la persona afasica

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la persona afasica
la persona afasica
conoscere per accompagnare
LA PERSONA AFASICA
conoscere per accompagnare
La Guida all’Afasia nasce con l’obiettivo di essere un prezioso strumento di lavoro
per tutti coloro che quotidianamente forniscono un servizio di diagnosi e cura
e come supporto per gli operatori, gli amici e la famiglia della persona afasica.
Nella guida si definisce in maniera puntuale cos’è l’afasia, le sue cause, le varie
tipologie, le sintomatologie, la gravità e i conseguenti deficit fisici. Si illustrano inoltre
le modalità di lavoro e di approccio con il paziente afasico, stabilendo il protocollo
di valutazione e spiegando la terminologia della persona afasica, così da poterla
conoscere e comprendere.
L’afasia non è una problematica limitata solo a livello psico-fisico, ma coinvolge tutto
l’ambiente contingente, per questo si mostra come facilitare con la comunicazione,
il processo di integrazione sociale del paziente con l’ausilio di laboratori didattici
e gruppi di discussione e di automutuoaiuto.
È importante dare continuità al processo di diagnosi e riabilitazione curando
la dimensione psichica attraverso un supporto psicologico; si indicano quindi i passi
necessari per la rieducazione del linguaggio e si forniscono a operatori e famigliari
una serie di consigli su come interagire ed aiutare la persona afasica a parlare
e comunicare.
La guida vuole essere un canale di informazione per sviluppare una cultura
condivisa sull’afasia che possa portare al raggiungimento del benessere del paziente
attraverso l’accesso ad attività di tipo riabilitativo/psicomotorio; vuole sostenere
il lavoro dei familiari e dei care givers, valorizzando il modello terapeutico
della domiciliarizzazione dell’assistenza, per consentire all’afasico di mantenere
il più a lungo possibile una vita dignitosa ed indipendente.
guida pert gli operatori, la famiglia e gli amici.
Prof. Dr. Humberto O. Chade
la persona afasica
conoscere per accompagnare
LA
Conoscere per accompagnare
AttiPERSONA
convegnoAFASICA.
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Cooperativa
coop.
Cooperativa Società
Sociale Dolce
Societàsoc.
Dolce
soc. coop.
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Guida per la famiglia, gli amici e gli operatori.
Pubblicazione atti: settembre 2008
I edizione ottobre 2008
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INDICE
INTRODUZIONE
Dott.ssa Sara Saltarelli
Responsabile Area Assistenza alla Persona della Cooperativa Sociale Società Dolce Società Cooperativa di Bologna
PREMESSA
Prof. Josè Jorge Chade
Professore ufficiale di Pedagogia Speciale Facoltà di Scienze della Formazione Università di Bologna
1. L’ORGANIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO
Prof. Dr. Humberto O. Chade
Dr. in Medicina Università di Zurigo-Svizzera. Prof. Emerito di neurologia Università Nazionale
di Cuyo-Mendoza-Argentina - Presidente dell’Associazione Argentina di Neurologia
Aspetti generici
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Aree del linguaggio
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Unità funzionale di Lurija
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Disturbi precoci del linguaggio
xx
Linguaggio, involuzione e demenza
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Fattori patologici
xx
2. AFASIA
Prof. Josè Jorge Chade
Definizione
xx
Tipi di Afasie
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Possibilità di leggere e scrivere
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Gravità
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L’Afasia peggiora?
xx
Malattia mentale?
xx
Varietà della sintomatologia
xx
Quale deficit fisico?
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3. VALUTAZIONE DEL PAZIENTE AFASICO
Modalità di lavoro
Documentare la valutazione
Terminologia (Conoscere per capire)
xx
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xx
4. STRATEGIA DI LAVORO DI GRUPPO PER
FACILITARE LA COMUNICAZIONE
Facilitare la comunicazione
Obiettivi didattici dei laboratori
Gruppi di discussione e di automutuoaiuto
xx
xx
xx
5. LA DIMENSIONE PSICHICA E L’IMPORTANZA
DEL SUPPORTO PSICOLOGICO
La dimensione psichica
Il supporto psicologico
xx
xx
6. LA RIEDUCAZIONE DEL LINGUAGGIO
Indicazioni per operatori e famigliari
Come aiutare a parlare la persona afasica?
xx
xx
7. E’ POSSIBILE DIMOSTRARE L’EFFICACIA DI UNA
RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA IN AFASIOLOGIA?
BIBLIOGRAFIA
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LA PERSONA AFASICA
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Dott.ssa Sara Santarelli 1
INTRODUZIONE
“La vita non è quella che dovrebbe essere.
E’ quella che è.
E’ il modo in cui l’affronti che crea la differenza”.
Virginia Satir
La mia storia è la storia di tante altre persone che hanno vissuto come me un’esperienza difficile,
drammatica, nel dover affrontare di colpo la malattia, nel gestire la difficile ripresa e nell’accettare
che la persona a te cara, era condannata per sempre ad una vita di silenzio e di sofferenza.
Ho conosciuto l’afasia molti anni fa, perché mia nonna M.F., una donna giovane e molto forte, il
14 novembre 1984 ha subito un Danno Cerebrale con diagnosi “Accidente cerebro-vascolare”.
Il suo mondo, la sua vita, in pochi attimi sono svaniti.
Ricordo molto bene le difficoltà di mia madre e di tutta la sua famiglia nel trovare risposte e soluzioni per permettere a mia nonna una ripresa dignitosa.
La permanenza in ospedale non durò molto, anche perché oltre le difficoltà dell’ospedale di assicurare in fretta il ricovero ad altri pazienti, c’era la volontà esplicita di mia nonna nel non voler rimanere, nel tornare velocemente a casa per rifugiarsi nel suo mondo.
Non potendo più parlare il suo sguardo era la sua voce, i suoi occhi azzurri, come un pezzettino
di cielo, fissavano incessantemente la parete bianca e dicevano tutto.
Il calvario era appena iniziato, la diagnosi definitiva è stata “Accidente Cerebro-vascolare, Emiparesi destra con Afasia motoria o di Broca (inizialmente mista)”.
Fatta la diagnosi e prescritte le cure, mia nonna e la mia famiglia si trovarono spaesati, confusi,
abbandonati. Le cure e la riabilitazione furono regolarmente prescritte ma non ebbero i risultati
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Responsabile Area Assistenza alla Persona della Cooperativa Sociale Società Dolce Società Cooperativa di Bologna
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sperati perché presto mia nonna abbandonò il percorso riabilitativo, si sentiva afflitta, demotivata
e sottoposta a penose umiliazioni e la famiglia purtroppo, non adeguatamente coinvolta, non riuscì a farle cambiare idea.
Ho avuto la possibilità, in questi ultimi anni, di conoscere personalmente il Professore Chade e
dedicarmi, grazie anche al Master che ho frequentato, all’approfondimento di questa patologia,
rendendo questo percorso di studio un’esperienza umana, professionale e formativa.
Nel mio caso trovo che questo metodo poteva ridare, con tutte le difficoltà del caso, una speranza alla mia famiglia ma soprattutto a mia nonna.
Sono passati ormai 20 anni e mia nonna è riuscita solo a recuperare parzialmente l’uso degli arti, mai l’uso della parola.
Forse per la carenza di informazioni, forse per la poca umanizzazione dei servizi, forse per la volontà stessa di mia nonna, forse … non so …
Spero che questo libro sia una guida per tutti i pazienti, i familiari che, come me, si sono trovati in
situazioni difficili, e che, leggendolo, abbiano con una piccola risorsa in più, una speranza da coltivare nel proprio cuore.
Mi auguro anche che diventi uno strumento di lavoro per tutti coloro che quotidianamente sono impegnati nella fornitura di un servizio di diagnosi e cura.
Questo libro in particolare si propone il perseguimento dei seguenti obiettivi:
• Promuovere informazione, con l’obiettivo di sviluppare una cultura condivisa su cosa è l’Afasia;
• Promuovere il benessere del paziente affetto da afasia, attraverso l’accesso ad attività di tipo
riabilitativo/psicomotorio;
• Sostenere il lavoro di familiari e care giver, attraverso l’informazione e forme di sostegno (ad
es. gruppi di auto/mutuo/aiuto) con l’obiettivo di valorizzare e condividere il modello terapeutico della domiciliarizzazione dell’assistenza, per consentire all’afasico di mantenere il più a
lungo possibile una vita dignitosa ed indipendente;
• Offrire occasioni di socializzazione attraverso la promozione di iniziative specifiche per migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei loro familiari;
• Sensibilizzare all’importanza di un supporto di tipo psicologico.
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Prof. José Jorge Chade 2
PREMESSA
Le osservazioni condotte nel corso del tempo sui pazienti afasici mi hanno fatto riflettere e mi
hanno portato a pormi dubbi e interrogativi circa alcune posizioni tecniche proprie dell’afasiologia tradizionale.
