Il Forestale n. 40 - Corpo Forestale dello Stato
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Il Forestale n. 40 - Corpo Forestale dello Stato
“Periodico bimestrale d’informazione. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 - CNS/AC-ROMA. In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio PT di Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito della relativa tariffa” Il Forestale periodico di ambiente e natura Incontri Territorio Balla coi lupi Fiumi sotto la lente Anno VIII - N. 40 giugno/agosto 2007 EDITORIALE Il Forestale cambia abito uello che avete tra le mani è il primo numero del nuovo Il Forestale. Nuova la grafica, il formato, perfino la carta che abbiamo voluto rispondente ai criteri ecologici più rigorosi. Per stampare la rivista non è stato abbattuto neanche un albero e per lo sbiancamento non è stato impiegato cloro. Non solo, scegliendo questo tipo di carta, abbiamo evitato l’immissione in atmosfera di 430 chili di anidride carbonica. Questa stima è il risultato della differenza tra le emissioni generate dalla produzione di carta utilizzando la carta da macero, e quelle che sarebbero state generate utilizzando fibre vergini. La novità maggiore però è nell’attenzione che vogliamo dedicare alle immagini e non è una scelta casuale come non è un caso che da due anni operi all’interno del Corpo un nucleo di produzione audiovisivi. Siamo, infatti, l’unico corpo di polizia che ha come missione primaria la protezione della natura e la difesa dell’ambiente e degli animali. E dei paesaggi della nostra Italia. Siamo insomma i custodi del bello e anche su queste pagine vogliamo mostrarvelo. Con i temi che affrontiamo in uno spirito rinnovato vogliamo far apprezzare Il Forestale ad un pubblico sempre più ampio di famiglie, di amanti della montagna e delle passeggiate. Anche questo significa stare vicino alla gente e far sì che la nostra missione sia sempre più condivisa. Il formato ridotto è un invito a non lasciare la rivista a prendere polvere sulle scrivanie, non deve diventare un ciapapùar, come dicono i nostri forestali del Piemonte. Mettetela nello zaino e fatela conoscere, infilatela negli zaini dei visitatori delle aree protette e aiutateci a far crescere gli abbonati. Saranno nuovi amici dei Forestali che ci aiuteranno a tenere gli occhi aperti sul territorio. Abbiamo un tremendo bisogno di queste antenne sul campo, perché siamo solo ottomila uomini e i crimini contro l’ambiente crescono di giorno in giorno. Più cittadini conoscono il nostro lavoro e più alleati avremo. Qualcuno, come sempre accade, potrà non apprezzare il cambiamento della rivista perché dopo sette anni si era affezionato alla vecchia veste grafica. Guardate che in natura non esiste specie che non si adatta ai cambiamenti, pena l’estinzione. Rinnovarsi è importante e vogliamo continuare a farlo insieme a voi: abbiamo fatto tesoro dei suggerimenti che ci avete mandato con il questionario pubblicato nello scorso numero ma abbiamo deciso di ripubblicarlo perché possiate darci ancora una mano e dirci anche se avete gradito il cambiamento. Basta una semplice mail (il [email protected]) e fate attenzione che questa rivista è come un volatile che sta facendo la muta del piumaggio. Quella che vedete non è ancora la livrea nuova definitiva, stiamo cambiando abito. Il fatto che Il Forestale sia ancora in pista, a differenza di tante altre iniziative editoriali, e che lo si cerchi di migliorare, è qualcosa che ci inorgoglisce ed emoziona. Abbiamo iniziato questo lavoro a maggio, proprio quando si passa dalla divisa di servizio invernale a quella estiva. A voi sta il compito di leggere e diffondere la rivista. Conservatela, non è un prodotto che scade. Abbiamo cominciato a scriverla quando le fioriture di papaveri esplodevano ai bordi delle strade di campagna e quando la riceverete le spiagge – almeno quelle che hanno conservato un po’ di natura – saranno affollate dei fiori bianchi del giglio di San Pancrazio. Ci vuole tempo e cura per farvi arrivare Il Forestale, aiutateci a farlo crescere e amare. A Q CA R T A RI 10 0% AMP TO SU ST C I C L AT A A L In allegato a questo numero il DVD dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio, con video e interviste. Rivista ufficiale del Corpo forestale dello Stato A n n o V I I I - n . 4 0 giugno/agosto 2007 direzione e redazione coordinamento editoriale Via Giosuè Carducci, 5 - 00187 Roma Tel. 06.4665.7061/2 - Fax 06.48904001 E-mail: [email protected] Gabriele Salari amministrazione Aleandro Sciunzi (responsabile segreteria) Roberta De Luca, Flavio Rosati, Francesca Samà in redazione Via G. Carducci, 5 - 00187 Roma Tel. 06.4665.2184 - Fax 06.42012596 C.F. 97013490582 - P.I. 06434931009 pubblicità Maurizio Messina Tel. 06.4665.7061 E-mail: [email protected] direttore responsabile Stefano Cazora hanno collaborato L. Bartolozzi, P. Caramalli, A. Castelli, A. Cori, I. Demenego, G. Esposito, G. Filibeck, M. Fiori, I. Furlan, C. Grande, D. Grando, S. Lagrasta, A. Maiorano, G. Mancinelli, M. Mattioli, F. Petretti, C. Sanchioli, M. Santoloci, S. Tenentini diffusione Simona Megni foto Ufficio Stampa CfS SOMMARIO Biodiversità 8 I termometri dell’ambiente foto di copertina Lupo © L. Longo – Panda Photo impaginazione, fotolito e stampa EdAs srl - C.da Valvazzata snc 03020 Giuliano di Roma (FR) proprietà Fondo assistenza, previdenza e premi per il personale del CFS registrazione del Tribunale di Roma n. 586 del 13/12/1999 iscrizione al R.O.C. n. 6744/2001 Riferimenti normativi sul trattamento dei dati personali. 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L’abbonamento a 6 numeri parte da 10,35 euro per tutti gli appartenenti alle forze di polizia in servizio ed in congedo e per gli studenti. La quota dell’abbonamento ordinario è invece di 13 euro, mentre se vuoi sostenere davvero la rivista del Corpo forestale dello Stato ti invitiamo a diventare sostenitore, con una quota di 51,65 euro. I versamenti devono essere effettuati sul conto corrente postale n. 12129003 intestato a: Fondo Assistenza Previdenza e Premi per il personale del CFS, via G. Carducci, 5 - 00187 Roma. Attenzione: è necessario specificare la causale di versamento e il codice fiscale o partita Iva. PUBBLICITÀ è assunta direttamente ed esclusivamente dall’amministrazione del periodico. Tariffe inserzioni a colori (IVA esclusa): pagina intera € 1.550,00; doppia pagina € 2.585,00; 1/2 pagina € 775,00; II e III di copertina € 1.810,00; IV di copertina € 2.070,00; posizione di rigore +10%. Il Forestale - Settore pubblicità Tel. 06.4665.7062 - Fax 06.4890.4001 - posta elettronica: [email protected] BIODIVERSITÀ / Le riserve naturali dello Stato RISERVE DI FUTURO “Vita in piccolo” è stato quest’anno il tema della giornata delle Oasi del Wwf e delle riserve naturali Un’occasione per conoscere la microfauna, ma anche le aree naturali protette più belle del nostro Paese di Francesca Samà ono 130 le riserve naturali dello Stato gestite dal Corpo forestale e rappresentano la spina dorsale verde d’Italia. In esse sono custoditi i gioielli naturalistici più preziosi del Paese. Le riserve inserite all’interno dei parchi nazionali sono 58 e rappresentano il vero cuore del territorio protetto ma complessivamente il Corpo forestale vigila su una superficie totale di circa 90 mila ettari. Ecco qualche nome: sulle Alpi c’è la riserva della Val Grande (della quale parliamo in questo numero) o le riserve delle Dolomiti Bellunesi. Natura risparmiata dagli interventi distruttivi dell’uomo legati soprattutto allo sviluppo turistico delle zone montane. Anche l’ambiente appenninico è rappresentato da una rete di riserve di importanza naturalistica inestimabile con la presenza dei più bei boschi montani dell’Italia peninsulare come le faggete di Sasso Fratino e dell’Abetone. S Come non menzionare, poi, nel Sud della Penisola le foreste del Gargano e i boschi di pino laricio e di abete bianco del Pollino, della Sila e dell’Aspromonte. L’assidua vigilanza e tutela svolta dai Forestali ha permesso, inoltre, la conservazione di vaste zone costiere, quali, ad esempio, i litorali rocciosi dell’isola di Caprera e di quella di Montecristo. Quest’ultima in particolare è consegnata alla leggenda della penna di Alexandre Dumas padre. Il romanziere francese ambientò alla fine dell’Ottocento l’avventura dei detenuti alla ricerca di un favoloso tesoro anticamente custodito dai monaci e protetto nei luoghi nascosti di una grotta. Attualmente abitano l’isola due guardiani e due guardie forestali. Notte e giorno al servizio della natura per preservare l’ambiente e far rivivere le atmosfere romanzesche di Dumas anche alle generazioni future. Il Forestale n. 40 - 5 61 specie a rischio su 88 nelle nostre riserve a, oltre ai paesaggi, anche animali come l’orso, il lupo, la lontra, lo stambecco e la lince sono tutelati dalle riserve del Corpo. Il valore di queste aree protette è di assoluta rilevanza nazionale e internazionale non solo dal punto di vista faunistico, ma anche dal punto di vista botanico, ospitando quasi il 20 per cento delle specie vegetali considerate a rischio di conservazione in Italia. Per quanto riguarda l’avifauna, poi, basti pensare che delle 88 specie considerate più a rischio in Italia ben 61, ovvero il 70 per cento nidificano all’interno di queste aree. In occasione della “Giornata delle Oasi”, svoltasi dal 16 al 20 maggio scorso e organizzata insieme al Wwf, è stato possibile visitare gratuitamente 40 delle 130 riserve naturali del Corpo forestale. La gestione di questi territori è affidata all’Ufficio per la Biodiversità che coordina una serie di attività ed interventi mirati e proporzionati alle caratteristiche naturali e sociali delle zone protette. M 6 - Il Forestale n. 40 Migliaia i ragazzi coinvolti in attività didattiche in occasione della giornata delle Oasi del Wwf e delle riserve naturali. I più piccoli al primo posto ita in piccolo”, è stato il tema principale della manifestazione che ha voluto porre una lente di ingrandimento sulle specie animali e vegetali di minori dimensioni. Batteri, farfalle, balene e foreste tropicali, sono solo alcuni dei componenti della Biodiversità della Terra, l’immensa varietà delle forme viventi che rende unico il nostro pianeta. Il patrimonio faunistico protetto è ancora più elevato qualora si prendano in considerazione anche gli altri gruppi animali, come ad esempio gli invertebrati, attualmente non esaurientemente studiati e censiti. La diversità della vita sulla Terra è costituita dall’insieme degli esseri viventi che popolano il pianeta ed è il risultato dei processi evolutivi di 3,5 miliardi di anni. La Terra è abitata da moltissimi esseri viventi, animali e vegetali, molti dei quali sconosciuti. Infatti fino ad oggi sono state descritte oltre un milione e ottocentomila specie, ma in realtà si ipotizza che ne possano esistere fino a cento milioni. La biodiversità è proprio questa ricchezza di organismi viventi e dei sistemi ambientali in cui essi vivono. Essa può essere pensata, in qualche modo, come l’assicurazione che garantisce la sopravvivenza della vita sulla Terra. Purtroppo a causa delle attività dell’uomo, oggi la biodiversità si sta riducendo rapidamente, sia a livello globale, che nazionale e regionale. Gli ecosistemi vengono distrutti ad un ritmo sempre più crescente e molte specie sono in forte declino o, nel peggiore dei casi, già estinte. L’Italia ha una particolare conformazione e posizione che conferisce alla nostra penisola una ricchezza e diversità di ambienti e climi davvero unica: 57 mila specie animali e quasi 6 mila specie di piante. Possiamo vantare più di un terzo del patrimonio faunistico europeo, con 1.176 specie di vertebrati e una flora che rappresenta il 50 per cento dell’intera flora europea. Tra gli ambienti più ricchi di biodiversità ci sono laghi, fiumi, stagni e zone umide. Le zone litoranee, invece, sono tra quelle più minacciate in Italia a causa soprattutto dello sviluppo edilizio, in particolare turistico, e dell’inquinamento. “V In questa pagina alcuni esponenti della microfauna che raramente conquistano l’attenzione dei fotografi. Dall’alto verso il basso: due raganelle durante l’accoppiamento, l’argiope, il bruco di macaone, la cetonia su un fiore. Il Forestale n. 40 - 7 BIODIVERSITÀ / La microfauna I TERMOMETRI DELL’AMBIENTE Delle 57.344 specie di animali che costituiscono la fauna italiana, il novantanove per cento è rappresentato da invertebrati. Di loro non si parla mai mentre hanno un ruolo di capitale importanza negli equilibri ecologici. A iniziare dalle api... di Francesco Petretti pugne, coralli, meduse, stelle e ricci di mare, molluschi, vermi, crostacei, insetti, ragni, millepiedi sono solo alcuni degli animali classificati come invertebrati e che rappresentano la vera base della biodiversità in qualsiasi ecosistema. Anche se non è facile compilare elenchi e statistiche, soprattutto se gran parte di questi organismi sono animali la cui distribuzione riserva ancora molte novità ai ricercatori, si tratta di una cifra considerevolmente elevata per un paese della fascia temperata di modesta estensione, ma ampiamente giustificabile se si considera l’ampia varietà delle situazioni ambientali raccolte nel territorio della penisola che spazia da zone alpine dal clima continentale a zone mediterranee dalle condizioni subtropicali. Alcuni sono visibili a occhio nudo, altri, come molte meduse marine, raggiungono dimensioni addirittura gigantesche e se alcuni come i notostraci o i nematodi sono noti solo agli specialisti, altri come l’ape e gli altri imenotteri sono S 8 - Il Forestale n. 40 protagonisti importanti della nostra cultura e in fondo della nostra vita. Appare quindi paradossale che mentre l’un per cento degli animali italiani, che siano uccelli mammiferi o serpenti, riscuote da sempre l’interesse dell’opinione pubblica e dei media, quasi nessuno abbia mai prestato particolare interesse alla sorte di questa moltitudine di animaletti acquatici, marini o terrestri la cui presenza negli ecosistemi è spesso il termometro più sensibile per valutare la qualità dell’ambiente. Se molte specie infatti sono adattabili e vivono un po’ dovunque spesso invadendo anche il territorio degli uomini, come le mosche o alcune formiche, molte altre sono delicate e richiedono condizioni ecologiche particolari: alcuni crostacei possono vivere solo nelle acque gelide dei laghi di montagna, alcuni insetti mangiatori di legno abitano solo nelle foreste vetuste e primigenie, certi grilli sono esclusivi degli ambienti steppici, molti molluschi possono vivere solo nel buio perenne delle grotte e in mare la crescita di coralli o il proliferare di astici e aragoste dipen- dono da condizioni ben specifiche che l’uomo quotidianamente mette in crisi. L’inquinamento da idrocarburi e da metalli pesanti, la variazione delle concentrazioni di sale nelle acque di falda, l’inquinamento organico nei corsi d’acqua, l’uso di pesticidi nei campi, il taglio dei boschi antichi, la distruzione delle siepi, la messa a coltura dei pascoli sono solo alcune delle macroscopiche trasformazioni ambientali che influiscono in modo determinante sulla presenza degli animali che costituiscono la base delle catene alimentari e rappresentano il presupposto per l’esistenza dei protagonisti più grandi e vistosi della nostra fauna. Alcuni di questi invertebrati saranno le prime vittime dei cambiamenti climatici. La loro esistenza infatti dipende da situazioni talmente specifiche che un leggero innalzamento della temperatura potrebbe comprometterla in modo irreversibile: sono le specie che vivono negli ambienti limitrofi ai ghiacciai, sulle vette dei monti, nei gelidi laghi alpini, nelle grotte montane e nei boschi relitti di epoche più fredde. Altrettanto degna di nota la lunga lista di crostacei che vivono negli stagni d’acqua dolce e nei piccoli laghi: esistono specie di zone fredde come il Chirocefalo del piccolo lago del Pilato nei monti Sibillini e altre invece degli stagni delle zone di pianura e costiere. Particolarmente drammatica appare la diminuzione registrata negli ultimi decenni delle specie di imenotteri definiti come api solitarie e api sociali selvatiche (fra quest’ultime i bombi), diminuzione in buona parte imputabile alla riduzione della variabilità ambientale negli ecosistemi agricoli e all’impiego massiccio di presidi chimici. Questi animali hanno un ruolo di capitale importanza negli equilibri ecologici e costituiscono grazie alla varietà delle forme la base stessa della biodiversità degli ecosistemi terrestri e della produttività di molti tipi di colture. Il mandarino, la mela e le fragole sono presenti sulle nostre tavole grazie all’o- pera impollinatrice di api sociali e solitàrie come le andrene, le xylocope, i megachile che insieme alle api domestiche e ai bombi, durante la buona stagione, visitano ripetutamente i fiori per raccogliere polline e nettare. Si calcola che in 100 minuti di attività un bombo possa visitare 2.600 fiori, mentre un’ape si ferma a 700-800. Molti di questi insetti sono minacciati da insetticidi e dalla scomparsa delle piante alimentari. Francesco Petretti è docente all’Università degli Studi di Camerino. Per le illustrazioni si ringrazia Ars et Natura - www. arsetnatura.it Sciami in anticipo aumento della temperatura ha favorito quest’anno la concentrazione e la diffusione delle api. L’emergenza api solitamente si concentra nel mese di aprilemaggio, periodo connesso alla deposizione di uova nelle celle da parte dell’ape regina. Le uova diventano api operaie, solo una di loro diventerà regina ed entrerà in competizione con la vecchia ape regina. Una delle due lascerà l’alveare alla ricerca di un nuovo riparo per deporre altre uova, portandosi dietro circa la metà delle api che si trovano