Il caso Anne Perry: l`omicidio nella storia personale e nella finzione

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Il caso Anne Perry: l`omicidio nella storia personale e nella finzione
Il caso Anne Perry: l'omicidio nella storia personale e nella
finzione letteraria
La prima immagine è una foto di Yves Marie Hue, scattate alla AAF di Bruxelles nel 2011. Tutte le altre immagini sono foto della pittrice
giapponese Yayoi Kusama scattate da Nino Martino a una esposizione al Museo Nazionale Centro de Arte Reina Sofia
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1 - Voi pensate che questa persona sia cattiva, ma...
“ Voi pensate che questa persona sia cattiva, ma veramente quello che ha fatto lo ha fatto per delle buone ragioni.
Voi pensate che questa persona sia buona ma veramente non lo è. E' il senso del dramma e tirare fuori qualche
cosa per dire: Ecco! Non è così semplice come pensavate che fosse.” (1)
Per chi ha seguito Anne Perry sin dal suo
romanzo d'esordio del 1979, “Il boia di Cater
Strnzo d'esordio del 1979, “Il boia di Cater
Street” e si è appassionato al giallo storico
ambientato nell'età vittoriana, durante la guerra
civile americana, la guerra di Crimea, il '48
europeo o durante la prima guerra mondiale,
risulta stupefacente la scoperta di un vero e
proprio giallo “biografico”, accuratamente
nascosto per anni dall'interessata.
Più note ai letori americani e inglesi, le opere di
Anne Perry hanno ormai da tempo conquistato
anche gli appassionati italiani del thriller
all'inglese e del giallo storico. E' di quest'anno la pubblicazione in italiano dell'ultimo volume della serie
dell'ispettore Monk, “Assassinio sul molo” ed è atteso il completamento della traduzione del ciclo sulla Grande
Guerra, “La veglia delle armi”. Dopo il '94 e precisamente dopo il successo internazionale del film di Peter
Jakson, “Creature del cielo”, una ric erca giornalistica portò alla scoperta della coincidenza dell'identità di Anne,
la scrittrice, e di Juliet, la giovanissima complice di un atroce delitto commesso nel 1954: anche in Italia allo
scandalo seguì la fase dello studio del caso (2) e si può dire che, anzi, la conoscenza di quei fatti contribuì alla
diffusione delle opere che Anne, con fecondità eccezionale, continua a sfornare sin dal 1979. (3)
La rivelazione di un fatto così grave per un'autrice specializzata proprio nella costruzione di crime novel non può
che generare, nel lettore, una riflessione sulla personalità di Anne e sulle sue reazioni alla pubblicità del caso:
reazioni che, come vedremo, creano un certo sgomento.
La scrittrice britannica parla oggi con grande pacatezza del suo passato, o, per lo meno, non si sottrae a domande
dirette su quella che fu a suo tempo la partecipaziona attiva ad un omicidio efferato e complesso, scontato con
cinque anni e mezzo di carcere.
Oggi settantenne, al culmine del successo commerciale con oltre venti milioni di copie vendute, pluripremiata
(4), Anne Perry è una donna elegante, che ha conservato la bellezza luminosa e un po' fredda della goventù,
gentile, dedita, oltre che alla scrittura e alla coltivazione di buone amicizie, ai viaggi, ai piaceri semplici della cura
degli animali e del giardino.
Del resto, a differenza della sua amica Pauline Parker, Anne ha realizzato proprio quel ruolo di grande scrittrice,
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Il caso Anne Perry
negli USA prima, in Europa poi, che era stato il sogno più esaltante delle due adolescenti vissute in Nuova
Zelanda negli anni cinquanta.
Nota al grande pubblico per le sue capacità di documentata ricostruzione storica e, soprattutto, per l'analisi
psicologica di personaggi non banali che nascondono lati oscuri e passioni torbide dietro l'apparente normalità,
Anne Perry ha celato per anni l'esperienza estrema che la portò, appena quindicenne, alla condanna per omicidio.
Negli anni recenti, alla luce della avvenuta ricostruzione e, a volte, spettacolarizzazione, del caso, la scrittrice ha
sempre risposto con garbo e persino con in genuità alle domande su questo passato così drammatico e
ingombrante. Si tratta, in genere, di in errogativi di altri scrittori, spesso appartenenti allo stesso genere del
detectiv novel, che sichedono quanta parte abbia avuto questa esperienza precoce e bruciante nella vocazione
letteraria della Perry. Nell'intervista dello scozzese Jan Rankin, uno dei più noti e amati giallisti europei
contemporanei, Anne è incalzata da una serie di questioni relative proprio al processo, alla condanna e alla
detenzione: ai quesiti, posti con delicata attenzione alla persona e con buona conoscenza del caso, la scrittrice
reagisce con una calma e un distacco straordinari. Anne mostra sicuramente di aver messo a frutto
quell'educazione all'autocontrollo e alla dignità che tanta parte hanno tra le virtù celebrate nelle sue opere, ma dà
anche prova di un grande allenamento nell'elaborazione del proprio passato.
