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Gazzetta del Sud 22 Febbraio 2003 Un “pellegrinaggio” sui luoghi dei delitti REGGIO CALABRIA - Paolo Iannò sta scoprendo gli 'altarini" della 'ndrangheta. E lo sta facendo in maniera completa. Lui conosce segreti, alleanze, tragedie, rapporti con le istituzioni. Alle dichiarazioni che stanno riempiendo decine di verbali, con indicazioni dei luoghi in cui sono stati compiuti gli agguati della guerra di mafia, infatti, seguono regolarmente le ricognizioni del "Nino Giuffè" della 'ndrangheta. Paolo Iannò sta conducendo gl'inquirenti sui luoghi che l'hanno visto protagonista quale componente del terribile gruppo di fuoco dello schieramento "condelliano", un manipolo di killer dal grilletto facile che si era lasciato alle spalle decine di morti ammazzati. Nelle ultime settimane pentito che sta collaborando con la Dda, assieme con il pool investigativo diretto dal sostituto procuratore Francesco Mollace, ha effettuato una serie di sopralluoghi lungo la strada che dal rione Condera si inerpica raggiungendo Terreti e prosegue fino a Gambarie. Per l'ex braccio destro di Pasquale Condello, il superlatitante indicato come il capo dello schieramento che aveva combattuto la guerra di mafia contro i "destefaniani", è stato una sorta di "percorso della memoria". Ogni angolo, ogni curva, ogni cespuglio gli ricordava le imprese degli anni dello scontro. Il pentito ha indicato i luoghi di una serie di fatti di sangue, dal duplice omicidio di Antonino e Annunziato Morabito, uccisi a Terreti il 23 luglio 1990, all'omicidio di Vincenzo Fotia, eliminato il 3 settembre 1990. A proposito del duplice omicidio Morabito ha ricordato di aver viaggiato su una Fiat Regata assieme a Antonino Portafortuna, Paolo Iero e Natale Rosmini, mentre a bordo di una Fiat Uno viaggiavano Paolo Serraino, Bruno Polimeni, Bruno Ventura e Pasquale Pitasi. Poi il racconto delle drammatiche fasi del delitto: la Fiat Uno aveva precluso l'eventuale fuga Verso Terreti all'auto delle vittime; a circa 200 metri di distanza, dietro gli arbusti, Iannò si era nascosto assieme a Paolo lero, Natale Rosmini e Portafortuna. I fratelli Morabito avevano capito di essere finiti in un agguato. Il tentativo di sfuggire alla morte era finito con l'auto delle vittime capovolta n un canalone. Il gruppo di fuoco, dopo i agguato mortale, avrebbe percorso la provinciale fino a raggiungere il bivio per i comuni di Bagaladi e Cardeto. Imboccata la strada per Cardeto, dopo qualche centinaio di metri erano state abbandonate le auto usate per raggiungere il luogo dell'agguato. Il pentito ha rivelato che ad attendere il gruppo di fuoco c'era Francesco Doldo, 54 anni, di Cardeto, assieme ad altre persone. Sarebbe stato proprio Doldo ad accompagnare con la sua auto (una Fiat Ritmo di colore blu) Iannò, Pitasi, Ventura e Rosmini fino all'abitazione di Domenico Serraino. Non meno drammatiche erano state le fasi dell'omicidio di Vincenzo Fotia. La vittima, raggiunta dai primi colpi, aveva abbandonato l'auto al centro della carreggiata per darsi alla fuga a piedi, addentrandosi nella boscaglia. Percorse solo poche decine di metri, Fotia era stato raggiunto e ucciso. Secondo il pentito, il gruppo di fuoco (composto da lui, da Natale Rosmini e Paolo Serraino) era stato accompagnato sul posto in auto da Francesco Doldo. Sopralluoghi e interrogatori. Non ha tempo per annoiarsi Paolo Iannò. Le sue giornate sono assorbite dalla ricostruzione di fatti di sangue, indicando dinamica e responsabili, ma anche degli organici delle varie cosche. Parlando delle varie famiglie alleate ha rivelato che Pasquale Condello non si fidava di tutti: «I Rosmini non sono una famiglia che crea tragedie ... sono una famiglia che dà conto ai Serraino. Se Pasquale diceva "andiamo a dare uno schiaffo a uno", loro lo dicevano ai Serraino. Mentre i Lo Giudice sono sempre stati una pedina importante, più importante di tutti...». L'ex numero due dei condelliani ha svelato il legarne di amicizia che lo legava a Vincenzo Labate, fratello di Pietro il boss del rione Gebbione: «Parlavamo di carni, di macellerie... vedevamo i programmi televisivi come Geo & Geo, soprattutto quando si parlava di salumi, formaggi... è stato lui a dirmi che aveva la rappresentanza del latte, ho saputo in carcere che lui ha la stessa rappresentanza del latte che hanno i Lo Giudice e loro vanno anche a Sbarre a prendere il latte ... ». Il pentito ha avuto modo di parlare dei confini di competenza tra le varie cosche. Sulle divisioni che interessano la zona Sud ha escluso l'influenza della cosca Condello su Valanidi: «... ad esempio Rosario Valanidi ce l'ha Ciccio Gattuso, detto “Cappellaccio” mentre voi glielo contestate agli altri Gattuso». Paolo Toscano EMEROTECA ASSOCIAZIONE MESSINESE ANTIUSURA ONLUS