Il Forestale n. 40 - Corpo Forestale dello Stato

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Il Forestale n. 40 - Corpo Forestale dello Stato
“Periodico bimestrale d’informazione. Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n° 46) Art. 1 Comma 1 - CNS/AC-ROMA. In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio PT di Roma Romanina per la restituzione al mittente previo addebito della relativa tariffa”
Il Forestale
periodico di ambiente e natura
Incontri
Territorio
Balla coi lupi
Fiumi sotto la lente
Anno VIII - N. 40 giugno/agosto 2007
EDITORIALE
Il Forestale cambia abito
uello che avete tra le mani è il primo numero del nuovo Il Forestale. Nuova la grafica, il formato, perfino la carta che abbiamo voluto rispondente ai criteri ecologici più rigorosi. Per stampare la rivista
non è stato abbattuto neanche un albero e per lo sbiancamento non è stato impiegato cloro. Non solo,
scegliendo questo tipo di carta, abbiamo evitato l’immissione in atmosfera di 430 chili di anidride carbonica. Questa stima è il risultato della differenza tra le emissioni generate dalla produzione di carta
utilizzando la carta da macero, e quelle che sarebbero state generate utilizzando fibre vergini.
La novità maggiore però è nell’attenzione che vogliamo dedicare alle immagini e non è una scelta casuale come
non è un caso che da due anni operi all’interno del Corpo un nucleo di produzione audiovisivi. Siamo, infatti, l’unico corpo di polizia che ha come missione primaria la protezione della natura e la difesa dell’ambiente
e degli animali. E dei paesaggi della nostra Italia.
Siamo insomma i custodi del bello e anche su queste pagine vogliamo mostrarvelo.
Con i temi che affrontiamo in uno spirito rinnovato vogliamo far apprezzare Il Forestale ad un pubblico sempre più ampio di famiglie, di amanti della montagna e delle passeggiate. Anche questo significa stare vicino
alla gente e far sì che la nostra missione sia sempre più condivisa.
Il formato ridotto è un invito a non lasciare la rivista a prendere polvere sulle scrivanie, non deve diventare un
ciapapùar, come dicono i nostri forestali del Piemonte. Mettetela nello zaino e fatela conoscere, infilatela negli
zaini dei visitatori delle aree protette e aiutateci a far crescere gli abbonati. Saranno nuovi amici dei Forestali
che ci aiuteranno a tenere gli occhi aperti sul territorio. Abbiamo un tremendo bisogno di queste antenne sul
campo, perché siamo solo ottomila uomini e i crimini contro l’ambiente crescono di giorno in giorno. Più cittadini conoscono il nostro lavoro e più alleati avremo. Qualcuno, come sempre accade, potrà non apprezzare
il cambiamento della rivista perché dopo sette anni si era affezionato alla vecchia veste grafica. Guardate che
in natura non esiste specie che non si adatta ai cambiamenti, pena l’estinzione. Rinnovarsi è importante e
vogliamo continuare a farlo insieme a voi: abbiamo fatto tesoro dei suggerimenti che ci avete mandato con il
questionario pubblicato nello scorso numero ma abbiamo deciso di ripubblicarlo perché possiate darci ancora
una mano e dirci anche se avete gradito il cambiamento.
Basta una semplice mail (il [email protected]) e fate attenzione che questa rivista è come un volatile
che sta facendo la muta del piumaggio. Quella che vedete non è ancora la livrea nuova definitiva, stiamo cambiando abito. Il fatto che Il Forestale sia ancora in pista, a differenza di tante altre iniziative editoriali, e che lo
si cerchi di migliorare, è qualcosa che ci inorgoglisce ed emoziona. Abbiamo iniziato questo lavoro a maggio,
proprio quando si passa dalla divisa di servizio invernale a quella estiva. A voi sta il compito di leggere e
diffondere la rivista. Conservatela, non è un prodotto che scade. Abbiamo cominciato a scriverla quando le
fioriture di papaveri esplodevano ai bordi delle strade di campagna e quando la riceverete le spiagge – almeno
quelle che hanno conservato un po’ di natura – saranno affollate dei fiori bianchi del giglio di San Pancrazio.
Ci vuole tempo e cura per farvi arrivare Il Forestale, aiutateci a farlo crescere e amare.
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In allegato a questo numero il DVD dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio,
con video e interviste.
Rivista ufficiale del Corpo forestale dello Stato
A n n o V I I I - n . 4 0 giugno/agosto 2007
direzione e redazione
coordinamento editoriale
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Maurizio Messina
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direttore responsabile
Stefano Cazora
hanno collaborato
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I. Demenego, G. Esposito, G. Filibeck, M. Fiori,
I. Furlan, C. Grande, D. Grando, S. Lagrasta,
A. Maiorano, G. Mancinelli, M. Mattioli,
F. Petretti, C. Sanchioli, M. Santoloci,
S. Tenentini
diffusione
Simona Megni
foto
Ufficio Stampa CfS
SOMMARIO
Biodiversità
8
I termometri
dell’ambiente
foto di copertina
Lupo © L. Longo – Panda Photo
impaginazione, fotolito e stampa
EdAs srl - C.da Valvazzata snc
03020 Giuliano di Roma (FR)
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Foreste
18
Contabilità
verde
Incontri
23
Non si scherza
col fuoco
Animali
32
La carica
dei 101
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BIODIVERSITÀ / Le riserve naturali dello Stato
RISERVE DI FUTURO
“Vita in piccolo” è stato quest’anno il tema della
giornata delle Oasi del Wwf e delle riserve naturali
Un’occasione per conoscere la microfauna, ma anche
le aree naturali protette più belle del nostro Paese
di Francesca Samà
ono 130 le riserve naturali dello
Stato gestite dal Corpo forestale e
rappresentano la spina dorsale
verde d’Italia. In esse sono custoditi i gioielli naturalistici più preziosi
del Paese. Le riserve inserite all’interno dei
parchi nazionali sono 58 e rappresentano il
vero cuore del territorio protetto ma complessivamente il Corpo forestale vigila su una
superficie totale di circa 90 mila ettari.
Ecco qualche nome: sulle Alpi c’è la riserva
della Val Grande (della quale parliamo in
questo numero) o le riserve delle Dolomiti
Bellunesi. Natura risparmiata dagli interventi
distruttivi dell’uomo legati soprattutto allo
sviluppo turistico delle zone montane. Anche
l’ambiente appenninico è rappresentato da
una rete di riserve di importanza naturalistica inestimabile con la presenza dei più bei
boschi montani dell’Italia peninsulare come
le faggete di Sasso Fratino e dell’Abetone.
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Come non menzionare, poi, nel Sud della
Penisola le foreste del Gargano e i boschi di
pino laricio e di abete bianco del Pollino,
della Sila e dell’Aspromonte. L’assidua vigilanza e tutela svolta dai Forestali ha permesso, inoltre, la conservazione di vaste zone
costiere, quali, ad esempio, i litorali rocciosi
dell’isola di Caprera e di quella di Montecristo.
Quest’ultima in particolare è consegnata alla
leggenda della penna di Alexandre Dumas
padre. Il romanziere francese ambientò alla
fine dell’Ottocento l’avventura dei detenuti
alla ricerca di un favoloso tesoro anticamente custodito dai monaci e protetto nei luoghi
nascosti di una grotta. Attualmente abitano
l’isola due guardiani e due guardie forestali.
Notte e giorno al servizio della natura per
preservare l’ambiente e far rivivere le atmosfere romanzesche di Dumas anche alle
generazioni future.
Il Forestale n. 40 - 5
61 specie a rischio su
88 nelle nostre riserve
a, oltre ai paesaggi, anche animali come l’orso, il lupo, la lontra, lo stambecco e la lince sono
tutelati dalle riserve del Corpo.
Il valore di queste aree protette è di assoluta rilevanza nazionale e internazionale
non solo dal punto di vista faunistico,
ma anche dal punto di vista botanico,
ospitando quasi il 20 per cento delle specie vegetali considerate a rischio di conservazione in Italia. Per quanto riguarda
l’avifauna, poi, basti pensare che delle 88
specie considerate più a rischio in Italia
ben 61, ovvero il 70 per cento nidificano
all’interno di queste aree.
In occasione della “Giornata delle Oasi”,
svoltasi dal 16 al 20 maggio scorso e
organizzata insieme al Wwf, è stato possibile visitare gratuitamente 40 delle 130
riserve naturali del Corpo forestale. La
gestione di questi territori è affidata
all’Ufficio per la Biodiversità che coordina una serie di attività ed interventi mirati e proporzionati alle caratteristiche
naturali e sociali delle zone protette.
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Migliaia i ragazzi coinvolti in attività didattiche in occasione
della giornata delle Oasi del Wwf e delle riserve naturali.
I più piccoli al primo posto
ita in piccolo”, è stato il tema
principale della manifestazione
che ha voluto porre una lente di
ingrandimento sulle specie animali e vegetali
di minori dimensioni.
Batteri, farfalle, balene e foreste tropicali,
sono solo alcuni dei componenti della
Biodiversità della Terra, l’immensa varietà
delle forme viventi che rende unico il nostro
pianeta.
Il patrimonio faunistico protetto è ancora più
elevato qualora si prendano in considerazione
anche gli altri gruppi animali, come ad esempio gli invertebrati, attualmente non esaurientemente studiati e censiti. La diversità della
vita sulla Terra è costituita dall’insieme degli
esseri viventi che popolano il pianeta ed è il
risultato dei processi evolutivi di 3,5 miliardi
di anni. La Terra è abitata da moltissimi esseri
viventi, animali e vegetali, molti dei quali sconosciuti. Infatti fino ad oggi sono state
descritte oltre un milione e ottocentomila specie, ma in realtà si ipotizza che ne possano
esistere fino a cento milioni.
La biodiversità è proprio questa ricchezza di
organismi viventi e dei sistemi ambientali in
cui essi vivono. Essa può essere pensata, in
qualche modo, come l’assicurazione che
garantisce la sopravvivenza della vita sulla
Terra. Purtroppo a causa delle attività dell’uomo, oggi la biodiversità si sta riducendo rapidamente, sia a livello globale, che nazionale e
regionale. Gli ecosistemi vengono distrutti ad
un ritmo sempre più crescente e molte specie
sono in forte declino o, nel peggiore dei casi,
già estinte. L’Italia ha una particolare conformazione e posizione che conferisce alla
nostra penisola una ricchezza e diversità di
ambienti e climi davvero unica: 57 mila specie
animali e quasi 6 mila specie di piante.
Possiamo vantare più di un terzo del patrimonio faunistico europeo, con 1.176 specie di
vertebrati e una flora che rappresenta il 50 per
cento dell’intera flora europea. Tra gli ambienti più ricchi di biodiversità ci sono laghi, fiumi,
stagni e zone umide. Le zone litoranee, invece, sono tra quelle più minacciate in Italia a
causa soprattutto dello sviluppo edilizio, in
particolare turistico, e dell’inquinamento.
“V
In questa pagina alcuni esponenti della microfauna
che raramente conquistano l’attenzione dei fotografi.
Dall’alto verso il basso: due raganelle durante
l’accoppiamento, l’argiope, il bruco di macaone,
la cetonia su un fiore.
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BIODIVERSITÀ / La microfauna
I TERMOMETRI
DELL’AMBIENTE
Delle 57.344 specie di animali che costituiscono
la fauna italiana, il novantanove per cento è rappresentato
da invertebrati. Di loro non si parla mai
mentre hanno un ruolo di capitale importanza
negli equilibri ecologici. A iniziare dalle api...
di Francesco Petretti
pugne, coralli, meduse, stelle e ricci di
mare, molluschi, vermi, crostacei, insetti, ragni, millepiedi sono solo alcuni
degli animali classificati come invertebrati e che rappresentano la vera base
della biodiversità in qualsiasi ecosistema.
Anche se non è facile compilare elenchi e
statistiche, soprattutto se gran parte di questi organismi sono animali
la cui distribuzione
riserva ancora molte novità ai ricercatori, si tratta di una
cifra considerevolmente
elevata per un paese della
fascia temperata di modesta
estensione, ma ampiamente giustificabile se si considera l’ampia varietà
delle situazioni ambientali raccolte nel territorio
della penisola che spazia da zone alpine dal
clima continentale a zone mediterranee dalle
condizioni subtropicali.
Alcuni sono visibili a occhio nudo, altri, come
molte meduse marine, raggiungono dimensioni
addirittura gigantesche e se alcuni come i notostraci o i nematodi sono noti solo agli specialisti, altri come l’ape e gli altri imenotteri sono
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protagonisti importanti della nostra cultura e in
fondo della nostra vita.
Appare quindi paradossale che mentre l’un per
cento degli animali italiani, che siano uccelli
mammiferi o serpenti, riscuote da sempre l’interesse dell’opinione pubblica e dei media, quasi
nessuno abbia mai prestato particolare interesse alla sorte di questa moltitudine di
animaletti acquatici, marini o terrestri la cui presenza negli
ecosistemi è spesso il termometro più sensibile per
valutare la qualità dell’ambiente.
Se molte specie infatti sono
adattabili e vivono un po’
dovunque spesso invadendo
anche il territorio degli uomini,
come le mosche o alcune formiche,
molte altre sono delicate e richiedono
condizioni ecologiche particolari: alcuni
crostacei possono vivere solo nelle acque
gelide dei laghi di montagna, alcuni insetti mangiatori di legno abitano solo nelle
foreste vetuste e primigenie, certi grilli
sono esclusivi degli ambienti steppici,
molti molluschi possono vivere solo nel buio
perenne delle grotte e in mare la crescita di
coralli o il proliferare di astici e aragoste dipen-
dono da condizioni ben specifiche che
l’uomo quotidianamente mette in crisi.
L’inquinamento da idrocarburi e da
metalli pesanti, la variazione delle concentrazioni di sale nelle acque di falda,
l’inquinamento organico nei corsi d’acqua, l’uso di pesticidi nei campi, il taglio
dei boschi antichi, la distruzione delle
siepi, la messa a coltura dei pascoli sono
solo alcune delle macroscopiche trasformazioni ambientali che influiscono in
modo determinante sulla presenza degli
animali che costituiscono la base delle
catene alimentari e rappresentano il presupposto per l’esistenza dei protagonisti
più grandi e vistosi della nostra fauna.
Alcuni di questi invertebrati saranno le
prime vittime dei cambiamenti climatici.
La loro esistenza infatti dipende da situazioni talmente specifiche che un leggero
innalzamento della temperatura potrebbe
comprometterla in modo irreversibile:
sono le specie che vivono negli ambienti limitrofi ai ghiacciai, sulle vette dei
monti, nei gelidi laghi alpini, nelle grotte
montane e nei boschi relitti di epoche
più fredde. Altrettanto degna di nota la
lunga lista di crostacei che vivono negli
stagni d’acqua dolce e nei piccoli laghi:
esistono specie di zone fredde come il
Chirocefalo del piccolo lago del Pilato
nei monti Sibillini e altre invece degli stagni delle zone di pianura e costiere.
Particolarmente drammatica appare la diminuzione registrata negli ultimi decenni
delle specie di imenotteri definiti come
api solitarie e api sociali selvatiche (fra
quest’ultime i bombi), diminuzione in
buona parte imputabile alla riduzione
della variabilità ambientale negli ecosistemi agricoli e all’impiego massiccio di presidi chimici.
Questi animali hanno un ruolo di capitale importanza negli equilibri ecologici e
costituiscono grazie alla varietà delle
forme la base stessa della biodiversità degli ecosistemi terrestri e della produttività
di molti tipi di colture.
Il mandarino, la mela e le fragole sono
presenti sulle nostre tavole grazie all’o-
pera impollinatrice di api sociali e solitàrie
come le andrene, le xylocope, i megachile che insieme alle api domestiche e ai
bombi, durante la buona stagione, visitano ripetutamente i fiori per raccogliere
polline e nettare. Si calcola che in 100
minuti di attività un bombo possa visitare 2.600 fiori, mentre un’ape si ferma a
700-800. Molti di questi insetti sono minacciati da insetticidi e dalla scomparsa
delle piante alimentari.
Francesco Petretti è docente
all’Università degli Studi di Camerino.
Per le illustrazioni si ringrazia
Ars et Natura - www. arsetnatura.it
Sciami in anticipo
aumento della temperatura ha favorito
quest’anno la concentrazione e la diffusione delle api. L’emergenza api
solitamente si concentra nel mese di aprilemaggio, periodo connesso alla deposizione di
uova nelle celle da parte dell’ape regina. Le
uova diventano api operaie, solo una di loro
diventerà regina ed entrerà in competizione
con la vecchia ape regina. Una delle due
lascerà l’alveare alla ricerca di un nuovo riparo per deporre altre uova, portandosi dietro
circa la metà delle api che si trovano nell’arnia
e che pertanto formeranno lo sciame di api.
Gli interventi per catturare gli sciami sono di
competenza degli apicoltori che, divisi per
zona, seguono le varie fioriture nelle diverse
zone fitoclimatiche. In genere, l’apicoltore per
poter effettuare il nomadismo deve chiedere al
Comune competente per territorio i permessi
necessari, munirsi di un certificato fito-sanitario rilasciato dall’Azienda Sanitaria Locale
dove si dichiara che i nuovi alveari sono esenti da peste americana e da varroa (acari) e
deve avere il contratto di affitto del terreno
dove mettere le arnie. Il Corpo forestale dello
Stato ha il compito di controllare che l’apicoltore sia in possesso di tutti i documenti
necessari allo svolgimento del proprio lavoro,
richiesti dalla legge.
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AREE PROTETTE / Parco nazionale della Val Grande
UN PARCO
AL CONTRARIO
È l’area wilderness più vasta d’Europa
Non ci sono strade, i sentieri sono spesso disagevoli,
impervi e faticosi, non vi sono ristoranti, né aree attrezzate,
i rifugi sono molto spartani, manca l’elettricità
e il telefonino non prende
testi e foto di Massimo Mattioli
orse non tutti sanno che esiste
in Italia un parco nazionale veramente unico nel suo genere
e completamente diverso da
tutte le altre aree protette.
È il parco nazionale della Val Grande,
che si estende all’estremo nord del
Piemonte, nelle Alpi Lepontine, a meno di un’ora di macchina da Milano;
da un lato si specchia sul lago Maggiore, dall’altro si affaccia sulle Alpi
svizzere e sulla antica e gloriosa Val
d’Ossola.