Il tempo dell'esaltazione, della passione, dell'omicidio e della carcerazione è considerato, e quindi rivalutato,
come una tappa esistenziale, un momento persino utile alla crescita e al formarsi dell'identità adulta che per la
Perry è in evoluzione, “fluida” e “organica” (5), non ancorata al passato ma capace di comprenderlo e superarlo.
Il riserbo della scrittrice si scioglie in parte quando Rankin tocca i temi della sofferenza, della punizione e della
redenzione spostando l'attenzione dal dolore inflitto alla vittima a quello provocato dalla colpa e dal giudizio
sociale sull'assassino. Perry ammette di considerare la redenzione una questione “molto spirituale”, legata non alla
punizione in sé, ma alla capacità della persona di porsi nel modo giusto di fronte alla punizione. Questa non può
essere un marchio indelebile perchè chi ha affrontato correttamente il castigo ha diritto al cambiamento e a una
nuova vita:
“Credo di aver pagato. Credo di essere stata dimenticata... E ora non esiste per me. Posso andare avanti ed essere
una persona migliore” (6)
Come si vede, l'aspetto più inquietante di queste affermazioni è l'assoluta censura rispetto alle conseguenze del
proprio gesto, rspetto alla soffeenza provocata agli altri e all'annullamento di una vita: la vicenda assume
un'importanza per il soggetto attivo, che ha fatto esperienza ed ha saputo attraversare con profitto spirituale una
fase della sua vita.
Spesso la Perry, sia a livello di dichiarazioni, o direttamente nelle sue opere, assume un punto di vista
giustificatorio nei confronti del criminale, ribadendo la necessità di comprensione e di pietà per quella che risulta
essere la vera vittima della vicenda. Questa posizione è sostenuta con due argomentazioni, una di tipo realistico,
l'altra di carattere religioso: nella vita reale avviene così, le persone muoiono per una qualche violenza che si è
scatenata loro contro e il dolore per la loro perdita è intollerabile; ma è successo e i morti non ci sono più, mentre
chi resta, benchè autore di quella violenza, ha compiuto un atto non casuale conseguente alla sua formazione e
alla sua storia individuale e intellettuale, non solo può cambiare, ma ne ha il diritto e il dovere, merita aiuto e
pietà. Del resto, “siamo tutti figli di Dio, con la responsabilità di im parare tutte le lezioni dello spirito per
diventare simili a Lui più che possiamo. La conoscenza e l'esperienza sono qui per la nostra benedizione e la
crescita. L'innocenza è bene, ma l'esperienza è necessaria per conoscere il buono e distinguerlo da ciò che è
doloroso e distruttivo”. (7)
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2 - Adolescenze inquiete e cambiamenti di identità
Alla luce degli atti processuali (8) che portarono alla condanna di Anne-Juliet Hulme e dell'amica Pauline
Parker, il contesto emotivo e intellettuale, insieme alla storia familiare e scolastica e alle condizioni di salutre fisica
e psicologica delle due ragazze, risulta in dubbiamente molto particolare e certamente, in questo senso, l'influenza
sulla mentalità della Perry adulta e sulle sue opere
deve essere stata molto forte.
In “Creature del cielo”, film vincitore del Leone
d'oro a Venezia, il regista neozelandese Jackson (9)
ricostruisce con una fotografia e una sceneggiatura
d'eccezione i fatti e l'atmosfera che portarono Yvonne
Pauline Parker, sedici anni, e Juliet Marion Hulme,
quindici anni, a uccidere, sulle colline di Victoria
Park (Christchurch), in un pomeriggio assolato di
martedì ventidue giugno 1954, la madre di Pauline,
la signora Honora Parker. Le modalità brutali del
delitto (10), il ruolo della vittima, una donna
semplice e dedita alla modesta vita familiare, ma
soprattutto la personalità delle due adolescenti ree confesse dell'omicidio e le loro motivazionu crearono un
comprensibile clamore all'epoca e sono ancora oggi in grado di emozionarci.
Il processo, dopo l'arresto immediato delle ragazze nella stessa giornata del delitto, fu rapido ed esitò una
condanna breve in considerazione dell'età delle due colpevoli. Fu al tempo stesso un processo denso di interventi
e ricco di dibattito per la scoperta del tipo di rapporto fra le due adolescenti, anomalo e morboso, se non
addirittura folle. La difesa puntò subito all'infermità mentale, ipotizzando una sorta di “folie a deux”.
