tendenze dell`industria italiana del cemento

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tendenze dell`industria italiana del cemento
TENDENZE
DELL’INDUSTRIA
ITALIANA DEL CEMENTO
AITEC
numero 3
Associazione Italiana
Tecnico Economica Cemento
TRIMESTRALE A CURA DELL’UFFICIO STUDI AITEC
www.aitecweb.com - [email protected]
Iscrizione al Tribunale Civile di Roma n. 382/2011 del 12/12/2011
4° TRIMESTRE 2011
Lo scenario macroeconomico risulta ancora particolarmente complesso e caratterizzato dal permanere di
forti timori legati ai rischi di una pesante recessione nel corso del 2012. Si registra ancora una contrazione nel settore del cemento che, nel corso del IV trimestre 2011, ha evidenziato una diminuzione dell’1,3%
dei consumi.
La nuova analisi condotta dall’Ufficio Studi sul trend di lungo periodo e sulle fasi cicliche dei consumi di
cemento permette di capire come si è evoluto il fenomeno nel corso degli anni, quale fase sta vivendo e
interpretare l’evoluzione futura.
Sulla base di dati rilasciati da un campione rappresentativo di comuni, l’Istat ha diffuso i risultati sugli
indicatori relativi ai permessi di costruire certificando un livello straordinariamente modesto di attività.
Un’analisi dei Conti Economici Trimestrali delle Amministrazioni Pubbliche riferiti al terzo trimestre 2011
mostra come la quota maggiore dei bilanci sia rappresentata dalle uscite in conto corrente a discapito
delle spese in conto capitale e in particolare degli investimenti fissi lordi.
Il settore cerca di reagire alla crisi attraverso lo sviluppo di prodotti innovativi. L’utilizzo del calcestruzzo
autocompattante in tre importanti cantieri nazionali dimostra come il mondo delle costruzioni partecipi
a pieno titolo al miglioramento della sostenibilità delle pratiche edilizie.
CONSUMI NAZIONALI DI CEMENTO
ANNI
2006
Consumi
TRIMESTRI
2010
2011
IV 2011
I 2012
MAX
raggiunto
(migliaia t.)
Var. % su
2009
(migliaia t.)
Var. % su
2010
(migliaia t.)
Var. % su
2010
(migliaia t.)
Var. % su
2011
46.879
33.926
-6,0%
32.850
-3,2%
7.854
-1,3%
6.370
-17,0
-17,0%
Prosegue la contrazione dei consumi di cemento, arretrati dell’1,3% nel IV trimestre 2011. Particolarmente
difficile è risultato il mese di ottobre, durante il quale, a dispetto delle favorevoli condizioni meteo, il mercato
del cemento ha registrato un forte decremento (-8,8%).
5,0%
2011
2,6%
2010
2012
0%
-5,0 %
-3,4%
-10,0%
-1,3%
-2,0%
-2,9%
-9,7%
-10,9%
-15,0%
-20,0%
II
III
IV
I
Serie grezza - var % sul corrispondente trim. dell’anno prec. (scala sinistra)
Nota:
il giallo indica valori elaborati in previsione a cura dell’Ufficio Studi AITEC
II
III
Trend annuale - tonnellate (scala destra)
IV
-17,0%
I
35,5
35,0
34,5
34,0
33,5
33.0
32,5
32.0
31,5
31,0
Milioni
I livelli di attività nelle costruzioni di edilizia residenziale e non residenziale hanno registrato nel 2011 una
flessione rispettivamente del 7,5% e del 7,9%.
