TITOLO The Dreamers REGIA Bernardo Bertolucci INTERPRETI

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TITOLO The Dreamers REGIA Bernardo Bertolucci INTERPRETI
The Dreamers
Bernardo Bertolucci
Louis Garrel - Eva Green - Michael Pitt - Robin Renucci Anna Chancellor
Drammatico
GENERE
130 min. Colore
DURATA
Francia - Gran Bretagna - Italia 2003 Globo d’Oro 2004 per la
PRODUZIONE
migliore fotografia
Parigi 1968, proprio all'inizio della grande contestazione giovanile. Matthew è un
ragazzo americano giunto a Parigi per motivi di studio. È la voce narrante del film.
Da lui apprendiamo di come, frequentando la Cinematheque di Parigi, conosce Theo
e Isabell, fratello e sorella, studenti di cinema, parigini. I suoi monologhi descrivono
l'appartemento dei due ragazzi francesi, i quali, invitano Matthew a trasferirsi da
loro allorquando i genitori partono per un mese. Un grande appartamento parigino,
antico, vetusto, malandato, con intricati corridoi nei quali si aprono stanze
disordinate e sconclusionate. Così come sconclusionate e bizzarre devono sembrare
le strane abitudini dei due fratelli come quella di dormire nudi abbracciati in una
stretta sensuale. Mentre fuori si odono gli slogan delle manifestazioni, i tre ragazzi
intraprenderanno un percorso di reciproca conoscenza, intellettuale, profonda,
carnale, intima fino agli umori più riposti, che li condurrà ad un a presa di
coscienza, interiore e politica, che, inevitabilmente, dividerà le loro strade che così
profondamente, per quattro intense settimane, avevano camminato sovrapponendosi
tra loro.
TITOLO
REGIA
INTERPRETI
"The Dreamers" è ambientato nel 1968 e i protagonisti sono
tre ragazzi, due francesi ed un americano, patiti di cinema;
il loro è un gioco delle parti: si scambiano i ruoli, ora
punitori ora penitenti; si pongono senza tregua continui quiz
sul cinema. Matthew, Theo e Isabelle giocano spesso con il
cinema, continuando a lanciarsi indovinelli e a rimettere in
scena sequenze dei film che amano. L'idea filmica di
Bertolucci di far seguire le citazioni verbali con spezzoni
dei film citati è ottima, rende anche più divertente il gioco dei ragazzi, ma funziona
solo per chi è amante del cinema e può provare ad anticipare i personaggi nella
soluzione. Agli altri rimarrà probabilmente un senso di
estraniamento nei confronti del mondo in cui vivono i
protagonisti e un po' di irritazione riguardo il modo in cui il
film è costruito.
Il loro è un gioco intellettuale,ognuno di loro teso a
dimostrare la validità delle proprie preferenze artistiche:
Buster Keaton o Charlie Chaplin; Jimi Hendrix o Eric
Clapton.
Il loro è anche un gioco d'amore, il racconto d'una
iniziazione alla vita. Un malizioso rapporto a tre dove i
legami, familiari e sentimentali, si ingarbugliano in un
morboso ed intricato nodo di corpi.
Bertolucci trae il suo film da un romanzo di Gilbert Adair1 al quale ha chiesto di
scrivere
anche
l'adattamento
cinematografico. Lo scrittore inventa dei
dialoghi che colpiscono per la loro precisione
ed adeguatezza alla storia che si racconta e,
d'altra parte, Adair era a Parigi quando Henri
Langlois, direttore della Cinematheque
Francaise venne sollevato dal suo incarico
suscitando furiose proteste nei confronti del
Governo. Battute e tempi che Bertolucci
reinventa e reinterpreta nella sua maniera del
tutto personale, ora grandiosa, come nella scena finale dei titoli di coda che inquadra
furgoni della celere in assetto di guerra dietro a diversi focolai accesi dai
manifestanti, ora più intima e familiare, come alcune scelte dall'elevato contenuto
pittorico ed evocativo.
Doti di eccezionale direzione che trasfonde nella scelta dei tre giovanissimi attori dai
quali riesce a trarre interpretazioni di grande
intensità.
I tre ragazzi, entrati nell'appartamento adolescenti
ne usciranno adulti. Attorno a loro la
contestazione, che rimane però sullo sfondo, nei
confronti della quale si porranno con esiti ed
atteggiamenti
differenti
e
della
quale,
metaforicamente, la rinascita dei loro corpi, come
appena usciti dal bozzolo, ne rappresenta la prorompente carica di innovazione e
libertà.
1
Gilbert Adair
The Holy Innocents, Rizzoli 2003 (pp. 150 -
€ 14.00)
L'aria del tempo filtra, però, nella mescolanza di passioni private e pubbliche,
nell'osmosi fra liberazione sessuale e politica di
una stagione irripetibile.
Le pagine più belle del film nascono dalla
cinefilia del terzetto, dall'attrazione fisica che lo
unisce, dall'improvvisa felicità che nasce dalla
simbiosi fra amicizia e giovinezza.
The Dreamers è un film - summa della poetica e
delle ossessioni di Bertolucci, è un film sincero e
semplice, nonostante la struttura densa di citazioni esplicite e implicite, pervaso da
una splendida colonna sonora rock, la triade Joplin – Hendrix - Doors, che, assieme
alle immagini, racconta la forza di un periodo “senza rimpiangere niente”, come ha
dichiarato più volte lo stesso Bertolucci in tutta franchezza.
