T I T 0 L 0 II. §. 1192. La parola assassinio (1) si usurpò per indicare

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T I T 0 L 0 II. §. 1192. La parola assassinio (1) si usurpò per indicare
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237
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T I T 0 L 0 II.
A s s a s s i n i o .
§. 1192.
La parola assassinio (1) si usurpò per indicare qua­
lunque omicidio premeditato dal codice Francese ar­
ticolo 296 (2), e dal codice Sardo art. 526 ; che ne
imita F inesatto linguaggio (3). Ma nel linguaggio clas­
sico della scuola la parola assassinio indica V omici­
dio commesso per ordine e conio altrui.
(1) Bibliografia — K e m m e r i c k Synopsis juris crimi­
nalis tit. 4 , pag. 37 —■B o e h m e r o Elementa juris cri­
minalis cap. 18 — Mei s t e r Elementa ju ris criminalis
§. 91 , pag. 52 ■
— C a r a v i t a Institutionum criminalium
lib. 1 , cap. 37 — L a u t e r b a c Dissertationcs disc. 12 —
S t r y k i o Dissert. de jure blanditiarum cap. 6; et dissert.
de mandato delinquendi voi. 6 , diss. 1 6 , pt. — FI erri­
mi ng De mandato rei illicitae — K o c k Inst. lib. 2,
cap. 35 — Rena zzi lib. 4, pars 4, cap. 3 — C r e m a n i
lib. 2 , cap. 5, art. 4 —■ Pa o l e t ti lib. 3, tit. 10 — Pog­
gi lib. 3 , cap. 10 — C a r m i g n a n i § . 9 3 3 et seqq. —
G i u l i a n i tom. 2 , pag. 239 e segg.
(2) Nell’ antica pratica francese la parola assassinio f as­
sassinai J si usava nel suo proprio significato di omicidio
per mandato, come osserva R o u s s e a u d de la Combe
pag. 86. Pare secondo questo scrittore che 1’ applicazione
della parola assassinio all’ omicidio premeditato (che oggi
è divenuta comune in Francia, e che dalla Frància si è vo­
luta ricondurre fra noi dal codice Sardo) avesse origine dalla
confusione dei due termini nella ordinanza criminale del 1670
( tit. 1 , art. 12). Anche W a n Ha s s e l t ( dissertatio ad
art. 295 pag. 8 , e 11 ) mentre ripete la storia della parola
assassino, dimostra che anche in Francia ai tempi di Io us s e
con la parola assassinai denotavasi 1’ omicidio per manda­
to. Il D’ A n e t h a n fd e meditato delieto pag. 43 ) va più
per la diritta : egli sostiene che la parola francese assassi­
nai è radicalmente diversa dalla parola ussassinium. Cosic­
ché secondo questo scrittore il difetto sarebbe stato dei tra­
duttori che volsero la prima nella seconda voce. Del resto
questa variata significazione della parola assassinio , è pas­
sata ancora in molti altri codici contemporanei. Così hanno
abbandonato il significato classico della parola , il codice
Parmense del 5 novembre 18 2 0 , art. 306 ; il traduttore
francese del codice Bavaro del 1813 art. 1 4 6; e il tra­
duttore del codice Prussiano del 1851 , art. 175. Malgrado
ciò noi ci atteniamo all’ originario significato di cotesta pa­
rola, in conformità della pratica costante delle scuole e tri­
bunali toscani. Nel linguaggio italiano colui che uccide altri
a caso pensato, non si chiama assassino , se non per simi­
litudine. Dicesi mi ha assalito come un assassino ¿ e la si­
militudine denota appunto che il significato proprio della
parola sarebbe diverso.
