testi introduttivi all`arte africana

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testi introduttivi all`arte africana
TESTI INTRODUTTIVI ALL’ARTE AFRICANA
1.) ARTE IN AFRICA
In Africa, come nel resto del mondo, nel corso dei secoli l’arte si è manifestata attraverso molteplici
forme: dal racconto orale alla musica, dalla danza al teatro, dalla scultura alla tessitura, dalle
pitture corporali agli ornamenti.
È solo un pregiudizio europeo, risalente agli inizi del Novecento, che identifica l’arte africana
unicamente con la scultura, ignorando così una produzione artistica ben più vasta.
Non solo, fino agli anni Cinquanta, non esisteva in Africa l’arte per l’arte, cioè come puro e
semplice “oggetto da guardare”.
Quasi tutti i prodotti artistici africani sono stati realizzati per essere usati nella vita quotidiana, nelle
celebrazioni rituali o nelle feste.
In Africa, poi, l’arte risulta un fondamentale momento di aggregazione tra la gente. I canti rituali
ritmati dai tamburi, le feste stagionali segnate dalla danza di maschere e la “benedizione” collettiva
di statuette propiziatorie sono momenti di grande socializzazione.
Da qui l’importanza fondamentale dell’arte nelle culture orali a sud del Sahara: dare informazioni,
illustrare credenze, rimandare continuamente al mito.
Alla base della scultura in Africa vi è stata, innanzitutto, una funzione socio-religiosa comunitaria,
che ha favorito l’anonimato dell’artista e la datazione incerta degli oggetti.
Gli oggetti scolpiti sono stati impiegati in riti necessari
•
a combattere le forze ostili che sembrano dominare la natura
•
e a spiegare ed ordinare un mondo apparentemente caotico.
Inoltre molte maschere e statue sono nate per:
- l’insegnamento di norme di comportamento
- il divertimento nelle grandi feste in cui partecipava tutta la comunità
- la volontà dei regnanti di mostrare la propria ricchezza.
L’insieme di tali funzioni è all’origine di una grande produzione artistica che, pur usando certi
elementi ricorrenti quali la maschera e le figure umane ed animali, mostra una sorprendente
varietà di soluzioni.
L’artista africano infatti, pur stretto tra regole stilistiche stabilite dalla tradizione ha saputo dare
molte volte un’interpretazione personale all’oggetto da produrre.
2.) LE RELIGIONI TRADIZIONALI AFRICANE
Alla base delle concezioni religiose di tutti i popoli africani vi sono tre principi di fondo:
1. Monoteismo. Il creatore di ogni forma di vita in tutto l’universo è l’Essere Supremo, un
unico Dio, chiamato con vari nomi dai diversi popoli. Vive lontano dagli uomini, in cielo, ma
al tempo stesso è vicino, presente nella vita quotidiana, “come l’acqua ed il vento”. Egli
non viene mai rappresentato, né nelle statue, né nelle maschere.
2. Forza vitale. Ogni essere vivente, vegetale, animale, umano, ha ricevuto dall’Essere
Supremo un’energia chiamata forza vitale. I riti ed i culti religiosi hanno lo scopo di
mantenere e sviluppare la forza vitale e di bloccare le potenze che la ostacolano e la
indeboliscono.
3. Armonia. Lo sforzo principale di ogni individuo e di ogni comunità è di sviluppare rapporti
sereni tra le persone, in famiglia, nel villaggio; di essere in armonia con il mondo animale e
vegetale, con il mondo invisibile. La concordia è continuamente in pericolo ed è compito di
chiunque rafforzarla e ristabilirla quando viene meno.
PREGHIERA DEL GUARITORE LUBA (REP. DEM. CONGO)
“Essere Supremo, padrone dei continenti,
Ho finito di scolpirlo
Tu sei il creatore di tutte le cose,
Soffia in esso la tua forza operante
Tutto ciò che si muove sotto il sole t’appartiene
Dimmi come devo usarlo
Guarda quest’oggetto che mi hai donato
E mostrami dove posso custodirlo”.
3.) LA SCULTURA FUNERARIA
Il culto dei morti costituisce uno degli aspetti fondamentali delle culture dell’Africa nera.
I defunti rappresentano il legame che unisce i vivi con gli antenati fondatori della famiglia; la loro
immagine è simbolo dell’affetto loro rivolto e la sede della forza vitale che, secondo le religioni
tradizionali, viene ridistribuita ai viventi attraverso i riti. Il culto di solito ha carattere individuale o
familiare.
Il rito comprende richieste di protezione, preghiere e piccole offerte alimentari.
