tesi angelo pastore
Transcript
tesi angelo pastore
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA FACOLTA’ DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN AMMINISTRAZIONE E DIREZIONE AZIENDALE —————— ASTE ON LINE RELATORE: Chiar.mo Prof. LUIGI MANSANI LAUREANDO: ANGELO PASTORE ANNO ACCADEMICO 2007-2008 II A papà, mamma Pietro e Davide per avermene dato la possibilità, e a Claudia per avermi aiutato a realizzarla. III IV INDICE Introduzione…………………………………………………………………………...1 I. CAPITOLO ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLE ASTE 1.1 La storia delle aste nel mondo…………………………………….........................3 1.2 Internet e la sua rivoluzione……………………………………….........................6 1.3 Nascita delle aste online………………………………………………………….11 1.3.1 Chi sono………………………………………………………………..16 1.3.2 Come funzionano……………………………………………………....19 1.3.3 I protagonisti…………………………………………………………...22 1.3.4 Le forme………………………………………………………………..25 1.4 Le aste online oggi……………………………………………………………….35 II. CAPITOLO UNA REALTA’ VIRTUALE: EBAY 2.1 I primi passi………………………………………………………………………37 2.2 Profilo aziendale………………………………………………………................40 2.2.1 Ebay nel mondo………………………………………………………..40 2.2.2 Ebay Italia………………………………………………………...........45 V 2.2.3 Brevi cenni sul funzionamento………………………….......................53 III. CAPITOLO LA NUOVA FRONTIERA DELLA CONCORRENZA SLEALE: LA VENDITA DI PRODOTTI CONTRAFFATTI NELLE ASTE ONLINE. 3.1 La contraffazione………………………………………………………………...63 3.1.1 Ieri e oggi………………………………………………………………63 3.1.2 I perché della marca……………………………………………………72 3.1.3 Note sul fenomeno……………………………………………………..78 3.1.4 Gli effetti……………………………………………………………….82 3.2 E-commerce in crescita e contraffazione dilagante……………………………...89 3.2.1 L’angolo più oscuro del commercio virtuale…….................................89 3.2.2 Il terribile sospetto sulle aste online………………................................93 3.3 La lotta e gli strumenti…………………………………………………………...99 3.3.1 Il ruolo di Ebay……………………………………………….............108 IV. CAPITOLO LA RESPONSABILITA’ DEI SITI DI ASTE ONLINE 4.1.1 La regolamentazione dell’e-commerce…………………….............................121 4.1.2 La disciplina delle aste online………………………………………………...123 4.2 La responsabilità degli internet service provider……….....................................128 4.2.1 Introduzione al problema……………………………………………..128 VI 4.2.2 Perché una responsabilità dell’internet provider?........................................................................................................134 4.2.3 Panoramica sul tema delle possibili responsabilità imputabili all’ISP…………………………………………………………...137 4.2.4 Alcuni casi internazionali di riferimento: evoluzione della disciplina giurisprudenziale e normativa………………….…………………...............141 4.2.4.1 Stati uniti d’America………………………………………….142 4.2.4.2 La situazione in alcuni paesi europei…………………………152 4.3 La situazione italiana………………………………………………...................168 4.3.1 Osservazioni generali…………………………………………………168 4.3.2 Ordinamento giurisprudenziale (ante D. Lgs. 70/2003) e normativo: il provider “colpevole”…………………………………………169 4.3.3 D. Lgs. 70/2003…………………………………………………….....187 4.3.4 La giurisprudenza in tema di responsabilità del provider dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 70/2003……………………………..............198 4.4 Sentenze diverse per la stessa fattispecie……………………………………….204 4.4.1 LVHM vs Ebay……………………………………………………….204 4.4.2 Tiffany vs Ebay……………………………………………………….212 4.5 Considerazioni conclusive. Ebay: internet provider o intermediario commerciale? …………………………………..217 Bibliografia…………………………………………………………………............229 VII Sitografia……………………………………………………………………………242 VIII INTRODUZIONE I progressi compiuti dall’uomo in tutti i campi della sua attività manuale e intellettuale, sono stati fortemente condizionati dallo sviluppo delle nuove tecnologie informatiche. Non a caso proprio nell’attuale scenario socio-economico, il ruolo occupato dall’innovazione tecnologica e informatica è davvero determinante. La cosiddetta “rete delle reti” rappresenta la vera rivoluzione informatica del secolo appena trascorso e lo strumento d’indubbia importanza nel quadro sociale ed economico del futuro. Essa ha consentito di abbattere le tradizionali barriere di spazio e di tempo, da un lato, e di determinare lo sviluppo di relazioni e comunicazioni, in qualsiasi parte del mondo, in tempo reale, dall’altro lato. Grazie alle sue grandi potenzialità e alle aspettative offerte, tutti gli operatori si trovano attratti e stimolati dall’uso delle tecnologie telematiche. Oggigiorno, alla base della cosiddetta new economy, ossia dell’economia fondata sulla creazione e sul consolidamento di relazioni commerciali e finanziarie determinate dalla comunicazione digitale e dall’elaborazione elettronica delle informazioni, un posto centrale è occupato dall’avvento di internet. Ha assunto grande importanza quello che comunemente è definito l’e-business: cioè l’utilizzo della rete per realizzare finalità di tipo commerciale. Una delle più originali versioni di commercio tradizionale applicato al mondo delle transazioni telematiche è costituito dalle aste online (o aste elettroniche), che da realtà ormai consolidata negli USA, si sono affermate anche al di là dei confini americani. 1 Ne è esempio il fatto che attraverso Ebay sia possibile effettuare vendite e acquisti attraverso la rete, ma la caratteristica che rende sui generis questo sistema, tuttavia, è il fatto che le vendite avvengono con lo strumento dell’asta, quindi ciò che si realizza è un’asta effettuata tramite l’inserzione di annunci sul sito web. Questa tipologia di aste rappresenta oggi una delle migliori soluzioni per l’allocazione delle risorse e per l’acquisto di beni alle migliori condizioni economiche poiché i venditori e gli acquirenti vengono ad operare, in tutto e per tutto, su un mercato “globalizzato”. Le aste online coinvolgono in genere persone comuni, ma è consistente ed in crescita anche la presenza di aziende e di distributori diretti di piccola e media grandezza che, attratti dalla possibilità di raggiungere un ampio bacino di utenti a costi ridotti, modificano le tradizionali strutture di vendita. Ebbene, proprio per le possibilità virtuali di rivolgersi ad una platea indefinita di acquirenti, con rapide modalità di vendita e la possibilità di anonimato, è molto probabile che vengano messi in circolazione in tale circuito, assieme ai prodotti originali ovvero di dubbia provenienza anche beni che in qualche modo vìolino la disciplina dei segni distintivi delle imprese, delle opere dell’ingegno e in generale che esercitino una concorrenza sleale. In uno scenario del genere l’assunto di base è capire se sia possibile o meno attribuire la responsabilità all’internet provider per le violazioni commesse da altri. E forse prima ancora cercare di identificare, anche attraverso le decisioni giurisprudenziali in merito, quale ruolo abbiano in tutto questo i gestori dei siti di aste virtuali. Questo ed altro ancora sarà l’approfondimento delle pagine seguenti. 2 I. CAPITOLO ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLE ASTE Fin dall’antichità le aste hanno suscitato interesse ma fu solo nel XVIII secolo, ma è con l’apertura delle case d’asta Sotheby’s e Christie’s a Londra, che hanno acquistato largo credito e notorietà. Se nel XVIII e XIX secolo le aste erano importanti, seppur limitate soprattutto a libri, opere d’arte e oggetti antichi, col secolo successivo iniziarono anche a vendere tutto ciò che fosse suscettibile di valore storico od economico. L’avvento di internet invece ha permesso la trasformazione dello scenario: da aste con limiti temporali e spaziali, ad un mercato globale caratterizzato dalla dinamicità. 1.1 LA STORIA DELLE ASTE NEL MONDO La forma d’asta odierna comparve per la prima volta intorno al 500 a.C., nell’antica Babilonia, infatti lo storico Erodoto scriveva che le donne in “odor di marito” erano vendute all’asta al mercato annuale. Successivamente si diffusero anche in Grecia per poter acquistare gli schiavi.1 1 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.3 3 Nell’antica Roma le aste iniziarono ad aumentare e diversificare gli oggetti in vendita, basti pensare che erano i luoghi ideali in cui i soldati potevano monetizzare il loro bottino di guerra al miglior offerente. Le aste si svolgevano nell’atrium auctionarium. I partecipanti erano sempre quattro: il dominus (proprietario), l’argentarius (cambiavalute), il praeco (banditore) e l’emptor (compratore), e quasi sempre si trattava di aste al rialzo. Non è un caso che il patrono delle aste sia proprio un romano, Didio Juliano: la leggenda narra che, nel 193 a.C., l’Impero Romano fu messo in vendita dopo che le guardie del corpo, i cosiddetti “pretoriani”, avevano ucciso il loro imperatore Pertinace. Così il senatore Didio Juliano partecipò e vinse l’asta sborsando 6250 dracme per ciascun pretoriano, una somma che oggi corrisponderebbe a circa 14 milioni di euro.2 Le aste col tempo divennero talmente popolari che furono indette regolarmente dall’imperatore Caligola: egli comprese il desiderio degli uomini, che consisteva nel fare un’offerta per un oggetto e nel riuscire a concludere un buon affare. Ciò pose la base per una diffusione a livello mondiale delle aste, così come noi la conosciamo oggi. Dopo una lungo periodo di abbandono, fu nel tardo Medioevo che si riscoprì l’utilità delle aste, le quali venivano indette per il commercio degli schiavi. Nel XVI secolo, il re di Francia emanò un decreto che conferiva a un gruppo di persone il titolo di huissiers priseurs cioè il diritto esclusivo di vendere le proprietà dei defunti.3 2 3 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.3 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.4 4 Nello stesso periodo si svilupparono nei Paesi Bassi le prime aste di oggetti d’arte, dove alla fine del XVI e XVII secolo si potevano acquistare dipinti e stampe. Il prezzo era stabilito e poi ribassato finché qualcuno non si aggiudicasse l’oggetto: questo tipo di asta è nota da allora con il nome di “asta olandese”. Sempre in Europa la forte passione per la porcellana cinese fu suscitata dalle aste, infatti nel 1604 gli olandesi misero all’asta il bottino ottenuto dal saccheggio di una nave portoghese di ritorno dalla Cina, permettendone la diffusione in Europa settentrionale. Proprio in Cina intorno al 1600 le prime aste venivano sostenute e promosse in templi e monasteri buddisti utilizzati come strumento per raccogliere le offerte. Venivano venduti all’incanto i beni dei monaci defunti. Molto particolare era la figura del monaco/banditore il cui compito, contrariamente agli usi delle aste attuali, era quello di frenare materialmente gli animi dei partecipanti che spesso si lasciavano travolgere dall’entusiasmo. Al tempo stesso la Cina è stato il luogo di origine dell’asta a stretta di mano, in cui gli offerenti si dispongono a semicerchio intorno al banditore e, a turno, gli stringono la mano. Le mani, coperte da uno scialle non possono essere viste dagli altri offerenti, mentre le offerte vengono fatte con le dita. In Inghilterra invece le prime aste si ebbero alla fine del XV secolo, ma la popolarità giunse nel secolo successivo quando per vendere i beni provenienti dall’India Orientale, era necessario indire le cosiddette “aste a candela”. 5 La procedura prevedeva l’accensione di una candela alta un pollice (2,54 cm circa). Chi riusciva a fare l’ultima offerta, prima che la candela si spegnesse, si aggiudicava l’oggetto messo all’asta.4 Logicamente il problema era che spesso si litigava su chi avesse fatto l’ultima offerta. Nonostante questi piccoli inconvenienti tecnici, la forma d’asta più amata e diffusa funziona proprio secondo questo schema: gli offerenti rilanciano le offerte dei concorrenti per un determinato oggetto il miglior offerente si aggiudica l’oggetto messo all’asta. Questa forma d’asta, appunto, si chiama anche “asta inglese”. Nel XVIII secolo divennero popolari soprattutto le aste degli oggetti d’arte e dei libri. Non a caso Sotheby’s e Christie’s, due delle maggiori case d’asta del mondo, nacquero proprio in Inghilterra. 1.2 INTERNET E LA SUA RIVOLUZIONE Il fenomeno comunicativo di internet rientra fra gli eventi di portata storica, ed è divenuto nel tempo il mezzo di comunicazione più sfruttato a livello planetario. L’origine risale agli anni sessanta5, come rete di comunicazione tra elaboratori elettronici di diverse basi militari finalizzata all’impiego nel settore bellico e ad ausilio della ricerca scientifica. 4 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.6 Una rete di computer mondiale ad accesso pubblico è stata teorizzata per la prima volta nel 1960 dallo statunitense J.C.R. Licklider, docente del Massachusetts Institute of Technology (MIT), nella pubblicazione scientifica Man-Computer Symbiosis. 5 6 Inizialmente, quindi, venne usata in via esclusiva, come progetto sperimentale, da militari ed accademici ma ben presto si sviluppò oltre le iniziali finalità. In particolare il progetto fu finanziato da un’agenzia dipendente dal Dipartimento della Difesa statunitense per lo sviluppo di una rete decentrata di computer interconnessi, appartenenti alla difesa, a fornitori dell’esercito e a laboratori universitari impegnati in ricerche nel settore militare, denominato ARPANET (Advanced Research Projects Agency). La rete venne fisicamente costruita nel 1969 collegando quattro nodi: l’Università della California di Los Angeles, l’SRI di Stanford, l’Università della California di Santa Barbara, e l’Università dell’Utah. Se dal punto di vista tecnico il termine designava una rete di grandi dimensioni che interconnette delle reti autonome, il senso etimologico della parola internet corrisponde tutt’ora all’abbreviazione delle due parole che la formano: “interconnected” (interconnesso) e “network” (rete). Fin dagli esordi, questo network venne strutturato per funzionare come un sistema di collegamenti multipli, autosufficienti e decentrati tra computer e reti di computer, capaci di trasmettere rapidamente comunicazioni, senza la necessità di alcun intervento o controllo umano, e di dirottarle automaticamente in caso di danneggiamento o, comunque, di indisponibilità di uno o più collegamenti. Tra le altre cose, il sistema venne progettato in modo tale da permettere la prosecuzione di ricerche e comunicazioni di vitale importanza anche nell’ipotesi in cui fosse stata danneggiata una parte della rete, per esempio nell’eventualità di una guerra, in conseguenza di attacchi militari o di catastrofi naturali. 7 Sin dall’inizio, quindi, la peculiarità del sistema è stata proprio quella di garantire l’efficienza della rete, in termini di elaborazione e diffusione delle informazioni, anche in circostanze di malfunzionamenti dei singoli apparecchi ad essa collegati, poiché una qualsiasi comunicazione inviata mediante la serie ridondante di elaboratori elettronici tra loro collegati, può utilizzare uno qualunque dei numerosissimi percorsi disponibili per giungere a destinazione 6. Fermo restando quanto detto, è opportuno fare una importante precisazione: in realtà, nessuna singola entità di tipo accademico, economico, politico governa e può controllare pienamente internet, che esiste e funziona in virtù del fatto che centinaia di migliaia di singoli gestori di computer e computer network hanno autonomamente deciso di utilizzare comuni protocolli per il trasferimento di informazioni e per lo scambio di comunicazioni con altri elaboratori elettronici (i quali a loro volta scambiano comunicazioni e informazioni con altri computer ancora). In sintesi, non esiste nel ciberspazio una sede centrale di archiviazione dei dati o un unico punto di controllo; del resto, non sarebbe neanche tecnicamente possibile per una singola organizzazione rilevare e controllare tutte le informazioni convogliate nella rete delle reti. Tornando alla storia, nello stesso periodo in cui ARPANET (che più tardi cessò di esistere) stava espandendosi, si svilupparono analoghi network che collegavano 6 Va ricordato che i messaggi tra computers collegati ad Internet non viaggiano necessariamente integri lungo lo stesso percorso. Infatti, “Internet utilizza protocolli di comunicazione cosiddetti packet switching, che permettono ai singoli messaggi di essere suddivisi in unità più piccole le quali vengono inviate autonomamente a destinazione e vengono, quindi, automaticamente riassemblate dal computer ricevente. Sebbene tutti i componenti di un dato messaggio viaggino solitamente lungo lo stesso percorso fino alla destinazione finale, qualora determinati computers lungo il tragitto risultassero sovraccarichi, le singole unità di un messaggio possono essere smistate verso computers meno intasati”. Cfr. Corte federale USA, Distretto orientale della Pennsylvania, sentenza 11 giugno1996, Rivista di Diritto Industriale, 1997, II, pag. 233, con nota di A. CUCINOTTA (traduzione italiana a cura di A. Cucinotta). 8 università, centri di ricerca, organizzazioni economiche e singoli individui in tutto il mondo. Alla fine della guerra fredda fu messa a disposizione di impieghi civili, collegando dapprima i principali centri universitari e raggiungendo poi, in modo ampio, l’utenza aziendale ed infine quella domestica. Così ciascuno di questi network venne collegato agli altri, permettendo agli utenti dei computer collegati ad uno di essi qualunque di trasmettere comunicazioni agli utenti di un altro network. Proprio la suddetta “serie di network” tra loro connessi (e che a loro volta collegano singoli computers e reti), oggi è comunemente nota col nome di internet ed è il risultato dell’estensione della rete ARPANET. Ma è con la nascita e diffusione del World Wide Web (WWW)7, nella prima metà degli anni novanta che è avvenuta la vera svolta. Infatti, a questo episodio, fece seguito un immediato successo in ragione delle sue funzionalità, della sua efficienza, e non ultima della sua facilità di utilizzo che ha aperto l’uso di internet ad una massa di milioni di persone, anche al di fuori dell'ambito strettamente informatico, con una crescita in progressione esponenziale, crescita che in pochissimi anni l’ha portato a cambiare per sempre la società moderna rivoluzionando il modo di relazionarsi delle persone come quello di lavorare tanto che nel 1998 si arrivati addirittura a parlare di una “nuova economia”. 7 Il termine Web in senso stretto indica la sezione grafica di Internet, la quale è il network di server che supportano le connessioni in ipertesto. Data la strettissima convergenza fra Internet e il Web e il diffuso uso indiscriminato dei due termini come sinonimi, in questa trattazione non si distingueranno le due tecnologie e si utilizzeranno le due diciture come sinonimi, utilizzando allo stesso modo il termine “Rete”. 9 Così quando si parla di internet, non si tratta di un’entità fisica o tangibile, ma piuttosto può essere definito un enorme “network” o “rete di network”, che collegano innumerevoli più piccoli gruppi di network di computer a loro volta interconnessi: ossia una rete internazionale di computer tra loro collegati. Un mezzo di comunicazione che permette a ciascuna delle decine di centinaia di milioni di persone che vi hanno accesso di comunicare, accedere e scambiare una grande quantità di informazioni provenienti da tutto il mondo8, poiché queste sono organizzate secondo un sistema di librerie, o pagine, a cui si può accedere utilizzando appositi programmi detti “browser”9 con cui è possibile “navigare” visualizzando e inviando file10, testi, ipertesti, suoni, immagini, animazioni, filmati, ma anche per condividere apparecchiature più o meno complesse, come le stampanti. Risulta certo e incontestabile il fatto che la “rete delle reti” abbia conosciuto una crescita straordinaria negli anni recenti: basti pensare che, nel 1981 meno di trecento computer erano collegati ad Internet e nel 1989 non si superava ancora il numero di novantamila; nel 1993, in tutto il mondo, erano connessi più di un milione di computer; cifra questa destinata ad aumentare, tant’è che oltre un miliardo di persone utilizzavano Internet alla fine del 2007, con una crescita percentuale rispetto al 199711 a tre cifre, e si prevede che questo traffico raddoppierà entro il prossimo triennio12. 8 Internet è: “un mezzo di comunicazione umana mondiale unico e assolutamente nuovo”. Tratto da Corte Suprema degli Stati Uniti, sentenza 26 giugno 1997, Foro Italiano, 1998, IV, pag. 26 (traduzione italiana a cura di A. Cucinotta). 9 Il primo browser con caratteristiche simili a quelle attuali, il Mosaic, venne realizzato nel 1993, esso rivoluzionò profondamente il modo di effettuare le ricerche e di comunicare in rete 10 La posta elettronica fu inventata da Ray Tomlinson della BBN nel 1971, derivando il programma da altri due: il SENDMSG per messaggi interni e CPYNET, un programma per il trasferimento dei file. 11 http://www.unitec.it/ita/tesi/ulgiati/cap1.htm: Sino ai primi anni ’90, Internet fu utilizzato solo da scienziati e ricercatori, ma dopo qualche anno, un numero sempre maggiore di operatori commerciali mostrò un interesse crescente verso detta realtà ed infatti, alla fine del 1997, gli utilizzatori mondiali di Internet avevano superato i 70 milioni 12 http://www.supercom.it/index.html 10 Ad ogni modo, va ricordato che tali dati sono suscettibili di repentine modifiche a causa dell’inarrestabile espansione che il “fenomeno Internet” sta riscuotendo in tutto il mondo. Le comunicazioni sono quasi istantanee e possono essere dirette a soggetti determinati, a più ampi gruppi di persone interessate ad un particolare argomento o anche al mondo intero. Si tratta di una rete globale tendenzialmente aperta alla navigazione di chiunque vi abbia interesse; in questo nuovo foro si intrecciano rapporti umani, si espongono merci su moderne bancarelle chiamate siti, si guardano e si confrontano i beni offerti e quindi si concludono i contratti in una dimensione marcatamente sopranazionale. 1.3 NASCITA DELLE ASTE ON LINE Attraverso la diffusione di internet, quindi, si è avuto la possibilità di realizzare una borsa di scambio veramente globale e non particolarmente esosa, scambiare le informazioni sui prodotti in tempo reale, in modo semplice e completo, nonché contribuire alla creazione di un mercato quanto più trasparente. Per capire di cosa si tratta basti pensare ad un’asta tradizionale negli stessi termini di funzionamento base (il prezzo deriva da una contrattazione in cui l’acquirente decide quanto è disposto a pagare) ma costituita invece che da un gruppo di persone radunate in uno spazio fisico, da un gruppo di utenti che dal loro pc possono acquistare o vendere beni, in qualsiasi momento. 11 Le prime aste online sono nate in America e, nella loro struttura primordiale, precisamente ebbero luogo nel 1979 in un sistema informatico chiamato MicroNet che successivamente fu rinominato CompuServe e rilevato da Aol.13 All’inizio degli anni Novanta acquistarono popolarità i newsgroup in cui le discussioni circa problematiche scientifiche o questioni morali lasciavano spazio alle inserzioni di vendita di oggetti usati, come fece ad esempio John Perry Barlow, il paroliere del gruppo rock Grateful Dead, che nel 1993, mise all’asta per e-mail alcuni oggetti legati alla band.14 Gli offerenti avevano dinnanzi quindi due soluzioni: inviare le loro offerte per e-mail solo al fornitore e dal momento che gli offerenti non conoscono le offerte degli altri era il fornitore stesso che decideva a chi fare aggiudicare l’oggetto (si trattava in tutti gli effetti di un’asta segreta); oppure inviare le proposte al newsgroup permettendo agli altri offerenti di reagire con un’offerta superiore (asta inglese). Muovendo dalla premessa fondamentale che le aste online sono veri e propri mercati elettronici in cui clienti e fornitori comunicano tra di loro e, attraverso un sistema elettronico di vendita/acquisto stabiliscono i prezzi a loro favorevoli, si può ben capire che il business su internet è diverso perché sempre meno persone e aziende saranno disposte a comprare un prodotto o un servizio a un prezzo già fissato, piuttosto vorranno interagire con sistemi nei quali i prezzi vengano determinati tramite un’analisi dinamica di domanda e offerta. La maggior parte delle aste online rientra nella categoria del cosiddetto “mercato delle pulci su internet con possibilità di messa all’asta” e si distinguono soprattutto per la dinamicità dei prezzi. 13 14 Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.17 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.14 12 Il numero delle transazioni commerciali su internet, e particolarmente attraverso siti di aste online, ha subito un’impennata negli ultimi anni, ed è per questo che le aste possono essere annoverate tra i servizi su Internet che crescono più rapidamente, sia per quanto riguarda i beni di consumo sia per i beni industriali e i servizi. L’istituto per la ricerca di mercato Agorics stima che siano oltre 7000 le piattaforme Web dedicate alle aste e gestite a livello professionale. A tale dato però vanno sommate più di 25000 pagine web che si occupano di questo tema, pur operando entro determinati limiti geografici o tematici.15 Così, se è vero che le aziende commerciali tradizionali devono convivere da sempre con determinate limitazioni, (posizione geografica, dimensioni ridotte del mercato, spazio logistico, costi di gestione di una attività a diretto contatto con il consumatore e gli investimenti effettuati per la realizzazione di un’infrastruttura) le quali possono impedire l’ingresso in un determinato mercato, è altrettanto verificato il fatto che grazie ad internet è possibile eliminare tutte queste barriere, proprio alla luce delle possibilità di attività e di sviluppo illimitate che esso offre. Non a caso è nel settore B2C che le aste incontrano il favore delle aziende di piccole e medie dimensioni, le quali possono a loro volta partecipare alla dinamicità del commercio mondiale senza dover fare grossi investimenti, così oltre a vendere prodotti e vedersi ridurre le giacenze in magazzino, le imprese possono anche trovare clienti nuovi e migliorare il legame con quelli vecchi. Appare evidente, quindi, che la popolarità di queste pagine web diventa sempre più forte, e questo è dovuto anche al carattere di intrattenimento delle aste via internet, in 15 http://www.agorics.com/ 13 quanto induce i visitatori a restare relativamente a lungo sulle pagine web, che di conseguenza diventano interessanti per tutti coloro che fanno pubblicità. A tal proposito basti pensare che, mentre i visitatori restano in media 15 minuti circa sulle pagine dedicate allo shopping, i potenziali acquirenti ci passano in media 50 minuti; ma è utile tenere sempre a mente che si è su internet, dove basta un clic del mouse per passare ad altro16. E’ proprio in questa preoccupazione da ricercare il motivo per il quale, qualche anno fa, otto delle maggiori testate giornalistiche statunitensi sono entrate in affari, rilevando assieme la casa d’aste online Auction Universe17. I mercati online sono visitati da persone che, avendo gli interessi più disparati, acquistano in poco tempo quasi tutto quello che si riesce ad immaginare, soprattutto perché il compratore su internet, a differenza di quello che può pensare quando si reca in un centro commerciale, sa di poter trovare quasi subito ciò di cui ha bisogno. L’enorme potere e la forte propensione che la comunità di internet possiede, ovvero manifesta, in termini di acquisto coincidono con il fatto che il commercio online non è più limitato né dallo spazio disponibile né dalla posizione geografica. In una prima sintetica analisi, si può affermare che le case di aste online mischiano le peculiarità di ambienti differenti: il caos di un normale mercato eterogeneo con i processi e le regole commerciali della Borsa, e come in tutte le forme di mercati ruolo fondamentale è giocato dall’informazione: così anche in questi “non luoghi”18 è 16 Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.23 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, 6. Fu l’autore britannico William Warner a coniare il termine inglese “auction” mantre stava traducendo un brano del poeta romano Plauto. Imbattendosi nella parola auctionem, Warner decise di togliere la desinenza e di introdurre il termine auction nella lingua inglese. La parola auctionem deriva dal latino augere, che significa “aumentare”. 18 Cfr. Augé M., Non luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 2005. 17 14 possibile conoscere sulla base delle transazioni precedenti come la comunità valuta un venditore o un acquirente. In tal modo il commercio online cerca di convergere verso quelle caratteristiche commerciali proprie del commercio tradizionale, creando al tempo stesso le premesse per una piattaforma sempre più trasparente. La trasparenza, che nasce dalla possibilità di fornire informazioni di carattere generale e di instaurare una comunicazione di tipo interattivo, serve ad accrescere la fiducia di acquirenti e venditori. Sempre rispetto ai mercati tradizionali però, dove occorre affittare il posto per la bancarella piuttosto che lo spazio per l’inserzione, le case d’asta su Internet incassano una commissione, notevolmente inferiore rispetto a quella dovuta nelle aste tradizionali, per la mediazione svolta tra domanda e offerta. Ne consegue che l’interesse per le aste online è, e continuerà ad essere, in grande crescita da parte dei professionisti che operano nell’ambito dell’e-business, anche perché non è necessario costruire siti di aste specifici ma si possono utilizzare queste tecnologie all’interno di siti già esistenti. Anche i non professionisti possono trarre vantaggio da questo genere di servizio che permette, se usato correttamente e con le dovute precauzioni, di risparmiare notevolmente, ma soprattutto di avere accesso a categorie di prodotti ricercati altrimenti difficilmente reperibili e che rispondano alle esigenze personali dell’utente. Basta collegarsi al link prescelto ed ecco centinaia di offerte, si guarda la fotografia dell’oggetto del desiderio, la scheda con le caratteristiche e l’ultima offerta fatta e se interessa, dopo essersi registrati occorre rilanciare, annotando da qualche parte la data in cui ha termine l’asta e se nessuno presenta offerte superiori, l’affare è fatto! 15 Dall’altro verso chiunque abbia beni da vendere, dopo essersi registrato, può servirsi delle aste online come una sorta di vetrina dove esporre prodotti in vendita ma con il vantaggio di vedere crescere il prezzo e di essere aggiornati costantemente dalla casa d’asta sull’evoluzione della compravendita. Il tutto con la semplicità di un clic. 1.3.1 CHI SONO Attualmente è possibile individuare tre grandi gruppi di fornitori d’aste online: • le case d’asta tradizionali, che ampliano la loro attività su internet; • le imprese commerciali, ossia i produttori che vorrebbero aprirsi un nuovo canale di vendita per determinati gruppi di prodotti; • le start-up online, per le quali le aste su internet rappresentano l’unico ed esclusivo mercato e canale di vendita. Accanto a queste si muovono poi molte altre imprese che non sono ancora in grado di impiegare al meglio internet. I motivi che spiegano l’ingresso in internet variano a seconda del gruppo di cui l’azienda fa parte. Le case d’asta tradizionali si ritrovano nella stessa condizione in cui si trovavano i negozi tradizionali alcuni anni fa. Per non perdere né stima né la posizione acquisita sul mercato, sono costrette a fare il loro ingresso in internet ed a organizzare qui le loro aste. 16 Essendo già molto note, le iniziative online adottate da queste società godono di grande fiducia, infatti se per esempio Christie’s mettesse all’asta un Rembrandt sul Web, gli acquirenti sarebbero certi dell’autenticità del dipinto. Se lo stesso facesse una star-up online, come ad esempio eBay, si potrebbe senz’altro sollevare qualche dubbio in proposito19. Per quanto riguarda il secondo gruppo, la causa è dal ricercare nel fatto che ogni anno si generano modelli di fine serie, articoli in eccedenza e merce di seconda scelta e la gestione di questa merce rappresenta un problema per la maggior parte delle imprese produttive e commerciali, mentre gli ammortamenti necessari riducono al minimo gli utili ricavati dall’attività regolare e quindi sul risultato aziendale. Gli studi dimostrano che tale merce frutta solo fra l’8% e il 40% del suo valore, a seconda del settore;20 quindi liberarsi rapidamente di questa merce è più importante che realizzarne il valore effettivo, anche se questa procedura provoca sia conflitti con i canali di vendita regolari, ingenerando insoddisfazione nei partner commerciali (che per motivi organizzativi non hanno accesso a questa merce a buon mercato) e infine porta alla cannibalizzazione dello smercio di nuovi prodotti. Le aste online possono nettamente ridurre l’ammortamento di questo centro di costo oppure trasformarlo addirittura in centro di profitto; inoltre le stesse aste possono fungere da campagna di marketing per attirare l’attenzione della clientela su un marchio o sulla merce di un determinato produttore. 19 Dopo l’offerta all’asta di bambini non ancora nati e dopo la proibizione della vendita all’asta di alcol e tobacco, eBay tentò di riguadagnarsi la reputazione incrinata accaparrandosi la casa d’asta tradizionale Butterfield & Butterfield (www.butterfield.com) e mettendo all’asta oggetti d’arte e antichità molto costosi. Nel settembre 1999, la pagina di eBay tedesca aveva offerto un Rembrandt (La circoncisione di Cristo) che però si sospettava essere un falso. La società eBay si tirò rapidamente fuori dall’imbroglio, insistendo sul fatto che la sua funzione era semplicemente quella di gestire una piattaforma tecnica online e che quindi non poteva essere considerata responsabile per le aste stesse. 20 Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.44 17 Internet ha ridotto fortemente i costi infrastrutturali al punto che oggi, anche per le aziende di piccole dimensioni, ha senso indire un’asta, la rete, infatti, ha aperto una nuova strada per la soluzione di alcune problematiche, e in particolar modo, le aste online rappresentano un efficiente strumento di vendita in tempo reale. Le imprese possono fissare su internet il loro prezzo fisso oppure quello minimo e in questo caso lasciare che i potenziali compratori facciano offerte direttamente e in contemporanea e accertare il prezzo di mercato corrispondente. Il processo che ha luogo al termine dell’asta sarà svolto in modo completamente automatico. Le imprese che seguono questo approccio innovativo potranno non solo realizzare fatturati maggiori, grazie alla vendita costante e tempestiva della merce e alla concorrenza tra gli acquirenti (due elementi che comportano entrambi un miglioramento dei prezzi) ma anche sopportare costi più bassi grazie all’impiego di un sistema elettronico completamente automatico che subentra a un processo cartaceo inefficiente. Infine, esse potranno ridurre il vincolo di capitale aumentando la rotazione delle scorte, rafforzare il legame con il cliente facilitando l’accesso alle informazioni aggiornate, nonché evitare i conflitti di canale grazie al controllo esercitato sul flusso della merce. Le start-up online, dal canto loro, cercano di “virtualizzare” i modelli commerciali dei due tipi di aziende tradizionali. Molte società utilizzano le aste online di queste tipologie di aziende per pubblicizzare se stesse e i propri prodotti, addirittura anche al prezzo iniziale di 1 centesimo. 18 Questa tipologia di offerte attirano naturalmente molti acquirenti potenziali che in breve tempo fanno salire il prezzo. Segnalando l’asta e le caratteristiche del prodotto per tempo, è possibile informare molti utenti e aumentare repentinamente il grado di notorietà del prodotto. 1.3.2 COME FUNZIONANO Il processo specifico per le aste su Internet consta di cinque attività fondamentali. a) la registrazione dei partecipanti b) l’allestimento dell’asta c) il processo della vendita all’asta d) la valutazione delle offerte e) la conclusione dell’affare Occorre eseguire la registrazione con la massima precisione tale da essere sicura e giuridicamente ineccepibile e soprattutto al fine di per poter identificare successivamente gli offerenti e i fornitori in caso di conclusione dell’affare o di una controversia. La compilazione delle informazioni occupa una posizione di primo piano nell’allestimento dell’asta. Le informazioni devono essere inserite e riportate correttamente, infatti se il prezzo è sbagliato oppure la descrizione non è corretta, possono insorgere equivoci e problemi, facilmente evitabili in caso di accurato riesame dei dati inseriti. 19 In alcuni casi, il fornitore può anche scegliere il tipo di asta e indicare le condizioni di vendita dell’oggetto, dal prezzo alla consegna. Durante la messa all’asta si applicano efficacemente le norme che disciplinano le diverse forme d’asta poiché il tipo di norma dipende a sua volta dalla forma d’asta. La conclusione dell’asta comprende il pagamento del fornitore, la logistica per la spedizione dell’oggetto all’offerente e i diritti per la casa d’asta. A) la registrazione corretta dei partecipanti è la premessa per lo svolgimento regolare di un’asta online. In caso di mancata registrazione sarebbe poi impossibile verificare chi ha fatto quando e quale e chi alla fine si è aggiudicato la vendita all’asta. Tanto più la registrazione è dettagliata, quanto più facile sarà per il gestore dell’asta risolvere eventuali problemi tra fornitori e offerenti. Certo è che i dati dovrebbero essere non solo dettagliati, ma anche il più possibile verificati. I dati obbligatori per ciascuna registrazione sono il nome, l’indirizzo, il numero di telefono e l’indirizzo di posta elettronica del partecipante e poiché questi dati sono confidenziali e non possono essere resi accessibili vengono protetti da un “login” e da una “password”. Inoltre, allo scopo di ridurre sensibilmente le registrazioni false, per verificare l’indirizzo e-mail, il login e la password vengono inviati al partecipante per posta elettronica attraverso la quale può completare la registrazione entro un determinato periodo di tempo. Così una volta verificati i dati, il partecipante può prendere parte alle aste in corso e quelle future in qualità di offerente ovvero di fornitore. 20 In caso di necessità, il cliente dovrebbe poter modificare i dati oppure richiederne la cancellazione in qualsiasi momento. In caso di modifica occorre ripetere le procedure volte alla verifica dell’indirizzo mentre in caso di cancellazione è necessario inviare al cliente una e-mail con la conferma dell’avvenuta cancellazione. Attraverso tutte queste misure di sicurezza si cerca sia di poter identificare univocamente i partecipanti a ciascun asta che di impedirne a chiunque il sabotaggio. B) Per poter mettere all’asta un oggetto, il fornitore deve prima descrivere la sua offerta. Per descrizione dell’offerta si intende la descrizione dell’oggetto e delle relative condizioni di vendita, ed essa consta di un testo che ne descriva le caratteristiche e i pregi e spesso si completa di foto. E’ anche necessario indicare le condizioni di vendita dell’oggetto, vale a dire il prezzo iniziale, che a seconda dell’asta sarà un prezzo minimo o massimo, e la forma d’asta. Il fornitore dovrebbe inoltre poter stabilire le fasi dell’offerta e conoscere le condizioni previste per il raggiungimento di un determinato prezzo o di esaurimento di un determinato intervallo di tempo. Gli inserimenti di solito vengono scelti attraverso caselle di selezione predefinite, fatta eccezione per il prezzo, affinché l’inserzionista non possa inserire liberamente le altre condizioni; 21 La maggior parte dei siti di aste ha istituito categorie che si rivolgono a target specifici, in base ai più disparati criteri, al fine di proporre insieme gli oggetti simili e affini per trovare il maggior numero possibile di interessati. La “categorizzazione” delle offerte consente agli interessati di orientarsi più facilmente e al sito dell’asta di richiamare l’attenzione dei clienti sui prodotti simili all’interno di una stessa categoria. C) Nella fase di vendita ciascun partecipante all’asta online ha la possibilità di fare la propria offerta e specularmente di vedere quelle degli altri partecipanti. D) L’asta è conclusa sulla base delle offerta massima oppure in caso di superamento di un determinato intervallo temporale. Una volta chiusa l’asta e accertatone il vincitore, ogni partecipante può conoscere l’esito dell’asta, mentre il sito d’asta informa il venditore per fargli conoscere gli estremi dell’acquirente e l’offerta più alta, ma anche l’indirizzo e le modalità di spedizione e pagamento. 1.3.3 I PROTAGONISTI Indipendentemente dagli oggetti offerti, è possibile suddividere i ruoli dei clienti di una pagina dedicata alle aste nel seguente modo: • Collezionisti professionisti: sono interessati solo a determinati prodotti, per i quali sono anche disposti a pagare un prezzo più alto. Molti di loro sono già entrati mentalmente in possesso di un oggetto prima ancora che l’asta si sia conclusa e sono quindi fortemente propensi 22 all’acquisto; conoscendo molto bene il loro settore, i collezionisti sono in grado di distinguere facilmente i falsi dagli oggetti veramente preziosi. • Collezionisti per hobby: condividono le intenzioni dei collezionisti professionisti, con la differenza che nella collezione non investono la stessa quantità di tempo e di denaro. Per queste persone sono un luogo dove divertirsi e allacciare nuovi contatti attraverso scambi di informazioni e idee. • Cacciatore d’affari: hanno una cosa sola in mente ossia acquistare il maggior numero possibile di oggetti ad un prezzo inferiore al valore di mercato del momento. Spesso fanno la loro comparsa all’inizio di un’asta e offrono solo il prezzo minimo, nella speranza che nessun altro offra un prezzo migliore. • Fornitori professionisti: possiedono di norma un negozio tradizionale e utilizzano le pagine web dedicate alle aste per ampliare le loro attività senza dover effettuare maggiori investimenti. Non hanno bisogno di una pagina web propria o di un software personalizzato, dedicato allo shopping o alle aste ma grazie alla categorizzazione praticata dalla maggior parte dei gestori d’asta, sono in grado di raggiungere esattamente il loro target senza tuttavia limitarsi alla superficie fisica del negozio. Questi fornitori sfruttano naturalmente le aste anche per effettuare i propri acquisti a prezzi vantaggiosi. Si presentano in modo molto professionale non lasciano nulla di intentato quando si tratta di vendere al prezzo più alto e di acquistare a quello più basso. 23 • Clienti occasionali: sono per la maggior parte clienti che visitano le aste online per curiosare e divertirsi. Il loro obiettivo non è quello di combattere ostinatamente per un oggetto o di sfruttare ogni buon affare; quando partecipano ad un’asta non hanno scopi o interessi particolari anzi ne possono mostrare per qualsiasi cosa. Spesso fanno una sola offerta per un oggetto e poi la abbandonano senza neppure interessarsi del destino dell’asta; animano le aste senza tuttavia mettere veramente in pericolo le offerte formulate dagli offerenti veri e propri. Oppure, spesso si tratta di cose che un soggetto non vuole più o ha ricevuto in regalo, ma non ama, ovvero la taglia è sbagliata: qualcosa, insomma, che per lui ha perso utilità e di cui quindi è disposto a disfarsi a un prezzo che può risultare anche molto conveniente. In conclusione il ruolo di una stessa persona varia da visita a visita ed è molto probabile che un utente possa partecipare ad un’asta in qualità di collezionista professionista e nella successiva in qualità di cliente occasionale, dal momento che il ruolo che egli assume dipende fortemente dall’oggetto offerto. In questa analisi occorre non tralasciare il fatto che l’aspetto sociale, così come accade nel mondo reale, gioca un ruolo altrettanto importante nelle aste su internet. Molti ritengono che la cosa più importante sia chattare con altri utenti, oltre naturalmente al gareggiare con i concorrenti e fare, al tempo stesso qualche buon affare. Ma può capitare pure che il vincitore di un’asta si tormenti domandandosi se non ha forse pagato troppo e nella maggior parte dei casi, le cose potrebbero stare effettivamente così. 24 Non a caso gli economisti hanno addirittura elaborato per questo fenomeno la definizione de “la maledizione del vincitore”. Di solito a vincere è sempre l’offerente che nutre le massime speranze in vista del valore futuro di un prodotto acquistato all’asta. Dal momento che questo valore non è certo, le massime speranze si rivelano sempre irrealistiche, infatti gli offerenti con aspettative realistiche sono già usciti da tempo.21 Questa legge vale per la maggior parte delle aste, ma naturalmente c’è sempre l’eccezione che conferma la regola: se il valore della merce non può essere stabilito oggettivamente, l’offerta massima è spinta dal desiderio dell’offerente di acquistare l’oggetto, indipendentemente dal suo prezzo. In questi casi non si può parlare di un prezzo troppo alto perché l’offerente è disposto a pagare qualsiasi cifra. Tale assioma è stato elaborato per le aste tradizionali, ma vale soprattutto per quelle online poiché il numero di persone che partecipa alle aste tradizionali è inferiore a quello che prende parte alle aste online aumenta la probabilità che qualche offerente sia meno informato di altri sul prezzo di mercato corrente e che qualche folle vinca pagando un prezzo eccessivo. 1.3.4 LE FORME Le varie tipologie di aste che possono essere realizzate su internet sono individuate espressamente dalla circolare del Ministero dell’Industria n. 3547/C/200222. 21 Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.56 25 La circolare qualifica le aste in base agli elementi che le caratterizzano e cioè: in base al tipo di venditore e compratore, in base al soggetto che gestisce l’asta (chiamato banditore d’asta o Auctioneer) ed in base alle modalità di contrattazione (o modalità fissazione del prezzo). In base al soggetto che assume il ruolo di venditore o acquirente, le aste vengono classificate in: 1. aste consumer to consumer (C2C)23 In questa tipologia rientrano tutte quelle aste dove si svolgono transazioni fra privato e privato24. Solitamente le aste tradizionali sono fortemente limitate dal numero dei compratori e dalla logistica. In questo caso il problema del monte merci è efficientemente risolto online dalle società di mediazione, che di per sé non devono custodire alcuna merce, ma consentono ai clienti di provvedervi personalmente. 22 Il Ministero delle Attività Produttive ha adottato il 19 giugno scorso la circolare n° 3547/C, denominata Decreto legislativo 31 marzo 1998, n° 114. Commercio elettronico. Indicazioni sulle aste on line. Il Ministero, dopo essersi confrontato con le associazioni dei consumatori, ha fissato una disciplina alla quale sono tenuti a conformarsi tutti i soggetti operanti nel settore. La circolare fornisce importanti e risolutive indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste realizzate tramite Internet, tra cui, il definitivo superamento del dibattito sulla liceità delle aste on-line, quantomeno delle aste B2B Cfr. TOLOMELLI V., Aste elettroniche: una peculiare tipologia di e-business, in www.noemalab.org/sections/specials/asteelettroniche/primaparte.html. Cfr. http://www.giurdanella.it/mainprint.php?id=6565 consultato il 2006-12-17. 23 In questa sede verranno utilizzate le diciture B2C, B2C, e C2C. 24 Un singolo individuo mette all’asta sul sito un oggetto scegliendo innanzitutto una categoria appropriata. In siti d'asta di grandi dimensioni come: eBay (www.eBay.it), Amazon (www.amazon.com) e Yahoo (www.yahoo.com/auctions ), sono presenti dei veri e propri motori di ricerca all'interno delle varie categorie (antiquariato, collezione, auto, viaggi, articoli per la casa, musica) dando la possibilità al compratore di trovare in poco tempo ciò che gli interessa, rendendo più facile la transazione. 