(3)
Fra i criminalisti contemporanei è piaciuto anche al
P e s s i n a di rendere ecumenica la parola assassinio ; de­
signando con quella — 1.° 1! omicidio premeditato e con
aguato: — 2.° V omicidio per mandato: — 3.° 1’ omicidio
che ha per fine un altro reato — 4.° 1’ omicidio innoxii
prò noxio. Io rispetto il piacimento di tutti : ma in articolo
tecnologia preferisco rispettare piuttosto il linguaggio delle
nostre scuole e degli antichi scrittori ; sì perchè ciò mi mette
in più facile comunicazione coi miei maestri, come perchè
lo attribuire ai diversi 'fatti un diverso nome che li distin­
gua , giova alla trattazione dei relativi problemi, e ne ren­
de spesso più facile la soluzione. Con molta esattezza il
P e s s i n a delinea a pag. 26 la importante teorica dei
— 239 —
motivi proprii. Ma io non credo che l’ aumento della quan­
tità politica nell’ omicidio per mandato possa ragionarsi sul­
la duplicazione delle forze del delitto. E noi credo — 1.° per­
chè 1’ esecutore è sempre uno solo — 2.° perchè se in cotesta considerazione della duplicazione delle forze, stasse la
ragione del criterio, bisognerebbe che 1’ omicidio commesso
da due che insieme lo hanno concertato, si punisse più che
1’ omicidio concertato fra due ed eseguito dal solo sicario.
La vera ragione della odiosità maggiore che incontra la stra­
ge conduttizia sta a mio giudizio unicamente nell’ aumenta­
to pericolo, perchè la vittima in faccia all’ omicidio per man­
dato non sa da chi guardarsi.
§. 1193.
Trovasi però divergenza nella scuola intorno alla
circostanza della mercede. Avvegnaché i più defini­
scano i’ assassinio — 1’ omicidio commesso p er ordi­
ne e conto altrui in insta di una pattuita m ercede:
e così applicano la denominazione di assassinio a quell’ omicidio che la lex quaero ff. de poenis chiamò
omicidio condultizio. E fanno in tal guisa un criterio es­
senziale della pattuita mercede. Così 1’ Anton.Mat­
teo, Kemmer i c k, Boehmero, Rock,
Poggi , Renazzi , Paol etti , Meister,
Giuli ani , Puccioni .
Al contrario Cremani e Carmignani tol­
sero quell’ adietto dalla definizione, e non tennero come
estremo dell’ assassinio il patto di mercede. Laonde
dissero assassinio semplice quello non prezzolalo ; e as­
sassinio qualificato quello ove il patto di mercede aveva
mosso il braccio del sicario. Tale opinione potrà essere
forse più vera in faccia alla etimologia storica della pa­
— 240 —
rola (1 ). Ma è indubitato che la com une scuola trova
nella mercede il criterio essenziale di questo titolo, e
che se si m edita la ragione politica di tale aggravante,
la
m edesim a
conduce
ad esigere la m ercede. Infatti
ciò ch e rende di gran lunga m aggiore lo spavento che
genera 1’ omicidio com m esso per m andato, è la troppa
facilità che può avere uno scellerato potente a trovare
sicari
mediante
denaro; e quindi la difficoltà grande
nella vittima a difendersi contro un assalto ch e non si
sa da qual lato sarà per venirci. Un om icidio com ­
m esso per conto a ltru i, m a senza veduta di p rem io ,
suppone uno straordinario legam e o benevolenza n el­
lo esecutore, che gli facciano dimenticare le leggi re­
ligiose , m orali, e p o litich e, e correre al proprio sacri­
fizio per soddisfare la passione di un altro. Tale abne­
gazione e tale eroism o in un delinquente sono difficili
a verificarsi, e facili ad antivedersi ; perchè sapendo di
avere un n em ico , potrò guardarmi non solo da lu i, ma
anche da altro che conosca a lui legato di tanto stretta
amicizia. Laddove il sicario prezzolato non so in quale
individuo
potrà realizzarsi ; e perciò tem o di tutti. Il
mandato gratuitamente assunto ad uccidere può veri­
ficarsi facilmente in un settario, che uccida per ordine
del suo superiore nella setta. Ma io dubiterei grande­
m ente che 1’ omicidio eseguito dal settario
berazione della setta non potesse con
per deli­
esattezza dirsi
com m esso per conto a ltru i, m a piuttosto
per conto
proprio ; poiché si eseguisce in obbedienza ad una fe­
de com une per un sentim ento a sè proprio, e s" in­
tende a soddisfare la passione propria più che 1’ al­
trui. Sicché nelle ordinarie relazioni della vita, 1' uo­
— 241 —
mo che genera m aggiore spavento è
zolato. C a r m i g n a n i
il sicario prez­
stesso ( §. 9 3 7 ) viene a dirci
che quando non intervenne la mercede, la
ragione
della qualifica non sta nella causa, m a nella preme­
ditazione: e questo è verissim o. Ma con ciò parmi
che egli m edesim o rinneghi la dottrina che preceden­
tem ente ha accolto nella sua definizione: perchè se la
qualifica non sta nella causa, ciò vuol dire che non
si abbia più un assassinio ; ossia ( lascisi la questione
del n o m e ) non si abbia più un fatto che trovi sede
in
questa
categoria
di
om icidii
qualificati
per
la
causa (2 ).