nell’arnia e che pertanto formeranno lo sciame di api. Gli interventi per catturare gli sciami sono di competenza degli apicoltori che, divisi per zona, seguono le varie fioriture nelle diverse zone fitoclimatiche. In genere, l’apicoltore per poter effettuare il nomadismo deve chiedere al Comune competente per territorio i permessi necessari, munirsi di un certificato fito-sanitario rilasciato dall’Azienda Sanitaria Locale dove si dichiara che i nuovi alveari sono esenti da peste americana e da varroa (acari) e deve avere il contratto di affitto del terreno dove mettere le arnie. Il Corpo forestale dello Stato ha il compito di controllare che l’apicoltore sia in possesso di tutti i documenti necessari allo svolgimento del proprio lavoro, richiesti dalla legge. L’ Il Forestale n. 40 - 9 AREE PROTETTE / Parco nazionale della Val Grande UN PARCO AL CONTRARIO È l’area wilderness più vasta d’Europa Non ci sono strade, i sentieri sono spesso disagevoli, impervi e faticosi, non vi sono ristoranti, né aree attrezzate, i rifugi sono molto spartani, manca l’elettricità e il telefonino non prende testi e foto di Massimo Mattioli orse non tutti sanno che esiste in Italia un parco nazionale veramente unico nel suo genere e completamente diverso da tutte le altre aree protette. È il parco nazionale della Val Grande, che si estende all’estremo nord del Piemonte, nelle Alpi Lepontine, a meno di un’ora di macchina da Milano; da un lato si specchia sul lago Maggiore, dall’altro si affaccia sulle Alpi svizzere e sulla antica e gloriosa Val d’Ossola. È stato istituito nel 1992, inglobando ed ampliando alcune aree che, grazie all’impegno ed alla lungimiranza del Corpo forestale dello Stato, erano già protette in base ad un decreto, fin dal 1971: la Riserva naturale integrale Val Grande e la Riserva naturale orientata Monte Mottac. La principale peculiarità del parco è che rappresenta l’area wilderness più vasta di tutto l’arco alpino europeo: 15 mila ettari di natura selvaggia, abbandonata a se stessa e alla sua libera e spontanea evoluzione. F 10 - Il Forestale n. 40 All’interno della Val Grande non ci sono centri abitati, tranne il piccolo e suggestivo paese di Cicogna con i suoi 21 residenti, e, ai margini del parco, alcuni borghi antichi, per un totale di 322 abitanti. Non ci sono strade, i sentieri sono spesso disagevoli, impervi e faticosi, non vi sono ristoranti, né aree attrezzate, i rifugi sono molto spartani, manca l’elettricità e i telefonini non ricevono. Qui l’uomo è a misura della natura Perché un parco al contrario? Perché in Val Grande molti dei parametri solitamente usati per valutare gli ambienti protetti sono completamente ribaltati. Infatti di solito per valorizzare un’area si usa dire: “Qui la natura è a misura d’uomo”; nel parco della Val Grande è vero il contrario: “Qui l’uomo è a misura della natura”. Nelle aree protette si vanno a cercare i lembi di natura sfuggiti alle devasta- zioni prodotte dal genere umano; in Val Grande si ricercano invece le opere antropiche sopravvissute all’azione della natura. La Val Grande è infatti ricca di testimonianze della antica presenza degli uomini e delle loro attività: fino agli anni Sessanta nelle montagne della zona risuonavano i campanacci del bestiame portato all’alpeggio: in tutto il parco sono stati censiti ben 178 fra alpi (usati d’estate) e corti (impiegati in primavera ed in autunno), la maggior parte dei quali oggi è costituita da ruderi abbandonati. La solerzia e l’ingegno dei pastori, degli alpigiani e dei contadini hanno sottratto per secoli ai boschi di castagno e di faggio lembi di terreno scosceso, realizzando arditi terrazzamenti con muri a secco, per coltivare quei pochi prodotti agricoli (segale, patate) necessari ad una vita comunque grama e faticosa. Per molti decenni, a cavallo fra l’Ottocento ed il Novecento, i sentieri più nascosti e pericolosi della Val Grande sono serviti per il transito degli “spalloni”, i contrabbandieri locali, che continuamente facevano la spola con la confinante Svizzera per trasportare zucchero, caffè, sigarette e riso nelle bricolle (antesignani degli zaini), ingaggiando pericolose e a volte mortali sfide di astuzia e di abilità alpinistica con la Guardia di Finanza di frontiera. I boschi e i sentieri della Val Grande sono stati anche il teatro di vicende tragiche ed eroiche legate alla presenza delle formazioni di partigiani, agli scontri e ai rastrellamenti effettuati nel corso del secondo conflitto mondiale: in molti alpeggi vi sono lapidi che ricordano il sacrificio e i morti della guerra in montagna (nell’alto Verbano le vittime dei rastrellamenti furono oltre 200). Per secoli i boschi della Val Grande sono stati intensamente utilizzati per la produzione di legna e di paleria: ancora oggi, attraverso la fitta vegetazione forestale, si riescono a scorgere i segni del passato impiego di teleferiche per l’esbosco del legname, fili a sbalzo, piazzole di scambio, vecchi tralicci, ruderi dello spaccio e della mensa dei Ruderi a Pogallo. Ruderi dell’Alpe Serena. Pozza a La Piana. boscaioli. E qui veniva impiegato anche un altro metodo affascinante e pericoloso di esbosco della legna: la fluitazione. Si costruivano dighe temporanee di tronchi e altro materiale lungo i corsi d’acqua e si accatastava tutta la legna tagliata, a monte di questi rudimentali invasi; quando il bacino era pieno d’acqua e di tronchi, si rompeva la diga (con estremo rischio per l’esecutore di tale operazione manuale) e l’enorme massa d’acqua liberata trasportava a valle tutto il legname, con un effetto assai spettacolare, ma anche dannoso per l’ambiente fluviale sottostante. Si ricorreva all’acqua anche per il trasporto di grossi blocchi di marmo fino a Milano: infatti sul confine esterno del parco, nel versante ossolano, è attiva ancora oggi la cava di Candoglia, sfruttata esclusivamente per produrre il marmo necessario a sostituire le statue, le guglie, i fregi del Duomo di Milano, danneggiati dall’inquinamento. In passato il marmo veniva trasportato dalla cava di Candoglia fino a grossi barconi con il fondo piatto sul fiume Toce, e da qui, navigando sul lago Maggiore, poi sul fiume Ticino ed infine sul Naviglio Grande, il prezioso ed esclusivo marmo giungeva alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Il modo di dire “viaggiare a ufo”, cioè gratis, nasce dall’esenzione del pagamento dei dazi per il trasporto dei marmi del Duomo, in quanto trattavasi di un viaggio di materiale “AUF”, Ad Usum Fabricae. 12 - Il Forestale n. 40 La ricchezza d’acqua della Val Grande ha anche consentito di creare centrali idroelettriche alla fine del diciannovesimo secolo: pochi sanno che Verbania vanta il primato di essere il primo comune d’Italia ad avere avuto, nella primavera del 1892, l’illuminazione pubblica elettrica, mediante trasporto a distanza di corrente alternata, precedendo di pochi mesi la città di Roma. Un’altra ricchezza della natura abilmente sfruttata dall’ingegno e dalla abilità degli antichi abitanti della Val Grande è la pietra ollare, o laugera, una roccia metamorfica tenera e facilmente lavorabile, con la quale si creavano recipienti per cuocere i cibi o per contenere burro fuso e carne salata. Ma dalla metà del secolo scorso si è avuto un repentino abbandono di tutte queste attività, la Val Grande si è spopolata e la natura ha iniziato a riprendersi gli spazi che le erano stati tolti. Oggi il bosco ritorna a crescere nei vecchi pascoli e sui terrazzamenti, le piante si insinuano e si sviluppano tra i ruderi degli alpeggi abbandonati, le foglie e la terra ricoprono le mulattiere lastricate; sui sentieri dimenticati rimangono le cappelle votive, i passaggi scavati per le mandrie nelle rocce a picco sui torrenti, i vecchi sbarramenti idroelettrici, le fornaci per la cottura della calce, i massi di laugera scolpiti, le lapidi, il silenzio. Rispetto agli altri parchi delle Alpi, la Val Grande non ha panorami mozzafiato, ghiacciai, vette elevate (arriva fino a 2.300 metri di quota), animali o piante rare, emergenze geologiche. Malgrado ciò, la Val Grande ha un fascino unico e inimitabile. Potrà sembrare un paradosso, ma la vera bellezza di questa area protetta è l’assoluta mancanza di tutto ciò che troviamo in qualsiasi altro ambiente italiano. La Val Grande è il parco del silenzio, dell’essenzialità, della spiritualità, dell’innocenza: qui si respira veramente un clima diverso, qui l’uomo ritrova se stesso e i suoi sentimenti più puri. Si può camminare per ore o per giorni senza incontrare alcuna persona, sentendo solo il suono del vento e dell’acqua purissima dei ruscelli. In Val Grande il silenzio è un valore assoluto, profondo (e non solo perché non funzionano i cellulari!), che fa affiorare la vera essenza e l’anima di ogni essere. Il cartello di benvenuto di questo parco non è: “Qui la natura è protetta”, bensì: “Qui l’uomo è protetto” dai suoi istinti peggiori! Gli escursionisti che si avventurano in Val Grande e i forestali che quotidianamente vi svolgono servizio, devono confrontarsi con una natura aspra, selvaggia, primitiva, ma non ostile. Negli atteggiamenti e negli occhi di tutti i turisti che entrano nel parco in modo consapevole traspare la sensazione di addentrarsi in una dimensione naturale e spirituale primigenia e ormai da tempo smarrita: è la dimensione a cui il famoso giornalista e scrittore di montagna Teresio Valsesia ha dato un nome: “La Val Grande è l’ultimo paradiso”. E quando, circondati dalla melodia del silenzio della Val Grande, si alza lo sguardo per seguire il volo dell’aquila reale o i salti di un gruppo di camosci, o quando d’improvviso, fra i tronchi di un castagneto, appare il tetto crollato di una bai- ta, si può riuscire ad afferrare il senso profondo dell’esistenza. Poi si esce dai confini del parco, il cellulare ricomincia a squillare e si deve ritornare alla vita stressante e caotica di tutti i giorni. Rimane però la sensazione di essere stati partecipi, anche se per poco, di un mondo naturale in cui l’uomo non è il dominatore, né il devastatore, ma un semplice tassello di un mosaico sublime. Bagno di un’escursionista nel Rio Pogallo. PARCO NAZIONALE DELLA VAL GRANDE Carta d’identità Superficie: 14.598 ha di cui 11.971 di Zona di Protezione Speciale europea (ZPS) Province: Verbano Cusio Ossola Istituzione: 1992 Come arrivare: In auto: Per raggiungere la zona si possono utilizzare le autostrade A8 da Milano e A26 da Genova e Torino fino a Gravellona Toce. Raggiungono il Parco anche la superstrada dell’Ossola da Gravellona Toce al Sempione (percorrendola si ammirano le montagne che chiudono la Val Grande: significativa la catena imponente ed impervia dei Corni di Nibbio); la Statale 34 da Cannobio. Diverse altre strade, talora anche non asfaltate, portano poi ai punti di partenza per itinerari escursionistici in Val Grande o nelle zone limitrofe. In treno: Ferrovie dello Stato da Milano o Torino e da Novara o Briga (CH) fino alle stazioni di Verbania Pallanza o Domodossola. Ferrovia delle Centovalli da Domodossola a Locarno (CH) per la Val Vigezzo. Orari: Ufficio Accoglienza, tel. 0323/557960 - [email protected] dal lunedì al venerdì 9:30 - 12:00 - martedì mercoledì giovedì 15:30 - 16:30 Corpo Forestale dello Stato Coordinamento Territoriale Ambiente, tel. 0323/504297 Per altre informazioni consultare il sito www.parcovalgrande.it AREE PROTETTE / La riserva di Vallombrosa VALLOMBROSA, UNO SCRIGNO DI Il territorio della Riserva Biogenetica di Vallombrosa che il Corpo forestale gestisce da quasi 140 anni, si è arricchito di un ulteriore gioiello: il Museo d’Arte Sacra di Paolo Caramalli e Luigi Bartolozzi – foto di Roberto Isotti el territorio della Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa, che la Forestale gestisce da quasi 140 anni, convivono armoniosamente numerosi ed importanti elementi naturalistici e culturali. La millenaria abbazia, casa madre della Congregazione Vallombrosana (una delle più antiche, riconosciuta ufficialmente già nel 1090 da Papa Urbano II) costituisce sicuramente il valore culturale più prestigioso della riserva. Fondata nel 1036 e dichiarata monumento nazionale nel 1951, l’abbazia ospita numerose opere d’arte conservate principalmente nella Chiesa, nel chiostro, nella biblioteca, nel refettorio e nel suo atrio, nella cucina antica e, da qualche mese, nel Museo d’Arte Sacra realizzato nei locali sul lato destro dell’abbazia, prossimi alla torre e alla Sala del Capitolo. Il passato che ritorna, o un ritorno al passato dal momento che a Vallombrosa una collezione museale esisteva già due secoli fa e che, tra il N 14 - Il Forestale n. 40 1777 e il 1778, vi fu allestita una eterogenea raccolta di reperti animali, vegetali, archeologici e fossili, oltre ad alcune preziose opere d’arte. Tale raccolta fu presto smantellata a causa delle soppressioni francesi dei monasteri e delle conseguenti spogliazioni: le opere d’arte più importanti dell’intero complesso abbaziale vallombrosano andarono così disperse o trasferite in musei, biblioteche e archivi fiorentini. Il museo attuale, però, è assai diverso da quello antico e, anzi, trae configurazione proprio dall’impossibilità e dall’inopportunità di ricreare il carattere eterogeneo di quello: gli aspetti naturalistici di Vallombrosa, infatti, sono curati dall’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Vallombrosa del Corpo forestale nel Centro Visitatori, nel Rifugio, nel Giardino Botanico e nei percorsi attrezzati e audioguidati della Riserva. Ecco quindi nascere l’idea di una raccolta a tema, dal valore storico e inalienabile: l’arte sacra. TESORI ANTICHI Museo, si parte I locali del museo, opportunamente ristrutturati e privati di barriere architettoniche, nonché migliorati nell’aspetto generale e nei sistemi di sicurezza e d’illuminazione, raccolgono dipinti, tessuti, scagliole, oreficeria e oggetti d’arte decorativa di alto artigianato legati alla Congregazione. Sono in mostra le opere conservate da sempre all’interno dell’Abbazia, quelle provenienti da altri istituti vallombrosani e le opere che in origine appartenevano alla Congregazione ma che erano state portate nei musei di Firenze. Nel mosaico di oggetti esposti - tra cui figurano reperti metallici di pregevole foggia, legni intagliati intarsiati e dorati, paramenti di stoffa finemente ricamati, gessi a scagliola e preziosi dipinti - spiccano la grande pala raffigurante la Madonna in trono col Bambino e i Santi Biagio, Giovanni Gualberto, Benedetto e Antonio abate di Domenico Ghirlandaio (XV secolo), recentemente restaurata, il parato Altoviti (XV secolo) a lungo esposto nel Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, e il grande Reliquiario del braccio di San Giovanni Gualberto di Paolo di Giovanni Sogliani (XV secolo). Le linee guida di gestione artistica del museo prevedono il rinnovo annuo dell’esposizione, potendo contare sulle molte opere conservate nel monastero ma non esposte, la ricerca continua di pezzi originariamente conservati a Vallombrosa, l’organizzazione di mostre tematiche abbinate a convegni o a eventi musicali, e l’integrazione con l’attività svolta dal vicino Museo Masaccio d’Arte Sacra ospitato nella Pieve di San Pietro a Cascia. Invito alla visita l Museo d’Arte Sacra di Vallombrosa è stato voluto e realizzato dalla Congregazione Vallombrosana dell’Ordine di San Benedetto negli scenografici locali della propria Abbazia. È aperto tutti i giorni nel periodo estivo e su prenotazione nei rimanenti periodi dell’anno (tel. 055/862251). Un’attività bella, utile e preziosa dove l’arte e la bellezza si incontrano per la salvaguardia della natura assicurata nella Riserva di Vallombrosa dal Corpo forestale dello Stato. I Il Forestale n. 40 - 15 AREE PROTETTE / La riserva della Selva del Lamone SULLE ORME DEI BRIGANTI Nell’ Alta Tuscia, scomparsi i briganti, rimangono i miti e le leggende che li hanno sempre accompagnati E ora quegli stessi sentieri sono percorsi da escursionisti interessati alla natura e ai prodotti tipici di Simona Tenentini – foto di Giulio Ielardi na volta erano temuti e, allo stesso tempo, rispettati da tutti, oggi è stato persino dedicato loro un premio letterario. Stiamo parlando dei briganti, figure avvolte da un alone di terrore e leggenda che imperversavano negli intricati boschi dell’Alta Tuscia, scorazzando allegramente tra rapine, omicidi e aggressioni e vivacchiando beati dei proventi del loro malaffare. Il brigante più crudele e forse per questo più conosciuto, che fece del territorio della Selva del Lamone il suo regno per circa venticinque anni, è Domenico Tiburzi, detto Domenichino, il “Re del Lamone”, selva spettacolare citata persino da Dante nella Divina Commedia. Nato a Cellere, in provincia di Viterbo, nel 1836, a distanza di oltre cento anni la sua losca fama riecheggiava ancora nell’entroterra della Maremma. Estesissimo fu il territorio che riuscì a controllare mediante la creazione di una vera e propria “associazione a delinquere” dalla struttura organizzata in maniera quasi aziendale, che vedeva lui stesso a capo, un braccio destro come Domenico Biagini ed un vero e proprio consiglio di amministrazione in U 16 - Il Forestale n. 40 cui si avvicendarono vari personaggi, che portano il nome di Pastorini, Basili e Bettinelli. Accanto al Domenichino si accompagnava spesso il suo compagno fidato soprannominato “il Curato” per la mania religiosa di girare pieno di santini e libri di preghiere. Si erano conosciuti ai lavori forzati nelle saline di Tarquinia dalle quali poi erano evasi insieme. Un altro “socio” era il brigante “Veleno”, noto per la sua bruttezza e statura. Si narra che incutesse talmente tanta paura che una sua vittima svenne prima che lui potesse derubarla. Il Tiburzi venne ucciso in uno scontro a fuoco il 24 ottobre del 1896 e riuscì a