È stato istituito nel 1992, inglobando
ed ampliando alcune aree che, grazie
all’impegno ed alla lungimiranza del
Corpo forestale dello Stato, erano già
protette in base ad un decreto, fin dal
1971: la Riserva naturale integrale Val
Grande e la Riserva naturale orientata
Monte Mottac. La principale peculiarità del parco è che rappresenta l’area wilderness più vasta di tutto l’arco alpino europeo: 15 mila ettari di
natura selvaggia, abbandonata a se
stessa e alla sua libera e spontanea
evoluzione.
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10 - Il Forestale n. 40
All’interno della Val Grande non ci
sono centri abitati, tranne il piccolo e
suggestivo paese di Cicogna con i suoi
21 residenti, e, ai margini del parco,
alcuni borghi antichi, per un totale di
322 abitanti. Non ci sono strade, i
sentieri sono spesso disagevoli,
impervi e faticosi, non vi sono ristoranti, né aree attrezzate, i rifugi sono
molto spartani, manca l’elettricità e i
telefonini non ricevono.
Qui l’uomo è
a misura della natura
Perché un parco al contrario? Perché
in Val Grande molti dei parametri
solitamente usati per valutare gli
ambienti protetti sono completamente ribaltati. Infatti di solito per valorizzare un’area si usa dire: “Qui la
natura è a misura d’uomo”; nel parco
della Val Grande è vero il contrario:
“Qui l’uomo è a misura della natura”.
Nelle aree protette si vanno a cercare
i lembi di natura sfuggiti alle devasta-
zioni prodotte dal genere umano; in
Val Grande si ricercano invece le
opere antropiche sopravvissute
all’azione della natura.
La Val Grande è infatti ricca di testimonianze della antica presenza
degli uomini e delle loro attività:
fino agli anni Sessanta nelle montagne
della zona risuonavano i campanacci del bestiame portato all’alpeggio: in tutto il parco sono stati
censiti ben 178 fra alpi (usati d’estate) e corti (impiegati in primavera
ed in autunno), la maggior parte dei
quali oggi è costituita da ruderi
abbandonati. La solerzia e l’ingegno
dei pastori, degli alpigiani e dei contadini hanno sottratto per secoli ai
boschi di castagno e di faggio lembi
di terreno scosceso, realizzando
arditi terrazzamenti con muri a
secco, per coltivare quei pochi prodotti agricoli (segale, patate) necessari ad una vita comunque grama e
faticosa.
Per molti decenni, a cavallo fra l’Ottocento ed il Novecento, i sentieri
più nascosti e pericolosi della Val
Grande sono serviti per il transito
degli “spalloni”, i contrabbandieri
locali, che continuamente facevano
la spola con la confinante Svizzera
per trasportare zucchero, caffè,
sigarette e riso nelle bricolle (antesignani degli zaini), ingaggiando
pericolose e a volte mortali sfide di
astuzia e di abilità alpinistica con la
Guardia di Finanza di frontiera. I boschi
e i sentieri della Val Grande sono stati
anche il teatro di vicende tragiche ed
eroiche legate alla presenza delle formazioni di partigiani, agli scontri e ai
rastrellamenti effettuati nel corso del
secondo conflitto mondiale: in molti
alpeggi vi sono lapidi che ricordano il
sacrificio e i morti della guerra in montagna (nell’alto Verbano le vittime dei
rastrellamenti furono oltre 200).
Per secoli i boschi della Val Grande
sono stati intensamente utilizzati per la
produzione di legna e di paleria: ancora oggi, attraverso la fitta vegetazione
forestale, si riescono a scorgere i segni
del passato impiego di teleferiche per
l’esbosco del legname, fili a sbalzo,
piazzole di scambio, vecchi tralicci, ruderi dello spaccio e della mensa dei
Ruderi a Pogallo.
Ruderi dell’Alpe
Serena.
Pozza a
La Piana.
boscaioli. E qui veniva impiegato anche
un altro metodo affascinante e pericoloso di esbosco della legna: la fluitazione.
Si costruivano dighe temporanee di tronchi e altro materiale lungo i corsi d’acqua
e si accatastava tutta la legna tagliata, a
monte di questi rudimentali invasi; quando il bacino era pieno d’acqua e di tronchi, si rompeva la diga (con estremo
rischio per l’esecutore di tale operazione
manuale) e l’enorme massa d’acqua liberata trasportava a valle tutto il legname,
con un effetto assai spettacolare, ma
anche dannoso per l’ambiente fluviale
sottostante.
Si ricorreva all’acqua anche per il trasporto di grossi blocchi di marmo fino a
Milano: infatti sul confine esterno del
parco, nel versante ossolano, è attiva ancora oggi la cava di Candoglia, sfruttata
esclusivamente per produrre il marmo
necessario a sostituire le statue, le guglie,
i fregi del Duomo di Milano, danneggiati
dall’inquinamento.
In passato il marmo veniva trasportato
dalla cava di Candoglia fino a grossi barconi con il fondo piatto sul fiume Toce, e
da qui, navigando sul lago Maggiore, poi
sul fiume Ticino ed infine sul Naviglio
Grande, il prezioso ed esclusivo marmo
giungeva alla Veneranda Fabbrica del
Duomo di Milano. Il modo di dire “viaggiare a ufo”, cioè gratis, nasce dall’esenzione del pagamento dei dazi per il
trasporto dei marmi del Duomo, in
quanto trattavasi di un viaggio di materiale “AUF”, Ad Usum Fabricae.
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La ricchezza d’acqua della Val Grande ha
anche consentito di creare centrali idroelettriche alla fine del diciannovesimo
secolo: pochi sanno che Verbania vanta il
primato di essere il primo comune
d’Italia ad avere avuto, nella primavera
del 1892, l’illuminazione pubblica elettrica, mediante trasporto a distanza di corrente alternata, precedendo di pochi
mesi la città di Roma.
Un’altra ricchezza della natura abilmente
sfruttata dall’ingegno e dalla abilità degli
antichi abitanti della Val Grande è la pietra ollare, o laugera, una roccia metamorfica tenera e facilmente lavorabile, con la
quale si creavano recipienti per cuocere i
cibi o per contenere burro fuso e carne
salata.
Ma dalla metà del secolo scorso si è
avuto un repentino abbandono di tutte
queste attività, la Val Grande si è spopolata e la natura ha iniziato a riprendersi
gli spazi che le erano stati tolti.
Oggi il bosco ritorna a crescere nei vecchi pascoli e sui terrazzamenti, le piante
si insinuano e si sviluppano tra i ruderi
degli alpeggi abbandonati, le foglie e la
terra ricoprono le mulattiere lastricate; sui
sentieri dimenticati rimangono le cappelle
votive, i passaggi scavati per le mandrie
nelle rocce a picco sui torrenti, i vecchi
sbarramenti idroelettrici, le fornaci per la
cottura della calce, i massi di laugera
scolpiti, le lapidi, il silenzio.
Rispetto agli altri parchi delle Alpi, la Val
Grande non ha panorami mozzafiato,
ghiacciai, vette elevate (arriva fino a
2.300 metri di quota), animali o piante
rare, emergenze geologiche.
Malgrado ciò, la Val Grande ha un fascino unico e inimitabile.
Potrà sembrare un paradosso, ma la vera
bellezza di questa area protetta è l’assoluta mancanza di tutto ciò che troviamo
in qualsiasi altro ambiente italiano.
La Val Grande è il parco del silenzio, dell’essenzialità, della spiritualità, dell’innocenza: qui si respira veramente un clima
diverso, qui l’uomo ritrova se stesso e i
suoi sentimenti più puri. Si può camminare per ore o per giorni senza incontrare alcuna persona, sentendo solo il suono
del vento e dell’acqua purissima dei
ruscelli. In Val Grande il silenzio è un
valore assoluto, profondo (e non solo
perché non funzionano i cellulari!), che
fa affiorare la vera essenza e l’anima di
ogni essere. Il cartello di benvenuto di
questo parco non è: “Qui la natura è protetta”, bensì: “Qui l’uomo è protetto” dai
suoi istinti peggiori! Gli escursionisti che
si avventurano in Val Grande e i forestali
che quotidianamente vi svolgono servizio, devono confrontarsi con una natura
aspra, selvaggia, primitiva, ma non ostile.
Negli atteggiamenti e negli occhi di tutti i
turisti che entrano nel parco in modo
consapevole traspare la sensazione di
addentrarsi in una dimensione naturale e
spirituale primigenia e ormai da tempo
smarrita: è la dimensione a cui il famoso
giornalista e scrittore di montagna Teresio Valsesia ha dato un nome: “La Val
Grande è l’ultimo paradiso”.
E quando, circondati dalla melodia del
silenzio della Val Grande, si alza lo sguardo per seguire il volo dell’aquila reale o
i salti di un gruppo di camosci, o quando
d’improvviso, fra i tronchi di un castagneto, appare il tetto crollato di una bai-
ta, si può riuscire ad afferrare il senso
profondo dell’esistenza.
Poi si esce dai confini del parco, il cellulare ricomincia a squillare e si deve ritornare alla vita stressante e caotica di tutti i
giorni.
Rimane però la sensazione di essere stati
partecipi, anche se per poco, di un
mondo naturale in cui l’uomo non è il
dominatore, né il devastatore, ma un
semplice tassello di un mosaico sublime.
Bagno di
un’escursionista
nel Rio Pogallo.
PARCO NAZIONALE DELLA VAL GRANDE
Carta d’identità
Superficie: 14.598 ha di cui 11.971 di Zona di Protezione Speciale europea (ZPS)
Province: Verbano Cusio Ossola
Istituzione: 1992
Come arrivare:
In auto:
Per raggiungere la zona si possono utilizzare le autostrade A8 da Milano e A26 da Genova e
Torino fino a Gravellona Toce.
Raggiungono il Parco anche la superstrada dell’Ossola da Gravellona Toce al Sempione (percorrendola si ammirano le montagne che chiudono la Val Grande: significativa la catena imponente ed impervia dei Corni di Nibbio); la Statale 34 da Cannobio. Diverse altre strade, talora
anche non asfaltate, portano poi ai punti di partenza per itinerari escursionistici in Val Grande o
nelle zone limitrofe.
In treno:
Ferrovie dello Stato da Milano o Torino e da Novara o Briga (CH) fino alle stazioni di Verbania
Pallanza o Domodossola. Ferrovia delle Centovalli da Domodossola a Locarno (CH) per la Val
Vigezzo.
Orari:
Ufficio Accoglienza, tel. 0323/557960 - [email protected]
dal lunedì al venerdì 9:30 - 12:00 - martedì mercoledì giovedì 15:30 - 16:30
Corpo Forestale dello Stato Coordinamento Territoriale Ambiente, tel. 0323/504297
Per altre informazioni consultare il sito www.parcovalgrande.it
AREE PROTETTE / La riserva di Vallombrosa
VALLOMBROSA,
UNO SCRIGNO DI
Il territorio della Riserva Biogenetica
di Vallombrosa che il Corpo forestale
gestisce da quasi 140 anni, si è arricchito
di un ulteriore gioiello: il Museo d’Arte Sacra
di Paolo Caramalli e Luigi Bartolozzi – foto di Roberto Isotti
el territorio della Riserva
Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa, che la
Forestale gestisce da quasi
140 anni, convivono armoniosamente numerosi ed importanti
elementi naturalistici e culturali. La
millenaria abbazia, casa madre della
Congregazione Vallombrosana (una
delle più antiche, riconosciuta ufficialmente già nel 1090 da Papa Urbano II) costituisce sicuramente il
valore culturale più prestigioso
della riserva. Fondata nel 1036 e
dichiarata monumento nazionale
nel 1951, l’abbazia ospita numerose
opere d’arte conservate principalmente nella Chiesa, nel chiostro,
nella biblioteca, nel refettorio e nel
suo atrio, nella cucina antica e, da
qualche mese, nel Museo d’Arte
Sacra realizzato nei locali sul lato
destro dell’abbazia, prossimi alla
torre e alla Sala del Capitolo.
Il passato che ritorna, o un ritorno
al passato dal momento che a
Vallombrosa una collezione museale
esisteva già due secoli fa e che, tra il
N
14 - Il Forestale n. 40
1777 e il 1778, vi fu allestita una eterogenea raccolta di reperti animali,
vegetali, archeologici e fossili, oltre
ad alcune preziose opere d’arte.
Tale raccolta fu presto smantellata a
causa delle soppressioni francesi
dei monasteri e delle conseguenti
spogliazioni: le opere d’arte più
importanti dell’intero complesso
abbaziale vallombrosano andarono
così disperse o trasferite in musei,
biblioteche e archivi fiorentini.
Il museo attuale, però, è assai
diverso da quello antico e, anzi,
trae configurazione proprio dall’impossibilità e dall’inopportunità
di ricreare il carattere eterogeneo
di quello: gli aspetti naturalistici di
Vallombrosa, infatti, sono curati
dall’Ufficio Territoriale per la Biodiversità di Vallombrosa del Corpo
forestale nel Centro Visitatori, nel
Rifugio, nel Giardino Botanico e
nei percorsi attrezzati e audioguidati della Riserva. Ecco quindi
nascere l’idea di una raccolta a tema, dal valore storico e inalienabile: l’arte sacra.
TESORI ANTICHI
Museo, si parte
I locali del museo, opportunamente ristrutturati e privati di barriere architettoniche, nonché migliorati nell’aspetto generale e nei sistemi di sicurezza e d’illuminazione, raccolgono dipinti, tessuti, scagliole, oreficeria e
oggetti d’arte decorativa di alto artigianato legati alla Congregazione. Sono
in mostra le opere conservate da sempre all’interno dell’Abbazia, quelle
provenienti da altri istituti vallombrosani e le opere che in origine appartenevano alla Congregazione ma che erano state portate nei musei di
Firenze. Nel mosaico di oggetti esposti - tra cui figurano reperti metallici di
pregevole foggia, legni intagliati intarsiati e dorati, paramenti di stoffa finemente ricamati, gessi a scagliola e preziosi dipinti - spiccano la grande pala
raffigurante la Madonna in trono col Bambino e i Santi Biagio, Giovanni
Gualberto, Benedetto e Antonio abate di Domenico Ghirlandaio (XV secolo), recentemente restaurata, il parato Altoviti (XV secolo) a lungo esposto
nel Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, e il grande Reliquiario del braccio
di San Giovanni Gualberto di Paolo di Giovanni Sogliani (XV secolo). Le
linee guida di gestione artistica del museo prevedono il rinnovo annuo dell’esposizione, potendo contare sulle molte opere conservate nel monastero ma non esposte, la ricerca continua di pezzi originariamente conservati
a Vallombrosa, l’organizzazione di mostre tematiche abbinate a convegni o
a eventi musicali, e l’integrazione con l’attività svolta dal vicino Museo
Masaccio d’Arte Sacra ospitato nella Pieve di San Pietro a Cascia.
Invito alla visita
l Museo d’Arte Sacra di Vallombrosa è stato
voluto e realizzato dalla Congregazione Vallombrosana dell’Ordine di San Benedetto negli
scenografici locali della propria Abbazia. È aperto
tutti i giorni nel periodo estivo e su prenotazione
nei rimanenti periodi dell’anno (tel. 055/862251).
Un’attività bella, utile e preziosa dove l’arte e la bellezza si incontrano per la salvaguardia della natura
assicurata nella Riserva di Vallombrosa dal Corpo
forestale dello Stato.
I
Il Forestale n. 40 - 15
AREE PROTETTE / La riserva della Selva del Lamone
SULLE ORME
DEI BRIGANTI
Nell’ Alta Tuscia, scomparsi i briganti, rimangono i miti
e le leggende che li hanno sempre accompagnati
E ora quegli stessi sentieri sono percorsi da escursionisti
interessati alla natura e ai prodotti tipici
di Simona Tenentini – foto di Giulio Ielardi
na volta erano temuti e, allo stesso
tempo, rispettati da tutti, oggi è stato
persino dedicato loro un premio letterario. Stiamo parlando dei briganti,
figure avvolte da un alone di terrore
e leggenda che imperversavano negli intricati
boschi dell’Alta Tuscia, scorazzando allegramente tra rapine, omicidi e aggressioni e vivacchiando beati dei proventi del loro malaffare.
Il brigante più crudele e forse per questo più
conosciuto, che fece del territorio della Selva
del Lamone il suo regno per circa venticinque
anni, è Domenico Tiburzi, detto Domenichino, il “Re del Lamone”, selva spettacolare citata persino da Dante nella Divina Commedia.
Nato a Cellere, in provincia di Viterbo, nel
1836, a distanza di oltre cento anni la sua losca
fama riecheggiava ancora nell’entroterra della
Maremma. Estesissimo fu il territorio che riuscì
a controllare mediante la creazione di una
vera e propria “associazione a delinquere”
dalla struttura organizzata in maniera quasi
aziendale, che vedeva lui stesso a capo, un
braccio destro come Domenico Biagini ed un
vero e proprio consiglio di amministrazione in
U
16 - Il Forestale n. 40
cui si avvicendarono vari personaggi, che portano il nome di Pastorini, Basili e Bettinelli.
Accanto al Domenichino si accompagnava
spesso il suo compagno fidato soprannominato “il Curato” per la mania religiosa di girare
pieno di santini e libri di preghiere. Si erano
conosciuti ai lavori forzati nelle saline di Tarquinia dalle quali poi erano evasi insieme.
Un altro “socio” era il brigante “Veleno”, noto
per la sua bruttezza e statura.
Si narra che incutesse talmente tanta paura
che una sua vittima svenne prima che lui potesse derubarla.
Il Tiburzi venne ucciso in uno scontro a fuoco
il 24 ottobre del 1896 e riuscì a causare disordine e scompiglio persino il giorno del suo
funerale.
Il parroco di Capalbio, infatti, che voleva
negargli la sepoltura, dovette affrontare la violenta ed imprevista reazione del popolo, contrario a questa decisione.
Il compromesso fu presto raggiunto: Tiburzi
venne sepolto nel cimitero in parte dentro e in
parte fuori, messo di traverso sotto il muro di
recinzione.
