RELAZIONE DEL PROF

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RELAZIONE DEL PROF
RELAZIONE DEL PROF. EZIO ACETI
Buona mattinata a tutti. Si sente? Prima di incominciare, state bene spero. Dopo la splendida
relazione, sì.
Ma io prima di cominciare faccio sempre una premessa, e la premessa è questa: facciamo andar
bene questi incontri, facciamoli andar bene. Voi rinunciate a due giorni, anch‟io vengo un po‟ da
lontano. E come si fa? Semplice: adesso sono le 11,30; se verso l‟una, quando avremo finito,
saremo un pochino più contenti tutti sarà andata bene, se no non sarà andata bene. Ma voi potreste
dirmi: „ma chi sei tu per farci contenti?‟. Io non sono nessuno, ma c‟è un sistema per essere contenti
tutti, che dovrebbe essere l‟unica cosa che dovrebbe esistere all‟interno delle nostre famiglie, della
nostra Chiesa. E il sistema è questo: speriamo di poter avere fra noi adesso quello che noi psicologi
diciamo una „comunicazione empatica‟. Cos‟è la comunicazione empatica? È quel qualcosa che
succede fra la gente che non è legato al contenuto ma al rapporto. L‟avete vissuta, sapete, la
comunicazione empatica?
Vi è mai capitato di sentire qualcuno parlare: magari questo ti ha detto cose bellissime,
straordinarie, sei venuto via e non t‟è rimasto dentro niente. Altre volte magari avete sentito qualcun
altro che vi ha detto cose molto semplici, sei venuto via e hai detto: „mi è piaciuto, è stato bello‟.
Perché? Perché lì c‟era la comunicazione empatica. Come si fa ad averla? Poi cominciamo!
C‟è un sistema solo: che noi dobbiamo essere qui con questo ascolto pieno, reciproco. Se saremo
qui così allora andrà bene, perché quello che conta non è quello che io dico, assolutamente, ma
quello che costruiamo insieme.
Seconda premessa (proietterò qualche lucido): il mio compito è parlarvi degli aspetti pedagogici
all‟interno di questa famiglia. Ma, al di là di tutti i voli pindarici che ci ha fatto fare prima la
bellissima relazione della professoressa, oggi però noi dobbiamo guardare bene in faccia che cosa
sta capitando, per dare veramente delle risposte pedagogicamente corrette a questo.
Allora io vorrei parlarvi di queste cose.
Primo: andremo a vedere qualcosa sulla famiglia e sull‟educare; andiamo a vedere a che punto
siamo come famiglia.
Secondo: andremo a vedere le fragilità, quali sono i problemi che ci sono, non tanto statistici ma
come genitori, e anche come Chiesa.
Terzo: andremo a vedere qualcosa sull‟educare e, se riuscirò, dirò qualcosa anche su come educare
la fede, se così si può dire.
Questo è un pochino quello che cercherò di approfondire.
Incominciamo con la prima parte.
Io sono uno psicologo, quindi quando farò questa storia della famiglia la faccio un po‟ da un punto
di vista psicologico e non storico e neanche sociologico.
Tre scene: com‟era la famiglia prima degli anni „70? Si chiamava „famiglia patriarcale‟, non perché
il papà stava molto più vicino ai figli, assolutamente. Oggi i padri sono molto più vicini ai figli. Ma
perché? Perché tutto ciò che era norma, regola, autonomia in qualche modo passava. Era così
sapete? Al centro c‟era la norma, la regola. Una cosa: dobbiamo far tacere le emozioni quando
facciamo questi momenti di formazione, insieme usiamo la testa e non le emozioni. E quando
guardiamo il passato non stiamo qui a dire né che era meglio né che era peggio, saremmo sciocchi:
ogni epoca aveva i propri punti di forza e di debolezza.
I punti di forza della famiglia prima degli anni „70 erano che sicuramente la norma e le regole erano
al centro, che sicuramente c‟era più autorevolezza, purtroppo anche più autoritarismo. Una volta,
quando un bambino prendeva una nota a scuola e arrivava a casa, noi gli davamo la razione di
sberle; se oggi un bambino prende una nota a scuola e viene a casa, la mamma dice: „vado io dalla
maestra a parlare‟. Una volta anche nella Chiesa i preti qualche sberla la davano, il mio parroco me
l‟ha data qualcuna. E io non sto dicendo che è giusto o sbagliato. E se si arrivava a casa, se ne
prendeva altre. Oggi invece non è così. Attenzione, non sto dicendo né che è meglio né che è
peggio.
Noi dobbiamo guardare senza usare le emozioni, adesso solo usando l‟intelligenza.
I punti di forza erano che la società era più semplice, sicuramente le norme e le regole erano al
centro… Ma c‟erano anche dei punti di debolezza: la maggior parte delle persone che sono qui,
quante volte avremmo voluto rispondere ai nostri genitori e non l‟abbiamo fatto, quante emozioni
trattenute, quanti pensieri abbiamo dovuto tenere dentro, perché non si poteva. Perfino
nell‟innamoramento: ma non venitemi a raccontare storie che non abbiamo provato attrattive; ai
suoi tempi le abbiamo provate tutti, e io non sto dicendo che fossero giuste o sbagliate, ma non
potevamo parlarne, c‟era tutta una censura dietro, c‟era questo. Allora i punti di debolezza erano
che tutto ciò che era creatività, fantasia, emozione, pensiero, in qualche modo veniva tarpato.
Per fare l‟esempio di questo, l‟emblema di questo: vi ricordate il libro Padre padrone di Gavino
Letta? Andate a leggerlo, cosa dice.
Se questo era quello che c‟era allora, che cosa succede poi? Negli anni „70 i nostri giovani – anzi
noi, perché qui un pochino ce l‟abbiamo un po‟ tutti l‟età – arrivano a dire che siamo stufi di
obbedire senza comprendere perché, vogliamo manifestare quello che sentiamo dentro, vogliamo la
nostra libertà. È l‟epoca in cui si manda un pochino a quel paese tutto l‟autoritarismo, e questo era
giusto. Piccola parentesi: c‟è un libro bellissimo che descrive molto bene tutto questo, scritto da una
una giornalista milanese bravissima; secondo me è une delle più brave giornaliste milanesi, si
chiama Marta Boneschi, il libro è Voci di casa, che raccoglie veramente la storia delle famiglie fino
agli anni 2000. Stupendo questo libro.
E anche sul rapporto sessuale: ma una volta avevamo paura del rapporto sessuale sapete? Altro che
tutti i voli pindarici, avevamo paura. Oggi l‟età media del primo rapporto sessuale in Italia è
quindici anni e sette mesi. Sono passate cose… Eppure sono passati solo quindici anni. Allora noi
dobbiamo guardarla in faccia per poter capire cosa fare.
Negli anni „70 mandiamo a quel paese questo, sono gli anni dove… vi ricordate i libri di Spock?,
che dicevano: guai se tu dài delle regole al bambino, tarpi la sua creatività, il bambino deve
manifestare tutto quello che vuole, ecc. È questa l‟epoca, e forse era giusto mandare a quel paese un
certo autoritarismo.
