LE CURIOSE AUTO ROMBOIDALI Il prototipo dell`italo

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LE CURIOSE AUTO ROMBOIDALI Il prototipo dell`italo
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LE CURIOSE
AUTO ROMBOIDALI
Il prototipo dell’italo-svizzero Sbarro al Salone di Ginevra 2008
Già all’inizio del 1900 era nata la Sunbeam Mabley
La Pininfarina X presentata al Salone di Torino nel 1960
di Gianni Rogliatti - disegni di Sante Lusuardi
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C’
è un tipo di automobile poco noto ma che di
tanto in tanto si rivede: si tratta dello schema
meccanico con le ruote disposte ai vertici di un rombo,
ed è quello riproposto al Salone di Ginevra di quest’anno dal costruttore italo-svizzero Franco Sbarro.
I veicoli che possiamo chiamare romboidali rappresentano l’unico tentativo di uscire dallo schema
millenario del carro a trazione animale, con quattro
ruote disposte su due assi, uno dei quali sterzante, sul
quale è tuttora basata l’automobile. Nelle auto romboidali invece, le ruote sono distribuite su tre anziché due assi, con una anteriore sempre sterzante, due
centrali con una carreggiata adeguata alla larghezza
della vettura ed una posteriore, che può essere sterzante oppure no.
Se la distanza tra la ruota anteriore e l’asse centrale è
uguale alla distanza tra questo asse e la ruota posteriore si è in presenza di un rombo regolare. Questo
è lo schema adottato da Sbarro ma già visto a inizio
del ‘900 sulla Sunbeam Mabley.
Esistono però esempi di vetture con la ruota posteriore più vicina alle centrali, ed in questo caso il rombo è asimmetrico. Questa congurazione consente
di lasciare ssa la ruota posteriore che, nel caso del
rombo simmetrico deve essere sterzante in senso inverso di quella anteriore per avere un funzionamento
corretto della macchina in curva.
Si hanno esempi in cui le due ruote laterali sono motrici, oppure lo è la sola ruota posteriore. Altra possibile variante è la dimensione delle ruote laterali, che
possono essere più piccole con funzione di supporto
solamente a bassa velocità mentre da un certo punto
in poi il veicolo si comporta come una motocicletta,
sostenuto su due sole ruote.
Di quest’ultima variante che costituisce una classe a
sé, mostreremo un esempio cui hanno fatto seguito
altri tentativi: si tratta di veicoli dotati di un sistema
giroscopico che può mantenere il veicolo stesso in
equilibrio anche da fermo.
I ragionamenti tecnici che hanno spinto invece a sperimentare i veicoli romboidali sono di vario genere e
vanno da una certa semplicazione meccanica, alla
ricerca di maggiore stabilità no ai più recenti studi
di aerodinamica.
Nella pagina a sinistra, il carrozziere Michelotti con l’autore di questo
articolo nel 1974, accanto alla vettura LEM.
In questa pagina, dall’alto in basso, i disegni mostrano la disposizione
delle ruote nella Sunbeam Mabley, nella Pininfarina X
(uguale al LEM Rogliatti), nella Sbarro Assystem e nella Schilovski.
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Una foto d’epoca (in alto) e il disegno (in basso) mostrano
la Sunbeam Mabley: il motore anteriore aziona le due ruote centrali
mediante cinghie.
Proprio questa ricerca di soluzioni nuove ci fa notare che la più vecchia macchina romboidale di cui
si abbia notizia risale al 1901; la marca è la Sunbeam, una fabbrica di biciclette la cui verniciatura molto brillante rietteva il luccichio del sole ed ispirò
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il nome che in inglese signica appunto “raggio di
sole”. Appare straordinaio che per passare dalla bicicletta all’auto il progettista Maxwell Maberley Smith
potesse escogitare una soluzione così rivoluzionaria:
le ruote erano disposte a rombo simmetrico, il che
richiedeva la sterzatura in opposizione della ruota
anteriore con quella posteriore, il motore monocilindrico De Dion sviluppava una potenza di 2 ¾ CV,
era anteriore ed azionava mediante un cambio a due
marce e con cinghie le due ruote centrali. Il guidatore era seduto dietro e due passeggeri trovavano posto
in un sedile trasversale più avanzato. Risulta che ne
siano stati costruiti oltre un centinaio di esemplari,
venduti al prezzo di 130 sterline caduno. Il nome del
progettista venne contratto in Mabley per indicare il
modello che è appunto Sunbeam Mabley.