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CONSUMI NAZIONALI DI CEMENTO
ANDAMENTO PLURIENNALE: ANALISI DEL TREND E DELLE FASI CICLICHE
I consumi di cemento in Italia stanno attualmente attraversando una fase di grave difficoltà. L’analisi del trend
di lungo periodo (cfr. grafico) mette in luce un andamento pressoché ininterrotto di crescita protrattosi fino
alla metà degli anni ’80, quando sembrava che i consumi si fossero stabilizzati su un livello di maturità. Questo
andamento è stato bruscamente interrotto da un primo break strutturale nei primi anni ’90, in corrispondenza
degli eventi legati a Tangentopoli, che ha causato un calo del trend fino al livello minimo di 37,4 milioni di tonnellate raggiunto nel 1996. Da tale momento il trend dei consumi ha iniziato un’importante fase di ripresa che
ha condotto al più lungo ciclo espansivo dal dopoguerra, con consumi in crescita per un decennio fino al picco
massimo del 2006, quando il trend dei consumi annui ha raggiunto un livello pari a circa 42 milioni di tonnellate. In corrispondenza della crisi finanziaria, innescata dal crack della Lehman Brothers a settembre del 2008,
si è verificato un secondo break strutturale che ha fatto posizionare il trend dei consumi di lungo periodo su un
livello più basso (36,4 milioni di tonnellate) rispetto a quello della precedente crisi, ritornando ai valori registrati
a metà degli anni ’70.
È difficile attendersi che il livello del trend possa tornare su valori prossimi a quelli raggiunti nel 2006, saranno
piuttosto le fasi cicliche, legate a fenomeni congiunturali quali ad esempio politiche di investimento, a influenzare l’andamento dei consumi di cemento nei prossimi anni. La componente ciclica può, infatti, incidere fino a circa
6 milioni di tonnellate sul livello totale annuo dei consumi, determinando fasi espansive e recessive di durata pari
a circa 5 anni (cfr. grafico). L’ultima fase espansiva, tuttavia, ha mostrato una durata più ampia, quasi doppia,
rispetto alle precedenti protraendosi per ben nove anni. Occorrerà pertanto comprendere se la fase recessiva che
stiamo attualmente vivendo subirà anch’essa, e in che misura, un ampliamento rispetto ai cicli precedenti.
CONSUMI DI CEMENTO (TREND E SERIE GREZZA)
Fonte: Dati e elaborazione Ufficio Studi AITEC
50
Milioni t
40
Grezzi
Trend
30
20
CONSUMI DI CEMENTO (CICLI E PUNTI DI SVOLTA)
2012
2010
2007
2004
2001
1998
1995
1992
Fonte: Dati e elaborazione Ufficio Studi AITEC
8,0
Peak
6,0
9 anni
4,0
12 anni
15 anni
Peak
Peak
Peak
2,0
0
-2,0
Through
2
2012
2010
2007
2004
2001
1998
1992
Through
1989
1986
1983
1980
1977
1974
1971
1968
1965
1962
1959
1956
Through
1953
-6,0
1995
-4,0
1950
Milioni t
1989
1986
1983
1980
1977
1974
1971
1968
1965
1962
1959
1956
1953
0
1950
10
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PERMESSI DI COSTRUIRE ANCORA IN CALO
Il 14 febbraio scorso l’Istat ha rilasciato i risultati sugli indicatori relativi ai permessi di costruire. Basandosi su dati
rilasciati da un campione di comuni rappresentativo l’Istat riesce a garantire, attraverso questa innovativa modalità
di rilevazione, una maggiore tempestività dei flussi informativi. Purtroppo le informazioni rilasciate dall’Istituto di
Statistica descrivono un quadro a tinte fosche: dopo aver raggiunto le 280 mila abitazioni autorizzate nel 2005,
preludio al boom edilizio degli anni 2006-2007, gli ultimi valori sono inferiori al 50% rispetto a questi livelli record
di produzione. Il calo dei permessi di costruire rilasciati sembra solo rallentare il proprio tasso di decremento non
lasciando intravedere, purtroppo, un assestamento né tantomeno un’inversione di tendenza.
Anche il comparto non residenziale si è assestato su valori (m2 di superficie) che sono inferiori alla metà rispetto ai
massimi raggiunti nel 2002. Questo comparto descrive una recessione continua e senza soluzione di continuità,
scontando i modesti tassi di crescita che l’economia italiana nel suo complesso ha registrato nell’ultimo decennio.