Nasce il “Sentiero
dei briganti”
Sulle orme del Domenichino e dei suoi compagni
di ventura è stato inaugurato, il 18 maggio 2002, il
“Sentiero dei briganti”, un ampio territorio
dell’Alto viterbese che si trova tra Monte Rufeno,
presso Acquapendente, e Vulci.
Il progetto, portato avanti dai comuni di Canino,
Ischia di Castro, Farnese e dalla comunità montana “Alta Tuscia Laziale” è stato elaborato nel
novembre del 2000.
L’itinerario storico è percorribile a piedi, in mountain bike o a cavallo. Ogni sentiero è dotato di
un’apposita segnaletica direzionale e di un apparato illustrativo che permette di approfondire la
conoscenza sia delle principali emergenze culturali
del territorio che delle più note figure di briganti
che fecero della zona il loro habitat naturale.
Il punto di partenza, la riserva naturale di Monte
Rufeno, istituita nel 1983, si estende nel Lazio, al
confine con l’Umbria e la Toscana, per circa tremila ettari.
L’intera area è ricca di estesi boschi e dolci colline
ed è attraversata dal fiume Paglia. Puccini, di ritorno da una delle sue cavalcate, con le sue parole
aiuta sicuramente a comprendere meglio le caratteristiche morfologiche del territorio: “Il sentiero
che ho infilato è tagliato sul tufo, ondeggiante tra
vigne, uliveti e prati… Sì, è proprio questa la
maremma autunnale, con l’erba umida che stenta
a vivere tra la sassaia, con le felci picchiettate di
nero che si curvano sotto il vento lieve, con la
vasta Selva del Lamone laggiù, oltre Farnese…”.
Le suggestive manifestazioni della natura si mescolano, si intrecciano e si fondono con mirabili
espressioni storiche. Numerosi sono infatti i siti
archeologici di straordinaria importanza che si
possono ammirare lungo tutto il percorso.
Dall’antico acquedotto di Montalto di Castro all’area archeologica di Vulci, dalla necropoli della
Cuccumella al più famoso reperto di Vulci: la
Tomba François, che deve il suo nome all’archeologo francese che la scoprì nel 1857.
Il monumento di eccezionale bellezza, è ricco di
rappresentazioni di animali reali e fantastici, eroi e
sacrifici umani.
Invito alla visita
Per valorizzare l’itinerario è stato
recentemente istituito, anche, dal
comune di Cellere in collaborazione
con l’Accademia Francesco Petrarca, il Primo premio letterario internazionale per inediti. Uno dei soggetti
proposti, insieme agli altri due temi,
“Alla Corte di Alessandro Farnese”
e l’antico Statoniensis Lacus”, è
proprio ispirato al “Sentiero dei briganti”.
Per informazioni:
www.altatuscia.vt.it
www.parks.it/riserva.monte.rufeno
Il Forestale n. 40 - 17
FORESTE / L’inventario nazionale
CONTABILITÀ
VERDE
Nei prossimi cinque anni grazie all’ossigeno prodotto
da boschi e foreste, l’Italia risparmierà quasi
un miliardo di euro sulla bolletta energetica
di Ivan Demenego
li storici del ciclismo sono concordi
nell’affermare che il segreto dei tanti
successi di Fausto Coppi fosse dovuto,
non tanto a quella gran macchina di
muscoli che guizzavano instancabili
sotto la pelle del grande campione, quanto piuttosto alla formidabile dimensione dei suoi polmoni: sette litri. Una dimensione spropositata,
ben al di sopra della media che si ferma a cinque, mantici da fabbro che gli permettevano un
allungo decisivo quando gli avversari, ormai in
debito di ossigeno, gettavano la spugna adeguando l’andatura al fiato irrimediabilmente
perso.
Anche l’Italia ha grandi polmoni. Giganteschi,
ancora più di quelli di Coppi, polmoni che si
estendono per oltre un terzo della superficie
G
18 - Il Forestale n. 40
nazionale, esattamente per 10.467.522 ettari. Una
dimensione da record in grado di fornire al Paese
ossigeno in quantità e energia a sufficienza per
concorrere in modo pulito a molte tappe di quella difficile cronoscalata che si chiama “sviluppo
sostenibile”, una prova che ha nel tempo un fattore decisivo. Va da sé che i polmoni della Penisola sono rappresentati da boschi e foreste. Una
ricchezza sotto la luce del sole – presente anche
in molte città – un mare di verde che vive, che si
moltiplica, che avanza. Che inghiotte coltivi e che
ridisegna il paesaggio. Un’avanzata pacifica e
benefica che non conviene tenere a bada, ma
assecondare.
Per motivi ovvi: gli ecosistemi forestali proteggono dai dissesti idrogeologici, aumentano la
fertilità dei suoli, salvaguardano la qualità delle
acque, conservano la biodiversità animale e
vegetale, concorrono alla riduzione dell’inquinamento atmosferico e all’attenuazione dei fenomeni legati ai cambiamenti climatici. Ma ci sono
anche ragioni meno evidenti che consigliano
caldamente di favorire la tendenza sciogliendo le
briglie ai boschi. Tra questi uno in particolare,
nuovo, legato al Protocollo di Kyoto. Che attribuisce una centralità al verde anche sul piano
economico: nei prossimi cinque anni la bolletta
energetica del Paese sarà meno salata grazie all’azione di questi giganteschi polmoni. Un risparmio
compreso tra 750 milioni e un miliardo di euro.
Tra il 2008 e il 2012 l’Italia, che ha eletto la “gestione forestale” tra le attività per contenere i gas a
effetto serra, potrà detrarre, infatti, circa 10,2
milioni di tonnellate di anidride carbonica dal bilancio nazionale delle emissioni. Una deduzione
molto alta che corrisponde all’11% dei tagli che il
Paese ha promesso di fare per contenere i rischi
legati ai cambiamenti climatici. Un dato da far
girare la testa, che dà valore a una funzione dei
boschi fino a oggi priva di un controvalore monetario. Le foreste, da parte loro, possono tirare un
sospiro di sollievo: valgono anche da vive, quando ‘respirano’, il legname diventa solo uno dei
prodotti che possono fornire, non necessariamente il principale. La buona notizia è stata data
dagli esperti del Corpo forestale dello Stato nel
convegno “Il sistema nazionale delle statistiche
forestali: situazione attuale e
prospettive”, realizzato a Roma
in collaborazione con l’Istat,
che per la prima volta ha fatto
sedere intorno a un tavolo i
maggiori esperti nazionali di
statistica applicata alle foreste.
“Il patrimonio forestale ha una
rilevanza economica e finanziaria
da non sottovalutare – ha dichiarato il sottosegretario all’Economia Paolo Cento, intervenuto
al convegno – Per troppo tempo
abbiamo considerato le foreste
una questione relativa solo alla
conservazione del patrimonio
naturale. I mutamenti climatici
hanno introdotto il concetto di
contabilità ambientale: le cifre
dell’Inventario ci dicono che la
questione ambientale è anche
una questione economica, per questo è indispensabile nei prossimi mesi potenziare le attività di
rilievo territoriale del Corpo forestale, accanto allo
strumento di rilevazione statistica”. Le richieste di
dati statisticamente rilevanti, si sono condensate
nella presentazione dei risultati di seconda fase
dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei
Serbatoi di Carbonio, realizzato dal Corpo forestale con la collaborazione dell’Istituto Sperimentale
per l’Assestamento Forestale e per l’Alpicoltura di
Trento, la più aggiornata fotografia del patrimonio forestale italiano. Un check-up dettagliato che
ha richiesto cinque anni di lavoro. Il parametro
del carbonio conservato nelle foreste, che ha
determinato il risparmio a nove zeri per l’Italia, è
solo uno di quelli rilevati, anche se il più atteso.
Che si aggiunge all’estensione e alla composizione dei boschi, alla proprietà, alla presenza di vincoli, alla pianificazione, accessibilità, copertura
delle chiome, origine dei boschi, stato di salute,
fenomeni di dissesto e altri ancora. Dati che da
soli giustificano il monito del sottosegretario di
Stato delle Politiche agricole alimentari e forestali, Stefano Boco: “Non possiamo più permettere
le rapine al bosco. Nessuno solleva uno scandalo se il Paese vende gli ulivi secolari, patrimonio
ambientale, culturale e storico del Paese. La natura e la cultura sono un pezzo importante della
nostra vita: la nostra sfida è riportare la saggezza
nella società”.
Il Forestale n. 40 - 19
TERRITORIO / Fiumi e legalità
FIUMI
SOTTO LA LENTE
Tevere, Po, Arno e Volturno. Un reato su tre a danno della
salute dei nostri fiumi è stato commesso nel 2006
lungo questi corsi d’acqua
di Gabriele Salari
In occasione di
Fiumi Informa, lo
scorso maggio
lungo 34 corsi
d’acqua, dal Sud
al Nord dell’Italia
migliaia di
cittadini e
scolaresche
sono stati
coinvolti in
iniziative lungo i
nostri fiumi.
il Tevere il fiume che subisce
l’aggressione più pesante: un
illecito su cinque è avvenuto
nelle sue acque, dove si sono
registrati 266 reati tra amministrativi e penali. Parliamo di furto di
ghiaia, mancata depurazione e abusivismo. A larga distanza segue il Po con
118 reati, l’Arno con 73 e il Volturno
con 34. La classifica è il frutto dell’indagine realizzata nell’ambito di
È
20 - Il Forestale n. 40
“Fiumi Informa 2007”, campagna
nazionale contro l’illegalità sui fiumi
promossa dal Corpo forestale dello
Stato e da Legambiente.
Sul Tevere i controlli della Forestale
sono assidui, circa 12 al giorno e un
analogo lavoro investigativo viene
portato avanti sul Po che è al centro dell’attenzione pubblica. L’innevamento
quest’anno è stato del 28 percento
rispetto alla media stagionale e quindi i
bacini idrici in montagna ne risentono pesantemente. È facile prevedere che, con un’estate
rovente, il Po soffrirà rappresentando una risorsa fondamentale per i prelievi idrici destinati sia
all’agricoltura che all’industria. Per Stefano Boco, sottosegretario alle politiche agricole, forestali e
alimentari, che ha recentemente definito il Corpo forestale dello Stato “l’unica grande vedetta che
abbiamo sul fronte ambientale”, il lavoro svolto dai nostri agenti sui fiumi è prezioso, ma anche
l’agricoltura va ripensata alla luce dei cambiamenti climatici.
Che l’acqua sia un bene da difendere lo sanno i Forestali di tutta Italia impegnati questa primavera in controlli a tappeto per cercare di fermare l’illegalità e prevenire, per quanto possibile,
l’emergenza acqua. Troppo spesso i fiumi sono però abbandonati a se stessi, aggrediti dall’abusivismo, dall’incuria, dall’inquinamento e dalle escavazioni in alveo. Ma soprattutto il furto d’acqua
per finalità agricole e industriali sta negli ultimi anni contribuendo a mettere letteralmente in
ginocchio i fiumi del nostro Paese. Con l’innalzamento delle temperature dovuto ai mutamenti
climatici e la vertiginosa diminuzione della neve e delle piogge invernali e primaverili i corsi
d’acqua appaiono sempre più secchi, con danni enormi alle economie locali e ai preziosi ecosistemi. Ai periodi di secca sempre più frequenti e drammatici che si verificano dal Po sino al
Tevere, contribuisce negativamente proprio il reato di captazione di acque, ancora troppo diffuso in Italia.
Tutto nel dossier
Dal dossier del Corpo forestale “Fiumi e legalità” emerge
che nell’ultimo quadriennio ben 1.228 illeciti riguardano
la captazione d’acqua (in pratica più di 25 casi al mese).
Un’enormità considerato che si tratta solo dei casi accertati dal Corpo forestale dello Stato senza contare le regioni
autonome e quelle a statuto speciale. “La difesa dei corsi
d’acqua dalle continue aggressioni dell’illegalità” ricorda
Cesare Patrone, capo del Corpo Forestale dello Stato “rappresenta da anni una delle priorità nel nostro lavoro. Si
tratta di ecosistemi tanto delicati quanto preziosi che
attraversano paesaggi di incredibile bellezza, unendo le
comunità del nostro Paese”.
Negli ultimi anni, grazie anche all’ausilio di tecnologie
sempre più attuali nel campo dei reati ambientali, è stato
possibile affinare l’attività investigativa per risalire ai “criminali fluviali”. Lo sversamento illegale di prodotti inquinanti nei corsi d’acqua mette a dura prova l’ecosistema,
le attività agricole e zootecniche dei territori circostanti.
Ma chi inquina paga? Finché i reati ambientali non entreranno nel codice penale, un traguardo forse vicino, i criminali avranno mano libera. Pensiamo poi ai casi in cui
gli scarichi civili e industriali si riversano nelle acque
senza alcuna depurazione. È fondamentale che i depuratori degli insediamenti abitativi ed industriali siano sempre attivi e perfettamente funzionanti. Altrimenti siamo in
presenza di un reato grave per l’ambiente fluviale, ma
anche per quello marino e costiero. Infatti le acque inquinate dei fiumi che sfociano in mare rappresentano uno
dei principali problemi per la qualità e l’ambiente di tutto
il Mediterraneo.
I criminali
al 2003 al 2006 ecco il risultato dell’attività del
Corpo forestale dello Stato sui nostri fiumi:
- 150 mila i controlli sul territorio effettuati, in media 100 al
giorno, e 84.917 su persone.
- 981 i “criminali fluviali” identificati e denunciati, 11 gli arresti.
Le sanzioni amministrative,
5.688, hanno permesso di notificare più di 2 milioni di euro di
multe.
- Primato negativo degli illeciti
fluviali anche quest’anno, come nel 2005, al Lazio dove sono stati commessi ben 313
reati, seguito da Toscana (148),
Campania (108) e Abruzzo
(102).
- Palma della legalità, invece, al
Nord Italia. Il primato positivo
va alla Liguria, dove si contano
complessivamente solo 23 illegalità. Ridotti i comportamenti
illeciti anche in Piemonte dove
sono stati riscontrati 14 illeciti
amministrativi e 21 penali.
D
Il Forestale n. 40 - 21
INCONTRI / Il testimonial
NON SI SCHERZA
COL FUOCO
Flavio Insinna è al fianco del Corpo Forestale in uno spot tv
per ricordare a tutti di segnalare eventuali focolai al numero
di emergenza ambientale, il 1515
di Alessandra Cori
l fuoco come fonte di emozioni, di stupore infantile e magia sempre nuova, di
atmosfera romantica, di aggregazione: una
cena al lume di candela, un giocoliere in
un circo fa giochi con il fuoco ammaliando bambini raccolti intorno a lui, una coppia di
anziani davanti ad un camino si scambia gesti di
affetto. Accendini accesi nelle mani di ragazzi ad
un concerto di “Ladri di Carrozzelle” scandiscono il ritmo di un brano che parla del fuoco della
passione tu m’accendi e cado/ sprofondo nell’abisso/ a volte non capisco/ cosa succede e/ brucio
morendo lentamente/ brucio e non rimane niente/ ti sei mai chiesto se/ niente vale/ veramente
poco / non si scherza con il fuoco/ hai mai pensato che/ una scintilla sol / non è un
gioco/ non si scherza con il fuoco.
Si gioca sulla metafora del fuoco
come motore delle emozioni ma
anche come causa di morte e
distruzione, il nuovo spot televisivo
contro gli incendi boschivi, promosso dal Corpo forestale dello
Stato e dal Ministero delle Politiche
Agricole Alimentari e Forestali, realizzato dalla cooperativa sociale
“Ladri di Carrozzelle”. Testimonial
“l’uomo dell’anno” Flavio Insinna,
un volto noto al grande pubblico
per “Don Matteo” e altre fiction,
oltre che per la presenza in noti
spot televisivi.
I
Ora è testimonial della campagna antincendio boschivo 2007 del Corpo forestale dello
Stato…
Spero di fare una cosa utile, sono amico dei
“Ladri di Carrozzelle”. Se l’incarico fosse venuto
da sconosciuti, in modo più formale, chi lo sa,
magari avrei detto di no. Io credo all’amicizia. Se
poi le cose sono a fin di bene… io vado sempre
d’entusiasmo. Quando posso non figuro, però
capisco che a volte è necessario che i messaggi
arrivino in modo personale, soprattutto ai giovani. Un conto è se il messaggio arriva dal prof
o dallo zio, un conto se arriva da un cantante o
da un attore. In questo caso il messaggio ha più
possibilità di essere accolto.
Il Forestale n. 40 - 23
Qual è il suo rapporto con la natura?
Il mio rapporto con la natura è sempre stato, grazie alla mia famiglia, di molto rispetto. Amo molto
il mare, lì non c’è il pericolo incendi ma c’è il rischio di inquinarlo. Da piccolo andavo spesso in
campagna dagli zii, dai nonni che avevano molti animali. È un contatto che ho sempre avuto quello con la natura. Sai quelle immagini legate all’infanzia. Quando mi hanno parlato di questo progetto ho pensato subito all’incendio che c’è in Bambi, agli animali che scappano, il bosco che brucia. Allora mi sono detto che potevo dare una mano. Magari con questo spot possiamo contribuire
anche a salvare più animali, persone, il bosco...
Cosa ama fare quando riesce a ritagliarsi un po’ di tempo libero?
I boschi li ho sempre vissuti nella loro veste invernale. Sono un grande appassionato di sci anche
se non pratico da ann. Non sono un passeggiatore estivo con i pantaloni corti e la piccozza, ma
questo spot non è una cosa lontanissima da me. Poi io ritengo che il mondo sia patrimonio di tutti.
Quindi non tiriamo la cicca in un prato con la famosa schicchera. Ricordiamo che ad innescare un
incendio ci vuole un attimo mentre a spegnerlo ci vuole tutto lo sforzo della Forestale e di molti
uomini di buona volontà.
Dovremmo essere tutti donne e uomini di buona volontà...
La cosa che mi dispiace è che diamo per acquisite e immutabili le cose, che staranno sempre lì per
noi, invece no. Anche se non credo alle previsioni catastrofiche che alle volte sentiamo, comunque
quello in cui viviamo è un mondo malato e ognuno di noi dovrebbe mettersi una mano sulla
coscienza. L’uomo è quello che fa la differenza. Il fuoco non ha una coscienza, non ha libero arbitrio. Se usi il fuoco per accendere le candeline,
per fare una bella atmosfera nel camino, la brace, una
bella spigola al sale, il fuoco è straordinario. Se lo usi
in maniera superficiale fai danni incalcolabili. Come dico nello
spot un secondo per distruggere; cento anni, se va bene,
per ricostruire. Siamo di fronte all’ennesimo caso dove
la prevenzione fa molto più della cura. Sono un patito delle candele ma non le lascio mai incustodite per
casa, anche se sono chiuse nel loro bicchierone di vetro.