“Entrambe sono sensibili, indipendenti, fantasiose, egoiste, e hanno dimostratoincapacità di accettare critiche. La
loro associazione, ritengo, si è rivelata tragica per loro. Ci sono prove che la loro divenne un'amicizia
omosessuale. Non vi è alcuna prova che ci sia stato un rapporto fisico, anche se di questo ci sono molti elementi
di evidenza nel diario. Ci sono prove che facevano bagni insieme e che parlavano frequentemente di questioni
sessuali. Questo non è un rapporto sano in se stesso, ma cosa ancora più importante, impedisce lo sviluppo di
una relazione sessuale adulta. Non voglio dire con ciò una vera e propria relazione fisica, ma un attaccamento a
persone di sesso opposto. L'omosessualità è spesso legata alla paranoia. Quando ho visto la prima volta le due
ragazze io sapevo che stavano cercando di dimostrare di essere pazze. In breve tempo mi diedero quello che loro
pensavano fosse una prova della loro follia. Questa prova consisteva di compulsioni, essere telepatiche e di avere
una comunicazione speciale l'una con l'altra”. (11)
La pianificazione dell'omicidio già diversi mesi prima, il probabile legame omosessuale, l'intelligenza e la cultura
superiori in ragazze di quell'età, la mancanza di rimorso, la vanità e l'arroganza, l'insensibilità nell'esecuzione di
un piano volto a eliminare ogni ostacolo alla propria vita insieme e ai propri progetti, tutto ciò finì per
contrastare, nello scontro fvra i periti psichiatrici, la tesi della difesa e per condannare Pauline e Jiuliet. Le due
adolescenti apparivano non pentite, quasi fiere del loro gesto, considerato come il frutto di una logica ferrea nella
scelta dei principi e dei mezzi atti a ralizzarli. L'età, l'insensibilità, ma in particolare la pretesa di un diritto a
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ricostruire la propria vita, ricordano, nell'area italiana, le vicende recenti di Erica e Amanda, entrambe in
camminate nella costruzione di un cammino di riappropriazione della propria esistenza, secondo un diritto alla
riabilitazione e alla vita che è certamente protetto e garantito dalla legge, ma che, per l'atrocità dei crimini e la
mancanza di rispetto per le vittime, non desta molta simpatia. (12)
Comunque, Pauline e Juliet scontarono il carcete e la separazione che le ragazze erano così determinate ad evitare
e che costituiva il movente del delitto, avvenne, dopo l'inutile morte di Honora Parker, per sentenza di tribunale.
Non avrebbero dovuto più rivedersi. E così, pare, sia accaduto.
Le due amiche avevano avuto percorsi simili e fecero poi, nella nuova vita, al di là dei diversi contenuti delle loro
scelte, percorsi simili.
Entrambe scontavano un problema di solitudine dovuta a questioni di salute gravi che, esigendo cure e ricoveri
ospedalieri, le avevano allontanate dai coetanei e dai luoghi di socializzazione consueti. Da qui, la tendenza a
rilanciare con l'esaltazione dell'unicità e indissolubilità della coppia, con l'orgoglio per la propria diversità e
capacità di riscatto intellettuale e artistico. Da qui, il disprezzo nei confronti dei ruoli e delle istituzioni
tradizionali, specialmente delle rispettive famiglie. Proveniente da quella upper class costituita da alti e altissimi
funzionari (13) alla quale sentirà sempre di appartenere, Juliet dovette considerare l'amica Pauline, di estrazione
sociale molto modesta, un'eccezione atta a giustificare il sodalizio intellettuale e l'intimità difesi fino all'estremo.
Le foto d'epoca presentano Una Juliet alta e snella, raggiante nella sua bellezza dorata, seguita da una più goffa e
ordinaria Pauline.
Certamente le due adolescenti, divenute donne, si orientarono nello stesso modo. Obbedienti, apparentemente,
all'obbligo sentenziato dal tribunale di non rivedersi più, fecero perdere le loro tracce, cambiarono nome e vita,
tornarono nell'agognata Inghilterra, si dedicarono ad attività che sembrano appagare quel loro forte bisogno di
costruzione e affermazione individuale.
Pauline ha seguito la carriera scolastica diventando Preside e, in pensione, si dedica all'allevamento di cavalli in
un'attività di recupero per bambini problematici.
Juliet è diventata Anne Perry, realizzando il grande progetto giovanile di entrambe e raggiungendo la fama
internazionale.
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3 - La dimensione religiosa e l'etica
Nella costruzione di una nuova vita e di una nuova identità Pauline e Juliet trovarono uno stesso punto di
riferimento, l'esperienza della fede. Per tutte e due le donne la religione ha svolto un ruolo fondamentale. Del
resto, già in Nuova Zelanda l'interesse manifestato dalle due amiche per le tematiche religiose era stato molto
forte e le ragazze, travolte dal disprezzo per le chiese tradizionali, pensavano a fondare una loro religione. Pauline
ha poi aderito al cattolicesimo, Anne fa parte da
quarant'anni della Chiesa LDS (Mormoni).
Anche nelle sue opere la Perry ha sempre
mantenuto vivo l'interesse per una religiosità
alternativa al modello ritualistico e autoritario,
spesso intriso di formalismi e ipocrisie, delle chiese
istituzionali.