Questi quesiti possono essere così raggruppati:
1. Quale affidabilità danno i risultati ottenuti attraverso le diverse prove di valutazione sulla
mancata comprensione, da parte del paziente, di alcune domande e consegne?
2. Cosa é più importante: la categorizzazione della persona all’interno di alcune delle decine
di classificazioni che esistono in afasiologia o una conoscenza profonda e dettagliata della
sintomatologia che abbiamo individuato in quello stesso paziente ?
3. Perché molte prove di valutazione si concentrano di più sui limiti di un paziente piuttosto
che sulle sue risorse, su come ad esempio potrebbe arrivare a realizzare una determinata
consegna?
4. Perchè è opinione comune, da parte dei riabilitatori del linguaggio, che sia sufficiente per il
paziente ripetere, nominare oppure formare una frase semplice per comunicare? In realtà,
la comunicazione non implica soltanto l’uso della parola. In molte occasioni, un semplice
gesto, qualche inflessione nell’intonazione possono trasmettere molto di più che qualche
semplice parola priva di contenuto d’utilità funzionale.
Nel primo capitolo ci siamo avvalsi della collaborazione del Prof. Dr. Humberto Chade, grande
esperto nel settore della neurologia.
Nei capitoli successivi, seguendo le linee guida di Martha L.Taylor del New York University Medical
Center, ho cercato di mettere insieme il maggior numero di informazioni, affinché possano essere
utilizzate per ridurre l’handicap della persona afasica e/o altri disturbi del linguaggio.
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Professore ufficiale di Pedagogia Speciale Facoltà di Scienze della Formazione Università di Bologna
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1. L’ORGANIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO
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Prof. Dr. Humberto O. Chade 3
L’ORGANIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO
ASPETTI GENERICI
Il linguaggio ha una sua collocazione funzionale cerebrale nell’emisfero sinistro, questo sia nelle
persone destrimani sia nella maggioranza delle persone mancine.
Le basi scientifiche di tale principio non sono tuttavia ancora ben determinate.
Le moderne ricerche indicano l’esistenza di una certa plasticità e riorganizzazione del Sistema
Nervoso che permette un adeguato sviluppo del linguaggio e che è responsabile dei meccanismi
di recupero neuronale dopo un danno strutturale.
Queste teorie spiegano anche perché non avvengono cambiamenti nel linguaggio qualora si
abbia una lesione cerebrale molto precoce durante lo sviluppo fetale o nel neonato. Entrambi gli
emisferi infatti sono equo potenziali e la lesione di uno di loro in epoca molto precoce non determina modifiche nella sfera del linguaggio.
La capacità di sviluppare i meccanismi del linguaggio è già codificata nel genoma umano; particolare importanza rivestono alcuni geni implicati nella regolazione del linguaggio.
La stimolazione che arriva dall’ambiente esterno diventa un fattore importante nello sviluppo e
nell’evoluzione delle capacità linguistiche dell’individuo. Esisterebbe ancora un periodo più sensibile o critico per lo sviluppo del linguaggio in queste prime tappe della vita.
3 Dr. in Medicina Università di Zurigo-Svizzera. Prof. Emerito di neurologia Università Nazionale di Cuyo-Mendoza-Argentina - Presidente
dell’Associazione Argentina di Neurologia
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Corteccia
motoria primaria
Solco centrale
Area motoria
della parola
(area di Broca)
Corteccia
sensoriale
somatica
Coscienza
del corpo
Linguaggio
Lettura
Bulbo olfattivo
Corteccia visiva
Area
del gusto
Corteccia
oditiva primaria
Riconoscimento
dei visi
Sembra infatti che le esperienze di stimolazioni sensoriali durante il periodo pre-natale possano
influenzare il processo d’apprendimento post-natale.
Dobbiamo considerare anche l’aspetto fondamentale che ha la relazione affettiva con i genitori,
come stimolo per un progressivo sviluppo del linguaggio.
E’ soltanto quando il danno cerebrale avviene in un tempo successivo, ad esempio quando ci
troviamo di fronte ad un bambino molto piccolo, che si può evidenziare una maggiore compromissione nella sfera del linguaggio.
Il bambino appena nato può discriminare i suoni umani e alcuni aspetti prosodici del linguaggio
e a posteriori incominciare l’apprendimento delle parole con un vocabolario in permanente aumento.
In questa tappa l’emisfero cerebrale specializzato per il linguaggio si trova già più definito.
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AREE DEL LINGUAGGIO
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Area
di Broca
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Area 2
di Wernike
VII
X
Viso
XII
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Lingua
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Orecchio
Laringe
Il neurologo francese P. Broca nel 1861 determinò per la prima volta in un paziente con un ictus cerebrale l’importanza di un settore dell’emisfero cerebrale sinistro per il linguaggio espressivo. Pochi
anni più tardi, Wernicke, neurologo tedesco, conferma che un’altra zona dell’emisfero specializzato
per il linguaggio era fondamentale per i meccanismi della comprensione del linguaggio stesso.
Sorge in questo modo il concetto d’afasia motoria o di Broca e d’afasia sensoriale o di Wernicke,
indicando la compromissione del lobo frontale e del lobo temporale rispettivamente nell’emisfero specializzato per le funzioni linguistiche.
Nonostante ciò, l’emisfero cerebrale destro, quello non specializzato per il linguaggio, compie
funzioni nella sfera affettiva e nella prosodia per riuscire a caratterizzare meglio il linguaggio
espressivo mediando con l’emisfero sinistro.
Moderne ricerche attraverso neuro immagini funzionali hanno permesso di delimitare in modo
migliore strutture encefaliche correlate con il linguaggio. Si possono quindi riconoscere aree pri-
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marie e secondarie situate nella zona silviana, particolarmente i lobi frontali e temporali ma anche in altre strutture vicine che contribuiscono al linguaggio.
Nonostante sappiamo che le prassie oro linguo facciali e quelle funzioni della faringe siano impiegate per la comunicazione da diverse specie animali, è nell’essere umano che definiscono
meglio la vocalizzazione, la componente cognitiva e le reazioni emotive e comportamentali.
Questo sviluppo della capacità linguistica può modificarsi a causa di diversi fattori, alcuni intervengono durante il periodo pre-natale, altri peri-natale e in altri casi durante il periodo post-natale.
UNITÀ FUNZIONALE DI LURIJA
Il ricercatore scientifico Lurija studiò dettagliatamente il funzionamento della corteccia cerebrale
nella realizzazione delle funzioni superiori.
In questo modo riuscì a definire l’esistenza delle cosiddette unità funzionali, necessarie per la
performance specialmente delle funzioni cognitive.
Lurija formulò, contro la tradizionale teoria della localizzazione rigida delle funzioni che sosteneva una sorta di meccanica corrispondenza tra aree cerebrali specifiche e singole funzioni, l’ipotesi secondo cui le funzioni cerebrali superiori sono da concepire in realtà come sistemi funzionali
che investono varie aree cerebrali interconnesse tra loro.
Secondo Lurija i vari sistemi funzionali risultano organizzati nell’architettura cerebrale in tre
supersistemi o unità funzionali:
La prima unità funzionale è quella che regola il ciclo sonno-veglia e modula l’attività corticale riguardante l’attenzione, la selezione delle informazioni e la percezione delle emozioni. Vi sono
connesse la formazione reticolare della corteccia e le relative strutture sottocorticali.
La seconda ha funzioni primarie nella percezione, nell’analisi e nella memoria e vi sono interessate le aree temporali, parietali e occipitali della corteccia cerebrale.
La terza è preposta alla regolazione, modulazione e controllo delle azioni volontarie e interessa
le aree corticali prefrontali, frontali, motorie, il cervelletto e i nuclei profondi.
Una delle risposte nei confronti dei diversi stimoli valutati dalla seconda unità funzionale è il linguaggio.
Vale a dire, è imprescindibile che esista una buona attività corticale per fare sì che si possa processare l’informazione che si riceve ogni giorno in forma di stimoli quotidiani e in questo modo
dare la risposta motoria o del linguaggio.
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Studi successivi indicano che non soltanto la corteccia cerebrale si relaziona con queste funzioni,
ma anche le strutture sub corticali che includono i nuclei grigi centrali e il cervelletto.
Questo ci da un’idea dell’integrazione funzionale di tutto il sistema nervoso per poter realizzare
una determinata funzione.
Deve però esistere inoltre un adeguato sistema d’integrazione dell’informazione tra entrambi gli
emisferi cerebrali. Se esiste un processo patologico, si altera questo passaggio d’informazione a
causa di un’interruzione delle vie nervose corrispondenti. Si può manifestare la cosiddetta Sindrome di discontinuità per la quale possono coesistere diversi disturbi nella sfera cognitiva includendo le funzioni del linguaggio.
DISTURBI PRECOCI DEL LINGUAGGIO
Tra i disturbi precoci del linguaggio si possono differenziare:
• “disturbo specifico del linguaggio” per cui il bambino presenta difficoltà nell’acquisizione
del linguaggio senza alcun’altra manifestazione d’alterazione neurologica o di altra natura.
