Fascicolo 1 - Anno 2012
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Fascicolo 1 - Anno 2012
S OMMARIO 3 COMMENTARY Ripartiamo con slancio e con alcune novità di Claudio Romano 4 TOPIC HIGH LIGHT Intervista ad Allan Walker Intestino e batteri nel neonato: quale relazione? di Mariella Baldassarre 7 CONTINUING MEDICAL EDUCATION ACTIVITIES Gli Inibitori di Pompa Protonica di Sabrina Cardile, Andrea Chiaro e Claudio Romano 12 PEDIATRIC HEPATOLOGY OUTSIDE BOX Epatotossicità da farmaci. Il punto di vista del clinico di Claudia Della Corte, Maria Rita Sartorelli, Donatella Comparcola e Valerio Nobili 16 PEDIATRIC NUTRITION OUTSIDE BOX Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione di Irene Rutigliano, Clementina Calabrese, Massimo Pettoello-Mantovani e Angelo Campanozzi 20 TRAINING AND EDUCATIONAL CORNER La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica di Francesca Maccioni, Giulia Bella, Valeria Buonocore, Roberta Giovannone e Mario Marini IBD HIGHLIGHTS 26 La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell'adulto di Arrigo Barabino, Andrea Michielan e Giacomo Carlo Sturniolo NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY 31 La safety degli Inibitori di Pompa Protonica di Paolo Andreozzi, Marco Della Coletta, Alessandra D’Alessandro e Rosario Cuomo S 34 OMMARIO GASTROPED QUIZ Una causa non comune di enteropatia proteino-disperdente di Monica Paci, Anna Gissi e Paolo Lionetti RECENT ADVANCE IN BASIC SCIENCE 35 La genetica nella fibrosi cistica Spunti della diagnostica di base in gastroenterologia di Vincenzina Lucidi e Fabio Majo ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY 38 Il trattamento endoscopico delle stenosi ileo-coliche di Tamara Caldaro, Erminia Romeo e Luigi Dall’Oglio 41 PEDGL SNAPSHOTS Le occlusioni intestinali di Guglielmo Paradies, Antonio Orofino, Francesca Zullino e Francesco Caroppo CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP Presidente Con il contributo di Annamaria Staiano Vice-Presidente Valerio Nobili Segretario Sandra Brusa Tesoriere Flavia Indrio Consiglieri Giovanni Di Nardo, Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini, Silvia Salvatore COME SI DIVENTA SOCI DELLA © 2012 Area Qualità S.r.l. DIRE T TO RE R ES PONS ABILE Giovanna Clerici [email protected] RESPONSABIL E COMMIS S IONE EDITORIA L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrano interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare una apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatopresentato ri. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - Dall'anno 2012 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - dal 2012 solo quota associativa annuale SIGENP - senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - dal 2012 quota associativa annuale SIGENP + abbonamento DLD (anno solare) € 85. Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected] E D ITO R E Area Qualità S.r.l. Azienda certificata da I.M.Q. in conformità alla norma ISO 9001:2008 con certificato CSQ n° 9175. AREQ www.areaqualita.com Valerio Nobili [email protected] DIRE T TO RE EDITORIALE Claudio Romano [email protected] C APO REDAT TORE Ruggiero Francavilla [email protected] ASSISTENTI DI REDA ZIONE Andrea Chiaro [email protected] Donatella Comito donatella.comito@hotmail COMITATO DI R EDA ZIONE Salvatore Accomando [email protected] Mariella Baldassarre [email protected] Barbara Bizzarri [email protected] Osvaldo Borrelli [email protected] Angelo Campanozzi [email protected] Fortunata Civitelli [email protected] Monica Paci [email protected] Filippo Torroni [email protected] COORD INAMENTO REDA ZIONALE Fiorenza Lombardi Borgia IM PAGINA ZIONE Elena Ribolini Redazione e Amministrazione Area Qualità S.r.l. Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 025512322 e-mail: [email protected] Stampa Grafiche Bazzi Moretti S.p.A. Via Console Flaminio, 1 - 20134 Milano Questa rivista è stampata su carta proveniente da fonti gestite in maniera responsabile e con inchiostri vegetali senza uso di alcol isopropilico. Gestione operativa spedizioni postali Staff srl - 20090 Buccinasco MI Periodico trimestrale registrato presso il Tribunale di Milano al n. 208 del 29/04/09 Poste Italiane Spa - Sped in A.P.D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46) art. 1, c. 1 LO/MI Volume IV - N°1/2012 - Trimestrale Area Qualità S.r.l. - Via Comelico 3 - 20135 MI La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Questa rivista è spedita in abbonamento: l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa e altre pubblicazioni. Ai sensi della legge n. 196/03 è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. C OMMENTARY Ripartiamo con slancio e con alcune novità È con enorme soddisfazione che mi appresto a preparare il primo editoriale del nuovo anno del Giornale di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica, organo ufficiale della SIGENP. Raggiungere elevati standard di qualità e di gradimento è meno difficile rispetto all’obiettivo di mantenerli o migliorarli. Claudio Romano Direttore Editoriale Giornale SIGENP Il Piano Editoriale del 2012 prevede una pubblicazione a cadenza trimestrale, mantenendo quasi inalterate le rubriche o approfondimenti dei precedenti numeri, ad eccezione di qualche novità come l’inserimento di una rubrica quale IBD Highlight che propone un "face to face" tra gastroenterologo pediatra e dell’adulto riguardo approfondimenti in tema di Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, la presentazione di Casi Clinici didattici sotto forma di quiz, uno spazio dedicato a tutto ciò che può essere utile sapere per gestire una urgenza "gastroenterologica" che spesso ci ritroviamo "out of hours" ed infine una rubrica dedicata alla Nutrizione. Il Comitato Editoriale è stato in parte rinnovato con nuove, giovani ma qualificate presenze quali Fortunata Civitelli, Monica Paci e meno "giovani" come Angelo Campanozzi, Osvaldo Borrelli e Valerio Nobili. Si è deciso di mantenere una rigida linea editoriale (scelta selezionata di argomenti ed autori, approfondimenti nell’ambito di scienze trasversali alla gastroenterologia e pediatria, qualità grafica, capacità di sintesi, sistema di revisione controllata dei manoscritti) allo scopo di rendere questo Giornale, un prodotto editoriale moderno, facile da leggere per un aggiornamento, o consultare come supporto immediato nella pratica clinica. Questi risultati sono stati raggiunti e sarà possibile mantenerli grazie al lavoro "di squadra" del Comitato Editoriale, alla presenza di Area Qualità che garantisce professionalità ed esperienza nella gestione di tutti gli aspetti editoriali e commerciali ed al supporto del Consiglio Direttivo ed in maniera particolare del Presidente, Annamaria Staiano, figura determinante per entusiasmo, stimoli e capacità di aggregare tutte le forze produttive di questa Società. Anche quest’anno è stato rinnovato il contributo educazionale di Malesci, che supporterà il nostro Giornale e che sarà vicina alla SIGENP anche nell’ambito di altre iniziative di tipo scientifico e culturale. A questo punto non mi resta che augurarVi buona lettura sperando di non tradire le attese di Voi Soci SIGENP. Claudio Romano 3 t igh N L igh GHA DI H P A E pic NAS A CURSARR o T NS DA A AL B H LA PG EL RI ES A M I NTERVISTA AD A LLAN W ALKER Intestino e batteri nel neonato: quale relazione? MARIELLA BALDASSARRE - U.O. di Neonatologia e T.I.N. del Policlinico Universitario di Bari Il Professor Allan Walker è uno dei maestri della Gastroenterologia Pediatrica a livello mondiale. Il suo amore per la ricerca e la scienza, insieme all’amore nei confronti dei piccoli pazienti, lo ha reso uno dei più importanti punti di riferimento nel campo delle malattie gastrointestinali e della nutrizione pediatrica. Il suo laboratorio al “Children’s Hospital” di Boston, che si estende su una superficie davvero impressionante, è una fucina attivissima di idee e scoperte, oltre che luogo di formazione di molti giovani ricercatori. Quando inizia la colonizzazione batterica nel neonato? Ora sappiamo che il liquido amniotico non è sterile come si credeva, e poiché il feto ingerisce ogni giorno piccole quantità di liquido amniotico è possibile che il contatto tra la mucosa intestinale ed i batteri si verifichi già durante la vita fetale? È stato effettivamente dimostrato che il liquido amniotico contenga batteri ma in numero non sufficientemente elevato per poter fornire uno stimolo tale da attivare il sistema immunitario. Vi è tuttavia uno studio molto interessante che riguarda donne incinte, che vivono in campagna a contatto con animali di allevamento e che bevono latte non pastorizzato: i loro neonati hanno una bassa incidenza di allergie e hanno un incremento dei linfociti T-reg nel sangue del cordone ombelicale. Tale evidenza suggerisce che il microbiota presente nell'intestino di queste madri possa passare direttamente nel liquido amniotico o produrre sostanze solubili che passano nel liquido amniotico e che possono influenzare lo sviluppo della tolleranza orale in utero. Abbiamo cominciato da poco uno studio multicentrico in collaborazione con l’Università di Monaco di Baviera che ha lo scopo di definire il microbiota di queste pazienti. Abbiamo anche in corso uno studio su modelli animali il cui scopo è proprio quello di determinare quali sono i fattori nell'ambiente intrauterino ad influenzare lo sviluppo della funzione immunitaria della mucosa intestinale. Ci sono ancora una serie di domande senza risposta in questo campo, che è tra quelli che merita al momento molta attenzione. In che modo la colonizzazione batterica influenza il sistema immunitario del neonato? Il neonato, quando nasce, proviene da un ambiente essenzialmente privo di germi. Se attraversa il canale del parto, entra in contatto con un salutare bolo di batteri. Questi batteri sono stimolati a proliferare con la nutrizione orale, soprattutto con l’assunzione di latte materno (1), e con lo svezzamento, con il completamento della colonizzazione batterica entro i primi dodici-diciotto mesi di età. La maggior parte dei batteri comunica direttamente con le cellule epiteliali, con le cellule dendritiche che penetrano attraverso l'epitelio e con le sottostanti cellule linfoidi. Il risultato di tale complessa interazione, che si realizza principalmente attraverso i toll-like receptors, è la maturazione delle cellule linfoidi con l’estrinsecazione di una risposta immunitaria appropriata che include la tolleranza orale (2). Allan Walker 4 Il Professor W. Allan Walker è Direttore della Divisione di Nutrizione della Harvard Medical School, Professore di Pediatria e Nutrizione presso la Facoltà di Medicina di Harvard e Direttore del Laboratorio di Immunologia Mucosale del “Massachusetts General Hospital for Children” di Boston (USA). Laureatosi in medicina cum laude nel 1963 presso la Washington University, ha completato il suo tirocinio e la formazione specialistica in Pediatria presso l'Ospedale Universitario del Minnesota a Minneapolis. Nel 1971 è entrato a far parte della facoltà di Medicina di Harvard ed è diventato professore di Pediatria nel 1982. È stato a capo del programma combinato in Gastroenterologia e Nutrizione Pediatrica presso il “Children’s Hospital” ed il “Massachusetts General Hospital for Children” dal 1982 fino al 2001. Dirige la Divisione di Nutrizione presso la “Harvard Medical School” dal 1996. È stato “Editor-in-Chief” del “Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition” e “Food Reviews “, ma ha ricoperto responsabilità editoriali per 15 testate scientifiche. I suoi interessi di ricerca includono lo studio delle funzioni protettive di alcuni nutrienti (omega-3, acidi grassi, probiotici) nei bambini, lo studio delle funzioni immunologiche protettive del latte materno e lo studio dell'interazione di batteri con la mucosa intestinale come un mezzo per prevenire le malattie gastrointestinali. Quali fattori causano una aberrante colonizzazione batterica nel neonato? I fattori che determinano una inadeguata colonizzazione iniziale sono essenzialmente tre. Il primo è la nascita attraverso il taglio cesareo, pratica molto comune nei paesi sviluppati. Il secondo è l'uso eccessivo di antibiotici perinatali alla madre durante la gravidanza o al neonato nel periodo perinatale. II terzo è la nascita pretermine, sia con taglio cesareo che con parto spontaneo. In questo secondo caso, infatti, il passaggio attraverso il canale del parto avviene in modo così rapido che il neonato non riesce ad entrare in contatto con un gran numero di batteri, oppure il suo intestino non è in grado di rispondere alla colonizzazione batterica (3). Quali malattie sono dovute ad una alterata colonizzazione batterica nel neonato? Nei bambini che sono nati con una inadeguata colonizzazione batterica iniziale è stata evidenziata un'aumentata incidenza di malattie allergiche e malattie autoimmuni, tra cui il morbo di Crohn, il diabete di tipo 1, la sclerosi multipla e la malattia celiaca. Ciò che oggi si ritiene valido è che la colonizzazione batterica deve realizzarsi nell’immediato periodo post-partum perché si verifichi un’appropriata risposta immunitaria da parte della mucosa intestinale. In assenza di un'adeguata colonizzazione iniziale, nonostante si possano mettere in atto vari tentativi terapeutici per ovviare a ciò, non si riesce a sortire sul piano immunitario lo stesso effetto rispetto a quanto avviene con la colonizzazione nel periodo neonatale. Come si può modulare il normale processo di colonizzazione? Ci sono molti dati sperimentali, alcuni dei quali ottenuti dal nostro lavoro di ricerca, che dimostrano come i probiotici somministrati ai neonati con inadeguata colonizzazione batterica iniziale possano contribuire a compensare tale inadeguatezza e a stimolare la risposta immunitaria della mucosa. Abbiamo dimostrato, in studi clinici condotti a Taiwan, che i probiotici utilizzati per prevenire l'enterocolite necrotizzan5 Topic High Light ESPGHAN - NASPGHAN Key Points che • Il contatto con il bolo di batteri via per o part al ie graz si verifica erer vaginale e all’allattamento mat La no è salutare per il neonato. readeve erica batt colonizzazione lizzarsi nell’immediato periodo post ppro un’a chi verifi si hé perc um part e priata risposta immunitaria da part della mucosa intestinale eri • L’interazione da parte dei batt celle con liali, epite le con le cellu linlule dendritiche e con le cellule s ptor rece ke toll-li i verso attra foidi una di ne azio insec determina l’estr risposta immunitaria appropriata che include la tolleranza orale ina• I fattori che determinano una le deguata colonizzazione inizia o sono la nascita attraverso il tagli ioantib di o essiv ecc cesareo, l'uso tici perinatali alla madre durante la gravidanza o al neonato nel ita periodo perinatale e la nasc pretermine e• Nei bambini nati con una inad erica batt e zion nizza guata colo iniziale è stata evidenziata una aumentata incidenza di malattie allergiche e malattie autoimmuni 6 te hanno prodotto, sia in cellule umane “in vitro”, sia in colture d’organo che in modelli di xenotrapianto, fattori solubili capaci di up-regolare alcuni geni implicati nella modulazione di ogni tipo di risposta infiammatoria, che riteniamo un fattore importante nella NEC (4,5). BIBLIOGRAFIA 1. Rautava S, Lu L, Nanthakumar NN, Dubert-Ferrandon A, Walker WA.TGF-β2 induces maturation of immature human intestinal epithelial cells and inhibits inflammatory cytokine responses induced via the NF-KB pathway. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2011;2. 2. Kaplan JL, Shi HN, Walker WA. The role of microbes in developmental immunologic programming. Pediatr Res 2011;69:465-72. 3. Nanthakumar N, Meng D, Goldstein AM, Zhu W, Lu L, Uauy R, Llanos A, Claud EC, Walker WA. The mechanism of excessive intestinal inflammation in necrotizing enterocolitis: an immature innate immune response. PLoS One 2011;6:e17776. 4. Ganguli K, Walker WA. Probiotics in the prevention of necrotizing enterocolitis. J Clin Gastroenterol 2011;45:133-8. 5. Chen CC, Lin WC, Kong MS, Shi HN, Walker WA, Lin CY, Huang CT, Lin YC, Jung SM, Lin TY. Oral inoculation of probiotics Lactobacillus acidophilus NCFM suppresses tumour growth both in segmental orthotopic colon cancer and extra-intestinal tissue. Br J Nutr 2011;30:1-12. l ica s d e ie g M tivit di n i c u r a LL I A n u E a cORR nti ion B Co ucat O LD VA Ed OS There are safety and efficacy data in pediatrics for use PPIs. Many disorders that are more common than GERD can cause gastroesophageal symptoms in infants. Empiric trials of acid-suppressive medications may be given in children for short periods and with several caveats, particularly with PPIs. If patients do not respond, or if they relapse off treatment, diagnostic investigation is required before committing to longer-term treatment. Acid-suppressive medications are overprescribed in children, especially in infants, and a growing body of evidence indicates that acid suppression with an H2RA or PPI results in a higher rate of some infections in children. To manage the risk–benefit balance, acid-suppressive drugs should be used with caution. Gli inibitori di pompa protonica Sabrina Cardile, Andrea Chiaro e Claudio Romano Dipartimento di Scienze Pediatriche Mediche e Chirurgiche, Università di Messina INTRODUZIONE Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono tra i farmaci più utilizzati al mondo. Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo incremento del loro impiego anche in età pediatrica con prescrizioni spesso empiriche ed off-label. Gli IPP esercitano un potente effetto anti-secretorio bloccando i canali della pompa H+K+-ATPasi. Si tratta di pro-farmaci che si accumulano nel lume delle cellule parietali, si attivano nell’ambiente acido dei canalicoli ed inibiscono la pompa protonica, formando legami disolfuro stabili con il residuo di cisteina sulla superficie luminale della pompa (1). In commercio esistono 5 molecole di IPP (omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo e pantoprazolo). Le molecole con possibilità di prescrizione in età pediatrica sono: • Omeprazolo (OME) ed Esomeprazolo (ESO) in Europa (bambini > 1 anno) • Omeprazolo (OME), Esomeprazolo (ESO) e Lansoprazolo (LANSO) solo negli USA (esclusi neonati e lattanti). Le indicazioni principali al loro utilizzo sono relative al trattamento della patologia acido-correlata quale l’Esofagite Erosiva (EE), la Malattia da Reflusso Gastroesofageo (MRGE), la Malattia Peptica gastrica e duodenale e le complicanze associate (2). Farmacodinamica e farmacocinetica Gli IPP sono metabolizzati dal citocromo P450 (CYP) a livello epatico, in particolare dalla isoforma CYP2C19, espresso nell’uomo con vari polimorfismi che può determinare enormi differenze nella farmacocinetica. I genotipi di CYP2C19 sono classificati in 3 gruppi: • Rapid extensive Metabolizer (RM) • Intermediate Metabolizer (IM) • Poor Metabolizer (PM). La farmacocinetica e la farmacodinamica degli IPP dipendono dal genotipo di CYP2C19 (3). Rispetto agli individui che posseggono il fenotipo RM, i PM hanno un’esposizione maggiore dopo somministrazione di una dose terapeutica di IPP. Queste differenze, tuttavia, non giustificano una determinazione del genotipo nella pratica clinica. La farmacodinamica è correlata anche ai caratteri intrinseci delle molecole. È stato dimostrato come ogni molecola è rapidamente assorbita dopo somministrazione orale con un picco di concentrazione plasmatica (PPK) che si manifesta dopo 2-4 ore. La durata dell’acido-soppressione è relativamente lunga per ogni molecola (48±72 h) in relazione al legame irreversibile della sulfanimide con la pompa H+K+-ATPasi. In età pediatrica, gli IPP sono rapidamente assorbiti subito dopo la somministrazione orale e anche rapidamente metabolizzati similarmente a quanto riportato per gli 7 Continuing Medical Education Activities adulti. La clearance invece risulta apparentemente più veloce a causa della maggiore capacità metabolica e delle differenze nella biodisponibilità (4). Il metabolismo prevalentemente epatico degli IPP attraverso la via del citocromo P450 induce a ipotizzare che la maturazione degli enzimi coinvolti (CYP3A4, CYP2C19), inizi immediatamente prima della nascita, ma si completi più tardi nel corso della vita. Pertanto, differenti stati di maturazione possono essere responsabili di un’ampia variabilità farmacocinetica nel lattante rispetto agli adulti e potrebbero anche spiegare la più alta esposizione sistemica (bassa safety) osservata in un’età < 12 mesi. In conclusione, dosi più alte pro/kg sono necessarie nel lattante e nel bambino < 3 anni di età allo scopo di ottenere una soppressione acida terapeutica. Utilizzo in età pediatrica ed indicazioni In età pediatrica l’utilizzo degli IPP è condizionato dalla fascia d’età. Nei bambini con età < 1 anno il loro uso è considerato off-label, anche se negli ultimi anni è aumentato l’utilizzo di questi farmaci come terapia di seconda linea, dopo il fallimento della terapia con anti-H2. Orenstein et al (5) hanno dimostrato in un trial condotto su 161 bambini di età inferiore ai 12 mesi con sospetta MRGE (pianto inconsolabile e irritabilità) che la risposta clinica dopo un ciclo con IPP era sovrapponibile tra gruppo trattato (4 settimane con lansoprazolo) e placebo (54%). Altri trials hanno in precedenza evidenziato come la terapia “empirica” con IPP non è giustificata nel bambino < 12 mesi senza che vi siano segnali d’allarme. Nel bambino e nell’adolescente con sospetta MRGE l’approccio iniziale dovrebbe essere di tipo conservativo con modifiche dello stile di vita, e se queste misure risultassero inefficaci, un trial empirico per 4 settimane con IPP (IPP test) sarebbe giustificato. Una buona risposta clinica non consentirebbe comunque la conferma della diagnosi (6). Gli IPP si sono dimostrati efficaci nella guarigione dell’EE e nel determinare sollievo dei sintomi da MRGE con superiorità in termini di risultato rispetto ad altre molecole (anti-H2) (7). Le dosi ottimali di IPP approvati per i pazienti pediatrici sono compresi in un range da 0.7-3.5 mg/kg/die per l’omeprazolo e 0.2-1 mg/kg/die per l’esomeprazolo per 8-12 settimane utilizzando una strategia top-down (8). Negli adulti la terapia di mantenimento con IPP si è dimostrata superiore al placebo nel mantenere la remissione dopo la guarigione dell’EE e nel prevenire le ricadute. Anche se il rischio di ricaduta nel bambino è minore, una recente review ha dimostrato che, anche nei bambini tra 1 e 17 anni, la terapia di mantenimento con IPP è associata a minor tasso di recidive, con rari e non gravi effetti collaterali e favorevole rapporto rischiobeneficio. In bambini con EE, una terapia di mantenimento è giustificata ad oggi però solo in alcune categorie a rischio (es. cerebropatici, pazienti con atresia esofagea operata), in questi soggetti, visto l’aumentato tasso di recidive, viene ritenuta necessaria e comunque ben tollerata (9). Effetti collaterali e safety Negli ultimi anni diversi trials hanno dimostrato come gli IPP assunti per lunghi periodi, risultano sicuri e ben tollerati anche in età pediatrica. Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono di tipo idiosincratico: diarrea, stipsi, cefalea e nausea, presenti in oltre il 14% dei bambini in trattamento con IPP (10). È stato dimostrato come gli IPP, inducendo una costante soppressione acida potrebbero determinare una iperplasia delle cellule parietali e delle cellule simil-enterocro8 Gli Inibitori di pompa protonica maffini. In soggetti trattati con IPP a lungo termine è stata descritta, inoltre, un’aumentata incidenza di infezioni da Clostridium difficile, gastroenteriti acute, polmoniti acquisite in comunità e di deficit di vitamina B12. Comunque, gli IPP anche se non ancora approvati in tutte le fasce di età, si sono dimostrati farmaci sicuri e ben tollerati. Obiettivo della revisione Valutare l’uso dei PPI in età pediatrica, nelle varie fasce d’età, con particolare attenzione alla farmacocinetica e farmacodinamica, allo scopo di estrapolare indicazioni per il corretto uso, posologia e modalità di somministrazione oltre eventuali effetti avversi legati all’uso del farmaco nei disturbi acido-correlati. Metodologia della ricerca bibliografica È stata condotta una sistematica ricerca della Letteratura (PubMed/Medline and Cochrane Collaboration Database) allo scopo di identificare studi clinici controllati e randomizzati (RCT) e Reviews pubblicati negli ultimi 5 anni. Le parole chiave utilizzate sono state: • “inibitori di pompa protonica” (Medical Subject Headings [MESH] and all fields) • “reflusso gastroesofageo” • “sintomi gastroesofagei” • “sintomi extragastroesofagei” • “esofagite” • “MRGE” • “lattanti” • “bambini” • “adolescenti”. Risultati Utilizzando questa metodologia di ricerca sono stati evidenziati 51 RCT e 23 Reviews, di cui solo 8 RCT e 12 Reviews corrispondevano ai criteri ricercati. Dai dati estratti dagli studi, è emerso come sia di fondamentale importanza tener presente la diversa farmacocinetica e farmacodinamica degli IPP in età pediatrica rispetto alla popolazione adulta. Infatti non è possibile estrapolare prove di efficacia degli IPP negli adulti, modulando la dose nei bambini, ma devono essere considerate le varianti individuali di diversa clearance, metabolismo e biodisponibilità in modo da raggiungere gli effetti terapeutici desiderati (livello di evidenza B). Appare necessario, inoltre, utilizzare solo gli IPP che sono approvati per uso pediatrico ed attenersi alle strette indicazioni che ci vengono fornite dalle evidenze scientifiche, evitando un non corretto utilizzo di questa classe di farmaci. Non è sorprendente che gli IPP siano in grado di ridurre l’acidità gastrica, ma diversi RCT hanno evidenziato come l’utilizzo empirico degli IPP nei lattanti non sia considerato efficace, rispetto al placebo, nel ridurre i sintomi da sospetto reflusso gastroesofageo (livello di evidenza B). In tale fascia di età non è indicato un loro utilizzo in assenza di adeguata conferma dopo diagnostica strumentale (endoscopia) (livello di evidenza C). Nel management del bambino e dell’adolescente con MRGE, il ruolo ed il corretto timing per l’avvio della terapia con IPP è stato analizzato in molti studi ed è supportato da prove di efficacia (livello di evidenza A), anche se sono scarsi i dati relativi alla terapia a lungo termine. Appare dimostrata l’utilità di uno svezzamento graduale dalla terapia (livello di evidenza B). 9 Continuing Medical Education Activities Key Points • La prescrizione degli IPP nel bambino deve rispettare corrette indicazioni e devono essere utilizzate solo molecole autorizzate per l’età pediatrica • La farmacocinetica e la farmacodinamica degli IPP è variabile e correlata al genotipo CYP2C19 • Non è approvato l’uso empirico degli IPP nei lattanti con sintomi suggestivi di reflusso gastroesofageo • Gli IPP possono essere considerati farmaci sicuri e ben tollerati anche in età pediatrica con rari e non gravi eventi avversi • Sono necessari ulteriori studi per stabilire l’efficacia long-term di questa classe di farmaci nella prevenzione delle complicanze della MRGE 10 Conclusioni e prospettive Gli IPP sono ormai largamente utilizzati nella pratica clinica, anche se in molti casi non vengono rispettate le corrette indicazioni e dosaggi, variabili fondamentali soprattutto in età pediatrica, dove la farmacocinetica e la farmacodinamica risultano indispensabili per ottimizzare la risposta clinica. Malgrado il progressivo aumento nell’utilizzo di questi farmaci, sono necessari ulteriori studi per stabilire l’effettiva durata del ciclo di terapia. Una migliore conoscenza della storia naturale della MRGE e del rischio di complicanze a lungo termine (esofago di Barrett) potrebbe chiarire il ruolo di questa classe di farmaci, specie in età pediatrica. BIBLIOGRAFIA 1. Kearns GL, Winter HS. Proton pump inhibitors in pediatrics: relevant pharmacokinetics and pharmacodynamics. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2003Nov-Dec;37Suppl1:S52-9. 2. Richardson P, Hawkey CJ, Stack WA. Proton Pump Inhibitors: pharmacology and rationale for use in gastrointestinal disorders. Drugs 1998 Sep;56(3):307-335. 3. Klotz U. Clinical impact of CYP2C19 polymorphism on the action of proton pump inhibitors: a review of a special problem. Int J Clin Pharmacol Ther 2006 Jul;44(7):297-302. 4. Litalien C, Théoret Y, Faure C. Pharmacokinetics of proton pump inhibitors in children. Clin Pharmacokinet 2005;44(5):441-66. 5. Orenstein SR, Hassall E, Furmaga-Jablonska W et al. M. Multicenter, doubleblind, randomized, placebo-controlled trial assessing efficacy and safety of proton pump inhibitor lansoprazole in infants with symptoms of gastroesophageal reflux disease. J Pediatr 2009;154:514-20. 6. Numans ME, Lau J, de Wit NJ et al. Short-term treatment with proton-pump inhibitors as a test for gastroesophageal reflux disease: a meta-analysis of diagnostic test characteristics. Ann Intern Med 2004 Apr 6;140(7):518-27. 7. Van der Pol RJ, Smits MJ, van Wijk MP et al. Efficacy of proton-pump inhibitors in children with gastroesophageal reflux disease: a systematic review. Pediatrics 2011 May;127(5):925-35. Epub 2011 Apr 4. 8. Romano C, Chiaro C, Comito D et. al. Proton Pump Inhibitors in Pediatrics: Evaluation of Efficacy in GERD Therapy. Curr Clin Pharmacol 2011 Feb 1;6(1):41-7. 9. Illueca M, Wernersson B, Henderson C, Lundborg P. Maintenance treatment with proton pump inhibitors for reflux esophagitis in pediatric patients: a systematic literature analysis. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2010 Dec;51(6):733-40. 10.Hassall E, Kerr W, El-Serag HB. Characteristics of children receiving proton pump inhibitors continuously for up to 11 years duration. J Pediatr 2007;150:262-7. I VAnTAGGI DI ESSERE SOCI SIGENP Gli scopi principali della società sono: • promuovere studi di fisiopatologia dell’intestino, del fegato, del pancreas e di nutrizione clinica in età pediatrica, con particolare attenzione agli aspetti multidisciplinari; • promuovere attività di educazione scientifica dei giovani ricercatori; • promuovere la standardizzazione di metodologie cliniche; • promuovere le conoscenze in gastroenterologia pediatrica attraverso l’aggiornamento dei pediatri; • elevare la consapevolezza sull’importanza delle patologie croniche dell’apparato digerente e del fegato in età pediatrica; • tutelare la salute supportando la ricerca e l’educazione sulle cause, sulla prevenzione e sul trattamento delle malattie dell’apparato digerente e del fegato; • sviluppare le relazioni scientifiche con le altre società italiane e internazionali e le attività di ricerca in gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica; • promuovere la cooperazione scientifica con l’industria al fine di facilitare il raggiungimento degli scopi societari. Come si diventa Soci della SIGENP: L’iscrizione alla SIGENP come socio è riservata a coloro che, essendo iscritti alla Società Italiana di Pediatria, dimostrino interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. I candidati alla posizione di soci SIGENP devono compilare un’apposita scheda con acclusa firma di 2 soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica. In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP. Soci ordinari e aderenti - dall’anno 2012 i Soci potranno scegliere tra le seguenti opzioni: - dal 2012 solo quota associativa annuale SIGENP - senza abbonamento DLD (anno solare) € 35. - dal 2012 quota associativa annuale SIGENP + abbonamento DLD (anno solare) € 85. Specializzandi: invariata quota sociale dal 2012 - iscrizione SIGENP (anno solare) € 30 previa presentazione di certificato di iscrizione alla scuola di specialità. I benefici concessi ai Soci sono: • La possibilità di partecipare agli studi multicentrici proposti o di essere promotori di nuovi; • La possibilità di accedere alle aree riservate del portale SIGENP che contengono le linee guida elaborate dalla società, articoli scelti dalla letteratura nazionale ed internazionale, l’elenco dei progetti in corso ancora aperti, tutte le informazioni della vita della società, i bandi delle borse di studio; • La possibilità di partecipare ai bandi per vincere le borse di studio che annualmente vengono bandite per premiare i progetti di studio più meritevoli; • L’abbonamento al Giornale SIGENP con uscita trimestrale; • La quota ridotta di iscrizione al congresso nazionale. Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP www.sigenp.org Per eventuale corrispondenza o per l’iscrizione alla SIGENP contattare la Segreteria SIGENP: Area Qualità S.r.l. - Via Comelico, 3 - 20135 Milano Tel./Fax 02 55 12 322 - e-mail: [email protected] gy olo ox t a B di ep ide H r a ILI s u t B c ri Ou a c NO O iat RI d Pe L VA E Drug-induced liver disease (DILD) is an under-recognized cause of pediatric liver disease. DILD can result from dosage-dependent hepatotoxicity or from adverse reactions to drug used in therapeutic dosage. Early diagnosis and prompt withdrawal of the offending drug is the key to successful management of most DILD. Although there are not controlled trials, corticosteroids and ursodeoxycholic acid can be considered if no improvement is seen after discontinuation of drug. Epatotossicità da farmaci Il punto di vista del clinico Claudia Della Corte, Maria Rita Sartorelli, Donatella Comparcola e Valerio Nobili Reparto di Malattie Epato-Metaboliche, Ospedale Pediatrico "Bambino Gesù", IRCCS di Roma Epidemiologia e patogenesi L’epatotossicità farmaco-indotta (Drug Induced Liver Disease - DILD) rappresenta in età pediatrica una causa non trascurabile, anche se talora misconosciuta, di danno epatico. Ad oggi non sono noti dati sistematici relativi all’incidenza di tale patologia nella popolazione pediatrica, sebbene negli ultimi anni sia stato registrato un aumento dei casi segnalati (1). Due sono i principali meccanismi di induzione di danno epatico: 1) dose-dipendente in cui la tossicità è causata da un dosaggio inappropriato o da un uso prolungato del farmaco; 2) idiosincrasico in cui la tossicità è dose-indipendente, dunque imprevedibile, e nella patogenesi del danno i fattori legati all’ospite svolgono un ruolo cruciale. Molteplici sono i meccanismi coinvolti nella patogenesi delle forme idiosincrasiche, quali legame del farmaco a proteine cellulari o di membrana con conseguente deplezione di fattori essenziali o blocco di particolari vie biochimiche, alterazione dei meccanismi di trasporto canalicolare della bile, biotrasformazione del farmaco con formazione di complessi immunogeni. Inoltre, è stato descritto che alcuni farmaci sono in grado di influenzare i meccanismi di apoptosi epatocitaria o l’attività mitocondriale e che anche cellule differenti dagli epatociti (cellule endoteliali, cellule di Kupffer e/o cellule stellate) possono essere coinvolte nella patogenesi del danno epatico (2,3). Quadro clinico Lo spettro di patologia epatica indotta da farmaci è estremamente ampio, potendo andare dall’isolato aumento degli enzimi epatici a quadri di epatopatia acuta e cronica, talora ad impronta colestatica, di variabile gravità, sino all’insufficienza epatica. È stato infatti riportato che il 20% circa dei casi di insufficienza epatica acuta in età pediatrica è causato dall’utilizzo di farmaci (nel 15% dei casi il farmaco coinvolto è il paracetamolo, nel 5% dei casi si tratta di farmaci diversi, quali antiepilettici e/o antibiotici prevalentemente) (4). I sintomi clinici precoci sono generalmente aspecifici (malessere, nausea, anoressia), sebbene febbre, linfoadenopatia e rash possano essere presenti nelle forme da ipersensibilità. Nelle forme a prevalente danno colestatico l’ittero ed il prurito dominano il quadro clinico, sebbene siano manifestazioni più tardive. Diagnosi La diagnosi di epatotossicità da farmaci è una diagnosi prevalentemente clinica e di esclusione; elemento chiave è rappresentato da una accurata anamnesi che dovrebbe coprire i seguenti aspetti: 12 • tutti i farmaci assunti nelle 6-8 settimane antecedenti la comparsa della sintomatologia clinica, inclusi i prodotti da banco e quelli assunti accidentalmente • dosaggio totale di farmaco assunto e modalità di somministrazione • rapporto temporale tra comparsa dei sintomi ed assunzione del farmaco • sintomatologia presentata (febbre, rash, nausea, vomito, iporessia…) • eventuali fattori di rischio, quali precedenti reazioni a farmaci, storia familiare di farmacotossicità, assunzione di altri farmaci contemporaneamente, co-morbidità. Come precedentemente detto, è indispensabile escludere tutte le altre possibili cause note di epatopatia. Ulteriore conferma diagnostica è data dalla risoluzione del quadro dopo la sospensione del farmaco; il re-challange, ovvero la ricorrenza dei sintomi dopo la reintroduzione del farmaco, Tabella 1 Principali farmaci coinvolti in segnalaconfermerebbe la diagnosi ma è generalmente controinzioni di epatotossicità in età pediatridicato (5). ca e loro meccanismo d’azione Sono state proposte alcune scale semiquantitative, come il Rousse Uclaf Causality Assessment Method of the Dose-dipendente Idiosincrasico Council of International Organization of Medical Paracetamolo Antiepilettici Sciences (RUCAM/CIOMS), il Naranjo Probability Scale e il Maria e Victorino Scale, al fine di migliorare la Isoniazide Antibiotici specificità diagnostica nei casi di epatotossicità da farmaTetracicline (minociclina) ci. Tali scoring systems si basano su: intervallo post-espoUreidopenicilline (piperacillina) sizione, pattern biochimico, esclusione di cause alternative di danno epatico, presenza di manifestazioni cliniche extraepatiche, re-challange e casi precedentemente descritti (6). Nonostante la loro relativa semplicità, queste scale non sono mai state realmente utilizzate nella pratica clinica pediatrica ed il loro uso routinario non è raccomandato. I motivi alla base del loro mancato impiego sono molteplici. In primo luogo essi prendono in considerazione i livelli fosfatasi alcalina (ALP), che sono ampiamente variabili nei bambini in fase di accrescimento per la produzione extraepatica di ALP nell’osso. Inoltre, taluni items di tali score, non sono generalmente applicabili all’età pediatrica (abuso di alcool, gravidanza, malattie cardiovascolari) (5). Esami di laboratorio Dal punto di vista laboratoristico non esistono tests diagnostici; tuttavia, nei casi di epatotossicità da farmaci con meccanismo dose-dipendente, una diagnosi specifica può essere posta sulla base delle concentrazioni plasmatiche del farmaco (paracetamolo, aspirina) (7) oppure sulla base del riscontro di anticorpi specifici (alotano). Un'alterazione caratteristicamente associata ad alcune forme di epatotossicità da farmaci è l’eosinofilia periferica. In caso di mancato miglioramento del quadro clinico-laboratoristico dopo la sospensione del farmaco, la diagnosi di epatotossicità farmaco-indotta deve essere messa in discussione. Biopsia epatica Sebbene non esista un quadro istologico patognomonico, la biopsia epatica permette di definire la severità istologica del quadro e consente di escludere alcune diagnosi differenziali (ad es: epatite autoimmune) (8). 13 Pediatric Hepatology Outside Box Tabella 2 E patotossicità da paracetamolo Dose tossica ≥ 150 mg/kg Meccanismo d’azione Dose dipendente (saturazione di tutti i meccanismi di detossificazione) Precoce: anoressia, nausea, vomito e, talora, ipoglicemia e lattico acidosi Sintomatologia > 48 ore: danno epatico con citolisi massiva e colestasi; coagulopatia 3-5 gg: encefalopatia, insufficienza renale Diagnosi Basata sulla anamnesi e dosaggio dei livelli sierici di paracetamolo Istologia Prevalente necrosi pericentrovenulare N-acetilcisteina (dose d’attacco 150 mg/kg ev, da ridurre nelle ore successive) Trattamento Il trattamento precoce si associa ad un outcome migliore 90-94% dei casi: guarigione Outcome 6% dei casi: necessità di epatotrapianto o decesso Le lesioni istopatologiche dell’epatotossicità da farmaci sono generalmente non specifiche e possono essere distinte in 3 gruppi sulla base del tipo di lesione prevalente: • danno acuto epatocellulare con infiltrato infiammatorio • danno colestatico • danno con vanificazione dei dotti biliari. Storia naturale Generalmente la sospensione del farmaco tossico determina nella maggior parte dei casi un progressivo miglioramento del quadro clinico-laboratoristico. Il tempo della guarigione è variabile e dipende dal tipo di danno epatico instauratosi. Alcuni studi hanno dimostrato che talora, anche a distanza di tempo dall’inizio della sintomatologia, persistono spie di danno epatico, quali alterazioni laboratoristiche o ecografiche; tale persistenza del danno è stata messa in relazione con il riscontro di fibrosi epatica all’esordio o con la persistente assunzione del farmaco tossico (antinfiammatori non steroidei, farmaci psicotropi, antibiotici). La prognosi è molto variabile ed in parte dipendente anche dal farmaco coinvolto. Ad esempio è stato dimostrato che la prognosi migliore è associata alla tossicità da paracetamolo, rispetto ad altri farmaci, come ad esempio il valproato. Trattamento La precoce identificazione e sospensione del farmaco causale è il principale trattamento dell’epatotossicità da farmaco. Un trattamento specifico è raramente necessario. Due eccezioni sono rappresentate dalla tossicità da paracetamolo, trattata con 14 Epatossicità da farmaci. il punto di vista del clinico somministrazioni di N-acetilcisteina, e dalla tossicità dal valproato di sodio, in cui la carnitina può essere di beneficio. Sebbene ad oggi non siano stati ancora condotti trials clinici sull’utilizzo di corticosteroidi o acido ursodesossicolico nelle epatopatie da farmaci, ci sono alcuni reports aneddotici sulla loro efficacia. Teoricamente sembrerebbe appropriato ricorrere agli steroidi nei pazienti che hanno una epatopatia severa con caratteristiche di allergia e che non migliorano dopo la sospensione del farmaco-tossico. Allo stesso modo un ciclo di acido ursodesossicolico potrebbe essere utile nelle forme ad impronta colestatica a decorso protratto (5,9). BIBLIOGRAFIA 1. Star K, Norén GN, Nordin K et al. Suspected adverse Drug reactions reported for children worldwide. An exploratory study using VigiBase. Drug Saf 2011;34:415-28. 2. Molleston JP, Fontana RJ, Lopez MJ et al. Characteristics of idiosyncratic drug-induced liver injury in children: results from the DILIN prospective study. JPGN 2011;53:182-9. 3. Lee MW. Drug-induced hepatotoxicity. N Engl J Med 2003;349:474-85. 4. Squires Jr RH, Shneider BL, Bucuvalas J et al. Acute liver failure in children: the first 348 patients in the pediatric acute liver failure study group. J Pediatr 2006;148:652-8. 5. Murray KF, Hadzic N, Wirth S et al. Drug-related hepatotoxicity and acute liver failure. JPGN 2008;47:395-405. 6. Hayashi PH. Causality assessment in Drug-induced liver injury. Semin Liver Dis 2009;29:348-56. 