La nostra analisi statistica valuta in circa due anni e mezzo il tempo che intercorre tra il ritiro del permesso di
costruire e il completamento dell’opera; il lag temporale del consumo di cemento si colloca invece a poco meno
della metà del processo e in particolare:
1 anno per l’edilizia residenziale
1,5 anni per l’edilizia non residenziale
Questi dati non lasciano molto spazio all’attesa della tanto auspicata inversione di tendenza. Con molta probabilità per tutta la prima metà del 2012 avremmo un ulteriore decremento dei volumi di attività legate all’edilizia
residenziale e non residenziale.
La lettura dei primi dati provvisori sul mercato del cemento di inizio anno conferma questi livelli straordinariamente modesti di attività.
200
279
230
184
189
Fonte: Elaborazione Ufficio Studi AITEC su dati ISTAT
261
250
209
70
60
192
50
142
150
126
20
50
10
I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010 2011
Annuali
SUPERFICIE IN FABBRICATI NON RESIDENZIALI m2
12
36
25
27
29
28
0
Trimestrali
35
30
40
30
100
40
80
10
29
25
24
25
8
23
17
20
16
15
6
4
10
2
5
0
Dati trimestrali in migliaia
268
250
0
Dati annuali in milioni
NUMERO DI ABITAZIONI IN NUOVI FABBRICATI RESIDENZIALI
I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010 2011
3
0
Dati trimestrali in milioni
Dati annuali in migliaia
300
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INVESTIMENTI PUBBLICI E PRIVATI: UN CONFRONTO INTERNAZIONALE
Gli ultimi dati pubblicati dall’Istat sui Conti Economici Trimestrali delle Amministrazioni Pubbliche si riferiscono al
terzo trimestre 2011. E’ interessante analizzare, in particolare, le uscite delle Amministrazioni pubbliche distinte
per voce economica e tipologia, sia in termini di peso percentuale sia in termini di dinamica. La quota maggiore
del bilancio pubblico è rappresentata dalle uscite in conto corrente: oltre il 90% delle uscite annuali dello Stato
vengono destinate ai costi di funzionamento della macchina pubblica. Il confronto dei primi nove mesi del 2011,
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mostra che le uscite correnti sono aumentate dell’1,5% e su
queste è, in particolare, la voce degli interessi passivi ad aumentare significativamente (+9,4%). Nello stesso periodo di analisi le spese in conto capitale sono diminuite del 4,6% e del 12,1% nel solo terzo trimestre. La voce
che subisce il maggior decremento è rappresentata dagli investimenti fissi lordi che, in nove mesi, diminuiscono
dell’8,8% passando da 23 a 21 miliardi di euro. E’ soprattutto nel terzo trimestre 2011 che si assiste al più forte
taglio agli investimenti fissi lordi con un decremento pari al 17,1%. La quota del bilancio pubblico destinato ad
investimenti, potenzialmente in grado di produrre effetti benefici sull’intero sistema economico, rappresenta
meno del 5% delle uscite totali dello Stato (cfr. tabella). ■
CONTO TRIMESTRALE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE – (I trimestre 2010 - III trimestre 2011)
VOCI ECONOMICHE
Fonte: ISTAT
III TRIMESTRE
III TRIMESTRE
III TRIM 2011/
I TRIM - III TRIM
2010
2011
III TRIM 2010
2011 (cumulati)
milioni euro
variazioni %
USCITE
Redditi da lavoro dipendente
38,732
38,228
-1,3
-0,9
Consumi intermedi
22,086
21,883
-0,9
0,8
Prestazioni sociali in denaro
69,661
70,763
1,6
2,4
Altre uscite correnti
23,294
22,431
-3,7
-2,2
153,773
153,305
-0,3
0,6
15,727
16,997
8,1
9,4
169,500
170,302
0,5
1,5
7,978
6,612
-17,1
-8,8
Uscite correnti al netto interessi
Interessi passivi
Totale uscite correnti
Investimenti fissi lordi
Altre uscite in c/capitale
4,932
4,730
-4,1
2,5
12,910
11,342
-12,1
-4,6
