549 kb - Pari opportunità - Provincia autonoma di Trento

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549 kb - Pari opportunità - Provincia autonoma di Trento
COMMISSIONE PER LE PARI OPPORTUNITÀ
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Pari opportunità
e flessibilità del tempo di lavoro
nelle pubbliche amministrazioni
IL
RAPPORTO
NELLA
DI
LAVORO
PROVINCIA
A
TEMPO
DI
PARZIALE
TRENTO
Ricerca diretta e coordinata da: Prof.ssa Stefania Scarponi,
Professore di Diritto del lavoro dell’Università di Trento
Realizzata da: Dott.ssa Eleonora Stenico, dottore di ricerca in Diritto comunitario e
comparato di diritto del lavoro
COLPHON
SOMMARIO
Presentazione
Lucia Martinelli
Introduzione
S. Scarponi
Strumenti di promozione delle pari opportunità
mediante l’organizzazione flessibile del lavoro
nelle pubbliche amministrazioni
IL
RAPPORTO
NELLA
DI
LAVORO
PROVINCIA
A
DI
TEMPO
PARZIALE
TRENTO
PARTE PRIMA
disciplina nazionale e comunitaria
CAPITOLO PRIMO
Il rapporto di lavoro a tempo parziale nella prospettiva comunitaria.
1.1. I principi fondamentali contenuti nell’Accordo-Quadro del 6 giugno 1997 e nella
Direttiva n. 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale.
1.2. Il ruolo “pionieristico” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: la
Convenzione n. 175/94 e la Raccomandazione n. 182/94.
CAPITOLO SECONDO
La tutela del lavoro a tempo parziale e le specificità dell’impiego pubblico “privatizzato”.
2.1 Cenni sull’evoluzione dell’assetto normativo relativo al settore pubblico.
2.2. Il provvedimento di trasposizione della direttiva europea 97/81 Ce. Il principio di
non discriminazione ed il criterio pro rata temporis.
2.3. La disciplina nazionale. Il “diritto” al tempo parziale nelle pubbliche amministrazioni.
2.4. Segue: I c.d. “contingenti” di personale a part-time.
2.5. Segue: limiti per particolari qualifiche professionali.
PARTE SECONDA
disciplina normativa e contrattuale degli enti pubblici
della provincia autonoma di trento
CAPITOLO PRIMO
Il rapporto di lavoro a tempo parziale nelle fonti locali, legali e contrattuali.
1.1 Uno sguardo trasversale: i principi comuni della disciplina del rapporto di lavoro a
tempo parziale e le peculiarità proprie dei diversi enti presi in considerazione.
CAPITOLO SECONDO
Assetto normativo e problemi applicativi dei principali enti locali ed enti soggetti alla
disciplina nazionale nella provincia di Trento
2.1. Provincia Autonoma di Trento
2.2. Regione Trentino A/A
2.3. Comune di Trento
2.4. ASL
2.5. Università
2.6. Comparto Scuola
CAPITOLO TERZO
Questioni giuridiche controverse e osservazioni conclusive
3.1. I c.d. “contingenti” di personale a part-time.
3.2. La questione del “diritto” al tempo parziale.
3.3. La problematica dei “soggetti esclusi”. In particolare: la questione dei dirigenti , le
figure che svolgono mansioni di vigilanza e ispettive. Il personale ricercatore degli
istituti locali di ricerca.
3.4. Riduzione dell’orario, anzianità di servizio e progressione di carriera.
3.5. Promozione delle pari opportunità.
APPENDICE
Fonti normative principali: disposizioni rilevanti
Fonti di regolamentazione del rapporto di lavoro dell’ Ente Provincia di Trento
4.
Fonti contrattuali:
4.1. Contratto collettivo provinciale di lavoro (CCPL),sottoscritto in data
8.03.2000.
4.2. Accordo di settore PAT, sottoscritto il 21.09.2001.
4.3. Contratto collettivo decentrato relativo alle modalità di applicazione della
normativa sul part-time, sottoscritto il 17.07.2001.
5.
6.
7.
Fonti legislative:
5.1. Legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7
5.2. Legge provinciale 29 aprile 1983, n 12
Fonti nazionali
Fonti internazionali e comunitarie.
Riferimenti bibliografici
INTRODUZIONE
“Pari opportunità e strumenti di flessibilità del tempo di lavoro:
il rapporto di lavoro a tempo parziale”
Una ricerca della Commissione
per valutare la reale opportunità per le donne.
Il tempo di lavoro e la conciliazione tra responsabilità familiari e professionali è una delle questioni più rilevanti affrontata dalla riflessione sulla condizione della donna lavoratrice. La legislazione più recente, seguendo le sollecitazioni provenienti anche da parte delle istituzioni europee, ha focalizzato le
tematiche dei congedi parentali e di cura, dei congedi formativi e dell’articolazione degli orari delle città. Tuttavia altri ambiti sono estremamente rilevanti e
fra questi un’indubbia importanza è rivestita dal rapporto di lavoro a tempo parziale, che riguarda un’alta percentuale di donne, come dimostrano le analisi riferite alla realtà italiana e di molti paesi europei. Esso è stato oggetto di una recente stagione di riforme, da inquadrarsi nella diffusione di tecniche di gestione
organizzativa flessibile delle risorse umane, ma anche nella sollecitazione a promuovere le pari opportunità nei confronti delle donne, emersa a livello europeo
nella direttiva 97/81 Ce (trasposta in Italia con il d.lgs. n.61/ 2000), che si inserisce in un panorama normativo di preesistente regolamentazione, nel settore
privato e in quello pubblico, sia dal punto di vista della legislazione nazionale e
provinciale, sia da quello della contrattazione collettiva, ai diversi livelli.
In questo panorama, la Commissione provinciale per le Pari Opportunità
ha affidato alla Prof. Stefania Scarponi, Professore di Diritto del lavoro
dell’Università di Trento, una ricerca volta ad analizzare il contenuto di tali
discipline, allo scopo di ricostruire il quadro di riferimento giuridico ed in particolare di verificare i modi attuativi che definiscono numerosi aspetti di tale
rapporto di lavoro. Si è infatti in presenza di provvedimenti differenziati tra settore pubblico e privato, e va considerato che una gamma consistente di questioni è stata dalla legge demandata alla contrattazione collettiva, o è oggetto
di discipline poste da altre fonti, come le leggi provinciali o regionali.
Da questa analisi, realizzata con la collaborazione della Dott.ssa Eleonora
Scenico, dottore di ricerca in diritto del lavoro comparato e comunitario, scaturisce anzitutto la descrizione dei diversi modelli di diffusione di tale rapporto di lavoro, le modalità di svolgimento, e le finalità a cui corrisponde. E’ noto,
infatti, che si tratta di un rapporto che può assumere una fisionomia multiforme, che risulta in certi casi ambivalente dal punto di vista della promozione
delle pari opportunità e dell’occupazione femminile, a seconda del tipo di fles-
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sibilità che lo caratterizza nella durata e nella distribuzione settimanale e/o
annuale. La ricerca affronta alcuni nodi cruciali, legati al regime giuridico
applicato a tale rapporto di lavoro, quali i criteri e le modalità con cui avviene
la trasformazione dal tempo pieno a quello parziale e viceversa; la previsione
di eventuali procedure per favorire la trasformazione del rapporto; il rispetto
del principio volontaristico nella definizione del regime d’orario di lavoro; il
trattamento retributivo e normativo, con riferimento ai diversi istituti del rapporto di lavoro, e tenuto conto delle mansioni e delle modalità di svolgimento
della prestazione lavorativa, dei percorsi di carriera, anche allo scopo di vagliare il rispetto del principio di non discriminazione.
La ricerca affronta questi aspetti in modo differenziato per settore pubblico
e privato, anzitutto prendendo in considerazione gli enti ed i settori maggiormente significativi dal punto di vista della presenza femminile riferiti all’ambito
territoriale della provincia di Trento. Ne emerge un quadro che mostra l’esistenza di una forte richiesta da parte soprattutto delle donne nei confronti della
riduzione dell’orario, a cui corrispondono in capo ai responsabili della gestione
delle risorse umane atteggiamenti differenziati, in alcuni enti molto favorevole
alla diffusione del lavoro a tempo parziale, in altri meno. Di estremo rilievo è
quindi la ricostruzione delle regole giuridiche che compongono il quadro normativo complessivo che è sul punto estremamente ricco. La disciplina del trattamento riservata a chi lavora a tempo parziale è in larga misura ispirata alla esigenza di rispondere alla salvaguardia del lavoro di cura e si è adeguata progressivamente in misura sempre maggiore al principio di non discriminazione. I
problemi tuttavia non mancano e riguardano soprattutto la possibilità di accedere a tale modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, che è tuttora molto
differenziata a seconda dei settori e delle qualifiche professionali. Non mancano
infatti casi in cui si arriva a rinunciare alla progressione di carriera per poter conservare la possibilità di fruire dell’orario ridotto. Una delle questioni discusse è
pertanto se possa configurarsi, ed entro quali limiti, il “diritto” alla trasformazione del rapporto di lavoro, e in che misura siano legittime alcune restrizioni tuttora presenti. Poco sviluppate appaiono poi altre tipologie di lavoro flessibile, che
in qualche misura potrebbero influire sulla conciliazione tra lavoro professionale e familiare, come il telelavoro o il job-sharing, così come altri interventi sul
versante delle misure complementari alla condivisione del lavoro di cura, che
potrebbero viceversa formare oggetto di apposite politiche pubbliche.
Lucia Martinelli
Presidente della commissione Pari opportunità
della Provincia autonoma di Trento
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PREMESSA
Finalità e metodologia dell’indagine
La finalità della ricerca sul tema della flessibilità come strumento per la
promozione delle pari opportunità si situa in un ambito di riflessione che è di
estremo rilievo, date le sollecitazioni che emergono a questo riguardo anche
a livello europeo, che considera l’obiettivo della realizzazione di pari opportunità fra donne e uomini nel lavoro fra gli obbiettivi prioritari per la coesione sociale. Al riguardo, nella ormai variegata gamma di contratti di lavoro
inscritti nella prospettiva della flessibilità, il rapporto a tempo parziale presenta alcune caratteristiche, quale la possibilità di articolazione dell’orario in funzione delle esigenze dell’impresa e del lavoratore, che si accompagna alla
garanzia di stabilità del rapporto di lavoro. Soprattutto quest’ultima connotazione lo rende particolarmente interessante rispetto ad altri contratti oggi in
via di diffusione sempre maggiore, dal punto di vista di scelte di politica sociale ispirate a ragioni di tutela, ed in questo senso è stato oggetto di sollecitazione verso la sua maggiore estensione da parte delle organizzazioni comunitarie.
Tenuto conto della rilevanza che assume la dimensione sovranazionale
nell’orientare anche le strategie occupazionali dei paesi della Comunità europea, l’analisi sviluppa anzitutto la ricostruzione dell’evoluzione recente del
diritto comunitario in materia, e successivamente ricostruisce la disciplina
nazionale, che si presenta differenziata fra il settore pubblico e quello privato,
differenza che viene mantenuta, pur all’interno di norme ad applicazione
generalizzata, anche dal provvedimento attuativo della direttiva europea sul
lavoro a tempo parziale.
Lo studio qui compiuto è dedicato all’approfondimento del quadro normativo e contrattuale del settore pubblico, a cui si affiancherà un’ ulteriore
parte della ricerca dedicata al settore del lavoro privato.
Il settore pubblico presenta delle peculiarità in materia di lavoro a tempo
parziale che, come si pone in luce nel presente lavoro, lo rendono per alcuni
aspetti del tutto coerente con il perseguimento della promozione delle pari
opportunità a cui sono tenute le pubbliche amministrazioni. Tale quadro normativo è peraltro articolato a seconda dell’applicazione della disciplina nazionale, come avviene in alcuni comparti, o di quella posta dall’autonomia legislativa e contrattuale propria della Provincia autonoma di Trento e della
Regione autonoma Trentino – Alto Adige. Si è pertanto affrontato un complesso molto articolato di fonti di regolamentazione, che ricomprende anche
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i contratti collettivi ai diversi livelli – provinciale, di settore e decentrato. Di
tali fonti esistono richiami nel testo e nell’Appendice, in cui sono state riportate le principali disposizioni relative all’ente della Provincia autonoma di
Trento.
La metodologia utilizzata si fonda sull’esame delle regole, contenute nelle
fonti legislative e contrattuali, che appaiono più rilevanti per verificare in
quale misura sia perseguibile l’obiettivo della promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nel lavoro, intesa secondo le indicazioni provenienti
dal quadro europeo ormai consolidato e condivise nel nostro ordinamento,
anzitutto come facilitazione della possibilità di conciliare lavoro professionale e familiare, e come eliminazione degli ostacoli che si frappongono all’occupazione e alla progressione di carriera nei confronti delle donne, senza trascurare il versante del divieto di discriminazione, che è stato puntualmente
sottolineato in sede europea. Si è tenuto conto a questo riguardo non soltanto
del quadro normativo ma anche di quello emergente dalla giurisprudenza
della Corte di Giustizia e dei pareri resi dal Collegio Istruttorio presso il
Comitato Nazionale per le Pari opportunità, e degli interventi della
Consigliera di parità della Provincia di Trento.
I nodi qualificanti su cui si è sviluppata l’analisi attengono ai limiti percentuali stabiliti per la possibilità di costituire rapporti di lavoro a tempo parziale, alla tipologia dell’orario, al rispetto del principio di parità di trattamento, al ricorso all’orario supplementare o straordinario, alla progressione di carriera, all’esclusione di alcune categorie o profili professionali. Si è altresì voluto verificare in quale misura si colleghi il ricorso al tempo parziale con altri
strumenti di flessibilità del rapporto o del tempo di lavoro, come il telelavoro,
il job –sharing, ed altresì al ricorso ai congedi parentali, nonché ad altre soluzioni di tipo organizzativo, tali da consentire di massimizzare il bilanciamento tra esigenze organizzative delle pubbliche amministrazioni ed esigenze
connesse alla promozione delle pari opportunità.
L’analisi ha quindi considerato anche i percorsi applicativi, mediante colloqui con interlocutori qualificati, rappresentati dai comitati per le pari opportunità costituiti negli enti pubblici, sindacalisti, dirigenti delle pubbliche
amministrazioni dei principali enti della provincia di Trento oggetto dell’indagine, a cui va un ringraziamento particolare per la loro disponibilità e collaborazione.
Stefania Scarponi
10 pari opportunità
PARTE
PRIMA
Disciplina nazionale
e comunitaria
Stefania Scarponi
Eleonora Stenico
CAPITOLO PRIMO
Il rapporto di lavoro a tempo parziale nella prospettiva comunitaria ed
internazionale: uno strumento per promuovere le pari opportunità e conciliare
le esigenze di flessibilità personali con quelle organizzative.
L’adozione di misure di sostegno alla diffusione di maggiore flessibilità,
quale strumento per promuovere l’occupazione e le pari opportunità tra uomini e donne nel mercato del lavoro, è stata ritenuta “prioritaria” dalle Istituzioni
Comunitarie e dalle stesse Parti Sociali sin dai primi anni novanta. In tale logica un ruolo particolare è stato riconosciuto al rapporto di lavoro a tempo parziale, come strumento che, opportunamente regolamentato, poteva assumere
una funzione prioritaria nell’ambito della strategia europea per l’occupazione,
improntata alla concezione che coniuga la flessibilità con la sicurezza delle
tutele per il lavoratore. Ad essa si riallaccia la sottoscrizione, il 6 giugno 1997,
dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, prontamente recepito dal
legislatore comunitario nella Direttiva n. 97/81/CE.
Il favore verso forme di lavoro flessibile, ma al tempo stesso rispettose dei
diritti fondamentali dei prestatori di lavoro, si spiega anche alla luce del fatto
che sia gli Organismi comunitari, sia le stesse OO. SS. sovranazionali, hanno
considerato il part-time lo strumento più adatto a rispondere alle esigenze personali dei lavoratori, e più spesso delle lavoratrici, fra cui emerge quella di conciliare vita professionale e familiare nella prospettiva di assicurare le pari
opportunità di accedere e di conservare il rapporto di lavoro. Tale principio
è stato ricompresso altresì fra quelli sanciti solennemente dalla Carta europea
dei Diritti fondamentali siglata a Nizza nel 2000, come diritti connessi alla
cittadinanza europea.
Allo stesso tempo, si tratta di una soluzione che può fornire al datore di lavoro la flessibilità necessaria per far fronte ai mutamenti delle domande del mercato ed alle esigenze di competitività dell’impresa. Come molte analisi socioeconomiche sostengono, il vantaggio per l’organizzazione è costituito dalla
varietà dei moduli orari, che ammette la distribuzione orizzontale, verticale o
mista, ma anche da altri fattori, che rendono conveniente l’utilizzo del lavoro a
tempo parziale, come l’abbassamento della soglia di assenteismo, e il livello di
produttività in genere più che proporzionale rispetto all’orario di lavoro, come
hanno sottolineato studi in campo economico – organizzativo ( Edwards e
13 pari opportunità
Robinson, DRI 1998, n.3, Flessibilità del mercato del lavoro e vantaggio competitivo per le imprese, con riferimento alla diffusione del part-time nel settore della
polizia ed in quello infermieristico). D’altra parte in molti paesi questo tipo di
rapporto è molto più diffuso di quanto non sia nel nostro, e riguarda anche professionalità che viceversa ne sono escluse per legge nel nostro ordinamento. Si
rientra infatti in un’area, quella della flessibilità del lavoro, che può presentare
fattori positivi anche per l’organizzazione, ove quest’ultima sia soggetta ad un
andamento non sempre omogeneo. Inoltre il ricorso al tempo parziale è un
modo che permette alle aziende di mantenere alle proprie dipendenze personale femminile che presenta una professionalità non facilmente sostituibile.
Dalla parte delle donne, che costituiscono i soggetti da cui proviene la più
elevata richiesta di svolgere rapporti di lavoro ad orario ridotto, si delinea anzitutto l’esigenza di conciliare il lavoro e la famiglia, pur essendo individuate a
sostegno della opportunità della diffusione del lavoro ad orario ridotto altre
finalità, come quelle relative alla formazione professionale, oppure alla riduzione della prestazione lavorativa in prossimità del pensionamento. La visione
che ne scaturisce è ispirata infatti più ampiamente ad una valorizzazione
anche del “tempo di non lavoro”, se risponde ad obbiettivi socialmente rilevanti, che l’ordinamento giuridico non può ignorare.
Il tema della conciliazione tra tempi di lavoro e altri tempi della vita emerge anche in altri provvedimenti europei, come la Direttiva sui congedi parentali, e che nella legge di attuazione n.53 del 2000 ha assunto una prospettiva
che si propone di offrire gli strumenti per una più completa strategia di promozione dell’occupazione femminile, del riconoscimento del valore del lavoro di cura, della condivisione dei ruoli familiari, mediante una gamma di soluzioni che ricomprende anche l’intervento nella armonizzazione degli orari dei
servizi pubblici e privati.
1.1. I principi fondamentali contenuti nell’Accordo-Quadro del 6/06/1997 e
nella Direttiva n. 97/81/CE sul lavoro a tempo parziale. Il coordinamento
con la giurisprudenza della CGE
In tale contesto si colloca, per l’appunto, la Direttiva CE 15 dicembre
1997, n. 97/81 del Consiglio Europeo, la quale ha recepito il menzionato
Accordo quadro, concluso qualche mese prima dall’Unione delle
Confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro (UNICE), dal
Centro europeo dell’impresa pubblica (CCEP) e dalla Confederazione europea dei sindacati (CES).
14 pari opportunità
Il contenuto essenziale dell’Accordo consiste in alcuni principi cardine,
ripresi dalla Direttiva, fra i quali emergono quelli di non discriminazione, di
volontarietà, e di agevolazione della trasformazione del rapporto di lavoro
da full-time in part-time, e viceversa.
In particolare, il principio di non discriminazione è giustificato dal rischio
che il lavoratore a tempo parziale sia assoggettato ad un regime diverso e meno
favorevole rispetto a chi lavora a tempo pieno, e con minori opportunità di progressione economica e professionale. Esso è formulato come divieto di trattare
in modo meno favorevole i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a
tempo pieno comparabili, per il solo motivo di prestare la propria opera a
tempo parziale, a meno che il trattamento diverso sia giustificato da ragioni
oggettive. Tale definizione è il riflesso del cospicuo apporto della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, che ha affrontato in più occasioni il
trattamento riservato alle lavoratrici a tempo parziale, applicando il divieto di
discriminazione sulla base del fatto che la componente femminile rappresenta la parte largamente maggiore di coloro che ricorrono al part-time, dato
che risulta confermato anche dalla situazione presente nella Provincia di
Trento. La CGE ha emanato numerose sentenze favorevoli all’eliminazione
delle disparità nel trattamento, elaborando altresì ulteriori criteri di valutazione rigorosa delle eventuali discriminazioni indirette, celate sotto il manto di
regole e trattamenti formalmente paritari, che hanno riguardato vari profili del
rapporto di lavoro, da quelli retributivi a quelli inerenti all’accesso e sviluppo
della carriera professionale. Essi influiscono sulla predisposizione ed interpretazione delle regole circa il trattamento applicabile ai part-timers, nell’accesso
e nello svolgimento del rapporto di lavoro, consentendo di reperire criteri utili
per risolvere le questioni che si pongono nell’applicazione del principio di non
discriminazione e del criterio di “proporzionalità”, come quelle che attengono ai diversi istituti del rapporto di lavoro, da quelle concernenti il periodo di
comporto per malattia, periodo di prova, permessi sindacali ai dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali, maternità, voci retributive accessorie, correlate in particolare alla qualità della prestazione e non alla sua durata (anche
se proprio tale rilievo fa propendere per la loro estensione ai part-timers senza
alcuna riduzione quantitativa, essendo basate sulla valutazione di indicatori
qualitativi della prestazione come il risultato, l’intensità, l’affidabilità ecc.).
Il divieto di discriminazione per ragioni di appartenenza di genere è
comunque applicabile ( Roccella, Treu 2002, 176 ), secondo la definizione
che attualmente è prevista dall’art. 1, c.2, D.Ce 2002/73, che ha modificato
la precedente n.76/207, in vista dell’applicazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.
15 pari opportunità
La cornice normativa che si riallaccia alla promozione delle pari opportunità contempla poi altri obblighi, in capo agli Stati membri ed alle parti sociali, come quelli ispirati alla promozione della libertà di scelta personale nei
confronti del regime di orario di lavoro, anche a tempo parziale, come strumento per assicurare una migliore qualità della vita e promuovere pari opportunità sul lavoro.
Di particolare rilievo:
– l’obbligo di rimuovere le restrizioni, anche di fatto, che ostacolano l’instaurazione dei rapporti di lavoro a part-time;
– il divieto per i datori di lavoro di sanzionare o licenziare il dipendente
per il solo fatto di essersi rifiutato di accettare il passaggio dal rapporto
a tempo parziale a quello a tempo pieno, o viceversa;
– l’obbligo di adottare misure per facilitare l’accesso al lavoro a tempo
parziale a tutti i livelli dell’impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali, e per agevolare la formazione professionale, la carriera e la mobilità dei part-timers;
– la raccomandazione ai medesimi di informare i lavoratori e le loro rappresentanze sui posti a tempo parziale e a tempo pieno disponibili nello
stabilimento e sulla possibilità di convertire il rapporto part-time in fulltime.
Gli Stati membri e le parti sociali possono disciplinare il contratto a tempo
parziale anche in modo differente, salvo il rispetto dei soli divieti di discriminazione e di modificazione in peius del regime nazionale già vigente.
Dall’impostazione adottata dalla Direttiva europea, che è vincolante
anche per il legislatore regionale, per quanto attiene ai principi fondamentali,
appare in sostanza privilegiata l’impostazione che tende a diffondere il più
possibile tale forma di rapporto di lavoro, e ad assicurare la tendenziale parificazione nel trattamento, salvo il riproporzionamento delle voci retributive, ma
senza alcuna esclusione.
1.2. Il ruolo “pionieristico” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro: la
Convenzione n. 175/94 e la Raccomandazione n. 182/94.
Seppur non emerga espressamente dai “considerando”, il testo della
Direttiva n. 97/81/CE si pone sulla scia della Convenzione OIL n. 175/1994,
che già definiva un quadro di regolamentazione del rapporto di lavoro a tempo
parziale commisurato al regime del rapporto a tempo pieno, pur tenendo nella
dovuta considerazione la durata ridotta della prestazione.
16 pari opportunità
La Convenzione, integrata dalla Raccomandazione OIL n. 182/1994, ha
fissato la regola fondamentale per la quale i lavoratori a tempo parziale devono fruire dello stesso regime di tutela dei full-timers in materia di salute e sicurezza del lavoro, di tutela contro le discriminazioni dirette e indirette, di maternità, malattia e licenziamento, di sicurezza sociale; inoltre, in forza del principio di proporzionalità, essi devono godere, in misura proporzionalmente
ridotta, anche di tutti quei diritti che sono commisurati alla durata della prestazione lavorativa, come quello alla retribuzione diretta, alle ferie, ai premi di
rendimento, ai permessi retribuiti, ecc.
Infine, la Convenzione in esame, che è stata recentemente ratificata, ha statuito che le ragioni dell’impresa e quelle del lavoratore devono essere considerate equivalenti; che il rapporto a part-time deve essere utilizzato in modo
tale da rispondere alle esigenze di entrambi; che, a tal fine, devono essere
adottate misure che ne agevolino l’instaurazione e/o la trasformazione.
Evidentemente, i tempi erano ormai “maturi” per l’intervento del legislatore comunitario che, a mezzo della Direttiva menzionata, ha inteso incoraggiare la diffusione del lavoro a tempo parziale in tutti gli Stati membri quale
strumento, come anticipato, oltre che di promozione dell’occupazione, anche
di pari opportunità tra uomini e donne sul mercato del lavoro e quindi, in
ultima analisi, di attuazione del principio di uguaglianza sostanziale.
17 pari opportunità
CAPITOLO SECONDO
La tutela del lavoro a tempo parziale nell’ordinamento italiano
e le specificità dell’impiego pubblico “privatizzato”
2.1 Cenni sull’evoluzione dell’assetto normativo relativo al settore pubblico
Fino al 1984 mancava nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina
specifica del rapporto di lavoro a tempo parziale, sia per l’impiego privato che
per quello pubblico; il part-time era riconosciuto di fatto in base ai principi
generali.
Solo con la legge del 19 dicembre 1984, n. 863 (art. 5) fu introdotta una
disciplina del part-time per il lavoro privato, ritenuta tuttavia inapplicabile al
pubblico impiego.
Per quest’ultimo, secondo la legge del 29 dicembre 1988, n. 554, (artt. 7 e
8) furono redatti due regolamenti, emanati, il primo con d.p.c.m. 1989, n.
117, aveva ad oggetto la disciplina del rapporto a tempo parziale; il secondo,
d.p.c.m. 1989, n. 127, era relativo alla sua costituzione. Successivamente nel
processo di riforma che ha introdotto la “privatizzazione” del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, l’art. 22, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 ha
eliminato il rinvio a detti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Nel frattempo, la legge 23 dicembre 1994, n. 724 (art. 22) aveva posto il
limite del 25% quale “contingentamento” del personale a tempo parziale nelle
amministrazioni, e successivamente la riforma del part-time nel lavoro pubblico venne completata nel 1996 con la legge n. 662, che trova la sua ragion
d’essere nel regime delle incompatibilità piuttosto che nella promozione
delle pari opportunità. La soluzione prevista, fondata sul diritto a presentare la
richiesta per la trasformazione del rapporto di lavoro, a cui la pubblica amministrazione può opporre soltanto un differimento (sino ad un massimo di sei
mesi) in caso di difficoltà organizzativa, indubbiamente costituisce uno strumento che agevola le dipendenti che come è noto sono le maggiori fruitrici
del rapporto a t.p.. La legge n. 449/1997 (art. 39, commi 19 e 20) aveva stabilito che le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti locali, le Camere di commercio, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le università e gli enti di ricerca, nonché gli enti pubblici non economici, avrebbero dovuto adeguare i propri ordinamenti alla normativa indicata.
18 pari opportunità
Il suo contenuto è tale da costituire uno strumento non indifferente a sostegno della maggiore facilità nella trasformazione del rapporto di lavoro in uno
a tempo parziale.
Mentre prima c’era un rigido ma inefficiente sistema delle incompatibilità che si fondava ancora sul T.U. degli impiegati civili dello Stato, ed era solamente attenuato per il lavoro a tempo parziale in base all’art. 6, comma 2,
D.P.C.M. n. 117/1989, con l’art.1, comma 56, l. n. 662//1996 è stata concessa
a tutti i dipendenti pubblici, di qualunque profilo professionale, qualifica o
livello, salvo esclusioni espresse, la possibilità di svolgere altra attività, a condizione di passare ad un “rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione
lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno”. In tal modo sono
state di fatto eliminate, peraltro in quest’unica ipotesi, tutte le incompatibilità
precedenti (v. T.U. n. 3/1957 e art. 58, comma 1, d. lgs. n. 29/93 e successive
modificazioni e integrazioni – ora art.53 T.U. n. 165/2001) ed abrogate anche
le disposizioni di legge e di regolamento che vietavano l’iscrizione in albi professionali; le uniche esclusioni soggettive attengono al personale militare, alle
forze di polizia ed ai vigili del fuoco.
Peraltro, permane il divieto di trasformazione del rapporto da full-time in
part-time qualora il dipendente intenda intraprendere un’altra attività lavorativa di lavoro subordinato con un’amministrazione pubblica (art.1, comma 58,
l. n. 662/96), oppure quando la nuova attività crei un conflitto d’interesse con
la pubblica amministrazione oppure interferisca con i compiti istituzionali
(art. 1, comma 58-bis, l. n. 662/96, C. Cost. n. 189/2001).
In tutti gli altri casi, di opzione per un part-time superiore al 50% dell’orario a tempo pieno, restano invece in vigore le prescritte incompatibilità.
Ulteriore intervento normativo particolarmente significativo può essere
considerata la legge finanziaria per l’anno 2000, l. n. 488/1999, che, al fine di
ridurre la spesa derivante da nuove assunzioni, aveva previsto all’art. 20 (novellando l’art. 39, comma 18, lett. f, l. n. 449/1997), che le stesse avvenissero con
contratto a tempo parziale o con altre tipologie contrattuali flessibili, comunque in misura non inferiore al cinquanta per cento, e che per le amministrazioni che non avessero raggiunto il quattro per cento complessivo, potessero
essere disposte nuove assunzioni tutte a tempo parziale, “salvo motivate deroghe” (ad eccezione delle forze armate, di polizia e vigili del fuoco).
La disciplina descritta va ora coordinata con il provvedimento con il quale
si è data trasposizione alla Direttiva europea, ovvero il d.lgs. n. 61/2000 di trasposizione della Direttiva 97/81 CE, che ha “unificato”, anche se non in
modo complessivo, la regolamentazione del lavoro a tempo parziale nel settore privato e in quello pubblico: l’art. 10 prevede l’applicabilità del decreto
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legislativo menzionato anche ai lavoratori pubblici, ad eccezione di alcune
norme espressamente indicate (che riguardano gli obblighi di informazione
al momento della assunzione, l’applicazione del diritto di precedenza, e le disposizioni in materia di oneri contributivi, e di rimedi in caso di violazione
degli obblighi formali) e da quanto previsto dalle disposizioni speciali in
materia appena esaminate.
Anche la recente legge - delega n.30 del 2003, che contiene all’art.3
alcune disposizioni di riforma del rapporto a tempo parziale, ha mantenuto la differenza, anche se parziale, tra disciplina prevista per il settore privato e quella per il settore pubblico, escludendo quest’ultimo dal suo
campo d’applicazione finalizzato all’introduzione di margini maggiori di
elasticità nello svolgimento della prestazione lavorativa.
Al di là di tali differenze si prevede un regime unitario, che è dovuto, oltre
al fatto di essere un provvedimento di trasposizione di una direttiva comunitaria che investe indifferentemente il settore privato e pubblico “privatizzato”,
anche alla circostanza che le finalità sottese alla normativa sono comuni al settore privato e pubblico consistendo, per un verso, nella necessità di realizzare
risparmi di spesa, e, per altro verso, nell’esigenza di introdurre una maggiore
flessibilità a favore sia dei datori di lavoro che dei lavoratori, potendo soddisfare, al contempo, le esigenze di entrambi. Gli interventi normativi richiamati
hanno dunque recepito a livello nazionale i principi posti dalla disciplina
internazionale e comunitaria, fra cui emergono in particolare:
– l’equiparazione fra part-time e full-time,
– il divieto di discriminazione dei lavoratori a tempo parziale,
– il criterio del pro rata temporis,
– il principio di volontarietà,
– l’incentivazione del tempo parziale, anche (e soprattutto) per innalzare i
livelli occupazionali e promuovere la parità e le pari opportunità fra i
generi nel rapporto di lavoro.
La disciplina nazionale va ulteriormente integrata con quella risultante
dalla legislazione provinciale e regionale, nonché con la disciplina negoziale
costituita dai contratti collettivi, ai diversi livelli. Alla contrattazione collettiva sono infatti demandati numerosi aspetti della regolamentazione del rapporto di lavoro a tempo parziale, non soltanto in campo retributivo, ma con
riferimento, per es. alla individuazione delle modalità temporali di svolgimento della prestazione, all’inserimento delle clausole di “elasticità”, nonché
al limite del lavoro supplementare e straordinario, all’individuazione delle
priorità per la trasformazione del rapporto di lavoro.
Viene inoltre in rilievo la disciplina negoziale in materia di trattamento
20 pari opportunità
economico e normativo applicabile indifferentemente ai dipendenti, preesistente al d.lgs. n. 61, per verificare se si ponga in qualche modo in contrasto
con i principi fondamentali della Direttiva, come trasposti nella normativa
nazionale. A tale riguardo assumono particolare importanza il divieto di discriminazione ed il criterio del “trattamento proporzionato” secondo il tempo
di lavoro, il cui campo di applicazione si estende anche nei confronti dei contratti collettivi. Occorre pertanto procedere ad alcune precisazioni in merito.
