M. Pazzini--Registrazione e definizione del lemma nel dizionario di
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M. Pazzini--Registrazione e definizione del lemma nel dizionario di
REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA NEL DIZIONARIO DI RABBI DAVID DE POMMIS M. Pazzini La fonte bibliografica più appropriata e più ricca per conoscere le vicende di Rabbi David De Pommis è la prefazione ebraica all’opera di cui ci occupiamo in questo articolo1. Qui vengono narrate in maniera sintetica varie vicende personali e familiari di cui riportiamo uno stralcio. Il medico e filosofo ebreo David De Pommis, la cui famiglia fu portata in cattività a Roma dall’imperatore Tito dopo la conquista di Gerusalemme (così nel frontespizio del nostro dizionario), nacque a Spoleto nel 1525. Nel 1532 la sua famiglia si spostò a Todi dove il nostro ricevette una buona educazione dagli zii Yechiel e Mosè Alatino di Spoleto. Studiò medicina all’Università di Perugia dove si laureò nel 1551. Esercitò l’ufficio di medico e di rabbino in varie località dell’Italia centrale, poi si trasferì a Venezia dove diede alle stampe varie opere di carattere linguistico, medico, biblico e apologetico. L’opera per la quale è maggiormente conosciuto è il dizionario oggetto di questo studio. Morì nel 1593. Introduzione L’interessamento per la lessicografia ebraico-biblica classica non può prescindere da quella che fu l’opera dei lessicografi in Italia. Fra il tanto materiale composto e stampato in Italia figurano anche dizionari ebraicoitaliano e italiano-ebraico2. Una di queste opere porta il titolo Tsemach David (virgulto di Davide) dal nome dell’autore, il rabbino David De Pommis. Questo dizionario è il primo che traduce tutte le voci anche in italiano. 1. Altre informazioni si possono trovare in A. M. Rabello, “Pomi(s) De’”, Encyclopaedia Judaica vol. 13, 844-845; H. Friedenwald, “Apologetic Works of Jewish Physicians”, JQR 32 (1941-2) 228-9. 2. Si veda il nostro contributo “Grammatiche e dizionari di ebraico-aramaico in italiano. Catalogo ragionato”, LA 42 (1992) 9-32. LA 43 (1993) 261-276 262 M. PAZZINI “Nel 1587 vide la luce in Venezia il libro dwd jmx o Lexicon Novum Hebraicum et Chaldaicum Lingua Latina et Italiana Expositum opera di Rabbi David Ben Itschak min hatapuchim (De Pommis), dizionario ebraico-latino-italiano che comprende anche la lingua post-biblica e, oltre a questo, parole dall’ambito della fisica”3. Lo scopo dichiarato dall’autore è quello di fare una sintesi delle precedenti importanti composizioni che egli conosce, in particolare il Sefer HeAruch di R. Natan Ben Yechiel, il Sefer HaShorashim, il Sefer HaMeturgeman e il Sefer HaTishbi di R. Eliyahu Ben Ascer HaLevi Bachur. Scrive l’autore nella prefazione ebraica: “Avevo una copia vecchia e malandata del grande Sefer HeAruch, manoscritto su pergamena dallo stesso autore Rabbi Natan, che appartenne alla nostra famiglia ... e siccome ero in grado di comprendere le parole del libro decisi di pubblicare in forma breve e spiegare le parole in tre lingue. Lo stesso feci con il Sefer HaShorashim di R. David Qimchi..., poi mi capitarono in mano il Sefer HaTishbi e il Sefer HaMeturgeman opere del grande grammatico Rabbi Elia Aschenazita, e da essi estrassi tutto ciò che di utile vi trovai. Con l’aiuto di tutti questi composi quest’opera che chiamai dwd jmx per il fatto che lo composi in gioventù”. Considerando il tipo di fonti a cui il nostro si ispira si capisce che il dizionario intende coprire più di un campo linguistico allo stesso tempo, e cioè la lingua biblica, la lingua post-biblica, quella dei midrashim e la lingua talmudica. Questo in modo che “chiunque legga tale opera non abbia quasi più bisogno di altra spiegazione” (dal frontespizio). Le voci sono divise in due colonne: la colonna posta a destra di ogni pagina comprende le “dittioni hebraiche”, cioè le parole che compaiono nella Bibbia ebraica. La colonna di sinistra comprende le “dittioni estrane”, cioè le parole post-bibliche la cui origine è da ricercarsi in arabo, persiano, greco, latino e, in particolare, siriaco e aramaico. Particolare peso viene dato alla lingua aramaica perché in detta lingua è stata commentata tutta la Bibbia ebraica (targumim). Nell’intenzione dell’autore tutte le parole presenti nei midrashim vengono riportate in questa colonna di sinistra fatta eccezione per quelle che compaiono nella stessa forma dell’ebraico. 