L`11 settembre nella letteratura americana: elaborazione del trauma

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L`11 settembre nella letteratura americana: elaborazione del trauma
Progetto di dottorato
L’11 settembre nella letteratura americana:
elaborazione del trauma e ricostruzione dell’identità.
Candidato: Vincenzo Colaprice
1. Oggetto della ricerca e suoi fini
a) Analizzare l’influenza di uno degli eventi storici più rilevanti degli ultimi anni – l’attentato
terroristico dell’11 settembre 2001 – nella letteratura americana recente;
b) Studiare le opere letterarie che hanno fortemente subito l’influenza di questo evento alla
luce delle teorie dei Trauma Studies;
c) Evidenziare il processo di ricostruzione identitaria post traumatica;
d) Definizione delle identità della “vittima” e del “carnefice – attentatore” attraverso le teorie
post coloniali sulla rappresentazione del sé e dell’altro.
2. Presupposti e sviluppo della ricerca
In un libro-intervista curato da Giovanna Barradori1, intitolato Philosophy in a Time of Terror e
pubblicato a pochi mesi dall’attentato terroristico, il filosofo tedesco Jürgen Habermas ha
affermato:
Only in retrospect will we be able to understand if the symbolically suffused collapse of
the capitalistic citadels in lower Manhattan implies a break of that type or if this
catastrophe merely confirms, in an inhuman and dramatic way, a long known
vulnerability of our complex civilization. (Habermas in Barradori, 2003)
Solo a posteriori potremo capire se il crollo della cittadella della capitalismo di Lower
Manhattan, al di là del livello simbolico, abbia rappresentato una rottura di quel tipo2 o
se questa catastrofe confermi semplicemente, in modo disumano e drammatico, la
vulnerabilità, già ben nota, della nostra complessa civiltà (Traduzione propria).
Oggi, a dodici anni dall’11 settembre 2001, possiamo sostenere che, lungi dall’aver segnato la fine
di un epoca o un cambiamento nella “tendenza morale dell’umanità” (Barradori, 2003), l’11
settembre rappresenta il giorno in cui la civiltà occidentale, fondata sul consumo e la fiducia
incondizionata nel progresso (Bleiker, 2006: 80), ha subito un attacco fortemente destabilizzante.
Giocando sul fattore imprevedibilità, l’attacco terroristico ha colpito i valori di una società di cui
New York era simbolo indiscusso, tanto da poter essere definita “capitale del ventesimo secolo”
(Habermas in Barradori, 2003). L’attacco a questa capitale, alle sue torri, così come al Pentagono e
al Campidoglio, mirava a mettere in discussione un intero sistema culturale che fino a quel giorno si
era considerato invulnerabile.
1
Giovanna Barradori è docente di filosofia del Vassar College di NY
N.d.T.: Habermas propone in un passaggio precedente un paragono con la Prima Guerra Mondiale,
considerato un evento spartiacque tra il periodo di pace ottocentesco e l’inizio del novecento.
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1
La risposta dell’allora amministrazione Bush è condensata nel discorso tenuto dal presidente
dinanzi all’assemblea plenaria del Congresso il 20 settembre di quell’anno. Rivolgendosi a
Rappresentati e Senatori, Bush definisce l’attacco terroristico un vero e proprio atto di guerra contro
l’America, che da 136 anni non subiva un attacco diretto al proprio territorio. Inoltre, dal discorso
del presedente emerge un elemento di novità cruciale per la politica bellica americana
contemporanea: il problema dell’individuazione dell’identità del nemico, che è poi sfociato in
maniera assolutamente contraddittoria in una dichiarazione di guerra contro l’Afghanistan. Di fatto,
il mandante degli attentati non è uno Stato nazionale, bensì un soggetto molto meno stabile e meno
gestibile, che è lo stesso Bush a chiamare “rete” e a definire con la seguente equazione:
“Al Qaeda is to terror what the Mafia is to crime”
(Bush, in Washington Post, 20.09. 2001)
“Al Qaeda sta al terrorismo come la Mafia sta al crimine”
(Traduzione propria)
Il paragone con la Mafia rende bene il grado di aggressività e di permeabilità nella società che Al
Qaeda possiede: una rete non ha una sede o una gerarchia fissa, è mobile e non richiede strutture.
Questo implica che tutti i cittadini possono essere potenziali vittime, così come potenziali carnefici.