causare disordine e scompiglio persino il giorno del suo funerale. Il parroco di Capalbio, infatti, che voleva negargli la sepoltura, dovette affrontare la violenta ed imprevista reazione del popolo, contrario a questa decisione. Il compromesso fu presto raggiunto: Tiburzi venne sepolto nel cimitero in parte dentro e in parte fuori, messo di traverso sotto il muro di recinzione. Nasce il “Sentiero dei briganti” Sulle orme del Domenichino e dei suoi compagni di ventura è stato inaugurato, il 18 maggio 2002, il “Sentiero dei briganti”, un ampio territorio dell’Alto viterbese che si trova tra Monte Rufeno, presso Acquapendente, e Vulci. Il progetto, portato avanti dai comuni di Canino, Ischia di Castro, Farnese e dalla comunità montana “Alta Tuscia Laziale” è stato elaborato nel novembre del 2000. L’itinerario storico è percorribile a piedi, in mountain bike o a cavallo. Ogni sentiero è dotato di un’apposita segnaletica direzionale e di un apparato illustrativo che permette di approfondire la conoscenza sia delle principali emergenze culturali del territorio che delle più note figure di briganti che fecero della zona il loro habitat naturale. Il punto di partenza, la riserva naturale di Monte Rufeno, istituita nel 1983, si estende nel Lazio, al confine con l’Umbria e la Toscana, per circa tremila ettari. L’intera area è ricca di estesi boschi e dolci colline ed è attraversata dal fiume Paglia. Puccini, di ritorno da una delle sue cavalcate, con le sue parole aiuta sicuramente a comprendere meglio le caratteristiche morfologiche del territorio: “Il sentiero che ho infilato è tagliato sul tufo, ondeggiante tra vigne, uliveti e prati… Sì, è proprio questa la maremma autunnale, con l’erba umida che stenta a vivere tra la sassaia, con le felci picchiettate di nero che si curvano sotto il vento lieve, con la vasta Selva del Lamone laggiù, oltre Farnese…”. Le suggestive manifestazioni della natura si mescolano, si intrecciano e si fondono con mirabili espressioni storiche. Numerosi sono infatti i siti archeologici di straordinaria importanza che si possono ammirare lungo tutto il percorso. Dall’antico acquedotto di Montalto di Castro all’area archeologica di Vulci, dalla necropoli della Cuccumella al più famoso reperto di Vulci: la Tomba François, che deve il suo nome all’archeologo francese che la scoprì nel 1857. Il monumento di eccezionale bellezza, è ricco di rappresentazioni di animali reali e fantastici, eroi e sacrifici umani. Invito alla visita Per valorizzare l’itinerario è stato recentemente istituito, anche, dal comune di Cellere in collaborazione con l’Accademia Francesco Petrarca, il Primo premio letterario internazionale per inediti. Uno dei soggetti proposti, insieme agli altri due temi, “Alla Corte di Alessandro Farnese” e l’antico Statoniensis Lacus”, è proprio ispirato al “Sentiero dei briganti”. Per informazioni: www.altatuscia.vt.it www.parks.it/riserva.monte.rufeno Il Forestale n. 40 - 17 FORESTE / L’inventario nazionale CONTABILITÀ VERDE Nei prossimi cinque anni grazie all’ossigeno prodotto da boschi e foreste, l’Italia risparmierà quasi un miliardo di euro sulla bolletta energetica di Ivan Demenego li storici del ciclismo sono concordi nell’affermare che il segreto dei tanti successi di Fausto Coppi fosse dovuto, non tanto a quella gran macchina di muscoli che guizzavano instancabili sotto la pelle del grande campione, quanto piuttosto alla formidabile dimensione dei suoi polmoni: sette litri. Una dimensione spropositata, ben al di sopra della media che si ferma a cinque, mantici da fabbro che gli permettevano un allungo decisivo quando gli avversari, ormai in debito di ossigeno, gettavano la spugna adeguando l’andatura al fiato irrimediabilmente perso. Anche l’Italia ha grandi polmoni. Giganteschi, ancora più di quelli di Coppi, polmoni che si estendono per oltre un terzo della superficie G 18 - Il Forestale n. 40 nazionale, esattamente per 10.467.522 ettari. Una dimensione da record in grado di fornire al Paese ossigeno in quantità e energia a sufficienza per concorrere in modo pulito a molte tappe di quella difficile cronoscalata che si chiama “sviluppo sostenibile”, una prova che ha nel tempo un fattore decisivo. Va da sé che i polmoni della Penisola sono rappresentati da boschi e foreste. Una ricchezza sotto la luce del sole – presente anche in molte città – un mare di verde che vive, che si moltiplica, che avanza. Che inghiotte coltivi e che ridisegna il paesaggio. Un’avanzata pacifica e benefica che non conviene tenere a bada, ma assecondare. Per motivi ovvi: gli ecosistemi forestali proteggono dai dissesti idrogeologici, aumentano la fertilità dei suoli, salvaguardano la qualità delle acque, conservano la biodiversità animale e vegetale, concorrono alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e all’attenuazione dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Ma ci sono anche ragioni meno evidenti che consigliano caldamente di favorire la tendenza sciogliendo le briglie ai boschi. Tra questi uno in particolare, nuovo, legato al Protocollo di Kyoto. Che attribuisce una centralità al verde anche sul piano economico: nei prossimi cinque anni la bolletta energetica del Paese sarà meno salata grazie all’azione di questi giganteschi polmoni. Un risparmio compreso tra 750 milioni e un miliardo di euro. Tra il 2008 e il 2012 l’Italia, che ha eletto la “gestione forestale” tra le attività per contenere i gas a effetto serra, potrà detrarre, infatti, circa 10,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica dal bilancio nazionale delle emissioni. Una deduzione molto alta che corrisponde all’11% dei tagli che il Paese ha promesso di fare per contenere i rischi legati ai cambiamenti climatici. Un dato da far girare la testa, che dà valore a una funzione dei boschi fino a oggi priva di un controvalore monetario. Le foreste, da parte loro, possono tirare un sospiro di sollievo: valgono anche da vive, quando ‘respirano’, il legname diventa solo uno dei prodotti che possono fornire, non necessariamente il principale. La buona notizia è stata data dagli esperti del Corpo forestale dello Stato nel convegno “Il sistema nazionale delle statistiche forestali: situazione attuale e prospettive”, realizzato a Roma in collaborazione con l’Istat, che per la prima volta ha fatto sedere intorno a un tavolo i maggiori esperti nazionali di statistica applicata alle foreste. “Il patrimonio forestale ha una rilevanza economica e finanziaria da non sottovalutare – ha dichiarato il sottosegretario all’Economia Paolo Cento, intervenuto al convegno – Per troppo tempo abbiamo considerato le foreste una questione relativa solo alla conservazione del patrimonio naturale. I mutamenti climatici hanno introdotto il concetto di contabilità ambientale: le cifre dell’Inventario ci dicono che la questione ambientale è anche una questione economica, per questo è indispensabile nei prossimi mesi potenziare le attività di rilievo territoriale del Corpo forestale, accanto allo strumento di rilevazione statistica”. Le richieste di dati statisticamente rilevanti, si sono condensate nella presentazione dei risultati di seconda fase dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio, realizzato dal Corpo forestale con la collaborazione dell’Istituto Sperimentale per l’Assestamento Forestale e per l’Alpicoltura di Trento, la più aggiornata fotografia del patrimonio forestale italiano. Un check-up dettagliato che ha richiesto cinque anni di lavoro. Il parametro del carbonio conservato nelle foreste, che ha determinato il risparmio a nove zeri per l’Italia, è solo uno di quelli rilevati, anche se il più atteso. Che si aggiunge all’estensione e alla composizione dei boschi, alla proprietà, alla presenza di vincoli, alla pianificazione, accessibilità, copertura delle chiome, origine dei boschi, stato di salute, fenomeni di dissesto e altri ancora. Dati che da soli giustificano il monito del sottosegretario di Stato delle Politiche agricole alimentari e forestali, Stefano Boco: “Non possiamo più permettere le rapine al bosco. Nessuno solleva uno scandalo se il Paese vende gli ulivi secolari, patrimonio ambientale, culturale e storico del Paese. La natura e la cultura sono un pezzo importante della nostra vita: la nostra sfida è riportare la saggezza nella società”. Il Forestale n. 40 - 19 TERRITORIO / Fiumi e legalità FIUMI SOTTO LA LENTE Tevere, Po, Arno e Volturno. Un reato su tre a danno della salute dei nostri fiumi è stato commesso nel 2006 lungo questi corsi d’acqua di Gabriele Salari In occasione di Fiumi Informa, lo scorso maggio lungo 34 corsi d’acqua, dal Sud al Nord dell’Italia migliaia di cittadini e scolaresche sono stati coinvolti in iniziative lungo i nostri fiumi. il Tevere il fiume che subisce l’aggressione più pesante: un illecito su cinque è avvenuto nelle sue acque, dove si sono registrati 266 reati tra amministrativi e penali. Parliamo di furto di ghiaia, mancata depurazione e abusivismo. A larga distanza segue il Po con 118 reati, l’Arno con 73 e il Volturno con 34. La classifica è il frutto dell’indagine realizzata nell’ambito di È 20 - Il Forestale n. 40 “Fiumi Informa 2007”, campagna nazionale contro l’illegalità sui fiumi promossa dal Corpo forestale dello Stato e da Legambiente. Sul Tevere i controlli della Forestale sono assidui, circa 12 al giorno e un analogo lavoro investigativo viene portato avanti sul Po che è al centro dell’attenzione pubblica. L’innevamento quest’anno è stato del 28 percento rispetto alla media stagionale e quindi i bacini idrici in montagna ne risentono pesantemente. È facile prevedere che, con un’estate rovente, il Po soffrirà rappresentando una risorsa fondamentale per i prelievi idrici destinati sia all’agricoltura che all’industria. Per Stefano Boco, sottosegretario alle politiche agricole, forestali e alimentari, che ha recentemente definito il Corpo forestale dello Stato “l’unica grande vedetta che abbiamo sul fronte ambientale”, il lavoro svolto dai nostri agenti sui fiumi è prezioso, ma anche l’agricoltura va ripensata alla luce dei cambiamenti climatici. Che l’acqua sia un bene da difendere lo sanno i Forestali di tutta Italia impegnati questa primavera in controlli a tappeto per cercare di fermare l’illegalità e prevenire, per quanto possibile, l’emergenza acqua. Troppo spesso i fiumi sono però abbandonati a se stessi, aggrediti dall’abusivismo, dall’incuria, dall’inquinamento e dalle escavazioni in alveo. Ma soprattutto il furto d’acqua per finalità agricole e industriali sta negli ultimi anni contribuendo a mettere letteralmente in ginocchio i fiumi del nostro Paese. Con l’innalzamento delle temperature dovuto ai mutamenti climatici e la vertiginosa diminuzione della neve e delle piogge invernali e primaverili i corsi d’acqua appaiono sempre più secchi, con danni enormi alle economie locali e ai preziosi ecosistemi. Ai periodi di secca sempre più frequenti e drammatici che si verificano dal Po sino al Tevere, contribuisce negativamente proprio il reato di captazione di acque, ancora troppo diffuso in Italia. Tutto nel dossier Dal dossier del Corpo forestale “Fiumi e legalità” emerge che nell’ultimo quadriennio ben 1.228 illeciti riguardano la captazione d’acqua (in pratica più di 25 casi al mese). Un’enormità considerato che si tratta solo dei casi accertati dal Corpo forestale dello Stato senza contare le regioni autonome e quelle a statuto speciale. “La difesa dei corsi d’acqua dalle continue aggressioni dell’illegalità” ricorda Cesare Patrone, capo del Corpo Forestale dello Stato “rappresenta da anni una delle priorità nel nostro lavoro. Si tratta di ecosistemi tanto delicati quanto preziosi che attraversano paesaggi di incredibile bellezza, unendo le comunità del nostro Paese”. Negli ultimi anni, grazie anche all’ausilio di tecnologie sempre più attuali nel campo dei reati ambientali, è stato possibile affinare l’attività investigativa per risalire ai “criminali fluviali”. Lo sversamento illegale di prodotti inquinanti nei corsi d’acqua mette a dura prova l’ecosistema, le attività agricole e zootecniche dei territori circostanti. Ma chi inquina paga? Finché i reati ambientali non entreranno nel codice penale, un traguardo forse vicino, i criminali avranno mano libera. Pensiamo poi ai casi in cui gli scarichi civili e industriali si riversano nelle acque senza alcuna depurazione. È fondamentale che i depuratori degli insediamenti abitativi ed industriali siano sempre attivi e perfettamente funzionanti. Altrimenti siamo in presenza di un reato grave per l’ambiente fluviale, ma anche per quello marino e costiero. Infatti le acque inquinate dei fiumi che sfociano in mare rappresentano uno dei principali problemi per la qualità e l’ambiente di tutto il Mediterraneo. I criminali al 2003 al 2006 ecco il risultato dell’attività del Corpo forestale dello Stato sui nostri fiumi: - 150 mila i controlli sul territorio effettuati, in media 100 al giorno, e 84.917 su persone. - 981 i “criminali fluviali” identificati e denunciati, 11 gli arresti. Le sanzioni amministrative, 5.688, hanno permesso di notificare più di 2 milioni di euro di multe. - Primato negativo degli illeciti fluviali anche quest’anno, come nel 2005, al Lazio dove sono stati commessi ben 313 reati, seguito da Toscana (148), Campania (108) e Abruzzo (102). - Palma della legalità, invece, al Nord Italia. Il primato positivo va alla Liguria, dove si contano complessivamente solo 23 illegalità. Ridotti i comportamenti illeciti anche in Piemonte dove sono stati riscontrati 14 illeciti amministrativi e 21 penali. D Il Forestale n. 40 - 21 INCONTRI / Il testimonial NON SI SCHERZA COL FUOCO Flavio Insinna è al fianco del Corpo Forestale in uno spot tv per ricordare a tutti di segnalare eventuali focolai al numero di emergenza ambientale, il 1515 di Alessandra Cori l fuoco come fonte di emozioni, di stupore infantile e magia sempre nuova, di atmosfera romantica, di aggregazione: una cena al lume di candela, un giocoliere in un circo fa giochi con il fuoco ammaliando bambini raccolti intorno a lui, una coppia di anziani davanti ad un camino si scambia gesti di affetto. Accendini accesi nelle mani di ragazzi ad un concerto di “Ladri di Carrozzelle” scandiscono il ritmo di un brano che parla del fuoco della passione tu m’accendi e cado/ sprofondo nell’abisso/ a volte non capisco/ cosa succede e/ brucio morendo lentamente/ brucio e non rimane niente/ ti sei mai chiesto se/ niente vale/ veramente poco / non si scherza con il fuoco/ hai mai pensato che/ una scintilla sol / non è un gioco/ non si scherza con il fuoco. Si gioca sulla metafora del fuoco come motore delle emozioni ma anche come causa di morte e distruzione, il nuovo spot televisivo contro gli incendi boschivi, promosso dal Corpo forestale dello Stato e dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, realizzato dalla cooperativa sociale “Ladri di Carrozzelle”. Testimonial “l’uomo dell’anno” Flavio Insinna, un volto noto al grande pubblico per “Don Matteo” e altre fiction, oltre che per la presenza in noti spot televisivi. I Ora è testimonial della campagna antincendio boschivo 2007 del Corpo forestale dello Stato… Spero di fare una cosa utile, sono amico dei “Ladri di Carrozzelle”. Se l’incarico fosse venuto da sconosciuti, in modo più formale, chi lo sa, magari avrei detto di no. Io credo all’amicizia. Se poi le cose sono a fin di bene… io vado sempre d’entusiasmo. Quando posso non figuro, però capisco che a volte è necessario che i messaggi arrivino in modo personale, soprattutto ai giovani. Un conto è se il messaggio arriva dal prof o dallo zio, un conto se arriva da un cantante o da un attore. In questo caso il messaggio ha più possibilità di essere accolto. Il Forestale n. 40 - 23 Qual è il suo rapporto con la natura? Il mio rapporto con la natura è sempre stato, grazie alla mia famiglia, di molto rispetto. Amo molto il mare, lì non c’è il pericolo incendi ma c’è il rischio di inquinarlo. Da piccolo andavo spesso in campagna dagli zii, dai nonni che avevano molti animali. È un contatto che ho sempre avuto quello con la natura. Sai quelle immagini legate all’infanzia. Quando mi hanno parlato di questo progetto ho pensato subito all’incendio che c’è in Bambi, agli animali che scappano, il bosco che brucia. Allora mi sono detto che potevo dare una mano. Magari con questo spot possiamo contribuire anche a salvare più animali, persone, il bosco... Cosa ama fare quando riesce a ritagliarsi un po’ di tempo libero? I boschi li ho sempre vissuti nella loro veste invernale. Sono un grande appassionato di sci anche se non pratico da ann. Non sono un passeggiatore estivo con i pantaloni corti e la piccozza, ma questo spot non è una cosa lontanissima da me. Poi io ritengo che il mondo sia patrimonio di tutti. Quindi non tiriamo la cicca in un prato con la famosa schicchera. Ricordiamo che ad innescare un incendio ci vuole un attimo mentre a spegnerlo ci vuole tutto lo sforzo della Forestale e di molti uomini di buona volontà. Dovremmo essere tutti donne e uomini di buona volontà... La cosa che mi dispiace è che diamo per acquisite e immutabili le cose, che staranno sempre lì per noi, invece no. Anche se non credo alle previsioni catastrofiche che alle volte sentiamo, comunque quello in cui viviamo è un mondo malato e ognuno di noi dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza. L’uomo è quello che fa la differenza. Il fuoco non ha una coscienza, non ha libero arbitrio. Se usi il fuoco per accendere le candeline, per fare una bella atmosfera nel camino, la brace, una bella spigola al sale, il fuoco è straordinario. Se lo usi in maniera superficiale fai danni incalcolabili. Come dico nello spot un secondo per distruggere; cento anni, se va bene, per ricostruire. Siamo di fronte all’ennesimo caso dove la prevenzione fa molto più della cura. Sono un patito delle candele ma non le lascio mai incustodite per casa, anche se sono chiuse nel loro bicchierone di vetro. L’unica volta che mi sono distratto e sono andato a rispondere al telefono, le ho lasciate accese nell’altra stanza e ho dato fuoco alla casa al mare. Un’estate rovente ontro gli incendi circa 8 mila i forestali impegnati, dei quali 5 mila con compiti di pattuglia, pronto intervento, direzione e coordinamento delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi, raccordo dei collegamenti radio con i mezzi aerei, rilevazione scientifica dell’origine e della causa degli incendi. Il settore delle indagini sul territorio è affidato ai nuclei investigativi di polizia ambientale e forestale (Nipaf), forte di 400 uomini con il compito di individuare gli autori dei reati di incendio boschivo. A livello centrale, operano i 15 forestali del Niab, il nucleo investigativo dedicato alle operazioni di intelligence e di analisi strategica. I turni di 24 ore, per 365 giorni all’anno, delle 16 sale operative – una centrale e 15 regionali – sono assicurati da 200 forestali che smistano le segnalazioni pervenute al numero di emergenza ambientale 1515. I servizi delle basi elicotteristiche, 6 fisse e 2 stagionali, sono svolti da 230 tra piloti, specialisti e tecnici del Centro Operativo Aeromobili. Il coordinamento operativo, nazionale, regionale e provinciale, è garantito da 250 uomini, con funzione di comando e di gestione operativa delle emergenze. 