7. Davern TJ, James LP, Hinson JA et al. Measurement of serum acetaminophen-protein adducts in patients with acute liver failure. Gastroenterology 2006;130:687-94. 8. Farrell GC, Liddle C. Drugs and the liver updated, 2002. Semin Liver Dis 2002;22:109-13. 9. Nathwani RA, Kaplowitz N. Drug hepatotoxicity. Clin Liv Dis 2006;10:207-17. Key Points •L’epatotossicità da farmaci può presentarsi mediante un ampio spettro di manifestazioni cliniche che vanno dall’isolata ipertransaminasemia a quadri di epatopatia acuta e cronica di variabile gravità, sino all’insufficienza epatica acuta •La diagnosi di epatotossicità da farmaci resta ad oggi una diagnosi prevalentemente clinica e di esclusione, non esistendo tests biochimici e/o quadri istologici patognomonici •Il principale trattamento dell’epatotossicità da farmaci rappresentato dalla sospensione del farmaco tossico associata ad adeguate misure di supporto; solo raramente è disponibile una terapia specifica (N-acetilcisteina per tossicità da paracetamolo) •Steroidi ed UDCA dovrebbero essere considerati nelle forme non responsive alla sospensione del farmaco. L’UDCA è da utilizzarsi principalmente nelle forme ad impronta colestatica 15 ion x t i tr o Nu ide B a di c I s ri u r OZ Z iat Out a c AN d P M Pe CA AN GE LO Hypercholesterolemia is one of the most important cardiovascular risk factor: a strong relationship has been shown between the prevalence and extent of the asymptomatic atherosclerotic lesions and plasma lipid concentrations in children and adult. Environmental factors, such as diet, and genetic predisposition are involved in the pathogenesis of hypercholesterolemia. Dietary interventions and lifestyle modifications have been suggested, either independently or as adjuvant to drug therapy, in hypercholesterolemic children. We analyze the effects of prenatal nutrition, the positive role of breastfeeding, the impact of dietary lipids and other dietary supplementation in the prevention and management of childhood dyslipidemia. Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione Irene Rutigliano, Clementina Calabrese, Massimo Pettoello-Mantovani e Angelo Campanozzi Clinica Pediatrica, Università degli Studi di Foggia INTRODUZIONE Il ruolo dell’alimentazione nella prevenzione degli accidenti cardiovascolari è ormai accertato. L’ipercolesterolemia è considerata uno dei fattori di rischio più importanti: esiste, difatti, correlazione statistica tra coronaropatia e livelli ematici di colesterolo. L’identificazione precoce di bambini ipercolesterolemici permette l’attuazione di misure correttive al fine di bloccare la progressione, verso un punto di non ritorno, dei processi di invecchiamento vascolare. Programmazione Metabolica Le perturbazioni insorgenti durante la vita intrauterina e nell’immediato periodo postnatale svolgono un ruolo centrale nell’omeostasi metabolica: gli squilibri nutrizionali nella gestante possono condizionare lo sviluppo fetale e influire sul determinismo di patologie croniche (ipotesi di Barker-Thrifty Phenotype). La placenta umana è relativamente permeabile agli acidi grassi e al colesterolo: una dieta ricca in grassi saturi durante la gestazione altera l’equilibrio energetico, intervenendo sui meccanismi alla base della regolazione dell’appetito e predisponendo all’insorgenza della sindrome metabolica. L’ipercolesterolemia materna, seppur limitata al periodo gestazionale, può determinare lesioni prearteriosclerotiche nell’organismo in via di sviluppo. Il profilo ematico di acidi grassi trans, omega 6 e omega 3 influisce sulla crescita fetale [Tabella 1] (1-2). L’adattamento dietetico materno è auspicabile per un adeguato sviluppo del feto, con tutte le implicazioni intercorrenti in età adulta. Tabella 1 P rofilo lipidico materno ed effetti sulla crescita fetale Profilo lipidico materno Ridotte concentrazioni plasmatiche di acidi grassi ω3 e ω6 LC-PUFA DGLA (20:3n-6) Aumento concentrazioni plasmatiche di acidi grassi ω6 LC-PUFA AA (20:4n-6) Aumentato intake calorico di acidi grassi trans nel II trimestre di gestazione Effetti sulla crescita fetale Maggiore rischio di neonato SGA Maggiore rischio di neonato SGA Maggiore rischio di neonato LGA Alimentazione nei primi 2 anni di vita L’allattamento materno è associato a riduzione del rischio cardiovascolare. Per quanto i livelli di colesterolo ematico siano più elevati negli allattati al seno, si è riscontrata una colesterolemia più bassa negli adulti che hanno assunto latte materno nella prima infanzia. Diversi sono i dubbi nell’interpretazione del meccanismo che sottende tale condizione; si ritiene che le più alte concentrazioni di colesterolo presenti nel latte materno rispetto al latte adattato, inducano una migliore regolazione del metabolismo lipidico attraverso la down-regulation della HMGcoA reduttasi epatica (3). Il periodo dello svezzamento rappresenta un momento critico. Non ci sono molti studi che abbiano analizzato l’effetto della dieta nei primi due anni di vita sul rischio cardiovascolare dell’adulto, perché i fattori di confondimento sono tanti. Di certo l’eccessivo consumo proteico derivante da uno svezzamento inadeguato o precoce, 16 rappresenta una condizione predisponente alla comparsa di obesità. L’American Academy of Pediatrics (AAP) non prevede restrizioni dietetiche nei bambini di età inferiore ai due anni, periodo di elevato fabbisogno metabolico, ma raccomanda l’uso di latte a ridotto contenuto lipidico in bambini di età superiore ai 12 mesi con rischio elevato per obesità o con anamnesi familiare per dislipidemia (4). Quando iniziare il trattamento dietetico Il riscontro di un profilo lipidico alterato necessita di ulteriore controllo dopo circa tre settimane dalla prima valutazione; in caso di persistenza di alterazioni della lipidemia [Tabella 2] va improntato un approccio dietetico (4). Il trattamento non farmacologico dell’ipercoleTabella 2 Valori di riferimento delle concentrazioni plasmatiche di sterolemia prevede non solo la riduzione delle colesterolo totale e LDL nei bambini e adolescenti (4) calorie totali provenienti dai lipidi, ma anche Colesterolo totale LDL l’ottimizzazione dei grassi ingeriti e l’eliminazioLivello Percentuale mg/dl mg/dl ne di eventuali fattori di comorbilità quali obesità e fumo di sigaretta (abitudine crescente negli Accettabile < 75° < 170 < 110 adolescenti, indagine SIP-SIMA 2010). Borderline 75°-95° 170-199 110-129 Nelle forme di iperlipidemia primitiva le restriElevato > 95° > 200 > 130 zioni dietetiche inducono generalmente solo lieve riduzione delle LDL (soprattutto se >190 mg/dL), ma vanno intraprese per migliorare la risposta alla terapia farmacologica (5). Riduzione delle calorie provenienti dai lipidi La limitazione delle calorie provenienti dai lipidi rappresenta il primo passo della prevenzione nei soggetti a rischio. L’adeguatezza nutrizionale deve essere garantita per sostenere l’accrescimento dell’individuo. L’approccio codificato dal National Cholesterol Education Progam prevede un intervento in due fasi (6). La prima si avvale di una dieta mirata alla ingestione di lipidi in quantitativo tale da non superare il 30% delle calorie giornaliere, di colesterolo non superiore a 300 mg/die e di grassi saturi inferiore al 10% dell’intake energetico. In caso di persistenza di dislipidemia, dopo un periodo minimo di tre mesi di dieta, è possibile passare alla seconda fase con riduzione degli acidi grassi saturi al 7% delle calorie totali e intake giornaliero massimo di colesterolo pari a 200 mg. Ottimizzazione dei grassi ingeriti Il rischio cardiovascolare è correlato alla tipologia di grassi presenti nella dieta. L’eccessivo consumo di acidi grassi saturi induce aumento della colesterolemia, incremento delle LDL e riduzione dell’attività dei recettori per le lipoproteine a bassa densità, responsabili della loro clearance. Gli acidi monoinsaturi riducono la concentrazione ematica e la suscettibilità ossidativa del colesterolo LDL, senza effetti sulle HDL. Anche gli acidi grassi polinsaturi, classificati in base alla loro struttura in ω3 e ω6, presentano effetti sulla colesterolemia. Il gruppo degli ω6 riduce i livelli ematici di LDL, ma determina anche riduzione delle HDL. Inoltre, gli ω6 indirizzano il metabolismo dell’acido arachidonico a trombossano A2, noto per le capacità trombogeniche e vasocostrittrici. Ad alte dosi aumentano la suscettibilità ossidativa delle LDL favorendone l’accumulo nei macrofagi (7). Gli acidi polinsaturi della serie ω3 contribuiscono alla riduzione della colesterolemia, indirizzano positivamente il metabolismo delle prostacicline, responsabili di effetto vasodilatatore e antitrombogeno. Gli ω3 contenuti nell’olio di pesce (acido eicosapentaenoico) diminuiscono la trigliceridemia e il rischio cardiovascolare. Tali osservazioni suggeriscono l’importanza di favorire l’assunzione alimentare di acidi ω3, di preferire acidi grassi monoinsaturi ponendo attenzione alla loro origine: gli ali17 Pediatric Nutrition Outside Box menti ricchi in monoinsaturi abbondano anche in acidi saturi, per cui la scelta deve ricadere su prodotti di origine vegetale [Tabella 3]. è stato riportato che ottimizzando l’intake di acidi grassi, aumentando l’introito di alimenti di origine vegetale, modificando gli stili di vita, anche una dieta che contenga lipidi in ragione superiore al 30% delle calorie totali (non eccedendo il 35%) può risultare adeguata (7). Gli acidi grassi trans, così definiti in base alla loro configurazione sterica, sono principalmente prodotti da processi di idrogenazione catalitica o da trattamenti termici indotti per migliorare la palatabilità o il grado di solidificazione alimentare. Questi acidi industriali, noti come idrogenati, inducono riduzione della colesterolemia HDL, incremento dei livelli di LDL e di lipoproteina a, fattore di rischio cardiovascolare indipendente. Il consumo di acidi idrogenati è associato a rischio cardiovascolare: i livelli ematici di PCR e IL-6 risultano più elevati in soggetti che ne assumono maggiori quantità, per effetto pro-infiammatorio sulle cellule endoteliali (8). Le linee guida dell’American Heart Association, codificate dall’AAP per l’età evolutiva (4), ne raccomandano un intake inferiore all’1% delle calorie giornaliere. Tabella 3 P rincipali fonti alimentari di acidi grassi Acidi grassi saturi Alimenti Latte intero e latticini, burro, carni grasse, formaggi, burro di cacao, olio di palma, olio di cocco monoinsaturi Olio di oliva, olio di semi di girasole, olio di colza polinsaturi ω6 Olio di arachidi, olio di mais, olio di lino, olio di soia polinsaturi ω3 Olio di fegato di merluzzo, pesci grassi idrogenati Margarine, prodotti industriali (biscotti, merendine, snack) Supplementi dietetici Il termine fitosteroli comprende steroli (e stanoli) di origine vegetale. Assunti con la dieta, interferiscono con l’assorbimento intestinale del colesterolo e ne modificherebbero il sistema di clearance endogeno. Studi clinici hanno dimostrato che un intake di fitosteroli pari a 1.6 g/die riduce del 10% le LDL in bambini affetti da ipercolesterolemia familiare. L’effetto positivo sulla colesterolemia è stato di recente confermato in altre forme di dislipidemia primitiva (9). Non sono noti gli effetti a lungo termine di una dieta arricchita in fitosteroli, per cui le evidenze correnti ne raccomandano l’utilizzo solo negli adulti. Inoltre, è stato riportato che la supplementazione dietetica in fitosteroli ridurrebbe l’assorbimento intestinale di beta-carotene, mentre permangono controversie sugli effetti indotti sulla concentrazione plasmatica di altre vitamine liposolubili (4,10). Le fibre solubili (glucano, pectina, psyllium) sono presenti in cereali complessi, legumi, frutta. Sono sostanze resistenti alla digestione enzimatica gastrointestinale, capaci di interferire con il circolo enteroepatico del colesterolo. L’assunzione quotidiana di fibre solubili presenterebbe effetto benefico sulla colesterolemia in soggetti ipercolesterolemici (11). L’AAP ne raccomanda un consumo giornaliero calcolabile addizionando all’età del bambino il valore di 5. Il risultato, espresso in grammi, riferisce la dose supplementare di fibra da assumere nelle 24 ore (massimo di 20 g/die). Conclusioni L’adeguatezza nutrizionale va sostenuta sin dagli albori della vita: è auspicabile nella gestante una corretta alimentazione per il benessere dell’organismo in accrescimento. L’allattamento materno va sostenuto e incoraggiato. L’introito alimentare di grassi di origine animale va limitato. Particolare attenzione deve essere rivolta al consumo di alimenti di origine industriale, fonte di grassi idrogenati; mentre va incentivata l’assunzione di frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce (fonte di omega 3). 18 Il bambino con ipercolesterolemia: ruolo dell’alimentazione BIBLIOGRAFIA 1. van Eijsden M, Hornstra G, van der Wal MF et al. Maternal n-3, n-6 and trans fatty acid profile early in pregnancy and term birth weight: a prospective cohort study. Am J Clin Nutr 2008;87:887-95. 2. Cohen JF, Rifas-Shiman SL, Rimm E et al. 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Key Points La prevenzione cardiovascolare • trova un ruolo importante nell’alimentazione: una dieta adeguata interviene nell’ambito delle strategie di riduzione del rischio di accidenti cardiovascolari •Lo stato nutrizionale e gli stili di vita della donna durante la gestazione influenzano lo sviluppo fetale con ripercussioni sulla predisposizione ad uno o più fattori di rischio per accidenti cardiovascolari nell’età adulta •Il riconoscimento di bambini ipercolesterolemici permette l’attuazione di misure correttive: l’approccio dietetico deve mirare non solo alla riduzione delle calorie provenienti dai lipidi, ma anche alla ottimizzazione della tipologia di grassi introdotti con l’alimentazione quotidiana •L’eccessivo consumo di prodotti in commercio ricchi di acidi grassi trans (o idrogenati) è associato ad un elevato rischio di accidenti cardiovascolari 19 d an r g e n ini Corn a di a Tr nal ur a c IZZARRI o i B at uc Ed BAR BARA La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica Francesca Maccioni, Giulia Bella, Valeria Buonocore, Roberta Giovannone e Mario Marini Dipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologia ed Anatomia Patologica, Policlinico Umberto I, Università Sapienza di Roma Magnetic resonance imaging of the bowel is a diagnostic modality increasingly used in the study of inflammatory bowel diseases such as Crohn’s Disease and Ulcerative Colitis. Its use is also suitable for the evaluation of celiac disease and malformations. Thanks to its panoramic field of view and the absence of biological hazards known, it is particularly suitable for the evaluation of pediatric patients. The limits of this technique are due to the high management costs and poor accessibility. However, being an effective diagnostic procedure, non-invasive and repeatable, it is hoped that in future MRI might be more frequently used in childhood, thus offering a diagnostic management of IBD completely free of radiation. INTRODUZIONE La Risonanza Magnetica (RM) è una metodica di imaging sempre più frequentemente utilizzata in età pediatrica, in primo luogo perché priva di radiazioni ionizzanti, un valore fondamentale per questi pazienti. È noto, infatti, che la popolazione pediatrica abbia una maggiore sensibilità agli effetti nocivi delle radiazioni ed un maggior rischio di effetti tardivi, che possono evidenziarsi a distanza di decenni dall’evento radiante, per la lunga aspettativa di vita (1). Accanto a tale indubbio vantaggio, la RM è caratterizzata da un elevato contrasto tissutale, particolarmente adatto allo studio dei tessuti flogistici, dalla capacità di esaminare in tutti i piani dello spazio e dalla disponibilità di numerosi parametri di valutazione, ad esempio sequenze pesate in T1 o in T2 per esaltare i diversi tempi di rilassamento dei tessuti, ovvero con caratteristiche e valori diagnostici diversi e complementari. Inoltre, a differenza di altre metodiche, la RM è in continua evoluzione tecnologica e nuove possibilità di imaging vengono continuamente sviluppate e introdotte clinicamente, come ad esempio recentemente l’imaging in diffusione in grado di differenziare tessuti patologici sulla base della diffusione delle molecole di acqua (Diffusion Weighted Imaging), o l’imaging basato sull’analisi spettroscopica di alcune molecole tissutali (MR Spectroscopy). Soltanto fino ad alcuni anni fa la RM era considerata una metodica di limitata utilità nella valutazione del piccolo e del grosso intestino, a causa dell’utilizzo di sequenze a lenta acquisizione, che determinavano artefatti dovuti ai movimenti respiratori e peristaltici dell’addome. I recenti progressi tecnologici (gradienti più potenti e veloci, bobine di superficie, disponibilità di sequenze veloci) hanno sensibilmente migliorato la qualità delle immagini RM ampliandone le potenzialità diagnostiche sia a livello addominale che gastrointestinale. Le nuove bobine phased-array (bobine di superficie in grado di ricevere il segnale con minore dispersione) hanno notevolmente migliorato la risoluzione spaziale consentendo lo studio della sottile parete intestinale; la disponibilità di sequenze veloci T1 e T2-pesate e l’introduzione di mezzi di contrasto intestinali positivi e negativi ha consentito la valutazione dell’intestino in condizioni migliori, fornendo nuovi criteri di diagnosi (2). Inoltre la recente velocizzazione di alcune sequenze rende possibile attualmente acquisire le immagini senza trattenere il respiro (tecnica breath-hold free), di fondamentale importanza per i pazienti pediatrici. Attualmente la RM è in grado di offrire uno studio completo sia degli organi addominali parenchimatosi (fegato, pancreas) che del tubo gastroenterico, comparabile, e per alcuni aspetti superiore, a quello offerto dalla TC multistrato. Aspetti tecnici La RM viene eseguita con magneti ad alto campo (1 o 1.5 Tesla) che garantiscono una qualità elevata delle prestazioni diagnostiche, generalmente superiore rispetto ad i magneti a campo inferiore. Attualmente sono disponibili anche magneti a 3 Tesla, ma il loro uso clinico rimane sperimentale, in particolare in età pediatrica, ed a tutt’oggi prevalentemente focalizzato al neuro-imaging. Uno studio adeguato del tubo gastroenterico con RM prevede l’uso di mezzo di contrasto intestinale per distendere il lume ed ottenere un’omogeneizzazione del segnale endoluminale. Un’adeguata distensione intestinale può essere ottenuta sia somministrando mezzi di contrasto per os (Entero-RM) sia utilizzando un sondino naso-digiunale (RM-Enteroclisi). Il grado di distensione del piccolo intestino è superiore con l’enteroclisi, ma nei pazienti 20 pediatrici l’enterografia è generalmente preferita per la sua non invasività. I mezzi di contrasto intestinali da somministrare per os si dividono in due categorie: 1) bifasici, con comportamento simile all’acqua, rappresentati da soluzioni non assorbibili, generalmente polyethylenglicole (PEG) o mannitolo, con effetto negativo nelle sequenze T1 pesate e positivo nelle T2 (2,3); 2) negativi o super-paramagnetici, formati da particelle di ossido di ferro, rivestiti di silicone in una soluzione non assorbibile, che producono un effetto negativo sia in T1 che in T2 (4). Al momento attuale non vi è accordo sui mezzi di contrasto da considerare “ideali” in età adulta o pediatrica ed entrambi sono ugualmente utilizzati con risultati soddisfacenti. Sulla base della nostra esperienza riteniamo che il contrasto bifasico sia particolarmente utile nello studio delle enteropatie come il morbo celiaco o le poliposi, mentre per le IBD sia più efficace il contrasto negativo. Poiché la capacità di assumere contrasto per os è comunque limitata in età pediatrica, è bene valutare anticipatamente le possibilità di assunzione del bambino o dell’adolescente prima di eseguire l’indagine. Generalmente sotto i 6-7 anni è utile anche somministrare solo succhi di frutta o acqua per ottenere una minima distensione. Le sequenze T2-pesate sono fondamentali per lo studio dell’addome e dell’intestino in età pediatrica, soprattutto perché prive di artefatti da movimento ed acquisibili anche senza trattenere il respiro, grazie ai veloci tempi di acquisizione (inferiori ad un secondo per immagine). Utilizzando sequenze veloci è possibile anche eseguire studi dinamici-funzionali sulla motilità intestinale, sia a livello gastroesofageo che del tenue (fluoro-RM), ottenendo informazioni sulla peristalsi simili a quelle fornite in radiologia tradizionale dalla fluorosocopia. È inoltre possibile eseguire studi contrastografici di “dynamic contrast-enhancement” durante la somministrazione endovenosa di Gadolinio, grazie alle sequenze T1-pesate ad acquisizione veloce (un gruppo di immagini di 15-25 scansioni circa durante una singola apnea respiratoria di circa 20 secondi), tuttavia maggiormente gravate da artefatti rispetto alle sequenze T2-pesate; in questi casi può esser utile la somministrazione di farmaci spasmolitici prima del contrasto. La sedazione del paziente pediatrico sottoposto ad RM dell’intestino non è generalmente mai necessaria poiché la presenza rassicurante di un genitore accanto al bambino è sempre possibile, per tutta la durata dell’esame. Indicazioni Certamente l’indicazione primaria alla RM dell’intestino è rappresentata dalle Malattie Infiammatorie Intestinali Croniche (MICI o IBD). La Risonanza