Si produce così un’anormalità nell’acquisizione, nella comprensione o nell’espressione del
linguaggio.
• “disfagia dello sviluppo”: si tratta di un disturbo congenito dovuto a molteplici cause conosciute e non, a causa del quale compaiono disturbi nella sfera d’espressione e/o di comprensione. Bisogna però chiarire che si tratta di bambini che possiedono un adeguato livello
intellettivo nel resto delle funzioni cognitive non compromesse.
• esiste “compromissione del linguaggio” in diversi disturbi pervasivi dello sviluppo dovuta a
distinte malattie ereditarie ed a processi neuropsichiatrici.
• “dislessia dello sviluppo” : si intende una difficoltà nell’acquisizione della letto scrittura che si
associa anche a disturbi del linguaggio.
LINGUAGGIO, INVOLUZIONE E DEMENZA
Non dobbiamo dimenticarci che all’interno del gruppo delle demenze corticali, dove troviamo
disturbi come la malattia d’Alzheimer e la demenza fronto-temporale, esiste la così detta “afasia
acquisita” come espressione di una malattia tardo degenerativa delle aree relazionate col linguaggio, associate o meno ad un deterioramento cerebro – organico importante.
Esistono nelle ultime tappe della vita diverse malattie che possono associarsi ad una sindrome
demenziale con alterazioni nelle aree del linguaggio.
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Le cause sono molto varie e includono i processi degenerativi, processi vascolari, traumatici, infezioni, malattie demielinizzanti, endocrini metabolici, tumorali, ecc.
FATTORI PATOLOGICI
Possiamo identificare in questo modo cause endogene ed esogene che possono compromettere il linguaggio durante le prime tappe della vita.
Se consideriamo le cause endogene, dobbiamo tener conto delle diverse infezioni virali che possono presentarsi durante la gravidanza, in particolar modo durante i primi mesi.
Infezioni come la rosolia, morbillo ed altre virali che hanno predilezione per il sistema nervoso,
possono lasciare come residuo un’alterazione nella capacità di acquisizione del linguaggio.
Diversa è la situazione che si verifica quando la funzione del linguaggio si è già fissata e subisce
un deterioramento o una perdita, ad esempio un’afasia, totale o parziale, a causa di un fattore
esogeno determinato.
Pertanto l’afasia è una perdita delle funzioni già acquisite del linguaggio.
I fattori da tener conto includono i traumatismi encefalo cranici e gli incidenti vascolari encefalici. In minor grado i processi espansivi intra-cranici, vale a dire tumori, ascessi, cisti, ecc.
Dopo l’acquisizione del linguaggio, durante la tappa successiva che va dalla prima infanzia fino
alla vecchiaia, possono verificarsi eventi che compromettono il quadro clinico dell’afasia.
Gli accidenti vascolari del sistema nervoso possono presentarsi sotto forma di processi ischemici
o emorragici.
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2. L’AFASIA
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Prof. Dr. Humberto O. Chade
L’AFASIA
DEFINIZIONE
Definiamo l’afasia in forma generale, quindi, come un disturbo della capacità dell’individuo di
esprimere il proprio pensiero attraverso il linguaggio, dopo averlo pienamente acquisito, disturbo causato da una lesione delle aree del Sistema Nervoso Centrale destinate alla sua elaborazione. L’afasia rappresenta quindi un disturbo alla formulazione simbolica del linguaggio e può essere concepita anche come perdita della simbolizzazione linguistica. Una volta instaurata tende
a manifestarsi in tutte le modalità del linguaggio, sia orale che scritto o gestuale, e si presenta
sempre (tranne che nelle rare eccezioni dei cosiddetti casi puri o globale) sui due versanti dello
stesso: quello ricettivo e quello espressivo.4
Possono presentare afasia persone di tutte le razze e classi sociali. Uomini e donne indistintamente anche se statisticamente sono più numerosi gli uomini. Colpisce persone di ogni età anche se i pazienti oltre i 50 anni sono più numerosi. L’età, il lavoro, l’educazione hanno poco o
niente a che fare con il tipo d’afasia e con la sua gravità.
L’afasia è sempre il risultato di una lesione cerebrale, che può essere causata da un trauma, anche se la causa più frequente è l’apoplessia (sindrome neurologica dovuta ad un’alterazione circolatoria cerebrale, generalmente localizzata, con sospensioni delle funzioni dipendenti della zona lesa) correntemente chiamata “ictus”.
Questo può accadere per :
Trombosi: un coagulo o trombo si forma nelle pareti dei vasi sanguigni cerebrali.
Embolia: un coagulo o trombo arriva al cervello dopo essersi formato in un’altra zona del corpo.
Emorragia: se un’arteria cerebrale si rompe, il sangue che fuoriesce danneggia il tessuto circostante.
Compressione: un tumore cerebrale può esercitare pressione su un vaso sanguigno in maniera
da fermare la circolazione.
Stress o spasmo: se un’arteria cerebrale si chiude per spasmo della muscolatura, il flusso sanguigno si ferma finché l’arteria non torna a rilassarsi.
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Per approfondimenti consultare “Il linguaggio del Bambino” José J. Chade. Erickson, 2004
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*Disegni Ricardo Merlo
TIPI DI AFASIE
Esistono diverse possibili diagnosi di afasia, esistono anche classificazioni delle classificazioni, ma
quelle più comuni di cui dobbiamo tener conto sono:
• Afasia espressiva, motoria o di Broca
• Afasia ricettiva, comprensiva o sensoriale o di Wernicke
• Afasia mista
• Afasia globale
Inizialmente l’afasia non si manifesta mai pura, di tipo espressivo o ricettivo, ma solitamente è
mista a predominio di un tipo sull’altro. Ad esempio: Afasia Mista a predomino ricettivo oppure
Afasia Mista a predominio espressivo.
La persona con afasia espressiva ha difficoltà a comunicare ad un altro i suoi pensieri.
La persona con afasia ricettiva trova difficoltà o impossibilità a comprendere ciò che gli altri cercano di comunicarle.
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POSSIBILITA’ DI LEGGERE E SCRIVERE
Una persona afasica può conservare molto bene una di queste forme di comunicazione ma non
altre. Questo a volte è difficile da capire per i suoi familiari e amici. Nonostante leggere, scrivere e
parlare siano funzioni strettamente collegate tra loro, l’afasia può colpire una o due di queste attività senza modificare le altre.
GRAVITA’
L’afasia varia per gravità da persona a persona. Può presentarsi in forma lieve, moderata o globale.
La persona può essere lievemente colpita d’afasia, in questo caso il disturbo interferisce in una
sola forma o in un solo aspetto della comunicazione.
Nelle forme lievi è difficile capire con certezza se la persona è veramente afasica; pronuncia frasi
complete, legge, scrive e partecipa in quasi la totalità delle attività, ma le può essere difficile sostenere una conversazione in gruppo, leggere più di alcuni paragrafi per volta oppure parlare
per più di alcuni minuti senza dimenticare le parole.
L’afasia può presentarsi in forma grave e colpire tutte le abilità del linguaggio. Alcuni afasici presentano un alto grado di disabilità per cui non riescono a parlare, leggere e perfino a riconoscere
qualcuno. La persona con un’afasia grave può presentare uno stato confusionale o non riuscire a
trovare l’orientamento nell’ambiente, non ricorda avvenimenti recenti e non riesce a guardare
né a capire i programmi della televisione.
Il paziente può avere anche una forma di afasia globale. In questi casi, sono presenti simultaneamente i due tipi d’afasia: la persona è completamente priva della capacità di parlare e della
capacità di scrivere.
L’AFASIA PEGGIORA?
L’afasia non si caratterizza per essere progressiva. In realtà ci si aspetta sempre che un’afasia migliori non che peggiori.
Talvolta la situazione clinica del paziente può sembrare molto negativa, ma non va dimenticato
che fatica, depressione, stress emotivo incidono pesantemente sulle manifestazioni sintomatologiche della malattia.
La famiglia e gli operatori non devono confondere questo fenomeno passeggero con un fenomeno progressivo.
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MALATTIA MENTALE?
In nessun modo è compromessa la condizione mentale della persona afasica. L’incapacità di comunicare è un sintomo della condizione afasica ma non necessariamente un segno d’incapacità
mentale.
Questo fraintendimento può provocare sul soggetto angoscia e frenarne il recupero. La persona
afasica non va trattata con modi infantili o rivolgendosi a lei come fosse malata di mente.
Una persona afasica può apparire spesso confusa quando la conversazione passa rapidamente
da un individuo ad un altro. Questa confusione non indica una malattia mentale. E’ importante
che familiari, operatori, amici capiscano questo nei loro contatti quotidiani con la persona afasica. Molto spesso invece hanno la tendenza ad usare un tono di voce elevato, pensando così che
l’afasico possa capire meglio. La cosa migliore invece è parlare con un tono di voce basso utilizzando parole semplici e frasi brevi.
