Scuola Cattivo Tempo
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Scuola Cattivo Tempo
www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Heavy Weather Sailing Techniques Martino ed io, entrambi armatori e velisti di lunga esperienza non solo mediterranea, abbiamo scelto di passare 5 giorni nelle acque della Manica per imparare e perfezionare le tecniche di navigazione con cattivo tempo , iscrivendoci ad uno dei programmi proposti. Il corso consiste in lezioni teoriche e pratiche; si vive a bordo per 5 giorni, navigando dove il tempo e i venti suggeriscono, su e giù lungo la costa meridionale dell’Inghilterra, con puntate dall’altra parte della Manica, alle British Islands. Per meglio far comprendere cosa significa partecipare a un corso come questo, di seguito un estratto dal nostro diario di bordo redatto in questi cinque giorni di corso per diventare skipper oceanici, dove ci aspettavamo di incontrare terribili tempeste e onde epocali. 1º GIORNO A scuola di burrasche Il mese scorso siamo stati a bordo del Cutty Sark per imparare a governare i grandi velieri di una volta, oggi vi portiamo a bordo di un venti metri per un corso di navigazione con cattivo tempo. A raccontarci la sua esperienza, Marco, un nostro lettore di Milano di Marco Pestalozza artino Boffa ed io partiamo da Milano all’alba, alla volta di Plymouth per imbarcarci sul VW 31, uno dei Challenge 67’ che costituiscono la flotta dell’organizzazione Challange business - Adventure sailing. I Challenge sono yachts in ferro, (67 piedi per 43 tonnellate), costruiti per navigare nei mari più duri del mondo e nelle condizioni più proibitive. Sono nati per consentire ad equipaggi non professionisti di poter navigare ed avere esperienze di mare partico- M 118 Settembre 2004 lari e di varie difficoltà. L’equipaggio tipo è formato da uno skipper con esperienze oceaniche, spesso acquisite in grandi regate intorno al mondo, un secondo con un curriculum molto vicino a quello del proprio comandante e dodici ospiti che lontani dall’ essere peso da trasportare sono essenziali alla gestione della grande barca. Le “avventure” proposte variano dalle tranquille traversate Atlantiche portate dagli Alisei, a crociere come Plymouth- Canarie, attraversando il golfo di Biscaglia, o partenza dalla Scozia e giro dell’Islanda, o da Capo Nord alle Spitsbergen. Arriviamo a Plymouth attorno all’ora di pranzo, sotto una tipica pioggerellina Inglese, di quelle che ti si infilano ovunque e ti rendono simile a una spugnetta umida. Inizio promettente. Cominciamo con una buona birra al pub locale ed una visita a uno dei più rinomati marina del mondo. Qui tutto trasuda vela d’altura, si respirano le gesta dei grandi navigatori, ed è facile immaginare questo stesso marina teatro di partenze dei vecchi velieri o delle grandi regate internazionali. Accolti da Mark Taylor, il nostro skipper, ci viene fatta visitare l’imbarcazione e assegnata la cabina: due brande a castello, tipo amaca, ma bene imbottite, ampie accoglienti e comode; magnifiche per grandi dormite in navigazione in ogni condizione di mare. Arrivano gli altri membri dell’equipaggio e, facendoci coraggio tutti insieme chiediamo se per favore è possibile dare una bottarella di riscaldamento , non fosse che per togliere quella spiacevole sensazione di umidiccio che ci pervade e nella quale sembra che l’equipaggio si trovi perfettamente a suo agio. Il riscaldamento viene acceso e lentamente la vita prende un altro aspetto, specialmente per noi mediterranei (siamo a marzo e quando abbiamo lasciato Milano c’erano 20 gradi, qui ne abbiamo trovati 10) Equipaggio internazionale: un paio d’inglesi, un canadese, due israeliani, due italiani.... noi. Età dai 35 ai 60. Tutti uomini ( ahimè) Lezione di teoria in serata, spaghettata all’Inglese:ovvero, un piatto di colla per parati (da domani prendiamo in mano la situazione) In alto il mio amico Martino mentre leva il copriranda del Challenge prima della partenza. Qui di fianco altri due Challenge in banchina dopo qualche giorno di navigazione 2º GIORNO DA PLYMOUTH A DARTMOUTH 45 MIGLIA Partenza dopo abbondante colazione all’inglese (questa