Purtroppo è successa ciò che stiamo vivendo oggi, nel 2008: che non solo abbiamo mandato a quel
paese l‟autoritarismo, e forse era giusto, ma abbiamo mandato a quel paese anche qualcos‟altro, che
era stato previsto da un grande filosofo, secondo me geniale, che purtroppo ce l‟aveva a morte con
la Chiesa. Vedete, i filosofi sono delle brutte bestie, perché loro sono dentro nella realtà, ma
riescono a descriverti quello che capiterà dopo. Questo, che secondo me era un genio, pure se ha
fatto anche tanto male, ma noi guardiamo l‟aspetto positivo… uno di questi sapete chi era? Ce
l‟aveva a morte con la Chiesa! Era Nietzsche, che aveva detto: “E arriverà il tempo in cui non ci
sarà più una norma, in cui non ci sarà più niente, in cui uno farà quello che vorrà, avremo bisogno
di un superuomo che dovrà dire agli altri quello che devono fare”. Sapete qual è questo tempo? È
oggi. Vi ricordate i suoi libri, quando s‟immaginava – perché lui non credeva in Dio – come un
viandante che aveva la lampada, che andava in giro a cercare Dio: “Ma dov‟è Dio? C‟è Dio?
Qualcuno me lo fa vedere?”. Questo è il tempo.
Che cosa è capitato? Che noi non solo abbiamo mandato a quel paese l‟autoritarismo, ma noi
abbiamo mandato a quel paese l‟autorevolezza, abbiamo mandato a quel paese il padre. Se volessi
descrivere com‟è oggi, è il padre che abbiamo mandato a quel paese.
Ma andiamo con ordine. Io l‟epoca di oggi la chiamo „l‟oggi delle fragilità‟. Cosa vuol dire le
fragilità? Se una volta al centro avevamo la norma e la regola, oggi al centro ci sono le emozioni,
c‟è il sentimento, c‟è tutto. Ma guardate tutto quello che c‟è in giro: non c‟è nessuno che fa
qualcosa se non la sente. L‟emozione è dentro tutto. E andremo a vedere che cosa vuol dire questa
fragilità. Bisogna però stare attenti a non commettere uno sbaglio, dove molte volte i vecchi lo
commettono quando dicono „era meglio una volta‟: no! Oppure „le emozioni e i sentimenti non
servono‟: non è assolutamente vero, perché una cosa senza passione e sentimenti non ha senso.
Ma incominciamo già a intuire che cosa vuol dire fragilità: vuol dire che, se l‟emozione deborda e
governa me, noi ci troviamo all‟oggi. E intuiamo già come sarà il domani, come sarà il futuro del
domani, anche della Chiesa del domani: sarà quello di un uomo che, tenendo conto di tutto quello
che sente e che prova, orienta sé. Ma deve tener conto di tutte le emozioni e i sentimenti, non deve
diventarne dipendente. Oggi siamo in quest‟epoca, dove quello che governa, al centro è il
sentimento e l‟emozione. E dovremmo stare attenti a non dire che era meglio una volta, perché i
nostri giovani non ci vengono più dietro.
Ma soffermiamoci ancora sulle fragilità di oggi, diamo ancora uno sguardo all‟oggi.
Tre esempi: a scuola, se io dessi in mano un foglio di carta a tutte le scuole d‟Italia, e agli insegnanti
chiedessi loro: „sentite, quali sono le cose che vi danno più fastidio dei vostri bambini e dei vostri
ragazzi?‟. Mica mi vengono a dire l‟intelligenza, non è quella. È che non stanno seduti sulla sedia,
che sono ipercinetici, che fanno fatica a stare attenti, che sono superficiali… Ma hanno ragione i
bambini, hanno mille ragioni. Voglio dire una cosa: vedete, quando noi non comprendiamo le cose
sapete che cosa nasce dentro di noi? Dentro di noi nasce il pregiudizio. Il pregiudizio è quel bollino
che mettiamo sulle cose quando non le comprendiamo. Siamo pieni di pregiudizi.
Faccio un esempio: pensiamo ai bambini: noi non abbiamo capito niente dei bambini. Io sono
convinto di una cosa: che tutte le madri vogliono un mare di bene ai loro figli, un mare, ma molti
vengono su storti. Perché non basta volere un mare di bene: bisogna conoscerli, altrimenti il mio è
un amore generico.
E vedremo anche che una funzione che la Chiesa dovrà fare è porre l‟uomo al centro. Quando
Giovanni Paolo II parlava dell‟uomo, l‟uomo vuol dire sapere come funziona l‟uomo. Se noi non
sappiamo come funziona un bambino, noi non potremo né amarlo, neanche crescerlo e neanche
dargli la fede.
Ma andiamo con ordine. Faccio un esempio di alcuni pregiudizi e li vediamo.
Primo: che esistono i bambini capricciosi. Non esiste sulla faccia della terra alcun bambino
capriccioso, non c‟è. Ci sono i bambini che manifestano a loro modo altre cose. Oppure che nella
scuola elementare ci sono dei bambini lazzaroni: la cosa più sciocca che abbiamo mai sentito è
questa. Ci sono dei ragazzi demotivati.
Se io non do il nome giusto alle cose nasce il pregiudizio. E credetemi: se noi cresciamo con
un‟idea con la quale gli altri ci vedono, noi veniamo su storti. Io sono convinto che il 90% di tutte le
problematiche che abbiamo adesso è legato a questo. Paul Ricoeur, uno dei più grandi filosofi,
morto due anni fa, diceva una cosa straordinaria e cioè che noi abbiamo abbandonato l‟uomo, noi
abbiamo abbandonato la famiglia e l‟infanzia.
Ma cerchiamo di fare qualche piccolo ragionamento ancora. Perché i bambini hanno ragione ad
alzarsi, ad essere…? Noi diciamo che i bambini sono viziati. Ma hanno ragione. Spiego: un altro
pregiudizio è che nell‟educazione uno ha ragione e l‟altro ha torto: non è vero, nell‟educazione tutti
e due abbiamo ragione. Non c‟è mai una volta in cui uno ha ragione e l‟altro ha torto: tutti e due.
Volete educare un bambino? Prima cercate di capire le sue ragioni, che non sono tutte le ragioni.
Vediamo perché i bambini oggi si alzano sempre e tutto il resto, cerchiamo di capirlo in modo
semplice. Faccio solo un esempio perché io devo stare nel tema e più di un‟ora non devo parlare.
Spiego: abbiamo fatto un esperimento: abbiamo fatto mille fotografie nelle camerette dei bambini di
trent‟anni fa, le abbiamo confrontate con mille fotografie nelle camerette dei bambini di oggi.
Sapete come sono le camerette dei bambini di oggi? Sono piene di cose. Abbiamo fatto i nostri
calcoli, e sapete che cosa abbiamo visto? Che un bambino oggi riceve 47 volte di più di stimoli di
quello che abbiamo ricevuto noi. Voglio fare una domanda a voi: se la vostra zucca ricevesse 47
volte di più gli stimoli, che cosa fareste nella vostra zucca? Date una risposta a questo e cominciate
a capire qualcosa dei bambini. Sapete che cosa farebbe? Collega, collega, mette insieme, collega,
mette insieme… La capacità che i nostri bambini hanno di collegare le cose noi ce la sogniamo!
Tant‟è che uno dei giochi più belli che possono fare sapete qual è? Play Station. Mai giocato alla
Play Station? Play Station. Alla Play Station sono rapidissimi i bambini, sono veloci. E se tu dici
„smettila di giocare‟… Non ho detto che possono stare dalla mattina alla sera a giocare alla Play
Station, è un altro discorso, ma un conto è demonizzare quello che fanno. Hanno una capacità di
collegare le cose che è straordinaria, e meno male che è così, perché il Padre eterno è molto più
grande di noi nel prevedere questo. Ma come sarà il mondo del domani? Sarà un mondo globale,
avremo bisogno di giovani che mettono insieme. Noi non siamo capaci, sapete? L‟ultimo
linguaggio nato, qual è? In questo io faccio una gran fatica: è il linguaggio informatico. Sapete che
cos‟è? È la sintesi di una serie di stimoli.