VARIETA’ DELLA SINTOMATOLOGIA
L’afasia è un’entità clinica molto complessa. Spesso oltre ai disturbi del linguaggio compaiono
altri sintomi. Molte persone manifestano qualche disabilità motoria, in genere emiplegia. Inoltre
compaiono grandi cambiamenti nella personalità e nel comportamento generale.
Quando si lavora sul progetto d’intervento, è sempre necessario prendere in considerazione tutti
i sintomi che accompagnano l’afasia.
La persona afasica ha bisogno di essere presa in carico da una èquipe.
QUALE DEFICIT FISICO?
Le persone afasiche presentano solitamente una disabilità fisica dal lato destro del corpo; può
trattarsi di una paralisi totale del braccio e/o della gamba destra, o soltanto mancanza di coordinazione o debolezza di quella parte del corpo. A volte può presentarsi paralisi dal lato destro del
volto. In alcuni casi la paralisi persiste solo per alcuni giorni o settimane dopo la lesione cerebrale del paziente.
Diverse persone afasiche hanno difficoltà visive come risultato della lesione cerebrale. L’entità
del danno visivo deve essere valutata da un medico specialista per riuscire a determinare se
comprometterà o meno la capacità della persona nella lettura e nella scrittura e per lo svolgimento delle altre attività.
Il medico potrà prescrivere attività fisica al paziente indirizzandolo dal fisioterapista per il trattamento. In nessun modo la famiglia o l’operatore dovrà tentare di prescrivere esercizi fisici al paziente.
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3. VALUTAZIONE DEL PAZIENTE AFASICO
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Prof. José Jorge Chade
VALUTAZIONE DEL PAZIENTE AFASICO
MODALITÀ DI LAVORO
La valutazione del paziente afasico deve contemplare diversi elementi come la conferma diagnostica e la classificazione della sindrome, in rapporto alla sua localizzazione cerebrale, così come quella del livello dell’infermità e l’esplorazione delle capacità e delle difficoltà in tutte le aree
del linguaggio.
Non è facile trovare un campione sufficientemente valido di conversazioni reali e spontanee,
perciò, a partire da questo lavoro e dalle sue conclusioni, ci proponiamo di promuovere uno studio linguistico tendente a standardizzare un protocollo di valutazione e una modalità di lavoro e
trattamento sulle caratteristiche socio-culturali dei pazienti della regione di appartenenza
La valutazione esamina in primo luogo le prassie orolinguofacciali:
- mascellare inferiore
- labbra
- lingua
- palato
Si procede quindi con la valutazione dell’espressione orale
a) Elocuzione
1) Spontanea (con dialogo)
2) Indotta (con questionario) Es. Quanti anni hai? Quando sei nato?
3) Narrazione (Es: storia della sua malattia; racconto di una passeggiata, di una vacanza)
4) Descrizione (di un’illustrazione)
5) Resoconto di sequenze
6) Resoconto di testi (letti dall’esaminatore)
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b) Denominazione
1) Di oggetti.
2) Parti di oggetti.
3) Utilizzo di oggetti o cose
4) Azioni (Cosa fa? Su osservazione diretta: Che cosa sto facendo?)
c) Ripetizione
Vocali, sillabe, parole; con e senza senso (dal semplice al complesso).
d) Fluidità verbale
Non si utilizzeranno né nomi propri né famiglie di parole.
Esempio: M (parole che cominciano con la lettera m), P (parole che cominciano con la lettera p)
e) Fluidità lessicale
Nomi d’oggetti (si prende il tempo)
Occhi aperti: un minuto
Occhi chiusi: un minuto
f) Fluidità semantica
Animali
Frutti
g) Fluidità ideativo-creativa
Cosa si può fare con il legno?
Cosa si può fare con il fango?
h) Evocazione
1) Nell’ambito lessicale
Dove si comprano i medicinali?
Sono forniti diverse opzioni: magazzino, farmacia, negozio.
2) Nel campo semantico
Cosa c’è in cucina? Cosa c’è in camera da letto?
3) Denotativi
Nome di vie
Nomi di persone
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i) Antonimi
k) Sinonimi
l) Femminili
m) Maschili
n) Categorizzazione
Lattuga, patate, zucca = verdure
Tavola, sedia, credenza = mobili
o) Formulazione/Generazione di frasi
Data una certa quantità di parole, realizzare una frase o un discorso
p) Espressione orale automatica
1- Serie: Giorni della settimana – Mesi dell’anno – Contare fino a 20 e viceversa.
2- Terminare una frase: In estate fa…; Una rondine non fa… .
q) Comprensione
Spontanea: dialogo
Indotta: esecuzione di ordini
Semplice: di un elemento: sorridi, applaudi – di due elementi: indica il tetto, dammi la mano
Semicomplessa: Prendi la biro e dammela
Complessa: Prova di Pierre. Marie (tre foglietti: uno grande, uno medio ed uno piccolo. La consegna è: lascia il grande sul tavolo, butta per terra il piccolo e tieni in mano il medio)
r) Risposte positivo – negativo
Ha (i) figli?
E’ (Sei) nonno?
s) Scelta multipla
Un film si vede: al cinema, dal barbiere, in campagna?
t) Livello fonologico
Parole con suono simile e diverso significato
letto – petto – tetto
razza, mazza, pazza
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u) Livello semantico
Parole con suoni diversi e significato simili:
pantofola – scarpa – ciabatta – sandalo
casa – appartamento – abitazione – chalet
v) Adattamento del Token Test
Test dei gettoni. Serie di gettoni composte di forme, grandezza e colori diversi (rispettivamente: triangolo, quadrato, cerchio e rettangolo - grandi, medi e piccoli - rosso, giallo, verde e blu).
Espressione scritta
a) Corrispondenza
Oggetto – Parola
Figura – Testo
b) Ordinamento
Con cartoncini mobili: di frasi, di sequenze, ecc.
c) Scrittura spontanea
Frasi
d) Scrittura automatica
Firma
e) Copia
f) Dettato
g) Scandire
h) Numero di lettere
i) Declinare i verbi
DOCUMENTARE LA VALUTAZIONE
Utilizzando il protocollo di valutazione precedentemente esposto è possibile avere alcune opzioni:
1) Assenza di linguaggio funzionale o di comprensione uditiva.
2) Comunicazione effettuata per espressione frammentaria.
3) E’ possibile con l’appoggio del terapeuta mantenere una conversazione su temi conosciuti.
4) Il paziente può riferirsi in generale a tutte le situazioni della vita quotidiana, con un aiuto limi-
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tato o senza aiuto, però senza dubbio la diminuzione del linguaggio articolato e/o della comprensione rendono difficile o impossibile la conversazione.
5) Sporadica perdita di fluidità del linguaggio o della facilità di comprensione, senza che il significato dell’idea espressa risulti limitato.
6) Modeste mancanze del linguaggio: il paziente presenta alcune difficoltà soggettive, non evidenti per l’ascoltatore.
Partendo dai risultati ottenuti da questa valutazione si pianifica il trattamento, utilizzando lo
stesso sistema.
Vengono programmate sedute suddivise per aree di intervento; un giorno si lavora sull’articolazione, il seguente sulla fluidità, il successivo sugli aspetti audiovisivi, etc.
Abbiamo osservato che in questo modo si evitano confusioni, ci si limita ad un’unica attività e
quando il paziente inizia con le sedute di gruppo riesce meglio ad esprimersi, poiché impara a
controllare l’emissione delle sue possibili stereotipie e parafasie.
Le manifestazioni specifiche che si osservano nella fase iniziale del trattamento sono:
a) Per ciò che si riferisce alle afasie d’espressione o anartria il paziente evidenzia:
Comprensione mantenuta
Disturbi della ripetizione
Disturbi della denominazione
Disturbi della fluidità
Latenze e anomie
b) Per quanto riguarda le Afasie di comprensione o sensoriali il paziente manifesta:
Comprensione disturbata
Non denomina
Contaminazione
Perseveranze
Ecorisposte
Le sessioni di trattamento si dividono in:
Comprensione
Fluidità
Articolazione
Denominazione
Conversazione spontanea
Sintassi
Evocazione
Uso di audiovisivi
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Non è ovviamente possibile elencare in questa sede tutte le possibili varietà di esercizi che si
possono fare con il paziente esplorando le diverse aree. Molto è lasciato alla fantasia e all’immaginazione del terapeuta nel programmare le sedute, arricchendo e variando di volta in volta il
materiale proposto.
I meccanismi di facilitazione che si utilizzano durante il trattamento sono:
a) Induzione paradigmatica: in cui si dà l’accenno della parola.
Es: ta per la parola tavolo.
Induzione sintagmatica: utilizzando un sintagma
Esempio: Questo serve per bere?
b) Opzioni
Per assurdo. Es: Gli si mostra una tazza di caffè e gli si chiede:“ Questo è vino?” Risposta spontanea:“No, caffè”.