L’unica volta che mi sono distratto e sono andato a rispondere al telefono, le ho lasciate accese nell’altra
stanza e ho dato fuoco alla casa al mare.
Un’estate rovente
ontro gli incendi circa 8 mila i forestali impegnati, dei quali 5 mila con compiti di pattuglia, pronto intervento, direzione e coordinamento delle operazioni di spegnimento degli incendi boschivi,
raccordo dei collegamenti radio con i mezzi aerei, rilevazione scientifica dell’origine e della
causa degli incendi. Il settore delle indagini sul territorio è affidato ai nuclei investigativi di polizia
ambientale e forestale (Nipaf), forte di 400 uomini con il compito di individuare gli autori dei reati di
incendio boschivo. A livello centrale, operano i 15 forestali del Niab, il nucleo investigativo dedicato alle
operazioni di intelligence e di analisi strategica. I turni di 24 ore, per 365 giorni all’anno, delle 16 sale
operative – una centrale e 15 regionali – sono assicurati da 200 forestali che smistano le segnalazioni pervenute al numero di emergenza ambientale 1515. I servizi delle basi elicotteristiche, 6
fisse e 2 stagionali, sono svolti da 230 tra piloti, specialisti e tecnici del Centro Operativo Aeromobili. Il coordinamento operativo, nazionale, regionale e provinciale, è garantito da 250 uomini, con funzione di comando e di gestione operativa delle emergenze. 3.300
gli automezzi impegnati, di cui 1.900 fuoristrada, 320 autobotti 4x4, 180 automezzi speciali – camion, scavatrici, ambulanze – e 900 autovetture. 26 gli elicotteri impegnati, di cui 4
elicotteri Erickson S64F.
C
24 - Il Forestale n. 40
INCONTRI / Lo scrittore
PIANETA
ADOLESCENTI
Scrittore, sceneggiatore e autore tv, amico delle foreste
“Ho voglia di te,” film tratto dal suo secondo romanzo, è primo
nei cinema e il suo nuovo libro va a ruba nelle librerie
di Annalisa Maiorano
ederico Moccia, scrittore da due milioni
di copie con “Tre metri sopra il cielo”, è
un vero fenomeno editoriale. Grazie alla
semplicità narrativa e alla freschezza
delle sue storie l’autore ha conquistato il
grande pubblico. “Scusa ma ti chiamo amore”,
il terzo romanzo già in vetta alle classifiche, è
pubblicato in carta riciclata, aderendo alla campagna di Greenpeace “Scrittori per le foreste”.
Moccia è quello che più di tutti tra gli autori
contemporanei è in grado di far appassionare
alla lettura i più giovani, avidi di identificarsi
nelle avventure e negli amori dei protagonisti
dei suoi romanzi. Il suo segreto è l’onestà di raccontare con semplicità le vicende e i sentimenti
che tutti abbiamo provato. Il suo primo romanzo, che lo scrittore fece pubblicare a sue spese,
“Tre metri sopra il cielo”, è stato poi tradotto in
tredici lingue e il successivo “Ho voglia di te”, che
in versione cinematografica ha sbancato i botteghini italiani, sono diventati libri specchio di
una fascia di pubblico che trova in essi dei punti
di riferimento.
F
libro ti permette di deviare e scrivere quelle
pagine in più, che qualche volta nella realtà, per
i motivi più diversi non ci sono state.
Come fa a conoscere e a descrivere così bene
i sentimenti delle donne e più in generale
quelli degli adolescenti?
Sono nato in una famiglia dove c’erano molte
donne: ho due sorelle, due cugine, una madre e
tante zie e, quando mio padre lavorava, restavo
con uno stuolo di donne di tutte le età. Mi ha
sempre incuriosito il diverso modo di sentire e
vivere l’amore delle ragazze, rispetto a quello di
alcuni uomini, che sembrano più superficiali
Quanto c’è di autobiografico nei suoi libri?
Sicuramente c’è un buon 50 per cento. Nei miei
romanzi racconto molte delle cose che magari
sono accadute fino a un certo punto della mia
vita e che poi avrei voluto andassero in un certo
modo, o sono le cose che non ho avuto il coraggio di dire o di fare. Racconto la libertà che a
volte inevitabilmente nella vita ti manca. Un
Il Forestale n. 40 - 25
quando parlano, ad esempio in palestra, delle
loro storie sentimentali. Questo vuol dire perdere un po’ di quella magia di cui l’amore è
dotato. L’amore è qualcosa di cui non si può
parlare se non con pochi eletti, qualcosa di
intimo che tieni chiuso dentro di te e che non
va sbandierato. Forse questa attenzione per i
giovani deriva proprio da questo ragionamento adolescenziale che è continuato in me, ma
credo però, soprattutto in quest’ultimo libro
“Scusa ma ti chiamo amore”, di raccontare uno
spaccato di vita che riguarda tutti. Viene espressa la bellezza di un amore che non ha età, che
viene vissuto a 40 anni con la stessa ingenuità e
la stessa intensità di quando avevi 15 anni.
Dai suoi libri emerge questa forte sensibilità
verso il mondo giovanile, su cui tanto oggi si
discute per gli atti di bullismo. Cosa ne pensa?
Da cosa derivano questi comportamenti violenti e scorretti?
Innanzitutto oggi come oggi c’è un diverso livello di capacità e di comunicazione perché la tecnologia è molto avanzata, tutti hanno il cellulare
che fa le foto o che ti permette di fare filmati.
Tutti vanno su internet, c’è YouTube, ci sono mille modi di poter rappresentarsi in maniera estrema, come se fosse importante esistere solo per gli
altri e non per se stessi o per i propri valori. C’è
questo rumoroso e costante apparire. Mi ricordo
che, quando andavo a scuola o facevo il militare
c’erano sempre alcuni miei coetanei che si comportavano in modo scorretto, da sbruffoni. Allora
però questo atteggiamento non veniva esaltato
dai mass media.
Non si parla di quel 90 per cento di ragazzi che
tranquillamente seguono le loro lezioni, che hanno la ragazza, che vanno ai concerti, che fanno le
cose più semplici. Si parla solo di quel 10 per
cento inutile che ha una devianza di fondo, che
non permette loro di stare sereni e tranquilli a
seguire la lezione in classe. Il bullismo è sempre
esistito, la cosa brutta è il branco. Il gruppo che
per un semplice no o per un rifiuto uccide o violenta. Questa è mancanza d’identità.
Da dove trae spunto o ispirazione per scrivere i suoi romanzi? C’è un luogo particolare
cui è molto legato?
L’ispirazione mi capita di averla nei momenti più
diversi e anche nei posti più particolari. Un luogo
che per me è fondamentale è il mare. Ci deve
essere il mare in questo momento di riflessione.
Il mare mi permette di abbondare i contorni.
Quando guardo il mare vedo un quadro dipinto
26 - Il Forestale n. 40
di celeste e azzurro, ma lo vedo vuoto e riesco
perfettamente a dipingerlo e a riempirlo con ciò
che desidero raccontare, è come un foglio che in
maniera diversa mi serve per mettere a fuoco
ciò che desidero raccontare. Dopo di che inizio a
fare una scaletta, ed è un lavoro manuale, perché
scrivo a penna e questo accade in una mansarda
romana, un posto molto tranquillo. La passeggiata e il respirare la gente comune mi danno lo
spunto e l’impulso per scrivere.
Conosce il Corpo forestale dello Stato e cosa
pensa del lavoro svolto per la tutela della
natura?
Beh, so un po’ tutto del Corpo forestale dello
Stato nel senso che è sempre stata una realtà,
quando si va in montagna o al mare, molto vicina
a me. Li ho visti combattere contro le fiamme del
fuoco che devastarono la pineta di Castelfusano
e non solo. Avendo una casa all’Argentario ho
avuto modo di incontrarli anche lì e di osservarli durante il lavoro svolto per tutelare quello
splendido spaccato di terra rappresentato dalla
Duna Feniglia. È stato affascinante e interessante osservarli da vicino e vedere anche con quale
cura aiutano le persone in difficoltà ad attraversare le pinete. È un Corpo molto presente sul
territorio, generoso e semplice nel modo di relazionarsi con le persone.
I giovani sono interessati all’ambiente? C’è
un messaggio che vorrebbe mandare ai
ragazzi affinché anche nel loro piccolo lo
proteggano e lo rispettino?
L’interesse degli adolescenti è il compito,
l’interrogazione, il motorino che non hai, la
ragazzina del banco vicino che ti piace e così
via. La scuola dovrebbe prevedere più ore di
educazione ambientale, per far capire ai ragazzi
che l’ambiente è un bene personale. Bisogna
che sentano il pieno possesso del mondo di cui
fanno parte. Questo manca un po’. I giovani
vanno educati al rispetto di ciò che è pubblico
e al rispetto dell’ambiente perché rappresenta il
futuro di tutti noi. Personalmente odio, ad
esempio, quando sono in giro sulla mia moto e
sento emergere quel giovane Step che è in me,
vedere persone ferme al semaforo, lanciare in
tutta tranquillità carte e non solo dai finestrini
dell’auto oppure aprire la portiera e svuotare il
posacenere. È chiaro che solo in seguito pensi
all’ambiente, perché l’ambiente è qualcosa che
tu scioccamente pensi sia sempre intorno a te,
sia una cosa immobile, che non cambierà e che
non ha bisogno della tua attenzione.
INCONTRI / Il pittore
IL PITTORE DEI
CAVALLI
Cavalli lanciati al galoppo, donne stilizzate, beccaccini
L’opera del pittore Roberto Di Jullo è una continua scoperta
di Sara Lagrasta
i apre le porte del suo atelier in via del
Boschetto, a Roma, il pittore Roberto
di Jullo: baffi appuntiti e curati, estro e
giovialità. Sulla porta d’ingresso notiamo l’insolita e antica insegna “Macelleria equina”, scoperta casualmente dall’artista
nei lavori di restauro della bottega. Curiosa coincidenza questa, se si pensa che sovente Di Jullo
è stato definito “il pittore dei cavalli”…
C
Lei ha lavorato come scenografo di commedie, art-director, disegnatore. Esperienze diverse che testimoniano grande passione
verso le tante declinazioni dell’arte.
Ci racconta questo percorso?
Ho frequentato corsi di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti e partecipato attivamente
Il Forestale n. 40 - 27
“I grandi lavori
d'arte sono come
i lavori della
natura, veri come
le montagne, i
ruscelli e i prati.”
(Johann Wolfgang
Goethe,
“Massime e
riflessioni”)
a lavori di grafica pubblicitaria didattica.
Per oltre dieci anni ho collaborato con la
RAI-TV come disegnatore ai servizi del
telegiornale, cercando di conciliare questa
attività con la grande e costante passione
per la scenografia. Alla fine ho scelto la
libera professione.
Il tema equestre, ricorrente nelle Sue
opere, ha attraversato correnti artistico-pittoriche nei secoli: da Paolo
Uccello a Caravaggio, da Leonardo a
Picasso. Tra l’altro proprio il cavallo è
al centro di un progetto del Corpo
forestale dello Stato di valorizzazione
di razze equine italiane, come la
maremmana e la murgiana. Cosa
evoca in lei questo animale?
Il tema equestre mi è particolarmente caro,
ma non per un’iconografia di facile lettura
come all’apparenza potrebbe sembrare. Il
cavallo esprime in toto il mio carattere e la
mia vivacità; in esso trasferisco un’intenzionalità che può muoverlo fino a estreme
rappresentazioni. Nella storia tutti sappiamo come il cavallo abbia interessato il
potere nella maniera più assoluta: l’eleganza, la nobiltà, la plasticità, la morfologia di
questo animale hanno fatto sì che, per
estetica o per lavoro o per carne, fosse
rappresentato come la macchina. Nella
mia ricerca artistico-pittorica il cavallo ha
finito per diventare a tal punto un leit
motiv da attribuirmi l’etichetta di “pittore
dei cavalli”, con un po’ di disappunto da
parte mia poiché la rappresentazione del
cavallo non è fine a sè stessa, ma l’espressione letterale di una macchina del movimento, di una plasticità dirompente, di una
morfologia sempre in azione.
28 - Il Forestale n. 40
Nella sua ricerca pittorica troviamo
quel dinamismo e quell’energia tipici
dell’arte novecentesca uniti a forme
armoniche d’impostazione neoclassica. Quali sono stati i suoi autori di
riferimento?
Pur senza voler copiare nessuno, può darsi
che il ricordo delle avanguardie storiche del
Novecento e del Futurismo in particolare si
sia riversato nel mio lavoro. D’altronde tutte
le figure delle mie opere hanno una spiccata componente dinamica e il cavallo, per
peculiarità propria, ne ha forse ancor di più.
Ecco perché talvolta ho finito per esasperarne i movimenti fino a farli divenire anche
improbabili. Nei miei studi ho dato una
severa e profonda occhiata al cavallo di
Leonardo da Vinci, ho analizzato artisti
come Francesco Messina e Théodore
Géricault. Credo, infatti, che gli autori moderni debbano emulare i grandi maestri del
passato con un’analisi garbata e modesta,
così da riproporre i loro soggetti in una contemporaneità che affondi le radici nella storia e abbia ancora capacità di meravigliare.
Qual è il suo rapporto con gli animali e con la natura?
Tutto ciò che ruota o ruoterebbe intorno al
cavallo è legato alla natura. La sua espressione più vera la si ottiene nel contesto
naturale. Apprezzo e pratico il turismo
equestre, in cui non vi sono forme di coercizione per l’animale che è libero di essere sè stesso. Sono inoltre uno studioso di
alcune specie ornitologiche della famiglia
degli scolopacidi, come la beccaccia, il
frullino, il coccolone e il beccaccino.
Da oltre trent’anni è impegnato nello
studio della figura femminile.
Sì, racconto una figura imperniata sull’importante funzione della vita, sull’essere moglie, madre e lavoratrice. Della
donna ho scelto di sviscerare l’essenza e
di raccogliere il tutto nell’embrione, nella
figura primaria, nella placenta, nel nucleo.
Per racchiudere queste capacità generatrici ho dilatato la figura femminile
così da contenere al massimo tutti i suoi
modi di essere e di abbracciare la vita.
In queste pagine alcune opere
di Roberto di Jullo
ETOLOGIA / Il lupo
BALLA COI LUPI
Ricordate Cassandra,
la forestale che ha allevato un lupacchiotto?
Un ricercatore inglese ha deciso di vivere per 18 mesi
con un branco di lupi,
comportandosi
come loro
di Carlo Grande
l lupo: una specie di guerrigliero, spesso,
un “irriducibile” ai margini della società,
che fa sognare gli spiriti indipendenti
con il suo malinconico ululare notturno,
la sua tenacia, la sua indipendenza in
eterno equilibrio con la rigida gerarchia del
branco. Da secoli continua a guardarci, con i
suoi gialli occhi ipnotici, dall'ombra delle foreste. Ebbene, un ricercatore inglese di 42 anni,
che lavora da sette nel parco naturale di Com-
I
be Martin, nel Devon, ha deciso di guardarlo
negli occhi davvero: ed è riuscito, così dicono,
a vivere per 18 mesi con un branco, comportandosi come loro, mangiando, ringhiando e
ululando insieme ai figli della notte. L’uomo
si chiama Shaun Ellis, l’“esperimento” gli è
valso un soprannome degno dei film di Kevin
Kostner o Jack Nicholson: “The Wolfman”,
uomo-lupo.
Shaun non si è lavato per settimane per non
Il Forestale n. 40 - 29
Una forestale
amica dei lupi
i chiama Cassandra
Vantini e la sua storia
l’abbiamo raccontata
già su queste pagine. È un
commissario forestale che, 5
anni fa, ha avuto il privilegio
di nutrire con il biberon e fare
proprio da “mamma” ad un
cucciolo di lupo, Isa.
L’esperimento scientifico volle dimostrare che il lupo non
è pericoloso per natura, ma
aggredisce solo per necessità. “Le esperienze con i lupi
sono sempre affascinanti
– sostiene Cassandra – Io
però per fortuna, a differenza
del ricercatore inglese, non
ho avuto bisogno di non
lavarmi, né di ululare. Ho
comunicato molto con Isa
con i gesti”.
S
cambiare odore (i lupi, come si sa, sono
dotati di olfatto e vista portentosi), è vissuto all’aperto con i predatori. Forse si è
costruito rifugi occasionali, specialmente
d’inverno, perché i lupi frequentano più
tane, a seconda delle stagioni: quando
nevica, ad esempio, lasciano le quote più
alte e scendono più a valle.
Per me, che alle foreste e ai lupi, al loro
modo di vivere, ho dedicato un romanzo,
questa vicenda è stata quasi la messa in
pratica, in chiave moderna, della “Via dei
lupi”, la storia di un bandito medievale
che visse nelle foreste per dieci anni.
Shaun ha dovuto imparare a ululare
come i lupi per farsi sentire da lontano e
segnalare la propria presenza: l’ululato,
tra i predatori serve a rinsaldare i legami
nel branco ed è una specie di “avvertimento” ai consimili che potrebbero sconfinare in territorio “nemico”. “I lupi sono
estremamente sensibili – ha detto Shaun
30 - Il Forestale n. 40
alla fine della sua avventura – riescono
anche a capire se uno cambia la dieta,
quindi bisogna stare attenti a non ricadere nei comportamenti umani”.
Mancano al momento ulteriori dettagli
(l’intrepido Shaun avrà camminato a
quattro zampe? Si sarà mosso soprattutto
la sera e la notte? Sarà corso dietro ai
caprioli?), ma sembra incredibile che, per
quanto “abbruttito”, sia stato scambiato
dai diffidenti e assai schivi animali per
uno di loro, sorvolando sul fatto che
fosse quello che era, cioè un uomo.