26 In questo modo è possibile realizzare un monte merci e un commercio da consumatore a consumatore potenzialmente illimitato, senza dover sopportare i costi che tale illimitatezza di norma comporta. Le imprese che offrono le aste da cliente a cliente realizzano una piattaforma commerciale dove i clienti possono acquistare o vendere all’incanto i prodotti online. Il venditore paga una quota percentuale sia per l’inserzione sia sul ricavo della vendita al gestore della piattaforma, come le aste di eBay. Le aste C2C elettroniche non sono, in genere, molto diverse dai mercati delle pulci elettronici, dove molti cercano di sbarazzarsi dei loro oggetti usati e rappresentano un’occasione molto conveniente in cui presentare e offrire i propri articoli ad un’ampia cerchia di potenziali compratori. Sempre in questa tipologia di asta le aziende possono guadagnare denaro solo grazie alla massa, ma solo pochi grandi fornitori riescono ad affermarsi mentre gli altri scompariranno velocemente. Questo modello commerciale orizzontale si basa sulla “legge delle reti di Metcalfe25” secondo la quale il valore di una rete di persone non è uguale alla somma delle persone collegate, ma al quadrato della somma26. Tanto maggiore è il numero di venditori presenti su una piazza commerciale, quanto più ampia è l’offerta per i compratori. Tanto maggiore è il numero dei compratori, quanto maggiori sono le probabilità per i venditori di avere successo e di ottenere un prezzo corretto. 25 26 http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Metcalfe Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.73 27 Se ne deduce quindi che una piazza commerciale virtuale in crescita esponenziale diventa sempre più interessante agli occhi di una massa critica e finisce con l’autoalimentarsi espandendosi in modo naturale. Per i concorrenti è quindi incredibilmente difficile riprodurre un sito web leader oppure riuscire a scalzarlo e a prenderne il posto. Ciò che rende il modello C2C molto interessante è il fatto che le dimensioni del mercato, pur essendo praticamente illimitate, non incidono sui costi. Società puramente “internettiane” quindi si trovano nella felice condizione di vedere diminuire i costi di esercizio e aumentare, al tempo stesso il fatturato: tanti più utenti partecipano alle aste, tanto più contenuti saranno i costi. Ma non è tutto. L’ampia gamma di prodotti offerti consente di ridurre i costi sostenuti per acquisire nuovi clienti o realizzare nuovi marchi. Dal punto di vista tecnico, la piattaforma C2C è relativamente semplice ed la forma più facile da implementare su internet. Una volta realizzata i processi sono semplici e svolti dagli offerenti e fornitori stessi. L’unico compito che il fornitore di una piattaforma C2C deve veramente assolvere è quello di assicurare la disponibilità ventiquattrore su ventiquattro e di garantire un servizio di alta qualità. Poiché in qualsiasi momento saranno moltissimi gli utenti presenti sulla piattaforma, occorre preservare il sistema da qualsiasi blackout infatti, diversi siti hanno incontrato enormi difficoltà nel soddisfacimento di questi requisiti. In passato si verificavano continuamente blocchi totali che comportavano l’esclusione degli offerenti dalle aste e la vendita dei prodotti a un prezzo più vantaggioso con conseguente irritazione da parte di offerenti e fornitori. 28 Ora, l’eventuale sovraccarico del server non causa più un guasto totale, ma solo un rallentamento tale da impedire agli offerenti di fare tempestivamente la loro offerta e ciò è particolarmente importante nelle aste dal vivo dove le offerte si susseguono nel giro di pochi secondi. Se il download della pagina dura già qualche secondo, è impossibile riuscire a visualizzare l’offerta massima corrente; è quindi importante che il gestore non solo impieghi un hardware efficiente, ma anche modalità in grado di proteggere il sistema dai picchi di utenza (peak usage) e di impedire che il server riduca la qualità del servizio o si blocchi in caso di sovraccarico. Al fine di mantenere la qualità del servizio ai massimi livelli, gli utenti o i visitatori di una pagina dedicata alle aste, vengono suddivisi in diversi gruppi, ad esempio, in navigatori, offerenti e fornitori: gli offerenti, essendo di importanza vitale per la conclusione di una transazione, godono della massima priorità, i navigatori che, indecisi, cercano qua e là sulla pagina web, hanno la seconda priorità, dal momento che possono diventare offerenti in qualsiasi momento; infine i fornitori hanno l’ultima priorità. In questo modo, in caso di picco, è possibile salvaguardare il funzionamento del sistema in diversi modi, ad esempio attivando altri server in grado di compensare il maggior carico. Questa soluzione è però la più costosa ma, come prima detto, sono proprio la disponibilità costante e il servizio semplice le caratteristiche qualitative che un consumatore si aspetta da una asta C2C; 29 2. aste consumer to business (C2B) Nelle cosiddette aste C2B (dette anche reverse auction) si invertono i procedimenti tradizionali adottati per le offerte di merci o servizi da parte di un commerciante. In particolare i consumatori i compratori formulano l loro richieste per un determinato prodotto a un determinato prezzo, successivamente i fornitori professionisti gareggiano fra di loro per aggiudicarsi la fornitura di beni e servizi richiesti al prezzo fissato, come pure di offrire un prezzo più alto. Nel caso in cui nessun fornitore raggiunga il prezzo desiderato, il compratore potrà optare per l’offerta migliore anche se superiore al prezzo target. 3. aste business to consumer (B2C) In questi casi il venditore non è un soggetto privato, ma un’impresa che vende i propri prodotti o prodotti correlati ai propri e l’acquirente è un privato. Infatti le aste nel settore B2C consentono anche ai commercianti più piccoli di scoprire nuovi mercati, soprattutto a livello sovra regionale. I commercianti utilizzano le aste online non solo per vendere eventuali rimanenze, ma anche per affermarsi come rivenditori specializzati e gestire il marketing per il negozio e di questo eBay ne è un esempio. Proponendosi in questa veste, godono automaticamente di maggiore fiducia presso gli offerenti, spesso convinti del pregiudizio che sulle aste online vengano piazzati prodotti di seconda scelta a un prezzo più favorevole anziché merce valida attraverso transazioni corrette. Analizzando la quota B2C presso eBay, si scopre che le vendite sono realizzate soprattutto da piccoli commercianti di antichità e cianfrusaglie, addirittura molte di 30 queste aziende hanno chiuso il loro negozio e operano solo tramite eBay, perché più redditizio.27 Ed è proprio in questo senso da ricercare le motivazioni per cui le aste online mettono in discussione i modelli tradizionali di business. I commercianti hanno spesso un sito web in cui, per quanto possibile, integrano l’asta e per il fornitore di aste B2C è necessario offrire oltre al normale “hosting” per l’asta anche l’integrazione nel sito web di proprietà del commerciante e ciò può avvenire in molti modi. In sintesi quindi i prodotti possono esser venduti attraverso siti autonomi oppure direttamente su siti aziendali28. Durante l’asta che ha luogo sul sito web del service provider viene inserito il logo del commerciante e un link alla propria homepage; alcuni altri service provider gestiscono il server web in modo tale da consentire al commerciante di allestire un vero e proprio nuovo dominio. Il commerciante, così, può pubblicizzarsi meglio, mentre il cliente finale ha l’impressione che l’asta sia non solo svolta, ma anche gestita dal commerciante. E’ proprio per questo motivo che i service provider delle aste offrono un servizio personalizzato per i commercianti e questo, seppur comporta un notevole impiego di risorse, garantisce al commerciante di vendere i propri prodotti all’asta realizzando un buon utile. 27 http://stampa.ebay.it/ Ad esempio una piccola azienda vinicola, non dotata di molta fama, può mettere all’asta i propri vini sul sito www.winebid.com. Utilizzando un sito specializzato nella vendita di vini e già conosciuto dal pubblico, la piccola azienda può cosi rivolgersi ad una grande vastità di potenziali acquirenti senza dover sostenere le enormi spese pubblicitarie. 28 31 Da tale tipo di asta le imprese ricevono grandi vantaggi: notevole contenimento dei costi di distribuzione, riduzione del surplus del magazzino, riduzione dei costi di determinazione del prezzo di mercato, poiché sono i consumatori a determinarlo29. 4. aste business to business (B2B) Sia i venditori che i compratori sono imprese e questo tipo di commercio tra le imprese è destinato a diventare il mercato principale nell’ambito delle aste online. Questa tipologia d’asta è stata scarsamente utilizzata e soltanto negli ultimi anni è stata rivalutata soprattutto perché questo modello permette di ridurre le scorte di magazzino e vendere i beni ormai usciti di produzione30. Per le aste B2B, come eBay, sono disponibili piattaforme di aste e categorie, dove è possibile vendere prodotti commerciali, o addirittura materie prime. Il successo delle aste online consiste nell’offrire ai clienti un foro tramite il quale conoscersi e instaurare un rapporto di fiducia. E’ per questo motivo che molte società rinunciano a vendere direttamente alla massa e preferiscono concentrarsi sul mercato lucrativo del B2B, dal momento che le aste costituiscono l’occasione ideale per vendere giacenze di magazzino, fondi di magazzino, modelli di fine serie o fuori moda oppure merci di seconda scelta e al tempo stesso, aprire nuovi mercati e ampliare i canali di vendita esistenti. 29 Spesso la determinazione del prezzo, per beni che hanno un prezzo variabile o non determinato, comporta spese aggiuntive, dovute ai costi delle diverse operazioni di determinazione. 30 Le imprese che potrebbero essere avvantaggiate in questo tipo di aste sono le imprese leader nel proprio settore, dato che, vendendo le proprie linee di produzione in disuso, verrebbero incontro alla domanda delle imprese concorrenti di minori dimensioni, aumentando i profitti e senza rischi di concorrenza. Cfr. TOLOMELLI V., Aste elettroniche: una peculiare tipologia di e-business, in www.noemalab.org/sections/specials/asteelettroniche/primaparte.html. 32 Uno dei mercati che più ha sfruttato i vantaggi offerti da questo modello di piattaforma commerciali online è stato il commercio internazionale dei beni strumentali. Tenendo conto del coinvolgimento del banditore d’asta nella transazione31 si distinguono in: • aste condotte dal banditore e nelle quali il medesimo procede alla vendita di beni di proprietà della casa d’aste, la quale acquista tali beni per poi rivenderli all’asta; • aste condotte dal banditore e nelle quali il medesimo procede alla vendita di beni di proprietà di terzi. In questo caso, il banditore agisce come un agente del venditore e non in proprio; • aste in cui il banditore non svolge in realtà alcun ruolo attivo nella vendita all’asta, ma si limita a mettere a disposizione il proprio sito e la relativa struttura per la vendita, senza essere direttamente coinvolto nel processo di aggiudicazione32. Tenendo conto dei meccanismi di determinazione dinamica del prezzo (modalità di svolgimento o modalità di fissazione del prezzo) che vengono usati per stabilire il soggetto aggiudicatario del bene le aste vengono suddivise in differenti tipologie delle quali senza dubbio l’asta all’incanto (o asta al rialzo, o asta all’inglese) rappresenta il tipo maggiormente diffuso sia in “rete” che fuori dalla stessa. 31 Il grado di coinvolgimento della società di gestione dipende anche dal tipo di asta che è stata scelta. Le aste virtuali, ad esempio, saranno necessariamente aste nelle quali il banditore non svolge un ruolo attivo nella vendita, data la difficoltà per la società, di controllare e gestire tutte le transazioni. Mentre le aste che sono realizzate presso la sede della società saranno incanti nelle quali il coinvolgimento del banditore sarà più alto. 32 Al contrario imprese come la Ducati Motor, possono mettere all’incanto i prodotti realizzati direttamente sul proprio sito Internet, nell’esempio www.ducati.com, in quanto sono società dotate di una certa notorietà e quindi non hanno bisogno di usare canali commerciali aperti da altri. In sostanza la scelta dipende dalla fama che l’azienda ha fra il popolo dei consumatori. 33 Sono gare d’asta nelle quali può esser fissato anche una base d’asta molto bassa, dato che di regola può essere accompagnata da un prezzo di riserva33. Così, dalla possibilità di prevedere un prezzo di riserva, è nata un nuovo tipo di asta, riconosciuta a sua volta anche dalla circolare 3547/C, denominata, appunto, asta con riserva: il prezzo di riserva consiste in un prezzo minimo, che rimane segreto, concordato dal venditore con la casa d’aste, al disotto del quale il bene non è aggiudicato. Ulteriore distinzione da aggiungere è quella resa possibile in funzione alla delimitazione temporale distinguendo in due categorie: o aste dal vivo: che spesso assomigliano ad un gioco poiché la loro peculiarità sta proprio nella forte attrattiva dell’evento stesso ma come tale possono anche sviluppare una certa dipendenza. Si avvicinano molto al modello tradizionale dell’asta inglese e di norma durano solo alcuni minuti. o aste offline o a lungo termine: dovute al fatto che non vengono decise nell’arco di alcuni minuti od ore, ma si protraggono spesso per giorni o settimane. Grazie a questo particolarità, gli offerenti hanno più tempo per leggere e valutare le informazioni e non sono quindi così rapidi nel fare un’offerta. 33 In molti siti di aste on line troviamo aste con base d’asta ad un euro oppure link che rimandano a sezioni dedicate ad aste a base d’asta ad un euro. Come verrà spiegato di seguito, ciò non significa che il bene o il servizio possa esser sempre acquistato a poco più di un euro, in quanto, per certe aste, può esser previsto il prezzo di riserva. La scelta di allegare il prezzo di riserva alla gara d’asta, di regola, è rimessa al venditore e tale facoltà spesso comporta prezzi aggiuntivi sul prezzo d’inserzione. Possiamo prendere ad esempio quanto avviene per gli incanti realizzati su eBay, dove la tariffa del prezzo di riserva è proporzionata all’ammontare del prezzo di riserva stesso. Tutto questo è soltanto un modo per attrarre più partecipanti alla gara d’asta e vendere l’oggetto al prezzo più alto possibile. Cfr. BRESSAN L., Aste online, in LISI A. (a cura di), in I contratti di Internet: sottoscrizione, nuovi contratti, tutela del consumatore, privacy e mezzi di pagamento, Utet, 2006; id., www.eBay.it. 34 1.4 LE ASTE ONLINE OGGI Attualmente le aste online sono una realtà che, ormai consolidata in America, prende piede anche in Europa e in Italia. All’interno dei siti si può trovare di tutto, dall’elettronica all’antiquariato e, generalmente, i prodotti sono divisi in categorie consultabili che danno all’utente la possibilità di scegliere il bene desiderato senza limiti né fisici né temporali. Uno dei principali motivi per la loro popolarità è naturalmente la più ampia disponibilità sul mercato; infatti grazie al rapido aumento del numero dei computer e alle innovazioni tecnologiche, con conseguente aumento dell’accesso a internet, nel corso degli ultimi anni il mercato delle aste online ha raggiunto un livello globale che è chiaramente molto più grande delle poche centinaia di persone che, al massimo, potrebbero essere raggiunte in un’asta vera e propria. Considerando che nel 2007 in Italia34 gli utenti che accedevano alla rete sfioravano i 24 milioni35 e il solo fatturato delle vendite online è stato di 5,3 miliardi di euro36, si apprende la direzione che questi dati tracciano: una crescita esplosiva di utilizzo del web in favore soprattutto delle aste online e perciò spronano sempre di più ad investire e a fare affari in questo nuovo mondo. 34 Secondo le stime di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano e della School of management del Politecnico di Milano 35 http://www.7thfloor.it/, in Quanti Utenti Accedono Al Web? Lo Scenario Internet Di Nielsen Online, 29/11/2007; utenti che si sono connessi al web almeno una volta ad ottobre da casa e da ufficio 36 Marco Letizia, E-commerce: cresce, ma non decolla, in Corriere della Sera Economia, 2008-09-19 incluse però le vendite oltreconfine, pari quindi a circa l’1% del totale retail. 35 Perché è proprio di questo che si tratta: di un mondo parallelo, una scatola dei sogni, un gigantesco bazar dove si trova davvero di tutto37, dai grammofoni agli “oggetti massonici”, dalle imbarcazioni alle attrezzature industriali, dagli strumenti musicali agli spartiti antichi, dalle penne alle monete. E tanto, tanto altro. 37 Ad eccezione di alcuni oggetti per motivi di etica e di ragionevole buon senso, oltre che per dettati normativi. 36 II. CAPITOLO UNA REALTA’ VIRTUALE: EBAY EBay è il più popolare sito di aste online sulla Terra, o come spiega la home-page del portale stesso: <<la più importante community di compravendita online del mondo», dove si possono incontrare più di 233 milioni di utenti registrati in tutto il mondo con 144 milioni negli USA e 118 milioni nei mercati internazionali>>.1 Per rendere l’idea se eBay fosse uno Stato sarebbe il quinto stato più popolato del mondo dopo Cina, India, USA e Indonesia. 2.1 I PRIMI PASSI La storia di eBay comincia nel Settembre 1995 in California, più precisamente a San Josè, nel cuore di quella che oggi è conosciuta da tutti come la Silicon Valley. A dare il via al tutto fu Pierre Omidyar, tuttora presidente del consiglio di Amministrazione di eBay, che, parlando con la sua fidanzata Pam Wesley si rese conto che internet avrebbe potuto rappresentare la soluzione al problema che in quei giorni la affliggeva.2 1 2 http://www.ebay.it/ http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html 37 Pam, infatti, collezionava i raccoglitori delle caramelle PEZ (le PEZ erano appunto caramelle alla menta alito fresco, più tardi caramelle al gusto frutta, contenute in dispense a forma di caricature di personaggi, che col tempo sono diventati veri e propri pezzi da collezione) ma dal momento in cui si erano trasferiti da Boston per andare a vivere in California, non riusciva più a trovare i pezzi che mancavano alla sua collezione. Pare che, al di là di questo aneddoto, Pierre Omidyar, grande fan della nascente Rete stesse già seguendo altre direttrici per sfruttare le potenzialità commerciali di internet e sebbene non avesse mai partecipato ad un’asta, reputò che questa potesse essere un interessante strumento di mercato e cominciò a scrivere il codice di quello che di lì a breve sarebbe diventato il più importante sito di compravendita del mondo. L’idea era elementare: inserire un annuncio di vendita di qualcosa con un prezzo minimo e se qualcuno mostrava interesse, lasciargli fare la propria offerta! Gli occorse solo un week-end, al riposo dal proprio lavoro, quello del Labor Day, per creare il sito web d’aste che aveva in mente, una piattaforma che inizialmente voleva chiamare Echo Bay, ma questo nome era già stato registrato da un’azienda mineraria Canadese specializzata in estrazione d’oro nel Nevada, così dovette battezzarlo AuctionWeb.3 La schermata era poco attraente ma per contro abbastanza funzionale suddiviso in varie categorie merceologiche di interesse. Il sito iniziò ad attirare pochi visitatori ma in modo continuo finché, alla fine dello stesso anno, arrivò ad ospitare milioni d’offerenti con migliaia di offerte. 3 http://stampa.ebay.it/ 38 Lui stesso mise in vendita il primo oggetto: si trattava di un puntatore laser…rotto. L’idea provò subito la sua efficacia ed il puntatore laser fu venduto a 14 dollari; in questo modo l’hobby di Pierre Omidyar si trasformò in un business.4 AuctionWeb dimostrò da subito di essere molto apprezzato dagli internauti, ma era necessario trovare un modo affinché la Community si autoregolamentasse e nel 1996 nacque il sistema dei feedback che tuttora costituisce una colonna portante di eBay. L’impegno di gestire la piattaforma diventava sempre più oneroso e per alleviare un pochino il tutto, Pierre creò le bacheche in cui gli stessi utenti potevano scambiarsi informazioni, consigli e trucchi per gestire al meglio le loro aste, inoltre decise sia di tassare le inserzioni dei venditori, (infatti precedentemente l’ingresso era libero) che di calcolare una percentuale sul prezzo finale di vendita; non sapeva se e come questa politica avrebbe funzionato, ma le intuizioni gli furono ripagate perché il mercato sembrò accettarne le regole e presto il denaro arrivò. Nel 19975 AuctionWeb assunse il nome di eBay, come ora è chiamato, e l’anno successivo fu quotata in Borsa ma il lancio non fu un successo, tant’è che lo stesso fondatore non né fu particolarmente soddisfatto. Egli, infatti, la considerava un’asta in tipico “stile eBay”, ma le leggi di Wall Street e della Borsa dicevano qualcosa di differente.6 Nel 1999 ci si avvicinò quasi alla rovina: la tecnologia venne trascurata e il 10 Luglio, l’intero mondo dei computer crollò e rimase fermo per 22 ore… senza backup!7 Fortunatamente la società passò la tempesta, si procurò un sistema di backup e investì milioni in tecnologie all’avanguardia. 4 http://www.ebay.it/ Meg Whitman entrò in azienda con il ruolo di Amministratore Delegato. 6 http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html 7 http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html 5 39 Oggi è chiaro che alcune cose sono cambiate: inizialmente eBay non conteneva pubblicità sul proprio sito web mentre in questi tempi, è proprio uno dei più favoriti siti per annunci pubblicitari ma quel che resta immutato è la filosofia di queste comunità di internet, ha un valore di mercato che supera quello di Disney e di dozzine di altre imprese blue-chip8. La cosa straordinaria di questa azienda fu la sua grande capacità di gestione senza avere dei punti di riferimento, un esempio da seguire, in quanto il mercato delle aste person-to-person online nel 1995 era virtualmente inesistente ed è stato creato proprio da eBay. Inoltre, è riuscita a produrre una delle cose più rare tra le imprese operanti nell’ebusiness: profitti reali. 2.2 PROFILO AZIENDALE 2.2.1 EBAY NEL MONDO eBay è la più grande Community al mondo di compravendita online senza intermediari che annovera 84.5 milioni di utenti costantemente attivi nel mondo e una presenza in 29 mercati internazionali.9 8 GRIFFITH, The official eBay bible, second edition, Gotham books, New York, 2005, pag. 64: <<Sono chiamate così le azioni industriali solide, il cui acquisto non comporta quasi nessun rischio da parte degli investitori, anche in presenza di recessione economica o di rapido declino di utili societari>> 9 http://stampa.ebay.it/ 40 E’ un vero e proprio mercato di scambio globale, dove si incontrano persone di oltre 150 nazioni diverse. EBay con una simile visione ed una strategia di business globale è ormai presente con propri siti in: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea, Filippine, Francia, Germania, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Irlanda, Italia, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Taiwan, Thailandia e Turchia tutti accessibili dall’unico motore di ricerca sul sito di ciascun Paese. In questo modo consente di effettuare vendite e acquisti su base locale, nazionale e internazionale; si compone di una grande varietà di categorie e servizi studiati per fornire agli utenti tutti gli strumenti necessari per un’efficiente attività di compravendita online. La missione è quella di aiutare la gente a commerciare praticamente qualsiasi cosa dovunque essi si trovino nel mondo, allo scopo di continuare a far aumentare le esperienze di compravendita online di tutti: collezionisti, hobbisti, commercianti, piccole aziende, persone alla ricerca di oggetti unici, cacciatori d’affari, venditori occasionali e semplici curiosi. La crescita della “Community eBay” deriva dalla capacità di soddisfare le attese di tutti, anche al di là delle loro aspettative. EBay però non è, e non vuole essere, solo un punto di scambio per oggetti da collezione e piccoli gadget. Ogni giorno sono in vendita più di 112.3 milioni di articoli diversi divisi in migliaia di categorie.10 10 http://www.ebay.it/ 41 La gente visita il sito per acquistare e vendere di tutto, dagli oggetti unici, particolari e interessanti agli oggetti di uso comune, come ad esempio automobili, gioielli, strumenti musicali, attrezzature fotografiche, computer, mobili, capi d’abbigliamento e oggetti per praticare gli sport più svariati. Certo, il mondo del collezionismo (numismatica, filatelia, collezionismo minuto e più sofisticato) rappresenta una quota importante delle transazioni, ma l’area della tecnologia è in forte crescita, con tassi a due cifre! Ma non mancano inserzioni di vendita stravaganti come ad esempio: 7 nani da giardino…vivi; quattro sveglie in buono stato ma non funzionanti, vendute per 12€ circa; un ago da pagliaio; una lampadina da 100 watt…perfettamente fulminata; la cittadina fantasma texana Albert11 a tre milioni di dollari; un secchio pieno d’acqua (incredibile ma è stato venduto anche questo a 255 gbp); il frammento del muro di Berlino (acquistato dall’amministrazione comunale di Arconate); tutto ciò che si trovava sotto il cuscino del divano della casa di un utente; una palla di neve del Texas del Sud (anche questa venduta per 92 $); l’amico immaginario di un utente e la foto di un dito ingessato di un altro utente, etc etc.12 L’offerta di servizi eBay comprende: eBay Motori, un sito specializzato per la vendita e l’acquisto di tutto ciò che ha a che vedere con il mondo dei motori. In qualsiasi momento di qualsiasi giorno, è possibile trovare elencata un’ampia gamma di veicoli in vendita in tutti i colori, modelli e allestimenti. Il sito offre inoltre auto per collezionisti e motociclette, così come ricambi auto, accessori e tutti gli altri mille oggetti che ruotano attorno a questa passione; eBayCase, lanciato a gennaio 2007, è il sito in cui è possibile acquistare, vendere o affittare la propria abitazione, ma anche 11 12 A circa cento chilometri da San Antonio http://stampa.ebay.it/ 42 negozi, terreni, box auto e multiproprietà. Grazie ad un motore di ricerca semplice e accurato è possibile trovare l’immobile che si sta cercando con la possibilità di visualizzarlo sulla mappa e, tramite il formato Contatto Diretto, entrare direttamente in contatto con il venditore per concludere la transazione di persona. Per avere un idea delle dimensioni un solo dato: a maggio 2008 eBayCase.it contava oltre 42.000 annunci immobiliari e di questi più di 37.000 sono di agenzie immobiliari; Negozi eBay permette ai venditori di allargare la propria visibilità, offrendo loro la possibilità di realizzare un’area di shopping dedicata per presentare i propri prodotti su eBay. Per gli acquirenti, invece, tali negozi rappresentano un modo rapido e comodo per accedere ai servizi e ai prodotti offerti dai venditori. Chi acquista attraverso i Negozi eBay può fare acquisti immediati su più prodotti sia a prezzo fisso che con il sistema dell’asta online; Compralo subito consente agli acquirenti di comprare un oggetto a prezzo fisso senza dover aspettare il termine dell’asta. Specularmente offre ai venditori un modo facile e conveniente per vendere i propri oggetti ad un prezzo stabilito. In attivo fin dal suo lancio e nel solo secondo trimestre del 2008, eBay ha fatturato 1.46 miliardi di dollari, rappresentando una crescita annuale del 13%. Il 56% del fatturato ha origine dai siti internazionali.13 Nel secondo trimestre del 2008 su eBay sono stati venduti oggetti per un totale di 15.68 miliardi di dollari. (Nel 2007 su eBay sono stati venduti gli oggetti per un totale di 59 miliardi di dollari). In ogni momento ci sono più di 112.3 milioni di oggetti sul sito in tutto il mondo, con circa 7,1 milioni di nuovi ogni giorno. 13 http://stampa.ebay.it/ 43 Nel secondo trimestre 2008 sono stati messi in vendita, a livello mondiale, 667 milioni di oggetti. Gli utenti eBay fanno affari in oltre 50.000 categorie merceologiche. Secondo i dati del quarto trimestre 2007 nelle seguenti categorie merceologiche si sono venduti oggetti per un miliardo di dollari o più su base annua: eBay motori; abbigliamento e accessori, elettronica di consumo; computers; libri/film/musica; articoli per casa e giardino; collezionismo; articoli sportivi; giocattoli; business & industrial; gioielli e orologi; apparecchiature fotografiche; arte e antiquariato; monete e francobolli, viaggi e biglietti. Sebbene eBay sia famosa per il meccanismo dell’asta elettronica, gli utenti possono anche comprare e vendere a prezzo fisso, infatti solo nel secondo trimestre del 2008, il 42% delle vendite su eBay sono avvenute proprio utilizzando l’opzione del prezzo fisso. A livello mondiale gli utenti eBay si sono scambiati più di 7 miliardi di feedback per le loro transazioni e a metà ottobre 2007 negli Stati Uniti risultavano 430 mila le persone che “vivono di eBay”14, più diverse migliaia nel resto del mondo, e in Italia solo alcune centinaia15. Vivere di eBay significa guadagnare mettendo in vendita o all’asta oggetti tra i quali il più costoso mai venduto è stato un jet privato Gulfstream II, che ha raggiunto la cifra di 4.9 milioni di dollari.16 14 Francesco Margiocco, EBay, ecco l' esercito dei battitori liberi, in Corriere della Sera, 15 novembre 2004, p.24 15 http://www.neteco.com/ 16 http://www.ebay.it/ 44 2.2.2 EBAY ITALIA Presente in Italia dal 15 gennaio 200117 con il sito www.ebay.it , è un grande mercato per la vendita di beni e servizi da parte di un’appassionata Community di privati e piccole aziende. In ogni momento ci sono più di 2 milioni di inserzioni sul sito18, e questo dato è valso per renderlo in assoluto il primo sito di commercio elettronico in Italia per popolarità su Internet.19 Sito eBay Ciao! Yahoo! Shopping Pagine Gialle Internet Bookshop Media World Trova Prezzi Kijiji Amazon Tiscali Shopping Eprice.it Secondamano Visitatori Unici Pagine Viste (.000) (.000) 6.442 1.419.158 2.523 15.860 1.823 14.003 1.537 27.332 1.134 19.145 1.014 15.759 935 5.046 920 12.086 854 6.834 772 7.004 770 9.188 731 11.346 Tempo per persona 1:26:42 0:04:10 0:03:11 0:08:59 0:08:27 0:07:49 0:02:41 0:05:22 0:04:44 0:03:24 0:05:02 0:07:02 Fonte: Classifica siti di ecommerce, Nielsen NetRatings Marzo 2007 Centinaia di migliaia di persone ogni mese acquistano qualcosa: oggetti da collezione, fotocamere digitali, PC, componenti informatici, orologi e strumenti musicali, ma anche motori, articoli sportivi, accessori moda e tanto altro. 17 Gli iscritti erano 300 mila e il valore delle merci scambiate arrivava a 17 milioni di euro Misurato per numero totale di visitatori e di minuti/utente 19 http://www.nielsen-netratings.com/intl.jsp?country=it 18 45 Le categorie merceologiche complessive del portale italiano sulle quali si effettua compravendita, sono oltre 6700 raggruppate in 30 “meta categorie” visibili sulla homepage. Ogni mese le sotto-categorie vengono aggiornate per “far posto” ai nuovi tipi di oggetti che vengono via via messi in vendita dagli utenti per adattarsi alle nuove esigenze del mercato e degli altri eBayers. Questo turn-over ha fatto sì che il valore degli oggetti venduti sul sito italiano nel 2007 sia stato pari a 720 milioni di euro, con una crescita anno su anno superiore al 50%, numeri che portano l’Italia, assieme alla Francia, ad essere il Paese in Europa che registra la crescita più rapida.20 A confermare che eBay sia diventata una vera e propria mania è il fatto che il sito si è classificato al primo posto fra i siti di e-commerce in Italia21 con circa 8.9 milioni di visitatori e circa 756 mila pagine viste.22 Attualmente23 risultano oltre 16.500 gli italiani che hanno una fonte di reddito primaria o secondaria derivante dalla propria attività di vendita su eBay (14.500) o dall’essere dipendenti di un’impresa che opera su eBay (2.000)24. Sono più di 20.000 i negozi online nel nostro paese ma chi si aspetta di trovare soltanto oggetti tecnologici rimarrà sorpreso: tra le categorie più richieste nei negozi eBay spiccano senza dubbio i prodotti enogastronomici, venduti soprattutto 20 http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html Luglio 2008 22 http://www.nielsen-netratings.com/intl.jsp?country=it 23 Febbraio 2008 24 http://www.research-int.com/ 21 46 dall’Umbria, dalle Marche, dove vini dolci e da dessert vanno a ruba, dall’Emilia, che da sola assorbe il 71% dei vini rossi venduti in tutta Italia25. In Valle d’Aosta, Puglia e Friuli gli affari si fanno invece con la musica: in Friuli molti negozi vendono stock di strumenti musicali, mentre i valdostani si concentrano sulla vendita di armoniche a bocca; i pugliesi spiccano invece per i dispositivi audio portatili, come ipod e lettori mp3, vendendo online il 44% dei congegni elettronici d’Italia26. A conferma della passione degli italiani per il collezionismo, i negozi che vendono francobolli, monete e banconote da collezione sono molto attivi su eBay: Veneto, Calabria e Campania fungono da traino nel settore, non a caso il 45% delle banconote straniere vendute in Italia arriva proprio dalla Campania27. I venditori di libri antichi, invece, si concentrano soprattutto in Abruzzo mentre chi è interessato ad acquistare su eBay prodotti per l’infanzia e premaman, troverà maggiore offerta tra i negozi molisani, in cui si vendono soprattutto passeggini e seggiolini; ma anche in Sardegna, forte soprattutto per la vendita di abbigliamento per le mamme in attesa, e in Trentino, che è la regione in Italia che vende più di tutte scarpe da bambina. I giocattoli online sono invece il punto forte della Sicilia e della Liguria, con una curiosità: tra quelli più venduti ci sono gli intramontabili aquiloni, biglie e yo-yo. Il Lazio è invece la regione degli uffici: qui infatti viene venduto il 45% degli articoli legati al settore28. 25 http://stampa.ebay.it/ L’Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008 27 L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008 28 L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008 26 47 I toscani preferiscono usare il web per vendere i negozi stessi: in questa regione infatti si cedono, attraverso eBay, il 33% delle attività commerciali che si vendono in tutta Italia29. I piemontesi si sono rivelati forti venditori di prodotti di bellezza e per la cura del viso; sono probabilmente esteti anche i lucani e i lombardi, che impazziscono per i gioielli: ma mentre in Basilicata il business si concentra sul commercio di quelli d’acciaio, la Lombardia, che detiene il podio di regione con più negozi attivi online (circa 3.000), vende il 57% delle fedi nuziali che si vendono in tutta Italia30. Tutto questo porta a comprendere quanto affermato da Leonardo Costa, Responsabile Area Venditori eBay.it, quando dice che: “questi dati confermano che in Italia il mercato della vendita online è ricco e variegato”31. Sono infatti sempre di più i venditori italiani che comprendono l’opportunità di avere un proprio negozio online, per poter godere dell’immensa vetrina virtuale che soltanto il web può offrire. E’ pensando a loro che la società qualche mese fa ha lanciato un nuovo concetto di negozio, attraverso eBay che permetterà agli italiani di dimostrare ancora meglio la loro capacità di creare aziende di successo. Su eBay.it nel solo 2007 sono stati venduti: 29 • Un computer portatile ogni 6 minuti; • Una macchina fotografica digitale ogni 5 minuti; • Una bottiglia di vino ogni 5 minuti; • Un orologio da polso ogni 2 minuti; L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008 http://stampa.ebay.it/ 31 L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008 30 48 • Un DVD ogni 72 secondi; • Un francobollo ogni 65 secondo; • Un’opera d’arte ogni 43 secondi; • Un cellulare ogni 58 secondi; • Un fumetto ogni 46 secondi; • Un libro ogni 45 secondi; • Un articolo di arredamento e bricolage ogni 38 secondi; • Un videogioco o una console ogni 37 secondi; • Un computer o un componente ogni 23 secondi; • Un articolo di abbigliamento ogni 10 secondi Fermo restando la comunanza delle homepages di tutti i diversi portali, eBay in ciascun Paese cerca di aiutare i propri utenti a concludere transazioni in modo semplice e sicuro ampliando o adattando alle esigenze nazionali, laddove è necessario, i servizi offerti dal sito per facilitare pagamenti e spedizioni, grazie ad accordi stipulati con partner affidabili per ciascun Paese. Alcuni esempi sono: LoVendoPerTe.it sono i negozi di eBay, con sede fisica, organizzati in una catena di franchising in tutte le città32! eBoost per facilitare il commercio elettronico tra gli utenti che si trovano in tutta Italia, eBay ha stipulato un accordo con eBoost, società del gruppo Poste Italiane, che prevede il prelievo a domicilio della merce, la consegna entro 24 ore (48 ore per le 32 http://stampa.ebay.it/ 49 isole), l’assicurazione e la possibilità di tracking online della spedizione. Il tutto offerto a condizioni vantaggiose con una scala sconti fino al 30%;33 DHL per venire incontro alle migliaia di utenti che vendono i propri articoli made in Italy ai mercati esteri, eBay ha stipulato un accordo con DHL, società leader dei corrieri internazionali. Anche questo accordo prevede condizioni di favore per i venditori che usano la piattaforma eBay, con sconti fino al 30%, che variano in base alla modalità di utilizzo del servizio, completamente informatizzato e in linea con le caratteristiche tipiche del mondo e-commerce; Arbitrionline è il servizio di risoluzione di eventuali controversie che possono sorgere tra venditore e acquirente durante lo svolgimento o a termine di una transazione. Poiché ogni giorno su eBay si concludono migliaia di transazioni, generalmente senza problemi, ma talvolta può capitare che alcuni utenti incorrano in qualche disputa. Il servizio offerto è gratuito nel caso in cui gli utenti decidano di ricorrere alla negoziazione: un processo automatico che prevede il raggiungimento di un accordo economico tra le due parti; mentre è a pagamento nel caso in cui si ricorra alla mediazione: una modalità di risoluzione delle controversie affidata ad un arbitro neutrale e indipendente incaricato di assistere le parti nel raggiungimento di un accordo. Entrambi i procedimenti sono strettamente confidenziali e non vincolanti. Invece per garantire agli utenti la sicurezza della transazione alla fine della vendita con Escrow si ha a disposizione il servizio di deposito a garanzia. Una volta comprato l’oggetto, l’acquirente invia il denaro ad Escrow, che informa il venditore al momento della ricezione. A questo punto il venditore può procedere alla spedizione 33 http://stampa.ebay.it/ 50 dell’oggetto e l’acquirente può così controllarlo e valutare il proprio acquisto prima di autorizzare il trasferimento finale del denaro al venditore. La sezione Aste di Beneficenza di eBay Italia è diventata una delle risorse più efficaci per le Associazioni Non Profit italiane e ha permesso in soli 7 anni di raccogliere circa 4 milioni €. Attualmente fanno raccolta fondi su eBay Italia oltre 350 Associazioni, dalle più famose alle più piccole, spesso meno conosciute e più bisognose di aiuto. Hanno trovato spazio nella pagina delle Aste di Beneficenza oggetti esclusivi, esperienze uniche, sogni fino ad oggi irrealizzabili e pezzi del costume italiano. Per citare alcuni esempi: il costume indossato da Sabrina Ferilli alla festa scudetto della Roma si è trasformato in un ecografo per il reparto di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Umberto I di Roma; l’abito di Gai Mattiolo indossato da Antonella Clerici durante la prima serata del festival di Sanremo 2005 ha permesso di raccogliere oltre 26.000 € per i bambini del Darfur; la chitarra originale e autografata dai Tokio Hotel ha reso possibile la costruzione di tre pozzi in Kenia; un aperitivo con Eros Ramazzotti ha aiutato a raccogliere 9.350 € devoluti a favore della campagna “Mai più violenza sulle donne” di Amnesty International; il casco di Valentino Rossi indossato durante il Gran Premio del Mugello a giugno 2007 e consegnato personalmente al vincitore ha permesso di devolvere i 13.496 € del ricavato all’associazione “Un sogno per il Gaslini Onlus”; la maglia con cui Francesco Totti ha segnato il suo 100° goal in serie A (il ricavato di oltre 3000€ è stato devoluto alla Fondazione P.U.P.I.); un caffè con Alex Zanardi (il ricavato di 51 1.910€ è stato interamente devoluto all’associazione Niccolò Campo Onlus); la moto dell’esordio di Valentino Rossi in 125 (venduta per beneficenza a 22.660€).34 A settembre del 2007 eBay.it ha tagliato il traguardo dei 5 milioni di utenti registrati sul territorio italiano così, per l’occasione, si è anche compiuto una analisi dettagliata della propria attività sul paese, campanile per campanile, premiando Siena come il centro più attivo di e-commerce di Italia sul sito: praticamente 1 senese su 4 ha già provato a comprare o vendere sul portale. La città toscana è risultata essere la zona italiana con la maggior penetrazione eBay, infatti nella città del Palio, quasi un abitante su quattro (il 22.9%) acquista o vende sul primo sito di commercio elettronico italiano. Questa la classifica stilata da eBay, basata sul rapporto utenza/popolazione: Siena (22.9%) Pisa (22.2%) Cagliari (19.3%) Bologna (17.9%) Milano (17.3%) Nuoro (17.2%) Roma (17%) Salerno (15.5%) Capri (15.4%) Firenze (15.4%).35 Inaspettatamente la Lombardia, la regione più grande e più industrializzata d’Italia, è rappresentata da sole 2 città: Milano (5° posto) e Basiglio (13esimo posto). Peggio della Lombardia il Lazio, rappresentata nella classifica delle prime 20 solo da Roma. Le Marche, con Camerino (14.2%), chiude la lista. Se eBay.it fosse una regione, con i 5 milioni di utenti registrati sarebbe la quinta regione più popolata d’Italia dietro a Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia. Questo traguardo testimonia come l’e-commerce ed eBay siano ormai una realtà affermata anche in Italia, da nord a sud, dalle grandi città ai piccoli centri. 34 35 http://stampa.ebay.it/ http://stampa.ebay.it/ 52 In effetti il mercato italiano dell’e-commerce, in particolare nella forma B2C già nel 2006 aveva oltrepassato quota 4 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente del 45% circa.36 Sempre nello stesso periodo di riferimento, risulta che il 29% della popolazione italiana37 acquista online contro una media europea del 53%.38 2.2.3 BREVI CENNI SUL FUNZIONAMENTO39 Tutti gli utenti , acquirenti e venditori, devono conoscere e rispettare le regole eBay. Queste regole sono norme e linee di condotta create per tutelare gli utenti, per permettere loro di far parte della Community e per far sì che eBay rimanga un sito sicuro e gradevole in cui fare affari40. Le regole hanno lo scopo di: • rispettare le norme e le leggi41; • ridurre i rischi per gli acquirenti e i venditori • fornire pari opportunità a tutti gli acquirenti 36 Osservatorio permanente sull’e-commerce B2C del Politecnico di Milano di età superiore ai 16 anni 38 http://www.forrester.com/rb/research 39 http://pages.ebay.it/guida_di_ebay/index.html 40 Il numero delle offerte sospette e curiose aumenta costantemente: il 25 agosto del 1999 un utente aveva messo all’incanto il rene con un prezzo alle grida di 25.000 euro, le offerte prima che eBay ne impedisse la vendita erano già arrivate a 5,7 milioni di dollari. Successivamente a questo caso è fu scoperto che un altro utente stava cercando di vendere all’asta missili lanciarazzi. 41 Nel settembre 1999 un canadese malato di Aids tentò di vendere alla casa d’asta online eBay i diritti sul proprio cadavere; l’offerta venne ritirata dal sito web in pochissimo tempo. Il diritto federale statunitense proibisce infatti la vendita di parti di corpo e organi. EBay ha incorporato questo divieto anche nella politica aziendale, pubblicandolo nelle condizioni di contratto, ma il numero di fornitori che utilizzano il servizio è talmente elevato che è sempre più difficile verificare tutte le offerte per tempo. 37 53 • rendere gli acquisti divertenti; • sostenere i valori della Community di eBay Sia acquirenti che venditori, hanno la responsabilità di leggere e comprendere le regole di eBay, nonché tutte le leggi e le norme vigenti specificate nell’ “Accordo per gli utenti”42. In generale agli utenti eBay, non è consentito: • Interferire con l’uso del sito eBay; • Usare linguaggio volgare sul sito; • Violare i diritti di proprietà intellettuale di eBay43; • Continuare a utilizzare eBay se l’account è stato sospeso; • Fare offerte per acquistare o vendere al di fuori di eBay; • Pubblicare annunci di oggetti ricercati al di fuori della sezione “Vorrei comprare” di eBay; • Utilizzare in maniera ingannevole il sistema di inoltro della posta elettronica di eBay, inviare e-mail non richieste (spamming)44 o minacce via e-mail ad altri utenti; Oltre alle regole valide per tutti, eBay prevede anche regole specifiche sul “feedback”, sull’ “acquisto” e sulla “messa in vendita”45. 42 http://pages.ebay.it/help/policies/user-agreement.html#precedente; l’Accordo per gli utenti si applica agli utenti registrati dal 12 luglio 2008 in poi. Invece per gli utenti registrati prima del 12 luglio 2008 si applica dal giorno 13 agosto 2008. eBay può modificare in qualsiasi momento il contenuto dell’Accordo pubblicando la nuova versione sul proprio sito. Salvo quando diversamente specificato, tutti i nuovi termini e condizioni dell’Accordo saranno automaticamente efficaci decorsi 30 (trenta) giorni dalla data di pubblicazione. Inoltre, eBay avviserà gli utenti attraverso la Bacheca annunci. 43 Copiare, modificare o diffondere il contenuto dei siti eBay o i diritti di proprietà intellettuale e i marchi registrati da eBay; oppure copiare in modo manuale o automatico o raccogliere in qualsiasi modo informazioni sugli utenti, compresi gli indirizzi email, senza il loro consenso 44 Diffondere virus o qualsiasi altra tecnologia volta a danneggiare eBay oppure gli interessi o diritti di proprietà di utenti eBay; 54 L’identità degli utenti è poi un aspetto essenziale per la Community: infatti eBay tutela la privacy46 e la tratta con grande rispetto ed esige lo stesso livello di considerazione, per questo i dati vengono archiviati47 ed elaborati in computer che si trovano negli Stati Uniti e che sono protetti da dispositivi di sicurezza fisici e tecnologici. Fondamentalmente quindi gli ebayers: • Devono avere almeno 18 anni48; • Devono fornire informazioni di contatto49, veritiere e complete e avere un indirizzo e-mail valido; • Non possono pubblicare informazioni di contatto di altri utenti, in un’area pubblica del sito, né intraprendere azioni, in qualunque modo, volte a destabilizzare il sistema dei Feedback50; 45 Per le ulteriori regole dell’Accordo si rimanda mediante i relativi link, nonché le pagine in esse richiamate, descrivono ulteriori condizioni relative a servizi specifici offerti dai siti e sono parte integrante e sostanziale dell’Accordo stesso: Le Regole eBay per i periodi di indisponibilità del sistema: http://pages.ebay.it/help/policies/everyone-outage.html Le Regole eBay sugli oggetti di cui è vietata o limitata la vendita: http://pages.ebay.it/help/policies/items-ov.html Le Regole eBay per l'utilizzo dei Forum: http://pages.ebay.it/help/policies/everyone-boards.html Le Regole eBay sulle inserzioni: http://pages.ebay.it/help/policies/listing-ov.html Le Regole eBay sulle investigazioni: http://pages.ebay.it/help/tp/programs-investigations.html Le Regole eBay su case e appartamenti: http://pages.ebay.it/help/policies/real-estate.html Le Regole eBay sul contenuto (riguarda recensioni, guide, post inseriti nei blog, articoli Wiki e descrizioni dei prodotti create dagli utenti): http://pages.ebay.it/help/policies/member-created-contentov.html Le Regole eBay sulle linee di condotta dei gruppi: http://pages.ebay.it/help/policies/groupguidelines.html Ciascuna di queste regole può essere di volta in volta modificata e le modifiche sono valide quattordici giorni dopo la data di pubblicazione. Qualora una clausola dell’accordo risulti essere nulla o inefficace, l’eventuale nullità o inefficacia non si estenderà alle restanti clausole contrattuali e il mancato esercizio di un proprio diritto da parte di eBay non rappresenta una rinuncia ad agire nei confronti di un utente o di terzi per la violazione di impegni assunti. eBay non garantisce di esercitare i propri diritti ed agire per tutte le violazioni dell’Accordo 46 eBay si serve di soggetti terzi per verificare e certificare i propri principi sulla privacy 47 Accedendo dal proprio account, si può consultare i dati forniti e modificarli nonché scegliere di non ricevere determinate comunicazioni. 