellulare. Questo sistema è solitamente presente nei microrganismi aerobi
che sono in grado di utilizzare l’ossigeno come accettare finale dell’idrogeno.
Test della ossidasi:
+ Pseudomonas
- Shigella, Salmonella, Proteus
Test della catalasi:
+ Staphylococcus
- Streptococcus
49
Identificazione “presuntiva”
Flow-chart diagnostica
I risultati derivanti dalle prove
primarie vengono quindi
interpretati in maniera «integrata»
- utilizzando «alberi» (flowcharts)
diagnostici dicotomici – al fine di
ottenere una ID PRESUNTIVA.
50
Diagnosi DIRETTA
Principi di identificazione – ID FINALE
I risultati della ID presuntiva vengono, quindi, confermati da prove secondarie, quali quelle
fornite dai sistemi d’identificazione commerciali, al fine di ottenere una ID DEFINITIVA o FINALE.
I sistemi per la ID FINALE si basano su tests:
 biochimici
 sierologici
 molecolari
51
Identificazione “finale”
Identificazione biochimica
Nella identificazione biochimica, la determinazione di “specie” si basa sulla definizione del
corredo enzimatico del microrganismo in esame.
In particolare, si valuta la capacità di:
– metabolizzare specifici carboidrati, per via ossidativa (via aerobica) e/o per via fermentativa (via
anaerobica)
– produrre specifici enzimi
 DNAsi (Proteus, Serratia)
 citocromo-ossidasi (Pseudomonas)
 ureasi (Proteus, Klebsiella, Enterobacter)
– produrre specifici prodotti metabolici
 H2S (Salmonella, Proteus)
 acetil-metilcarbinolo (Klebisella, Enterobacter, Serratia)
 indolo (E. coli, Proteus vulgaris)
La valutazione dello spettro biochimico di un isolato viene effettuata mediante utilizzo di sistemi
“manuali” od “automatizzati”.
Identificazione possibile in tempi rapidi (sistemi «automatizzati»: 4 - 6 h) oppure previa
incubazione o/night (sistemi “manuali”: 16-20 h).
52
Identificazione biochimica
Metodo manuale: API (bioMérieux) Identification System
semina
incubazione
La avvenuta fermentazione degli zuccheri (glucosio, sorbitolo,
mannitolo, saccarosio, etc.) e/o l’utilizzazione di altri substrati
(urea, indolo, gelatina, citocromo-ox, etc.) viene rivelata dal
viraggio di un indicatore di pH.
lettura risultati
L’interpretazione «integrata» dei tests genera un codice
numerico (biotipo) che verrà inserito in un database per ottenere
una identificazione a livello di specie corredata con il relativo
livello di accuratezza.
interpretazione
53
Identificazione biochimica
Metodo automatizzato: VITEK (bioMérieux)
Gram-positivi (GP)
Gram-negativi (GN)
Lieviti (YST)
Bacillus spp. (BCL)
Anaerobi, Corynebacterium (ANC)
Neisseria, Haemophilus (NH)
 Il sistema prevede l’utilizzo di una card su cui si trova una serie di pozzetti (30, circa) contenenti dei substrati
biochimici (ID) od antibiotizzati (AST) in forma disidratata.
 Due tipologie di card: una per la identificazione (ID), l’altra per l’esecuzione dell’antibiogramma (AST).
 Non sono richiesti reagenti addizionali, riducendo così il rischio di errore.
 Il database del VITEK copre oltre 300 specie, di rilevanza sia clinica che industriale/alimentare.
 Possibilità di generare reports epidemiologici per monitorare trends relativi ad antibiotico-R ed eziologia.
54
Identificazione “finale”
Identificazione sierologica
Ha come obiettivo finale la ricerca di ANTIGENI specie-specifici, direttamente nel campione
biologico esaminato o da coltura pura (previo isolamento), mediante l’impiego di anticorpi
complementari.
Principali tecniche per l’identificazione sierologica:
 Reazione di agglutinazione, reazione di rigonfiamento capsulare
 Reazione di immunofluorescenza
 Saggio immunoenzimatico (ELISA)
 Saggio di immunocromatografia su membrana
 Western blot
55
ID FINALE - Identificazione sierologica
Reazione di agglutinazione
Agglutinazione su vetrino
 Prevede l’impiego di anticorpi specifici, ottenuti in un animale immunizzato, diretti verso il
batterio, o suoi antigeni solubili, di interesse.