3. Così J. Blau, “Dizionari biblici”, Enciclopedia Biblica, vol. 4, 905. Sul frontespizio appare un titolo trilingue. I titoli in ebraico e latino sono più lunghi rispetto a quello italiano che è: Dittionario novo hebraico, molto copioso, Dechiarato in tre lingue; con bellissime annotationi, e con l’indice latino, e volgare; de tutti li suoi significati. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 263 Lo scopo di questo articolo è quello di capire secondo quali idee portanti è stata composta la colonna biblica. Mi soffermerò in particolare su due questioni: la registrazione del lemma con la problematica ad essa legata, e i diversi tipi di definizioni delle voci usati dal nostro4. I) Registrazione del lemma 1) Il metodo della radice Tsemach David (ZD) è stato composto seguendo il metodo della radice, perciò occorre cercare le singole voci sotto la radice dalla quale derivano. Similmente a quanto fecero alcuni illustri predecessori (Menachem, Jannach, Qimchi e altri), De Pommis organizza la radice secondo gli Inyanim che vi si trovano, cioè secondo i diversi significati. Così, ad es., egli organizza la radice µlv in tre gruppi / sottosignificati: 1) Il primo compare alla voce µL'vi / µLevi ed indica “restituzione” (di denaro o altro). Da questo derivano µWLvi e tm'WLvi che sono nomina actionis dallo stesso significato. Anche il nome µynI/ml]v' (solo in Is 1,23) è da porre qui: “Quei che scambievolmente prestano l’uno à l’altro aiuto, massimamente in giudicio” (secondo Qimchi). 2) Il secondo viene riportato alla voce µlev; nel significato di “arrivare alla fine” (πws lbq). Da questo derivano: µyliv]hi nel senso di “Essere compito, haver havuto fine”; come pure µLevi dal quale poi deriva µL;vum] col senso di “compito”. Anche l’aggettivo µlev; è pertinente a questo gruppo e il suo significato è “Quel che nulla gli mancha, perfetto”. 3) Il terzo gruppo di significati compare alla voce µl'v; che significa “essere in pace”. Da esso derivano µlev; e µle/v “pacifico, ricercatore della pace”. La radice è attestata anche alla coniugazione hifil col senso di “fare la pace”. Infine appartengono a questo gruppo le parole µl,v, “sacrificio pacifico” e µ/lv; “tranquillità, pace” usata anche come aggettivo nel senso di pacifico e tranquillo5. 4. L’opera è così suddivisa: 1) frontespizio; 2) dedica in latino al papa Sisto V; 3) prefa- zioni in latino, italiano e ebraico; 4) indice delle parole italiane (trascritte anche in caratteri ebraici e vocalizzate) con rimando al corpo dell’opera; 5) indice delle parole latine con rimando al corpo dell’opera; 6) il dizionario vero e proprio distribuito in due colonne; 7) chiave delle abbreviazioni. 5. Se paragoniamo brevemente questa divisione con la divisione proposta da BDB possiamo vedere che la divisione è diversa. In BDB il primo sottosignificato viene alla voce ver- 264 M. PAZZINI 2) Ordine delle voci nella radice a) Il verbo Dopo la radice ZD riporta le coniugazioni nelle quali essa viene coniugata. Non segnala sempre e sistematicamente tutte le coniugazioni, ma solo le più frequenti o quelle che gli paiono più importanti. Ha la tendenza a segnalare forme rare piuttosto che forme frequenti o regolari, ma è difficile comprendere secondo quali criteri egli operi. Vediamo alcuni esempi: Alla voce rj's; riporta il participio qal e, inoltre, la forma rj'r“j's] che compare solo una volta (Sal 38,11). Alla radice zja riporta il qal perfetto 3 m. s. e dopo di ciò solo il participio piel zjea'm] che compare solo una volta nella Bibbia. Non riporta invece il perfetto pual e hofal (solo una volta) e la coniugazione nifal che è attestata 7 volte nelle forme zj'a‘n< e zj'ano. Si nota la tendenza a non segnalare le coniugazioni passive interne. Alla radice rma viene data la lista della coniugazioni qal, hitpael, hifil ma non compare la coniugazione nifal rman forma che compare varie volte nella Bibbia. Invece egli riporta l’imperfetto seguito dal pronome suffisso ÚWrm]yO (senza alef) che è una forma fuori della norma e rara (solo in Sal 139,20). Subito dopo la coniugazione hitpael riporta la voce WrM;y"t]hi senza nessuna spiegazione come se tale forma appartenesse all’hitpael di rma. Si tratta forse della radice rmy e non di rma e dovrebbe trattarsi, a quanto pare, di WrM;y"t]Ti (imperf. e non perf.) che compare solo in Is 61,6 6. b) Il nome I nomi che si rifanno in modo chiaro ad una data radice vengono elencati sotto tale radice secondo il metodo ordinario. Così, ad es., dopo la voce verbale Ël'm; compare una “voce complessiva” che contiene le seguenti parole / voci: Ël,m,, hK;l]m', tk,l,m]. Dopo di ciò ecco un’altra voce composta da 4 parole diverse che sono: hklmm, tWklmm, hkwlm, twklm. bale µlev; e comprende i derivati µ/lv;, µl,v,, µl'v;, e µlev; (aggettivo). Tutto questo è parallelo ai gruppi 2 e 3 di ZD. Il secondo sottosignificato viene alla voce µLevi e da essa ˆ/ml]v', µWLvi, tm'Luvi. Tutto questo è parallelo al gruppo 1 in ZD. Se compariamo altre radici si può notare che, a volte, le differenze sono ancora maggiori. 