L’avventura sarebbe più plausibile nei
grandi spazi americani, dove si può camminare per giorni senza incontrare anima
viva, non in Inghilterra, Paese altamente
urbanizzato dove sembra impossibile che
i lupi siano raramente (o mai) venuti a
contatto con la specie umana, quella che
temono di più.
Eppure sembra che per farsi prendere sul
non l’aveva più mollato. “Era una prova
di forza”, mi raccontò il forestale che lo
nutriva. Dopo mezz’ora il russo era sbiancato, stava per svenire, venne liberato
dalle guardie forzando le formidabili
mandibole dell’animale con un bastone.
Ecco perché l’avventura di Shaun ha dell’incredibile: perché il lupo è un animale
irriducibilmente selvatico, quando nasce
e vive in libertà.
La sua storia ha anche un happy end con
la “femmina alfa”: dicono che Ellis abbia
trovato l’amore nel bel mezzo dell’esperimento con una donna appassionata di
animali. Si chiama Helen Jeffs, vive in
una casa nel parco e si è avvicinata a Ellis
perché colpita dalla sua preparazione e
dedizione al progetto: “Ho dovuto imparare a ululare anch’io. All’inizio mi veniva da ridere, ma era l’unico modo per
comunicare con Shaun. Alla sera uscivo e
ululavo. Dicevo, in sostanza: Ti sento.
Sono qui e tutti i lupi mi rispondevano”.
Alcuni esperti di wolf howling, in effetti,
hanno riferito che a volte sulle nostre
montagne i cuccioli possono “rispondere” alle sirene delle ambulanze che passano a fondovalle.
serio Shaun abbia anche ringhiato ferocemente, e che per evitare di farsi sbranare – così dicono i primi resoconti – abbia dovuto sempre comportarsi da “maschio alfa”, ovvero da lupo dominante,
“sottomettendo gli altri con morsi, ringhi
e aggressività controllata”. In mancanza
di zanne e artigli (solo pochi manager e
uomini politici sono dotati di sorriso a 32
denti, tutti canini) chissà se hanno fatto
effetto le otturazioni.
Quello che lascia perplessi è l’“addomesticabilità” dei lupi, cioè che possano
convivere con la specie umana. Un ricercatore russo, nel Parco d’Abruzzo, entrò
da solo nel recinto di un giovane esemplare che era stato trovato con un’anca
rotta e che quindi era vissuto in cattività,
non potendo sopravvivere allo stato selvaggio. Ebbene, il giovane lupo a un
certo punto aveva stretto fra i denti il braccio del ricercatore – senza fargli male – e
L’autore
arlo Grande è nato a Torino ed è giornalista de La Stampa. Ha scritto il romanzo
“La via dei lupi” (Ponte alle Grazie, 2002,
premio Grinzane Montagna e Premio San Vidal)
che parla di una ribellione avvenuta nel Trecento
a Bardonecchia e in valle Varaita, in Piemonte. È
la storia di un uomo libero, un Braveheart nostrano, vissuto nelle foreste per dieci anni, nella
quale i lupi, da simbolo di paura, diventano
emblema di libertà e coraggio. Nel 2004 ha pubblicato “La cavalcata selvaggia” e, sempre per
Ponte alle Grazie, nel 2006 “Padri. Avventure di
maschi perplessi”, dedicata alla crisi dei maschi.
C
Il Forestale n. 40 - 31
ANIMALI/Il traffico di cuccioli
LA CARICA DEI 101
Un’inchiesta del Corpo forestale svela
importazioni clandestine di cuccioli
Viene così sventato un traffico illecito di animali
provenienti dall’Ungheria e destinati al nostro Paese
di Isidoro Furlan - illustrazioni per gentile concessione di The Walt Disney Italia Spa
S
32 - Il Forestale n. 40
Paese. E se nella favola disneyana bisognava lottare contro maldestri e ingenui
collaboratori di Crudelia, gli uomini del
Corpo forestale hanno innanzitutto
dovuto far fronte alla sottile perizia dei
“corrieri” transalpini. Primo ostacolo da
superare: gli escamotage messi in atto
dai corrieri che, dalle indagini, è emerso
fossero quasi sempre di nazionalità straniera. Ogni missione veniva pianificata
studiando prima il tragitto da percorrere
e i tempi necessari. I trafficanti sapevano
molto bene quando attraversare i confini
di Stato, scegliendo con accortezza il
momento e il modo più opportuno.
L’astuzia iniziale adottata era quella di
inviare un primo autoveicolo uguale a
quello che avrebbero utilizzato per il
carico: con la differenza che questo
primo mezzo era vuoto. Una sorta di staffetta che informava il secondo mezzo,
quello che avrebbe avuto il carico con la
“merce”, sulle difficoltà incontrate durante il percorso.
Un altro espediente usato dai corrieri era
quello attraversare il confine utilizzando
© Disney
e ne “La carica dei 101” della
Disney il ruolo della cattiva era
interpretato dalla perfida Crudelia Demon, in questa operazione condotta dal personale del
Corpo forestale dello Stato del Coordinamento Distrettuale di Asiago e del Comando Stazione di Enego, in provincia
di Vicenza, i cattivi sono invece dei
trafficanti di cuccioli. Le due storie,
una semplice frutto della fantasia, l’altra tristemente reale, hanno in comune
il lieto fine: la sottrazione di 91 cuccioli
dalle grinfie di cinici sfruttatori.
Se volessimo raccontare la trama della
storia “reale” bisogna innanzitutto precisare che non era la pelliccia maculata dei
dalmata a fare da gola ai malviventi,
bensì il cospicuo guadagno ricavato dalla
importazione clandestina di cuccioli di
diverse razze. La scena del misfatto è da
collocarsi tra l’Italia e l’Ungheria: da
tempo gli investigatori erano sulle tracce
di un canale clandestino di importazione
di cagnolini provenienti dalla Repubblica
a occidente del Danubio verso il nostro
© Disney
veicoli monovolume o camper, spacciandosi per turisti. “Il perché di tale accortezza è facile da spiegare”, spiega Isidoro
Furlan, comandante del Coordinamento
Distrettuale di Asiago del Corpo forestale
dello Stato. “Questi mezzi hanno delle dimensioni piuttosto grandi che consentono
di nascondere al loro interno il carico”.
Fermate Crudelia
Grazie a meticolose indagini, frutto di
informazioni confidenziali, e soprattutto di sopralluoghi, controlli, osservazioni e pedinamenti si è riusciti a bloccare
definitivamente il traffico illecito.
L’epilogo della storia è stato scritto in
una domenica di dicembre in cui i
Forestali hanno posto sotto sequestro
cautelativo sanitario 91 cuccioli di
cane. Gli animali erano stati rinchiusi in
alcune gabbie nascoste all’interno di
un furgone. Ma qualcosa, nel piano
messo a punto dai corrieri, non è andato per il verso giusto: durante un posto
di controllo mirato, il furgone, proveniente dall’Ungheria, e contenente i
piccoli animali, ha terminato la sua
corsa dinanzi al posto di controllo della
Forestale. Non riuscendo così ad arrivare a destinazione, ovvero da un
importatore Veneto che, in vista delle
festività natalizie, avrebbe immesso sul
mercato gli animali. L’operazione,
denominata “La carica dei 101”, si è
svolta nel Comune di Galzignano, in
provincia di Padova: “I cuccioli sono
stati sottoposti a sequestro cautelativo
sanitario perché erano stati separati
dalle madri prima dei termini consentiti dalla legge, ovvero prima del raggiungimento dei tre mesi e ventuno
giorni di vita”, spiega Furlan, che ha
coordinato l’indagine “In base alla normativa europea, i cuccioli di questa età,
non possono essere messi in vendita e
devono essere regolarmente vaccinati”.
Infatti, i 91 cuccioli di cane, di diverse
razze e taglie, risulterebbero nati tutti
lo stesso giorno, come è poi emerso
anche dalle presunte date di nascita
riportate sui passaporti.
“Le analisi ematiche eseguite a campione nei giorni successivi al sequestro
hanno confermato le ipotesi investigative, accertando l’assenza del vaccino
antirabbia”, continua Furlan. I cuccioli,
per poter essere messi in vendita, inoltre, dovrebbero essere dotati di un
microchip e di un passaporto sanitario
che riporti le date delle vaccinazioni.
Ovviamente si tratta di regole che non
vengono rispettate nelle importazioni
illegali per gli elevati costi dei vaccini.
Così purtroppo molti di questi cani non
Frequenti i
controlli della
Forestale ai
canili. Se gli
animali
vengono
maltrattati
scatta il
sequestro.
Il Forestale n. 40 - 33
Udine, al confine tra l’Austria e l’Italia”.
Altri accertamenti di polizia giudiziaria
hanno consentito di appurare che alcuni cuccioli erano già stati scaricati in un
piccolo comune del Friuli. Il passaggio
attraverso il valico di Tarvisio avviene
in genere di notte, quando i controlli
sono meno estesi e la consegna viene
effettuata di solito all’uscita del casello
autostradale o nei parcheggi deserti.
Secondo le stime ogni anno nel nostro
Paese vengono introdotti in modo clandestino venticinquemila tra cani e gatti.
Sicuramente per raggiungere un obiettivo importante come
quello ottenuto dall’operazione
“La
carica dei 101” sarà
necessario rafforzare
la collaborazione tra
tutte le forze di polizia.
Stop ai maltrattamenti
el 2005, con personale appartenente al Nucleo Operativo Antibracconaggio del Corpo forestale dello Stato, viene istituito un settore con il compito di far applicare la legge n. 189/2004,
che ha modificato il codice penale individuando il delitto di maltrattamento di animale (art.
544). Il 21 marzo 2007, con decreto del Capo del Corpo viene istituito il Nucleo Investigativo per
i Reati in Danno agli Animali, in sigla NIRDA. Le attività sono rivolte alla prevenzione e alla
repressione dei reati compiuti in danno agli animali, con specifica competenza dell’applicazione della normativa in materia di maltrattamento, abbandono e trasporto.
N
34 - Il Forestale n. 40
© Disney
sopravvivono perché colpiti da malattie
virali, e l’averli staccati a poche settimane di vita dall’allattamento materno
li priva delle difese protettive. Il commercio illegale di cuccioli è davvero
fruttuoso: basti pensare che la fattura di
acquisto dei cani riporta una cifra irrisoria che si aggira introno ai 50 euro.
Cifra che poi viene più che decuplicata: i piccoli vengono, infatti, rivenduti a
cifre che oscillano tra i 500 ed i 900
euro a esemplare. Come ogni favola
che si rispetti, anche questa si è chiusa
con una punizione per i malviventi,
ovvero sono state elevate tre sanzioni
amministrative.
“Purtroppo l’importazione dei cuccioli
dai paesi dell’Est è in costante crescita”,
spiega Furlan, “Negli ultimi mesi gli
investigatori hanno bloccato numerosi
carichi illegali, lungo l’autostrada di
Tarvisio, che si trova in provincia di
ALIMENTAZIONE / L’olio d’oliva
NON È TUTTO ORO
COLATO
olio era considerato dagli
egizi un dono
degli dei, oro
giallo lo consideravano. Nella mitologia
greca si narra della sfida tra Atena
e Poseidone per il possesso di Atene.
Cecrope, fondatore della città e primo
re dell’Attica, promise il dominio a chi
dei due avesse trovato il dono più utile
agli ateniesi. Poseidone battè con il tridente la roccia e creò il primo cavallo che
uscì dalla profondità della terra, ma la vittoria spettò ad Atena che colpì la roccia con
una lancia e creò un nuovo albero, l’olivo,
riconosciuto il più utile dei doni. Citato anche
nei testi omerici, nell’Antico Testamento e nel
Corano, l’olivo è considerato oggi l’albero più
rappresentativo del clima mediterraneo. L’uso del
suo prezioso frutto si è diffuso con l’espandersi
dell’Impero romano ed oggi l’olio ricopre un posto
fondamentale nella dieta mediterranea non solo per il
suo caratteristico sapore e per la sua alta digeribilità, ma
anche per i benefici effetti per l’essere umano.
L’
36 - Il Forestale n. 40
Prezioso
alleato
per la nostra
salute,
apprezzato
fin dall’antichità,
l’olio è uno dei
prodotti più sani
e tipici della
tradizione
mediterranea
Ma le frodi
incombono e la
Forestale è
in prima linea
di Daniela Grando
Un amico del cuore
La presenza di vitamina E, polifenoli, fitosteroli, clorofille e carotenoidi, permette
all’olio di aiutare l’organismo nella lotta
ai radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento cellulare, riducendo così il
rischio di cancerogenesi, di danni epatici
e di arteriosclerosi. Il giusto dosaggio di
acidi linoleico, linolenico e arachidonico,
aiuta a combattere la formazione di colesterolo nelle arterie, favorisce la produzione del colesterolo HDL utile per l’organismo ed aiuta a combattere l’aggregazione delle piastrine, contribuendo così
ad allontanare il rischio di trombosi. Infine, oltre a permettere una buona assunzione di calcio grazie alla presenza della
vitamina D, aiuta a prevenire i tumori del
colon e della mammella. Tutte queste
preziose peculiarità dell’olio possono,
tuttavia, essere messe in caso di sofisticazione del prodotto.
Stop alle frodi
Come ci spiega Gianluca Baiocchi, del
Corpo forestale dello Stato, spesso ci si
può trovare davanti a vere e proprie frodi
che minacciano la purezza del prodotto
finito. Si possono trovare, infatti, oli extravergini non puri, che contengono diverse
percentuali di oli raffinati, di semi, di
oliva, miscele di oli di nocciola (che hanno una composizione chimica ed organolettica simile all’olio di oliva), oli di sansa
(uno scarto, insieme all’acqua di vegetazione, prodotto dalla lavorazione dell’olio)
od oli dichiarati non commestibili. Inoltre,
possiamo trovare anche oli colorati chimicamente attraverso l’aggiunta di clorofille, oli con parametri analitici non conformi alla classificazione, oli di semi
(anche modificati geneticamente) commercializzati come oli di oliva o anche oli
di oliva che diventano extravergini grazie
a dei processi chimici, che permettono
facilmente di ripulire, deodorare una sostanza. Un’altra truffa che si incontra di
frequente è la cosiddetta triangolazione.
Se un carico di olio proveniente da un
paese qualsiasi, anche extracomunitario,
non subisce controlli durante il trasporto,
quando arriva in Italia può essere trasformato facilmente in olio nostrano eliminando i documenti di viaggio. In questo
ambito il Corpo forestale dello Stato
effettua diversi controlli sia ambientali
per quanto riguarda lo smaltimento delle
sostanze di scarto della lavorazione da
parte dei frantoi, sia agroalimentari per
quanto riguarda il prodotto finito, attraverso analisi di laboratorio di alcuni campioni prelevati. Per esempio, in caso si
trattasse di olio di oliva miscelato con
dell’olio di sansa, le analisi rivelerebbero
la presenza di alcune polveri sottili (PM10)
tipiche, in grande percentuale, solo dell’olio di sansa; nel prodotto puro, infatti,
vengono eliminate durante la lavorazione
attraverso il filtro dei carboni attivi.
Per difendersi dalle frodi il consumatore ha
pochi ma precisi strumenti a sua disposizione. Innanzitutto deve diffidare dagli oli
venduti in bottiglie senza etichetta o in
caso di olio prodotto artigianalmente, deve
avere piena fiducia del commerciante a cui
si rivolge. Quando acquista una bottiglia
deve poi controllare che sull’etichetta sia
indicata l’origine del prodotto e il frantoio
da cui proviene. Inoltre, il consumatore
può inoltre controllare se si tratta di un
prodotto DOP, IGP o biologico. Un olio
DOP (Denominazione di origine protetta)
indica che tutto il ciclo di produzione del
prodotto è avvenuto in una determinata
zona, o regione, mentre un olio IGP (indicazione geografica protetta) indica che
solo una delle fasi di produzione è stata
Il Corpo forestale
opera sia controlli
ambientali che
agroalimentari
sugli oleifici.
Il Forestale n. 40 - 37
effettuata nella zona di origine. Infine un olio biologico indica un prodotto per il quale non siano
utilizzati diserbanti o fitofarmaci che distruggano
equilibri naturali e, durante il ciclo di produzione,
sia stato rispettato pienamente il paesaggio, riducendo l’inquinamento delle falde e difendendo il
territorio.
Bisogna considerare però che la normativa
vigente, il regolamento comunitario 1019/2002
dispone che l’indicazione del paese di origine
del prodotto sia facoltativa, dunque se il consumatore non troverà questo dato specificato
vorrà dire che quasi certamente si tratterà di un
olio estero o di un olio italiano miscelato con un
olio importato per una percentuale superiore al
75 per cento. Infatti se un olio nostrano raggiunge il 75 per cento e il resto del prodotto
risulta importato da un paese della Ue, allora
potrà avere l’etichetta di olio italiano.
In senso più ampio non esiste effettivamente un
criterio oggettivo per valutare la qualità dell’olio.
Dalle analisi chimiche si possono individuare
dei parametri oggettivi come l’acidità, ma non
sono un criterio soddisfacente per valutare il suo
livello qualitativo. Uno dei metodi considerati
più “oggettivi” è la valutazione delle caratteristiche organolettiche attraverso il cosiddetto panel
test durante il quale dieci assaggiatori esperti
degustano e valutano le caratteristiche degli oli
dal punto di vista olfattivo, visivo e gustativo.
Indagini di ogni tipo,
anche contro gli OGM
Tra i metodi analitici per individuare le sofisticazioni c’è la spettrofotometria U.V., che
permette di individuare se un olio d’oliva è
vergine e di classificarlo commercialmente; di
individuare se proviene da un processo di raffinazione; di riconoscere una miscela tra un
olio vergine e uno raffinato. L’analisi gascromatografica degli acidi grassi permette di ottenere un’immagine con picchi ben visibili per
tutti gli acidi grassi, anche quelli in tracce. Si
può ottenere un cromatogramma dove si
distingue il picco caratteristico dell'acido elaidinico, dopo quello oleico, indice di olio ottenuto non da pressione ma proveniente da
esterificati, da oli rettificati, da oli di sansa rettificati.
L’analisi gascromatografica degli steroli, infine, permette l’individuazione di frodi dovute
anche a oli vegetali provenienti da piante
modificate geneticamente: la composizione
sterolica è tipica di ogni sostanza grassa, e
non si modifica per eventuali variazioni genetiche della pianta. Alcune piante oleaginose
danno oli di composizione acidica molto vicina
a quella dell’olio di oliva, come ad esempio
l’olio di cartamo e colza.