 Reazione su vetrino per microscopia.
 Ricerca di Salmonella, Shigella.
Agglutinazione al lattice
 Si impiegano anticorpi legati (adsorbiti) a particelle di lattice (adsorbimento in fase solida).
L’aggiunta dell’antigene provoca la agglutinazione delle particelle.
 Utilizzata per ricercare gli antigeni polisaccaridici della capsula batterica. Costituiti da sequenze
ripetitive di zuccheri, tali antigeni sono in grado di legare gli anticorpi in più punti (antigeni
polivalenti).
 Frequentemente utilizzata per:
– la ricerca di antigeni batterici (S. pneumoniae, H. influenzae, E. coli, N. meningitidis, C.
neoformans) nel liquor ed urine (o relativi centrifugati);
– la identificazione degli streptococchi (S. pyogenes).
negativo
56
positivo
Ricerca di Haemophilus influenzae in un campione di liquor. Il campione viene cimentato con una sospensione di
particelle di lattice ricoperte di Abs specifici, diretti contro antigeni capsulari di H. influenzae. L’interazione tra Ag e
Ab causa un’immediata agglutinazione di particelle (epifenomeno) visibile ad occhio nudo.
2: positivo
1,3,4,5,6: negativi
57
ID FINALE - Identificazione sierologica
Reazione di rigonfiamento capsulare
Quellung reaction (reazione di Neufeld)
 Alcuni batteri dotati di capsula possono essere identificati direttamente nel campione
utilizzando siero immune contenente Abs anti-antigeni capsulari.
 A seguito della formazione dell’immunocomplesso, si verifica un cambiamento
conformazionale degli strati polisaccaridici capsulari e contestuale cambiamento
dell’indice di rifrangenza e rigonfiamento capsulare visibile al batterioscopico diretto.
 Impiegata per la ricerca di antigeni polisaccaridi capsulari di Streptococcus pneumoniae,
Neisseria meningitidis (gruppi A, C), Haemophilus influenzae di tipo b.
58
ID FINALE - Identificazione sierologica
Reazione di immunofluorescenza
L’esame diretto di materiali patologici - per la ricerca diretta di batteri, protozoi e virus – può
essere eseguito mediante impiego di Abs marcati con fluorocromi.
 Fluorocromo (es. Alexa Fluor, fluorescina): molecola in grado di essere eccitato da una luce
ad una certa lunghezza d’onda (UV), quindi ri-emette una luce ad una lunghezza d’onda
maggiore (nel visibile).
 I fluorocromi sono legati ad Abs modificandone la capacità di legarsi ad uno specifico Ag.
 L’impiego di Abs monoclonali aumenta la specificità dell’indagine:
– prodotti da cellule di ibridoma
– riconoscono un singolo epitopo
 Tale tecnica è caratterizzata da:
– moderata sensibilità (falsa positività in presenza di muco o leucociti
contenenti recettori Fc per legame con Abs marcati)
– costi elevati (attrezzatura)
– richiedere personale ad elevata qualifica
– rapidità di esecuzione
– elevata specificità (se si utilizzano Abs monoclonali)
 Due tipi di immunofluorescenza: diretta vs indiretta
59
Identificazione sierologica
Reazione di immunofluorescenza
 IMMUNOFLUORESCENZA DIRETTA: Ab marcato con
fluorocromo è applicato su una sezione di tessuto contenente
Ag, quindi Ab in eccesso viene lavato e quello rimasto (legato
all’Ag) viene visualizzato mediante microscopio a fluorescenza.
Rapporto fluorocromo/Ag = 1. Sensibilità < IF indiretta.
 IMMUNOFLUORESCENZA INDIRETTA: Ag viene inizialmente
rilevato mediante aggiunta di Abprimario non marcato e,
successivamente, con Absecondario anti-Abprimario marcato con
fluorocromo. Poichè, Absecondario lega più epitopi siti nelle
regioni costanti dell’Abprimario, questo porterà ad una
amplificazione del segnale. Rapporto fluorocromo/Ag > 1.
Sensibilità > IF diretta.
