Leonardo Mosso - architetto e artista

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Leonardo Mosso - architetto e artista
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LE IDEE:
il paesaggio e la memoria, il paesaggio e il futuro,
il paesagio e l’architettura
LEONARDO MOSSO - architetto e artista
Strutture e Paesaggi di luce
Da circa vent'anni, il tema dei paesaggi di luce è l'aspetto
centrale del mio lavoro teorico e operativo sull'arte e
sull'architettura. Introduco questa esperienza, accennando
alle problematiche della luce, in relazione alla fruizione visiva
del paesaggio e delle sue presenze architettoniche.
La caratteristica principale di una architettura o insieme di
architetture è quella di essere parte più o meno grande di un
paesaggio di luce; e si evidenzia in modo particolare nelle
architetture costiere viste in distanza dal mare e in quelle
collinari e di montagna. Di fatto, la visione dell'architettura
sarebbe impossibile senza la luce: sia quella solare del
giorno sia quella artificiale o cosmica della notte. L'arte,
l'architettura e la città stessa sarebbero per noi inesistenti
come valore e godimento di armonia, di pensiero estetico e
di “forme rivelate dalla luce”, nel senso in cui le intendeva Le
Corbusier.
In termini poetici e nel ricordo di Malevitch, “per la luce” e
”solo per il fatto che la luce esiste", Eugenio Montale ha
potuto definire il paesaggio della costa ligure come
universale.
Nei silenzi della Liguria più alta, l'orologio illuminato
dall'interno di certi campanili liguri, o già piemontesi, alle
spalle della costa ma col sentore o ancora in vista del mare,
non è una illuminazione estetica: è piuttosto un segno di
confidenza come una finestra illuminata, un faro per i
viandanti, che introduce nella vita del villaggio. La luce
artificiale segna e prolunga nella notte la visione delle forme
costruite e può arricchire il paesaggio anche in senso
funzionale. Eppure, certa illuminazione esagerata stravolge il
carattere dei monumenti e degli ambienti urbani.
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Nel 1974, la mia “struttura/scultura” aerea più grande e
famosa, la “Nuvola rossa”, entra con forte presenza nel
panorama urbano torinese di Piazza Carlo Alberto,
attraverso le vetrate dell'Aula del Primo Parlamento Italiano di
Palazzo Carignano in Torino.
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Nell'ordine della città “più progettata” d'Italia, come la storia
confermerà, questa è un'opera non conformista e “irritante
Luce d'artista” ante litteram. Sotto molti aspetti, un
intervento di drammaturgia urbana.
Franco Antonicelli, già Presidente del CNL Piemontese,
aveva voluto la ”Nuvola rossa", come simbolo di quel
Museo della Resistenza, da lui ispirato e sul quale stavamo
lavorando da anni, come parte integrante e conclusiva del
Museo Nazionale del Risorgimento di Torino. Tuttavia,
insie me al mi o proge tto di s trutt ure mus eali, g ià
perfettamente definito e da lui molto apprezzato, la “Nuvola
rossa” è diventata il suo testamento culturale, redatto al
preciso scopo di garantirne l'esecuzione. Considerata dalla
critica internazionale come la scultura aerea più grande del
mondo e simbolo della mia poetica di morfogenesi
applicata all'arte e all'architettura, l'opera fu in seguito
deliberatamente distrutta, per intolleranza verso l'arte
moderna o per più gravi motivi, ma venne subito recuperata
in ogni suo frammento dalla Regione Piemonte, per merito
del Presidente Aldo Viglione e del Soprintendente Bruno
Malara.
Nel 1983, anche il mio progetto di concorso per il “Piano
Particolareggiato di Bussana Vecchia” con Laura
Castagno, Walter Stiari e Ivano Amoretti conteneva
analoghi concetti di identificazione dell'immagine del luogo
e della mia filosofia di restauro storico. Sospesa tra cielo e
terra, alta sul mare e con le murature relativamente intatte a
un secolo dal terremoto che la fece abbandonare, Bussana
Vecchia costituiva un documento storico, ambientale e
architettonico, quasi incontaminato. Nella mia proposta, i
ponteggi e le puntellature lignee dovevano essere dipinte di
vari colori, onde far fiorire dalle rovine una immensa scultura
cromatica in progress, variabile di giorno in giorno. Un
paesaggio di emozioni estetiche sempre diverse, avrebbe
così marcato di gioco e di gioia la fase iniziale delle
puntellature statiche, dopo cento anni dalla morte per
terremoto della città, insieme con i suoi abitanti. “Per
volontà e per caso” quindi, nella maniera in cui il
compositore Pierre Boulez definisce la sua musica, dallo
stesso Boulez accomunata nel metodo alle mie “Strutture”,
in un nostro colloquio torinese.
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A Bussana Vecchia, le travi dipinte dei ponteggi sarebbero
state i grandi segni lineari di colore, visibili dal mare e
dall'autostrada: un “Paesaggio di processo”, durante tutte
le fasi del restauro e della ricostruzione.
Ma il desiderio di un impegno progettuale storico e civile
adeguato, mi portò a complessi approfondimenti, come il
diritto dei discendenti dagli antichi proprietari e quello degli
attuali residenti per usucapione, sulla base di un originale
concetto di restauro storico, che sintetizzo:
- consolidare e congelare nel loro stato di documento, le
tipiche “unità quadrangolari accostate” delle murature
medioevali, senza alcun ulteriore accrescimento;
- Far sorgere dal loro interno, in autocost ruzione
co nt ro ll at a, la mo de rn a vo lu me tr ia de ll a fa se
ricostruttiva, in materiali leggeri colorati come case
veneziane di laguna.