E’ probabile che nel tempo siano state progettate e
costruite altre auto romboidali ma quella di cui abbiamo notizie certe è la Pininfarina X presentata al
Salone dell’Automobile di Torino del 1960. Lo studio di questo modello romboidale asimmetrico era
dovuto all’ingegnere Alberto Morelli, professore di
aerodinamica al Politecnico di Torino e proprio alla
ricerca di una migliore aerodinamica si deve la scel-
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ta della disposizione delle ruote. Era un esemplare
funzionante, con carrozzeria a 4 porte e con le seguenti dimensioni: passo anteriore 2070 mm, passo
posteriore 970 mm, lunghezza 4300 mm, larghezza
1715 mm, altezza 1315 mm. I due passi sono rispettivamente le distanze dall’asse centrale; motore posteriore è un Fiat a 4 cilindri in linea, 1089 cm3, 43 CV
a 4800 giri/min, cambio a 4 marce + RM, disassato
e agente sulla ruota posteriore.
L’autore di questo articolo aveva a sua volta ideato
una vettura romboidale nel 1959 e si sentì confortato dal progetto Pininfarina, tanto da realizzare nel
1975 una macchina che oltre alla soluzione romboidale per le ruote aveva anche il telaio scatolato in
alluminio a somiglianza delle monoposto dell’epoca e la trazione elettrica. Questa vetturetta è stata
carrozzata dal compianto Giovanni Michelotti, uno
dei più prolici dei nostri designers, e mostra dopo
oltre trent’anni la modernità delle linee da lui studiate grazie alla inconsueta disposizione delle ruote. Lo
schema adottato è quello del rombo asimmetrico, e
la vicinanza della ruota posteriore motrice alle due
centrali la rende quasi invisibile, dando l’impressione
di un veicolo a tre ruote. E’ una due posti compatta,
Disegno schematico (in alto) e fotograa (in basso)
della Pininfarina X che rappresenta uno degli studi
più approfonditi sullo schema a rombo.
lunga solo 2350 mm e larga 1350 mm; il passo anteriore è di 1340 mm e quello posteriore di 310 mm.
Il peso del veicolo carrozzato ma senza batterie è di
350 kg, cui si aggiungevano all’epoca i 160 kg delle
batterie al piombo ma che oggi potrebbero essere
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A sinistra, i disegni
del veicolo chiamato
“ The Most Affordable Dream Car”.
In basso, lo schema
della Sbarro Assystem
e la vettura vista
al Salone di Ginevra
del marzo scorso.
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facilmente dimezzati. Motore elettrico in CC con campo in serie a 48 V, con regolatore elettronico per una
potenza di 4 kW .
A dimostrazione che sotto il sole non c’è mai nulla di
nuovo, ma la gente spesso non lo sa, citiamo lo studio realizzato da un gruppo di studenti della Craneld
University che è stato premiato dalla Société des Ingénieurs de l’Automobile (SIA) in occasione del salone
di Parigi del 2006. Il premio è stato assegnato per la
parte innovativa, in un concorso sulla competizione
in styling e tecnica. Il veicolo denominato “The Most
Affordable Dream Car” (“L’auto da sogno più economicamente accessibile”) si presenta come uno spider
dal design piuttosto audace il quale, anche in questo
caso, è reso possibile dalla disposizione delle ruote.
Pesa solo 500 kg, perchè costruito con materiali sintetici ed ha un motore Toyota a 3 cilindri da 68 CV
che, essendo trasversale, si presta perfettamente per
azionare la ruota motrice posteriore portata da un forcellone tipo motocicletta .