Si svolge in genere all’interno delle abitazioni, quasi sempre di fronte a statuette che dei defunti
sono il ritratto idealizzato o, più spesso, la sede della loro forza vitale.
Il culto delle tombe è invece più raro e, in genere, qualche tempo dopo la morte le sepolture sono
abbandonate. Solo alcuni popoli, organizzati secondo una struttura politica centralizzata, mettono
a custodia delle tombe delle sculture che non solo materializzano la forza protettrice dell’antenato,
ma che, per la cura dei dettagli e la qualità espressiva, richiamano delle figure umane.
4.) GLI ANTENATI
Tra i popoli africani l’antenato non è un qualsiasi defunto a cui si è legati da vincoli di parentela o di
gruppo, ma un essere che in vita si è distinto tra gli altri e può vantare meriti particolari, oppure una
persona importante della società, come un capofamiglia o un sovrano.
Un po’ ovunque nel continente si crede che, pur essendo morti, gli antenati continuano a far parte
della comunità dei vivi.
Gli antenati hanno così delle funzioni speciali: soccorrere i vivi, alleviare le loro sofferenze,
garantire la fertilità vegetale, animale e umana, assicurare l’ordine e l’armonia del villaggio.
Essi assolvono a questi compiti solo se sono oggetti di culti e riti continui da parte dei vivi: offerte di
cibo sulle loro tombe, preghiere e sacrifici sulle statue che li rappresentano, rispetto da parte dei
membri del clan.
Nelle sculture africane le figure di antenato non sono solitamente il ritratto di una persona
effettivamente vissuta, ma ciò che viene messo in evidenza è il concetto di forza vitale.
Per esprimere quest’idea gli artisti fanno spesso ricorso a una posizione statica, priva di gestualità
e di emozioni nel volto, a una forte sproporzione del corpo, con la testa ed il tronco, sedi della forza
vitale, più sviluppati, così come gli organi sessuali, simboli di fecondità.
IL SOFFIO DEGLI ANTENATI
Ascolta più spesso le cose
che gli Esseri.
La voce del Fuoco si ode,
Odi la voce dell'Acqua.
Ascolta nel Vento
Il Cespuglio in singhiozzi:
E' il soffio degli Antenati.
Quelli che sono morti non se ne sono mai
andati;
Sono nell'Ombra che si rischiara
E nell'Ombra che si ispessisce.
I Morti non sono sotto la Terra:
Sono nell'Albero che stormisce,
Sono nel Bosco che geme,
Sono nell'Acqua che scorre,
Sono nell'Acqua che dorme,
Sono nella Capanna, sono nella Folla:
I Morti non sono morti.
Ascolta più spesso le cose
che gli Esseri.
La voce del Fuoco si ode,
Odi la voce dell'Acqua.
Ascolta nel Vento
Il Cespuglio in singhiozzi:
E' il soffio degli Antenati,
Il soffio degli antenati morti
che non sono andati via,
che non sono sottoterra,
che non sono morti.
Coloro che sono morti non se ne sono mai
andati:
Sono nel seno della Donna,
Sono nel Bambino che vagisce
E nel Tizzone che si accende.
I morti non sono sotto la terra.
Sono nel Fuoco che si spegne,
Sono nella Roccia che geme,
Sono nelle Erbe che piangono,
Sono nella Foresta, sono nella Dimora.
I Morti non sono morti.
(Birago Diop, Senegal,
da “I racconti di Amadou Koumba”, 1947)
5.) LE MATERNITÀ
La rappresentazione della donna con bambino è un tema che ricorre di frequente nella produzione
artistica della maggior parte delle società africane.
Nelle sculture le forme più ricorrenti sono quelle di una figura femminile seduta con il bambino al
seno, oppure inginocchiata o in piedi con il piccolo sul dorso.
A volte la maternità rimanda alla figura mitica di un’antenata fondatrice dell’umanità, altre volte alla
fecondità della donna è associata la fertilità dei campi, condizioni fondamentali per la
sopravvivenza e la crescita delle società agricole.
Nelle maternità africane non sono mai rappresentate determinate donne, ma sono messi in
evidenza alcuni elementi essenziali di ogni donna: l’acconciatura, le scarificazioni, il seno, il ventre
e l’ombelico.
Tra madre e bambino non si stabilisce alcun legame affettivo, gli sguardi non si incrociano, la
madre guarda lontano.
Si vuole così celebrare il ruolo sociale della donna come madre, figura che assicura la continuità
della vita umana.
6.) GLI SPIRITI
In tutte le società africane c’è una forte credenza nel mondo degli spiriti.
L’uomo si considera immerso in un flusso di forze positive e negative che determinano e
condizionano l’esistenza.