3.300 gli automezzi impegnati, di cui 1.900 fuoristrada, 320 autobotti 4x4, 180 automezzi speciali – camion, scavatrici, ambulanze – e 900 autovetture. 26 gli elicotteri impegnati, di cui 4 elicotteri Erickson S64F. C 24 - Il Forestale n. 40 INCONTRI / Lo scrittore PIANETA ADOLESCENTI Scrittore, sceneggiatore e autore tv, amico delle foreste “Ho voglia di te,” film tratto dal suo secondo romanzo, è primo nei cinema e il suo nuovo libro va a ruba nelle librerie di Annalisa Maiorano ederico Moccia, scrittore da due milioni di copie con “Tre metri sopra il cielo”, è un vero fenomeno editoriale. Grazie alla semplicità narrativa e alla freschezza delle sue storie l’autore ha conquistato il grande pubblico. “Scusa ma ti chiamo amore”, il terzo romanzo già in vetta alle classifiche, è pubblicato in carta riciclata, aderendo alla campagna di Greenpeace “Scrittori per le foreste”. Moccia è quello che più di tutti tra gli autori contemporanei è in grado di far appassionare alla lettura i più giovani, avidi di identificarsi nelle avventure e negli amori dei protagonisti dei suoi romanzi. Il suo segreto è l’onestà di raccontare con semplicità le vicende e i sentimenti che tutti abbiamo provato. Il suo primo romanzo, che lo scrittore fece pubblicare a sue spese, “Tre metri sopra il cielo”, è stato poi tradotto in tredici lingue e il successivo “Ho voglia di te”, che in versione cinematografica ha sbancato i botteghini italiani, sono diventati libri specchio di una fascia di pubblico che trova in essi dei punti di riferimento. F libro ti permette di deviare e scrivere quelle pagine in più, che qualche volta nella realtà, per i motivi più diversi non ci sono state. Come fa a conoscere e a descrivere così bene i sentimenti delle donne e più in generale quelli degli adolescenti? Sono nato in una famiglia dove c’erano molte donne: ho due sorelle, due cugine, una madre e tante zie e, quando mio padre lavorava, restavo con uno stuolo di donne di tutte le età. Mi ha sempre incuriosito il diverso modo di sentire e vivere l’amore delle ragazze, rispetto a quello di alcuni uomini, che sembrano più superficiali Quanto c’è di autobiografico nei suoi libri? Sicuramente c’è un buon 50 per cento. Nei miei romanzi racconto molte delle cose che magari sono accadute fino a un certo punto della mia vita e che poi avrei voluto andassero in un certo modo, o sono le cose che non ho avuto il coraggio di dire o di fare. Racconto la libertà che a volte inevitabilmente nella vita ti manca. Un Il Forestale n. 40 - 25 quando parlano, ad esempio in palestra, delle loro storie sentimentali. Questo vuol dire perdere un po’ di quella magia di cui l’amore è dotato. L’amore è qualcosa di cui non si può parlare se non con pochi eletti, qualcosa di intimo che tieni chiuso dentro di te e che non va sbandierato. Forse questa attenzione per i giovani deriva proprio da questo ragionamento adolescenziale che è continuato in me, ma credo però, soprattutto in quest’ultimo libro “Scusa ma ti chiamo amore”, di raccontare uno spaccato di vita che riguarda tutti. Viene espressa la bellezza di un amore che non ha età, che viene vissuto a 40 anni con la stessa ingenuità e la stessa intensità di quando avevi 15 anni. Dai suoi libri emerge questa forte sensibilità verso il mondo giovanile, su cui tanto oggi si discute per gli atti di bullismo. Cosa ne pensa? Da cosa derivano questi comportamenti violenti e scorretti? Innanzitutto oggi come oggi c’è un diverso livello di capacità e di comunicazione perché la tecnologia è molto avanzata, tutti hanno il cellulare che fa le foto o che ti permette di fare filmati. Tutti vanno su internet, c’è YouTube, ci sono mille modi di poter rappresentarsi in maniera estrema, come se fosse importante esistere solo per gli altri e non per se stessi o per i propri valori. C’è questo rumoroso e costante apparire. Mi ricordo che, quando andavo a scuola o facevo il militare c’erano sempre alcuni miei coetanei che si comportavano in modo scorretto, da sbruffoni. Allora però questo atteggiamento non veniva esaltato dai mass media. Non si parla di quel 90 per cento di ragazzi che tranquillamente seguono le loro lezioni, che hanno la ragazza, che vanno ai concerti, che fanno le cose più semplici. Si parla solo di quel 10 per cento inutile che ha una devianza di fondo, che non permette loro di stare sereni e tranquilli a seguire la lezione in classe. Il bullismo è sempre esistito, la cosa brutta è il branco. Il gruppo che per un semplice no o per un rifiuto uccide o violenta. Questa è mancanza d’identità. Da dove trae spunto o ispirazione per scrivere i suoi romanzi? C’è un luogo particolare cui è molto legato? L’ispirazione mi capita di averla nei momenti più diversi e anche nei posti più particolari. Un luogo che per me è fondamentale è il mare. Ci deve essere il mare in questo momento di riflessione. Il mare mi permette di abbondare i contorni. Quando guardo il mare vedo un quadro dipinto 26 - Il Forestale n. 40 di celeste e azzurro, ma lo vedo vuoto e riesco perfettamente a dipingerlo e a riempirlo con ciò che desidero raccontare, è come un foglio che in maniera diversa mi serve per mettere a fuoco ciò che desidero raccontare. Dopo di che inizio a fare una scaletta, ed è un lavoro manuale, perché scrivo a penna e questo accade in una mansarda romana, un posto molto tranquillo. La passeggiata e il respirare la gente comune mi danno lo spunto e l’impulso per scrivere. Conosce il Corpo forestale dello Stato e cosa pensa del lavoro svolto per la tutela della natura? Beh, so un po’ tutto del Corpo forestale dello Stato nel senso che è sempre stata una realtà, quando si va in montagna o al mare, molto vicina a me. Li ho visti combattere contro le fiamme del fuoco che devastarono la pineta di Castelfusano e non solo. Avendo una casa all’Argentario ho avuto modo di incontrarli anche lì e di osservarli durante il lavoro svolto per tutelare quello splendido spaccato di terra rappresentato dalla Duna Feniglia. È stato affascinante e interessante osservarli da vicino e vedere anche con quale cura aiutano le persone in difficoltà ad attraversare le pinete. È un Corpo molto presente sul territorio, generoso e semplice nel modo di relazionarsi con le persone. I giovani sono interessati all’ambiente? C’è un messaggio che vorrebbe mandare ai ragazzi affinché anche nel loro piccolo lo proteggano e lo rispettino? L’interesse degli adolescenti è il compito, l’interrogazione, il motorino che non hai, la ragazzina del banco vicino che ti piace e così via. La scuola dovrebbe prevedere più ore di educazione ambientale, per far capire ai ragazzi che l’ambiente è un bene personale. Bisogna che sentano il pieno possesso del mondo di cui fanno parte. Questo manca un po’. I giovani vanno educati al rispetto di ciò che è pubblico e al rispetto dell’ambiente perché rappresenta il futuro di tutti noi. Personalmente odio, ad esempio, quando sono in giro sulla mia moto e sento emergere quel giovane Step che è in me, vedere persone ferme al semaforo, lanciare in tutta tranquillità carte e non solo dai finestrini dell’auto oppure aprire la portiera e svuotare il posacenere. È chiaro che solo in seguito pensi all’ambiente, perché l’ambiente è qualcosa che tu scioccamente pensi sia sempre intorno a te, sia una cosa immobile, che non cambierà e che non ha bisogno della tua attenzione. INCONTRI / Il pittore IL PITTORE DEI CAVALLI Cavalli lanciati al galoppo, donne stilizzate, beccaccini L’opera del pittore Roberto Di Jullo è una continua scoperta di Sara Lagrasta i apre le porte del suo atelier in via del Boschetto, a Roma, il pittore Roberto di Jullo: baffi appuntiti e curati, estro e giovialità. Sulla porta d’ingresso notiamo l’insolita e antica insegna “Macelleria equina”, scoperta casualmente dall’artista nei lavori di restauro della bottega. Curiosa coincidenza questa, se si pensa che sovente Di Jullo è stato definito “il pittore dei cavalli”… C Lei ha lavorato come scenografo di commedie, art-director, disegnatore. Esperienze diverse che testimoniano grande passione verso le tante declinazioni dell’arte. Ci racconta questo percorso? Ho frequentato corsi di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti e partecipato attivamente Il Forestale n. 40 - 27 “I grandi lavori d'arte sono come i lavori della natura, veri come le montagne, i ruscelli e i prati.” (Johann Wolfgang Goethe, “Massime e riflessioni”) a lavori di grafica pubblicitaria didattica. Per oltre dieci anni ho collaborato con la RAI-TV come disegnatore ai servizi del telegiornale, cercando di conciliare questa attività con la grande e costante passione per la scenografia. Alla fine ho scelto la libera professione. Il tema equestre, ricorrente nelle Sue opere, ha attraversato correnti artistico-pittoriche nei secoli: da Paolo Uccello a Caravaggio, da Leonardo a Picasso. Tra l’altro proprio il cavallo è al centro di un progetto del Corpo forestale dello Stato di valorizzazione di razze equine italiane, come la maremmana e la murgiana. Cosa evoca in lei questo animale? Il tema equestre mi è particolarmente caro, ma non per un’iconografia di facile lettura come all’apparenza potrebbe sembrare. Il cavallo esprime in toto il mio carattere e la mia vivacità; in esso trasferisco un’intenzionalità che può muoverlo fino a estreme rappresentazioni. Nella storia tutti sappiamo come il cavallo abbia interessato il potere nella maniera più assoluta: l’eleganza, la nobiltà, la plasticità, la morfologia di questo animale hanno fatto sì che, per estetica o per lavoro o per carne, fosse rappresentato come la macchina. Nella mia ricerca artistico-pittorica il cavallo ha finito per diventare a tal punto un leit motiv da attribuirmi l’etichetta di “pittore dei cavalli”, con un po’ di disappunto da parte mia poiché la rappresentazione del cavallo non è fine a sè stessa, ma l’espressione letterale di una macchina del movimento, di una plasticità dirompente, di una morfologia sempre in azione. 28 - Il Forestale n. 40 Nella sua ricerca pittorica troviamo quel dinamismo e quell’energia tipici dell’arte novecentesca uniti a forme armoniche d’impostazione neoclassica. Quali sono stati i suoi autori di riferimento? Pur senza voler copiare nessuno, può darsi che il ricordo delle avanguardie storiche del Novecento e del Futurismo in particolare si sia riversato nel mio lavoro. D’altronde tutte le figure delle mie opere hanno una spiccata componente dinamica e il cavallo, per peculiarità propria, ne ha forse ancor di più. Ecco perché talvolta ho finito per esasperarne i movimenti fino a farli divenire anche improbabili. Nei miei studi ho dato una severa e profonda occhiata al cavallo di Leonardo da Vinci, ho analizzato artisti come Francesco Messina e Théodore Géricault. Credo, infatti, che gli autori moderni debbano emulare i grandi maestri del passato con un’analisi garbata e modesta, così da riproporre i loro soggetti in una contemporaneità che affondi le radici nella storia e abbia ancora capacità di meravigliare. Qual è il suo rapporto con gli animali e con la natura? Tutto ciò che ruota o ruoterebbe intorno al cavallo è legato alla natura. La sua espressione più vera la si ottiene nel contesto naturale. Apprezzo e pratico il turismo equestre, in cui non vi sono forme di coercizione per l’animale che è libero di essere sè stesso. Sono inoltre uno studioso di alcune specie ornitologiche della famiglia degli scolopacidi, come la beccaccia, il frullino, il coccolone e il beccaccino. Da oltre trent’anni è impegnato nello studio della figura femminile. Sì, racconto una figura imperniata sull’importante funzione della vita, sull’essere moglie, madre e lavoratrice. Della donna ho scelto di sviscerare l’essenza e di raccogliere il tutto nell’embrione, nella figura primaria, nella placenta, nel nucleo. Per racchiudere queste capacità generatrici ho dilatato la figura femminile così da contenere al massimo tutti i suoi modi di essere e di abbracciare la vita. In queste pagine alcune opere di Roberto di Jullo ETOLOGIA / Il lupo BALLA COI LUPI Ricordate Cassandra, la forestale che ha allevato un lupacchiotto? Un ricercatore inglese ha deciso di vivere per 18 mesi con un branco di lupi, comportandosi come loro di Carlo Grande l lupo: una specie di guerrigliero, spesso, un “irriducibile” ai margini della società, che fa sognare gli spiriti indipendenti con il suo malinconico ululare notturno, la sua tenacia, la sua indipendenza in eterno equilibrio con la rigida gerarchia del branco. Da secoli continua a guardarci, con i suoi gialli occhi ipnotici, dall'ombra delle foreste. Ebbene, un ricercatore inglese di 42 anni, che lavora da sette nel parco naturale di Com- I be Martin, nel Devon, ha deciso di guardarlo negli occhi davvero: ed è riuscito, così dicono, a vivere per 18 mesi con un branco, comportandosi come loro, mangiando, ringhiando e ululando insieme ai figli della notte. L’uomo si chiama Shaun Ellis, l’“esperimento” gli è valso un soprannome degno dei film di Kevin Kostner o Jack Nicholson: “The Wolfman”, uomo-lupo. Shaun non si è lavato per settimane per non Il Forestale n. 40 - 29 Una forestale amica dei lupi i chiama Cassandra Vantini e la sua storia l’abbiamo raccontata già su queste pagine. È un commissario forestale che, 5 anni fa, ha avuto il privilegio di nutrire con il biberon e fare proprio da “mamma” ad un cucciolo di lupo, Isa. L’esperimento scientifico volle dimostrare che il lupo non è pericoloso per natura, ma aggredisce solo per necessità. “Le esperienze con i lupi sono sempre affascinanti – sostiene Cassandra – Io però per fortuna, a differenza del ricercatore inglese, non ho avuto bisogno di non lavarmi, né di ululare. Ho comunicato molto con Isa con i gesti”. S cambiare odore (i lupi, come si sa, sono dotati di olfatto e vista portentosi), è vissuto all’aperto con i predatori. Forse si è costruito rifugi occasionali, specialmente d’inverno, perché i lupi frequentano più tane, a seconda delle stagioni: quando nevica, ad esempio, lasciano le quote più alte e scendono più a valle. Per me, che alle foreste e ai lupi, al loro modo di vivere, ho dedicato un romanzo, questa vicenda è stata quasi la messa in pratica, in chiave moderna, della “Via dei lupi”, la storia di un bandito medievale che visse nelle foreste per dieci anni. Shaun ha dovuto imparare a ululare come i lupi per farsi sentire da lontano e segnalare la propria presenza: l’ululato, tra i predatori serve a rinsaldare i legami nel branco ed è una specie di “avvertimento” ai consimili che potrebbero sconfinare in territorio “nemico”. “I lupi sono estremamente sensibili – ha detto Shaun 30 - Il Forestale n. 40 alla fine della sua avventura – riescono anche a capire se uno cambia la dieta, quindi bisogna stare attenti a non ricadere nei comportamenti umani”. Mancano al momento ulteriori dettagli (l’intrepido Shaun avrà camminato a quattro zampe? Si sarà mosso soprattutto la sera e la notte? Sarà corso dietro ai caprioli?), ma sembra incredibile che, per quanto “abbruttito”, sia stato scambiato dai diffidenti e assai schivi animali per uno di loro, sorvolando sul fatto che fosse quello che era, cioè un uomo. L’avventura sarebbe più plausibile nei grandi spazi americani, dove si può camminare per giorni senza incontrare anima viva, non in Inghilterra, Paese altamente urbanizzato dove sembra impossibile che i lupi siano raramente (o mai) venuti a contatto con la specie umana, quella che temono di più. Eppure sembra che per farsi prendere sul non l’aveva più mollato. “Era una prova di forza”, mi raccontò il forestale che lo nutriva. Dopo mezz’ora il russo era sbiancato, stava per svenire, venne liberato dalle guardie forzando le formidabili mandibole dell’animale con un bastone. Ecco perché l’avventura di Shaun ha dell’incredibile: perché il lupo è un animale irriducibilmente selvatico, quando nasce e vive in libertà. La sua storia ha anche un happy end con la “femmina alfa”: dicono che Ellis abbia trovato l’amore nel bel mezzo dell’esperimento con una donna appassionata di animali. Si chiama Helen Jeffs, vive in una casa nel parco e si è avvicinata a Ellis perché colpita dalla sua preparazione e dedizione al progetto: “Ho dovuto imparare a ululare anch’io. All’inizio mi veniva da ridere, ma era l’unico modo per comunicare con