I nostri giovani saranno capaci di fare questo, e saranno pronti, speriamo, per il mondo del domani.
Perché il mondo del domani, possiamo dire finché vogliamo, sarà un mondo globale. Adesso
abbiamo in Italia tutto il fenomeno dell‟immigrazione, tutte queste cose qui dei flussi. Ma come
sarà il futuro? Sarà meticcio e saremo intelligenti – lo vedremo alla fine – se prepareremo gente che
è capace di costruire relazioni.
L‟unica cosa che dobbiamo avere in testa noi è essere degli esperti in relazioni, tutto il resto non
serve a niente secondo me. Allora i nostri giovani saranno questo.
Naturalmente hanno dei punti di debolezza. Quali sono i punti di debolezza oggi dei nostri bambini?
Abbiamo visto che in prima elementare oggi i bambini fanno più errori di ortografia. Cos‟è l‟errore
di ortografia? Io per non fare l‟errore devo concentrarmi sulla singola parolina, ma se la mia zucca
si è abituata a collegare tanti stimoli è a scapito del singolo stimolo. Voglio chiudere questa cosa
sulla scuola per dire questo: quando noi facciamo una cosa, perché la facciamo? Sapete perché la
facciamo? Perché ci sembra giusto. Ebbene, quando un bambino di tre anni si butta per terra e dice
„mamma brutta, cattiva, vai via‟, quel bambino sta facendo la stessa cosa per lo stesso motivo per
cui la facciamo noi: perché a lui sembra giusto. E se io gli dico che è un bambino capriccioso,
cattivo e tutto il resto e gli racconto un sacco di cose, io non gli voglio bene, anche se
intenzionalmente ho tutte le mie cose. Se io invece so come funziona lui, non sto dicendo che ha
tutte le ragioni...
La pedagogia moderna dice che l‟altro educa me. Il primo papa che ha portato veramente questa
centralità dell‟uomo… tanti sicuramente, ma Giovanni Paolo II aveva il pallino dell‟uomo. Allora,
se noi comprendiamo, le cose sono diverse.
Nella famiglia, andiamo a vedere le fragilità. La fragilità della famiglia oggi l‟ha descritto prima,
sicuramente in modo egregio, la relatrice che mi ha preceduto. Ma che oggi siamo in crisi come
famiglia non possiamo negarlo, al di là di quello che siamo noi qua.
Guardate i dati statistici: in Inghilterra siamo al 53,2% di coppie che si mettono insieme e poi si
lasciano: la previsione inglese è che fra un po‟ di tempo nasceranno più figli di coppie irregolari che
non regolari; in Germania al 43,2%; in Spagna al 28%; Italia 1 su 4 più o meno. Il 53%: vuol dire
che è troppo, vuol dire che c‟è qualcosa che non va. Per non dire di tutti i drammi che viviamo noi.
Adesso ci hanno detto le nostre belle famiglie, ma noi facciamo fatica nelle nostre famiglie. Quante
volte abbiamo sentito la sensazione di fallimento, quante volte ci siamo sentiti falliti come genitori.
Poi arrivano gli esperti psicologi che ci raccontano che bisogna educare in un certo modo. Ma
questa è la sensazione che abbiamo dentro, sentiamo che il terreno sotto i piedi si sta un po‟
sgretolando.
Vediamo la crisi della società. E qui adesso arrivo al padre. La vediamo? Ma guardate, guardate
qualsiasi trasmissione televisiva: il dramma di oggi è che il tempo dedicato al Grande Fratello è lo
stesso di quello che noi dedichiamo al problema della fame. Il dramma di oggi è che non c‟è più una
gerarchia di valori. Avendo tolto il padre noi abbiamo tolto la gerarchia dei valori. Il dramma di
oggi è che il mondo sta diventando femminilizzato, che non è il femminile, perché il femminile è
straordinario: la femminilizzazione è sbagliata.
Il dramma di oggi è che non avendo più ciò che vale di più rispetto a quello che vale meno, c‟è tutto
un appiattimento. ??Bauman, questo sociologo, la chiama in un altro modo, perché ognuno di noi
gli dà il titolo… e la chiama „la società liquida‟. Sapete cosa vuol dire liquida? Che siamo tutti
uguali. Siete mai andati nei centri commerciali di Reggio Calabria? Andate a quelli di Padova: sono
uguali. Sono tutti uguali, ti sembrano tutti la stessa cosa. È la società del supermercato, è questo, e
noi siamo bombardati da queste cose. E ancora vogliamo fare discorsi sulla famiglia? Certo che li
faremo, certo.
Un‟altra cosa: vediamo perché anche il padre. Lo faccio con una cosa molto semplice: oggi
facciamo fatica noi maschi, sapete? Vediamo degli esempi semplici? Molto semplice: guarda una
ragazzina di quattordici anni e un ragazzino di quattordici anni: la ragazzina pensa al moroso, il
ragazzino gioca ancora alla Play Station. È così. Chiedete alle insegnanti delle scuole: fai più fatica
con i maschi o con le femmine? E la risposta sarà: „con i maschi‟. Se tu prendi una formazione
professionale con classi di maschi, l‟insegnante che insegna lì dentro la raccogli col cucchiaino alla
fine. Perché? Dobbiamo chiederci il perché.
Il 90% dei litigi che vengono fatti in famiglia con i figli, se sono maschi sapete cosa avviene? Che il
papà la vede in un modo, la mamma in un altro. Chi ha ragione? Tutti e due, perché il maschio, un
maschio di tredici anni ha come zucca tredici, ma dentro ha sette anni: la mamma vede ancora
quello piccolo, il padre quello grande. Ma se noi non partiamo da qui siamo lì a litigare, a rognare
per un sacco di sciocchezze. Perché fa fatica il maschio?
Non solo: terzo esempio: la omosessualità. Io sono un credente, sono profondamente convinto che
in Paradiso avremo un sacco di separati, divorziati, omosessuali; sono convinto di questo, in quanto
andremo in Paradiso perché abbiamo passato il bicchiere d‟acqua all‟altro (cfr. Mt 10,42), quindi
non ha pregiudiziali su nessuno. Ma la tendenza omosessuale è diversa da quella eterosessuale.
Ebbene, i dati statistici ci dicono – sono dati – che su 100 omosessuali, 80 sono maschi e 20 sono
femmine. Perché?
Ultimo esempio: non è possibile che alla televisione il 93% di tutti i disastri li facciamo noi maschi.
Perché? Perché quando c‟è un fenomeno, dopo che ci siamo indignati, dopo che abbiamo alzato gli
scudi, dobbiamo chiederci: perché, perché questo? Perché il maschio sta…
La Chiesa: io non so com‟è la Chiesa umbra, conosco quella di Milano. Io sono stato un po‟ in
giro... Non è possibile che fino a una certa età vanno tutti in chiesa: bambini, bambine, tutti; poi a
un certo punto in chiesa – sarebbe bello avere i dati statistici – van tutte le donne alla fine. Ma non è
possibile questo. Siamo così bacati noi…?