(1)
I Romani se conoscevano 1’ omicidio commesso per
mandato e con mercede, come apparisce dalla leg. 39 , ff.
de p oen is , non ebbero però un nome speciale per designar­
lo. La parola assassinio ebbe origine nel medio evo al1’ epoca delle Crociate. Esistevano a quel tempo certi popo­
li detti A ssassini , abitanti nei dintorni del Monte Libano,
e dominati da un Re chiamalo Arsacide o Vecchio della
Montagna. Costui allettava dei giovani a luì ciecamente som­
messi ai quali commetteva la strage dei principi suoi nemi­
ci. Durante le Crociate inviava i suoi sudditi travestiti alla
europea nel campo dei cristiani, affinchè fingendosi del nu­
mero dei Crociati, li trafiggessero proditoriamente: e non
gli fu difficile trovare tra cristiani stessi chi prestasse a lui
F opera sua nella distruzione dei fedeli. Tanto fu il timore
che per queste uccisioni si concepì dai cristiani, che molto
se ne rallentò la bramosia di partire per le Crociate ; ed
Innocenzo IV ( an. 1249) ad assicurar gli animi dovette mi­
nacciare severissime pene contro chi si fosse valso per uc­
cidere dell" opera degli assassini, come dal cap. 1 , de
homicidio in X . Dal nome di quei popoli si chiamò quin-
V ol. I.
16
— 242 —
di assassinio qualunque uccisione commessa per mandato
e per mercede: e coerentemente a tale etimologia nelle an­
tiche scuole si chiamava assassinio proprio quello che si
commetteva da un infedele contro un cristiano , ed impro­
p rio
quello che si commetteva tra cristiani. Tale etimo­
logia viene comunemente accettata:
Pa o l o E m i l i o
de
reb. gestis F ra n cor. lib. 5 — B o e h m e r o ju s ecclesiast.
lib. 5 , tit. 1 2 , ». 26 —
Deciano
tract. crim. pars 2 ,
lib. 9, cap. 50 — R e n a z z i lib. 4, p a r. 4 , cap. 3, §. 1 —
C r e m a n i lib. 2 , cap. 5 , art. 4 , n. 1 et 2 —
Gi ul i a-
n i voi. 2 , pag. 241.
(2)
La mercede è tenuta come circostanza
aggravante
dal C a r p z o v i o quaest. 7, n. 31. Ciò porta alla conseguen­
za che il C a r p z o v i o riconosce titolo di assassinio , anche
dove non intervenga la mercede. La stessa opinione si ac­
cetta da C r a m e r
obs. ju ris. tom. 5 , obs. 1 3 2 9 , n. 6 ,
pag. 141 — L a u t e r b a c h diss. 1 2 , thes. 3 0 , n. 5. Inve­
ce il R i c h t e r (de homicidio th. 6) richiede la mercede co­
me estremo : seguendo la opinione del F a r i n a c c i o (quae­
st. 123, n. 19) e del Cl a r o , §. assassinium, et §. homicidiiim n. 1 1 .
§.
1494.