60
Immunofluorescenza DIRETTA
Applicazioni diagnostiche
Immunofluorescenza diretta: diagnosi di sifilide.
61
Immunofluorescenza INDIRETTA
Applicazioni diagnostiche
A
C
A
B
D
Immunofluorescenza indiretta: A) Chlamydia trachomatis; B) Bordetella pertussis;
C) Helicobacter pylori; D) Neisseria gonhorroeae.
62
ID FINALE - Identificazione sierologica
Saggio immunoenzimatico (ELISA: enzyme-linked immunodsorbent assay)
La presenza di un Ag viene rivelata dall’utilizzo di un Ab legato ad un enzima in grado di
catalizzare una reazione cromogenica.
1. si ricopre la superficie plastica di un pozzetto (micropiastra) con Abs specifici verso Ag
da ricercare (immobilizzazione Ag su fase solida).
2. aggiunta di Ag (presente nel campione) che lega Ab immobilizzato.
3. lavaggio dei pozzetti (eliminazione eccesso Ab non legato).
4. aggiunta di un secondo Ab, diretto anch’esso contro Ag target, legato covalentemente
ad un enzima (perossidasi, fosfatasi alcalina, -galattosidasi) (sandwich ELISA).
5. aggiunta di un substrato cromogeno.
 La quantificazione avviene mediante tecniche spettrofotometriche, valutando l’intensità
del viraggio, ossia del cambiamento di colore prodotto in risposta alla conversione
enzimatica (perossidasi, fosfatasi alcalina, -galattosidasi) del relativo substrato
cromogeno: [Ag] = k [intensità viraggio].
 La reale concentrazione dell’Ag viene determinata per confronto con diluizioni standard
dello stesso (curva di calibrazione).
 L’utilizzo di Abs monoclonali ha enormemente aumentato la specificità del test ELISA.
 Applicato nella ricerca di: virus respiratorio sinciziale umano, Rotavirus, Adenovirus
enterici, Chlamydia trachomatis.
63
ID FINALE - Identificazione sierologica
ELISA-test: diretto (sandwich) vs indiretto
La tecnica ELISA può essere applicata per la ricerca di :
 antigeni (ELISA diretta)
 anticorpi (ELISA indiretta)
64
ID FINALE - Identificazione sierologica
Western blot
Tra i tests sierologici più specifici, il Western blot consente la individuazione di una specifica proteina
(«target»). Le molecole antigeniche (proteine) presenti nel campione vengono dapprima separate,
fissate su supporto solido («blotting») e, infine, incubate con Ab marcati per essere rivelate.
1.
2.
3.
4.
5.
Separazione degli Ags su gel di poliacrilammide in
base al peso molecolare (elettroforesi).
Trasferimento degli Ags (bande elettroforetiche)
su membrana di nitrocellulosa.
Incubazione Ags con Ab specifico.
Esposizione ad un Ab secondario (Ab primario)
marcato con un enzima (perossidasi).
La formazione di immunocomplessi (e quindi la
presenza dell’Ag ricercato) viene evidenziata
dall’aggiunta di un substrato sul quale agisce
l’enzima, che provoca la precipitazione di
colorante.
65
Identificazione “finale”
Identificazione molecolare
 Un metodo molto specifico e sensibile per la identificazione dell’agente
patogeno prevede la ricerca di caratteristiche (ossia specie-specifiche) sequenze
di DNA o RNA, mediante:
– amplificazione genica
– ibridazione con una sonda
 Tali tecniche di biologia molecolare rappresentano strumenti diagnostici molto
potenti, in quanto ci consentono:
– la ricerca e la identificazione rapida di patogeni umani
– la ricerca di microrganismi a lenta crescita, difficilmente coltivabili, oppure
non coltivabili
– la tipizzazione dei microrganismi a fini epidemiologici
– la ricerca di determinanti genici codificanti per la resistenza agli antibiotici,
sebbene non possano sostituirsi ai saggi di antibiotico-sensibilità.
66
Identificazione molecolare
Polymerase Chain Reaction (PCR)
 Si basa sulla capacità della DNA-polimerasi di copiare un singolo
filamento di DNA previo appaiamento dei primers, sequenze
oligonucleotidiche fiancheggianti la sequenza “bersaglio”.