Perché? Perché questo? Ci sono tante spiegazioni. Io sono uno psicologo e un pedagogista, ne do
una, che secondo me è una dei più grandi, non è la sola. Guardate che alla fine noi siamo diventati
grandi non per le storie che ci hanno raccontato. Perché abbiamo trovato dei modelli, per questo.
Guardate che fine fa un maschio: nasce da donna, perché li fan le donne…; va alla scuola materna, e
son tutte donne; va alla scuola elementare, e son tutte donne; va alla scuola media, l‟80% sono
donne. Ma è dura per un maschio, sapete? Voi avete mai visto… te l‟immagini – io faccio parecchia
consulenza a scuola – il bambino di sei anni che deve andare in prima elementare. Guardate come
fa: col suo bel zainetto, deve andare a scuola, va a scuola, apre: tre insegnanti donne: un disastro!
Poi non solo: quando arriva a casa… lui arriva a casa, apre: non ha ancora messo il piede in casa
che la mamma gli dice “Com‟è andata? Cosa hai fatto? Racconta…”. “Ma un momento, lasciami
mangiare, no?!”
Posso dirvi una cosa? Fate con i vostri bambini quello che vorreste sentirvi dire voi. Sapete che
cos‟è la scuola per un bambino? È come il lavoro. Prova a pensare che tu arrivi a casa dal lavoro,
non hai ancora messo il piede in casa: „com‟è andata?‟. „Un momento!‟. La stessa cosa… Domani,
quando vostro figlio viene a casa, fate quello che diceva un grande pediatra italiano, geniale, morto
purtroppo, docente di puericultura all‟università di Pavia, si chiamava Marcello Bernardi, che
diceva questo: “noi ai nostri figli non dobbiamo dare tante balle, no. Dobbiamo farli sentire attesi.
Allora quando arriva a casa, lo fate sedere e poi ditegli questo: „guarda, quando hai finito di
mangiare, se vuoi raccontarmi com‟è andata mi fa piacere‟”. Questo è amare un bambino, questo è
amare la persona.
Aver tolto la figura maschile è pesante. C‟è un mio collega lombardo che ha fatto tutta una serie di
letture della collana di Famiglia Cristiana, sugli inserti…: Claudio Risè, che dice questo: cos‟è la
famiglia? Lui paragona la famiglia ad una croce: la croce è fatta del palo orizzontale e del palo
verticale. Il palo orizzontale è la madre: la madre nutre, la madre sostiene, la madre sostanzia; la
cosa più tremenda che possa capitare a un bambino è l‟abbandono materno, perché è tutto la madre.
La madre è veramente tutto per un bambino, fino ai sei anni la madre è tutto fino ai sei anni. Dico
già un anticipo: dopo i sei anni – avete visto quanta passione ho per i bambini – dopo i sei anni fuori
dalle balle la madre. Solo se faremo così salveremo… E spiego anche perché: ho detto che fino ai
sei anni è tutto. Spiego: il palo verticale è il padre: il padre è colui che mi prende e mi porta nella
realtà, nella norma, nella società: questo è il padre. Senza queste due cose...
Oggi di che cosa brontoliamo, se è una società senza valori, senza nervo, senza questo? Gli
insegnanti dicono che i bambini sono superficiali, ma hanno ragione i bambini. Se noi togliamo…
Ed il padre non è solo il maschio: il padre è la norma, l‟autonomia, e lo può fare anche una maestra,
può dare alcune cose.
Ma il discorso sarebbe lungo e io devo stare nel tema. Allora chiudo quest‟aspetto. Com‟è fatta la
società oggi? Cos‟è la società oggi e la famiglia?
Io la esprimo con questa scena: noi siamo in un travaglio, noi siamo in un‟epoca di crisi pazzesca,
in un travaglio appunto. E c‟è questo, poche storie, noi possiamo fare tutti i bei discorsi, ma c‟è.
Solo che in questo travaglio noi, come Chiesa e come cristiani, come famiglie cristiane, dobbiamo
capire che cosa fare. Non è tanto il brontolamento, questo lo sappiamo tutti. Cosa fare?
E qui Gesù ci invita ad andare controcorrente. Spiego: accendi la televisione, è un disastro unico.
Oggi il più grande attacco che viene posto alla famiglia e ai nostri giovani sapete qual è? Ha un
nome: si chiama scoraggiamento! Tu guarda la televisione: abbiamo stabilito che in un qualsiasi
paese d‟Italia succedono metà cose belle e metà cose brutte: l‟87% delle notizie sono negative. Noi
siamo scemi, perché ci freghiamo con le nostre stesse mani. C‟è stato un grande filosofo, si
chiamava Aristotele. Sapete cosa diceva lui, che era un genio? Diceva che una persona, a forza di
fare una cosa, diventa quella cosa lì. Noi – a forza di sentire notizie negative – ci smontiamo,
sapete? Adesso poi c‟è tutta la crisi delle borse… certo che è qualcosa di drammatico, io non voglio
negare il dramma, ma su questo dramma ci stanno „fregando‟, anche i nostri giovani.
Voglio dire qualcosa sui giovani: sapete qual è il dramma dei nostri ragazzi? Non è quello che
avevamo noi: noi, anche se avevamo poca roba, anche se „rognavamo‟ a destra e a sinistra, però
dentro avevamo la passione di crescere, avevamo voglia di crescere, anche perché magari non avevi
tutto; voglia non fosse altro che per far star bene la famiglia, c‟era questa cosa. C‟è un libro
bellissimo, straordinario, di due psichiatri polacchi; a proposito dei giovani dicono una cosa che
secondo me è vera: la chiamano, questa, „l‟epoca delle passioni tristi‟. I nostri giovani hanno delle
passioni tristi, abbiamo spento dentro di loro l‟anima, questa è una responsabilità nostra, hanno
spento questo. Perché sappiamo che l‟età giovanile è quella dei grandi ideali, ma se il grande ideale
è triste, io divento triste.
Allora, di fronte a questo travaglio, il grido acuto di questo travaglio sapete qual è? C‟è qualcuno
qui del Centro di aiuto alla vita?, spero che sia presente. Sapete qual è il grido acuto di questa crisi
che stiamo attraversando? È il tasso di denatalità. Non serve mica il dottor Aceti per sapere che una
società che non fa figli è una società che è destinata a spegnersi, non ci vuole questo, al di là di tutto
il resto. Questo è il grido acuto che avviene.
Allora chiediamoci: di fronte a questo, cosa facciamo noi? E qui mi riferisco alla prima enciclica
che Ratzinger ha scritto. È tosto Ratzinger, sapete? La prima enciclica che butta fuori – scusate il
mio… io parlo in termini giovanili perché ho a che fare con tanti giovani, e quindi io son fatto così,
però spero che i concetti li comprendiate... Ratzinger sapete cosa ha fatto? La prima enciclica che
scrive, nella prima parte, se voi leggete Deus caritas est, fa tutta l‟analisi della società. E arriva
anche lui qui, arriva a dire: „siamo in crisi‟. Solo che lui dice: „la nostra risposta è controcorrente‟.
Nel travaglio, anche nelle doglie di un parto, è presente il seme della speranza: noi dobbiamo
presentare questo seme. Noi abbiamo abbassato la guardia, abbiamo abbassato le armi, sembra
quasi che noi in famiglia non possiamo più dire niente. E guardate che noi abbiamo un compito:
quello di presentare ai nostri figli delle cose vere, dei valori straordinari. Ma se non glieli diamo noi,
chi glieli dà? Noi abbiamo abbassato il seme della speranza!
