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Il circo piange Nando Orfei, era stato Lallo, il 'pataca', nel
film Amarcord di Fellini
Attualità - 08 ottobre 2014 - 12:20
Scomparso all’età di 80 anni, dopo una lunga malattia, Nando Orfei, uno dei capostipiti della
scuola circense in Italia. Era rivcoverato all’ospedale San Raffaele di milano. Con lui, la
moglie, Anita Gambarutti, e i figli Ambra, Gioia e Paride, la sorella Liana e il fratello Rinaldo.
Vicinissima a lui c’è anche la cugina Moira, alla quale Nando era molto legato. Era stato Lallo,
il “pataca”, nel film Amarcord di Federico Fellini. Aveva fatto una parte anche ne “I clown”.
Negli ultimi anni, insieme ai figli, aveva dato un nuovo stile al suo circo, proprio in memoria del
regista riminese.
“Il circo è e sarà il più grande spettacolo del mondo”. Nando Orfei sarà ricordato per questa
frase, la “sua” frase, e per quella giacca bordeaux, improbabile e forte come tutti i colori e i
gusti legati al mondo circense.Forte come il desiderio e l’adrenalina che doveva pompargli nel
corpo ogni volta che alle spalle gli si chiudeva la porta in ferro lasciandolo isolato dal mondo in
compagnia di giganteschi felini. Uno dei padri del circo italiano se ne è andato oggi, a 80 oggi,
a farlo arrendere è stata una lunga malattia. Nell’immaginario collettivo, gli Orfei sono stati e
“sono” il circo italiano. Si è autorizzati a desiderare letterariamente che sarebbe stato giusto
che a portarsi via “Nandino” fosse stata la zampata di un leone, il morso di una tigre dagli
occhi di ghiaccio, poiché come un vero capitano affonda con la propria nave, così un uomo
come Nando Orfei – che non sappiamo immaginare in altro luogo che sulla pista circolare di
sabbia e terra – avrebbe dovuto morire nel suo circo, davanti al pubblico. Invece, il giocoliere
prima e il domatore dopo, è morto in un letto dell’ospedale San Raffaele dove era ricoverato.
Il suo circo, idealmente stretto intorno a lui, è a Modena e da stasera, fino a tutto giovedì,
quando si svolgeranno i funerali, lascerà i tendoni chiusi in segno di lutto. Gli animali con i loro
odori forti riposeranno, gli acrobati non rischieranno l’osso del collo e i clown trasformeranno
quella goccia che portano sempre disegnata sul viso in una vera lacrima. Con lui (e con altre
famiglie) è nato il circo e con lui è declinato. Il presidente dell’Agis Carlo Fontana lo definisce
“protagonista assoluto del circo e un grande dello spettacolo italiano”, ricordandone le qualità
artistiche che gli consentirono di lavorare con Fellini e in televisione. Anche Antonio Buccioni,
presidente dell’Enc, Ente Nazionale Circhi, ne ricorda la figura. Ma, intanto, lo scorso anno
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Nando lanciò un accorato appello a fine spettacolo a Cattolica, dalle sue parti (era nato in
provincia di Ferrara), uscendo in scena sorreggendosi a un bastone: guardando le poche
decine persone di spettatori ringraziò per la presenza, ma si lamentò di tutti gli altri spalti vuoti.
Forse non aveva compreso o non aveva voluto comprendere che cellulari, paraboliche, tablet
e tutto l’armamentario tecnologico che scandisce ogni ora della vita degli esseri umani è
troppo rapido, troppo distante da una cavallerizza che fa capriole su dorsi di equini. Per un
adolescente è coinvolgente più un frenetico videogioco in cui nessuno rischia la vita che una
ragazza lanciatasi da 40 metri afferrata al volo a un polso da un compagno agganciato a un
manubrio a dieci metri di altezza. Il circo, nonostante avesse “riconvertito” e modernizzato il
suo spettacolo – senza più animali, con numeri internazionali e tendone più piccolo – non
attirava più le folle di un tempo. Nandino aveva vissuto tutto ciò come una umiliazione. (Ansa)
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