E` difficile pensare, quando si naviga con bel tempo

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E` difficile pensare, quando si naviga con bel tempo
www.solovela.net
Articolo pubblicato sulla rivista SoloVela
Avventura
a lieto fine
stante tra i 13 e i 20 nodi, con punte di 24.
Alle 3 della mattina le Bocche di Bonifacio ci accolgono con un violento e scenografico temporale. La quantità di fulmini intorno a noi
è impressionante! Mare e cielo sembrano fusi insieme e la pioggia
cade con una tale intensità da azzerare completamente la visibilità.
A tratti grandina. Sul canale 16 del VHF ascoltiamo impotenti una
disperata richiesta di soccorso provenire da un’imbarcazione che si
trova nei pressi dell’isola di Lavezzi : siamo troppo distanti per poter intervenire.
Intanto il radar ci mostra lo spostamento delle nuvole, evidenziando in nero le cellule temporalesche, tanto sono basse sul mare. Alle 10 della mattina facciamo il nostro ingresso nel porto di Cannigione, nel golfo di Arzachena. Sul pontile troviamo ad attenderci
mio fratello Filippo, che considero come il mio vero maestro di vela, con i suoi due bambini Valerio e Giulio. Decidiamo di rilassarci
tre giorni tra le isole dell’arcipelago della Maddalena prima di affrontare l’ultima traversata di ritorno fino al porto di Cala Galera. Poco più di 100 miglia che, dopo aver attraversato più volte il golfo
del Leone durante gli ultimi tre anni, ci sembrano una breve e tranquilla passeggiata. Il tempo si è ristabilito, ma le previsioni meteo
indicano l’arrivo di una perturbazione per il fine settimana.
VERSO CALA GALERA
E’ difficile pensare, quando si naviga con bel tempo, quali
parti della barca potrebbero cedere quando ci si dovesse
trovare con vento forte e mare grosso. In questa nuova
avventura del nostro amico Enrico, scopriamo che anche
piccoli danni rischiano di generare dei veri e propri drammi
di Enrico Corsetti
l contrario di quanto accaduto nel 2002, lo scorso agosto è
stato un mese stupendo e visto che era un po’ che non partivamo per una lunga vacanza, io e la mia ciurma, abbiamo deciso di regalarci ancora una volta, una crociera alle Baleari.
Per il terzo anno consecutivo decido di navigare con il mio catamarano, un Venezia 42 della Fountaine Pajot, fino alle isole spagnole
partendo, come sempre, dal porto di Cala Galera, in Toscana. Ma, a
differenza delle due estati precedenti, quando avevo visitato tutte
le isole dell’arcipelago, questa volta decido di dedicarmi esclusivamente a Minorca. Questa è senz’altro la più bella ed affascinante tra
A
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le isole prospicienti la Spagna e, arrivarci navigando dall’ Italia, è
sempre una bellissima avventura condita dalle mutevoli condizioni
meteo e dai puntuali ed entusiasmanti avvistamenti.
SULLA VIA DEL RITORNO
Il mese che ci eravamo concessi è trascorso serenamente e le termiche che quotidianamente si generavano, ci hanno permesso di fare delle belle veleggiate. Ma dopo il venti di agosto, il tempo comincia a dare qualche avvisaglia di cambiamento, quindi senza perdere tempo decido di salpare le ancore e prendere la via del ritorno.
Dopo poche ore di mare, il maestrale fa il suo ingresso, permettendoci di spegnere i motori e di navigare solo a vela. Il vento è co-
Decido di partire la notte di giovedì 28 agosto, dopo aver cenato. Il
bollettino prevede un vento di scirocco di 15 nodi, con rinforzi a 20.
Giudico tali condizioni come ideali per la nostra traversata: lo Scirocco è il giusto vento per direzione e 20 nodi sono l’ideale per il
nostro catamarano. Inoltre preferisco arrivare prima che il vento giri a libeccio, perché non mi fido dell’onda che le violente libecciate
formano in prossimità della costa tirrenica. Pochi minuti prima della mezzanotte leviamo gli ormeggi ed issiamo subito la grande e pesante randa del catamarano. Allontanandoci dalla costa l’intensità
del vento aumenta e le onde pure. Ormai lo Scirocco soffia a 20 nodi costanti. Il catamarano si comporta benissimo, navigando ad una
media superiore ai 9 nodi, con un’andatura che varia tra la bolina
larga e il traverso. Dopo quasi due ore di navigazione decido di prendere una mano di terzaroli e di riavvolgere parzialmente il fiocco. In
questo modo si timona meglio e la barca ha un comportamento più
fluido sulle onde. Il vento continua ad aumentare: l’anemometro registra valori tra i 26 e i 30 nodi. Indossiamo le cerate, perché gli
schizzi delle onde che frangono ci investono completamente.