Il pericolo della diffusione del sospetto basato sul pregiudizio religioso o culturale vede nelle parole
del presidente Bush terreno fertile: ancora nel suo discorso afferma “Our grief has turned to anger
and anger to resolution” (Il nostro dolore è diventato rabbia e la rabbia risoluzione). La soluzione
del problema passa attraverso la rabbia di un’intera nazione e, con essa, di un’intera civiltà di cui
l’America si fa portavoce. Continui sono, infatti, i richiami agli “amici” dello Stato americano, che
vanno dal Regno Unito (definito l’amico più caro) ad Israele, verso cui l’America sente di rivestire
il ruolo di garante per l’esistenza stessa dello Stato israeliano (Bush, in Washington Post, 20.09.
2001).
A tal riguardo Bush ha affermato:
“They want to drive Israel out of the Middle East. They want to drive Christians and
Jews out of vast regions of Asia and Africa” .
(Bush, in Washington Post, 20.09. 2001).
“Vogliono cacciare Israele dal Medio Oriente. Vogliono cacciare Cristiani ed Ebrei da
vaste regioni di Asia e Africa”.
(Traduzione propria)
La costruzione dell’identità della vittima comincia a delinearsi chiaramente in queste poche parole:
si tratta di un soggetto occidentale, di chiara estrazione giudaico-cristiana. L’America, nel discorso
di Bush, riscopre le sue origini WASP e costruisce un soggetto altro (il carnefice) chiaramente
orientale e Musulmano, visto il riferimento al conflitto israelo-palestinese.
Come prodotto sociale della cultura, la letteratura ha assorbito un evento storico di tale portata, con
tutte le sue implicazioni sociali e politiche, tentando di proporre una rappresentazione del
superamento del trauma dell’11 settembre e la ripresa della vita quotidiana in America. In questo
senso la ricerca si propone di analizzare la rappresentazione del trauma e delle patologie da stress
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post traumatico attraverso le teorie dei Trauma Studies nella loro applicazione all’analisi letteraria.
In particolare si analizzerà il ruolo giocato dal tema della memoria nell’economia della narrazione e
come questa sia coinvolta nel processo di guarigione.
Come afferma Cathy Caruth (1995), il trauma per definizione consiste nell’esperienza di un evento
inaspettato e terrificante di cui il soggetto traumatizzato crea una “memoria narrativa” che fa fatica
a rientrare nella memoria storica del soggetto, causando continue riproposizioni dell’immagine
stessa. I comportamenti reiterati, i flashback e l’amnesia sono sintomi che indicano l’esistenza di un
frammento di memoria che non ha trovato il proprio posto. In un contesto in cui alla perdita della
memoria si associano momenti di rappresentazione quasi fisica dell’evento, la verbalizzazione e,
quindi, la scrittura rappresentano un mezzo per ricostruire pezzi di storia e di identità perduti.
Obiettivo di questo progetto sarà analizzare la ricostruzione dell’identità post-traumatica e la
configurazione dell’identità dell’Altro, il carnefice/terrorista, attraverso gli scritti di autori come
Don DeLillo, Jonathan Safran Foer, Giannina Braschi, Jacob M. Appel, Stephen King e Joyce Carol
Oates.
3. Autori e opere oggetto dello studio
ROMANZI
a) Don DeLillo
The Falling Man (2007) è probabilmente uno dei più noti romanzi che trattano il tema dell’11
settembre. Il titolo del romanzo evoca chiaramente una delle immagini più potenti legate
all’attentato terroristico: la caduta di un uomo della finestre di una delle torri a un passo dal
crollo. Il romanzo narra il processo di guarigione e le vicende personali di Keith, sopravvissuto
al crollo delle torri, e della sua famiglia allargata. DeLillo sembra non avere la pretesa di
sviluppare il tema del trauma culturale collettivo, tanto da preferire una trattazione
assolutamente intima dei sintomi del disturbo psicologico vissuto dai personaggi.
L’evoluzione stilistica e tematica segnata dall’11 settembre nella produzione di DeLillo è
evidente se paragonata al romanzo immediatamente precedete, Cosmopolis (2003), in cui Eric
Parcker, milionario newyorkese, è protagonista di un’odissea per le vie di una New York in
tumulto, ma trasparente agli occhi del personaggio che diviene emblema del mondo legato al
consumo e all’immaterialità delle transazioni finanziare. Comparando i due romanzi di DeLillo
si può scorgere un cambio di attitudine verso la vita stessa: da un lato in Cosmopolis si assiste
alla realizzazione di un inno al futuro, alla tecnologia e alla invulnerabilità di un mondo
impalpabile per la sua velocità e perfezione; dall’altro The Falling Man rappresenta un ritorno
all’intimità, a una storia familiare e alla ricostruzione della memoria come mezzo di guarigione.