TERMINOLOGIA (Conoscere per capire)
I pazienti afasici utilizzano diverse espressioni durante le loro verbalizzazioni.
Si possono così distinguere, tra le altre:
Ecorisposta: Prende parte del discorso dell’esaminatore in modo impulsivo. Es. com’è la giornata?
Ripete: La giornata.
Ecolalia: Ripete sillabe intere
Perseveranza: è un’autocontaminazione
Parafasie:
1) Semantiche: scambiano una parola per un’altra, all’interno della stessa categoria. Es.: sedia al
posto di scrivania.
2) Morfologiche: mentre parlano scambiano una parola con un’altra senza connessione semantica. Es.: tondo per tenda.
3) Fonologica: Non appartengono al linguaggio. Es: mucumu per macchina.
Nella lettura vi sono paralessie e nella scrittura paragrafie dei tre tipi precedenti.
Parafonie: Tipiche delle afasie sensoriale. Dice una parola inesatta avvicinandosi alla parola. Es:
cadarne, cuderno, quaderno.
Anomia: Riduzione totale del linguaggio.
Dismensia verbale: anomia grave
Overloping: condotta anticipatoria
Latenza: c’è un tempo d’attesa per la risposta.
Agrammatismo: Linguaggio telegrafico, comunica con pochi sostantivi.
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Ritornelli: Ripetizioni e iterazioni diverse dalle stereotipie, si presentano nei casi gravi d’afasia.
Sono frasi e/o parole abortite ????
Metatesi: Cambio nell’ordine delle sillabe dentro la parola.
Logotomi: Parole senza significati
Telescopagia: Due parole in una; Es: Prendiamo un caffè?
“Prendiaffè”?
Logorrea: Può essere o no gergafasia, qualche volta piena di parafasie.
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4. VALUTAZIONE DEL PAZIENTE AFASICO
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Prof. José Jorge Chade
STRATEGIA DI LAVORO DI GRUPPO
FACILITARE LA COMUNICAZIONE
Se concepiamo la riabilitazione come processo e come filosofia, essa non può fare altro che accompagnare la persona che, di colpo o lentamente, si trova in una nuova situazione in cui, oltre a
problemi funzionali, incontra problemi affettivi, economici e sociali.
L’obiettivo è l’integrazione; nei limiti del possibile; delle persone afasiche nella comunità.
Il lavoro di gruppo si propone l’integrazione dei diversi pazienti afasici attraverso l’utilizzo delle
attività ricreative affinché superino la fase di passività iniziale, tenendo in considerazione le loro
caratteristiche d’età, sesso e disabilità.
Questo lavoro rappresenta una prospettiva diversa dal punto di vista della riabilitazione sociale,
che incorpora la creatività e le attività ludiche, partendo dalle potenzialità dell’individuo, allo
scopo di renderlo cosciente delle sue capacità. Questo tipo di processo porta implicitamente all’obiettivo della risocializzazione del paziente, allo scopo di reintegrarlo nel suo contesto sociale.
OBIETTIVI DIDATTICI DEI LABORATORI
Per quanto riguarda la risocializzazione, se partiamo dal presupposto che l’uomo è un essere sociale, e che la persona fin dall’infanzia, si è formata in rapporto con gli altri, potremo capire l’importanza del lavoro di gruppo.
In seguito alla comparsa di un deficit abbiamo un individuo che deve affrontare la sua nuova condizione ritrovando i propri tempi, i propri spazi, scoprendo le alternative e le diverse possibilità
che la disabilità gli offre, sicuramente differenti dai ritmi e dalle richieste che la società gli impone.
In questa situazione, così come avviene nel bambino nella fase di sviluppo della socializzazione,
le attività ludiche acquisiscono un’importanza primaria, poiché coinvolgono l’uomo in un apprendimento creativo su se stesso, sugli altri e sul proprio ambiente.
Partendo dalla nostra esperienza di lavoro di gruppo e dall’osservazione delle persone afasiche
abbiamo potuto notare che la maggioranza di loro presenta, all’arrivo nel gruppo, situazioni di
marginalità sociale e familiare, con una rilevante componente depressiva.
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Il progetto è stato rivolto ad un gruppo di pazienti afasici a distanza di 7-12 mesi dalla comparsa
della lesione, suddivisi in base alla gravità e alla tipologia del loro disturbo dato dal grado di recupero della loro comprensione e/o espressione .
È importante rilevare che la modalità di trattamento di questo gruppo è interdisciplinare e che i
gruppi sono seguiti nell’area del linguaggio da fonoaudiologi e/o logopedisti, prevedendo la rotazione degli specialisti operanti allo scopo di non creare nel rapporto con gli stessi, abitudini
scorrette o dipendenza.
L’obiettivo generale è di strutturare, attraverso attività ricreative, stabili canali di partecipazione,
che consentono per la loro dinamica interna e proiezione esterna, il rafforzamento dell’autostima dei soggetti, in funzione della costruzione di nuove alternative di vita.
Gli obiettivi specifici pianificati sono:
1) Promozione dello sviluppo del linguaggio.
I trattamenti sono programmati su due livelli:
a) Individuale, secondo il protocollo riabilitativo previsto per la stimolazione del linguaggio.
b) Di gruppo, rivolto a pazienti con livello comprensivo-espressivo simile, con l’obiettivo di facilitare la comunicazione stimolando il linguaggio spontaneo, senza inserire nel gruppo elementi
dispersivi come ad esempio la partecipazione di un membro del gruppo con una fase evolutiva del disturbo diversa rispetto alla media.
A questo livello ci si appella all’uso dei mezzi audiovisivi per provocare conversazioni spontanee
relative alle esperienze di qualche membro del gruppo con riferimento a viaggi, ricordi familiari,
ecc..: Vengono inoltre inseriti semplici giochi di società come, ad esempio, le carte ; lavorando su
aree nettamente fonoaudiologiche come fluidità, evocazione, comprensione, articolazione e denominazione, sulla presentazione di temi quotidiani, rapporti familiari e attività sociali.
2) Raggiungimento di una migliore capacità psicomotoria:
Questa si promuove attraverso attività ricreative che sviluppano e incrementano l’integrazione
sociale, la ricostruzione dello schema e dell’immagine corporea, il contatto corporeo, la cooperazione e la resistenza alla paura del contesto giudicante.
Un evento improvviso come l’ictus, ad esempio, che provoca (di conseguenza) un inganno del
corpo a causa dell’emiplegia e, se destra, associata ad afasia, compromette in modo molto evidente le relazioni interpersonali.
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Una paziente (professoressa di storia e geografia), che a 36 anni ebbe un’afasia motoria, diventata poi col tempo un’amica durante una seduta, alla prima richiesta di disegnare una figura umana, fece il seguente disegno:
Lei si rese subito conto di aver fatto qualcosa che forse non voleva, quindi rifece il disegno.
Se però teniamo conto dell’elaborato iniziale, vediamo che aveva trasportato la sua immagine
corporea sul disegno. Osservando meglio infatti, ci accorgiamo di essere di fronte ad una figura
umana emiplegica destra e senza la bocca.
Il lavoro di gruppo rivolto esclusivamente a pazienti afasici, o composto da utenza mista, aiuta il
paziente all’incontro con l’altro.
Un lavoro psicomotorio e relazionale importante è stato il laboratorio di maschere e il teatro.
Attraverso il laboratorio di maschere, rivolto ad utenza mista, si è cercato di sviluppare e potenziare il senso creativo.
Un evento particolarmente significativo é stato il fatto che su un campione di 16 partecipanti al
laboratorio (di cui nove erano afasici), sette hanno realizzato una maschera praticando un foro
all’altezza della bocca.
Questo indica l’importanza della comunicazione orale, una delle funzioni vitali mancanti.
Un altro dato di rilievo è stato dato dal fatto che, dopo aver finito la maschera raffigurante un
personaggio scelto in precedenza da ciascuno di loro, molti hanno preferito cambiarlo per la
rappresentazione.
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Molto importante per noi è stato il poter osservare che tutti i pazienti afasici avevano un linguaggio molto fluido utilizzando le maschere.
Questo ci fa riflettere sulla determinante socioculturale nell’handicap .
Altre attività di lavoro di gruppo riguardano:
• Partecipazione a spettacoli pubblici.
• Passeggiate in città.
• Organizzazioni di riunioni extra-istituzionali per festeggiare compleanni o ricorrenze speciali.
A queste attività partecipano anche i familiari dei pazienti che entrano attivamente nell’esperienza attraverso un’equa distribuzione di ruoli.
GRUPPI DI DISCUSSIONE E DI AUTOMUTUOAIUTO
Per le persone afasiche
Per le loro famiglie
Nei Centri e/o consultori dove lavorano equipe multiprofessionali è molto importante riuscire a
cogliere i segnali positivi delle numerose storie che si incontrano e che spesso si trovano celati
nella visione dominante del deficit. Bisogna trovare delle alternative al clima di possibile sfiducia,
impotenza o disperazione.