l’hanno fatta loro), verso le 10.00 veleggiata con tempo variabile e vento reale 22/25 nodi poi scesi a 15. Temperatura 3-7 gradi. Freddino, ma in acqua è peggio. Per lo sfortunato che dovesse cadere fuoribordo, la sopravvivenza in questi mari è stimata in 4-5 minuti. Ecco perché nei giorni successivi faremo prove di recupero uomo a mare (bisogna farlo in circa tre minuti... ci si riesce). Con il vento a 25 nodi, più per far pratica che per reale nessità diamo una mano di terzaroli e cambiamo dallo Yankee 1 al 2. Per fortuna ho passato le tre settimane prima di venire qui a fare qualche piegamento sulle braccia. Vi assicuro che cambiare due volte di seguito un fiocco, nemmeno tanto grande, non è cosa da poco e alla fine i muscoli delle braccia ci bruciano da morire. Lezione numero uno, non sottovalutare la preparazione atletica; lo sforzo fisico per fare andare queste barche è veramente notevole. Tutto è a mano. Non ci sono coffee grinders. Le vele sono gigantesche (almeno in confronto a quelle delle nostre barche) per piegare una randa che logicamente non ha avvolgitore, servono otto persone schierate sul ponte. Settembre 2004 119 www.solovela.net Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela Navigazione tranquilla. Con 24 nodi si viaggia 8.5 nodi di bolina anche con mare formato. Il punto è che navigare con questo tipo di barche, con 25 nodi di vento e mare forza 4/5, è un po’ come andare con Audi A8 sull’Autostrada Milano-Bologna a 100 all’ora! Qui ci vogliono i 60 nodi per capire . Domani andiamo verso le isole inglesi al Nord della Francia ; previsioni da forza tre a forza cinque di nord ovest 27-3 3º GIORNO DA DARTMOUTH A ALDERNY 70 MIGLIA Previsione errata. Anche oggi alta pressione, poco vento e tempo uggioso; telefono agli amici italiani che stanno regatando a Lerici nel campionato Invernale: 25 nodi di vento e pioggia; inizio a pensare che abbiamo sbagliato tutto, è lì il vero heavy weather. Qui da noi, a parte il freddo, sembra più un trasferimento Elba- Ischia nel mese di agosto! Comunque, dopo un’ottima colazione, risaliamo l’estuario del fiume su cui affaccia il bel paese di Dartmouth. I paesaggi, per chi ama come me questo genere di clima e colori, sono magnifici. Paesini con case bianche e tetti scuri a falde molto inclinate, il verde dei prati che contrasta con il marrone scuro del fango e delle alghe quando la marea è bassa, i pescherecci d’alto mare con le loro forme arrotondate, voli e urla di gabbiani, improbabili (per noi snob mediterranei) barche a vela di navigatori più veri di noi. Qui vivono e navigano su barchette che noi reputeremmo a stento adatte per andare da La Spezia a Bastia! Vento o non vento, si parte verso le 14.00. Dato il poco vento, proviamo il recupero dell’uomo a mare. L’operazione deve essere compiuta fra i tre e i quattro minuti al massimo, o il poveretto è spacciato. Siamo sempre riusciti attorno ai tre minuti e mezzo. Rimane difficile crederci, ma il recupero lo si fa a motore. Come l’uomo ca- de, Taylor, manda la barca all’orza, controvento, chiudi genoa, accendi motore e via a ripescar e il fortunato. Altro che traverso, virata abbattuta e tutte quelle cose che ci chiedono di fare all’esame per la patente nautica. Verso le 17.00 con tutta calma facciamo rotta per Alderny. Vento 710 nodi, mare piatto, si viaggia a 5 nodi. Cominciamo ad attraversare il “corridoio” delle navi. Il canale della Manica ha due “corridoi”, per il traffico delle grandi navi da e verso l’Atlantico. In questi corridoi non è consentita la navigazione delle imbarcazioni da diporto, che possono attraversarli , ma perpendicolarmente. Qui è indispensabile il radar, soprattutto di notte e/o con la nebbia. Lo spettacolo sul radar è molto interessante: decine di puntini da schivare ( spesso sono grandi navi cargo), rendono , questa serata con poca luna e niente vento, piuttosto avvincente sotto il profilo della navigazione. E’ già complicato così posso solo immaginare la stessa scena in una notte di nebbia, di bolina con 40 nodi! (ma ci sarà la nebbia con 40 nodi di vento?) Arriviamo a motore ad Alderny alle 2.30 del mattino. Interessante la navigazione