A conferma del forte grado di influenza che questo evento ha avuto nell’opera di DeLillo, basta
considerare che nel 2001 l’Harper’s magazine ha pubblicato un saggio dello stesso autore dal
titolo evocativo The Ruins of the Future che tratta le tematiche del terrorismo e dell’11
settembre e le loro implicazioni nella visione del futuro della civiltà occidentale.
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b) Jonathan Safran Foer
Extremely Loud and Incredibly Close (2005) di Foer rientra nei cosiddetti 9/11 Novels. Il
romanzo racconta le indagini che Oskar Schell, un bambino di 9 anni, svolge attorno a una
chiave ritrovata tra gli oggetti di suo padre, Thomas Schell, morto l’11 settembre all’interno di
una delle torri crollate. La scritta “Black” sulla busta che contiene la chiave lo spinge a cercare
una risposta presso tutti i Black di New York. Molto più che il risultato della ricerca, che si
rivelerà infruttuosa, la ricerca stessa permette a Oskar di intraprendere un processo di guarigione
attraverso gli incontri con gli sconosciuti e la spinta alla condivisione tipica del racconto di
viaggio e di formazione.
Altro personaggio emblematico ai fini dell’analisi delle patologie da stress post-traumatico è
quello del nonno di Oskar, Thomas Schell Senior. L’uomo, conosciuto da tutti come “the
renter”, ovvero l’affittuario che condivide la casa con la nonna di Oskar, è un sopravvissuto al
bombardamento che tra il 13 e il 15 febbraio 1945 distrusse la città di Dresda e uccise più di
ventimila persone. La vita del nonno è però legata indissolubilmente a quell’evento perché tra le
migliaia di morti vi fu anche Anna, il primo amore di Thomas Schell Senior. La sua morte
traumatizza a tal punto l’uomo da fagli perdere per sempre la voce. Sarà proprio il nonno ad
aiutare Oskar nell’ultima fase della sua ricerca.
c) Giannina Braschi
Il libro United States of Banana (2011) di Giannina Braschi offre a questa ricerca un ulteriore
punto di vista. Braschi è una delle più influenti scrittrici delle comunità ispano-americana
newyorkese che con questo scritto, a metà tra romanzo e teatro, ha debuttato nella narrativa in
lingua inglese (in precedenza aveva solo scritto in Spanglish).
Nel primo capitolo la scrittrice afferma: “Banks are the temples of America. This is a holy war.
Our economy is our religion” (Le banche sono il templi dell’America. Questa è una guerra santa.
La nostra economia è la nostra religione). Questa frase riassume efficacemente il carattere
estremamente politico di questo scritto che racconta le vicende dell’11 settembre come spunto
per proporre una critica post-coloniale del rapporto controverso tra Stati Uniti e Porto Rico,
patria della scrittrice. La critica a questo rapporto viene strutturata attraverso l’elaborazione di
una metafora che vede il coinvolgimento di personaggi come Amleto e Zarathustra per la
liberazione di Sigismondo, incarnazione dello Stato di Porto Rico. Il testo rilegge in chiave
ironica i rapporti tra i due Stati, come nel caso della satira sul referendum indetto nello stato
caraibico per l’annessione agli Stati Uniti.
d) Jacob M. Appel
The Man Who Wouldn’t Stand Up (2012) è il titolo del romanzo di debutto di Appel, che fino al
2012 si era occupato solo di scritti di critica sociale e di bioetica. Il romanzo rappresenta una
sferzante critica in vena satirica di uno dei fenomeni culturali più evidenti dell’America post 11
settembre: il patriottismo esasperato.
Il protagonista del romanzo, Arnold Brinkman, è un cittadino americano, un botanico sposato e
senza figli. Il patriottismo americano si rivela un problema per Arnold quando, ad una partita di
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baseball, decide di non mettersi in piedi mentre viene intonato l’inno americano (da questo
episodio deriva il titolo del romanzo). Da questo momento tutti i suoi concittadini lo
riconoscono come l’ “uomo che non si è alzato”. Arnold diviene, allora, agli occhi di tutti un
simpatizzante del terrorismo islamico, un anti-americano che non rispetta la retorica patriottica
che vede nei miliari in missione degli eroi e nel canto dell’inno un dovuto tributo ai difensori
della patria. La situazione, già di per sé straniante, diviene paradossale quando il suo mancato
segno di tributo diviene una notizia a diffusione nazionale e scatena un’ondata di proteste che
arriva fino alla porta di casa sua.