Nella serie di romanzi dedicati alla Prima guerra
Mondiale (14) ci fornisce un esempio del suo
punto di vista nel contrasto fra il cappellano
militare Joseph e l'inadeguato, superficiale e
codardo parroco Kerr. “Non si sceglie -dice
Joseph- di seguire l'insegnamento di Cristo per
dare qualcosa a qualcuno, ma per una sorta di
comando o per una forma di obbedienza, e
certamente non per ottenere una ricompensa. Lo si
fa perchè è ciò che abbiamo scelto di essere”.(15)
D'altra parte, è la superiorità della fede che trionfa
sulla colpa e ne ha pietà, permettendo la
comprensione del peccatore e il sostegno a chi non è in grado di assumersi le sue responsabilità.
Joseph Reavley (16) è il protagonista dei romanzi della serie e incarna, per la Perry, il mondo dei valori inglesi e
universali, per i quali l'esistenza è degna di essere vissuta, la guerra affrontata e considerata “giusta”. La figura di
quest'uomo, la sua dimensione sovrumana ed eroica, è dilatata dalla presenza di uomini e donne onesti, il cui
senso dell'onore e della giustizia è altrettanto saldo fino, se necessario, all'estremo sacrificio di sé: la sorella Judith,
il fratello Matthew, ma soprattutto, quel tipo di soldato che ha interiorizzato gli ideali della comunità, il soldato
britannico, vero “shoulder the sky”, che nonostante le sofferenze resiste perchè ha fatto un patto con se stesso e
con il suo gruppo, leale, rispettoso dell'avversario se avversario d'onore.
“Dai la tua vita per il tuo compagno- chiunque egli sia. Non lo fai per lui, ma per te stesso” (17)
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Ogni interrogativo sulla giustezza o meno del combattimento, sulla guerra giusta, si scioglie, più che
intellettualmente, sul piano dell'emozione e dell'assunzione della propria dignità nel rispetto del codice d'onore.
E' giusta questa guerra? “Sì! Se ciò si accompagna al diritto di avere le nostre leggi e le nostre tradizioni. Se
qualcuno ci conquista e stabilisce le regole per noi e, a poco a poco, ci viene sottratto tutto quello che ci rende
liberi e unici”.(18)
Questa tensionemorale portata all'estremo, così carica di individualismo eroico e spirito d'elite, porta i personaggi
della Perry in una situazione limite, a volte non credibile: Joseph nella sua ansia di chiarezza e giustizia non riesce
mai a “lasciar perdere”, come gli viene suggerito in nome del buonsenso in situazioni tanto tragiche, mettendo a
repentaglio, con il suo dovere di aprire un'inchiesta, vite e reputazioni di innocenti, compresi se stesso e la sorella.
Inflessibile e giusto fino in fondo, alla fine mostra di avere ragione: non si sfugge alla resa dei conti,
significherebbe una vita di solitudine, allo sbando e ai margini della civiltà, non si possono evitare certe
responsabilità e certi doveri, per i quali, del resto, insieme ad altri principi, si sta combattendo. Così Joseph
insegue il colpevole per mezza Europa, attraverso i fronti bellici, e affronta un processo dagli esiti estremamente
incerti, ma ineludibile.(19)
In “Appuntamento con la morte”, descrivendo la trasformazione operata dagli anni di guerra sui combattenti, la
tensione morale raggiunge momenti culminanti: Joseph è solo di fronte a uomini induriti e cinici, alcuni dei
quali conosce da bambini perchè provengono dallo stesso villaggio o dai tempi dell'università, essendo stati alcuni
fra i suoi studenti. E' solo con i suoi dubbi, le tentazioni, la fede che vacilla. La guerra può degenerare in atto
barbarico, accelerando ulteriormente il disfacimen to dei corpi e delle menti; o può essere un'occasione d'onore e
di salvezza. In alcuni momenti scene e dibattiti ricordano il vecchio film “La grande illusione” per i temi
dominanti della perdita dell'innocenza e del senso dell'onore.
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4 - Giallo e ricerca storico-sociale
Certo l'originalità di Anne Perry non consiste nella descrizione degli orrori della Grande Guerra, sulla quale la
documentazione letteraria e iconografica è sterminata e alla quale anche un altro autore di gialli storici, Charles
Todd, ha dedicato una splendida serie centrata sulle psicosi postbelliche che affliggono l'ispettore di Scotland
Yard Ian Rutledge.(20)
Sicuramente anche i romanzi della Perry, come
tutta la letteratura sulla guerra, sono centrati sul
contrasto fra la spietatezza delle operazioni belliche
e la ricchezza della dimensione umana e forniscono
in questo senso non solo una ricostruzione storica,
ma una testimonianza eccezionale di partecipazione
e di condivisione . Ma lo specifico della scrittrice è
proprio la teatralizzazione dello scontro etico che,
nella dimensione della realtà oggettiva o
nell'interiorità, attraverso l'espediente
dell'investigazione, conduce alla questione centrale:
la disamina di una scelta, delle concause
determinanti l'atto, fino alla necessità della
comprensione e della giustificazione. La guerra nella guerra, cioè il pretesto del grande complotto antipatriottico
che percorre come un filo nero tutti i romanzi del ciclo, è l'occasione per trasformare il duello politico in duello
morale tra bene e male, tra il machiavellismo de “ il fine giustifica i mezzi” e il dovere laico e religioso anche nei
confronti di una sola vita o nella cura dei morti.