2.2. Il provvedimento legislativo di trasposizione della direttiva 97/81 Ce. Il
principio di non discriminazione ed il criterio pro rata temporis.
Il legislatore italiano nell’art. 4, d. lgs. n. 61/2000 ha quasi fedelmente trascritto il principio di non discriminazione e il criterio pro rata temporis contenuti nella clausola n. 4 della Direttiva n. 97/81/CE. Le due regole si integrano a vicenda: il principio fondamentale stabilisce che i lavoratori a part-time
non devono essere trattati in modo deteriore rispetto a quelli a full-time per il
fatto di essere ad orario ridotto e godono pertanto, in via di principio, degli stessi diritti dei secondi; tuttavia, qualora alcuni istituti relativi al rapporto di lavoro a tempo pieno debbano essere adeguati, in ragione della loro stessa natura,
ai dipendenti a part-time in ragione del minor tempo lavorato, troverà applicazione la regola del pro rata temporis, che, imponendo il loro riproporzionamento, risulta essere un’applicazione positiva del principio di parità di trattamento e, perciò, in ultima analisi, del principio di uguaglianza.
Tale stretta connessione emerge chiaramente dalla lettera della legge, ai
sensi della quale l’applicazione del principio di non discriminazione comporta espressamente che:
a) il lavoratore a tempo parziale beneficia dei medesimi diritti del lavoratore a tempo pieno comparabile;
b) il trattamento del lavoratore a part time è riproporzionato in ragione
della ridotta entità della prestazione lavorativa (art. 4, comma II): resta
il problema di individuare in quali casi il lavoratore a tempo parziale
goda degli stessi diritti del lavoratore a tempo pieno o di diritti equivalenti, ed in quali casi di diritti in misura riproporzionata.
Al riguardo, secondo la giurisprudenza prevalente, l’individuazione di regimi identici di trattamento è più agevole nell’ipotesi di distribuzione orizzontale della prestazione lavorativa, mentre è più controversa nel caso del parttime verticale: ciò vale, ad esempio, per istituti quali il periodo di comporto per
malattia, il periodo di prova, i permessi sindacali ai dirigenti delle r.s.a.
21 pari opportunità
Inoltre, se il comma 1, art. 4, d. lgs. 61/2000 riproduce pressoché fedelmente il divieto di discriminazione contenuto nella clausola corrispondente
della Direttiva 97/81/CE, il secondo comma contiene disposizioni più dettagliate, attuative di quella parte del provvedimento comunitario che rimette agli
Stati membri e/o alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione del principio di non discriminazione. Ne conseguono identità e differenze.
Per quanto attiene le identità, considerato che anche in Italia il part-time
è prevalentemente utilizzato dalla manodopera femminile, il menzionato art.
4 può essere collocato, al pari della clausola n. 4 della Direttiva comunitaria,
nell’alveo della tutela del lavoro femminile, ed in particolare nell’ambito della
lotta contro le discriminazioni indirette.
Ciò significa che la posizione del principio di non discriminazione dei
part-timers esprime, tanto nella direttiva quanto nella normativa italiana,
non solo la volontà di garantire uno “zoccolo minimo” di diritti ai lavoratori “atipici”, ma anche quella di tutelare la posizione del lavoro femminile nel mercato del lavoro. Del resto, l’intreccio tra questi aspetti è ampiamente dimostrato anche dal contenzioso svoltosi dinanzi alla Corte di
Giustizia, la quale ha sviluppato gran parte della propria giurisprudenza sulle
discriminazioni indirette per ragioni di sesso proprio riguardando casi di differenziazioni di trattamento praticate nei confronti di lavoratori part-time
(Scarponi 1999). Come si diceva, le menzionate lett. a) e b), comma II, art.
4, d.lgs. n.61 individuano puntualmente gli istituti in relazione ai quali è vietato applicare ai lavoratori a tempo parziale trattamenti differenziati , ovvero:
– lett. a): importo della retribuzione oraria; durata del periodo di prova e
delle ferie annuali; durata del periodo di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità; durata del periodo di conservazione del posto di lavoro
a fronte di malattia, infortuni sul lavoro e malattie professionali; tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro; iniziative di formazione professionale organizzate dal datore di lavoro; servizi sociali
aziendali; criteri di calcolo delle competenze indirette e differite previste
dai contratti collettivi di lavoro; diritti sindacali.
Sono altresì individuati, viceversa, gli istituti con riferimento ai quali è possibile operare differenziazioni di trattamento in ragione della ridotta entità
del lavoro prestato, ovvero:
– lett. b): importo della retribuzione globale e delle singole sue componenti; importo della retribuzione per ferie; importo dei trattamenti economici
per malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale e maternità.
Da tali disposizioni emerge che, in linea di massima, almeno per quanto
22 pari opportunità
attiene il part-time orizzontale, il legislatore italiano ha optato per il principio
di parità di trattamento fra part-timers e full-timers per quanto attiene i trattamenti normativi e, invece, per l’applicabilità della regola del riproporzionamento per quel che concerne i trattamenti economici (seppur con qualche
eccezione).
Il regime così definito non è derogabile dalla contrattazione collettiva se
non in melius: infatti, non si può escludere che i trattamenti ivi indicati e
suscettibili di riproporzionamento possano essere praticati nei confronti dei
lavoratori a part time, e in deroga a tale regola, in misura più che proporzionale, in applicazione, del generale principio della derogabilità in melius.
Invece l’inderogabilità in pejus del principio di non discriminazione,
secondo la disciplina normativa che non riporta la formula “per ragioni obiettive”, comporta una drastica limitazione dei poteri della contrattazione collettiva la quale non potrà, per esempio, differenziare il trattamento dei lavoratori a tempo parziale neppure per “ragioni economiche” quali i “costi d’impresa” oppure le “ragioni di mercato”. Anche in questo senso il legislatore italiano si è del resto uniformato a quanto previsto dalla giurisprudenza comunitaria.
Inoltre, malgrado il carattere complessivamente esaustivo delle disposizioni citate, non è esclusa la possibilità di rinvenire ipotesi non espressamente
contemplate dal legislatore delegato; così, per esempio, permane tuttora la
lacuna attinente alla mancata menzione del divieto di discriminazione tra
lavoratori part time e full time nella progressione di carriera. Al riguardo, si è
espresso, peraltro, in senso conforme alla giurisprudenza della Corte di
Giustizia Europea, il Collegio Istruttorio del Comitato Nazionale Pari
Opportunità (parere dd. 30.11.94, in Lav. prev. oggi, 1994, p. 386, con nota di
Meucci, nonché ulteriori pareri del Collegio istruttorio ), statuendo che l’allungamento, per i lavoratori a part-time, dell’anzianità utile ai fini del sistema contrattuale di progressione in carriera costituisce una delle ipotesi più diffuse di
discriminazione indiretta per ragioni di sesso, ed è da ritenersi, perciò, illegittimo. Più in generale si afferma che il nesso tra lo svolgimento dell’attività
lavorativa per un certo periodo di tempo e l’acquisizione di un certo livello di
professionalità e di esperienza costituisce una semplice generalizzazione e
non consente di trarne criteri obiettivi ed estranei alla discriminazione indiretta ( Scarponi 1999).
Come regola generale, comunque, i vuoti normativi dovranno essere colmati in base ad un’interpretazione logica ed alla ratio legis delle norme indicate, sebbene sarebbe stata opportuna un’espressa menzione quantomeno
delle ipotesi maggiormente controverse.
23 pari opportunità
2.3. La disciplina nazionale. Il “diritto” al tempo parziale nelle pubbliche
amministrazioni.
Nel lavoro pubblico, dunque, la disciplina generale non fa venir meno,
secondo l’art.10 del d. lgs. n. 61/2000, la l. 23/12/1966, n. 662, art. 1 (commi
da 56 a 65) e la l.n.488/99, art. 20, c.1 lett.f) .
Come si è visto, la previsione della trasformazione del rapporto su richiesta del dipendente è caratterizzata da una finalità di risparmio di spesa, ma
essa si presta ad una tutela anche delle istanze verso l’orario ridotto che provengono in massima parte dalle lavoratrici. La trasformazione a tempo parziale viene richiesta, infatti, il più delle volte da dipendenti donne, a causa di esigenze personali o familiari - sovente per conciliare vita professionale e familiare, o per motivi di assistenza e cura di persone care, e dunque sulla base di
una scelta individuale che è e deve restare assolutamente libera, per il pieno
assolvimento delle finalità di promozione della conciliazione tra lavoro professionale ed impegno familiare.
Pur non potendosi qualificare in termini di diritto del dipendente alla trasformazione del rapporto, come è stato rilevato da alcune sentenze (T.
Chiavari 7.3.2 2000 in FI, I, 2001), secondo la disciplina richiamata, la trasformazione avviene entro 60 giorni dalla domanda, salvo differimento di massimo sei mesi nel caso in cui essa comporti un grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione.
Da tali considerazioni emerge l’importanza, fra il resto, della distinzione
tra la nozione di “conflitto d’interessi”, che comporta il diniego della trasformazione a tempo parziale nelle ipotesi sopra menzionate, e quella di “grave
pregiudizio nella funzionalità”, che comporta in tutti gli altri casi solo un differimento. Ad esempio, è stato ritenuto insussistente un conflitto d’interessi nei
confronti di personale scolastico che intendeva svolgere attività esterna di istruzione ed assistenza, in relazione all’esigenza di garantire la continuità educativa, la quale tutt’al più può determinare solo un differimento per grave pregiudizio alla funzionalità dell’amministrazione (T.A.R. Lazio, Sez. II,
26.10.1998, n. 1711).
Proprio la possibilità solo di un differimento nel caso addirittura di “grave
pregiudizio”, sembra imporre la trasformazione “automatica” in ogni altro
caso: ciò fa ritenere che quello alla trasformazione si configuri come un vero
e proprio diritto al tempo parziale per tutti i profili professionali appartenenti
alle varie qualifiche o livelli, con esclusione soltanto delle forze di polizia, del
personale militare e dei vigili del fuoco (salva poi la difficile giustiziabilità di
tale diritto). Va peraltro ricordato che con specifico riferimento ai dipendenti
24 pari opportunità
delle regioni e degli enti locali il legislatore ha previsto che il meccanismo
descritto operi fino a che non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo (art 39, c.27 l. n. 499/1997 ). Nella medesima prospettiva
il legislatore ha demandato alla contrattazione collettiva la possibilità di prevedere una riduzione delle percentuali stabilite per la generalità dei casi o
addirittura l’esclusione dal part-time con riferimento alle posizioni di lavoro di
particolare responsabilità necessarie alla funzionalità degli uffici. Peraltro,
l’eccezione di costituzionalità sollevata per mancato rispetto da parte della
normativa della salvaguardia delle esigenze di buon andamento del servizio
pubblico, è stata decisa dalla Corte costituzionale con ordinanza di remissione al giudice a quo ( C. cost. 10 maggio 1999, n. 164, in FI 2001, I, 60 ).
Vanno poi considerati a parte i casi di esclusione dalla trasformazione del
rapporto in uno a tempo parziale, connessi al possesso di determinate categorie.
2.4. segue: I c.d. “contingenti” di personale a part-time.
Nel lavoro privato era prevista la possibilità per i contratti collettivi, anche
aziendali, di fissare per il lavoro a tempo parziale limiti quantitativi del personale a part-time, le mansioni e l’articolazione oraria (art. 5, comma 3, d. l. n.
726, del 30.10.1984 convertito nella l. n. 863/1984); nel lavoro pubblico invece è stato fissato fin dall’inizio un “tetto massimo di tempo parziale” rispetto
alla dotazione organica (il c.d. “contingentamento”).
Il “contingentamento”, previsto al 20% dal D.P.C.M. n. 117/1989, era
stato poi ulteriormente disciplinato dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724
(Finanziaria 1995 - l’art. 22, comma 20), la quale prevedeva che i contingenti
di personale da destinare a tempo parziale previsti dall’art. 2 comma 1,
D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117 non potessero superare il limite del 25%
della dotazione organica complessiva del personale a tempo pieno di ciascuna
qualifica funzionale, con esclusione dei profili professionali rispetto ai quali
non si possono concludere contratti a tempo parziale. Si prevedeva, inoltre,
(art. 22, comma 21, l. n. 724/1994) che dovevano essere le stesse singole
amministrazioni pubbliche a determinare i contingenti, sulla base delle
domande degli interessati.
Né la legge né i contratti collettivi indicavano i criteri da seguire per la
scelta, nel caso in cui le richieste superassero il limite massimo del contingente prefissato per ogni qualifica funzionale, ma si è ritenuto che, in questo
caso, le amministrazioni avrebbero dovuto predisporre graduatorie in base a
criteri prefissati, da cui attingere in ordine decrescente. Inoltre, poiché l’art.
25 pari opportunità
22, comma 20, l. n. 724/1994 confermava l’art. 2, D.P.C.M. n. 117/1989, restavano in vigore le norme per cui il contingente di personale a tempo parziale
era destinato ai dipendenti a tempo indeterminato che richiedevano la trasformazione del rapporto di lavoro, mentre solo i posti eventualmente residui
sarebbero stati destinati ai nuovi rapporto da costituire in base all’art. 7,
comma 3, l. n. 554/1988.
Questa era la situazione prima della l. n. 662/96, che come si è visto ha
affermato il diritto generalizzato alla trasformazione automatica al tempo parziale all’art. 1, comma 58, senza tuttavia abrogare espressamente i limiti di contingentamento. Restavano, dunque, dopo la l. n. 662/96, non poche perplessità sulla permanenza in vigore delle norme della l. n. 724/94 sui contingenti.
Sennonché la successiva circolare n. 3/97 del Dipartimento della
Funzione pubblica faceva salve queste norme proprio con la semplice osservazione che la l. n. 662/96 non le aveva abrogate espressamente; precisava,
inoltre, che nella determinazione dei contingenti da riservare al tempo parziale dovevano essere considerati anche i lavoratori già a tempo parziale al
momento dell’entrata in vigore della l. n. 662/96; affermava, infine, che le
amministrazioni sarebbero state obbligate ad accogliere le domande presentate fino all’esaurimento dei contingenti previsti per ogni qualifica.
La disposizione era, evidentemente, di notevole importanza: in base ad
essa il tempo parziale non sarebbe stato un vero e proprio diritto, ma un diritto condizionato dalla necessità di rispettare il limite percentuale fissato per
ogni qualifica funzionale.
Una conferma legislativa della circolare ministeriale è intervenuta poco
dopo con l’art. 6, comma 3, d. l. 28 marzo 1997, n. 79 (conv. con modd. dalla
l. 28 maggio 1997, n. 140), che ha aggiunto all’art. 1, l. n. 662/96, il comma
58-ter, per cui “ai fini di consentire la trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale, il limite percentuale della dotazione organica
complessiva di personale a tempo pieno di ciascuna qualifica funzionale previsto dall’art. 22, comma ventesimo, della l. 23 dicembre 1994, n. 724, può
essere arrotondato per eccesso onde arrivare comunque all’unità”.
In tal modo si confermava implicitamente la permanenza in vigore del
contingente del 25% per qualifica funzionale; ed anche la successiva circolare n. 6/97 si mosse in questa direzione, pur precisando che l’arrotondamento
all’unità superiore sarebbe stato solo facoltativo, con possibilità di non applicarlo in rapporto alle esigenze di servizio.
Dopo il d. lgs. n. 61/2000, che nulla dispone espressamente al riguardo, il
problema della permanenza in vigore dei vecchi “contingenti” si è riproposto
in modo forte. A favore del loro perdurare potrebbe militare una sorta di logi-
26 pari opportunità
cità di “tetti” massimi, funzionale alle esigenze organizzative ed allo stesso
buon andamento della pubblica amministrazione (Santucci 2002); sennonché, di contro, si potrebbe sostenerne l’abrogazione sulla base del principio
posto dall’art. 1 comma 1, d. lgs. n. 61/2000 che postula la normalità alla pari
del tempo parziale rispetto al tempo pieno, e della considerazione che, in virtù
dell’art. 10, d.lgs. n. 61/2000, si applica al lavoro pubblico tutta quanta la normativa prevista dallo stesso decreto, salvo le norme espressamente escluse: il
che farebbe ritenere implicitamente abrogate le percentuali-limite (Miscione
2000), così come si ritiene avvenga rispetto ai contingenti fissati dai contratti
collettivi del settore privato secondo la precedente disciplina prevista dall’art.3
d. lgs. n.843 del 1984.
La conclusione è conforme alla ratio legis del d. lgs. n. 61 del 2000, volta
all’incentivazione del part-time su libera scelta individuale del lavoratore e
della lavoratrice, secondo i principi della direttiva comunitaria, dal momento
che la sua finalità è anche quella di promuovere l’obiettivo delle pari opportunità nel lavoro. In questa logica, le esigenze organizzative che potrebbero
opporsi alla diffusione del lavoro a tempo parziale, secondo le richieste dei
dipendenti, dovrebbero trovare espressione mediante ulteriori e diverse soluzioni, anche di tipo organizzativo.
2.5. segue: Limiti alla possibilità di riduzione dell’orario per particolari qualifiche professionali
Precedentemente all’entrata in vigore della legge n. 662/96, i contratti collettivi di lavoro prevedevano specificatamente per alcuni profili professionali il
divieto di rapporti di lavoro a tempo parziale: in particolare, per i dipendenti
pubblici con funzioni ispettive, direttive e di coordinamento, a causa delle loro
funzioni che implicavano particolari responsabilità. Se ne ritrova conferma
nelle disposizioni contenute nella disciplina negoziale relativa anche alla
Provincia di Trento.
L’esclusione non comprendeva, però, quel personale che, pur essendo
inquadrato in livelli apicali, non svolgeva funzioni di responsabilità e di coordinamento.
Decisamente in senso contrario, l’art. 1, comma 57, l. n. 662/96, ha statuito che il tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche e livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad esclusione del personale militare, forze di polizia e
vigili del fuoco.
27 pari opportunità
L’affermazione per cui il tempo parziale “può essere costituito relativamente a…” poteva far pensare ad una certa discrezionalità in capo alle pubbliche amministrazioni nella concessione del part-time, ma la successiva circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 3/1997 ha tolto ogni dubbio, affermando che la potestà richiamata dalla l. n. 662/96 dev’essere riferita
non alle amministrazioni, ma ai dipendenti, che “possono” chiedere o meno
il passaggio al rapporto di lavoro a tempo parziale.
La giurisprudenza ha confermato l’interpretazione (T.A.R. Lazio, Sez. II,
26.10.98, n. 1711), sancendo l’illegittimità del diniego alla trasformazione
opposto da un Comune, in luogo del differimento per 6 mesi ai sensi del
comma 58, art. 1, l. n. 662/96, nei confronti di personale scolastico in relazione all’esigenza di garantire la continuità educativa.
Peraltro, l’art. 1, comma 57 della legge n. 662 era stato adottato senza tenere nella dovuta considerazione le molteplici realtà locali: per questo la legge
n. 449 del 27/12/97 (art. 39, comma 27), in vigore anche dopo il d. lgs. n.
61/2000, ha precisato che detto comma trova applicazione anche nei confronti
del personale dipendente dalle Regioni ed Enti locali, “finché non diversamente disposto da ciascun ente con proprio atto normativo” (v. anche Corte
Cost., 18 maggio 1999, n. 171, in Giur. it. 2000, p. 605 con nota di Spadaro;
idem in Cons. Stato 1999, II, p. 719).
Per la verità la stessa l. n. 662/96 prevedeva già (art.1, comma 65) che i
commi da 56 a 65 non si applicassero ai soli enti locali la cui pianta organica
era costituita da un numero di dipendenti inferiore alle 5 unità, purché non
versassero in situazioni strutturalmente deficitarie.
Pare conseguirne che ora, in base alla disciplina nazionale, il contratto di
lavoro a tempo parziale può essere fruito da tutti i lavoratori pubblici, e dunque anche dal personale di responsabilità e dalla dirigenza, salvo le eccezioni
espresse.
Il Dipartimento della Funzione Pubblica, tuttavia, nella già citata circolare n. 3/1997 (punto 1) si era pronunziato in senso opposto, escludendo
espressamente i dirigenti dal tempo parziale; nella successiva circolare n. 6
dello stesso anno aveva poi chiarito che, accanto ai dirigenti, dovevano essere esclusi dal tempo parziale anche i professori universitari, mentre per il personale della scuola e per i dirigenti medico-sanitari faceva rinvio alla contrattazione collettiva, in ragione del carattere di specialità dei rispettivi comparti. Doveva ritenersi implicitamente richiamato, inoltre, per il personale
della scuola quanto disposto in precedenza dall’art. 2 del D.P.C.M. n.
197/1989, e per i professori universitari dagli artt. 10 e 11 del d.p.r.
11/07/1980 n. 382.
28 pari opportunità
L’esclusione dei dirigenti doveva ritenersi imputabile alla particolare configurazione giuridica dei medesimi, caratterizzata da poteri e da responsabilità di gestione tali da impedire ogni possibilità di riduzione o frazionamento
della relativa prestazione lavorativa che li esclude dalla disciplina inerente l’orario normale e quello straordinario.
I successivi C.C.N.L. delle aree dirigenziali, conformandosi all’indirizzo
del Dipartimento, non avevano nemmeno menzionato il tempo parziale per
la dirigenza.
Tuttavia, la soluzione avanzata dal Dipartimento della Funzione Pubblica
prestava il fianco a critiche, in quanto chiaramente contraria alla lettera della
legge.
In tal senso si era pronunciato il Tribunale Amministrativo della regione
Lombardia su ricorso di taluni dirigenti sanitari cui le U.S.L., richiamando le
citate circolari nn. 3/97 e 6/97, avevano respinto la richiesta di ammissione al
tempo parziale. Il T.A.R. aveva accolto i ricorsi annullando i dinieghi delle
U.S.L., sulla base dell’irrilevanza giuridica delle circolari di fronte alla lettera
della legge, e per il fatto che il comma 57, l. n. 662/96, si riferiva espressamente a tutti i “profili professionali”, e quindi, implicitamente, anche ai dirigenti (T.A.R. Lombardia 13.12.1997, nn. 2198 e 2199, in L.P.A. 1998, 923).
In modo analogo si era pronunziato, l’anno successivo, il Tribunale di
Milano (Trib. Milano 4/12/1999, in L.P.A. 2000). In effetti si è rilevato come
l’esclusione fosse poco convincente soprattutto per i rapporti di lavoro che prevedono la determinazione quantitativa dell’orario di lavoro, come avviene nel
comparto sanità secondo la disciplina contrattuale anche nei confronti di alcune figure dirigenziali.
La questione è stata parzialmente risolta, relativamente ai dirigenti sanitari, dalla legge finanziaria per il 2000 (art. 20, l. n. 488/1999, fatta salva dall’art.
10, d. lgs. n. 61/2000), che, nell’introdurre il nuovo comma 18-bis all’art. 39,
l. n. 449/97, ha disposto che “ un regime di impiego ridotto” è ammesso solo
per il “personale non sanitario con qualifica dirigenziale che non sia preposto
alla titolarità di uffici”: se ne trae la deduzione che il tempo parziale è vietato
per i dirigenti sanitari (a prescindere dal comparto) “preposti alla titolarità di
uffici”, mentre è ammesso per i “non preposti”.
In conclusione, i dirigenti non sanitari, i dirigenti sanitari non preposti ed
i sanitari che non siano dirigenti conservano il diritto della trasformazione a
tempo parziale, mentre i dirigenti sanitari preposti ad uffici no.
Per quanto riguarda, tutti gli altri dirigenti, sembra prevalere una diversa
conclusione, pur considerando il testo dell’art. 1, comma 57, l. n. 662/96, che
non esclude alcun profilo professionale dalla fruizione del part-time.
29 pari opportunità
L’estensione nei loro confronti non è infatti finora stata ammessa, sulla base di
limiti connessi alla peculiarità del rapporto. Al riguardo, peraltro, non è condivisibile la tesi che si fonda sull’assenza di un obbligo a rispettare l’orario normale. Ciò non impedisce, infatti, di configurare un impegno “ridotto” rispetto
a quello “normale”. Inoltre, le peculiarità fondate sulla funzioni dirigenziali
sono alquanto generiche, tenendo conto della differenziazione che si può verificare nelle mansioni dirigenziali, e sulla articolazione dell’organizzazione del
lavoro. A livello nazionale, sono infatti in atto sperimentazioni di “impegno
ridotto” per le figure dirigenziali che svolgano mansioni di studio o ricerca.
L’interpretazione che allarghi ai dirigenti la possibilità di ridurre l’orario di
lavoro si rivela, del resto, coerente con lo spirito della Direttiva ricordata.
Anche in altri paesi europei, a seguito della sua emanazione, si prevede la possibilità di ridurre l’orario panche nei confronti dei dirigenti
Resta il problema dei dipendenti della scuola o dei docenti dell’Università,
per cui potrebbe valere il principio di specialità disposto dall’art. 10, d. lgs. n.
61/2000.
In effetti, l’esclusione dei secondi appare certa in virtù dell’art. 10, d. lgs.,
n. 61/2000, che richiama il d. lgs. n. 29/1993 (art. 2, commi 4 e 5, d.lgs. n.
29/1993) sancendo la permanenza della disciplina speciale per i magistrati, gli
avvocati dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia, il personale
diplomatico e prefettizio, i professori e ricercatori universitari e altre categorie
espressamente indicate: per i docenti universitari, in particolare, resta in vigore la disciplina degli artt. 10 e 11, d.p.r. n. 382/1980, che prevede, peraltro, il
c.d. “tempo definito”.
In relazione al personale della scuola, invece, il principio di tassatività
delle esclusioni sancito dalla legge n. 662/9 induce a ritenere che esso non
possa essere escluso dal tempo parziale, ma la disciplina negoziale ne riduce
comunque l’incidenza alle sole ore di lezione ( infra Parte seconda ).
Anche in questo campo, l’emanazione della direttiva europea dovrebbe
comportare un’accezione rigorosa delle esigenze che inducono a negare la
possibilità di richiedere la trasformazione del rapporto, emergendo, come
principio generale, la tendenziale illegittimità di restrizioni legate alla qualifica professionale rivestita, salvo provare la sussistenza in alcune particolari condizioni di esigenze imprescindibili che si oppongono alla sua accoglibilità.
30 pari opportunità
PARTE
SECONDA
la disciplina degli enti pubblici
della Provincia territoriale
di Trento
Dott. E. Stenico
31 pari opportunità
CAPITOLO PRIMO
Il rapporto di lavoro a tempo parziale nelle fonti locali,
legali e contrattuali.
Nella Regione a statuto speciale Trentino Alto Adige e, specificatamente
nella provincia autonoma di Trento, la disciplina statale concernente il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti locali non trova applicazione tout
court, dovendo invece essere “recepita” in appositi atti normativi “locali”.
Ne deriva un profondo intreccio fra molteplici fonti, di carattere legislativo, regolamentare e contrattuale, articolate, a loro volta, in più livelli; a ciò
aggiungasi che ciascun ente territoriale locale ha poi normato in modo autonomo e confacente alle proprie esigenze organizzative e di buon andamento
il rapporto di lavoro dei lavoratori alle proprie dipendenze: tutto ciò ha dato
luogo ad una stratificazione normativa affatto peculiare ed esclusiva.
E così, ad esempio, i lavoratori dell’ente locale “Provincia” (di Trento) rinvengono la disciplina del proprio rapporto di lavoro ed in particolare, per quanto qui interessa, del part-time, anzitutto, a livello legislativo, nelle leggi provinciali 29.04.1983, n. 12 e 3.04.1997, n. 7; quindi, a livello contrattuale, nel
Contratto collettivo provinciale di lavoro (CCPL), nell’Accordo di Settore e
nel Contratto collettivo decentrato; infine, in una serie di circolari esplicative
ed attuative, che integrano e completano il quadro normativo.
Il rapporto di lavoro presso l’ente Regione (per il Trentino) risulta invece
disciplinato dalla legge regionale n. 15 del 9/11/1983, integrata dai
Regolamenti del 1991 e 1994, e dalla successiva legge regionale n. 3/2000;
norme che, tuttavia, si ritengono oggi tutte superate dal Contratto collettivo
regionale di lavoro (CCRL) e dagli Accordi integrativi ed attuativi.
Infine, ma l’elenco potrebbe continuare a lungo, la disciplina vigente per
i lavoratori dell’ente Comune di Trento è contenuta in fonti ancora diverse: sul
versante legislativo, nella legge regionale n. 10/1998, poi recepita nel quale
“Testo Unico delle leggi regionali sull’ordinamento del personale nei comuni
della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige” (D.P.G.R. n. 3/L del 19 maggio
1999); nel Regolamento Organico Generale del Personale; nel Documento di
Programmazione Triennale del fabbisogno del personale ed in Circolari
annuali; sul versante contrattuale, nel Contratto collettivo provinciale di lavoro, e nell’Accordo di settore.
33 pari opportunità
Tali fonti, nel loro insieme, hanno realizzato, in misura più o meno soddisfacente (v. infra), la “privatizzazione” dell’impiego pubblico per i dipendenti
impiegati negli enti soggetti alla competenza normativa della Provincia o della
Regione. Tale disciplina affianca quella che si applica ai rapporti di lavoro dei
comparti soggetti alla disciplina nazionale, quali la sanità, i dipendenti amministrativi dell’ università, degli uffici giudiziari e degli altri ministeri. Si delineano pertanto due tipi di regolamentazione: da un lato quella che riguarda i
comparti ove si applica la disciplina nazionale, sia legale sia contrattuale, sia
pure quest’ultima con un accordo a livello provinciale che, pur recependo ed
adeguandosi a quanto avvenuto a livello nazionale, può modificare quello
nazionale soprattutto sotto il profilo economico; e quella che riguarda i comparti degli enti locali ove si riscontrano maggiori margini di differenziazione
rispetto all’assetto definito a livello nazionale, per quanto attiene in particolare ai presupposti per l’esercizio del diritto alla trasformazione del rapporto, alla
fissazione della percentuale massima, che si attesta in modo differenziato nei
diversi enti locali. Pertanto è opportuno un’approfondimento della panoramica delle discipline proprie dei diversi enti, per individuarne i tratti comuni e le
persistenti differenze.
1.1. Uno sguardo trasversale: i principi comuni della disciplina del rapporto di
lavoro a tempo parziale e le peculiarità proprie dei diversi enti presi in considerazione.
Per quanto attiene l’assetto normativo comune ai numerosi enti locali e
comparti presi in considerazione (fra cui Regione, Provincia, Comuni, Case di
Riposo, Comprensori, Camere di Commercio, comparto sanità, università,
scuola e giustizia), v’è in primo luogo da rilevare che, facendo proprio quanto
statuito a livello nazionale, internazionale e comunitario, anche in sede locale è stato affermato il principio dell’equiparazione del rapporto di lavoro a
tempo parziale con quello a tempo pieno: ossia, della pari dignità tra lavoro
part-time e full-time; l’elemento qualificante e caratterizzante il primo sta unicamente nell’inferiorità della durata della prestazione lavorativa: infatti, il rapporto a tempo parziale è definito come rapporto in cui l’orario fissato dal contratto individuale risulta comunque inferiore al tempo pieno.
Tale principio è denso di implicazioni pratiche, che si concretizzano anzitutto nel divieto di discriminazione, cioè di trattare in modo deteriore il
dipendente a part-time per il solo fatto che presta attività lavorativa per un
tempo ridotto: ciò significa che, in linea di principio, il part-timer gode degli
34 pari opportunità
stessi diritti del full-timer; in secondo luogo, nel criterio del pro rata temporis,
per cui talvolta alcuni istituti relativi al rapporto di lavoro a tempo pieno devono essere riproporzionati, in ragione della loro stessa natura, per i dipendenti
a tempo parziale, a causa della minor durata della prestazione. Infine, nel
principio della volontarietà, per cui, analogamente a quanto avviene per il
rapporto di lavoro a tempo pieno, anche per quello a tempo parziale la scelta
della ridotta entità della prestazione deve corrispondere ad una libera determinazione del lavoratore interessato.
Tipologie del rapporto di lavoro a tempo parziale
Le molteplici regolamentazioni prese in esame individuano, secondo il
dettato della legge nazionale, due differenti tipologie di part-time: quella
orizzontale, con articolazione oraria della prestazione lavorativa in misura
ridotta su tutti i giorni lavorativi della settimana; e quella verticale, con prestazione lavorativa svolta a tempo pieno ma per periodi predeterminati nel
corso della settimana, del mese o dell’anno; in relazione a tali tipologie ciascun ente territoriale prevede una diversa possibile articolazione dell’orario (ad
esempio, per il part-time orizzontale, addirittura di 12 ore su 36 per il comparto della sanità; di 14 su 36 per il Comune di Trento; generalmente invece
di 14, 18, 21, 24, 25, 28, 30 e 35 ore settimanali su 36 ore del tempo pieno).
Di contro, soltanto taluni enti hanno previsto, ed unicamente in relazione
a talune figure professionali come quella di educatore negli asili nido, anche
l’ulteriore tipologia del lavoro a tempo parziale “misto” (c.d. “part-time ciclico” o “circolare – modulare”), ossia con una combinazione delle predette
modalità.
Inoltre, tutti gli enti contemplano la possibilità che il part-time venga stabilito per un periodo determinato (c.d. “part-time temporaneo”), oppure a
tempo indeterminato (c.d. “part-time definitivo”), sebbene poi, in relazione al
primo, stabiliscano durate temporali differenti, che variano da un minimo di
un mese (per l’ente Comune) ad un massimo di due anni (per quasi tutti).