Quando si tratta di dare una spiegazione agli avvenimenti della vita, soprattutto nei casi di
difficoltà, disgrazie, morti, spesso la colpa va attribuita alla presenza di spiriti malvagi o all’assenza
di spiriti protettori.
Essi possono essere considerati come dei mediatori tra l’uomo e l’Essere Supremo, Dio, delle
realtà scelte da quest’ultimo per compiere determinate funzioni nel mondo e presso gli uomini.
Gli spiriti, al pari degli uomini, possono essere contenti, aggressivi, gelosi, generosi, per cui il loro
temperamento può essere condizionato da offerte e sacrifici.
Normalmente sono rappresentati da una scultura in forma umana o da una maschera, in cui si
crede che, in seguito ad un rito compiuto da un indovino o da un mago, lo spirito abbia preso sede.
Il Feticcio – Approfondimenti
Anticamente la parola “feticcio” (dal portoghese feitiço) indicava gli “amuleti” che accompagnavano
i marinai portoghesi all’epoca delle prime esplorazioni europee.
In seguito gli europei adoperarono la stessa parola per indicare qualsiasi oggetto utilizzato dagli
abitanti delle coste africane in relazione a pratiche magiche o cultuali.
Il concetto europeo di feticismo (credenza nel feticcio) risale in gran parte al 19° secolo, quando il
feticismo venne considerato precursore della religione.
Oggi, nel linguaggio comune, il termine “feticcio” ha significato negativo.
Feticcio è solitamente un manufatto nel quale, in seguito a rituali appropriati, entrano “spiriti” o
poteri impersonali.
Possono essere:
figurativi (statua che riproduce una persona o un animale);
non figurativi (un corno, una conchiglia o un involucro.
Ciò che conta è il loro contenuto, la sostanza magica, detta bonga.
Gli ingredienti della sostanza magica variano a seconda della funzione desiderata e possono
includere foglie di piante particolari, peli di barba o frammenti ossei di qualche importante
antenato, parte di animali totemici, capelli albini (rari individui africani di pelle bianca).
Attraverso il feticcio gli spiriti interferiscono, in modo positivo o negativo, con la vita umana.
Determinati sacrifici venivano praticati per attivare il potere dei feticci, che poi erano usati con
valore di protezione da malattie, per garantire successo nella caccia o nel commercio, per
aumentare la ricchezza o la fertilità, e certe volte anche per vendicarsi contro nemici provocando
loro ferite o malattie.
Molto note sono due varianti di tali sculture tipiche bantu:
feticcio specchio (presenta una specchietto che copre la sostanza magica racchiusa in una
piccola cavità ricavata nel ventre della statuetta. Ha la funzione di riflettere l’immagine della
persona che in qualche modo ha offeso o danneggiato chi consulta il sacerdote-veggente e
rimandare a quella persona il male che gli è stato augurato. Spesso a ciò è associato anche l’uso
di altri piccoli frammenti di vetro posti sugli occhi della statuetta);
feticcio chiodato (caratteristica della regione del Basso Congo. Si caratterizza per una serie di
chiodi o lamine metalliche conficcate nel torace e l’addome del feticcio. Si ritiene che ogni chiodo
sia piantato dal sacerdote-veggente (ganga) in occasione di giuramenti e patti. La forza che si
sprigiona dal feticcio avrà conseguenze benefiche o malefiche a seconda della corrispondenza o,
al contrario, della rottura dei patti.
Anche se la nostra attenzione è attratta da quelli figurativi, la maggior parte dei feticci è
semplicemente un “insieme di sostanze” (pietre particolari, corni, artigli, denti, ossa, capelli, pelli di
animali …) a cui si attribuiscono poteri magici.
7.) LE SOCIETÀ SEGRETE
Nelle culture agricole si incontrano associazioni rituali spesso presentate come società segrete.
In tali società viene mantenuto il segreto sugli insegnamenti trasmessi e sulle modalità di
svolgimento dei riti.
Nelle comunità tutti conoscono gli appartenenti alla società segreta; sanno dove e quando questi si
radunano, ma ignorano ciò che si dicono e ciò che fanno durante le riunioni.
Il segreto coinvolge in particolare le maschere e gli oggetti dei riti, che rappresentano spiriti della
natura o degli antenati.
Per tradizione possono appartenere alle società segrete solo coloro che superano delle prove.
Le società segrete possono essere suddivise in due categorie: quelle legate ai riti di iniziazione alla
vita adulta e quelle di mutuo soccorso che vanno al di là della famiglia, degli obblighi del clan e dei
confini etnici.