Non mi fido di questo tempo e decido di ridurre ulteriormente la superficie velica, prendendo la seconda mano di terzaroli e lasciando
aperto un terzo di fiocco. Appena in tempo: il vento sale ancora,
stabilizzandosi sui 35 nodi! L’operazione non è semplice, perché è
buio pesto, la luce del ponte non funziona e, con la prua al vento,
le onde ci investono in pieno frangendo sulla coperta. Ma siamo un
gruppo affiatato e veder volare il nostro catamarano ad oltre 12 nodi ci galvanizza. Abbiamo già percorso 40 miglia e, se continuiamo
In alto Enrico Corsetti
durante la navigazione.
Sotto una balena avvistata
al largo della Sardegna.
Di lato: parte dell’equipaggio
in un momento di relax
così, “rischiamo”di arrivare troppo presto. Ma il vento continua a salire inesorabile, toccando i 43 nodi più volte e non scendendo mai
sotto i 38. Alla faccia dei 15/20 nodi previsti dal bollettino! Nel
frattempo abbiamo preso la terza mano di terzaroli. La barca continua a comportarsi splendidamente, anche se il rumore delle onde
che si incanalano tra i due scafi è impressionante. Il mare è pieno
di creste bianche, le onde sono ripide e ravvicinate e, ad intervalli
regolari si formano tre veri e propri muri consecutivi che mi impensieriscono non poco. Tuttavia abbiamo il pieno controllo della barca
e con la giusta concentrazione per affrontare un mare del genere.
MOMENTI DI PERICOLO
Come nella tradizione dei migliori thriller, il pericolo è sempre in agguato e ti coglie di sorpresa quando meno te l’aspetti. Paolo Aprile 2004
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In alto: il passauomo danneggiato. In alto a destra: una
cima per tenere chiuso il passauomo ancorata ad un
mobile. Sopra: una seconda cima parte dal passauomo e
si va a fissare al gabinetto
tante del letto della cabina di prua. Un po’ d’acqua continua ad entrare, ma la riparazione sembra reggere. Faccio riavvolgere il fiocco
per diminuire la velocità della barca per ridurre la violenza dell’impatto delle onde sullo scafo “ferito”. Con la sola randa completamente terzarolata non facciamo più di 6 nodi e la barca non è più
fluida come prima, ma non possiamo rischiare. Le sentine interne
funzionano bene e, con l’aiuto dei secchi, Alessandro ed io riusciamo a sgottare quasi tutta l’acqua imbarcata. Più di un’ora trascorsa
chiuso in bagno mi costerà caro : un mal di mare di proporzioni bibliche si impossessa di me rendendomi poco operativo per due ore.
Mi sdraio in pozzetto, perché ho bisogno di aria, incurante delle onde che frangono sulla murata di dritta. Dopo poco sono completamente zuppo, ma non me la sento di tornare dentro. Nel frattempo
dispongo un controllo sulla tenuta del passauomo causa dei miei
guai ogni cinque minuti. E’ un pellegrinaggio doveroso, non oso
pensare a cosa potrebbe accadere se la riparazione cedesse. Fortunatamente i due bambini a bordo, mio figlio Dario e il suo amichetto
Federico, non si sono accorti di nulla grazie a Manuela (la mamma
di Federico), la quale ha dovuto sacrificare le sue doti di ottima velista per controllare e tenere impegnati i pargoli.
e Silvia, che stanno “riposando” in una delle due cabine di poppa,
mi chiamano allarmati: un’onda si è insinuata nello scafo, arrivando
fin nella loro cabina! Siamo a circa 50 miglia dalla nostra destina- UN ARRIVO SOSPIRATO
zione. Scendo con il cuore in gola e il pensiero che corre ai due Mi riprendo dalla nausea e sono di nuovo al timone. Ascolto il VHF
bambini che sono a bordo. Ho lasciato il timone a Giuseppe, velista che trasmette le voci di un’altra accorata richiesta di soccorso tra
di provata esperienza, che si rivelerà di vitale importanza in questi l’isola d’Elba e Piombino. Arriviamo all’altezza di Giannutri e chiamo
momenti di grande tensione. L’acqua entra dal bagno dello scafo di il porto di Cala Galera dal cellulare, perché sono ancora lontano per
sinistra. Entro in bagno e vedo il passauomo che si trova poco so- comunicare sul canale 9. Mi sconsigliano caldamente di tentare l’enpra la linea di galleggiamento completamente aperto! Le onde lo trata a Cala Galera, poiché con queste condizioni proibitive si espospazzano di continuo, ancora un po’ e lo avrebbero divelto lascian- ne pericolosamente il fianco della barca all’onda frangente. Mi dicodo la barca in balia della burrasca con una falla di proporzioni gi- no di entrare a Porto Ercole, dove, verso le cinque del pomeriggio
gantesche nella parte bassa dello scafo.