Ancora. Sebbene la disciplina legale e contrattuale del lavoro a tempo parziale preveda che la costituzione del rapporto possa avvenire secondo due differenti modalità, cioè sin dall’inizio del rapporto, mediante assunzione a part-time
del dipendente, oppure durante lo svolgimento del rapporto di lavoro attraverso
la sua trasformazione in lavoro a tempo parziale, in tutti gli enti considerati
viene attuata unicamente la seconda modalità: non si verifica alcuna instaurazione c.d. “originaria” del rapporto a tempo ridotto. L’eccezione è rappresenta-
35 pari opportunità
ta dall’eventuale sostituibilità, ove ammessa, del lavoratore a part-time per le
ore non lavorate: mentre in alcuni enti e comparti (Regione, Comune di
Trento, comparto sanità) si procede all’assunzione di personale sostitutivo con
contratto a tempo determinato (la cui durata è normalmente corrispondente al
part-time del dipendente sostituito), che può essere, di norma, a tempo pieno
ovvero parziale, in altri enti (Provincia e piccoli Comuni), non si ricorre alla
sostituzione, avvalendosi, invece, se del caso, e comunque ove strettamente
necessario, della mobilità interna da un servizio ad un altro (soprattutto nell’ente Provincia) su determinazione unilaterale del datore di lavoro.
Va rilevato come la sostituibilità del dipendente a tempo parziale rappresenti uno strumento molto importante per l’organizzazione, ed una condizione che favorisce la possibilità di accogliere le richieste dei part-timers. Così, gli
enti in cui è prevista una percentuale elevata di part-time, come nella Regione
(30%) o nel comparto del Ministero della giustizia, per quanto attiene ai
dipendenti amministrativi (25%), riescono a fronteggiare meglio le difficoltà
organizzative indotte dall’accoglimento delle domande.
Procedure
L’istanza di trasformazione viene generalmente accolta dall’amministrazione destinataria entro 60 giorni dalla presentazione, nei limiti delle percentuali prefissate; come si è ricordato, negli enti che applicano i contratti collettivi nazionali per i relativi comparti, vi può essere una posticipazione per un
periodo non superiore a sei mesi, qualora la trasformazione immediata comporti gravi pregiudizi alla funzionalità del servizio.
Quindi, sebbene non sia codificato un vero e proprio “diritto” del dipendente al part-time, di fatto non si riscontrano casi di diniego entro i limiti prefissati; tuttavia, si deve dare atto che mentre nei comparti che applicano la
disciplina nazionale il dipendente ha un maggior margine di vedersi accolta la
domanda in base alla propria preferenza di orario, nei contratti collettivi degli
enti locali, come quello della Provincia, la clausola contrattuale (CCPL
art.27) che prevede la determinazione della tipologia di orario a part-time su
base consensuale, in applicazione del principio di fonte legislativa, può dar
luogo ad una richiesta di modifica da parte del dirigente, che è tenuto ad autorizzare la richiesta individuale di trasformazione del rapporto, modifica la cui
accettazione diventa la condizione essenziale per ottenere l’autorizzazione.
Ciò costituisce un profilo problematico rispetto alla effettiva risposta alle
esigenze che inducono alla richiesta (ad esempio, si chiede un part-time su
36 pari opportunità
24 ore per fare fronte a determinate necessità, che viene negato a favore di una
durata su 30 ore, che potrebbe rivelarsi non più utile) dal momento che
influisce indubbiamente sul profilo volontaristico che dovrebbe caratterizzare
il rapporto, se induce a considerare prevalenti le ragioni organizzative, secondo un apprezzamento lasciato esclusivamente alla dirigenza.
Limiti percentuali
Tutti gli enti considerati, conformandosi alle previsioni del contratto collettivo di riferimento, procedono alla trasformazione del rapporto da tempo
pieno in tempo parziale entro determinate percentuali, che variano dal 10%,
al 25% previsto nei comparti in cui si applica il contratto nazionale, al 30%: si
tratta di limiti assai diversi, che si spiegano presumibilmente alla luce delle differenti piante organiche degli enti, della vastità delle loro competenze, della
complessità della loro organizzazione, e quindi della diversità delle loro esigenze. In ogni caso, si è rilevato che detto “contingentamento” non è sufficiente a coprire, il più delle volte, il numero delle domande presentate, tant’è
vero che gli enti sono costretti a stilare delle graduatorie fra gli aspiranti, nell’ambito delle quali viene data priorità alle esigenze di cura e di assistenza (personale, oppure di figli o familiari affetti da gravi patologie o portatori di handicap, o di anziani non autosufficienti…). Tali previsioni sono conformi alla
finalità della riduzione dell’orario indicata in sede europea, come strumento
finalizzato alla conciliazione della vita familiare e professionale.
Frequentemente, a causa del mancato accoglimento di tutte le domande,
si formano lunghe liste d’attesa, soprattutto dove la percentuale è bassa e vi
siano molte dipendenti donne: da ciò emerge la necessità (v. infra) di riconsiderare tali percentuali, ma anche la possibilità di individuare strumenti alternativi e di potenziare quelli già esistenti, in modo da consentire all’amministrazione di rispondere adeguatamente ai bisogni dei dipendenti, senza tuttavia subire un “contraccolpo” negativo sulla propria organizzazione e buon
funzionamento. In altri enti, peraltro, come nel comparto dell’Università e
del Ministero della Giustizia, si riscontra uno spontaneo attestarsi delle richieste intorno al 15% del personale.
La fruizione del part-time generalmente non fa venir meno il regime delle
incompatibilità, per cui lo svolgimento di una seconda attività è consentito
unicamente ai lavoratori che siano a tempo parziale in ragione del 50% dell’orario a tempo pieno: soltanto costoro possono legittimamente svolgere un
secondo lavoro, anche alle dipendenze di soggetti privati quali imprese, socie-
37 pari opportunità
tà ecc., purchè non sussistano elementi di conflitto di interesse o di inconciliabilità con i compiti istituzionali. Si tratta di una condizione che tuttavia
non è particolarmente interessante per le lavoratrici, che privilegiano al contrario orari non troppo diversi dall’orario normale.
Le previsione di soglie massime solleva la questione della loro legittimità
alla luce della disciplina posta dalla Direttiva e dalla legge nazionale ( v. infra
n. 4 ). Va peraltro sottolineato fin d’ora che nella disciplina di fonte negoziale,
anche nei comparti degli enti locali, è prevalsa la qualificazione della
“soglia” come limite minimo, benché non sempre ciò si traduca in una effettiva possibilità di aumento del numero di posti attribuibili ai part-timers.
Regime giuridico applicato al rapporto di lavoro
Al personale a tempo parziale si applicano le medesime disposizioni legislative e contrattuali previste per quello a tempo pieno, in base al principio
dell’equiparazione e della pari dignità dei due rapporti (in conformità al criterio, del “lavoratore comparabile” accolto nella Direttiva); ne consegue che, in
linea di massima, i part-timers godono degli stessi diritti, o di diritti analoghi ai
full-timers, salvo il riproporzionamento di quelli che, come previsto dalla normativa nazionale, sono correlati alla durata della prestazione lavorativa (ad
esempio, nel part-time orizzontale, della retribuzione-base, competenze fisse
e periodiche commisurate all’entità della prestazione, indennità per le giornate di malattia; sussiste invece il diritto allo stesso numero di giorni previsti per
il tempo pieno per quanto attiene alle ferie, periodo di prova, periodo di preavviso; nel part-time verticale, eguale trattamento del tempo pieno per i criteri
di calcolo dell’importo della retribuzione oraria e delle altre competenze fisse
e periodiche ma solo per il periodo coincidente con la prestazione lavorativa;
stesso trattamento anche per i permessi di maternità, congedo parentale,
“licenza matrimoniale”, se siano fruiti durante il periodo lavorativo; mentre
resta aperto il quesito se possano essere fruiti anche al di fuori del periodo lavorativo; si prevede inoltre la possibilità di riproprozionare il periodo di ferie.
Inoltre, i contratti collettivi esaminati prevedono generalmente l’equiparazione fra lavoratori a tempo parziale ed a tempo pieno anche relativamente
alla partecipazione a progetti o alla realizzazione di obiettivi: i part-timers vi
possono prendere parte alle stesse condizioni e con le stesse modalità dei fulltimers ed il corrispondente trattamento economico di solito non subisce decurtazioni in ragione della minor durata temporale della prestazione: in tal caso
la valutazione avviene esclusivamente per “obiettivi”.
38 pari opportunità
Una delle questioni più dibattute riguarda il calcolo dell’anzianità di servizio per la determinazione di particolari istituti, che assumono un indiscutibile rilievo per le pari opportunità, come quelli che attengono alla progressione di carriera. Salvo le considerazioni che si faranno nella parte finale del lavoro ( infra n. 4 ) va qui ricordato che ormai la disciplina relativa agli enti locali
non richiede il calcolo in misura proporzionalmente maggiore dell’anzianità
richiesta per i part-timers, parificandoli ai dipendenti a tempo pieno, salvo
alcune discipline particolari.
Situazioni peculiari
A questo punto, è opportuno segnalare alcune particolarità proprie soltanto di taluni degli enti considerati, che li caratterizzano in modo affatto peculiare.
Si è accennato al part-time “ciclico” (o circolare”) riscontrabile solo nel
Comune di Trento, relativamente alla figura di “educatore” negli sili nido: si
tratta di una tipologia di lavoro a tempo parziale a 30 ore su 36, dove però si
lavorano 36 ore settimanali per l’intero anno scolastico, con l’esclusione dei
mesi di luglio ed agosto durante i quali non si effettua alcuna prestazione lavorativa. Seppure emblematica, in quanto esempio di che cosa può significare,
fra l’altro, flessibilità degli orari, l’accoglimento della trasformazione del rapporto è tuttavia subordinata anche in questo caso alla valutazione unilaterale
del datore di lavoro delle complessive esigenze di servizio degli asili nido.
Lo stesso Comune di Trento, al fine di promuovere la diffusione del lavoro a tempo parziale tenendo al contempo nella dovuta considerazione le
necessità organizzative e di buon funzionamento dell’ente, procede ogni anno
alla redazione del c.d. “Documento di Programmazione Triennale del
Fabbisogno del Personale” con il quale l’ente stesso, previa concertazione con
le OO.SS. ed approvazione della Giunta Comunale, tien conto delle domande di part-time presentate per l’anno a venire dai “propri” dipendenti ed individua assetti e modalità organizzative tali da consentire l’accoglimento di tutte
le istanze di trasformazione avanzate, pur sempre nel rispetto dei “contingenti” previsti nel CCPL.
L’ente territoriale Regione ha invece introdotto, nell’ambito della propria
disciplina in tema di orario di lavoro, il c.d. “orario differenziato” che consiste
nella possibilità di ottenere una particolare articolazione oraria della prestazione giornaliera, differente rispetto alle “normali” fasce orarie di presenza
obbligatoria (8.30 – 12.30 e 14.45 – 16.15), la quale consente di far fronte a
39 pari opportunità
particolari esigenze personali o familiari senza ricorrere al part-time (ad esempio, interrompendo la prestazione lavorativa per la pausa pranzo alle 11.45
anziché alle 12.30). Questo strumento ha determinato, di fatto, una sensibile
riduzione delle domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto di
lavoro.
Infine, in linea con quanto previsto a livello nazionale e sovranazionale ed
in pari ottica, nel comparto della sanità è stato introdotto per la categoria sinora esclusa dei dirigenti non sanitari il c.d. “rapporto di lavoro ad impegno ridotto”, che prevede un contingente massimo del 3%, eventualmente estensibile
di un ulteriore 2%.
Anche in altri enti, come la Regione, si sta affrontando la questione della
ammissibilità dell’orario ridotto per i dirigenti, che è già ammesso nei confronti dei Direttori di ufficio, ma soltanto come part-time temporaneo.
40 pari opportunità
CAPITOLO SECONDO
Assetto normativo e profili applicativi dei principali enti locali
ed enti soggetti alla disciplina nazionale nella provincia di Trento
2.1 Ente: Provincia di Trento
FONTI:
legislative:
Legge provinciale 29 aprile 1983, n. 12
Legge provinciale 3 aprile 1997, n.7
contrattuali:
1° livello di contrattazione: Contratto collettivo provinciale di lavoro CCPL - (che recepisce il CCNL), sottoscritto il 8.03.2000.
2° livello di contrattazione: Accordo di Settore per i dipendenti PAT ed
enti funzionali, sottoscritto il 21.09.2001.
3° livello di contrattazione: Contratto collettivo decentrato provinciale relativo alle modalità di applicazione della disciplina del part-time, sottoscritto il 17.07.2001.
Privatizzazione dell’ente Provincia: è avvenuta con legge provinciale n. 7/97.
CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA PROVINCIALE .
Essa si applica a tutti i dipendenti dell’ente Provincia ed enti funzionali; al
riguardo una specifica delibera individua analiticamente tutti gli enti funzionali della Provincia, i quali sono sottoposti allo stesso contratto collettivo provinciale di lavoro, anche se poi vengono puntualmente regolamentati da
accordi di settore.
Tuttavia: per i Dirigenti ed i Direttori dell’ente Provincia, la Scuola e gli
enti per l’infanzia, Enti di ricerca, Ispettorato del Lavoro vigono discipline
separate, in virtù di contratti collettivi appositi (v. infra Categorie escluse ).
ORARIO DI LAVORO
L’orario di lavoro a tempo pieno è di 36 ore settimanali: il part-time viene
concesso su 18, 21, 24, 28 e 30 ore settimanali; il più frequente è di 24 ore su
41 pari opportunità
36; può essere sia orizzontale che verticale (generalmente sulla settimana o
sull’anno) e viene concesso su domanda del dipendente, che ne individua la
tipologia e l’articolazione oraria.
Tuttavia, soprattutto in relazione al part-time verticale il Dirigente del
Servizio dispone di una notevole discrezionalità, in funzione delle esigenze
organizzative dell’Ente, non tanto nell’accoglimento della domanda, quanto
nella determinazione dell’orario (ad es., una richiesta di part-time su 24 ore
settimanali viene normalmente accolta dal Dirigente ma spesso con un orario
di 30 ore settimanali). Inoltre, a causa delle accennate oggettive ragioni organizzative l’Amministrazione può differire la trasformazione del rapporto di
massimo sei mesi: tutto ciò significa che spetta al dirigente pronunciarsi sulla
compatibilità della prestazione lavorativa e della tipologia con le esigenze
organizzative della struttura.
In ogni caso è doveroso sottolineare che la fruizione del part-time non dà
luogo alla sospensione del regime delle incompatibilità.
LIMITE-PERCENTUALE di trasformazioni a part-time
Nell’ambito dell’ente “Provincia” sono impiegati circa 3.800 dipendenti
(escludendo il settore Scuola, Sanità, Autonomie locali ed Enti di Ricerca, la
cui considerazione eleva il numero a 6.100) di cui il 10% circa sono a parttime; si tratta soprattutto di donne.
Ed infatti, il limite massimo dei posti occupabili a part-time è del 10%
della dotazione organica complessiva del comparto del personale a tempo
pieno (ex art. 63, L. P. 12/83, legge richiamata dalla più recente L. P. 7/97;
peraltro, nel CCPL ( art. 27) detto 10% viene indicato quale limite minimo,
suscettibile di essere superato a discrezione del dirigente, pur sempre nel
rispetto del monte-ore determinato dalla Legge Finanziaria annuale (v. infra).
La Circolare prov. n. 4075 contiene una disposizione che consente all’amministrazione di trasformare il rapporto in part-time in via eccezionale, al di là di
ogni previsione o termine, ad un lavoratore/trice che certifichi particolari,
gravi esigenze. Resta ferma, peraltro, la verifica da parte del Dirigente del
Servizio interessato della compatibilità della richiesta con le esigenze organizzative della struttura
TIPOLOGIE DI PART-TIME
Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere:
- a tempo determinato (c.d. part-time temporaneo): viene concesso per uno
oppure due anni al massimo, a seconda delle esigenze oggettive del lavoratore/trice, di carattere personale o familiare (tra i/le richiedenti viene
42 pari opportunità
effettuata una graduatoria dando priorità alle gravi patologie personali o
familiari ed alla condizione di disabile; quindi all’assistenza di anziani non
autosufficienti; infine, alla cura ed assistenza dei figli);
- a tempo indeterminato (c.d. part-time definitivo): si tratta di trasformazioni del rapporto ormai datate, oppure, ma assai più raramente, avvenute
di recente ma per esigenze di carattere non transitorio; ciò ha generato la
questione del “blocco della rotazione” per il fatto che chi tuttora sta
fruendo di un contratto a tempo parziale indeterminato in genere non
ritiene di convertirlo nuovamente in tempo pieno e perciò sottrae la possibilità di trasformazione inversa ad altri lavoratori che possono averne
necessità.
Comunque, il disposto normativo prevede espressamente che il lavoratore
a part-time che, al contrario, desideri ritornare a tempo pieno, possa richiedere detta trasformazione a fronte dell’esistenza di vacanze di organico del profilo professionale rivestito.
Inoltre il part-time può essere orizzontale oppure verticale (e, quest’ultimo,
su base settimanale o annua).
CRITERI PER L’ATTRIBUZIONE DEL PART-TIME E PROCEDURA DI
ASSEGNAZIONE
Come anticipato, secondo l’accordo decentrato i criteri per la formazione
della graduatoria utile per ottenere la trasformazione sono i seguenti:
1. motivi di salute (handicap o gravi patologie personali o familiari)
2. assistenza ai familiari anziani non autosufficienti
3. assistenza e cura dei figli (suddivisi in classi d’età)
4. motivi di studio (es. frequenza dell’università)
5. superamento dei 55 anni di età
6. anzianità di servizio
In merito all’anzianità di servizio, emerge la sua non omogeneità rispetto
agli altri criteri , in quanto non funzionale al soddisfacimento di particolari esigenze, legate ad impegni familiari, oppure di formazione, oppure legati al c.d.
“pensionamento progressivo”. Desta perplessità, quindi, il suo inserimento che
non appare giustificato in relazione alla finalità dell’istituto, e può incidere
negativamente sull’aspirazione alla riduzione dell’orario dei più giovani, che
probabilmente ne sarebbero interessati in relazione alle esigenze di cura familiare ( si pensi alla madre con figli in tenera età ) oppure di studio. Si tratta di
una condizione che appare molto vicina ad un premio di fedeltà, non coerente con gli obiettivi di promozione dell’occupazione propri delle politiche delle
pari opportunità.
43 pari opportunità
– Procedura:
Il Part-time non viene utilizzato mai al momento dell’accesso all’impiego
- il che significa che non ci sono assunzioni a tempo parziale -, ma solo
durante il rapporto, in seguito a trasformazione.
La domanda proposta dal dipendente deve essere sottoscritta e convalidata dal Dirigente del Servizio che, solitamente, concede la trasformazione a
tutte le richiedenti salvo, eventualmente, -come si diceva- modificarne la durata a seconda delle esigenze del servizio: ciò, però, può incidere negativamente sull’interesse del dipendente alla fruizione stessa del part-time.
I lavoratori a part-time non vengono sostituiti, neppure mediante assunzioni a tempo determinato.
PART-TIME E ALTRI ISTITUTI DI FLESSIBILITÀ’
a) part-time e congedi parentali: le dipendenti utilizzano entrambi gli strumenti: dapprima chiedono il congedo per maternità e poi, al rientro, chiedono il part-time.
b) part-time e job-sharing: quest’ultimo contratto non è mai stato utilizzato
per difficoltà organizzative date dall’esigenza di reperire due dipendenti
“in simbiosi” disposti a condividere compiti e responsabilità;
c) part-time e telelavoro: per ora nessuna esperienza di lavoro al proprio domicilio; sta però partendo in questo periodo un tentativo con una postazione
a Rovereto (in un ufficio della Provincia) collegata direttamente con
Trento. Si vedranno di seguito i risultati.
d) Part-time e articolazione dell’orario di lavoro: si tratta di una problematica
particolarmente “calda” ed importante attinente al coordinamento dell’orario di lavoro con le esigenze di vita ulteriori e con “gli orari delle città”
(segnatamente, la questione è di conciliare l’orario di uscita dal lavoro - le
16.30- con quello dei servizi della città - trasporti e scuola-).
e) Infine, ulteriore questione attiene all’orario flessibile dei dirigenti, (esclusi
dal part-time): anche costoro sono tenuti ad un orario a tempo pieno minimo di 36 ore, ma, grazie al ricorso ad una maggiore flessibilità, iniziano a
lavorare più tardi al mattino e, corrispondentemente, terminano più tardi
al pomeriggio: perciò si verifica uno “scollamento” tra l’orario (e la presenza sul lavoro) della fascia dirigenziale e quello dei “sottoposti”, ulteriormente aggravata dall’eventualità che questi ultimi fruiscano di un contratto di lavoro a tempo parziale, che potrebbe pertanto indurre una minore
propensione ad acconsentire alla riduzione dell’orario dei dipendenti.
In ogni caso, i lavoratori a part-time sono totalmente parificati ai lavoratori a tempo pieno, salvo il riproporzionamento degli istituti, principalmente
44 pari opportunità
retributivi, in ragione del minor tempo lavorato. Si segnala positivamente la
valutazione per intero degli anni prestati con rapporto a tempo parziale ai fini
previdenziali.
PART-TIME E ORARIO SUPPLEMENTARE:
I lavoratori a tempo parziale sono esclusi per legge dallo svolgimento del
lavoro straordinario, mentre sono tenuti, a richiesta del dirigente per eccezionali e temporanee esigenze organizzative al lavoro supplementare, ovvero all’attività lavorativa nelle ore che si collocano entro il limite dell’orario normale
(art.28 c.2 del Cpl). Pur non essendo previsto il consenso individuale, contemplato dall’art. 3 d.lgs n.61/2000, tuttavia la regolamentazione appare improntata complessivamente ad un bilanciamento tra le contrapposte esigenze.
Una disposizione particolare è contemplata dall’art. 37, co. III,
dell’Accordo di Settore, ove si prevede che “Il limite individuale annuo di lavoro supplementare di cui all’accordo di settore stralcio sottoscritto in data
26.03.2001 è esteso a tutto il personale in servizio a tempo parziale, limitatamente alle iniziative di formazione.”
PART TIME E ANZIANITÀ AI FINI DELLA PROGRESSIONE DI CARRIERA
Una recente modifica della disciplina precedente introdotta nel “nuovo
ordinamento professionale” - N.O.P. - (art.7 e 8 del. G.P. n. 2427, dd.
11.10.2002 e GP n. 3321, dd. 23.12.2002) relativa alla determinazione dei criteri di progressione verticale di carriera, ha accolto l’orientamento che parifica l’anzianità maturata durante il rapporto a tempo parziale rispetto a quella
di chi lavora a tempo pieno, ai fini dei requisiti richiesti per l’accesso ai profili superiori al momento della presentazione della domanda (art. 5, c.4). Si è
così uniformata la disciplina applicata a tutto il personale del comparto delle
Autonomia locali della Provincia autonoma di Trento a quanto previsto da altri
Enti sulla scorta dei principi definiti dal Collegio Istruttorio del CPO nazionale, e dalla giurisprudenza comunitaria (v. infra n. 4). Quindi gli anni lavorati secondo modalità a tempo parziale sono valutati per intero. Invece per la
valutazione dell’anzianità ai fini dei titoli previsti si applica un coefficiente differenziato in ossequio alla diversità della prestazione lavorativa, che non è
esente da qualche dubbio di conformità al principio di non discriminazione (v.
infra n. 4).
CATEGORIE ESCLUSE
a) Si riproduce a livello locale la questione dell’esclusione delle figure dei
45 pari opportunità
Dirigenti come già visto a livello nazionale, nonché dei Direttori. Nella
disciplina contrattuale che li riguarda non è, infatti, contemplata la possibilità di prestazione lavorativa ad orario ridotto. La situazione è aggravata
dalla previsione dell’automatica trasformazione del rapporto in uno a
tempo pieno come condizione per la promozione. Si tratta di un regime
che solleva questioni di legittimità (v. § 4.3).
b) Inoltre, il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere escluso in funzione di esigenze organizzative, in relazione a profili professionali che
comportino funzioni ispettive e di vigilanza, come vigili del fuoco e guardie forestali, purché costoro svolgano in concreto tali funzioni, atteso che,
in caso contrario – qualora siano adibiti, in ipotesi, a mansioni di amministrazione o di segreteria - ben potranno fruire del lavoro a tempo parziale (
art.27 CPL ). L’esclusione, quindi, non opera automaticamente, ma solo
se vi sia un’apposita proposta da parte del dirigente che dovrà essere motivata con riguardo alle specifiche funzioni svolte dal dipendente medesimo
ed alle esigenze organizzative della struttura diretta ( art. b.2 Circ. relativa
alle modalità di applicazione dell’accordo decentrato 2002 –2003 per il
personale non dirigenziale del comparto Provincia e autonomia locali ). La
questione può sollevare problemi applicativi, che in alcuni casi sono stati
portata all’attenzione della Consigliera provinciale di parità, nei servizi che
occupano dipendenti donne che svolgono anche ma non esclusivamente
mansioni ispettive o di vigilanza, se vi sia una generalizzata ed automatica
esclusione di tutte le dipendenti dalla possibilità di richiedere il tempo parziale. In vista del possibile contenzioso circa il bilanciamento tra esigenze
dell’ente e istanza individuale verso la riduzione dell’orario, si potrebbero
ipotizzare soluzioni volte a creare sedi di mediazione apposite, per es. utilizzando i Comitati per le pari opportunità.
c) Si segnala al riguardo la peculiarità degli Enti di ricerca, quali ITC, IRST,
e l’Istituto agrario di S. Michele A/A, ove si applica sia il contratto di comparto della PAT, sia un particolare accordo collettivo provinciale per il personale ricercatore ( 20 marzo 2001, che a sua volta rinvia al CCNL comparto Istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione 1998 – 2001 ).
L’autonomia dell’Ente ha consentito di superare il divieto che riguarda il
personale ricercatore rispetto alla riduzione dell’orario, secondo la disciplina nazionale, e salvi particolari ambiti, per cui è stato riconosciuto ma
esclusivamente nei confronti di alcune figure, e non per la totalità del personale. In effetti, la disciplina posta dal contratto nazionale, oggetto del rinvio, contempla la possibilità di esclusione dalla riduzione dell’orario relativamente ai profili professionali che comportano funzioni ispettive, di
46 pari opportunità
direzione e coordinamento di struttura, o l’obbligo della resa del conto giudiziale, o che si riferiscono “ad attività di particolare caratterizzazione individuata preventivamente dagli enti”. Quest’ultima previsione appare estremamente vaga e generica, senza indicare neppure i criteri per tale individuazione. Pertanto, non sembra conforme alla enunciazione di favore da
parte dell’ordinamento comunitario verso l’eliminazione di tutti gli ostacoli alla diffusione del lavoro a tempo parziale.
Riferimenti Normativi: v. APPENDICE, “Fonti locali, ente: Provincia di Trento”
2.2 Ente: Regione
FONTI:
legislative:
Legge regionale 3/2000.
contrattuali:
Primo livello di contrattazione: Contratto collettivo regionale di
lavoro–CCRL-sottoscritto il 24.07.2001.
Secondo livello di contrattazione: Accordi e circolari integrative ed attuative.
Privatizzazione dell’ente Regione:
E’ avvenuta di recente con la L.R. 3/2000
(In precedenza vigeva la L.R. 15/1983 del 9 novembre 1983 integrata dal
Regolamento del 1991, successivamente modificato nel 1994: attualmente queste fonti sono superate dal CCRL).
CAMPO DI APPLICAZIONE DEL CCRL
Esso si applica a tutti i dipendenti dell’ente Regione TAA. Nel campo di
applicazione sono ricompresse altresì le Camere di Commercio.
ORARIO DI LAVORO
L’orario di lavoro a tempo pieno è di 36 ore settimanali: il part-time viene
concesso su 18, 24 e 30 ore settimanali; può essere sia orizzontale (su 5 o 6
giornate), che verticale (quest’ultimo su base settimanale, mensile o annuale
ex art. 21, co. 6, CCRL, sebbene, di fatto, per ora sia stato attivato soltanto
quello su base settimanale ).
47 pari opportunità
Il part-time viene concesso su domanda del dipendente, il quale articola
l’orario in ragione delle proprie esigenze; tuttavia relativamente a quello verticale c’è una certa discrezionalità del Dirigente del Servizio nell’articolazione
dell’orario per esigenze organizzative; comunque, si ricerca sempre un accordo con il lavoratore, tant’è vero che sul punto non c’è contenzioso.
In ogni caso, poi, anche qualora vi siano contrarie esigenze organizzative dell’ente, non viene respinta alcuna domanda, ma si ricorre, eventualmente, alla
sostituzione del lavoratore a part-time con altro assunto a tempo determinato.
E’ interessante sottolineare, sul punto, che il disposto normativo di cui
all’art. 21, co. 11 e 13, CCRL appare assai più restrittivo della prassi applicativa venutasi a determinare in quest’ultimo periodo, atteso che prevede che i
dipendenti con rapporto a tempo pieno o parziale possano chiedere la trasformazione del rapporto purché nelle dotazioni organiche relative allo stesso profilo professionale esistano disponibilità di posti. Secondo quanto già previsto
dalla disciplina europea e dall’art.5, c.3, d. lgs. n.61 /2000, si prevede che il
diniego della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale deve essere motivato.
Al riguardo è doveroso dare atto che, al fine di disincentivare il ricorso al
part-time, è stato introdotto il c.d. orario differenziato, sulla base del rilievo
che dove c’è articolazione dell’orario cade la necessità del part-time.
L’orario differenziato consiste in una particolare articolazione dell’orario di
lavoro, differente rispetto alle “normali” fasce orarie di presenza obbligatoria
(8.30 – 12.30 e 14.45 – 16.15) per permettere la conciliazione del tempo di
lavoro con quello dei servizi della città: ad es. per particolari esigenze attinenti al nucleo familiare (scuola, asili nido, ecc.) si può concedere alla lavoratrice
di interrompere la prestazione per la pausa pranzo alle 11.45 anziché alle
12.30. A tal fine c’è, peraltro, un’attenta e rigorosa valutazione delle esigenze
addotte: ad es., se si accerta che il marito della lavoratrice potrebbe facilmente occuparsi del problema, viene negato l’orario differenziato.
In ogni caso, anche i lavoratori a tempo parziale possono ricorrere all’orario differenziato.
Inoltre, proprio grazie all’orario differenziato ed alla possibilità di ricorso al lavoro a tempo parziale, in questi ultimi anni si è registrato un notevole calo dell’assenteismo.
La fruizione del part-time non dà luogo alla sospensione del regime delle
incompatibilità, che quindi continua a vigere per tutti i lavoratori: unica eccezione è il part-time di 18 ore, secondo i principi generali vigenti .
Peraltro, quest’ultimo part-time, su 18 ore settimanali, è quello meno produttivo e meno conveniente per l’ente perché statisticamente si è notato che
48 pari opportunità
porta ad una svalorizzazione della professionalità del lavoratore ed ad una perdita di interesse per l’attività lavorativa, con un conseguente minor rendimento (anche perché il lavoratore percepisce di non “crescere” dal punto di vista
professionale, e, contemporaneamente, nutre uguale o maggior interesse per
la seconda attività). Si tratta di un “retaggio” storico; infatti sino al 1991 era l’unico tipo di part-time esistente.
Il lavoro a tempo parziale è fruito soprattutto dal personale femminile; gli
uomini vi ricorrono molto raramente e solo a quello di 18 ore al fine di svolgere una seconda attività.
LIMITE-PERCENTUALE
Nell’ambito dell’ente “Regione” il limite minimo di posti in organico trasformabili in part-time è del 5%, mentre quello massimo è del 30% ex art 21,
co. 1, CCRL: è dunque notevolmente superiore a quello previsto dalla legge
che è del 10%.
Tale limite del 30% è stabilito per il buon funzionamento dell’ente in quanto si ritiene che una percentuale più elevata potrebbe comportare disfunzioni
organizzative: si tratta, dunque, di un criterio di organizzazione dell’ente.
In ogni caso detto limite massimo non viene mai raggiunto, in quanto la
richiesta, e la fruizione, del part-time è attualmente del 14% dell’organico
(che è costituito da 985 unità).
TIPOLOGIE DI PART-TIME
- a regime temporaneo (art.21, co. 15, CCRL): viene concesso per un periodo minimo di 3 mesi e massimo di 6, dopodiché il lavoratore ritorna a
tempo pieno, oppure, qualora non siano cessate le esigenze che ne hanno
determinato la richiesta, ne chiede una proroga, oppure il part-time a
tempo indeterminato.
- a tempo indeterminato: viene concesso su istanza del dipendente e mantenuto, per sua volontà, anche qualora vengano meno le esigenze che lo
hanno determinato. In ogni caso il lavoratore gode di piena libertà nel
ritornare a tempo pieno, oppure restare a tempo parziale.
Inoltre il part-time può essere orizzontale oppure verticale (e, quest’ultimo,
su base settimanale o annua).
CRITERI PER L’ATTRIBUZIONE DEL PART-TIME e PROCEDURA DI
ASSEGNAZIONE
I titoli di preferenza per la trasformazione del rapporto di lavoro in parttime sono individuati dall’art. 21, co. 7, CCRL, nell’ “Allegato D”: si tratta
49 pari opportunità
principalmente di esigenze familiari o personali dello stesso lavoratore, per
motivi di cura, assistenza, o gravi patologie.
Si è detto che è il Dirigente del Servizio a decidere se accogliere, o meno,
la richiesta: normalmente l’accoglie, ma qualora desse parere negativo motivandolo con esigenze dell’organizzazione, ciò non osta alla concessione del
part-time, in quanto è dato ricorrere all’assunzione di un altro lavoratore in
sostituzione. Infatti, a differenza di quanto accade nell’ente Provincia, il lavoratore a part-time in Regione è sostituibile per il residuo (cioè per le ore non
lavorate) da assunzioni a tempo determinato (che possono essere a tempo parziale ma anche a tempo pieno, quando un unico lavoratore viene a sostituire
contemporaneamente due lavoratori a part-time )
PART-TIME E ALTRE FORME DI FLESSIBILITA’
a) part-time e congedi parentali:
in Regione il CCRL prevede una tutela della maternità migliorativa rispetto a quella disciplinata dalla legge nazionale, sancendo, fra il resto, la possibilità di cumulare le varie ipotesi di congedo e l’aspettativa.