182,410
181,644
-0,4
1,1
Imposte dirette
52,314
51,681
-1,2
0,2
Imposte indirette
51,916
54,006
4,0
2,7
Contributi sociali
51,642
52,448
1,6
1,5
Altre entrate correnti
11,544
11,673
1,1
5,9
167,416
169,808
1,4
1,8
752
772
2,7
-11,4
Totale uscite in c/capitale
Totale uscite
ENTRATE
Totale entrate correnti
Imposte in c/capitale
Altre entrate in c/capitale
663
682
2,9
-22,8
1,415
1,454
2,8
-16,7
Totale entrate
168,831
171,262
1,4
1,6
Saldo corrente
-2,084
-494
-13,579
-10,382
2,148
6,615
Totale entrate in c/capitale
Indebitamento (-) o accreditamento (+)
Saldo primario
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Se si allarga l’analisi al totale degli investimenti, pubblici e privati, sostenuti dal Paese e si effettua un confronto
a livello internazionale si osserva che i paesi che hanno maggiormente investito sono riusciti a generare effetti
positivi sulla crescita della propria economia (cfr. grafici). La Germania, in particolare, ha puntato sulla crescita
degli investimenti, riuscendo a innescare il volano dello sviluppo economico e realizzando un’importante crescita
del proprio Prodotto Interno Lordo che, già nel corso del primo trimestre 2011, si è riportato sui livelli pre-crisi,
recuperando una perdita che aveva raggiunto il 6,8% nel primo trimestre 2009. Un’analoga dinamica ha interessato la Francia, con il Paese transalpino che, ancorché non abbia ancora pienamente recuperato i livelli del PIL
ante crisi (il terzo trimestre 2011 è ancora inferiore dello 0,5% rispetto al primo trimestre 2008), ha comunque
imboccato un percorso di crescita del PIL piuttosto interessante.
In tale scenario il confronto con l’Italia è impietoso. Il nostro Paese, come detto, ha intrapreso già da alcuni anni
un percorso di contrazione degli investimenti (sia pubblici che privati) e gli effetti sul PIL sono, purtroppo, evidenti. A differenza degli altri importanti partners europei tradizionalmente confrontabili con l’Italia, il nostro Paese
appare l’unico in profonda difficoltà nel riavviare un ciclo di crescita economica che consenta di recuperare i livelli
di PIL perduti negli ultimi anni (il terzo trimestre 2011 è ancora inferiore del 4,6% rispetto al picco pre-crisi) e dare
nuove prospettive di prosperità all’economia nazionale.
Appare dunque importante promuovere la crescita dei livelli di investimento complessivi e ciò, si badi bene, non
soltanto per l’effetto diretto che essi produrrebbero sull’economia, ma anche e soprattutto per gli effetti indotti
di moltiplicatore – in termini di occupazione, valore aggiunto, ecc. - che si trasmetterebbero all’intero sistema
economico amplificando il valore stesso delle risorse investite.
PIL IN ALCUNI PAESI EUROPEI (base = 2004 Q1)
Fonte: EUROSTAT
120
115
110
100
95
Francia
INVESTIMENTI FISSI LORDI IN ALCUNI PAESI EUROPE (base = 2004 Q1)
2011 Q3
2011 Q2
Portogallo
2011 Q3
2010 Q3
2010 Q2
2010 Q1
2009 Q4
2009 Q3
2009 Q2
2011 Q2
Fonte: EUROSTAT
2009 Q1
2008 Q4
2008 Q3
2008 Q2
2008 Q1
2007 Q4
2007 Q3
2007 Q2
2007 Q1
2006 Q4
2006 Q3
2006 Q2
2006 Q1
2005 Q4
2005 Q3
2005 Q2
2005 Q1
2004 Q4
2004 Q3
2004 Q2
2004 Q1
2011 Q1
Grecia
130
120
110
100
90
80
70
60
50
40
5
2010 Q4
2010 Q3
2010 Q2
2010 Q1
2009 Q4
2009 Q3
2009 Q2
Spagna
2011 Q1
Italia
2009 Q1
2008 Q4
2008 Q3
2008 Q2
2008 Q1
2007 Q4
2007 Q3
2007 Q2
2007 Q1
2006 Q4
2006 Q3
2006 Q2
Germania (inclusa RDTdal 1991)
2010 Q4
Unione eUropea (27 paesi)
2006 Q1
2005 Q4
2005 Q3
2005 Q2
2005 Q1
2004 Q4
2004 Q3
2004 Q2
2004 Q1
90
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BOX DI APPROFONDIMENTO
IMU E DISPONIBILITÀ FINANZIARIE. QUANTE RISORSE PER GLI INVESTIMENTI.