 Ciascun ciclo consiste delle seguenti fasi:
1. denaturazione: separazione delle due eliche di DNA
2. annealing: appaiamento dei primers all’elica complementare
3. estensione: DNA-pol copia DNA bersaglio compreso tra primers
 Al termine di ciascun ciclo, il numero delle sequenze di DNA
bersaglio è raddoppiato.
 25-40 cicli sono sufficienti per ottenere una quantità di DNA
bersaglio evidenziabile mediante migrazione elettroforetica.
 Principali svantaggi dell’indagine molecolare:
 falsi-positivi: contaminazione “crociata” del campione con
DNA controllo o proveniente da altri campioni;
 falsi-negative: presenza di inibitori enzimatici;
 non fornisce informazioni sulla vitalità microbica;
 scarsa specificità: cross-reattività tra specie differenti;
 necessità di una coppia di primers per ogni specie.
67
Identificazione molecolare
PCR- based assays
 Multiplex-PCR: prevede l’utilizzo di diverse coppie di
primers per la ricerca simultanea di più sequenze e, quindi,
di diversi patogeni nello stesso campione.
 Nested-PCR: permette di aumentare la specificità (e/o
sensibilità) della reazione. Prevede l’esecuzione di due
successive amplificazioni, di cui la seconda utilizza come
stampo il DNA amplificato nella prima reazione e come
primers degli oligonucleotidi che mappano regioni presenti
all’interno del primo prodotto amplificato.
 Ligase Chain Reaction (LCR): amplificazione della sonda
utilizzata per rivelare la sequenza genica di interesse.
68
Identificazione molecolare
PCR- based assays
 Real-time PCR: consente di dosare il prodotto di amplificazione in tempo reale e nella fase
esponenziale, quando non è ancora presente alcun fattore limitante la reazione.
 Sensibile, ampio range dinamico (101 – 107; non richiede diluzioni del campione), limitate
contaminazioni (no manipolazioni post-amplificazione)
 Probe (5’ reporter dye; 3’ quencher dye) compreso tra due primers (sequenza complementare a
target):
 probe intatto: no amplificazione, no fluorescenza
 probe tagliato da Taq-pol: amplificazione, emissione fluorescenza
 intensità di fluorescenza = k (accumulo prodotto PCR)
69
Identificazione molecolare
PCR- based assays
 Strand Displacement Amplification (SDA): amplificazione isotermica (52.5°C), in cui al taglio (per
restrizione) del DNA segue la sintesi del filamento da parte di DNA-pol, rimuovendo lungo il
percorso il filamento che viene trascritto, mentre il filamento restante serve successivamente da
stampo per nuove amplificazioni. Le fasi di taglio e di polimerizzazione/rimozione si ripetono
ciclicamente producendo copie complementari a singolo filamento del DNA target. Infine, la
ibridizzazione del probe specifico con il prodotto di amplificazione ne modifica la conformazione
sterica consentendo l’emissione di un segnale fluorescente.
Applicata per la identificazione di:
 Micobatteri, appartenenti ai complessi
“tubercolare” e “avium-intracellulare”
 Legionella pneumoniae
 Mycoplasma pneumoniae
 Neisseria gonorrhoeae
 Chlamydiaceae
70
Identificazione molecolare
Sonde molecolari
 Sonda molecolare: sequenza di acido nucleico a singolo filamento [RNA (rRNA) oppure DNA]
complementare rispetto ad una sequenza caratteristica di uno specifico patogeno (reazione di
ibridazione).
 La sonda può essere marcata con enzimi, molecole chemiluminescenti, radioisotopi,
consentendo in tal modo la rivelazione dell’ibrido «sonda-target» da parte di sistemi
automatizzati.
 Tre tipologie di ibridazione:
 in fase solida: sonda adsorbita su substrato (dot-blot, northern-blot, southern-blot)
 in fase liquida: sonda in soluzione (molto rapida vs fase solida)
 in situ: utilizzo di sonde marcate con fluocromo
 La reazione di ibridazione può essere applicata su diverse tipologie di campioni: colonie
batteriche (dot), preparazioni di DNA purificato (southern, fase liquida), campioni clinici (in situ).
 Elevata specificità
 Buona sensibilità (sebbene minore vs tecniche di amplificazione): consente di rivelare la
presenza di 104-106 copie della sequenza target. Più efficace se applicata alla coltura che non su
campione clinico.