Magnetica dell’intestino è una metodica sempre più utilizzata nello studio delle malattie infiammatorie intestinali per la sua elevata sensibilità nei confronti dei tessuti flogistici, per la panoramicità e l’assenza di rischi biologici noti, pertanto particolarmente adatta all’età pediatrica. Diversi studi hanno confermato l’efficacia diagnostica della RM nella valutazione della Malattia di Crohn (MC) pediatrica, sovrapponibile a quella ottenuta nell’adulto. Anche nel paziente pediatrico, la RM è in grado di valutare tutti i principali aspetti della malattia, in particolare di identificare le sedi di attività nel piccolo e grosso intestino, di valutare le caratteristiche delle lesioni intestinali (ispessimento parietale, grado di stenosi, grado di attività flogistica) e le principali complicanze loco-regionali, in particolare aderenze e fistole, ascessi e flemmoni (4-8). La RM consente, infatti, di identificare con elevata accuratezza (sensibilità 93%, specificità 90%) l’ispessimento parietale tipico della malattia, specie se superiore ai 4 mm, sia a livello del tenue che del colon, inoltre di valutare il grado di edema parietale e periviscerale con sequenze T2-pesate ed il potenziamento parietale dopo iniezione di mdc (gadolinio) con sequenze T1 pesate (4-8) [Figura 1]. La valutazione integrata di tali 21 Training and Educational Corner parametri (edema, vascolarizzazione ed ispessimento parietale) fornisce sostanzialmente un giudizio sull’attività flogistica di malattia. Numerosi studi di RM, per lo più condotti su pazienti adulti, hanno dimostrato l’accuratezza di tale indagine nel valutare l’attività di malattia del Crohn, in alternativa e ad integrazione degli indici clinici ed endoscopici di attività più comunemente utilizzati (6,9,10). Inoltre, grazie alla panoramicità della RM, con un solo esame diagnostico è possibile valutare estensione di malattia e complicanze dal digiuno alla regione retto-anale. La malattia perianale rappresenta un evento frea) b) quente in età pediatrica, che spesso richiede rilevanti modifiche del programma Fig. 1 a, b Immagini RM dell’addome acquisite su piano coronale, rispettivamente T2-pesata (a) terapeutico e di non semplice valutazione. e T1-pesata post-contrasto (b) dopo somministrazione di mdc negativo per os. Si osserva marcato La RM è attualmente in grado di identifiispessimento parietale diffuso e concentrico (freccia a) a carico di un esteso tratto di ileo distale localizzato in fossa iliaca destra. Tale tratto è caratterizzato da un’accentuazione del segnale di parete T1-post care e stadiare anche la malattia perianale Gadolinio, (freccia b) come per una condizione di flogosi di grado lieve-moderato. con elevata accuratezza e senza invasività. Concomita proliferazione fibroadiposa del tessuto adiposo loco regionale. Le restanti anse del tenue presentano calibro e spessore parietale regolari Tutte le complicanze della Malattia di Crohn sono identificabili accuratamente con RM, particolarmente ascessi e le fistole complesse, ad esempio tra diversi tratti intestinali, tra intestino ed apparato genitourinario o strutture muscolari. Nella Rettocolite Ulcerosa (RCU), la RM ha un ruolo importante soprattutto nella valutazione delle forme severe, laddove sia controindic) d) cata l’esecuzione di un esame endoscopico completo. In questi pazienti la RM è in Fig.1 c, d Immagini RM dell’addome acquisite su piano assiale, rispettivamente T2-pesata (a) e T1-pesata grado di valutare la severità della malattia, post-contrasto (b). E’ possibile osservare con maggior dettaglio l’ispessimento parietale marcato dell’ileo distale, con stenosi del lume ed evidente dilatazione a monte (freccia c e d) la sua estensione colica e di monitorare l’efficacia del trattamento, considerando parametri analoghi a quelli valutati nella malattia di Crohn (11). Inoltre la RM può essere utile per valutare le pouch ileali dopo colectomia totale. Altre patologie gastrointestinali La RM ha potenzialità non ancora completamente esplorate nello studio di numerose altre patologie intestinali, in particolare per alterazioni di tipo funzionale o malformativo. è stata preliminarmente utilizzata con risultati soddisfacenti nello studio di alterazioni disfunzionali gastroesofagee. Sono stati eseguiti studi di motilità intestinale anche nella malattia di Crohn, per lo più in pazienti adulti. è possibile valutare mal rotazioni, diverticolo di Meckel, stenosi su base malformativa del duodeno o di altri segmenti. La RM è stata utilizzata con successo per valutare le principali alterazioni morfologiche e le alterazioni del rilievo plicale nella malattia celiaca (3). Limiti I principali limiti della RM sono rappresentati dai costi elevati dell’esame e dalla sua scarsa accessibilità. L’uso della RM per esami sull’apparato addominale e gastrointestinale in genere è relativamente limitato rispetto agli esami neuro-radiologici che ne rappresentano l’indicazione principale. Inoltre occorre ricordare che i risultati diagnostici sono fortemente 22 La Risonanza Magnetica dell’intestino: valore diagnostico in età pediatrica condizionati dall’aggiornamento tecnologico e dall’esperienza dell’operatore. Infatti, solo le attrezzature più recenti dispongono dell’hardware e software in grado di eseguire esami di elevato valore diagnostico nello studio dell’intestino. Inoltre, per ottenere risultati diagnostici utili ai fini clinici, è indispensabile una specifica esperienza clinica e tecnica del radiologo. La RM offre, infatti, molte e diverse possibilità di esecuzione; l’esame dell’intestino è difficilmente standardizzabile e deve esser modulato di volta in volta dal radiologo gastrointestinale in base alla richiesta clinica ed alla condizione specifica del paziente. Per tali motivi tale esame dovrebbe essere eseguito prevalentemente in centri di riferimento dedicati. I limiti diagnostici nella valutazione della MC sono relativi e possono includere una minor accuratezza nella valutazione delle lesioni digiunali rispetto alle altre localizzazioni del tenue e colon, ed una possibile sottostima delle stenosi di basso grado e di piccoli tramiti fistolosi, specie quando il contrasto intestinale viene somministrato per os piuttosto che per enteroclisi. Infine esistono rare controindicazioni all’esame che includono la claustrofobia e la presenza di dispositivi elettronici impiantati nel corpo del paziente (es. neuro stimolatori o pace-maker). ITER DIAGNOSTICO Come è noto la diagnosi e la stadiazione della malattia di Crohn (MC) è estremamente complessa, sia nel paziente adulto che pediatrico, a causa della localizzazione segmentaria delle lesioni sia nel piccolo che nel grosso intestino e per l’estensione trans-murale del processo flogistico. Pertanto nei bambini, come nei pazienti adulti, l’identificazione e la valutazione delle lesioni intestinali è basata sull’associazione di varie indagini diagnostiche, che includono l’ecografia, l’ileo-colonscopia, la capsula endoscopica, eventualmente il tenue seriato e/o il clisma opaco, la scintigrafia, la TC e recentemente la RM. Con l’introduzione della RM nell’iter diagnostico, molti esami basati sull’uso di radiazioni ionizzanti possono esser evitati e lasciati eventualmente come esami di terzo livello. Attualmente è possibile ipotizzare un iter diagnostico completamente “radiation-free” nel MC in età pediatrica. L’ecografia, essendo in grado di fornire informazioni sulla caratteristica estensione trans murale della malattia, rimane sicuramente l’indagine di prima linea, per la sua disponibilità, mancanza di invasività e alta accuratezza (sensibilità 84%, specificità 92%) sia nella fase diagnostica iniziale che nel follow-up dei pazienti pediatrici (7). L’endoscopia integrata dalle biopsie fornisce importanti dati riguardanti il versante endoluminale della malattia e mantiene un ruolo imprescindibile sia nella fase iniziale diagnostica che nel follow-up. Le informazioni ottenute con la RM possono, infatti, completare e integrare i dati morfologici ecografici e quelli endoluminali forniti dall’endoscopia, come un esame di riferimento di secondo livello. Nei pazienti pediatrici la RM attualmente può, quando disponibile ed accessibile, sostituire la TC e gli studi con bario nella maggior parte dei casi. In particolare, l’uso della TC multistrato deve essere il più possibile limitato in pazienti pediatrici, visto il non irrilevante rischio da danni da radiazioni che si associa all’esposizione ripetuta a scopo diagnostico in età pediatrica. In particolare, il ruolo della RM appare fondamentale in tutti i casi in cui si sospetti una riacutizzazione della malattia o l’insorgenza di complicanze che potrebbero modificare il programma terapeutico. Inoltre, nei pazienti pediatrici ancor più che negli adulti, appare sempre più importante monitorizzare con una modalità accurata di imaging l’attività di malattia e gli effetti dei farmaci immunosoppressori e biologici a breve e mediotermine. CONCLUSIONI Grazie all’elevato contrasto tissutale ed all’assenza di radiazioni ionizzanti, la RM rappresenta una modalità di imaging potenzialmente ideale per lo studio di patologie addominali e gastrointestinali in età pediatrica ed in particolare nello studio della MC. Infatti, essendo una procedura diagnostica efficace, non invasiva e ripetibile è particolarmente adatto allo studio e follow-up di una patologia benigna cronica recidivante. Con l’introduzione di tale metodica è possibile ipotizzare in età pediatrica un iter diagnostico com23 Tabella 1 R uolo diagnostico integrato delle metodiche diagnostico-strumentali Training and Educational Corner efficaci nella valutazione del morbo di Crohn pediatrico, inclusa la RM dell’intestino Diagnosi Primaria Stadiazione Primaria +++ ++ ++ ++ RM + +++ +++ +++ Esami radiologici con bario + + - + TC + + + + Scintigrafia ++ + + + Ileocolonscopia +++ ++ ++ ++ Ecografia (HRUS) con color Doppler Attività di malattia Stadiazione-rivalutazione in corso di riacutizzazione pletamente privo di radiazioni nella malattia di Crohn e rettocolite. Occorre ricordare che la RM dell’intestino rappresenta un esame altamente specialistico, generalmente eseguito in centri di riferimento. Nei casi in cui la RM non sia disponibile, gli esami radiologici con uso di radiazioni, in particolare gli esami contrastografici con bario ed occasionalmente la TC, mantengono certamente un ruolo diagnostico importante [Tabelle 1 e 2]. +++ Fondamentale ++ Molto utile + Occasionalmente utile Tabella 2 Ruolo diagnostico integrato delle metodiche diagnostico-strumentali efficaci nella valutazione del morbo di Crohn pediatrico, in cui la RM dell’intestino sia esclusa perché non disponibile. Diagnosi Primaria Stadiazione Primaria +++ ++ ++ ++ ++ ++ - + TC + + + ++ Scintigrafia ++ + ++ ++ +++ ++ ++ ++ Ecografia (HRUS) con color Doppler Esami radiologici con bario Ileocolonscopia Key Points • La RM dell’intestino ha un ruolo crescente nello studio delle malattie gastrointestinali in età pediatrica a• La RM può valutare accurat mente sede, estensione, attività di e complicanze della malattia i iatric ped enti pazi Crohn in • è possibile ipotizzare un iter diagnostico privo di radiazioni nello n studio della malattia di Croh pediatrica, integrando ecografia, endoscopia e RM 24 Attività di malattia Stadiazione-rivalutazione in corso di riacutizzazione +++ Fondamentale ++ Molto utile + Occasionalmente utile BIBLIOGRAFIA 1. Sauer CG, Kugathasan S, Martin DR et al. Medical radiation exposure in children with inflammatory bowel disease estimates high cumulative doses. Inflamm Bowel Dis 2011;17(11):2326-32. 2. Lin M F, Narra V. 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Benninga • La colelitiasi in età pediatrica - D. Falchetti • La gestione domiciliare del bambino in nutrizione enterale - A. Diamanti • Lo svuotamento gastrico scintigrafico - L. Biassoni • La mesalazina: cosa c’è di nuovo? - G. Guariso e W. Fries • Il DHA - C. Agostoni • Quiz Caso Clinico - da “La Sapienza” di Roma • La Steatosi epatica DHA e il meccanismo molecolare - V. Nobili • L’EUS in età pediatrica - B. Bizzarri • La rettorragia - G. Lombardi Il Giornale è on line in versione e-publishing sul Portale www.sigenp.org Entrando dalla Sezione “EDITORIA” Commissione Editoria SIGENP Responsabile di commissione VALERIO NOBILI - Roma Direttore Editoriale Giornale SIGENP CLAUDIO ROMANO - Messina Direttore Responsabile Giornale SIGENP G. Clerici, EDITORE AREA QUALITÀ - Milano hts g hli ig H BD I FO U RT di r a LL I u E a c VIT CI A T NA La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO PEDIATRA Arrigo Barabino - Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, IRCCS G. Gaslini di Genova Development of strictures in pediatric Crohn’s disease is common. Ultrasonography and MRI are the main used diagnostic tools. Strictures refractory to medical treatment can be managed by endoscopy dilatation, resection or strictureplasty. Clinica Il restringimento del lume intestinale nella malattia di Crohn (MC) è dovuto sia all’infiltrazione infiammatoria della parete, sia alla fibrosi transmurale. Il processo fibrotico è conseguenza della flogosi cronica a tutto spessore che induce una proliferazione delle cellule mesenchimali “collagen-expressing” sotto lo stimolo di citochine come il TNF-α, con conseguente incremento della sintesi e della deposizione di collagene extra-cellulare. Si ipotizza una predisposizione genetica allo sviluppo di fibrosi. L’insorgenza di stenosi nella MC del bambino è una complicanza associata a maggior rischio di prima chirurgia. Essa è più frequente nei soggetti diagnosticati tra i 6 e 17 anni di età rispetto a quelli al di sotto dei 6. L’incidenza cumulativa di stenosi nel tempo varia in età pediatrica in relazione alla localizzazione iniziale di malattia. A 1, 5, 10 anni dalla diagnosi corrisponde rispettivamente al 5.9%, 12.9%, 39.3% nella MC ileale, al 6.4%, 17.1%, 18.7% in quella ileo-colonica e al 1.5%, 7.7%. 11.4% nell’interessamento esclusivamente colonico (1). Un’ostruzione parziale del lume intestinale causa dismotilità, inappetenza, nausea, dolore addominale, diarrea (secondaria a contaminazione batterica dell’intestino) o stipsi. Nelle stenosi serrate si delinea invece il quadro clinico dell’occlusione intestinale meccanica, con meteorismo e dolorabilità addominale, coliche severe, alvo chiuso a feci e gas, vomito biliare o fecaloide e presenza, all’RX diretta dell’addome, di sovradistesione delle anse a monte della stenosi con livelli idro-aerei. Diagnosi strumentale La presenza di stenosi, se in sede accessibile, dovrebbe essere documentata dall’endoscopia, mentre la moderna diagnosi radiologica si avvale dell’ultrasonografia (US), dell’entero-TC e dell’entero-RM. Tali indagini puntualizzano grado, lunghezza e tortuosità della stenosi e forniscono informazioni sulla componente fibrotica o infiammatoria della stessa, potendo in parte indirizzare la terapia medica o chirurgica. Per la non invasività, il basso costo, l’assenza di radiazioni e l’ampia disponibilità, l’US è diventata metodica molto in uso per l’imaging delle malattie infiammatorie intestinali del bambino, pur con i limiti legati alla sua operatore-dipendenza e alla difficoltà nell’evidenziare l’intestino nella sua interezza. Le recenti innovazioni tecnologiche ed il ricorso a mezzi di contrasto orali anecoici non assorbibili (PEG), che favoriscono la distensione delle anse, ne hanno migliorato le performance diagnostiche (SICUS da “small intestinal contrast ultra-sonography”). 26 La stenosi è individuata come un ispessimento di parete con lume ristretto (<1 cm), variabilmente associato a dilatazione (>2.5 cm) e aumentata peristalsi dell’ansa prestenotica. La sensibilità dell’US nell’identificazione delle stenosi è del 74-80%, con un’accuratezza maggiore per quelle ileali (85%) rispetto alle coliche (59%). L’incremento del segnale Doppler suggerisce infiammazione, mentre la scarsa vascolarizzazione con segni di retrazione di anse adiacenti depone per fibrosi (2). Sia per la Tomografia Computerizzata (TC) che per la Risonanza Magnetica (RM) dell’intestino è richiesta la distensione delle anse mediante abbondante quantità (500-750 cc in bambini di età > a 10 anni) di mezzo di contrasto (PEG) da assumersi per via orale o mediante sondino naso gastrico nei bambini non collaboranti. In entrambe le metodiche è necessario anche un contrasto endovenoso per evidenziare il “contrast enhancement” (CE), tanto più marcato quanto più è preminente la componente infiammatoria della stenosi. Poiché in età pediatrica la TC è poco utilizzata per l’eccessiva esposizione a radiazioni ionizzanti, la RM è diventata l’indagine di scelta. La stenosi è di agevole individuazione considerando che il normale lume intestinale è di circa a 2.5 cm di diametro e che spesso è presente una dilatazione prestenotica. Il riscontro di una parete intestinale ipointensa e senza un significativo CE indica una stenosi fibrotica di lunga data (2). Terapia Bambini sintomatici, senza chiare evidenze di ileo meccanico, con stenosi a preminente componente infiammatoria possono rispondere alla terapia nutrizionale o steroidea associata alle tiopurine. Nelle stenosi infiammatorie non rispondenti a tali terapie e non raggiungibili endoscopicamente può essere tentata la terapia biologica con anti TNF-α. Le stenosi refrattarie alla terapia medica o a prevalente componente fibrotica possono essere trattate per via endoscopica o chirurgica mediante stritturo-plastica o resezione. La dilatazione endoscopica con pallone, anche se metodica efficace e conservativa, è condizionata dalle possibili complicanze ad essa correlate, dalla lunghezza e tortuosità della stenosi e dalle frequenti recidive. Uno studio pediatrico prospettico, randomizzato, in doppio ceco ha dimostrato che l’iniezione intralesionale di triamcinolone post-dilatazione endoscopica è efficace nel ridurre la necessità sia di ulteriori dilatazioni che di chirurgia (3). Tale procedura è stata recentemente applicata nel bambino anche a stenosi ileali raggiungibili mediante enteroscopia con singolo pallone (4). Un’indagine retrospettiva, che ha paragonato nel bambino la resezione verso la stritturo-plastica, non ha dimostrato differenze significative nel tasso di recidive a lungo termine tra le due metodiche (5). Considerata la natura recidivante della malattia e l’aumento del rischio di intervento chirurgico nel corso del tempo, una chirurgia conservativa dovrebbe sempre essere auspicata. BIBLIOGRAFIA 1. Gupta N, Bostrom AG, Kirschner BS et al. Incidence of stricturing and penetrating complications of Crohn’s disease diagnosed in pediatric patients. Inflamm Bowel Dis 2010;16:638-44. 2. Di Nardo G, Aloi M, Oliva S et al. Investigation of small bowel in pediatric Crohn’s disease. Inflamm Bowel Dis 2012 [Epub ahead of print]. 3. Di Nardo G, Oliva S, Passariello M et al. Intralesional steroid injection after balloon dilatation in pediatric Cron’s disease with stricture: a prospective, randomized, double-blind, controlled trial. Gastrointest Endosc 2010;72:1201-8. 4. Di Nardo G, Oliva S, Aloi M et al. Usefulness of single-balloon enteroscopy in pediatric Crohn’s disease. Gastrointest Endosc 2012;75:80-6. 5. Romeo E, Jasonni V, Caldaro T et al. Strictureplasty and intestinal resection: different options in complicated pediatric onset Crohn’s disease. J Pediatr Surg 2012 [in press]. 