Non è peraltro im possibile a concepirsi che il man­
dato ad uccidere sia dato in un impeto di collera, ed
eseguito istantaneam ente : e cosi senza prem editazione
da nessun lato. Suppongasi che taluno venuto a dispu­
ta , ed insultato da un uom o a lui superiore di forze,
si volga ad un astante, e gli dica — ti do cento scu ­
di se tu F uccidi: e questi im mediatam ente brandisca
il pugnale ed uccida, Cosa trovate d’ im possibile in codesta ipotesi ? D essa è anzi ben verosim ile. Ecco l’ im ­
portanza di definire la ragione della qualifica. Se essa
sta nella sola prem editazione, non vi è nella fatta ipo-
— 243 —
tesi alcuna qualifica; anzi può nel mandante esservi
una degradazione, perchè provocato. Se invece la ra­
gione della qualifica sta
nella m erced e, essa ricorre
nella fattispecie. Si meditino dai giovani studiosi que­
ste combinazioni per farli persuasi che certe
dispute
di nozioni e di nomi non sono quisquilie accadem iche ;
ma si verificano nel fòro in questioni palpitanti, che
decidono spesso
della vita di un uomo : e si persua­
dano che il diritto criminale non è tanto facile e pia­
no quanto a prima vista può sem brar loro.
§.
1195.
Tenuta com e criterio essenziale la m ercede nell’ a s­
sassin io, ripetesi qui ciò
che notammo in proposito
del lucro nel latrocinio. È indifferente che la m ercede
sia gran de o p ic c o la ; in denaro o r o b a , o altra cosa
appetibile (1 ) data o prom essa, a parola o in scritto.
Può trovarsi anche nella
condonazione di un d eb ito,
o di un delitto. Non basta però che sia sperata sol­
tanto , nè vagamente congetturata dall’ uccisore. Vi vu o­
le la convenzione positiva.
(1) La ut e r ba cb (diss. 12, n. 8 ) esemplifica la mercede
nel promettere al sicario per moglie la sorella del mandante.
§.
1196.
L’ assassinio ha la sua consumazione nella s tr a g e ;
non nel patto. Nel patto per quanto seriam ente con­
cluso non
si ha neppure ten ta tiv o ; perchè col patto
— 244 —
non si comincia la esecuzione dell’ om icidio. Si avrà
solo un conato
quando
gli alti esterni
di esecuzione d ell’ om icidio. N el patto
il
sicario abbia incominciato
potrà crearsi un titolo di reato di per sè stante com e
in qualsiasi associazione o istigazione crim inosa, quan­
do il delitto a cui tendono sia di tale gravità (1 ) po­
litica da meritarlo. Ravvisare un conato nel patto fu
la em anazione di un terrorism o
errore
della vecchia
sistem atico ; o fu un
pratica che non ebbe mai una
id ea netta del tentativo. Così leggesi (non senza sorpresa)
nell’ art. 1 9 5 della ordiuanza francese del 1 6 7 0 punita
di m orte la sola accettazione del mandato di u ccid ere,
benché
non susseguita da nessun principio
cuzione : così
punto
P a o l e t t i
d ’ insegnare che
spinse le
di
ese­
cose fino al
si aveva tentativo nel p atto,
ancorché il sicario avesse finto di accettare con inten­
zione però di non eseguire : qui 1’ esecutore designato,
non solo non aveva mai com inciato la esec u z io n e, ma
non ne aveva mai neppure avuto la intenzione. Con le
parole non si comincia ad uccidere. Fu questo un er­
rore del codice Sardo ( art. 9 9 ) saviam ente corretto
nella sua estensione alle provincie napoletane.
(1)
Il codice penale Toscano ha elevato al grado di de­
litto civile qualunque istigazione a delinquere non accolta
dall’ istigato. Ma io credo che lo estender ciò anche alle is­
tigazioni che hanno per oggetto delitti minimi, sia esorbi­
tante ai bisogni della tutela giuridica, com’ è indubitata­
mente contrario alla comune dottrina di tutti i m igliori
crim inalisti: i quali, purché si leggano, insegnano ad una
voce che la istigazione non accolta si deve punire soltanto
in atrocioribus.