RACCONTI
e) Stephen King
Il racconto di King intitolato The Things They Left Behind è stato pubblicato nella raccolta Just
After Sunset nel 2008. Come gli altri racconti della raccolta, anche in questo caso si tratta di un
racconto dell’orrore, cosa che offre alla tematica dell’11 settembre una versione narrativa
assolutamente nuova. Nonostante il genere particolarmente codificato, si possono rintracciare
tematiche afferenti all’analisi delle patologie da stress post traumatico e in particolare a quella
che viene definita sindrome del sopravvissuto.
Il protagonista e narratore del racconto si chiama Scott Staley, un sopravvissuto all’attacco
terroristico alle torri gemelle solo perché aveva chiesto un giorno libero dal lavoro. Dal
momento in cui viene a conoscenza dell’avvenuto, Scott comincia a soffrire dei sintomi tipici
della sindrome del sopravvissuto. In particolare vede apparire in casa propria degli oggetti
appartenenti ai suoi colleghi. Ad ogni tentativo di gettare via quegli oggetti, essi riappaiono in
casa sua. Solo il coinvolgimento di Paula, la sua vicina di casa, porterà Scott a scoprire il modo
in cui liberarsi degli oggetti, cioè restituirli ai famigliari dei vecchi proprietari.
f) Joyce Carol Oates
The Mutants è l’ultimo dei racconti della raccolta intitolata I Am No One You Know: Stories
(2004). In esso Oates racconta come la mattinata di una giovane newyorkese viene sconvolta da
due terribili esplosioni. Si tratta di un racconto molto intimo, con un punto di vista unico, quello
della ragazza che a causa dei disagi causati dall’esplosione non riesce ad informarsi sulle cause
del fumo nero e acre che oscura il cielo della città.
Il lettore del racconto rimane condizionato nella sua visione degli eventi da questo punto di vista
estremamente ristretto tanto da non sapere a cosa siano dovute le esplosioni. Gli unici indizi che
forniti dalla narrazione riguardano due oggetti che la protagonista scorge mentre attraversano la
città. Il racconto non fa direttamente riferimento all’attacco terroristico dell’11 settembre
proprio a causa di questo espediente narrativo, anche se i pochi indizi forniti permettono di far
riferimento all’attacco alle torri gemelle con una certa sicurezza. L’analisi del racconto verterà
sulla reazione della protagonista all’esperienza traumatica e su come il trauma abbia reso le
persone che l’hanno subito dei mutanti, così come indicato dal titolo.
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4. Strutturazione e calendarizzazione della ricerca
Il progetto prevede due fasi:
a) Fase di studio e ricerca teorica
Nel corso della prima fase di studio, si darà corpo a una bibliografa dettagliata e
approfondita nell’ambito dei Trauma Studies. Questa fase comprenderà la disamina delle
opere degli esponenti di questa teoria: Caruth, Crasp, Flanagan, Forter, LaCapra, Linett,
Whitehead ed altri.
Accanto all’approfondimento nell’ambito dei Trauma Studies, che sarà utile per la
strutturazione di un’ossatura teorica da applicare nella seconda fase, si procederà allo studio
nell’ambito della questione identitaria, basato sulle opere di alcuni dei più importati
pensatori post-coloniali che trattano la costruzione dell’identità basata sul contrasto con
l’alterità (Said, Fanon, Sarup).
b) Fase di applicazione.
In questa seconda fare si procederà all’applicazione delle conoscenze acquisite della fase di
studio. Verranno analizzati gli aspetti legati alla rappresentazione del trauma all’interno dei
romanzi e dei racconti selezionati. In seguito, si evidenzierà in che modo le patologie da
stress post traumatico comportino la necessità di una ricostruzione dell’identità del soggetto
traumatizzato e come questa ricostruzione permetta l’individuazione dell’identità altra,
ovvero quella del colpevole e carnefice.
Lo studio, alla luce dei risultati registrati nel corso del tempo, potrebbe estendersi anche ad
altre opere letterarie non prettamente di area americana. Sono numerosi anche gli scrittori
europei che hanno trattato l’argomento dell’11 settembre (per esempio si consideri il
romanzo Saturday di Ian McEwan) e ancor più interessante potrebbe essere uno sviluppo
della ricerca nell’ambito degli scritti in lingua inglese di autori di origine orientale (si pensi
ad esempio ai diversi romanzi di autori pakistano-americani come Home Boy di H.M. Naqyi
e The Reluctant Fundamentalist di Mohsin Hamid).
5. Riferimenti bibliografici
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Oates, Joyce Carol (2004), I Am No One You Know: Stories. New York: Ecco Press.
Safran Foer, Jonathan (2005), Extremely Loud and Incredibly Close. Boston: Houghton Mifflin
Harcourt.
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