Shaun. Alla sera uscivo e ululavo. Dicevo, in sostanza: Ti sento. Sono qui e tutti i lupi mi rispondevano”. Alcuni esperti di wolf howling, in effetti, hanno riferito che a volte sulle nostre montagne i cuccioli possono “rispondere” alle sirene delle ambulanze che passano a fondovalle. serio Shaun abbia anche ringhiato ferocemente, e che per evitare di farsi sbranare – così dicono i primi resoconti – abbia dovuto sempre comportarsi da “maschio alfa”, ovvero da lupo dominante, “sottomettendo gli altri con morsi, ringhi e aggressività controllata”. In mancanza di zanne e artigli (solo pochi manager e uomini politici sono dotati di sorriso a 32 denti, tutti canini) chissà se hanno fatto effetto le otturazioni. Quello che lascia perplessi è l’“addomesticabilità” dei lupi, cioè che possano convivere con la specie umana. Un ricercatore russo, nel Parco d’Abruzzo, entrò da solo nel recinto di un giovane esemplare che era stato trovato con un’anca rotta e che quindi era vissuto in cattività, non potendo sopravvivere allo stato selvaggio. Ebbene, il giovane lupo a un certo punto aveva stretto fra i denti il braccio del ricercatore – senza fargli male – e L’autore arlo Grande è nato a Torino ed è giornalista de La Stampa. Ha scritto il romanzo “La via dei lupi” (Ponte alle Grazie, 2002, premio Grinzane Montagna e Premio San Vidal) che parla di una ribellione avvenuta nel Trecento a Bardonecchia e in valle Varaita, in Piemonte. È la storia di un uomo libero, un Braveheart nostrano, vissuto nelle foreste per dieci anni, nella quale i lupi, da simbolo di paura, diventano emblema di libertà e coraggio. Nel 2004 ha pubblicato “La cavalcata selvaggia” e, sempre per Ponte alle Grazie, nel 2006 “Padri. Avventure di maschi perplessi”, dedicata alla crisi dei maschi. C Il Forestale n. 40 - 31 ANIMALI/Il traffico di cuccioli LA CARICA DEI 101 Un’inchiesta del Corpo forestale svela importazioni clandestine di cuccioli Viene così sventato un traffico illecito di animali provenienti dall’Ungheria e destinati al nostro Paese di Isidoro Furlan - illustrazioni per gentile concessione di The Walt Disney Italia Spa S 32 - Il Forestale n. 40 Paese. E se nella favola disneyana bisognava lottare contro maldestri e ingenui collaboratori di Crudelia, gli uomini del Corpo forestale hanno innanzitutto dovuto far fronte alla sottile perizia dei “corrieri” transalpini. Primo ostacolo da superare: gli escamotage messi in atto dai corrieri che, dalle indagini, è emerso fossero quasi sempre di nazionalità straniera. Ogni missione veniva pianificata studiando prima il tragitto da percorrere e i tempi necessari. I trafficanti sapevano molto bene quando attraversare i confini di Stato, scegliendo con accortezza il momento e il modo più opportuno. L’astuzia iniziale adottata era quella di inviare un primo autoveicolo uguale a quello che avrebbero utilizzato per il carico: con la differenza che questo primo mezzo era vuoto. Una sorta di staffetta che informava il secondo mezzo, quello che avrebbe avuto il carico con la “merce”, sulle difficoltà incontrate durante il percorso. Un altro espediente usato dai corrieri era quello attraversare il confine utilizzando © Disney e ne “La carica dei 101” della Disney il ruolo della cattiva era interpretato dalla perfida Crudelia Demon, in questa operazione condotta dal personale del Corpo forestale dello Stato del Coordinamento Distrettuale di Asiago e del Comando Stazione di Enego, in provincia di Vicenza, i cattivi sono invece dei trafficanti di cuccioli. Le due storie, una semplice frutto della fantasia, l’altra tristemente reale, hanno in comune il lieto fine: la sottrazione di 91 cuccioli dalle grinfie di cinici sfruttatori. Se volessimo raccontare la trama della storia “reale” bisogna innanzitutto precisare che non era la pelliccia maculata dei dalmata a fare da gola ai malviventi, bensì il cospicuo guadagno ricavato dalla importazione clandestina di cuccioli di diverse razze. La scena del misfatto è da collocarsi tra l’Italia e l’Ungheria: da tempo gli investigatori erano sulle tracce di un canale clandestino di importazione di cagnolini provenienti dalla Repubblica a occidente del Danubio verso il nostro © Disney veicoli monovolume o camper, spacciandosi per turisti. “Il perché di tale accortezza è facile da spiegare”, spiega Isidoro Furlan, comandante del Coordinamento Distrettuale di Asiago del Corpo forestale dello Stato. “Questi mezzi hanno delle dimensioni piuttosto grandi che consentono di nascondere al loro interno il carico”. Fermate Crudelia Grazie a meticolose indagini, frutto di informazioni confidenziali, e soprattutto di sopralluoghi, controlli, osservazioni e pedinamenti si è riusciti a bloccare definitivamente il traffico illecito. L’epilogo della storia è stato scritto in una domenica di dicembre in cui i Forestali hanno posto sotto sequestro cautelativo sanitario 91 cuccioli di cane. Gli animali erano stati rinchiusi in alcune gabbie nascoste all’interno di un furgone. Ma qualcosa, nel piano messo a punto dai corrieri, non è andato per il verso giusto: durante un posto di controllo mirato, il furgone, proveniente dall’Ungheria, e contenente i piccoli animali, ha terminato la sua corsa dinanzi al posto di controllo della Forestale. Non riuscendo così ad arrivare a destinazione, ovvero da un importatore Veneto che, in vista delle festività natalizie, avrebbe immesso sul mercato gli animali. L’operazione, denominata “La carica dei 101”, si è svolta nel Comune di Galzignano, in provincia di Padova: “I cuccioli sono stati sottoposti a sequestro cautelativo sanitario perché erano stati separati dalle madri prima dei termini consentiti dalla legge, ovvero prima del raggiungimento dei tre mesi e ventuno giorni di vita”, spiega Furlan, che ha coordinato l’indagine “In base alla normativa europea, i cuccioli di questa età, non possono essere messi in vendita e devono essere regolarmente vaccinati”. Infatti, i 91 cuccioli di cane, di diverse razze e taglie, risulterebbero nati tutti lo stesso giorno, come è poi emerso anche dalle presunte date di nascita riportate sui passaporti. “Le analisi ematiche eseguite a campione nei giorni successivi al sequestro hanno confermato le ipotesi investigative, accertando l’assenza del vaccino antirabbia”, continua Furlan. I cuccioli, per poter essere messi in vendita, inoltre, dovrebbero essere dotati di un microchip e di un passaporto sanitario che riporti le date delle vaccinazioni. Ovviamente si tratta di regole che non vengono rispettate nelle importazioni illegali per gli elevati costi dei vaccini. Così purtroppo molti di questi cani non Frequenti i controlli della Forestale ai canili. Se gli animali vengono maltrattati scatta il sequestro. Il Forestale n. 40 - 33 Udine, al confine tra l’Austria e l’Italia”. Altri accertamenti di polizia giudiziaria hanno consentito di appurare che alcuni cuccioli erano già stati scaricati in un piccolo comune del Friuli. Il passaggio attraverso il valico di Tarvisio avviene in genere di notte, quando i controlli sono meno estesi e la consegna viene effettuata di solito all’uscita del casello autostradale o nei parcheggi deserti. Secondo le stime ogni anno nel nostro Paese vengono introdotti in modo clandestino venticinquemila tra cani e gatti. Sicuramente per raggiungere un obiettivo importante come quello ottenuto dall’operazione “La carica dei 101” sarà necessario rafforzare la collaborazione tra tutte le forze di polizia. Stop ai maltrattamenti el 2005, con personale appartenente al Nucleo Operativo Antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato, viene istituito un settore con il compito di far applicare la legge n. 189/2004, che ha modificato il codice penale individuando il delitto di maltrattamento di animale (art. 544). Il 21 marzo 2007, con decreto del Capo del Corpo viene istituito il Nucleo Investigativo per i Reati in Danno agli Animali, in sigla NIRDA. Le attività sono rivolte alla prevenzione e alla repressione dei reati compiuti in danno agli animali, con specifica competenza dell’applicazione della normativa in materia di maltrattamento, abbandono e trasporto. N 34 - Il Forestale n. 40 © Disney sopravvivono perché colpiti da malattie virali, e l’averli staccati a poche settimane di vita dall’allattamento materno li priva delle difese protettive. Il commercio illegale di cuccioli è davvero fruttuoso: basti pensare che la fattura di acquisto dei cani riporta una cifra irrisoria che si aggira introno ai 50 euro. Cifra che poi viene più che decuplicata: i piccoli vengono, infatti, rivenduti a cifre che oscillano tra i 500 ed i 900 euro a esemplare. Come ogni favola che si rispetti, anche questa si è chiusa con una punizione per i malviventi, ovvero sono state elevate tre sanzioni amministrative. “Purtroppo l’importazione dei cuccioli dai paesi dell’Est è in costante crescita”, spiega Furlan, “Negli ultimi mesi gli investigatori hanno bloccato numerosi carichi illegali, lungo l’autostrada di Tarvisio, che si trova in provincia di ALIMENTAZIONE / L’olio d’oliva NON È TUTTO ORO COLATO olio era considerato dagli egizi un dono degli dei, oro giallo lo consideravano. Nella mitologia greca si narra della sfida tra Atena e Poseidone per il possesso di Atene. Cecrope, fondatore della città e primo re dell’Attica, promise il dominio a chi dei due avesse trovato il dono più utile agli ateniesi. Poseidone battè con il tridente la roccia e creò il primo cavallo che uscì dalla profondità della terra, ma la vittoria spettò ad Atena che colpì la roccia con una lancia e creò un nuovo albero, l’olivo, riconosciuto il più utile dei doni. Citato anche nei testi omerici, nell’Antico Testamento e nel Corano, l’olivo è considerato oggi l’albero più rappresentativo del clima mediterraneo. L’uso del suo prezioso frutto si è diffuso con l’espandersi dell’Impero romano ed oggi l’olio ricopre un posto fondamentale nella dieta mediterranea non solo per il suo caratteristico sapore e per la sua alta digeribilità, ma anche per i benefici effetti per l’essere umano. L’ 36 - Il Forestale n. 40 Prezioso alleato per la nostra salute, apprezzato fin dall’antichità, l’olio è uno dei prodotti più sani e tipici della tradizione mediterranea Ma le frodi incombono e la Forestale è in prima linea di Daniela Grando Un amico del cuore La presenza di vitamina E, polifenoli, fitosteroli, clorofille e carotenoidi, permette all’olio di aiutare l’organismo nella lotta ai radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare, riducendo così il rischio di cancerogenesi, di danni epatici e di arteriosclerosi. Il giusto dosaggio di acidi linoleico, linolenico e arachidonico, aiuta a combattere la formazione di colesterolo nelle arterie, favorisce la produzione del colesterolo HDL utile per l’organismo ed aiuta a combattere l’aggregazione delle piastrine, contribuendo così ad allontanare il rischio di trombosi. Infine, oltre a permettere una buona assunzione di calcio grazie alla presenza della vitamina D, aiuta a prevenire i tumori del colon e della mammella. Tutte queste preziose peculiarità dell’olio possono, tuttavia, essere messe in caso di sofisticazione del prodotto. Stop alle frodi Come ci spiega Gianluca Baiocchi, del Corpo forestale dello Stato, spesso ci si può trovare davanti a vere e proprie frodi che minacciano la purezza del prodotto finito. Si possono trovare, infatti, oli extravergini non puri, che contengono diverse percentuali di oli raffinati, di semi, di oliva, miscele di oli di nocciola (che hanno una composizione chimica ed organolettica simile all’olio di oliva), oli di sansa (uno scarto, insieme all’acqua di vegetazione, prodotto dalla lavorazione dell’olio) od oli dichiarati non commestibili. Inoltre, possiamo trovare anche oli colorati chimicamente attraverso l’aggiunta di clorofille, oli con parametri analitici non conformi alla classificazione, oli di semi (anche modificati geneticamente) commercializzati come oli di oliva o anche oli di oliva che diventano extravergini grazie a dei processi chimici, che permettono facilmente di ripulire, deodorare una sostanza. Un’altra truffa che si incontra di frequente è la cosiddetta triangolazione. Se un carico di olio proveniente da un paese qualsiasi, anche extracomunitario, non subisce controlli durante il trasporto, quando arriva in Italia può essere trasformato facilmente in olio nostrano eliminando i documenti di viaggio. In questo ambito il Corpo forestale dello Stato effettua diversi controlli sia ambientali per quanto riguarda lo smaltimento delle sostanze di scarto della lavorazione da parte dei frantoi, sia agroalimentari per quanto riguarda il prodotto finito, attraverso analisi di laboratorio di alcuni campioni prelevati. Per esempio, in caso si trattasse di olio di oliva miscelato con dell’olio di sansa, le analisi rivelerebbero la presenza di alcune polveri sottili (PM10) tipiche, in grande percentuale, solo dell’olio di sansa; nel prodotto puro, infatti, vengono eliminate durante la lavorazione attraverso il filtro dei carboni attivi. Per difendersi dalle frodi il consumatore ha pochi ma precisi strumenti a sua disposizione. Innanzitutto deve diffidare dagli oli venduti in bottiglie senza etichetta o in caso di olio prodotto artigianalmente, deve avere piena fiducia del commerciante a cui si rivolge. Quando acquista una bottiglia deve poi controllare che sull’etichetta sia indicata l’origine del prodotto e il frantoio da cui proviene. Inoltre, il consumatore può inoltre controllare se si tratta di un prodotto DOP, IGP o biologico. Un olio DOP (Denominazione di origine protetta) indica che tutto il ciclo di produzione del prodotto è avvenuto in una determinata zona, o regione, mentre un olio IGP (indicazione geografica protetta) indica che solo una delle fasi di produzione è stata Il Corpo forestale opera sia controlli ambientali che agroalimentari sugli oleifici. Il Forestale n. 40 - 37 effettuata nella zona di origine. Infine un olio biologico indica un prodotto per il quale non siano utilizzati diserbanti o fitofarmaci che distruggano equilibri naturali e, durante il ciclo di produzione, sia stato rispettato pienamente il paesaggio, riducendo l’inquinamento delle falde e difendendo il territorio. Bisogna considerare però che la normativa vigente, il regolamento comunitario 1019/2002 dispone che l’indicazione del paese di origine del prodotto sia facoltativa, dunque se il consumatore non troverà questo dato specificato vorrà dire che quasi certamente si tratterà di un olio estero o di un olio italiano miscelato con un olio importato per una percentuale superiore al 75 per cento. Infatti se un olio nostrano raggiunge il 75 per cento e il resto del prodotto risulta importato da un paese della Ue, allora potrà avere l’etichetta di olio italiano. In senso più ampio non esiste effettivamente un criterio oggettivo per valutare la qualità dell’olio. Dalle analisi chimiche si possono individuare dei parametri oggettivi come l’acidità, ma non sono un criterio soddisfacente per valutare il suo livello qualitativo. Uno dei metodi considerati più “oggettivi” è la valutazione delle caratteristiche organolettiche attraverso il cosiddetto panel test durante il quale dieci assaggiatori esperti degustano e valutano le caratteristiche degli oli dal punto di vista olfattivo, visivo e gustativo. Indagini di ogni tipo, anche contro gli OGM Tra i metodi analitici per individuare le sofisticazioni c’è la spettrofotometria U.V., che permette di individuare se un olio d’oliva è vergine e di classificarlo commercialmente; di individuare se proviene da un processo di raffinazione; di riconoscere una miscela tra un olio vergine e uno raffinato. L’analisi gascromatografica degli acidi grassi permette di ottenere un’immagine con picchi ben visibili per tutti gli acidi grassi, anche quelli in tracce. Si può ottenere un cromatogramma dove si distingue il picco caratteristico dell'acido elaidinico, dopo quello oleico, indice di olio ottenuto non da pressione ma proveniente da esterificati, da oli rettificati, da oli di sansa rettificati. L’analisi gascromatografica degli steroli, infine, permette l’individuazione di frodi dovute anche a oli vegetali provenienti da piante modificate geneticamente: la composizione sterolica è tipica di ogni sostanza grassa, e non si modifica per eventuali variazioni genetiche della pianta. Alcune piante oleaginose danno oli di composizione acidica molto vicina a quella dell’olio di oliva, come ad esempio l’olio di cartamo e colza. Ladri di ulivi n Puglia, la maggiore regione olivicola al mondo, purtroppo, continua il fenomeno per il quale ulivi secolari vengono trapiantati nel Settentrione ad ornare i giardini delle ville. Le associazioni, Italia Nostra in testa, si battono perché questo non accada ed hanno avanzato la proposta d’istituzione di un Parco Agrario a tutela degli ulivi secolari pugliesi. La fascia protetta dovrebbe essere quella della costiera adriatica pedecollinare, compresa tra le province di Bari e Brindisi. Sarà un argine all’insidia dello sradicamento? © Angela Brucoli I 38 - Il Forestale n. 40 COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA L’ORO DI ASCOLI La storia delle olive ascolane risale all’antichità e Plinio era già un grande amante della varietà di oliva impiegata nella nota ricetta La tradizione va avanti di Antonella Castelli e Francesca Samà – foto di Giorgio Ciccanti re tipi di carne (manzo, suino e pollo), parmigiano, uova, cipolla, carota, sedano e noce moscata. Ma manca un ingrediente, quello fondamentale, per la riuscita di uno dei piatti più rappresentativi della gastronomia marchigiana: l’oliva tenera ascolana, denominata anche “Liva Concia” o “Oliva di San Francesco”. È la regina tra le olive verdi da mensa, è un patrimonio del nostro territorio agricolo e, soprattutto, costituisce la base della prelibatezza gastronomica dell’oliva farcita e fritta all’ascolana. Ormai è possibile trovare quasi ovunque i piccoli “ovali dorati”: dalla rosticceria sotto casa alla pizzeria del centro, dalla trattoria con le tovaglie rosse a quadri ai bar che propongono l’happy hour. Persino nei ristoranti di nouvelle cuisine, a volte, le olive ascolane vengono servite con l’aperitivo. Le olive “farcite e fritte all’ascolana” sono inequivocabilmente il piatto che distin- T Il Forestale n. 40 - 39 Ricetta originale delle olive farcite e fritte all’ascolana Dose per circa 120 chicchi Ingredienti 1 chilo di olive “Tenera Ascolana” 300 grammi di carne magra di manzo 300 grammi di carne magra di maiale 300 grammi di carne di pollo 100 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato 50 grammi di pecorino grattugiato 4 uova intere una presa di noce moscata pane grattugiato, farina di grano tenero 1 bicchiere di olio extravergine di oliva 1 bicchiere di vino bianco una cipolla, una carota, un gambo di sedano sale, pepe mezzo bicchiere di purea di pomodoro l’olio necessario alla frittura Preparazione Le olive devono essere snocciolate praticando un taglio elicoidale intorno al nocciolo, senza spezzarne la polpa che risulterà a forma di molla, lasciandole poi nell’acqua salata per non farle annerire. Per il ripieno: tagliare le carni in pezzi grossolani, farle rosolare in una pentola con l’olio, la cipolla, il sedano e la carota, salare, pepare. Lasciare cuocere il tutto aggiungendo il vino bianco; versare poi la purea di pomodoro. Macinare finemente la carne e aggiungere il sugo passato al colino. In una terrina lavorare a mano il macinato, il parmigiano, il pecorino, due uova leggermente battute e la noce moscata. Farcire le olive snocciolate con il ripieno in modo che riprendano la forma originale (non devono diventare polpette o troppo allungate), infarinarle e passarle prima nell’uovo battuto e quindi nel pane grattugiato. Friggere, in abbondante olio e a fuoco vivace, le olive poche per volta in modo che possano muoversi dentro la padella con un leggero movimento rotatorio che ne garantirà la cottura uniforme. Quando sono ben dorate, sgocciolarle e disporle su una carta assorbente. Servirle calde accompagnate dagli spicchi di limone. Possono essere consumate anche fredde. 