Precisamente:
sussiste il limite di 6 mesi di congedo facoltativo di maternità (come la
legge nazionale), a cui però va aggiunta la possibilità di fruire di 1 anno di
aspettativa (anche frazionata) non retribuita, ma con il versamento dei
contributi ai fini pensionistici, ed un ulteriore periodo di aspettativa per
motivi familiari, non retribuita e non utile ai fini pensionistici ma con
garanzia della conservazione del posto di lavoro.
Assai di frequente le lavoratrici utilizzano i primi 6 mesi di congedo, poi
l’anno di aspettativa ed infine passano al part-time.
b) part-time e telelavoro:
allo stato nessuna esperienza di questo tipo, principalmente per difficoltà
organizzative; si ritiene che la tipologia potrebbe essere attuata soltanto in
alcuni servizi, quali la biblioteca per l’archiviazione, oppure quello delle
traduzioni articolandolo in modo tale per cui un certo tempo di lavoro sia
svolto al domicilio, ed altra parte in ufficio.
c) part-time e job-sharing:
allo stato nessuna esperienza è stata realizzata al riguardo.
d) part-time e contratto a termine:
Nell’ente Regione il contratto a tempo determinato è solo sostitutivo, ex
art. 22, di lavoratrici in maternità, in aspettativa, lavoratori assenti per servizio militare ecc. (peraltro, in seguito all’entrata in vigore del d. lgs.
368/2001 ora non dovrebbe essere più soltanto sostitutivo).
50 pari opportunità
L’unico caso non sostitutivo riguarda le assunzioni a termine per PROGETTI SPECIFICI, solitamente di durata triennale.
PART-TIME E STRAORDINARIO (rectius SUPPLEMENTARE) art. 21,
co. 17, CCRL:
secondo la disciplina negoziale lo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario è autorizzato entro il limite massimo annuale ridotto in relazione alla
minor durata dell’orario; per quanto riguarda il consenso individuale ci si
riporta alle considerazioni già fatte per la disciplina per il comparto della PAT.
In ogni caso il lavoratore può optare, anziché per la retribuzione maggiorata, per il recupero delle ore lavoratore anche attraverso la c.d. “banca
delle ore”.
PART – TIME E CARRIERA:
i lavoratori a part-time sono totalmente parificati ai lavoratori a tempo
pieno, salvo il riproporzionamento degli istituti, principalmente retributivi, in ragione del minor tempo lavorato. Infatti, ai sensi dell’art. 21, co. 3,
CCRL, “al rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano tutte le disposizioni previste per il personale con rapporto a tempo pieno, ivi comprese
quelle relative all’accesso, alla progressione, ai diritti ed ai doveri”. Ne è un
esempio la disciplina in materia di indennità di servizio, che viene corrisposta in base a:
– effettiva presenza in servizio;
– valutazione del Direttore dell’Ufficio in relazione ai risultati raggiunti.
Un’altra soluzione rilevante riguarda l’anzianità di servizio prevista per
l’accesso ai livelli superiori che non viene riproporzionata in ragione dell’orario, consentendo pertanto di essere parificati agli stessi presupposti previsti per
il rapporto a tempo pieno.
Anche per i lavoratori a part-time, così come per quelli a full-time, sono
previste forme di tutela della professionalità, soprattutto mediante corsi di
riqualificazione, i quali vengono adattati alle modalità di articolazione dell’orario di lavoro.
Si dà atto, inoltre, della proposta di inserire appositi “periodi di reinserimento” e “recupero” per coloro che si sono assentati dal lavoro per lunghi
periodi (incidenti, malattie, ecc.), anche a part-time.
CATEGORIE ESCLUSE
Come in tutte le discipline si prevede l’esclusione dei dirigenti (ex art. 21,
co. 4, CCRL: “Le disposizioni relative al rapporto di lavoro a tempo parziale
51 pari opportunità
non si applicano ai dipendenti preposti alle strutture organizzative”). La peculiarità dell’ente è costituita dal fatto che la questione è stata affrontata nella più
recente tornata contrattuale, secondo una proposta che ne estende l’applicazione anche a tale categoria, secondo ipotesi già presenti anche in ambito
nazionale.
I Direttori d’ufficio, gerarchicamente inferiori ai dirigenti, non rientrano
nella contrattazione separata dei Dirigenti e possono fruire del part-time temporaneo (restano però esclusi da quello a tempo indeterminato in base all’art.
21, co, 15, CCRL).
RIFERIMENTI NORMATIVI:
art. 21, CCRL: Rapporti di lavoro a tempo parziale
“1. I posti di organico del ruolo unico regionale possono essere trasformati
nel limite minimo del 5% e massimo del 30% in posti di lavoro a tempo
parziale con prestazione pari alla metà, ai 2/3 o ai 5/6 dell’orario settimanale di lavoro del personale a tempo pieno .
2. La determinazione dei posti a tempo parziale è effettuata, tenuto conto
delle esigenze di servizio, con provvedimento della Giunta previa informazione alle Organizzazioni sindacali del personale, fermo restando che
la somma delle frazioni di posto a tempo parziale non può superare il
monte ore complessivo dei posti di organico a tempo pieno trasformati.
3. Al rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano, salvo quanto disposto nei commi seguenti tutte le disposizioni previste per il personale con
rapporto a tempo pieno, ivi comprese quelle relative all’accesso, alla progressione, ai diritti e ai doveri.
4. Le disposizioni relative al rapporto di lavoro a tempo parziale non si
applicano ai dipendenti preposti alle strutture organizzative e relative
articolazioni, salvo quanto stabilito dal comma 15.
5. Il rapporto di lavoro a tempo parziale deve risultare da atto scritto e deve
contenere l’indicazione della durata e della articolazione della prestazione lavorativa stabilito d’intesa con il dipendente.
6. Il tempo parziale può essere realizzato:
a) con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni
lavorativi (tempo parziale orizzontale);
b) con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana,
del mese, o di determinati periodi dell’anno (tempo parziale verticale), in misura tale da rispettare la media della durata del lavoro settimanale prevista per il tempo parziale nell’arco temporale preso in
considerazione (settimana, mese o anno).
52 pari opportunità
7. I titoli di preferenza per la trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale sono stabiliti dal Allegato “d”.
8. il personale con rapporto a tempo parziale può fruire di benefici che comportino riduzioni di orario di lavoro solo se previste espressamente da disposizioni di legge o contrattuali.
9. Il personale con rapporto a tempo parziale ha diritto alle ferie, ai permessi e alle ore di partecipazione alle assemblee sindacali previsti per il
personale a tempo pieno proporzionalmente ridotti in relazione all’orario settimanale di lavoro.
10. Al personale con rapporto a tempo parziale è corrisposto il trattamento
economico del personale con rapporto a tempo pieno in misura proporzionale all’orario settimanale di lavoro, salvo l’assegno per il nucleo
famigliare.
11. Fermo restando che le assunzioni a tempo parziale non precostituiscono
diritto ad ottenere la trasformazione del rapporto a tempo pieno, i
dipendenti con rapporto di lavoro a tempo pieno e quelli con rapporto
di lavoro a tempo parziale possono chiedere, dopo aver conseguito l’assunzione a tempo indeterminato, la trasformazione del rapporto, rispettivamente a tempo parziale ed a tempo pieno, purchè nelle dotazioni
organiche relative allo stesso profilo professionale esistano disponibilità
di posti.
12. La trasformazione del rapporto a tempo parziale o a tempo pieno è disposta tenuto conto delle esigenze dell’Amministrazione, con decorrenza
rispettivamente dal primo gennaio o dal primo luglio successivi alla data
di accoglimento della richiesta.
13. Il diniego della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale, o viceversa, deve essere motivato.
14. Per tutto quanto attiene al diritto al trattamento di quiescenza e di previdenza trova applicazione la disciplina in materia contenuta nella normativa statale.
15. Per esigenze riconducibili a gravi situazioni personali o famigliari può
essere concessa, su domanda del dipendente, la riduzione alla metà, ai
2/3 o ai 5/6 dell’orario settimanale per un periodo determinato comunque non inferiore a tre mesi e non superiore a sei mesi con l’applicazione
delle disposizioni di cui ai commi 3, 6, 8, 9, 10 e 14.
16. Per la durata della riduzione d’orario, concessa ai sensi del comma 15, è
ammessa l’assunzione di personale supplente con prestazione di lavoro
pari a 18 ore settimanali.
17. Il personale a tempo parziale può essere autorizzato a prestare lavoro
53 pari opportunità
straordinario. Il limite individuale fissato per il personale a tempo pieno
è ridotto i proporzione all’orario di lavoro a tempo parziale prestato.
18. Il personale a tempo parziale con articolazione verticale dell’orario può
usufruire del servizio alternativo di mensa, limitatamente ai giorni in cui
effettua almeno sei ore di servizio.
19. Le eventuali momentanee carenze che si determinano a seguito dell’accoglimento delle richieste di trasformazione del posto da tempo pieno a
tempo parziale possono essere coperte con assunzione di personale supplente ai sensi dell’art. 26 della legge regionale 21.02.1991, n. 5.
20. Per l’anno in corso, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale ovvero a tempo pieno è disposta in un’unica tornata sulla base delle
domande presentate, con decorrenza dal 1° giorno del mese successivo a
quello di compimento del 60° giorno dall’entrata in vigore del presente
contratto”.
2.3 Ente: Comune di Trento
FONTI:
legislative:
– TESTO UNICO delle leggi regionali sull’ordinamento del personale nei Comuni della Regione autonoma Trentino–Alto Adige” (art.
6) (D.P.G.R. 19 maggio 1999 n. 3/L)
– REGOLAMENTO ORGANICO GENERALE DEL PERSONALE del Comune di Trento, 2002, (artt. 68, 108 e 109)
– DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE TRIENNALE DEL
FABBISOGNO DEL PERSONALE 2002- 2004 (Deliberazione n.
16 del 4.02.2002) : si tratta di un Documento unilaterale emanato
dall’Ente, previa però concertazione con le OO.SS. sul contenuto, e
poi approvazione della Giunta Comunale (fonti di tale Doc. di
Programmazione sono: il CCPL e la Legge finanziaria del ’97)
– CIRCOLARE ANNUALE – 2002contrattuali:
primo livello di contrattazione: Contratto Collettivo provinciale di lavoro
CCCPL dd. 8.03.2000
secondo livello di contrattazione: Accordo di settore – area non dirigenziale- sottoscritto il 22.11.2001 (art. 26)
54 pari opportunità
Privatizzazione dell’ente Comune di Trento:
E’ avvenuta con la Legge Regionale n. 10/1998 dd. 23 ottobre 1998 che ha
introdotto:
– la privatizzazione del rapporto di lavoro;
– la riforma dell’ordinamento dei Comuni;
– la riforma dell’ordinamento contabile.
La L. R. n. 10/98 è stata poi recepita nel “Testo Unico sull’ordinamento del
personale nei Comuni della Regione autonoma Trentino – Alto Adige”
(D.P.G.R. 19 maggio 1999 n. 3/L).
La materia viene poi ulteriormente specificata da ogni singolo Comune
mediante un proprio Regolamento integrativo: per il Comune di Trento, v.
Regolamento del Comune di Tn, artt. 68, 108 e 109.
Si può parlare, pertanto, di una privatizzazione completa.
E’ interessante rilevare che il part-time nei Comuni fu introdotto per la
prima volta con Legge Regionale n. 4 del 5.03.1993: si trattava della sola tipologia “orizzontale” e soltanto al 50% dell’orario previsto per il tempo pieno.
Ora l’art. 6 T.U. (che recepisce l’art. 18, co. 12 e 38, L.R. 10/98) stabilisce
che : “I Comuni possono prevedere nei Regolamenti Organici la costituzione di
rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale secondo i criteri ed i
limiti indicati dai contratti collettivi di lavoro”.
PART-TIME E REGIME GIURIDICO:
Gli artt. 108 e 109 del Regolamento Organico sanciscono che al rapporto
di lavoro a tempo parziale si applicano le disposizioni previste per il tempo
pieno, ivi comprese quelle relative all’accesso, alla progressione, ai diritti ed ai
doveri. Sul punto, la clausola n. 9 della Circolare annuale – 2002 - precisa che
al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale spetta la retribuzione
anche accessoria rapportata all’orario di lavoro con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche spettanti al personale con rapporto a tempo pieno
della stessa categoria e figura professionale, ivi compresa l’indennità integrativa speciale e la retribuzione individuale di anzianità.
Anche per quanto riguarda i più importanti istituti di assenza (malattia,
astensione obbligatoria e facoltativa per maternità, aspettativa, matrimonio,
ecc.) la disciplina e la durata per i part-timers orizzontali e verticali sono uguali a quelle previste per i dipendenti a tempo pieno (allegato F, Circol. annuale per il 2002).
Al personale con orario superiore alle 18 ore si applicano inoltre le disposizioni relative al divieto di cumulo degli impieghi (artt. 60/65).
55 pari opportunità
ORARIO DI LAVORO
L’orario di lavoro a tempo pieno è di 36 ore settimanali: il part-time viene
concesso su 14, 18, 20, 21, 22, 24 e 30 ore (quest’ultimo è stato introdotto soltanto quest’anno, ma vi sono state pochissime richieste).
Solitamente il part-time è di 18 ore su 36 (p.t. al 50%), o di 24/36 (p.t. al
75%).
Nel part-time di 18/36 le ore vengono distribuite normalmente su 5 giorni
dal lunedì al venerdì. L’amministrazione ha però la facoltà di articolare la prestazione di servizio, a causa di esigenze dell’organizzazione, su alcuni giorni
della settimana o del mese, oppure di concentrarla in determinati periodi dell’anno (tempo parziale verticale e tempo parziale ciclico – v. circolare annuale, punto 4).
LIMITE-PERCENTUALE di trasformazioni a part-time:
Il limite minimo contrattuale è del 10%, ma nell’ente Comune di Trento
esso è costantemente superato e la misura è tuttora in graduale aumento (v.
“Piano triennale”): al 1.07.2001 la percentuale media era del 12%; al
1.01.2002 è aumentata sino al 13,5 %: naturalmente si tratta di una “media”,
atteso che vi sono categorie di lavoratori in cui detta percentuale è decisamente più alta: per la figura professionale dell’ “assistente amministrativo” la
percentuale sale al 24%; per quella di “coadiutore amministrativo” al 24,5%.
Nell’ente Comune di Trento sono impiegati complessivamente circa 1700
lavoratori, di cui circa 220 sono a part-time.
TIPOLOGIE DI PART-TIME
Temporaneo: viene concesso per soddisfare transitorie necessità familiari o
personali dei dipendenti, e può avere durata da un mese a massimo due anni
(al fine dell’accoglimento delle domande viene effettuata una graduatoria in
base alle esigenze delle richiedenti). I dipendenti che hanno già usufruito del
part-time temporaneo per un periodo di due anni possono rinnovare la domanda solo dopo un rientro a tempo pieno di almeno due anni (circolare annuale, punto 2).
Definitivo: le trasformazioni del rapporto di lavoro a tempo pieno in parttime non sono soggette a termine; al fine dell’accoglimento della domanda,
anche in tal caso viene stilata una graduatoria fra le domande delle/dei
richiedenti; i criteri di priorità sono gli stessi utilizzati anche negli altri enti:
personale disabile o affetto da gravi patologie; assistenza ad anziani non autosufficienti; cura ed assistenza a figli minori; motivi di studio; anzianità di servizio.
56 pari opportunità
Qualora non venga accolta la domanda di trasformazione dal tempo pieno
al part-time definitivo, le dipendenti interessate possono chiedere l’inserimento nella graduatoria del part-time temporaneo.
Generalmente nell’uno o nell’altro modo vengono accolte tutte le domande; pertanto si può affermare che nell’ente Comune di Trento la fruizione del
part-time costituisce un diritto del dipendente, salva, eventualmente, la posticipazione della decorrenza per motivi organizzativi o per esigenze di servizio
(circ. annuale, punto 5.4)
In base all’esperienza emerge che generalmente le lavoratrici a part-time
definitivo non ritornano, se non di rado, al tempo pieno.
Inoltre il part-time può essere: orizzontale o verticale; nell’ambito dei servizi all’istruzione è ammesso anche il part-time ciclico.
In particolare, il part-time ciclico (o circolare) costituisce una tipologia di
lavoro a tempo parziale a 30 ore su 36, dove però si lavorano 36 ore settimanali per l’intero anno con sospensione nei mesi di luglio ed agosto (1.7-31.08),
durante i quali non si effettua alcuna prestazione lavorativa. Per ora tale tipologia è introdotta solo per la figura di “educatore” negli asili nido e, in relazione alla stessa non si può più parlare di “diritto” del lavoratore, in quanto
l’accoglimento della trasformazione del rapporto è subordinata alla valutazione delle complessive esigenze di servizio degli asili nido.
Inoltre l’articolazione dell’orario a part-time può essere:
a) mattutina
b) pomeridiana
c) verticale su n. “x” giorni alla settimana.
Tale articolazione viene concessa previo parere del Dirigente del Servizio
interessato sulla base delle necessità del servizio di appartenenza e tenuto
conto che deve essere comunque garantita la copertura della fascia d’orario
obbligatoria.
PROCEDURA DI ACCOGLIMENTO DELLE RICHIESTE:
Il meccanismo si basa sulla presentazione annuale delle domande (ai sensi
dell’art. 109 Regolam. Organico) entro il termine del 30.09 e gli effetti della
trasformazione del rapporto di lavoro decorrono dal 1° gennaio successivo alla
data di accoglimento della richiesta (v. Circ. annuale).
Inoltre, quale requisito di anzianità, la clausola n. 1 della Circolare Annuale
per l’anno 2002 prevede che “possono presentare domanda i dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato che abbiano maturato un’anzianità di servizio in ruolo presso il Comune di Trento di almeno 5 anni al 31.12.2001.”
La clausola n. 9 del Documento di Programmazione Triennale precisa che
57 pari opportunità
a partire dal 1° gennaio 2002 la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo
indeterminato da tempo pieno a tempo parziale è concessa dopo almeno 5
anni di servizio presso il Comune di Trento nei limiti del 5% annuo dei posti
a part-time al 1° gennaio 2001, per le figure professionali sottoposte a limitazioni ed indicate nell’apposito avviso.
In base al numero di domande presentate viene quindi elaborato il
Documento di Programmazione Triennale del Fabbisogno del Personale
(abbreviato in “Piano Triennale” – aggiornato annualmente entro il 31 gennaio) con cui si prevede la soddisfazione di tutte le domande, nel rispetto delle
percentuali prestabilite dal CCPL (che, comunque, costituendo il limite minimo, vengono di norma superate).
Si tratta di un meccanismo efficiente sul piano dei risultati.
Su altro versante, si deve rilevare che, se la trasformazione da full-time in
part-time costituisce un diritto del dipendente, non è vero l’esatto contrario:
l’accoglimento della richiesta di trasformazione dal part-time in full-time è subordinata alla disponibilità dei posti in pianta organica ed alle opportune valutazioni ed esigenze dell’amministrazione; inoltre l’istanza può essere presentata solo dopo aver maturato un’anzianità di servizio con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato part-time di almeno 2 anni.
Infine, da sottolineare che anche nell’ente Comune di Trento, come nell’ente Provincia, la disponibilità in organico del part-time non viene determinata in base alle “teste”, ma su un determinato monte-ore a tal fine preventivamente stabilito (con assegnazione a scalare).
PART-TIME E ALTRI ISTITUTI DI FLESSIBILITÀ:
a) part-time e congedi parentali: le lavoratrici utilizzano ambedue gli strumenti: dapprima chiedono il congedo per maternità e, durante il periodo
di congedo, grazie al meccanismo delle domande annuali, presentano
domanda per la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in
part-time con decorrenza dall’anno in cui le medesime prevedono di rientrare al lavoro: ciò consente all’ente di programmarsi adeguatamente, di
accogliere tutte le domande e, quindi, permette alla lavoratrice di riprendere il lavoro direttamente con contratto a tempo parziale.
b) part-time e job-sharing: allo stato nessuna esperienza
c) part-time e telelavoro: nessuna esperienza
PART-TIME, LAVORO STRAORDINARIO, SUPPLEMENTARE
Il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale non può eseguire prestazioni di lavoro straordinario.
58 pari opportunità
Il lavoro supplementare è previsto solo per eccezionali e temporanee esigenze, ed in ogni caso nel limite individuale di 30 ore annue (art. 28, co. II,
CCPL dd. 8.03.2000; circ. annuale, punto 9) elevato a 60 ore annue dall’art.
26 dell’Accordo di Settore dd. 22.11.2001.
PART-TIME e CARRIERA
La fruizione del part-time non determina alcuna influenza negativa sulla
progressione di carriera. Infatti, come anticipato, ai sensi dell’art. 108 Regol.
Organico, al rapporto di lavoro a tempo parziale si applicano, salvo quanto disposto dai contratti collettivi, tutte le disposizioni previste per il personale
comunale con rapporto a tempo pieno, comprese quelle relative all’accesso ed
alla progressione di carriera.
E’ necessario però sottolineare che i/le dipendenti a part-time che partecipano ad un concorso per capo-ufficio o dirigente (categorie escluse dal lavoro
a tempo parziale), vedranno automaticamente riconvertito il loro rapporto di
lavoro, nel caso di superamento ed accettazione dell’incarico, in rapporto a
tempo pieno. Ciò costituisce uno dei profili di più evidente contrasto con lo
spirito della Direttiva europea, che impone di favorire l’accesso a tutti i livelli
professionali
PART-TIME, CATEGORIE ESCLUSE E RICONVERSIONE AUTOMATICA DEL RAPPORTO
Le categorie escluse sono indicate nella Circolare Annuale (punto 1):
si tratta del personale che svolge funzioni di direzione o di coordinamento
di uffici, ossia: dirigenti, direttori generali, capi-ufficio/progetto.
Per le altre categorie vi possono essere delle limitazioni, nel senso che la
Circolare annuale può individuare, di anno in anno, le figure professionali
che per quell’anno non possono beneficiare del part-time temporaneo e definitivo (es. per l’anno 2002 restano esclusi, fra gli altri, i funzionari e gli assistenti amministrativi, informatici e tecnici – v. allegato E, Circ. annuale, e
clausola n. 5.4 -). Tale disciplina pone un interrogativo sotto il profilo della
conformità al dettato della disciplina comunitaria, e per la parte comune,
della disciplina nazionale. Le questioni che vengono in luce problematicamente concernono: a) l’effetto automatico di ritorno al regime a tempo pieno
in conseguenza della promozione ad un livello professionale che risulta
escluso dalla possibilità di part-time; b) il rifiuto di prendere in considerazione le richieste di trasformazione in rapporto ad orario ridotto indipendentemente dal fatto di svolgere effettivamente mansioni del tipo di quelle descritte ( v. infra n.4 ).
59 pari opportunità
RIFERIMENTI NORMATIVI:
si riportano, di seguito, i contenuti fondamentali della circolare annuale per l’anno 2002 più volte richiamata:
“1.
2.
3.
4.
“Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale temporaneo o definitivo – anno 2002 –”:
Requisiti Generali.
Possono presentare domanda i dipendenti con contratto di lavoro a
tempo indeterminato che abbiano maturato un’anzianità di servizio in
ruolo presso il Comune di Trento di almeno 5 anni al 31.12.2001.
Non può essere concesso il part-time al personale che svolge funzioni di
direzione o di coordinamento di uffici (capi ufficio – progetto e dirigenti).
Trasformazioni Temporanee.
Le trasformazioni temporanee del rapporto di lavoro da tempo pieno a
tempo parziale sono volte a soddisfare transitorie necessità famigliari o
personali dei dipendenti. Possono avere durata da un mese a due anni.
La decorrenza è sempre il primo giorno del mese. Non è ammesso il rientro a tempo pieno prima della scadenza fissata. I dipendenti che hanno
già usufruito del part time temporaneo per un periodo di 2 anni possono
rinnovare la domanda solo dopo un rientro a tempo pieno di almeno due
anni.
Trasformazioni Definitive.
Le trasformazioni definitive non sono soggette a termine ed hanno decorrenza 01.01.2002.
Articolazione dell’Orario di Lavoro.
L’orario di lavoro part time è di norma 18 ore settimanali, distribuite su
almeno 5 giorni dal lunedì al venerdì con orario rigido o flessibile, in
analogia al personale a tempo pieno che opera all’interno dell’ufficio o
della sede di lavoro in cui è collocato il personale a part-time. Sono previste diverse articolazioni dell’orario di lavoro a seconda che sia mattutino o pomeridiano.
L’Amministrazione si riserva, tenendo conto delle esigenze di servizio, di
articolare la prestazione di servizio su alcuni giorni della settimana o del
mese, ovvero con la concentrazione della prestazione stessa in determinati periodi dell’anno (c.d. tempo parziale verticale – tempo parziale
ciclico).
L’orario di lavoro è elevabile fino ad un massimo di 24 ore per motivate
esigenze di servizio. In questo caso è previsto almeno un rientro pomeridiano o mattutino di non meno di due ore.
60 pari opportunità
La somma delle frazioni di posto a tempo parziale non può superare il
monte ore complessivo dei posti di organico a tempo pieno trasformati
(art. 27, comma 4, contratto collettivo dd. 8.03.2000)
Il dipendente può scegliere un articolazione d’orario mattutina, pomeridiana o verticale. È implicito che l’orario mattutino, pomeridiano o verticale verrà concesso ai dipendenti sulla base delle necessità del servizio di
appartenenza e tenuto conto del parere del dirigente del servizio stesso.
L’esatta individuazione dell’orario all’interno dell’articolazione scelta
dal dipendente (orario mattutino/orario pomeridiano/orario verticale) è
effettuata dal Dirigente tenuto conto che deve comunque essere garantita la copertura della fascia obbligatoria.
Il part-time ciclico con sospensione dell’attività nei periodi di luglio e
agosto è ammesso solo nell’ambito dei servizi all’istruzione.
(…)
9. Trattamento Economico e Giuridico del Personale con Rapporto di
Lavoro a Tempo Parziale.
Al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale spetta la retribuzione anche accessoria rapportata all’orario di lavoro con riferimento a
tutte le competenze fisse e periodiche spettanti al personale con rapporto
a tempo pieno della stessa categoria e figura professionale, ivi compresa
l’indennità integrativa speciale e la retribuzione individuale di anzianità. L’assegno per il nucleo famigliare se spettante viene corrisposto per
intero.
Il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale non può eseguire
prestazioni di lavoro straordinario se non per eccezionali e temporanee
esigenze e nel limite individuale di 30 ore annue (art. 28, comma 2,
C.C.P.L. dd. 08.03.2000).
Può fruire del servizio mensa solo nei giorni in cui è previsto il rientro
pomeridiano. Il personale che segue un orario che prevede una prestazione esclusivamente mattutina o pomeridiana è tenuto a restituire la tessera mensa dell’Opera Universitaria.
I dipendenti a cui sarà trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale dovranno fruire delle giornate di congedo ordinario
anno 2001 improrogabilmente entro il 31.12.2001. Per le trasformazioni
del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale temporaneo che
si determinano in corso d’anno il personale è tenuto ad effettuare le ferie
maturate a tempo pieno prima del passaggio a tempo parziale e analogamente per il passaggio inverso prima del rientro a tempo pieno.
(…)”.
61 pari opportunità
2.4 ASL
FONTI:
legislative:
disciplina nazionale
circolari applicative ed integrative
contrattuali:
Primo livello di contrattazione: Contratto Collettivo Provinciale di Lavoro per
il comparto sanità – area non dirigenziale -CCPL- (che recepisce il CCNL),
sottoscritto in data 8.08.2000.
Secondo livello di contrattazione: Contratto collettivo decentrato aziendale,
sottoscritto in data 5.07.2001.
Privatizzazione del comparto sanità:
La legge provinciale n. 4/98 ha recepito la normativa nazionale (in particolare la L. 554/88, la L. 662, il D.P.C.M. n. 117/89 e la Circolare ministeriale
19.02.1997).
CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA PROVINCIALE
SULLA SANITA’
Essa si applica a tutto il personale dell’area non dirigenziale del Comparto
Sanità (circa 5000 dipendenti); pertanto ne restano esclusi i Dirigenti; peraltro, i dirigenti dell’area medico-veterinaria possono fruire, comunque, del c.d.
“rapporto di lavoro ad impegno ridotto” (-v. infra-).
ORARIO DI LAVORO
L’orario di lavoro a tempo pieno è di 36 ore settimanali, flessibile in entrata, dalle 8.00 alle 8.30; mentre in uscita fissato non prima delle 15.42; la pausa
pranzo è di 30 minuti utilizzabile fra le 12.00 e le 14.00, e, quindi, c’è una
fascia obbligatoria di presenza in azienda che va dalle 8.30 alle 15.42 (esclusa
la mezz’ora per il pranzo).
Il part-time viene concesso su 12, 18, 20, 25, 30 (e persino, talvolta, su 35)
ore settimanali; chiunque fruisca del rapporto di lavoro a tempo parziale è
escluso dal c.d. Obbligo di pronta disponibilità (reperibilità), per cui assai di
frequente il part-time, specialmente quello su 35 ore, viene richiesto dai dipen-
62 pari opportunità
denti per sottrarsi all’obbligo suddetto (con riduzione della retribuzione quasi
impercettibile).
Il lavoro a tempo parziale, inoltre, può essere orizzontale o verticale (e quest’ultimo su base settimanale, mensile o annuale).
Ai lavoratori a part-time si applicano tutte le disposizioni previste per il personale a tempo pieno, salvo il necessario riproporzionamento in relazione
all’orario lavorato.
LIMITE-PERCENTUALE di posti a part-time
Il limite-percentuale massimo dei lavori occupabili a tempo parziale è del
25% della dotazione organica aziendale complessiva relativa al personale a
tempo pieno di ciascun profilo professionale (v. CCPL per il comparto sanità).
Tale limite è articolato in due diverse percentuali: il 18% riguarda il rapporto di lavoro part-time a tempo indeterminato, mentre il restante 7% inerisce alla diversa tipologia del part-time temporaneo, concesso, cioè, per non più
di due anni al fine di soddisfare transitorie necessità personali o familiari.
Al limite complessivo del 25% dev’essere poi aggiunta un’ulteriore quota
del 10% concessa per particolari gravi esigenze (ad es. nel caso di assistenza a
familiari con gravi malattie, ovvero a figli portatori di handicap, ecc.), in base
all’art. 36, co. 5, CCPL; tuttavia, l’art. 42 del Contratto collettivo decentrato
aziendale ha ridotto detta quota al 2%.
Ogni struttura organizzativa può avvalersi autonomamente della percentuale del 25% (v. L. 1.04.1993 n.10, spec. art. 23 che definisce le strutture organizzative, che sono: - Direzioni centrali, - Distretti, - Ospedali);
Nel comparto della sanità la possibilità di fruizione del part-time viene
concepita come vero e proprio diritto del dipendente, conformemente alla
disciplina nazionale ripresa dalla disciplina negoziale decentrata (c.d. “trasformazione automatica del rapporto”, ex art. 43, CC decentrato aziendale), che
prevede non il diniego ma soltanto il differimento nell’accoglimento della
domanda per un periodo massimo di 6 mesi, qualora da esso derivi pregiudizio alla funzionalità del servizio (art. 44, CC decentrato aziendale): ciò avviene principalmente nel settore “turnistico” ed infermieristico, attese le particolari esigenze dei servizi, l’obbligo della “pronta disponibilità”, il carico di lavoro e, sul versante opposto, il carattere molto logorante del lavoro.
In tal senso dispone la Circolare esplicativa dd. 16.06.1999, Prot. n. 4910,
ai sensi della quale : “Il dipendente ha diritto di decidere il passaggio a tempo
parziale e di scegliere il monte-ore settimanale, mentre l’orario e la relativa tipologia, da lui proposti, sono concordati con l’Amministrazione in relazione alle
esigenze di funzionalità del servizio”.
63 pari opportunità
TIPOLOGIE DI PART-TIME
– a regime temporaneo: viene concesso per non più di due anni, a seconda
delle esigenze personali del lavoratore: infatti, una volta presentata la
domanda dal dipendente, vengono valutate le esigenze addotte, quindi
viene effettuata una graduatoria ed in base alla stessa vengono accolte le
domande di part-time. Successivamente, trascorso detto periodo, si ricomincia daccapo: viene nuovamente valutata la persistenza delle esigenze e
conseguentemente viene autorizzato, o meno, un nuovo periodo di lavoro
a tempo parziale: per contro, qualora non vengano meno le necessità che
ne costituiscono il presupposto, il rapporto di lavoro ritorna a tempo pieno.
Peraltro, tale tipologia è, per ora, del tutto inutilizzata.
– a tempo indeterminato (c.d. part-time definitivo): a differenza del part-time
temporaneo, per ottenere il part-time definitivo non sono richieste specifiche esigenze: il criterio di accoglimento è dato semplicemente dalla priorità della domanda: vengono accolte tante domande, in ordine cronologico di presentazione, quanti sono i posti disponibili, ad esaurimento dei
quali vengono formate delle c.d. “liste di attesa”; non appena si “libera” un
posto, esso viene offerto al primo dipendente in lista.
CRITERI PER L’ATTRIBUZIONE DEL PART-TIME e PROCEDURA DI
ASSEGNAZIONE
Anche nel comparto della sanità il part-time non viene utilizzato mai al
momento dell’accesso all’impiego, quindi non ci sono assunzioni a tempo parziale, ma solo sua costituzione in seguito a trasformazione; ciò, sebbene l’art.