27 IBD Highlights IL PUNTO DI VISTA DEL GASTROENTEROLOGO DELL’ADULTO Andrea Michielan, Giacomo Carlo Sturniolo - Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Gastroenterologiche, Università degli Studi di Padova Stricturing phenotype is often the ultimate expression of Crohn’disease and considering the relapsing course of the disease avoidance of resective surgery is fundamental to preserve the gut length and function. Therefore conservative techniques like stricturoplasty or balloon dilatation have been developed but the challenge for the gastroenterologist is to minimize the risk of recurrence and stricture. Clinica La maggior parte dei pazienti adulti con Malattia di Crohn (MC) presenta un fenotipo infiammatorio alla diagnosi, ma con il tempo va incontro ad una modifica del comportamento di malattia e dopo dieci anni circa il 40% evolve in una forma stenosante (1). Negli ultimi trent’anni si è assistito ad un aumento esponenziale dell’uso di farmaci immunosoppressori cui non ha corrisposto una riduzione del numero di pazienti sottoposti a resezione intestinale (2). È quindi verosimile che la progressione della malattia stenosante sia associata ad una fibrosi irreversibile o ad un fallimento della terapia steroidea associata ad immunosoppressori. La sfida per il gastroenterologo è quella di individuare le stenosi in cui la componente infiammatoria sia ancora suscettibile di terapia medica, anche più precoce ed aggressiva ad esempio con farmaci biologici, al fine di risolvere il quadro clinico del paziente e di evitare la successiva evoluzione fibrotica. Nella pratica clinica ci si deve basare su parametri radiologici, laboratoristici (PCR, calprotectina o lattoferrina fecale, test di permeabilità intestinale ai tre zuccheri) e clinici (febbre, calo ponderale o diarrea). Terapia Per lungo tempo l’unico approccio terapeutico alla malattia stenosante era costituito dalla resezione chirurgica. Solo negli anni ’80 è stato dimostrato che l’asportazione completa del segmento intestinale malato non proteggeva da una successiva recidiva (3). Pertanto l’atteggiamento è mutato verso una chirurgia di risparmio, anche in considerazione del decorso recidivante della malattia con rischio di sindrome dell’intestino corto in caso di resezioni troppo ampie e/o ripetute. È in questo contesto che sono state applicate la stritturoplastica e la dilatazione endoscopica tramite pallone. Le prime stritturoplastiche applicate sono state quelle del tipo HeinekeMikulicz (incisione longitudinale del segmento stenotico seguita da una sutura trasversale del viscere). Oltre a risparmiare intestino, questo evita la creazione di un’anastomosi che è una delle sedi più frequenti di recidiva di malattia. Tale tecnica è ancora oggi applicata nelle stenosi brevi, mentre per stenosi più lunghe si usano altri tipi di stritturoplastica (secondo Finney, Jaboulay o Michelassi) con creazione di una anastomosi tra due anse intestinali coinvolte. La dilatazione endoscopica tramite pallone era tradizionalmente riservata a stenosi dell’ileo terminale o del colon; oggi l’enteroscopia a singolo e doppio pallone consente di raggiungere anche segmenti intestinali più prossimali (4). La stritturoplastica presenta un’efficacia sovrapponibile alla dilatazione endoscopica, con una percentuale di ricorrenza di malattia intorno al 25%. Per quanto riguarda la sicurezza, la stritturoplastica è gravata da un più alto numero (5% contro 3%) di complicanze maggiori (deiscenza anastomotica, ascessi, fistole, sepsi, emorragie, 28 La gestione delle stenosi nella Malattia di Crohn: il punto di vista del pediatra e del gastroenterologo dell’adulto ileo) rispetto alla dilatazione endoscopica (perforazione e sanguinamento severo) (5). Le due tecniche quindi sono oggi considerate complementari per le stenosi brevi, con le uniche limitazioni per le stenosi su anastomosi (in cui è da preferirsi la dilatazione endoscopica) e le stenosi del colon (in cui la resezione è considerata più sicura per il maggior rischio di neoplasia) (6). La scelta della tecnica deve tenere conto di diversi fattori tra cui l’età, l’esperienza del centro, la sede della stenosi e le preferenze del paziente che può non volere sottoporsi ad un intervento chirurgico. La gestione della MC stenosante sembra quindi ancora di pertinenza prevalentemente chirurgica o di endoscopia interventistica, ma è lecito chiedersi quale sia oggi il ruolo della terapia medica. Fino a qualche anno fa si riteneva che i pazienti con sintomi subocclusivi potessero giovarsi di un ciclo di steroidi per trattare la presunta componente infiammatoria della stenosi. Parallelamente si riteneva che terapie mediche più aggressive e più precoci, come i farmaci biologici, comportassero una guarigione troppo rapida con formazione di fibrosi e quindi aggravamento della stenosi. Studi più recenti hanno invece dimostrato che i fattori di rischio per lo sviluppo o l’aggravamento di una stenosi sono la durata e la severità di malattia, la localizzazione ileale e una terapia steroidea di recente introduzione (7). Un ciclo di steroidi può quindi essere rischioso oltre che inefficace, almeno nei pazienti che non siano steroidodipendenti. Crescente importanza è stata riconosciuta ai farmaci biologici anche perché diminuiscono il rischio di complicanze settiche intra-addominali postoperatorie (ascessi, fistole, deiscenze) sia nei pazienti sottoposti a resezione che a stritturoplastica (8). Bisogna infine considerare il ruolo della terapia medica nel ridurre il rischio di recidiva chirurgica. I pazienti possono essere stratificati in base al loro rischio di recidiva: • basso rischio se malattia di lunga durata con primo intervento chirurgico per stenosi breve • rischio intermedio se malattia di durata inferiore ai 10 anni, sottoposta a chirurgia per stenosi lunga o per fenotipo infiammatorio • alto rischio se malattia fistolizzante o se già sottoposta ad almeno due interventi per stenosi. I pazienti a rischio alto e intermedio richiedono una terapia più aggressiva e precoce, senza attendere la recidiva endoscopica, che si deve avvalere rispettivamente dei farmaci biologici e delle tiopurine. I pazienti con basso rischio non necessitano invece di modifiche terapeutiche nel post-operatorio. In tutti i casi è comunque indicata una stretta sorveglianza endoscopica: colonscopia di controllo dopo i primi 6-12 mesi dall’intervento che, in assenza di segni di ripresa di malattia tali da dover modificare la terapia, potrà essere ripetuta ogni 1-3 anni (9). Infine tra i fattori di rischio di recidiva post-chirurgica nell’adulto bisogna ricordare il fumo di sigaretta: i fumatori, e particolarmente le donne, hanno un rischio di recidiva clinica e chirurgica che è più del doppio dei non fumatori. Tuttavia tale rischio viene minimizzato qualora i pazienti smettano di fumare. Studi recenti sembrano non confermare un effetto negativo del fumo sul decorso della malattia ma le popolazioni in esame comprendono un’alta percentuale di pazienti in terapia immunosoppressiva (10). È quindi fondamentale incoraggiare sempre la sospensione del fumo di sigaretta. Conclusioni Gli interventi chirurgici sono purtroppo ancora molto frequenti nella MC, particolarmente nel fenotipo stenosante, sia in età pediatrica che nell’adulto. L’unica possibilità di modificare la storia naturale è rappresentata probabilmente da una diagnosi precoce e da una terapia di attacco più aggressiva nei pazienti a maggior rischio. 29 IBD Highlights BIBLIOGRAFIA 1. Bernstein CN, Blanchard JF, Rawsthorne P et al. The epidemiology of inflammatory bowel disease in Canada: a population-based study. Am J Gastroenterol 2006;101:1559-68. 2. Cosnes J, Nion-Larmurier I, Beaugerie L et al. Impact of the increasing use of immunosuppressants in Crohn’s disease on the need for intestinal surgery. Gut 2005;54:237-41. 3. Pennington L, Hamilton SR, Bayless TM et al. Surgical management of Crohn’s disease. Influence of disease at margin of resection. Ann Surg 1980;192:311-18. 4. Keuchel M. 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Multivariate analysis suggests improved perioperative outcome in Crohn’s disease patients receiving immunomodulator therapy after segmental resection and/or strictureplasty. Surgery 2003;134:565-72; discussion 572-73. 9. Spinelli A, Sacchi M, Fiorino G et al. Risk of postoperative recurrence and postoperative management of Crohn’s disease. World J Gastroenterol 2011;17: 321319. 10.Van Der Heide F, Wassenaar M, Van Der Linde K et al. Effects of active and passive smoking on Crohn’s disease and ulcerative colitis in a cohort from a regional hospital. Eur J Gastroenterol Hepatol 2011;3:255-61. Key Points renze tra l’adulto ed il ne non presenta sostanziali diffe • La gestione di questa condizio bambino attraverso i dati bioumote è fondamentale identificare, • Nei pazienti con MC stenosan infiammatoria della ente tem alen prev ente pon com rali e strumentali, quelli con una pia medica stenosi, ancora suscettibile di tera erite le metodiche dovrebbero essere sempre pref osi sten delle ne • Per la caratterizzazio iatrica ped la US e la MR, soprattutto in età di imaging non invasive, come matiche, mensinto osi sempre raccomandato nelle sten rappresenta• L’uso di corticosteroidi non è o, logic radio e o clinic w-up accurato follo minor rischio tre i farmaci biologici, sotto un del ne razio side terapeutica, anche in con no oggi una efficace strategia post-operatorio due valide alternative la stricturoplastica costituiscono • La dilatazione endoscopica e chirurgica è riservata e zion rese la e lunghezza, mentre di terapia per le stenosi di brev alle stenosi lunghe omandato un approccio recidiva post-chirurgica è racc • Nei pazienti ad alto rischio di terapeutico più aggressivo omandata retta deve sempre essere racc • La cessazione del fumo di siga 30 c tri y a i ed olog y P g r n s i ente colo di w r a ACI Ne stro rma u P ac Ga Pha NICA O M Come è consuetudine in questa rubrica ospitiamo un contributo proveniente dalla gastroenterologia dell’adulto su tematiche di estrema attualità ed in cui può essere utile una comparazione con le esperienze o le evidenze presenti in età pediatrica. La safety degli Inibitori di Pompa Protonica è ampiamente dimostrata nel bambino e non vi sono segnalazioni di importanti eventi avversi. L’articolo di Cuomo et al, rappresenta un update riguardo eventuali reazioni acute e croniche riferibili esclusivamente all’adulto. La safety degli inibitori di pompa protonica Paolo Andreozzi, Marco Della Coletta, Alessandra D’Alessandro e Rosario Cuomo Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università “Federico II” di Napoli Proton pump inhibitors are the most commonly prescribed class of drugs to treat patients with acid-related disorders because of their safety and effectiveness. However, as other drugs classes, they has a potential for side effects. In this article we examined available data on the adverse effects of short-term and long-term therapy and on the most recently findings regarding drugs interactions. INTRODUZIONE Gli inibitori di pompa protonica (IPP) sono una classe di farmaci che sopprime la produzione gastrica di acido cloridrico attraverso il blocco irreversibile dell’enzima H+K+ATPasi (pompa protonica) localizzato sulle membrane delle cellule parietali gastriche. Gli IPP sono diventati un presidio terapeutico indispensabile nel trattamento delle patologie acido-correlate ed hanno sostituito quasi completamente farmaci quali gli antiacidi e gli antagonisti del recettore H2 dell’istamina. L’elevata efficacia associata all’elevata prevalenza della patologia peptica rendono ragione del largo consumo di IPP in Italia e nel mondo. Tuttavia, proprio a causa del loro ampio utilizzo, negli anni sono state segnalate reazioni avverse sia nel trattamento a breve che a lungo termine. Tali reazioni si possono classificare in acute e croniche e queste ultime, a loro volta, in gastrointestinali ed extra-gastrointestinali (1). La loro patogenesi è correlata, per quelle acute, prevalentemente a fenomeni idiosincrasici ed immunomediati, per le croniche al meccanismo d’azione del farmaco che determina sia innalzamento del pH gastrico con ipergastrinemia secondaria che interferenza con il metabolismo citocromo P450 (CYP 450)-dipendente. Effetti Acuti Gli effetti collaterali acuti compaiono entro poche ore o giorni dall’assunzione del farmaco e consistono prevalentemente in reazioni lievi come nausea, diarrea, mal di testa, vertigini, rash cutaneo e prurito. Studi recenti dimostrano che il rischio di effetti collaterali a breve termine varia intorno all’1-3%, senza significative differenze tra le varie molecole. Reazioni severe sono invece estremamente rare: in letteratura una casistica che raccoglie le segnalazioni dal 1992 al 2007 riporta 64 casi di nefrite acuta interstiziale associati all’utilizzo di omeprazolo. Tale complicanza è probabilmente il risultato di un’ipersensibilità mediata da meccanismi cellulari ed umorali. Infine sono riportati rari casi di epatite acuta e disturbi visivi (2). Effetti cronici sull’apparato gastrointestinale L’utilizzo cronico di IPP, con la correlata ipergastrinemia, può portare alla comparsa di alterazioni sia funzionali che morfologiche a carico dell’apparato gastrointestinale, ed in particolare dello stomaco. Infatti l’azione trofica esercitata dalla gastrina induce la crescita e la proliferazione delle 31 News in Pediatric Gastroenterology Pharmacology cellule parietali e delle cellule enterocromaffini che producono istamina. La brusca sospensione del trattamento con IPP può determinare un aumento della secrezione gastrica, noto come “effetto rimbalzo”, che può essere prevenuto attraverso la graduale riduzione del dosaggio prima della sospensione. Tuttavia l’attenzione dei ricercatori si è focalizzata soprattutto sulle modificazioni morfologiche a carico della mucosa gastrica indotte dalla stimolazione in senso ipertrofico ed iperplastico della gastrina: è stata infatti ipotizzata ed è oggetto di studio l’associazione tra gli IPP e i polipi ghiandolari del fondo gastrico. Queste formazioni rappresentano un reperto endoscopico frequente (circa 2% nella popolazione generale) ed è stata osservata un’aumentata incidenza in pazienti in terapia con IPP da oltre 12 mesi. I dati disponibili suggeriscono la natura benigna di tali polipi senza evidenza di rischio di displasia e senza quindi necessità di monitoraggio nel tempo e di rimozione endoscopica. Non è stata osservata una diretta correlazione tra l’uso di IPP e lo sviluppo di gastrite atrofica in assenza di infezione da Helicobacter Pylori (Hp). Tuttavia la prolungata soppressione acida altera il quadro della gastrite in soggetti Hp-positivi facilitando l’evoluzione di una forma antrale verso una gastrite del corpo gastrico, con peggioramento dell’atrofia ghiandolare. Quest’ultima predispone alla metaplasia intestinale che rappresenta un fattore di rischio per l’adenocarcinoma gastrico. Ciò ha indotto ad ipotizzare che l’uso prolungato di IPP in pazienti con infezione da Hp possa predisporre al cancro gastrico, non esistono però ad oggi studi di coorte che abbiano confermato tale ipotesi. Nonostante ciò, a scopo precauzionale, la Consensus di Maastricht raccomanda l’eradicazione dell’Hp prima di iniziare una terapia cronica acido-soppressiva (3). Tabella 1 R eazioni avverse acute Inoltre, la ridotta attività battericida del succo gastrico insieme alla riduzione della funzione granulocitaria indotta dagli IPP, soprattutto in età precoce o Tipo di reazione Effetto avanzata ed in presenza di malattie croniche ed immunodepressione iatrogena, Nausea può favorire una modificazione in termini quantitativi e qualitativi della flora Diarrea batterica intestinale. Intolleranza al farmaco Mal di testa Questo spiegherebbe l’associazione con la sindrome da sovracrescita batterica Vertigini Prurito del piccolo intestino e con l’incrementato rischio di infezioni enteriche, in particolare da Clostridium difficile (2). Prurito Infine, negli ultimi anni si è ipotizzato un possibile ruolo degli IPP nella Rash cutaneo Reazione IgE-mediata Orticaria patogenesi delle allergie alimentari: la riduzione della denaturazione proAngioedema teica del succo gastrico, associato all’aumentata permeabilità intestinale Reazioni anafilattiche indotta dalla terapia acido-soppressiva, favorirebbe l’incontro tra gli allerReazioni idiosincrasiche Nefrite acuta interstiziale geni alimentari e le cellule del sistema immunitario (4). La relazione esistente tra l’aumentata incidenza di patologie come l’esofagite eosinofila e Tabella 2 Reazioni avverse croniche Sito Effetti gastrointestinali Effetti extra-gastrointestinali 32 Meccanismo patogenetico Effetto Riduzione del pH gastrico con ipergastrinemia secondaria Effetto rimbalzo alla sospensione del trattamento Polipi ghiandolari del fondo gastrico Infezioni enteriche (in particolare da C. difficile) Aumenta permeabilità intestinale ed allergie Ridotto assorbimento intestinale dei nutrienti Osteoporosi con aumento del rischio di fratture spontanee dell’anca Aumentata colonizzazione batterica Riduzione delle difese immunitarie Polmoniti di comunità in pazienti con trattamento < 30 giorni La safety degli inibitori di pompa protonica la diffusione dell’uso degli IPP, soprattutto tra i bambini, supporta tale ipotesi, la cui validazione richiede ulteriori studi (5). Effetti extra-gastrointestinali L’acidità gastrica gioca un ruolo importante nel processo di assorbimento della vitamina B12 e del ferro. Tuttavia gli studi non hanno confermato che l’uso prolungato di IPP possa determinare stati carenziali: non è stata osservata una significativa riduzione dei livelli sierici di B12, tranne che nei soggetti anziani e nei pazienti con sindrome di ZollingerEllison, e non sono stati riportati casi di anemia e neuropatia indotti da deficit vitaminico né stati ferro-carenziali (1). La terapia cronica con IPP è stata associata ad un aumentato rischio di osteoporosi, in particolare di fratture spontanee dell’anca. Si ipotizza che la riduzione della densità ossea sia il risultato dell’interazione di diversi meccanismi quali la riduzione dell’assorbimento del calcio a livello intestinale e l’ipergastrinemia secondaria che favorirebbero i processi di riassorbimento osseo mediante la stimolazione delle ghiandole paratiroidi. Sebbene siano necessari ulteriori studi per comprendere i meccanismi patogenetici vi sono evidenze sufficienti per innalzare l’attenzione nei soggetti a rischio, come pazienti anziani o in terapia con corticosteroidi (2). Resta infine da stabilire il rapporto tra i fenomeni broncopneumonici e la terapia con IPP. La crescita batterica osservata nell’ambiente gastrico dei soggetti che fanno uso di IPP, favorirebbe la colonizzazione delle piccole vie aeree attraverso fenomeni di microaspirazione del succo gastrico. Diversi studi hanno osservato un’aumentata incidenza di polmoniti di comunità. Uno studio caso controllo britannico ha tuttavia evidenziato la relazione inversa tra rischio di processi infettivi e durata della terapia: l’utilizzo di IPP per un tempo inferiore ai 30 giorni sembra aumentare il rischio di polmoniti rispetto ad un uso per più di 6 mesi (6). Interazioni farmacologiche Key Points ori •Le reazioni acute severe da inibit sono di pompa protonica (IPP) ismi rare e coinvolgono meccan immuno-allergici ed idiosincrasici polipi •Esiste un’associazione tra IPP e a ghiandolari del fondo gastrico senz tica plas neo e uzion evol evidenza di cter •L’eradicazione da Helicoba re pylori è necessaria prima di inizia la per IPP con ica cron ia una terap enza possibile predisposizione all’insorg di adenocarcinoma dello stomaco erica •La sindrome da sovracrescita batt ciata del piccolo intestino è asso ano all’utilizzo di IPP che determin a ericid batt ità attiv dell’ ione la riduz della dell’ambiente gastrico e dello funzione granulocitaria mucosale stomaco con •Possibili associazioni tra terapia onici IPP e fenomeni broncopneum ento ed osteoporosi con aum e del rischio di fratture spontane dell’anca azioni •Necessità di valutare inter rel) in idog Clop (es. he farmacologic e di caso di concomitante assunzion CYP lismo abo met con aci farm e IPP 450-dipendente Una nota infine sulle possibili interazioni farmacologiche degli IPP, mediate principalmente dalla ridotta biodisponibilità di farmaci che richiedono un ambiente acido per l’assorbimento (ketoconazolo o itraconazolo) o all’inibizione competitiva del CYP 450, rilevante soprattutto per farmaci con metabolismo epatico e dotati di un ristretto intervallo terapeutico quali il diazepam, la fenitoina o il warfarin. Infine di interesse è l’interazione tra IPP e clopidogrel: l’inibizione competitiva del sistema enzimatico bloccherebbe l’attivazione del farmaco a livello epatico, esponendo i soggetti in trattamento al rischio di eventi cardiovascolari. Tuttavia i dati in letteratura sono discordanti e necessitano di ulteriori studi (7). BIBLIOGRAFIA 1. Thomson AB, Sauve MD, Kassam N et al. Safety of the long-term use of proton pump inhibitors. World J Gastroenterol 2010;16:2323-30. 2. Yang YX, Metz DC. Safety of proton pump inhibitor exposure. Gastroenterology 2010;139:1115-27. 3. Sheen E, Triadafilopoulos G. Adverse effects of long-term proton pump inhibitor therapy. Dig Dis Sci 2011;56:931-50. 4. Pali-Schöll I, Jensen-Jarolim E. Anti-acid medication as a risk factor for food allergy. Allergy 2011;66:469-477. 5. Merwat SN, Spechler SJ. Might the use of acid-suppressive medications predispose to the development of eosinophilic esophagitis? Am J Gastroenterol 2009;104:1897-902 6. 