6. Si noti che le diverse coniugazioni vengono considerate come voci indipendenti, vengono cioè scritte come le altre voci e vengono spiegate in tre lingue come ogni voce. Si veda- REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 265 Quando la radice non comprende nessun verbo ma solo forme nominali, tutti i derivati della radice sono elencati insieme con il lemma che viene per primo nell’ordine alfabetico. Ad es. insieme alla voce rfe/v vengono rf;v]mi e rf'v] che sono i derivati dalla radice rfç. I nomi la cui radice non è chiara vengono elencati secondo l’ordine alfabetico. Così ad es. la voce dy: verrà dopo rgy; yae e yai dopo rfa; l[' dopo bwçk[ ; hP, dopo rdp, e così via. II) Problemi nella registrazione del lemma 1) Alcuni problemi esterni E’ possibile vedere nella nostra opera parecchi “errori” - perlopiù minuzie - parte dei quali dovuti all’autore e parte allo stampatore. La prima cosa a risaltare è l’ordine alfabetico errato di alcune voci. Varie volte abbiamo trovato deviazioni dall’ordine che ci saremmo aspettati. Ad es. µ[;l]s' (µ[ls; nel BDB) viene prima di [l's,; ˆ/yb]a, dopo hnwyba; Ëba dopo lba; ar:/ga} (con alef finale) dopo πrga; µd<ao dopo hmda; rd<a, dopo trda; yl'Wa dopo tlwa, e parecchi altri casi simili7. A volte entrano “dittione estrane” nella colonna delle voci ebraiche. Così ad es. an:r“P's]a' (an:r“P's]a; nel BDB)8; tj'a;9; ˆyrIm]ai; rgy (non vocalizzata)10 e altre. A volte non registra parole che compaiono nella Bibbia, come ad es. la radice ≈ba (probabilmente perché tutti i derivati sono nomi propri). Al con- no, ad es., le coniugazioni della radice rma. Altre volte vengono registrate all’interno della voce principale come se fossero varianti di un’altra coniugazione. Si veda, ad es., la voce Ël'm; (= lv'm;), e l’hifil Ëylim]hi (= lyvim]hi); in questo caso la spiegazione in italiano e latino viene data in fondo alla voce. Credo che nei due casi l’intenzione dell’autore sia stata quella di registrare le coniugazioni come voci indipendenti. 7. Invece sono al loro posto le parole qyls e fnba (che vengono rispettivamente dopo πls e µynba) in quanto vengono considerate le radici qls e ˆba. 8. La parola compare sia sotto la lettera alef che sotto la radice rps. 9. La forma tj'a; col senso di “scendere” non esiste in ebraico. Si tratta probabilmente dell’afel della radice aramaica tjn. Nella Bibbia ebraica tale radice compare in poesia, ma la coniugazione causativa è hifil e non afel. 10. Stranamente ZD non riporta la parola aramaica at;Wdh}c; che viene nella stessa espressione. 266 M. PAZZINI trario si può trovare il composto hk;Wra}B' che, invece, non è presente nella Bibbia. Infine conviene ricordare alcune fra le molte voci che non sono vocalizzate, oppure sono vocalizzate non bene. Ecco alcuni esempi: hnwyba, al posto di hnwyba}; lg<a, al posto di lgae; hyIl]a' al posto di hy:la (errore di stampa), e parecchi altri casi. Invece è normale la forma µyIn"b]a’ per µynba;11. 2) La forma canonica a) Il verbo Il nostro conosce la forma canonica secondo la tradizione dei lessicografi che l’hanno preceduto. Per quanto riguarda il verbo egli riporta le lettere che compaiono al perfetto 3 m. s. del qal se questa coniugazione esiste, ad es. Ël'm,; fj'v;, hn:v;, ht;v; e così via. Se la radice compare ad una coniugazione diversa dal qal allora egli riporta solo questa, ad es. tjev,i trEve, vQeBi e così via. A volte la radice viene vocalizzata al perfetto qal 3 m. s. anche se tale coniugazione non è attestata, ad es. hk;n: (scritto hk'n:), che non esiste al qal oppure rk'n:. In questo secondo caso egli riporta, subito dopo il qal, le coniugazioni nelle quali la radice è flessa. Queste sono le forme canoniche delle diverse classi: 1) I verbi regolari, quelli di I alef, I yod, III he e III alef vengono registrati nella forma base che è quella del perfetto 3 m. s. del qal. Se ci sono forme rare o strane nella coniugazione, a volte vengono riportate vicino alla forma canonica, ad es. ÚWrm]yO, WrM;y"t]hi. 2) Le radici di II w/y sono