In questa seconda parte, andiamo a vedere che cosa vuol dire dare speranza, qual è il compito che
abbiamo come famiglie.
Primo: noi dobbiamo essere dei modelli per i nostri figli. Ma i modelli non è cadere nella trappola –
come facciamo adesso – che dobbiamo diventare come loro. Ma stiamo dando i numeri? Adesso…
te l‟immagini la ragazzina che è tutta in crisi, che ha la mamma che si deve risistemare… tutto a
posto il corpo per essere giovanile? Non è questo essere modello. Noi siamo modelli nella misura in
cui siamo noi stessi, e passiamo ai nostri figli il patrimonio che abbiamo in seno.
Noi come famiglia abbiamo un patrimonio, che non passiamo più, ci siamo fatti „imbesuire‟ da tutto
questo discorso dei mass media. Una cosa sui mass media, una piccola parentesi: dobbiamo avere le
idee chiare sui mass media. Galimberti, questo nostro filosofo, dice: “vedete, i mass media oggi non
sono né belli né brutti; sono rapidi, veloci”. E lui dice: “ma noi genitori siamo pre-tecnologici”. È
vero. Se io chiedessi a voi: „ma a che età si può prendere il cellulare al figlio? Quanto può stare in
Internet? Quanto può vedere la televisione?‟, io avrei un sacco di risposte diverse. Ebbene, se noi
non abbiamo un pensiero pedagogico sui mass media, questi dominano noi.
Allora non facciamo gli „stupidotti‟ cadendo nella trappola di demonizzarli o di esaltarli: dobbiamo
imparare a governarli, e ci vorrà tempo, ci vorrà tempo; ma il futuro sarà di uomini che sono capaci
e padroni di governare le cose, non di rinunciare alle cose. Questo è… ci sono già alcuni semi
dentro lì.
Un‟altra cosa: dobbiamo essere più preparati, più preparati! Poche storie, prepariamoci di più, con
cose molto semplici, molto semplici. Dovrebbe farlo la società civile, ma cominciamo a farlo come
Chiesa.
Io sono uno psicologo infantile, vi chiedo scusa della mia passione per i bambini. Ma noi psicologi
infantili abbiamo un sogno sapete? Io non sono nessuno, ma in Italia abbiamo dei bravi psicologi
infantili, abbiamo delle donne straordinarie. Il nostro sogno è questo: che in tutti i comuni d‟Italia,
sto dicendo „in tutti i comuni d‟Italia‟, venga reso obbligatorio che quando una famiglia ha un
bambino piccolo faccia due, tre incontri per sapere come funziona quel bambino lì. Vi garantisco
che avremmo un sacco di problemi in meno, perché il bullismo ha quelle radici lì, perché tutto ha
quelle radici lì.
Noi abbiamo abbandonato l‟infanzia anche sul discorso religioso (poi lo dirò).
Allora, pensate se questo diventa prassi. Sapete che cosa scopriremmo allora dopo? Altro che noi
dobbiamo educare i figli… È una cosa straordinaria, sapete, il bambino? Io sono sempre incantato
dal passo del Vangelo, quando ci sono gli apostoli, c‟è Gesù che passa, i bambini fanno un po‟ di
cagnara, gli apostoli – come facciamo noi – li tengono buoni; e Gesù – dato che Gesù non poteva
dire parolacce perché lui era Gesù… – dice agli apostoli: sentite, belli miei, state lì, «lasciate che i
bambini vengano a me» (Mt 19,14). Questo – da un punto di vista pedagogico – è straordinario, è
straordinario!, vuol dire che il bambino ti parla. Ma se tu hai una visione di bambino diversa da
quello che è non la cogli.
Un santo diceva che l‟anima non ha età, non ha età. Allora dobbiamo essere più preparati.
Secondo: dobbiamo diventare esperti nel rapporto. Avrei ancora tante cose ma voglio soffermarmi
su quest‟ultimo (uno degli ultimi lucidi). Abbiamo quattro strumenti per dare la speranza, quattro
strumenti per ritirare fuori tutto.
1) Il primo è l‟ASCOLTO. Noi non siamo capaci di ascoltare, noi non siamo capaci di ascoltare. Ci
sono tre tipi di ascolto, sapete?
- Il primo: quello che fai quando vai in banca: tu vai in banca, uno ti parla e sta telefonando
all‟altro. Ma che cosa si sono parlati a fare?
- Il secondo è quello che facciamo con i nostri figli, spesso: tuo figlio ti parla e tu hai già la
risposta da dargli. „Ma che cosa son qui a parlarti a fare se hai già la risposta da darmi?‟.
- C‟è il terzo tipo di ascolto (fra parentesi, anche all‟interno della Chiesa): il Forum delle
associazioni con la pastorale di qua, con tutto quello di là, con tutte le robe che mettiamo
dentro. Il terzo tipo di ascolto è questo: è l‟ascolto pieno, profondo. Quando uno mi parla io
non esisto, c‟è l‟altro. Avete mai ascoltato qualcuno così? È un altro modo, è un altro modo
di essere.
L‟ascolto è veramente il cardine. Sapete perché non siamo capaci di ascoltare? Perché non ci
siamo abituati di ascoltare un bambino di pochi giorni: è straordinario, sapete? Perfino gli ultimi
studi… Stern, questo psicologo infantile ha dimostrato che nel bambino è presente la
reciprocità. Sapete cosa vuol dire la reciprocità? Che il bambino ci parla. Perché quando Gesù ci
dice di tornare come bambini…
Avete mai visto dei bambini? Guardate che cosa ha il bambino: due robe. Primo: il bambino non
ha il tempo. Non avere il tempo vuol dire avere tutto il tempo, tutto il tempo, tutto il tempo! Se
io avessi il vetro della polizia qua, dove si vede da una parte e loro non ci vedono, e di là
avessimo i nostri bambini, i vostri figli, piccoli, fino ai sette anni, noi vedremmo sempre
un‟unica scena, una sola: che quando il bambino piange, piange fino in fondo, sembra che non
smetta mai; quando ride, ride a crepapelle. Il bambino è lui, è lui. Ma noi non siamo capaci.
Quando portate il vostro bambino alle nove del mattino alla scuola materna e lo andate a
prendere alle quattro del pomeriggio, non sono passate sette ore, per lui sono passati sette giorni.
Ecco perché molte volte non vuol venire con voi, e noi lì a ricattarlo: „ma tu non mi vuoi bene,
vieni qua, dammi il bacetto, ecc.‟. Non abbiamo capito niente, perché se il vostro bello, il vostro
uomo, la vostra donna va via per sette giorni e poi torna e dici „vienimi a dare un bacio‟… „Un
momento, sono un po‟ arrabbiato, aspetta un attimino!‟. È la stessa cosa, sapete? Allora ditegli
quello che vorreste sentirvi dire voi. Il tuo bello arriva dopo sette giorni, vorreste sentirvi dire
questo, ditemi se sbaglio: „sai, è un po‟ di tempo che non ti vedo, è tanto tempo; mi farebbe
piacere se tu mi dessi un bacio‟. Questo è amare qualcuno. Noi facciamo naturalmente tutto in
buona fede, la mia non è mai un‟accusa, perché guai a chi mi tocca la famiglia. Però noi
dobbiamo diventare specialisti nel rapporto.
2) Il secondo cardine è la PAROLA.