48 E’ necessaria la capacità di agire e di stipulare contratti legalmente vincolanti 49 Non possono fornire un’identità falsa, inesatta, fuorviante, diffamatoria o calunniosa 55 • Devono scegliere un ID utente, secondo quanto previsto dalle “Regole di eBay”, il quale non può essere trasferito ad altri senza il consenso del gestore. Inoltre devono seguire tutte le regole previste di eBay per quanto riguarda i Gruppi, i Forum e sul contenuto della Community, che include recensioni, guide e post dei blog. Agli acquirenti, in particolare, non è consentito: • Prendere l’impegno di comprare un oggetto, tramite “Asta online” o “Compralo Subito”, senza pagarlo; • Fare offerte senza essere seriamente intenzionati ad acquistare o comunque a portare a termine l’acquisto, la maggior parte degli oggetti viene messa in vendita nel formato asta online e ogni offerta è un impegno vincolante51. • Utilizzare in maniera ingannevole l’opzione “Ritiro dell’offerta” per influenzare l’andamento dell’asta online; • Fare offerte o acquistare un oggetto se non si accettano le condizioni specificate nell’inserzione dal venditore oppure allo scopo di interferire con il regolare svolgimento dell’inserzione52; • evitare di effettuare il pagamento degli oggetti acquistati53, oppure fare “Offerte con rialzo a trabocchetto” per aumentare artificialmente il prezzo di un oggetto o l’interesse nei suoi confronti54. 50 come ad esempio visualizzare, importare o esportare informazioni sui commenti di feedback al di fuori dei siti oppure utilizzarle per scopi che non hanno alcuna relazione con eBay. 51 Alcune aste online prevedono offerte non vincolanti, come nel caso delle inserzioni relative agli immobili. In questo caso l’acquirente esprime semplicemente il proprio interesse nei confronti dell'inserzione. 52 In questo caso si parla di “offerte indesiderate e ingannevoli”. 53 A meno che il venditore non abbia modificato in maniera sostanziale la descrizione dell’oggetto dopo la tua offerta, oppure abbia commesso un evidente errore tipografico oppure non vi siano le condizioni per verificare l'autenticità dell’identità del venditore; 56 Specularmente, i venditori, dal canto loro, sono tenuti ad apprendere le regole eBay sulla messa in vendita prima di pubblicare un’inserzione di un oggetto al fine di evitare infrazioni involontarie. Le regole eBay sulla messa in vendita vengono aggiornate continuamente per rispondere alle esigenze della piattaforma, della Community e, non per ultimo, per ragioni di sicurezza. Di conseguenza è importante verificare periodicamente se sono state apportate modifiche. Si presume quindi che tutti i venditori conoscano le: • Regole sugli oggetti di cui è vietata o limitata la vendita: gli oggetti consentiti e quelli vietati. • Regole sulla proprietà intellettuale: che illustrano gli oggetti e le inserzioni che potrebbero violare il diritto di copyright, i marchi commerciali o gli altri diritti55. • Regole sugli oggetti in vendita: le azioni non consentite nelle inserzioni. • Regole sui pagamenti consentiti. • Regole volte a contrastare atteggiamenti finalizzati aggirare o manipolare la struttura delle tariffe, l’elaborazione della fatturazione o le tariffe dovute ad eBay; Oltre alle regole sopra descritte, su eBay non sono consentite violazioni alle regole seguenti: 54 Gli utenti che fanno offerte per un oggetto non devono essere collegati in nessun modo al venditore dell'oggetto. 55 I titolari dei diritti di proprietà intellettuale possono segnalare le inserzioni tramite il Programma di verifica dei diritti di proprietà (VeRO), finalizzato a garantire che gli oggetti messi in vendita non violino il diritto d'autore, i marchi registrati o altri diritti di proprietà intellettuale di soggetti terzi. 57 • Inadempimento del venditore56: prevede che i venditori rispettino il contratto di compravendita. • Offerte con rialzo a trabocchetto: ai venditori57 non è consentito fare offerte per i propri oggetti. • Oggetto non pagato/Abuso della richiesta di Accredito della Commissione sul valore finale: se l’acquirente ha pagato l’oggetto, ai venditori non è consentito richiedere l’Accredito della Commissione sul valore finale per la compravendita; • Regole sulle imposte: i venditori devono pagare le tariffe e le imposte applicabili. In ogni modo né gli acquirenti tantomeno i venditori possono interferire in una compravendita o chiedere di portare a termine un acquisto o una vendita al di fuori del sito stesso. EBay e la Community lavorano insieme per mantenere in funzione l’intera piattaforma in modo ottimale e per garantire la sicurezza dei servizi Chiunque sia registrato e autenticato sulla piattaforma può segnalare una violazione delle specifiche regole in diversi modi: segnalando la pagina incriminata o il codice identificativo dell’inserzione oppure contattando direttamente l’assistenza clienti58. 56 La mancata spedizione di un oggetto già pagato dall'acquirente, il mancato rispetto delle condizioni indicate nell'inserzione e la consegna di un oggetto notevolmente diverso rispetto alla descrizione oppure il rifiuto del pagamento di un oggetto al termine di una compravendita sono azioni non consentite ai venditori, a meno che l'acquirente non rispetti le condizioni pubblicate nell’inserzione oppure non si è in grado di verificare l'autenticità dell'identità dell'acquirente; 57 Lo stesso vale per i familiari, i conviventi o i colleghi del venditore. 58 Se eBay ritiene che un utente abbia compiuto azioni che possano comportare problemi, responsabilità legali o che tali azioni siano contrarie alle proprie regole, potrà, a mero titolo esemplificativo, limitare, sospendere o interrompere i servizi e l’account dell’utente, vietare l'accesso al sito, ritardare o eliminare i contenuti salvati e prendere provvedimenti tecnici e legali per impedire a tale utente di accedere ai siti. eBay si riserva inoltre il diritto di cancellare accounts non confermati o accounts inattivi da molto tempo. 58 Dopo la ricezione della segnalazione e prima di intraprendere qualsiasi provvedimento, eBay valuta sia le circostanze legate alla violazione delle regole, sia le informazioni relative al profilo dell’utente; così l’assistenza può decidere di procedere con un’azione disciplinare che può portare alla chiusura delle inserzioni, a limitazioni ai privilegi dell’account, alla sospensione dell’account, all’addebito delle tariffe relative alle inserzioni chiuse e alla perdita dello status di “PowerSeller”. Ma se eBay non riesce a provare con sicurezza il reclamo inoltrato, non può intraprendere alcuna azione. Infatti per motivi di tutela della privacy, eBay non può discutere dei risultati di un’investigazione. Inoltre, dato che eBay, allo scopo di favorire i venditori, offre cataloghi di immagini predefinite, descrizioni e specifiche di prodotti affinché vengano offerti dati affidabili ma al tempo stesso non ne garantisce la precisione e soprattutto l’aggiornamento. Qualora, quindi, un venditore scegliesse di includere nelle inserzioni contenuti, estratti dai cataloghi, è responsabile dell’accuratezza dei propri annunci e fa in modo che questi non contengano informazioni fuorvianti. Così facendo solleva da ogni responsabilità dovuta ad imprecisioni nei cataloghi. I cataloghi, inoltre, potrebbero contenere materiale protetto dal diritto d’autore, marchi commerciali o altri diritti di proprietà intellettuale, quindi, è utile attingere ai cataloghi esclusivamente a scopo informativo, poiché non si può utilizzare il contenuto dei cataloghi violando diritti di terzi. Per quanto riguarda le tariffe e servizi, invece, occorre precisare che la registrazione al sito e la presentazione di offerte d’acquisto sono attività gratuite mentre gli altri servizi, come ad esempio la vendita di oggetti, sono soggetti al pagamento di una tariffa. 59 Così nel momento in cui viene messo in vendita un oggetto o si utilizza un servizio soggetto al pagamento di una tariffa si ha l’opportunità di controllarla ed accettarne l’addebito in base alla griglia informativa apposita denominata: “Tariffe di eBay”59. In merito alla responsabilità, ciascun utente esclude eBay da qualsiasi responsabilità associata a contenuto, attività o inattività, oppure derivante da oggetti messi in vendita da altri utenti e riconosce che eBay non è un “banditore d’asta” nel senso tradizionale del termine. Muovendo dalla premessa che i siti sono semplicemente un luogo dove chiunque può fare offerte, vendere e acquistare oggetti, in qualsiasi momento, da qualunque postazione Internet, in qualsiasi luogo, e con diverse modalità, ad esempio attraverso vendite a prezzo fisso e a prezzo dinamico, comunemente definite come “aste online”, eBay, non ritiene di aver alcun ruolo nella compravendita che si svolge tra gli utenti a seguito della loro attività sul sito e non ha nessun controllo o responsabilità in merito alla qualità, sicurezza, liceità degli oggetti pubblicizzati; inoltre non può verificare la veridicità e l’accuratezza delle inserzioni o la capacità degli utenti di vendere, acquistare e fare offerte né può assicurare che un acquirente o venditore sia effettivamente in grado di portare a termine una compravendita. 59 Le modifiche alle regole relative alle tariffe sono valide trascorsi 14 (quattordici) giorni dalla loro pubblicazione sul sito. eBay ha la facoltà di modificare temporaneamente le tariffe applicate ai propri servizi per eventi promozionali (ad esempio, giornate di inserzioni gratuite) o per nuovi servizi e tali modifiche decorrono dal momento in cui pubblichiamo sui siti l'evento promozionale temporaneo o il nuovo servizio in oggetto. Salvo quando diversamente specificato, tutte le tariffe sono indicate in euro (EUR). Gli utenti domiciliati nei Paesi membri dell’Unione Europea (inclusa l’Italia) potrebbero essere soggetti al pagamento dell'IVA Se il metodo di pagamento ha esito negativo o i termini di pagamento sono scaduti, eBay si riserva la facoltà di ricorrere ad altre procedure per riscuotere le tariffe dovute (incluso l’addebito attraverso altri metodi di pagamento, il ricorso a società di recupero crediti e consulenti legali) 60 E’ palese che il gestore non trasferisce la proprietà degli oggetti dal venditore all’acquirente e non garantisce l’accesso continuo e ininterrotto ai siti e ai propri servizi, che può essere condizionato da fattori al di fuori del proprio controllo. Di conseguenza, nei limiti previsti dal Codice del Consumo60 e da altre leggi vigenti, eBay esclude qualsiasi garanzia61, termine e condizione implicita. In sintesi eBay non si ritiene in alcun modo responsabile delle perdite economiche, di avviamento o per danni alla reputazione né per danni speciali, indiretti o conseguenti derivanti dall’utilizzo dei propri siti e servizi. In ogni modo quindi, fermo restando che eBay ed i propri utenti agiscono in piena autonomia ed indipendenza62, accettando l’accordo, ciascun soggetto inevitabilmente si impegna a tenere indenne eBay nonché i dipendenti, i dirigenti, gli agenti, e qualsiasi società del gruppo, compresi i loro dipendenti da qualsiasi pretesa o richiesta di risarcimento di danni proveniente da terzi, che possa derivare dalla violazione anche di una sola delle condizioni contenute nell’accordo stesso, degli obblighi di legge o dei diritti di terzi. Al di là dell’accordo63, in caso di qualsiasi controversia64 tra l’utente ed eBay, la risoluzione65 avviene ai sensi di legge. 60 Per tutte le controversie con i consumatori resta salva l’applicazione delle norme imperative di legge in materia di competenza giurisdizionale e di legge applicabile. 61 Poiché, però, le leggi di alcuni paesi non ammettono l'esonero di garanzie, le esclusioni di cui sopra potrebbero non essere applicabili. In ogni caso l’eventuale risarcimento per la responsabilità di eBay nei confronti di un utente o nei confronti di terzi è limitato all'importo delle tariffe eBay pagate nei 12 mesi precedenti e comunque fino alla concorrenza dell’importo massimo di euro 100 (cento euro). 62 L’accordo non fa sorgere tra loro alcun rapporto di collaborazione, agenzia, associazione, intermediazione o lavoro subordinato. 63 Regolato dalla Legge italiana 64 Ove il valore complessivo della controversia sia inferiore a EUR 10.000 (diecimila euro), potranno essere devolute al tentativo di conciliazione previsto dal Servizio di Mediazione e Conciliazione Online della Camera Arbitrale di Milano. 61 Nel caso di mancata conciliazione, la controversia sarà risolta da un arbitro unico, in conformità al Regolamento Internazionale Arbitrale della Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano. L’arbitrato ha luogo presso la sede della Camera Arbitrale di Milano. 65 Competenza esclusiva del Tribunale di Milano. 62 III. CAPITOLO LA NUOVA FRONTIERA DELLA CONCORRENZA SLEALE: LA VENDITA DI PRODOTTI CONTRAFFATTI ONLINE. In principio erano solo i “vu cumprà”, oggi potrebbe essere la rete a fungere da elemento propulsore della contraffazione. E’ fatto notorio che il mercato delle aste su internet sia davvero molto esteso e quindi da un lato molto efficace, dall’altro è poco efficiente, poiché si fa fatica ad avere una visione precisa di quanti e quali oggetti possano circolare nella rete. Internet, così, potrebbe essere incolpata di traghettare anche le vendite di merce falsa: infatti, se è vero che sulla rete si possono fare grandi affari, è altrettanto probabile che ci si possa imbattere nelle cosiddette “sòle”. E quando l’oggetto del desiderio è un bene di lusso, allora è ancora peggio. 3.1 LA CONTRAFFAZIONE 3.1.1 IERI E OGGI Il significato proprio del termine “contraffare” è riconducibile all’attività di chi riproduce, imita o altera qualcosa in modo tale che, ingannando, possa essere scambiata per l’originale1. 1 Dizionario della lingua italiana, Istituto Geografico DeAgostini, 2001, pag 200. 63 La contraffazione, in linea generale, è alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali2. In altre parole è la riproduzione di un bene in maniera talmente fedele da ingannare non solo acquirenti grossolani ma anche, salvo attenta perizia, un esperto o un commerciante. La contraffazione non è certo un fenomeno dei nostri giorni e nessun settore ne è mai stato al riparo dal rischio. Essa ha infatti origini lontanissime e tanti sono gli esempi che ne testimoniano la presenza nella storia, prova ne è stato il clamoroso ritrovamento di vasi e manufatti con sigilli alterati o falsificati, risalenti al periodo degli egizi e dei romani3, o piuttosto il più famoso falso storico, prodotto addirittura dalla Chiesa, ossia la “donazione di Costantino4”. 2 La contraffazione dei brevetti, dei disegni o modelli industriali ed ornamentali è sanzionata dal secondo comma dell’art. 473 c.p. e da una norma che si trova in una legge speciale, l’art. 88 del R. D. 29.6.1939, n. 1127. Art. 473 c.p., Capo II <<Della falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento: “chiunque contraffa’ o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattro milioni. Alla stessa pena soggiace chi contraffa’ o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati. Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale>>. 3 Procura della Repubblica, Tribunale di Napoli, Direzione distrettuale antimafia, “Incontro di studio su Proprietà Industriale: contraffazione e pirateria”, Roma 9 maggio 2002 4 http://it.wikipedia.org, La Donazione di Costantino è il prodotto di una fortunata falsificazione medioevale, tuttavia unanimemente ritenuto autentico sino alla prima età moderna. Dopo una nutrita sezione agiografica, il documento pretende di riprodurre un editto emesso dall'imperatore romano Costantino I e risalente al 324. Con esso, l’imperatore concederebbe al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato sui cinque patriarcati (Roma, Costantinopoli, Alessandria d'Egitto, Antiochia e Gerusalemme) e attribuirebbe ai pontefici le insegne imperiali e la sovranità temporale su Roma, l'Italia e l'intero Impero Romano d'Occidente. L’editto confermerebbe inoltre la donazione di proprietà immobiliari estese fino in Oriente e costituirebbe atto di donazione a Silvestro in persona del palazzo Lateranense. Il documento presenta la donazione come una ricompensa al papa per aver guarito l'imperatore dalla lebbra con un miracolo, allorché i sacerdoti pagani avrebbero invece proposto a quest'ultimo di immergersi in una fontana ricolma di sangue di infanti. 64 Quello che è diverso oggi è la scala planetaria in cui si svolge e gli effetti che può avere in termini di danni per le aziende proprietarie dei prodotti contraffatte, pericoli per il consumatore e attentati ai principi della società civile nel mondo. Anche nel passato il fenomeno riguardava il settore dei generi di lusso, pietre preziose ed opere d’arte mentre esaminando oggi la rilevanza della situazione pare essersi estesa anche nel settore della moda, medicinali, giocattoli e pezzi di ricambio. Nel passato l’elevata abilità del falsificatore era tale da trasformare materiali scadenti in manufatti in grado di ingannare, almeno a prima vista, anche i meno sprovveduti. I contraffattori e i venditori riuscivano a ricavare dalla vendita grossi profitti commercializzando quantitativi esigui di merci contraffatte a prezzi elevati. Esistevano nel mondo pochi ma abili falsari che si specializzavano soprattutto nelle banconote e nell’arte. Nei secoli, la quantità di falsi in circolazione è sempre stata determinata dal numero di specialisti e dalle loro abilità manuali nel produrre tali beni. Così fino a tutto l’Ottocento la produzione di falsi rimase a carattere artigianale, però nel XX secolo, il fenomeno raggiunse connotazioni diverse, evolvendosi a livello sia qualitativo sia quantitativo. La donazione venne utilizzata dalla Chiesa nel medioevo per avvalorare i propri diritti sui vasti possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale ed universalistico. Dopo l’età carolingia la donazione fu riesumata da papa Leone IX nel 1053, e fu dunque introdotta, nel XII secolo, nel Decretum Gratiani e in altre raccolte di Decretali dalle mani di interpolatori. Essa fu d'altronde considerata un documento di tutto rispetto dagli stessi avversari del potere temporale dei pontefici. Papa Alessandro VI fece riferimento alla Donazione per giustificare il suo intervento nella disputa tra Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo, concretizzatosi nell'emissione della bolla papale Inter Caetera nel 1493. La supposta donazione di Costantino includeva infatti le isole della “parte occidentale” dell’Impero Romano e all’epoca dell’emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l'intero oceano Atlantico, con le nuove “isole”, vi era considerato parte dell'antica metà. 65 Per rispondere alla sempre presente domanda del mercato, l’industria del falso ha creato inizialmente piccoli laboratori clandestini attraverso le quali vendevano in proprio i manufatti copiati. Successivamente hanno preso sempre più piede le collaborazioni tra piccoli laboratori clandestini di produzione e le grandi organizzazioni dedicate allo smercio di falsi di lusso. L’industria della contraffazione, in seguito, ha perfezionato la riproduzione degli oggetti, così le imitazioni sono, spesso, talmente perfette che è difficile distinguere i prodotti falsi da quelli originali. Grazie a questa perfezione, le imitazioni possono essere infiltrate nei circuiti ufficiali di distribuzione e concorrere con i prodotti originali, magari anche nei canali tradizionali. Oggi, come già detto, quello della contraffazione, è diventato un fenomeno di portata internazionale, avente gravi ripercussioni in ambito economico e sociale, sul corretto funzionamento del mercato interno e anche dal punto di vista della tutela dei consumatori. Fondamentale è a questo punto cercare una risposta al quesito: “perché la contraffazione ha avuto uno sviluppo così forte ultimamente?”. I nuovi fenomeni di contraffazione a livello mondiale sono stati certamente molto accentuati sia dall’importazione di prodotti realizzati a basso costo nei Paesi dell’estremo oriente sia dal fatto che lo sviluppo industriale e i nuovi mezzi di comunicazione, sempre più numerosi e incontrollabili, hanno moltiplicato tanto le tentazioni dei consumatori quanto le modalità di acquisto. 66 Alla situazione attuale si è di fronte a due realtà: filiere tradizionali che creano e commercializzano il vero e filiere che, sfruttando canali non tradizionali, producono o vendono il falso e che in ogni modo esercitano concorrenza sleale5. Oggi il falso è diventato una vera e propria attività imprenditoriale che ha creato imprese multinazionali. A ben vedere, la crisi economica che rende più difficile l’acquisto di prodotti di lusso originali, spesso simboli di successo e ricchezza soprattutto in epoche difficili, ha scaturito la frequenza all’acquisto di prodotti esattamente identici a quelli prestigiosi, originali, ma a buon mercato. In realtà la maggior parte dei rincari che hanno ridotto i redditi e i portafogli degli italiani6 si concentrano nel campo dei servizi pubblici, delle imposte locali, della casa, della ristorazione, della mobilità, insomma tutte aree a bassa concorrenza alle quali è difficile se non impossibile sfuggire. Quindi, per una serie di motivi: su un fronte, il congelamento del potere d’acquisto ha costretto il consumatore a stare sempre più attento al prezzo, sull’altro lato della barricata, la liberalizzazione dei mercati ha aumentato la concorrenza nella distribuzione, con l’arrivo di outlet e nuove catene, e la globalizzazione ha aperto la strada ai prodotti più economici dai paesi con basso costo della manodopera, mentre lo sviluppo e la diffusione della tecnologia ha reso estremamente economica tutta 5 Art 2598 c.c., Atti di concorrenza sleale, Sezione II, Titolo X, Della concorrenza sleale, Libro Quinto: <<Compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1)usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione [2564] con i noi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente; 2)diffonde notizie o apprezzamenti sui prodotti e sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente; 3)si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda [1175]>>. 6 Il 70 % degli italiani ha dichiarato all’ISAE (Istituto di studi e analisi economica) di sentirsi più povero. 67 l’elettronica, dai telefoni ai lettori dvd, e ha aperto nuove frontiere al commercio attraverso la rete telematica. Ovviamente, anche se l’industria della contraffazione non pubblica i propri bilanci, il “tarocco” raggiunge alti livelli in termini di fatturato, le stime7, spesso induttive e quasi sempre per difetto, attestano il giro d’affari intorno ai 450 miliardi di euro all’anno, cifra pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi del mondo; solo nel nostro Paese il mercato del falso fattura 8 miliardi di euro all’anno8, di cui quasi la metà riguarda contraffazioni nel campo dell’abbigliamento e degli accessori9: ancor più nel dettaglio, va evidenziato che per abbigliamento, accessori e prodotti multimediali si spendono più di 3,2 miliardi10, mentre circa 1,4 miliardi per giocattoli e calzature, infine quasi 2,9 miliardi vengono spesi per acquistare altri articoli. Ancora più difficili da valutare sono i danni che essa provoca: da quelli di immagine, ai mancati introiti fiscali e i rilevanti costi sociali, senza dimenticare la sottrazione alle vendite legittime da parte delle vendite contraffatte. Unica nota positiva della situazione economica contingente, sopra descritta, è che la crisi dei consumi non risparmia neppure il mercato della contraffazione: nel 2008 vi è stata una riduzione del 39% di acquisti di articoli contraffatti rispetto al 2007. 7 Stime della Banca Mondiale attestano il commercio di beni contraffatti si avvicini al 10% di quello totale. Più prudente è la stima della Commissione europea e dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane che attribuiscono al fenomeno della contraffazione e pirateria il 7% della merce scambiate a livello mondiale per un valore tra i 200 e i 300 miliardi di euro. 8 Una recentissima indagine commissionata da Confcommercio e presentata nell’ottobre 2007 afferma che il mercato del falso in Italia genera attualmente un giro d’affari di poco inferiore agli 8 miliardi di euro. Sempre secondo la ricerca dell’Istituto Piepoli per Confcommercio l’età media di chi compra “contraffatto” va dai 18 ai 34 anni, la maggior parte sono donne e nel 62% dei casi non si sente in colpa per l’acquisto. 9 Il settore accessori che orologi borse, scarpe, cinture e pelletteria varia vale circa 1,2 miliardi di euro a fronte di 38 milioni di atti d’acquisto 10 con 108 milioni di atti d’acquisto 68 In controtendenza a questo però, il fatturato dei falsi è in leggero aumento rispetto all’anno precedente11, a causa dell’aumento dei prezzi generato dall’inflazione importata12. Vengono, invece, calcolati in 200 miliardi di dollari13 i soli prodotti contraffatti che hanno attraversato frontiere doganali tra la produzione e il consumo. Tenendo conto anche di quelli prodotti e consumati all’interno della stessa area doganale, il totale potrebbe più che raddoppiare. Negli ultimi 10 anni, a causa della contraffazione, si stima che 270.000 di persone, a livello mondiale14, abbiano perso il proprio posto di lavoro, di cui quasi la metà nella sola Comunità Europea. Oltre il 65% della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal sud-est asiatico, mentre il 35% circa dal bacino mediterraneo15. 11 7,5 miliardi di euro contro i 7,2 del 2007 Sono i due dati principali che emergono dalla ricerca: “Le contraffazioni: analisi del fenomeno in Italia e focus sulla Campania”, realizzata da Confcommercio con la collaborazione dell’Istituto Piepoli. Lo studio è stato presentato a Napoli nell’ambito del convegno “Contraffazione: analisi e proposte per la difesa di un mercato legale”, promosso da Confcommercio in collaborazione con Federmodaitalia e Camera di Commercio di Napoli. Si tratta del secondo appuntamento nazionale dedicato all’approfondimento e all’analisi del fenomeno della contraffazione e delle sue ricadute sul mercato interno Il 60% degli italiani, in particolare i residenti nel Centro 65%, acquistano i prodotti contraffatti tranquillamente in giro per le vie della città, il 45%, soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni, approfitta invece dei periodi di vacanza e dei viaggi. I prodotti più acquistati sono i capi di abbigliamento (35%), le borse (30%), cinture e occhiali (21%). E se le donne vengono attratte più da magliette, camicie e jeans, gli uomini invece si rifanno con occhiali e scarpe. Il 68% degli intervistati è convinto che l’acquisto di merce di marca non originale sia un danno per l’economia e contribuisca ad alimentare la criminalità, mentre il 30%, soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni con un livello basso di istruzione, è addirittura favorevole a questo genere di acquisti ritenendo di non far nulla di male. Le responsabilità della diffusione del fenomeno vengono attribuite, dal 64% degli interpellati, ai produttori di merce non originale, mentre il 74% degli italiani pensa che per combattere la contraffazione ci debbano essere più controlli da parte delle forze dell’ordine. 13 Di questi 200 miliardi di dollari, l’industria degli orologi occupa una fetta del 5%. 14 Di cui 125 mila nell’Unione europea e 40 mila solo in Italia. 15 La Cina è di gran lunga al primo posto, seguita da Corea, Taiwan, Thailandia, Pakistan, Malesia e altri Paesi dell'area, La destinazione è per il 60% l’Unione Europea, per il 40% il resto del mondo 12 69 Ad esempio, la contraffazione che arriva dalla Bulgaria è purtroppo ancora poco conosciuta nei paesi occidentali, nei quali, in effetti, quando si parla di contraffazione lo si fa riferendosi sempre alla Cina. La grossa parte della merce contraffatta che arriva in Europa dalla Bulgaria proviene dalla vicina Turchia, luogo in cui si trova manodopera qualificata, utilizzo e cura migliore nell’aspetto del prodotto finale e, infine, una capacità di imitazione relativamente migliore di quella esistente altrove. La cosa non significa che il prodotto sia un prodotto di qualità, anzi, spessissimo sono comunque prodotti realizzati utilizzando, per una questione di contenimento dei costi, coloranti vietati e trattamenti pericolosi per la salute. Invece, produrre con coloranti naturali o conciare pellami senza metalli pesanti, come prescritto dalle normative europee, costa e questo inevitabilmente fa lievitare il prezzo. Ci sono due tipologie di contraffazione “bulgara”: talune che riguardano le imitazioni, merce grossolana comperata per lo più ai mercati dei sobborghi e venduta a prezzi relativamente bassi16 ed altre che riguardano le contraffazioni vere e proprie, vendute a prezzi stratosferici. Quest’ultime copiano modelli realmente esistenti e dunque creano una perdita enorme al mercato legale perché offrono, qualità a parte, un prodotto simile ad un prezzo comunque inferiore a quello originale. Le dinamiche della globalizzazione poi fanno sì che il transito di merci da un bacino all’altro sia molto più facile e, sempre più spesso, componenti falsificati di origine cinese entrano nell’UE scegliendo i varchi doganali più deboli, come, ad esempio, i porti del nord Europa e gli Stati nuovi membri. 16 Sono spesso modelli inventati e pacchiani, che però riportano nomi delle più famose case di moda. 70 Sono quindi assemblati e spesso completati mediante l’apposizione di marchi contraffatti in diversi Paesi dell’Unione. Tra di essi purtroppo primeggia l’Italia17, che oltretutto è anche prima in Europa nel consumo di tali prodotti. Per quanto riguarda la produzione di “falsi” nel nostro Paese, questa risulta strettamente legata agli stessi distretti industriali che operano nella produzione “legale”. Ad esempio l’industria orologiera18 ed orafa occupa per lo più le regioni italiane settentrionali ed è proprio in queste zone che si concentra il fenomeno della contraffazione, in quanto sono tra i luoghi principali della produzione di orologi falsi di “alta qualità”. Il meridione italiano assume invece il ruolo di produttore di falsi di “minore qualità” oltre che di distributore di prodotti contraffatti di ogni livello sull’intero territorio nazionale. E’ interessante vedere quale sia la “geografia del falso” in Italia e come si concentra nelle regioni del Paese: 17 L’Italia risulta inoltre il terzo produttore a livello mondiale. In Europa gli altri Paesi “leader” sono, la Spagna, la Turchia, il Marocco, e i Paesi dell’ex blocco sovietico. Fra i Paesi europei che si possono definire “emergenti”, un posto di particolare importanza viene occupato da Belgio ed Olanda attivi non solo come aree di transito dei prodotti contraffatti ma anche come luoghi di confezionamento. Anche negli Stati Uniti la contraffazione è presente in misura massiccia, soprattutto nei settori della profumeria, degli articoli di lusso e delle componenti elettroniche. L’Italia è inoltre il primo paese nell’Europa dei paesi avanzati per diffusione del fenomeno del lavoro irregolare (12% del totale occupati), evasione fiscale (17% del PIL), e dimensione dell’industria del falso (con un volume d’affari quantificato di circa 8 miliardi di euro). 18 http://www.assorologi.it, il 7% degli italiani che nel 2007 hanno acquistato prodotti falsi hanno scelto almeno un orologio contraffatto, per un valore che è stimato, sicuramente per difetto, attorno agli 85 milioni di euro pari almeno al 16,6% delle importazioni di orologi dalla Svizzera, al 10% del totale delle importazioni italiane di orologi e al 6% del giro d’affari complessivo degli orologi da polso in Italia. 71 LOMBARDIA: Componenti elettroniche e profumi TOSCANA: Pelletteria MARCHE: Pelletteria CAMPANIA: CD e DVD, Abbigliamento PUGLIA: CD e Giochi elettronici Fonte: “Contraffazione E Pirateria”, 2005, Progetto Federconsumatori con la collaborazione del Ministero delle Attività Produttive 3.1.2 I PERCHÉ DELLA MARCA19 Se si pensa che i prodotti di marca e quelli che li imitano si equivalgano, allora occorre fare un passo indietro e fare una premessa doverosa, cioè quella che la Marca è “condannata” alla qualità, poiché la qualità stessa sta alla base della marca. Solo questi beni di largo consumo possono rassicurare i consumatori in modo duraturo, perché la marca è la marca. I produttori con un marchio, mettendo in gioco il proprio nome e la propria reputazione tutti i giorni con il pubblico, devono incessantemente conquistare e 19 http://www.centromarca.it 72 mantenere la fiducia dei clienti, attraverso investimenti in ricerca e innovazione20 per trovare soluzioni sempre migliori e soddisfare bisogni sempre più evoluti. A tutto questo devono accompagnarsi comportamenti rigorosi e trasparenti: rispetto delle regole ed ai più severi standard igienico-sanitari, alla sicurezza, alla ricerca di soluzioni più rispettose dell’ambiente eccetera, affinché nulla sembri inopportuno agli occhi dei maggiori beneficiari di questi sforzi, cioè: i consumatori. Le stesse e identiche cose non si possono dire certo per i fabbricanti di beni di consumo non di marca. Essi vivono all’ombra del marchio altrui e, inoltre, non sono obbligati alla qualità perché non hanno un prestigio di lungo periodo da difendere. Liberi da tutto questo possono permettersi di non fare ricerca e non investire in innovazione, perché non hanno necessità di lanciare nuovi prodotti e diventare i pionieri, anzi li copiano quando sono già affermati, realizzando quello che in economia politica viene chiamato “il vantaggio del ritardatario”, il che si traduce economicamente in costi più bassi. Se un acquisto di un bene di marca è una promessa, per un sottoprodotto ogni acquisto è un acquisto, poiché nel primo caso il rapporto fra azienda e consumatore comincia con l’acquisto, mentre nel secondo la relazione finisce con l’acquisto Infatti, la marca, a differenza del prodotto di bassa qualità, vive di acquisti ripetuti nel tempo. Da un punto di vista macroscopico, c’è da dire che la competizione sui mercati ha assecondato la personalizzazione della scelta, facendo sì che oggi il pubblico 20 Circa il 70% dei prodotti e servizi odierni non esisteva 25 anni fa. Questo processo prosegue inarrestabile perché nuovi beni di consumo stanno per vedere la luce nell’incubatrice tecnologica delle società di marca, si pensi all’auto elettrica, agli elettrodomestici a comandi vocali, i cibi con le più svariate ricette e fragranze. 73 disponga, soprattutto grazie alle marche, di una scelta vastissima di beni, come non era mai accaduto prima. Il marchio, poi, soddisfa un bisogno innato dell’uomo di identificazione, conoscenza, sicurezza, affidabilità, appartenenza e rispondenza a quanto promesso. Già 5000 anni fa, in Mesopotamia, i mattoni di case e palazzi recavano emblemi distintivi e stemmi gentilizi e lo stesso accadeva per i pavimenti delle tombe dei Faraoni egizi. Da allora, simboli e stampi hanno seguito l’evolversi della civiltà: all’epoca dei Romani, nel Medioevo e nel Rinascimento un contrassegno certificava l’origine di utensili o gioielli e con l’avvento dell’industria sono nati i primi marchi moderni. Ai giorni nostri i marchi rappresentano un’enorme patrimonio economico, tecnologico, sociale, non a caso il peso di una nazione si misura anche dall’importanza e notorietà dei suoi marchi nel contesto internazionale21. Ma è sempre grazie al favore del pubblico che i marchi hanno acquisito, così come noi li conosciamo, una tale forza commerciale, così grande da attirare l’appetito di fabbricanti senza scrupoli e fare esplodere l’allarmante fenomeno della contraffazione22. 21 I primi dieci marchi del mondo, che campeggiano su prodotti come bevande, alimenti, rasoi, microchip per computer e pannolini, sono valutati oltre 215.000 miliardi di dollari. 22 Si stima che le merci copiate illegalmente causino ogni anno un danno di oltre 80 milioni di euro ai produttori originali, e le false griffe sono la causa della perdita di 100.000 posti di lavoro qualificati nella sola Unione Europea. Nessun settore può ritenersi al sicuro dalla contraffazione poiché i beni colpiti vanno dagli orologi alle videocassette, dalle borse ai vestiti, fino ad arrivare ai prodotti alimentari, ai farmaci, ai ricambi per le auto. Sono perciò a rischio gli interessi fondamentali del consumatore come la salute e la sicurezza 74 L’innovazione23 rappresenta l’aspetto forse più evidente dell’universo della marca, infatti questo tipo di aziende interpretano sicuramente la parte da protagonista nei brevetti, sfornando materiali, congegni e procedimenti che spaziano dalle biotecnologie alle microfibre e sono la base di molti nuovi beni di consumo. Il progresso tecnologico, di cui tutti beneficiamo, vive in gran parte proprio dell’impulso dei marchi, poiché le relative aziende investono ingenti risorse nella funzione della “ricerca e sviluppo”24. Il frutto di questi sforzi sono, ad esempio, nelle auto, innovazioni quali i freni ABS e l’airbag, mentre il ménage familiare è stato reso più semplice e meno faticoso da elettrodomestici come i frigoriferi no-frost o i forni combinati. I fabbricanti di prodotti non di marca, invece, come si può agevolmente supporre, si limitano in genere ad imitare e, senza apportare alcun contributo all’innovazione, traggono vantaggio dallo sviluppo dei mercati creato dalle aziende di marca. I marchi fungendo da garanzia e trasmettendo sicurezza su ciò che si compra, permettono di semplificare il processo decisionale degli acquisti e in tal modo fanno si che fare la spesa impegni solo una modesta parte del nostro tempo25. 23 Una volta, quando si andava a sciare, occorreva un pesante equipaggiamento per difendersi dal freddo, invece oggi i materiali creati dalla ricerca hanno reso comodi e leggeri scarponi e abbigliamento, contribuendo a rendere popolari gli sport invernali. Il gustoso aroma della miscela di caffè delle grandi marche, come lo assaporiamo oggi, era sconosciuto ai nostri antenati: esso è il frutto di anni e anni di test e miglioramenti. L’ascolto della musica ha compiuto una rivoluzione con l’avvento dei compact-disc; la diffusione dei dentifrici con il fluoro ha permesso significativi progressi nella prevenzione delle carie; i moderni sistemi di confezionamento dei prodotti alimentari, come il sottovuoto o in “atmosfera protetta”, evitano oggi lo svilupparsi di pericolose patologie batteriche; tessuti ignifughi, antimacchia, impermeabili ma traspiranti, hanno reso le nostre case, le nostre automobili, i nostri abiti più belli e confortevoli. 24 I 15 marchi mondiali leader nella ricerca, fra i quali uno italiano, investono ogni anno quasi 55 milioni di euro. 25 Immaginando di cronometrare la nostra intera esistenza ci accorgeremmo che, in media, dedichiamo allo shopping meno di un anno, mentre il lavoro, la cura personale, gli impegni domestici e l’alimentazione assorbono insieme oltre 20 anni della nostra vita. 75 Si può quindi affermare che i prodotti “conosciuti” assolvano anche il compito di rendere più facile la vita. Questo concetto si concretizza soprattutto immaginando di entrare in un negozio che esponga solo scatole, barattoli e lattine con nomi sconosciuti, probabilmente, l’immediata sensazione che si proverebbe, sarebbe quella di sentirsi persi, smarriti; tutto ciò significa che confezioni colorate, etichette e pubblicità26 non sono soltanto un lusso o qualcosa di fine a se stesso, bensì rispondono ad un bisogno di riconoscimento da parte dei consumatori. Le aziende di marca danno poi un significativo contributo alla crescita dell’economia del Paese27 in cui operano ed hanno un ruolo importante nella creazione di nuovi posti di lavoro qualificati28. Le industrie con prodotti a marchio, inoltre, sono un pilastro nelle esportazioni, poiché grazie alla qualità, all’innovazione e al design possono competere sui mercati internazionali. A rendere “di marca” un prodotto è la qualità29, poiché una semplice mozzarella diventa di marca attraverso severi controllo igienico e la sofisticate tecnologie produttive, impiegati per garantire ai consumatori un prodotto supersicuro e di qualità. 26 Nessuna pubblicità, per quanto efficace, potrebbe mai salvare un prodotto di cattiva qualità. In Italia, alla fine degli anni Settanta circa il 50% dei consumi riguardava beni di marca. Oggi, ogni 4 prodotti acquistati 3 sono di marca 28 I laureati costituiscono, per esempio, oltre il 15% degli addetti in molte società di marca, contro una media generale inferiore al 10%. 29 E sono stati alcuni grandi marchi del “bianco”, non a caso, ad offrire una garanzia sugli elettrodomestici estesa fino a 5 anni. Speciali “oasi protette” sono state create per produrre gli alimenti destinati all’infanzia, rispettando le caratteristiche originali e selezionando rigorosamente le materie prime. La “catena del freddo”, con sofisticate tecnologie, assicura cibi freschi per tutto l’anno e li conserva nelle migliori condizioni portandoli nei luoghi più lontani. 27 76 Inevitabilmente, solo le grandi aziende con un marchio, grazie alla produzione su scala industriale e alle tecnologie più moderne possono assicurare standard altissimi. Questa tipologia di produttori contribuiscono in modo straordinario, in particolare con pubblicità e azioni di marketing, all’affermazione di valori positivi, nonché dei vantaggi per la società, come la salute, la tutela dell’ambiente, la valorizzazione della terza età. Grandi marchi hanno dato un contributo determinante per la diffusione dell’igiene orale, per la sicurezza in casa e per favorire una dieta più varia, in linea con gli orientamenti della comunità medico-scientifica. Il naturale “interesse” della marca per le attese del consumatore è la migliore garanzia di attenzione verso i valori collettivi. Ciò che caratterizza i produttori di marca è quindi l’assunzione diretta di responsabilità per i propri prodotti e i propri comportamenti, non a caso il fatto che molti grandi marchi rechino tuttora il nome della famiglia che li ha fondati rappresenta un modello di trasparenza e responsabilità. Essendo la marca quotidianamente soggetta al “controllo” del consumatore attraverso acquisti ripetitivi di prodotti riconoscibili, l’immagine stessa diviene bene formidabile per un marchio affermato che si costruisce in decenni di impegno e può dissolversi in un attimo se si sbaglia. Niente di simile a quanto detto accade per le aziende che fabbricano sottoprodotti, meno o per nulla esposte sul mercato. Dopo tutto ciò, si può anche affermare che l’evoluzione e la recente crescita della contraffazione è stata trainata soprattutto dalla sempre maggiore importanza della marca nel nostro vivere quotidiano. 77 Come già detto, da sempre le aziende hanno fatto uso di disegni, parole, per lo più acronimi e simboli, sia per contraddistinguere i propri prodotti e la propria azienda dai concorrenti, sia per dare un’immagine di sé che potesse fermarsi nel ricordo dei consumatori. Solo però negli ultimi anni il marchio ha assunto un ruolo di rilievo nella società: se da un lato le imprese hanno compreso quanta valenza attrattiva e suggestiva incorpori il marchio, dall’altro il contraffattore ha sfruttato tale valenza, cosciente del fatto che, al giorno d’oggi, l’apparire e l’ostentare sono divenuti più importanti dell’essere. Proprio su queste debolezze, tipiche del nostro tempo, il contraffattore ha giocato e puntato tutte le risorse disponibili, creando canali produttivi di falsi paralleli che, dal punto di vista organizzativo, tecnologico e informativo, non differiscono di molto da quelli costituiti dalle imprese titolari del marchio, se non per un fattore estremamente importante: il prodotto. 3.1.3 NOTE SUL FENOMENO Nel contesto delineato, viene da pensare che domanda e offerta si incontrano in un mercato con prodotti più o meno originali. Il fenomeno della contraffazione si presenta, quindi, come un insieme complesso di violazioni a leggi, norme, regolamenti, vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere. 78 Esso, appunto, ha più l’aspetto di un intricato “arcipelago”, la cui navigazione è ricca di insidie, che non di un territorio omogeneo i cui confini sono immediatamente evidenti. Del resto, la disciplina30 relativa all’intervento dell’Autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà industriale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, fornisce una nozione dettagliata di “merci contraffatte” e di “merci usurpative” che, in linea di massima, appare riconducibile alla definizione di contraffazione testé data. Con il termine contraffazione, intesa nella sua accezione più ampia, ci si intende riferire a tutta un arcipelago di fenomeni più recenti, ai sensi del già citato regolamento comunitario, essenzialmente riconducibili a tre realtà particolarmente massicce: • le merci contraffatte31, cioè quelle merci appartenenti allo stesso genere di prodotti32, che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato33; 30 Articolo 2 sub 1 lettera a) del Regolamento (CE) n.1383 del Consiglio del 22 luglio 2003 http://www.filodiritto.com, per “merci contraffatte” si intendono: <<Le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto, senza autorizzazione: 1) un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione, ai sensi della normativa comunitaria sul marchio comunitario (Reg. CE n. 40/94 del Consiglio, del 20.12.1993 - GU.CE. n. L 11 del 14.1.1994, regolamento modificato poi dal Reg. CE n. 807/2003) o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l'intervento delle autorità doganali; 2)qualsiasi segno distintivo (compresi logo, etichetta, opuscolo etc.. ), anche presentato separatamente, che si trovi nella stessa situazione delle merci di cui al punto 1; 3) gli imballaggi recanti marchi di merce contraffatta presentati separatamente, che si trovino nella stessa situazione delle merci di cui al punto 1>>. Inoltre, ai sensi del regolamento (CE) n. 1576/89, vengono considerate: <<merci che violano un diritto di proprietà intellettuale quelle che: nello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento dell’Autorità doganale, ledono i diritti relativi ad un brevetto, ad un certificato protettivo complementare, alla privativa nazionale o comunitaria per ritrovati vegetali, alle denominazioni di origine o alle indicazioni geografiche, alle denominazioni geografiche>>. 32 Ad esempio i cosiddetti “luxury goods”, cioè beni di lusso, attraverso l’uso di loghi delle griffe, soprattutto nel mondo della moda. 33 “Counterfeit trademark goods” secondo la definizione data dal WTO negli accordi TRIPS 31 79 • le merci usurpative34, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni35 illecite di prodotti coperti da copyright36, modelli37 o disegni38; • una terza categoria, contenente tutte quelle merci che, nello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali, ledono i diritti relativi: ad un brevetto a norma della legislazione di tale Stato membro; ad un certificato protettivo complementare39; alla privativa nazionale per ritrovato vegetale40; alle denominazioni d’origine o alle indicazioni geografiche41; alle denominazioni geografiche42. Attorno a queste forme nette di violazione predominanti, esistono poi tutta una serie di condotte che, seppur non penalmente sanzionabili, spesso fenomeni illeciti, o al limite del lecito, almeno indirettamente, producono gli stessi effetti negativi delle 34 Per “merci usurpative” invece: <<le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d'autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello, registrato o meno, a norma del diritto nazionale, ovvero di una persona da questi autorizzata nel Paese di produzione quando la produzione di tali copie costituisce una violazione del diritto in questione ai sensi del Reg. CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001 (GU.CE. n. L 3 del 5.1.2002), su disegni e modelli comunitari o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali>>. 