registrate come se appartenessero tutte alla classe II w. Viene prima registrata la radice vocalizzata con ˙olem (/) e subito dopo la forma del perfetto 3 m. s., ad es. ˆB' ˆ/B (ˆB' con pata˙) = ˆyb; µq;w“ µ/q = µwq; µc; µ/c = µyc e così via. 3) I verbi geminati generalmente vengono elencati due volte in parti diverse del dizionario. Così la radice ffv compare sia sotto fv;w“ f/v che sotto ffe/v; llg compare sia in lG: l/G che in ll'G:. Invece bs' compare solo sotto bbs. Le lettere uguali della radice vengono computate una sola volta come nei dizionari arabi, perciò la radice πpa verrà prima di apa; rrs prima di brs; rra prima di bra; vva prima di dva, e così via. 11. E’ normale in quanto in ZD la vocale a’ indica anche qamets breve. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 267 4) Nelle radici quadrilitteri nel modello “fqfq” vengono prese in considerazione le due prime lettere, così che occorrerà cercare la forma lfel]fi dopo ryfi come se si trattasse di lf*; lKel]Ki viene dopo llk e prima di alk come se derivasse dalla radice lk*. 5) Se tutte le lettere della radice sono diverse, la radice viene registrata secondo il normale ordine alfabetico. Così, ad es., µser“Ki viene dopo lymrk. b) Il nome Per quanto riguarda le forme nominali ZD riporta la voce al singolare maschile se la parola compare in questa forma, ad es.: ˆb,a,, fnEb]a', µd:a;, bybia,; hw<an:, ryDIa', b/a, e così via. Spesso vicino a questa forma compare anche il femminile o il plurale, ad es. hw:an:, µynIb;a; (con a;), µyrIyDIa' e µyfinEb]a'. Invece non viene riportato il plurale t/b/a presente varie volte nella Bibbia12. Se la parola esiste solo in una forma che è diversa dalla forma canonica, l’autore generalmente riporta la forma non canonica, ad es. µyjiyfib'a; (µyjiyFib'a} nel BDB) perché la parola compare solo al plurale (Lv 11,5); µysiWba}m' presente solo in Ger 50,26 nella forma h;ys,Wba}m'; e così pure µymiya] (errore di stampa per µymiyae); tYOPil]T' solo in Ct 4,413; t/lyXia'14; yrEv]a'; µyrIt;a}; tv,ae (tipo di rettile) e così via. A volte sono registrate solo al plurale parole che compaiono nella Bibbia anche al singolare. Ad es. si trova in ZD la voce µynIWma‘ ma non c’è la forma ˆWmae che pur compare nella Bibbia una volta (Dt 32,20). Qualche volta può accadere che vengano scritte due voci per una parola che compare una sola volta nella Bibbia, come ad es. la,r“a, (laera in altri dizionari). La parola compare nella forma µL;a,r“a, in Is 33,7 ma ZD riporta due voci, una col pronome suffisso e una senza. Raramente ZD ricostruisce una forma canonica quando la parola è attestata solo al plurale, come nel caso di hy:wIz: (sic!) nonostante che nel testo biblico ci sia solo t/YwIz:. 12. Il plurale di µd:a; e di bybia; non esiste nella Bibbia ebraica. 13. ZD collega la parola alla radice πla nel senso di “studi”. Secondo BDB si tratta della radice πlt e la parola significherebbe “weapons”. Secondo Even Shoshan il senso è piuttosto quello di “bellezza, maestà”. 14. La parola compare solo al plurale ma anche nella forma AyleyXia' , perciò ci saremmo potuti aspettare anche la voce µyliyXia'* o addirittura il singolare lyXia'*. 268 M. PAZZINI Infine può darsi che entrino fra le voci delle forme strane che non costituiscono in realtà una voce, come ad es. Wlw“ (w“ + Wl). La stessa forma e la stessa citazione compaiono anche alla voce Wl. Questo è il luogo opportuno e la voce opportuna. 3) Il participio e l’infinito a) Il participio Il nostro dizionario non riporta ogni forma di participio che compare nella Bibbia. Forme come qlwd, vrwd, ˚lwh, jbwz, non vengono registrate quando sono usate in senso verbale. Invece riporta sistematicamente il participio quando viene usato come sostantivo o come aggettivo: in questo caso il part. è registrato come voce nella radice corrispondente. Ecco alcuni esempi: grE/h “homicida”, bheao “amico” (scriptio defectiva), rme/v “guardiano”, gr</a “tessitore” (con segol!), rbeDo “parla” (scriptio defectiva), lL;hum] “degno di lode, e lodato”, µyliL]h't]mi “quei che glorificano” (plur. anche se nella Bibbia c’è lLeh't]mi) r/an: “è illustrato”, ˆyzIa}m' “obediente”, πSea'm] “congregatore, e la ciurma raccolta ultimamente”, ≈ylime “interprete, oratore, eloquente” (alla radice ≈wl), ˆm;a‘n< “fedele, si prende anco per fermo e forte”, hr</m “dottore, maxime in legge” (alla radice hry). Dagli esempi addotti si vede che quasi sempre il participio ha valore di sostantivo o aggettivo. Solo nel caso di rbeDo il participio