La parola nutre, la parola sostanzia, la parola dà senso. Dalla nostra bocca, anche in famiglia,
devono uscire parole di senso positive, mai parolacce e se ci capita chiediamo scusa, chiediamo
scusa. Con la parola si fa un sacco di cose, e noi oggi abbiamo dimenticato di dare la parola alla
sofferenza. Ricoeur sapete che cosa dice? Che noi siamo dei delinquenti – usa queste parole –
perché noi ai bambini non parliamo più della sofferenza e neanche della morte, li trattiamo
come dei bebé e li abbiamo abbandonati. Spiego: cosa vuol dire essere viziati? Io vorrei
chiedere a voi perché non siamo viziati noi. Sapete perché? Io sono molto pratico. Perché
quando eravamo piccoli siamo stati obbligati, e abbiamo fatto un‟esperienza: abbiamo visto che
– rinunciando a qualcosa – era bello. Cioè abbiamo fatto l‟esperienza che rinunciando a
qualcosa per un altro bene era bello. Ma se un bambino non la fa questa roba, perché la deve
fare dopo? Ricoeur dice: noi abbiamo lasciato i bambini da soli in questo.
Esistono due tipi di sofferenze: la prima, quella che procuriamo noi agli altri: dovremmo
evitarlo. La seconda quella che è data dalla natura: tutta la vita è fatta anche di sofferenza. Ma
una sofferenza con un linguaggio, con delle parole diventa umana, diventa feconda, diventa un
sacco di cose. Ma se noi ai bambini quando soffrono gliela togliamo, non parliamo più loro di
questo, li abbiamo lasciati senza la cosa più importante che esiste.
Faccio due esempi: guai a noi se quando il nonno muore noi non parliamo al bambino: noi
dobbiamo parlare al bambino. Anche se ha tre anni dobbiamo dirgli: „sai, quando si è vecchi ci
si ammala, il nonno è morto, lo vuoi salutare?‟. E se siamo credenti gli diciamo: „vogliamo dire
una preghiera per lui?‟. E vedrete che il bambino va dove c‟è la bara e dà il bacio al nonno…
„ciao nonno‟. Quel bambino porterà il nonno per tutta la sua vita dentro di sé perché noi
abbiamo umanizzato questo. Ho fatto l‟esempio del nonno… Ma se noi non gli diciamo niente,
sapete che cosa dicono i bambini? „Perché il nonno se n‟è andato senza salutarmi? Io sono
arrabbiato!‟.
Le parole della sofferenza sono le… noi abbiamo questo, perché Gesù, che ci ha presentato la
croce, ci ha presentato la parola. Allora se noi non presentiamo queste parole, le sofferenze ai
nostri bambini, come faranno a capire il senso della sofferenza? La sentiranno come una predica
sterile. Allora la parola nutre, la parola sostanzia. La morte… ma scusate, questa terra umbra
penso che abbia delle tradizioni straordinarie, perché la conosco un pochino. Voi avete ancora
una terra straordinaria. Quando si moriva una volta, si moriva nei cortili, c‟era tutta una cosa… i
bambini vedevano.
Perché, vedete, la morte nel suo dramma insegna la vita. Ti è mai capitato di essere di fronte a
una bara del morto? Ora che cosa fai? Sei lì, anche se non sei credente dopo un po‟ cominci a
pensare alla vita. La morte è feconda, ti fa capire. Invece oggi si muore, si mette via… un giorno
e mezzo e basta.
Noi siamo sciocchi, in buona fede: pensando di proteggere il bambino, noi lo rendiamo un bebé!
3) Il terzo cardine è il SACRIFICIO.
E che non ci vengano a raccontare storie che la vita è facile… ci stanno imbrogliando tutti.
Aveva ragione Paolo VI, che è stato un papa, secondo me, non ancora compreso fino in fondo,
perché lui era un pochino riservato; lui non era proprio… era un bresciano, un po‟ riservato, un
po‟ tutto così. Paolo VI ha detto una verità profonda, e noi come famiglia la comprendiamo: “La
vita è dura – altro che le belle cose – è dura ma felice”. Le due cose possono coesistere: è dura
ma felice.
E il sacrificio sapete qual è? È la fatica che facciamo noi. Il sacrificio è tutte le volte che ci
sentiamo giù e che ci riprendiamo, il sacrificio è non andare dietro a tutte le correnti che ti
presenta la televisione, che ti fa sentire come un verme, come fuori dal tempo, e andare avanti.
Il sacrificio è tutte le volte che noi ricuperiamo noi.
Voglio dire una parola sull‟amore. Sull‟amore voglio dire questo, perché qui dobbiamo avere le
idee chiare per non imbrogliare i nostri bambini e i nostri figli. Perché noi come famiglia dobbiamo
mettere dentro tre o quattro semi, non centomila, ma tre o quattro, da piccoli dentro chiave, che
vengono su. Il primo attacco che viene posto è sullo scoraggiamento, il secondo è sull‟amore.
Spiego: oggi, se tu vai in qualsiasi edicola, su tutti i giornali, sulla pubblicistica femminile, l‟uomo
e la donna stanno insieme, lei s‟è innamorata di un altro: „ah, se si innamora di un altro è perché è in
crisi con suo marito‟: è la cosa più sciocca che esiste questa.
Oppure l‟altra cosa, che a volte come Chiesa facciamo, in buona fede. Io ho fatto parecchi corsi ai
fidanzati: la cosa più sciocca che possiamo dire ai fidanzati sapete qual è? (parlo da psicologo). È
che loro due sono fatti l‟uno per l‟altro: non è vero, questo non è vero! Spiego, perché senza queste
cose chiare noi li imbrogliamo tutti. Ma come? noi siamo fatti l‟uno per l‟altro? ah, allora se hai
difficoltà… Guardate cosa arrivano a dire in consultorio: „io e te ci lasciamo per l‟incompatibilità di
carattere‟. „Ma come? Se eravamo fatti l‟uno per l‟altro?‟. E tutte queste robe qui.
Perché al fondo ci sta un concetto sbagliato sull‟amore, ci imbrogliano quando ci dicono che noi
siamo fatti l‟uno per l‟altro.
Allora, che cos‟è l‟amore? Lo racconto con una scena: una volta ho visto… io guardo parecchia
televisione, non perché sono dipendente, perché quando vanno a parlare gli altri, voglio esser dentro
allora ho visto il Maurizio Costanzo show. Maurizio Costanzo parlava di lui, e diceva: nella mia
vita m‟è capitato questo: mi sono innamorato di una donna, sono stato con lei, poi di un‟altra, con
quell‟altra, quell‟altra… adesso con la De Filippi come farà? Ci vuole il pelo sullo stomaco, eh
ragazzi! Una parentesi: la De Filippi fa molto male, lo dico da clinico, fa molto male. Però dalla sua
storia sembrava quasi che lui non c‟entrava niente, lui veniva colpito da questi innamoramenti, per
cui lui sembrava coerente in questo. Sapete perché? Perché al fondo ci sta una mentalità filosofica,
che ci stanno rovinando, sapete? Stanno rovinando le nostre idee filosofiche straordinarie, perché la
filosofia è bella, è la scienza dell‟uomo che – alla luce del cristianesimo – è straordinaria.