La manovra correttiva dei conti pubblici varata dal governo Monti si fonda per più di un terzo del suo
ammontare complessivo lordo su interventi di imposizione immobiliare (11 miliardi su 30 complessivi)
attraverso l’introduzione dell’Imu.
Allo Stato compete la metà dell’imposta ottenuta da tutti gli immobili ad esclusione di quella proveniente
dall’abitazione principale e relative pertinenze che è destinata invece esclusivamente ai Comuni. Per evitare che queste ingenti somme di denaro vengano drenate dal sistema produttivo senza la possibililità di
una loro discrezionale redistribuzione, il Governo ha previsto qualche forma di esenzione e/o agevolazione che consentirebbe proprio di svincolare una parte di risorse delle imprese, destinate ora al pagamento
dell’imposta, permettendone un utilizzo “produttivo” per effettuare nuovi investimenti con ricadute
positive sull’intero sistema economico. Come ha spiegato l’ANCE, lo spazio di manovra concesso ai
Sindaci non è accompagnato però dalla riduzione della quota del gettito IMU destinata all’Erario. Ciò
implica che lo sgravio andrebbe a pesare interamente sui Comuni e visto lo stato in cui versano le casse
comunali questi potrebbero decidere di lasciare invariata l’IMU per l’abitazione principale innalzando
invece l’imposizione sulle seconde case, soprattutto quelle sfitte.
Sarebbe auspicabile invece che una parte del gettito proveniente da questa rinnovata imposizione fosse
destinata obbligatoriamente ex lege, alla realizzazione di nuovi investimenti in piccole opere,
con ricadute positive sul settore dal quale vengono attinti i proventi, evitando di generare una crescita
incontrollata delle spese correnti. Occorrerebbe, a tal fine, individuare parametri o indicatori di performance (ad es. investimenti/spese correnti) in grado di valutare la virtuosità di regioni ed enti locali (e
prevedere quindi anche l’adozione di adeguati sistemi premianti e/o meccanismi automatici sanzionatori
degli organi di governo) sulla base di spese produttive e non di semplici equilibri economico-contabili.
Cio assicurerebbe in breve tempo una consistente ripartenza di tutta la filiera delle costruzioni generando
ricadute positive per l’intero sistema economico nazionale.
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CALCESTRUZZO SCC E SOSTENIBILITA’.
PIU’ SI SPENDE PIU’ SI GUADAGNA. 3 CASI CONCRETI
IL GRATTACIELO INTESA-SANPAOLO A TORINO
Il miglioramento della sostenibilità delle pratiche edilizie è strettamente legato al tema dell’efficienza delle
risorse. Se l’Europa si è ambiziosamente prefissa l’obiettivo di ridurre le emissioni e il consumo energetico di
almeno il 20% entro il 2020, la sostenibilità delle pratiche edilizie va necessariamente affrontata.
L’uso di materiali da costruzione sostenibili permetterebbe, secondo stime della Commissione europea, non
solo un maggiore efficientamento delle risorse ma, se fosse centrato l’obiettivo del 20% , l’Europa beneficerebbe di una crescita aggiuntiva del proprio Pil di circa l’1%.
Facendo leva sull’innovazione e sulla tecnologia, il settore delle costruzioni sta già agendo su questo fronte.