 L’impiego di sonde molecolari è piuttosto diffuso per la ricerca di patogeni difficilmente
coltivabili e/o identificabili con altre tecniche: Micobatteri, Chlamydia, Legionella, Mycoplasma;
genotipizzazione di HPV (DNA-Hybrid Capture).
71
Identificazione molecolare
Tecniche di ibridazione molecolare
Il DNA target denaturato (singolo filamento) viene direttamente immobilizzato su un supporto solido
(es. membrana di nitrocellulosa) ed ibridato con una specifica sonda a DNA a singolo filamento
marcata, per facilitarne la successiva rivelazione (dot blot). In alternativa, differenti frammenti di
DNA con diverso peso possono essere separati attraverso elettroforesi su gel di agarosio, denaturati
e poi trasferiti su membrane per l’ibridazione con sonda e rilevazione (Southern blot). Se si utilizzano
molecole di RNA separate mediante elettroforesi, si parla di Northern blot.
72
Identificazione molecolare
Tecniche in fase solida – dot blot
73
Identificazione molecolare
Tecniche in fase solida – southern blot
74
Identificazione molecolare
Tecniche in fase solida – northern blot
75
Identificazione molecolare
Tecniche di ibridazione in situ
 Frequentemente utilizzate in sezioni incluse in
formalina/paraffina.
 DNA viene denaturato senza alterare la morfologia
cellulare o tessutale.
 Sensibilità influenzata dalla capacità della sonda di
penetrare nella cellula (meglio se di piccole
dimensioni, < 500 basi).
 Particolare e frequente applicazione: Fluorescent In
Situ Hybridization – FISH
76
<
Restriction fragment length polymorphism (RFLP): la
digestione del DNA per mezzo di enzimi di restrizione,
seguita da ibridazione con differenti sonde geniche,
genera patterns specie-specifici (ossia caratteristici di una
specie microbica).
77
Identificazione antigenica: LPS
Limulus test
Il Limulus Amebocyte Lysate (LAL) test («gel-clot test») consente di repertare, in tempi
rapidi (15-20 minuti), la presenza nelle urine di basse concentrazioni di microrganismi
Gram-negativi.
Questo test utilizza la peculiarità del lisato di amebociti (cellule circolanti nell’emolinfa)
di gelificare in presenza di tracce (0.0001 ug/ml) di LPS
 reazione enzimatica: attivazione LPS-indotta di una del lisato; coagulazione della proteina
(coagulogeno) del lisato
 specifico e sensibile (90-95%) per ricerca Gram-negativi
 non in grado di evidenziare la presenza di batteri Gram-positivi
 utilizzato su liquor, plasma, siero, liquido articolare, urine
Limulus polyphemus
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11692214
78
Diagnosi DIRETTA
NOTA BENE:
Per la trattazione dell’antibiogramma, si rimanda al Modulo 3:
«ANTIBIOGRAMMA: TECNICHE PER LA DETERMINAZIONE E INTERPRETAZIONE «CRITICA»
DEL RISULTATO»
79
Diagnosi INDIRETTA
Finalizzata a rilevare una risposta immune umorale (anticorpale) specifica dell’ospite
all’agente infettivo, mediante:
A. Reazione di fissazione del Complemento
B. Reazione di agglutinazione
C. Test immunoenzimatico (ELISA)
D. Saggio in immunofluorescenza (IF)
E. Saggio radioimmunologico (RIA)
80
Diagnosi INDIRETTA
 La diagnosi INDIRETTA di una infezione microbica (batterica, virale, fungina, protozoaria)
mira a rivelare una risposta immunitaria umorale specifica dell’ospite all’agente eziologico.
 E’ più tardiva di quella DIRETTA, in quanto si può ricorrere ad essa soltanto quando si sia
sviluppata la reattività immunitaria dell’ospite:
– IgM, normalmente transitorie ed indicative di una infezione primaria e recente. In alcuni casi
possono persistere a lungo (fino a 6-12 mesi).
– IgG, compaiono più tardivamente, raggiungendo un picco dopo 3-6 settimane dall’infezione.