35 Va inserite in questa tipologia il cosidetto “look-alike”, ossia il prodotto realizzato con una imitazione, consapevole ma in qualche modo prudente, al fine di minimizzare i rischi legali di una accusa di contraffazione vera e propria, di un prodotto affermato, essenzialmente, contraddistinto da un marchio noto. In un’accezione più ristretta, il look-alike è il prodotto realizzato da organizzazioni di vendita al dettaglio, in particolare per i prodotti di consumo FMCG (fast moving consumer goods), i quali vengono realizzati dando la sensazione che il prodotto è simile a quello di un marchio noto. 36 Fenomeno meglio conosciuto con il nome di “pirateria”. 37 La riproduzione pedissequa dell’involucro dei prodotti, spesso realizzata ricavando gli stampi del prodotto-copia a partire dal prodotto originale. 38 “Pirated copyright goods” 39 Quale previsto nel Reg. CE n. 1768/92 del Consiglio (GU.CE. n. L 182 del 2.7.1992) o nel Reg. CE n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU.CE. n. L 198 dell'8.8.1996) 40 a norma della legislazione di tale Stato membro o alla privativa comunitaria per ritrovati vegetali quale prevista dal Reg. CE n. 2100/94 del Consiglio (GU.CE. n. L 227 dell’1.9.1994, regolamento successivamente modificato dal Reg. CE n. 807/2003) 41 a norma della legislazione di tale Stato membro o dei Regolamenti CE n. 2081/92 (GU.CE. n. L 208 del 24.7.1992, regolamento successivamente modificato dal Reg. CE n. 806/2003) e CE n. 1493/1999 del Consiglio (GU.CE. n. L 179 del 14.7.1999, regolamento successivamente modificato dal regolamento CE n. 806/2003) 42 ai sensi del Reg. CE n. 1576/89 del Consiglio (GU.CE n. L 160 del 12.6.1989, regolamento successivamente modificato dal regolamento CE n. 3378/94 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU.CE. n. 366 del 31.12.1994). 80 prime, e costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni altra attività criminale ad esse connessa. Fra questi si possono menzionare: • sovrapproduzioni illegittime, approntate da licenziatari di produzione infedeli e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in violazione del contratto di licenza; • produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro pertinenza; • prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in maniera tendenziosa, determinando confusione nel mercato, ecc.. Contraffazione e pirateria sono divenuti così nel corso degli anni un problema crescente per la società civile per una serie di motivi diversi, sia perché sono un’attività criminale in cui alti guadagni corrispondono a bassi rischi, ed anche perché sono state aiutate dallo sviluppo della tecnologia informatica e digitale che ha reso estremamente facile e poco costosa la riproduzione abusiva di marchi, forme e, nel caso di supporti audiovisivi e multimediali, gli stessi contenuti. Inoltre la tendenza alla globalizzazione del commercio ha spalancato ai contraffattori nuovi mercati, mentre l’avvento del commercio elettronico che, separando fisicamente il venditore dall’acquirente, ha moltiplicato le possibilità di abusi. A ben vedere esistono almeno tre canali attraverso i quali avviene la commercializzazione di prodotti contraffatti: il primo, è costituito dai negozi, dove il prodotto contraffatto viene venduto assieme agli articoli originali; il secondo, è quello dei più diversi canali ambulanti, sulle spiagge o nelle principali vie del passeggio in 81 città, spesso controllati da vere e proprie organizzazioni criminali che sfruttano cittadini extracomunitari; ed infine il terzo, in fase di espansione, è quello del commercio elettronico che garantisce anonimato ed elevata capacità di transazione. Inoltre, inchieste e studi sul fenomeno susseguitesi nel tempo hanno permesso di identificare almeno due macro tipologie di imprese del falso: • quelle marginali e destrutturate, ovvero, quelle imprese nascoste negli scantinati che sfruttano il lavoro e organizzano la produzione in modo illegale; • quelle invece ben strutturate e radicate, che combinano una attività regolare con una produzione di beni contraffatti. Spesso si tratta degli stessi subfornitori a cui è affidata la fabbricazione di prodotti di marca che realizzano quantità in eccedenza, non autorizzate, per poi venderle illegalmente. In molti casi queste imprese organizzano il processo produttivo adottando il modello a rete tipico delle imprese regolari. Chiaramente, una simile scelta organizzativa risponde non soltanto ad esigenze di specializzazione e flessibilità ma anche al tentativo di realizzare una forte dispersione operativa tale da rendere difficoltosa la ricostruzione e dunque la repressione dell’intero sistema. 3.1.4 GLI EFFETTI Come già detto, la contraffazione da sempre viaggia al passo con tutti i prodotti di marchi importanti e non, ma è con la globalizzazione che la contraffazione ha raggiunto dimensioni inimmaginabili. 82 Quello della contraffazione è un mega-business con conseguenze catastrofiche tanto che paragonarla a una malattia terribile e non ancora domata, come il cancro, potrebbe anche sembrare un puro espediente retorico, ma al tempo stesso utile soprattutto a drammatizzare il fenomeno nell'interesse delle imprese che sono, apparentemente le prime ad esserne danneggiate. In realtà la contraffazione, che alcuni si ostinano a considerare un trascurabile fenomeno di “microcriminalità” più folkloristica che preoccupante, una sorta di “infrazione minore”, ha proprio le caratteristiche di un cancro che aggredisce la società nel suo insieme e che per questo motivo va affrontato strutturalmente ai massimi livelli d’intervento. I traffici da essa generati stanno diventando una seria minaccia non solo per l’economia mondiale, ma anche per lo sviluppo a lungo termine, poiché questi stessi traffici rappresentano anche uno dei nuovi campi d’interesse oltre che dei contraffattori, della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale. Si tratta quindi di una storia lunghissima, di un problema ricorrente, che sta avendo ripercussioni decisamente diverse e più gravi negli ultimi anni, trascinando con se la sicurezza dei consumatori, sia a livello nazionale che internazionale. Si sta prendendo lentamente coscienza del fatto che la contraffazione ha una triplice lettura a seconda dei soggetti interessati, poiché rappresenta un furto per le imprese colpite, un danno per lo Stato e un crimine contro la società civile. Nei confronti dell’impresa che vede i propri prodotti oggetto di contraffazione c'è, con tutta evidenza un reato di furto, ben più grave di una semplice appropriazione indebita: furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro 83 ovvero furto della reputazione di una “Casa” e spesso della ricerca, della creatività e della comunicazione che stanno alla base del successo di un prodotto. E’ evidente che il contraffattore, in questo modo, ruba profitti e lavoro43 a chi produce e vende nella qualità e per la qualità. Negli anni ‘80 molte dei marchi vittime della contraffazione amavano sostenere che la contraffazione non era altro che una conferma del successo44. Col tempo si è capito che questa interpretazione fosse solo un “autogoal”; ora che il fenomeno ha assunto proporzioni enormemente più preoccupanti, pochi sostengono ancora tesi così trionfalistiche e arroganti. La contraffazione comporta danni gravi e può condurre all’insuccesso: così facendo, l’originalità creativa viene usurpata, lo stile deteriorato e la distribuzione stravolta dal contraffattore. Infine, non va trascurato che, il cliente in buona fede, viene di sicuro tradito e talvolta addirittura potrebbe essere indotto nel futuro ad approcci pregiudizievoli nei confronti del marchio. In merito ai danni per lo Stato e la collettività, c’è da dire innanzitutto che si tratta di un danno economico diretto. Di fronte a un giro d’affari45 calcolate in 8 miliardi di euro per il solo 2007 in Italia, c’è un’evasione fiscale e contributiva totale in proporzione impressionante. 43 Negli ultimi anni, il mercato del falso ha causato la perdita di almeno 270mila posti di lavoro. http://www.patnet.it/, La contraffazione oggi in Italia, di Carlo Guglielmi, Presidente di Indicam,14 Novembre 2001. 45 http://www.indicam.it/contraffazione.html; http://www.indicam.it/numeri.html; 44 84 A queste perdite economiche dirette si sommano voci indirette come i costi sociali, inclusa la totale assenza di sicurezza sul lavoro, e di ordine pubblico, nonché quelli d’immagine per il “Sistema Italia”. E questi ultimi sono in realtà monetariamente molto concreti: il fatto che l’Italia sia uno dei principali centri produttivi e distributivi della contraffazione se da un lato non favorisce gli investimenti delle imprese estere nel nostro paese, anzi lo stesso Paese viene esposto a dure sanzioni commerciali da parte dei nostri più importanti partner commerciali e nello stesso tempo si allunga l’ombra del dubbio o del sospetto sul "Made in Italy" (estetica, stile, beni di lusso, fama dei prodotti alimentari…) legittimamente esportato. Per quanto riguarda la società civile, le parole che bastano ad illustrare i danni non abbisognano di lunghi giri di parole, ma il conto è pesante: sfruttamento del lavoro nero, complicità forzata richiesta a chi lavora, a qualsiasi livello, nella contraffazione e sua conseguente ricattabilità, produzione di denaro “in nero” e, simmetricamente, riciclaggio di denaro sporco. In definitiva, connessioni non occasionali fra mondo della contraffazione e criminalità organizzata, dando vita ad un sistema capace di autoalimentarsi, in quanto il mercato della contraffazione è sostenuto dal crimine e a sua volta alimenta il crimine. E’ quest’ultimo aspetto che va sottolineato in particolare: la contraffazione rappresenta per la criminalità organizzata una remunerativa area di investimento al pari della produzione e dello spaccio di droga, della gestione della prostituzione e del gioco d’azzardo, del controllo dell’immigrazione clandestina e del lavoro nero. 85 Non solo, ma a prescindere dalle ovvie “sinergie” fra alcune di queste attività, la contraffazione ha la fortuna, dal punto di vista della malavita, di essere considerata con particolare indulgenza dall’opinione pubblica e, talvolta, dalle istituzioni stesse. Questo fa sì che la contraffazione sia per la criminalità organizzata un “investimento” più sicuro e meno rischioso, e perciò tanto più pericoloso. I disastri prodotti dalla contraffazione sono l’esatto opposto dei benefici prodotti dalla sana concorrenza, in cui i produttori competono l’uno contro l’altro per il favore del consumatore sulla base della qualità e del prezzo. Lo scopo del contraffattore è quello di realizzare guadagni attraverso l’inganno, assumendo fraudolentemente l’identità di un produttore famoso ed affidabile, in modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di buona qualità. Il contraffattore non ha nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali impiegati, nonché nei sistemi di controllo qualità degli oggetti prodotti tantomeno nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione o sviluppo di tecniche di comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti. Egli ha così costi molti più bassi del produttore originale, la cui principale preoccupazione è quella di conquistarsi e mantenere una solida fama legata alla buona qualità dei propri prodotti. Il contraffattore sarebbe dunque nella posizione di vendere la propria produzione a prezzi molto più bassi, ma pur sempre eccessivi rispetto al valore intrinseco del prodotto, rispetto al produttore originale. 86 Nella maggior parte dei casi, tuttavia, egli tenderà a confondersi con il prodotto originale46 anche nel prezzo, massimizzando il proprio profitto in modo parassitario, attraverso risparmi effettuati non solo sui costi dei materiali del prodotto, ma anche su quelli del lavoro, con la totale evasione di ogni spesa previdenziale e contributiva a favore dei propri dipendenti nonché di ogni imposizione fiscale. Può anche capitare che articoli contraffatti siano venduti a prezzi molto più bassi di quelli autentici, o, al contrario, che esistano prodotti di imitazione la cui qualità si avvicina a quella degli originali. In linea di massima però, la bellissima borsetta firmata o il cd d’occasione, che vengono venduti a prezzi ragionevoli, ne valgono ancor meno, per non parlare dei prodotti più tecnici, come i pezzi di ricambio o i medicinali, che sono di una qualità così scarsa da poter rappresentare un pericolo mortale per chi li usa. E’ da ingenui pensare che i contraffattori agiscano nell’interesse dei consumatori, quando mettono in commercio prodotti “firmati” che a prezzi normali sarebbero inavvicinabili, come se adempissero con una perversa vocazione alla missione di diffondere lusso e cultura. La verità è invece che: benessere, soddisfazione e sicurezza del consumatore sono l’ultima delle preoccupazioni del contraffattore47. 46 Si è sempre pensato che la differenza fra un accessorio di lusso e un altro comprato al mercato fosse nei materiali e nei costi di produzione. Non è sempre così, succede che si vende a 3500 quello che costa 100, e se vogliamo esagerare 150. Qualcuno le può chiamare regole di mercato, ma il fatto è che si risparmia sulla parte artigianale, cioè quella che da valore aggiunto alla griffe e all’etichetta. Eppure chi la indossa di solito ignora che a monte non ci stanno le mani esperte e raffinate di un artigiano, ma quelle di un clandestino. 47 Fin dal lontano 1987, la rivista “California Business” ebbe modo di segnalare un’inchiesta giudiziaria relativa al commercio di ricambi per motori d’aereo contraffatti, da cui risultava che essi non rispondevano alle norme costruttive di sicurezza stabilite dalle autorità americane. La Federal Aviation Authority ha attestato che 166 sono gli incidenti aerei causati da ricambi contraffatti. Numerose sono le segnalazioni, tanto in paesi in via di sviluppo, come la Nigeria, il Kenya, la Siria e altri, quanto in paesi altamente industrializzati come la Gran Bretagna, gli Usa, il Canada, la Spagna, la 87 Se da un lato la commercializzazione di merci contraffatte produce danni inestimabili alle aziende titolari di un rinomato segno distintivo che rispettano le leggi, dall’altro lato inganna e arreca rischi al consumatore, il quale non solo spende inutilmente i propri soldi per acquistare un “falso”, poiché non può far valere alcuna garanzia presso il titolare del marchio in questione, ma mette possibilmente a repentaglio la propria salute o la propria sicurezza48, ad esempio, facendo uso di medicinali con un principio attivo diverso da quello indicato o utilizzando pneumatici contraffatti che possono causare gravi incidenti. Certamente dal punto di vista del consumatore, il rischio di acquistare prodotti contraffatti è assai alto, specie se non si è esperti nell’acquisto di determinati prodotti. L’invito, valido in tutte le tipologie di mercato, è quello dettato dal buon senso di fare molta attenzione durante l’acquisto di un bene, controllando le etichette e soprattutto, laddove vi fossero, alle certificazioni di qualità. Germania, la Francia e naturalmente l’Italia, di un gran numero di produzioni contraffatte che vanno dalle pastiglie dei freni per automobili e veicoli industriali, agli utensili per bricolage, dalle prese elettriche ai detersivi, dagli insetticidi ai filtri dell’aria o dell’olio per motori a scoppio. Caratteristica comune di tutte queste produzioni è il prezzo lievemente più basso sul mercato all’ingrosso, che invita intermediari commerciali disonesti e senza scrupoli a speculare sulla differenza di prezzo, la somiglianza perfetta o quasi della confezione, che trae in inganno il consumatore anche quando vi si soffermi, e la totale inadeguatezza a qualsiasi norma di sicurezza. 48 http://www.vostrisoldi.it/ Un’indagine dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, ha rilevato che il 2.6% dei bimbi ricoverati nella struttura tra il 2002 e il 2003, si era lesionato con giocattoli non a norma. Tratto dall’articolo “Contraffazione e pirateria, in Europa siamo i primi” 88 3.2 E-COMMERCE IN CRESCITA E CONTRAFFAZIONE DILAGANTE. 3.2.1 L’ANGOLO PIU’ OSCURO DEL COMMERCIO VIRTUALE Si è già discusso della crescita che ha interessato l’e-commerce e che in questi ultimi anni sta coinvolgendo una forma particolare: le aste online. Lo stesso trend positivo sta conoscendo un’altra tipologia di commercio: quello del falso. Questo storico e quanto mai affermato business, secondo le ultime stime49, può essere riassunto attraverso il fatto che la quota di vendite di merci contraffatte, sull’intero commercio mondiale, si aggira intorno al 10%, con un incremento mondiale stimato del 1.850% circa tra il 1993 ed il 2006. Tenendo conto anche di quelli prodotti e consumati all’interno della stessa area doganale, il totale potrebbe più che raddoppiare. Come già detto, solo in Italia, l’industria del falso movimenta annualmente somme intorno agli 8 miliardi di euro, il che pone la nostra penisola al primo posto a livello europeo ed al terzo a livello mondiale per la produzione di beni contraffatti. A fare il punto della situazione sullo stato attuale della contraffazione, industriale e commerciale, in Italia è stata una ricerca realizzata dall’Istituto Piepoli e da Confcommercio50. 49 Elaborazioni World Trade Organization e ricerche dell’OCSE, diffusa in primavera 2007 Ricerca presentata anche nella sede di Confcommercio a Roma nel corso del convegno: “Un mercato contraffatto, un danno certo per le imprese un rischio per i consumatori” 50 89 La produzione di “falsi” in Italia, secondo la ricerca, risulterebbe strettamente legata agli stessi distretti industriali che operano nella produzione “legale” ed il ruolo dei “centri del falso” italiani sarebbe cambiato, non limitandosi più questi ultimi alla mera produzione, ma anche alla rifinitura, marchiatura e smistamento delle merci. I canali attraverso cui vengono veicolati i prodotti contraffatti, sono gli abusivi, in gran parte stranieri ed internet. Proprio quest’ultima avrebbe assunto un ruolo primario nel dilagare della contraffazione, al punto che vi sarebbe merce illegale in oltre 30% delle vendite online51. Inoltre, ammontano a 14.369 le denunce per truffe telematiche52 e 5.432.548 di euro i danni agli utenti53 La sfuggevolezza della rete, sembra quindi offrire in particolare ai falsari taluni strumenti vantaggiosi come l’anonimato, poiché anche un discreto informatico può occultare, facilmente, la vera identità dei proprietari, la flessibilità, infatti server dei siti possono essere spostati, in brevissimo tempo, da un Paese all’altro, in base alle leggi più favorevoli, la grandezza del mercato realmente globale, un target potenzialmente illimitato e la possibilità, volendo, di ingannare facilmente i consumatori54. 51 INDICAM, Indagine Piepoli per Confcommercio, ISTAT Di cui il 44% riguarda la manipolazione di aste. 53 Dati della Polizia postale e delle comunicazioni relativi al 2007, aggiornati al 18/03/08 54 Come sottolinea l’Ocse nel rapporto “The Economic Impact of Counterfeiting and Piracy” in merito ai vantaggi che offre internet www.oecd.org/dataoecd/11/38/38704571.pdf Per avere un’idea della vastità di offerta, basta digitare su Google o qualsiasi altro motore di ricerca la parola “bag”, ad esempio, insieme a “replica” o “fake”. I siti hanno nomi e slogan che non lasciano dubbi: Bagsmerchant.com promette “cheap replica bags” (borse finte a buon mercato), Bagdo.com “designer bags for less”. I prezzi vanno dal 5% al 10% dell'originale: chi compra su questi siti difficilmente potrebbe asserire di essere in buona fede. 52 90 L’AICEL55 evidenzia come il fenomeno sia tale da ledere l’intera economia nazionale e soprattutto il buon nome di un ambito, quale l’e-commerce, già fortemente osteggiato. L’indice è puntato in particolare contro le aste online, che si svolgono indisturbatamente sotto gli occhi di tutti, senza alcun tipo di controllo fiscale e più in generale legale, favorendo il crescere del fenomeno in più categorie di merce. Però, come ha spiegato il presidente dell’associazione, Andrea Spedale: <<I negozi online regolari, sono soggetti a verifiche puntuali e controlli certosini. Motivo per cui questo tipo di illegalità danneggia in primo luogo proprio gli operatori professionali del settore>>. Un risvolto preoccupante quindi, che dovrebbe far riflettere chi cerca in rete unicamente il low price senza guardare al tipo di merce venduta ed al contesto in cui avviene la compravendita. Cattive notizie56 arrivano anche dal fronte internazionale, infatti, con pochi investimenti nello sviluppo e troppa pirateria, è questa l’immagine dell’Italia che esce da una classifica stilata dalla EIU57. I mali del nostro Paese che rendono assai poco confortante la radiografia dell’Information Technology italiana sono: competitività in calo58, pochi investimenti 55 Associazione Italiana del Commercio Elettronico, punto di riferimento per i commercianti del settore. 56 http://delleconomia.it, tratto da: “L’Economist boccia l’IT italiano”, 15 settembre 2008. A pesare sull’IT italiano, spiegano i ricercatori dell’ “Economist”: <<è soprattutto la scarsa competitività e trasparenza dell’intero sistema paese, nonostante le riforme introdotte nei primi anni '90 abbiano ridotto i rischi operativi per le imprese, si è trattato di misure non strutturali e diluite nel tempo, che non hanno risolto le debolezze del sistema, come l’efficacia governativa, il funzionamento del mercato del lavoro, l’incertezza legale e normativa e la mancanza di competitività>>. 57 L’Intelligence Unit dell’Economist, che ha lavorato per conto della Business Software Alliance, l’organizzazione che raggruppa le maggiori aziende dell’Information Technology, tra cui Apple, Microsoft e Adobe, e che si occupa di promozione della cultura informatica e, soprattutto, della lotta alla pirateria. 91 nella ricerca e nello sviluppo59, grande diffusione a tutti i livelli della pirateria informatica e contraffazione, dovuta anche alla notevole carenza di personale qualificato, soprattutto se si tiene a mente che il settore dell’IT, in buona salute, può arrivare potenzialmente a contribuire direttamente per oltre il 5% del PIL dei Paesi più sviluppati, oltre a influenzare positivamente tutta l’economia, aiutando aziende e lavoratori a essere più efficienti e produttivi. La classifica mondiale di competitività60 IT per il 2008 colloca l’Italia solo al 25° posto61, segnando, a vantaggio di Spagna e Estonia, un calo di due posizioni rispetto al 2007. In definitiva, il livello d’informatizzazione è penalizzato dalla scarsa fiducia che la popolazione italiana ripone nelle nuove tecnologie, un atteggiamento a cui non poteva sottrarsi, anzi, che trova proprio riscontro soprattutto nei confronti dell’e-commerce62. C’è poi l’annoso problema dello scarso rispetto dei diritti della proprietà intellettuale. 58 la penetrazione di Internet interessa solo il 54% della popolazione; per fortuna va meglio alle imprese: il 91% si è da tempo “convertito” all’utilizzo di internet per i servizi bancari e finanziari e il 95% possiede un sito per comunicare online con il pubblico Il valore totale delle vendite online nel 2007 è stato, infatti, di 5.33 miliardi di euro, vale a dire l’1% del valore del commercio “tradizionale” nello stesso periodo. Dolenti note anche per le infrastrutture informatiche, infatti con 37 computer e 18 connessioni a banda larga ogni 100 abitanti, l’Italia si accomoda decisamente al di sotto della media europea. 59 Gli investimenti nella ricerca e lo sviluppo, tanto nel privato, con circa 147 dollari ogni cento persone (un valore, al di sotto di quello riportato in altri paesi europei: la Svezia, ad esempio, spende 948 dollari ogni 100 abitanti) quanto nel pubblico che ammontano circa a 55 dollari per ogni 100 abitanti, (un valore di investimenti governativi nella ricerca simile a quello di paesi come la Slovenia e la Repubblica Ceca), sono bassi, e sarebbe necessario incrementarli. 60 Per realizzare la classifica è stato creato un indice di competitività che prende in considerazione 6 fattori: cultura dell’innovazione, infrastrutture tecnologiche, disponibilità di personale qualificato, quadro normativo sulla proprietà intellettuale, competitività del sistema paese e leadership governativa. L’Italia non figura fra le venti nazioni più avanzate in nessuna delle sei aree. Per l’Italia il valore dell’indice è di 45.6 su 100, ben lontano dal 74.6 degli Stati Uniti e anche, seppur di poco, inferiore anche alla media Unione Europea pari a 48.4. 61 A guidare la classifica sono gli Stati Uniti, mentre il nostro Paese l’Italia, che risulta l’unica delle grandi economie a non rientrare nelle prime 20 posizioni, è negli ultimi posti anche in Europa, peggio di noi, tra i paesi europei presi in esame dalla ricerca, solo il Portogallo, al 27° posto, e la Grecia al 33°. 62 La mancanza di una cultura tecnologica condivisa si riflette anche nella carenza cronica di personale qualificato che le aziende dell’IT si trovano ad affrontare, nonostante il settore occupi circa 700mila persone, sono solo 155mila gli studenti che optano per una facoltà scientifica: un numero basso, data la dimensione della popolazione 92 I tassi di pirateria e contraffazione italiani sono tra i più alti dell’Europa occidentale, e il paese stesso è uno dei maggiori esportatori di merci contraffatte. Un male questo che si ripercuote sull’IT italiano, potenzialmente settore cruciale, sottraendo guadagni ai possessori di brevetti e creando sistemi instabili perché fuori controllo. In Italia l’e-commerce e soprattutto il mercato delle aste online necessiteranno quindi di una regolamentazione e una legislazione urgenti che, a fronte di guadagni derivanti da intermediazioni commerciali, obblighino i gestori di spazi web al pagamento al versamento delle imposte nel nostro Paese; assunzione delle responsabilità; retribuzione a proprie spese di consulenti informatici privati per arginare i reati commessi nelle loro piattaforme, soprattutto al fine di far intervenire gli esperti delle forze dell’ordine solo nei casi più gravi, e con un adeguato compenso all’amministrazione dello Stato. 3.2.2 IL TERRIBILE SOSPETTO SULLE ASTE ONLINE Su un paio di jeans si possono risparmiare decine di euro, quasi un centinaio su una fotocamera…e tutto senza estenuanti tour de force tra grandi negozi a caccia del prezzo migliore, piuttosto bastano un computer, un collegamento ad internet, un browser e l’iscrizione ad un sito. Ma c’è un rovescio della medaglia necessario, anzi doveroso, da conoscere: cioè quello che, così come possa trattarsi di prodotti originali, allo stesso modo potrebbe 93 trovarcisi dinnanzi un’imitazione, poiché oltre a commercianti onesti, anche altre tipologie di utenti si sono riversati, a dire il vero già da diversi anni, su internet. In effetti l’assenza di contatto diretto e la mediazione tramite strumenti di comunicazione facilmente manipolabili, nonostante i sistemi di sicurezza, ha incentivato l’ingresso sia di galantuomini che di truffatori. La virtualità rende più semplice il perpetuarsi di truffe63, come l’aggiudicarsi un prodotto diverso da quello descritto o, peggio ancora, il pagare un oggetto che, non sarà mai spedito all’acquirente. Un certo grado di sicurezza dell’impunità è garantita sia agli utenti, poiché non si vedono tra loro, essendo comodamente seduti davanti al proprio pc, sparsi in qualunque parte del mondo, sia agli oggetti messi all’asta, i quali non possono essere visionati dal vivo, così ci si accontenta solo di visionare delle immagini digitali che, a volte di cattiva qualità, li riproducono. Inoltre, il loro reale stato di conservazione e usura può essere verificato solo nel momento in cui li si riceve. D’altro canto se è vero che un’asta online offre la possibilità aggiudicarsi un oggetto che si trova molto distante da dove si vive, aspettando poi che il corriere lo recapiti comodamente a casa, è altrettanto vero che in questo modo si può acquistare un oggetto per il quale non è prevista la distribuzione nella propria nazione64. Insomma, vantaggi, svantaggi e peculiarità, nonché minori restrizioni, di un’asta online sono davvero molti, e quelli che sono citati sopra ne rappresentano un’estrema 63 Nelle aste tradizionali, al massimo si tratta di casi più unici che rari, ci si può aggiudicare un’opera d’arte che poi si rivela essere un falso. 64 http://punto-informatico.it/, è il caso della vendita incontrollata in rete, in alcuni casi tramite aste online, di Taser, le famose pistole elettriche usate dalla polizia americana, e non solo, per immobilizzare i criminali, e di altre armi bianche di varia grandezza. 94 sintesi, ma diventando utenti se ne scoprono molti altri e, per fortuna, si scoprono abbastanza presto anche le limitazioni, o se vogliamo, i problemi che accompagnano questi sistemi. A tal proposito, la panoramica degli abusi e degli illeciti più frequenti65 perpetrati sarebbe la seguente: • Oggetti pagati e mai ricevuti; • Identità clonate; • Inserzioni cancellate e utenti sospesi senza motivazioni plausibili; • False griffe a costi risibili e cd copiati di artisti vari; • Compravendite tra minorenni; • Prodotti di fama taroccati66 ; • Bagarinaggio, software-spia, sim anonime in offerta; • Automobili di lusso inesistenti; • Prodotti miracolosi per la salute, consulti esoterici, sostanze allucinogene; • Articoli rubati e ricomparsi online67 65 http://www.antiebay.net/primo.htm; http://www.intertraders.eu; Comunicato stampa Telefono AntieBay (osservatorio di Telefono Antiplagio sulle compravendite online) del 1° rapporto annuale per quanto concerne i rischi connessi con l’e-commerce relativamente a truffe ed abusi nel mercato delle aste telematiche e in particolare sugli illeciti perpetrati sulla piattaforma italiana di eBay. Secondo le statistiche stilate su un campione di 400 segnalazioni raccolte dal gennaio 2007 i soggetti sulla base dei quali è stato stilato il rapporto, avrebbero un'età media di 35 anni e si caratterizzerebbero per l’appartenenza alle seguenti categorie: Titolo di studio: Licenza elementare 9%, Media inferiore 25%,Diploma 40%,Laurea 26%. Sesso: Uomini: 45%, Donne: 33%, Minori: 22%. Tipologia di soggetti: Venditori: 56%, Acquirenti: 44%. 66 Si veda il caso “Gronchi rosa” 67 per danni complessivi pari a circa 140 mila euro. 95 I dati, si legge dal comunicato: <<rivelano una vera e propria piaga sociale che coinvolge e danneggia migliaia di utenti, molti dei quali cominciano a sporgere denuncia e a chiedere risarcimenti>>. L’industria della contraffazione e la categoria dei truffatori sembrano, quindi, aver trovato nel commercio elettronico il loro sbocco naturale, e le varie piattaforme virtuali a loro volta, ricavano in ogni modo, così come dalle vendite lecite, anche da questo commercio, proventi e commissioni tali che spesso potrebbero essere tentate a chiudere volentieri un occhio. E anche due se necessario. Contrariamente a quanto si può pensare, infatti, la truffa più diffusa non é quella “pura” del malfattore che incassa i soldi per merci che non spedisce, bensì quella dei prodotti contraffatti. Migliaia di aziende nel mondo producono beni di marca rigorosamente falsi e spesso ben imitati che, attraverso aziende di import-export, passano da uno stato all’altro, per essere immessi direttamente nei vari canali di commercializzazione, tra i quali non disdegnano quello telematico. Il giro delle merci taroccate, in alcuni casi, costituisce una delle principali fonti di profitto delle piattaforme ed é spesso la ragione della quasi inerzia di alcuni siti in materia di sicurezza; infatti regole più severe impedirebbero la registrazione delle imprese o dei privati che operano sui portali con dati falsi e che, oltre a frodare gli acquirenti, evadono fisco, dogana e movimentano enormi quantità di danaro attraverso i continenti sottraendosi ad ogni forma di controllo. Quanto detto, diventa ancora più significativo, se si pensa che il 56% dell’abbigliamento venduto online è contraffatto, vale a dire un valore che si attesta 96 intorno ai 60 milioni di euro68 e che il 20%69 del business riguarda i prodotti del settore moda-abbigliamento. Chi si dedica all’e-commerce per lavoro o per passione sa bene che non vi sono praticamente più limiti al tipo di merce acquistabile in rete, ma consapevoli di ciò ne sono anche i venditori abusivi di tutto il mondo, in particolar modo quelli di Paesi in via di sviluppo, che esportano di continuo merce a basso prezzo in Stati dove i corrispettivi risultano più elevati per i più disparati motivi (beni provenienti da Paesi con monete più “deboli” e quindi con prezzi profittevoli nei Paesi importatori che spesso presentano prezzi inflazionati; prodotti con marchi identici ma con prezzi più bassi poiché qualitativamente differenziati dall’azienda produttrice per caratteristiche proprie del mercato; beni riprodotti in modo fedele agli originali, ad eccezione dei segni distintivi, e venduti come repliche a prezzi decimati). In questo modo si vengono a realizzare in molti settori dei veri e propri mercati “paralleli” e di sicuro più convenienti rispetto a quelli ufficiali. Uno degli ambiti particolarmente gettonati negli ultimi anni è quello relativo ai medicinali70 e ai prodotti naturali: articoli vietati in alcuni Paesi o soggetti a prescrizione medica, che tramite Internet giungono tranquillamente nelle case dei consumatori “bypassando” anche i più rigidi controlli doganali. 68 http://www.confcommercio.it Secondo i dati di Indicam, la contraffazione online riguarda ciascun settore in queste percentuali: 5% orologi, 6% industria farmaceutica, 10% profumeria, 25% audio-video, 35% software. 70 http://medicine.plosjournals.org, studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Plos Medicine”, in merito all’aumento nella vendita di farmaci contro l’obesità e l’impotenza. Il dato più preoccupante è il forte aumento delle contraffazioni di medicinali: l’Organizzazione Mondiale della Salute, stima che il 10% dei medicamenti consumati nel mondo siano contraffatti, con punte del 30% in Brasile e del 60% in alcuni Stati africani. L’Europa non è immune al fenomeno: gli uffici doganali dell’UE stimano che circa il 10% degli oggetti falsi bloccati alle frontiere sono medicinali. Questi prodotti spesso vengono integrati con sostanze nocive non dichiarate sulle confezioni. L’Organizzazione mondiale della Sanità afferma che una pillola su dieci nel mondo è contraffatta. Tra 500 mila e un milione le persone che morirebbero ogni anno per questo motivo 69 97 In queste circostanze stendere una lista dei prodotti incriminati71 è tuttavia difficile, ma altri studi per diversi settori mostrano la stessa inclinazione: merce che una volta ordinata dall’altra parte del globo arriva quasi sempre a destinazione, sfuggendo persino ai controlli doganali72. Il mercato parallelo più ampio e florido resta quello legato alla ricettazione, un illecito di sempre, che, però, in internet trova un abile alleato in quanto permette ad ignari acquirenti di comprare prodotti informatici e casalinghi ad un terzo del valore reale. Così, in pochi anni, la contraffazione su larga scala, la sofisticazione delle imitazioni, la mancanza di rigidi controlli dovuti tanto alle dimensioni globali quanto ai canali utilizzati del fenomeno, e non da ultimi la difficile gestione delle eccedenze produttive e il consumismo, inteso come ricerca di prodotti di marca sostenuti da un'ampia pubblicità, hanno creato il terreno fertile per uno sviluppo colossale della contraffazione di prodotti di lusso assicurando agli autori lauti profitti. Oltremodo, l’intangibilità sembra aver cambiato anche la percezione del fenomeno, infatti in passato l’immagine della contraffazione dei prodotti era un qualcosa sostanzialmente esplicito e manifesto, ovvero riconoscibile, un’occasione a cui ci si concedeva in modo consapevole e consenziente, poiché la stessa ridicola “location” portava a considerarli, senza pretese, per quello che erano: veri e propri falsi. Oggigiorno, invece, i prodotti contraffatti inseriti nelle aste online, tanto da piccoli utenti quanto dai “professionisti”, godono di una artificiale serietà che pare 71 Esistono copie illecite di prodotti farmaceutici, pezzi di ricambio di auto, giocattoli, CD, bibite, alimentari, abbigliamento, accessori, e via dicendo, persino alcune tipologie di stupefacenti e numerose specie animali ordinabili comodamente da casa su appositi siti “ad accesso limitato”. 72 In molti casi i venditori nascondono la merce illegale tra quella in regola o utilizzano speciali tipologie di imballaggio in grado di “schermare” il contenuto dei pacchi e renderlo invisibile agli strumenti di rilevazione in dotazione agli uffici postali e doganali., ma ancor più frequente è l’aiuto degli spedizionieri o degli impiegati addetti ai controlli pratica questa molto diffusa nei Paesi più poveri. 98 trasformare la vecchia equazione poco costoso uguale a falso ad una nuova idea per cui “e-conomico” è diventato sinonimo di affare! 3.3 LA LOTTA E GLI STRUMENTI Combattere il mercato del falso è davvero chimerico, come intento, ancor di più quando i falsi viaggiano in Internet. Malgrado negli ultimi anni, in molti Paesi, siano state varate leggi per combattere i falsari, il mercato del falso rimane un piatto appetibile per la criminalità organizzata e non solo. Tuttavia, le forze dell’ordine si impegnano di continuo a far rispettare tali normative, basti pensare che nell’intero 2007 la Guardia di Finanza73 ha sequestrato oltre 111 milioni74 di prodotti contraffatti, di cui 23 milioni75 non rispondevano agli standard di sicurezza comunitari76, con un aumento del 363% rispetto allo scorso anno77, e denunciate all’autorità giudiziaria 217 persone78. 73 www.guardiadifinanza.it Al 15 settembre 2008, cioè nei primi otto mesi dell'anno, sono stati chiusi 17 siti web impiegati per vendere online prodotti contraffatti e sono stati sequestrati oltre 50 milioni di articoli falsi; mentre le persone denunciate all'Autorità Giudiziaria per reati connessi all'industria del falso sono state circa 11.000, delle quali 250 tratte in arresto. 74 111.699.846 75 23.403.716 76 Oltre alle tonnellate di tabacchi sequestrate e ai prodotti contraffatti o insicuri per i consumatori, sono state sequestrate 20,3 tonnellate di stupefacenti e 107.200 apparecchi da intrattenimento 77 Tratto da Help Consumatori - articolo del 12 dicembre 2007 Sono alcuni dei dati resi noti dalla Guardia di Finanza, illustrate dal Generale Vicanolo e dal Comandante Generale Cosimo D’Arrigo, nel corso dell’annuale incontro con la stampa e bilancio dell’attività di fine anno. 78 Mentre 69 persone sono state raggiunte da ordinanza di custodia cautelare. 99 Sul versante della lotta all’evasione79, il consuntivo delle verifiche fiscali ha scoperto 27,7 i miliardi di euro di base imponibile sottratta al fisco, cui si aggiunge un’IVA evasa di 4,2 miliardi80, e rilievi IRAP per 13,5 miliardi81. Va sottolineato che le strategie adottate, hanno provocato l’emersione di ben 23 miliardi di euro di maggior gettito derivante da tributi precedentemente non versati dai contribuenti delle varie categorie economiche. Se, come precedentemente affermato, la commercializzazione di prodotti contraffatti e non conformi alle norme è uno degli ostacoli che maggiormente rallentano lo sviluppo di un mercato competitivo ed efficiente, oltremodo nel settore delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, questo stesso fenomeno assume un’importanza ancor maggiore, perché si lega indissolubilmente al fatto che può comportare rischi evidenti per clienti e utilizzatori.82 Per contrastarne l’importazione, un ruolo fondamentale è svolto dall’Agenzia delle Dogane83 che, in collaborazione con tutti gli attori della filiera, promuove metodologie attive di controllo delle importazioni, per combattere una pratica lesiva e controproducente. Proprio per la finalità suddetta, ma con maggiore efficacia, è nato il nuovo circuito di tutela doganale84, che stabilisce procedure integrate basate sull’utilizzo estensivo 79 al 30 novembre del 2007 con un aumento del 78% in più rispetto allo scorso anno 75% in più rispetto al 2006 81 44% in più rispetto al 2006 82 Settore di competenza della Federazione ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche, aderente a Confindustria). 83 Nel 2004 sono stati sequestrati in Italia oltre 650.000 pezzi di materiale elettrico, rispetto ai 150.000 del 2003 e i 139.000 circa del 2002 84 In ottemperanza del nuovo Regolamento CE di applicazione del 1 luglio 2004 Federazione ANIE in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e con l’IMQ (Istituto Italiano del Marchio di Qualità) ha organizzato il convegno sul tema “Come fare cosa per tutelare la tua azienda ed il consumatore dalle importazioni di prodotti contraffatti e non sicuri: il ruolo dell’Agenzia delle Dogane”, presso la sede IMQ a Milano, 20 gennaio 2005. Durante l’incontro si è discusso del problema e illustrato agli operatori il ruolo dell’autorità doganale. 80 100 delle tecnologie telematiche, banche dati e sistemi web-based di raccolta e circolazione delle informazioni. L’intervento coordinato dell’Agenzia delle Dogane ha previsto, tra le altre misure, l’attivazione di una banca dati multimediale dei prodotti autentici, denominata F.A.L.S.T.A.F.F.85, in funzione dal luglio 2004, inserita nel sistema informativo A.I.D.A.86 dell’Agenzia, e viene alimentata dalle richieste di tutela presentate dai titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Il sistema, consente di riconoscere i prodotti originali, individuare quelli contraffatti e le strategie di frode, alimentando automaticamente la banca dati e acquisendo in tal modo conoscenze sempre maggiori. La loro diffusione tramite un sofisticato sistema di codifica delle informazioni collegate automaticamente alle dichiarazioni doganali, grazie all’accumulo di informazioni conseguenti alle richieste di intervento da parte degli utenti, permette al 85 Fully Automated Logical System to Against Forgeries Frauds Il progetto di lotta alla contraffazione, elaborato dall’Agenzia delle Dogane, che si concretizza nella costituzione di una banca dati multimediale è alimentata dagli stessi titolari del diritto, e consente, di confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con le caratteristiche dei prodotti originali. In sintesi, ogni azienda che richieda un intervento di tutela di un proprio prodotto genera, nella banca dati, una scheda in cui possono inoltre essere registrate, per ogni prodotto, tutte le informazioni di carattere tecnico che lo contraddistinguono. Della banca dati fanno parte anche le immagini del prodotto e la “mappa” dei suoi itinerari doganali. I funzionari doganali possono interrogare la banca dati ottenendo risposte in tempo reale e possono avvalersi, per le richieste di intervento, dei tecnici delle associazioni di categoria e/o degli enti di certificazione della qualità dei prodotti posti sotto tutela. La banca dati si integra, inoltre, con il Circuito Doganale di Controllo e permette di definire ulteriori profili di rischio a cui sono collegate specifiche azioni per la tutela dei prodotti protetti da marchio. Il Circuito Doganale di Controllo analizza, in tempo reale, tutte le dichiarazioni di importazione ed esportazione presentante in dogana e le indirizza automaticamente ai canali di controllo abbinati ai profili di rischio elaborati anche in base ai parametri indicati, nelle schede, dalle aziende. Con questa realizzazione l’Agenzia delle Dogane ha già dato risposta concreta ad alcune delle esigenze più pressanti emerse nel corso del primo congresso mondiale sulla lotta alla contraffazione: identificare il maggior numero possibile di prodotti e strategie di contraffazione ed intervenire il più rapidamente possibile; obiettivi, questi, raggiungibili solo con strumenti telematici. 86 Automazione Integrata Dogane e Accise 101 sistema di apprendere in modo progressivo, migliorando l’efficienza dell’intero circuito. L’associazione dei dati che collegano tipologie di prodotto, paese di importazione, dogana di valico e regione di destinazione consente di tracciare percorsi e informazioni relative ai flussi doganali, nonché di intervenire selettivamente nei controlli, aumentando l’efficacia dei vari interventi. Il successo delle operazioni si basa anche in questo caso sulla collaborazione, da sempre auspicata87, tra Autorità doganale e operatori del mercato, ovvero produttori e distributori. Ma se le autorità competenti riescono a vietare la vendita ad esempio di borse false “Gucci” in spiaggia, ciò risulta essere complicatissimo, quando allo stesso modo “Gucci” viaggia in Internet. L’organo comunque preposto, per eccellenza, al controllo e alla repressione dei reati sul web è la Polizia Postale88, che nelle sue articolazioni per argomento, ha uno specifico nucleo che si occupa, appunto, dell’e-commerce. 87 Il Presidente di Federazione ANIE, l’ing. Gian Francesco Imperiali, ha dichiarato: <<La contraffazione uccide il mercato; lottare contro questo fenomeno è una delle nostre priorità, ma vincere è impossibile se a farlo si è soli. Per questo la strada più volte sottolineata da ANIE è la collaborazione con tutti gli enti e i soggetti preposti, e nessuno meglio dell’Agenzia delle Dogane ci può fornire un contributo concreto in tal senso>>. Il presidente IMQ, l’ing. Giorgio Scanavacca, ha aggiunto che: <<grazie ai differenti accordi conclusi con l'Agenzia delle Dogane, il MAP e la Camera di Commercio di Milano si offre un supporto tecnico, in termini di competenza e know-how, ai soggetti preposti alla sorveglianza del mercato ed è disponibile a partecipare a tutte le iniziative che contribuiscono a migliorare la lotta ai prodotti non conformi e contraffatti>>. 88 Il Servizio centrale delle polizia postale e delle comunicazioni ha sede a Roma e coordina 19 compartimenti regionali e 77 sezioni territoriali. Questa organizzazione permette una presenza diffusa su tutto il territorio nazionale. Sono circa 2000 gli uomini e le donne del Dipartimento di Pubblica Sicurezza che mettono a disposizione della Specialità le loro qualifiche professionali, le approfondite conoscenze informatiche e le loro esperienze di polizia giudiziaria. 102 Nell’ottica della lotta alle frodi informatiche, la Polizia Postale è in fase di continua analisi, a causa dello sviluppo delle innumerevoli possibilità commerciali offerte da Internet, soprattutto al fine di valutarne le possibili implicazioni criminali. La mancanza di confini e l’articolata distribuzione di Internet impongono così alle forze di polizia dei singoli Paesi una presenza capillare non solo sul territorio nazionale, ma anche una collaborazione con aziende ed organizzazioni impegnate nel settore a livello internazionale, allo scopo di assicurare la perseguibilità dell’autore di un eventuale reato commesso attraverso la rete. A livello operativo il servizio è organizzato in distinte aree d’intervento quali: • Hacking, attività repressiva della violazione dei sistemi informatici; • Eversione, monitoraggio ed analisi di documenti relativi all’estremismo politico; • E-Commerce, repressione degli illeciti commessi mediante l’uso fraudolento del mezzo telematico; • Telefonia, illeciti in materia di comunicazioni telefoniche; • Illeciti Postali; • Tutela del diritto d’Autore e Pirateria informatica, violazione del copyright e clonazione di smart card di pay tv; • Pedofilia online. Per rendere più incisiva la strategia del contrasto al crimine informatico la polizia postale partecipa, con alcuni suoi rappresentanti, agli incontri e gruppi di lavoro permanenti, istituiti dal Governo o da organismi internazionali89. 