Nelle serie dedicate all'età vittoriana, Anne Perry sceglie due protagonisti, gli ispettori Pitt e Monk, per
concentrarsi su un mondo che, come quello della guerra, è stato alterato nel suo ordine di fondo: il delitto e la
psicologia dell'assassino sono fattori di anomalia, perturbamento e rischio. Anche in queste situazioni, più
classiche e circoscritte, di passioni e ingteressi personali, la garanzia allo straripare dell'orrore è affidata al sistema
di norme etico-sociali che, attraverso l'educazione, si stratificano consolidandosi nelle istituzioni, nella famiglia,
nell'individuo.
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Nelle due serie, dove il mondo descritto è quello dell'aristocrazia o della buona borghesia, l'aristocraticità è
presentata dall'autrice come un tratto spirituale e di civiltà. E' un mondo che la Perry conosce bene e al quale
esprime la sua appartenenza dichiarando, a proposito della sua descrizione degli ambienti sociali della Londra
ottocentesca per la quale è stata accostata a Dickens, che l'età vittoriana è un periodo storico ideale per costruire
un crime novel per via dei contrasti, delle ambiguità di una società complessa dove nulla è come appare in
superficie. Ma aggiunge anche che la sua tendenza è quella di identificarsi nella upper class, da un lato perchè non
essendo cresciuta nell'ambiente dei lavoratori non ha una buona comprensione di quel mondo, dall'altro perchè il
popolo è meno complesso e ambiguo, le sue passioni più elementari e una identificazione in quel contesto non
permetterebbe una descrizione efficace delle dicotomie tra i ceti sociali. (21)
Ma sul sostanziale conservatorismo della Perry non ci sono molti dubbi: in uno studio recente, Marika Traversari
ha ben colto il desiderio di ordine che si accom pagna alla celebrazione dei valori dell'età vittoriana e lo schema
ricorrente delitto-rischio umano e socciale- ricomposizione della frattura; in questo mondo dovere del povero è
interiorizzare il senso di dignità dei padroni, nella consapevolezza delle differenze di origine e sviluppando
l'orgoglio del sentirsi partecipe, di luce riflessa, di una superiorità che rimane indiscussa.
Questo atteggiamento ha portato la Perry su una posizione molto diversa da quella di altri giallisti che hanno, al
contrario, indagato proprio il mondo della devianza e della marginalità mettendo in campo detectiv e personaggi
la cui reale umanità è data non tanto da astratte considerazioni di principio, ma proprio dalla identificazione con
il mondo di miserabili con il quale vengono a contatto e che con tribuiscono con alterni successi a risarcire: basti
pensare agli svedesi Sjovall-Wahloo, ad Alicia Ghimenez, ad Andrea Camilleri e, proprio in totale contrasto con
Perry, a JeanClaude Izzo.
Viene da chiedersi se questa celebrazione dell'etica, della religione del dovere non nasconda altro, anche alla luce
della vicenda biografica dell'autric e, alla quale molto interessa, come si è detto, la comprensione e, in parte, la
giustificazione dell'assassino indagato nel quadro complesso delle sue motivazioni.
Così studiata, la logica del delitto suscita orrore ma anche rispetto per la coerenza, la scelta di affermazione
individuale e intellettuale, portando quindi alla pietà che nasce dalla comprensione.
Nel suo primo romanzo, “Il boia di Cater Sreet” (1979), che inaugura la serie dell'ispettore Pitt, Anne Perry
propone un tipo di omicidio nato nel torbido stravolgimento dei valori rfeligiosi, in un contesto di repressione
della persona che scatena la follia. Si ha così la trasformazione in mostro di una rispettabile e conosciuta vicina di
casa, nota al villaggio per la sua devozione e per le opere di carità: non è certo il caso di un delitto commesso per
scelta o per qualche lucida motivazione, ma il risultato di un'alterazione inquietante della personalità che può
diventare catastrofica per l'individuo e la comunità che lo ha tenuto dentro di sé non sospettando nulla, forse
nutrendolo. Martha ha interiorizzato gli aspetti più inquisitori della fede, così come le è stata trasmessa dal
marito, della cui intolleranza è quindi vittima: esaltata da un giustizialismo spietato, uccide ragazze innocenti,
credute colpevoli del supremo peccato, la lascivia, l'inclinazione al piacere.
In questo caso, fra l'altro, l'atmosfera è resa ancora più cupa dal clima di paura e di sospetto che si abbatte sul
piccolo paese fino a raggtiungere, con la convinzione che “l'assassino è tra noi”, anche i membri più teneramente
amati della propria famiglia.
Non a caso le ultime parole del romanzo sono per Martha, la moglie del vicario pazza e assassina per la quale Pitt
e Charlotte non possono fare a meno di sentire compassione. L'altro sentimento forte è quello della soddisfazione
per il ripristino dell'ordine e della pace sociale e familiare.
L'assassinio è, innanzitutto, brutale rottura delle regole.