L’obiettivo dei gruppi di discussione e di auto mutuo aiuto è di stabilire un ascolto partecipante,
che permette alle persone di accostarsi alla realtà, di comprendere le reazioni che gli altri possono avere e nello stesso tempo di sentirsi parte di un unico progetto.
Nel gruppo ciascuno può (senza forzature) parlare di sé, della situazione che sta attraversando a
livello rieducativo, ma anche in famiglia, con gli amici, nel lavoro.
Il/i conduttore/i è/sono lì non per dare risposte o ricette, ma per facilitare la comunicazione interpersonale.
1. Modalità
Si tratta di una terapia basata sul dialogo, sulla conversazione.
Ogni gruppo è composto da un massimo di 10 componenti, con la presenza di 1 o 2 conduttorifacilitatori.
Luogo, orario, e numero dei partecipanti dovranno essere costanti.
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2. Obiettivi
1. Riflettere sulla propria esperienza
Funzioni del Gruppo
• accoglienza
• contenimento dell’ansia / emotività
• sostegno e facilitazione dell’elaborazione della propria esperienza
• reinserimento ed integrazione
Funzione del conduttore:
• facilitatore
• memoria del gruppo.
2. Incentivare il rapporto fra pari
Questo progetto è rivolto ai pazienti afasici dopo la fase acuta.
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5. LA DIMENSIONE PSICHICA E L’IMPORTANZA
DEL SUPPORTO PSICOLOGICO
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Dott.ssa Carla Rovinetti 5
LA DIMENSIONE PSICHICA E L’IMPORTANZA
DEL SUPPORTO PSICOLOGICO
LA DIMENSIONE PSICHICA
Raccontare, tracciare il percorso di riabilitazione di un paziente afasico rende impossibile prevedere una strada in qualche modo predefinita tali e tante sono le variabili e le incognite che la attraversano.
La malattia rompe violentemente gli equilibri preesistenti, impone problemi complessi per lo
più sconosciuti sino a quel momento, costringe ad un’intensa medicalizzazione del tempo e delle aspettative, è simile ad un terremoto: riporta alla luce strati profondi di terra.
Ammalarsi è riscoprire un bisogno profondo dell’altro.
Ammalarsi o divenire inabili comporta un reinvestire di nuovi affetti le relazioni, tutti i codici utili
alla protezione: un tornare a stare con i padri, le madri, i fratelli, i figli.
Medicina e scienza compiono costantemente progressi importanti e significativi. Malattie un
tempo definite “incurabili” oggi sono curate. Dal punto di vista della salute fisica molto è stato
fatto ma rimane una grave e grande lacuna all’interno di questa “macchina terapeutica” e cioè la
mancata considerazione della salute mentale del paziente e della sua famiglia. La malattia rappresenta una condizione non solo fisica ma anche mentale con la quale dobbiamo confrontarci.
Per questo è importante che l’accompagnamento del paziente e dei familiari veda, accanto all’equipe medica, anche la figura dello psicologo che dovrebbe essere presente già dal primo momento di comunicazione della diagnosi.
Accade che la conoscenza del paziente avviene inizialmente attraverso il tramite del suo contesto familiare, portatore del primo e fondamentale bagaglio di informazioni, che si offre come interlocutore, interprete, decisore.
5 Dott.ssa Carla Rovinetti, Psicologa, Libera Professionista, Consulente Tecnico Area Assistenza alla Persona della Cooperativa Sociale
Società Dolce Società Cooperativa di Bologna
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Dunque la famiglia, i “caregivers”, sono fin da subito investiti di numerose responsabilità e devono,
nonostante la violenza e l’impatto di quanto accaduto, far fronte alla situazione, confrontarsi con
termini e informazioni fino ad allora sconosciuti, entrare ed uscire da reparti, stanze, ambulatori.
Gli incontri con i medici, con gli specialisti spesso sono ansiogeni, fonte di paura e smarrimento.
Spesso ci si trova sguarniti di dati, in balia delle proprie emozioni e dei propri vissuti a dover essere fonte di rassicurazione e sostegno per il proprio congiunto.
Anche nelle situazioni in cui la conoscenza della malattia non è particolarmente lacunosa, spesso però rimane su un piano esclusivamente razionale fatto di termini medici, tecnici.
Manca tutto il percorso successivo, forse il più complesso e faticoso, che è quello che porta alla
accettazione piena, alla consapevolezza reale per la quale occorre percorrere una strada di elaborazioni continue di lutti, come conseguenza delle perdite e delle limitazioni che la malattia
impone al paziente, dei cambiamenti nella sua identità di persona in relazione con il mondo e
nelle autonomie.
Accettare la malattia comporta un’intensa sofferenza ed è un percorso contrassegnato da una rilevante alternanza di sentimenti positivi e negativi.
Nessuno lo dice ma la malattia cambia, trasforma, muta profondamente la personalità e il carattere. Nessuno aiuta ad elaborare i sentimenti di rabbia, sconforto, inadeguatezza, vergogna,
smarrimento. Nessuno aiuta a prenderne coscienza, nessuno sostiene o si preoccupa dei cambiamenti dei ruoli all’interno di una famiglia dove spesso accade che i figli debbano assumersi il
compito di diventare “genitori” dei propri genitori.
La normale rete di rapporti del nucleo familiare rischia di incrinarsi, le relazioni sociali vengono
modificate anche in maniera permanente, le attività abituali del tempo libero sono di solito più o
meno tralasciate sia per il clima di preoccupazione, spesso così intensa da precludere ogni possibilità di svago, sia per la rarefazione delle relazioni sociali.
Questo è il dramma che molte famiglie vivono, è un essere in balia di angosce profonde, vivere la
solitudine e l’isolamento.
Compare costantemente, nelle storie dei pazienti e dei loro familiari, un alone di desolazione che
racchiude un intrinseco significato di solitudine e impotenza.
IL SUPPORTO PSICOLOGICO
Il cambiamento subentrato in seguito alla violenza del deficit è un cambiamento cognitivo, esistenziale, familiare, relazionale, sociale…che non permette più di vivere come prima e richiede
un adattamento alla nuova condizione.
Occorre tenere conto della specificità individuale di ogni soggetto, farsi carico dell’analisi dei
problemi e delle difficoltà del paziente, coinvolgere, supportare, educare la famiglia nella gestione della disabilità, progettare infine, per quanto possibile, il reintegro del paziente nel suo ruolo
sociale.
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E’ un prendersi cura più che curare, è un esserci sostenendo il percorso che viene intrapreso sensibilizzando le persone perché ritrovino in sé capacità e risorse.
Ogni elemento del sistema, ai fini della cura, non è di per sé autosufficiente a produrre buona assistenza, né più importante degli altri.
E’ indispensabile nel percorso del recupero che paziente, famiglia, ambiente vengano sempre
considerati contestualmente.
Sostenere psicologicamente significa non solo agire nei confronti del deficit ma relazionarsi con
l’intero ambiente fisico e sociale della persona confrontarsi con problematiche non mediche,
con situazioni che esulano dal “setting” riabilitativo tradizionale.
Tutto questo non avviene improvvisamente ma attraverso un processo lento e graduale che però non manca di ferire profondamente chi lo vive direttamente sulla propria pelle e chi ne è coinvolto e compagno in termini di accudimento.
Nel lavoro con la malattia non sempre è possibile attuare una trasformazione ma si può diminuire il carico, la frammentazione, la solitudine dell’esperienza del paziente e dei familiari, è possibile condividere le implicazioni emotive delle varie esperienze senza “esaurirsi”.
E’ vero che in assenza del canale verbale sono importanti i gesti, gli sguardi, le relazioni,
Ma è pur vero che non tutte le relazioni sono uguali, non tutti i gesti e gli sguardi identici. Alcuni
umiliano, mortificano, disprezzano.
Ci sono relazioni che lasciano il paziente inerme, altre che fanno consumare energie e passioni,
relazioni che spengono il poco slancio rimasto, altre ancora che possono dare senso ad un’intera
vita. Non è tutto così semplice e nemmeno scontato.
Non è facile prendersi carico del proprio congiunto quando contemporaneamente si avverte
sulle proprie spalle il totale carico di responsabilità nel prendere le decisioni, quando si deve riorganizzare la propria vita, quando la persona che prima c’era ora non c’è più. E poi, in questa
mescolanza di vissuti, rabbie, preoccupazioni c’è anche la propria vita…o quel che ne rimane.
Per questo, per uscire da questa mescolanza di fatti e sensazioni, di vissuti interiori e realtà, non
va dimenticato o accantonato il sostegno psicologico che lavora nel duplice intento di sostenere
e riabilitare il paziente e supportare e offrire ai suoi caregivers indicazioni pratiche per far fronte
alla nuova condizione esistenziale del proprio congiunto colpito dalla malattia.