40 - Il Forestale n. 40 gue la gastronomia picena e, anche se negli anni si sono affermate proposte alternative alla ricetta originale, comunque nate nel rispetto delle peculiarità delle diverse zone, è stato conservato un denominatore comune: la “Tenera Ascolana” della varietà “Olea Europea Sativa”. Già nell’antichità le olive in salamoia (verdi e nere) rappresentavano un pasto ritenuto nutriente, tanto che i legionari romani se ne nutrivano e portavano sempre nelle loro bisacce un pugno di olive per i momenti più difficili. Erano considerate indispensabili, così come le focacce e il farro. Tante e autorevoli testimonianze, infatti, confermano che questo tipo di oliva, insieme alla frutta, ai fichi secchi e al vino cotto ascolano, era conosciuto ed apprezzato fin dai tempi remoti. Plinio le considerava tra le migliori olive. Secondo il letterato, l’olio prodotto vinceva tutti gli altri per qualità. Erano i tempi in cui i romani venivano riforniti da Ascoli, attraverso la Salaria, di ortaggi, vino e, appunto, olive. Plinio, inoltre, le elevò al grado di rimedio contro la renella e la carie dentaria, mentre Catone forniva diversi suggerimenti per condire questi frutti dell’olivo e prepararci una buona salsa. Un altro autore, Marziale, aveva un debole per le olive picene e le consumava sia come aperitivo che a fine pasto; egli, per di più, descriveva i recipienti per raccogliere, conservare e trasportare le grosse olive verdi immerse e galleggianti nell’acqua. Il papa Sisto V, insieme a prìncipi e cardinali, nel 1583 esprimeva particolare apprezzamento per le olive ascolane e si dice che provvedesse personalmente a farle spedire in Vaticano. Non mancano gli apprezzamenti per le buonissime e “colossali” olive da parte di Gioacchino Rossini, Giuseppe Garibaldi, Giosuè Carducci e Giacomo Puccini. Erano tutti buone forchette che tra una nota musicale, un colpo di sciabola, un’ode e una paterna benedizione, avevano presente che l’uomo non vive per mangiare ma… che il buon mangiare aiuta l’uomo a vivere. L’invenzione delle olive ripiene e fritte è datata intorno al 1800: furono create forse da un abile cuoco sconosciuto che prestava servizio presso una nobile famiglia ascolana. Esistono innumerevoli varianti e rielaborazioni delle olive farcite e fritte, tra cui si ricorda la variante di San Benedetto del Tronto con ripieno di pesce. Tuttavia resta intatto il fascino della ricetta originale, quella tramandata di generazione in generazione, che – pur convivendo con le rielaborazioni costantemente aggiornate dalle esigenze evolutive del tempo – rimane parte integrante della cultura picena. EDIL C.I.T. SRL CASILINA IMPIANTI TECNOLOGICI Finiture di natura edile - Intonacatura Rasatura - Tinteggiatura - Verniciatura Impianti termici e di condizionamento Impianti elettrici, idraulici e solari Coibentazione termica Via Sassonegro, 59 – 00169 Roma Tel./Fax 06.2678282 VITA DEL CORPO Alle armi! Nuove strutture a Pescara Si è svolto, dal 26 marzo al 27 aprile, presso la sede di Antrodoco della Scuola Forestale di Cittaducale, il Corso di qualificazione per Armaioli del Corpo forestale dello Stato. È la seconda volta che il corso viene organizzato e gestito completamente dal Corpo, mentre i cinque corsi precedenti si erano tenuti presso le strutture dell’Esercito Italiano. Al Corso hanno preso parte 33 persone tra ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti del Corpo forestale dello Stato provenienti da tutta Italia e dalle Scuole. Al termine del percorso formativo, che prevedeva test intermedi a cadenza settimanale, i partecipanti hanno sostenuto un esame teorico-pratico. Tutti hanno superato brillantemente gli esami con soddisfazione da parte degli istruttori, dimostrando così di aver acquisito quelle competenze e conoscenze indispensabili per chi nelle sedi periferiche andrà a rivestire un incarico delicato e di responsabilità. Sono state inaugurate dal Capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, lo scorso 10 maggio, le nuove strutture del Comando provinciale di Pescara che comprendono la sede del Nipaf (Nucleo investigativo polizia ambientale e forestale), il Comando Stazione di Pescara oltre che il nuovo hangar presso l’aeroporto di Pescara, i cui lavori sono ora in fase avanzata. Centinaia i partecipanti all’inaugurazione, autorità civili, militari e religiose. Il comando è intitolato al maresciallo Giovanni Fusarelli, medaglia d’oro al valor civile. Morì, a 43 anni, nel 1991, sulle montagne del parco nazionale d’Abruzzo. Il forestale era impegnato nel tentativo di raggiungere un aereo disperso ad alta quota e venne travolto da una valanga su un costone ad altissimo rischio. In alto, la cerimonia inaugurale con il taglio del nastro. Cartolina In questa rubrica vi proponiamo un’immagine tratta dagli archivi del Corpo forestale dello Stato e selezionata da Claudio Sanchioli. Siamo nel 1950 a Sella di Leonessa, sul monte Terminillo (Rieti). È un momento di festa e allegria. Le guardie forestali, che frequentano il primo corso per allievi sottufficiali del dopoguerra presso la vicina Scuola di Cittaducale, sono in gita. 42 - Il Forestale n. 40 VITA DEL CORPO Dentro il cratere del Vesuvio Dieci uomini del Soccorso Alpino Forestale (SAF) del Corpo forestale dello Stato, insieme a volontari della Protezione Civile, si sono calati a duecento metri di profondità tra le fumarole ricche di gas che si generano poco sopra la bocca del Vesuvio per recuperare i rifiuti speciali abbandonati nel cono del cratere. Hanno così portato in superficie 11 copertoni, 5 batterie esauste, 2 fusti di plastica e altri rifiuti speciali. Gli uomini del SAF hanno poi messo in sicurezza l’intera area che circonda il vulcano per consentire il recupero dei rifiuti. Il territorio vesuviano è stato a lungo oggetto di sfruttamento da parte di organizzazioni malavitose che realizzavano cave e discariche per lo smaltimento illecito dei rifiuti dei diversi comuni della Campania. È necessario tutelare in ogni modo l’area del Parco nazionale del Vesuvio, l’unico complesso vulcanico continentale ancora attivo in Europa. MONDO CITES Cactus, l’operazione Atacama di Marco Fiori Da sempre ci occupiamo di tutela delle specie minacciate, attraverso l’applicazione di Regolamenti comunitari o Convenzioni internazionali come la Cites. Anche se è il traffico di fauna protetta a riempire da sempre le cronache, anche il commercio illegale di flora appare sempre più significativo. È il caso del legname tropicale, delle orchidiacee, ma ultimamente con maggiore pericolosità il fenomeno interessa le piante cosiddette succulente. È il mondo delle oltre 10.000 piante che si sono specializzate in climi e ambienti siccitosi ove gli habitat sono montuosi, desertici, anche freddi e ventosi e l’acqua spesso si presenta solo allo stato solido. Tra queste si distinguono circa 1.500 specie di cactus. Sono le succulente prive di foglie che hanno specializzato gli aghi per raccogliere la condensa e difendersi dagli erbivori. Sono tutte native del Nuovo Mondo e tutte inserite nelle appendici I e II della Cites. Alla loro sopravvivenza è legato il destino dei delicati e fragili biotopi di provenienza e la vita di migliaia di specie di animali. Molte specie hanno nomi buffi come il “cuscino della suocera” o sono legate alle tradizioni e all’economia dei popoli, come l’agave da cui si ricava la tequila, o l’aloe famoso per le proprietà antiossidanti, o ancora i famosi “bastoni della pioggia” propiziatori e scacciapensieri ricavati dal legno delle Echinopsis. Molte di queste piante sono oggetto di prelievo illegale, come ha scoperto la Sezione Investigativa Cites di Roma con un’indagine partita da sequestri alla dogana della posta aerea di Fiumicino. In diversi pacchi postali sono stati sequestrati oltre 250 cactus della specie Copiopoa provenienti dal deserto cileno di Atacama. L’operazione “Atacama” ha portato alla esecuzione di decine di perquisizioni in Italia e al sequestro complessivo di oltre 500 rare specie di cactus protetti dalla Cites. Tutti prelevati in natura, esportati illegalmente dal Cile ed altrettanto illegalmente introdotti in Italia in maniera fraudolenta mediante pacco postale. I cactus venivano individuati da gruppi organizzati di italiani durante appositi viaggi nel deserto e localizzati con Gps. Le informazioni venivano poi trasmesse attraverso i blog alla rete dei collezionisti senza scrupoli. Una delle più importanti indagini condotte dal Servizio Cites ha ricostruito così un traffico illegale dal prelievo in natura, seguendone il percorso, sino alle destinazioni italiane ed europee. Il Forestale n. 40 - 43 SPORT Forze della Natura di Gianluca Mancinelli e Giovanni Esposito Manuela Torazza e Vincenzo Alliegro. Parlando di “forze della Natura” non si può fare a meno di pensare anche a quegli atleti che da anni indossano con grandi sacrifici i colori biancoverdi del Gruppo Sportivo Forestale e con tanta umiltà tengono viva una sezione tutta particolare dedicata ad uno sport certamente antico seppur di nicchia: il sollevamento pesi. Le origini storiche della disciplina si perdono nella notte dei tempi, da quando gli antichi greci e romani usavano piccoli manubri per mantenersi in forma. Ad Olimpia, nella prima Olimpiade, si sollevarono enormi massi per stabilire chi fosse il più forte, ma l’evoluzione tecnico/stilistica della pesistica è arrivata ai giorni nostri proponendo nuove accelerazioni, ridotte traiettorie e fluidità nei movimenti facendo del pesista sicuramente l’atleta che meglio esprime la forza e la potenza. Il ricordo dei molti appassionati si ferma ai giorni della Federazione Lotta Pesi Judo allargatasi poi con l’introduzione del Karate; ma in fondo rimane solo qualche traccia della FILPJ nella tabella affissa alla vecchia palestra della scuola di Cittaducale. Oggi il rinnovamento della pesistica italiana passa attraverso la FIPCF, acronimo della più recente federazione pesistica e cultura fisica, 44 - Il Forestale n. 40 che da qualche anno ha fuso perfettamente le antiche tradizioni alle più moderne tecnologie. È nata quindi una nuova idea del sollevamento pesi, non più legata al pregiudizio di chi voleva considerarla come disciplina ordinaria e quindi pericolosa per un sano sviluppo fisico e fortemente caratterizzante per la fisicità brevilinea dei suoi praticanti. Si può infatti affermare che i pesi, per la loro valenza universale, si propongono come specialità di ausilio a tutte le discipline sportive. Tanti cambiamenti quindi nel mondo della pesistica, ma anche tante tradizioni che in forestale si rinsaldano nella fattiva collaborazione e nell’ormai consolidato legame con il settore Lotta; la stessa direzione tecnica è stata affidata a Vincenzo Alliegro, per anni atleta di spicco del Centro Sportivo e oramai collaudato allenatore dei “cugini” lottatori. Tra gli atleti veterani la punta di diamante è Manuela Torazza, pluri campionessa italiana per la categoria femminile dei 69 chili (limite massimo consentito per il peso corporeo), con alle spalle tante gare internazionali e lusinghieri piazzamenti anche nella sua precedente carriera dedicata ai lanci per la sezione Atletica Leggera. Importanti i suoi primati personali e record italiani nelle due modalità olimpiche; nello strappo, l’esercizio eseguito in un unico movimento, ha sollevato 95 chili e nello slancio, quello in due movimenti e cioè prima sulle spalle e poi in alto, ha sollevato ben 110 chili. Nell’ultimo campionato italiano senior svoltosi ad Ostia il 24 marzo scorso, nonostante abbia sollevato qualche chilo in meno, è salita sul gradino più alto del podio guadagnando di diritto il ruolo di favorita alla prossima rassegna nazionale che si svolgerà a Cervignano del Friuli. Per lei l’appuntamento clou è comunque fissato ai Giochi del Mediterraneo di Pescara 2009. Sugli scudi pure Manuela Ferrari che tornata sulle pedane nazionali dopo un periodo di riposo forzato per infortunio, ha sfiorato l’oro nella categoria 75 chili. Il secondo posto può lasciare l’amaro in bocca per certi versi ma fa ben sperare per il prossimo appuntamento nazionale di dicembre, dove l’agente scelto di Torino potrà sicuramente ambire al metallo più prezioso. Nulla di scontato certo, anche perché nel sollevamento pesi la competizione non è solo con l’avversario. Quando si arriva in pedana, e il tempo a disposizione sta per scadere, la sfida alla gravità, identificata nell’uso di un freddo bilanciere di ferro, ricorda mitologiche imprese. Quelle del titano Atlante per esempio, costretto a sorreggere per l’eternità il peso della volta celeste, oppure quelle del semidio Sisifo, condannato per aver ingannato la morte a trasportare per sempre pesanti macigni. Entrambi puniti da Zeus, entrambi eroi nella tenacia e nell’ostinazione, comunque figure rimaste nella leggenda per essere riuscite a superarsi nella fatica. ATTREZZIAMOCI Bastoncini per tutti © M. Sances di Goffredo Filibeck “E gli sci dove li avete?” fu la domanda dell’anziano massaro, mentre attraversavo a piedi un paesetto alle falde dell’Etna. Era la prima escursione in cui i bastoncini telescopici da trekking erano entrati a far parte del mio equipaggiamento, dopo che li avevo guardati con diffidenza per anni. Da allora, mi sono sentito ripetere frasi simili moltissime volte. Sì, perché dei bastoncini in montagna ora faccio difficilmente a meno, specialmente se devo portare uno zaino pesante o se mi attendono lunghe discese. Questi strani attrezzi, infatti, trasformano l’escursionista da bipede in quadrupede. Forniscono perciò trazione aggiuntiva in salita: come le quattro ruote motrici in un fuoristrada. Ma, soprattutto, offrono appoggio addizionale in discesa: scaricano a terra una parte del peso del corpo (e dello zaino!), attenuando così le sollecitazioni sulla colonna vertebrale e sulle ginocchia, a lungo andare potenzialmente dannose. Si calcola che in media i bastoni risparmiano a gambe e schiena circa il 25 per cento del peso. Vanno usati sempre in due: con uno solo l’effetto è quasi nullo; inoltre ci si espone al rischio di pericolosi movimenti di torsione. La lunghezza va regolata con attenzione: minore in salita (avambraccio flesso a 30 gradi), maggiore in discesa (flessione di 90 gradi). Essenziale l’utilizzo della cinghia per l'appoggio del polso. Il movimento deve essere quello naturale: si porta avanti il bastoncino dello stesso lato della gamba che avanza. In discesa ripida, però, può essere più utile portare simultaneamente avanti entrambi i bastoni, sui quali appoggiare tutto il peso. Per la scelta, quelli con impugnatura a T lasciamoli a chi va a passeggiare al lago: scegliamo l'impugnatura dritta o inclinata a 15 gradi. I modelli migliori hanno un ammortizzatore per le discese, ma questo ha lo svantaggio di renderli più pesanti. VITA ALL’ARIA APERTA Un mare di meduse Il mare sempre più caldo fa sì che le meduse aumentino a dismisura. Come fronteggiare questa invasione? Certamente bisogna fare attenzione perché coi loro filamenti possono causare bruciore e dolore terribile, anche gravi avvelenamenti. È infatti con questi filamenti che esse catturano le loro prede. È sorprendente il fatto che esistano dei pesci immuni da questi veleni; anzi si mettono al riparo dai nemici proprio sotto la campana di certe meduse e depongono perfino le uova in questo inverosi- mile nido, per far sì che i loro piccoli nascano sotto questa formidabile protezione. Può capitare, anche stando molto attenti, di essere colpiti dalle meduse. Se siete vicino a un presidio medico potete applicarvi dell’ammoniaca oppure utilizzare uno degli appositi stick in commercio che contengono la stessa sostanza. Altrimenti, una soluzione più naturale se non avete a disposizione altro è quella di applicare dell’urina sul punto in cui siete venuti a contatto con la medusa. L’urina contiene, infatti, dell’ammoniaca. Semplice ed efficace. Il Forestale n. 40 - 45 OMNIBUS Discariche in Campania, in pericolo la catena alimentare Lista rossa, oltre 1.200 uccelli a rischio d’estinzione La diossina, provocata dalla bruciatura dei rifiuti, contamina acqua, terreno e piante, passando nel grasso degli ovini e da lì in latte e carne. È il risultato di una ricerca condotta dal Cnr negli allevamenti di Napoli e Caserta. “Le discariche abusive e la sistematica bruciatura dei rifiuti ha comportato un notevole accumulo di inquinanti ambientali, tra i quali le diossine, sostanze altamente tossiche e cancerogene”, spiega Leopoldo Iannuzzi dell’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo (Ispaam) del Cnr di Napoli. La situazione è peggiorata con l’incendio sistematico dei cassonetti da parte della popolazione locale, che ha inconsapevolmente favorito l’entrata nel ciclo vitale di questo veleno, che inizialmente si deposita su erba, terreno e acque, fissandosi successivamente nei tessuti adiposi degli animali (incluso il grasso del latte) che hanno ingerito cibo contaminato. 