Se la guerra, delitto collettivo, può essere giustificata perchè subita o comunque affrontata con un suo codice
d'onore, per il delitto privato non resta altro sbocco: la punizione e, se le condizioni di lucidità e onestà
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intellettuale lo consentono, l'assunzione della colpa, il cammino di redenzione.
In qusto senso la Perry non po' non aver fatto i conti con il proprio passato, ma l'intervista rilasciata a Jan Rankin
ci presenta una donna che non appare pentita o disposta ad approfondire il tema della propria colpa. E' piuttosto
una donna che vuol trasmettere la propria consapevolezza: di quello che fu uno sbaglio, un errore di gioventù
pagato con la sofferenza. Resta, come si è già detto, il silenzio, imbarazzante, sulla sofferenza inflitta alla vittima e
alla sua famiglia.
Che Anne Perry provi piacere nella scrittura del mistery storico è confermato dalle stesse parole dell'autrice che
considera le sue incursioni nel passato un modo libero e indolore per viaggiare dove si vuole e analizzare gli
aspetti universali della natura umana. (23)
C'è da chiedersi quale sia il piacere che ricava il lettore dalle sue opere. Poichè la Perry è stata paragonata ad
Agatha Christie, può essere d'aiuto il bel libro di Sophie De Mijolla-Mellor , “Assassinio familiare”, che cerca di
rispondere ad una domanda simile sul successo e sul piacere dato al lettore dai romanzi appun to della Christie ,
una scrittrice la cui biografia nasconde una serie di misteri che affondano nelle relazioni ambigue del mondo
infantile. (24) (25)
De Mijolla-Mellor utilizza un approccio psicoanalitico e parte dall'ipotesi della coincidenza della scena primaria
con la scena dell'assassinio: Agatha riesce a trasportare il lettore indietro nel tempo fino a quel bambino che è
stato, alle sue angosce, alla ricerca investigativa tesa a soddisfare le sue teorie sessuali e le sue teorie sulla morte,
alla possibilità di esorcizzare i suoi fantasmi, in questo caso attraverso la rielaborazione offerta dalla lettura, dalla
sicurezza che deriva dalla finzione, dalla teatralizzazione del delitto.
Il lettore (e l'autore) può così arrivare a sciogliere l'enigma passando dall'eccitazione al placarsi della tensione, che
scema dando luogo al piacere.
Sicuramente nelle opere di Anne Perrytroviamo spesso rappresentata, come in Agatha Christie, il modello
dell'universo concluso, un mondo che coincide con la dimensione familiare o del villaggio, nel quale tutto è
tragicamente familiare. Compresa l'angoscia di morte per il rischio che contiene al proprio interno.
Come la Christie, Perry è una scrittrice prolifica che non annoia, ma sa ricreare, in ogni nuovo lavoro, l'atmosfera
giusta che trasforma il lettore nel bambino alle prese col piacere della scoperta.
Certo sembra stridente, invece, il contrasto fra la pressochè totale assenza di considerazioni moralistiche di Agatha
e la costante polarizzazione sul tema etico in Anne: ma forse, alla luce di quanto detto sopra circa le esigenze che
si nascondono dietro tale insistenza, anche su questo piano le distanze fra le due scrittrici britanniche non sono
poi molto grandi.
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Il caso Anne Perry
5 - Intervista di Ian Rankin ad Anne Perry
Riportiamo qui di seguito la traduzione dal testo inglese di una intervista fatta dallo scrittore di romanzi
polizieschi Jan Perkin ad Anne Perry nel 2002. Potete vedere in rete, in youtube, l'intervista video da cui è
stato tratto il testo.
IR: ... situazioni estreme o cambiamenti della loro vita
AP: Sì. Scelte morali e penso anche che molto raramente succede una tragedia di cui una sola persona ha la colpa.
normalmente è un insieme di circostanze combinate tra di loro. Sono convinta che non è una sola persona, ma che tutti
noi contribuiamo a far succedere cose nel beme e nel male. Siamo responsabili per il nostro proprio contributo.
IR: E nella vostra personale vita lei ha avuto a che fare con ..., ovviamente.
AP: Sì.
IR: Ci può dire qualche cosa a proposito?
AP: Sì. Avevo 13 anni, caddi gravemente ammalata. Quando avevo 15 anni, ho aiutato a commettere un crimine, ne
sono stata coinvolta.
IR: che tipo di crimine?
AP: ho aiutato qualcuno ad uccidere una persona
IR: Chi era questa persona?
AP: sua madre.
IR: era un suo amico?
AP: Sì.
(Nota della redazione: nel 1954, Juliet Hulme, una studentessa che viveva in Nuova Zelanda, aiutò ad uccidere la madre
della sua amica. Fu dichiarata colpevole dell'assassinio, ma aveva solo 15 anni, troppo giovane per la pena di morte.
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Il caso Anne Perry
Invece fu mandata in prigione. Dopo aver scontato la pena entrambe le ragazze lasciarono il paese e sparirono. Nel 1994
il caso fu trasformato in un film: Creature del cielo.)
IR: La madre era sveglia, addormentata?