con il calcolo delle maree, allineamenti con fari e fanali per l’ingresso ad Alderny. Ovviamente bisogna arrivare al momento giusto a causa delle maree, altezza , direzione e corrente all’ora in cui ci si avvicina alla costa devono essere calcolate. Attracchiamo a una delle tante boe della rada e andiamo a dormire. mo abituando, si sta molto meglio che non i primi giorni, anche se il nostro abbigliamento non è proprio lo stesso di quello del nostro skipper Mark: alle nostre cerate e piles, lui risponde con T-shirts e felpe leggere. A terra, a zonzo per il paese, troviamo un magnifico e raffinato ristorante, popolato dai locali abbigliati a festa (è domenica). Noi invece puzzolenti da tre giorni di barca con le tipiche stratificazioni, magliette piles, maglioni. Non passiamo inosservati. Ottimo ed abbondante pranzo, poi un gentile pescatore locale ci riporta a bordo. Alle 17.00, a vela ma senza vento si riparte per tornare sulle coste Inglesi (chissà cosa racconteremo agli amici se qui il vento non c’è mai: che abbiamo fatto un corso per navigazione con il mare in bonaccia). Visto che l’aria continua ad essere latitante,cambiamo rotta, non dirigiamo più a Falmouth come previsto ma a Fowey, piccolo paese non lontano da Plymouth. A motore tutta la notte si ripete il “giochino” dell’andata, ad attraversare le “autostrade” delle navi. 28-3 4º GIORNO DA ALDERNY A FOWEY 120 MIGLIA 5º GIORNO VERSO FOWEY. Vorremmo approffittare della sosta ad Alderny per fare un giro a terra e scattare qualche bella foto. La barca non ha tender, quindi bisogna fare il “barca stop” con qualche pescatore di passaggio. Temperatura sempre attorno ai 5 gradi. Frizzante, ma ormai ci stia- Date le condizioni mediterranee, in mattinata issiamo lo spi con 12 nodi di vento. Qualche ora di navigazione beata sotto spi e sole, poi proviamo, tanto per dire che l’abbiamo vista, la randa di cappa; fa parte degli esercizi, per essere pronti fisicamente e mentalmente quando veramente bisogna esserlo. Nel pomeriggio arriviamo a Fowey; magnifico paesino di pescatori, con doccie degne e pub serale spettacolare; birra e fish and chips nella migliore tradizione Anglosassone. Lo stesso menù in rada al Giglio in agosto, sarebbe immangiabile. Questo è il bello della “localizzione” contro la “globalizzazione”. A sinistra, la nostra barca durante una breve tappa. Sotto due componenti dell’equipaggio in cucina mentre lavano i piatti; cucinare era una mansione riservata a me e Martino, gli spaghetti degli inglesi erano inmangiabili 6º GIORNO DA FOWEY A PLYMOUTH 20 MIGLIA Finalmente il vento. 25 poi 30 nodi di reale, si và magnificamente di bolina larga con mare formato 8/9 nodi. Anche questa volta la barca è in grado di reggere perfettamente il vento teso con tutta la tela a riva, ma noi siamo qui per lavorare e imparare, quindi, tutti alle manovre. Passiamo da randa piena ad una mano, poi due, da yankee 1 a yankee 2 e da una situazione di benessere fisico all’essere completamente esausti alla fine dei cambi! Ultimo esercizio prima di rientrare in porto, proviamo l’effetto sul120 Settembre 2004 In alto un momento della lezione giornaliera. Di fianco, le barche in banchina la sera al rientro dall’uscita giornaliera la velocità della barca, filando cavi a poppa. 100 metri di cime rallentano la barca da 8 a 6 nodi. Provare per credere; piuttosto simpatico anche il recupero di cento metri di pesanti cime da ormeggio! Tempo splendido, aria frizzante, entriamo nella rada di Plymouth come delle palle di fucile al lasco a 9 nodi ed oltre. Timonare così è una gioia. La barca pur pesante reagisce bene; certo bisogna farci un po’ la mano. Attracchiamo, velocemente facciamo le valigie per prendere il treno che ci riporterà a Londra. Salutiamo i nostri compagni di crociera come fossimo 18enni all’ultimo giorno di scuola. Non c’è che dire; nulla unisce quanto la barca e la convivenza a bordo, soprattutto quando si va per affrontare le stesse esperienze. E’ stato magnifico, ci siamo tutti ripromessi di continuare: la prossima forse sarà Scozia ed Islanda, speriamo che almeno lì un po’ di mare veramente duro riusciremo a vederlo. Settembre 2004 121