Ladri di ulivi
n Puglia, la maggiore regione olivicola al mondo, purtroppo, continua il fenomeno per
il quale ulivi secolari vengono trapiantati nel Settentrione ad ornare i giardini delle ville.
Le associazioni, Italia Nostra in testa, si battono perché questo non accada ed hanno
avanzato la proposta d’istituzione di un Parco Agrario a tutela degli ulivi secolari pugliesi. La fascia protetta dovrebbe essere quella della costiera adriatica pedecollinare, compresa tra le province di Bari e Brindisi. Sarà un argine all’insidia dello sradicamento?
© Angela Brucoli
I
38 - Il Forestale n. 40
COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA
L’ORO DI ASCOLI
La storia delle olive ascolane risale all’antichità
e Plinio era già un grande amante della varietà
di oliva impiegata nella nota ricetta
La tradizione va avanti
di Antonella Castelli e Francesca Samà – foto di Giorgio Ciccanti
re tipi di carne (manzo, suino e pollo), parmigiano, uova, cipolla, carota, sedano e noce moscata. Ma manca un ingrediente,
quello fondamentale, per la riuscita di uno dei piatti più rappresentativi della gastronomia marchigiana: l’oliva tenera ascolana,
denominata anche “Liva Concia” o “Oliva di San Francesco”.
È la regina tra le olive verdi da mensa, è un patrimonio del nostro
territorio agricolo e, soprattutto, costituisce la base della prelibatezza gastronomica dell’oliva farcita e fritta all’ascolana.
Ormai è possibile trovare quasi ovunque i piccoli
“ovali dorati”: dalla rosticceria sotto casa alla
pizzeria del centro, dalla trattoria con le
tovaglie rosse a quadri ai bar che propongono l’happy hour. Persino
nei ristoranti di nouvelle
cuisine, a volte, le olive
ascolane vengono servite
con l’aperitivo.
Le olive “farcite e fritte all’ascolana” sono inequivocabilmente il piatto che distin-
T
Il Forestale n. 40 - 39
Ricetta originale
delle olive farcite
e fritte all’ascolana
Dose per circa 120 chicchi
Ingredienti
1 chilo di olive “Tenera Ascolana”
300 grammi di carne magra di manzo
300 grammi di carne magra di maiale
300 grammi di carne di pollo
100 grammi di Parmigiano Reggiano grattugiato
50 grammi di pecorino grattugiato
4 uova intere
una presa di noce moscata
pane grattugiato, farina di grano tenero
1 bicchiere di olio extravergine di oliva
1 bicchiere di vino bianco
una cipolla, una carota, un gambo di sedano
sale, pepe
mezzo bicchiere di purea di pomodoro
l’olio necessario alla frittura
Preparazione
Le olive devono essere snocciolate praticando un
taglio elicoidale intorno al nocciolo, senza spezzarne la polpa che risulterà a forma di molla, lasciandole poi nell’acqua salata per non farle annerire.
Per il ripieno: tagliare le carni in pezzi grossolani,
farle rosolare in una pentola con l’olio, la cipolla, il
sedano e la carota, salare, pepare. Lasciare cuocere il tutto aggiungendo il vino bianco; versare poi
la purea di pomodoro. Macinare finemente la carne
e aggiungere il sugo passato al colino.
In una terrina lavorare a mano il macinato, il parmigiano, il pecorino, due uova leggermente battute e
la noce moscata. Farcire le olive snocciolate con il
ripieno in modo che riprendano la forma originale
(non devono diventare polpette o troppo allungate),
infarinarle e passarle prima nell’uovo battuto e
quindi nel pane grattugiato. Friggere, in abbondante olio e a fuoco vivace, le olive poche per volta in
modo che possano muoversi dentro la padella con
un leggero movimento rotatorio che ne garantirà la
cottura uniforme. Quando sono ben dorate, sgocciolarle e disporle su una carta assorbente.
Servirle calde accompagnate dagli spicchi di limone. Possono essere consumate anche fredde.
40 - Il Forestale n. 40
gue la gastronomia picena e, anche se negli anni si
sono affermate proposte alternative alla ricetta originale, comunque nate nel rispetto delle peculiarità
delle diverse zone, è stato conservato un denominatore comune: la “Tenera Ascolana” della varietà
“Olea Europea Sativa”.
Già nell’antichità le olive in salamoia (verdi e nere)
rappresentavano un pasto ritenuto nutriente, tanto
che i legionari romani se ne nutrivano e portavano
sempre nelle loro bisacce un pugno di olive per i
momenti più difficili. Erano considerate indispensabili, così come le focacce e il farro. Tante e autorevoli testimonianze, infatti, confermano che questo
tipo di oliva, insieme alla frutta, ai fichi secchi e al
vino cotto ascolano, era conosciuto ed apprezzato
fin dai tempi remoti. Plinio le considerava tra le
migliori olive. Secondo il letterato, l’olio prodotto
vinceva tutti gli altri per qualità. Erano i tempi in cui
i romani venivano riforniti da Ascoli, attraverso la
Salaria, di ortaggi, vino e, appunto, olive. Plinio,
inoltre, le elevò al grado di rimedio contro la renella e la carie dentaria, mentre Catone forniva diversi
suggerimenti per condire questi frutti dell’olivo e
prepararci una buona salsa.
Un altro autore, Marziale, aveva un debole per le
olive picene e le consumava sia come aperitivo che
a fine pasto; egli, per di più, descriveva i recipienti
per raccogliere, conservare e trasportare le grosse
olive verdi immerse e galleggianti nell’acqua.
Il papa Sisto V, insieme a prìncipi e cardinali, nel
1583 esprimeva particolare apprezzamento per le
olive ascolane e si dice che provvedesse personalmente a farle spedire in Vaticano. Non mancano gli
apprezzamenti per le buonissime e “colossali” olive
da parte di Gioacchino Rossini, Giuseppe Garibaldi,
Giosuè Carducci e Giacomo Puccini. Erano tutti
buone forchette che tra una nota musicale, un colpo
di sciabola, un’ode e una paterna benedizione, avevano presente che l’uomo non vive per mangiare
ma… che il buon mangiare aiuta l’uomo a vivere.
L’invenzione delle olive ripiene e fritte è datata
intorno al 1800: furono create forse da un abile
cuoco sconosciuto che prestava servizio presso una
nobile famiglia ascolana. Esistono innumerevoli
varianti e rielaborazioni delle olive farcite e fritte,
tra cui si ricorda la variante di San Benedetto del
Tronto con ripieno di pesce.
Tuttavia resta intatto il fascino della ricetta originale, quella tramandata di generazione in generazione, che – pur convivendo con le rielaborazioni
costantemente aggiornate dalle esigenze evolutive
del tempo – rimane parte integrante della cultura
picena.
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VITA DEL CORPO
Alle armi!
Nuove strutture a Pescara
Si è svolto, dal 26 marzo al 27 aprile, presso la sede di
Antrodoco della Scuola Forestale di Cittaducale, il Corso
di qualificazione per Armaioli del Corpo forestale dello
Stato. È la seconda volta che il corso viene organizzato e
gestito completamente dal Corpo, mentre i cinque corsi
precedenti si erano tenuti presso le strutture dell’Esercito
Italiano. Al Corso hanno preso parte 33 persone tra ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti del Corpo forestale dello Stato provenienti da tutta Italia e dalle Scuole.
Al termine del percorso formativo, che prevedeva test
intermedi a cadenza settimanale, i partecipanti hanno
sostenuto un esame teorico-pratico.
Tutti hanno superato brillantemente gli esami con soddisfazione da parte degli istruttori, dimostrando così di aver
acquisito quelle competenze e conoscenze indispensabili
per chi nelle sedi periferiche andrà a rivestire un incarico delicato e di responsabilità.
Sono state inaugurate dal Capo del Corpo forestale dello
Stato, Cesare Patrone, lo scorso 10 maggio, le nuove
strutture del Comando provinciale di Pescara che comprendono la sede del Nipaf (Nucleo investigativo polizia
ambientale e forestale), il Comando Stazione di Pescara
oltre che il nuovo hangar presso l’aeroporto di Pescara, i
cui lavori sono ora in fase avanzata.
Centinaia i partecipanti all’inaugurazione, autorità civili,
militari e religiose. Il comando è intitolato al maresciallo
Giovanni Fusarelli, medaglia d’oro al valor civile. Morì, a
43 anni, nel 1991, sulle montagne del parco nazionale
d’Abruzzo.
Il forestale era impegnato nel tentativo di raggiungere un
aereo disperso ad alta quota e venne travolto da una
valanga su un costone ad altissimo rischio.
In alto, la cerimonia inaugurale con il taglio del nastro.
Cartolina
In questa rubrica vi proponiamo
un’immagine tratta dagli archivi
del Corpo forestale dello Stato e
selezionata da Claudio Sanchioli.
Siamo nel 1950 a Sella di Leonessa, sul monte Terminillo (Rieti).
È un momento di festa e allegria.
Le guardie forestali, che frequentano il primo corso per allievi sottufficiali del dopoguerra presso la
vicina Scuola di Cittaducale, sono
in gita.
42 - Il Forestale n. 40
VITA DEL CORPO
Dentro il cratere del Vesuvio
Dieci uomini del Soccorso Alpino Forestale (SAF) del
Corpo forestale dello Stato, insieme a volontari della
Protezione Civile, si sono calati a duecento metri di profondità tra le fumarole ricche di gas che si generano
poco sopra la bocca del Vesuvio per recuperare i rifiuti
speciali abbandonati nel cono del cratere. Hanno così
portato in superficie 11 copertoni, 5 batterie esauste, 2
fusti di plastica e altri rifiuti speciali. Gli uomini del SAF
hanno poi messo in sicurezza l’intera area che circonda
il vulcano per consentire il recupero dei rifiuti.
Il territorio vesuviano è stato a lungo oggetto di sfruttamento da parte di organizzazioni malavitose che realizzavano cave e discariche per lo smaltimento illecito dei
rifiuti dei diversi comuni della Campania. È necessario
tutelare in ogni modo l’area del Parco nazionale del
Vesuvio, l’unico complesso vulcanico continentale ancora attivo in Europa.
MONDO CITES
Cactus, l’operazione Atacama
di Marco Fiori
Da sempre ci occupiamo di tutela delle specie minacciate, attraverso l’applicazione di Regolamenti comunitari o
Convenzioni internazionali come la Cites. Anche se è il
traffico di fauna protetta a riempire da sempre le cronache, anche il commercio illegale di flora appare sempre
più significativo. È il caso del legname tropicale,
delle orchidiacee, ma ultimamente con
maggiore pericolosità il fenomeno interessa le piante cosiddette succulente.
È il mondo delle oltre 10.000 piante
che si sono specializzate in climi e
ambienti siccitosi ove gli habitat
sono montuosi, desertici, anche freddi e ventosi e l’acqua spesso si presenta solo allo stato solido. Tra queste
si distinguono circa 1.500 specie di cactus. Sono le succulente prive di foglie che
hanno specializzato gli aghi per raccogliere la
condensa e difendersi dagli erbivori. Sono tutte native
del Nuovo Mondo e tutte inserite nelle appendici I e II
della Cites. Alla loro sopravvivenza è legato il destino dei
delicati e fragili biotopi di provenienza e la vita di migliaia
di specie di animali. Molte specie hanno nomi buffi come
il “cuscino della suocera” o sono legate alle tradizioni e
all’economia dei popoli, come l’agave da cui si ricava la
tequila, o l’aloe famoso per le proprietà antiossidanti, o
ancora i famosi “bastoni della pioggia” propiziatori e scacciapensieri ricavati dal legno delle Echinopsis.
Molte di queste piante sono oggetto di prelievo illegale,
come ha scoperto la Sezione Investigativa Cites di Roma
con un’indagine partita da sequestri alla dogana della
posta aerea di Fiumicino. In diversi pacchi postali sono
stati sequestrati oltre 250 cactus della specie
Copiopoa provenienti dal deserto cileno di
Atacama. L’operazione “Atacama” ha
portato alla esecuzione di decine di
perquisizioni in Italia e al sequestro
complessivo di oltre 500 rare specie
di cactus protetti dalla Cites. Tutti
prelevati in natura, esportati illegalmente dal Cile ed altrettanto illegalmente introdotti in Italia in maniera
fraudolenta mediante pacco postale. I
cactus venivano individuati da gruppi
organizzati di italiani durante appositi viaggi
nel deserto e localizzati con Gps. Le informazioni venivano poi trasmesse attraverso i blog alla rete dei collezionisti senza scrupoli. Una delle più importanti indagini
condotte dal Servizio Cites ha ricostruito così un traffico
illegale dal prelievo in natura, seguendone il percorso,
sino alle destinazioni italiane ed europee.
Il Forestale n. 40 - 43
SPORT
Forze della Natura
di Gianluca Mancinelli e Giovanni Esposito
Manuela Torazza e Vincenzo Alliegro.
Parlando di “forze della Natura” non si può fare a meno
di pensare anche a quegli atleti che da anni indossano
con grandi sacrifici i colori biancoverdi del Gruppo Sportivo Forestale e con tanta umiltà tengono viva una sezione tutta particolare dedicata ad uno sport certamente
antico seppur di nicchia: il sollevamento pesi.
Le origini storiche della disciplina si perdono nella notte
dei tempi, da quando gli antichi greci e romani usavano
piccoli manubri per mantenersi in forma. Ad Olimpia,
nella prima Olimpiade, si sollevarono enormi massi per
stabilire chi fosse il più forte, ma l’evoluzione tecnico/stilistica della pesistica è arrivata ai giorni nostri proponendo nuove accelerazioni, ridotte traiettorie e fluidità nei
movimenti facendo del pesista sicuramente l’atleta che
meglio esprime la forza e la potenza.
Il ricordo dei molti appassionati si ferma ai giorni della
Federazione Lotta Pesi Judo allargatasi poi con l’introduzione del Karate; ma in fondo rimane solo qualche traccia della FILPJ nella tabella affissa alla vecchia palestra
della scuola di Cittaducale. Oggi il rinnovamento della
pesistica italiana passa attraverso la FIPCF, acronimo
della più recente federazione pesistica e cultura fisica,
44 - Il Forestale n. 40
che da qualche anno ha fuso perfettamente le antiche
tradizioni alle più moderne tecnologie. È nata quindi una
nuova idea del sollevamento pesi, non più legata al pregiudizio di chi voleva considerarla come disciplina
ordinaria e quindi pericolosa per un sano sviluppo fisico e fortemente caratterizzante per la fisicità brevilinea
dei suoi praticanti. Si può infatti affermare che i pesi, per
la loro valenza universale, si propongono come specialità
di ausilio a tutte le discipline sportive. Tanti cambiamenti
quindi nel mondo della pesistica, ma anche tante tradizioni che in forestale si rinsaldano nella fattiva collaborazione e nell’ormai consolidato legame con il settore Lotta;
la stessa direzione tecnica è stata affidata a Vincenzo
Alliegro, per anni atleta di spicco del Centro Sportivo e
oramai collaudato allenatore dei “cugini” lottatori.
Tra gli atleti veterani la punta di diamante è Manuela
Torazza, pluri campionessa italiana per la categoria femminile dei 69 chili (limite massimo consentito per il peso
corporeo), con alle spalle tante gare internazionali e
lusinghieri piazzamenti anche nella sua precedente carriera dedicata ai lanci per la sezione Atletica Leggera.
Importanti i suoi primati personali e record italiani nelle
due modalità olimpiche; nello strappo, l’esercizio eseguito in un unico movimento, ha sollevato 95 chili e nello
slancio, quello in due movimenti e cioè prima sulle spalle e poi in alto, ha sollevato ben 110 chili.
Nell’ultimo campionato italiano senior svoltosi ad Ostia il
24 marzo scorso, nonostante abbia sollevato qualche
chilo in meno, è salita sul gradino più alto del podio guadagnando di diritto il ruolo di favorita alla prossima rassegna nazionale che si svolgerà a Cervignano del Friuli.
Per lei l’appuntamento clou è comunque fissato ai Giochi
del Mediterraneo di Pescara 2009.
Sugli scudi pure Manuela Ferrari che tornata sulle pedane nazionali dopo un periodo di riposo forzato per infortunio, ha sfiorato l’oro nella categoria 75 chili. Il secondo
posto può lasciare l’amaro in bocca per certi versi ma fa
ben sperare per il prossimo appuntamento nazionale di
dicembre, dove l’agente scelto di Torino potrà sicuramente ambire al metallo più prezioso.
Nulla di scontato certo, anche perché nel sollevamento
pesi la competizione non è solo con l’avversario. Quando
si arriva in pedana, e il tempo a disposizione sta per scadere, la sfida alla gravità, identificata nell’uso di un freddo bilanciere di ferro, ricorda mitologiche imprese. Quelle
del titano Atlante per esempio, costretto a sorreggere per
l’eternità il peso della volta celeste, oppure quelle del
semidio Sisifo, condannato per aver ingannato la morte a
trasportare per sempre pesanti macigni. Entrambi puniti
da Zeus, entrambi eroi nella tenacia e nell’ostinazione,
comunque figure rimaste nella leggenda per essere
riuscite a superarsi nella fatica.
ATTREZZIAMOCI
Bastoncini per tutti
© M. Sances
di Goffredo Filibeck
“E gli sci dove li avete?” fu la domanda dell’anziano
massaro, mentre attraversavo a piedi un paesetto
alle falde dell’Etna. Era la prima escursione in cui i
bastoncini telescopici da trekking erano entrati a far parte
del mio equipaggiamento, dopo che li avevo guardati con diffidenza per anni. Da allora, mi sono
sentito ripetere frasi simili moltissime volte. Sì,
perché dei bastoncini in montagna ora faccio difficilmente a meno, specialmente se devo portare uno
zaino pesante o se mi attendono lunghe discese. Questi
strani attrezzi, infatti, trasformano l’escursionista da bipede in quadrupede. Forniscono perciò trazione aggiuntiva in
salita: come le quattro ruote motrici in un fuoristrada. Ma,
soprattutto, offrono appoggio addizionale in discesa: scaricano a terra una parte del peso del corpo (e dello zaino!),
attenuando così le sollecitazioni sulla colonna vertebrale e
sulle ginocchia, a lungo andare potenzialmente dannose.