AP: Oh, era sveglia!
IR: Le siete saltate addosso, o qualche cosa del genere?
AP: Sì.
IR: e tutto successe molto rapidamente
AP: Tutto successe nello spazio di... I miei genitori si stavano separando. Mio padre aveva perso il suo lavoro. Stavamo
per lasciare il paese. Sentivo che non avevamo il tempo di trovare una soluzione migliore. Lei mi disse che se io la
lasciavo si sarebbe uccisa e le credetti.
(OFF) Al processo, la giuria giudicò che le ragazze avevano compiuto un prolungato e brutale attacco alla madre di
Pauline Parker'
IR: Deve essere stata una sensazione straordinaria, a quella giovane età, passare attraverso il processo e il
giudizio, suppongo, della società
AP: Sì.
IR: … passare attraverso il dibattimento e tutto quel che segue.
AP: sì: E quando hai questa età, non ti è permesso di parlare.
IR: Nella corte, vuol dire?
AP: Sì. Così non puoi dire nulla di quello che hai fatto o di quello che non hai fatto.
IR: Così non le è stato permesso, per attenuanti, non le è stato permesso di dire la sua...
AP: No, no del tutto.
IR: Cosa sentiva quand'era in prigione? Percepì in quel momento cosa la società pensava di lei?
AP: Sì. In certo qual modo mi guardava come un mostro.
IR: doveva essere una cosa che faceva star molto male.
AP: Si, lo era.
IR: … anche specialmente perché stava attraversando un processo per porre termine a ciò. (N.d.T: si
intende non un processo giudiziario)
AP: Sì. E' molto difficile. Ma poi ero in quella che penso sia la più dura prigione dell'emisfero sud. E' stato un processo
utile a farti sentire che stavi pagando per quello che avevi fatto (N.d.T: processo qui non nel senso penale ma nel senso
di “processo”...). Avevo anche un po' di gente che era gentile con me.
IR: Quanto è stata effettivamente in prigione?
AP: Cinque anni e mezzo.
IR: Cinque anni e mezzo! Le è sembrato un tempo lungo, le è sembrato troppo lungo?
AP: Era un tempo senza fine perché non sapevo quanto sarebbe durato. Hum, no non credo che sia stato troppo lungo..
Se fosse stato più lungo avrebbe spezzato la mia capacità di ricostruirmi
IR: Le chiedo: a che punto pensa sia arrivata la redenzione, voglio dire in che momento della
incarcerazione?
AP: Questa è una questione molto spirituale alla quale le posso dare la mia propria opinione di risposta. La redenzione
viene quando tu non desideri più di essere questo tipo di persona.. Quando capisci che... quando vedi questo come
cattivo, e capisci perché non è quello che volevi fosse. E questa è la differenza. Non perché qualcuno da fuori ti dice:
questo non è quello che hai fatto. Ma perché tu dici, da te stesso: questo non è quello che volevo essere.
IR:Cosa ne pensa del fatto che la società esige che uno venga imprigionato, specialmente a quella giovane
età, che esigiamo quella che non sembra una redenzione ma piuttosto una vendetta?
AP: Suppongo che la società richieda un certo livello di vendetta. E' necessario non solo farlo, ma anche farlo vedere,
perché si suppone sia sufficiente che altri vogliano fare lo stesso. Penso che sarebbe stata la peggior cosa che mi potesse
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Il caso Anne Perry
capitare nella mia vita se qualcuno mi avesse detto:” Bene, guarda. Lo sai, eri sotto cure mediche. Queste sono droghe
che alterano la mente. Son sicuro che tu non sei veramente malvagia. Vai avanti e dimenticati tutto ciò.” Penso che
questo sarebbe stato totalmente distruttivo verso di me.
IR: Quanto è importante, per lei, la punizione?
AP: Penso che sia vitale. Penso che fino a che non senti di aver saldato il debito, non puoi andare avanti.. Penso che sia
un po' come cercare di camminare con un paracadute aperto dietro di te. Pagando, tagli le stringhe e puoi andare
avanti. Puoi permetterti di andare avanti. Posso dirlo e guardarla negli occhi, perché io posso dire: Sì, ho affrontato
questo. Credo di avere pagato. Credo di di esser stata dimenticata dove è importante. E ora ciò non esiste più per me.
Posso andare avanti ed essere la persona migliore. Io sono capace di esserlo. Ma penso che questo sia vero per chiunque.
A condizione che tu non dica: “in qualche modo non era realmente me, era quella persona e in qualche modo non è
importante e non è necessario che paghi.
IR: Trova una certa ironia nel fatto che adesso lei conduca una vita di scrittrice di gialli, having (???)(NdT:
non è stato trascritto cosa veniva dopo having..)