— 245 —
§•
1197.
Le questioni relative al
all’
eccesso,
le trattammo
pentimento,
revoca,
alla
e
sotto un punto di vista g e­
nerale ( | . 4 8 5 a 5 0 4 ) alla teoria della complicità, nè
crediam o dovervi ritornar sopra (1 ). Là trattammo del
pari la questione se m andante e mandatario
o no
adeguarsi
debbano
nella p e n a ,o se questo debba punirsi
più severam ente di quello. La regola della adequazio­
ne ha prevalso in generale nei codici contém poranei
anche dove per m assim a si vuole il com p lice punito
meno dello esecutore del delitto. Malgrado ciò il pro­
blem a non
cessa
di
essere grave. Ed anche
testé
(de la revision du Code pénal en Belgique: Revue Crilique, Voi. 3 1 , pag. 4 5 2 ) m ostrò di
T h e z ard
apprezzare assai gli argomenti pei quali si sostiene da
valenti criminalisti che chi dette m andato ad uccidere
debba imputarsi m eno
uccidere e poscia
di
chi accettò il m andato ad
uccise. Tali argom enti specialm ente
si traggono — 1.° dal principio
ontologico
che fu d eci­
sivo appo C a r m i g n a n i quando osservò ch e il m an­
dante volle il delitto m entre il mandatario lo volle e
10 esegu ì: laonde questi deve punirsi
fece
di più nel
delitto
—
di
più p erch è
2.° dal principio
morale
perchè il mandante ebbe sem pre una grande p assion e
che lo spinse a volere la morte del n em ico ; lad dove
11 sicario non ebbe
impulso che dalla propria scelle-
raggine p dalla avidità di m eschin o guadagno corren­
do a trucidare un uom o
e con cui non
che niente lo aveva o ffeso ,
aveva nè odio nè rancore —
3 .° dal
— 246 —
principio politico posto innanzi da B e c c a r i a
che
considerò essere utile spargere la diffidenza fra i co l­
pevoli e con la m inaccia di m aggior pena distorre i
sicarii dallo accettare mandati — 4 .° dal principio giu­
ridico, perchè se lo assassinio si considera com e om i­
cidio qualificato per ragione della causa, cosicché in­
contri
lo
estrem o supplizio
anche indipendentemente
dalla prem editazione ( quando il mandato ad uccidere
siasi dato istantaneam ente
per un’ offesa ricevuta, ed
istantaneamente accettato, ed istantaneam ente eseguito )
è ch iaro'ch e la causa qualificante (vale a dire il fine
di lucro o m ercede) è soltanto nello esecutore e non
nel mandante, per Io che é forza confessare generarsi
nei cittadini m aggiore spavento (e così m aggiore danno
mediato) rispetto
quella
alla
del m andante
loro stesse. Un
mai il coraggio
persona del sicario che non a
se
isolatam ente si guardino in
m andante
è
probabile che non avrà
di uccidere
di propria m ano il suo
più fiero nem ico ; m entre il sicario che seppe uccidere
chi a lui era o sconosciuto
od
in n ocu o, siam o certi
che più alacremente ucciderà altre persone che a lui
siano invise per grave
considereranno
inim icizia, e tutti i consociati
costui com e
un essere più nefasto e
più pericoloso dell’ altro (2 ).
(1)
In proposito della prova del mandato vogliono essere
ricordate le regole seguenti.
l .° Che il mandato dev’ essere esplicito, e determinato
al delitto di omicidio ; nè possono equivalervi le espressioni
vaghe, o generiche : leg. si quis iniquum § . si procura-
tor ff. quod quisque ju ris —
D e c i a n o lib. 9 , cap. 31 ,
per tot.— F a r i n a c c i o quaest. 134, » . 37 ■
— R o s s i trai-
— 247 —
té de droil penai liv. 2 , chap. 36 — R o b e r t i Corso di
diritto penale voi. 2 , pag. 275.