Si calcola che in media i bastoni risparmiano a gambe e
schiena circa il 25 per cento del peso.
Vanno usati sempre in due: con uno solo l’effetto è quasi
nullo; inoltre ci si espone al rischio di pericolosi movimenti di torsione. La lunghezza va regolata con attenzione:
minore in salita (avambraccio flesso a 30 gradi), maggiore in discesa (flessione di 90 gradi). Essenziale l’utilizzo
della cinghia per l'appoggio del polso. Il movimento deve
essere quello naturale: si porta avanti il bastoncino dello
stesso lato della gamba che avanza. In discesa ripida,
però, può essere più utile portare simultaneamente avanti entrambi i bastoni, sui quali appoggiare tutto il peso.
Per la scelta, quelli con impugnatura a T lasciamoli a chi
va a passeggiare al lago: scegliamo l'impugnatura dritta
o inclinata a 15 gradi. I modelli migliori hanno un ammortizzatore per le discese, ma questo ha lo svantaggio di
renderli più pesanti.
VITA ALL’ARIA APERTA
Un mare di meduse
Il mare sempre più caldo fa sì che le meduse aumentino a dismisura. Come fronteggiare questa
invasione? Certamente bisogna fare
attenzione perché coi loro filamenti
possono causare bruciore e dolore
terribile, anche gravi avvelenamenti.
È infatti con questi filamenti che esse
catturano le loro prede. È sorprendente il fatto che esistano dei pesci immuni
da questi veleni; anzi si mettono al riparo
dai nemici proprio sotto la campana di certe
meduse e depongono perfino le uova in questo inverosi-
mile nido, per far sì che i loro piccoli nascano sotto questa
formidabile protezione. Può capitare, anche stando
molto attenti, di essere colpiti dalle meduse.
Se siete vicino a un presidio medico potete applicarvi dell’ammoniaca oppure
utilizzare uno degli appositi stick in
commercio che contengono la stessa
sostanza.
Altrimenti, una soluzione più naturale
se non avete a disposizione altro è quella di applicare dell’urina sul punto in cui
siete venuti a contatto con la medusa. L’urina
contiene, infatti, dell’ammoniaca. Semplice ed efficace.
Il Forestale n. 40 - 45
OMNIBUS
Discariche in Campania,
in pericolo la catena
alimentare
Lista rossa,
oltre 1.200 uccelli
a rischio d’estinzione
La diossina, provocata dalla bruciatura dei rifiuti, contamina acqua, terreno e piante, passando nel grasso
degli ovini e da lì in latte e carne. È il
risultato di una ricerca condotta dal
Cnr negli allevamenti di Napoli e
Caserta. “Le discariche abusive e la
sistematica bruciatura dei rifiuti ha
comportato un notevole accumulo di
inquinanti ambientali, tra i quali le
diossine, sostanze altamente tossiche e cancerogene”, spiega Leopoldo Iannuzzi dell’Istituto per il sistema
produzione animale in ambiente
mediterraneo (Ispaam) del Cnr di
Napoli. La situazione è peggiorata
con l’incendio sistematico dei cassonetti da parte della popolazione
locale, che ha inconsapevolmente
favorito l’entrata nel ciclo vitale di
questo veleno, che inizialmente si
deposita su erba, terreno e acque,
fissandosi successivamente nei tessuti adiposi degli animali (incluso il
grasso del latte) che hanno ingerito
cibo contaminato.
1.221 specie di uccelli minacciate di
estinzione. Altre 812 rischiano di diventarlo a breve. Sono i dati della
nuova Lista Rossa sugli uccelli,
redatta come ogni anno da BirdLife
international. Lo studio, effettuato su
diecimila specie di uccelli selvatici in
tutto il mondo, lancia l’allarme: oltre
un quinto delle specie, pari al 22 per
cento del totale, rischiano di scomparire dal pianeta a causa del degrado
e della scomparsa degli habitat, dell’invasione di specie aliene, dell’ambiente sempre più inquinato. Grande
preoccupazione, in particolare per
cinque specie di avvoltoio che
entrano a far parte delle specie più
minacciate: tra di esse il capovaccaio, nidificante anche in Italia con
poche coppie, e il grifone di Ruppel.
Gli avvoltoi sono minacciati, dal
declino o dalla scomparsa dell’habitat in cui vivono, dagli avvelenamenti e dalla scarsa disponibilità di cibo,
costituita dalle carcasse di ungulati
selvatici deceduti.
© Greenpeace
© Greenpeace
Per gli italiani
inquinamento grave
come la disoccupazione
Il 70,3% degli italiani considera l’inquinamento un problema grave come
la disoccupazione. Il dato emerge da
un sondaggio de La Nuova Ecologia.
Secondo il sondaggio, l’87,2% degli
italiani ritiene che l'inquinamento sia
causato dalle attività dell’uomo, ma
sono pochi quelli disposti a cambiare
il proprio stile di vita: solo il 28,1%
rinuncerebbe all’auto di proprietà e
appena il 36,3% sta pensando di
sostituire i propri elettrodomestici con
modelli ad alta efficienza. Le uniche
azioni che godono dell'approvazione
generale sono la raccolta differenziata, che svetta all’86,2%, la sostituzione delle lampadine con quelle a basso
consumo (72,5%) e l’attenzione ai
consumi domestici come spegnere la
luce quando si esce dalla stanza
(75,1%). Il 64,8% degli intervistati
ritiene l’effetto serra un problema
urgente e solo il 20% si ritiene poco
informato a riguardo. A essere maggiormente consapevoli del problema
climatico sono le donne (54,5%).
© Lipu
La Lipu premia il Capo del Corpo, Cesare Patrone
Uno speciale binocolo è il riconoscimento da parte della Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) a Cesare Patrone, Capo del
Corpo forestale dello Stato. La consegna è avvenuta, in occasione dell’Assemblea Nazionale Lipu che si è svolta lo scorso giugno, nelle mani di Ugo Mereu, Comandante regionale della Lombardia.
“Riteniamo che questo premio sia ampiamente meritato dal Corpo forestale
dello Stato – scrive il presidente della Lipu, Giuliano Tallone – per i risultati conseguiti grazie all’attività dei suoi Nuclei Investigativi di Polizia Ambientale e
Forestale, che hanno permesso di individuare i responsabili di notevoli traffici
di rifiuti speciali e pericolosi che operavano in tutto il territorio nazionale, permettendo alle varie Procure della Repubblica di intervenire ed emanare severi
provvedimenti nei confronti dei responsabili”. Un altro premio è andato invece
a Emilio Giudice, direttore della Riserva del Biviere di Gela, gestita dalla Lipu.
46 - Il Forestale n. 40
OMNIBUS
© Greenpeace/Guermani
In Italia legname tropicale dal Congo, denuncia Greenpeace
L’associazione ambientalista Greenpeace ha tentato di bloccare, a maggio
scorso, lo scarico della nave “Andreas
K”, che trasportava legname proveniente in gran parte dalla Repubblica democratica del Congo. Sono scattati subito i
controlli del Nucleo Operativo Cites del
Corpo forestale dello Stato di Salerno,
ma la nave è ripartita e anche se i
documenti risultassero in regola rimane
la difficoltà di bloccare legname che in
maniera distruttiva e spesso illegale
arriva nel nostro Paese. Tra le essenze
trasportate, legnami pregiati come
afrormosia, iroko e wengè. L’afrormosia,
una delle essenze trasportate dalla “Andreas K”, è considerata minacciata dall'IUCN e secondo la convenzione internazionale CITES non può essere esportata senza uno speciale permesso. Proveniente dall’Africa, l’afrormosia è particolarmente rara: cresce solo nelle foreste pluviali ed è molto sfruttata perché apprezzata per i parquet.
“L’Italia – ha detto il ministro dell’ambiente Alfonso Pecoraro Scanio – ha una responsabilità nel commercio mondiale
di legname tropicale poiché, avallando con il commercio del legname un sistema di deroghe che non dà garanzie di
adeguati controlli, si corre il rischio di un possibile danno ambientale in uno degli ecosistemi più importanti del mondo”.
LIBRI
Clima, come agire
Mandrilli per gioco
Per l’intelligence
Che cosa è il clima? Cosa possiamo
dire con certezza dei cambiamenti
climatici? Un aiuto ci viene da questo libro, destinato agli addetti ai
lavori ma molto chiaro nell’esposizione delle attuali conoscenze sul
tema. Quando si mettono insieme un
giornalista esperto di temi ambientali
e uno scienziato che da 14 anni fa
parte del gruppo di ricerca delle
Nazioni Unite sul clima, i risultati si
vedono. Il libro, molto tecnico ma
chiaro, illustra i fenomeni, gli scenari temporali dei rischi e propone
anche delle strategie da mettere in
atto. Attenzione, l'idea di evitare il
cambiamento climatico non c'è più,
perché la CO2 è aumentata del 35
per cento in due secoli e continua a
crescere. L’umanità ora deve adattarsi, così deve accadere per gli ecosistemi forestali e il più rapidamente
possibile.
Siamo monogami o poligami?
È un argomento dei più discussi,
tanto nelle sedi scientifiche quanto
sotto l’ombrellone sulla spiaggia. Il
mondo degli animali fornisce molti
spunti interessanti per rispondere
all’annosa questione, mostrando
quanto siano varie le soluzioni familiari. Per avere puntuale risposta ai
nostri quesiti, non ci resta che
seguire il biologo Francesco Petretti
in “Sesso! Mandrilli si nasce o si
diventa?”, un viaggio nel mondo del
sesso fra gli animali, con un ampio
capitolo dedicato proprio alle api di
cui l’autore scrive in questo numero
de Il Forestale. Ma si parla anche di
altri esponenti della microfauna:
calabroni, grilli, mantidi religiose,
malmignatte, mosche, rospi e vedove nere.
In linea con l’approccio delineato in
“La lotta anticrimine. Intelligence e
azione” del capitano Ultimo, di cui
costituisce un approfondimento, il
testo analizza l’intelligence investigativa in ogni aspetto. Il libro nasce
dalla riflessione maturata nell’ambito dei Corsi Avanzati di Analisi
Criminale per Funzionari ed Ufficiali,
tenuti presso la Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia.
“L’analisi di contesto” muove dalla
necessità dell’autrice, operatrice di
polizia, di sentirsi in qualche modo
consapevole della realtà criminale,
osservando, studiando e interpretando il tessuto sociale. La lotta
anticrimine non può prescindere,
per essere vincente, dalla conoscenza approfondita del territorio e
delle sue dinamiche.
SESSO!
MANDRILLI SI
NASCE
O SI DIVENTA?
Francesco
Petretti
Perdisa editore
177 pp., euro 18
L’ANALISI DI
CONTESTO
PER LA LOTTA
AL CRIMINE
Tiziana
Montefusco
Edizione Laurus
Robuffo
Roma, 2007
181 pp., euro 14
CLIMA:
ISTRUZIONI
PER L’USO
Vincenzo Ferrara
e Alessandro
Farruggia
Edizioni
Ambiente
320 pp., euro 20
Aspromonte a piedi, in bici o a cavallo
Un viaggio per le vette del Parco Nazionale d’Aspromonte. Il libro è frutto dell’amore dell’autore per il territorio calabrese e per la bicicletta. Sono 40 gli itinerari consigliati dalle pagine di “Aspromontando”. Ogni percorso è corredato
da un utile riquadro planimetrico col tragitto da seguire per le mete prefissate. Per le escursioni, specialmente di alta
montagna, ci sono preziosi rilevamenti altimetrici, ma anche riferimenti fotografici per agevolare l’orientamento degli
escursionisti. Oltre 200 foto sono a corredo degli itinerari. All’inizio di ogni tappa c’è la descrizione anche di come
“avvicinarsi in auto” per raggiungere il “punto di partenza ufficiale” dei percorsi suggeriti da questo interessante libro.
Il testo può essere considerato un manuale pratico per chi, a piedi, in bicicletta o a cavallo, si muove nel territorio per
esplorare l’Aspromonte senza offenderne la bellezza ancora intatta ed i religiosi silenzi. In fondo
si tratta di un’opera della serie “tutto quello che avreste voluto sapere o vedere e non avete mai
osato chiedere sull’Aspromonte”.
ASPROMONTANDO… IN BICI, A CAVALLO E A PIEDI TRA STORIA E NATURA
Diego Demaio - Nuove Edizioni Barbaro
Reggio Calabria, 2007 - 191 pp., euro 14
48 - Il Forestale n. 40
JUNIOR
Cari amici,
da questo numero
dedichiamo alcune
pagine a voi, ai lettori
più piccoli.
Come sapete,
abbiamo lanciato un
concorso per trovare
un nome alla
mascotte del Corpo
forestale dello Stato.
Sono arrivate tantissime
proposte interessanti e presto vi
sveleremo il nome vincitore.
Intanto perché non ritagliate la
nostra mascotte e potete
metterla in piedi piegando la
base di carta bianca e
incollandola su un
cartoncino!
RITAGLIA LA
MASCOTTE
✄
EDUCARE O INSEGUIRE
I CRIMINALI?
Tutte e due le attività sono importanti per i Forestali. Il Corpo ha 184 anni, più o meno
tanti quanti quelli di una quercia secolare. Da tre anni una legge stabilisce che è un
compito fondamentale dei Forestali l’educazione ambientale: andare nelle classi a
parlare con voi ragazzi, accompagnarvi a scoprire le riserve naturali più belle del
nostro Paese.
Il Forestale n. 40 - 49
I MEZZI DELLA FORESTALE
Il quad
Gli uomini della Forestale si spostano con i mezzi più insoliti, anche il quad.
Che non vuol dire “quaderno”, ma sta per “quattro”, quante sono le ruote del
mezzo. Sembra una moto da cross ma con delle ruote esageratamente grandi
e poi, appunto, sono quattro!
Il Corpo forestale ha comprato alcuni di questi mezzi per usarli su terreni
difficili, di montagna, dove bisogna guadare torrenti e inerpicarsi in mezzo i
boschi.
Il quad si guida come uno scooter ma è più potente e in grado di caricare e
trainare oggetti pesanti. Un pò come quando si va in moto bisogna spostare il
peso del corpo in curva, metterlo avanti in salita e all’indietro in discesa.
In attesa di vedere i Forestali all’inseguimento dei criminali dell’ambiente in
mezzo ai boschi, i quad sono ora in fase di sperimentazione e in attesa di
essere assegnati ad unità operative del Corpo in tutta Italia.
LE ATTIVITA’
PER
I RAGAZZI
* Bosco a scuola –
*
*
*
Volete sapere e sperimentare da voi come nasce e cresce
un albero da un seme? Chiedete all’insegnante di invitare in classe i
Forestali e di fare con loro un’escursione per raccogliere i semi.
Natura e sport – Se siete alle scuole medie o superiori potete imparare gli
“sport dei boschi” dallo sci di fondo all’orienteering. Buon divertimento!
Horto e Giardino – Come trasformare le aree verdi scolastiche in orti o
giardini?
Con l’aiuto dei Forestali naturalmente potete creare un’area verde e imparare a prenderne cura.
Montagna sicura – Questa proposta è per l’inverno, ma iniziate a parlarne a
scuola. Perché non fare una settimana bianca “alternativa” imparando a praticare sport invernali a contatto con la natura oltre a un po’ di pronto soccorso?
DOVE SI INCONTRA LA
BIODIVERSITA’
Ogni riserva naturale o parco merita una visita, ma alcuni suggerimenti possiamo darveli. Potete contattare gli uffici della Forestale, in sigla UTB, per conoscere particolari ambienti naturali:
ZONE UMIDE – Sabaudia (Latina), Parco nazionale del Circeo
FORESTA – Poppi (Arezzo), Sasso Fratino
INSETTI – Bosco Fontana (Verona)
ORSO – Castel di Sangro (L’Aquila), Parco nazionale Abruzzo Lazio e Molise
50 - Il Forestale n. 40
✄
DIRITTO&AMBIENTE
MALTRATTAMENTI DI ANIMALI: IL MINISTERO DELL’INTERNO EMANA
IL DECRETO APPLICATIVO TRA LE FORZE DELL’ORDINE.
Corpo forestale dello Stato e Polizie locali in prima linea per l’applicazione
della legge di settore a tutela degli animali
a cura di Maurizio Santoloci, magistrato e docente presso la scuola del Corpo forestale dello Stato
Corpo forestale dello Stato e Polizie Municipali e Provinciali sono
chiamati dal Ministro dell’Ambiente ad assumere un ruolo prioritario nell’azione giuridica a tutela degli animali da forme di maltrattamento ed uccisioni gratuite.
Infatti il 23 marzo scorso il Ministro degli Interni ha firmato, ai sensi
della legge 184/04 (recante “Disposizioni concernenti il divieto di
maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in
combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate”), il
decreto di coordinamento delle forze di polizia per la prevenzione e
repressione dei reati contro gli animali. La legge 189/04 all’articolo 6 stabilisce che “al fine di prevenire e contrastare i reati contro
gli animali, con decreto del Ministro dell’interno, sentito il Ministro
delle politiche agricole e forestali e il Ministro della
salute, adottato entro tre mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge,
sono stabilite le modalità di coordinamento dell’attività della
Polizia di Stato, dell’Arma
dei Carabinieri, del Corpo
della guardia di finanza,
del Corpo forestale
dello Stato e dei Corpi
di polizia municipale e
provinciale”.
Il decreto firmato dal
ministro Giuliano Amato
stabilisce - dunque - che:
“le attività di prevenzione
dei reati di cui alla legge 20
luglio 2004, n. 189 sono demandate in via prioritaria al Corpo forestale dello Stato e, nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza ed in quello funzionale dei
rispettivi ordinamenti ed attribuzioni, ai Corpi di polizia municipale
e provinciale, ferme restando comunque le funzioni di polizia giudiziaria che la legge rimette a ciascuna Forza di Polizia.”