36 CCPL preveda che il rapporto di lavoro a tempo parziale possa essere costituito sia mediante trasformazione, su richiesta del dipendente, sia mediante
assunzione nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno del
personale. Al riguardo, però, l’art. 39 CC decentrato aziendale prevede che di
norma solo in carenza di richieste dall’interno si possa provvedere ad assunzioni di personale con rapporto a tempo parziale.
La domanda proposta dal dipendente deve essere sottoscritta e convalidata dal Dirigente che, solitamente, aderisce alle richieste salvo, eventualmente
-come accade anche in altri enti- negoziarne l’articolazione in base alle esigenze del servizio: ciò però può incidere negativamente sull’interesse della
dipendente alla fruizione stessa del part-time.
Di particolare interesse la previsione che ammette la possibilità di sostituire i lavoratori a part-time con nuove assunzioni generalmente a tempo indeterminato.
64 pari opportunità
PART-TIME E FLESSIBILITA’
a) part-time e congedi parentali: le dipendenti, come già visto per altri enti,
utilizzano entrambi gli strumenti: dapprima chiedono il congedo per
maternità e poi, al rientro, chiedono il part-time.
b) part-time e job-sharing : quest’ultimo contratto non è mai stato utilizzato.
c) part-time e telelavoro: per ora nessuna esperienza di lavoro a domicilio.
PART-TIME, LAVORO STRAORDINARIO, LAVORO SUPPLEMENTARE
I lavoratori a part-time sono esclusi dallo straordinario e dall’obbligo di
pronta disponibilità (art. 38, co. 2, CCPL). Invece può essere loro imposto il
lavoro supplementare nel limite massimo di 30 ore annue per eccezionali e
temporanee esigenze organizzative, con la corresponsione della retribuzione
oraria o con recupero in altre giornate.
PART-TIME e DIRITTO AL RITORNO AL FULL-TIME
L’art. 37, co. 5, CCPL recita: “Tutti i lavoratori a part-time hanno diritto al
ripristino al full-time alla scadenza del biennio dalla trasformazione anche in
soprannumero, oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi
sia la disponibilità del posto in organico.
REGIME GIURIDICO
I lavoratori a part-time sono parificati ai lavoratori a tempo pieno, ovviamente in modo proporzionale all’orario lavorato.
Per quanto attiene alla c.d. retribuzione “a progetto”: anche i part-timers
possono, in linea teorica, partecipare ai vari Progetti del Servizio di cui fanno
parte; peraltro, concretamente, è rimessa alla discrezionalità del Dirigente l’individuazione dei lavoratori idonei a far parte del Progetto, e ciò potrebbe portare ad escludere coloro che nell’azienda sono meno presenti perché fruiscono di un orario ridotto, oppure per tale ragione essere ritenuti incompatibili.
DIRIGENTI
Infine, per quanto attiene i dirigenti:
Resta da sottolineare che, come anticipato, dalla disciplina descritta resta
esclusa la categoria dirigenziale, la quale soggiace ad un proprio CCPL; segnatamente, sussistono due differenti tipologie contrattuali:
l’una, per i dirigenti MEDICI e VETERINARI
l’altra, per i dirigenti TECNICI ed AMMINISTRATIVI
La categoria dirigenziale dell’area medico-veterinaria può fruire del c.d.
“rapporto di lavoro ad impegno ridotto” in base alla Circolare Ministeriale dd.
65 pari opportunità
21.07.2000 n. 2278 che prevede un contingente massimo del 3%, eventualmente estensibile di un ulteriore 2%.
Inoltre:
I dirigenti medici e veterinari se vi accedono al 50%, hanno facoltà di svolgere attività liberoprofessionali, mentre i dirigenti tecnici ed amministrativi
non possono svolgere in alcun caso dette prestazioni.
Pertanto, mentre per la categoria dei dirigenti medici sono state presentate, nel corso del 2002, circa 15 domande, tutte accolte; per la categoria di quelli tecnici ed amministrativi (che sono, comunque, tutti dirigenti uomini) non
è stata presentata alcuna domanda.
Ancora, da ricordare che il vertice del profilo dirigenziale è costituito dalla
figura del “Direttore di Unità Operativa”, il quale resta escluso anche dalla
possibilità di fruire del rapporto di lavoro ad impegno ridotto” (attualmente i
vari Direttori sono pressoché tutti uomini).
RIFERIMENTI NORMATIVI:
si riportano, di seguito, gli artt. 36,37,38 CCPL comparto sanità più volte
richiamati:
Art. 36: Rapporto di lavoro a tempo parziale
“1. Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali ricompresi nelle categorie di personale del
sistema di classificazione previsto dal presente contratto mediante:
a. assunzione, nell’ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale ai sensi delle vigenti disposizioni;
b. trasformazione di rapporti di lavoro da tempo pieno a tempo parziale su richiesta dei dipendenti interessati.
2. Per il reclutamento del personale a tempo parziale si applica la normativa vigente in materia per il personale a tempo pieno.
3. Al fine di consentire la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale il limite percentuale del 25% della dotazione
organica complessiva del personale a tempo pieno inserito nei contingenti delle categorie di personale di cui al nuovo sistema di classificazione del personale, di cui all’art. 23, con particolare riguardo al
comma 4, può essere arrotondato per eccesso onde arrivare comunque
all’unità.
4. L’Azienda, in sede di accordo decentrato, riserva un’adeguata quota di
posti della quota complessiva da destinare al tempo parziale a trasformazioni temporanee del rapporto di lavoro di durata non eccedente i due
anni, rinnovabili, per soddisfare transitorie necessità famigliari o perso-
66 pari opportunità
5.
6.
7.
8.
9.
nali dei dipendenti. Ove le richieste eccedano i contingenti fissati verrà
data precedenza:
a. ai dipendenti disabili ovvero che si trovano in particolari condizioni
psico-fisiche, o affetti da gravi patologie;
b. ai dipendenti che assistono propri famigliari disabili, ovvero ai dipendenti che assistono persone in particolari condizioni psico-fisiche, o
affette da gravi patologie, nonché anziani non autosufficienti;;
c. ai dipendenti con figli in età scolare e prescolare in relazione al
numero degli stessi;
d. ai dipendenti con più di 55 anni di età.
L’Azienda, in presenza di particolari situazioni organizzative o gravi
documentate situazioni famigliari, previamente individuate nel contratto collettivo integrativo, può elevare il contingente del comma 3 di un
ulteriore 10%. In deroga alle procedure previste da detto comma, le
domande per la trasformazione del rapporto di lavoro – in tali casi - sono
presentate con cadenza trimestrale ed accolte a valere dal primo giorno
del trimestre successivo.
L’avvenuta trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale, ai
sensi del decreto lgs. n. 152/97, è comunicata per iscritto al dipendente
con l’indicazione della durata e dell’articolazione dell’orario e della prestazione lavorativa di cui all’articolo successivo secondo quanto concordato con l’Azienda.
I dipendenti assunti a tempo parziale possono chiedere la trasformazione a tempo pieno del rapporto a tempo parziale in essere, a fronte dell’esistenza di vacanze di organico del profilo professionale rivestito.
Sono fatte salve le condizioni in tema di incompatibilità per il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale già costituito.
In sede di accordo decentrato possono essere definiti ulteriori criteri e
modalità per l’applicazione del presente accordo.”
Art. 37: Orario di lavoro del personale con rapporto di lavoro a tempo parziale:
“1. Il dipendente con rapporto di lavoro a tempo parziale copre una frazione
di posto di organico corrispondente alla durata della prestazione lavorativa che non può essere inferiore al 30% di quella a tempo pieno. In ogni
caso, la somma delle frazioni di posto a tempo parziale non può superare
il numero complessivo di posti di organico a tempo pieno trasformati.
2. La durata settimanale della prestazione lavorativa, fatte salve le situazioni attualmente esistenti, è fissata orientativamente nelle seguenti per-
67 pari opportunità
centuali con il tempo pieno:
33,33 = 12 ore settimanali
50 = 18 ore settimanali
55,56 = 20 ore settimanali
69,44 = 25 ore settimanali
83,33 = 30 ore settimanali
3. Il tempo parziale può essere realizzato:
– con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni
lavorativi (tempo parziale orizzontale);
– con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana,
del mese, o di determinati periodi dell’anno (tempo parziale verticale), in misura tale da rispettare la media della durata del lavoro settimanale prevista per il tempo parziale nell’arco temporale preso in
considerazione (settimana, mese o anno).
4. In presenza di particolari e motivate esigenze il dipendente può concordare con l’Azienda ulteriori modalità di articolazione della prestazione
lavorativa che contemperino le reciproche esigenze nell’ambito delle fasce
orarie individuate con le procedure di cui all’art. 4, in base alle tipologie
del regime orario giornaliero, settimanale, mensile o annuale praticabili
presso l’Azienda tenuto conto della natura dell’attività istituzionale,
degli orari di servizio e di lavoro praticati e della situazione degli organici nei diversi profili professionali. La modificazione delle tipologie di
articolazione della prestazione, di cui ai commi 2 e 3, richiesta
dall’Azienda avviene con il consenso scritto dell’interessato.
5. Tutti i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto
al ripristino del rapporto a tempo pieno alla scadenza di un biennio
dalla trasformazione con decorrenza dall’inizio del mese, anche in
soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione
che vi sia la disponibilità del posto in organico.”
Art. 38: Trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale.
“1. Nell’applicazione degli altri istituti normativi previsti dalle vigenti disposizioni contrattuali, tenendo conto della ridotta durata della prestazione e
della peculiarietà del suo svolgimento, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di legge e contrattuali dettate per il rapporto a tempo
pieno, ivi compreso il diritto allo studio. Il medesimo personale non può,
inoltre, fruire di benefici che, comunque, comportino la riduzione dell’orario di lavoro, salvo quelli previsti dalla legge. Le ore di permesso retribuito
per diritto allo studio sono ridotte in proporzione all’orario di lavoro.
68 pari opportunità
2. Il personale con rapporto di lavoro a tempo parziale è escluso dalla prestazione di lavoro straordinario e di pronta disponibilità, nei casi in cui
l’articolazione dell’orario determini una durata media dell’orario settimanale inferiore a 36 ore, e non può fruire di benefici che comunque
comportino riduzioni dell’orario di lavoro, salvo quelle previste dalla
legge. Per eccezionali e temporanee esigenze organizzative dell’Azienda,
il personale a tempo parziale è tenuto all’effettuazione di lavoro supplementare, entro il limite di 30 ore complessive distribuite nell’arco dell’anno, con la corresponsione della ordinaria retribuzione oraria ovvero,
a richiesta del dipendente, con recupero in altre giornate.
3. I dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di
giorni di ferie pari a quello dei lavoratori a tempo pieno. I lavoratori a
tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno. Ai dipendenti a parttime spettano i permessi retribuiti e le ore di partecipazione alle assemblee sindacali previsti per il personale a tempo pieno proporzionalmente
ridotti in relazione all’orario prestato ed alla tipologia di cui al comma
3 dell’art. 37, con esclusione dei permessi per matrimonio, lutti e donazione del sangue. La retribuzione è liquidata mensilmente, in relazione
al servizio prestato.
4. In caso di malattia nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale il
periodo di comporto viene riparametrato in proporzione alla durata dell’impegno lavorativo annuale.
5. Il trattamento economico, anche accessorio, del personale con rapporto
di lavoro a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa,
con riferimento a tutte le competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale e l’eventuale retribuzione individuale di
anzianità, spettanti al personale con rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa qualifica e profilo professionale. L’assegno per il nucleo
famigliare, ove spettante, viene corrisposto per intero.
6. La contrattazione decentrata stabilisce i criteri per l’attribuzione ai dipendenti a tempo parziale dei trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché di altri istituti
non collegati alla durata della prestazione lavorativa ed applicabili anche
in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato. Nel caso di passaggio ad una categoria o profilo per il quale
non vi sia la disponibilità di posti a tempo parziale, il rapporto viene trasformato in rapporto a tempo pieno. Nel caso in cui il personale chieda
di passare dal rapporto a tempo parziale a quello a tempo pieno –e vice-
69 pari opportunità
versa- si applicano, ai fini della valutazione dell’anzianità di servizio le
disposizioni di cui alla legge 29.12.1988, n. 554 e quelle di cui al decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 17.03.1989, n. 117.
7. Il trattamento previdenziale e di fine rapporto è disciplinato dalle disposizioni contenute nell’art. 8 della legge 554/1988 e successive modificazioni ed integrazioni.”
2.5 Ente Università
FONTI
La materia è regolata dal contratto nazionale di comparto e dal contratto
integrativo provinciale.
PERCENTUALI MASSIME
La percentuale è fissata dal contratto nazionale al 25%, come per tutti i
comparti cui si applica la disciplina nazionale, ma si assesta normalmente sul
14%, in base alle richieste effettivamente presentate.
Esiste comunque un ordine di priorità definito dal contratto integrativo.
TIPOLOGIE DI ORARIO
La maggioranza di chi è a part-time segue un orario pari al 70% dell’orario
normale, che è di 36 ore settimanali, secondo modalità di articolazione orizzontale, e quindi esce alle ore 14. La scelta verso questo tipo di orario consente di evitare l’obbligo di svolgere la prestazione durante le ore pomeridiane che
è attualmente imposta secondo il regime applicato in base alla disciplina
nazionale a chi è a tempo pieno per osservare l’orario di servizio, contrariamente al passato in cui il rientro pomeridiano era volontario perché costituiva
lavoro straordinario.
La stragrande maggioranza delle motivazioni addotte riguarda le esigenze
familiari (accudimento figli in relazione agli orari scolastici, iniziative pomeridiane etc.).
Altre formule prevedono riduzione dell’orario normale dal 30% fino in
certi casi al 92%, ma sono molto meno diffuse.
Solo il 5% richiede di osservare l’orario pari al 50% di quello normale, onde
evitare il regime di incompatibilità. In questo caso si tratta quasi esclusivamente
di dipendenti di sesso maschile interessati a svolgere un secondo lavoro.
Alcune dipendenti hanno avanzato la richiesta di poter usufruire del parttime verticale durante i mesi estivi, secondo il modello già praticato in altri
70 pari opportunità
enti, ma essa non è stata presa in considerazione a causa dei problemi organizzativi originati dalla difficoltà di procedere alle sostituzioni.
LAVORO STRAORDINARIO
Il lavoro straordinario è previsto solo per chi fa il part-time verticale, mentre secondo la disciplina del contratto nazionale è vietato al rapporto a parttime orizzontale. Non ci sono clausole elastiche.
PROCEDURA DI TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO
La richiesta viene presentata da parte del/della dipendente con l’indicazione del modulo orario da osservare, rispetto alla quale, ove si ravvisi una difficoltà organizzativa, è legittimata la posticipazione della fruizione per 6 mesi, decorsi i quali il/la dipendente ha diritto a fruire poi del regime ad orario ridotto.
Rispetto a tale soluzione sono emerse le maggiori critiche da parte di chi ha
la responsabilità manageriali, per l’impossibilità di avere soluzioni alternative
facilmente disponibili. L’organizzazione del lavoro sembra infatti alquanto rigida.
In effetti si procede raramente ad assunzioni con contratto a termine, pur essendo possibile utilizzare per la integrazione del rapporto di lavoro ad orario ridotto.
LIMITI
Formalmente non esiste nessun limite, neppure per i quadri o i dirigenti
(fermo restando che non avendo il dirigente l’obbligo di seguire l’orario normale o straordinario, non vi sarebbero in teoria neppure i presupposti per eseguire l’orario ridotto). In realtà il problema non si pone per ora perché non esistono dirigenti donna, salvo una assunta con incarico a termine; si potrebbe
porre per le appartenenti al profilo P, ovvero quello di professionalità medioalta corrispondente più o meno ai quadri.
REGIME GIURIDICO
Si prevede il riproporzionamento della retribuzione. Non vi è nessun
riflesso negativo sulla anzianità di servizio, ai fini della progressione di carriera, né ai fini della maturazione dell’età pensionabile.
ALTRI TIPI DI RAPPORTI FLESSIBILI
La sperimentazione del job-sharing o del telelavoro è assente.
Anche il ricorso al lavoro a termine, per eventuali sostituzioni di lavoratrici con part-time temporaneo è difficoltosa, richiedendo procedure concorsuali che possono essere lunghe. Si comincia tuttavia a prendere in considerazione la eventualità di assumere con contratti flessibili.
71 pari opportunità
2.6 Comparto : SCUOLA
FONTI
Si applica la disciplina del contratto collettivo nazionale (art.46) recepita
in un contratto collettivo provinciale che ne integra poi il contenuto.
La disciplina relativa al personale docente è peculiare rispetto alle altre
prese in considerazione, alla luce della applicazione della riduzione dell’orario, contemplata in virtù del tempo parziale, soltanto nei confronti dell’orario
destinato alle ore di insegnamento (c.d. orario frontale). La percentuale molto
bassa (5,87%) a fronte della percentuale usuale definita dal CPL, pari al 25%,
è giustificata proprio in relazione al limitato campo di applicazione della riduzione effettiva dell’impegno complessivo in quanto non si riferisce agli altri
obblighi gravanti sul personale docente.
Anche per tale comparto vale l’esclusione dei dirigenti.
72 pari opportunità
CAPITOLO TERZO
Questioni giuridiche controverse e osservazioni conclusive
Le considerazioni svolte evidenziano il permanere di alcune problematiche irrisolte, non solo a livello nazionale, ma anche locale, ove, grazie ad una
potestà legislativa autonoma gli enti considerati sono intervenuti a normare l’istituto: le questioni cruciali attengono, specificatamente, i c.d. “contingenti”
di personale con rapporto di lavoro a tempo parziale; l’identificazione, o
meno, di un vero e proprio “diritto” al part-time in capo ai lavoratori dipendenti dalle pubbliche amministrazioni; la questione dei soggetti esclusi dalla
fruizione del tempo parziale ed in particolare il personale dirigenziale; infine,
la problematica afferente all’anzianità di servizio ed alla progressione di carriera dei part-timers.
3.1. I c.d. “contingenti” di personale a part-time.
La direttiva comunitaria sul rapporto di lavoro a tempo parziale prevede
l’obbligo per gli Stati membri, mediante la disciplina legislativa e negoziale, di
rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla diffusione del lavoro a tempo
parziale, di cui si sottolinea l’importanza, per una molteplicità di finalità sociali, tra cui spicca quella relativa alla conciliazione tra lavoro familiare e professionale. Ciò ha sollevato la questione circa la legittimità del c.d. “contingentamento” del lavoro a tempo parziale nell’impiego pubblico, risultante dalla
preesistente normativa (così come nel settore privato a seguito della disciplina
posta da molti contratti collettivi).
In proposito, come si è visto nella prima parte, vi sono ancora incertezze
circa la permanenza in vigore delle norme che nella disciplina nazionale, al
fine del buon andamento e del soddisfacimento delle esigenze dell’amministrazione, ne prevedevano l’esistenza, stabilendo espressamente la percentuale del 25%, come ribadito dai contratti nazionali. In dottrina se ne sostiene
l’implicita abrogazione stando alla direttiva comunitaria (Miscione 2001), pur
non mancando un’opinione contraria, che ne ravvisa la funzione nella tutela
delle esigenze organizzative (Santucci 2002). In effetti, tale contingentamento è da porre in relazione al particolare riconoscimento del c.d. diritto alla
73 pari opportunità
riduzione dell’orario, previsto nei confronti del dipendente delle amministrazioni che ricadono nell’ambito di applicazione del contratto nazionale, sia
pure recepito a livello locale (dipendenti dei Ministeri). Il contingente massimo ha in questo caso funzione di bilanciamento con le esigenze del funzionamento del servizio pubblico rispetto all’operare del “diritto alla trasformazione” del rapporto di lavoro in uno ad orario ridotto.
Dall’analisi compiuta emergono differenze fra gli enti che pure appartengono ai comparti in cui si applica la disciplina nazionale. In alcuni la percentuale prefissata del 25% non viene raggiunta, e ci si attesta su un valore più
basso, circa il 15 %, in altri, al contrario, come nella Sanità dove la percentuale
delle dipendenti in età abbastanza giovane è particolarmente elevata, non si
riesce ad evadere tutte le richieste, imponendosi il ricorso a criteri di priorità.
Il venir meno del limite-percentuale massimo per l’impiego a part-time,
ove prevalesse a livello nazionale, non varrebbe tuttavia a vincolare automaticamente il legislatore locale, in quanto le Regioni a statuto speciale e le
Province Autonome di Trento e Bolzano sono dotate di potestà legislativa
esclusiva in materia di disciplina del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, che viene ulteriormente accentuata dalla modifica recente dell’art.117 della
Costituzione italiana. Un’indicazione verso l’eliminazione dei contingenti
massimi discende, peraltro, come si è più volte sottolineato, dalla direttiva
europea, nella logica, ivi caldeggiata, di eliminazione di tutti gli ostacoli che
si frappongono alla diffusione del contratto a tempo parziale.
A livello territoriale, come anticipato, pressoché tutti i contratti collettivi
applicati agli enti locali hanno introdotto limiti di contingentamento rispetto
al totale dell’organico, seppur in percentuali molto diverse, giustificate dalle
esigenze proprie dell’ente locale considerato e dal numero complessivo del
personale ivi impiegato, che oscillano dal 30% di alcuni al 10% di altri..
Tenuto conto di quanto appena detto, è evidente che anche tali disposizioni sono suscettibili di contrasto con la disciplina europea, salvo individuarne una corretta chiave di lettura che ne consenta di affermarne la legittimità:
in forza della ratio legis sottesa alla disciplina del part-time nel senso della sua
diffusione ed agevolazione, ed al fatto che i dipendenti che maggiormente usufruiscono del medesimo sono donne, e quindi anche in un’ottica di parità e
pari opportunità fra i sessi, ne consegue che dette percentuali dovrebbero essere intese, in ogni caso, come percentuali minime, ossia come quote garantite,
elevabili in presenza di particolari condizioni da parte del Dirigente, in conformità alle ragioni individuate dalla normativa comunitaria.
In tale direzione si collocano del resto le clausole di molti contratti collettivi applicati negli enti locali, che ribadiscono che la percentuale deve esse-
74 pari opportunità
re intesa come “quota minima garantita”, ma soltanto alcuni di essi prevedono la facoltà per il dirigente di ampliare il numero dei contratti a tempo parziale. In altri casi persiste viceversa il vincolo posto dalla legge per cui la percentuale indicata assume anche valore di percentuale massima (come nella
l.n.7/97 PAT, che non risulta abrogata). Indubbiamente nella logica di eliminazione degli ostacoli alla libera diffusione del rapporto a tempo parziale, tale
vincolo rigido di quota massima andrebbe eliminato, in conformità alla direttiva europea. Vero è che, tenuto conto dell’attuale regime di privatizzazione,
che riguarda anche la natura dei rapporti tra legge e contratto collettivo, la
apposizioni di tetti massimi nei confronti di quest’ultimo suscita dubbi di legittimità, ed appare preferibile considerare legittima la deroga che venisse disposta in via pattizia, eventualmente salvaguardando il prudente apprezzamento
del dirigente.
Gli atteggiamenti dei dirigenti sono risultati differenziati nei diversi enti
locali, alcuni caratterizzati da organizzazioni rigide, per cui qualunque assenza, come anche quella per maternità, oppure la riduzione dell’orario, sono
viste come fattori di disservizio difficilmente sanabili. In altre organizzazioni,
al contrario, la disponibilità da parte del dirigente ad accogliere le richieste di
riduzione dell’orario è più accentuata, anche per la possibilità di realizzare
una programmazione delle risorse necessarie, o di utilizzare nuove assunzioni.
3..2. La questione del “diritto” al tempo parziale.
La questione avanzata da tempo da parte di alcuni orientamenti dei gruppi femminili di configurare a livello giuridico un “diritto” al lavoro a tempo
parziale non ha trovato un riscontro nella direttiva comunitaria, e neppure
nella normativa internazionale, benché si preveda l’invito a predisporre tutte
le condizioni per soddisfare la richiesta in tal senso.
Come si è visto all’inizio (Parte prima, n. 3.2) nella disciplina relativa agli
enti pubblici che applicano la normativa nazionale sono codificate le ipotesi
di diniego; in tutte le altre vi può essere tutt’al più un differimento: in tali enti
si configura la sussistenza del diritto in esame, sia pure condizionato, che non
viene rimesso in discussione.
Si tratta infatti di un principio che appare coerente con la finalità della
disciplina europea, per la quale, come si è ricordato più volte, il lavoro a tempo
parziale deve essere inteso, oltre che come strumento per la promozione dell’occupazione, anche e soprattutto quale mezzo per favorire l’uguaglianza
sostanziale e le pari opportunità tra i generi.
75 pari opportunità
Si potrebbe sostenere la sussistenza di una posizione analoga nei confronti dei dipendenti degli enti locali in base al ragionamento compiuto nel paragrafo precedente, circa il valore di “soglie minime” delle percentuali previste.
Atteso che è statisticamente provato che i lavoratori che ricorrono a tale
tipologia contrattuale sono a grande maggioranza di genere femminile, ne
consegue che anche in ambito locale sarebbe necessario codificare in modo
più analitico i limiti alla discrezionalità dell’amministrazione nella concessione del part-time.
Un profilo particolare, al riguardo, attiene all’articolazione dell’orario, in
quanto in alcune amministrazioni pubbliche a livello locale, la richiesta di trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale deve essere corredata dal consenso del dirigente. La soluzione è conforme alla natura consensuale della trasformazione del rapporto, ma si presta ad ammettere l’esercizio
di un potere direttivo che accoglie la richiesta modificandone però a propria
discrezione l’articolazione oraria: ciò, oltre a poter far venir meno l’interesse
del lavoratore alla trasformazione, comunque ne condiziona pesantemente la
scelta, rendendo così in certi casi la tipologia del part-time non conforme alle
esigenze effettive del lavoratore.
In tali ipotesi risulta condizionata, almeno in parte, la volontarietà dell’istituto del part-time, che richiederebbe una diversa soluzione, per realizzare il
bilanciamento tra esigenze del datore di lavoro e del lavoratore che costituisce
lo scopo della diffusione di tale rapporto, secondo la normativa comunitaria e
nazionale, e riveste pertanto carattere di principio fondamentale.
Ciò non avviene nelle amministrazioni che applicano la disciplina nazionale, in cui, come si è visto, è previsto l’obbligo di corrispondere alla richiesta
dell’orario ridotto, ove ci si attiene al principio, confermato dalla giurisprudenza, secondo il quale non è ammessa una modifica unilaterale del datore di
lavoro neppure per comprovate esigenze aziendali. Quest’ultima si rivela
quindi ad ogni buon conto come disciplina più favorevole al lavoratore/lavoratrice, benché sollevi problemi in alcuni casi, di buon funzionamento dell’amministrazione. Questi ultimi potrebbero tuttavia essere risolti piuttosto
mediante l’introduzione di misure alternative, quali, ove è possibile, nuove
assunzioni, come avviene in alcuni enti, oppure l’introduzione di maggiore
flessibilità ed articolazione degli orari nell’interesse del dipendente, oppure
ancora mediante politiche pubbliche in materia di coordinamento degli orari
dei servizi, o potenziamento dei servizi alla persona.
Per quanto riguarda la questione sopra richiamata, , una soluzione diversa potrebbe investire la procedura, nel senso della assistenza al dipendente da
parte di un delegato sindacale, secondo la normativa nazionale relativa alla tra-
76 pari opportunità
sformazione del rapporto, oppure rimessa nei casi controversi, e relativi alla
conciliazione del tempo di lavoro con quello di cura, al Comitato per le pari
opportunità.
3.3. La problematica dei “soggetti esclusi”. In particolare: la questione dei dirigenti. Le figure che svolgono mansioni di vigilanza ed ispettive. Il personale ricercatore delle Istituzioni locali di ricerca.
Sia la Direttiva n. 97/81/CE, sia gli interventi dell’Organizzazione
Internazionale del lavoro, in un’ottica di incoraggiamento alla diffusione del
rapporto di lavoro a tempo parziale quale strumento di politica occupazionale
e di promozione della parità e pari opportunità fra uomini e donne, invitano
espressamente, come si è più volte posto in luce, i datori di lavoro a facilitare
l’accesso al part-time a tutti i livelli dell’impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali; ciò vale, naturalmente, anche per i
lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L’impossibilità di
fruire del lavoro a tempo parziale costituisce infatti, in alcuni casi, motivo di
rifiuto della progressione di carriera da parte delle lavoratrici.
- A livello nazionale, la disciplina non pare ancora definitivamente assestata: ( cfr Parte I, 2.4 ), per quanto attiene in particolare alla questione del
riconoscimento della possibilità di richiedere la trasformazione del rapporto in
capo al personale con mansioni dirigenziali., salvo per i dirigenti sanitari. Si
richiamano qui le considerazioni già fatte in ordine alla possibilità di superare
le obiezione ad una maggiore estensione a tale categoria della riduzione, se
non dell’orario, quanto meno dell’impegno richiesto, come già sta avvenendo
in via sperimentale per alcune tipologie di figure dirigenziali. Tale prospettiva
appare come la più coerente con lo spirito della Direttiva.
Si tratta di una linea di intervento, che peraltro è già presente in ambito
locale, pur tenendo conto che la contrattazione collettiva, a cui solitamente
demanda sul punto il legislatore “territoriale”, ha sinora escluso in linea pressoché generale dal campo di applicazione del part-time, la qualifica dirigenziale (ad eccezione del comparto sanità, ove i dirigenti non sanitari possono
fruire del “rapporto di lavoro ad impegno ridotto” – v. infra -) seppur vi sia
qualche apertura nelle nuove ipotesi di accordo. Anche nei confronti dei profili professionali dei Direttori, come si è sostenuto nell’analisi della disciplina
propria di alcuni enti (cfr. Regione TAA, Sanità), non mancano soluzioni che
ne permettono lo svolgimento dell’attività ad orario ridotto, soluzione che
77 pari opportunità
potrebbe essere estesa anche nei comparti da cui è finora esclusa, sulla base
delle stesse considerazioni.
– Per quanto riguarda le altre qualifiche, connesse allo svolgimento di mansioni ispettive o di vigilanza, vale un ragionamento in parte analogo. E’
ben vero, infatti, che la possibilità di escludere determinate categorie che
siano ritenute particolarmente necessarie per la funzionalità dei servizi,
oltre ad essere ammessa anche dalla normativa nazionale, è stata sottolineata dalla Corte costituzionale come uno dei fattori che porta a ritenere
la legittimità della legislazione nazionale in materia ( v. Parte prima 2..2 ).
Va tuttavia considerato che negli enti locali, secondo la disciplina posta dai
contratti collettivi (in particolare nel comparto PAT, secondo recenti
accordi decentrati), non si configura una esclusione di tipo automatico, ma
al contrario soltanto la possibilità di operare in tal senso, sulla base di apposite valutazioni da parte del dirigente, rapportate alle mansioni concretamente svolte da parte del dipendente e alle esigenze dell’organizzazione.
Ciò consente che, in un’accorta gestione delle risorse umane, si dia attuazione alla finalità di bilanciare le esigenze delle dipendenti verso forme di
orario ridotto con quelle delle amministrazioni. Le valutazioni espresse dal
dirigente saranno pertanto soggette ad un vaglio, anche di tipo giurisdizionale, onde verificarne la conformità alle causali richieste. Si realizza in tal
senso una possibilità applicativa della disciplina ricordata più coerente
rispetto alla disciplina comunitaria di quanto non sia la previsione di profili professionali automaticamente esclusi dalla possibilità di richiedere la
riduzione dell’orario.
– Non mancano esempi di distinzione a seconda del tipo di mansioni anche
in enti che applicano la disciplina nazionale che prevede l’esclusione dalla
possibilità di riduzione dell’orario, come nel settore delle Forze di Polizia,
ove, accanto ai dipendenti assunti secondo l’ordinamento ed il regime proprio delle forze di polizia, vengono assunti coloro che svolgono mansioni
amministrative e che possono fruire ampiamente del ricorso al lavoro ad
oriamo ridotto. Fermo restando che anche tale rigida bipartizione potrebbe essere oggetto di revisione, secondo modelli già diffusi in altri paesi
europei, va comunque sottolineato il valore positivo della soluzione che
distingue tra coloro che si vedono attribuite in modo esclusivo e con assoluta continuità tali mansioni, e coloro che viceversa le svolgono in maniera saltuaria. Dovrebbe in sostanza essere lasciato un margine di valutazione al dirigente, tenuto ad esercitarlo, peraltro, in modo non restrittivo, ma
anzi individuando le modalità che maggiormente favoriscono la possibilità della riduzione dell’orario. Al contrario, un divieto generalizzato con-
78 pari opportunità
nesso all’intera gamma di qualifiche che possono comportare anche lo
svolgimento di mansioni di vigilanza o ispettive, si pone in senso contrastante con lo spirito della Direttiva comunitaria.
In senso analogo, peraltro, potrebbero essere rivisti, a livello nazionale,
anche gli ulteriori vincoli nei confronti dei settori per ora esclusi dalla
possibilità di fruire del rapporto a tempo parziale. Una situazione peculiare al riguardo va considerata quella dei ricercatori degli enti locali di
ricerca, che secondo la disciplina nazionale sarebbero esclusi dalla riduzione dell’orario, o dell’impegno lavorativo, ma che invece vengono
ammessi a tale regime secondo la disciplina posta dai contratti collettivi stipulati a livello locale, in ragione del fatto che ad essi si applica anche il
principio del rispetto dell’orario di lavoro. Si tratta tuttavia di un riconoscimento parziale, che investe soltanto alcune figure, senza un’apprezzabile giustificazione a sostegno della legittimità dell’esclusione di altre.