Nella foto un Lagoon
Chiamo Alessandro, che pur non avendo
410. Questo catamarano
esperienza di vela e di traversate in queste
è uno di quelli che
condizioni, è sempre pronto ad aiutare con
montano ancora oblò con
la sua calma da vero lupo di mare. Riusciachiusure di plastica
mo a richiudere l’oblò. Mi rendo conto che
l’acqua, che si era fatta strada tra la guarnizione e la paratia, con l’aumentare della
pressione dovuta alle onde, ha aperto le
maniglie rompendo le battute dove si agganciano le sicure. Dopo dieci anni solo ora
mi accorgo che tutte queste parti vitali dell’oblò sono in plastica!
Lavoriamo con i piedi immersi in venti centimetri d’acqua. Cerco di nastrare il bordo
interno della guarnizione e lego le maniglie
con due cime per impedire la loro riapertura. Una cima l’assicuro alla base del water,
mentre l’altra riesco ad ancorarla al mon48 Aprile 2004
di venerdi 29 agosto, facciamo il nostro ingresso trionfante con un
terzo di fiocco e i motori a 2000 giri, surfando le grandi onde che
ci spingono da poppa. E’ davvero un’entrata trionfale perché avviene davanti a circa trecento persone assiepate sul molo frangiflutti
che assistono alle spettacolari operazioni di ricerca a bassa quota da
parte di un elicottero militare, di una piccola imbarcazione con
quattro persone a bordo. Entriamo accompagnati dall’applauso della folla, stupita di vederci in mare con questo tempo. E’ il premio
più bello per questa avventura dal lieto fine.
EPILOGO
Nei giorni seguenti ho interpellato direttamente i responsabili francesi della Fountaine Pajot , Eric Bruneel e Thierry Billard, raccontando e lamentandomi dell’accaduto. Hanno cercato di limitare il
mio malumore facendomi i complimenti per come ho gestito l’inconveniente e ammettendo la precarietà delle parti in plastica che
hanno ceduto. Si sono giustificati dicendomi che le maniglie, le sicure e le battute in plastica erano state sostituite dalla ditta Goiot
già da molti anni con pezzi in alluminio. Dopo svariate e-mails e
molte settimane, e dopo aver loro ricordato che era stata sfiorata
una vera e propria tragedia, sono riuscito a farmi inviare gratuitamente i pezzi di ricambio. Non posso affermare di essere stato abbandonato dalla Fountaine Pajot, ma di sicuro non hanno dimostrato un grande stile nei tempi e nella forma. La sensazione è stata
quella di essere “sopportato”.
Riflessione : ma è mai possibile che un cantiere nautico non abbia
il dovere legale e morale di avvertire per iscritto la propria clientela della necessaria sostituzione di parti vitali della barca che sono
risultate difettose? Nel mondo automobilistico, mi pare che questo
avvenga puntualmente.
PREVENIRE GLI INCIDENTI
I catamarani da crociera sono delle barche stupende, comode
e molto veloci, tuttavia in Italia sono ancora poco conosciute
e i problemi connessi
con le loro dimensioni
sono in buona parte
sconosciuti.
Quanto successo al
nostro amico Enrico, è un incidente che avrebbe potuto avere degli esiti tragici se l’equipaggio non si fosse
accorto subito del problema.
Gli oblò montati sulle facce interne degli scafi e posti
in basso dovrebbero servire da uscita di sicurezza nell’
improbabile caso di capovolgimento. Questa loro funzione costringe il cantiere a posizionarli in un punto
dove sono soggetti ad essere aggrediti dalle onde che
passano tra i due scafi, purtroppo però non sono costruiti per reggere a quel tipo di sforzo, infatti sono
pensati per essere montati sulla tuga della barca dove
molto difficilmente dovranno reggere all’urto delle onde. Le maniglie e i fermi in plastica non sono, evidentemente, il mezzo migliore per assicurarne la loro tenuta stagna e tutti i proprietari di catamarani dovrebebro
far tesoro di questa avventura a lieto fine e provvedere a sostituire i fermi in plastica con quelli in metallo.
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