Per questo è buona norma ricercarle in campioni successivi (primo: entro 5-10 giorni
dall’infezione; secondo: 3-4 settimane dopo). Spesso persistono per tempi prolungati. Sono
indicative di una infezione pregressa od attiva (se titolo anticorpale è aumentato di almeno 4
volte nei due campioni successivi).
 Non è sempre possibile porre diagnosi indiretta (es. in pazienti anergici).
 Pertanto, le indagini sierologiche diventano di ausilio
diagnostico soltanto quando sia impossibile ricercare
l’agente eziologico con le tecniche dirette (es. isolamento
colturale difficoltoso o non possibile).
 L’accertamento indiretto, non comportando l’isolamento
del germe, preclude la possibilità di saggiare la antibioticosensibilità dell’agente etiologico.
81
Diagnosi sierologica
Cinetica della risposta anticorpale
82
Diagnosi sierologica
La sierologia è utile per valutare il timing (recente o pregressa) ed il decorso dell’infezione (primaria
vs reinfezione, acuta vs cronica).
SIEROCONVERSIONE: inizia quando si ha la produzione di anticorpi a seguito di infezione primaria.
Consiste nella comparsa di anticorpi specifici (IgM o IgG) a seguito di un test precedente negativo.
 Presenza di IgM specifiche°, nelle infezioni acute o nella fase acuta di infezioni persistenti.
 Aumento di IgG in assenza o lieve aumento di IgM, nelle reinfezioni (risposta anamnestica).
 Presenza di IgA sieriche specifiche, nelle infezioni subacute o croniche.
La positività per IgM deve essere associata a sintomi clinici compatibili e/o ad un test positivo per
IgG specifiche a bassa avidità.
La sieroconversione e la reinfezione sono indicate da un aumento del titolo anticorpale di almeno 4
volte tra fase acuta e convalescenza:
– primo campione: prelevato entro 7-10 giorni dalla presunta esposizione (contatto con un soggetto
infetto) o dalla comparsa della sintomatologia dell’infezione acuta (esantema) (fase acuta);
– secondo campione: prelevato dopo circa 2-3 settimane (fase convalescente).
I due campioni devono essere esaminati nel corso della stessa seduta analitica per dimostrare
l’aumento del titolo anticorpale.
83
Diagnosi INDIRETTA
A. REAZIONE DI FISSAZIONE DEL COMPLEMENTO
PRINCIPIO: capacità del Complemento di legarsi agli immunocomplessi.
METODICA:
– il siero del paziente viene “scomplementato” (privato del Complemento) (30 min, 56°C);
– diluizioni del siero inattivato vengono cimentate con l’antigene, in presenza di Complemento
“fresco” (di coniglio) aggiunto in quantità nota;
– se nel siero del paziente sono presenti anticorpi specifici questi si legano all’antigene ed il
Complemento si lega all’immunocomplesso;
– si aggiunge un “sistema rivelatore ” (eritrociti di montone + anticorpi anti-eritrociti di
montone):
• se il siero del paziente è positivo (cioè contiene anticorpi contro l’antigene) gli eritrociti
rimarranno integri, in quanto il Complemento si è legato al primo immunocomplesso;
• se il siero del paziente è negativo (cioè non contiene anticorpi contro l’antigene) gli
eritrociti verranno lisati, in quanto il Complemento si lega all’immunocomplesso
eritrocita+anticorpo anti-eritrocita. La reazione si evidenzia con liberazione di emoglobina.
Un classico esempio applicativo della FC è la reazione di Wassermann, per la
diagnosi di sifilide, in cui si ricercano Abs anti-Ag lipidico o cardiolipina.
84
Diagnosi INDIRETTA
A. REAZIONE DI FISSAZIONE DEL COMPLEMENTO
85
Diagnosi INDIRETTA
A. REAZIONE DI FISSAZIONE DEL COMPLEMENTO
Campione da fase ACUTA
Campione da fase CONVALESCENZA
Titolo anticorpale = reciproco della più alta diluizione positiva alla fissazione
Nella reazione di Fissazione del Complemento (FC) la lisi del globulo rosso indica una reazione negativa, mentre
l’assenza di lisi è indice di positività per la presenza di anticorpi.