Tutta la sostanza dell‟enciclica Fides et ratio è questa cosa. Quando papa Giovanni Paolo II ha
scritto l‟enciclica – di solito lui non rispondeva ai giornalisti – gli han fatto una domanda: „senta
Santità, ma lei ritiene la fede più importante della ragione?‟. Bella trappola gli avevano posto. E
sapete che cosa risponde lui? Era tosto questo papa. “La ragione è bellissima; la ragione illuminata
dalla fede è straordinaria”. Noi non siamo contro la ragione, ma il cristianesimo illumina tutto.
Sapete perché noi siamo vincenti? Non perché valiamo di più, no. Noi siamo vincenti perché
abbiamo una luce in più, non un merito.
Spiego che cos‟è il cristianesimo, lo dico da psicologo, chiedo scusa dell‟esempio sciocco: se noi
entrassimo qui dentro alle due di notte, questo lo vedete nero, le seggioline sono tutte nere, tutto è
nero: se voi entrate adesso, la stessa realtà ha colori diversi. Il cristianesimo è una luce sulla realtà.
Riprendiamo il concetto di prima. Sapete qual è la mentalità filosofica che sta dietro l‟esempio che
facevo dell‟amore? È questo: che l‟amore c‟è o non c‟è. Ebbene, se voi la pensate così,
interrompete il convegno adesso che ci guadagniamo tutti. Noi non dobbiamo avere quest‟idea, noi
dobbiamo uscire da qui con un‟altra idea: che l‟amore si educa, che è sempre possibile l‟amore. Se
noi non mettiamo dentro questa cosa al bambino e all‟adolescente, che è sempre possibile l‟amore –
lo dobbiamo metter dentro, che si educa… – alla prima difficoltà lui mollerà.
Perché guardate che cosa… in prima linea l‟attacco è lo scoraggiamento; in seconda linea l‟attacco
che viene posto alla famiglia sapete che nome ha? Ha un nome: si chiama esoterismo. Accendete le
televisioni private a qualsiasi ora: tu hai la donna che telefona alla maga di turno per sapere se
quello è l‟uomo della sua vita. Ma siamo così bacati? Eppure fa un sacco di soldi quella lì, ho
sbagliato mestiere…
L‟esoterismo è un attacco. E guardate come fanno i bambini piccoli, scusate, nei bambini piccoli
l‟esoterismo è questo. Io lo so, hai magari i bambini, terza e quarta elementare, magari hai un
gruppo di ragazzini un po‟ bulletti… Chiedo scusa a Sua Eccellenza se uso una frase un pochino
così, ma sono quelle che dicono i bambini… vi chiedo scusa, poi lei magari mi dà l‟assoluzione!
Allora, il gruppo di ragazzini bulletti, magari vede passare un bambino un po‟ fragile, e i bambini
dicono questo – guardate che lo dicono –: „toccati, perché questo porta sfiga‟, porta sfortuna!
Sapete che cos‟è questo? Siamo in una Chiesa... Questo è il male. Questo è il male, è questo. Io
sono convinto, come tutti noi siamo convinti, che il demonio c‟è. Ma il demonio non è quello con le
corna: è nel pensiero, in alcune cose, è il pensiero. Questo è il male.
Per cui il sacrificio e la fatica che facciamo noi.
4) Vorrei chiudere con l‟ultimo cardine: il SOSTEGNO.
È il più importante. Se la gente deve vedere noi, deve vedere gente che sostiene, che tira su; di
fronte al vento che tira tutto giù noi tiriamo su, noi tiriamo su! Perché tirar su è contagioso, solo
che siamo poco furbi. È contagioso, sapete? Come si fa a sostenere gli altri? Voi potreste dire:
„ma come faccio a sostenere l‟altro?‟.
Imponiamoci tre idee, e se non le abbiamo, signori miei imponiamocelo, se no non possiamo
dirci cristiani.
- La prima: noi dobbiamo avere un‟idea positiva dell‟altro, sempre, sempre positiva dell‟altro,
sempre, perché questo è viscerale.
- La seconda: che è sempre possibile ricominciare. L‟altro deve sentire che io vedo che lui
può ricuperare, anche il ragazzo che è cannato può ricuperare, anche il bambino che è fuori
può ricuperare, anche quell‟altro. Questo siamo noi cristiani. E se per caso uno ci è
antipatico: e allora? „Quello mi è antipatico‟”: e allora? Usa la zucca, usa la testa,
imponiamocelo in certe cose. Certo, perché questo lo facciamo nelle nostre famiglie, sapete?
I sacerdoti, che non han figli, hanno altre cose…
Noi ai nostri figli cosa facciamo? Quante volte t‟arriva il bebéa dirti – ne hai due o tre –
„mamma, tu vuoi più bene a quell‟altro fratello che non a me‟. E il bambino ha
perfettamente ragione a dire questo, ha mille ragioni, certo. E non venitemi a dire che voi
amate i vostri figli allo stesso modo, non è vero: dentro di noi emotivamente abbiamo il
figlio che prediligiamo rispetto all‟altro. Ma noi però li amiamo allo stesso modo. Perché?
Perché nonostante tu hai il figlio che ti rompe un po‟ più le scatole e quell‟altro meno, noi
però siamo pronti a dar la vita per entrambi, e possiamo dire ai nostri figli: „non è vero, io
voglio un mare di bene a te, un mare di bene a quell‟altro‟, anche se dentro le attrattive sono
diverse. Questo è l‟amore.
Allora, come facciamo a sostenere gli altri?
Tre concetti: l‟idea positiva dell‟altro; è sempre possibile ricominciare.
- Il terzo – il più importante – l‟attimo presente. Viviamo l‟attimo presente, perché qui ci
stanno fregando, viviamo l‟attimo presente. Faccio un esempio su cosa vuol dire l‟attimo
presente: se io avessi un bel registratore e registrassi i momenti in cui voi, noi famiglie
litighiamo – belle famiglie cattoliche! – vengon fuori di quelle robe… che non so se Sua
Eccellenza riesce a perdonarci. Altro che bella famiglia cristiana, cattolica: balle!
Perché quando siamo arrabbiati vengono fuori delle cose enormi. Ecco perché Pascal diceva:
“l‟uomo molte volte è una bestia, altre volte è un angelo”. Noi dobbiamo tendere ad essere
un angelo, ma è vero questo. Allora provate a pensare: magari facciamo una bella rognata,
una bella litigata, poi magari facciam la pace, e magari dopo cinque o sei mesi facciamo
un‟altra rognata, un‟altra bella litigata: sarebbe devastante se arriviamo a dire questo: „a tu
però sei mesi fa m‟hai detto questa parola…‟ No! Dimentichiamo. Sapete perché? Perché
Dio fa questo con noi, Dio! Non gliene frega niente dei nostri sbagli, si dimentica.
Allora chiudo dicendo questo: ma come facciamo a sostenere gli altri, come facciamo a essere
su? Ed è importante essere su. Perché? Perché se tu sei su tiri su tutti. Faccio un esempio: se voi
andate in un posto, e tutti sono su, dopo un po‟ ti tiri su anche tu. È contagioso l‟essere su.
E noi vogliamo educare i nostri figli, educare la Chiesa, educare la società: se siamo coi musoni
giù non facciamo niente!
Due suggerimenti pratici alle famiglie, pratici – anche per i sacerdoti vale questo, ma lo diciamo
alle famiglie.