Ascoltare e prendersi cura del proprio malato non è e non deve essere disgiunto dall’ascoltare e
prendersi cura di se stessi.
Purtroppo invece la figura dello psicologo è ancora sommersa da paure e pregiudizi e la dimensione psicologica del paziente e degli stessi familiari passa sempre in secondo piano rispetto alla
dimensione fisica, corporea.
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Anche il tempo può oscillare: da un tempo ininterrotto e continuo delle emergenze, al tempo
lungo dell’attesa che il paziente trovi dentro di sé risorse e stimoli, al tempo stabile e continuativo del deficit, del “sempre” in cui ci sono da fronteggiare panico e disperazione.
Si intuisce chiaramente come si tratti di un vero e proprio percorso, lungo settimane, mesi, anni
che coinvolge diversi attori, un faticoso progetto di vita.
Non esistono ricettari né regole standard nemmeno protocolli precostituiti. E’ tutto un divenire,
un accadere, un fare, pensare, approfondire, osservare, stare con. Perché ogni contatto che non si
lascia abitare dallo spazio libero della fantasia, delle emozioni e dei vissuti diventa un mero accumulo di tecniche, un esercizio di professione. E questo non basta.
Significa condividere, instaurare un legame, essere in contatto, trasmettere messaggi, far sapere,
scambiare informazioni, offrire un contesto di aiuto all’interno del quale ritrovarsi, recuperare benessere, ritrovare la voglia di riprogettarsi la vita.
E’ indubbio che è indispensabile occuparsi della malattia con competenza, utilizzando rigorosi
strumenti diagnostici e terapeutici, ma è altrettanto fondamentale non trascurare mai la straordinaria forza degli affetti.
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6. LA RIEDUCAZIONE DEL LINGUAGGIO
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Prof. José Jorge Chade
LA RIEDUCAZIONE DEL LINGUAGGIO
INDICAZIONI PER OPERATORI E FAMIGLIARI
1. Stimolare il paziente ad iniziare la rieducazione del linguaggio. Nonostante possa migliorare
spontaneamente durante i primi 6 mesi dopo la lesione, la terapia può accelerare il recupero.
2. Permettere al paziente di fare degli errori quando parla. Non riprenderlo quando sbaglia.
3. Offrire al paziente una costante ma calibrata stimolazione uditiva. Ad esempio, la scelta della
televisione e della radio sono consigliate ma in giusta misura.
4. Dare delle spiegazioni brevi e semplici e pronunciare le parole con lentezza. All’inizio quasi tutti gli afasici hanno difficoltà di comprensione, si riscontra in molti casi anche un’afasia motoria.
5. Le sedute terapeutiche devono essere brevi. E’ la frequenza e non la durata ciò che conta. Un
po’ di rieducazione ogni giorno vale più di una sola intensa seduta nel corso della settimana.
6. Definire degli obiettivi il più possibile calibrati per evitare la frustrazione del paziente quando
si rende conto che non riesce, in poco tempo, a parlare correttamente.
7. Essere onesto col paziente, non illuderlo con false e irrealistiche aspettative.
8. Mantenere il più possibile un atteggiamento positivo. Dare rilievo alle cose che riesce a fare,
aiutarlo nell’avere fiducia in se stesso.
9. Non dire mai al paziente frasi come la seguente: “Pronuncia questa parola per loro”. Questo
crea disagio e vergogna.
10. Non parlargli mai come se fosse un bambino. Semplificare le frasi e tornare a ripetere con calma. Il paziente deve essere trattato come l’adulto che è.
11. Offrirgli un ambiente il più possibile sereno evitando di discutere di problemi davanti a lui.
12. Nessuno apprende nulla quando è obbligato. La persona afasica ha bisogno di essere stimolata ed aiutata, ma mai forzata.
13. La capacità di alcuni pazienti di saper cantare può diventare una buona forma di stimolazione ma non avrà nessun effetto sul recupero del linguaggio.
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14. La presenza della famiglia durante le sedute logopediche dipende della decisione del professionista.
15. Non eseguire mai con una persona adulta esercizi fonoarticolatori davanti allo specchio. Farlo
soltanto davanti al paziente facendo vedere i movimenti corretti. Utilizzando lo specchio si rischia di ridicolizzare la persona.
16. L’utilizzo di una comunicazione alternativa non è consigliabile. E’ molto più difficile insegnare
ad un adulto una nuova lingua, che aiutarlo riutilizzare il linguaggio di prima. Sono stati fatti
diversi tentativi in tal senso, ma i risultati sono stati negativi.
17. Non è possibile a priori fare una prognosi, molto dipende dal grado della lesione, dalla motivazione del paziente, dalla capacità di apprendimento, dal livello di conoscenza e dalla cultura generale. Il processo di riabilitazione è comunque lungo e lento. Di solito il linguaggio ricompare molto gradualmente.
18. Sono poche le persone che recuperano totalmente l’uso del linguaggio, ma la rieducazione è
in grado di migliorare molto l’afasia del paziente. La cosiddetta “afasia transitoria”, con recupero normale del linguaggio, accade in un numero relativamente basso di casi.
19. Scrivere è parte importante del processo di recupero. In caso di paziente emiplegico destro, si
rende necessario insegnargli l’uso della mano sinistra, tranne nel caso in cui il soggetto sia
mancino. Scrivere aiuta la persona a riconquistare le altre forme del linguaggio come parlare
e leggere.
20. Le persone afasiche imparano in genere gli elementi del linguaggio in un ordine specifico:
prima i sostantivi, poi i verbi, poi gli aggettivi qualificativi e quindi gli avverbi, gli articoli, le
preposizioni e le congiunzioni.
21. E’ più facile per una persona afasica usare la sua lingua madre che quella acquisita. L’afasico
tornerà ad imparare la sua lingua madre più facilmente rispetto ad una seconda lingua. I principi e le tecniche per la rieducazione dell’afasia sono comunque gli stessi in tutte le lingue.
22. Non dimenticare mai di farsi aiutare anche a livello psicologico. Vanno bene tutte le terapia di
riabilitazione fisica e del linguaggio ma è importante che paziente e familiari siano supportati anche psicologicamente.
COME AIUTARE A PARLARE LA PERSONA AFASICA?
1. Parlare lentamente ed esprimersi in modo semplice. La persona in difficoltà a volte non riesce
a comprendere frasi lunghe e complicate. Nei casi gravi parlare con parole semplici: “acqua”,
“camera”,“pane”, invece di utilizzare lunghe frasi.
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2. Privilegiare le domande che suggeriscono le risposte, come per esempio:“quale rumore si sente?” invece di “cosa succede?” oppure “cosa c’è?”
3. Non confondere il paziente parlando troppo. Evitare che diverse persone gli parlino contemporaneamente.
4. Non rispondere a delle domande per lui, se lui è capace di farlo.
5. Parlare con lui privilegiando particolari momenti nell’arco della giornata. Pasti e vestizione ad
esempio sono ottime occasioni per stimolare il paziente a comunicare.
6. Esistono alcuni criteri per insegnare le parola al paziente afasico durante le prime tappe del
suo recupero.
• La parola deve poter essere usata in forma immediata e per i bisogni più importanti.
• Il paziente afasico trova molto più facile l’apprendimento di nomi di cose che può vedere,
sentire o udire piuttosto che di parole che si riferiscono a concetti astratti. La parola “mano”
ad esempio, è più facile da imparare che non la parola “paura”. Anche se le parole “cibo” e “vestiti” sembrerebbero scelte bene, molto probabilmente non bisogna dimenticare che sono
sostantivi collettivi, e gli afasici hanno considerevole difficoltà, durante il primo periodo dopo la lesione ad assorbire il concetto di collettività.
• Sarebbe sempre meglio partire da parole che si usano con maggiore frequenza nelle comunicazioni quotidiane, ad esempio preferire la parola “porta” piuttosto che “uscio” . Anche se
hanno lo stesso significato, la seconda si usa molto meno della prima.
7. E’ opportuno stilare una lista contenente circa 25 parole che possono essere inizialmente apprese dal paziente (ad esempio la lista potrebbe includere parole come letto, sedia, bagno, acqua, caffè, soldi, orologio, televisione, telefono, casa, denti, spazzolino da denti, tavolo, gamba,
sapone, mano, chiave, bocca, auto, scarpa, medico). Ogni lista dovrà essere personalizzata per
ogni paziente. Quando la persona avrà acquisito un piccolo vocabolario d’uso corrente, dovrà
imparare un’altra lista più individualizzata.
8. Preferibilmente, utilizzare per la lettura parole scritte in carattere corsivo e non in corsivo stampato.
9. E’ opportuno utilizzare parole scritte con caratteri grandi. Una caratteristica dei pazienti afasici
è la difficoltà all’inizio di riuscire a leggere parole e frasi scritte con caratteri normali. Sembrerebbe inoltre che l’aumento delle dimensioni delle lettere sia più stimolante.