– Un profilo della disciplina connessa ai limiti nel riconoscimento del diritto a presentare domanda per la riduzione dell’orario riguarda, inoltre, la
clausola che prevede l’automatica trasformazione del rapporto di lavoro
in uno a tempo pieno, nel caso di promozione al livello professionale in
questione. Tale clausola appare in netto contrasto con uno dei principi fondamentali contenuti sia nella disciplina posta dalla Direttiva comunitaria
sia dalla legislazione nazionale, ossia la volontarietà nella trasformazione
del rapporto, che viene ulteriormente assistita dalla previsione che vieta di
applicare sanzioni o licenziamento nei confronti del dipendente che rifiuti tale trasformazione automatica. La questione assume poi ulteriori caratteristiche connesse alla promozione delle pari opportunità, e della conciliazione tra vita professionale e familiare se si considera che alle dipendenti
cui si applica tale soluzione possono essere indotte a rinunciare alla propria aspirazione al miglioramento della carriera professionale.
3.4 Riduzione dell’orario, anzianità di servizio, progressione di carriera
Si evidenziano due questioni in merito.
a) Una attiene alla eventualità che il periodo di lavoro a tempo parziale incida sulla maturazione dell’anzianità di sevizio, secondo il principio pro rata
temporis, determinando un rallentamento proporzionale al minor orario
effettuato dal dipendente. Ciò si riverbera, virtualmente, su una pluralità
di istituti del rapporto di lavoro, da quelli di tipo economico retributivo a
quelli che attengono alla progressione di carriera, ove per l’accesso alle
79 pari opportunità
qualifiche più elevate si richieda la maturazione di una determinata
anzianità. Come si è visto nella Parte I, del presente rapporto, si tratta di
un profilo problematico soprattutto considerando che la stragrande maggioranza dei soggetti che fruiscono del rapporto di lavoro a tempo parziale
sono donne. Si è infatti presentata in più di un caso sottoposto alla giurisprudenza della Corte di giustizia ( Nimz e Kording ) e al Collegio istruttorio presso il Comitato nazionale per le pari opportunità la questione
della portata discriminatoria delle disposizioni di legge o contrattuali che
impongono il riproporzionamento della maturazione dell’anzianità nei
confronti dei dipendenti a tempo parziale. La risposta è stata nel senso che,
pur non disconoscendosi il valore dell’anzianità come indice di esperienza
professionale, ciò non toglie che la disciplina che ne impone il prolungamento assume oggettivamente portata discriminatoria, in quanto, come
affermato dai Pareri citati, sulla scorta della giurisprudenza comunitaria,
nessuna esclusione o pretermissione del lavoratore può avvenire solo sulla
base dell’orario seguito. Concordemente, pertanto, nelle questioni esaminate, i Pareri concludono per la illegittimità delle disposizioni richiamate.
Del resto, l’accrescimento professionale, connesso all’anzianità, è conseguibile in modo meno meccanicistico, e dunque in linea di massima, salvo
considerare la sussistenza di mansioni particolarmente complesse, o di
orari particolarmente ridotti, esistono dubbi circa la legittimità della previsione del riproporzionamento dell’anzianità utile ai fine della progressione
di carriera in base all’orario prestato.
Va peraltro sottolineato come molti enti esaminati non seguano tale regola applicando lo stesso regime per la maturazione dell’anzianità indipendentemente dall’orario seguito. Anche nell’Ente Provincia, che in precedenza applicava una disciplina diversa, con la recente stipulazione dell’accordo decentrato, nel 2002, ha parificato l’anzianità di servizio prestata a
tempo parziale rispetto a quella di chi svolge il rapporto di lavoro a tempo
pieno, per quanto riguarda il requisito previsto ai fini della presentazione
della domanda per l’accesso a profili professionali superiori. Si è così eliminato un regime che in effetti sollevava dubbi dal punto di vista dell’operatività del divieto di discriminazione.
b) Il secondo profilo che viene in luce riguarda la previsione di un periodo di
anzianità a tempo indeterminato quale condizione per la presentazione
della domanda di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale (
es. Comune di Trento ). Si tratta di una condizione che non risulta conforme alle indicazioni proprie della legislazione comunitaria che, al contrario, esortano ad eliminare gli ostacoli che si oppongono alla possibilità
80 pari opportunità
di accedere al lavoro a tempo parziale. Né potrebbe essere invocata la previsione contenuta nella direttiva europea circa l’ammissibilità di requisiti di
particolare anzianità per l’accesso a condizioni di impiego particolari, in
quanto la stessa norma si riferisce in realtà alla diversa ipotesi in cui siano
i dipendenti a tempo parziale a dover rispettare tali requisiti di anzianità,
soluzione che peraltro è considerata potenzialmente lesiva del principio di
non discriminazione (art.4, c.4 Accordo europeo sul lavoro a tempo parziale).
c) Infine va considerato il possesso di una determinata anzianità di servizio
come fattore che incide sull’ordine di priorità nell’accoglimento della
domanda, nel regolamento adottato da alcuni enti locali. Anche tale soluzione si presta a valutazioni di dubbia conformità ai principi generali ricordati, soprattutto se l’anzianità assume portata rilevante. Se si tiene conto
che le esigenze da soddisfare tramite il part-time sono legate soprattutto
alla conciliazione tra vita familiare e professionale, premiare l’anzianità di
servizio porta al rischio di diminuire anziché aumentare la probabilità di
soddisfare tali esigenze, qualificandosi piuttosto come una sorta di premio
di fedeltà nei confronti dei dipendenti.
3.5 Promozione delle pari opportunità
L’analisi del quadro normativo e contrattuale, nonché regolamentare ha
posto in luce la complessità dell’intreccio delle fonti di regolamentazione del
rapporto di lavoro a tempo parziale. Ne emerge un panorama che va valutato
positivamente per vari aspetti, in relazione alla finalità propria del presente studio, ovvero la correlazione con la promozione delle pari opportunità nei
confronti delle donne rispetto al lavoro.
Si delineano in questo senso le previsioni in materia di tipologie di orario,
che sono varie e rendono possibile una ampia gamma di scelta, spesso permettendo di evitare lo svolgimento dell’attività lavorativa nei periodi di tempo
o dell’anno meno compatibili con le funzioni familiari in particolare di accadimento dei figli. Sono estranee all’esperienza analizzata, inoltre, le forme più
esasperate di flessibilità del lavoro in funzione pressoché esclusiva delle esigenze organizzative.
In senso positivo vanno valutate anche le percentuali intese come “soglie
minime” di contingenti di posti che possono essere trasformati in lavoro a
tempo parziale, e ancor più i metodi di calcolo basati sull’orario che rendono
possibile ottimizzare le risorse disponibili.
81 pari opportunità
Altrettanto positiva è la valutazione circa l’applicazione del principio di
parità di trattamento, nei confronti dei part-timers, come principio generale,
salve le osservazioni sopra svolte su alcuni profili della disciplina che al contrario appaiono di problematica legittimità.
Restano aperte le questioni poste in luce mediante gli approfondimenti
dedicati nel presente rapporto, che pongono in luce la necessità di rivedere in
alcuni casi la disciplina in essere per corrispondere al meglio alla richiesta elevata da parte delle lavoratrice nei confronti della riduzione dell’orario.
In tal senso è importante che le pubbliche amministrazioni considerino
appieno anche il valore positivo che può derivare dal rapporto di lavoro a tempo
parziale, nei termini sottolineati all’inizio, di maggiore flessibilità, e di minore
assenteismo. Il riconoscimento di limiti più elevati per la possibilità di trasformazione del rapporto, rimesso alla determinazione della contrattazione collettiva, potrebbe in effetti essere uno strumento di tutela ed aumento dell’occupazione femminile e di riconoscimento dell’importanza della funzione di cura.
Al tempo stesso, non va sottaciuta la pressoché inesistente sperimentazione di altre misure, come quelle inerenti ad altre modalità flessibili di svolgimento del rapporto di lavoro, quali il telelavoro, che pur regolamentato nell’ambito delle pubbliche amministrazioni appare scarsamente utilizzato.
Oltre alle osservazioni già svolte in merito, si ritiene opportuno sottolineare l’importanza di soluzioni che riguardino non soltanto l’assetto giuridico, ma
anche quello organizzativo.
In tal senso sono emerse soluzioni interessanti già praticate, come quelle
che interessano la flessibilità degli orari normali, in entrata ed in uscita, o
nella pausa (come nell’ente Regione TAA e nella ASL) così come altre formule che si riallacciano ad esperienze innovative di “tempo scelto” e consentono una maggiore individualizzazione dell’orario, quali le “ banche delle ore”
(ente Regione TAA). Si tratta di soluzioni che consentono anche di diminuire
la propensione a richiedere la riduzione dell’orario.
Altrettanto rilevante è la possibilità di integrare la diminuzione dell’orario
delle dipendenti a tempo parziale mediante il ricorso a nuove assunzioni,
a termine e/o a part-time, o ad altre misure di programmazione del personale.
Infine, di estremo interesse è altresì la previsione di realizzazione di coordinamento tra gli orari dei diversi servizi ( allo studio nell’ente PAT ) allo
scopo di diminuire la stessa richiesta di riduzione dell’orario, spesso motivata
da esigenze di assistenza e di accudimento ai figli piccoli, secondo esperienze
già realizzate in altre realtà locali.
Per quanto riguarda gli altri profili di rilievo, esaminati nel paragrafo precedente, si registrano indubbie tendenze evolutive verso l’eliminazione degli
82 pari opportunità
ostacoli che si frappongono alla diffusione di tale tipologia di rapporto, nei
confronti di tutti i profili professionali, benché ancora non pienamente assestate e generalizzate. Questo appare uno degli ambiti in cui è auspicabile che
si introducano soluzioni innovative, secondo una tendenza che si afferma
anche a livello nazionale, in modo da rendere più agevole il percorso lavorativo delle donne, senza costringerle a compiere scelte dirimenti rispetto alla
procreazione e alla cura familiare.
83 pari opportunità
APPENDICE
Fonti normative principali:
disposizioni rilevanti
1. FONTI LOCALI: Ente: Provincia di Trento
a) FONTI CONTRATTUALI
Contratto collettivo provinciale di lavoro
Disposizioni rilevanti
Campo di applicazione (ex art. 1)
Il CCPL si applica a tutto il personale del comparto Autonomie locali con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, dipendente dalla Provincia autonoma di Trento e dai suoi Enti funzionali, dal Consiglio provinciale, dai Comuni e dai loro consorzi, dalle IPAB e dai Comprensori, esclusi i dirigenti, i direttori della P.A.T, i segretari comunali, nonché il personale medico e veterinario.
Pari opportunità (ex art. 10)
Al fine di dare attuazione alle disposizioni della legge n. 125/1991, gli enti con piante organiche superiori a 200 dipendenti devono provvedere alla costituzione dei Comitati pari opportunità.
Per le restanti realtà territoriali, con riferimento alle loro ridotte dimensioni, vengono istituiti Comitati provinciali rappresentativi dei singoli settori per
le realtà inferiori ai 200 dipendenti (Comuni, IPAB, Comprensori).
Tali Comitati sono composti da un numero minimo di 3 rappresentanti e
da un massimo di 6 designati dalle OO.SS. e da un pari numero di rappresentanti nominati dalle amministrazioni.
I singoli Comitati hanno facoltà di accesso ad informazioni riguardanti il
personale femminile nei singoli Enti su segnalazione delle richiedenti che potranno richiedere informazioni e proporre soluzioni in ordine:
– alla consistenza degli organici ed agli sviluppi di carriera esistenti;
– all’accesso, all’organizzazione e modalità di svolgimento di percorsi formativi e/o di aggiornamento professionale;
– alla flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali
presenti sul territorio;
87 pari opportunità
– al perseguimento di un effettivo equilibrio delle posizioni funzionali a parità di requisiti professionali nell’attribuzione di incarichi e/o funzioni di
miglior qualità.
Il Comitato potrà proporre agli enti firmatari, alle delegazioni trattanti e/o
all’APRAN particolari soluzioni organizzative in ordine all’attivazione di “azioni positive”, che mirino a migliorare le condizioni di lavoro delle dipendenti e
che eliminino le eventuali discriminazioni esistenti su percorsi professionali.
I Comitati relazionano almeno una volta all’anno ai Presidenti delle singole organizzazioni datoriali firmatarie ed al Presidente della Giunta provinciale sulle condizioni oggettive in cui si trovano le lavoratrici rispetto allo sviluppo professionale, alla loro partecipazione ai corsi di formazione, e alla promozione di misure idonee a tutelarne la salute in relazione alle peculiarità
psicofisiche, con particolare riguardo alle situazioni di lavoro che possano presentare rischi per la salute riproduttiva.
Per il proprio funzionamento, i Comitati usufruiranno del supporto tecnico - logistico delle associazioni degli Enti e, per quanto riguarda le proprie
componenti, di permessi retribuiti per la presenza alle riunioni e per l’espletamento della propria attività, nonché delle risorse necessarie al proprio funzionamento da determinare in sede di contrattazione di settore o decentrata.
In via sperimentale, per quanto attiene alle rappresentanti del personale,
detti permessi, in misura non superiore a 100 ore annue individuali, retribuite, durante l’orario di lavoro, dovranno intendersi aggiuntivi a quelli usufruiti
dalle RSA o RSU, comunque denominate. Le problematiche formative connesse alle pari opportunità rientrano nei programmi generali di formazione di
cui all’art. 85 del CCPL.
Orario di lavoro (ex art. 37)
L’orario ordinario di lavoro è di 36 ore settimanali.
Nel rispetto delle disposizioni sull’orario di servizio e sull’orario di apertura al pubblico, l’articolazione dell’orario di lavoro è definita dall’organo competente secondo l’ordinamento dell’Ente, previo concertazione con le OO.SS.
L’articolazione dell’orario di lavoro è improntata ai seguenti criteri di flessibilità:
a) utilizzazione in maniera programmata di tutti gli istituti che rendano concreta una gestione flessibile dell’organizzazione del lavoro e dei servizi, in
funzione di un’organica distribuzione dei carichi di lavoro. I diversi sistemi
di articolazione dell’orario possono anche coesistere;
88 pari opportunità
b) ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali e annuali con orari superiori o inferiori alle 36 ore settimanali, nel rispetto del
monte ore da effettuarsi entro i limiti di 24 ore minime e 45 ore massime
settimanali, esclusivamente per il personale con orario a tempo pieno, previo accordo sindacale;
c) priorità nella flessibilità dell’orario, purché compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività
di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266;
d) in caso di adozione di un sistema di orario flessibile giornaliero, deve essere garantita la presenza in servizio di tutto il personale in determinate fasce orarie al fine di soddisfare in maniera ottimale le esigenze dell’utenza.
La flessibilità d’orario non potrà comunque determinare per il dipendente
un debito mensile superiore alle quattro ore.
È possibile fare ricorso alla turnazione qualora altre tipologie di orario di
lavoro non siano sufficienti a garantire la copertura massima dell’orario di servizio giornaliero. Si considera in turno il personale che si avvicenda, con criteri determinati, in modo da coprire a rotazione l’intera durata dell’orario di
servizio; l’adozione dei turni può anche prevedere la parziale sovrapposizione
tra il personale subentrante e quello dei turno precedente.
Fermi restando gli accordi vigenti, la durata minima della pausa pranzo è
di 60 minuti, ma può essere rideterminata in sede di contrattazione di settore
e/o decentrata fino ad un limite minimo di 30 minuti.
L’osservanza dell’orario di lavoro da parte dei dipendenti è accertata
mediante efficaci controlli di tipo automatico o di altri mezzi equipollenti
sotto la responsabilità del dirigente. In casi particolari, modalità sostitutive
e controlli ulteriori sono definiti dalle singole Amministrazioni, in relazione alle esigenze delle strutture interessate.
I lavoratori genitori di portatori di handicap e i soggetti riconosciuti ai sensi
della L. n. 104/92 hanno diritto ad essere impiegati con modalità di orario e in
sedi che siano, tra quelle disponibili, le più idonee a facilitare l’assistenza ai congiunti; in particolare, hanno priorità nella scelta dell’orario a tempo parziale,
della sede e del turno di lavoro.
Per il personale educativo degli asili nido l’orario di lavoro e la sua articolazione vengono confermati secondo la normativa vigente. In sede di accordo
di settore le parti si impegnano a rivedere l’attuale regolamentazione dell’organizzazione del lavoro.
89 pari opportunità
Reperibilità (ex art. 39)
La reperibilità comporta per il dipendente l’obbligo di rendersi disponibile in ogni momento e di recarsi immediatamente nel luogo di lavoro in caso
di chiamata. L’indennità di reperibilità non compete durante l’orario di servizio a qualsiasi titolo prestato.
I turni di reperibilità non possono, di norma, superare la durata settimanale per ciascun dipendente, fermo restando l’obbligo dell’avvicendamento del
personale addetto ai turni stessi.
Per periodi inferiori alle 24 ore l’indennità è frazionabile in misura non inferiore a 12 ore; in ogni caso la misura non può superare quella giornaliera pari a 24 ore.
Per le prestazioni effettuate durante il turno di reperibilità, al di fuori dei
normale orario di lavoro, al dipendente spetta anche il corrispondente compenso per lavoro straordinario.
Lavoro straordinario (ex art. 40)
Per eccezionali ed inderogabili necessità dell’Amministrazione il dipendente è tenuto a prestare servizio, con diritto al compenso per lavoro straordinario, salvo che sia esonerato per giustificati motivi.
Qualora l’effettuazione del lavoro straordinario comporti una prestazione
lavorativa giornaliera superiore complessivamente alle dodici ore, è necessario
l’assenso dei dipendente interessato, tranne che nei casi di interventi urgenti
per disastri, calamità naturali o per situazioni di emergenza eccezionali.
Ciascun dipendente provinciale e degli Enti funzionali potrà effettuare lavoro straordinario nel limite massimo di 240 ore annue. La Giunta provinciale può individuare, d’intesa con i medesimi, fino a 100 dipendenti ai quali potrà essere assegnato un contingente massimo di 480 ore annue e due dipendenti ai quali potrà essere assegnato un contingente massimo di 700 ore annue.
Non si corrisponde il compenso per lavoro straordinario, bensì l’apposita indennità di cui all’articolo 14 dei CCPL 1997 dei direttori, ai Segretari del Presidente e degli Assessori. Al dipendente è consentito, in alternativa alla corresponsione del compenso per lavoro straordinario, il recupero delle ore lavorate in eccedenza al normale orario, nel limite massimo di 140 ore annue.
Per il personale dei Comuni, loro Consorzi, Comprensori e IPAB le prestazioni straordinarie non possono superare il limite massimo individuale di
120 ore annue ed il limite massimo di spesa procapite non può superare le 55
90 pari opportunità
ore annue. Il 50% del monte ore fatto oggetto di effettivo recupero da parte del
dipendente con riposo compensativo eleva in pari misura il limite annuo individuale. In caso di esigenze eccezionali o per far fronte ad eventi urgenti ed
imprevedibili, nonché per assistenza agli organi individuali e collegiali, il limite di cui sopra può essere, per determinati contingenti di personale e per periodi non eccedenti l’anno finanziario, elevato fino ad un massimo di 400 ore
annue, fermo restando il limite massimo di spesa di 55 ore annue procapite.
Ferie (ex art. 41)
Il dipendente ha diritto, in ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito di 32 o 36 giornate lavorative, a seconda che la settimana lavorativa sia
articolata su cinque o sei giornate nella struttura in cui opera. Le ferie sono
comprensive delle sei giornate di cui alla legge n. 937 dei 23 dicembre 1977.
Durante tale periodo al dipendente spetta la normale retribuzione.
Nell’anno di assunzione o cessazione dal servizio la durata delle ferie è determinata in proporzione ai dodicesimi di servizio prestato. La frazione di mese
superiore a quindici giorni è considerata a tutti gli effetti come mese intero; il
medesimo meccanismo vale anche per periodi di servizio continuativo prestato
a cavallo di due mesi, purché complessivamente superiore a quindici giorni.
Le ferie sono un diritto irrinunciabile, non sono monetizzabili, salvo quanto previsto nel comma 12. Esse sono fruite nel corso di ciascun anno solare, in
periodi compatibili con le oggettive esigenze di servizio, tenuto conto delle richieste dei dipendente.
Le ferie sono sospese da malattie adeguatamente e debitamente documentate che si siano protratte per più di 3 giorni o abbiano dato luogo a ricovero ospedaliero, purché il lavoratore abbia dato all’Amministrazione immediata e tempestiva informazione.
All’atto della cessazione dei rapporto di lavoro, qualora le ferie spettanti a
tale data non siano state fruite per comprovate esigenze di servizio, si procede
al pagamento sostitutivo delle stesse.
In caso di trasformazione di posti da tempo pieno a tempo parziale o viceversa i dipendenti fruiranno del medesimo numero di giornate maturato fatto
salvo il debito o il credito orario che si determina in tal modo nei confronti dell’Amministrazione, relativamente ai quali si procederà, rispettivamente, a liquidazione o a trattenuta monetaria. In quest’ultimo caso il dipendente ha comunque la possibilità di rinunciare alle ferie maturate, con accordo da sottoscrivere nelle forme e nei modi di cui all’art. 2113, ultimo comma, c.c.
91 pari opportunità
PARTICOLARI TIPOLOGIE CONTRATTUALI
previste dal CCPL
Rapporto di lavoro a tempo parziale (ex art. 27)
Le Amministrazioni costituiscono o trasformano, su richiesta dei dipendente, il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, nel limite di quanto previsto dagli ordinamenti degli Enti con un limite minimo
del 10% della dotazione organica complessiva del personale a tempo pieno cui
si applica il presente contratto, arrotondato per eccesso all’unità superiore, secondo le tipologie indicate nel comma 6. In sede di accordo di settore tale limite può essere aumentato e può essere individuato un limite massimo.
Per il reclutamento del personale a tempo parziale si applica la normativa
vigente in materia per il personale a tempo pieno.
Può essere escluso, in funzione di esigenze organizzative, il rapporto di lavoro a tempo parziale - determinato o indeterminato - relativamente a profili
professionali che comportino funzioni ispettive o di vigilanza. L’esclusione
non opera nei confronti del personale, che, pur appartenendo a uno dei profili professionali in questione, svolga funzioni diverse da quelle previste per il
profilo professionale. Sono fatte salve le situazioni ad oggi determinatesi.
Il dipendente a tempo parziale copre una frazione del posto di organico
corrispondente alla durata della prestazione lavorativa, che non può essere inferiore a 14 ore né superiore a 32 ore. La somma delle frazioni di posto a tempo parziale non può superare il monte ore complessivo dei posti di organico a
tempo pieno trasformati ai sensi dei comma l. La durata e la distribuzione dell’orario di lavoro devono essere stabilite nel contratto individuale, d’intesa fra
dipendente ed Amministrazione, nel rispetto dell’art. 5 della legge n.
863/1984.
Il dipendente può concordare con l’Amministrazione, ove ciò sia possibile, anche lo spostamento ad altra attività o sede ai fini di rendere possibile la
prestazione part time. L’Amministrazione può differire la trasformazione del
rapporto di lavoro part time in caso di oggettive ragioni organizzative.
Il tempo parziale può essere realizzato sulla base delle seguenti tipologie,
correlate alle esigenze dell’Amministrazione:
– con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti o in alcuni
giorni lavorativi (tempo parziale orizzontale);
92 pari opportunità
– con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana o del
mese, ovvero con la concentrazione della prestazione stessa in determinati periodi dell’anno (tempo parziale verticale), in misura da realizzare comunque la durata del lavoro settimanale prevista per il tempo parziale nell’arco temporale preso in considerazione (settimana, mese, anno).
In presenza di particolari e motivate esigenze l’Amministrazione può concordare con il dipendente modalità di articolazione della prestazione lavorativa, che contemperino le reciproche esigenze, nell’ambito delle fasce orarie individuate in base alle tipologie di orario giornaliero, settimanale o annuale praticabili presso ciascuna Amministrazione, tenuto conto della natura
dell’attività istituzionale, degli orari di servizio e di lavoro praticati e della situazione degli organici nei diversi profili professionali. La modificazione delle
tipologie di articolazione della prestazione richiesta dall’Amministrazione avviene con il consenso scritto dell’interessato.
Le Amministrazioni, in sede di accordo di settore, riservano un’adeguata
quota di posti della quota complessiva da destinare al tempo parziale, e comunque arrotondata all’unità se inferiore a uno, a trasformazioni temporanee
dei rapporto di lavoro di durata non eccedente i due anni, rinnovabili, per soddisfare transitorie necessità familiari o personali dei dipendenti. Ove le richieste eccedano i contingenti fissati verrà data precedenza:
a) ai dipendenti disabili ovvero che si trovano in particolari condizioni psico-fisiche, o affetti da gravi patologie;
b) ai dipendenti che assistono propri famigliari disabili, ovvero ai dipendenti
che assistono persone in particolari condizioni psico-fisiche, o affette da
gravi patologie, nonché anziani non autosufficienti;
c) ai dipendenti con figli in età scolare e prescolare, in relazione al numero
degli stessi.
La restante quota di posti è destinata alle trasformazioni del rapporto di impiego non soggette a termine, per le quali costituiscono titoli di precedenza, ove
le domande superino il contingente di posti disponibile, situazioni personali non
transitorie (handicap proprio, malattie non transitorie proprie, handicap e malattie non transitorie di figli a carico), carichi di famiglia e superamento del 55° anno di età. Qualora, soddisfatte le richieste collegate a transitorie necessità familiari
o personali, residuino posti per trasformazioni temporanee, gli stessi potranno essere assegnati ai richiedenti, le cui domande siano risultate eccedenti rispetto ai
posti disponibili per la trasformazione del rapporto non soggetto a termine, secondo l’ordine di graduatoria e per una durata non superiore a due anni.
Le Amministrazioni, in presenza di gravi e documentate situazioni personali o familiari, possono elevare il contingente sopra indicato fino ad un mas-
93 pari opportunità
simo del 10%, arrotondato per eccesso all’unità superiore. Le domande per la
trasformazione del rapporto di lavoro in tali casi sono presentate, di norma, con
cadenza trimestrale e, se accolte, esplicano i loro effetti, di norma, dal primo
giorno del trimestre successivo.
I dipendenti possono chiedere la trasformazione a tempo pieno del rapporto a tempo parziale in essere a fronte dell’esistenza di vacanze di organico
del profilo professionale rivestito.
L’avvenuta trasformazione del posto di lavoro a tempo parziale, ai sensi del
d.lgs. n. 152/97, è comunicata per iscritto al dipendente, con l’indicazione della durata e dell’articolazione dell’orario e della prestazione lavorativa secondo
quanto concordato con l’Amministrazione.
Nei confronti del personale disciplinato dal presente contratto si applica il
disposto del decreto del Ministro della Funzione Pubblica dd. 29/7/97, n. 331.
In sede di accordo di settore possono essere definiti ulteriori criteri per l’applicazione del menzionato decreto.
Trattamento economico e normativo del personale a tempo parziale (ex art. 28)
La retribuzione, anche accessoria, del personale con rapporto a tempo parziale è proporzionale alla prestazione lavorativa, con riferimento a tutte le
competenze fisse e periodiche, ivi compresa l’indennità integrativa speciale e
l’eventuale retribuzione individuale di anzianità, spettanti al personale con
rapporto a tempo pieno appartenente alla stessa categoria e profilo professionale. Per le prestazioni a tempo parziale verticale, effettuate durante un periodo dell’anno, la retribuzione è corrisposta nelle mensilità in cui viene prestata l’attività lavorativa. L’assegno per il nucleo familiare, ove spettante, viene
corrisposto per intero.
Il personale a tempo parziale è escluso dalla prestazione di lavoro straordinario. Solo per eccezionali e temporanee esigenze organizzative delle Amministrazioni il medesimo personale è tenuto a prestare lavoro supplementare entro il limite individuale di 30 ore annue, eventualmente elevabili sulla base di
apposito accordo di settore. Al dipendente è consentito il recupero delle ore lavorate in eccedenza al normale orario. Il medesimo personale non può, inoltre, fruire di benefici che, comunque, comportino la riduzione dell’orario di
lavoro, salvo quelli previsti dalla legge. Le ore di permesso retribuito per diritto allo studio sono ridotte in proporzione all’orario di lavoro.
Nel caso di passaggio ad una categoria o profilo per il quale non vi sia la
disponibilità di posti a tempo parziale, il rapporto viene trasformato in rappor-
94 pari opportunità
to a tempo pieno. Nel caso in cui il personale chieda di passare dal rapporto a
tempo parziale a quello a tempo pieno - e viceversa - si applicano, ai fini della valutazione dell’anzianità di servizio, le disposizioni di cui alla legge 29 dicembre 1988, n. 554 e quelle di cui al decreto dei Presidente dei Consiglio dei
Ministri 17 marzo 1989, n. 117.
La contrattazione di settore e/o decentrata stabilisce i criteri per l’attribuzione ai dipendenti a tempo parziale dei trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti, nonché di altri istituti non
collegati alla durata della prestazione lavorativa ed applicabili anche in misura
non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orario adottato.
I dipendenti a tempo parziale orizzontale hanno diritto ad un numero di
giorni di ferie pari a quello dei lavoratori a tempo pieno.
I lavoratori a tempo parziale verticale hanno diritto ad un numero di giorni, rapportato a 32 giornate annue lavorative, proporzionato alle giornate di lavoro prestate nell’anno.
Ai dipendenti a part time spettano i permessi retribuiti e le ore di partecipazione alle assemblee sindacali previsti per il personale a tempo pieno proporzionalmente ridotti in relazione all’orario prestato e alla tipologia di cui al
comma 6 dell’art. 27, con esclusione dei permessi per matrimonio, lutti e donazione dei sangue.
La retribuzione è liquidata mensilmente, in relazione al servizio prestato.
In caso di malattia nel rapporto di lavoro a tempo parziale verticale il periodo di comporto viene riparametrato in proporzione alla durata dell’impegno
lavorativo annuale.
Il trattamento previdenziale è disciplinato dalle disposizioni contenute nell’art. 8 della legge n. 554/1988 e successive modificazioni ed integrazioni.
Per il personale contemplato dal presente articolo il trattamento di fine rapporto viene determinato con le modalità previste per il restante personale a
tempo pieno, proporzionalmente ridotto in relazione all’orario di lavoro effettivamente prestato in ciascun periodo di servizio a tempo parziale.
I posti a tempo definito previsti dalle piante organiche degli Enti destinatari dei presente accordo, dalla data di entrata in vigore del contratto, sono regolati dalle norme che disciplinano il tempo parziale.
Telelavoro (ex Art. 29)
Le Amministrazioni, allo scopo di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle ri-
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sorse umane, possono avvalersi di forme di lavoro a distanza secondo le tipologie del lavoro a domicilio, lavoro mobile e decentrato in edifici telematici
condivisi.
Il telelavoro rappresenta una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa o professionale eseguita in un luogo ritenuto idoneo, collocato al di
fuori della sede di lavoro, anche se rientrante nella disponibilità del telelavoratore, nonché con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e
della comunicazione, che consentano il collegamento con l’Amministrazione.
Il telelavoro non incide sull’inserimento del lavoratore nell’organizzazione
aziendale e sul conseguente assoggettamento al potere direttivo e disciplinare
dell’Amministrazione. Il telelavoro può essere svolto anche per periodi limitati e su richiesta del dipendente, ove tale forma di prestazione di lavoro sia compatibile con l’organizzazione dell’attività. I dipendenti o le OO.SS. possono
proporre progetti di telelavoro.
I periodi di telelavoro sono disciplinati secondo i seguenti principi:
a) volontarietà delle parti;
b) possibilità di reversibilità del rapporto;
c) pari opportunità rispetto a progressioni di carriera, iniziative formative e di
socializzazione ed altre opportunità, che possano determinarsi per i lavoratori che prestano la loro attività presso le sedi dell’Amministrazione;
d) definizione delle condizioni relative alla prestazione da espletarsi in regime di telelavoro, quali l’esatta predeterminazione degli obiettivi o risultati
a cui è finalizzata la prestazione di telelavoro;
e) garanzia da parte del singolo lavoratore del mantenimento di livelli qualitativi e quantitativi analoghi all’impegno professionale richiesto presso
l’Amministrazione ed indicazione del limite massimo di ore settimanali telelavorabili;
f) esplicitazione dei legami funzionali e gerarchici, che vengono mantenuti
e/o modificati rispetto a quanto esistente in Amministrazione, compresi i
rientri aziendali.
L’instaurazione del periodo di telelavoro viene concordata tra l’Amministrazione e il lavoratore, il quale potrà farsi assistere dalla RSA/RSU, o dalla
struttura territoriale di una delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto.
A livello di Amministrazione la contrattazione decentrata determina gli
eventuali adattamenti della disciplina del rapporto di lavoro resi necessari dalle condizioni della prestazione.
96 pari opportunità
Assegnazione a posizioni di telelavoro (ex art. 30)
Quando risulti proficuo dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro,
l’Amministrazione può proporre al dipendente di svolgere una prestazione di
telelavoro. L’Amministrazione predispone a tal fine una lettera d’incarico affinché il dipendente possa valutare se accettare o meno l’incarico di telelavoro. In caso di accettazione il lavoratore controfirma la lettera d’incarico. Il lavoratore si impegna a consegnare, alla conclusione dell’incarico di telelavoro,
una relazione consuntiva sull’attività svolta.
L’assegnazione ad incarichi di telelavoro non muta la natura del rapporto
di lavoro in atto; tale assegnazione è revocabile, a richiesta dei lavoratore, o
d’ufficio da parte dell’Amministrazione, compatibilmente con le esigenze organizzative di quest’ultima, quando sia trascorso il periodo di tempo indicato
nel progetto o nel rispetto di ulteriori condizioni eventualmente previste nello
stesso. In tale ultimo caso, la riassegnazione alla sede di lavoro originaria deve
avvenire con modalità e in tempi compatibili con le esigenze dei lavoratore e
comunque entro 10 giorni dalla richiesta, elevati a 20 nel caso di cui al comma 2, lettera b), oppure nel termine previsto dal progetto.