Il primo (sto parlando della coppia nelle famiglie): una volta la settimana, fate quello che vi piace,
ciascuno dei due faccia quello che gli piace. Purché sia lecito… non è che la donna può andare con
altri uomini! È importante questo. E soprattutto le mamme devono stare attente a non dire ai mariti
quello che piace a loro, perché se la donna ha due figli e il marito ne ha tre no, mollali. Facciamolo,
non è tempo perso, non è tempo perso, assolutamente! Perché noi dobbiamo essere furbi: furbi vuol
dire che se siamo su trasmettiamo questo. Ma come fanno a venirci dietro i giovani se noi siamo
giù, con tutto questo moralismo becero. Devono trovare delle persone che sono su, realizzate.
Il secondo consiglio – il primo so che l‟ho fatto, il secondo ho qualche dubbio -: tu sei sposato (si
rivolge a qualcuno)? Quanti figli hai te? Uno. Tu quanti ne hai (chiede a un‟altra)? Tre, ne hai tre.
Rispondi a questa mia domanda. A parte il convegno della Chiesa di ???Gubbio (????che è in
Umbria), perché qui dovevi venire giustamente, dimmi durante il mese quante volte esci alla sera da
sola con tuo marito... Una: è già tanto. Adesso mi ascoltino le coppie, sto parlando delle coppie
cristiane: due volte al mese – sono uno psicologo infantile – due volte al mese mandate a quel
paese… sia che il bambino abbia un giorno che il bambino abbia trent‟anni – perché una volta si
scappava a quattordici anni, oggi abbiamo i trentenni che facciamo fatica a sbatterli fuori casa,
sempre lì attaccati alla gonna della madre – fino a quando il bambino ha trent‟anni, due volte al
mese mandate a quel paese i vostri figli: piazzateli dalla nonna, dalla baby sitter, portateli a Sua
Eccellenza, ai preti… a chi volete voi, riempiamo le parrocchie, e fate così.
Guardate che sembra una sciocchezza, ma non lo è, perché vedete: quante volte arriviamo alla fine
della settimana e siamo mangiati dalle cose da fare, siamo giù, abbiamo un sacco di cose, e tutto in
buona fede, in buona fede, perché non è vero che noi non ci impegniamo, è che ci mangiano tutti.
Mandate a quel paese!
E poi si fa così: il papà deve dire al bambino così: „io questa sera esco con mia moglie‟, e lui non sa
chi è la moglie. Un‟altra donna!? „Papà, hai trovato un‟altra donna!?‟. Perché la parola mamma va
abolita, dai sette anni in avanti non voglio più sentire la parola mamma; voglio sentire la parola
moglie e donna, la mamma non la voglio più. E il bambino risponderà così: „voglio venire anch‟io,
voglio venire anch‟io‟. Al che il papà dovrà rispondere in questo modo, il papà deve rispondere
così: „No. Quando diventerai grande e avrai la tua fidanzata uscirai con lei‟. Sapete che cosa prova
il bambino? Ve lo dico io, abbiamo fatto gli esperimenti: tre cose prova il bambino. Primo: due
volte al mese s‟è abituato a stare senza genitori, che è importante sulle autonomie, son sempre lì
attaccati… Secondo: vede che fra il padre e la madre c‟è uno spazio, una tenerezza, un tempo, una
dolcezza; quando diventerà grande tratterà bene la sua donna perché l‟ha visto. E il bambino prova
la terza cosa, che, credetemi, secondo me è la cosa più grande che un essere umano possa provare
sulla faccia della terra dopo il rapporto con Dio – perché prima è il rapporto con Dio, non c‟è nulla
di così viscerale. Dio è cotto di noi, sapete?, è cotto – comunque, dopo il rapporto con Dio, il
bambino prova questa cosa: inconsciamente il bambino sente che è nato da quell‟amore lì, da
quell‟amore lì. È fatta, sapete?
Quando uno sente che è nato dall‟amore è fatta.
Vorrei chiudere con una scena; non posso non chiudere con questa scena, che ci dà tanta speranza.
Io naturalmente parlo da psicologo, perché il mio mestiere è questo. C‟è stato uno scrittore ateo,
non credente, il quale ha detto che la pagina più grande, mai scritta da uomo sull‟educazione, è la
pagina del figliol prodigo (cfr. Lc 15,11ss), e lui spiega perché (e non era credente). Nel figliol
prodigo siamo di fronte ad un giovane che se ne vuole andare. C‟è il padre che gli vuole un mare di
bene, è il Padre eterno, figurati te! Il giovane sta prendendo una strada sbagliata. Pensate se nostro
figlio stesse prendendo una strada sbagliata: saremmo lì col cuore spezzato dentro. Che cosa fa
questo padre? Cerca di trattenerlo: „ti manca qualcosa?‟ ecc. Ma lo lascia libero. Lui va, fa la vita
dissennata, e mentre sta mangiando le carrube dei porci c‟è una frase nel Vangelo, che dice: “E si
ricordò della casa di suo padre” (cfr. v. 17).
I sacerdoti, giustamente, dicono che lui si ricorda della casa di suo padre perché lì si sta bene, c‟è da
mangiare, ha un bell‟ambiente. È vero. Ma questo scrittore ateo, geniale, perché solo i geni possono
dire certe cose, dice che lui si ricorda della casa di suo padre perché suo padre è dentro di lui e
parla, è dentro. Se noi abbiamo amato i nostri figli, anche se non lo vediamo adesso, noi saremo
dentro loro. Lui decide di tornare: vi ricordate la scena? La scena del padre che va sul campanile a
vedere se arriva: altro che dire: „sei uscito di casa, non tornare più‟. Ma siamo scemi?! Sempre
aspettare, sempre! Ma la scena più bella è quando incontra il padre.
Apro una piccola parentesi, che sicuramente Sua Eccellenza farebbe meglio di me – chiedo scusa se
prendo una parte teologica, lei lo farebbe sicuramente in modo straordinario – ma devo dirla: voi
sapete che il figliol prodigo è stato descritto da questo quadro stupendo di ??Rembrandt. E c‟è uno
studio bello su ??Rembrandt. Rembrandt era tosto, sapete? Perché io mi sono detto questo: guardate
com‟è fatto questo quadro: pare che il padre sia cieco: perché l‟amore è cieco, è infinito, non
misura. Pare che le due mani siano una femminile e una maschile: perché l‟amore è paterno e
materno. Ma la roba che io non capivo… dicevo: „ma porcaccia la miseria, lui disegna il figliol
prodigo con una luce, e poi gli fa una scarpa e l‟altro piede nudo. Ma perché l‟ha fatto così? Perché
l‟ha fatto così?‟. Perché questo? Ve l‟hanno spiegato tutti i teologi. Sapete perché? Perché Dio è
cotto di noi, è innamorato. Dio è talmente cotto che noi siamo sempre suoi figli, sempre, sempre.
L‟inferno certo che c‟è, per la libertà, ma Dio non manda nessuno, ci andiamo noi. Ci andiamo noi
all‟inferno Dio, non manda nessuno. È un‟astrusità teologica, chiedo scusa Eccellenza, ma non
manda nessuno, sapete?, ci andiamo noi. Ecco perché la luce del figlio, ecco perché la scarpa, come
segno regale: questo è.
Ma la scena più bella è quando il figlio incontra il padre. Guardate che cosa fa il padre: ammazza il
vitellino grasso, gli mette il vestito più bello, come se non fosse successo niente. Ma scusate: se
facciamo uno sbaglio, e ritorniamo sui nostri passi, che cosa vorremmo dagli altri? Vorremmo che
gli altri ci trattassero come se noi non avessimo sbagliato.
E a me sembra che questa è la misura che dobbiamo gridare come famiglia al mondo.
Grazie.