Il progetto non ebbe successo nel concorso, ma fu
presentato nella sua completezza in università e musei
d'arte europei e, al K-E Osthaus Museum di Hagen, fu
anche oggetto di un convegno: la finalità di suscitare
interesse a un Centro Studi sulle città storiche terremotate a
partire dall'esperienza su Bussana, è stata però raggiunta.
La serie di opere e progetti di azione strutturale e anche
mimica “strutture in piazza, strutture in cielo, struttura e
danza sulla citta” seguono in Europa la poetica della
”Nuvola rossa".
Nel 1979 il progetto “alla Mole” fa scendere una struttura
vertiginosa lungo tutto l'edificio, con analoga teatralità della
splendida progressione luminosa del 2000 di Mario Merz,
compagno allora in varie esposizioni.
Nello studio “Per Guarini” del 1980, strutture diverse
nell'ambito di Piazza Castello coinvolgono: la cancellata
della Piazzetta Reale, San Lorenzo, la Sindone e il
Campanile del Duomo.
A partire dal 1990, con un procedimento di tipo luministico,
le mie classiche “Strutture” introducono una problematica
nuova nel grande tema del paesaggio e diventano
“Strutture di luce”; e ciò con l'inserimento della luce nei due
sistemi strutturali da me in precedenza ideati: “Mosstrut”,
del 1961-63 a giunto smontabile; e “Mossmob”, del 19701972 a giunto elastico.
Queste opere instaurano un nuovo rapporto di spazialità e
di valorizzazione con architetture, musei, ambienti e città
europee come Bonn, Vlissingen, Berlino, Francoforte,
Venezia, Milano, Torino, Gubbio, Bergamo, Hünfeld, Celle,
Lubli no, Acic astel lo, Caste llamo nte, Berna , Essen ,
Colonia, Erfurt, Karlsruhe, Bremerhafen, Oberhausen,
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Monaco, Rotterdam, Genova, Darmstadt.
Nel 2007, Fulvio Irace mi presenta alla Triennale di Milano
come “Il Munari dell'architettura” e definisce questi anni il
periodo dei “paesaggi di luce di Leonardo Mosso”.
Il paesaggio di luce che circonda il mio studio, marca un
ambiente naturale tra i più ricchi di storia della collina
torinese. D'inverno, per la diffrazione della luce, i cristalli di
neve riflettono e mescolano le luci colorate delle strutture
creando nuovi colori, in una operazione pittorica di
acquarellatura: la proiezione del rosso e del blu rende viola i
pini innevati e rosa il prato, come un quadro fauve di Macke.
(vedi foto 1-2)
In questo contesto, la Struttura “a luce interna proiettante”
(2004-2006) alta 20 metri, dialoga dalla Valle dei Salici con il
volume “a luce esterna riflessa” della Basilica di Superga di
Filippo Juvarra del 1715-1718. Le “Strutture” di questo tipo
sono “geometrie nello spazio”, senza una vera e propria
volumetria, con ritmi di luce proiettante che spiccano dal
loro interno, grazie ai sistemi tecnologici, costruttivo ed
elettrico, integrati. (vedi foto 3)
E' pure del 2004-2006, l'intervento in Valchisone, tra il Forte
piemontese sette-ottocentesco di Fenestrelle e il secentesco Forte francese Mutin.
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La dinamica dei fari delle automobili lungo la Via Olimpica si
aggiunge alle due maniere luministiche, quella a luce
interna proiettante della struttura e quella a riflessione
esterna del Forte. (vedi foto 1-2)
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Anche sulla superficie cristallina dell'acciaio inossidabile,
una sorta di pittura spaziale aleatoria miscela i colori
proiettati dai “Mosstrut” di luce, mentre il sole li infiamma in
maniera abbagliante.
Un nuovo Progetto per Helsinki (1990) “Terra-mare e acquaghiaccio-luce” porta una doppia reticolatura a due colori
interferenti, dalla terra verso il mare e vicevera. Boe
sull'acqua d'estate e monoliti sul ghiaccio in inverno sono le
geometrie luminose di uno sguardo verso Tallin, donde i
progenitori ugro-finnici giunsero in Finlandia attraverso il
mare. Dello stesso anno, il “Continuum per Los Angeles”,
studia una struttura urbana chilometrica, attraverso la
metropoli.
Nel 2001, il concorso per Trieste di miglioria generale della
città, con Giancarlo de Carlo, è ancora una drammaturgia
urbana, dove alcuni grandi segni lineari di luce marcano in
contrappunto le architetture/chiave della città:
- In senso orizzontale: sui cornicioni lungo il Canal Grande,
sulla Stazione Marittima, sul Palazzo delle Generali e
sull'edificio della Borsa;
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- In senso verticale: con una torre di luce spiccante sul
portico di Piacentini in piazza della Borsa, ai margini di
quanto resta della città medioevale.
Tutto per una visione topica globale sulla “cittàpalcoscenico”, dal mitico Molo Audace avanzato sul mare e
classica passeggiata, donde Trieste appare con le colline
carsiche sorgere dal mare e rientrarvi dai due lati, in una
spettacolare sezione sulla sfera terrestre. (vedi foto 1)
Nel paesaggio delle colline intorno a Hünfeld, al centro della
Germania presso Fulda, un “eretteo di luce” segna il profilo
della piccola città tedesca e la nuova autorimessa
comunale seminterrata, 2000. (vedi foto 2)
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