Postazione di lavoro e adempimenti dell’Amministrazione (ex art. 31)
La scelta e l’acquisizione delle attrezzature è competenza dell’Amministrazione. La postazione di telelavoro che può essere utilizzata esclusivamente per le attività attinenti al rapporto di lavoro, deve essere messa a disposizione, installata e collaudata a cura e spese dell’Amministrazione interessata, salvo diversa pattuizione; sulla stessa gravano comunque la manutenzione e la
gestione di sistemi di supporto per il dipendente ed i relativi costi. Le attrezzature informatiche, comunicative e strumentali, necessarie per lo svolgimento
del telelavoro, vengono concesse in comodato gratuito al lavoratore, ex art.
1803 c.c. e ss., salvo diversa pattuizione, per la durata del progetto. I collegamenti telematici necessari per l’effettuazione della prestazione devono essere
attivati a cura e spese dell’Amministrazione, la quale dovrà provvedere ad un’adeguata copertura assicurativa delle attrezzature e del loro uso.
Fermo restando che nessun dispositivo di controllo può essere attivato all’insaputa dei lavoratori, l’Amministrazione è tenuta ad indicare nella lettera
d’incarico le modalità attraverso le quali avviene la valutazione del lavoro prestato. I dati raccolti per la valutazione della prestazione del lavoratore, nel rispetto di tali modalità, possono essere utilizzati ai fini dell’esercizio dei poteri
97 pari opportunità
datoriali e non costituiscono violazione dell’art. 4 della legge n. 300/70 e delle norme contrattuali, in quanto funzionali allo svolgimento dei rapporto.
La lettera d’incarico può prevedere la possibilità che siano disposti, con frequenza media, da definirsi in sede di contrattazione decentrata, rientri periodici del lavoratore presso la sede di lavoro.
L’Amministrazione deve garantire che la prestazione di telelavoro si svolga
in piena conformità con le normative vigenti in materia di ambiente, sicurezza e salute dei lavoratori. L’Amministrazione è tenuta a fornire al lavoratore la
formazione necessaria affinché la prestazione di lavoro sia effettuata in condizioni di sicurezza per sé e per le persone che, eventualmente, vivono negli ambienti prossimi al suo spazio lavorativo.
Le Amministrazioni provvedono ad informare i lavoratori sul corretto uso
degli strumenti alla luce del d. lgs. 626/94. Nell’ambito delle attività formative dedicate ai lavoratori, le Amministrazioni prevedono l’effettuazione di iniziative di formazione generale e specifica, tendente a garantire un adeguato livello di professionalità e socializzazione per gli addetti al telelavoro. Specifiche iniziative formative saranno rivolte, altresì, ai dirigenti degli uffici e dei
servizi nel cui ambito si svolgano attività di telelavoro.
Debbono essere assicurate forme di comunicazione tempestiva - ivi compreso l’utilizzo della posta elettronica (e-mail) - per rendere partecipe il lavoratore delle informazioni di carattere amministrativo più direttamente connesse con le sue legittime aspettative.
Diritti ed obblighi del telelavoratore (ex art. 32)
Il telelavoratore è tenuto a prestare la propria opera con diligenza e riservatezza, attenendosi alle istruzioni ricevute, al rispetto delle norme di sicurezza vigenti, al dovere di non manomettere gli impianti e di non consentire ad
altri l’utilizzo degli stessi.
Le modalità di svolgimento della prestazione di telelavoro vengono concordate nell’incarico di telelavoro.
Il lavoratore è libero di auto-organizzare, nel contesto del limite massimo delle 36 ore settimanali o di quello inferiore se il suo rapporto è a tempo parziale, i
tempi e i modi di realizzazione del risultato previsto nell’incarico di telelavoro.
Resta ferma la stessa quantità oraria globale prevista per il personale che
presta la sua attività nella sede. È fatto obbligo a ciascun telelavoratore - salvo
patto contrario espresso - di rendersi disponibile in una fascia oraria giornaliera, settimanale o mensile, da concordarsi a livello individuale o contrattuale
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per la ricezione di eventuali comunicazioni da parte dell’Amministrazione. In
caso di motivata impossibilità, il lavoratore è tenuto a darne comunicazione all’Amministrazione, anche per via telematica. In caso di riunioni programmate
dall’Amministrazione per l’aggiornamento tecnico-organizzativo, il telelavoratore dovrà rendersi disponibile per il tempo strettamente necessario allo svolgimento della riunione stessa.
Job sharing (ex art. 33)
Il rapporto di lavoro condiviso è una modalità di prestazione lavorativa mediante la quale due o più lavoratori si
obbligano in solido nei confronti dell’Amministrazione per la copertura
della stessa ed unica prestazione lavorativa.
La contrattazione di settore potrà ulteriormente disciplinare la possibilità
di condivisione nello svolgimento del lavoro, lasciando ai lavoratori la determinazione del rispettivo tempo di lavoro, nel rispetto delle disposizioni dei presente articolo.
Il rapporto di lavoro condiviso può essere costituito relativamente a tutti i
profili professionali, mediante trasformazione di rapporti di lavoro in essere,
con esclusione delle attività che comportino il coordinamento di strutture o attività. L’Amministrazione valuterà la compatibilità delle richieste pervenute
con le necessità tecnico-organizzative delle strutture in cui i lavoratori operano.
Il contratto di lavoro deve essere stipulato per iscritto e copia di esso deve
essere rilasciata ai lavoratori. All’atto della stipulazione i lavoratori potranno essere assistiti da un rappresentante sindacale.
Il contratto deve indicare la misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile ed annuale, che si prevede destinato ad essere svolto da ciascuno dei due lavoratori, secondo le intese intercorse tra gli stessi. Il datore di lavoro ed i lavoratori possono in qualsiasi momento convenire di modificare la predetta distribuzione temporale della
prestazione.
Ciascun lavoratore può farsi sostituire dall’altro, con l’obbligo di sostituirlo
a sua volta. Le diverse articolazioni e/ o ripartizioni dell’orario di lavoro che i
dipendenti dovessero tra di loro concordare dovranno essere tempestivamente
comunicate all’Amministrazione.
Per quanto riguarda gli istituti normativi previsti dal presente contratto e
non regolamentati nel presente articolo, si applicano, in quanto compatibili
99 pari opportunità
con la peculiarità della prestazione e tenuto conto della sua durata, le disposizioni di legge e contrattuali previste per il personale a tempo pieno.
L’impedimento contemporaneo di entrambi i lavoratori ha l’effetto di sospendere il rapporto di lavoro. Qualora per uno dei due lavoratori coobbligati si
verifichi l’impedimento di cui agli articoli 2110 e 2111 dei codice civile, oppure
uno di essi ottenga l’aspettativa a norma dell’art. 31 della legge n. 300/70, il contratto si converte automaticamente, per tutta la durata dell’impedimento e dei l’aspettativa, in contratto di lavoro ordinario, di cui resta titolare l’altro lavoratore. In
caso di assenza con riconoscimento di indennità giornaliera da parte di Istituti previdenziali/assistenziali (malattia, infortunio, maternità, ecc.), l’indennità stessa sarà riferita all’orario individuale, così come previsto nel contratto di lavoro.
La retribuzione, anche accessoria, verrà corrisposta a ciascun lavoratore in
proporzione alla quantità di lavoro effettivamente prestato.
Ai fini retributivi, contrattuali, previdenziali, assistenziali, delle indennità
economiche per malattia e di ogni altra prestazione previdenziale ed assistenziale e delle relative contribuzioni connesse alla durata giornaliera, settimanale
o annuale della prestazione lavorativa, i due lavoratori contitolari del contratto
di job sharing sono considerati come lavoratori a tempo parziale.
Il calcolo delle prestazioni e dei contributi, effettuato mese per mese secondo la distribuzione temporale concordata, andrà conguagliato a fine anno
sulla base dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa.
Ciascun lavoratore sarà responsabile per le assenze ingiustificate, i ritardi
nell’inizio della prestazione o l’abbandono ingiustificato dei posto di lavoro,
nonché per le infrazioni al codice disciplinare personalmente commesse.
Qualora i lavoratori chiedano di scindere il rapporto di job sharing o qualora lo impongano esigenze organizzative, il datore di lavoro è tenuto a proporre
la trasformazione dei contratto in altro a tempo parziale di pari durata.
Nel caso di dimissioni o di licenziamento di uno dei lavoratori contitolari dei
contratto, il datore di lavoro è tenuto a proporre la trasformazione dei contratto
in altro a tempo parziale di pari durata, ovvero a tempo pieno. Il rifiuto del lavoratore costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento.
Fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo (ex art. 34)
Il contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo disciplinato dalla legge 24 giugno 1997, n. 196 può essere concluso, oltre che nei casi previsti dall’art. 1, comma 2, lett. b) e c), della legge n. 196/97, nelle seguenti ipotesi:
100 pari opportunità
– incrementi di attività collegati ad avvenimenti eccezionali e straordinari;
– esigenze temporanee e predeterminate nel tempo connesse alla progettazione, e/o all’esecuzione di opere e/o servizi definiti e predeterminati, realizzazione e/o avviamento di infrastrutture, impianti e/o sistemi operativi
nonché all’introduzione di nuovi mezzi e/o nuove tecnologie.
Il numero complessivo di prestatori di lavoro temporaneo impiegati dall’Amministrazione per le fattispecie previste, ai sensi dei comma 2 dell’art. 1,
lett. a), della legge n. 196/97, non potrà superare, per ciascun anno, la media
mensile del 2% del numero totale dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato all’atto dell’attivazione dei singoli contratti di fornitura di cui al presente accordo, con un minimo di 1 unità. Le percentuali di cui sopra potranno essere elevate, previe intese con le RSU ove costituite, o con la RSA delle
OO.SS. firmatarie dei presente contratto, per motivate esigenze tecnico-produttive.
Contratto a termine con finalità formative (ex art. 35) - Cfl L’Amministrazione può assumere personale a tempo determinato per un
periodo non superiore a 24 mesi, con le forme concorsuali previste per il contratto a tempo indeterminato, nell’ambito della programmazione delle assunzioni, al fine di agevolare l’inserimento professionale per adeguare le capacità
professionali alle esigenze dell’Amministrazione. Non oltre il termine di scadenza del contratto l’Amministrazione, valutati i risultati conseguiti dal lavoratore, può trasformare il rapporto a tempo indeterminato: in tal caso il periodo di formazione lavoro sarà considerato nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.
Al contratto a termine con finalità formative si applicano le disposizioni sul
lavoro dipendente con l’esclusione
delle 150 ore di diritto allo studio e con il divieto di prestare lavoro straordinario.
Il contratto a termine con finalità formative è volto all’attuazione di un progetto formativo che deve essere autorizzato dalla CPI o concordato con le
OO.SS. a livello di singolo Ente nel rispetto della presente norma.
Il progetto formativo deve indicare:
– le modalità di svolgimento dell’attività di formazione;
– i tempi di attuazione.
I progetti possono essere realizzati in convenzione con una pluralità di Enti locali ai sensi dei comma 10 del D. L. n. 299/94.
101 pari opportunità
Il contratto a termine con finalità formative si svolge secondo:
A) tipologie finalizzate all’acquisizione di professionalità intermedie individuate nella categoria B per non meno di 100 ore di formazione;
B) tipologie finalizzate all’acquisizione di professionalità elevate da individuare sulla base delle declaratorie delle categoria C e D-base per non meno di 130 ore.
Possono essere assunti con contratto a termine con finalità formative lavoratori di età non superiore a 32 anni nel limite del 2% del numero totale dei dipendenti con contratto a tempo indeterminato, con un minimo di una unità.
Il contratto a termine con finalità formative non è rinnovabile alla scadenza e può essere trasformato in contratto
a tempo indeterminato.
I lavoratori assunti con contratto a termine con finalità normative sono inquadrati nella categoria inferiore ovvero nel livello base a quello corrispondente alle mansioni ad essi attribuito: al termine del periodo di formazione
qualora venga confermato, il dipendente verrà automaticamente inquadrato
nella categoria e/o livello di riferimento. In ogni caso, al dipendente verrà rilasciato un attestato dei servizio svolto ed una relazione finale sarà inviata al
Servizio Lavoro della Provincia.
Assunzioni a tempo determinato (ex art. 36)
In applicazione e ad integrazione di quanto previsto dalla legge n.
230/1962 e successive modificazioni e dell’art. 23, comma 1, della legge n.
56/1987, l’Amministrazione può stipulare contratti individuali per l’assunzione di personale a tempo determinato nei seguenti casi:
a) per la sostituzione di personale assente, comprese le ferie contigue ai periodi di aspettativa, quando l’assenza prevista superi i 30 giorni consecutivi;
b) per la sostituzione di personale assente per gravidanza e puerperio, comprese le ferie contigue ai periodi di aspettativa, nelle ipotesi di astensione
obbligatoria e facoltativa;
c) per periodi continuativi anche inferiori al mese qualora si tratti di personale dei servizi ausiliari ed educativi;
d) per fronteggiare particolari punte di attività o per esigenze straordinarie, per
non più di dodici mesi, eventualmente prorogabile fino ad ulteriori dodici
mesi, quando alle stesse non sia possibile far fronte con il personale in servizio;
102 pari opportunità
e) per temporanea copertura di posti vacanti nelle singole qualifiche per un
periodo massimo di dodici mesi, purchè sia già stato bandito il pubblico
concorso o sia già stata avviata la procedura di selezione per la copertura
degli stessi;
f) per assunzioni di personale stagionale previsto dalla pianta organica, per
un periodo massimo di sei mesi, derivanti anche da somma di periodi diversi nel corso dell’anno solare, eventualmente prorogabile per un ulteriore periodo massimo di tre mesi in presenza di motivate esigenze. Nel caso
la pianta organica non preveda ancora i profili per il personale stagionale
l’assunzione potrà avvenire ugualmente specificando i motivi della stagionalità. Al servizio prestato per esigenze stagionali non si applica il termine
temporale massimo di due anni; né si applica il limite percentuale riferito
ai posti del ruolo organico del personale impiegatizio. Per le assunzioni di
personale stagionale per condurre in amministrazione diretta le utilizzazioni boschive e l’esecuzione di lavori agricoli stagionali nelle proprietà dei
Comuni e dei loro Consorzi si fa riferimento alla normativa vigente;
g) per fronteggiare esigenze straordinarie riferite a progetti strategici (pianificazione urbanistica, progetto speciale opere pubbliche), nel limite dello
0,25% della dotazione complessiva del personale, per un periodo massimo
di tre anni, prorogabile per una sola volta per non più di due anni;
h) per fronteggiare esigenze straordinarie riferite a progetti di attivazione di gestioni associate o consortili, di funzioni e/o servizi, nel limite massimo di
tre unità per un periodo massimo di tre anni, prorogabile per una sola volta per non più di due anni.
Per la Provincia ed i suoi Enti funzionali nei casi di cui alle lettere d) ed e)
il limite massimo delle assunzioni è fissato al 2% della dotazione complessiva
del personale a tempo indeterminato, con arrotondamento all’unità superiore.
Il personale che abbia prestato servizio complessivo per due anni non può
essere riassunto a tempo determinato se non dopo un anno dalla cessazione del
precedente contratto. Ai fini del computo del servizio complessivo di due anni
si sommano tutti i servizi a tempo determinato, prestati a qualsiasi titolo presso
la stessa Amministrazione. L’interruzione di un anno comporta l’azzeramento
dei servizio precedentemente prestato. Per il personale dei Comuni addetto agli
asili nido, ai servizi educativi, alle funzioni assistenziali, anche delle IPAB, assunto per le sostituzioni, purché non vi siano posti liberi in dotazione organica,
il periodo di servizio che non superi le 300 giornate nell’anno solare non è computabile ai fini della determinazione del servizio complessivo.
Qualora l’assunzione a tempo determinato abbia durata superiore a 3 mesi il dipendente è soggetto ad un periodo di prova di 30 giorni, durante il qua-
103 pari opportunità
le ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso. Il
motivato parere negativo sul periodo di prova, espresso entro il 30’ giorno, costituisce valido motivo di recesso dell’Amministrazione dal contratto. Trovano
applicazione le disposizioni di cui ai commi 4, 5, 6, 7, 8 e 9 dell’articolo 25,
salva comunque la risoluzione del rapporto alla scadenza del contratto. In ogni
caso, nell’ipotesi in cui il responsabile della struttura di assegnazione abbia
espresso parere negativo sull’esito del servizio prestato, nessun nuovo rapporto
a tempo determinato può essere instaurato con lo stesso soggetto per le stesse
mansioni per un periodo di tre anni.
Al personale assunto a termine spettano, in proporzione alla durata del rapporto, le ferie, i permessi retribuiti previsti per il personale a tempo indeterminato.
Il personale a termine può, in qualunque momento, recedere dal rapporto
di lavoro. Il recesso va comunque presentato per iscritto almeno 10 giorni prima, 20 giorni per i contratti superiori a tre mesi, ed il dipendente è tenuto a
proseguire nell’adempimento di tutti i suoi obblighi contrattuali fino alla scadenza dei preavviso. In caso di mancato preavviso o di mancato adempimento
degli obblighi contrattuali fino alla scadenza è dovuta una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. All’atto della cessazione dal servizio, al personale con rapporto a termine
spetta il trattamento di fine rapporto, secondo le modalità stabilite per il personale a tempo indeterminato.
104 pari opportunità
ACCORDO di SETTORE P.A.T.
su indennità, produttività e metodologia permanente di valutazione del
personale dell’area non dirigenziale del comparto autonomie locali della
provincia autonoma di Trento e dei suoi enti funzionali
Disposizioni rilevanti.
Campo di applicazione (ex art. 1)
L’accordo di settore si applica al personale dipendente della Provincia autonoma di Trento e degli Enti funzionali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, esclusi i dirigenti, i direttori (salvo particolari disposizioni), nonché il personale delle qualifiche forestali e del Corpo permanente dei vigili del fuoco.
Contrattazione decentrata (ex art. 3)
Ad ulteriore specificazione di quanto previsto dal CCPL, la contrattazione
decentrata ha luogo a livello di “Dipartimento Organizzazione e personale” sulle seguenti materie:
a) criteri generali per la determinazione dei progetti di produttività;
b) linee di indirizzo generale in materia di formazione ed aggiornamento;
c) attuazione delle normative contrattuali in materia di igiene, sicurezza e
prevenzione nell’ambiente di lavoro;
d) modalità di applicazione della normativa sul part-time;
e) elementi integrativi delle norme previste dal CCPL per la mobilità territoriale.
La contrattazione decentrata ha luogo a livello di Dipartimenti o, su delega degli stessi, a livello di Servizi sulle seguenti materie:
a) modalità di attuazione dei progetti di produttività;
b) programmazione di calendari di lavoro, su richiesta dell’Amministrazione,
con orari plurisettimanali, con tetto massimo di 24 ore giornaliere e minimo di 45;
c) uso in concessione, da parte dei personale dipendente, degli alloggi di
servizio per l’espletamento di servizi di custodia, portineria, vigilanza e
altri servizi similari;
105 pari opportunità
d) riflesso delle innovazioni tecnologiche ed organizzative;
e) modalità di corresponsione di eventuali trattamenti accessori legati all’effettivo svolgimento di compiti che comportino responsabilità, oneri o disagi, con particolare riguardo ad innovazioni organizzative.
Per gli Enti funzionali la contrattazione decentrata ha luogo per tutte le
materie sopra elencate a livello di struttura apicale dell’Ente.
Personale a tempo determinato e part-time (ex art. 37)
Il limite del 2%, previsto dal comma 2 dell’art. 36 del CCPL 8 marzo 2000,
è elevato al 2,2%.
In attesa della revisione della normativa sul part-time agli Enti funzionali
continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti.
Il limite individuale annuo di lavoro supplementare di cui all’accordo di
settore stralcio sottoscritto in data 26 marzo 2001 è esteso a tutto il personale
in servizio a tempo parziale, limitatamente alle iniziative di formazione.
106 pari opportunità
CONTRATTO COLLETTIVO DECENTRATO
relativo alle modalità di applicazione della normativa sul part-time
per gli anni 2002 e 2003
Art. 1: Campo di applicazione
“Le seguenti modalità disciplinano l’applicazione della normativa contrattuale in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale per il personale del comparto autonomie locali-area non dirigenziale- della Provincia Autonoma di
Trento, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 27 e 28 CCPL”.
Art. 2: Destinatari delle trasformazioni del rapporto
“Possono chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale i dipendenti che abbiano prestato almeno due anni di servizio a tempo indeterminato presso la Provincia Autonoma di Trento”.
Art. 3: Posti disponibili
“Il limite massimo di posti a tempo pieno destinati al tempo parziale per i
dipendenti del comparto autonomie locali è fissato nella misura del 10% della dotazione organica del comparto stesso, risultante alla data del 30 giugno di
ogni anno, fatto salvo quanto previsto dalla legge finanziaria provinciale o da
accordo di settore”.
(…)
Art. 5: Prestazioni lavorative e tipologie dei rapporti a tempo parziale
“Può essere richiesta la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale a 18, 21, 24, 28, e 30 ore settimanali.
Possono essere richieste le seguenti tipologie di tempo parziale, correlate alle
esigenze dell’amministrazione:
– tipologia orizzontale
– tipologia verticale settimanale
– tipologia verticale annua”
107 pari opportunità
Art. 6: Compatibilità
“Spetta al dirigente della struttura di assegnazione del richiedente pronunciarsi sulla compatibilità della prestazione lavorativa e della tipologia a tempo
parziale richieste dal dipendente con le esigenze organizzative della struttura
stessa.
Nel caso di incompatibilità della richiesta formulata dal dipendente, in dirigente indica la prestazione lavorativa e la tipologia del rapporto a tempo parziale che possono coniugarsi con le esigenze di servizio. Può altresì applicarsi,
nel caso di motivata incompatibilità, l’art. 27, comma 5, del CCPL (=differimento della trasformazione). Il differimento della trasformazione del rapporto
di lavoro per oggettive e motivate ragioni organizzative non può comunque essere superiore a sei mesi”.
Art. 7: Graduatoria della trasformazione del rapporto a tempo parziale
“La graduatoria per la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale è formata in base ai titoli e punteggi:
a. dipendenti con handicap, invalidi, o affetti da gravi patologie punti 12
b. dipendenti soggetti a patologie croniche punti 10
c. per famigliari con patologie ex lege 104/92 punti 10
d. per famigliari bisognosi di assistenza o anziani non autosuff. punti 6
e. per ogni figlio di età inferiore a 8 anni punti 4
f. per ogni figlio in età compresa tra 8 e 14 anni punti 3
g. per ogni figlio in età compresa tra 14 e 18 anni punti 1
h. dipendenti frequentanti l’Univers. o una scuola secondaria sup. punti 2
i. dipendenti che abbiano superato i 55 anni di età punti 4
l. anzianità di servizio (a tempo pieno o parziale) punti 0,5 .”.
(…)
Art. 10: Attribuzione posti
“La trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale è effettuata in
ordine di graduatoria fino alla copertura dei posti a tempo parziale messi a disposizione annualmente per le nuove trasformazioni del rapporto di lavoro nel
rispetto di quanto previsto dall’art. 3 comma 2.
108 pari opportunità
Nel caso in cui le domande di durata biennale siano superiori ai posti riservati a tali trasformazioni, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo
parziale, secondo l’ordine della graduatoria di cui all’art. 7, avrà rispettivamente durata annuale”.
Art. 11: Sottoscrizione del contratto individuale di trasformazione del rapporto
“Nel contratto individuale di lavoro sono indicate durata, percentuale di riduzione della prestazione lavorativa, tipologia e articolazione dell’orario di lavoro a tempo parziale”.
(…)
Art. 15: Trasformazione a tempo pieno
“I dipendenti possono presentare richiesta di trasformazione a tempo pieno del rapporto a tempo parziale non temporaneo in essere a fronte dell’esistenza di posti vacanti nella dotazione organica”.
(…)
NOTA A VERBALE
Le organizzazioni sindacali firmatarie ribadiscono la necessità dell’elevazione della percentuale massima di posti da destinare al part-time, che si ritiene essere una risorsa in termini di flessibilità per la Pubblica Amministrazione.
P.S.:
Per quanto attiene, specificatamente, le modalità di applicazione della
normativa contrattuale in materia di rapporto di lavoro a tempo parziale per
l’anno 2003, a quanto sopra sono da aggiungere le seguenti previsioni:
– Secondo le vigenti disposizioni contrattuali, può essere escluso dal rapporto di lavoro a tempo parziale, in funzione di esigenze organizzative, il personale inquadrato in profili professionali che comportino funzioni ispettive o di vigilanza. Spetta al dirigente della struttura di assegnazione propor-
109 pari opportunità
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–
–
–
re l’esclusione del dipendente dal tempo parziale, con riguardo alle specifiche funzioni svolte dal dipendente medesimo ed alle esigenze organizzative
della struttura diretta.
Per quanto attiene le trasformazioni temporanee:
1) a quelle di durata biennale sono riservati trenta posti;
2) alle trasformazioni di durata annuale sono riservati i restanti posti.
Alla scadenza dell’anno o del biennio il rapporto di lavoro a tempo parziale temporaneo sarà automaticamente trasformato in rapporto a tempo
pieno.
Spetta al dirigente della struttura di assegnazione del richiedente pronunciarsi sulla compatibilità della prestazione lavorativa e della tipologia di
tempo parziale richieste dal dipendente con le esigenze organizzative della
struttura stessa. Nel caso di motivata incompatibilità della richiesta formulata dal dipendente, il dirigente indica la prestazione lavorativa, la tipologia del rapporto a tempo parziale e l’articolazione dell’orario di lavoro tra
quelle individuate negli allegati e che meglio si coniugano con le esigenze di servizio.
In caso di mancato accordo tra dipendente e dirigente può essere dato corso, ove ciò sia possibile, allo spostamento del dipendente ad altra attività o
ad altra struttura lavorativa.
Il dirigente può differire la decorrenza della trasformazione a tempo parziale in presenza di motivate ragioni organizzative. Tale differimento non
può comunque essere superiore a sei mesi.
Diminuzione della prestazione lavorativa:
la richiesta di riduzione della prestazione lavorativa da parte di dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale non temporaneo potrà essere accolta esclusivamente nell’ipotesi di parere favorevole espresso dal dirigente
della struttura di assegnazione. In tale ipotesi la riduzione della prestazione richiesta sarà non temporanea.
Trasformazione del rapporto da tempo parziale a tempo pieno:
nei confronti dei dipendenti che hanno incorso un rapporto a tempo parziale temporaneo con scadenza al 31 dicembre 2002, dal primo gennaio
2003 verrà ripristinato automaticamente il rapporto di lavoro a tempo
pieno.
I predetti dipendenti, qualora intendano fruire anche per l’anno 2003 del
rapporto a tempo parziale, dovranno nuovamente presentare la richiesta.
Per quanto attiene la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo parziale non temporaneo a tempo pieno, l’accoglimento della trasformazione
è subordinato all’esistenza di posti vacanti nella dotazione organica.
110 pari opportunità
– Trasformazione del rapporto per gravi motivi:
in presenza di gravi e documentate situazioni personali o famigliari è possibile richiedere la trasformazione temporanea del rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale, prescindendo dagli ordinari termini di presentazione delle domande di trasformazione.
Per tali trasformazioni l’Amministrazione si riserva la facoltà di derogare al
requisito di anzianità dei due anni di servizio a tempo indeterminato presso
la Provincia Autonoma di Trento. In tali ipotesi la trasformazione è concessa per una durata non eccedente il 31 dicembre dell’anno di riferimento.
Si applicano anche alle trasformazioni del rapporto per gravi motivi le disposizioni relative alla verifica da parte del dirigente della struttura interessata, della compatibilità della richiesta con le esigenze organizzative.
– Ai fini dell’acquisizione del diritto alla pensione, gli anni di servizio prestati con rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale, verticale o
ciclico sono considerati utili per intero.
Per il calcolo del trattamento di pensione tutti gli anni ad orario ridotto vanno ricondotti ad anni interi, assumendo gli assegni previsti per la corrispondente posizione di lavoro a tempo pieno (art. 8 l. n. 554/88).
111 pari opportunità
b) FONTI LEGISLATIVE
LEGGE PROVINCIALE 3 aprile 1997, n. 7
Revisione dell’ordinamento dei personale della Provincia Autonoma di Trento
(G.u. 15 aprile 1997, n. 18, suppl. n. 2)
Disposizioni rilevanti
La legge n.7/97 disciplina il sistema organizzativo provinciale e il rapporto
di lavoro del personale della Provincia e degli enti funzionali dalla stessa dipendenti, nel rispetto delle attribuzioni derivanti dallo statuto speciale di autonomia e in armonia con i principi di riforma economico-sociale della Repubblica di cui l’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421. 2.
La legge è rivolta ad accrescere l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, nonché ad assicurare la trasparenza, l’imparzialità e la
qualità della stessa al fine di garantire la tutela degli interessi pubblici e dei diritti dei cittadini (ex art. 1).
Criteri di organizzazione del lavoro (ex art. 6)
In armonia con le previsioni dei contratto collettivo, l’organizzazione del
lavoro deve:
a) promuovere il coinvolgimento del personale per il raggiungimento degli
obiettivi, il corretto utilizzo delle professionalità, nonché la responsabilizzazione e la collaborazione dei singoli sul risultato della struttura di appartenenza;
b) consentire la flessibilità delle strutture e della gestione delle risorse umane
anche mediante processi di riconversione professionale e di mobilità del
personale all’interno della Provincia e tra la Provincia e gli enti funzionali
della stessa.
Gestione delle risorse umane (ex art. 7)
Nella gestione delle risorse umane la Provincia garantisce:
a) la corrispondenza tra prestazioni effettivamente rese e trattamenti economici erogati;
112 pari opportunità
b) la parità e le pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro e
per il trattamento sul lavoro;
c) particolare attenzione e flessibilità nell’impiego dei personale in situazioni
di svantaggio personale, sociale e familiare nonché del personale impegnato in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266, come modificata dall’articolo 18 del decreto-legge 29 aprile 1994, n. 260,
convertito dalla legge 27 giugno 1994, n. 413, compatibilmente con l’organizzazione dei lavoro e degli uffici.
La mobilità interna dei dipendenti costituisce un ordinario criterio di gestione del personale, al fine di dare flessibilità e di razionalizzare la gestione
delle risorse umane, nonché per favorire la formazione dì professionalità, anche polivalenti.
Al fine di accrescere la professionalità dei dipendenti la Giunta provinciale definisce criteri e programmi per la formazione e l’aggiornamento dei personale, ivi compreso quello dirigenziale.
Mobilità inter-enti (ex art. 8)
La Giunta provinciale, sentite le organizzazioni sindacali, con regolamento disciplina le modalità di attuazione della mobilità tra la Provincia e gli enti
funzionali da essa dipendenti.
La Giunta provinciale con il regolamento di cui al comma 1 definisce altresì le modalità di attuazione dei processi di mobilità del personale tra la Provincia e i suoi enti funzionali, la regione Trentino – Alto Adige, gli enti locali
ed altri enti nel rispetto di quanto disposto dai rispettivi ordinamenti.
Il comando di personale da o verso la Provincia è ammesso, con il consenso
dell’interessato, per sopperire temporaneamente a carenze d’organico o per
particolari esigenze organizzative dell’ente che lo dispone.
Procedimento per l’attuazione della mobilità (ex art. 9)
Il regolamento della Giunta provinciale deve prevedere:
a) i criteri, le modalità e le procedure per l’attuazione della mobilità volontaria e d’ufficio, per la messa in disponibilità e per la formazione delle graduatorie che, per la mobilità d’ufficio, sono formate sulla base di criteri
analoghi a quelli previsti dall’articolo 5 della legge 23 luglio 1991, n. 223;
b) i criteri di coordinamento tra i trasferimenti a domanda e d’ufficio;
113 pari opportunità
c) i criteri di coordinamento tra le procedure di mobilità e le nuove assunzioni;
d) le fasi dell’informazione e i contenuti generali oggetto dell’eventuale esame con le rappresentanze sindacali.
L’attuazione delle procedure di mobilità deve comunque prevedere il seguente ordine di priorità:
a) trasferimento a domanda a posto vacante;
b) trasferimento d’ufficio a posto vacante dando priorità al personale in esubero;
c) assunzioni su posti che rimangono vacanti dopo l’espletamento delle procedure ora indicate.
1. Ferme restando le norme in materia di mobilità volontaria e d’ufficio, la
mobilità del personale può essere realizzata anche mediante accordi di mobilità tra la Provincia, gli enti funzionali della stessa e le organizzazioni sindacali.
Rapporto di lavoro (ex art. 36)
Il rapporto di lavoro del personale è costituito e regolato contrattualmente
ed è disciplinato dalle norme del diritto comune del lavoro, salve le disposizioni della presente legge, per il perseguimento degli interessi generali cui l’organizzazione e l’azione amministrativa sono indirizzate.
I contratti individuali di lavoro si uniformano alle disposizioni dei contratti collettivi.
Accesso agli impieghi provinciali (ex art. 37)
a)
b)
c)
d)
L’accesso all’impiego in Provincia avviene:
per concorso pubblico per esami, per titoli o per titoli ed esami;
per corso – concorso pubblico;
per selezione pubblica mediante lo svolgimento di prove volte all’accertamento della professionalità richiesta;
mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento presenti nelle sezioni circoscrizionali per l’impiego per le qualifiche e le figure professionali per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo, in
attuazione della legge provinciale 1 agosto 1988, n. 24, fatti salvi gli eventuali ulteriori requisiti prescritti per specifiche professionalità;
114 pari opportunità
e) mediante chiamata numerica degli iscritti nelle apposite liste di collocamento formate dagli appartenenti alle categorie protette di cui alla legge 2
aprile 1968, n. 482, come modificata, da ultimo, dal decreto dei Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 345;
f) mediante attuazione della mobilità tra la Provincia e gli enti funzionali,
nonché con la regione e gli enti locali, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
Le procedure di accesso devono garantire il rispetto dei principi di imparzialità, di tempestività, di economicità e celerità di espletamento, ricorrendo per
la preselezione e selezione dei candidati anche all’ausilio di sistemi informatici.
Le prove concorsuali e di selezione vertono su prove attitudinali e sulla rilevazione delle conoscenze tecnico-professionali e organizzative richieste dalla posizione da ricoprire.