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A 1 mese dal termine comparsa di diarrea (3-10 scariche/die) associata ad addominalgia anche notturna ed arresto ponderale. Agli esami ematici rilievo di anticorpi anti-tranglutaminasi (tTG) a medio-alto titolo, confermati a più controlli, anticorpi anti endomisio negativi. Viene eseguita biopsia duodenale che risulta nella norma e determinazione HLA negativa per entrambi gli aplotipi DQ2 e DQ8. In attesa di tali referti viene iniziata dieta senza glutine (DSG) con apparente remissione dei sintomi. Il regime dietetico viene proseguito su richiesta della famiglia nonostante la scarsa evidenza di celiachia ma i tTG persistono positivi nonostante la DSG seguita scrupolosamente. La bambina rimane in benessere clinico per i successivi 16 mesi, quando (4 anni) compare febbre ricorrente, modesto aumento degli indici di flogosi e positività di Anticorpi anti-nucleo, anti cardiolipina e del lupus anticoagulant. Viene valutata in Reumatologia per sospetta sindrome infiammatoria con componente autoimmune e viene trattata con boli di steroidi dopo aver effettuato aspirato midollare risultato nella norma. Viene interrotta la DSG ma la madre riferisce repentina comparsa di diarrea per cui la riprende senza però miglioramento. Per tale motivo giunge alla nostra attenzione. ESAME OBIETTIVO Condizioni generali mediocri. Peso 15 Kg, Altezza 91 cm. Pallore cutaneo. Nulla da segnalare all’obiettività cardiaca e toracica. L’addome è teso, meteorico, con fegato palpabile 3 dita dall’arcata costale e milza all’ombelicale traversa. SVILUPPO DEL CASO CLINICO PRIMA PARTE Gli oncologi, sulla base degli esami ematici sostanzialmente negativi, e di una recente RM addome negativa, escludono una ripresa di malattia. S. mostra però progressivo peggioramento clinico con diarrea, ipoproteinemia, progressivo aumento degli indici di flogosi e febbre. All’esame delle feci Rotavirus positivo. IPOTESI DIAGNOSTICHE • Diarrea infettiva? • Enteropatia associata ad Istiocitosi? • Celiachia? • MICI? La soluzione del caso clinico a pagina 43 34 e nc e a v c Ad cien t di en ic S r a do c u n a c ma Re Bas co n c i ea o at lv a s r Cystic Fibrosis is an autosomal recessive disease caused by mutations in the CFTR gene. Clinical manifestations, however, are influenced by a host of complex interactions with other genes, with physical and sociocultural environment in which the patients lives, and by the efforts of healthcare providers. Studies on CF animal models clarified some pathogenetic mechanisms of the disease. La genetica nella fibrosi cistica Spunti della diagnostica di base in gastroenterologia Vincenzina Lucidi e Fabio Majo U.O.C. di Fibrosi Cistica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS di Roma INTRODUZIONE Il gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator), responsabile della fibrosi cistica (FC), è stato identificato nel 1989. Attualmente sono state riconosciute circa 1900 mutazioni (1). La proteina codificata dal gene CFTR costituisce il canale del cloro posizionato sulla membrana apicale delle cellule epiteliali differenziate. Le caratteristiche cliniche principali della FC sono l’insufficienza pancreatica e la malattia polmonare progressiva. Altre caratteristiche della malattia sono l’ostruzione dei dotti biliari con conseguente cirrosi biliare ed ipertensione portale, ridotta fertilità soprattutto maschile, ostruzione intestinale, sinusopatia cronica con poliposi recidivante e diabete. Attualmente risulta paradossale come nonostante la notevole conoscenza della FC e delle sue caratteristiche non sia ancora del tutto chiaro il processo etiopatogenetico alla base della malattia. Inizialmente si è ipotizzato che mutazioni di CFTR causassero semplicemente una disfunzione del canale per il trasporto del cloro sulle pareti delle cellule epiteliali esocrine. Sebbene ancora oggi tutti i test diagnostici per l’FC siano basati su valutazioni delle anomalie nel trasporto degli ioni cloro (test del sudore, studio della differenza dei potenziali nasali, studio elettrofisiologico della mucosa rettale: ICM - Intestinal Current Measurement) emerge un ruolo fisiopatologico della proteina CFTR molto più complesso. Infatti la gravità della malattia polmonare non correla con il residuo funzionale del canale del cloro: forme mild di malattia con test del sudore borderline e spesso diagnosi tardiva possono evolvere in insufficienza respiratoria grave. È stato dimostrato che la proteina CFTR interagisce con i canali del sodio (ENaC) e con altri canali del cloro, non CFTR. Studi di correlazione genotipo-fenotipo in gemelli affetti da FC hanno dimostrato l’importante ruolo di geni modificatori nella complessità della espressione clinica e nella risposta alla terapia preventiva (2). Anche la capacità del sistema immunitario “adattivo” ed “innato” può contribuire a modificare le manifestazioni del difetto di base del gene CFTR (3). A determinare l’importante variabilità fenotipica della FC contribuiscono però in una percentuale molto significativa molti fattori non genetici come l’ambiente (pollution, fumo, microrganismi patogeni), aspetti socio demografici, culturali, contesto familiare e capacità di accettazione delle cure piuttosto che le possibili barriere all’accesso delle cure (4). Il primo modello di topo FC era in grado di riprodurre solamente gli aspetti polmonari della malattia. Solo recentemente con la realizzazione di maiali FC (CFTR -/-) è stato possibile studiare i meccanismi fisiopatologici responsabili del danno evolutivo in particolare dell’apparato gastrointestinale: infatti il maiale FC sviluppa precocemente le lesioni gastrointestinali tipiche della malattia nel 100% dei feti. Infiammazione pancreatica L’infiammazione pancreatica era stata già descritta dalla stessa Andersen nel 1938 quando per la prima volta la FC veniva definita come nuova entità nosologica. Gli studi sul maiale FC confermano la presenza negli stadi iniziali di aggregati di neutrofili e macrofagi principalmente dentro gli acini dilatati e nei dotti ectasici, soprattutto nelle aree di distruzione pancreatica più grave. Questo quadro “pancreatitico” inizia con depositi di zimogeno eosinofilico (rappresentato dagli enzimi secreti nel lume) che frammisto al mu35 Recent Advance in Basic Science co denso, dilata i dotti, formando “cisti” con progressivo ispessimento dell’epitelio e metaplasia mucosa. Ben note sono le pancreatiti ricorrenti in pazienti con sufficienza pancreatica e più raramente in pazienti con insufficienza pancreatica (2.8% dei casi). A volte la pancreatite è il primo sintomo di una forma classica ad inizio tardivo di FC (test del sudore con Cl >60 mEq/l e/o genetica positiva) o di forme atipiche di FC (Cl >30 ma <60 mEq/l con due mutazioni CFTR e/o studio della differenza dei potenziali nasali positivo). Le mutazioni del gene CFTR sono state comunque riscontrate nelle pancreatiti ricorrenti e croniche in un’alta percentuale di casi (oltre il 40%) a testimoniare il ruolo patogenetico della attivazione precoce del tripsinogeno a tripsina all’interno dei dotti pancreatici causa il rallentamento del flusso pancreatico (pancreatiti CFTR correlate). la Malattia epatica La malattia epatica è la seconda causa di morte nei pazienti con FC. Il malfunzionamento del gene CFTR che si esprime su tutte le cellule epiteliali dei dotti biliari, causa lesioni caratterizzate da proliferazione biliare, fibrosi e infiammazione fino alla formazione di cirrosi multi lobulare in oltre il 17% dei pazienti. Ciò si realizza già prima della pubertà, confermando il coinvolgimento di altri geni. Questo meccanismo patogenetico ben evidente nel modello animale con ostruzione da plugs mucocellulari (un insieme di cellule infiammatorie, detriti cellulari e muco) frammisti a concrezioni di bile principalmente nei dotti biliari più grandi. Lo stesso accade nella colecisti con una prevalenza maggiore di colecistiti con o senza calcolosi (circa il 30% dei pazienti) probabilmente legata alla frequente ostruzione del dotto cistico. l’ileo da meconio L’ileo da meconio è un’ostruzione dell’ileo terminale causata da meconio ispessito che può associarsi o meno ad atresia, necrosi e perforazione della parete ileale. Nel passato l’ileo da meconio era considerato strettamente correlato al gene CFTR poiché circa l’80-90% dei neonati con ileo risultavano essere affetti da FC. L’eziopatogenesi dell’ileo in assenza della FC non è ancora molto chiara anche se è stato dimostrato da Toyosaka e più recentemente da Yoo che possono intervenire altre cause come l’immaturità del plesso mioenterico e delle cellule interstiziali di Cajal, ambedue dimostrate predisponenti lo sviluppo dell’ileo da meconio (5) Studi recenti sembrano invece sottolineare che l’ileo da meconio rappresenti l’epifenomeno di uno spettro ampio di patologie in cui il gene CFTR è responsabile solamente in poco più della metà dei casi (6). Sicuramente i pazienti omozigoti del F508 sono a più alto rischio di sviluppare ileo, spesso complicato, mentre i pazienti con mutazioni G551D e R117H presentano una incidenza significativamente minore. Inoltre è stato dimostrato che geni modificatori localizzati sul cromosoma 4 (4q35.1), 8 (8q23.1), 11 (11q25) e 19 (19q13) contribuiscono allo sviluppo dell’ileo da meconio del neonato con FC. (7) I neonati con FC hanno un rischio di atresia intestinale 200 volte maggiore della popolazione caucasica generale ma il meccanismo patogenetico che produce atresia non è ancora oggi ben chiarito (ostruzione meconiale che predispone ad alterazioni vascolari?). la diverticolosi del colon e dell’appendice La diverticolosi del colon e dell’appendice è stata documentata nel passato con una prevalenza del 7-14% nei pazienti FC in una età media molto precoce (13 anni). Le cause potrebbero essere l’aumento di distensione e pressione della parete intestinale causata da ristagno intraluminale ed ipertrofia della muscolatura liscia già durante la vita fetale, come confermato anche nei maiali FC (8). Un ultimo aspetto derivante dallo studio dei maiali FC offre un interessante spunto di 36 La genetica nella fibrosi cistica Spunti della diagnostica di base in gastroenterologia riflessione: a differenza di quanto avviene per l’intestino i polmoni dei maiali knockout CFTR sono simili a quelli dei maiali wild-type e non presentano infiammazione. Le cellule FC sono sicuramente responsabili di una risposta infiammatoria eccessiva ma è possibile, pertanto, che l’infiammazione non sia una caratteristica innata ma che rappresenti una risposta esagerata a stimoli esterni. L’alta frequenza di sintomi gastrointestinali nei pazienti affetti da FC è stata correlata al malassorbimento del lattosio, confermato da breath test dopo carico orale di lattosio (9) e dalla bassa attività di lattasi nelle biopsie intestinali di FC. La recente ricerca del gene della lattasi (LCT-MIM 603202) predisponente l’ipolattasia tipo adulto (ATH), studiata in 289 pazienti con FC non ha invece evidenziato alcuna differenza rispetto ai soggetti sani nella percentuale di mutazioni del gene LCT (31,5 vs 32,5%). Anche il malassorbimento di lattosio è risultato sovrapponibile tra le due popolazioni (6.9 vs 7,2%). Questi risultati sono molto importanti perché dimostrano che la diagnosi di malassorbimento al lattosio non è affidabile se si utilizzano criteri clinici e si dimostra che spesso le restrizioni dietetiche utilizzate potrebbero non essere necessarie. È noto da tempo che il portatore di mutazione CFTR è più resistente a fattori che causano diarrea determinando nel passato un grosso impatto sulla sopravvivenza della popolazione generale. Ciò potrebbe aver dato un vantaggio selettivo sufficiente a mantenere una più alta frequenza degli alleli FC nella popolazione (10) BIBLIOGRAFIA 1. 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Nonostante ciò ancora oggi non è sufficiente mente chiaro il ruolo patogenetico del gene CFTR e •Di certo la FC si esprime com croia ator mm infia una malattia sin nica dell’acino pancreatico vita della che epo e prim dalle mentre la presenza e la severità della malattia epatica sembra più correlabile a geni modificatori regola intestinale L’epitelio • il trasporto di nutrienti, elettroliti ed acqua ed il CFTR presente abbondantemente sulla mem un brana luminale intestinale è gene importante in questi prola cessi. La sua disfunzione altera secrezione di cloro ed acqua ed e incrementa la secrezione di Na altera l’assorbimento di nutrienti Na-dipendenti FC Gli outcomes della malattia • sono il risultato di una interazio ne tra fattori genetici, influenze ambientali e capacità di cura 37 ar y op y c s r do ra En Lib ura dNi I g O a cORR nin Le I FIL PP O T Il trattamento endoscopico delle stenosi ileo-coliche Tamara Caldaro, Erminia Romeo e Luigi Dall’Oglio U.O.C. Chirurgia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS di Roma A 14 year-old female underwent, in a Surgical Unit of another Hospital, esplorative laparoscopy for suspected appendicitis because of vomiting, abdominal distension and fever with a suspect of Crohn’s disease. She was admitted to our Digestive and Endoscopy Unit for the same clinical presentation; she underwent lower endoscopy and the diagnosis confirmed the suspect of Crohn’s disease with ileo-cecal valve stricture. Surgical treatment was assumed. Presentazione del caso CLINICO M.G, femmina di 14 anni, giunta a ricovero presso altra struttura per dolore addominale, vomito, alvo chiuso a feci e gas, febbre; nel sospetto di appendicite acuta, la paziente veniva sottoposta a laparoscopia esplorativa con riscontro di parete dell’ileo terminale edematosa e stenotica con lieve dilatazione dell’ansa a monte. Nel sospetto di malattia di Crohn, la paziente veniva trasferita alla nostra UOC. Esame obiettivo all’ingresso: addome modicamente disteso, trattabile, dolente alla palpazione profonda in fianco e fossa iliaca destra; aumento degli indici di flogosi, leucocitosi neutrofila. Eseguita colonscopia che evidenziava ulcerazioni della mucosa a livello del ceco, con stenosi della valvola ileo-cecale (VIC). Nella necessità di valutare le caratteristiche della stenosi ileale (lunghezza, numero delle stenosi, ascessi o fistole intestinali), la paziente è stata sottoposta a Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) [Figura 1] dell’addome ed a SICUS (Small Intestine Contrast Ultrasonography) [Figura 2]. Gli esami radiologici avevano evidenziato ispessimento transmurale dell’ultima ansa ileale con riduzione di calibro e lieve dilatazione a monte, coinvolgimento della valvola ileo-cecale e del ceco e del tessuto adiposo mesenterico periviscerale, non ascessi intra-addominali. Figura 1 RMN addome 38 Figura 2 SICUS: stenosi ileo terminale Figura 3 Dilatazione endoscopica della valvola ileo-cecale con dilatatore idrostatico Figura 4 Valvola ileo-cecale dopo la dilatazione idrostatica Sviluppo del caso clinico In considerazione dell’esito degli esami radiologici, si iniziava terapia corticosteroidea e nutrizionale esclusiva con dieta polimerica per 2 mesi. In seguito all’insorgenza di un nuovo episodio sub-occlusivo a circa un mese dalla sospensione degli steroidi, si effettuava colonscopia con visualizzazione della stenosi ileo-colica; previo posizionamento di un filoguida sotto controllo radiologico è stato inserito un dilatatore idrostatico da 15 mm nel lume e, mediante iniezione di mezzo di contrasto idrosolubile con progressiva insufflazione del dilatatore, si è ottenuta la risoluzione della stenosi a carico della VIC. Rimosso il dilatatore idrostatico, si è iniettato mezzo di contrasto idrosolubile nel lume intestinale dilatato per controllare l’assenza di perforazione intestinale [Figure 3 e 4]. Figura 5 Stricturoplastica secondo Heineke-MikuDopo la dilatazione, si faceva progredire l’endoscopio nell’ileo distale il cui calicz Modificato da Kumar D, Alexander-Williams J. libro appariva sub-stenotico; iniettato mdc idrosolubile, si visualizzava sub steCrohns Disease and Ulcerative Colitis: Surgical Management. London, United Kingdom: Springer; nosi della lunghezza > 5 cm pertanto si decideva di soprassedere ad ulteriore 1993:89-101. dilatazione idrostatica e effettuare nuovo ciclo di terapia steroidea. Dopo circa 3 mesi di benessere clinico, la paziente presentava episodio sub-occlusivo per cui, in considerazione delle caratteristiche della stenosi ileale, si procedeva a stricturoplastica secondo Mikulicz [Figura 5]. 39 Endoscopy Learning Library CONCLUSIONI E MESSAGGI PRATICI Le indicazioni all’intervento chirurgico nella malattia di Crohn sono limitate al trattamento delle complicanze (stenosi intestinali, fistole entero-enteriche/entero-vescicali/entero-cutanee, ascessi e fistole perianali) ed alle situazioni non controllabili con la terapia medica e/o nutrizionale. Nella malattia di Crohn stenosante, la risoluzione della stenosi è richiesta nei casi di sub-occlusione/occlusione intestinale. La scelta del trattamento più idoneo è secondaria alla definizione di sede, numero, lunghezza della stenosi intestinale, mediante indagini ecografiche e radiologiche. La terapia chirurgica diventa di prima scelta nei pazienti con sintomi ostruttivi, refrattari ad una iniziale terapia steroidea, o in assenza di segni di attività di malattia. In questi pazienti le caratteristiche della parete intestinale a livello della stenosi suggerirebbero un processo fibroso. In presenza di stenosi infiammatorie, coliche, ileo-coliche o anastomotiche, con indici di attività di malattia, di lunghezza inferiore a 5-8 cm si può tentare dilatazione idrostatica per via endoscopica, mentre per stenosi di lunghezza maggiore o stenosi multiple, è indicato l’intervento chirurgico di stricturoplastica o resezione intestinale da effettuarsi c/o Centri pediatrici dedicati. La resezione rappresenta un intervento demolitivo che comporta riduzione della superficie intestinale assorbente con possibile conseguente sindrome da intestino corto. La stricturoplastica, invece, preserva la lunghezza dell’intestino e, a seconda della lunghezza e del numero di stenosi presenti, sono possibili diverse tecniche chirurgiche. In conclusione, nella malattia di Crohn stenosante e sintomatica è fondamentale definire la tipologia della stenosi per un corretto programma terapeutico. Key Points • Le principali complicanze della malattia di Crohn sono rappresentate da stenosi, fistole, ascessi le • La terapia chirurgica è rivolta a risolvere complicanze • Le stenosi infiammatorie possono essere trattate endoscopicamente mediante dilatazione idrostatica 40 BIBLIOGRAFIA 1. Mueller T, Rieder B, Bechtner G et al. The response of Crohn’s strictures to endoscopic balloon dilation. Aliment Pharmacol Ther 2010 Mar;31(6):634-9. 2. Wibmer AG, Kroesen AJ, Gröne J et al. Comparison of strictureplasty and endoscopic balloon dilatation for stricturing Crohn’s disease--review of the literature. Int J Colorectal Dis 2010 Oct;25(10):1149-57. 3. Scimeca D, Mocciaro F, Cottone M et al. Efficacy and safety of endoscopic balloon dilation of symptomatic intestinal Crohn’s disease strictures. Dig Liver Dis 2011 Feb;43(2):121-5. 4. Thienpont C, D’Hoore A, Vermeire S et al. Long-term outcome of endoscopic dilatation in patients with Crohn’s disease is not affected by disease activity or medical therapy. Gut 2010 Mar;59(3):320-4. 5. Stienecker K, Gleichmann D, Neumayer U et al. Long-term results of endoscopic balloon dilatation of lower gastrointestinal tract strictures in Crohn’s disease: a prospective study. World J Gastroenterol 2009 Jun 7;15(21):2623-7. 6. Foster EN, Quiros JA, Prindiville TP. Long-term follow-up of the endoscopic treatment of strictures in pediatric and adult patients with inflammatory bowel disease. J Clin Gastroenterol 2008 Sep;42(8):880-5. 7. Federici di Abriola G, De Angelis P, Dall’Oglio L et al. Strictureplasty: An alternative approach in long segment bowel stenosis Crohn’s disease. 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When to operate immediately, when to observe, and when not to operate at all represent major challenges in the management of a child with an intestinal occlusion. INTRODUZIONE L’occlusione intestinale è una patologia dell’apparato gastrointestinale causata da anomalie congenite di sviluppo del tubo digerente o secondaria ad altre condizioni cliniche. Si può identificare e distinguere questa condizione a seconda della fascia di età in cui si manifesta (neonato, lattante, bambino). Tale distinzione ha particolare significato pratico sia per la differente eziopatogenesi in relazione all’età, sia per la diversità delle problematiche assistenziali e tecniche che ne conseguono. In Tabella 1 sono riportate le più comuni cause di occlusione intestinali nel neonato. La sede dell’occlusione alta o bassa, a seconda del distretto anatomico interessato, condiziona i tempi di insorgenza della sintomatologia [Tabella 2]. Le cause più frequenti di occlusione intestinale nel lattante di età compresa tra i 4 e 12 mesi possono essere considerate l’invaginazione intestinale [Tabella 3], l’ernia strozzata e il volvolo intestinale su diverticolo di Meckel [Tabella 4-5]. Nel bambino più grande le cause di occlusione possono essere correlate ad aderenze intestinali (in quei pazienti sottoposti precedentemente ad interventi di chirurgia addominale), tumori intestinali o extraintestinali (retroperitoneali), volvoli, morbo di Crohn, stipsi funzionale o organica, corpi estranei, parassiti. Tabella 1 Occlusioni neonatali Atresia esofagea Atresie duodenali Atresie ileali Volvolo completo dell’intestino tenue Ileo da meconio Malattia di Hirschsprung Malformazioni ano rettali Tabella 2 Algoritmo delle Occlusioni Intestinali PedGl Snapshots Segni o sintomi clinici suggestivi di occlusione intestinale (Vomito biliare, distensione addominale etc) Indagini di laboratorio Vomito Biliare Gastrico Iperamilasemia ed Iperlipasemia + dolori addominali Rx Addome Rx Addome Ecografia dell’addome Normale distribuzione del meteorismo Ostruzione Ostruzione prossimale Ostruzione distale Approccio medico o chirurgico Osservazione Studio radiologico del transito Studio radiologico del transito Clisma opaco con mdc iodato? Approccio chirurgico appropriato Approccio chirurgico appropriato Approccio chirurgico appropriato 41 PedGl Snapshots Tabella 3 Algoritmo delle Invaginazioni Sospetto di Invaginazione PedGl Snapshots Ecografia Rx diretta addome Contrastografia Invaginazione Negativa Riduzione idrostatica Osservazione Risoluzione Non risoluzione Ricovero in osservazione Riduzione chirurgica VLS - Open Tabella 4 Algoritmo della Malrotazione e/o Volvolo Obiettività clinica Sospetto Clinico Contrastografia del tratto superiore Normale Dubbio Considerare altre patologie Ecografia Ulteriori indagini Strozzamento/Volvolo Inizio graduale della sintomatologia Sintomatologia acuta Vomito (gastrico poi biliare o fecaloide) Dolore Chiusura a feci e gas Vomito Possibile broncoaspirazione Ileo paralitico Ileo paralitico Shock Disidratazione Sangue e muco nelle feci 42 Senza volvolo Intervento chirurgico Tabella 5 Diagnosi differenziale tra occlusione e strozzamento/volvolo Occlusione Malrotazione Con volvolo Approccio chirurgico in urgenza BIBLIOGRAFIA 1. 