89 Tra cui il Gruppo Interministeriale per la sicurezza delle reti, il G8, la Comunità Europea, il Consiglio d’Europa, l’OCSE, l’Interpol, l’Europol. 103 Pilastro fondamentale della divisione operativa è poi costituito dalla sezione dedicata alle collaborazioni e seminari con omologhi Uffici di Polizia90 stranieri e collaterali organismi investigativi impegnati anch’essi nel contrasto al Cybercrime, per raggiungere un concreto, quanto continuo, aggiornamento tecnico-professionale91. Altro importante impegno è quello dispiegato tanto dalle imprese92, attraverso la comunicazione rivolta al grande pubblico, quanto dalle associazioni di categorie, mediante consigli e raccomandazioni. Ad esempio, il CODICI93, ha stilato un utile vademecum, per orientarsi nella giungla degli acquisti online, che consta di 10 regole d’oro destinate a chi ama fare shopping su Internet e vuole approfittare dei prezzi ribassati offerti dai vari siti Web. E’ vero che la lotta alla contraffazione parte sicuramente dall’intervento preventivo delle autorità di controllo e dalla repressione attraverso il sequestro e la distruzione delle merci contraffatte, ma il primo intervento efficace ed efficiente resta quello dei Inoltre collabora con istituzioni quali il Ministero delle Comunicazioni e l’Autorità garante per le comunicazioni e gli operatori privati che si occupano di comunicazioni in genere. 90 In primis F.B.I. ed i Secret Service statunitensi, N.C.I.S britannico e B.K.A. tedesco. 91 Ne è un esempio il potente, sofisticato e innovativo, software della Microsoft, il CETS (Child exploitation tracking system – Sistema di tracciamento contro la pedopornografia), che è ora a disposizione degli esperti della Polizia di Stato per scovare i pedofili nascosti in Rete. CETS consente di “tracciare” i tentativi di adescamento e di condivisione di materiale pedopornografico da parte dei pedofili online, permettendo di raccogliere, elaborare e analizzare i dati e le prove. 92 Le aziende impiegano ingenti capitali per contrastare il mercato del falso, ad esempio Lvmh, il più grande gruppo del lusso al mondo che controlla Louis Vuitton, Fendi ed Emilio Pucci, in un anno investe dai 10 ai 20 milioni di dollari in azioni legali legate alla contraffazione. 93 Centro per i Diritti del Cittadino, associazione dedita alla tutela dei diritti dei cittadini. Usare un browser sicuro, ossia un programma di navigazione noto e aggiornare regolarmente antivirus, firewall e software di sicurezza; Utilizzare password non facilmente crackabili da malintenzionati; Controllare sempre la presenza del lucchetto sui siti web sicuri; Dubitare di siti sconosciuti che promuovono sconti troppo allettanti: mentre si è alla ricerca di occasioni, il rischio di incappare in truffe è maggiore; Prediligere il pc di casa: quello dell'ufficio potrebbe essere meno sicuro nel proteggere i dati delle carte di credito; Controllare che il venditore oltre all’indirizzo di posta elettronica abbia anche una sede con un indirizzo reale e un numero di telefono a cui rivolgersi in caso di problemi legati all’acquisto del prodotto; Prediligere l’uso di carte prepagate; Verificare che sulla proposta di contratto siano presenti le informazioni sul diritto di recesso e sulle modalità per esercitarlo; Ricordare che anche comprando online da venditori italiani, per acquisti superiori alle 25,00 Euro (iva inclusa), vale il diritto di recesso da esercitare entro 7 giorni, a decorrere dalla data di consegna della merce o di sottoscrizione dell’ordine per beni immateriali; Tenere ogni ricevuta ed esaminare ciascun pagamento. 104 consumatori vigili e attenti ad evitare di cadere nella trappola dei contraffattori di marchi ovvero di mercati paralleli, e quindi, non acquistando le loro imitazioni. Quanto scritto, è ancor più difficile quando arrivano i saldi94, momento in cui tanti i negozi in rete, e non solo, offrono a maggior ragione prodotti a prezzi vantaggiosi, che spesso rappresentano degli affari unici per i “cyber-consumatori”, ma che allo stesso tempo potrebbero nascondere altrettante delusioni a portata di mouse. E’ bene, poi, saper valutare con attenzione sia il contesto in cui si acquista la merce, in particolare se chi vende lo fa servendosi di portali d’aste online, dove potrebbe esserci, con maggiore probabilità, la presenza di merce contraffatta smerciabile a prezzi fortemente ribassati, oppure attraverso siti web poco conosciuti, o improvvisati, aperti da poco tempo e con informazioni sul venditore mancanti o incomplete. Appare evidente, oltre a ciò, assicurarsi di conoscere ex-ante le garanzie offerte e le limitazioni95, talvolta pretestuose, poste dai venditori a chi acquista la merce in questione. Sempre nella volontà di diffondere il valore e la cultura dell’anticontraffazione fra gli operatori, le pubbliche autorità, e il grande pubblico, Indicam96 elabora: 94 La presenza di saldi, in ogni modo, non preclude al consumatore la possibilità di avvalersi del diritto di recesso e delle garanzie di cui al D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo). Inoltre il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 al co.3 art. 15 stabilisce, che le vendite di fine stagione: <<riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo>>. Le tante eccezioni presenti in Rete, di chi pubblicizza saldi di fine stagione sulla merce più disparata, pertanto, possono nascondere astuti tentativi di rivendere merce vecchia o difettata. 95 In particolare al rifiuto di accettare il pagamento con carta di credito o con PayPal, all’addebito di commissioni extra a vario titolo o di ingiustificate spese di gestione dell’ordine o di spedizione. 96 http://www.indicam.it, Indicam rappresenta oltre 180 aziende, associazioni, enti, studi professionali, organizzazioni impegnati nella lotta alla contraffazione dei prodotti di marca ed è attivo in Italia e internazionalmente. 105 • iniziative seminariali di informazione, formazione e sostegno destinate alle diverse funzioni aziendali (marketing/commerciale, legale, ufficio stampa, ecc.) volte all’illustrazione di leggi e regolamenti, di tecniche di sicurezza, di procedure per l’elaborazione di strategie anticontraffazione e di protezione dei propri diritti di proprietà industriale in Italia e in paesi stranieri considerati “a rischio”; • convegni e conferenze con relatori italiani e stranieri di alta fama e competenza sugli sviluppi più recenti di argomenti politici, giuridici, tecnici connessi con i diritti di proprietà industriale e la loro difesa, dalle tematiche concernenti le importazioni parallele a quelle relative a Internet, dalle novità legislative e procedurali agli orientamenti delle grandi Agenzie internazionali in tema di Proprietà Intellettuale; • studi e pubblicazioni sull’evoluzione dei fenomeni economici e sociali legati alle diverse forme di violazione dei diritti di proprietà industriale, come la valutazione dell’impatto della contraffazione sulle imprese italiane, gli atteggiamenti della pubblica opinione e dei consumatori in proposito, lo stato della legislazione italiana e internazionale in proposito, gli strumenti tecnici di contrasto. Invece, allo scopo di contrastare la contraffazione, propone in maniera continuativa programmi di aggiornamento tecnico/giuridico rivolti alle forze dell’ordine97 e 97 Coadiuva Forze dell’ordine, quali l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza, la Polizia di Stato, Magistratura e gli altri rami della Pubblica Amministrazione direttamente impegnati nella lotta anticontraffazione 106 programmi di sensibilizzazione98 rivolti alle forze politiche e all’Amministrazione, adoperandosi per un miglioramento delle disposizioni legislative anticontraffazione e per una loro più efficace applicazione In ultima analisi, Indicam, opera sul piano internazionale99 e, al fine di perseguire l’accreditamento e la protezione dei marchi italiani all’estero, svolge missioni conoscitive e di sensibilizzazione presso i Paesi stranieri a forte potenziale contraffattivo, nonché intraprendendo il lavoro di redazione e di aggiornamento di “Elenchi dei marchi notori italiani”. Inoltre sia il Ministero delle Attività Produttive100 e quello dello Sviluppo economico101 che l’Ufficio Italiano brevetti102 sono in prima linea nella lotta alla contraffazione, fenomeno in preoccupante ascesa contro cui approntano difese rapide, efficaci, incisive. A tal proposito, l’I.C.E.103 ha promosso l’iniziativa, d’intesa con l’Università di Tor Vergata, di predisporre sull’argomento una “Guida pratica104” indirizzata alle imprese che l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, segue da vicino, confermando 98 Attraverso un ufficio Stampa permanente in grado di fornire documentazione, testimonianze e commenti qualificati ai media e di collaborare con gli associati in caso di eventi rilevanti, iniziative e strumenti di sensibilizzazione del grande pubblico 99 In collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e quello per il Commercio con l’Estero. Ha recentemente avviato un programma seminariale destinato alla formazione di base in proprietà industriale dei diplomatici italiani all’estero, in collaborazione con l’ “Istituto Diplomatico Mario Toscano”, scuola di formazione del Ministero degli Affari Esteri. 100 Ha istituito l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione ed ha inoltre lanciato, come strumento efficace per la lotta alla contraffazione, una campagna di comunicazione, di tipo educativo, volta a sensibilizzare il consumatore sulle caratteristiche della contraffazione ed i danni che ne derivano per l'economia e per i consumatori stessi. 101 Ha istituito una linea diretta, attiva 24 ore su 24, dedicata al servizio delle imprese e dei consumatori per segnalare casi di contraffazione o violazione delle norme che tutelano il “Made in Italy” 102 http://www.uibm.gov.it/ 103 Istituto nazionale per il Commercio Estero. 104 http://www.uibm.eu/contraffazione/ 107 la vocazione di promuovere, in tutte le sedi, le opportune iniziative a sostegno del “Made in Italy” che ne risulta marcatamente colpito. 3.3.1 IL RUOLO DI EBAY Il problema della contraffazione non riguarda solo eBay ma affligge tutto il settore della vendita al dettaglio tradizionale e quello dell’e-commerce in generale. Pertanto eBay si impegna a ridurre il rischio di frodi e le eventuali esperienze negative a cui potrebbero andare incontro gli acquirenti sul sito a causa della vendita di oggetti contraffatti. La fiducia è alla base delle compravendite concluse sul sito e qualsiasi atto di contraffazione mina il necessario rapporto di fiducia e danneggia tutti. In questo clima di allerta, il principale mediatore del mercato virtuale è così, anch’esso, vittima delle tante irregolarità online, sia per la reputazione danneggiata sia per la mancata fiducia verso il sito e il commercio elettronico in generale. Ogni volta che un acquirente acquista inconsapevolmente un oggetto contraffatto su eBay, l’intero mercato ne paga le conseguenze. Tuttavia, non ci si deve spaventare, in ragione del fatto che, così come avviene in mercati di successo reali, eBay, nel virtuale attrae malintenzionati che cercano di abusare della fiducia e dell’inesperienza dei nuovi utenti. A tal proposito opera sempre applicando i massimi standard per tutelare gli utenti e di conseguenza, tutte le attività che si mettono in essere sul sito, allo scopo di creare una piattaforma che permetta di fare compravendita in assoluta sicurezza ed efficienza. 108 Tutto, in particolar modo, viene affidato ad un complesso, ma ormai divenuto famoso, sistema di feedback105 tra acquirenti e venditori che esprimono, dopo ogni transazione106, un giudizio reciproco sull’affidabilità in generale di chi vende e dei suoi prodotti e, per contro della condotta di chi acquista. Quindi, per ogni soggetto viene a crearsi un proprio “profilo di feedback” e una corrispondente stella107, con informazioni permanente di base sull’utente stesso e commenti di feedback lasciati dagli utenti con cui ha concluso transazioni di acquisto o vendita. Lasciando commenti obiettivi si permette agli altri membri della Community di farsi una buona idea, poiché la fiducia e il giudizio nei confronti di chiunque si basa molto sulle opinioni espresse dai precedenti acquirenti o venditori. Grazie a questo sistema, gli acquirenti, in particolare, possono premiare i venditori migliori non solo con nuovi acquisti, ma anche segnalando alla community la qualità 105 Il feedback degli acquirenti è composto da un punteggio positivo, negativo o neutro e un breve commento, mentre quello dei venditori può essere composto solo da un punteggio positivo e un breve commento, non previsto quindi quello negativo per evitare quei feedback cosiddetti “di ripicca” inseriti per ricattare un giudizio positivo dall’acquirente. Chiaramente, l’acquirente può anche valutare il venditore in base ad altri criteri: accuratezza della descrizione dell’oggetto, comunicazione, tempo di spedizione e costi di spedizione e imballaggio. Le valutazioni dettagliate di questo tipo non contribuiscono però al Punteggio di feedback e sono anonime: i venditori non possono quindi sapere da chi è stata lasciata una particolare valutazione dettagliata e gli acquirenti possono tranquillamente lasciare valutazioni oneste, basate sulla propria esperienza. Al termine di una compravendita, un acquirente può lasciare un commento di feedback per un venditore. Se successivamente lascia un altro commento di feedback per lo stesso venditore, il nuovo feedback verrà conteggiato nel Punteggio di feedback del venditore solo se la relativa transazione ha avuto luogo in una settimana diversa. Ulteriori informazioni su come vengono calcolati i punteggi di feedback su www.ebay.it. 106 Questo avviene sempre in linea di principio, perché non esiste alcuna sicurezza che i giudizi degli utenti siano trasparenti e non vengano in qualche modo manipolati da user invisibili, creati da appositi software che vanno a dissimulare il comportamento di un compratore e di un venditore. 107 La stella indica il livello di affidabilità ed esperienza acquisite nella Community eBay. Con un punteggio di feedback pari ad almeno 10 operazioni si ottiene una stella gialla; man mano che il Punteggio di feedback e delle transazioni aumenta, si possono ottenere stelle di colori diversi, fino alla stella cadente rossa per punteggi superiori a 100.000. 109 dei servizi offerti dal venditore in modo oggettivo e trasparente, in quanto maggiore è il numero di feedback positivi ricevuti da un utente, maggiore sarà il suo punteggio. Fermo restando che la stragrande maggioranza degli utenti di eBay è onesta e fa transazioni rispettando controparte, leggi e regole della Community, anzi a maggior ragione, eBay combatte la contraffazione e i malintenzionati che sfruttano questo canale per presentare e distribuire i prodotti incriminati, minacciando la fiducia al sito. Il desiderio di contribuire ad arginare il fenomeno illegale è dovuto sia al fatto che l’acquisto di un oggetto contraffatto rappresenta sicuramente un’esperienza negativa per gli utenti, che al fatto della riduzione dei prezzi medi di vendita dei venditori onesti. Poiché l’uso non autorizzato di marchi o segni distintivi è vietato dalla legge, eBay mira ad evitare l’abuso di un marchio108 all’interno degli annunci, poiché questo comportamento, spesso, è causa di confusione e frustrazione tra gli utenti che, cercando un oggetto specifico, ottengono risultati non pertinenti. A tal proposito la manipolazione della ricerca costituisce una violazione delle regole di eBay e può comportare la rimozione o la sospensione di un’inserzione, piuttosto che la sospensione dell’account o altri ammonimenti. Per quanto riguarda gli annunci, non permette di includere nelle inserzioni marchi o loghi di società diversi da quelli specifici utilizzati dalla società che ha prodotto 108 Ecco alcuni esempi di oggetti o inserzioni non consentiti su eBay: un prodotto fatto in casa il cui nome comprende il marchio di un’altra società (ad esempio portaorologi Swatch™); il nome di un dominio Internet che contiene il marchio di un’altra società (es. www.disneymovies.com); un'inserzione che contiene il logo di una società che non ha prodotto l’oggetto offerto. Le inserzioni comprendenti marchi o loghi che non hanno alcuna relazione con l’oggetto possono essere chiuse anticipatamente da eBay, al tempo stesso più violazioni delle Regole di eBay sull’abuso del marchio potrebbero comportare la sospensione dell’account. 110 l’oggetto che viene messo in vendita, ad eccezione di quelle che consentono di indicare oggetti di altro marchio compatibili con quello che viene offerto109. Sempre in questo aspetto di controllo, vieta l’utilizzo scorretto di parole chiave o, più in generale, qualsiasi prassi scorretta volta ad attirare o dirottare l’attenzione degli utenti verso una particolare inserzione. Ci si intende riferire ad un fenomeno frequente denominato “spamming con parole chiave” che consiste nell’utilizzo eccessivo di marchi, segni distintivi e altre denominazioni oggetto di diritti di proprietà intellettuale, come parole chiave, allo scopo di attirare l’attenzione degli utenti verso una determinata inserzione. Per quanto riguarda il titolo, c’è da dire che esso è un elemento funzionale sia per i venditori, in quanto è il loro biglietto da visita, che per gli acquirenti, poiché è il faro guida nelle ricerche, pertanto eBay gli dedica particolare attenzione, in modo tale da pubblicare solo quelle inserzioni con titoli che descrivano con precisione, o almeno senza ambiguità, solamente l’oggetto o gli oggetti che si stanno effettivamente mettendo in vendita110 e che non includano comparazioni tra prodotti. L’uso di parole quali “stile”, “come” e “non” all’interno del titolo dell’inserzione può comportare una violazione delle regole sui confronti, pertanto è consigliabile evitarne l’uso. 109 Ad esempio: “questo software è compatibile con Microsoft Windows XP” oppure “questa cover è compatibile con tutti i cellulari Nokia”. Quanto detto non è valido per i componenti universali. 110 Se il titolo contiene una parola o una frase che non sembra pertinente, occorre accertarsi che nella descrizione sia chiaro il motivo per cui è stata inclusa; qualora dal titolo dell’inserzione non si riesca a capire quali oggetti si stanno mettendo in vendita, significa che il titolo è ambiguo e pertanto non è consentito su eBay. Ad esempio, il titolo “Rolex d’oro al prezzo di uno Swatch” non è consentito su eBay, poiché fa un confronto tra l’oggetto offerto, un orologio Rolex e un orologio Swatch. 111 Per questo eBay prevede che tutte le parole utilizzate per descrivere un oggetto presenti nel titolo111 e nella descrizione della pagina dell’inserzione e rilevabili da una ricerca, devono essere strettamente correlate all’oggetto venduto e rispettare le linee di condotta previste dal regolamento del sito stesso. Inoltre, se un oggetto venduto è compatibile con più marche o prodotti specifici, questa caratteristica può essere descritta entro limiti ragionevoli. Le iniziative intraprese, per il contrasto possono essere sintetizzate in questi punti: • Rimozione proattiva delle contraffazioni palesi; • Rimozione delle inserzioni relative a oggetti contraffatti segnalati dai proprietari dei marchi; • Rimozione dal sito dei venditori che offrono oggetti contraffatti; • Sistema di verifica di PayPal112 • Collaborazione con le forze dell’ordine per fare in modo che i truffatori vengano perseguiti penalmente; • Applicazione di limiti di vendita per gli oggetti maggiormente esposti alla contraffazione113; 111 Eventuali premi, omaggi e tutto ciò che non influisce sul valore di un oggetto in vendita non può essere contenuto nel titolo. 112 PayPal è una società di eBay che, dal dicembre 1998, permette a qualunque individuo o qualsiasi impresa con un indirizzo email di effettuare e ricevere pagamenti online in modo sicuro, semplice e veloce. La procedura di Verifica è un metodo utilizzato da PayPal per ottenere un’ulteriore prova dell'identità dell'utente in aggiunta ai metodi di autenticazione di eBay. Questo elevato livello di verifica rende più difficile per i contraffattori mettere in vendita oggetti su eBay. E’ costantemente classificato da Nielsen/NetRatings come il sito personale finanziario numero uno ed è in poco tempo diventato un leader mondiale in metodi di pagamento online con 100 milioni di conti attivi in tutto il mondo e un servizio disponibile in 55 paesi del mondo, nonché in tradizionali attività offline. 113 Per il commercio internazionale di alcuni tipi di oggetti per i quali viene spesso svolta attività di contraffazione, verranno applicate le seguenti restrizioni: i venditori negli Stati Uniti, in Germania e nel Regno Unito possono spedire questi oggetti in tutto il mondo, ad eccezione di Hong Kong e Cina; i venditori nei mercati di lingua inglese – Stati Uniti, Australia, Regno Unito e Canada – potranno mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti; i venditori in Germania, Svizzera 112 • Limitazione delle attività dei venditori in determinate categorie o per intervalli temporali114; • Fornitura di strumenti gratuiti per i proprietari dei diritti che consentano di identificare in modo efficace le inserzioni e di segnalarle ad eBay affinché vengano rimosse immediatamente; La messa vendita di oggetti, anche di uno solo, contraffatti o non originali è illegale e non è in alcun modo permessa su eBay, e può comportare serie conseguenze per i venditori, compresa la sospensione a tempo indeterminato dell’account. Sempre in questa direzione, eBay, ha elaborato una serie di misure, come i requisiti che permettono solo agli utenti registrati come venditori da almeno 3 mesi di mettere in vendita oggetti esposti al rischio di contraffazione. In merito alle inserzioni di breve durata, aventi ad oggetto alcuni prodotti tutelati da diritti di proprietà industriale, i tempi di pubblicazione sono più lunghi115, rispetto al momento in cui sono state create. e Austria potranno mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti, ad eccezione dei venditori austriaci che non potranno effettuare spedizioni in Svizzera; i venditori in Francia e Belgio potranno mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti, ad eccezione dei venditori francesi che non potranno effettuare spedizioni in Belgio; i venditori in tutti gli altri paesi potranno mettere in vendita e spedire questi oggetti solo all’interno del proprio paese. 114 A volte, i contraffattori registrano più account eBay per richiamare l’attenzione degli acquirenti sui loro oggetti. Per limitare il numero di inserzioni relative alle contraffazioni sul sito, si richiede ai venditori di essere registrati su eBay da un determinato periodo di tempo prima di poter mettere in vendita alcuni tipi di oggetti che spesso vengono contraffatti. 115 Ci si riferisce a quelle inserzioni che sfruttano il fattore tempo, proprio perché il più delle volte hanno ad oggetto prodotti altamente interessanti che scatenano una forte competizione concentrata in 1 o 3 giorni, e proprio per questa breve durata, gli utenti di eBay, i titolari di diritti o la stessa eBay dispongono di poco tempo per individuare e chiudere tali inserzioni. Questa tipologia di pubblicazioni merita sicuramente un attenzione valutativa maggiore che può comportare ritardi anche di alcune ore. Da maggio 2008 i venditori non hanno più la possibilità di mettere in vendita alcuni tipi di oggetti per i quali viene spesso svolta attività di contraffazione utilizzando appunto le inserzioni di 1 o 3 giorni. 113 Come già affrontato, il commercio internazionale è esposto in misura maggiore al rischio di contraffazione, per questo motivo esso è sottoposto a limitazioni e verifiche approfondite. Se si effettua l’importazione di merci116 da un altro paese, vendendo o acquistando oggetti su eBay, si ha la responsabilità di garantire che ciò avvenga in conformità alle leggi nazionali e locali vigenti, altrimenti l’inserzione potrebbe essere chiusa anticipatamente da eBay e/o l’account potrebbe essere sospeso. Spesso le normative di riferimento sono complesse e le questioni variano a seconda dell’oggetto e dei paesi di residenza dell'acquirente e del venditore. I motivi per controllare le leggi vigenti prima di importare merci nel proprio paese sono soprattutto legate al fatto che le autorità doganali potrebbero bloccare e sequestrare il prodotto alla frontiera e ciò potrebbe essere passibile di multa o soggetto ad altre responsabilità a causa del sequestro. Inoltre si potrebbe essere soggetto a responsabilità legale, civili o penali a seconda del tipo di prodotto, nei confronti dei titolari di marchi, copyright o altri diritti. Infatti, i venditori che cercano di mettere in vendita oggetti potenzialmente protetti da diritti sopra citati potrebbero essere bloccati automaticamente dal sistema e reindirizzati alla pagina di PayPal per eseguire la verifica del proprio conto e collegarlo all’account eBay, condizione questa necessaria per rimuovere queste restrizioni. 116 Ecco alcuni esempi di importazioni potenzialmente non conformi alle norme: CD musicali destinati alla distribuzione nel Regno Unito (anche se si tratta di copie autentiche); video destinati alla distribuzione in Canada (anche se si tratta di copie autentiche); la versione giapponese di una console per videogame o di un software non destinati alla distribuzione in Italia, ricorda che anche l’offerta di modchip, emulatori o altri dispositivi che consentono l’utilizzo di importazioni non autorizzate può rappresentare una violazione delle leggi sul copyright; il disco fisso di un computer che utilizza processi o tecnologie brevettati negli Stati Uniti; una T-shirt con un logo autorizzato per l’utilizzo all’estero. 114 Questa procedura non esaurisce comunque i controlli, nel continuo, effettuati da eBay che, al raggiungimento di determinati volumi di attività, può bloccare gli account dei venditori117 allo scopo di eseguire verifiche aggiuntive, e mettere in condizione i venditori interessati di contattare l’Assistenza Clienti, per eliminare queste limitazioni. Siccome la lotta alla contraffazione è un obiettivo prioritario e non potendo verificare che i venditori abbiano il diritto o la capacità di vendere o distribuire gli oggetti indicati nelle loro inserzioni, eBay si impegna a proteggere i diritti della proprietà intellettuale dei titolari. A tale scopo ha creato il Programma di verifica dei diritti di proprietà (VeRO) che consente ai titolari di un diritto di proprietà intellettuale (come copyright, marchi registrati o brevetti) di segnalare le inserzioni che ne violano la proprietà intellettuale. Così facendo, collabora pienamente con le aziende registrate al Programma VeRO per prevenire e reprimere tempestivamente, con azioni necessarie, il fenomeno. Come detto, questo programma serve a garantire che gli oggetti non violino il copyright, i marchi registrati o altri diritti di proprietà intellettuale di terze parti. L’iscrizione118, a disposizione di chiunque119, persone o società, che siano titolare di un diritto di proprietà intellettuale, permette di avere un canale di comunicazione privilegiato con il sito e altri vantaggi. 117 Se gli oggetti messi in vendita appartengono a una tipologia per la quale viene spesso svolta attività di contraffazione e i cui volumi di vendita sono elevati, le inserzioni verranno bloccate fino a quando eBay non avrà ultimato una verifica. Se il venditore supererà la verifica, il blocco potrà essere revocato e al venditore sarà consentito di continuare a vendere. 118 La procedura è veloce e semplice, avviene inviando, una volta compilato, tramite fax il modulo per la Notifica di Violazione, scaricabile dal sito, debitamente firmato in originale dalla persona autorizzata, in cui siano specificate le inserzioni potenzialmente non conformi alle norme e le opere per le quali i copyright sono violati. Le informazioni richieste dalla Notifica di Violazione intendono garantire che le parti che segnalano inserzioni siano autorizzate dal titolare dei diritti, nonché consentire a eBay di individuare 115 I partecipanti a tale programma possono individuare le inserzioni potenzialmente non conformi alle norme e richiederne l’eliminazione. eBay è stata una delle prime società ad adottare una procedura online che consente ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale di segnalare violazioni120. Iscrivendosi al programma VeRO si ottengono vantaggi, quali, ad esempio quello di avere personale di eBay dedicato per l’assistenza; ottenere risposte121 rapide da parte di eBay nel chiudere le inserzioni, attraverso liste d’attesa prioritarie e dedicate per le email; creare la tua pagina personale per comunicare direttamente con gli utenti di eBay relativamente alla tua società, ai tuoi prodotti e ai diritti di proprietà intellettuale ad essi connessi; infine tutti quegli aggiornamenti automatici, diritti e privilegi degli utenti eBay stabiliti nell’Accordo per gli Utenti di eBay e nelle Regole sulla Privacy di eBay; sui vantaggi disponibili in base al Programma VeRO. Oltremodo, eBay offre a i propri utenti, titolari di un diritto di proprietà intellettuale, una funzione denominata “Ricerche automatiche”, la quale può essere utilizzata per correttamente il materiale o l'inserzione da chiudere. Dopo la ricezione della prima Notifica di Violazione, si possono trasmettere ad eBay le segnalazioni future tramite email. In situazioni in cui, un utente della Community vende e utilizza nelle proprie inserzioni un testo e/o immagini senza averne il permesso, non si utilizza il Modulo per la Notifica di Violazione, piuttosto si cerca di risolvere il problema direttamente, contattando gli utenti coinvolti. 119 Tra gli attuali utenti del programma figurano oltre 10.000 società e persone che rappresentano tutti i tipi di proprietà intellettuale: dalle grandi società produttrici di software, agli sviluppatori di videogiochi, ai gruppi rock, alle società produttrici di beni di lusso e forze di polizia. Chi non è titolare dei diritti di proprietà intellettuale, non puoi iscriversi, tuttavia può ugualmente fornire il suo contributo, mettendosi in contatto con il titolare dei diritti in questione e invitandolo a iscriversi al Programma VeRO. 120 Il Programma VeRO non può essere utilizzato per segnalare oggetti che si presumono rubati, in tal caso, occorre contattare le forze dell’ordine, in quanto eBay non può prendere alcuna misura a riguardo se non dispone di una denuncia formale delle forze dell’ordine. Se invece si vuole segnalare a eBay oggetti non conformi alle norme, occorre scrivere all’Ufficio Regolamento e Sicurezza, il quale potrebbe non essere però in grado di rispondere a tali richieste in mancanza della notifica formale del titolare autorizzato dei diritti. Tramite notifica di violazione del Programma VeRO, sono state segnalate come potenzialmente non conformi alle norme di legge liste 121 Alle notifiche di violazione segnalate dagli utenti come potenzialmente non conformi alle norme di legge del Programma VeRO. 116 compiere ricerche automatiche e individuare inserzioni potenzialmente non conformi alle norme di legge122. Il programma VeRO si arricchisce della collaborazione di aziende123 che offrono professionalmente servizi online di protezione della proprietà intellettuale e possono segnalare inserzioni non conformi alle norme previste dal programma124. Anche se, come visto, esistono infatti strumenti e processi efficaci per identificare materiale che viola la proprietà intellettuale su Internet, eBay chiede e auspica la collaborazione di tutti gli utenti, raccomandando loro non solo di non acquistare o vendere oggetti contraffatti e di informarsi ex-ante sulle leggi in vigore e sulle Regole del sito, ma anche di segnalare125 gli oggetti sospetti con un semplice clic. A tal proposito, è logico che partecipando ad un’asta, potrebbe accadere che la si vince, aggiudicandosi così l’oggetto, ma scoprire che si tratta di un clamoroso falso solo quando arriva a casa. 122 Con questa funzione, si possono creare fino a 15 ricerche automatiche che utilizzano i termini e filtri forniti e si possono indicare che i risultati di 3 ricerche vengano inviati direttamente tramite email. Questo sistema avvisa automaticamente ogni giorno di nuove inserzioni presentate che contengono qualsiasi termine presente nelle 3 ricerche selezionate; inoltre si possono utilizzare sofisticate ricerche logiche booleane, proprio come avviene per il motore di ricerca principale. Il modo più semplice per impostare questa funzione è quello di eseguire una ricerca utilizzando il motore di ricerca principale di eBay e poi cliccare su “Salva questa ricerca” in fondo ai risultati. 123 Elenco di aziende che forniscono servizi di monitoraggio: EUROPE: P4M (DE); Protect Veritas (IT); SNB React (NE); Web Sheriff (UK) AMERICA: Markmonitor; Genuone; Mediasentry; CPA; Vaudra; BayTSP; Grayzone; CMG Worldwide; Trademark management; Net Enforcer; ASIA: SIPI (IN). 124 Alcune di esse offrono anche servizi aggiuntivi, quali assistenza su ulteriori indagini e interazione con le forze dell’ordine. 125 Qualora si fosse acquistato un oggetto contraffatto, avvisando gli altri utenti lasciando un commento di feedback sincero e, se si fosse usato PayPal per il pagamento, inoltrando un reclamo nell’ambito del programma di protezione degli acquirenti. Per questo è sempre consigliato pagare i propri acquisti mediante PayPal. Tra l’altro, acquistare un oggetto contraffatto, la cui descrizione invece fa riferimento a un oggetto protetto da un diritto di proprietà intellettuale (come copyright, marchi registrati o brevetti) equivale ad acquistare non conforme alla descrizione; in questo caso, l’acquirente che compra un oggetto contraffatto può avvalersi del “Processo per oggetto non conforme alla descrizione”. 117 L’iter per il rimborso è lungo e non è detto che si riesce a rientrare in possesso dei propri soldi. Per evitare di cadere in situazioni di questo tipo, eBay sottolinea 5 consigli per capire quando la merce è davvero autentica: • Fare domande al venditore: poiché i beni di lusso possono costare parecchio, non occorre farsi scrupoli a chiedere tutto quello che viene in mente prima di comprare o partecipare a un’asta; se il venditore è onesto, sarà ben felice di chiarire tutti i dubbi, mentre chi non lo è sarà evasivo. • Controllare l’etichetta e il numero seriale: rappresentano il “tallone d’Achille” della merce contraffatta. Molti beni di lusso, purtroppo non tutti, riportano un codice o un numero che consente di risalire alla data di fabbricazione. Se quel particolare oggetto fa parte della collezione “estate 2008”, ma i dati non lo confermano, si potrà sempre chiedere conferma al produttore. • Fare qualche ricerca: su un sito come eBay, esiste il sistema dei feedback che dovrebbe attestare la reputazione dei venditori e la validità dei prodotti. Di solito i venditori onesti hanno feedback impeccabili. • Fare particolare attenzione alla descrizione e immagine: più un bene è di lusso, più è importante fornire informazioni puntuali. E’ sempre raccomandabile diffidare da chi inserisce nella descrizione scuse e omissioni. Altrettanta attenzione alla foto dell’oggetto, meglio una foto scattata dal venditore che una presa dal sito del produttore. Certo, sarà meno “allettante”, ma almeno si può verificare il reale stato dell’oggetto. 118 • Prediligere transazioni con i “Power Sellers”: infatti sono i venditori con all’attivo molte vendite e un punteggio positivo di feedback quasi pieno, riconoscibile da un apposito bollino. Se l’oggetto dei sogni è messo in vendita da qualcuno che si è invece appena registrato, e che nessuno conosce, può essere la persona più onesta di questa terra, ma lo si scoprirebbe a proprio rischio e pericolo. E’ vero che niente a questo mondo offre delle garanzie, ma su eBay i venditori non sono tutti uguali. 119 120 IV. LA RESPONSABILITA’ DEI SITI DI ASTE ONLINE La vendita online di prodotti che violano i diritti di proprietà intellettuale di quelli griffati generano un giro d’affari di quasi 20 miliardi di euro1, che impegna tanto il piccolo singolo, che vende un paio di scarpe false alla settimana, che il grande e magari affermato venditore con alti fatturati pur sempre con beni taroccati. E sopra di loro, c’é l’unico soggetto chiaramente identificabile, chiamato a risponderne per tutti: il sito di aste online, complice perché, inevitabilmente, ricava una percentuale anche da questo commercio. Ma non sempre è certa la responsabilità di una piattaforma, al più oscilla in base all’interpretazione del ruolo che svolge l’ internet provider. 4.1.1 LA REGOLAMENTAZIONE DELL’E-COMMERCE Internet, sin dall’origine, è stata caratterizzata da un’ampia e soprattutto libera circolazione tanto delle idee e delle conoscenze, quanto delle merci e delle tecnologie, ed è proprio a questo che si deve la sua evoluzione, la sua influenza e il suo successo2. E’ un portentoso mezzo di scambi culturali ed economici, rivoluzionario per la sua indipendenza dalle burocrazie e dai potentati nazionali ed internazionali, e risiede 1 http://archiviostorico.corriere.it, in Le false “griffe” all’asta, Parigi condanna eBay a 40 milioni di euro 2 Per la storia di Internet, cfr F. Carlini, Internet, Pinocchio e il Gendarme, Roma, Manifestolibri, 1996; e M. Lyon, La storia del futuro, Milano, Feltrinelli, 1998; e P. Salus, Casting the Net. From Arpanet to Internet and Beyond, New York, Addinson-Wesley, 1995. 121 nella sua stessa natura l’apertura, comunque, a qualsiasi apporto, sia anche in contrasto con il principio che la ispira. Così, tendenzialmente anarchica, nel senso migliore del termine, offre spazi liberi da ogni censura che presuppongono, però, la presenza di soggetti responsabili e portatori di una cultura della legalità e del rispetto per il prossimo. Proprio per questo, non si può e non si dovrebbe dare una regolamentazione alla rete, perché la sua stessa esistenza non può essere soggetta ai bisogni di qualcuno ma é indissolubilmente legata alla maturità culturale dei suoi utenti. Alla luce di quanto detto, come accade nel mondo reale, frequenterà la rete ogni sorta di persona, compresi imbecilli e di malfattori, ed appare ovvio, perché la community virtuale é lo specchio della società che la produce. Questa presenza non sarebbe di per sé un problema ma, lo diventa quando soggetti responsabili e, per la loro importanza economica o culturale, riferimento per il “popolo” della rete, assumono comportamenti che possano favorire la diffusione del malaffare e della frode culturale e commerciale attraverso internet. La diffusione globale di questi comportamenti può pregiudicare il consolidamento e lo sviluppo della rete come mezzo di pacifico e civile scambio a livello planetario di qualsiasi cosa e rischia di avviare l’e-commerce verso una deriva che potrebbe divenire irreversibile. E’ ciò che sta avvenendo a causa dei maggiori portali del settore che, invocando in buonafede la libertà della rete e del commercio, sono divenuti altresì il principale veicolo di diffusione delle truffe telematiche e un formidabile incentivo alla produzione di merci contraffatte. 122 Protagonista principale suo malgrado di questa deriva sembra essere il Gruppo eBay, leader indiscusso del commercio online, con le sue strutture parallele: Kijiji3, Shopping.com4, Rent.com5, Prostores6, Mercado libre, Half.com, Pchome, Eachnet, Auction, Gitti gidiyo, Tradera.com. Secondo i sostenitori delle accuse, mosse da LVMH e TIFFANY & CO, i fenomeni della contraffazione e della truffa, attraverso la politica commerciale del Gruppo eBay, stanno dilagando nella rete, inquinandola profondamente e condizionandone la vita. In effetti, se gli operatori e i gestori delle aste online continueranno in questa loro politica, internet diverrà un far west la cui prima vittima sarà proprio l’e-commerce. Un processo che in qualche modo occorre arrestare, innanzitutto fissando delle regole, e successivamente attribuendo le naturali responsabilità che competono ad ogni realtà commerciale; la prima delle quali riguarda l’osservanza di leggi e misure che garantiscano la genuinità degli scambi. Diversamente da ciò non si può parlare di mercanti ma, verosimilmente, di briganti. 4.1.2 LA DISCIPLINA DELLE ASTE ONLINE Il Ministero per le Attività produttive ha ritenuto opportuno disciplinare le aste online con l’emanazione della circolare 3547/C del 17 giugno 20027, la quale stabilisce i 3 Attraverso questo sito è presente nelle realtà locali di quasi tutti i paesi occidentali Con questo sito orienta gli acquisti in Rete negli Usa, in Francia, Belgio e Inghilterra. 5 Mediante questo sito é presente nel mercato immobiliare nordamericano 6 Questo sito permette di gestire i portali di e-commerce 7 Consultabile online all’indirizzo http://www.intertraders.eu/diritto/attiinterni/Circolare_3547_2002.pdf 4 123 requisiti richiesti per lo svolgimento dell’attività di compravendita tramite tale piattaforma. Questa circolare fornisce alcune indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste realizzate tramite Internet, anche ai sensi delle azioni che, sulla base dall’art. 21 del D.Lgs. n. 114 del 31 marzo 1998, questo Ministero può intraprendere con riferimento, in particolare, alla crescita equilibrata del mercato elettronico ed alla tutela degli interessi dei consumatori ed utenti. Come è stato già indicato, con la circolare 1° giugno 2000, n. 3487/C: <<L’attività commerciale svolta nella rete Internet mediante l’utilizzo di un sito web (ecommerce), ove sia svolta nei confronti del consumatore finale e assuma la forma di commercio interno, è soggetta alla disciplina dell’art. 188 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 114 ed all’obbligo della previa comunicazione al Comune>>9. In particolare se il banditore d’asta vende i beni propri o i beni altrui svolge la funzione di “intermediario”, trattandosi di una agenzia di vendita mediante pubblico incanto, per la quale è richiesta la licenza rilasciata dal Questore10. Di contro, se il banditore d’asta si limita a mettere a disposizione il servizio di contatto, senza intervenire direttamente nella gara, egli svolge un’attività di mediazione pubblica su merci (o vendita all’incanto di merci)11. 8 Il menzionato art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998 contiene, al comma 5, una disposizione che recita: <<Le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione sono vietate>>. 9 Da effettuarsi mediante il Modello COM 6-bis, approvato dalla Conferenza Unificata (di cui all’art. 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281) con la deliberazione 27 settembre 2001, pubblicata sulla G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001. 10 Pertanto, ricorda la circolare n. 3547/C, la domanda inoltrata al Questore, per il rilascio della licenza, deve contenere: la natura degli affari che intende svolgere; la tariffa delle operazioni, la sede dell’esercizio e l’insegna; il tipo di beni che intende porre in vendita all’asta (o consentire di porre in vendita); il compenso per le operazioni di intermediazione; la sede legale; il nome di dominio che identifica il sito web utilizzato. La licenza ha validità di un anno dalla data di rilascio ed è rinnovata automaticamente a seguito del pagamento della relativa tassa di concessione governativa. 124 Per assicurare una maggiore tutela degli utenti delle aste online, la circolare 3547/C richiama l’attenzione su alcuni aspetti da tener presente nella predisposizione del sito internet utilizzato per l’attività di vendita e nella correlata definizione delle modalità e condizioni contrattuali, e riguardano: • l’identificazione del banditore d’asta; • l’identificazione dei soggetti che partecipano alle aste; • le informazioni sulle modalità dell’asta e sul bene posto in vendita; • le modalità di conclusione del contratto di acquisto; • la responsabilità e garanzie per i beni/servizi venduti; • la tutela dei dati personali e sicurezza informatica. Il banditore d’asta online deve indicare, all’interno del sito, informazioni relative alla propria denominazione, indirizzo della sede, numero di iscrizione al Registro delle imprese; al codice fiscale ed al numero di partita Iva, data e numero di iscrizione ad albi, elenchi e registri necessari per la legittimazione all’esercizio dell’attività; agli estremi delle eventuali comunicazioni, autorizzazioni e licenze necessarie per l’esercizio dell’attività; agli estremi della licenza ed eventuale cauzione o condizione ed agli estremi per contattare l’operatore, compreso l’indirizzo di posta elettronica. Inoltre, il banditore deve identificare con certezza i soggetti che intendono partecipare alle aste e che richiedono l’iscrizione al sito attraverso il quale la vendita è effettuata. Pertanto, i partecipanti devono indicare tutti i dati anagrafici e, per essere identificati, possono usare la firma digitale oppure, in mancanza di questa, inviare la richiesta di 11 In tal caso occorre allora l’iscrizione nel ruolo ordinario degli agenti di affari in presso la competente Camera di Commercio, ma non è richiesta la licenza del Questore. 125 iscrizione accompagnata dalla fotocopia di un documento di identità in corso di validità. Una volta che il partecipante è stato identificato, è sufficiente, ai fini della procedura d’asta, l’utilizzo di uno pseudonimo o di una password. Gli interessati alla partecipazione all’asta, siano essi venditori o acquirenti, devono essere posti in condizione di conoscere chiaramente la tipologia di asta, la procedura di svolgimento, le modalità di formazione del prezzo di acquisto o vendita, le regole di aggiudicazione e le relative comunicazioni, le indicazioni relative alla consegna ed al pagamento del bene, il limite temporale dell’offerta e l’esito dell’offerta. Al fine di preservare la regolarità dell’asta, il banditore non solo deve prevedere l’impossibilità, per i partecipanti, di iscriversi contemporaneamente come venditore ed acquirente, ma anche quello di disciplinare contrattualmente il divieto, per i partecipanti, di tenere comportamenti tali da alterare la gara. Inoltre, il banditore, per assicurare un corretto svolgimento delle contrattazioni, è tenuto sempre a garantire l’esatta identificazione del bene in vendita, informando i potenziali acquirenti sulla denominazione legale del bene, sulle sue caratteristiche e fornendo ogni informazione atta a consentire la sua esatta identificazione, nonché sullo stato in cui si trova il bene, in modo da consentire al potenziale cliente una corretta valutazione. Il prodotto all’asta può essere anche illustrato attraverso una foto digitalizzata, con una risoluzione sufficiente a non determinare una percezione del bene diversa da quella reale. 126 Qualora il banditore d’asta online si limita a mettere a disposizione la piattaforma virtuale per l’attività di vendita all’asta, deve stabilire a carico delle parti l’obbligo di corretta informazione sul bene posto in vendita. Il contratto nato a seguito di una vendita all’asta va considerato concluso nel momento dell’aggiudicazione e nel luogo in cui si trova il venditore. Naturalmente, la circolare 3547/C riconosce che, trattandosi di una vendita effettuata tramite internet, non è agevole stabilire quale sia il luogo di conclusione del contratto. Per questo il Ministero stabilisce che, in mancanza di indicazioni contrarie da parte del venditore, il contratto si conclude presso la sede dell’impresa, o il domicilio, se questi è un consumatore12. Una volta che è stato accertato il vincitore dell’asta, occorre informare quest’ultimo e tutti gli altri soggetti partecipanti alla gara. Da ultimo, la circolare fornisce anche orientamenti in merito all’applicabilità delle sanzioni, rinviando alle leggi esistenti, se si tratta di violazione delle disposizioni concernenti la qualificazione soggettiva del banditore d’asta, o al TULPS13. 