Lo testimonia la costruzione del grattacielo Intesa-Sanpaolo a Torino. Progettato da Renzo Piano, la torre, alta
167 metri, sarà la nuova sede del gruppo bancario. In futuro ospiterà circa 3.000 dipendenti, diventando il
nuovo landmark di riferimento nello skyline della città sabauda. La soluzione progettuale originaria prevedeva
una piastra di fondazione di 15.000 m3 da realizzare con getti successivi di 50 cm per un’altezza complessiva
di 4,3 metri e dimensioni 60 mt x 60 mt, con numerose cuciture verticali con calcestruzzo siclast 35/45. Per
migliorare la logistica di cantiere e ridurre i costi e i tempi di esecuzione, la piastra è stata completamente
riprogettata. Si è infatti preferito utilizzare calcestruzzo SCC (autocompattante) e macinazione grossa del cemento, con il getto realizzato in modo continuo (circa 70 ore) e resistenza a 60 giorni e non a 28 in quanto
la piastra sarebbe stata soggetta a carico non prima di 2 anni.
I benefici ottenuti possono essere così sintetizzati: Sostenibilità economica dovuta alla riduzione dell’armatura
di acciaio necessaria per realizzare la piastra (più di 100kg/m3 con un risparmio di oltre 1,5 milioni di Euro)
Utilizzo di filler di calcare proveniente da residui di altre lavorazioni. Risparmio sui tempi di realizzazione
da 2 mesi a 3, con conseguente miglioramento della sostenibilità sociale ottenuta grazie alla riduzione del
disturbo indotto sulla comunità e in virtù della vibrazione del calcestruzzo non richiesta dalla nuova soluzione
progettuale. Il costo sopportato per la variazione del piano di lavoro originario è stato inferiore al 2% del
risparmio realizzato con la nuova soluzione progettuale. Grazie a questo esempio è possibile comprendere la
bontà di una scelta che, pur contemplando l’utilizzo di un singolo materiale più costoso (calcestruzzo SCC),
ha consentito risparmi economici globali di gran lunga superiori. La proattività dell’industria del cemento e
del calcestruzzo nei confronti della sostenibilità economico-ambientale è dimostrata dagli sforzi profusi al miglioramento delle tecniche di produzione, con un occhio all’innovazione e all’ottimizzazione delle specifiche
di prodotto.
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IL PRODOTTO
CALCESTRUZZO SCC
Il Calcestruzzo autocompattante (Self Compacting Concrete o SCC) o calcestruzzo autolivellante (Self-Levelling Concrete o SLC) è un conglomerato cementizio che viene messo in opera e compattato senza intervento
di mezzi esterni (vibrazione) ma per effetto della sola forza gravitazionale. Oltre a soddisfare i requisiti di classe
di resistenza e di esposizione definiti nella UNI EN 206-1, il calcestruzzo autocompattante ha la specifica proprietà, allo stato fresco, di un’elevata fluidità con assenza di segregazione.
I primi ad utilizzare i calcestruzzi SCC sono stati i giapponesi i quali alla fine degli anni 80’ sono stati i primi ad
utilizzare nei calcestruzzi additivi supefluidificanti di ultima generazione in sostituzione di quelli tradizionali.
Il calcestruzzo SCC fu proposto per la prima volta da Hajime Okamura nel 1986 e le prime applicazioni sono
avvenute in Giappone e in Canada a partire dal 1988. In Europa il calcestruzzo autocompattante è stato utilizzato la prima volta nel 1996 in Svezia.
Le principali caratteristiche dell’SCC allo stato fresco sono:
• la capacità di riempimento o di scorrimento in assenza di vincoli.
• la capacità di passare attraverso gli ostacoli anche detta proprietà di scorrimento confinato o deformabilità, che è la capacità di cambiare forma, di passare attraverso gli ostacoli e riempire gli spazi
disponibili senza segregare e senza bloccarsi.
• la resistenza alla segregazione, ovvero la capacità di mantenere la propria composizione omogenea e
invariata sia in movimento sia in riposo durante il trasporto e la messa in opera.