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L’esame istologico mostra nella lamina propria strutture ghiandolari iperplastiche con incremento della componente infiammatoria costituita da elementi di media e grossa taglia che all’indagine immunoistochimica risultano diffusamente positivi con la proteina SI00 e con l’anticorpo anti-CD lA. Tali caratteristiche morfologiche ed immunoistochimiche associate al quadro clinico, consentono di porre diagnosi di Enteropatia associata ad Istiocitosi a Cellule di Langherans. Figura 1 Mucosa duodenale con aspetto grossolano dei villi ed evidenti discromie biancastre PUNTI CRITICI DELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE La LCH può complicarsi con un quadro di enteropatia proteino-disperdente, ma non viene solitamente indicata tra le possibili cause di questa condizione. Pazienti con diagnosi nota di LCH dovrebbero essere attentamente valutati in tal senso ma esiste anche la possibilità che i soli sintomi gastrointestinali caratterizzino l’esordio di malattia. L’interessamento intestinale da LCH è una condizione non comune ma ha una prognosi infausta e dovrebbe quindi essere considerato nella diagnostica differenziale di bambini con sintomi gastrointestinali refrattari, in particolare in chi presenta una proteino-dispersione. In questi casi la biopsia intestinale è fortemente raccomandata per una diagnosi precoce. L’aumento dei soli anticorpi anti-tTG, invece, può essere aspecifico e presente in pazienti neoplastici, in patologie infiammatorie croniche e autoimmuni. BIBLIOGRAFIA 1. Haruko Shima, Takao Takahashi and Hiroyuki Shimada. Protein-Losing Enteropathy Caused by Gastrointestinal Tract-Involved Langerhans Cell Histiocytosis. Pediatrics 2010;125: 426-433. 2. Nash Damry, Nathalie Hottat, Nadira Azzi et al. Unusual findings in two cases of Langerhans’ cell histiocytosis. Pediatr Radiol 2000;30:196-199. 3. Satya P. Yadav, Gaurav Kharya, Neelam Mohan et al. Langerhans Cell Histiocytosis With Digestive Tract Involvement. Pediatr Blood Cancer 2010;55:748-753. Key Points cellule di Langherans • Pensare anche all’istiocitosi a eino-disperdente prot tia ropa ente di se cau le tra 43 XIX CONGRESSO NAZIONALE SIGENP Il tratto gastrointestinale e non solo: il gastroenterologo e gli altri specialisti del bambino Parma, 11-13 ottobre 2012 Hotel Parma & Congressi Presidenti del Congresso Annamaria Staiano Gian Luigi de’ Angelis Vice Presidente Sandra Brusa Comitato Scientifico Consiglio Direttivo SIGENP Presidente: Annamaria Staiano Vice Presidente: Valerio Nobili Segretario: Sandra Brusa Tesoriere: Flavia Indrio Consiglieri: Giovanni Di Nardo Daniela Knafelz, Tiziana Guadagnini Silvia Salvatore Segreteria permanente SIGENP Area Qualità Via Comelico, 3 20135 Milano Tel/Fax: 025512322 e-mail: [email protected] www.sigenp.org Segreteria Organizzativa ECON Srl Via della Moscova 16 20121 Milano Tel. 0229005745 Fax 0229005790 e-mail: [email protected] www.econcongressi.it 1° CORSO PRECONGRESSUALE DI TECNICHE ENDOSCOPICHE AVANZATE 2° CORSO PRECONGRESSUALE DI EPATOLOGIA E NUTRIZIONE Parma, 10 ottobre 2012 Il programma e successivi aggiornamenti saranno disponibili sui siti: www.sigenp.org - www.econcongressi.it RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. DIOSMECTAL 3 g polvere per sospensione orale. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Una bustina contiene: principio attivo: diosmectite 3 g. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Polvere per sospensione orale. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. Numerose sono le esperienze cliniche condotte con diosmectite nell’adulto e nel bambino, con affezioni del: - tratto digerente superiore, che sono di tipo prevalentemente funzionale o iatrogeno: ipersecrezione acida, associata a ridotta attività protettiva della mucosa gastroduodenale, reflusso gastroesofageo e/o duodeno-gastrico, discinesie, assunzione di farmaci potenzialmente lesivi a carico delle mucose; - tratto digerente inferiore, che sono di tipo prevalentemente infettivo: virulentazione della flora batterica saprofita e/o colonizzazione da parte di agenti patogeni. La patologia funzionale o iatrogena è più frequente nell’adulto, mentre quella infettiva è dominante nel bambino. I risultati di queste esperienze sono concordi nel riconoscere un’elevata incidenza di guarigioni o di miglioramenti marcati della sintomatologia ottenuti con diosmectite rispetto a quelli dei gruppi omogenei di confronto trattati con farmaci attivi di pari indicazione e, soprattutto, a quelli trattati in doppio cieco con placebo. 4.1. Indicazioni terapeutiche. • trattamento sintomatico orale della sintomatologia dolorosa delle affezioni esofago-gastro-intestinali, quali reflusso esofageo e sue complicazioni (esofagite), ernia dello hiatus, gastrite, ulcera gastroduodenale, bulbite, colite, colopatie funzionali, meteorismo. • trattamento delle diarree acute e croniche nei bambini (inclusi i neonati) e negli adulti , in aggiunta ai trattamenti con soluzioni reidratanti saline. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Posologia Trattamento della diarrea acuta: Bambini:e neonati: - al di sotto di 1 anno: 2 bustine al giorno per 3 giorni, poi 1 bustina al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. - al di sopra di 1 anno: 4 bustine al giorno per 3 giorni, poi 2 bustine al giorno fino a completa risoluzione della diarrea, per un periodo di trattamento massimo di 14 giorni; se l’episodio di diarrea acuta non si risolve dopo 7 giorni di trattamento, si consiglia di consultare il medico. Adulti: - la dose giornaliera raccomandata è di 6 bustine al giorno Trattamento delle altre indicazioni: Bambini e neonati: - al di sotto di 1 anno:1 bustina/die; - da 1 a 2 anni:1-2 bustine/die; - al di sopra dei 2 anni:2-3 bustine/die. Adulti: - in media 3 bustine al giorno. Modo di somministrazione: Il contenuto della bustina deve essere disperso in sospensione poco prima dell’uso. Si consiglia di somministrare preferibilmente dopo i pasti nella esofagite ed a distanza dei pasti nelle altre indicazioni. Bambini e neonati: Il contenuto della bustina può essere disperso in sospensione nel biberon in 50 ml di acqua e suddiviso in 2-3 dosi nel corso della giornata o mescolato con qualsiasi altra bevanda o alimento semiliquido. Adulti: Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare. 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni di impiego. La somministrazione di altri eventuali farmaci orali deve essere effettuata a distanza dall’assunzione di DIOSMECTAL. Usare con prudenza nell’adulto con storia pregressa di stipsi cronica grave. Il trattamento della diarrea acuta nei bambini deve essere associato ad una somministrazione precoce di sali minerali (integratori salini orali) per evitare la disidratazione. Negli adulti, il trattamento con Diosmectal non esime dalla reidratazione, quando questa appaia necessaria. L’entità della integrazione con sali minerali e della reidratazione, eventualmente anche per via venosa, deve essere adattata sulla base della gravità della diarrea ed in funzione dell’età e del quadro clinico del paziente. Il medicinale contiene glucosio monoidrato quindi i pazienti affetti da rari problemi di malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Il suo elevato potere adsorbente può interferire con l’assorbimento gastrointestinale di alcuni farmaci somministrati per via orale. Le altre eventuali terapie orali devono, pertanto, essere assunte a distanza da DIOSMECTAL. 4.6. Fertilità, gravidanza e allattamento. Diosmectal non viene assorbito. Pertanto, non presenta limitazione d’impiego nelle suddette condizioni. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non pertinente. 4.8. Effetti indesiderati. Gli effetti indesiderati riportati durante gli studi clinici con le seguenti frequenze, sono sempre stati lievi e transitori ed hanno interessato il sistema gastrointestinale: - non comune (≥ 1/1.000, ≤ 1/100): episodi di stipsi. Questi episodi sono migliorati dopo aggiustamenti individuali della posologia. Ulteriori informazioni derivanti dall’esperienza post-marketing includono casi molto rari (frequenza non nota) di reazioni di ipersensibilità, inclusi orticaria, rash, prurito o angioedema. 4.9. Sovradosaggio. Non sono segnalati casi di sovradosaggio o di intossicazione. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: adsorbenti intestinali, codice ATC: A07BC05. DIOSMECTAL possiede proprietà gastroprotettive in quanto interagisce con le glicoproteine del film mucoso che riveste la parete gastroduodenale, modificandone le caratteristiche fisico chimiche in modo tale da accentuare le funzioni protettive nei confronti dell’ipersecrezione acida, che è implicata nella patogenesi dell’ulcera gastroduodenale, degli enzimi proteolitici, di talune sostanze gastrolesive e di microrganismi patogeni. Possiede inoltre attività antifermentative, legate essenzialmente alla sua struttura cristallina in lamelle sovrapposte che gli conferisce un elevato potere adsorbente. Questo potere si esercita nei confronti di sostanze neutre o ionizzate, della flora e delle tossine microbiche, dei gas intestinali. Infine ha la proprietà di attivare alcuni fattori della coagulazione (VII, VIII, XII) che può risultare utile in sede locale in caso di sanguinamento da erosioni o ulcerazioni della mucosa. È radiotrasparente e non influisce sul tempo di transito gastrointestinale. I risultati dei dati combinati di due studi clinici randomizzati in doppio cieco controllati con placebo condotti su 602 bambini di età compresa tra 1 e 36 mesi con diarrea acuta ai quali è stato somministrato Diosmectal o placebo in combinazione con integratori salini orali, hanno mostrato una diminuzione significativa nelle prime 72 ore della emissione di feci nella popolazione complessiva: in media 94,5 (deviazione standard 74,4) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 104,1 (94,2) g / kg nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0016). Nella sotto-popolazione (n = 91) positiva a rotavirus, la media di emissione di feci (g / kg di peso corporeo) è 124,3 (deviazione standard 98,3) nel gruppo di pazienti trattati con diosmectite rispetto a 186,8 (147,2) nel gruppo di pazienti trattati con placebo (p = 0,0005). Un terzo studio in doppio cieco controllato con placebo condotto su 243 bambini di età compresa tra 2 e 36 mesi con diarrea acquosa acuta trattato con disomectite in combinazione con integratori salini orali non ha mostrato alcuna significativa differenza nell’emissione media di feci: la quantità media (± Deviazione standard) cumulativa nelle prime 48 ore è stata di 98.5 ± 78.0 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con diosmectite rispetto a 112.1 ± 91.8 g/kg di peso corporeo nel gruppo trattato con placebo (NS). Tuttavia, l’endpoint secondario “diminuzione della durata degli episodi di diarrea” è stato raggiunto in maniera significativa nel gruppo trattato con diosmectite: mediana [range] 43 ore (10-289) nel gruppo trattato con diosmectite, 72 ore (12-287.5) nel gruppo placebo (p=0.0263). I risultati di uno studio randomizzato in doppio cieco effettuato su 329 adulti con diarrea acquosa acuta hanno evidenziato un significativo decremento della durata della diarrea nel gruppo di pazienti trattati con la diosmectite (mediana di 53.8 ore [3,7 – 167,3] rispetto al gruppo di pazienti trattati con placebo (mediana di 69 ore [2,2-165,2]), p=0.029. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Studi sperimentali e clinici hanno dimostrato che il preparato non supera la barriera gastroenterica neppure nei pazienti con alterazioni funzionali e strutturali della mucosa gastroenterica, che potrebbero costituire un fattore favorente sull’assorbimento. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi di tossicità cronica condotti nel ratto e nel cane per un periodo di un anno, dimostrano che il principio attivo del preparato anche a dosi 10-15 volte superiori a quella terapeutica non induce modificazioni ed alterazioni specifiche a carico di organi e funzioni, in considerazione anche del suo non assorbimento. Si sono registrate in alcuni animali modificazioni a carico del metabolismo lipidico in particolare aumento di trigliceridemia alle alte dosi che non trovano una spiegazione ragionevole ma che in ogni caso non sono mai dose-dipendente, spesso regrediscono nel tempo e non raggiungono livelli patologici. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Saccarina sodica, glucosio monoidrato, aroma vaniglia, aroma arancio. 6.2. Incompatibilità. Nessuna, ad esclusione delle interferenze in fase di assorbimento nei confronti di alcuni altri farmaci somministrati contemporaneamente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni a confezione integra. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Astuccio di cartone contenente 30 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 20 bustine termosaldate da 3,760 g. Astuccio di cartone contenente 10 bustine termosaldate da 3,760 g. è possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per ottenere una sospensione omogenea, versare lentamente la polvere in mezzo bicchiere di acqua e mescolare regolarmente. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. - Via Lungo l’Ema, 7 - Bagno a Ripoli FI. Su licenza: SCRAS S.A. - Parigi (Francia). 8. NUMERI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO. AIC n. 028852010 (30 bustine). AIC n. 028852034 (20 bustine). AIC n. 028852022 (10 bustine). 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE. Data di prima autorizzazione: - 30 bustine: 31.10.1995. - 10 e 20 bustine: 18.11.1999. Data dell’ultimo rinnovo: 31.10.2010. 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO. Luglio 2011. CONFEZIONI 3 g 30 bust. PREZZO AL PUBBLICO 13,40 CLASSE C Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006. NOTA - 10 mg RIASSUNTO DELLE CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE. LUCEN 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA. Ogni bustina contiene: 10 mg di esomeprazolo (come magnesio triidrato). Eccipienti: saccarosio 6,8 mg e glucosio 2,8 mg. Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA. Granulato gastroresistente per sospensione orale, in bustina. Granuli fini giallo pallido. Possono essere visibili granuli bruni. 4. INFORMAZIONI CLINICHE. 4.1. Indicazioni terapeutiche. Lucen sospensione orale è principalmente indicato per il trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) nei bambini da 1 a 11 anni di età. Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente; - trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE). Lucen sospensione orale, può essere usato anche nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse gastroresistenti dispersibili di Lucen. Per le indicazioni nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. 4.2. Posologia e modo di somministrazione. Per la dose da 10 mg, svuotare il contenuto di una bustina da 10 mg in un bicchiere contenente 15 ml di acqua. Per la dose da 20 mg, svuotare il contenuto di due bustine da 10 mg in un bicchiere contenente 30 ml di acqua. Non usare acqua gasata. Mescolare il contenuto fino ad ottenere la dispersione del granulato e lasciare addensare per alcuni minuti. Mescolare di nuovo e bere il contenuto entro 30 minuti. I granuli non devono essere masticati o frantumati. Sciacquare il bicchiere con 15 ml di acqua per assumere tutti i granuli. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: vedere paragrafo 6.6 per la preparazione e le istruzioni per la somministrazione. Bambini da 1 a 11 anni di età con peso corporeo ≥ 10 kg Malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) - Trattamento dell’esofagite da reflusso erosiva dimostrata endoscopicamente Peso ≥ 10 - <20 kg: 10 mg una volta al giorno per 8 settimane. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg una volta al giorno per 8 settimane. - Trattamento sintomatico della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) 10 mg una volta al giorno fino ad 8 settimane. Dosi superiori a 1 mg/kg/die non sono state studiate. Adulti ed adolescenti dai 12 anni di età Per la posologia nei pazienti dai 12 anni di età si rimanda al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di Lucen compresse gastroresistenti. Bambini al di sotto di 1 anno di età o < 10 kg Lucen non deve essere impiegato nei bambini al di sotto dell’anno di vita o nei bambini con peso < 10 kg in quanto non sono disponibili dati. Pazienti con funzionalità renale ridotta Nei pazienti con ridotta funzionalità renale non sono necessari adattamenti di dosaggio. In considerazione della limitata esperienza clinica, i pazienti con grave insufficienza renale devono essere trattati con cautela (vedere paragrafo 5.2). Pazienti con funzionalità epatica ridotta Nei pazienti con compromissione epatica lieve o moderata non è richiesto un adattamento della dose. Nei pazienti di età ≥ 12 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg di Lucen. Nei bambini di 1-11 anni con compromissione epatica grave non deve essere superata la dose massima di 10 mg (vedere paragrafo 5.2). 4.3. Controindicazioni. Ipersensibilità nota verso l’esomeprazolo, verso i sostituti benzimidazolici o verso qualunque altro componente della formulazione. L’esomeprazolo non deve essere usato in concomitanza con nelfinavir (vedere paragrafo 4.5). 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego. In presenza di qualsiasi sintomo allarmante (per esempio significativa perdita di peso non intenzionale, vomito ricorrente, disfagia, ematemesi o melena) e quando si sospetta o è confermata la presenza di un’ulcera gastrica, la natura maligna dell’ulcera deve essere esclusa in quanto la terapia con Lucen potrebbe alleviare i sintomi e ritardare la diagnosi. Pazienti trattati per un lungo periodo (in particolare quelli sottoposti a trattamento per più di un anno) devono essere controllati regolarmente. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). I pazienti in regime terapeutico di trattamento al bisogno devono essere istruiti a contattare il loro medico qualora i sintomi avvertiti dovessero assumere un carattere diverso. Il trattamento al bisogno non è stato studiato nei bambini e quindi non è indicato in questo gruppo di pazienti. Nei pazienti che seguono questo regime terapeutico devono essere tenute in considerazione le implicazioni dovute alle fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche dell’esomeprazolo per le interazioni con altri farmaci (vedere paragrafo 4.5). La specialità medicinale contiene saccarosio e glucosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, da malassorbimento di glucosio-galattosio, o da insufficienza di sucrasi isomaltasi, non devono assumere questo medicinale. La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione di atazanavir con un inibitore di pompa protonica è inevitabile, si raccomanda uno stretto monitoraggio clinico in associazione ad un aumento della dose di atazanavir a 400 mg con 100 mg di ritonavir; la dose di esomeprazolo non deve superare i 20 mg. L’esomeprazolo è un inibitore del CYP2C19. All’inizio o alla fine del trattamento con esomeprazolo deve essere considerata la potenziale interazione con farmaci metabolizzati dal CYP2C19. È stata osservata un’interazione tra clopidogrel e omeprazolo (vedere paragrafo 4.5). La rilevanza clinica di questa interazione è incerta. A titolo precauzionale, deve essere scoraggiato l’uso concomitante di esomeprazolo e clopidogrel. 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione. Influenza dell’esomeprazolo sulla farmacocinetica di altri farmaci. Prodotti medicinali con assorbimento dipendente dal pH La ridotta acidità intragastrica correlata al trattamento con esomeprazolo può aumentare o diminuire l’assorbimento di alcuni farmaci, se il loro meccanismo di assorbimento è influenzato dall’acidità gastrica. Come osservato per altri inibitori della secrezione acida o antiacidi, l’assorbimento di ketoconazolo e itraconazolo può diminuire durante il trattamento con esomeprazolo. Sono state segnalate interazioni tra omeprazolo e alcuni inibitori della proteasi. La rilevanza clinica e i meccanismi di tali interazioni non sono sempre noti. Un aumento del pH gastrico durante il trattamento con omeprazolo può modificare l’assorbimento degli inibitori della proteasi. Altri possibili meccanismi di interazione avvengono attraverso inibizione del CYP2C19. È stata segnalata una diminuzione dei livelli sierici di atazanavir e nelfinavir quando somministrati con omeprazolo e pertanto la somministrazione concomitante non è raccomandata. La somministrazione concomitante di omeprazolo (40 mg/die) con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg nei volontari sani determina una sostanziale riduzione dell’esposizione ad atazanavir (una diminuzione di circa il 75% dell’AUC, Cmax e Cmin). Un aumento della dose di atazanavir a 400 mg non compensa l’impatto dell’omeprazolo sull’esposizione ad atazanavir. La co-somministrazione di omeprazolo (20mg/die) atazanavir 400 mg/ritonavir 100 mg in volontari sani è risultata in una diminuzione di circa il 30% nell’esposizione ad atazanavir rispetto all’esposizione osservata con atazanavir 300 mg/ritonavir 100 mg/die senza omeprazolo 20 mg/die. La co-somministrazione di omeprazolo (40 mg/die) ha ridotto l’AUC, la Cmax e la Cmin medi di nelfinavir del 36–39% e l’AUC, la Cmax e la Cmin medi del metabolita farmacologicamente attivo M8 del 75–92%. Sono stati segnalati aumentati livelli sierici (80-100%) di saquinavir (in co-somministrazione con ritonavir) durante il trattamento concomitante con omeprazolo (40 mg/die). Il trattamento con omeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di darunavir (in co-somministrazione con ritonavir) e amprenavir (in co-somministrazione con ritonavir). Il trattamento con esomeprazolo 20 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di amprenavir (con e senza co-somministrazione di ritonavir). Il trattamento con omeprazolo 40 mg/die non ha avuto effetti sull’esposizione di lopinavir (in co-somministrazione con ritonavir). La co-somministrazione di esomeprazolo e atazanavir non è raccomandata e la co-somministrazione di esomeprazolo e nelfinavir è controindicata a causa degli effetti farmacodinamici e delle proprietà farmacocinetiche simili di omeprazolo ed esomeprazolo. Farmaci metabolizzati dal CYP2C19 L’esomeprazolo inibisce il suo principale enzima metabolizzante, il CYP2C19. Quando l’esomeprazolo è associato ad altri farmaci metabolizzati attraverso il CYP2C19, come diazepam, citalopram, imipramina, clomipramina, fenitoina, ecc., le concentrazioni plasmatiche di questi farmaci potrebbero essere aumentate e potrebbe rendersi necessaria una riduzione delle dosi. Ciò va tenuto in particolare considerazione quando l’esomeprazolo viene prescritto al bisogno. La somministrazione concomitante di esomeprazolo 30 mg promuove una riduzione del 45% della clearance del diazepam, substrato del CYP2C19. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo promuove nei pazienti epilettici un innalzamento dei livelli plasmatici minimi della fenitoina del 13%. Si raccomanda di monitorare le concentrazioni plasmatiche della fenitoina quando si inizia o si sospende il trattamento con esomeprazolo. L’omeprazolo (40 mg/die) aumenta la Cmax e l’AUCt del voriconazolo (substrato del CYP2C19) rispettivamente del 15% e del 41%. La somministrazione concomitante di 40 mg di esomeprazolo a pazienti in trattamento con warfarin ha evidenziato, in uno studio clinico, che i tempi di coagulazione rimanevano entro un intervallo di normalità. Tuttavia, dopo la commercializzazione del prodotto, durante il trattamento concomitante, sono stati segnalati alcuni casi isolati di innalzamento dei valori di INR di rilevanza clinica. Si raccomanda il monitoraggio del pazienteall’inizio ed al termine del trattamento concomitante con esomeprazolo durante la terapia con warfarin o altri derivati cumarinici. Nei volontari sani, la somministrazione concomitante di esomeprazolo 40 mg e cisapride promuove un innalzamento del 32% dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo (AUC) e un prolungamento del 31% dell’emivita di eliminazione (t½), ma non un aumento significativo dei picchi di concentrazione plasmatica della cisapride. Il lieve prolungamento dell’intervallo QTc osservato dopo somministrazione della cisapride da sola non è ulteriormente allungato in seguito all’ associazione di cisapride ed esomeprazolo. È stato dimostrato che l’esomeprazolo non ha effetti clinici rilevanti sulla farmacocinetica di amoxicillina e chinidina. Non sono state evidenziate interazioni farmacocinetiche clinicamente rilevanti negli studi a breve termine in cui è stata valutata la somministrazione concomitante di esomeprazolo con naprossene o con rofecoxib. In uno studio clinico cross-over, clopidogrel (dose di carico 300 mg seguita da 75 mg/die) è stato somministrato per 5 giorni in monoterapia e con omeprazolo (80 mg somministrati insieme a clopidogrel). L’esposizione al metabolita attivo di clopidogrel è diminuita del 46% (giorno 1) e del 42% (giorno 5) quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati. Quando clopidogrel e omeprazolo sono stati co-somministrati si è avuta una diminuzione del 47% (24 ore) e del 30% (giorno 5) dell’inibizione media dell’aggregazione piastrinica (IPA). In un altro studio è stato dimostrato che la somministrazione di clopidogrel e omeprazolo in tempi differenti non previene la loro interazione, che sembra guidata dall’azione inibitrice dell’omeprazolo sul CYP2C19. Sono stati segnalati dati non univoci, provenienti da studi osservazionali e clinici, sulle implicazioni cliniche di questa interazione farmacocinetica/farmacodinamica in termini di eventi cardiovascolari maggiori. Influenza di altri farmaci sulla farmacocinetica dell’esomeprazolo L’esomeprazolo è metabolizzato attraverso il CYP2C19 e il CYP3A4. Il trattamento concomitante con esomeprazolo e un inibitore del CYP3A4, claritromicina (500 mg b.i.d.) promuove un raddoppio dell’esposizione (AUC) all’esomeprazolo. La somministrazione concomitante di esomeprazolo ed un inibitore combinato del CYP2C19 e del CYP3A4 può portare ad un’esposizione di esomeprazolo più che raddoppiata. Il voriconazolo, inibitore del CYP2C19 e del CYP3A4, innalza l’AUCt dell’omeprazolo del 280%. Un adattamento della dose di esomeprazolo non è regolarmente richiesto in entrambe le sopra menzionate situazioni, tuttavia, deve essere preso in considerazione nei pazienti con compromissione epatica grave e nei casi in cui è indicato un trattamento a lungo termine. Il trattamento a lungo termine è indicato negli adulti e negli adolescenti (dai 12 anni di età in poi, vedere paragrafo 4.1). 4.6. Gravidanza e allattamento. Per Lucen i dati clinici sull’esposizione in gravidanza sono insufficienti. Con l’omeprazolo, miscela racemica, non sono state osservate malformazioni o effetti fetotossici negli studi epidemiologici condotti su un vasto numero di donne in gravidanza. Studi condotti negli animali con esomeprazolo non indicano effetti dannosi diretti o indiretti a carico dello sviluppo embriofetale. Studi condotti negli animali con la miscela racemica non indicano effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, parto o sviluppo postnatale. La prescrizione del farmaco a donne in gravidanza deve avvenire con cautela. Non è noto se l’esomeprazolo venga escreto nel latte materno. Non sono stati condotti studi nelle donne che allattano, pertanto Lucen non deve essere usato durante l’allattamento. 4.7. Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Non è stato osservato nessun effetto. 4.8. Effetti indesiderati. Le seguenti reazioni avverse sono state identificate sospettate durante gli studi clinici condotti con l’esomeprazolo e dopo la commercializzazione. Nessuna di queste è risultata dose-correlata. Le reazioni sono state classificate in base alla frequenza: molto comune > 1/10; comune >1/100, <1/10; non comune ≥1/1000, <1/100; raro ≥1/10.000, <1/1000; molto raro < 1/10.000; non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione Rare: malessere, aumentata sudorazione. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche Rare: broncospasmo. Patologie del sistema emolinfopoietico Rare: leucopenia, trombocitopenia. Molto rare: agranulocitosi, pancitopenia. Patologie del sistema nervoso Comuni: cefalea. Non comuni: capogiri, parestesia, sonnolenza. Rare: disturbi del gusto. Disturbi del sistema immunitario Rare: reazioni di ipersensibilità quali ad esempio febbre, angioedema e reazione/shock anafilattico. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo Non comuni: dermatite, prurito, eruzione cutanea, orticaria. Rare: alopecia, fotosensibilità. Molto rare: eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson, necrolisi epidermica tossica (TEN). Patologie epatobiliari Non comuni: innalzamento dei valori degli enzimi epatici. Rare: epatiti con o senza ittero. Molto rare: insufficienza epatica, encefalopatia nei pazienti con malattia epatica preesistente. Patologie gastrointestinali Comuni: dolore addominale, costipazione, diarrea, flatulenza, nausea/vomito. Non comuni: secchezza della bocca. Rare: stomatite, candidosi gastrointestinale. Disturbi del metabolismo e della nutrizione Non comuni: edema periferico. Rare: iponatriemia. Molto rare: ipomagnesiemia. Patologie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Rare: artralgia, mialgia. Molto rare: debolezza muscolare. Patologie renali e urinarie Molto rare: nefrite interstiziale. Disturbi psichiatrici Non comuni: insonnia. Rare: agitazione, confusione, depressione. Molto rare: aggressività, allucinazioni. Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella Molto rare: ginecomastia. Patologie dell’occhio Rare: offuscamento della vista. Patologie dell’orecchio e del labirinto Non comuni: vertigini. 4.9. Sovradosaggio. L’esperienza sul sovradosaggio intenzionale è attualmente molto limitata. Sintomi gastrointestinali e debolezza sono stati descritti in relazione all’assunzione di 280 mg. Dosi singole di 80 mg di esomeprazolo non hanno causato conseguenze. Non è noto un antidoto specifico. L’esomeprazolo è ampiamente legato alle proteine plasmatiche e pertanto non è velocemente dializzabile. Come in tutti i casi di sovradosaggio, il trattamento deve essere sintomatico, adottando misure di supporto generiche. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE. 5.1. Proprietà farmacodinamiche. Categoria farmacoterapeutica: inibitori della pompa acida. Codice ATC: A02BC05. L’esomeprazolo è lisomero S dell’omeprazolo e riduce la secrezione acida gastrica mediante un meccanismo di azione specifico e selettivo. L’esomeprazolo è un inibitore specifico della pompa acida a livello della cellula parietale. Entrambi gli isomeri dell’omeprazolo, R e S, hanno attività farmacodinamica simile. Sito e meccanismo di azione L’esomeprazolo è una base debole ed è concentrato e convertito nella forma attiva nell’ambiente fortemente acido dei canalicoli intracellulari della cellula parietale, dove inibisce l’enzima H+K+-ATPasi - pompa acida promuovendo un’inibizione della secrezione acida basale e stimolata. Effetti sulla secrezione acida gastrica Dopo la somministrazione orale di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’effetto sulla secrezione acida si manifesta entro 1 ora. Dopo somministrazioni ripetute con esomeprazolo da 20 mg una volta al giorno per 5 giorni, il picco medio di secrezione acida dopo stimolazione con pentagastrina risulta ridotto del 90% quando valutato 6-7 ore dopo la dose del quinto giorno. Dopo 5 giorni di somministrazione orale con esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, il pH intragastrico viene mantenuto a valori superiori a 4 rispettivamente per un tempo medio di 13 e 17 ore su 24 nei pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo sintomatica. La proporzione dei pazienti che mantiene il pH intragastrico a valori superiori a 4 per almeno 8, 12 e 16 ore è rispettivamente pari al 76%, 54% e 24% per l’esomeprazolo da 20 mg, e pari al 97%, 92% e 56% per l’esomeprazolo da 40 mg. È stata dimostrata una correlazione tra l’esposizione al farmaco e l’inibizione della secrezione acida usando l’AUC come parametro surrogato della concentrazione plasmatica. Effetti terapeutici sull’inibizione acida L’esomeprazolo da 40 mg promuove la guarigione dell’esofagite da reflusso in circa il 78% dei pazienti dopo 4 settimane e nel 93% dopo 8 settimane. Altri effetti correlati all’inibizione acida Durante il trattamento con farmaci antisecretori è stato osservato un innalzamento dei livelli sierici di gastrina in risposta alla diminuita secrezione acida. Un aumento del numero delle cellule ECL, possibilmente correlato ad un aumento dei livelli della gastrinemia, è stato osservato in alcuni pazienti durante il trattamento a lungo termine con esomeprazolo. Durante il trattamento a lungo termine con farmaci antisecretori, è stato osservato un aumento della frequenza di comparsa di cisti ghiandolari gastriche che rappresentano la fisiologica conseguenza della pronunciata inibizione della secrezione acida. Dette formazioni sono di natura benigna e appaiono reversibili. Bambini con malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) da 1 a 11 anni di età In uno studio multicentrico a gruppi paralleli, 109 pazienti con MRGE dimostrata endoscopicamente (da 1 a 11 anni di età) sono stati trattati con Lucen una volta al giorno per 8 settimane al fine di valutare la sicurezza e la tollerabilità. Il dosaggio per peso corporeo del paziente era il seguente: Peso < 20 kg: 5 mg o 10 mg di esomeprazolo una volta al giorno. Peso ≥ 20 kg: 10 mg o 20 mg di esomeprazolo una volta al giorno. I pazienti sono stati caratterizzati endoscopicamente in base alla presenza o assenza di esofagite erosiva. 53 pazienti avevano al tempo basale esofagite erosiva. Dei 45 pazienti sottoposti a follow-up endoscopico, 43 (93,3%) erano guariti dall’esofagite erosiva durante le 8 settimane di trattamento. 5.2. Proprietà farmacocinetiche. Assorbimento e distribuzione L’esomeprazolo è sensibile all’ambiente acido ed è somministrato per via orale in forma di granuli gastroresistenti. In vivo, la conversione a R-isomero è irrilevante. L’assorbimento dell’esomeprazolo è rapido, con picchi di livelli plasmatici riscontrabili approssimativamente 1-2 ore dopo l’assunzione della dose. La biodisponibilità totale è pari al 64% dopo una singola somministrazione di 40 mg ed arriva all’89% dopo somministrazioni giornaliere ripetute. Per il dosaggio da 20 mg di esomeprazolo i valori corrispondenti sono pari rispettivamente al 50% e al 68%. Il volume di distribuzione apparente allo stato stazionario nei soggetti sani è di circa 0,22 l/kg di peso corporeo. Il 97% di esomeprazolo si lega alle proteine plasmatiche. L’assunzione di cibo ritarda e diminuisce l’assorbimento dell’esomeprazolo, sebbene questo non abbia alcuna significativa influenza sull’effetto dell’esomeprazolo sull’acidità intragastrica. Metabolismo ed eliminazione L’esomeprazolo è metabolizzato completamente dal sistema del citocromo P450 (CYP). La maggior parte del metabolismo dell’esomeprazolo è dipendente dal CYP2C19 polimorficamente espresso, responsabile della formazione di idrossie desmetil metaboliti di esomeprazolo. La parte restante dipende da un’altra isoforma specifica, CYP3A4, responsabile della formazione di esomeprazolo sulfonato, che rappresenta il principale metabolita plasmatico. I parametri sotto riportati riflettono principalmente la farmacocinetica negli individui metabolizzatori rapidi, forniti di un enzima CYP2C19 funzionante. La clearance plasmatica totale è pari a circa 17 l/h dopo una singola dose e pari a circa 9 l/h dopo somministrazioni ripetute. L’emivita di eliminazione plasmatica dell’esomeprazolo è di circa 1,3 ore dopo somministrazioni giornaliere ripetute. La farmacocinetica dell’esomeprazolo è stata studiata fino a dosi di 40 mg b.i.d. L’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo aumenta con la somministrazione ripetuta di esomeprazolo. Questo aumento è dose dipendente e porta ad un aumento dell’AUC più che proporzionale alla dose dopo somministrazioni ripetute. Questa dose-dipendenza e tempo-dipendenza sono dovute alla diminuzione dell’effetto di primo passaggio metabolico e della clearance sistemica, probabilmente dovuta all’inibizione dell’enzima CYP2C19 causata dall’esomeprazolo e/o dal suo metabolita sulfonato. Nell’intervallo di tempo tra le somministrazioni, l’esomeprazolo è completamente eliminato dal plasma e non ha tendenza all’accumulo quando somministrato una volta al giorno. I maggiori metaboliti dell’esomeprazolo non hanno effetti sulla secrezione acida. Quasi l’80% di una dose orale di esomeprazolo viene escreto come metaboliti nelle urine, il rimanente si ritrova nelle feci. Meno dell’1% del farmaco di origine si ritrova nelle urine. Popolazione di pazienti particolari Approssimativamente il 2,9±1,5% della popolazione, denominata metabolizzatori lenti, ha una funzionalità insufficiente dell’enzima CYP2C19. In questi individui è probabile che il metabolismo dell’esomeprazolo sia principalmente catalizzato attraverso il CYP3A4. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo era approssimativamente più alta del 100% nei metabolizzatori lenti rispetto ai soggetti con l’enzima CYP2C19 funzionante (rapidi metabolizzatori). Il picco medio di concentrazione plasmatica era aumentato di circa il 60%. Queste osservazioni non hanno implicazioni sulla posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo non è modificato significativamente nei soggetti anziani (71-80 anni). Dopo una singola somministrazione di 40 mg di esomeprazolo, la media dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/ tempo è approssimativamente più alta del 30% nelle donne rispetto agli uomini. Dopo somministrazioni giornaliere ripetute non è stata osservata alcuna differenza tra i sessi. Queste osservazioni non hanno implicazioni per la posologia dell’esomeprazolo. Il metabolismo dell’esomeprazolo nei pazienti con disfunzioni epatiche lievi – moderate può essere compromesso. La velocità metabolica è diminuita nei pazienti con gravi disfunzioni epatiche con conseguente raddoppiamento dell’area sotto la curva concentrazione plasmatica/tempo dell’esomeprazolo. Quindi nei pazienti con disfunzione grave non deve essere superata la dose massima di 20 mg. L’esomeprazolo e i suoi metaboliti principali non mostrano alcuna tendenza all’accumulo quando somministrati una volta al giorno. Non sono stati condotti studi nei pazienti con ridotta funzionalità renale. Poiché il rene è responsabile dell’escrezione dei metaboliti dell’esomeprazolo ma non dell’eliminazione del composto di origine, si ritiene che il metabolismo dell’esomeprazolo non venga modificato nei pazienti con funzionalità renale ridotta. Popolazione pediatrica Adolescenti dai 12 ai 18 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di esomeprazolo da 20 mg e 40 mg, l’esposizione totale (AUC) ed il tempo di raggiungimento della massima concentrazione plasmatica del farmaco (tmax) negli adolescenti di 12-18 anni sono risultati simili a quelli osservati negli adulti. Bambini da 1 a 11 anni di età: Dopo somministrazioni ripetute di 10 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) osservata all’interno dell’intervallo di età da 1 a 11 anni è risultata simile, e l’esposizione era simile a quella degli adolescenti e degli adulti trattati con la dose di 20 mg. Dopo somministrazioni ripetute di 20 mg di esomeprazolo, l’esposizione totale (AUC) era più elevata nei bambini da 6 a 11 anni rispetto a quella osservata negli adolescenti e negli adulti trattati con la medesima dose. 5.3. Dati preclinici di sicurezza. Gli studi preclinici convenzionali di tossicità, genotossicità e tossicità della riproduzione con somministrazioni ripetute non hanno evidenziato particolari rischi per l’uomo. Gli studi di cancerogenesi nei ratti trattati con la miscela racemica hanno evidenziato un’iperplasia delle cellule gastriche ECL e carcinoidi. Tali modificazioni osservate nei ratti sono il risultato di un’elevata e pronunciata ipergastrinemia secondaria all’inibizione acida e sono state osservate nel ratto dopo trattamenti protratti nel tempo con gli inibitori della secrezione acida gastrica. Rispetto a quanto osservato negli animali adulti, non sono stati osservati effetti tossici nuovi o inattesi nei ratti e nei cani giovani in seguito a somministrazione di esomeprazolo per 3 mesi. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE. 6.1. Elenco degli eccipienti. Granuli di esomeprazolo: Glicerolo monostearato 40-55, Idrossipropil cellulosa, Ipromellosa, Magnesio stearato, Acido metacrilico etile acrilato copolimero (1:1) dispersione al 30%, Polisorbato 80, Saccarosio sfere (saccarosio e amido di mais), Talco, Trietil citrato. Granuli inerti: Acido citrico anidro (per la regolazione del pH), Crospovidone, Glucosio, Idrossipropil cellulosa, Ferro ossido giallo (E172), Gomma Xantana. 6.2. Incompatibilità. Non pertinente. 6.3. Periodo di validità. 3 anni. Il prodotto deve essere assunto entro 30 minuti dalla ricostituzione. 6.4. Precauzioni particolari per la conservazione. Non ci sono istruzioni particolari per la conservazione. 6.5. Natura e contenuto del contenitore. Confezione da 28 bustine. Bustine (contenenti granuli) formate da 3 strati: polietilene tereftalato (PET), alluminio, polietilene a bassa densità (LDPE) che protegge i granuli dall’umidità. 6.6. Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione. Per i pazienti con sondino nasogastrico o gastrico: 1) Per somministrare una dose di 10 mg, aggiungere il contenuto di una bustina da 10 mg a 15 ml di acqua. 2) Per somministrare una dose di 20 mg, aggiungere il contenuto di due bustine da 10 mg a 30 ml di acqua. 3) Mescolare. 4) Lasciare addensare per alcuni minuti. 5) Mescolare di nuovo. 6) Prelevare la sospensione con una siringa. 7) Iniettare attraverso il sondino, di diametro pari a 6 French o superiore, nello stomaco entro 30 minuti dalla ricostituzione. 8) Riempire di nuovo la siringa con 15 ml di acqua per la dose da 10 mg e con 30 ml di acqua per la dose da 20 mg. 9) Agitare ed iniettare il contenuto rimasto dal sondino nasogastrico o gastrico nello stomaco. La sospensione non utilizzata deve essere scartata. 7. TITOLARE DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Istituto Farmacobiologico Malesci S.p.A. Via Lungo L’Ema 7 – 50015 Bagno a Ripoli (FI). 8. nuMERO DELL’AutORIzzAzIOnE ALL’IMMISSIOnE In COMMERCIO. Lucen 10 mg granulato gastroresistente per sospensione orale, confezione da 28 bustine – AIC: 035367554/M. 9. DAtA DELLA PRIMA AutORIzzAzIOnE/RInnOVO DELL’AutORIzzAzIOnE. Prima autorizzazione: 02 Aprile 2009. Data dell’ultimo rinnovo: 10 Marzo 2010. 10. DAtA DI REVISIOnE DEL tEStO. Febbraio 2011. CONFEZIONI 10 mg 28 bustine PREZZO AL PUBBLICO 18,42* CLASSE A *Prezzo comprensivo delle riduzioni temporanee di cui alle determinazioni AIFA 30 dicembre 2005, 3 luglio 2006 e 27 settembre 2006. NOTA 48+1