12 A conferma di quanto detto, il legislatore comunitario, con l’art. 2, lett. c), della direttiva 2000/31/CE, nel definire “stabilito”: <<Il soggetto che presta un servizio della società dell'informazione, ha individuato il luogo di stabilimento in quello ove è presente un suo insediamento non temporaneo>>. Il luogo di stabilimento per le società che forniscono servizi tramite Internet, precisa il considerando 19 della direttiva, non è il luogo nel quale si trova la tecnologia o gli strumenti utilizzati ne dove il sito è accessibile ma il luogo in cui tali società esercitano la loro attività economica. Qualora il prestatore sia stabilito in diversi luoghi è necessario determinare quello dal quale è svolto il servizio in questione, altrimenti si fa riferimento a quello in cui il prestatore ha il centro delle sue attività per quanto concerne tale servizio specifico. 13 Il TULPS, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (emanato con Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773), è la norma fondamentale nell’ordinamento giuridico italiano per le materie relative alla pubblica sicurezza. Emanato appunto nel 1931, in un frangente di forte consolidamento delle attività di polizia da parte del regime fascista, il TULPS tuttora regola la vita quotidiana in Italia, quantunque oggetto in età repubblicana di numerosi aggiustamenti e mutilato di molti articoli per ripetuti interventi della Corte Costituzionale e del legislatore. 127 4.2 LA RESPONSABILITA’ DEGLI INTERNET SERVICE PROVIDER 4.2.1 INTRODUZIONE AL PROBLEMA La rete internet in pochi anni ha notevolmente cambiato l’esistenza di tutti noi, con una velocità che per certi versi ci ha lasciato spiazzati. Come tutte le realtà innovative internet ha creato una serie di nuovi tipi di relazioni personali e commerciali fra soggetti dai nomi e dalle caratteristiche prima inedite, quali, tra gli altri, gli Internet Service Provider. Questo termine (ISP) fa riferimento a fornitori di servizi su internet che si rivolgono agli utenti finali con un’offerta variegata di servizi. Il primo e principale di questi servizi è la fornitura dell’accesso alla rete da parte dell’ISP: “propedeutica alla fruizione da parte dell'utente di tutti gli altri servizi telematici offerti da Internet quali quelli della navigazione sul World Wide Web, i servizi e-mail […] Questa è dunque la prima obbligazione dell’Internet Service Provider: garantire agli utenti la possibilità d’accesso alla rete”14. Ci sono poi altre funzioni, quali ad esempio l’erogazione di spazi sul web (hosting provider), la produzione di contenuti (content provider) e altri servizi come la messaggeria pubblica e privata (newsgroup, chat), la fornitura di notizie (newsservers). 14 Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider, www.interlex.it, 19.06.97 128 Per questi soggetti si pongono oggi diverse questioni di responsabilità rispetto a violazioni compiute sulla rete in prima persona o da parte d’utenti che fanno uso delle loro piattaforme tecnologiche e dei loro servizi. I minori costi di accesso e di pubblicazione infatti hanno generato un incremento numerico di soggetti che entrano nel web e vi immettono i loro contenuti, con l’inevitabile aumento di probabilità che ve ne siano alcuni che compiono atti illeciti di vario tipo15. In effetti le enormi potenzialità diffusive di Internet, strumento che permette di inviare messaggi, immagini, filmati e ogni altro tipo di comunicazione all’interno di pagine web, chatline, mailing lists, newsgroup, ecc., ampliano la gamma dei possibili illeciti fino a ricomprendere fattispecie assai diverse fra loro16. Tutte le forme di “limitazione preventiva” sono poco applicabili poiché è praticamente impossibile pensare ad internet come ad uno strumento in qualche modo censurabile, a causa della sua dimensione e della sua continua mutevolezza, che deriva dalla struttura stessa con la quale è stato progettato17. Allo stesso tempo però non si può nemmeno considerare la rete come una sorta di zona franca in cui non si applichi la regolamentazione giuridica; la questione quindi resta scottante, anche ora che sono stati presi alcuni provvedimenti normativi in proposito. 15 Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati, www.unioneconsulenti.it 16 RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.321 17 Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati, www.unioneconsulenti.it 129 Sul piano del diritto infatti il problema di partenza è l’incertezza circa l’applicabilità analogica a Internet delle discipline giuridiche relative ai media tradizionali18. Posto quindi che “ciò che è illegale off-line lo è anche on-line”19 spesso la reale applicazione delle norme si scontra con la difficoltà di far rientrare le fattispecie concrete di internet all’interno di quelle astratte previste dalla normativa. Tra i possibili illeciti che possono essere commessi attraverso la rete si possono individuare e citare tra essi i seguenti casi20: • la violazione delle norme sul diritto d’autore, che si realizza quando documenti, immagini ed altre opere protette sono riprodotte e pubblicate sulla rete senza la necessaria autorizzazione da parte dell’autore o del titolare dei diritti su di esse21; • la diffamazione, avvenuta mediante l’invio di materiale offensivo su un sito della rete; 18 Cfr. SERGIO SEMINARA, La responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it SERGIO SEMINARA, op. cit., www.jei.it 20 Sabrina Magli e Marco Saverio Spolidoro nel loro articolo: “La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali”, Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 1997, pagg. 61 e segg., distinguono tra: <<illeciti di Internet, ovvero quelle violazioni commesse dai soggetti che regolano l’accesso alla rete, illeciti contro Internet, ovvero quelle attività commesse dagli utenti a danno della rete e dei suoi operatori, ed infine illeciti per mezzo di Internet, cioè tutte le violazioni commesse attraverso la rete>>. Tra queste ultime gli autori individuano, limitatamente alla responsabilità civile, l’uso improprio di marchi altrui, gli atti di concorrenza sleale, gli illeciti contro i diritti della personalità e le violazioni al diritto d’autore. Carlo Serra e Marco Strano nel loro: “Nuove frontiere della criminalità. La criminalità tecnologica”, 1997, Giuffrè editore, presentano invece un’analisi delle tipologie criminali applicate alle tecnologie informatiche. Tra queste una sezione è dedicata agli aspetti criminali della rete internet con l’indicazione di esempi di reati commessi su una rete telematica. Una casistica di reati commessi su internet è anche descritta in Carlo Sarzana di S. Ippolito, “Problemi terminologici e responsabilità del sysop”, pubblicato sul sito InterLex all’indirizzo: http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sarzana.htm. 21 Per comprendere la nuova disciplina del diritto d’autore in Italia si veda Laura Chimienti, Lineamenti del nuovo diritto d’autore, direttive comunitarie e normativa interna , 1996, Giuffrè. Per un’analisi della situazione europea del diritto d’autore e le nuove tecnologie, si veda anche Olivier Hance, European Intellectual Property Law and Multimedia: Presentation of a Status in Evolution e Thomas Hoeren, Legal Aspects of Multimedia in Europe , entrambi pubblicati in Klaus Brunnstein, Peter Paul Sint, Intellectual Property Rights and New Technologies , Proceedings of the KnowRight 95 Conference, München, 1995. 19 130 • la violazione delle norme sul buon costume e contro lo sfruttamento sessuale dei minori, con la pubblicazione di materiale pornografico con minori; • la violazione delle norme sull’ordine pubblico, con la pubblicazione, ad esempio, di materiale di stampo terroristico; • la violazione del diritto alla riservatezza, che si ha quando dati riservati o segreti relativi ad un individuo o ad un’organizzazione vengono resi pubblici su un sito internet22; • la concorrenza sleale, nel caso di informazioni false o diffamatorie messe in rete tra imprese concorrenti; • Queste la violazione delle norme sulla protezione dei marchi23 considerazioni includono ed introducono la discussione sulla regolamentazione giuridica della responsabilità dei provider, nel caso d’immissione in rete di materiali, immagini o testi, aventi contenuto illecito o d’altre violazioni commesse a mezzo informatico. 22 Per un’analisi della situazione italiana in materia di tutela della riservatezza e nuove tecnologie si veda Giovanni Buttarelli, Banche dati e tutela della riservatezza , 1997, Giuffrè, che contiene un commento alle due nuove leggi in materia, la n. 675 e n. 676 del 31 dicembre 1996. In particolare si legge (pag. 577) che l’art. 1, comma 1, lett. n della legge delega n. 676, <<Impegna il Governo ad individuare alcune modalità affinché la legislazione in materia di protezione dei dati possa essere applicata con minori difficoltà ai servizi di comunicazione e di informazione offerti per via telematica. Il decreto delegato interesserà il complesso flusso di dati in ambito internet che coinvolge, anche in Italia, un numero crescente di individui ed imprese>>. 23 Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 Un caso famoso di controversia in materia di marchi in rete fu quello tra le riviste Playboy e Playmen , caso discusso dalla U.S. District Court di New York nel giugno 1996. La questione sorse poiché negli Stati Uniti fu vietato l’uso del marchio Playmen considerato come confusorio rispetto al nome commerciale Playboy. La questione era se rendere comunque accessibile negli Stati Uniti il sito internet della rivista italiana Playmen, sito registrato su un server in Italia. La corte statunitense decise di impedire l’accesso al sito playmen.it ai soli utenti statunitensi per tutelare il marchio Playboy , stabilendo che: <<While this Court has neither the jurisdiction nor the desire to prohibit the creation of Internet sites around the globe, it may prohibit access to those sites in this country>>. Si veda anche Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, op.cit. 131 Come in tutti i settori ci sono due tipi di responsabilità per gli ISP, quella civile e quella penale. La prima sorge quando un soggetto, attraverso un comportamento illecito, provoca ad un altro soggetto un danno ingiusto. Se sono provati il danno, l’illiceità del comportamento e il rapporto di causa-effetto tra il comportamento e il danno, la sentenza del giudice dispone il risarcimento. Del tutto diversa è la responsabilità penale; essa esiste solo se una norma di legge prevede un certo comportamento come reato. In linea di principio costituisce reato un atto che determina un diffuso allarme sociale e che l’ordinamento punisce per tutelare la collettività. Ma se un comportamento non è espressamente previsto come reato, semplicemente non è un reato. L’applicazione di una pena per analogia con altri reati non è ammessa. Inoltre la responsabilità penale è personale. Partendo proprio dall’ultimo punto dunque dovrebbe essere l’autore dell’azione illecita a rispondere della violazione, visto che uno dei principi fondamentali che regolano la responsabilità penale è contenuto nell’art. 27 della Costituzione24, che ne sancisce la personalità. In altre parole “si risponde penalmente soltanto per avere commesso consapevolmente (ad esempio per dolo, salvi i casi eccezionali della colpa) un atto tipico, cioè previsto dalla legge, e antigiuridico”. 24 http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm all’art. 27: “La responsabilità penale è personale” 132 Corollari di questa impostazione sono: l’impossibilità di rispondere per fatto altrui e quella di attribuire responsabilità penali alle persone giuridiche25. Come si vede questo disegno normativo è applicabile con difficoltà ad internet e, di conseguenza, ai provider. E’ possibile infatti individuare facilmente l’autore di un illecito, qualora non sia il provider stesso, visto che una delle caratteristiche peculiari di Internet è di consentire azioni a distanza senza dover essere fisicamente presenti nel luogo? E qual è la posizione dell’ISP in questa violazione? Più in generale: è direttamente responsabile anch’esso, a livello civile e/o penale, dell’illecito? Il suo è un comportamento concorsuale o comunque negligente? O ancora infine non è soggetto a responsabilità in materia? <<Non è chiaro infatti se come responsabili della distribuzione, divulgazione, pubblicizzazione, detenzione o cessione a terzi debbano intendersi esclusivamente gli autori materiali dell’immissione in Rete dei dati illeciti […] ovvero anche i proprietari di infrastrutture di telecomunicazione[…] ed i fornitori di servizi>>26. Nonostante tali difficoltà per ogni violazione è necessario individuare un responsabile e il più facilmente rintracciabile resta l’Internet Service Provider, allo stesso tempo però <<è pure evidente che l’attribuzione agli ISP di un regime troppo gravoso di responsabilità finirebbe per inibirne o, almeno, ridurne l’attività con conseguenze facilmente prevedibili sullo sviluppo delle Rete e sulle enormi possibilità che la stessa 25 ANDREA MONTI, Uno spettro si aggira per l’Europa: la responsabilità del provider, www.interlex.it, 12.10.2000 26 SERGIO SEMINARA, La Responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it 133 fornisce sia nel campo dei rapporti economici che in quello dello sviluppo della personalità e della libertà di manifestazione del pensiero>>27. 4.2.2 PERCHÉ UNA RESPONSABILITÀ DELL’INTERNET PROVIDER? Considerare l’internet provider in un qualche modo responsabile delle violazioni commesse da un qualsiasi utente sul suo server risponde alla concreta necessità di individuare un soggetto responsabile della violazione28. Le difficoltà che si hanno nel mondo reale ad individuare il responsabile principale di un illecito sono moltiplicate nel mondo “virtuale” di internet. Le tecnologie utilizzate per gestire una rete telematica non sempre consentono di identificare realmente l’utente che compie una violazione29; occorre infatti considerare che un utente accede alla rete mediante un nome di accesso, o login , ed una password. 27 L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000, pp.836 28 Per una chiara presentazione dei rischi che un internet provider può subire per fatti commessi da terzi utenti, si veda Barbara Donato, La responsabilità dell'operatore di sistemi telematici. Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1996, pagg. 135 e segg. 29 Tecnicamente è sempre possibile identificare il nome d’accesso dell’utente che ha commesso la violazione attraverso quello che viene chiamato il log file contenente il nome dei login e dei tempi di accesso di ogni utente, tuttavia nulla vieta che tale nome possa essere stato in precedenza sottratto, insieme alla sua password, ed utilizzato fraudolentemente da terzi al fine di evitare ogni possibile conseguenza. 134 La stessa difficoltà di individuazione si ha quando magari uno stesso nome di accesso alla rete è utilizzato da più persone contemporaneamente30. La globalizzazione della rete telematica poi non fa che peggiorare le cose. Supponiamo infatti che l’utente che ha commesso la violazione sia alla fine effettivamente individuato. Questi potrebbe trovarsi in un Paese in cui la normativa applicabile a quella fattispecie sia diversa da quella applicabile nel luogo dove il danno si è verificato, con il possibile rischio di non riuscire a punire l’utente direttamente responsabile dell’illecito31. Ecco perché di fronte a tali rischi, si discute se attribuire una responsabilità al provider, soggetto sempre identificabile e assoggettabile alle norme del Paese in cui la violazione è commessa32. In particolare, i possibili casi di responsabilità del provider su cui si dibatte sono quelli relativi sia al materiale che egli stesso mette a disposizione sul proprio server, sia a quei dati e messaggi che gli utenti del provider inviano sul server all’interno dei 30 Orsola Torrani e Sara Parise scrivono nel loro Internet e diritto , 1997, Il Sole 24 Ore Pirola, che: <<Soprattutto quando il computer sia a disposizione di più soggetti agenti all'interno di una stessa struttura, l'identificazione dell’autore dell'illecito si arresta all'individuazione del punto di partenza del messaggio e non può evitarsi la possibilità di un intervento di terzi estranei. E anche possibile, più semplicemente, che l'utente utilizzi in modo fraudolento l’identificazione di un altro utente o alteri il proprio indirizzo elettronico (c.d. soofing )>>. Si veda anche Paolo Nuti, Ma i “log” non bastano per rintracciare i presunti malfattori , 11 giugno 1998, accessibile su http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/pnuti4.htm. 31 Un esempio di differenti situazioni normative si ha nel caso di pubblicazione in rete di messaggi contenenti apologie del nazismo o istigazioni alla discriminazione razziale, che negli Stati Uniti e nel Canada sono comportamenti tutelati dal principio della libertà di espressione, mentre in diversi paesi europei sono previsti come reati. Allo stesso modo è difficilmente punibile la pubblicazione di materiale protetto effettuata su un server di un paese non aderente alla Convenzione internazionale di Berna sul diritto d’autore. Per una valutazione del complesso problema della legge applicabile, che in questa sede non sarà approfondito, si veda Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, op.cit. 32 E’ bene ricordare come accennano Sabrina Magni e Marco Saverio Spolidoro nel loro articolo: “La responsabilità degli operatori in internet: profili interni e internazionali”, op.cit., pag. 81, che: <<In tutti i casi verificatisi negli Stati Uniti l’autore ha preferito citare in giudizio il provider in quanto soggetto sempre conosciuto e, probabilmente, economicamente più stabile>>. 135 newsgroups, delle mailing lists o delle pagine Web personali messe a loro disposizione. Si discute inoltre di una eventuale responsabilità per i dati registrati sui servers di altri providers e che mediante sistemi automatici di copiatura, quali, ad esempio, il mirroring, vengono riprodotti sulle altre macchine della rete e resi accessibili a chiunque. Da ultimo, si è parlato di una ulteriore responsabilità del provider nel caso in cui questi consenta l’accesso ad altri siti della rete dove materiale illecito è registrato ed è disponibile per gli utenti33. Per poter attribuire queste diverse responsabilità al provider si è fatto ricorso a modelli di riferimento corrispondenti a situazioni già disciplinate a cui la figura del provider poteva essere in un qualche modo ricondotta, quali, ad esempio, il responsabile editoriale di una testata giornalistica o l’editore televisivo. Tra le particolarità del mezzo che rendono estremamente difficile l’applicazione della normativa riferita ai mass-media tradizionali si può senz’altro citare la delocalizzazione, che pone problemi d’identificabilità dei soggetti oltre che di giurisdizione34, le grandi possibilità d’anonimato concesse agli utenti, le modalità peculiari di pubblicazione dei materiali ed altre ancora. 33 Nel caso Compuserve, che la magistratura tedesca ha avuto occasione di esaminare qualche tempo fa, sono state emanate diverse ordinanze con le quali si ordinava a Compuserve di impedire l’accesso ai suoi abbonati a siti violenti, pornografici, filonazisti, oltre che il controllo dei contenuti sui propri newsgroups. Il caso ha contribuito a definire la nuova legge tedesca in materia di responsabilità del provider di cui si parlerà in seguito. 34 su questo punto si veda ad esempio la sentenza Cassazione Sez.V Penale, 4741/2000, 17 Novembre 2000 136 4.2.3 PANORAMICA SUL TEMA DELLE POSSIBILI RESPONSABILITÀ IMPUTABILI ALL’ISP A livello puramente introduttivo si possono individuare tre figure di responsabilità per gli ISP35: • L’ISP è l’autore dell’illecito (art. 2043 del Codice Civile); • L’ISP ha una responsabilità di tipo concorsuale nell’illecito (art. 2055 del Codice Civile); • L’ISP ha una responsabilità dovuta a negligenza, non avendo attuato gli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire lo svolgimento dell’illecito (art. 2049 del Codice Civile) Alcuni autori36 poi distinguono tra: • “illeciti di Internet”, ovvero quelle violazioni commesse dai soggetti che regolano l’accesso alla rete; • “illeciti contro Internet”, ovvero quelle attività commesse dagli utenti a danno della rete e dei suoi operatori; • “illeciti per mezzo di Internet”, cioè tutte le violazioni commesse attraverso la rete. Il primo caso in effetti è quello meno problematico, in questa situazione infatti è lo stesso ISP ad aver prodotto il contenuto illecito (es. content provider) o ad aver messo 35 Cfr. RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione,Cedam, Padova 2002, pg.321 36 Cfr. SABRINA MAGLI e MARCO SAVERIO SPOLIDORO, La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali, Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1997, pagg. 61 e segg 137 “a disposizione degli utenti del servizio i dati che manipola come moderatore di un newsgroup o di una mailing list”37. Si tratta in tal caso della “normale responsabilità che grava su chiunque per fatto proprio: così, il cosiddetto content provider, ossia il provider che fornisce contenuti, risponde direttamente per eventuali illeciti perpetrati con la diffusione dei medesimi”38. Lo stesso codice di autoregolamentazione dell’AIIP39, afferma che: <<Il fornitore di contenuti è responsabile delle informazioni che mette a disposizione del pubblico […] Nessun altro soggetto di Internet può essere ritenuto responsabile, salvo che sia dimostrata la sua partecipazione attiva. Per partecipazione attiva si intende qualsiasi partecipazione diretta all’elaborazione di un contenuto>>40. Non si tratta, dunque, di una questione particolarmente problematica, a differenza del secondo punto, invece, che si presenta decisamente più complesso, in quanto presuppone che l’ISP sia a conoscenza del fatto che qualcuno compie illeciti attraverso la propria infrastruttura tecnologica ed abbia consapevolmente fornito l’accesso a dati illeciti immessi da altri (art. 2055 c.c., concorso di colpa). Il problema principale è relativo all’esistenza di una reale possibilità tecnica per l’ISP di conoscere tutti i contenuti e servizi ospitati o gestiti sui suoi server e della modalità con cui essa può concretizzarsi. Inoltre, anche ammettendo che il provider sia a conoscenza di tali illeciti, quali sono i suoi margini di intervento? 37 RUBEN RAZZANTE, op.cit, pg.321 GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, Responsabilità del content provider e dell’host provider, www.altalex.it, 14.02.2003 39 Associazione Italiana Internet Provider 40 Cfr. http://www.aip.it/autoreg.html 38 138 Parte della dottrina sostiene che se l’ISP è a conoscenza del contenuto illecito delle pagine ospitate è un suo preciso dovere l’eliminazione dei contenuti illeciti attraverso l’oscuramento e la cancellazione delle pagine incriminate41. Questa ipotesi però non pare attuabile in virtù del fatto che il provider stesso non ha l’autorità di eliminare qualcosa che, dal punto di vista del diritto di proprietà, non gli appartiene, visto che il contratto di hosting, o di altro tipo di servizio, tutela la proprietà intellettuale dell’utente finale. Arrivando poi al terzo punto, la situazione di responsabilità è di colpa per omesso controllo (art. 2049 codice civile, responsabilità del padrone o committente), che avviene <<tutte le volte che l’ISP non impedisce l’evento illecito, poiché non controlla la liceità dei contenuti immessi dall’esterno sul server da lui gestito>>. Questa terza figura è assimilabile a quella ricavabile dall’art. 57 codice penale42 (responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile di uno stampato periodico)43. Il già citato codice di autoregolamentazione dell’AIIP44 su questo punto è molto chiaro, non a caso afferma che: <<La fornitura di prestazioni tecniche senza conoscenza del contenuto non può presumere la responsabilità dell'attore che ha fornito tali prestazioni>>. 41 Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli ISP sui contenuti illeciti dei siti ospitati, www.unioneconsulenti.it 42 Reati commessi col mezzo della stampa periodica: <<Salva la responsabilità dell’autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo dalla pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo>>. Articolo così modificato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127. Reati commessi col mezzo della stampa non periodica: <<Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile>>. Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127. 43 RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pag.321 44 http://www.aiip.it/ Associazione Italiana Interne Provider 139 In effetti a tale proposito è difficile dimostrare che l’ISP conosca esattamente il contenuto di una certa pagina o servizio in quanto esse possono essere modificate continuamente, velocemente e lasciando poche tracce. Inoltre l’obbligo di avere un direttore responsabile, ai sensi dell’art. 3 della Legge 7 marzo 2001, n. 62, è estendibile ai siti internet solo quando essi sono dei prodotti editoriali e fanno informazione in modo professionale e continuato. Per attribuire una responsabilità all’ISP senza fare riferimento alla figura del responsabile editoriale poi si è talvolta fatto ricorso all’art. 2050 codice civile, assimilando l’attività di gestione di un server di rete alle attività cosiddette pericolose, con la conseguenza che in caso di un fatto illecito commesso da un utente di un sito internet, anche il gestore del sito può essere considerato responsabile, salvo non provi “di aver adottato tutte le misure idonee per evitare il danno”. Tra le “misure idonee” si è compreso, ovviamente, il monitoraggio di tutti messaggi inviati sul proprio sito45. Infine sono stati citati talvolta in materia anche l’art. 2051 codice civile, riguardante le “cose in custodia”, e l’art.18 della Legge 31 dicembre 1996, n. 675, che richiama da vicino il già citato art. 2050 c.c. Infine cosa succede nel caso in cui siano divulgate e-mail o comunicazioni personali all’interno di newsgroups? A parte l’impossibilità pratica di effettuare il controllo di tutti i contenuti dei messaggi il provider è bloccato anche dalla Costituzione Italiana, art.15 comma uno: <<La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di 45 Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 140 comunicazione sono inviolabili. Solo l’Autorità Giudiziaria può delimitarla per atto motivato e con le condizioni stabilite dalla legge>>. Come si vede i problemi sono tutt’altro che di facile soluzione, così per comprendere meglio la situazione odierna può essere interessante ripercorrere lo sviluppo legislativo e, soprattutto, dottrinale e giurisprudenziale della materia nei vari paesi per capire quali sono le tendenze evolutive del momento. 4.2.4 ALCUNI CASI INTERNAZIONALI DI RIFERIMENTO: EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA GIURISPRUDENZIALE E NORMATIVA Occorre così procedere ad un’analisi, senza alcuna pretesa di completezza, di alcuni casi di illeciti commessi da terzi sulla rete che potrebbero determinare una responsabilità dell’internet provider46, con particolare attenzione ai casi di violazione del diritto d’autore e di diffamazione tramite rete telematica che sembrano 46 Con il termine internet provider si identifica il soggetto che fornisce a terzi l’accesso alla rete telematica oltre che una serie di servizi quali la posta elettronica, i newsgroups , lo spazio per la costruzione di proprie pagine web, etc. L’internet provider è generalmente una impresa che si avvale di propri dipendenti per la gestione delle macchine, o servers , necessarie per l’accesso alla rete. Il tecnico che si occupa direttamente della gestione del server di un internet provider è chiamato amministratore di sistema, o sysop. Per una completa identificazione dei soggetti di internet si veda S. Sarti, I soggetti di Internet , in AIDA, 1996, p. 5 e segg.; La Legal Guide for Information Service Providers and Users pubblicata dall’European Information Industry Association (EIIA ) nel febbraio 1995, definisce l’electronic information service provider come: <<an organisation/a company that produces and/or distributes electronic information products to the users. The distribution can take place using telecommunication facilities or in tangible form, on optical or magnetic media, e.g. CD-ROM, diskettes, etc.>>. 141 esemplificare le differenti soluzioni adottate dalla giurisprudenza nazionale ed internazionale. In particolare si presenteranno inizialmente alcune decisioni statunitensi ed europee per comprendere meglio le tendenze internazionali, per poi valutare la situazione attuale in Italia. 4.2.4.1 STATI UNITI D’AMERICA Gli Stati Uniti, anche in virtù del loro vantaggio tecnologico, sono stati il primo Paese in cui si sono verificate controversie e sentenze relative alla questione della responsabilità degli ISP. Tenendo presente che le figure di responsabilità possibili negli USA sono grossomodo assimilabili47 alle tre presentate all’inizio di questo paragrafo, il diritto statunitense infatti riconosce tre tipi diversi di responsabilità48: • il primo tipo è quello della responsabilità attribuita al soggetto che ha direttamente compiuto la violazione (direct liability o liability for direct infringement). La responsabilità per fatti causati da terzi è invece distinta in due differenti tipologie: • la responsabilità da concorso colposo (contributory liability), che si ha quando il soggetto responsabile, pur non essendo il diretto esecutore della violazione, contribuisce in un qualche modo alla sua realizzazione e ne è a conoscenza (actual knowledge) o comunque ha motivo di esserlo (reason to know); 47 Cfr. RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.322 48 Si veda Liability for On-Line Intermediaries. Institute for Information Law, Amsterdam, August 1997. IMPRIMATUR Esprit Project Report. 142 • la responsabilità indiretta (vicarious liability), che si verifica quando il soggetto responsabile ha il compito e la possibilità di controllare (the right and ability to supervise) l’attività svolta dal terzo che ha direttamente commesso la violazione e quando, a seguito di questa, tragga un vantaggio economico. In quest’ultimo caso nessun valore è dato al fatto che il responsabile indiretto conosca o no il comportamento illecito del terzo49. Rispetto al nostro ordinamento la direct liability è assimilabile alla previsione dell’articolo 2043 del Codice Civile, relativo alla responsabilità civile extracontrattuale. La contributory liability è a sua volta paragonabile all’art. 2055 del Codice Civile (Concorso di colpa) mentre la vicarious liability è assimilabile a quanto previsto all’art. 2049 del Codice Civile (Responsabilità del padrone o committente). Riguardo alla normativa applicabile, occorre anche ricordare che gli Stati Uniti partecipano alle varie convenzioni internazionali in materia di copyright, recepite mediante alcune leggi interne in materia. In particolare l’US Copyright Act , modificato nel 1976, riconosce come violazione del copyright il caso di trasmissione attraverso canali televisivi effettuata senza le necessarie autorizzazioni da parte del legittimo titolare dei diritti commerciali (U.S.C.A. 111 (c)). La stessa norma è oggi estesa al caso di comunicazioni via rete telematica. In particolare, l’US Copyright Act riconosce al titolare del copyright (U.S.C.A. 106): il diritto di riprodurre l’opera protetta; il diritto di distribuire copie dell’opera al pubblico; il diritto di rendere pubblica l’opera protetta. 49 Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 143 L’US Copyright Act definisce (17 U.S.C.A. 101) il concetto di “rendere pubblica” un’opera come l’atto di mostrare una copia di essa o direttamente, oppure attraverso un filmato, una fotografia, immagini televisive, od infine mediante altri “meccanismi o processi”, comprese quindi le trasmissioni via rete telematica. La questione della responsabilità dell’internet provider fu inizialmente sollevata nel 1991 nel giudizio riguardante Cubby vs. Compuserve Inc50. Il caso verteva sull’invio, da parte di un utente, di messaggi diffamatori registrati poi sul server del provider Compuserve. Secondo il diritto statunitense chiunque riproduca o pubblichi messaggi diffamatori va considerato responsabile al pari di chi li ha inizialmente espressi. Tuttavia non sono responsabili coloro che distribuiscono questo materiale, come i giornalai o le librerie, che si comportano da semplici rivenditori e non da strutture editoriali. La Corte statunitense ritenne di considerare Compuserve al pari di un’edicola (news distributor) e quindi non responsabile per la pubblicazione del materiale diffamatorio, sostenendo, in particolare, che Compuserve non eseguiva alcun tipo di controllo sul materiale pubblicato in rete dai propri utenti e quindi si comportava da semplice punto di distribuzione del materiale e non da “editore” dei messaggi dei propri utenti. Una simile decisione si ebbe nel 1992 con il caso Auvil vs. CBS 60 Minutes51, in cui la Corte statunitense stabilì che non poteva riscontrarsi una responsabilità del 50 776 F. Supp. 135 (140 S.D.N.Y. 1991). Una delle prime decisioni sulla responsabilità penale del provider fu adottata nel 1984, quando un amministratore di sistema fu incriminato per avere resi pubblici diversi codici di carte di credito telefoniche rubate. Tuttavia il problema di comunicazioni offensive inviate dagli utenti esplose durante i primi anni 90 con lo sviluppo della rete internet . 51 800 F. Supp. 928 (1992) 144 provider vista l’impossibilità di monitorare e filtrare tutte le comunicazioni inviate nel newsgroup. Nella sentenza si ebbe l’assoluzione del provider poiché venne equiparato ad una libreria il cui gestore non può essere considerato responsabile di ciò che è scritto all’interno dei libri esposti nello scaffale. Verrebbe ipotizzata una responsabilità del provider solo ove si riuscisse a dimostrare che lo stesso provider si comporti da editore e non da distributore occupandosi di effettuare direttamente una revisione critica del materiale da pubblicare52. Questo primo caso dunque tenderebbe a liberare da ogni responsabilità il provider nel momento in cui esso si comporti da mero punto di distribuzione dei contenuti. Nella successiva sentenze tuttavia, come quella afferente Playboy Enterprises, Inc. vs. Frena del 199353 si discusse della violazione del diritto di copyright su alcune immagini di proprietà della rivista Playboy, diffuse illegittimamente in rete attraverso un bullettin board system , o bacheca elettronica54. La Corte statunitense decise per una responsabilità diretta dell’internet provider in quanto diretto responsabile della diffusione del materiale protetto. In maniera analoga fu risolto il caso Sega Entertainment, Ltd. vs. Maphia del 199455. Nella specie si trattava di utenti di un altro bullettin board system che caricavano (uploading) e scaricavano (downloading) sul server del provider giochi elettronici protetti. 52 RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider, www.interlex.it, 19.06.97 53 839 F. Supp. 1552 (M.D. Fla. 1993). 54 Un Bullettin Board System , o BBS , non è altro che un sito della rete telematica a cui gli utenti possono accedere, normalmente previo abbonamento, e dove possono dialogare con altri utenti, caricare (upload) o scaricare (download) files di vario tipo: immagini, filmati, software, etc. 55 857 F. Supp. 679 (N.D. Cal. 1994). 145 Ai provider vennero attribuite delle responsabilità per violazioni del copyright, non per aver commesso direttamente le violazione piuttosto per aver messo a disposizione sul proprio server gli strumenti necessari per copiare i videogame protetti incoraggiando i suoi utenti a caricare e scaricare i videogiochi. Fu in particolare attribuita al provider una responsabilità di tipo concorsuale (contributory liability) perché a conoscenza delle violazioni commesse dagli utenti del suo sistema56. Un’ulteriore importante decisione fu quella adottata nel caso Stratton Oakmont Inc vs. Prodigy57. La società di consulenza finanziaria Stratton Oakmont Inc aveva citato in giudizio il provider Prodigy58 affermando di essere stata denigrata da una serie di messaggi pubblici apparsi in un forum finanziario, in cui si asseriva che il presidente della Stratton Oakmont Inc era stato incriminato per vari reati59. La Prodigy si era difesa sostenendo che, nella sua qualità di distributore non poteva essere chiamata a rispondere di azioni intraprese da terzi, e ciò anche perché non aveva alcun controllo sulle notizie pubblicate, in conformità con la sentenza precedente (tra l’altro stiamo parlando di un sistema di Common Law). Nell’indagine tuttavia era emerso che Prodigy operava un controllo60, seppur parziale, sui contenuti della messaggistica pubblica attraverso agenti software che provvedevano ad eliminare tutti i messaggi osceni, per questo la Corte di New York 56 CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 57 no. 31063/94 Supreme Court of New York, Nassau County, 1995 58 Prodigy è uno dei provider più importanti del mondo con diversi milioni di utenti collegati 59 Cfr. RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, op. cit., www.interlex.it 19.06.97 e RUBEN RAZZANTE, op. cit., Cedam, Padova 2002, pg.323 60 In particolare Prodigy aveva installato un sistema automatico di filtraggio sul contenuto dei messaggi e aveva nominato un gruppo di persone, chiamati Board Leaders con il compito di monitorare costantemente tutti i messaggi inviati. 146 stabilì che Prodigy o qualunque altro provider che compia operazioni di filtraggio “può essere citato in giudizio per rispondere dei danni causati da un atto diffamatorio come se si trattasse di una televisione, un giornale ovvero un editore”61. Prodigy così fu riconosciuto responsabile insieme ai suoi Board Leaders al pari di un responsabile editoriale di una testata giornalistica che risponde insieme ai suoi redattori62. Nello stesso anno si ebbe, tuttavia, il primo vero caso di esclusione della responsabilità dell’internet provider negli Stati Uniti nella controversia Religious Technology Center vs. Netcom On-Line Communication Services del 199563. Nel caso specifico alcune copie di materiale appartenente alla setta di Scientology erano state messe in rete, senza la necessaria autorizzazione, da parte di un utente di Netcom On-Line, Dennis Erlich. La comunicazione avvenne all’insaputa del provider che forniva l’accesso al proprio newsgroup senza aver predisposto alcun controllo sugli interventi dei vari utenti64. In questo caso la Corte si mosse nella direzione di non considerare responsabile Netcom On-Line in quanto il provider non effettuava alcun controllo sul materiale e si comportava quindi da semplice vettore tecnologico neutrale. La Corte statunitense ritenne che Netcom On-Line si comportava come un semplice fornitore di “cavi e condotti” (wire and conduits), senza alcuna forma di filtro o controllo sul materiale inviato. Attribuire in questo caso una responsabilità 61 RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, op. cit., www.interlex.it, 19.06.97 Secondo la Corte statunitense, Prodigy: <<Held itself out as an on-line service that exercised editorial control over the content of messages posted on its computer bulletin boards, thereby expressly differentiating itself from its competition and expressly likening itself to a newspaper>>. Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 63 No. C-95-20091 RMW (N.D. Cal. nov. 21, 1995) 64 Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 62 147 concorsuale (contributory infringement) a Netcom On-Line avrebbe significato riconoscere una <<Liability for every single Usenet server in the world wide link of computers tranmitting Erlichs message to every other computers.>>65. La Corte sostenne tuttavia che una responsabilità del provider poteva essere riconosciuta nel caso in cui fosse stata dimostrata la sua conoscenza della violazione. Si escludeva comunque una responsabilità indiretta, cosiddetta vicarious liability , in quanto il provider non otteneva alcun vantaggio economico come effetto degli illeciti commessi dai suoi utenti66. Le due sentenze Stratton Oakmont Inc vs. Prodigy e Religious Technology Center vs. Netcom On-Line Communication Services hanno dunque portato ad individuare una divisione fra gli access provider, <<ossia coloro che forniscono semplicemente l’accesso ad un canale di comunicazione, la rete telematica, al pari delle agenzie telefoniche […] e i service provider, che oltre a fornire un accesso alla rete, eseguono varie forme di controllo o di monitoraggio sul materiale inviato sul loro server”67, attività effettuate normalmente a tutela della sensibilità e del rispetto per i propri utenti>>. Paradossalmente, secondo i giudici statunitensi, gli access providers non sono responsabili per le informazioni ed i dati trasmessi sui loro servers, mentre, al 65 <<La responsabilità per ogni singolo sistema di servizio di Usenet nel mondo in collegamento largo che Erlichs segnala ad ogni altri computer>>. Un commento alla decisione della Corte statunitense sottolinea come: <<Scientology's attempt to assert liability over Netcom for copyright infringement simply cannot be supported, argues Netcom. It is a passive transmitter with no knowledge or control over the content of communications that pass over its access lines. The requested extension of liability for copyright infringement to Internet access providers over whose transmission lines Internet users may convey infringing material, is, observe Netcom, akin to seeking redress against the telephone company for torts commited by telephone>>. Jonathan Rosenoer, Internet Infringement , 1995, CyberLaw. 66 Secondo la giurisprudenza statunitense, la “vicarious liability” richiede il vantaggio economicofinanziario del soggetto responsabile come effetto dell’illecito del terzo. Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 67 CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98 148 contrario, i service providers, “colpevoli” non solo di fornire un accesso ma anche un servizio ai loro utenti, andrebbero considerati responsabili, in via concorsuale, per tutte le comunicazioni inviate sui loro servers, al pari dei responsabili editoriali delle testate giornalistiche. La penalizzazione dei service provider, assimilati a editori, ha avuto come conseguenza, nel periodo immediatamente successivo, il fatto che <<i consulenti legali statunitensi suggerirono rapidamente a tutti gli internet provider di evitare qualsiasi forma di controllo e di monitoraggio […] pubblicizzando chiaramente in rete la piena libertà e responsabilità attribuite dal provider ai propri utenti>>68. Un ulteriore esempio di responsabilità dell’internet provider fu il caso Sega Enterprises vs. Sabella, sempre del 199569. Si discusse allora, come nel caso Sega Entertainment, Ltd. vs. Maphia , di copie non autorizzate di videogiochi protetti in rete. La Corte statunitense riconobbe in capo all’internet provider una responsabilità da concorso colposo (contributory infringement) in quanto a conoscenza delle violazioni commesse dai suoi utenti. La Corte statunitense sostenne che il provider, pur non compiendo direttamente gli illeciti, avendone avuta conoscenza, non impedì il proseguire di tali violazioni, a prescindere che questi svolgesse o meno una funzione di controllo sui messaggi inviati dai propri utenti. 68 CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98 La regola adottata dai consulenti legali fu quella che i providers potevano essere considerati: <<as innocent infringers where they had no knowledge of the infringement, no intent to infringe, and immediately removed copyright-infringing material from their systems>>. William J. Cook, Deputizing the ISPs , 1996, The Recorder. 69 C93-04260 (N.D. Cal. 1996) 149 Secondo la Corte statunitense si avrebbe quindi una responsabilità del provider anche nel caso in cui questi, essendo venuto a conoscenza della violazione, non abbia cercato di bloccarne gli ulteriori effetti70, sia che si tratti di un access che di un service provider . Sulla base delle decisioni appena presentate, si delineano quindi due principali casi di responsabilità attribuite ad un provider: la prima, di tipo preventivo alla violazione, limitata al service provider, si ha per non aver impedito il verificarsi dell’illecito; la seconda, successiva alla violazione, attribuibile in questo caso a qualsiasi provider , si ha per non aver bloccato gli ulteriori effetti dell'illecito una volta venutone a conoscenza71. A conferma di tutto questo, nel 1997 è stato proposto l’On Line Copyright Liability Limitation Act72 che definirebbe esplicitamente i casi di limitazione di responsabilità dell’internet provider per le violazioni del copyright commesse in rete, riprendendo le conclusioni sopra indicate. La proposta riconosce come responsabile il provider, sia che si tratti di un access o di un service provider, quando questi abbia partecipato direttamente alla violazione, oppure, non avendovi partecipato direttamente, essendone venuto a conoscenza, non abbia compiuto ogni atto “tecnicamente fattibile ed economicamente ragionevole” 70 Si è detto in questo caso che il non eliminare rapidamente il materiale illecito dal proprio server nel momento in cui se ne è avuta conoscenza rivela una qualche forma di volontà (element of volition) affinché la violazione continui. William J. Cook, Deputizing the ISPs , op.cit 71 In linea con le conclusioni a cui la giurisprudenza statunitense è giunta, va ricordato che nel documento White Paper on the Intellectual Property and the National Information Infrastructure, della Information Infrastructure Task Force, Washington D.C., September 1995, pag. 117, si suggeriva di non escludere completamente ogni responsabilità del service provider sulla base del fatto che: <<On line service providers [...] are in the position to know the identity and activities of their subscribers and to stop unlawful activities. And, although indemnification from their subscribers may not reimburse them to the full extent of their liability and other measures may add to their costs of doing business, they are still in a better position to prevent or stop infringement than the copyright owner. Between these two relatively innocent parties, the best policy is to hold the service provider liable>>. 72 HR 2180 150 (technically feasible and economically reasonable to carry out) al fine di impedire che la violazione perdurasse73. Bisogna dire però che qualcosa è cambiato dal 1996, anno in cui è intervenuta una modifica del Telecommunications Act. in base alla quale: <<un ISP di un sistema interattivo non può essere considerato responsabile, al pari di un editore, delle informazioni fornite e comunicate da terzi>>74. In tal modo si è posto in essere il primo tentativo, su scala mondiale, di limitare le sanzioni nell’ambiente di internet. Nel Communication Decency Act75 inoltre si stabilisce il principio secondo cui nessun provider né utente può essere trattato, dal punto di vista della responsabilità, come un editore. Gli effetti di questo provvedimento si avvertirono subito nella sentenza sul caso Zeran vs. American Online del 1997, in cui si fu esclusa la responsabilità del provider rispetto ai messaggi diffamatori inviati da un utente sul server di AOL, anche se, aspetto importante, il provider era a conoscenza76 di tali contenuti ed anzi aveva avuto richiesta di eliminazione degli stessi da parte dell’interessato. 73 Una decisione sulla responsabilità del provider si è avuta nel dicembre 1997, nel caso Enterprises, Inc vs. Webworld , relativa, come nel caso Playboy Enterprises, Inc. v. Frena, a pubblicazioni non autorizzate di immagini protette da copyright. La Corte ha riconosciuto Webworld direttamente responsabile in quanto diretto fornitore delle immagini protette. Si veda Electronic Information. Policy & Law Report . BNA, vol. 3, No. 4, January 28, 1998. 74 RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.323 Il Par. 230 (c)(1) del Telecommunications Act recita testualmente: <<No provider or user of an interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided by another information content provider>>. Si noti però che l’articolo 230 (d)(2) esclude l’applicabilità della norma di cui sopra alla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale. Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 75 titolo 47, U.S.C/230 c1 76 La Corte statunitense sostenne nel caso che: <<distributor liability treats a distributor as a publisher or third party statements where the distributor knew or had reason to know that the statements were 151 In conclusione, rispetto alla responsabilità per violazione delle norme sul copyright, la responsabilità del provider negli Stati Uniti nel caso di diffusione in rete di materiale offensivo o diffamatorio sembra essere attualmente limitata alla sola partecipazione diretta nell’illecito77. 4.2.4.2 LA SITUAZIONE IN ALCUNI PAESI EUROPEI L’Unione Europea si è dotata di provvedimenti volti all’armonizzazione della normativa su Internet degli Stati membri, al fine di rendere reale lo scambio e la libera concorrenza anche in questo settore. A differenza di come avviene negli Stati Uniti dove la responsabilità del provider è disciplinata verticalmente78 (cioè da più Acts a seconda del tipo di violazione, cioè il provider sarà responsabile ex DMCA79, o ex Telecommunications Act of 199680 o ex Communication Decency Act81), l’Europa invece ha scelto il regime cosiddetto orizzontale, cioè di responsabilità unica per ogni tipo di violazione sia essa del diritto d’autore, della privacy, per diffamazione, per pubblicità ingannevole, etc.. Si possono citare due direttive europee relative a questo campo, in materia di commercio elettronico 2000/31/CE e di diritti d’autore nella società dell’informazione (2001/29/CE). defamatory. It follows that Zerans attempt to impose distributor liability on AOL is, in effect, an attempt to have AOL treated as the publisher of the defamatory material>>. Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 77 Nel 1996, nello stato del Wisconsin è stata emanata una legge (Wisconsin Bill Act 852 del 1996) in materia di diffamazione in rete che stabilisce che l’internet provider è corresponsabile del fatto del terzo nel caso in cui sia a conoscenza del materiale lesivo oppure non si sia prontamente attivato per eliminarlo nel momento in cui venga informato della sua presenza sul suo server. Si legga Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e la responsabilità del provider , 19 giugno 1997, disponibile su InterLex all’indirizzo http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/ristufa.htm. 78 COMANDÈ, G., op. cit., pag. 811. 79 Digital Millennium Copyright Act, Pub. L. No. 105-304, 112 Stat. 2860, 17 U.S.C. 512 (1998). 80 Telecommunications Act of 1996, Pub. L. No. 104-104, Title V, 110 Stat. 56, 133-43 (1996). 81 (47 U.S.C. § 230, 1996). 152 In questa analisi di maggiore interesse è soprattutto la prima, che si propone di creare regole uniformi per il commercio elettronico e in particolare, si propone di fornire indicazioni comuni relativamente alle regole da applicare alla prestazione di servizi delle società dell’informazione. Tali servizi sono precisati attraverso il rinvio ad altre direttive comunitarie, la 98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, e la 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi d’accesso condizionato. I servizi della società dell’informazione sono definiti come: <<Qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche d’elaborazione (compresa la trasmissione digitale) e di memorizzazione dei dati e a richiesta individuale di un destinatario di servizi>>82. Il REGNO UNITO ha una normativa che prevede la responsabilità diretta dell’ISP che si qualifichi come content provider, ossia che non si comporti da mero vettore di diffusione di informazioni altrui. Inoltre il provider risulta responsabile dei contenuti diffusi da altri in caso effettui qualche operazione di monitoraggio regolare sul materiale che viene immesso sui suoi server83. 82 GIANFRANCO PUOPOLO E LAURA LIGUORI, La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del provider, www.interlex.it, 07.09.2000 83 Cfr.RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.324 153 Nel caso di violazione del copyright viene applicato l’UK Copyright, Designs and Patents Act, modificato nel 1988, che disciplina esplicitamente le comunicazioni televisive, ma viene esteso anche alle comunicazioni su rete telematica. Il primo tipo di responsabilità per violazione delle norme sul copyright è la cosiddetta primary liability che si ha in capo a colui che direttamente compie la violazione84 (una fattispecie analoga alla direct liability statunitense). Diverso è invece il caso del cosiddetto secondary infringement. In particolare, il paragrafo 24 dell’UK Copyright, Designs and Patents Act stabilisce, anche se relativamente alle comunicazioni via fax, che: <<Colui che, senza l’autorizzazione da parte del titolare dei diritti, trasmette copia dell’opera protetta mediante un sistema di telecomunicazione è responsabile in via indiretta (secondary infringement) purché conosca o sia tenuto a conoscere (knowing or having reason to believe) che la comunicazione comporta una violazione delle norme sul copyright>>85. Tale norma può essere estesa al caso di responsabilità del provider che andrebbe quindi considerato responsabile sia se partecipa direttamente all’illecito (primary infringement), sia se ne è a conoscenza o ha la possibilità di conoscere la violazione (secondary infringement). 84 Riguardo alla primary liability questa è esclusa: <<Where he has no influence over the contents, arguably, the same should go for a cable service operator and, consequently, for an access or service provider>>. Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 85 Testualmente il Par. 24 (2) dell’UK Copyright Act recita: <<Copyright in a work is infringed by a person who without the license of the copyright owner transmits the work by means of a telecommunication system (otherwise than by broadcasting or inclusion in a cable programme service), knowing or having reason to believe , that infringing copies of the work will be made by means of the reception of the transmission in the UK or elsewhere>>. Liability for On-Line Intermediaries , op.cit. 154 “A parte quindi la responsabilità diretta del provider nell’illecito, la discriminante per un’eventuale responsabilità del provider per violazioni commesse da terzi è la loro conoscibilità (knowledge or reason to believe). La norma va quindi interpretata nel senso di escludere comunque una responsabilità di tipo preventivo per fatti compiuti da terzi, il provider non può essere a conoscenza dell’illecito fintanto che questo non si manifesta, e di introdurre una responsabilità indiretta (secondary liability) del provider salvo che questi non provi l’incolpevole mancata conoscenza dell’illecito86. Rispetto a possibili violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, un caso interessante risale al novembre 1996, quando alcuni brani di due canzoni del complesso irlandese degli U2 furono “rubati” e pubblicati su un sito web di un provider ungherese: la band riuscì a far chiudere il sito internet per violazione del copyright87. Nel frattempo si scoprì che altri due siti negli Stati Uniti ed in Olanda avevano scaricato il file dal sito ungherese e lo avevano reso pubblico sul loro server e di conseguenza diffuso in rete a testimonianza della difficoltà di controllare, con metodi esclusivamente repressivi, questo settore. Gli U2 rinunciarono ad ulteriori cause legali sostenendo che comunque il materiale “rubato” era incompleto e non definitivo e quindi di poco valore88. 86 CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 87 Cfr. CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98 88 Si legga It could happen to you too, webWright, disponibile su: ma.hrc.wmin.ac.uk. Nello stesso articolo è presentato un ulteriore caso in materia di violazione del copyright che ha riguardato il sito della Shetland News, un pubblicazione su internet, contenente links o collegamenti al sito della rivista concorrente Shetland Times. La Shetland Times ha deciso alcuni anni fa di agire per violazione del copyright contro la Shetland News. La Corte scozzese di Edimburgo alla fine del 1996 ha vietato in via preliminare (cosiddetto interim interdict) alla Shetland News di introdurre links nei propri articoli su internet verso gli articoli della Shetland Times. 155 A margine occorre ricordare che la disciplina britannica del copyright su Internet è una semplice estensione di quella prevista per le comunicazioni televisive, quindi non può considerarsi adeguata in tutte le situazioni89. Per quanto riguarda poi le comunicazioni offensive o diffamatorie, in Gran Bretagna chiunque partecipi alla loro diffusione è considerato responsabile al pari dell’autore. Per i meri fornitori però è ammessa la difesa della cosiddetta innocence dissemination: un fornitore non può essere considerato responsabile per il contenuto di ciò che vende o distribuisce se dimostra che, oltre a non aver partecipato alla creazione del materiale offensivo o diffamatorio, non era a conoscenza del contenuto di tale materiale, né era in grado di conoscerlo avendo mantenuto un comportamento diligente (reasonable care). Il paragrafo 1 del Defamation Act stabilisce inoltre che il comportamento diligente (reasonable care) del fornitore va considerato tenendo conto sia della eventuale partecipazione del soggetto nella creazione e pubblicazione del materiale offensivo, della natura delle circostanze che hanno dato origine alla pubblicazione, sia infine della precedente condotta o del carattere dell’autore del messaggio. In questo stesso paragrafo, il Defamation Act del 1996 esplicitamente si riferisce al responsabile di un sistema informatico in cui afferma che: <<Una persona non può essere considerata né un autore, né un editore o un responsabile editoriale se viene coinvolto nella semplice trasmissione in formato elettronico del materiale offensivo o Se la Corte riconoscerà la pretesa della Shetland Times, ciò potrebbe significare che, almeno in Scozia e forse in Inghilterra, sarà vietato inserire links nelle proprie pagine Web verso altri siti internet senza prima aver ottenuto l’autorizzazione da questi ultimi. Il caso Shetland News è anche descritto presso il sito della rivista http://www.shetland-news.co.uk. 89 Cfr.RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.324 156 nella gestione del sistema elettronico attraverso il quale il materiale viene cercato, copiato, distribuito e reso accessibile agli utenti>>. Allo stesso modo un provider non può essere considerato autore o editore o comunque un responsabile editoriale, pur essendo il titolare del sistema di comunicazione attraverso il quale la comunicazione offensiva viene trasmessa, nel caso in cui questi non abbia alcun controllo sulle comunicazioni inviate al proprio server90. In Gran Bretagna si riconosce quindi una responsabilità del provider per materiale offensivo prodotto da terzi nel solo caso in cui questi esegua una qualche forma di controllo o di monitoraggio sulle comunicazioni dei propri utenti, ovvero quando si comporta come un responsabile editoriale. Negli altri casi, sulla base del paragrafo 1 del Defamation Act il provider può sempre ricorrere alla difesa della innocence dissemination che lo equipara ad un semplice fornitore di informazioni purché non sia a conoscenza del messaggio offensivo e abbia sempre mantenuto un comportamento diligente91. In FRANCIA un primo caso di responsabilità extracontrattuale si è avuto nel febbraio del 1999, quando il provider Altern.org è stato condannato dalla Corte 90 Il Par. 1 dell’ UK Defamation Act 1996 stabilisce che: <<A person shall not be considered the author, editor or publisher of a statement if he is only involved (a) in printing, producing, distributing or selling printed material containing the statement; (b) in processing, making copies of, distributing, exhibiting or selling a film or sound recording (as defined in Part I of the Copyright, Designs and Patents Act 1988) containing the statement; (c) in processing, making copies of, distributing or selling any electronic medium in or which the statement is recorded, or in operating or providing any equipment, system or service by means of which the statement is retrieved, copied, distributed or made available in electronic form ; (d) as the broadcaster of a live programme containing the statement in circumstances in which he has no effective control over the maker of the statement; (e) as the operator of or provider of access to a communications system by means of which the statement is transmitted, or made available by a person over whom he has no effective control>>. 91 CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 157 d’Appello di Parigi per la diffusione su uno dei suoi siti di foto osé di Estelle Hallyday, fotomodella moglie del figlio del rocker francese, Johnny Hallyday92. Il provider ricorse comunque in appello e il 10 febbraio il tribunale di seconda istanza, pur escludendo in generale una responsabilità del gestore del sito, condannò Altern.org93. Gli specialisti affermarono che l’ospitante dei siti era responsabile dei contenuti delle pagine fin quando l’editore del sito in causa non fosse identificato o non si manifestasse con certezza”94. La Corte in effetti ritenne che un provider che ospitava nel suo spazio persone che anonimamente mettevano in linea contenuti di varia natura <<eccedeva evidentemente il ruolo tecnico di un semplice trasmettitore d’informazione e dovesse obbligatoriamente assumersi, nei confronti di terzi dei quali si sarebbero violati i diritti in tali circostanze, le conseguenze di un’attività che aveva deliberatamente intrapreso>>95. L’ISP dunque non ha obbligo di controllo sul contenuto dei siti ma è comunque responsabile, visto il suo consenso al mantenimento dell’anonimato da parte dei fornitori dei contenuti. Una sentenza del Tribunale di Nanterre l’8 dicembre 1999 precisò questa responsabilità in un obbligo generale di prudenza e diligenza, ulteriormente esplicitato in informazione (ai creatori dei contenuti circa il rispetto dei diritti di terzi), vigilanza e azione (bloccare l’accesso al sito se viene segnalata una lesione). 92 Il caso risale al 1997, la fotomodella sporse denuncia e le foto non autorizzate furono ritirate ancor prima del processo. 93 Il risarcimento ammontava a 120 milioni di lire. 94 ANSA 24-FEB-99 18:09, Riportata in www.interlex.it, 01.03.98 95 L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000, pp.850 158 Questo provvedimento cercava di raggiungere un equilibrio tra <<l’esigenza di assicurare l’individuazione di un responsabile e quella di non far gravare sui provider obblighi effettivamente inesigibili>>96. Questo tipo di previsioni si è infine concretizzato nella legge 719/2000, che prevede per i provider l’obbligo di informare gli utenti circa il rispetto dei diritti di terzi e a proposito della possibilità di restringere o bloccare l’accesso a determinati servizi in caso di comportamenti illegittimi. Per quanto riguarda la SPAGNA risulta interessante analizzare l’ Anteproyecto de Ley de servicios de la sociedad de la información y de comercio electrónico spagnolo, poiché è uno dei primi ordinamenti europei a improntare una disciplina interna in risposta alla normativa comunitaria e anche per la profonda differenza di matrice fra il nostro ordinamento di marcato stampo francese e quello spagnolo in cui non c’è un sistema di responsabilità per cose in custodia o per attività pericolose97. In Spagna opera allora il principio sancito nel 1902 codigo civil, opportunamente interpretato dalla giurisprudenza98. A parte la pedissequa trasposizione degli articoli della direttiva, meritano attenzione le disposizioni riguardanti la responsabilità dell’ host provider, esso non è responsabile a condizione che: a) non sia a conoscenza degli illeciti; b) agisca con diligenza per rimuovere le informazioni o disabilitare l’accesso ad esse (c.d. principio della non inerzia). 96 L.BUGIOLACCHI, op. cit., pp.850 Così BUGIOLACCHI L., Verso un sistema di responsabilità civile dell’Internet Provider? Considerazioni su un recente “anteproyecto” spagnolo di recepimento della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico in Responsabilità Civile e Previdenza, 2002, fasc. 1 (febbraio), pag. 292-314. 98 Non è altro che il principio classico della responsabilità extra-contrattuale, che richiede quindi da parte del soggetto la colpa o il dolo per il verificarsi della fattispecie. 97 159 La Giurisprudenza spagnola, alla luce del suo ruolo istituzionale di integratrice del diritto, ha però progressivamente allargato le maglie della “diligenza” da tenere nella custodia delle cose (benché non esiste una fattispecie specifica che la prevede) e così le divergenze tra i nostri ordinamenti si sono progressivamente ridotte. Innovativo è l’articolo 17 del progetto, che è dedicato alla responsabilità dei motori di ricerca e che la stessa direttiva europea sembra non aver preso in considerazione. Il regime è comunque non dissimile da quello dell’ host provider, infatti solo qualora abbia effettiva conoscenza dei siti a cui rinvia per mezzo dei links può ritenersi responsabile; deve inoltre collaborare per rimuovere prontamente il link in caso di illecito accertato. La normativa spagnola è improntata quindi ad una tipizzazione caso per caso delle condotte da qualificare illecite e non abbraccia né il sistema della responsabilità oggettiva, né quello della presunzione di responsabilità (come nei casi del 2050 e 2051 c.c.). In OLANDA la giurisprudenza si è orientata a limitare la responsabilità dell’ISP alla sola partecipazione diretta alla fattispecie criminosa99. Le sentenze di riferimento sono due: la prima è del 1995, quando il Tribunale di Rotterdam si trovò a valutare la violazione delle norme sul copyright100 dovuta a scambio di software illegittimamente copiato tra gli utenti di un server. 99 RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.323 100 La normativa in materia di copyright in Olanda punisce chiunque riproduca un’opera senza la necessaria autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Allo stesso modo sono perseguibili coloro che stampano, pubblicano, distribuiscono e vendono una copia dell’opera protetta. In un caso relativo alle comunicazioni televisive del 1993, un operatore via cavo fu considerato responsabile per aver consentito la trasmissione “pirata” di materiale protetto, nonostante non avesse direttamente eseguito la trasmissione. 160 In questo caso il provider fu riconosciuto responsabile in quanto aveva consapevolmente modificato il proprio server consentendo il caricamento e la riproduzione di file dal proprio sito internet. Il provider fu riconosciuto direttamente responsabile della violazione per negligenza in quanto avrebbe potuto e dovuto prevedere un comportamento illecito da parte dei suoi utenti101. La seconda storica decisione del Tribunale dell’Aia nel 1996, riguardava invece la violazione dei diritti di proprietà intellettuale sul materiale appartenente alla Chiesa di Scientology attraverso il trasferimento di file su un newsgroup102. La Corte sostenne che: <<il provider aveva semplicemente fornito agli utenti uno spazio dove poter discutere, il newsgroup appunto, e che nessun obbligo di controllo sul materiale in rete poteva essere riconosciuto in capo al provider per cui si escludeva una qualsiasi forma di responsabilità>>103. Tuttavia, questa sentenza è divenuta molto importante, poiché stabilì che il provider non era responsabile di tutto il materiale presente sul server e che esso sarebbe stato colpevole nel caso in cui: <<si fosse trovato a conoscenza del comportamento dell’utente, o se almeno questo comportamento fosse stato verosimilmente conoscibile, e che la violazione dell’utente fosse inequivocabilmente chiara, ovvero che non vi fosse alcun dubbio sulla illiceità del comportamento del terzo>>104. Fu infatti ritenuto comunque responsabile per non aver fatto cessare l'illecita trasmissione del materiale protetto; Corte Suprema dell’Aia, 14 Gennaio 1983, NJ 1984, 696. 101 CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 Corte distrettuale di Rotterdam, 24 Agosto 1995, AMI 1996/5, p. 101. 102 Corte distrettuale dell’Aia, 12 Marzo 1996, 96/160. La sentenza dell’Aia è commentata da Maurits Dolmans e Annette Schild nel loro Copyrights and the Internet, Fourth Annual Conference on International Intellectual Property Law & Policy, New York, 11 e 12 aprile 1996. 103 CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98 104 CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98 161 In tal caso il provider avrebbe avuto l’obbligo di intervenire e mettere in atto tutte quelle cautele necessarie affinché tale violazione fosse cessata105. Per questo un provider può sempre difendere sia sostenendo di non essere a conoscenza della situazione di illecito sia dicendo che, al momento del controllo, la violazione non era chiara ed esplicita. Infine in materia di diffamazione, nel Codice Penale olandese esiste una norma106 che esclude la responsabilità dell’editore se questi non ha alcun controllo sul materiale pubblicato. Si può quindi ritenere che in Olanda in materia di diffamazione commessa su rete telematica la responsabilità del provider sia limitata alla sola partecipazione diretta alla fattispecie criminosa. In GERMANIA un caso di violazione dei diritti della proprietà intellettuale fu risolto da una corte locale nel 1996 con l’applicazione delle norme sul responsabile editoriale e con il riconoscimento della conseguente responsabilità penale del provider che avrebbe avuto l’obbligo di controllare la legittimità del materiale inviato dai propri utenti. Secondo la Corte tedesca questo controllo non solo era tecnicamente possibile, ma poteva essere preteso verso tutti i provider107. 105 Il 24 ottobre 1997 l’Unione Europea pubblicò una minuta relativa alla risoluzione in materia di tutela dei minori e delle dignità umana in cui si afferma che: <<Gli operatori si devono assumere una responsabilità illimitata, civile e penale, per i contenuti che loro stessi hanno messo a disposizione sul proprio sito e che devono inoltre assumersi una responsabilità dei contenuti esterni da essi resi accessibili, se i singoli contenuti gli sono positivamente noti e se è loro tecnicamente possibile ed accettabile impedirne l’evento>>. Si veda più avanti, come la nuova legge italiana in materia di sfruttamento dei minori punisca anche la distribuzione via rete telematica del materiale incriminato. 106 par. 53 e 54 107 AG Nagold, Oktober 31, 1995, CR 1996/4, p.240. 162 In materia di diffamazione, l’orientamento della Corte federale tedesca era quello di limitare la responsabilità dell’editore, e quindi per analogia anche quella del provider, alle sole affermazioni “dichiaratamente” offensive. La Corte distrettuale di Stoccarda nel 1997 si trovò a dover discutere un caso di diffamazione commesso su un provider, sostenendo che sarebbe stato impossibile riconoscere in capo al responsabile del provider un obbligo di controllo di tutto il materiale inviato dai propri utenti. Una responsabilità quindi poteva soltanto ammettersi nel caso in cui il provider fosse a conoscenza o avesse potuto conoscere l’esistenza del materiale offensivo108. La legislazione tedesca, riprendendo in parte le affermazioni compiute dalla corte di Stoccarda, si dotò, successivamente, con la legge 22 luglio 1997 sui servizi di informazione e di comunicazione, di una compiuta normativa espressamente concernente la responsabilità degli operatori su internet109. Infatti l’art. 5 della suddetta legge fissava tre condizioni per attribuire una qualche responsabilità al service provider: <<I fornitori di servizi sono responsabili secondo le leggi generali dei propri materiali da essi resi disponibili; i fornitori di servizi sono responsabili dei materiali altrui da essi resi disponibili solo se hanno conoscenza dei loro contenuti e sia tecnicamente possibile ed esigibile impedirne la disponibilità; i fornitori di servizi non sono responsabili dei materiali altrui ai quali essi hanno fornito solo l’accesso>>. Un’automatica e di breve durata ritenzione di materiali altrui, conseguente alla richiesta di utenti, va intesa come fornitura di accesso. 108 LG Stuttgart, November 17, 1987, disponibile sul sito http://www.netlaw.de. Gesetz zur Regelung der Rahmenbedingungen für Informations- und Kommunikationsdienste o IuKDG, legge federale entrata in vigore l’1 agosto 1997. SERGIO SEMINARA, La responsabilità penale degli operatori su internet, www.jei.it 11 109 163 Qualora, nel rispetto della riservatezza delle comunicazioni a distanza110, il fornitore di servizi acquisisce conoscenza di contenuti illeciti e una chiusura sia tecnicamente possibile ed esigibile, rimangono salvi, secondo le leggi generali, gli obblighi di impedimento della disponibilità di tali materiali La legge tedesca quindi pone una duplice distinzione: disponibilità vs. indisponibilità dei materiali e loro proprietà vs. altrui: il primo aspetto riguarda l’accesso ai materiali mentre il secondo, fa riferimento al titolare della loro proprietà, qualificando: <<La riconducibilità al provider (che può essere pure il titolare di una homepage), il quale si presenta come l’autore del materiale, anche in quanto se ne sia appropriato, non indicandone la paternità, ovvero, laddove eserciti un controllo preventivo di congruità e/o di liceità sui materiali da rendere accessibili, come responsabile della loro immissione in rete>>. La IuKDG distingue inoltre due figure di provider: il fornitore di servizi, (o service provider), e il fornitore di un accesso alla rete, (o access provider). Il service provider è colui che, oltre a predisporre per i propri utenti un accesso alla rete, è un fornitore d’informazioni, direttamente o tramite terzi, sulla rete stessa. Si deve quindi intendere che qualsiasi provider che predisponga proprie pagine Web a cui gli utenti possono accedere debba essere considerato un service provider. Quest’ultimo va considerato responsabile sia per il materiale illecito da lui creato o riprodotto e messo a disposizione per i propri utenti111, sia per il materiale illecito prodotto da altri e messo a disposizione sul suo server. 110 di cui al § 85 della legge sulle telecomunicazioni par. 5 IuKDG, CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, www.interlex.it, 23.11.98 111 164 In quest’ultimo caso però occorre che il provider sia a conoscenza della pubblicazione sul proprio server del materiale illecito, che abbia a disposizione gli strumenti tecnici per evitare che tale materiale venga ulteriormente diffuso in rete ed infine che si possa ragionevolmente aspettare un suo intervento affinché la diffusione di tale materiale venga impedita112. L’access provider è invece escluso da una qualsiasi forma di responsabilità per il materiale inviato dai terzi, in quanto solo fornitore di un accesso alla rete al pari di un operatore telefonico. La responsabilità per i materiali altrui risulta in ogni caso subordinata, anzitutto, alla conoscenza del contenuto illecito, inteso come dato effettivo e non semplicemente potenziale. In ogni caso il provider è obbligato a sospendere la pubblicazione e l’uso di materiale illecito sulla rete a seguito di un ordine o ingiunzione emanata da un giudice. Precedentemente alla nuova legge federale la tendenza della giurisprudenza tedesca era quella di applicare la disciplina del responsabile editoriale di una testata giornalistica anche all’internet provider. Nei confronti del provider sussiste dunque: <<Il dovere, esigibile e tecnicamente possibile, di sopprimere i materiali illegali contenuti nel server da lui gestito e dei quali egli in qualsiasi modo abbia acquisito conoscenza>>113. Si può notare subito come questa normativa si trovi in accordo con i principi successivamente indicati dalla direttiva 2000/31/CE, di cui si parlerà in seguito, che cerca di contemperare l’esigenza del controllo con la possibilità per i provider di non essere gravati da oneri di controllo eccessivi, tali da bloccarne l’attività. 112 113 Par. 5 IuKDG SERGIO SEMINARA, op. cit., www.jei.it 165 Questa normativa ha visto subito un’applicazione importante in un decreto d’archiviazione emesso il 13 febbraio 1998 dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione tedesca114, relativamente ad un procedimento penale che vedeva coinvolti più provider come imputati d’agevolazione in istigazione e apologia di reati. Nel provvedimento infatti si ribadisce il fatto che: <<La condotta del provider consistente nell’apertura d’accessi ad Internet per gli utenti non è antigiuridica in sé ma anzi, alla luce delle esigenze dell’attuale società dell’informazione e in particolare anche della scienza, risulta socialmente “diffusa e auspicata” ma implica un onere di controllo per i provider, che devono essere considerati come destinatari di determinati “doveri” per la sicurezza del traffico>>. Questi doveri si concretizzano nel momento in cui diviene nota l’intenzione o il comportamento illecito, mentre non si può ipotizzare nessun controllo preventivo, che non risulterebbe né possibile né esigibile. La IuKDG è applicabile a tutte le comunicazione elettroniche tra individui, dal telebanking, allo scambio di dati su via telematica oltre che ai servizi forniti su internet, ed è inoltre applicabile sia ai casi di responsabilità civile che penale115. Rispetto alle scelte adottate negli Stati Uniti e in Inghilterra, la IuKDG sembra quindi adottare, almeno relativamente alle violazioni delle norme sulla proprietà intellettuale, la scelta più restrittiva del criterio dell’effettiva conoscenza e non la mera conoscibilità dell’illecito. 114 Testo reperibile all’URL http://www.jura.uni-sb.de/jurpc/rechtspr/19980017.htm 12 Frithjof A. Maennel e Beth Noveck, Germany Enacts Sweeping Internet/Multimedia Law , in IP WorldWide, November/December 1997, The New York Law Publishing Company. 115 166 Le situazioni di presunta ma non evidente illiceità andranno invece valutate caso per caso, considerando se ci si possa “ragionevolmente” aspettare che il provider faccia cessare la violazione. In sintesi la giurisprudenza europea sembra avviarsi verso una responsabilità del provider per violazione dei diritti di proprietà intellettuale più estesa rispetto alla responsabilità per materiale offensivo o diffamatorio. Nel primo caso si ritiene che vi sia un obbligo in capo al provider di bloccare la violazione nel momento in cui ne venga a conoscenza, o, in alcuni casi, come in Gran Bretagna, nel momento in cui la violazione risulta essere conoscibile. Sia in Germania che in Olanda, ma non in Gran Bretagna ed in Francia, la responsabilità per diffamazione risulta invece limitata alla partecipazione diretta al fatto criminoso. Una ulteriore questione, affrontata soltanto dai giudici olandesi ma di fondamentale importanza, è il problema della riconoscibilità dell’illiceità di un comportamento. Al riguardo il Tribunale dell’Aia ha considerato esistente un obbligo d’intervento solo in presenza di una violazione inequivocabilmente chiara. Infine, in Germania, in Gran Bretagna e Olanda si esclude comunque una qualsiasi responsabilità in capo al “mero fornitore” d’accesso alla rete telematica. 167 4.3 LA SITUAZIONE ITALIANA 4.3.1 OSSERVAZIONI GENERALI La direttiva comunitaria e il decreto legislativo di attuazione introducono una soluzione normativa all’annosa questione della responsabilità dei cosiddetti provider (i soggetti, cioè, che mediante un contratto116 di accesso alla rete forniscono la connessione quale momento propedeutico alla fruizione, da parte dell’utente, dei servizi telematici disponibili sul web117) in relazione al materiale fornito da un utente e reso, per il loro tramite, accessibile in rete. A dettare regole certe e definitive sono deputati gli articoli da 14 a 17 del decreto legislativo 70/2003, che a tal fine distinguono i providers in 3 categirie: mere conduit, caching e hosting. Proprio con particolare riguardo alla figura dell’host provider (prestatore intermediario che memorizza informazioni su richiesta degli utenti fornendo uno spazio nel proprio server coni relativi servizi), si era acceso, in tempi anteriori all’emanazione del provvedimento, il dibattito di dottrina e giurisprudenza che, con varie sfumature e qualche voce dissonante, riconducevano la responsabilità del 116 Di solito, anche se non mancano voci discordi,il contratto tra utente e provider è qualificato in dottrina e giurisprudenza quale appalto di servizi, consistendo la prestazione che il prestatore deve fornire nella organizzazione e gestione di un servizio con propria organizzazione dei mezzi necessari e proprio rischio, con la conseguenza che, per la regolazione dei rapporti tra provider ed utente, si applicheranno gli artt. 1667 ss. cod. civ. Cfr. De Nova, I contratti per l’acceso a Internet, in Giust civ., 1997,II, 95 ss., nonché: Albertini, I contratti di accesso a Internet, in Giust. Civ., 1997, II, 103 ss.; Palmieri, I contratti di accesso, Milano, 2003. Per la giurisprudenza si veda: Trib. Prato 16 ottobre 2001 (ord. n. 3155), in Vita not., 2002, 108, con nota di Cassano, La giurisprudenza dei nomi di dominio. 117 La definizione fornita è tratta da Piazza, La responsabilità civile dell’Internet Provider, in Contratto e impr., 2004, 130, il quale richiama la nozione data da Franzoni, La responsabilità del provider, in Resp. Comunicazione impresa, 1997, 767. 168 provider entro gli schemi della responsabilità aquiliana118 come delineati dagli artt. 2043 ss. codice civile, sfruttandone il carattere di norma aperta, idonea, pertanto, a trovare, con una spinta evolutiva dettata dalla giurisprudenza specie a partire dall’ultimo scorcio del secolo scorso, ampia applicazione119. 4.3.2 ORDINAMENTO GIURISPRUDENZIALE (ANTE D. LGS. 70/2003) E NORMATIVO: IL PROVIDER “COLPEVOLE” Va innanzitutto precisato che con la generica qualifica di provider si indica una pluralità di soggetti appartenenti alla categoria di operatori che la direttiva comunitaria e la formazione attuativa italiana definiscono “prestatori di servizi della società dell’informazione”. Vi sono, tuttavia, nell’ambito della categoria providers diverse tipologie di operatori. 118 La locuzione responsabilità aquiliana è, nell’ordinamento giuridico italiano, chiamata ad indicare la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 del Codice Civile, così qualificata in quanto non derivante da obblighi contrattuali. Vale dunque l’identità responsabilità aquiliana uguale alla responsabilità extracontrattuale. L’espressione si deve alla derivazione di questo concetto dalla lex Aquilia del 287 a. C. che introdusse nel diritto romano la responsabilità ex-delicto, ovvero del principio in virtù del quale la lesione di un diritto soggettivo assoluto o di una posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento, obbliga l’autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali. il danno e’ risarcibile, in linea di principio, soltanto se provocato con colpa: significa che l’evento non è stato intenzionalmente determinato ma si è verificato a causa di negligenza ed imprudenza o imperizia oppure senza l’osservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline. Fondamento della responsabilità aquiliana è il principio di convivenza del neminem laedere che, affermando la responsabilità per qualsiasi attività che si traduce in un danno per i terzi, individua quale criterio di imputazione la colpevolezza dell’agente (nessuna responsabilità senza colpa). La colpa è concepita dalla legge Aquilia come condizione squisitamente soggettiva che esprime uno stato d’animo riprovevole tale da giustificare una sanzione (il risarcimento del danno) diretta a ripristinare il rispetto dei diritti lesi. 119 Si veda, per una raccolta sistematica della giurisprudenza in tema di responsabilità civile e per l’analisi delle fattispecie di danno risarcibile: Pascuzzi, La responsabilità civile. Percorsi giurisprudenziali, Trento, 2001; Alpa- Ruffolo-Zeno-Zencovich, con il contributo di Putti, Atto illecito e responsabilità civile, in Casi e questioni di diritto privato, diretto da Bessone, Milano, 2001; Alpa, Diritto della responsabilità civile, Bari, 2003; Casi scelti in tema di responsabilità civile, a cura di Alpa, Padova, 2004. 169 Anteriormente all’attuazione della Direttiva 200/31/CE, dottrina e giurisprudenza facevano riferimento: • all’access provider per indicare colui che fornisce agli utenti la connessione alla rete; • al service provider per indicare colui che fornisce agli utenti oltre alla connessione alla rete servizi ulteriori, quali caselle e-mail, chat-rooms, forums telematici, newsgroups, motori di ricerca, gestione banche dati, bacheche elettroniche per la pubblicazione da parte degli utenti di materiali propri e via dicendo; • al content provider per definire colui che, tramite il proprio sito, veicola in rete contenuti propri, quali notizie di cronaca, ricette, fotografie, sentenze; • all’host provider per qualificare un service provider che mette a disposizione uno spazio del disco rigido del proprio server al fine di ospitarvi i siti creati dagli utenti, che a loro volta svolgono il ruolo di service o content provider pur non disponendo di attrezzature tecnologiche proprie120. A queste figure veniva poi aggiunta quella del manteiner, che non era un vero e proprio provider, in quanto non un intermediario di internet: si trattava, infatti, di un operatore che interagiva burocraticamente e tecnicamente con gli enti preposti alla registrazione dei nomi a dominio (domain name) per conto di un provider che intende aprire un sito web. Era un dato acquisito, oltre che evidente, che fosse configurabile una responsabilità del provider laddove vi fosse stata, da parte di questi,una violazione diretta di una 120 Per la distinzione tra i tipi di providers: Riccio, La responsabilità civile degli “internet providers”, Torino, 2002, pag 22 ss.; Sica, Il sistema della responsabilità, in Comandé-Sica, Il commercio elettronico. Profili giuridici, Torino, 2001, pag 221 ss. 170 norma, alla cui sanzione egli, al pari di un qualunque altro consociato, doveva soggiacere, mentre si era discusso della propria responsabilità per un fatto illecito altrui. La questione è stata oggetto di valutazione sia sotto il profilo civilistico sia sotto quello penalistico, al contempo, anche in giurisprudenza non sono mancate decisioni che hanno ritenuto il provider, da un lato, tenuto da una ad una responsabilità risarcitoria, dall’altro, assoggettato alla sanzione per concorso nel reato121 posto in essere dal fornitore dei contenuti. In mancanza di norme speciali in tema di responsabilità del provider, la tendenza, non solo italiana, è stata quella di richiamare, applicandoli in via analogica, norme e principi generali o dati per fattispecie simili con orientamento iniziale a tutelare il soggetto danneggiato, condannando per l’effetto il provider, anche in caso di mancata individuazione dell’autore dell’atto illecito122. 121 Cassano-Buffa, Responsabilità del content provider e dell’host provider, in Corriere giur., 2003, 77. Le due fattispecie sono disciplinate dagli artt. 110 del codice penale: <<Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita” e 113: “Nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso>>. Per completezza occorre ricordare che nella dottrina penalistica si è dibattuto sulla configurabilità, nonostante la lettera dell’art. 113 cod. pen., di una cooperazione colposa del reato doloso, ciò che pare escluso dalla maggioranza degli Autori sul presupposto che l’art. 42 cod. pen. afferma che: <<Nessuno può essere punito se non per un delitto doloso, salvo i casi di delitti colposi o preterintenzionali espressamente previsti dalla legge>>. Ciò renderebbe il concorso colposo nel reato doloso non configurabile: l’art. 113 cod. pen. disciplina, infatti, la cooperazione colposa nel reato colposo, mentre nulla si dice a proposito del concorso colposo nel reato doloso; cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale. Partegenerale, Milano, 1997, 541 ss. 122 Così Di Ciommo, evoluzione, cit., 270, l quale ricorda alcune decisioni emblematiche assunte in prima battuta dal tribunale e confermate dal Tribunale e confermate in sede di gravame dalla Corte di Appello di Parigi (Trib. Grande Instance di Parigi, ord. 9 giugno 1998, in Expertises, 1998, n. 216, 319, e Court d’Appel di Parigi, 10 febbraio 1999, in Danno e resp., 1999, 754, trad. e nota dello stesso Di Ciommo, nonché in Dir. Informazione e informatica, 1999, 929, con nota di Riccio) che condannarono il provider al risarcimento del danno per illecito commesso da un utente che, sfruttando un sito internet messo a disposizione di chiunque volesse pubblicare qualcosa online, aveva diffuso in rete, senza autorizzazione, fotografie strettamente private di una signora. I giudici sancirono la responsabilità del provider per omesso controllo dei contenuti senza neppure far luogo ad indagini volte ad accettarne la colpa. 171 Nel nostro Paese, si è fatto ricorso, all’applicazione delle norme sulla responsabilità dell’editore di testata giornalistica, sulla scorta dell’equiparazione del gestore di un sito internet al responsabile editoriale, sì da attribuirgli l’obbligo di verificare la legittimità di tutto il materiale pubblicato sul proprio server, compreso quello inviato da terzi. Equiparazione resa più agevole dalla estensione analogica dell’art 30, 1 comma, 6 agosto 1990, n. 223, che attribuisce gli stesi obblighi dell’editore di una testata giornalistica al gestore di un servizio radiofonico o televisivo. La domanda che si posero alcune corti di merito agli albori e quando si diffuse lo sviluppo della rete fu quella appunto se ritenere l’internet provider assimilabile all’editore di giornale? Questo evento trovò impreparati sia il legislatore, perché oltremodo lento all’approccio con i nuovi mezzi di comunicazione, e sia i Giudici, perché “interpreti della legge” e dei bisogni della società che però ancora non era tecnicamente e culturalmente pronta a questo passo. Dunque dapprima l’internet provider fu assimilato al direttore di un giornale123, che in tema di diffamazione ha responsabilità ex lege con l’autore dell’articolo a norma dell’art. 57 c.p., facendo eccezione al generale principio della personalità della responsabilità penale (art. 27 Cost. sebbene lo si voglia talvolta ricondurre ad una culpa in vigilando). Fu subito chiaro che tale interpretazione analogica era assolutamente da rigettare in materia penale, non essendo possibile nemmeno una interpretazione estensiva della 123 Trib. Napoli 8 Agosto 1997, in Dir. Inf. e Inf. , 1997, 970.; in senso analogo anche Trib. Teramo, ordinanza 11 dicembre 1997 e Trib. Bari, ordinanza 11 giugno 1998, in PIERUCCI A., op. cit. , p. 468. 172 norma che parla di <<riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione>>124. Ci si è interrogati allora sulla applicabilità della L. 8.02.1948, n. 47, e in particolare gli artt. 11 e 12 che riguardano la responsabilità civile dell’editore per la riparazione da diffamazione. Deve esser chiara per tutti la differenza tra il direttore di un periodico, seppure online, ed il provider che è il soggetto che interviene solo nel processo tecnico e non come il direttore, che invece applica scelte sui contenuti da pubblicare. A ben vedere il percorso tracciato dai provvedimenti giurisprudenziali che ha condotto alle tendenze attuali in materia di responsabilità degli ISP nel nostro Paese è stato piuttosto contorto e difficoltoso, per quanto in definitiva si possa ricondurre a due diverse fasi, quella precedente e quella successiva alla sentenza del Tribunale di Roma del 4 luglio 1998. La giurisprudenza italiana, a partire dalle prime pronunce delle corti di merito125 si è orientata passando dall’equiparazione del provider ad un editore all’attribuzione di una responsabilità talvolta ex art. 2050126 (attività pericolose) e talaltra ex 2051 c.c. (danno cagionato da cosa in custodia). 124 L. 8 febbraio 1948, n. 47 art. 1. è stato sancito l’obbligo di iscrizione nei registri della stampa per le pubblicazioni telematiche «diffuse al pubblico con periodicità regolare e contraddistinte da una testata» 125 Trib. Roma 4.7.1997, in Dir. Inf. e Inf. 1998, 807; Trib. Roma 22.3.1999, in Dir. Inf. Inf. 2000, 67; Trib. Teramo ord. 11.12.1997, in Dir. Inf. Inf. 1998, 372; Trib Napoli, decreto 18.03.1997, in Foro It., 1997, I, 2307; Trib. Napoli, ordinanza 8.8.1997, in G. civ., 1998, 1, 258. 126 L’art. 2050 c.c. dispone che <<Chi nell’esercizio di una attività pericolosa per sua natura o per i mezzi adoperati cagiona ad altri un danno è tenuto a risarcirlo, salvo che provi di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno>>. Punto focale dell’interpretazione della norma è la qualificazione di una attività come pericolosa. Questa secondo la dottrina non può che essere un giudizio operato ex ante in base ad una valutazione che tenga conto della probabilità e della potenzialità di creare danno. Riferendosi alla natura dell’attività e ai mezzi adoperati, il Legislatore ha voluto creare un concetto di pericolosità intrinseca (cioè propria dell’attività, attinente alla sua natura) e uno di pericolosità estrinseca, e cioè in caso di attività che non sarebbero da qualificare pericolose in base ai normali 173 Questa evoluzione fu dovuta sia all’eco di certe pronunce delle corti internazionali ma anche ad una migliore messa a fuoco del fenomeno sociale. Tra le due soluzioni, la seconda sembra da scartare a priori, perché da più parti127 si è sempre sottolineato la differenza sostanziale che esiste tra il concetto di “cosa”, linguisticamente legato alla fisicità128, per lo meno nel contesto dell’articolo 2051 c.c. in cui si parla di “custodia” (difficilmente potendo ipotizzare la custodia di una cosa immateriale), e quello di spazio virtuale (come una pagina web, ad esempio). E così la dottrina129 ha cercato di percorrere nuove strade per addossare sul provider una responsabilità piuttosto onerosa come quella che ricade sull’esercente un’attività pericolosa130, aprendo questioni che discendono dalla disciplina di questa speciale forma di responsabilità131. criteri di valutazione ma che lo divengano in considerazione di fattori estrinseci (come possono essere circostanze di tempo e di luogo particolari). La qualificazione di consueto spetterà comunque all’ultimo interprete e quindi in sostanza al giudice. 127 DI CIOMMO, F., Internet, diritti della personalità e responsabilità aquiliana del provider, in Danno e resp., 1999,754; DI CIOMMO, F., voce Internet (Responsabilità civile) in Enc. Giur. Treccani, op. cit. ; IOLIS, A. , La responsabilità degli Internet providers, disponibile al sito www.diritto.it/articoli/dir_tecnologie/iolis.html visitato l’11.11.2002; FACCI, G. , La responsabilità extracontrattuale dell’internet provider in Responsabilità civile e previdenza, 2002, fasc. 1, pag. 269 (nota 21). 128 Per lo meno nel contesto del Codice Civile (art. 810: Sono beni le “cose” che possono formare oggetto di diritti); per DEVOTO-OLI, Il dizionario della lingua italiana, 2000, Firenze, invece la parola “cosa” potrebbe comprendere , rifacendosi al significato latino di res un «oggetto ideale o materiale », senza dimenticare che possono formare oggetto di diritti anche i beni immateriali come il diritto d’Autore e diritti connessi. 129 DONATO, B., La responsabilità dell’operatore di sistemi telematici, cit. , p. 144, in cui l’Autore, riferendosi alle BBS non amatoriali propone un modello di responsabilità “quale quello previsto dall’art. 2050 per l’esercizio di attività pericolose in cui l’inversione dell’onere della prova funga da incentivo alla gestione del sistema in conformità delle regole e nel rispetto degli altrui diritti”. 