In figura è riportata una reazione FC per evidenziare anticorpi anti-Coxiella burnetii (agente eziologico della
polmonite atipica). Nella linea superiore usando diluizioni di un siero in fase acuta, il Complemento è stato
fissato solo nei primi 5 pozzetti (il titolo dell’anticorpo è 32), mentre con il siero convalescente nella seconda
linea non c’è lisi dei globuli rossi per tutte le diluizioni di siero e quindi il titolo dell’anticorpo è maggiore di 512.
In questo caso un aumento di 4 volte nel titolo del siero tra la fase acuta e di convalescenza è indicativo
dell’infezione da Coxiella burnetii.
86
Diagnosi INDIRETTA
B. TEST DI AGGLUTINAZIONE
 L’antigene corpuscolato consiste di una sospensione
di microrganismi, cellule (emazie) o particelle uniformi
(lattice) sulle quali sono adsorbiti gli antigeni.
 Diluzioni scalari (2-fold) del siero vengono cimentate
con una quantità fissa di antigene.
 In presenza di siero positivo, ossia contenente gli
anticorpi specifici, la formazione di immunocomplessi
si evidenzia con la formazione di aggregati
(agglutinazione).
Titolo anticorpale = reciproco della più alta
diluizione positiva all’agglutinazione
Classici esempi applicativi del test di agglutinazione sono le reazioni di Widal
(diagnosi di salmonellosi) e di Wright (diagnosi di brucellosi)
87
Diagnosi INDIRETTA
C. REAZIONE DI IMMUNOFLUORESCENZA
IF DIRETTA: Sul vetrino viene fissato l’antigene noto marcato con un fluorocromo (isotiocianato di
fluorescina) ed il siero, opportunamente diluito, viene messo ad incubare con l’antigene.
IF INDIRETTA: Sul vetrino viene fissato l’antigene noto ed il siero, opportunamente diluito, viene
messo ad incubare con l’antigene. Successivamente si aggiungono anticorpi anti-immunoglobuline
umane, prodotti in animali e coniugati con isotiocianato di fluoresceina.
Se il campione è positivo, all’osservazione microscopica esso risulterà fluorescente grazie alla
formazione dell’immunocomplesso marcato (fluorocromo associato all’antigene).
88
Indirect fluorescent antibody (IFA) test. The fluorescence
indicates that the patient serum being tested contains
antibodies that are reacting with the antigen preparation
(here, Plasmodium falciparum parasites).
Today, the indirect fluorescent antibody test (IFA) provides the
only means by which an infection by Elrichiosis can be
confirmed. The IFA is useful because it identifies the presence of
host antibodies directed against the invading pathogen.
However, false negatives may arise due to a prolonged delay of a
host's immune response.
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Diagnosi INDIRETTA
D. Test immunoenzimatico (ELISA: enzyme-linked immunosorbent assay)
 Si impiega l’antigene fissato su una superficie di plastica (piastra) per catturare e separare
l’anticorpo specifico dagli altri anticorpi presenti nel siero del paziente.
 L’anticorpo fissato viene quindi evidenziato dall’impiego di un anticorpo anti-IgG umano
legato covalentemente ad un enzima (perossidasi, fosfatasi alcalina, -galattosidasi).
 La quantificazione avviene con tecniche spettrofotometriche, attraverso la valutazione
dell’intensità del colore prodotto in risposta alla conversione enzimatica del relativo substrato
cromogeno.
 La reale concentrazione dell’anticorpo viene determinata per confronto con diluizioni
standard dell’anticorpo stesso.
90
Diagnosi INDIRETTA
E. SAGGIO RADIOIMMUNOLOGICO (Radioimmunoassay, RIA)




Marcatura dell’antigene (anticorpo) mediante radioisotopo (es. iodio-125)
Rivelazione del corrispondente anticorpo (antigene)
Può essere utilizzato come saggio di cattura (come ELISA), oppure di competizione.
Nel saggio di competizione, la quantità di un anticorpo viene misurata sulla base della sua
capacita di competere con un un anticorpo-radiomarcato (in dotazione al kit) per il legame
con l’antigene, spiazzandolo dai complessi antigene-anticorpo.
 Misurazione della quantità di radioattività associata all’anticorpo.
 Il rischio associato all’utilizzo di radioisotopi ne ha limitato la diffusione a vantaggio dei
saggi ELISA.
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