Grazie alla sua capacità di autocompattarsi, SCC rende la durabilità indipendente dalla qualità/quantità
di vibrazione e dalla professionalità della manodopera. Con il calcestruzzo autocompattante si elimina a
priori il pericolo di una vibrazione non corretta o non adeguata e i noti effetti che ne derivano quali segregazione, disomogeneità, permeabilità, vespai e nidi di ghiaia ecc. In conseguenza si riducono i tempi
e i costi di costruzione, i pericoli di contestazioni e i relativi costi.
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LE PIASTRE A L’AQUILA
Il Progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili) è nato dall’esigenza di dare un alloggio in
tempi brevissimi alle popolazioni dell’area colpita dal terremoto del 6 aprile.
L’obiettivo per tutti i soggetti coinvolti è stato quello di garantire che le prime case fossero consegnate entro 5
mesi dalla data del sisma. Il progetto prevedeva la realizzazione di edifici prefabbricati a due e a tre piani, fissati
sopra grandi piastre in c.a. isolate sismicamente, per un totale di 183 piastre ripartite in 19 aree localizzate attorno a L’Aquila. Dai ponti alle case. Per la prima volta gli isolatori antisismici, dei dispositivi solitamente usati per
le grandi infrastrutture che funzionano come ammortizzatori in caso di terremoto, vengono utilizzati in maniera
estensiva nell’edilizia residenziale, nelle nuove case costruite per gli abitanti dell’Aquila.
L’idea che ha reso possibile questa applicazione è stata la piastra, l’elemento base di tutti gli edifici progettati per
accogliere le persone colpite dal terremoto: due piattaforme di calcestruzzo rinforzato da 1000 mq separate da 40
pilastri in acciaio o in cemento di ordine gigante e, per l’appunto, dagli isolatori antisismici, una sorta di capitelli la
cui tecnologia permette alla struttura superiore di oscillare orizzontalmente fino a un’ampiezza di 26 cm.
Sul piano della percezione, la differenza tra una scossa subita in una normale struttura antisismica e in un edificio
isolato da queste piastre è simile a quella che si proverebbe trovandosi alternativamente in un autoscontro e in
una culla. In termini strettamente economici, a fronte dell’importante investimento iniziale si ottiene l’abbatti-
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mento quasi totale dei costi di riparazione post-terremoto.
Gli isolatori elastomerici basano il loro comportamento sulla deformazione della gomma impiegata. Sono caratterizzati dall’alternanza di strati di elastomero e lamierini di acciaio solidarizzati mediante processi di vulcanizzazione a caldo. Gli isolatori a scorrimento multidirezionali sono invece costituiti da due dischi di diverso diametro
che scorrono l’uno sull’altro. I materiali impiegati, Teflon e acciaio, sono scelti in modo da poter sviluppare una
bassa resistenza d’attrito. L’impiego di SCC, ha avuto l’obiettivo, raggiunto, di fornire la marcia in più alle fasi di
lavorazione, contribuendo al miglioramento dei processi realizzativi in termini di velocità esecutiva e qualità dei
manufatti. Le piastre realizzate in SCC richiedevano circa 5h (in media) per il completamento dei 600mc mentre
quelle in S5 avevano bisogno di circa 7h (in media) per il completamento degli stessi 600mc.
Inoltre, I getti in S5 necessitavano la presenza almeno di due operai in più, addetti alla compattazione a mezzo vibratori e ,in qualche caso, hanno presentato nidi di ghiaia che hanno reso necessari interventi di finitura finali
Il guadagno in termini di sostenibilità relativo all’impiego di SCC, anche se difficilmente quantificabile, si potrebbe considerare relativamente ai seguenti apporti:
risparmio di carburante e emissioni di CO2 per il minor impiego delle betoniere e delle pompe
una media di circa 2h in meno di getto per piastra equivale a circa 370h di risparmio in termini di gasolio ed
emissioni di CO2
risparmio di energia dovuto al non impiego dei vibratori
In termini di controllo poi, l’impiego di SCC implica maggiori attenzioni sulle proprietà allo stato fresco (la lavorabilità), ma fa sicuramente ridurre l’incertezza dei risultati di schiacciamento dei cubetti eliminando le variabili
dovute al buono o cattivo costipamento degli stessi.