1.221 specie di uccelli minacciate di estinzione. Altre 812 rischiano di diventarlo a breve. Sono i dati della nuova Lista Rossa sugli uccelli, redatta come ogni anno da BirdLife international. Lo studio, effettuato su diecimila specie di uccelli selvatici in tutto il mondo, lancia l’allarme: oltre un quinto delle specie, pari al 22 per cento del totale, rischiano di scomparire dal pianeta a causa del degrado e della scomparsa degli habitat, dell’invasione di specie aliene, dell’ambiente sempre più inquinato. Grande preoccupazione, in particolare per cinque specie di avvoltoio che entrano a far parte delle specie più minacciate: tra di esse il capovaccaio, nidificante anche in Italia con poche coppie, e il grifone di Ruppel. Gli avvoltoi sono minacciati, dal declino o dalla scomparsa dell’habitat in cui vivono, dagli avvelenamenti e dalla scarsa disponibilità di cibo, costituita dalle carcasse di ungulati selvatici deceduti. © Greenpeace © Greenpeace Per gli italiani inquinamento grave come la disoccupazione Il 70,3% degli italiani considera l’inquinamento un problema grave come la disoccupazione. Il dato emerge da un sondaggio de La Nuova Ecologia. Secondo il sondaggio, l’87,2% degli italiani ritiene che l'inquinamento sia causato dalle attività dell’uomo, ma sono pochi quelli disposti a cambiare il proprio stile di vita: solo il 28,1% rinuncerebbe all’auto di proprietà e appena il 36,3% sta pensando di sostituire i propri elettrodomestici con modelli ad alta efficienza. Le uniche azioni che godono dell'approvazione generale sono la raccolta differenziata, che svetta all’86,2%, la sostituzione delle lampadine con quelle a basso consumo (72,5%) e l’attenzione ai consumi domestici come spegnere la luce quando si esce dalla stanza (75,1%). Il 64,8% degli intervistati ritiene l’effetto serra un problema urgente e solo il 20% si ritiene poco informato a riguardo. A essere maggiormente consapevoli del problema climatico sono le donne (54,5%). © Lipu La Lipu premia il Capo del Corpo, Cesare Patrone Uno speciale binocolo è il riconoscimento da parte della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) a Cesare Patrone, Capo del Corpo forestale dello Stato. La consegna è avvenuta, in occasione dell’Assemblea Nazionale Lipu che si è svolta lo scorso giugno, nelle mani di Ugo Mereu, Comandante regionale della Lombardia. “Riteniamo che questo premio sia ampiamente meritato dal Corpo forestale dello Stato – scrive il presidente della Lipu, Giuliano Tallone – per i risultati conseguiti grazie all’attività dei suoi Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale e Forestale, che hanno permesso di individuare i responsabili di notevoli traffici di rifiuti speciali e pericolosi che operavano in tutto il territorio nazionale, permettendo alle varie Procure della Repubblica di intervenire ed emanare severi provvedimenti nei confronti dei responsabili”. Un altro premio è andato invece a Emilio Giudice, direttore della Riserva del Biviere di Gela, gestita dalla Lipu. 46 - Il Forestale n. 40 OMNIBUS © Greenpeace/Guermani In Italia legname tropicale dal Congo, denuncia Greenpeace L’associazione ambientalista Greenpeace ha tentato di bloccare, a maggio scorso, lo scarico della nave “Andreas K”, che trasportava legname proveniente in gran parte dalla Repubblica democratica del Congo. Sono scattati subito i controlli del Nucleo Operativo Cites del Corpo forestale dello Stato di Salerno, ma la nave è ripartita e anche se i documenti risultassero in regola rimane la difficoltà di bloccare legname che in maniera distruttiva e spesso illegale arriva nel nostro Paese. Tra le essenze trasportate, legnami pregiati come afrormosia, iroko e wengè. L’afrormosia, una delle essenze trasportate dalla “Andreas K”, è considerata minacciata dall'IUCN e secondo la convenzione internazionale CITES non può essere esportata senza uno speciale permesso. Proveniente dall’Africa, l’afrormosia è particolarmente rara: cresce solo nelle foreste pluviali ed è molto sfruttata perché apprezzata per i parquet. “L’Italia – ha detto il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio – ha una responsabilità nel commercio mondiale di legname tropicale poiché, avallando con il commercio del legname un sistema di deroghe che non dà garanzie di adeguati controlli, si corre il rischio di un possibile danno ambientale in uno degli ecosistemi più importanti del mondo”. LIBRI Clima, come agire Mandrilli per gioco Per l’intelligence Che cosa è il clima? Cosa possiamo dire con certezza dei cambiamenti climatici? Un aiuto ci viene da questo libro, destinato agli addetti ai lavori ma molto chiaro nell’esposizione delle attuali conoscenze sul tema. Quando si mettono insieme un giornalista esperto di temi ambientali e uno scienziato che da 14 anni fa parte del gruppo di ricerca delle Nazioni Unite sul clima, i risultati si vedono. Il libro, molto tecnico ma chiaro, illustra i fenomeni, gli scenari temporali dei rischi e propone anche delle strategie da mettere in atto. Attenzione, l'idea di evitare il cambiamento climatico non c'è più, perché la CO2 è aumentata del 35 per cento in due secoli e continua a crescere. L’umanità ora deve adattarsi, così deve accadere per gli ecosistemi forestali e il più rapidamente possibile. Siamo monogami o poligami? È un argomento dei più discussi, tanto nelle sedi scientifiche quanto sotto l’ombrellone sulla spiaggia. Il mondo degli animali fornisce molti spunti interessanti per rispondere all’annosa questione, mostrando quanto siano varie le soluzioni familiari. Per avere puntuale risposta ai nostri quesiti, non ci resta che seguire il biologo Francesco Petretti in “Sesso! Mandrilli si nasce o si diventa?”, un viaggio nel mondo del sesso fra gli animali, con un ampio capitolo dedicato proprio alle api di cui l’autore scrive in questo numero de Il Forestale. Ma si parla anche di altri esponenti della microfauna: calabroni, grilli, mantidi religiose, malmignatte, mosche, rospi e vedove nere. In linea con l’approccio delineato in “La lotta anticrimine. Intelligence e azione” del capitano Ultimo, di cui costituisce un approfondimento, il testo analizza l’intelligence investigativa in ogni aspetto. Il libro nasce dalla riflessione maturata nell’ambito dei Corsi Avanzati di Analisi Criminale per Funzionari ed Ufficiali, tenuti presso la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia. “L’analisi di contesto” muove dalla necessità dell’autrice, operatrice di polizia, di sentirsi in qualche modo consapevole della realtà criminale, osservando, studiando e interpretando il tessuto sociale. La lotta anticrimine non può prescindere, per essere vincente, dalla conoscenza approfondita del territorio e delle sue dinamiche. SESSO! MANDRILLI SI NASCE O SI DIVENTA? Francesco Petretti Perdisa editore 177 pp., euro 18 L’ANALISI DI CONTESTO PER LA LOTTA AL CRIMINE Tiziana Montefusco Edizione Laurus Robuffo Roma, 2007 181 pp., euro 14 CLIMA: ISTRUZIONI PER L’USO Vincenzo Ferrara e Alessandro Farruggia Edizioni Ambiente 320 pp., euro 20 Aspromonte a piedi, in bici o a cavallo Un viaggio per le vette del Parco Nazionale d’Aspromonte. Il libro è frutto dell’amore dell’autore per il territorio calabrese e per la bicicletta. Sono 40 gli itinerari consigliati dalle pagine di “Aspromontando”. Ogni percorso è corredato da un utile riquadro planimetrico col tragitto da seguire per le mete prefissate. Per le escursioni, specialmente di alta montagna, ci sono preziosi rilevamenti altimetrici, ma anche riferimenti fotografici per agevolare l’orientamento degli escursionisti. Oltre 200 foto sono a corredo degli itinerari. All’inizio di ogni tappa c’è la descrizione anche di come “avvicinarsi in auto” per raggiungere il “punto di partenza ufficiale” dei percorsi suggeriti da questo interessante libro. Il testo può essere considerato un manuale pratico per chi, a piedi, in bicicletta o a cavallo, si muove nel territorio per esplorare l’Aspromonte senza offenderne la bellezza ancora intatta ed i religiosi silenzi. In fondo si tratta di un’opera della serie “tutto quello che avreste voluto sapere o vedere e non avete mai osato chiedere sull’Aspromonte”. ASPROMONTANDO… IN BICI, A CAVALLO E A PIEDI TRA STORIA E NATURA Diego Demaio - Nuove Edizioni Barbaro Reggio Calabria, 2007 - 191 pp., euro 14 48 - Il Forestale n. 40 JUNIOR Cari amici, da questo numero dedichiamo alcune pagine a voi, ai lettori più piccoli. Come sapete, abbiamo lanciato un concorso per trovare un nome alla mascotte del Corpo forestale dello Stato. Sono arrivate tantissime proposte interessanti e presto vi sveleremo il nome vincitore. Intanto perché non ritagliate la nostra mascotte e potete metterla in piedi piegando la base di carta bianca e incollandola su un cartoncino! RITAGLIA LA MASCOTTE ✄ EDUCARE O INSEGUIRE I CRIMINALI? Tutte e due le attività sono importanti per i Forestali. Il Corpo ha 184 anni, più o meno tanti quanti quelli di una quercia secolare. Da tre anni una legge stabilisce che è un compito fondamentale dei Forestali l’educazione ambientale: andare nelle classi a parlare con voi ragazzi, accompagnarvi a scoprire le riserve naturali più belle del nostro Paese. Il Forestale n. 40 - 49 I MEZZI DELLA FORESTALE Il quad Gli uomini della Forestale si spostano con i mezzi più insoliti, anche il quad. Che non vuol dire “quaderno”, ma sta per “quattro”, quante sono le ruote del mezzo. Sembra una moto da cross ma con delle ruote esageratamente grandi e poi, appunto, sono quattro! Il Corpo forestale ha comprato alcuni di questi mezzi per usarli su terreni difficili, di montagna, dove bisogna guadare torrenti e inerpicarsi in mezzo i boschi. Il quad si guida come uno scooter ma è più potente e in grado di caricare e trainare oggetti pesanti. Un pò come quando si va in moto bisogna spostare il peso del corpo in curva, metterlo avanti in salita e all’indietro in discesa. In attesa di vedere i Forestali all’inseguimento dei criminali dell’ambiente in mezzo ai boschi, i quad sono ora in fase di sperimentazione e in attesa di essere assegnati ad unità operative del Corpo in tutta Italia. LE ATTIVITA’ PER I RAGAZZI * Bosco a scuola – * * * Volete sapere e sperimentare da voi come nasce e cresce un albero da un seme? Chiedete all’insegnante di invitare in classe i Forestali e di fare con loro un’escursione per raccogliere i semi. Natura e sport – Se siete alle scuole medie o superiori potete imparare gli “sport dei boschi” dallo sci di fondo all’orienteering. Buon divertimento! Horto e Giardino – Come trasformare le aree verdi scolastiche in orti o giardini? Con l’aiuto dei Forestali naturalmente potete creare un’area verde e imparare a prenderne cura. Montagna sicura – Questa proposta è per l’inverno, ma iniziate a parlarne a scuola. Perché non fare una settimana bianca “alternativa” imparando a praticare sport invernali a contatto con la natura oltre a un po’ di pronto soccorso? DOVE SI INCONTRA LA BIODIVERSITA’ Ogni riserva naturale o parco merita una visita, ma alcuni suggerimenti possiamo darveli. Potete contattare gli uffici della Forestale, in sigla UTB, per conoscere particolari ambienti naturali: ZONE UMIDE – Sabaudia (Latina), Parco nazionale del Circeo FORESTA – Poppi (Arezzo), Sasso Fratino INSETTI – Bosco Fontana (Verona) ORSO – Castel di Sangro (L’Aquila), Parco nazionale Abruzzo Lazio e Molise 50 - Il Forestale n. 40 ✄ DIRITTO&AMBIENTE MALTRATTAMENTI DI ANIMALI: IL MINISTERO DELL’INTERNO EMANA IL DECRETO APPLICATIVO TRA LE FORZE DELL’ORDINE. Corpo forestale dello Stato e Polizie locali in prima linea per l’applicazione della legge di settore a tutela degli animali a cura di Maurizio Santoloci, magistrato e docente presso la scuola del Corpo forestale dello Stato Corpo forestale dello Stato e Polizie Municipali e Provinciali sono chiamati dal Ministro dell’Ambiente ad assumere un ruolo prioritario nell’azione giuridica a tutela degli animali da forme di maltrattamento ed uccisioni gratuite. Infatti il 23 marzo scorso il Ministro degli Interni ha firmato, ai sensi della legge 184/04 (recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”), il decreto di coordinamento delle forze di polizia per la prevenzione e repressione dei reati contro gli animali. La legge 189/04 all’articolo 6 stabilisce che “al fine di prevenire e contrastare i reati contro gli animali, con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di coordinamento dell’attività della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei Corpi di polizia municipale e provinciale”. Il decreto firmato dal ministro Giuliano Amato stabilisce - dunque - che: “le attività di prevenzione dei reati di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 189 sono demandate in via prioritaria al Corpo forestale dello Stato e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza ed in quello funzionale dei rispettivi ordinamenti ed attribuzioni, ai Corpi di polizia municipale e provinciale, ferme restando comunque le funzioni di polizia giudiziaria che la legge rimette a ciascuna Forza di Polizia.” In questo contesto, va rilevato che il Corpo forestale dello Stato – ormai impegnato a livello nazionale in continue operazioni di PG per l’applicazione della legge 184/04 con proficui risultati, ha ufficializzato tale ruolo con l’istituzione, in seno al Corpo, del NIRDA (Nucleo Investigativo Reati in Danno degli Animali) – vera e propria struttura di intelligence in difesa degli animali – con il quale il CFS si è dotato di una struttura specializzata e qualificata che ha già dato modo di dimostrare la sua efficienza. Dunque il ruolo prioritario attribuito dal Ministro dell’Interno al CFS è condivisibile e positivo e di fatto va a ufficializzare una funzione operativa che già sul territorio il personale del Corpo forestale dello Stato attua da tempo anche attraverso l’impegno di tutti i comandi locali. Da parte nostra – pertanto – non possiamo che esprimere soddisfazione per tale scelta istituzionale. Ma altrettanta soddisfazione dobbiamo esprimere per il coinvolgimento delle Polizie municipali e delle Polizie provinciali, che assumono così un ulteriore ed ufficiale ruolo in quella evoluzione da molti contestata ma da noi sempre sostenuta in modo chiaro e palese – verso la competenza operativa diretta riguardo alle leggi in materia ambientale, di protezione della natura e degli animali. È logico che la presenza capillare ed operativa degli organi di polizia locale – che peraltro possono ben conoscere e dettagliare anche alcuni aspetti logistici e comportamentali del territorio di competenza – non può che aumentare le potenzialità della loro azione anche in questo campo e la pratica applicazione ed attuazione della legge in esame. Tuttavia, dobbiamo chiarire – per evitare pericolosi equivoci – che questo decreto del Ministro dell’Interno (come tutti gli altri decreti ministeriali simili in campi diversi) non sortisce certo l’effetto di concedere solo agli organi citati nel decreto medesimo la competenza per i reati di settore esonerando gli altri organi di polizia dalla medesima competenza. In realtà, tali decreti individuano – con un fine logico – un riparto di competenze prioritarie a livello istituzionale e di principio (che potremmo definire “politico”), alcuni organi di PG con funzioni di priorità operativa su una determinata legge, senza tuttavia escludere dalla competenza generale di base gli altri organi di PG non citati. Per essere più chiari ed in altre parole, se oggi nel decreto del Ministro dell’Ambiente il Corpo forestale dello Stato e le Polizie Municipali e Polizie Provinciali sono organi di riferimento primario per l’applicazione della legge a tutela degli animali, ciò non esime tutti gli altri organi di PG (Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera ed altri statali o locali) dal dovere positivo di intervento in caso di reati a danno degli animali. Ed il rifiuto per presunta “incompetenza” sarebbe una grave omissione di atti di ufficio. Ma d’altra parte questo è un concetto che vale sempre e comunque e per ogni legge e quindi anche per quelle ambientali. E si capisce perfettamente che il decreto in esame non va certo in questo senso. E non può essere oggetto di fraintendimenti che apparirebbero pretestuosi e vani. Dunque, oggi i privati cittadini e gli enti esponenziali sanno che organi primari di riferimento per