mantiene chiaramente il suo valore verbale. Non ho trovato forme di participio ordinate secondo le lettere m / n che sono le iniziali del participio nelle coniugazioni derivate. b) L’infinito Le forme regolari dell’infinito sia assoluto che costrutto non compaiono nel dizionario. Nella Bibbia ci sono, però, forme di infinito che vengono usate come nomi e fra queste: rwps ˆyal, ˚wr[ ˆya, dwdn qyjrh, hbrh, ˚wlh, twnpl, twxj, bfyh, twrml, e molte altre. Ho controllato queste nove forme in ZD e ne ho trovate solo tre: hBer“h' (alla radice bbr), t/np]li (alla voce ynEp]li nella radice hnp), byfeyhe (registrato come voce indipendente nella radice bfy). Le restanti forme non compaiono. ZD non è, dunque, troppo incline a segnalare l’uso nominale dell’infinito. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 269 4) I nomi propri Leggendo di seguito varie voci del dizionario si capisce che il nostro non intende registrare i nomi propri sia di luogo che di persona. E’ possibile rendersi conto di questo se solo confrontiamo una serie di voci nei diversi dizionari. Ad es. il BDB alla radice rmv registra 14 nomi propri (di persona e luogo). Nessuno di questi nomi compare in ZD. Alla radice ˚lm ZD riporta solo Ël,mo mentre BDB aggiunge a questo altri 14 nomi propri. A volte ZD registra nomi propri sia di luogo che di persona ma è difficile capire secondo quale logica. Ad es. si troveranno le voci Ël,mo, hy:d“ydIy“ (solo in 2Sam 12,25), µr:a}, rypi/a, yl'Wa (nome di un fiume), tr:P] e altri casi. E’ difficile capire perché vengano elencati i nomi appena ricordati mentre non siano registrati nomi come larcy, µylvwry e così via. Occorre ricordare che alla fine o all’inizio del dizionario non esiste alcuna lista di nomi propri. Può succedere che, se tutti i derivati da una data radice sono nomi propri, tale radice non compaia nel dizionario come succede ad es. per la radice ≈ba15. 5) I composti e il loro ordine nel dizionario ZD conosce i composti e li riporta ma non sistematicamente, non sempre e in un ordine non sempre chiaro. I composti più frequenti presso di lui sono formati dall’unione di una preposizione e di un nome (o particella o pronome), ad es. hk;Wra}B', dj;a,K], ˆKeAl[', l['me, ll'g“B,i sp,a, d[', e molti altri. Spesso riporta anche modi di dire e frasi idiomatiche ad es. tyrIB] tr"K;, µyjiPufi ylel][o, hm;d:a} dbe/[ (alla voce hmda), ll'G“ ˆb,a, (alla radice llg), µyIP'a' Ër<a, (sia sotto Ër<a, che sotto πa'), vp,N<h' yTeB;, e molti altri. A volte compare solo il composto e non la voce a cui il composto appartiene, ad es. tyrIB] tr"K; (alla radice trk), µyjiPufi ylel][o (alla radice jpf)16. 15. Ritengo che occorra riportare in un dizionario i nomi propri che appaiono nel testo biblico, perlomeno in una lista a parte, perché per il principiante non è sempre facile capire quando ha a che fare con nomi propri o con parole di altro genere. 16. Si noti che nella colonna delle “dittioni estrane” i composti sono più frequenti rispetto alla colonna delle “dittioni hebraiche”. Si vedano, ad es., i composti alla voce ˆb,a, nelle “dittioni estrane”. 270 M. PAZZINI Per quanto riguarda l’ordine dei composti la questione non mi è chiara. Così, ad es., egli ordina i composti di hz<: hz<k;w“ hzoK;, hz<B;, hZ<mi, µymiy:Ahz<. Questo è il suo metodo normale. 6) Omonimia Il nostro autore conosce l’omonimia e riporta voci omonime. Normalmente egli scrive due o più volte gli omonimi sotto la radice conveniente senza contrassegnarli con lettere dell’alfabeto o numeri come invece si usa nei moderni dizionari. Generalmente non spiega le ragioni dell’omonimia17. Vediamo ora alcuni esempi: varo: In ZD ci sono due omonimi che sono 1) varo “la testa, la origine de alcuna cosa, il principe, caporal di l’essercito”; 2) varo “fiele, amaritudine”. Nel dizionario di Even Shoshan sono invece elencati tre omonimi che sono 1) varo “la parte superiore del corpo dell’uomo”; 2) varo “superiore, capo”; 3) varo “nome di un vegetale”. Nel BDB ci sono 4 omonimi e cioè: I. varo = head; II. varo = a bitter and poisonous herb; III. varo = Son of Benjamin; IV. varo = N. pr. gent. I primi due di BDB sono paralleli a Even Shoshan 1 e 3 (il secondo non è ritenuto omonimo). Gli ultimi due sono nomi propri. Come abbiamo sopra mostrato ZD non riporta i nomi propri, perciò presso di lui non compaiono le voci numerate con III. e IV. in BDB. Il significato di “superiore, capo” (n. 2 di Even Shoshan) viene ritenuto un sottosignificato del significato principale in ZD e BDB. r/v: In ZD ci sono tre omonimi verbali con questa forma. Il primo è r/v “cantare” (radice ryv); il secondo è r/v “considerare, contemplare” (radice rwv); il terzo è r/v “offerir presente (= offrire un sacrificio)” (radice rwv secondo BDB). La causa dell’omonimia nei primi due casi è la confusione delle radici dovuta al metodo dell’autore nel registrare la radice. Nel terzo caso non possiamo conoscerne la causa18. ZD registra 3 voci omonime alla radice br[. Alla voce br"[; “fare un voto”, riporta la parola br:[}m' nel senso di “pegno”. Alla voce br<[, registra 17. In ZD non si troveranno omonimi derivati da fusione di forme grammaticali in quanto il dizionario è organizzato per radici. 18. Fra le voci verbali appena riportate compare anche la radice r/c (con c “signoreggiare”) e il sostantivo r/v “toro” che non abbiamo preso in considerazione in quanto il primo appartiene ad una radice diversa, mentre il secondo è un sostantivo. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 271 br:[}m' nel senso di “occidente, la parte occidentale”. Alla fine della voce brE[; “dolce”, riporta br:[}m' nel senso di “negotio, mercantia”19. La parola lm,r“K' sta al confine fra omonimia e polisemia. ZD interpreta la parola come omonimo: 1) lm,r“K' “farro trito, granelli di formento, spica il cui frutto sia anco molle, tenero, e seccato al fuoco, a fine si possa mangiare, e forsi anco macinare”; 2) lm,r“K' “campo che rende buon frutto, tanto per quel che vi si semina come parimente per le piante quali vi si pongono”. Così interpreta anche Even Shoshan. Invece il BDB interpreta la voce come una polisemia; per questo egli registra i due significati alla voce I. lm,r“K' (II. lm,r“K' è un nome geografico). La parola dy: viene registrata in tutti i dizionari come polisemia. ZD riporta 9 voci diverse come se si trattasse di voci omonime. Questi esempi ci mostrano che ZD ha una discreta sensibilità nel registrare gli omonimi. 7) Polisemia Il nostro autore conosce la polisemia e riporta i sotto significati quando descrive le voci. Li trascrive uno presso l’altro senza distinguere fra di loro con lettere o numeri come si usa nei dizionari moderni. Spesso, per sottolineare un sotto significato, riporta una citazione biblica. Ad esempio alla voce [r"P; è scritto: “star in ozio, cessar di operare” (Proverbi 4 e 8); “aborrire, abominare” (Proverbi 13); “irritare, provocare” (Proverbi 1); “dissipare, separare, discoprire” (Proverbi 29). E così alla voce verbale hr:P; scrive: “germinare, far frutto” (Isaia 45); “crescere” (Geremia 3). Invece alla voce byba (non vocalizzata) scrive: “fresco, maturo, il primo frutto, il primo mese lunare, qual tocca del mese di Marzo” senza nessuna divisione fra i diversi sotto significati. Bisogna sottolineare che ZD non riporta sempre e sistematicamente i cambiamenti di significato. Per es. non è molto sensibile all’uso metaforico delle parole, anche quando si tratta di metafore frequenti. Così non si troverà in ZD l’uso metaforico di Ël,m, (capo, primo, colui che emerge nel suo ambiente per qualche caratteristica), hy<r“a' (grande e importante: 10 volte nella bibbia secondo BDB), varo (luogo alto, cima), [z"G< (nel senso di stir- 19. Secondo la concordanza di Even Shoshan la parola compare in questo senso 9 volte e solo nel capitolo 27 di Ez. In BDB e nella concordanza di Even Shoshan vengono elencati solo 2 omonimi. 272 M. PAZZINI pe)20, ˆm;l]a' (solo in Ger 51,5 e col senso di forsaken, secondo BDB, piuttosto che widower) e così via. Può capitare che venga registrato un sottosignificato che non esiste nella Bibbia. Ad es. il sostantivo h[;v; nel senso di “1/24 della giornata” non esiste nella Bibbia21, la voce t/a nel senso di “lettere dell’alfabeto”, ˆ/mg“a' nel senso di oggetto per pescare (amo), ËrEb]a' “padre di prudentia, e tenero di anni”22, ll'K; “fare il totale”23, e così via. III. Definizione dei lemmi Per vedere i tipi di definizioni usate da ZD ho controllato di seguito tutte le voci registrate sotto la lettera alef che sono 509. Ho controllato le definizioni ebraiche, avendo cura di notare anche le differenze con le definizioni italiane e latine. Ho diviso le voci secondo i diversi tipi di definizioni. Oltre a questo ho controllato sistematicamente anche voci che cominciano con altre lettere per vedere se ZD usa altri tipi di definizioni. Questa in sintesi la situazione per quanto riguarda la definizione delle parole che cominciano con la lettera alef 24. definizioni definizioni definizioni definizioni definizioni Totale con un sinonimo con una descrizione con genere e differenza dell’oggetto secondo il suo uso sintetiche 468 24 10 5 2 509 20. Occorre sottolineare che nella definizione ebraica ZD presenta solo la definizione principale (riferimento a una parte dell’albero). Nella definizione latina vengono riportati due sotto significati e il senso metaforico compare al primo posto. In italiano compare solo il significato principale, mentre manca il senso metaforico. 