La Provincia e gli enti funzionali si avvalgono, nel rispetto dei presente articolo, delle forme contrattuali flessibili di assunzione del personale previste dal
codice civile e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell’impresa.
Con regolamento della Giunta provinciale vengono disciplinate le modalità di accesso al lavoro a tempo determinato e l’utilizzo delle altre forme contrattuali flessibili di assunzione.
La contrattazione collettiva provinciale disciplina la materia dei contratti a
tempo determinato, dei contratti di formazione lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in applicazione
della vigente normativa in materia.
In materia di violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione
o l’impiego di lavoratori si applica l’articolo 36, comma 2, dei decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento dei lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
I cittadini degli Stati appartenenti all’Unione europea sono equiparati ai
cittadini italiani ai fini dell’accesso al lavoro in Provincia. Il regolamento sopra
citato individua i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dalla cittadinanza italiana.
Incompatibilità (ex art. 47)
I dipendenti della Provincia non possono esercitare attività industriali, commerciali o professionali. L dipendenti, fuori dall’orario di servizio, possono essere autorizzati a svolgere attività saltuarie ed occasionali o comunque altre attività indicate come compatibili dalla Giunta provinciale.
115 pari opportunità
Per i fini indicati la Giunta provinciale provvede con regolamento a:
a) determinare i criteri secondo i quali i dipendenti dell’amministrazione provinciale possono essere autorizzati ad assumere impieghi o incarichi presso
altri soggetti pubblici o privati ovvero ad esercitare le attività richiamate;
b) individuare tipologie di incarichi che, per le loro caratteristiche, si intendono autorizzate decorso un certo lasso di tempo dalla domanda senza che
sia intervenuto un provvedimento di diniego o una richiesta di ulteriori elementi di valutazione.
Il dipendente provinciale deve dichiarare per iscritto tutti gli elementi che
risultino rilevanti ai fini della valutazione dei l’insussistenza di ragioni di incompatibilità e di conflitto di interessi connessi con l’incarico ricoperto.
I dirigenti sono tenuti a informare il dirigente dei servizio competente in
materia di gestione dei personale sui casi di incompatibilità riguardanti il personale in servizio presso le strutture da loro dirette.
Il dirigente competente in materia di gestione dei personale diffida il dipendente a rimuovere la causa di incompatibilità fissandogli un termine. Sono fatte comunque salve le responsabilità amministrative e disciplinari. La
mancata rimozione della cause di incompatibilità entro il termine prefissato
costituisce causa di estinzione dei rapporto di lavoro.
Orario di servizio e orario di lavoro (ex art. 48)
L’articolazione dell’orario di servizio, nonché l’orario di apertura al pubblico, sono stabiliti con provvedimento della Giunta provinciale tenuto conto
delle esigenze organizzative delle strutture dell’amministrazione, anche per favorire l’armonizzazione degli orari di servizio con quelli delle altre amministrazioni pubbliche e del lavoro privato e con la domanda dell’utenza.
L’orario di lavoro, nell’ambito dell’orario d’obbligo contrattuale, è funzionale all’orario di servizio.
Pari opportunità (ex art. 49)
La Provincia garantisce pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso all’impiego, nello sviluppo professionale, nel trattamento dei personale.
In particolare:
a) adotta specifici provvedimenti per assicurare pari dignità di uomini e donne sul lavoro;
116 pari opportunità
b) garantisce la partecipazione delle donne ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto alla loro presenza nelle aree organizzative interessate;
c) adotta specifiche iniziative per favorire il riequilibrio nelle unità organizzative, nelle qualifiche e nei profili professionali, tra presenza maschile e
femminile.
La Giunta provinciale adotta piani di azioni positive tendenti ad assicurare
sia la rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena realizzazione di
pari opportunità, sia la valorizzazione e lo sviluppo professionale delle donne.
La Provincia consulta il comitato per le pari opportunità di cui alla legge
Provinciale 10 dicembre 1993, n. 41 sulle tematiche generali che incidono sulla qualità dell’ambiente di lavoro, sull’organizzazione dell’attività lavorativa,
nonché sugli interventi che concretizzano azioni positive a favore delle lavoratrici, con particolare riferimento al reale conseguimento di condizioni di pari opportunità in ordine agli accessi, ai percorsi formativi e alle posizioni organizzative.
Contrattazione collettiva provinciale (ex art. 54)
La contrattazione collettiva provinciale, nel rispetto dei principio della
omogeneizzazione dei contratti della Provincia, degli enti funzionali da essa
dipendenti, della regione Trentino – Alto Adige e degli enti locali, nel rispetto
dei decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 433 e dei principi di cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 35 in materia di personale della scuola e in armonia con i principi stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale, si svolge per comparti comprendenti settori dell’amministrazione omogenei o affini
su tutte le materie relative al rapporto di lavoro con esclusione di quelle riservate alla legge provinciale, ad atti normativi e amministrativi secondo quanto
disposto dall’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
I contratti collettivi sono stipulati dall’APRAN per la Provincia e, per la parte sindacale, dalle organizzazioni sindacali rappresentative dei personale della
Provincia e degli enti funzionali.
La Giunta con apposito regolamento può individuare comparti di contrattazione nelle materie di competenza provinciale, tenuto conto dei comparti individuati a livello nazionale e sulla base di accordi stipulati tra l’APRAN e le
confederazioni maggiormente rappresentative del personale.
I contratti collettivi prevedono distinte disposizioni per particolari categorie di personale, tra cui i vigili dei fuoco e il personale forestale che svolge fun-
117 pari opportunità
zioni di polizia già spettanti al corpo forestale dello Stato, nonché per il personale delle professioni sanitarie. La Giunta provinciale formula specifiche direttive per armonizzare tali disposizioni con quanto previsto dalla contrattazione collettiva nazionale.
Per ciascun comparto è istituita un’autonoma area di contrattazione per il
personale con qualifica dirigenziale. L contratti sono stipulati dall’APRAN per
la Provincia e per gli enti funzionali e dai rappresentanti delle organizzazioni
sindacali rappresentative della dirigenza provinciale e degli enti funzionali.
La contrattazione del personale con qualifica di direttore si svolge in collegamento a quella dei personale con qualifica dirigenziale.
Il rapporto di lavoro della dirigenza medica e veterinaria è definito in una
apposita area di contrattazione, alle cui trattative partecipano l’APRAN per la
Provincia e gli enti funzionali e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale medico e veterinario della Provincia e degli enti funzionali.
Ai contratti collettivi è demandata l’eventuale definizione di ambiti decentrati di contrattazione.
Fatto salvo quanto disposto dai contratti collettivi, i medesimi hanno durata quadriennale per la parte normativa e biennale per la parte economica salva la diversa durata dagli stessi indicata. La normativa derivante dal contratto
conserva provvisoriamente efficacia dopo la scadenza, fino a che intervenga un
nuovo contratto.
118 pari opportunità
LEGGE PROVINCIALE 29 aprile 1983, n. 12
Nuovo ordinamento dei servizi e dei personale
della Provincia autonoma di Trento
(G.u. 11 maggio 1983, n. 24, straord.)
Disposizioni rilevanti
Struttura (ex art. 4)
Le strutture organizzative della Provincia si articolano in:
presidenza della Giunta;
dipartimenti;
servizi;
uffici.
Costituiscono supporti funzionali le segreterie del Presidente della Giunta e degli assessori.
a)
b)
c)
d)
Presidenza della Giunta (ex art. 5)
La presidenza della Giunta svolge le attività connesse all’esercizio delle
funzioni di esclusiva competenza del Presidente della Giunta provinciale.
La presidenza della Giunta comprende i servizi inerenti le attività ora
indicate nonché altri servizi che non rientrino nell’ambito di incarico di un
assessore.
Detti servizi sono raggruppati in uno o più dipartimenti operanti alle dirette dipendenze del Presidente della Giunta.
Per l’elaborazione, il coordinamento e la verifica di programmi o progetti
specifici, anche intersettoriali, o per lo svolgimento di incarichi speciali, presso
la presidenza della Giunta può essere assegnato, per la durata dei medesimi,
personale in possesso della qualifica di dirigente generale o di dirigente conservando la speciale indennità di dirigente di dipartimento o rispettivamente di dirigente di servizio. A quest’ultimo, oltre al trattamento economico in godimento, è attribuita una indennità pari alla differenza fra il trattamento economico
iniziale della qualifica rivestita e quello previsto per il dirigente generale.
Per lo svolgimento delle attività indicate, la Giunta provinciale può conferire l’incarico, prescindendo da ogni limite di età, anche a persone estranee all’amministrazione.
119 pari opportunità
Fermo restando quanto sopra, alla presidenza della Giunta è preposto il segretario generale della presidenza della Giunta. Allo stesso compete il trattamento economico dei dirigente generale preposto a dipartimento.
Dipartimenti (ex art. 6)
I dipartimenti, nel numero massimo di 14, costituiscono strutture di coordinamento generale delle attività svolte dalla Provincia nell’esercizio delle funzioni amministrative proprie e delegate e di collegamento dell’azione amministrativa dei servizi con l’attività di governo della Giunta provinciale, concorrendo in particolare all’elaborazione degli atti di programmazione e di
organizzazione delle risorse.
A seguito della ripartizione degli affari, i servizi le cui attribuzioni rientrino
nell’ambito dell’incarico di un unico componente di Giunta sono raggruppati,
con deliberazione della Giunta medesima, per aree di attività omogenee in uno
o più dipartimenti a ciascuno dei quali è preposto un dirigente generale.
Con la stessa deliberazione è stabilita la denominazione di ciascun dipartimento. Il servizio competente in materia di affari legali risponde direttamente al Presidente della Provincia.
Servizi (ex art. 7)
I servizi costituiscono le unità fondamentali della struttura organizzativa.
Essi sono individuati in relazione alle competenze della Provincia per lo
svolgimento dì attività continuative omogenee nell’ambito di settori funzionali e di settori d’intervento. Svolgono azione amministrativa in armonia con i
piani e programmi adottati, indirizzando l’attività alla realizzazione degli interventi e degli obiettivi determinati dalle leggi e dai regolamenti, nonché dalla Giunta provinciale.
Il numero, la denominazione e le attribuzioni dei servizi facenti capo ai dipartimenti sono riportati nell’allegato C alla presente legge.
A ciascun servizio è preposto un funzionario con qualifica di dirigente.
Uffici (ex art. 8)
Con deliberazione della Giunta provinciale, i servizi previsti dalla presente legge possono essere articolati in uffici, anche decentrati.
120 pari opportunità
Gli uffici sono individuati sulla base di criteri di omogeneità funzionale,
con riguardo a finalità operative e a problemi specifici, o in relazione a esigenze di decentramento. Le loro attribuzioni sono specificate con deliberazione della Giunta provinciale.
Il numero massimo degli uffici è stabilito in 100.
A ciascun ufficio è preposto un funzionario che assume le attribuzioni di
capo ufficio.
Rapporto d’impiego a tempo parziale (ex art. 63)
La Giunta provinciale è autorizzata a trasformare posti d’organico a tempo
pieno in posti d’organico a tempo parziale nel limite massimo del 10 per cento
della dotazione organica complessiva dei livelli funzionali-retributivi.
Il posto in pianta organica trasformato è convertito in due posti d’organico a
tempo parziale.
I posti d’organico a tempo parziale eventualmente non coperti dal personale di ruolo in servizio che abbia chiesto la trasformazione, possono essere conferiti mediante le procedure previste dalla vigente normativa per i
posti d’organico a tempo pieno.
L’orario di servizio a tempo parziale non può essere inferiore al 50 per cento di quello a tempo pieno. È in ogni caso data facoltà alla Giunta provinciale di istituire per ogni due posti d’organico a tempo pieno tre posti d’organico
a tempo parziale, con orario di servizio fino a ventiquattro ore settimanali per
ciascun posto.
Al rapporto di lavoro a tempo parziale si applica la normativa stabilita per
il personale di ruolo a tempo pieno, salva la proporzionale riduzione dello stipendio, dell’indennità integrativa speciale e delle altre competenze fisse e periodiche, in rapporto al minore orario di servizio.
Il conferimento dell’incarico di capo ufficio o preposto a posizione organizzativa a dipendenti con rapporto a tempo parziale è subordinato alla trasformazione a tempo pieno del rapporto d’impiego. La mancata presentazione della domanda di trasformazione entro il termine fissato dall’amministrazione
comporta la rinuncia al conferimento dell’incarico.
Nel caso in cui le norme richiedano una specifica anzianità di servizio per
accedere a determinati livelli, qualifiche o funzioni o per fruire di eventuali
benefici di accesso, i periodi a tempo parziale sono proporzionalmente valutati nella stessa misura derivante secondo decimale.
121 pari opportunità
Nel caso di passaggio ad un livello o ad un profilo per il quale non vi sia
disponibilità di posti a tempo parziale, il rapporto in atto viene trasformato in
rapporto a tempo pieno. A tale trasformazione non si fa luogo in caso di inquadramento in profili professionali ad esaurimento.
Per il personale contemplato dal presente articolo l’indennità premio di servizio viene determinata con le modalità previste per il personale di ruolo a tempo pieno, proporzionalmente ridotta in relazione a ciascun periodo di tempo
parziale in rapporto all’orario di servizio effettivamente prestato. Ad analoga riduzione si fa luogo anche in sede di applicazione di quanto previsto all’articolo 201 (pensioni, v. infra).
Con apposite norme regolamentari saranno disciplinate le modalità di
applicazione di tali disposizioni.
Nel caso in cui il personale chieda di passare dal rapporto di lavoro a tempo parziale a quello a tempo pieno e viceversa si applicano, ai fini della valutazione dell’anzianità di servizio, le disposizioni di cui alla legge 29 dicembre
1988, n. 554 e quelle di cui al decreto dei Presidente dei Consiglio dei ministri 17 marzo 1989, n. 117.
(Per il regolamento d’esecuzione si veda il d.p.g.p. 16 maggio 1991, n.
8-38/Leg.)
Orario d’ufficio (ex art. 81)
Il personale della Provincia ha l’obbligo di osservare l’orario d’ufficio.
L’orario di servizio settimanale è di 36 ore.
Possono coesistere più forme di orario secondo le esigenze di servizio, introducendo, ove funzionalmente possibile, il criterio della flessibilità.
Il dirigente del servizio di assegnazione deve accertare nei confronti dei dipendenti il rispetto dell’orario. A tal fine l’amministrazione può provvedere all’installazione di appositi sistemi meccanici.
L’amministrazione ha facoltà, per particolari esigenze di servizio che comportano una diversa distribuzione nel corso dell’anno dei singoli carichi di lavoro, di procedere ad una programmazione plurisettimanale dell’orario di lavoro per specifici settori.
La programmazione dell’orario plurisettimanale, da effettuarsi entro i limiti di 24 ore minime e 48 massime settimanali, deve riferirsi ad un periodo massimo non superiore a 4 mesi nell’anno, individualmente non consecutivi.
122 pari opportunità
Cumulo di impieghi (ex art. 96)
Gli impieghi di ruolo presso la Provincia non sono cumulabili con altri impieghi pubblici, salvo le eccezioni stabilite da leggi speciali.
I dirigenti e i capi ufficio sono tenuti, sotto la loro responsabilità, a riferire
all’Assessore per l’organizzazione e il personale i casi di cumulo di impiego riguardanti il personale della Provincia.
L’assunzione di altro impiego, nei casi in cui la legge non consente il cumulo, importa di diritto la cessazione dall’impiego precedente, salva l’applicazione delle norme relative al trattamento di quiescenza.
Congedo straordinario retribuito (ex art. 137)
Il dipendente provinciale ha diritto a congedi straordinari retribuiti nei seguenti casi, documentandone la relativa causale:
a) per matrimonio: quindici giorni consecutivi, compreso quello della celebrazione del rito;
b) per esami: nei giorni in cui le singole prove sono sostenute; qualora la sede ove si effettua l’esame disti oltre 100 km. dal comune di residenza, il
congedo viene concesso anche nella giornata immediatamente precedente e in quella seguente. In nessun caso si possono superare i venti giorni all’anno;
c) per donazione di sangue: il giorno dei prelievo;
d) per gravi motivi: fino a due mesi all’anno;
e) per cure ai figli gravemente handicappati, qualora l’altro genitore non fruisca contemporaneamente di analoga agevolazione: fino a un mese all’anno;
f) per richiamo alle armi nei termini, alle condizioni e con le modalità previste dalle leggi vigenti;
g) per partecipazione ad operazioni elettorali in occasione di elezioni amministrative o dei consiglio scolastico provinciale e di referendum regionali o
provinciali: nei giorni in cui il dipendente è impegnato ai seggi elettorali;
h) per interventi di soccorso dei vigili del fuoco volontari, in caso di incendi,
disastri e calamità naturali, e degli appartenenti al corpo di soccorso alpino dei CAI-SAT: i giorni dell’intervento.
I periodi di congedo straordinario sono inoltre utili a tutti gli effetti.
Le norme di cui al presente articolo si applicano anche al personale non
di ruolo, limitatamente alla durata del rapporto di servizio.
123 pari opportunità
Tutela delle lavoratrici madri (ex art. 138)
La dipendente che si trovi in stato di gravidanza o puerperio beneficia delle
norme di legge per la tutela delle madri lavoratrici ed ha diritto al pagamento
di tutti gli assegni, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario.
La dipendente ha diritto di fruire, a domanda, del congedo straordinario sopra descritto, nei mesi di astensione facoltativa dal lavoro; in ogni caso, il congedo straordinario complessivamente fruibile nei sei mesi di astensione facoltativa non potrà comunque superare la durata di due mesi.
I rimanenti periodi di astensione facoltativa dal lavoro danno luogo alla
corresponsione di un’indennità giornaliera rapportata al 30 per cento della retribuzione e sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi al congedo ordinario e alla tredicesima mensilità.
Aspettativa dei personale provinciale con coniuge o prole a carico (ex art. 139)
Il personale femminile avente a carico il coniuge o la prole con non meno
di quindici anni di servizio utile agli effetti della liquidazione della pensione
da parte della Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali, ivi inclusi i
periodi per i quali la dipendente abbia richiesto in termini la ricongiunzione
ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, è, a domanda, collocato in aspettativa per il periodo di tempo necessario al compimento degli anni di servizio
utili per il conseguimento del diritto al trattamento di quiescenza in forma di
pensione, secondo gli ordinamenti stabiliti dalla CPDEL, per il caso di dimissioni volontarie dell’iscritta coniugata o con prole a carico. Trascorso tale periodo il personale predetto viene collocato a riposo con effetto dal giorno immediatamente successivo.
Il periodo trascorso in aspettativa non è computabile ai fini della progressione giuridico-economica di carriera.
I contributi dovuti alla CPDEL e all’INPS durante il periodo di collocamento in aspettativa, compresa la quota propria della dipendente, sono a carico dell’amministrazione.
In caso di decesso della dipendente durante il periodo di collocamento in
aspettativa, l’amministrazione corrisponderà - agli aventi diritto alla pensione
indiretta a carico della CPDEL - la differenza fra l’assegno di pensione indiretta che sarebbe spettato con venti anni di servizio e quello effettivamente dovuto dalla cassa predetta.
124 pari opportunità
Con successiva legge, sarà dettata una nuova disciplina della materia, che
preveda anche l’introduzione del rapporto di lavoro a tempo parziale.
Aspettativa per il personale femminile con prole (ex art. 140)
Il personale femminile o i vedovi con prole, in aggiunta ai periodi di
astensione dal servizio obbligatoria e facoltativa prevista dalla legge 30 dicembre 1971, n. 1204 e successive modificazioni, possono, a domanda, essere collocati in aspettativa senza assegni per la durata iniziale di quattro mesi
continuativi e per un ulteriore periodo di venti mesi, frazionabili a mese, per
ogni singolo figlio convivente, da usufruire entro il quinto anno di età del medesimo.
Il periodo trascorso nell’aspettafiva predetta non è utile ai fini sia della
progressione giuridica ed economica di carriera, sia dell’indennità premio
di servizio e di previdenza, mentre viene utilmente computato ai fini dei relativo trattamento di pensione.
Congedo straordinario non retribuito (ex art. 142)
Il dipendente provinciale può essere collocato in congedo straordinario
non retribuito fino ad un anno per gravi ragioni personali, di famiglia o per motivi di studio.
Il congedo straordinario riduce proporzionalmente il congedo ordinario e
non è computato ai fini della progressione giuridica ed economica e dei trattamento di quiescenza e previdenza.
Il dipendente che aspira ad ottenere il congedo di cui sopra deve presentare domanda al servizio per il personale corredata dei parere dei dirigente il
servizio o dei capo dell’ufficio cui è assegnato. Sulla domanda decide entro
trenta giorni l’Assessore per l’organizzazione e il personale, sentita la commissione per l’organizzazione e il personale. La richiesta può essere respinta od
accolta anche solo in parte per motivi di servizio.
Fermo restando il limite massimo di cui al presente articolo, il congedo
straordinario non retribuito potrà essere concesso dal dirigente dei servizio per
il personale anche prescindendo dal parere della commissione per l’organizzazione e il personale, comunque fino alla concorrenza di trenta giorni anche
non consecutivi, sentito, in ogni caso, il dirigente del servizio di assegnazione
dei dipendente (82)
125 pari opportunità
Pensioni o integrazione di pensioni (ex art. 201)
Al personale provinciale, di ruolo e non di ruolo, che venga a cessare dal
servizio per inabilità assoluta e permanente, purché abbia compiuto dieci anni di servizio effettivo, valutando al riguardo sia i servizi prestati presso la Provincia sia quelli presso l’ente di provenienza dal personale transitato o che
transiti, anche a domanda, nei ruoli provinciali per effetto di disposizioni legislative, è corrisposta a carico dei bilancio provinciale una pensione di importo pari al trattamento economico iniziale del primo livello funzionale-retributivo.
Ai fini dell’applicazione di tale disposizione, i periodi di servizio prestati con
rapporto d’impiego a tempo parziale sono valutati, previa trasformazione, in periodi di servizio a tempo pieno considerando la retribuzione prevista per la corrispondente posizione di lavoro a tempo pieno.
126 pari opportunità
2. FONTI NAZIONALI
Legislazione nazionale sul part-time nel rapporto di lavoro pubblico:
(d. lgs. n. 61/2000; d. lgs. n. 29/1993, ora d. lgs. n. 165/2001;
legge n. 662/1996; legge n. 449/1997; legge n. 448/1998; legge n. 488/1999;
legge n. 140/1997; legge n. 554/1988; D.P.C.M. n. 117/1989;
Circolari P.C.M. n. 3/1997; n. 6/1997; n. 8/1997).
L’art. 10, d. lsg. 25.2.2000 n. 61, e successive modificazioni ed integrazioni (d. lgs. n. 100/2001), dispone esplicitamente che le disposizioni del decreto
legislativo n. 3.02.1993 n. 29 (ora d. lgs. 165/2001) si applicano, ove non diversamente disposto, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, ad esclusione degli artt. 2, co. I, art. 5, co. 2 e 4, art. 8,
e fermo restando quanto previsto da disposizioni speciali in materia, con particolare riguardo per l’art. 1, l. 662/96, l’art. 39, l. 449/97, l’art. 22, l. 448/98, e
l’art. 20, l. 488/1999.
Il rapporto a tempo parziale nell’impiego pubblico è comunque disciplinato in via prevalente dall’art. 1, commi 56-65 l. 662/1996 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e dall’art. 39, l. 449/97 (Disposizioni in materia di assunzioni di personale delle amministrazioni pubbliche e misure di
potenziamento e di incentivazione del part-time).
Con la legge n. 140/97 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza
pubblica), sono state invece dettate ulteriori norme per il personale con rapporto di lavoro part-time, finalizzate a disciplinare il regime delle incompatibilità, l’iscrizione ad albi per l’esercizio di attività professionali, la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale e viceversa.
Infine, con l’art. 20, l. 488/1999 sono state introdotte alcune innovazioni
all’art. 39, l. 449/97, ai sensi del quale una percentuale non inferiore al 25%
delle assunzioni comunque effettuate con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno o con cfl, deve avvenire con contratto di lavoro a tempo parziale. (Lo stesso articolo, al comma 1, lettera f), punto 18bis
ha inoltre stabilito che “È consentito l’accesso ad un regime di impegno ridotto
per il personale non sanitario con qualifica dirigenziale che non sia preposto alla titolarità di uffici, con conseguenti effetti sul trattamento economico, secondo
criteri definiti dai contratti collettivi nazionali di lavoro”).
127 pari opportunità
Circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della
Funzione pubblica:
– Circolare n. 3 del 19.02.1997;
– Circolare n. 6 del 18.06.1997;
– Circolare n. 8 del 21.10.1997.
Legge - Delega al Governo in materia di mercato del lavoro – 2002.
Contratti collettivi nazionali di lavoro:
I CCNL hanno sostanzialmente riprodotto la normativa in materia, ivi
compreso il Decreto Pres. Cons. Ministri n. 117/89, contenente le norme
regolamentari sulla disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale, emanato ai sensi dell’art. 7 L. n. 554/88, e rappresentano oggi la fonte cui lo stesso
decreto legislativo 61/00 rinvia espressamente per determinati profili.
Si deve considerare, inoltre, che l’art. 36, comma 7, d. lgs. n. 29/93, e successive modificazioni ed integrazioni, stabilisce che le pubbliche amministrazioni si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego
del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa e prevede che i CCNL provvedono a disciplinare la
materia nell’osservanza delle specifiche norme di riferimento.
In assenza dei CCNL, sono comunque queste ultime a trovare diretta
applicazione.
Si sottolinea, peraltro, che, se per ogni comparto devono essere tenute presenti le specifiche disposizioni sulla materia contenute nel CCNL, per le pubbliche amministrazioni non statali devono essere effettuati, ove necessario, i
dovuti adeguamenti in base a quanto indicato dall’art. 27 bis, d. lgs. n. 29/93 e
successive modificazioni ed integrazioni (il quale esplicitamente stabilisce al
comma 1 che: “le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni,
adeguano ai principi dell’art. 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si
adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano,
adottando appositi regolamenti di organizzazione”).
128 pari opportunità
3. FONTI INTERNAZIONALI e COM UNITARIE
Direttiva 97/81/ce del 15 dicembre 1997
relativa all’attuazione dell’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6.06.97 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale, UNICE, CEEP, CES. (in G.U. L014 del 21.01.98) – (Unice: Unione confederazioni europee industria e datori di lavoro; Ceep: Centro europeo dell’impresa
pubblica; Ces: Confederazione europea dei sindacati.)
La Direttiva, che dà attuazione all’Accordo-Quadro del ’97, sancisce alcuni principi fondamentali in materia di lavoro a tempo parziale, ma poi rinvia
agli Stati membri ed alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione dei medesimi, al fine di tener conto della situazione interna di ogni Paese (6° considerando).
I principi generali più importanti sono:
a) principio di non-discriminazione (clausola n. 4):
Sancisce che: “Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a
tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto
ai lavoratori a tempo pieno per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a
meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive;
Le modalità di applicazione di tale clausola sono definite dagli Stati membri e/o dalle parti sociali;
Quando ragioni obiettive lo giustificano, gli Stati membri possono subordinare l’accesso dei lavoratori a tempo parziale a condizioni di impiego particolari, da riesaminarsi periodicamente (periodo di anzianità; durata del lavoro; condizioni salariali)”.
b) possibilità di lavoro a tempo parziale (clausola n. 5):
i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione:
– le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a
tempo parziale, o viceversa, che si renda disponibile nello stabilimento;
– misure finalizzate a facilitare l’accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell’impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali;
– la diffusione di informazioni ai lavoratori ed ai loro rappresentanti sul lavoro a tempo parziale in generale nello stabilimento e sui posti disponibili a tempo parziale ed a tempo pieno, in modo da facilitare la trasformazione da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale e viceversa.
129 pari opportunità
CONVENZIONE OIL
SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE
n. 175/1994
I principi che maggiormente rilevano sono i seguenti:
a) principio di non discriminazione, secondo il quale:
adeguate misure dovranno essere adottate in modo da assicurare che i lavoratori a tempo parziale ricevano la stessa protezione di cui beneficiano i
lavoratori a tempo pieno, con particolare riferimento alla discriminazione
nel lavoro, sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, retribuzione, tutela della maternità, cessazione del rapporto di lavoro e congedi (artt. 4, 5, 7);
b) agevolazione del lavoro a tempo parziale:
adeguate misure dovranno essere adottate per facilitare l’accesso al lavoro
a tempo parziale liberamente scelto, che risponda alle necessità tanto dei lavoratori che dei datori di lavoro; tali misure dovranno comportare:
– la revisione di leggi e regolamentazioni che potrebbero impedire o scoraggiare il ricorso o l’accettazione di un lavoro a tempo parziale;
– un’attenzione particolare ai bisogni ed alle preferenze di gruppi specifici come i disoccupati, i lavoratori con responsabilità familiari (lav.
madri), i lavoratori anziani, i lavoratori portatori di handicap, ed i lavoratori studenti o che stanno seguendo un corso di formazione;
– il trasferimento volontario da un impiego a tempo pieno ad uno a tempo parziale e viceversa;
– l’utilizzazione di agenzie per l’impiego per la pubblicizzazione delle
possibilità di lavoro a tempo parziale (artt. 9, 10).
130 pari opportunità
RACCOMANDAZIONE OIL
SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE
n. 182/1994
I principi più importanti sono:
a) dovere di consultazione con le rappresentanze dei lavoratori:
In conformità con la legislazione e la prassi nazionale, gli imprenditori dovranno consultare le rappresentanze dei lavoratori con riferimento all’introduzione o all’estensione, su larga scala, del lavoro a tempo parziale, alle regole ed alle procedure da applicarsi a questa tipologia di lavoro, nonché alle misure di protezione e promozione appropriate (art. 4).
b) dovere di informazione nei confronti dei lavoratori a part-time:
i lavoratori a tempo parziale dovranno essere informati circa le condizioni
specifiche del loro impiego in forma scritta, o mediante altre modalità, in
conformità con la legislazione e la prassi nazionale (art. 5);
su altro versante, i datori di lavoro dovranno fornire ai lavoratori informazioni circa la disponibilità all’interno dello stabilimento di posti di lavoro a
tempo parziale ed a tempo pieno, in modo da agevolare il passaggio da
un’occupazione a tempo pieno ad una a tempo parziale e viceversa (art. 18);
adeguate informazioni dovranno essere rese disponibili, altresì, circa le misure di protezione che si applicano al lavoro a tempo parziale, nonché circa le modalità pratiche di ricorso alle diverse tipologie di lavoro a tempo
parziale (art. 22).
c) progressiva riduzione, in favore dei part-timers, dei limiti per il godimento di determinati regimi:
Nei casi ritenuti opportuni, i limiti fissati in relazione alla durata dell’orario di lavoro o alle retribuzioni percepite, come specificato nell’art. 8 Convenz. OIL n. 175/1994 in riferimento alle materie di cui all’art. 7 stessa
Conven. (maternità, congedi e cessazione del rapporto di lavoro), dovranno essere progressivamente ridotti.
I periodi di servizio richiesti come condizione per il godimento della copertura nell’ambito delle materie di cui sopra (maternità, congedi e cessazione del rapporto di lavoro, ex art. 7 Convenz. OIL n. 175/1994) non dovranno essere più lunghi per i lavoratori a tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno (art. 8).
131 pari opportunità
d) caratteri del lavoro a tempo parziale:
Il numero e la programmazione delle ore di lavoro dei lavoratori a part-time dovranno essere determinati tenendo in considerazione sia gli interessi dei lavoratori che le esigenze dello stabilimento.
Per quanto possibile, le modificazioni dell’orario di lavoro stabilito e del lavoro concordato dovranno essere soggette a limitazioni e ad una preventiva comunicazione.
Il sistema delle compensazioni per chi lavori oltre il programma di lavoro
concordato dovrà essere negoziato in conformità alla legislazione ed alle
prassi nazionali.
I lavoratori a part-time dovranno avere accesso in modo equitativo ed a condizioni equivalenti ad ogni forma di permesso concesso ai lavoratori a tempo pieno, ed in particolare per quanto riguarda i permessi per studio, motivi familiari, malattia di figli minori o di altri familiari (artt. 12, 13).
e) agevolazione del lavoro a tempo parziale:
– Nei casi ritenuti opportuni, adeguate misure dovranno essere adottate
per superare gli specifici impedimenti che esistono all’accesso dei lavoratori a tempo parziale alla progressione in carriera, alla mobilità professionale ed ai programmi di formazione professionale.
– I datori di lavoro dovranno prendere in considerazione tutte quelle misure che facilitino l’accesso al lavoro a tempo parziale in tutti i livelli
dell’impresa, inclusi, nei casi ritenuti opportuni, i posti di lavoro qualificati e manageriali.
– I datori di lavoro dovranno prendere in considerazione, nei casi ritenuti opportuni, le richieste dei lavoratori per il passaggio da un’occupazione a tempo pieno ad una a tempo parziale e viceversa, quando divengano disponibili nell’impresa.
– I datori di lavoro dovranno fornire ai lavoratori informazioni circa la disponibilità all’interno dello stabilimento di posti di lavoro a tempo parziale ed a tempo pieno, in modo da agevolare il passaggio da un’occupazione a tempo pieno ad una a tempo parziale e viceversa.
– Il rifiuto di un lavoratore di passare da un posto di lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, e viceversa, non dovrà costituire di per sé
causa giustificativa di licenziamento.
– Laddove le condizioni nazionali o la situazione dello stabilimento lo
consentano, i lavoratori dovranno essere messi in condizione di passare a lavori a tempo parziale nei casi che lo giustifichino, come una gravidanza, o la necessità di prendersi cura di un bambino o di un familiare portatore di handicap o ammalato, con possibilità di ritornare in
seguito al lavoro a tempo pieno (artt. 15, 17, 18, 19, 20).
132 pari opportunità
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Finito di stampare
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140 pari opportunità