2.° Che è indispensabile -congiungere alla prova
della
commissione la prova ancora della positiva accettazione, nel
modo stesso che si esigerebbe nel diritto civile per dichia­
rare concluso il contratto di mandato, ed anche con più
stretto rigore: leg. 2 0 , ff. de his qui not. inf. —
leg. 1 2 ,
§ . 12, ff. mandali vel cantra — G o t h o f r e d o in d . leg. 20,
ff. de his qui not. inf. —
Rossi
liv. 2 , chap. 36 — R o b e r t i
traile de droit penai
loc. cit. pag. 275 —•- C a s ­
s a z i o n e di Firenze, Decreto del luglio 1865 : sul ricorso
Birindelli.
3 ." Che con può condannarsi il mandante se non è co­
nosciuta la persona del mandatario. Questa regola, insegnata
da! Ma r s i l i o ( consil. 49) dal G i u r b a fco n s. crim. 97,
n. 3) e in precisi termini dal Na t t a ( consilio 422, n. 1 )
dal Ru i n o ( voi. 5, cons. 6 , n. 11 ) dal S u rd o f cons. 40,
n. 9 et seqq.J e dal B o s s i o fd e delictis n. 3 5 ) , non po­
trebbe estendersi ad un precetto generale in tutti i casi di
complicità, quasi che sempre sia per punire il complice ne­
cessario di conoscere l’ autore principale ; ma è verissima
in tema di mandato, perchè onde portare a carico del man­
dante la strage commessa dal mandatario è assolutamente
indispensabile provare che questi uccise in esecuzione del
mandato. Ora ciò rimarrà sempre impossibile ad affermarsi
quando rimanga incognito chi fu 1 ’ uccisore , perchè questi
potendo essere un nemico mortale dello estinto, ed averlo
spento per motivi esclusivamente suoi proprii la esistenza
di cotesto dubbio rende divinatoria ed inaccettabile l’ affer­
mazione che 1 ’ omicidio risalga come a propria causa al
mandato ; e senza avere assodato cotesto nesso la responsa­
bilità del mandante rimane incerta. Queste verità si proclama­
rono ancora dalla Corte di Cassazione di Napoli nel suo decreto
del 2 marzo 1866, dove fissò la teorica nei seguenti termini :
perchè il mandante possa tenersi responsabile dell’ omicidio
commesso dal mandatario non basta che siasi fatto dichiarare
—
248 —
ai giurali — l.°c h e Io accusato diede al sicario il mandato
di uccidere il nemico — 2 .° che il sicario lo uccise di fatto :
se al tempo stesso non è posto in sodo — 3 .“ che il sicario
accettò il mandato — e 4.° che 1’ omicidio consumò in ese­
cuzione del mandato.
(2)
La Carolina minacciava la pena della ruota ugualmen­
te contro il mandante come contro il mandatario. Ma al!a
pratica germanica non persuase tale adequazione : e perciò
mantenuto 1 ’ atroce supplizio contro il mandatario invalse
1 ’ uso che il mandante si condannasse soltanto alla poena
gladii ponendolo alla ruota soltanto quando era fatto cada­
vere : K o c k insliluliones § . 503.
T
i t o l o
III.
Omicidio per libidine di sangue.
§.
H 98.
La considerazione della causa nell’ omicidio si volle
da alcuni allargare a più generali dettali. Alcuni (com e
nel suo opuscolo de poenarum mensu­
ra pag. 2 8 ) credettero doversi accettare com e ragione
Barbacovi
politica di aum entare la pena la grandezza delle ca­
gioni che avevano
spinto ad uccidere. E cotesta dot­
trina (che in sostanza altro non è tranne una em ana­
zione della teorica rom agnosiana della spinta crim ino­
sa) assisero
appunto sopra l’ argomento del maggior
tim ore e del più intenso pericolo derivante dall’ im ­
pulso di una causa più potente. Se occorre (essi d is­
sero) una penalità del peso di dieci per farmi sicuro
rimpetto ad una causa che spinge
altri ad ucciderm i
con la forza di dieci ; com e potrò io essere ugualmente
al sicuro sotto il presidio di uguale penalità, in faccia