21. La parola compare in aramaico biblico ma non in ebraico biblico. 22. Questa è la spiegazione offerta dal midrash. 23. Nella definizione in lingua italiana viene espressamente detto che questo senso è postbiblico. 24. Trascriverò solo alcune definizioni escludendo sistematicamente quelle fatte attraverso un sinonimo che in un dizionario plurilingue sono la grande maggioranza. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 273 1) Definizione attraverso un sinonimo Questo tipo di definizione è il più frequente in ZD. Ho contato 468 definizioni di questo tipo. Occorre notare che, a volte, manca la definizione in una delle tre lingue, oppure che le definizioni non sono dello stesso tipo nelle diverse lingue. Vediamo il quadro completo dei dati: a) Parole o espressioni non definite in ebraico (62): µyjyfba, bydah, hmda, hbwha, µybham, lh'a;, wa, hwan, ˆnwath, µynwat, hwja, dja, tja, twdja, djath, ˆwrja, tyrja, twyrja, twkya, la,, yla, wyla, µhyla, πla, µyypla, twyplt, µai, µae, ˚rd µa, hlwma, ˆma;, ˆymah, ÚT]mia, ˆman, µynwma, yna, wna, wnjna, πsam], twrxao, grwa, ˚yrah, ˚rwa, twkyra, hkwrab, ˚ra, µyypa ˚ra, ymra, tymra, cr'ae, hc;r:a, rva, rWva'T], ta, hta, ˆta, µta, hmda db[o, yl hywa, ˆk rja, rvpa ya25. b) Parole non definite in latino (7): t/Ml'a,e ryaihe, Wja;, hm;yae, lpam, la,r“a,, twbwra. c) Parole non definite in italiano (12): µyjyfba, µyryda, rda,, lh,ao, µlWa / µlau (il secondo), µymya, ˆyIa'me, ˆyaem, ˆya, ˆyai, hM;au µwa, vwna. d) Segnalo alcuni casi di incompatibilità fra le definizioni nelle diverse lingue (6): swbae (in italiano con una descrizione), hr:aum] (in italiano con una descrizione), yz"m' (in italiano con una descrizione), qza (in italiano secondo l’uso dell’oggetto), lyaew“ lyIa' (in italiano con una descrizione), µLeai (in italiano e latino con una descrizione). e) Casi in cui al posto della definizione compare la stessa parola al femminile o al plurale (13): ˆz<ao, gwmla, πwla, µae, yna, rwra, ˚wra, hv;via’, lwkva, hmva, twpva, rwva, µyrva. f) In alcuni casi la parola è definita con più di un tipo di definizione26 (5): hnwyba} (descrizione + sinonimo), ˆwmga (sinonimo + uso dell’oggetto), ˆd<a; (sinonimo + uso dell’oggetto), b/a (sinonimo + genere), µva (sinonimo + descrizione). g) In due casi non c’è la definizione ma solo un rimando ad un altro luogo. Si tratta delle voci µlau dove è scritto “vedi sopra” (cioè alla voce µlWa) e apa “vedi alla p” (cioè alla lettera p). 25. In due casi invece della definizione riporta l’uso della parola: µaih} µai “nel suo significato, e indica domanda”; rv,a} “parola che lega”. 26. In questi casi la definizione in italiano e latino è fatta con un sinonimo. 274 M. PAZZINI 2) Definizione con una descrizione Ho individuato una ventina di definizioni di questo tipo. Ne riporto alcune usando, quando vi sia corrispondenza, le definizioni italiane di ZD. - qb'a; “far alla lotta, per gettar a terra il compagno”. - ËrEb]a' “padre di prudentia, e tenero di anni” (secondo il midrash). - fa; “andare lentamente”. - ˆ/vyai “parte nera nella pupilla guardando la quale vi si vede la forma di un uomo” (così in ebraico e latino mentre in italiano c’è solo “la pupilla de l’occhio”). - t/nm]/a “piastre d’oro, o balestrate con piastre d’oro”. - vm,a, “notte che è già passata”. In italiano e latino c’è un sinonimo: “hiersera”. - dpoae “habito come quello che usano gli frati sopra la tonica, che prende amendue le spalle”. - zp;/a “oro pretioso purificato da ogni lordezza”. - qypia; “rio d’acque che correno con impeto”. - gr<a, “tela, e il legno che vi la involge il tessetore”. 