Il film è diretto in particolar modo
"ai giovanissimi, che allora non c'erano. Vorrei
avere una macchina del tempo per poterli
condurre in quell'epoca. Io non sono interessato
ai film prettamente storici, non avevo intenzione
di fare un docudrama: volevo, piuttosto, dar vita
ad un contagio e dire ai ragazzi che, se era
giusto ribellarsi allora, lo è anche adesso".
Bernardo Bertolucci
Pitt, Garrel e la Green illuminano lo schermo con
la bellezza dei propri corpi, con il loro subitaneo esplodere nella gioia e ritrarsi nel
dolore: ritraggono l'ansia e gli slanci della stagione verde con una immediatezza rara,
in virtù d'un talento che la regia demiurgica ed intenerita di Bertolucci ha saputo
davvero valorizzare.
E grande spazio sulla stampa è stato riservato all'esordiente Eva Green, che è
certamente una ragazza dotata di fascino.
Hanno detto:
"L'amore per il cinema, citato e mimato
anche nei momenti più drammatici (il tentato
suicidio alla 'Mouchette') non è un vano
gioco erudito, ma una dolente confessione: il
film di cui credevamo di essere solo
spettatori, è la storia della nostra vita".
Claudio Carabba, Sette', 11 settembre 2003
"'The Dreamers' è il film di un uomo stanco
che scivola nel tentativo di raccontarci metaforicamente una scandalosa giovinezza.
Ormai ha perso il favoloso talento e qui deve ricorrere a scipite immagini tv in bianco
e nero per fare atmosfera: proprio lui, che in 'Ultimo tango' aveva rilanciato con una
minima trovata i consumi di burro. Tranquilli,
per 'Dreamers' a nessun emulo di Nando Cicero
verrà in mente qualcosa come 'Ultimo tango a
Zagarolo'".
Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 10 ottobre 2003
"Piacerà agli ex sessantottini, quelli inguaribili e
quelli ormai guariti, ma che l'amarcord lo fanno
sempre volentieri. Ai figli dei sessantottini che
invidieranno i loro babbi per il tanto sesso consumato all'epoca. Agli esegeti de
'L'ultimo tango a Parigi' che qui ritroveranno un bel po' di perversioni tra le lenzuola,
con particolari che Bertolucci non poteva certo permettersi trenta anni or sono. Ma
piacerà anche a chi ama il cinema 'tout court'. E non solo per l'allegra presa in giro,
sempre sul filo di un'evidente autoironia, del topo da cineteca. Ma anche sulla
riflessione, tutt'altro che banale, della vita come sogno. Soprattutto del cinema come
veicolo di sogno. I ragazzi escono dal cinemino convinti di affrontare la vita reale e
invece portano nel sesso e anche nella violenza
per le strade di Parigi, solo un prolungamento
delle fantasie elaborate nella sala buia. Non ti
liberi dal cinema, conclude Bertolucci. Ami una
donna e credi di essere Cary Grant in 'Venere
bionda'. Corri incontro al manganello di un
poliziotto e sei Belmondo in 'Fino all'ultimo
respiro'". Giorgio Carbone, 'Libero', 10 ottobre
2003
"Dei passaggi possono lasciare perplessi, qualche situazione - come una singolare
reazione dei genitori dei due quando scoprono tutto - può persino stupire, nel suo
complesso, tuttavia, il film, pur senza essere il più compiuto di Bertolucci, ha pregi di
regia rilevanti. Spesso anche fino allo stile. Vi concorrono tre interpreti, gli esordienti
Eva Green e Louis Garrel, i gemelli, l'americano Michael Pitt, già visto in 'Bully'".
Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 10 ottobre 2003.
"Il Sessantotto è prologo ed epilogo in due
manifestazioni: una di rivolta culturale all'inizio, e
alla fine una molto più dura che definisce
separandoli violenti e non violenti. Ma il
bellissimo film comunica soprattutto il rimpianto
della giovinezza con le sue passioni, le sue
allegrie, le sue furie".
Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 10 ottobre 2003.
"Un grande sessantenne di oggi fa un film sui ventenni di ieri per colpire al cuore i
ventenni di oggi. Ci riuscirà? Trovandoci anagraficamente nel mezzo giriamo la
risposta ad altri. Ma ci auguriamo che 'The
Dreamers - I sognatori' vada a segno, perché
Bernardo Bertolucci vi ha messo il meglio del
suo cinema e della sua vita. Senza distinguere
l'una dall'altro, per la semplice ragione che non
sarebbe né giusto né possibile. (...) Qualcuno a
Venezia ironizzava sul gusto di Bertolucci per le
'prime volte', in senso sessuale. Si potrebbe
ribaltare l'argomento osservando che per un
artista tutto avviene sempre per la prima volta. Ma il gioco erotico-cinefilo di
'Dreamers' non è gratuito e tantomeno voyeuristico (come miopemente si è scritto in
Francia). Perché uno schermo è sempre anche un riparo, l'incesto un estremo
aggrapparsi all'infanzia. E per crescere, confrontarsi, scoprire l'altro e se stessi, quei
tre giovani ipernutriti di film e di idee dovranno
mettersi letteralmente a nudo, uscire dal regno delle
immagini e delle parole (si parla anche molto nel
film, come si faceva allora, come fa anche oggi chi
ha quell'età) per entrare in quello dei corpi. Di qui
l'importanza delle tante citazioni (Bresson, Godard,
Freaks , Garbo, Marlene...) che sembrano germinare
direttamente dal film stesso, come altrettante tappe
necessarie al suo sviluppo, come fasi della
metamorfosi di un insetto fantastico. Non sappiamo se tutto questo colpirà chi a quei
tempi non era nemmeno nato. Ma se avessimo vent'anni non ce lo faremmo sfuggire".
Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 10 ottobre 2003