IL MOSE DI VENEZIA
Il MOSE è il sistema di paratoie mobili a scomparsa in costruzione alle bocche di porto lagunari per la difesa di
Venezia e dell’intero ecosistema dalle acque alte.
Ad oggi è già stato realizzato per oltre il 65%. Rappresenta il più grande cantiere di ingegneria idraulica del
mondo, che vede impegnati circa 3.000 addetti diretti e indiretti. Le paratoie mobili del Mose rappresentano il
cuore di un vasto sistema di opere che coniuga la difesa fisica dei centri abitati lagunari dagli allagamenti con il
ripristino e la riqualificazione ambientale della laguna. Si tratta del più imponente programma di difesa, recupero
e riqualificazione dell’ambiente che lo Stato italiano abbia mai intrapreso, un impegno che viene attuato secondo
un approccio sistemico e coordinato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Magistrato alle Acque di
Venezia attraverso il Consorzio Venezia Nuova.
La realizzazione del MOSE richiede una produzione di circa 220.000 metri cubi di calcestruzzo, un quantitativo
certamente imponente e che ha comportato una particolare attenzione nell’impiego di calcestruzzi a prestazioni specifiche. L’ambiente marino, infatti, è fra i più aggressivi per le opere in calcestruzzo armato. All’azione
meccanica dovuta ai moti delle masse d’acqua (onde, spruzzi) si assomma l’azione degradante dei sali contenuti
in forte concentrazione nell’acqua di mare. Uno degli elementi principali da tenere presente durante le fasi di
realizzazione del mix design è l’effetto che il cloruro di sodio (NaCl) produce sulle strutture, abbreviandone la
vita utile di esercizio dell’opera a mare a causa della corrosione indotta sui ferri di armatura. A dispetto di altri
tipi di cloruro, il NaCl agisce infatti sulle barre d’armatura per corrosione localizzata una volta che è riuscito a
raggiungerle attraverso meccanismi di trasporto legati alla porosità diffusa o locale del conglomerato o alle vie
preferenziali di veicolazione.
Per questa opera è stato messo a punto un calcestruzzo per applicazioni specifiche appositamente sviluppato per
l’uso in ambienti marini o esposti a condizioni ambientali soggette all’azione corrosiva del mare o dell’aria. Pur
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immerso nell’acqua di mare tale prodotto è in grado di resistere a diverse azioni corrosive quali quelle esercitate
da cloruri e solfati, dall’azione meccanica esercitata dalle onde e dal conseguente azione del bagnasciuga. E’ in
grado di garantire una vita di esercizio dell’opera di oltre 200 anni.
Per far fronte agli elevati volumi richiesti dall’opera è stato installato un impianto di betonaggio sul litorale
dell’isola di Pellestrina all’interno dell’area di cantiere composto da 2 impianti mobili. Il calcestruzzo viene immesso a ciclo continuo nelle autobetoniere e dopo un breve tragitto viene scaricato direttamente nei cassoni.
Una volta stagionati, i cassoni saranno posati direttamente in mare per la realizzazione dell’opera. Particolarmente complessa , trattandosi di opere a mare e di aree delicate, è l’organizzazione dei cantieri.
Tutte le forniture vengono consegnate via mare sul lato di San Nicolò, dove vengono verificate, smistate e trasportate su chiatta fino all’isola. Grazie a questa scelta sostenibile è stato completamente eliminato il traffico
su strada.
La realizzazione degli elementi di fondazione per le due bocche di porto di Malamocco e San Nicolò è particolarmente complessa.
I 18 cassoni necessari, hanno una dimensione in pianta di 50 X 60 metri e un’altezza variabile fra 10 e 12 metri.
I cassoni presentano un tasso medio di ferro d’armatura molto elevato: 350 kg/m3 che raggiunge picchi di 500
nelle solette di base.
È solo grazie all’impiego di una miscela di calcestruzzo autocompattante di elevata qualità che non segregasse e
di un sistema di getto che consentisse di verificare costantemente l’avanzamento del SCC che è stato possibile
realizzare i cassoni in totale sicurezza.
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