3) Definizione con genere e differenza (o genere e sinonimo) Il nostro autore conosce anche questo tipo di definizione. Ai suoi giorni, quando la lingua ebraica non era parlata, si usava definire nomi di piante e animali attraverso il genere e un sinonimo nella lingua straniera o solo attraverso il genere. Ho trovato una decina di definizioni di questo tipo. Vediamo alcuni esempi: - yl'j}a' “tipo di supplica” (in latino e italiano: “utinam. Iddio volesse”). - hy:a' “uccello rapace, spalviero” (in italiano solo “ucello di rapina”). - hp;n:a} “uccello, pica” (in italiano “pico ucello”). - ˆr<ao “albero che si chiama pino” (in italiano “pino arbore”). - tb,n<r“a' “animale che si chiama lepore” (in italiano “lep(o)re”)27. - lv,a, “albero in generale, e in particolare tamericio” (in italiano: “parlando in genere, e in particolare il tamerice, e il bruolo over pomario”). - µyrIWva} “tipo di albero”. In italiano: “sorte d’arbore” (in entrambi i casi viene dato solo il genere). - tv,a, “tipo di rettile, talpa” (in italiano manca la definizione). 27. La parola viene registrata di nuovo dopo la radice ˆnr e prima di hnr. REGISTRAZIONE E DEFINIZIONE DEL LEMMA 275 4) Definizione secondo l’uso Questo tipo di definizione è frequente in particolare con nomi di utensili. Segnalo 2 definizioni di questo tipo: - ˆ/mg“a' (il secondo) “pignatto, e amo da prendere i pesci”. - tyae, tae “il vomero da lavorar la terra”. 5) Definizione sintetica Ho trovato due esempi di questo tipo di definizione e si tratta di nomi di mesi. - rd:a} “il mese duodecimo...”. In latino e italiano segue una descrizione. - lWla‘ “il sesto mese lunare”. In italiano segue una descrizione. 6) Altro tipo di definizione Ho controllato altre voci che cominciano per una lettera diversa dalla alef trovando un altro tipo di definizione, cioè la definizione attraverso un antonimo (= contrario). Ecco alcuni esempi: - r[e “chi non dorme” (in italiano e latino è definito per via positiva). - lrE[; “quel che non è circonciso”. - yrIyrI[} “senza figliuoli, senza herede” (nelle tre lingue). - µ/r[e “non vestito” (in italiano “discoperto”). - b/f “il contrario di cattivo” (solo in ebraico e latino). Questi sono i tipi di definizioni più frequenti che si trovano in ZD. Chi volesse percorrere sistematicamente tutta l’opera troverebbe probabilmente altri tipi di definizioni. Conclusione Prima di tutto dobbiamo prendere atto dell’enorme lavoro fatto da De Pommis: se non è facile comporre un dizionario per la lingua biblica e la lingua post-biblica allo stesso tempo, complica ulteriormente le cose il definire le voci in tre lingue. Proprio per la complessità di quest’opera mi sembra opportuno ricordare un detto famoso di J.J. Scaliger (sec. XVIXVII) secondo il quale anche “i peggiori criminali non dovrebbero mai 276 M. PAZZINI essere condannati a morte o ai lavori forzati, bensì a compilare dizionari, perché tutte le torture sono comprese in questo lavoro”28. Si ricordi che fino ad oggi non è stato composto in italiano un dizionario più completo per la lingua postbiblica (lingua dei midrashim e delle fonti antiche). Abbiamo avuto modo di constatare che il nostro ha gusto linguistico ed è sensibile, in certa misura, ai fenomeni linguistici legati alla composizione di un dizionario. Per quanto riguarda la registrazione e definizione del lemma l’autore ha un metodo chiaro secondo il quale avanza. Egli usa già nella sua epoca alcuni mezzi della moderna lessicografia. Il suo dizionario risponde alle domande e alle esigenze del XVI secolo e sta sulla strada che ha condotto i lessicografi dal Rinascimento alla nostra epoca. Se vi sono qua e là all’interno del dizionario errori sia per quanto riguarda il metodo sia per quanto riguarda la stampa non dobbiamo meravigliarci data la complessità dell’opera. ZD rimane uno dei dizionari importanti nella lessicografia ebraica. Massimo Pazzini, ofm Studium Biblicum Franciscanum, Jerusalem Bibliografia Blau J., “Dizionari biblici”, Enciclopedia Biblica, 4, 901-909 (in ebraico). Brown F. - Driver S. R. - Briggs C., The New Brown-Driver-Briggs-Gesenius Hebrew and English Lexicon with an Appendix Containing the Biblical Aramaic, Peabody 1979 (BDB). Even Shoshan A., A New Concordance of the Bible. Thesaurus of the Language of the Bible Hebrew and Aramaic Roots, Words, Proper Names Phrases and Synonyms, Jerusalem 1989. Friedenwald H., “Apologetic Works of Jewish Physicians”, JQR 32 (1941-2) 227-55; 407426. Pazzini M., “Grammatiche e dizionari di ebraico-aramaico in italiano. Catalogo ragionato”, LA 42 (1992) 9-32. Pommis De D., Dittionario novo hebraico, molto copioso, Dechiarato in tre lingue; con bellissime annotationi, e con l’indice latino, e volgare; de tutti li suoi significati, Venezia 1587. Rabello A. M., “Pomi(s), De'”, Encyclopaedia Judaica, 13, 844-845. Zgusta L., Manual of Lexicography, Prague - Paris 1971. 28. Il pensiero è citato da L. Zgusta, Manual of Lexicography, 15.