chiedere interventi in caso di accertate situazioni di maltrattamento ed uccisioni gratuite di animali sulla base della legge 184/04 sono il Corpo forestale dello Stato e le Polizie municipali e Polizie provinciali che potranno con tale riconoscimenti ulteriormente raffinare le loro competenze, esperienze e strategie operative in questo settore. Ma sanno anche Il Forestale n. 40 - 51 ✄ che, soprattutto in caso di urgenza e di flagranza o quasi flagranza, qualunque altro organo di polizia è competente per intervenire in quanto il Codice di Procedura Penale non crea limiti né possibilità di limiti alla competenza generale della PG per reprimere questo tipo di reati ed impedire che gli stessi vengano portati ad ulteriori conseguenze, anche con sequestri, acquisizione di prove e fonti di prova e identificazione dei responsabili In conclusione, al Corpo forestale dello Stato ed alle Polizie Municipali e Polizie Provinciali rivolgiamo un augurio di buon lavoro in un settore che ci sta a cuore ma che, comunque, comporta un impegno notevole e rende necessario un ulteriore sforzo di aggiornamento e qualificazione professionale in un campo che – al pari dei reati ambientali – rappresenta una nuova frontiera con contenuti specifici rispetto alle norme pregresse ed una sfida di operatività futura per gli organi di PG impegnati nel settore. L’intervento della Polizia Giudiziaria L’emanazione del provvedimento del Ministero dell’Interno ci porta a fare anche una riflessione generale sull’intervento della Polizia Giudiziaria. È indubbio che l’operatività della Polizia Giudiziaria nel contesto della normativa ambientale presupponga, oggi più che mai, una elevata professionalità in ordine agli accertamenti da svolgere ed alle prassi da seguire. Elevata professionalità che deriva in primo luogo dalla perfetta e puntuale conoscenza delle norme da applicare. Ogni dubbio o incertezza determina da una lato insicurezza operativa e dunque scarsa efficienza applicativa, e dall'altro rischia di essere fonte di gravi errori procedurali che minano tutto il sistema di accertamenti realizzato. Va inoltre sottolineato che la professionalità, con conseguente sicurezza operativa, consente di dirigere gli accertamenti su casi importanti e complessi, superando la prassi di soffermarsi troppo spesso su episodi marginali e di violazioni puramente formali che, seppur naturalmente sono da verificare, vedono nel contempo reati ben più gravi meritevoli di impegno contestuale. Non va dimenticato, e sottaciuto, che il problema – ad esempio – della illecita destinazione dei rifiuti (ed in particolare di quelli pericolosi) costituisce realtà di elevatissimo danno ambientale. E dunque il controllo su strada appare esigenza primaria per una buona ed efficace attività di polizia giudiziaria ambientale. Si deve ancora sottolineare che chi si addentra nell’accertamento delle irregolarità in questo settore va sì ad esaminare realtà di violazioni di tipo spesso ordinario e standardizzato, ma ormai sempre più frequentemente vi è la concreta e diretta possibilità che partendo da attività illecite apparentemente marginali e modeste, grazie ad approfondimenti intelligenti ed attivi si giunga invece poco a poco a rilevare quel modesto tipo di attività illecita che nasconde un quadro molto più complesso, invisibile apparentemente ad occhio nudo ad un primo esame superficiale. Un protocollo-base da seguire per gli accertamenti: in primo luogo la esatta individuazione della norma da applicare. Massima attenzione per le terminologie esatte. In via riassuntiva riteniamo opportuno e essenziale che in sede di controllo l’operatore di Polizia giudiziaria segua la presente prassi 52 - Il Forestale n. 40 logico-sistematica. In primo luogo è necessaria la individuazione della norma da applicare. È infatti assolutamente pregiudiziale che prima di iniziare le procedure di intervento approfondite l’operatore abbia perfetta conoscenza delle norme fondamentali da applicare e non si presenti alla verifica su strada o nel sito aziendale con carenze di preparazione tecnico-giuridica o parziali lacunosità conoscitive, perché ciò genera inevitabilmente un vizio cromosomico insanabile in tutto l’iter di indagine. In tale contesto l’operatore deve saper puntualmente individuare quale norma specifica attiene al caso concreto e in modo ancora più particolare e pregiudiziale se si tratta della normativa specifica in materia di “rifiuti” (magari “rifiuti liquidi costituiti da acque reflue”) oppure se si tratta della normativa in materia di “scarichi”. Una confusione tra le due norme genera l’estinzione degli accertamenti successivi. Inoltre, una volta identificata con certezza assoluta la normativa entro la quale muoversi ed operare, è altrettanto pregiudiziale individuare se il caso di specie attiene al campo delle procedure penali o del sistema sanzionatorio amministrativo. Miscelazioni improprie tra leggi e procedure sono i vizi di forma che in dibattimento produrranno in modo inevitabile eccezioni di nullità procedurali con rovinose vanificazioni a posteriori delle attività svolte. Ricordiamoci sempre che un banale errore sulla terminologia utilizzata nei verbali o nelle comunicazioni può causare l’annullamento dell’atto e/o la vanificazione di tutta la procedura. Un esempio concreto. Un giorno un operatore di polizia si lamentava che il PM non aveva convalidato un sequestro per una vasca di liquami aziendali dalla quale si riversavano direttamente in mare rilevanti quantitativi di rifiuti liquidi in modo illecito. Esaminato il verbale di sequestro si rilevava che era perfetto ed esaustivo e tutto era avvenuto nella corretta contestazione di reati concernenti i rifiuti liquidi di acque reflue entro il decreto sui rifiuti, ma l’operatore aveva commesso un imperdonabile errore terminologico: aveva scritto che dalla vasca l’azienda “scaricava” in mare i liquami… La difesa ha eccepito che proprio per stessa verbalizzazione si trattava, dunque, di uno “scarico” entro il contesto del decreto sulle acque e poiché l’operatore di PG aveva agito entro le violazioni del decreto sui rifiuti vi era nullità della procedura anche a livello sostanziale; l’eccezione veniva accolta, la fattispecie qualificata come “scarico” e l’impianto dissequestrato. Cosa doveva scrivere nel verbale l’operatore: non “scaricava in mare”, ma semmai “smaltiva i rifiuti liquidi direttamente in mare riversandoli all’esterno della vasca”. Attenzione, dunque, a non tradurre nei verbali equivoci derivanti dall’uso comune di termini impropri. Il lessico comune non sempre corrisponde a quello giuridico. D’altra parte, nel linguaggio giornaliero tutti diciamo “la polizia municipale mi ha fatto una multa per divieto di sosta”. Ma se l’operatore di PM sul verbale per divieto di sosta scrivesse “multa” in luogo di “sanzione amministrativa”, il verbale medesimo sarebbe palesemente nullo… E così nel campo degli illeciti ambientali, ad esempio, il camper non “scarica” ma abbandona rifiuti liquidi; l’autospurgo non “scarica” i liquami trasportati su un sito illegale ma smaltisce un carico di rifiuti liquidi aziendali; e via dicendo… NOVITÀ EDITORIALI Conifere di Vincenzo Perrone Una guida al riconoscimento delle conifere, ricca di foto e disegni che ne facilitano l’identificazione. 301 pp. euro 31,40 Latifoglie di Vincenzo Perrone Una guida al riconoscimento delle latifoglie, ricca di foto e disegni che ne facilitano l’identificazione. 336 pp. euro 32,16 Uniformi storiche di Claudio Sanchioli Sei tavole pittoriche raffiguranti le uniformi storiche dell’Amministrazione Forestale 1822-1904. Formato cm 30x36. euro 7,75 Le uniformi dei forestali a cavallo di Claudio Sanchioli Nove tavole pittoriche raffiguranti le uniformi storiche indossate dai reparti a cavallo dell’Amministrazione Forestale 1822-2002. Formato cm 30x36. euro12,80 Crest Stemma araldico in 4 colori + oro montato su scudo di legno. euro 30,35 Per l’acquisto, basta effettuare un versamento sul c.c.p. n. 12129003 intestato a “Fondo assistenza, previdenza e premi per il personale del Corpo forestale dello Stato - Via Carducci n. 5 - 00187 Roma” indicando nella causale le quantità, codice fiscale o partita IVA. LETTERE Inauguriamo con questo ✏ Caro Forestale, ho 14 anni e con la scuola ho partecipato alla Giornata delle Oasi numero diverse rubriche, nella quale venivano aperte anche tra cui la pagina delle lettere. le Riserve gestite dal Corpo forestale dello Stato. Non ne conoscevo proprio l’esistenza. Perchè non Potete scriverci a ne parlate mai? Lorenzo [email protected] Cercheremo di dare risposta, Caro Lorenzo, in realtà ne parliamo ampiamente. Per accontentarti però in questo il più possibile, ai vostri numero ci sono ben tre articoli. Uno dedicato alle riserve e alla quesiti. ✏ Cari amici, vi seguo da qualche numero perché, anche se non sono un Forestale, mi piace essere informato su quello che fate. È un lavoro bellissimo e sarebbe stato proprio il mio sogno ma l’età non giovanissima non mi consente di tornare indietro. Se rinascessi... Volevo togliermi una curiosità. Voi vi occupate di reati ambientali, sui quali però intervengono anche le altre forze di polizia. C’è un settore del quale siete gli unici a interessarvi? Gli incendi forse? Pietro Lingelli Grazie al nostro fedele lettore. Bisogna dire che ogni corpo di polizia è chiamato a intervenire per una segnalazione di reato. Non ci sono quindi “esclusive”. È vero però che ci sono dei campi nei quali il Corpo forestale dello Stato opera maggiormente per la sua specializzazione. Ad esempio, contro gli incendi boschivi, per fermare i traffici di rifiuti e l’abusivismo edilizio, per difendere le specie in via di estinzione. Un recente decreto del 23 marzo 2007 assegna al Corpo anche il compito di combattere i maltrattamenti degli animali. 54 - Il Forestale n. 40 tutela della biodiversità a pag. 5 e un altro in cui illustriamo la riserva della Val Grande che è inserita all’interno di un bellissimo parco nazionale. Perchè non proponi alla tua scuola di organizzare una visita? I Forestali saranno ben felici di accompagnarvi lungo gli impervi sentieri della valle. ✏ Caro Forestale, sono andata a fare una gita al mare. In pineta ho trovato una tartaruga che attraversava la strada, quelle marroni di terra. Non sapendo come comportarmi l’ho raccolta e portata a casa. Sta in terrazzo ora e mangia l’insalata che le diamo. Mi pare stia benissimo La posso tenere? Ai bambini piace tanto. Come faccio a regolarizzarla? C’è una sanatoria? Laura Aiello, Roma Risponde Marco Fiori, Servizio Cites centrale Se la tartaruga è stata trovata in natura dev’essere riportata immediatamente nello stesso posto, avendo cura di allontanarla dalla strada. Se invece fosse stata trovata abbandonata in prossimità di un cassonetto, come spesso succede, bisogna portarla agli uffici del Corpo forestale dello Stato che provvederanno a curarla presso appositi centri di recupero e a reinserirla in natura. Non è possibile alcuna regolarizzazione in questo caso: la detenzione, senza idonea documentazione, concretizza un reato. Se l’animale non è ferito o in difficoltà non va prelevato dall’ambiente naturale. ✏ Io vado spesso a caccia di cin- ghiali, ormai ce ne sono tantissimi dalle nostre parti. È possibile per una carabina canna rigata usare un serbatoio di cartucce che possa contenerne più di due? Claudio, Viterbo Risponde Alessandro Bettosi, capo Noa (Nucleo operativo antibracconaggio) La cosiddetta “legge sulla caccia” (Legge 11 febbraio 1992 n.157) ha stabilito all’art.13 una serie di distinzioni nella tipologia di arma da fuoco utilizzabile nell’attività venatoria. Per risponderle è importante ricordare che per i fucili a canna liscia a ripetizione (ad esempio a pompa o a leva) oppure semiautomatici è scritto espressamente che il caricatore non deve poter contenere più di due cartucce. Quindi complessivamente l'arma non deve poter sparare più di tre colpi (uno in canna e due nel serbatoio). Mentre per i fucili a canna rigata a ripetizione semiautomatica, per quanto la Legge 157/92 non citi espressamente tale vincolo, in base alla normativa comunitaria e nazionale da cui discende la norma suddetta (Direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e Convenzione di Berna del 19 settembre 1979) essi non possono avere il caricatore con più di due cartucce. INFORMATIVA Sul trattamento dei dati personali ai sensi dell’art. 13 Decreto Legislativo 30.6.2003 n. 196 Gentile lettore a partire da questo numero della rivista IL FORESTALE desideriamo darle alcune informazioni relative al trattamento dei suoi dati personali. La banca dati del Corpo forestale dello Stato è custodita e protetta nel rispetto del decreto legislativo 196/2003. La gestione degli indirizzari che compongono gli archivi è strettamente riservata al personale incaricato del trattamento e avviene al solo scopo di inoltrare le pubblicazioni del Fondo o del Corpo forestale dello Stato. I dati sono trattati anche con l’ utilizzo di strumenti informatici sempre nel rispetto del Codice di regolamentazione della privacy (Dlgs 30 giugno 2003 n. 196) e vengono unicamente trasmessi ai soggetti incaricati dell’ allestimento e della spedizione e della pubblicazione. Ai sensi degli articoli 7, 8 e 9 del citato Codice, in qualunque momento potrà esercitare i suoi diritti rivolgendosi al titolare del trattamento: Corpo forestale dello Stato – Ispettorato Generale – Ufficio Stampa – via Giosuè Carducci, 5 – 00187 Roma – tel.0646657061-62 – fax 0648904001– indirizzo mail: [email protected]. Ciò premesso e secondo quanto stabilito dal Garante per la Privacy, Le chiediamo di manifestare il Suo consenso all’utilizzo dei Suoi dati personali per l’ invio della Rivista, barrando nella scheda in calce la casella corrispondente alla Sua volontà. Le ricordiamo che in assenza di una sua conferma, depenneremo tempestivamente il Suo nominativo dall’indirizzario de IL FORESTALE e non riceverà più la rivista già dal prossimo numero. Io sottoscritto………………………………………………………………….............................................…………………. Indirizzo: (Via/P.zza)……………………...........................................…………………...................….numero…………… cap…………………..città……........................…………………provincia…………………............................................… Presa visione dell’informativa ai sensi dell’art. 13 del Dlgs 196/2003 ❐ Si, desidero continuare ad essere informato sulle attività e le iniziative svolte dal Corpo forestale dello Stato e a ricevere la rivista IL FORESTALE edita dal Corpo forestale dello Stato. ❐ No, non desidero continuare ad essere informato sulle attività e le iniziative svolte dal Corpo forestale dello Stato e a ricevere la rivista IL FORESTALE edita dal Corpo forestale dello Stato. Data……….........………… Firma……………………………….……………… AMICI Caro amico, Abbiamo creato una speciale sezione del sito del Corpo forestale e contiamo sulla tua partecipazione. È un modo per stare a più stretto contatto con chi si occupa di difendere la natura, l’ambiente, il paesaggio e il territorio da ogni aggressione, per garantire la sicurezza dei cittadini. Se ti scriviamo è perché pensiamo che tu sia già un amico del Corpo forestale dello Stato e quindi ti vogliamo offrire la possibilità di iscriverti alla nostra mailing list. Se non la ricevi già ti invieremo la nostra newsletter per posta elettronica e riceverai la rivista “Il Forestale”, a prezzo scontato, rinnovata nella grafica e nei contenuti, per offrire tanti spunti di divulgazione ambientale e naturalistica. Vogliamo offrirti poi la possibilità di visitare alcune riserve naturali e parchi accompagnati dai Forestali. È nostra intenzione, insomma, aprire un nuovo e utile canale di comunicazione tra tutti gli amanti della natura che siano interessati a tutelare l’ambiente e chi per lavoro è quotidianamente impegnato nella salvaguardia del territorio. Ci terremo in contatto grazie a www.corpoforestale.it/amici, che abbiamo appositamente realizzato per aggiornarvi continuamente con tutte le informazioni sulle iniziative che verranno realizzate. Contiamo davvero su di te: per iscriverti basta un clic! OBIETTIVO SUI FORESTALI Parte il concorso fotografico “I FORESTALI – FORZE DELLA NATURA” All’opera nei boschi e sui fiumi, nelle riserve naturali ma anche per sventare traffici illeciti di rifiuti o combattere l’abusivismo edilizio. I Forestali sono impegnati su mille fronti e spesso i cittadini non hanno modo di vederli in azione. Per questa ragione il Corpo forestale dello Stato ha indetto il concorso fotografico “I Forestali – Forze della natura”. Tutti possono partecipare e le foto più belle verranno pubblicate su un libro! Si può partecipare con foto che ritraggono i Forestali durante lo svolgimento di attività di tutela del territorio, dell’ambiente o durante le missioni di Protezione Civile. Tre le tipologie di concorrenti ammessi: personale del Corpo forestale dello Stato, fotografi/fotoreporter professionisti, ma anche fotoamatori di ogni genere. Il concorso avrà inizio il 09/05/2007 e terminerà il 09/08/2007, data di scadenza per la spedizione delle opere da parte dei partecipanti. Verranno premiati i primi tre classificati di ogni categoria e, fra questi, l’autore della miglior foto del concorso in assoluto. I premi assegnati ai vincitori consisteranno nella pubblicazione delle opere sul libro fotografico del Corpo forestale dello Stato; targa al primo premio assoluto; targhe ai primi 3 vincitori delle 2 categorie; menzioni speciali per le foto selezionate. Partecipare è facile: basta un click sul sito www.corpoforestale.it per scaricare il regolamento e tutte le informazioni utili. ✄ ABBONATEVI A “IL FORESTALE”! ABBONANDOVI NON PERDERETE NEANCHE UN NUMERO DELLA RIVISTA. 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