Nel mondo agricolo regolamentano la vita delle comunità; nelle monarchie del passato avevano
una funzione mediatrice tra i poteri del re, in apparenza illimitati, ed il resto della società.
Alcune esercitano funzioni di polizia, altre amministrano la giustizia, hanno funzioni religiose e
politiche, tra cui la protezione della comunità attraverso il culto degli antenati.
8.) LE MASCHERE
Nel mondo africano la maschera è uno degli strumenti che permette di allontanare le forze
malvagie, richiamare e trattenere quelle benefiche presenti nel mondo.
Le maschere vengono usate in momenti forti della vita dei popoli; attraverso di esse si manifesta
uno spirito protettore, un antenato fondatore del clan, le energie della natura.
Nei riti di iniziazione la maschera ha il compito di trasmettere le conoscenze del sapere
tradizionale e le regole di comportamento nella comunità attraverso delle rappresentazioni teatrali
di miti e storie.
Nei funerali la maschera raccoglie le forze della natura che la morte ha spezzato.
La morte provoca una rottura dell’equilibrio nella comunità; durante il rito la maschera deve
neutralizzare e ordinare queste forze, perché tutto rientri nella normalità.
Nelle società segrete che hanno funzioni politico-giudiziarie, la maschera “spaventosa”, dai tratti
terribili, viene usata come strumento di controllo sociale per punire attraverso tremende potenze
soprannaturali chi non rispetta le leggi.
Nei culti agrari e di fertilità la maschera ricorda il tempo mitico in cui vennero insegnate agli
uomini le tecniche agricole; compare nei riti celebrati nelle stagioni della semina e del raccolto.
La Maschera africana – Approfondimenti
Per maschera africana, non s’intende solo l’oggetto che viene messo sul viso, ma, spesso, l’intero
costume indossato da una persona, compresi i suoi movimenti (danza, corsa, salti), il canto e le urla
emesse.
La parte che si mette sul viso è realizzata quasi sempre in legno (leggero da portare) a cui sono
aggiunte decorazioni con fibre vegetali, bacche, corna, denti, perline colorate, bottoni, ciuffi di pelo o
capelli.
Per conoscere il codice morale e religioso di un popolo africano, la maschera è una via privilegiata di
accesso. Celando l’uomo che la indossa, essa rivela una realtà che sta oltre l’uomo stesso, cioè il
mondo del soprannaturale e degli spiriti.
Ha il compito di rendere presente in forma simbolica una realtà soprannaturale.
Considerate, originariamente, rappresentazioni dei poteri più grandi: spiriti ancestrali (fantasmi,
antenati), oppure spiriti della natura e demoni della malattia, quali giganti o gnomi.
Così, chi indossa tali maschere, non agisce solitamente come un attore che interpreta una parte, ma –
soprattutto durante i rituali – si identifica con il “potere spirituale” a tal punto da venire posseduto dallo
spirito e trasformato nell’essere cui ha prestato il proprio corpo.
Le maschere appaiono in diverse circostanze:
nei periodi di transizione;
di notte;
all’arrivo del nuovo anno;
nelle celebrazioni festose per nascite, matrimoni o per il raccolto;
nei riti di iniziazione;
nelle celebrazioni funebri e nelle commemorazioni in onore dei morti.
Gli antenati colgono queste occasioni per indicare i colpevoli di una trasgressione, per ammonirli, per
amministrare la giustizia e, se necessario assegnare le punizioni.
Comunicare con gli spiriti ed entrare in diretto contatto con le maschere sono prerogative riservate agli
uomini, che, di frequente, formano “società di maschere”, dalle quali i non iniziati (particolarmente donne
e bambini) vengono rigorosamente esclusi. Di norma ai non iniziati è proibito, pena la morte, conoscere
l’identità degli uomini nascosti dietro le maschere.
Inno alla maschera
Maschere! O maschere!
Maschera nera, maschera rossa
Voi maschere bianco-nere
Maschere dai quattro poli
Donde alita lo Spirito
Vi saluto nel silenzio!
Ecco che muore l'Africa degli imperi;
agonia di principessa pietosa
e anche l'Europa a cui l'ombelico ci unisce.
Fate che noi rispondiamo presente
Alla rinascita del mondo
Come il lievito necessario alla bianca farina.
Chi insegnerà il ritmo al mondo defunto
Delle macchine e dei cannoni?
Chi lancerà il grido di gioia per risvegliare
i morti e gli orfani all'aurora?
Dite, chi renderà memoria
di vita all'uomo dalle speranze violate?
Ci chiamano gli uomini della morte.
Siamo gli uomini della danza
E novella forza è ai nostri piedi
Il suolo duramente percosso.
(L.S. Senghor)