In questo contesto, va rilevato che il Corpo forestale dello Stato –
ormai impegnato a livello nazionale in continue operazioni di PG per
l’applicazione della legge 184/04 con proficui risultati, ha ufficializzato tale ruolo con l’istituzione, in seno al Corpo, del NIRDA (Nucleo
Investigativo Reati in Danno degli Animali) – vera e propria struttura di intelligence in difesa degli animali – con il quale il CFS si è
dotato di una struttura specializzata e qualificata che ha già dato
modo di dimostrare la sua efficienza. Dunque il ruolo prioritario
attribuito dal Ministro dell’Interno al CFS è condivisibile e positivo e
di fatto va a ufficializzare una funzione operativa che già sul territorio il personale del Corpo forestale dello Stato attua da tempo
anche attraverso l’impegno di tutti i comandi locali.
Da parte nostra – pertanto – non possiamo che esprimere soddisfazione per tale scelta istituzionale.
Ma altrettanta soddisfazione dobbiamo esprimere per il coinvolgimento delle Polizie municipali e delle Polizie provinciali, che
assumono così un ulteriore ed ufficiale ruolo in quella evoluzione da molti contestata ma da noi sempre sostenuta in modo chiaro e
palese – verso la competenza operativa diretta riguardo alle leggi
in materia ambientale, di protezione della natura e degli animali.
È logico che la presenza capillare ed operativa degli organi di polizia locale – che peraltro possono ben conoscere e dettagliare
anche alcuni aspetti logistici e comportamentali del territorio di
competenza – non può che aumentare le potenzialità della loro
azione anche in questo campo e la pratica applicazione ed attuazione della legge in esame.
Tuttavia, dobbiamo chiarire – per evitare pericolosi equivoci – che
questo decreto del Ministro dell’Interno (come tutti gli altri decreti
ministeriali simili in campi diversi) non sortisce certo
l’effetto di concedere solo agli organi citati
nel decreto medesimo la competenza
per i reati di settore esonerando gli
altri organi di polizia dalla
medesima competenza. In
realtà, tali decreti individuano – con un fine logico – un riparto di
competenze prioritarie
a livello istituzionale e
di principio (che potremmo definire “politico”), alcuni organi di PG
con funzioni di priorità
operativa su una determinata legge, senza tuttavia
escludere dalla competenza generale di base gli altri organi di PG non
citati.
Per essere più chiari ed in altre parole, se oggi nel
decreto del Ministro dell’Ambiente il Corpo forestale dello Stato e le
Polizie Municipali e Polizie Provinciali sono organi di riferimento primario per l’applicazione della legge a tutela degli animali, ciò non
esime tutti gli altri organi di PG (Carabinieri, Guardia di Finanza,
Guardia Costiera ed altri statali o locali) dal dovere positivo di intervento in caso di reati a danno degli animali. Ed il rifiuto per presunta
“incompetenza” sarebbe una grave omissione di atti di ufficio.
Ma d’altra parte questo è un concetto che vale sempre e comunque e per ogni legge e quindi anche per quelle ambientali.
E si capisce perfettamente che il decreto in esame non va certo in
questo senso. E non può essere oggetto di fraintendimenti che
apparirebbero pretestuosi e vani.
Dunque, oggi i privati cittadini e gli enti esponenziali sanno che
organi primari di riferimento per chiedere interventi in caso di
accertate situazioni di maltrattamento ed uccisioni gratuite di animali sulla base della legge 184/04 sono il Corpo forestale dello
Stato e le Polizie municipali e Polizie provinciali che potranno con
tale riconoscimenti ulteriormente raffinare le loro competenze,
esperienze e strategie operative in questo settore. Ma sanno anche
Il Forestale n. 40 - 51
✄
che, soprattutto in caso di urgenza e di flagranza o quasi flagranza, qualunque altro organo di polizia è competente per intervenire
in quanto il Codice di Procedura Penale non crea limiti né possibilità di limiti alla competenza generale della PG per reprimere questo
tipo di reati ed impedire che gli stessi vengano portati ad ulteriori
conseguenze, anche con sequestri, acquisizione di prove e fonti di
prova e identificazione dei responsabili
In conclusione, al Corpo forestale dello Stato ed alle Polizie
Municipali e Polizie Provinciali rivolgiamo un augurio di buon lavoro in un settore che ci sta a cuore ma che, comunque, comporta un
impegno notevole e rende necessario un ulteriore sforzo di aggiornamento e qualificazione professionale in un campo che – al pari
dei reati ambientali – rappresenta una nuova frontiera con contenuti specifici rispetto alle norme pregresse ed una sfida di operatività futura per gli organi di PG impegnati nel settore.
L’intervento della Polizia Giudiziaria
L’emanazione del provvedimento del Ministero dell’Interno ci porta
a fare anche una riflessione generale sull’intervento della Polizia
Giudiziaria.
È indubbio che l’operatività della Polizia Giudiziaria nel contesto
della normativa ambientale presupponga, oggi più che mai, una elevata professionalità in ordine agli accertamenti da
svolgere ed alle prassi da seguire. Elevata
professionalità che deriva in primo
luogo dalla perfetta e puntuale
conoscenza delle norme da
applicare. Ogni dubbio o
incertezza determina da
una lato insicurezza operativa e dunque scarsa
efficienza applicativa, e
dall'altro rischia di
essere fonte di gravi
errori procedurali che
minano tutto il sistema di
accertamenti realizzato.
Va inoltre sottolineato che la
professionalità, con conseguente
sicurezza operativa, consente di dirigere gli accertamenti su casi importanti e complessi, superando la prassi di soffermarsi troppo spesso
su episodi marginali e di violazioni puramente formali che, seppur
naturalmente sono da verificare, vedono nel contempo reati ben più
gravi meritevoli di impegno contestuale.
Non va dimenticato, e sottaciuto, che il problema – ad esempio –
della illecita destinazione dei rifiuti (ed in particolare di quelli pericolosi) costituisce realtà di elevatissimo danno ambientale.
E dunque il controllo su strada appare esigenza primaria per una
buona ed efficace attività di polizia giudiziaria ambientale.
Si deve ancora sottolineare che chi si addentra nell’accertamento
delle irregolarità in questo settore va sì ad esaminare realtà di violazioni di tipo spesso ordinario e standardizzato, ma ormai sempre
più frequentemente vi è la concreta e diretta possibilità che partendo da attività illecite apparentemente marginali e modeste, grazie ad approfondimenti intelligenti ed attivi si giunga invece
poco a poco a rilevare quel modesto tipo di attività illecita che
nasconde un quadro molto più complesso, invisibile apparentemente ad occhio nudo ad un primo esame superficiale.
Un protocollo-base da seguire per gli accertamenti: in primo
luogo la esatta individuazione della norma da applicare. Massima attenzione per le terminologie esatte.
In via riassuntiva riteniamo opportuno e essenziale che in sede di
controllo l’operatore di Polizia giudiziaria segua la presente prassi
52 - Il Forestale n. 40
logico-sistematica. In primo luogo è necessaria la individuazione
della norma da applicare. È infatti assolutamente pregiudiziale che
prima di iniziare le procedure di intervento approfondite l’operatore
abbia perfetta conoscenza delle norme fondamentali da applicare e
non si presenti alla verifica su strada o nel sito aziendale con
carenze di preparazione tecnico-giuridica o parziali lacunosità
conoscitive, perché ciò genera inevitabilmente un vizio cromosomico insanabile in tutto l’iter di indagine. In tale contesto l’operatore
deve saper puntualmente individuare quale norma specifica attiene
al caso concreto e in modo ancora più particolare e pregiudiziale se
si tratta della normativa specifica in materia di “rifiuti” (magari
“rifiuti liquidi costituiti da acque reflue”) oppure se si tratta della
normativa in materia di “scarichi”.
Una confusione tra le due norme genera l’estinzione degli
accertamenti successivi. Inoltre, una volta identificata con certezza assoluta la normativa entro la quale muoversi ed operare, è
altrettanto pregiudiziale individuare se il caso di specie attiene al
campo delle procedure penali o del sistema sanzionatorio amministrativo. Miscelazioni improprie tra leggi e procedure sono i vizi di
forma che in dibattimento produrranno in modo inevitabile eccezioni di nullità procedurali con rovinose vanificazioni a posteriori
delle attività svolte.
Ricordiamoci sempre che un banale errore
sulla terminologia utilizzata nei verbali
o nelle comunicazioni può causare l’annullamento dell’atto e/o
la vanificazione di tutta la
procedura.
Un esempio concreto. Un
giorno un operatore di
polizia si lamentava che
il PM non aveva convalidato un sequestro per
una vasca di liquami
aziendali dalla quale si
riversavano direttamente
in mare rilevanti quantitativi
di rifiuti liquidi in modo illecito.
Esaminato il verbale di sequestro
si rilevava che era perfetto ed esaustivo e tutto era avvenuto nella corretta contestazione di reati concernenti i rifiuti liquidi di acque
reflue entro il decreto sui rifiuti, ma l’operatore aveva commesso un
imperdonabile errore terminologico: aveva scritto che dalla vasca
l’azienda “scaricava” in mare i liquami… La difesa ha eccepito che
proprio per stessa verbalizzazione si trattava, dunque, di uno “scarico” entro il contesto del decreto sulle acque e poiché l’operatore
di PG aveva agito entro le violazioni del decreto sui rifiuti vi era nullità della procedura anche a livello sostanziale; l’eccezione veniva
accolta, la fattispecie qualificata come “scarico” e l’impianto dissequestrato. Cosa doveva scrivere nel verbale l’operatore: non
“scaricava in mare”, ma semmai “smaltiva i rifiuti liquidi direttamente in mare riversandoli all’esterno della vasca”.
Attenzione, dunque, a non tradurre nei verbali equivoci derivanti dall’uso comune di termini impropri. Il lessico comune non
sempre corrisponde a quello giuridico. D’altra parte, nel linguaggio
giornaliero tutti diciamo “la polizia municipale mi ha fatto una multa
per divieto di sosta”. Ma se l’operatore di PM sul verbale per divieto di sosta scrivesse “multa” in luogo di “sanzione amministrativa”,
il verbale medesimo sarebbe palesemente nullo… E così nel
campo degli illeciti ambientali, ad esempio, il camper non “scarica”
ma abbandona rifiuti liquidi; l’autospurgo non “scarica” i liquami
trasportati su un sito illegale ma smaltisce un carico di rifiuti liquidi aziendali; e via dicendo…
NOVITÀ EDITORIALI
Conifere
di Vincenzo Perrone
Una guida al riconoscimento delle conifere, ricca di foto e disegni che ne facilitano
l’identificazione.
301 pp.
euro 31,40
Latifoglie
di Vincenzo Perrone
Una guida al riconoscimento delle latifoglie, ricca di foto e disegni che ne facilitano
l’identificazione.
336 pp.
euro 32,16
Uniformi storiche
di Claudio Sanchioli
Sei tavole pittoriche raffiguranti le uniformi storiche dell’Amministrazione Forestale
1822-1904.
Formato cm 30x36.
euro 7,75
Le uniformi dei forestali a cavallo
di Claudio Sanchioli
Nove tavole pittoriche raffiguranti le uniformi storiche indossate dai reparti
a cavallo dell’Amministrazione Forestale 1822-2002.
Formato cm 30x36.
euro12,80
Crest
Stemma araldico in 4 colori + oro montato su scudo di legno.
euro 30,35
Per l’acquisto, basta effettuare un versamento
sul c.c.p. n. 12129003 intestato a “Fondo assistenza, previdenza e premi per il
personale del Corpo forestale dello Stato - Via Carducci n. 5 - 00187 Roma”
indicando nella causale le quantità, codice fiscale o partita IVA.
LETTERE
Inauguriamo con questo
✏ Caro Forestale,
ho 14 anni e con la scuola ho partecipato alla Giornata delle Oasi
numero diverse rubriche,
nella quale venivano aperte anche
tra cui la pagina delle lettere. le Riserve gestite dal Corpo forestale dello Stato. Non ne conoscevo proprio l’esistenza. Perchè non
Potete scriverci a
ne parlate mai?
Lorenzo
[email protected]
Cercheremo di dare risposta, Caro Lorenzo,
in realtà ne parliamo ampiamente.
Per accontentarti però in questo
il più possibile, ai vostri
numero ci sono ben tre articoli.
Uno dedicato alle riserve e alla
quesiti.
✏ Cari
amici,
vi seguo da qualche numero perché,
anche se non sono un Forestale, mi
piace essere informato su quello
che fate. È un lavoro bellissimo e
sarebbe stato proprio il mio sogno
ma l’età non giovanissima non mi
consente di tornare indietro. Se
rinascessi...
Volevo togliermi una curiosità. Voi
vi occupate di reati ambientali,
sui quali però intervengono anche
le altre forze di polizia. C’è un
settore del quale siete gli unici a
interessarvi? Gli incendi forse?
Pietro Lingelli
Grazie al nostro fedele lettore.
Bisogna dire che ogni corpo di
polizia è chiamato a intervenire
per una segnalazione di reato. Non
ci sono quindi “esclusive”. È vero
però che ci sono dei campi nei
quali il Corpo forestale dello Stato opera maggiormente per la sua
specializzazione. Ad esempio, contro
gli incendi boschivi, per fermare i
traffici di rifiuti e l’abusivismo
edilizio, per difendere le specie in
via di estinzione. Un recente decreto del 23 marzo 2007 assegna al
Corpo anche il compito di combattere i maltrattamenti degli animali.
54 - Il Forestale n. 40
tutela della biodiversità a pag. 5
e un altro in cui illustriamo la
riserva della Val Grande che è inserita all’interno di un bellissimo
parco nazionale. Perchè non proponi
alla tua scuola di organizzare una
visita? I Forestali saranno ben
felici di accompagnarvi lungo gli
impervi sentieri della valle.
✏ Caro
Forestale,
sono andata a fare una gita al
mare. In pineta ho trovato una tartaruga che attraversava la strada,
quelle marroni di terra. Non sapendo come comportarmi l’ho raccolta e
portata a casa. Sta in terrazzo ora
e mangia l’insalata che le diamo.
Mi pare stia benissimo La posso
tenere? Ai bambini piace tanto. Come faccio a regolarizzarla? C’è una
sanatoria?
Laura Aiello, Roma
Risponde Marco Fiori, Servizio Cites
centrale
Se la tartaruga è stata trovata in
natura dev’essere riportata immediatamente nello stesso posto,
avendo cura di allontanarla dalla
strada. Se invece fosse stata trovata abbandonata in prossimità di
un cassonetto, come spesso succede,
bisogna portarla agli uffici del
Corpo forestale dello Stato che
provvederanno a curarla presso
appositi centri di recupero e a
reinserirla in natura. Non è possibile alcuna regolarizzazione in
questo caso: la detenzione, senza
idonea documentazione, concretizza
un reato. Se l’animale non è ferito o in difficoltà non va prelevato dall’ambiente naturale.
✏ Io vado spesso a caccia di cin-
ghiali, ormai ce ne sono tantissimi dalle nostre parti. È possibile
per una carabina canna rigata usare
un serbatoio di cartucce che possa
contenerne più di due?
Claudio, Viterbo
Risponde Alessandro Bettosi, capo
Noa (Nucleo operativo antibracconaggio)
La cosiddetta “legge sulla caccia”
(Legge 11 febbraio 1992 n.157) ha
stabilito all’art.13 una serie di
distinzioni nella tipologia di arma
da fuoco utilizzabile nell’attività venatoria.
Per risponderle è importante ricordare che per i fucili a canna liscia
a ripetizione (ad esempio a pompa o
a leva) oppure semiautomatici è
scritto espressamente che il caricatore non deve poter contenere più di
due cartucce.
Quindi complessivamente l'arma non
deve poter sparare più di tre colpi
(uno in canna e due nel serbatoio).
Mentre per i fucili a canna rigata a
ripetizione
semiautomatica,
per
quanto la Legge 157/92 non citi
espressamente tale vincolo, in base
alla normativa comunitaria e nazionale da cui discende la norma
suddetta (Direttiva 79/409/CEE del 2
aprile 1979 e Convenzione di Berna
del 19 settembre 1979) essi non possono avere il caricatore con più di
due cartucce.
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❐ Si, desidero continuare ad essere informato sulle attività e le iniziative svolte dal Corpo forestale dello Stato e a
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rinnovata nella grafica e nei contenuti, per offrire tanti spunti di
divulgazione ambientale e naturalistica.
Vogliamo offrirti poi la possibilità di visitare alcune riserve naturali e parchi accompagnati dai Forestali.
È nostra intenzione, insomma, aprire un nuovo e utile canale di
comunicazione tra tutti gli amanti della natura che siano interessati a tutelare l’ambiente e chi per lavoro è quotidianamente impegnato nella salvaguardia del territorio.
Ci terremo in contatto grazie a www.corpoforestale.it/amici, che
abbiamo appositamente realizzato per aggiornarvi continuamente con tutte le informazioni sulle iniziative che verranno realizzate.
Contiamo davvero su di te:
per iscriverti basta un clic!
OBIETTIVO SUI FORESTALI
Parte il concorso fotografico
“I FORESTALI – FORZE DELLA NATURA”
All’opera nei boschi e sui fiumi, nelle riserve naturali ma anche per sventare traffici illeciti di rifiuti o combattere l’abusivismo edilizio. I Forestali
sono impegnati su mille fronti e spesso i cittadini non hanno modo di vederli in azione. Per questa ragione il Corpo forestale dello Stato ha indetto il
concorso fotografico “I Forestali – Forze della natura”. Tutti possono partecipare e le foto più belle verranno pubblicate su un libro!
Si può partecipare con foto che ritraggono i Forestali durante lo svolgimento di attività di tutela del territorio, dell’ambiente o durante le missioni
di Protezione Civile. Tre le tipologie di concorrenti ammessi: personale del
Corpo forestale dello Stato, fotografi/fotoreporter professionisti, ma anche
fotoamatori di ogni genere. Il concorso avrà inizio il 09/05/2007 e terminerà il 09/08/2007, data di scadenza per la spedizione delle opere da parte
dei partecipanti.
Verranno premiati i primi tre classificati di ogni categoria e, fra questi,
l’autore della miglior foto del concorso in assoluto. I premi assegnati ai vincitori consisteranno nella pubblicazione delle opere sul libro fotografico del
Corpo forestale dello Stato; targa al primo premio assoluto; targhe ai primi
3 vincitori delle 2 categorie; menzioni speciali per le foto selezionate.
Partecipare è facile: basta un click sul sito
www.corpoforestale.it
per scaricare il regolamento e tutte le informazioni utili.
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e il codice fiscale o partita Iva.