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7. E’ POSSIBILE DIMOSTRARE L’EFFICACIA DI
UNA RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA IN
AFASIOLOGIA?
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Prof. José Jorge Chade
E’ POSSIBILE DIMOSTRARE L’EFFICACIA DI
UNA RIEDUCAZIONE LOGOPEDICA IN
AFASIOLOGIA?
Questo quesito è molto importante per i professionisti che lavorano a stretto contatto con la
persona afasica e la famiglia.
Per trovare una risposta ad alcuni aspetti specifici sul tema bisogna considerare le seguenti criticità:
• necessità di stabilire una differenza tra il recupero spontaneo e quello che deriva del risultato di un lavoro logopedico.
• Un’altra necessità, non di poco conto, riguarda ciò che intendiamo come efficacia della rieducazione e in questo caso troviamo poco materiale nella letteratura contemporanea.
Sembrerebbe che l’approccio sia principalmente orientato a misurare effetti quantitativi in
periodi molto brevi di tempo, senza analizzare l’evoluzione a lungo termine dei pazienti
(mancanza di studi longitudinali).
• Infine è necessario valutare quali sono le strategie rieducative da seguire per considerare
quali possano essere di maggior aiuto in quel caso specifico.
Primo problema: rieducazione e recupero spontaneo
Dopo una lesione cerebrale la semiologia afasica si modifica, è un fatto d’osservazione clinica
abituale. Nella quasi totalità dei casi, tranne le sindromi degenerative e i danni vascolari ripetuti,
la semiologia evolve positivamente. Le domande più importanti attorno al recupero spontaneo
vengono poste riguardo l’entità del recupero, l’evoluzione temporale e le condizioni favorevoli.
Ricerche di questo tipo hanno raggiunto i seguenti risultati:
• Capacità di recupero: non raggiunge la totalità quasi mai.
• Evoluzione temporale: si tratta di un fenomeno che si estingue rapidamente. Il recupero è
più rilevante nel periodo che segue immediatamente il danno cerebrale e diventa ogni volta meno rilevante man mano che passa il tempo. Molti autori assicurano che questo recupero non va oltre i sei mesi/un anno (nel bambino sarebbe molto più lento).
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Secondo Problema: cosa è l’efficacia di una rieducazione.
L’efficacia della rieducazione del linguaggio potrebbe manifestarsi in diverse forme e non semplicemente in termini di livelli. Quattro punti possono essere sottoposti ad esame:
1. La rieducazione non modificherebbe il livello verbale del paziente, si verrebbe a modificare la
percezione che lui ha della sua difficoltà. L’adattamento e l’integrazione sociale, quindi, migliorerebbero secondariamente.
2. La rieducazione non porterebbe la persona ad un livello verbale superiore rispetto a quello del
recupero spontaneo, ma cambierebbe lo sviluppo temporale dei progressi, accelerando la sua
comparsa.
3. La rieducazione non modificherebbe il livello verbale raggiunto col recupero spontaneo, ma
tutto ciò che ha acquisito durante la rieducazione sarebbe più definitivo, stabile e permanente.
4. Infine la rieducazione provocherebbe condotte diverse da quelle che si otterrebbero dal recupero spontaneo.
Terzo problema: relazione tra strategie rieducative e valutazione
Se consideriamo diverse scuole terapeutiche classiche, gli obiettivi della rieducazione sono definiti in termini quantitativi. In altre parole migliorare il lessico di una persona con amnesia, ampliare l’elocuzione di un’afasia di Broca, rendere più comprensibile le espressioni di un afasico
sensoriale.
I mezzi utilizzati portano una logica di recupero funzionale: gli obiettivi prevedono la scomparsa
delle condotte devianti e la ricostruzione delle mancanze più evidenti.
Di fatto, qui ci mettiamo nella logica del ri- apprendimento e i mezzi utilizzati indicano in quale
misura le condotte possibili da valutare migliorano quantitativamente.
La recente pratica di nuove tecniche terapeutiche, supportate da importanti base teoriche, cambia il problema della valutazione.
Quando Hatfield, ad esempio, rieduca pazienti con disortografia profonda, utilizzando strategie
che distraggono la persona per favorire la scrittura delle parole funzionali d’uso corrente, non ha
molto senso fare una valutazione globale del linguaggio scritto.
Si tratta di cogliere l’unicità della persona insieme al tipo di disturbo. Il terapeuta una volta definita la strategia di compensazione che si propone di utilizzare, dovrà sapere anche quali sono
precisamente i risultati attesi e deve quindi elaborare degli strumenti ad hoc focalizzati sui parametri che vuole modificare.
Ritengo che nei prossimi anni ci si dovrà concentrare maggiormente sul caso singolo poiché
quanto più si analizza in dettaglio la logica subgiacente ai disturbi neuropsicologici, tanto più ci
si rende conto che le grandi sindromi afasiche, in realtà sono eterogenee e presentano una variabilità molto ampia di sintomi.
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RINGRAZIAMENTI
Società Dolce, con la collaborazione del Consorzio Arkè, ha voluto intraprendere dal 2004 un
percorso finalizzato a favorire una maggior conoscenza e sensibilità in merito al tema dei disturbi del linguaggio, in particolare dell’afasia, delle patologie psico-fisiche associate e dei relativi
processi riabilitativi.
A tale scopo ha realizzato i seguenti convegni di approfondimento:
• “L’adulto, l’anziano, la famiglia tra relazione di aiuto e reciprocità …La patologia neurologica. Quali strumenti? Quale Riabilitazione – 18/19 Giugno 2004 – presso il Policlinico S. Orsola, Aula Magna, Bologna;
• L’afasia ed altri distrurbi psicofici associati...accompagnare l’anziano, la famiglia nel processo
di riabilitazione - 24/25 Febbraio 2006 - presso Aula Prodi di San Giovanni in Monte, Bologna.
Prosegue il suo impegno nel 2008 ( 25/26 Ottobre 2008 – presso Meeting Center “I Portici” Bologna) con la terza edizione del convegno sull’afasia “Neurologia e Linguaggio nell’adulto e nell’anziano ………dall’afasia al trauma cranico” e con la realizzazione della presente guida che si rivolge sia ai tecnici del settore sia ai pazienti e ai loro familiari, allo scopo di dare loro un supporto, un aiuto, ricordando che è indispensabile occuparsi della malattia con competenza, utilizzando rigorosi strumenti diagnostici e terapeutici, ma è altrettanto fondamentale non trascurare
mai le risorse personali del paziente e la straordinaria forza degli affetti.
Ringraziamo per la preziosa collaborazione alla sua stesura e realizzazione il Professor Josè Jorge
Chade (Professore Ufficiale di Pedagogia Speciale Facoltà di Scienze della Formazione Università
di Bologna), il Professor Dr. Umberto Chade (Prof. Emerito di Neurologia Università Nazionale di
Cuyo-Mendoza, Argentina - Presidente dell’Associazione Argentina di Neurologia), la Dott.ssa
Carla Rovinetti (Psicologa, Libera Professionista, Consulente Tecnico Area Assistenza alla Persona
Cooperativa Sociale Società Dolce) e la Dottoressa Sara Saltarelli (Responsabile Area Assistenza
alla Persona Cooperativa Sociale Società Dolce).
Presidente
Cooperativa Sociale
Società Dolce
Pietro Segata
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La presente pubblicazione è stata interamente realizzata nel rispetto della natura utilizzando carte ecologiche, e più precisamente:
• Copertina: Carta Freelife Woodstock Arachide 280 gr.
(Prodotta e distribuita in Italia da Fedrigoni)
Carta di lunga durata non patinata ottenuta dall’impasto riciclato ecologico composto per l'80%
da fibre post-consumer di pura cellulosa deinchiostrata e da un 20% di pura cellulosa E.C.F. (elemental chlorine free), è completamente biodegradabile e ricilabile. Utilizza fibre provenienti da foreste a coltivazione integrata sostenibile, in cui viene effettuata una politica di taglio controllato e
riforestazione. É conforme alla direttiva C.E. 94/62 che stabilisce il livello massimo di metalli pesanti e si avvale di processi di produzione “Acid Free”.
• Interno: Carta Cyclus offset 100gr.
(Prodotta in Danimarca da Dalum e distribuita in Italia da Polyedra)
Cyclus è una carta realizzata impiegando interamente fibre riciclate post-consumer (100% Riciclato). Nulla di ciò che viene utilizzato nel processo produttivo viene eliminato e, anche gli scarti provenienti dalla lavorazione sono a loro volta riutilizzati per la combustione, la produzione di fertilizzanti e di materiali per l’edilizia. Cyclus è certificata Ecolabel.
La copertina non è stata volutamente plastificata per non invalidare la riciclabilità delle carte
scelte.
Il nostro è un piccolissimo sforzo per dimostrare che, se lo vogliamo, ognuno di noi nelle scelte
quotidiane può fare qualcosa per migliorare il nostro pianeta.
Finito di stampare nel mese di settembre 2008
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