AP: Sa, non pensato intorno a questa cosa fino a che altra gente... Perché, veramente io voglio scrivere una novella e un
crimine è un buon pretesto per farlo. Penso di tirare fuori un coniglio dal cappello alla fine e di essere capace di dire
alla gente: “Sì, voi pensate che era così e così, ma in realtà non lo era” non è così facile. “Voi pensate che questa persona
sia cattiva, ma veramente quello che ha fatto lo ha fatto per delle buone ragioni. Voi pensate che questa persona sia
buona ma veramente non lo è”. E' il senso del dramma e tirare fuori qualche cosa per dire: “Ecco! Non è così semplice
come pensavate che fosse.”
note
Intervista ad Anne Perry di Jan Rankin, 2002
(2) Cinzia Tani, «Assassine», Mondadori, 1998
(3) The Cater Street Hangman, St. Martin's Press New York 1979; Il boia di Cater Street, Mondadori '82
(4) Tra i riconoscimenti ricevuti si segnalano: «Agatha Awards Best Novel, 1992; «Edgard Awards Best Novel»
1997; «Herodothus Lifetime Archivement Awards» 2000; «Macavity Awards Best Novel» 2001; «Association for
Mormon Letter Awards for excellens in LDS letters»2002; selezionata dal Time come una dei «100 Master of
crime» del XX secolo...
(5) M. Rye, «Anne Perry» in G.Mc Donalds, British Mistery and Thrillers Writers since 1960, Detroit 2003
(6) Intervista ad Anne Perry di Jan Rankin, 2002. Il video dell'intervista è riportato in
http://www.lanaturadellecose.it/dina-lentini-8/il-caso-anne-perry-91/intervista-di-ian-rankin-ad-anne-perry112.html
(7) Intervista ad Anne Perry di Carol Nelson
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Il caso Anne Perry
(8) Atti del processo, Supreme Court in Christchurch Nuova Zelanda, 1954.
(9) E' lo stesso, ormai celebre, regista della trilogia de Il Signore degli Anelli, di King Kong...Allora era agli
esordi; alla vicenda parker-Hulme venne dedicato un altro film, francese, del 1971 “E non liberarci dal
male”.
(10) La signora fu massacrata con circa 45 ferite alla testa inferte con un mattone infilato in una calza, nel
corso di una passeggiata, dopo che le ragazze avevano simulato per qualche giorno una volontà di
riappacificazione.
(11) Atti del processo, Supreme Court in Christchurch Nuova Zelanda, 1954.
(12) Amanda Knox, in occasione della pubblicazione di un libro da lei scritto in carcere, ha fatto
dichiarazioni in tal senso sostenendo di progettare la maternità e una vita normale.
(13) Juliet è figlia di Henry Hulme, matematico, medico, rettore dell'università di Canterbury in
Christchurch, Nuova Zelanda; fu consulente scientifico del governo inglese durante la seconda guerra
mondiale; ufficiali furono il nonno, il fratello medico, il patrigno Pitt.
(14) Nella serie sulla Prima Guerra Mondiale si intrecciano detectiv novel e spy story: il protagonista è
Joseph Reavley, deciso, insieme ai suoi fratalli, a smascherare e fermare il complotto anglo-tedesco che lo
ha già colpito direttamente con l'omicidio dei genitori e rischia di avere una portata distruttiva ancora più
ampia sull'intera comunità europea. Il “Pacificatore”, potente e spietato capo del complotto, dall'identità
segreta, ha ordito una fitta rete internazionale di uomini e mezzi per costringere l'Inghilterra a tradire gli
accordi con gli alleati, realizzare una pace immediata e la costruzione di un grande impero nord-europeo
garante di ordine e civiltà; l'omicidio dei singoli, l'esaltazione di giovani idealisti mandati allo sbaraglio, il
sacrificio dei popoli sono il prezzo da pagare per evitare una carneficina più grande che distruggerebbe la
bellezza della civiltà occidentale e dei suoi valori universali. Joseph ha il compito di dimostrare quanto sia
am bigua, priva di onore e sostanzialmente criminale una simile scelta politica e umana.
(15) “Angeli nell'ombra”, Angels in the Gloom, New York 2005.
(16) Perry ha dato al suo personaggio il vero nome del nonno, Joseph Reavley, combattente nella prima
Guerra Mondiale.
(17) “Giustizia in prima linea”, Shoulder the sky:1915, New York 2004.
(18) “Giustizia in prima linea”, Shoulder the sky:1915, New York 2004
(19) “Appuntamento con la morte”, At Some Disputed Barricade: 1917, New York 2006.
(20) Charles Todd è il nom de plume degli americani Caroline e Charles Todd; fra gli altri romanzi si
segnalano: “Il mondo dopo la notte”; “I dubbi dell'ispettore Rutledge”; “Delitto dal passato”.
(21) Intervista ad Anne Perry di Diana Cooper-Clark, 1982.
(22) Tesi di laurea specialistica di Traversari Marika, Università di Pisa 2008: “Viaggi al femminile nel
detectiv novel vittoriano: il caso di Anne Perry”.
(23) Intervista ad Anne Perry di Carol Nelson Douglas, 2004.
(24) Agatha Cristhie, La mia vita, Mondadori 1989.25 Sophie De Mijolla-Mellor, “Assassinio familiareApproccio psicoanalitico ad Agatha Cristhie”, Borla 1996.
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