Concludiamo con la notizia dell’inizio, cioè il modello
presentato a Ginevra da Franco Sbarro, nato in Italia
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IL VEICOLO GYROCAR
DEL RUSSO PETER SCHILOVSKI
Disegno e foto (nel box) del singolare veicolo Schilovski che si potrebbe
anche denire una mega motocicletta con ruotine di supporto laterale.
nel 1939, ma da molti anni residente in Svizzera, dove
ha lavorato prima come capo squadra della Scuderia
Filipinetti e poi in proprio, come carrozziere e creatore di veicoli d’eccezione.
La vettura di Sbarro si chiama Assystem perché costruita in collaborazione con l’omonimo gruppo francese che fa progetti e ricerche in campo industriale.
Propone lo schema a rombo simmetrico con le ruote
anteriore e posteriore motrici e sterzanti no a 90°,
che consentono al veicolo di girare su stesso facilitando le manovre in spazi ristretti. E’ un vero e proprio
laboratorio: contiene infatti tutti i sistemi elettronici
applicabili ad una automobile, ma riteniamo che la
parte più interessante sia proprio la motorizzazione di
tipo ibrido in parallelo la quale, insieme con lo schema
romboidale delle ruote, ne fa il veicolo più innovativo
che si sia visto da parecchi anni a questa parte.
La ruota anteriore è collegata con rapporto sso ad
un motore elettrico da 20 kW a corrente continua;
una batteria al NI-Cd da 140 V consente una velocità
di 50 km/h ed una autonomia di 30 km. La ruota
posteriore è dotata invece di un motore a benzina da
600 cm3 e 50 CV con cambio continuo a cinghia che
fa viaggiare la vettura no a 130 km/h. Il pieno garantisce un’autonomia di 600 km. Lo stesso motore
entra in funzione per ricaricare le batterie della parte
elettrica; batterie che, normalmente, si ricaricano dalla rete quando la macchina è parcheggiata.
I freni sono a disco sulle quattro ruote, le due laterali essendo solo portanti.
La macchina è concepita su due moduli: il telaio piattaforma in alluminio e la carrozzeria in materiali sintetici, il tutto riciclabile al 95%. Con un peso di soli
600 kg offre spazio per 5 persone.
L’avvocato e conte Schilovski era un appassionato
di giroscopi e nel 1912 propose alla ditta inglese
Wolseley di costruire un veicolo dotato di due ruote principali e due piccole laterali per sostenerlo
quando era fermo: il concetto non era quello della
disposizione romboidale delle ruote, bensì quello
di un veicolo stabilizzato giroscopicamente.
La vettura venne effettivamente costruita verso la
ne del 1913: era un mostro pesante 2750 chilogrammi, ben 600 del giroscopio. Una volta avviato
il motore (un 4 cilindri di 3079 cm3 ed appena 20
CV), entrava in funzione il giroscopio sistemato
orizzontalmente al centro del telaio. Veniva azionato a 2000-3000 giri al minuto, con un motore
elettrico da circa un kilowatt di potenza che riceveva la corrente da una dinamo, trainata a sua volta dal motore a benzina. Un complicato sistema di
contrappesi manteneva in equilibrio il veicolo sulle
sole due ruote principali. Se il motore si fermava,
le due ruote laterali scendevano automaticamente.
Tutto il meccanismo era contenuto in un cassone
al centro del telaio.
Le cronache dell’epoca dicono che la “macchina”
funzionava, sia pure a velocità ridotta e che i passeggeri potevano salire e scendere senza che perdesse l’equilibrio, a condizione che il suo motore
fosse in moto.
La storia di questa automobile si conclude in modo
incredibile: nel 1914, all’inizio della guerra mondiale, il conte Schilovski tornò in Russia; dopo la
rivoluzione e tutto il resto, i dirigenti della Wolseley, pensando fosse morto, si sbarazzarono del
veicolo… seppellendolo in cortile! Ma nel 1938
venne deciso di riesumare la vettura, restaurarla ed
esporla nel museo aziendale. Da dove venne tolta e
denitivamente distrutta nel 1948, per incredibile
che possa apparire la notizia.
Invece il suo ideatore, sopravvissuto alla guerra ed
alla Rivoluzione di Ottobre, tornò in Inghilterra
dedicandosi allo studio di strumenti giroscopici
per l’aviazione.
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