130 Inoltre la “clausola generale” della pericolosità dell’attività più facilmente si adatta alla “interpretazione creatrice” del giudice, come una falla nell’ordinamento che permette alla giurisprudenza di penetrare in essa per coprire il vuoto. Termine con il quale l’Autore (ved. infra) vuole designare delle espressioni generali (per esempio: “buona fede”, “buon padre di famiglia”) che possono comprendere una ampia gamma di situazioni e comportamenti, e che quindi necessitano di una più dettagliata qualificazione da parte dell’interprete istituzionale qual è il giudice. Lo stesso A. le paragona a falle nella chiglia impenetrabile di una nave (l’ordinamento) attraverso le quali si consente l’ingresso alla vita reale in cui è immerso il diritto. Le definisce ancora come risolutrici di conflitti insoluti in Parlamento: in quanto per non scontentare nessun gruppo di potere i politici preferiscono diciamo così affidare la “patata bollente” ai giudici. 174 L’8 agosto 1996 un provider fu ritenuto responsabile di compartecipazione colposa dal Tribunale di Napoli132. Con l’ordinanza si affermava la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 codice civile del provider per aver “autorizzato, consentito, o comunque agevolato il comportamento illecito” di un suo utente colpevole di concorrenza sleale, per aver diffuso in rete messaggi promozionali contenenti nomi e marchi appartenenti a società concorrenti. La conseguenza fu la chiusura del sito133, motivata con l’equiparazione di un sito internet ad un organo di stampa, con relativi doveri di controllo sul materiale pubblicato134. Il giudice di Napoli riconobbe gli estremi della concorrenza sleale per il diretto responsabile dei messaggi e della compartecipazione colposa per il provider, assimilabile ad un responsabile editoriale, in quanto: <<Il proprietario di un canale di comunicazione destinato a un pubblico di lettori, al quale va equiparato quale organo di stampa un sito internet, ha l’obbligo di vigilare sul compimento di atti di concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione di messaggi pubblicitari di cui deve verificare la natura palese, veritiera e corretta, concorrendo, in difetto, e a titolo di responsabilità aquiliana nell'illecito di concorrenza sleale>>. Per un’analisi approfondita del fenomeno vedi ROSELLI, F. , L’applicazione delle clausole generali in M. BESSONE, L’attività del giudice. Mediazione degli interessi e controllo delle attività, Giappichelli, 1997. 131 La disciplina delle attività pericolose è attualmente qualificata in modo differente dalla dottrina: una parte ne afferma il carattere oggettivo, un’altra parte invece il carattere colposo, sebbene con una presunzione di colpa a carico del danneggiante. 132 L’ordinanza del giudice di Napoli dell’8 agosto 1996 è commentata su Orsola Torrani, Sara Parise, Internet e diritto, op.cit. 133 Il giudice di Napoli fece chiudere il sito del provider riservandosi di entrare in seguito nel merito della vicenda per stabilire l’ammontare del risarcimento dei danni. 134 Cfr. RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.328 175 Una successiva sentenza dello stesso Tribunale di Napoli nell’agosto 1997135 è poi andata nella direzione della conferma di quest’equiparazione con l’organo di stampa, e nel fare questo si ribadivano anche i precisi obblighi di vigilanza connessi a tale posizione. Anche il Tribunale di Teramo, l’11 dicembre 1997, confermò l’equivalenza tra sito internet e l’organo di stampa, precisando che: <<il mezzo non modifica l’essenza del fatto>>136. In pratica con queste interpretazioni si è fatta gravare sugli ISP una responsabilità analoga a quelle previste dall’articolo 57 codice penale e dall’articolo 30 della Legge 6 agosto 1990, n. 223, che attribuisce gli stessi obblighi dell’editore di una testata giornalistica al gestore di una radio o di una televisione. Tra queste ultime due sentenze citate se ne colloca una del Tribunale di Cuneo, il 23 giugno 1997 che invece esclude ogni responsabilità del provider rispetto ad una violazione, nel dettaglio del diritto d’autore, attuata attraverso un sito ospitato dal suo server. La motivazione era che il provider in questione si era limitato a concedere solo il servizio di connessione ed accesso alla rete ed uno spazio di pubblicazione, per questo nella sentenza il suo ruolo: <<Con una certa approssimazione può assimilarsi a quello di un centro commerciale che abbia concesso in locazione la bancarella sulla quale l’autore ha esposto i prodotti incriminati>>137. 135 RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.328 RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.328 137 RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.328-329 136 176 Questa sentenza tuttavia non ha creato un precedente, viste le decisioni della Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Venezia, il 1° luglio 1998, circa il sito Isole nella Rete138. In questo caso erano stati inviati sul sito messaggi diffamatori e di boicottaggio che andavano a colpire un tour operator specializzato in viaggi in Turchia139. Dopo aver sequestrato140 il server di Isole nella Rete il giudice considerò l’ISP responsabile per i contenuti illeciti immessi dagli utenti. In questa prima fase dunque la giurisprudenza si è orientata nella direzione dell’attribuzione di una notevole responsabilità di controllo gravante in capo agli ISP, suscitando per altro molte polemiche su quotidiani e preoccupazione fra operatori, utenti della rete141 ed anche giuristi142. Pochi giorni dopo quello di Isole della Rete tra l’altro si era verificato un nuovo episodio, relativo allo spazio “Oltre il Confine” che la rete civica di Roma metteva a disposizione delle associazioni no-profit. In tale spazio era stato pubblicato un messaggio in cui si parlava di satanismo, sesso ed altri contenuti pericolosi. Un parroco siciliano vedendolo, denunciò il fatto. 138 Un’associazione no-profit che fornisce spazio e comunicazione a centri sociali, organizzazioni e radio di movimento, associazioni di volontariato sociale 139 L’ordinanza di sequestro del server di Isole nella Rete è disponibile presso il sito di InterLex, all’indirizzo internet http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sequestr.htm. 140 MANLIO CAMMARATA, Internet, diritto e politica, non c'è da stare allegri, www.interlex.it, 02.07.98 Tra l’altro il provvedimento di sequestro era stato particolarmente contestato poiché, come rileva Cammarata: “per avere la prova dell’esistenza di una pagina Web al magistrato basta copiarla. Per farla sparire basta ordinare al provider di rimuoverla”, mentre con il sequestro di tutto il server si vanno ad oscurare le pagine di tutti gli altri utenti con un danno evidente per questi ultimi. 141 Cfr. GIANFRANCO LIVRIAGHI, Pericolo: sequestratori in agguato, www.interlex.it, 29.06.98 142 Cfr. MANLIO CAMMARATA, Internet, diritto e politica, non c’è da stare allegri, www.interlex.it, 02.07.98 177 La responsabile della rete civica, dopo aver verificato la veridicità della segnalazione, spaventata, cancellò tutto quello che c’era sul server, compresi i link alle associazioni di volontariato ed altri contenuti a sfondo sociale143. Questo episodio non aveva carattere strettamente giuridico ma dimostra il livello di tensione degli operatori di internet in quel periodo e solleva anche il problema di quali siano le facoltà di censura del provider, ovvero se esso sia autorizzato a cancellare, di propria iniziativa, dei contenuti presenti sul server. Nei casi citati precedentemente infatti era l’autorità giudiziaria ad aver ordinato la rimozione di eventuali contenuti illeciti, in questo è stata la responsabile dello spazio di sua iniziativa. Un’altra decisione che confermò il principio secondo cui un sito Web fosse paragonabile ad una testata di giornale fu quella del Tribunale di Bari dell’11 giugno 1998144. La controversia riguardava la titolarità dei diritti su un marchio e su un progetto editoriale denominato “Mondo Italia” sviluppato su un sito internet. Il ricorrente sosteneva di essere l’autore del progetto informatico, proposto e realizzato con la collaborazione della testata Giornalistica Regionale della sede RAI di Bari. Dopo un periodo di rodaggio, nel 1995 il sito della TGR fu messo in rete, ma qualche mese dopo l’autore fu estromesso ed il suo nome cancellato dal sito internet. Il ricorrente reclamava quindi la paternità del progetto e la richiesta di vedere il proprio nome indicato sul sito della TGR. 143 MANLIO CAMMARATA, Il diavolo nel sito e il provider diventa esorcista, www.interlex.it, 16.07.98 144 Disponibile sul sito http://www.interlex.com. 178 Il tribunale riconobbe che un sito internet: <<Si configura come un peculiare giornale telematico […] un’opera intellettuale di carattere creativo, proteggibile in base alla legge sul diritto d’autore”; così, “come l'autore di un libro conserva sempre il diritto a vedere riportato il proprio nome sulla copertina del libro da lui scritto, così [il ricorrente] certo non ha perduto il diritto di vedere indicato nella cosiddetta homepage il proprio nome unitamente a quello del titolo dell’opera>>. Per avere finalmente un cambio di tendenza nella giurisprudenza italiana si arrivare all’ordinanza del 4 luglio 1998145, con cui il Tribunale di Roma rigettò un ricorso della Banca del Salento che chiedeva un provvedimento d’urgenza per la rimozione di un messaggio, ritenuto diffamatorio, immesso su di un newsgroup di Mailgate146, da un utente. La controversia ebbe origine, appunto, dall’invio da parte di un soggetto di una comunicazione sul: newsgroup: “it.economia.analisi-tech”. Il newsgroup era gestito dalla società Pantheon ed ospitato sul sito internet di Agorà Telematica e il messaggio incriminato conteneva osservazioni e considerazioni critiche rivolte verso una banca locale tanto da essere considerato diffamatorio e lesivo dell’ “onore, decoro e reputazione” della banca stessa. L’istituto di credito decise allora di agire nei confronti dell’autore del messaggio, dell’amministratore del sistema che ospitava il newsgroup e dello stesso responsabile della Pantheon. La situazione era in effetti simile a quella che aveva portato al sequestro del server di “Isole nella Rete” pochi giorni prima: là si trattava di un testo immesso direttamente in uno spazio web, qui di un messaggio pubblicato in un’area di discussione. 145 146 Testo disponibile all’URL www.interlex.it/testi/or980704.htm Un servizio della Pantheon s.r.l. 179 In entrambi i casi il reato contestato era la diffamazione. Il Tribunale di Roma considerò il messaggio nei limiti del diritto di critica e quindi non diffamatorio, e decise così l’esclusione di ogni responsabilità. Il giudice romano, tuttavia, non si limitò a questo, considerando che l’area del newsgroup non aveva moderatore, stabilì quali sarebbero stati i possibili obblighi e quindi le relative responsabilità del gestore di un sito internet147, così: <<Il provider non può essere chiamato a rispondere in proprio per le attività svolte nella sua qualità di organo responsabile del news-server Pantheon s.r.l. Neppure la Pantheon s.r.l. è da ritenersi legittimata passiva dal presente ricorso, in quanto il news-server si limita a mettere a disposizione degli utenti lo spazio virtuale dell’area di discussione e nel caso di specie, trattandosi di un newsgroup non moderato, non ha alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti>>148. Nell’ordinanza inoltre si rilevava che: <<Il messaggio inviato da un soggetto nella sua qualità di privato cittadino, come nel caso che ci occupa, non può essere qualificato, ai fini della sua eventuale valenza scriminante della diffamazione, come esercizio del diritto di cronaca giornalistica non essendo possibile rintracciare i necessari estremi del carattere giornalistico dell’attività svolta e dell’intento lucrativo proprio di ogni attività professionale. Ed ancora il messaggio in oggetto si caratterizza non tanto per la narrazione di fatti accaduti (profilo prevalente nel campo del diritto di cronaca), quanto per la formulazione di giudizi personali da parte del Restaino (l’autore della diffamazione) sugli eventi verificatesi e pertanto deve essere 147 Tribunale di Roma, Sezione I, 4 luglio 1998, disponibile sul sito http://www.mailgate.org. MANLIO CAMMARATA, Finalmente una decisione sulla responsabilità del provider, www.interlex.it, 20.07.98 148 180 considerato manifestazione del diritto di critica, di cui all’art. 21 della Costituzione>>. La decisione del Tribunale di Roma ha segnato certamente una svolta fondamentale nella definizione della responsabilità del provider149. Finalmente si escludeva anche in Italia un obbligo di controllo e monitoraggio per il provider sui dati inviati da terzi sul proprio server. Questo provvedimento, così, ha aperto la strada ad un nuovo filone giurisprudenziale sulla questione della responsabilità degli ISP in Italia, con una linea che vedeva l’esonero del mero gestore del sito, che “si limiti a mettere a disposizione degli utenti lo spazio virtuale”150. Il Tribunale di Roma, però, non risolse tutte le questioni relative alla responsabilità del provider. A bene vedere, non si espresse sull’ipotesi che un titolare di un newsgroup moderato dovesse essere o meno considerato responsabile per le comunicazioni inviate da terzi151. 149 Enzo Fogliani, Verso una irresponsabilità oggettiva del provider? , 24 luglio 1998, accessibile su http://www.interlex.com. A commento della decisione del Tribunale di Roma si è detto che: <<Ciò non significa affatto che il gestore del server possa comunque mantenere sul server materiale potenzialmente dannoso senza risponderne. Nel momento stesso in cui il provider viene avvisato da chi si ritiene danneggiato da qualcosa posto sul server che ciò gli procura un danno, la sua posizione cambia radicalmente. [...] Dal momento in cui è stato avvisato che attraverso il suo server è in atto un comportamento dannoso, egli deve quindi scegliere se sospendere prudenzialmente la visibilità del messaggio incriminato, o mantenerlo in linea, contribuendo così ad incrementare il danno provocato dal messaggio diffamatorio>>. Tali affermazioni vanno condivise considerando che solo il provider è in grado di cancellare il messaggio registrato sul proprio server. Escludere quindi in ogni modo una responsabilità del provider per il materiale inviato da terzi comporterebbe che il danno inizialmente causato dal comportamento dell'utente possa essere ulteriormente aggravato da una eventuale “inerzia” del provider . 150 RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.329 151 Il Tribunale di Roma definisce il moderatore di un newsgroup come: <<Colui che analizza i messaggi in arrivo e cancella gli interventi non in linea per forma o contenuto con i requisiti essenziali del gruppo>>. 181 Allo stesso modo nulla diceva riguardo ad eventuali responsabilità successive dell’internet provider per non aver provveduto a cancellare il messaggio lesivo quando ne viene a conoscenza. La decisione di Roma fu comunque importante per aver negato quel principio di identità tra testata giornalistica e sito internet che sembrava essere la soluzione comune adottata dai giudici italiani. Fu inoltre importante per aver comunque escluso che un gestore di un sito internet abbia un obbligo di controllo sul materiale inviato dai suoi utenti152. Lo stesso tribunale di Roma, il 22 Marzo 1999, precisò il principio secondo cui il provider ha una responsabilità concorsuale nella violazione qualora siano chiare le intenzioni illecite dell’utente, ossia: <<Se dalle circostanze nelle quali si è concretizzato il rapporto tra operatore neutro e utente fornitore di contenuto risulta palese che quest’ultimo intende utilizzare il sito per la commissione di un illecito, la responsabilità del provider deve essere affermata a titolo concorsuale>>153. Risulta quindi applicata all’ISP che abbia dato un apporto causale all’illecito la disposizione dell’art. 2055 codice civile, in un’ottica che anticipa i provvedimenti dell’Unione Europea, art. 14 direttiva 2000/31/CE. Il moderatore di un newsgroup sembra quindi svolgere la sola funzione di mantenere la discussione su uno specifico argomento e non funzioni di censura o di verifica della liceità dei messaggi inviati dai terzi utenti. 152 Vincenzo Zeno Zencovich, difensore di Agorà Telematica, intervistato sull’argomento ha affermato che: <<La sentenza ha due aspetti estremamente interessanti dal punto di vista giuridico. Il primo aspetto è che viene finalmente stabilito che un internet provider non può controllare i messaggi, perché è solo un centralinista, o un postino. Il secondo aspetto colpisce la tendenza a considerare i contenuti messi in rete come contenuti giornalistici, sottoposti quindi a tutte le norme che regolano la legge sulla stampa. E la sentenza di Roma fa chiarezza su entrambi i punti>>. 153 L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000, pp.863 182 Per venire ai pronunciamenti più recenti il Tribunale di Bologna, il 26 novembre 2001, ha qualificato come fornitore di contenuti un provider che: <<Pur limitandosi a fornire l’accesso al sito gestito (anche in piena autonomia) da altri, non consenta d’identificare il soggetto in questione né fornisca prova del contenuto degli accordi di utilizzazione dello spazio web con tale soggetto identificato>>; questo comporta una responsabilità, in via analogica154, ai sensi dell’art. 11 legge 8 febbraio 1948, n. 47, secondo la quale: <<per i reati commessi con il mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore>>. Bisogna dire però che in quest’ottica la responsabilità del provider si ricollega soprattutto alla protezione oggettiva dell’anonimato del gestore del sito, più che all’attività di hosting vera e propria155. Il Tribunale di Firenze, 21 maggio 2001, n. 3155 ha poi affermato la responsabilità dell’host provider per l’uso di terzi di un sito recante nome lesivo del marchio noto altrui, nel momento in cui l’attività di registrazione del domain name sia stata curata dal provider medesimo. In questo caso la responsabilità comunque è per un’azione direttamente compiuta dall’ISP156, anche in necessario collegamento con l’attività del gestore terzo del sito, in mancanza della quale la mera creazione di un domain name, che restasse inutilizzato, resterebbe irrilevante in quanto inidonea a ledere l’altrui diritto. Infine il tribunale di Napoli, 14 giugno 2002, ha distinto rigorosamente la posizione del content provider da quella dell’host provider e ha stabilito che il banner 154 possibile in quanto ai soli fini civilistici GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, Responsabilità del content provider e dell’host provider, www.altalex.it, 14.02.2003 19 156 per cui ricade nel primo tipo di responsabilità sopra classificato come ISP autore dell’illecito 155 183 pubblicitario è idoneo a produrre responsabilità ove esso stesso sia direttamente illecito, mentre resta irrilevante ove l’illecito riguardi il sito su cui il banner sia ospitato157. Dunque l’aver consentito di pubblicizzare la propria società su di un sito altrui non determina che la società pubblicizzata possa rispondere di tutta l’attività svolta sul sito medesimo, dal quale è per così dire solo ospitata, né che abbia l’obbligo giuridico di accertare o d’impedire le eventuali immissioni di messaggi illeciti da parte del gestore dell’altro sito. E’ una situazione analoga alla responsabilità del soggetto che gestisce un sito contenente un link ad un illecito posto in essere sul sito cui si rinvia, e non si parla invece di responsabilità del titolare di quest’ultimo sito per l’attività che, a monte, se si può così dire, è svolta dal sito richiamante158. Si tratta di una sentenza importante perché individua con precisione la distinzione fra le diverse tipologie di provider e ne sancisce i diversi tipi e gradi di responsabilità159. Per quanto riguarda il quadro più strettamente normativo invece l’Italia ha recepito le direttive europee in materia di commercio elettronico (2000/31/CE) e di diritti d’autore nella società dell’informazione (2001/29/CE) con la legge 1 marzo 2002 n. 39. L’attuazione della direttiva 2000/31/CE è stata poi affidata al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. 157 Cfr. anche REDAZIONALE, Tribunale di Napoli, 14 giugno 2002 - responsabilità del presunto provider e pubblicità con banner, www.dirittosulweb.it 158 Per approfondimenti cfr. GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, op. cit., www.altalex.it, 14.02.2003 159 Cfr. NICOLÒ GHIBELLINI, La responsabilità del provider: dubbi e perplessità, http://www.consulentelegaleinformatico.it/Approfondimenti/26.htm 184 Inoltre, a regolare la materia rispetto alla fornitura di accesso ad Internet è intervenuta anche la Legge 8 aprile 2002, n. 59, “Disciplina relativa alla fornitura di servizi di accesso ad Internet”, che regola però soprattutto aspetti di tipo commerciale, regolazione auspicata da lungo tempo da parte degli operatori del settore160. Spesso poi viene citata la Legge 3 agosto 1998 n. 269, concernente “Le norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, e del turismo sessuale a danno di minori”, che colpisce anche: <<chiunque distribuisce o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento ed allo sfruttamento sessuale di minori di anni 18>>, coinvolgendo potenzialmente anche gli ISP161, pur con tutti i problemi di conoscibilità dell’illecito di cui sopra si è più volte parlato. Altri testi poi riguardano più strettamente il commercio elettronico, argomento che rientra solo indirettamente nel nostro discorso, e sono: • Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, “Attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali”; • Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (all’art. 18) “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997”; • Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, “Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza”. 160 Cfr. GIUSTINO SISTO, “La legge salva Provider”, www.dirittosulweb.it Cfr. ANTONIO COLUCCIA, La responsabilità amministrativa e da reato dei providers, la pedofilia on-line, www.infoius.it 161 185 Al fine di ottenere un quadro abbastanza completo della normativa generale sul commercio elettronico, a questi si può aggiungere: • la Circolare n. 3487/C del 1° giugno 2000 “Disciplina della vendita di beni tramite mezzo elettronico” del Ministero dell’industria, commercio e artigianato sul decreto legislativo 114/88; • la Circolare n. 3547/C del 17 giugno 2002 “Commercio elettronico. Indicazioni sulle aste online” del Ministero delle attività produttive. Infine la stessa direttiva 2000/31/CE, all’art 19, incoraggia gli Stati membri a dotarsi ed inviare un insieme di usi sul commercio elettronico. In Italia ciò è stato fatto nel giugno 2001 dalla Camera di Commercio di Milano162, che ha raccolto gli usi sui contratti tra i navigatori e gli ISP. Dal testo emerge che: <<A rispondere delle informazioni immesse è solo il cliente […] mentre l’ISP viene trattato come un mero trasmettitore tecnico di dati senza alcun dovere di intervento sull’informazione trasmessa>>163. L’ISP dunque è qualificato come responsabile solo nel caso interrompa il servizio di accesso, che, nel rispetto contratto, deve essere erogato in modo continuativo164, con alcune deroghe165. 162 Testo disponibile all’URL http://www.medialaw.it/Telecomunicazioni/Internet/Provider/usicciaami.htm Deliberazione CCIAA di Milano 23 luglio 2001, n. 258 163 RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002, pg.330 164 Articolo 7 del testo elaborato dalla Camera di Commercio 165 Fissate dall’art. 5 dello stesso testo. 186 4.3.3 D. LGS. 70/2003 Come premesso all’inizio del paragrafo, si occupano della responsabilità dell’internet service provider gli articoli da 14 a 17 del d.lgs. 70/2003. Il decreto legislativo in questione, attua la direttiva 2000/31/CE in merito alle responsabilità dei prestatori di servizi della società dell’informazione, contenute negli articoli 14, 15, 16 e 17 del testo normativo italiano166. Il legislatore nazionale, sulla scorta di quello comunitario167, ha introdotto una triplice distinzione nella categoria degli internet service provider, distinzione correlata all’individuazione di tre diversi tipi di attività da questi nel concreto posta in essere e che si innesta sul presupposto tout court che per provider si debba intendere, come può leggersi nella relazione governativa al provvedimento: <<Il soggetto che esercita un’attività imprenditoriale di prestatore di servizi della società dell’informazione offrendo servizi di connessione, trasmissione ed immagazzinamento dei dati, ovvero ospitando un sito sulle proprie apparecchiature>>. 166 NICOLÒ GHIBELLINI, Isp sempre più responsabili, www.assoprovider.net, 24.05.2003 e DANIELE MINOTTI, Responsabilità penale: il provider è tenuto ad "attivarsi"?, www.interlex.it, 05.05.03 Essi riprendono le previsioni della legge delega, che a sua volta copiava, con variazioni non sostanziali, gli articoli da 12 a 16 della direttiva, tanto che è stato rilevato che: <<l’intervento normativo non appare poi così chiarificatore ed innovatore>>. 167 La direttiva, sul punto, è stata definita “figlia” (Riccio, La responsabilità degli Internet provider nel d.lgs. 70/2003, in Danno e resp., 2003, 1157 ss.), da un lato, del DMCA statunitense e, dall’altro, del TDG tedesco. Del primo avrebbe mutuato la scelta di prendere in considerazione le attività svolte nel concreto dal provider, piuttosto che le astratte tipologie secondo le correnti nomenclature, senza però seguire il modello nella determinazione della responsabilità dei motori di ricerca e dei prestatori che effettuino collegamenti ipertestuali, del secolo avrebbe adottato il regime di atipicità dell’illecito, regime da applicarsi a prescindere dalla natura della responsabilità (c.d. approccio orizzontale) 187 Si parla così di attività di mere conduit, attività di caching e attività di hosting prevedendo, corrispettivamente, responsabilità differenziate per ciascuna di esse168. Il provvedimento italiano mutua il linguaggio del legislatore europeo e configura quale attività di mere conduit il semplice trasporto di informazioni, che può consistere nell’attività del fornitore di servizi di posta elettronica o di connessione a internet, (art. 14 d.lgs. 70/2003); quale attività di caching, la memorizzazione intermedia e temporanea di informazioni effettuata allo scopo di rendere più efficace il loro successivo inoltro ad altri destinatari, che ne abbiano fatto richiesta (art. 15, d.lgs. 70/2003); quale attività di hosting la memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio, come ad esempio la messa a disposizione di uno spazio sul proprio server per ospitarvi siti o pagine web (art. 16, d.lgs. 70/2003), escludendo altresì (art 17, d.lgs. 70/2003) l’esistenza in capo al provider genericamente inteso di un obbligo generale di sorveglianza169. L’articolo 14 disciplina l’attività di semplice trasporto (o di mere conduit) disponendo che: <<Nella prestazione di un servizio nella società dell’informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazioni, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o dal fornire un accesso alla rete di comunicazione, il 168 La tipizzazione normativa, peraltro, appare a taluno incompleta e, in conseguenza, non esaustiva (cfr. Piazza, La responsabilità, cit., 146). A ben vedere il legislatore, scegliendo di introdurre una articolazione classificatoria fondata sulla attività nel concreto posto in essere dal prestatore, anziché avere riguardo alla nomenclatura in uso, rende più elastica la disciplina e consente all’interprete di ricondurre di volta in volta le singole fattispecie al regime ad esse più confacente, senza incorrere nell’inconveniente di fornire regole non idonee. 169 Putignani, Sul provider responsabilità differenziate, in Guida al dir., 20, 2003, 48. E’ stato evidenziato in dottrina che tale direttiva non crea una forma di responsabilità ad hoc per gli intermediari della rete, preferendo consentire l’applicazione delle regole del diritto comune (cfr. Bocchini, La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell’illecito plurisoggettivo permanente, Napoli, 2003, 123, ritiene, invece, che la direttiva sul commercio elettronico, contenendo una disciplina generale della responsabilità civile dell’intermediario dell’internet provider, vada ad integrare le norme civilistiche sulla responsabilità extracontrattuale, prevalendo su di esse in caso di difformità) pur con i limiti da essa stessa posti. 188 prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: a) non dia origine alla trasmissione; b) non selezioni il destinatario dell’informazione; c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse>>. <<Le attività di trasmissione e di fornitura d’accesso di cui al comma uno includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a condizione che essa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo>>. <<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 2, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>. Si fissa dunque il principio della divisione fra meri servizi d’accesso e servizi di fornitura/produzione di contenuti e la relativa differenziazione di responsabilità. Così facendo la norma tende a non attribuire una responsabilità al prestatore, e quindi anche al provider, che si comporti da mero fornitore d’accesso, senza una produzione propria di contenuti (comma uno, lettera a), non faccia selezioni di destinarlo (comma uno, lettera b) e non metta in atto operazioni di filtraggio. Si tratta di una scelta che di fatto sposa i più recenti filoni giurisprudenziali, statunitensi ed europei, di cui si è precedentemente parlato. Un provider che sia un semplice vettore sarebbe quindi assimilabile ad un telefono, per cui nessuno penserebbe di individuare qualche responsabilità per ciò che si dicono i suoi utenti. E’ stata però sollevata l’obiezione che la prestazione di servizi internet non è assimilabile tout-court a quella di servizi telefonici perché tecnicamente il provider, 189 anche quello “intermedio”, ha un ruolo attivo nella gestione e nello smistamento delle comunicazioni in transito. A questo proposito si potrebbero ad esempio citare i proxy server, che si interpongono fra l’utente e i dati o i vari sistemi di filtraggio adottati da molti provider per bloccare certi contenuti o “indirizzare” la navigazione o, ancora, alla gestione dei news-server, caso in cui il provider, per varie ragioni, decide di veicolare solo certe gerarchie di newsgroup e non altre. Dal che potrebbe derivare che il semplice fatto di “ospitare” un certo newsgroup implichi averne accettato i contenuti. Riguardo poi al concetto di “origine della trasmissione” si può rilevare che tecnicamente, c’è sempre un provider che dà origine ad una trasmissione e non necessariamente si tratta del soggetto che ha formato il contenuto illecito (ancora una volta si torna al caso dei proxy). Quindi affermare che la responsabilità sussiste se si origina la trasmissione di un qualcosa significa che si è sempre e comunque responsabili. Probabilmente la norma voleva significare che il provider non dovrebbe essere responsabile se si limita a fornire una piattaforma tecnologica che poi l’utente impiega come meglio crede. L’obbligo, per il prestatore del servizio di mere conduit, di limitare o porre fine alla violazione sembra nascere solo in conseguenza di un intervento della autorità preposta, giudiziaria o amministrativa, dovendosi identificare quest’ultima verosimilmente a seconda delle fattispecie di volta in volta emergenti170. 170 Rileva Riccio, La responsabilità, cit., 1160, che l’identificazione della autorità amministrativa dovrà essere effettuata attraverso un procedimento case-by-case, tenuto conto della natura dell’illecito (ad 190 L’articolo 15 in merito all’attività di memorizzazione temporanea (o catching171) recita: <<Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione consistente nel trasmettere, su di una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni d’accesso alle informazioni; c) si conformi alle norme d’aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo ampiamente riconosciuto ed usato dalle imprese del settore; d) non interferisca con l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta ed usata nel settore; e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitarne l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove inizialmente si trovavano sulla rete o che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione dell’accesso>>. <<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>. esempio: il Garante per la protezione dei dati personali nel caso di violazione della privacy, e via dicendo) 171 Il caching, secondo la nozione consolidata della prassi, ha lo scopo di aumentare la portata della rete, conservando presso il server del prestatore, per un certo periodo, le informazioni alle quali hanno avuto accesso gli utenti del servizio, in modo da favorire l’accesso ad esse, in un secondo tempo, da parte di altri destinatari. 191 Questo articolo dunque tende a sollevare il provider da responsabilità derivanti dalla memorizzazione, per scopi relativi alla mera trasmissione di cui all’articolo 14, fissando però alcuni limiti (comma uno, lettere a, b, c, d, e). Il principio, sotteso alla norma, ai fini dell’esenzione della responsabilità prevede che il provider non debba in alcun modo essere coinvolto nell’informazione trasmessa. I più problematici sono alle lettere c) ed e) del comma uno: non è chiaro, infatti, come si possano determinare norme d’aggiornamento delle informazioni, che siano ampiamente riconosciute ed usate dalle imprese del settore. Alcuni172 rilevano che “la norma non parla di standard industriali aperti”, ma ricorre ad una nozione molto più vaga “ampiamente riconosciuti e utilizzati”. Quindi, se una casa discografica o una software house riescono ad imporre una propria tecnologia, questa diventa vincolante per tutti anche se non è uno “standard riconosciuto”173. Quanto alla lettera e) è da capire cosa significa “venga effettivamente a conoscenza”? Se si tratta di un provvedimento di un’autorità giurisdizionale o amministrativa, la legge prevede le forme in cui deve essere notificata e quindi non ci sono problemi. Ma la semplice segnalazione di un utente può significare che il provider viene “effettivamente a conoscenza” del fatto? Inoltre, ha l’obbligo di verificare la fondatezza della segnalazione e, quindi di svolgere un’impropria, onerosa attività investigativa)?”174. Anche in questo caso resta compito dell’interprete nonché della prassi giurisprudenziale definire e dare contenuto al concetto di azione pronta e conoscenza 172 Riccio, La responsabilità, cit., 1161. ALCEI, Provider e responsabilità nella legge comunitaria 2001, www.interlex.it, 19.06.2002 174 MANLIO CAMMARATA, Passaggi impegnativi per gli internet provider, www.interlex.it, 18.03.2002 173 192 effettiva (che non implica conoscenza legale, cioè connessa con la notificazione di un provvedimento autoritativo), e tale operazione non potrà che essere condotta facendo riferimento ai principi generali dell’ordinamento, anche ai fini della ripartizione tra le parti processuali dell’onere della prova. L’articolo 16 tratta della attività della memorizzazione delle informazioni (cd. hosting) disponendo che: <<Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nella memorizzazione d’informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore: a) non sia effettivamente al corrente che del fatto l’informazione o l’attività è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta175 l’illegittimità dell’attività o dell’informazione, o b) non appena al corrente di tali fatti agisca immediatamente per rimuovere176 le informazioni o per disabilitarne l’accesso>>. <<Le disposizioni di cui al comma 1 non si applica se il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore>>. 175 Anche se non vengono introdotti criteri per stabilire, da un lato, se l’illiceità debba essere valutata sul piano giuridico piuttosto che etico e, dall’altro, per individuare i fatti e circostanze idonei a renderla manifesta. La dottrina a tal riguardo ritiene che: <<Non occorre la conoscenza effettiva ma ne è sufficiente anche una indiretta o lato sensu indiziaria di fatti o di circostanze>>. Sica, Le responsabilità, cit., 294; analogamente: Riccio, La responsabilità, cit., 1162, il quale nota tuttavia che: <<L’inesatta formula legis viene superata considerando l’illiceità manifesta in tutti quei casi nei quali non è necessario possedere una conoscenza approfondita della normativa per considerare contra legem l’attività posta in essere>>. 176 Tale obbligo di rimozione non opera nel caso in cui della illiceità il provider abbia nozione autonoma o per informazione da parte di terzi diversi dalle autorità. Al fine di eliminare il rischio connesso alla rimozione indebita da parte del provider. 193 <<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>. In questa norma, da un primo punto di vista, si alleggerisce il provider da alcune responsabilità, infatti nel caso in cui il servizio consista nella memorizzazione d’informazioni fornite da un destinatario del servizio, l’intermediario non è responsabile delle informazioni memorizzate ove non sia a conoscenza dell’effettiva illiceità di tali informazioni, e sempre che, nel caso in cui venga a conoscenza177 dell’illiceità delle stesse, agisca immediatamente per rimuoverle. In effetti però questo vantaggio è sottoposto alle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma uno, per cui la tendenza potrebbe essere quella secondo cui i providers tenderebbero a privilegiare la trasmissione o la memorizzazione d’informazioni provenienti da soggetti maggiormente affidabili, e cioè economicamente più forti, a danno di soggetti dotati di una minore forza economica. In questo modo, tuttavia, verrebbe fortemente menomata la libertà della rete ed il concetto che la stessa sia l’unico strumento adatto a dare voce a pensieri e informazioni provenienti da chiunque possa accedervi: in buona sostanza, regole troppo restrittive per internet, potrebbero stravolgerne le caratteristiche essenziali, che rendono questo mezzo unico tra tutti i mezzi di comunicazione attualmente a nostra disposizione”178. 177 Conoscenza sostanziale, dovendosi pertanto escludere che al fine del riconoscimento di una responsabilità in capo al prestatore dell’attività di hosting si possa fare riferimento ad un criterio di astratta conoscibilità 178 GIANFRANCO PUOPOLO E LAURA LIGUORI, La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del provider, www.interlex.it, 07.09.2000 194 Il legislatore ha introdotto nella fattispecie normativa un distinguo sancendo a carico dell’host provider anche una responsabilità penale179 per il caso in cui egli risulti effettivamente a conoscenza del fatto che l’utente utilizza il servizio con finalità illecite, oltre ad una responsabilità civile per il caso in cui il prestatore intermediario sia informato dei fatti o circostanze che rendono manifestamente illecita l’attività svolta dal destinatario del servizio o l’informazione fornita. Tale articolo, dunque, introduce una differenziazione nella valutazione dei tipi e gradi di responsabilità del prestatore del servizio in relazione, da un lato, all’ipotesi di illecito penale, per la quale è richiesta l’effettiva conoscenza dell’illiceità delle attività o delle informazioni, dall’altro, all’ipotesi di illecito civile, per la quale si fa riferimento alla colpa per negligenza dell’host provider, che abbia conoscenza sostanziale di fatti o circostanze che rendano manifesta l’illiceità delle attività o delle informazioni. Non si tratta di prestare attenzione a fatti e circostanze nel senso di attivarsi per individuare elementi dai quali possa evincersi il carattere illecito dell’attività o delle informazioni, bensì di colpa per non essersi avveduti di ciò che balza agli occhi di chiunque, dovendosi dedurre l’illiceità della attività o dell’informazione dalla presenza di determinati fatti o circostanze di cui il prestatore abbia conoscenza. Infine nell’articolo 17, risiede il provvedimento che considera l’assenza dell’obbligo generale di sorveglianza, che recita: <<Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14 il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di 179 Il legislatore non ha voluto tenere indenne il prestatore rimasto quiescente nonostante la sua effettiva conoscenza dell’illiceità dei fatti o delle informazioni, atteso che si verte in un’ipotesi di favoreggiamento personale. E’ altresì evidente che il maggior rigore della sanzione penale deve correlarsi ai presupposti per la sua applicazione, a dire che deve essere ravvisabile l’elemento soggettivo del reato, mentre sul piano risarcitorio (comprendente una più vasta gamma di fattispecie) il prestatore non potrà assumere di essere indenne da colpa quando non itelligat quod omnes intelligunt. 195 sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza d’attività illecite>>. <<Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore di servizi della società dell’informazione è comunque tenuto: a) ad informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell'informazione; b) a fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite>>. <<Il prestatore è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l’autorità competente>>. Con questo articolo il legislatore ha inteso alleviare ai provider una serie d’obblighi di controllo che in effetti oltre, che difficilmente realizzabili tecnicamente, sarebbero fortemente pregiudicanti l’attività stessa degli ISP, bloccando lo sviluppo della rete. In questo, la norma si è conformata al filone normativo e giurisprudenziale ormai più diffuso nei paesi europei e negli USA. 196 L’articolo inoltre stabilisce, al comma uno, l’impossibilità per gli Stati membri di prevedere gli obblighi di controllo di cui sopra, istituendo in questo non una linea d’indirizzo ma un vero e proprio obbligo. L’unica delega che viene lasciata è quella relativa (comma 2) alla possibilità per gli Stati membri di stabilire che gli ISP debbano comunicare tempestivamente alle autorità gli illeciti riscontrati sui propri sistemi. Questo implicitamente fa riferimento anche al problema dei margini d’azione dei provider, ossia cosa può fare un ISP per far fronte alle violazioni? Ha il diritto di rimuovere materiali altrui senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria? E può leggere i messaggi degli utenti in transito sui suoi server senza violare, nel caso italiano, l’articolo 15 della Costituzione sulla segretezza della corrispondenza? Tornando proprio alla norma si può affermare che l’obbligo di comunicazione dell’illecito all’autorità contrasta con la mancanza di quello al controllo delle informazioni immesse in rete. Non si capiscono infatti le condizioni in cui il provider dovrebbe venire a conoscenza degli illeciti, se non è tenuto a controllare i contenuti che ospita, se non una situazione di casualità. Anche per questo, la normativa illustrata non può ancora considerarsi un punto d’arrivo nella disciplina della responsabilità degli Internet Service Provider. 197 4.3.4 LA GIURISPRUDENZA IN TEMA DI RESPONSABILITA’ DEL PROVIDER DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DEL D. LGS. 70/2003180 In data 25 giugno 2004 il tribunale di Catania ha emanato la sentenza 2286/2004 avente ad oggetto la responsabilità civile di un provider per violazione del diritto d’autore perpetrata per il tramite del servizio da lui fornito. In particolare, il giudice ha osservato, dopo aver rilevato che i files contenenti testi scritti, rinvenibili nella rete telematica in veste elettronica, godono della medesima protezione e tutela delle opere letterarie tradizionali, nelle quali sono sempre convertibili, in quanto opere intellettuali a prescindere dalla natura del supporto veicolare, e dopo aver brevemente ripercorso gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza anteriori al recepimento della direttiva sull’e-commerce e aver dato conto descrittivamente della disciplina della responsabilità come disegnata dal d. lgs. 70/2003, ha condannato il provider catanese. Tale giudizio è stato fondato sul mancato riconoscimento in capo al prestatore del servizio della caratteristica di mero service provider181, trattandosi di violazione del diritto d’autore per essere stata pubblicata un’opera storiografica, senza l’autorizzazione prescritta, nell’ambito di un sito ospitato e gestito dal provider per 180 Lorena Manna, La disciplina nel commercio elettronico, Padova, 2005. Caratteristica che secondo le regole dettate dall’art. 2697 cod. civ. doveva essere provata dal medesimo prestatore. 181 198 conto di un terzo182, sulla riconosciuta funzione attiva assunta dal provider nella pubblicazione illecita dei contenuti. Conclude il giudicante che: <<La proprietà del dominio - presso il quale sito veniva gestito e pubblicato - deve ritenersi responsabile dei materiali e degli scritti nello stesso inseriti secondo il regime di responsabilità che caratterizza il content provider, al quale incombe l’obbligo previo di controllare e verificare ogni eventuale profilo di lesività dei contenuti resi ostensibili nel sito dallo steso creato, organizzato e gestito. Né a diversa soluzione sembra potersi giungere in dipendenza della dedotta natura gratuita del servizio reso, trattandosi nel caso di specie di illecito extracontrattuale rilevante ai sensi dell’art. 2043 codice civile>>. La responsabilità del provider in questo caso è conseguente a un fatto proprio, né deve indurre il rilievo del giudice circa l’obbligo di verificare il profilo della lesività dei contenuti a ritenere che, per via giurisprudenziale, sia stato introdotto a carico del provider quell’obbligo di controllo che il dettato legislativo ha escluso. La verifica dei contenuti, infatti, era richiesta nella specie quale conseguenza del fatto che il sito era direttamente creato, gestito e organizzato dal provider, ancorché per conto di terzi. 182 Va segnalato che in tema di obblighi del provider nell’ambito della tutela del diritto d’autore (in riferimento al quale la sentenza catanese richiama le norme contenute nella l. 633/1941, ritenute applicabili anche in relazione a informazioni trasmessa telematicamente) occorre avere riguardo anche al disposto dell’art. 1, commi 5-7, d.l. 22 marzo 2004, n. 72 (cd. Decreto Urbani), convertito con l. 21 maggio 2004, n. 128, recante interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva delle opere dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo. In base a tale norma: <<A seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, i prestatori dei servizi della società dell’informazione, di cui al decreto 9 aprile 2003, n. 70, comunicano alle autorità di polizia le informazione in proprio possesso utili all’individuazione dei gestori dei siti e degli autori delle condotte segnalate. A seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, per le violazione commesse per via telematica di cui al presente decreto, prestatori dei servizi della società dell’informazione, ad eccezione dei fornitori della connettività alle reti, fatto salvo quanto previsto agli articoli 14, 15, 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprle 2003, n.70, pongono in essere tutte le misure dirette ad impedire l’accesso ai contenuti dei siti o a rimuovere i contenuti medesimi. La violazione degli obblighi di cui ai commi 5 e 6 è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000>>. 199 In altri termini, se è il provider a scegliere i contenuti da pubblicare, o comunque se egli non riesce a fornire la prova, anche testimoniale, che documenti e immagini sono stati scelti e forniti dal committente, dovrà rispondere di ogni eventuale contenuto illecito immesso in rete183. In senso in un certo qual modo analogo aveva concluso in data 20 febbraio 2004 il tribunale penale di Milano184, in tema di violazione del diritto di autore, affermando che: <<In tema di reati previsti dall’art. 171-ter, l. 633/1941, va affermata la responsabilità penale del provider che abbia creato, gestito e curato la manutenzione di un sito sul quale vengano copiati e dal quale possano essere prelevati files contenenti opere dell’ingegno protette […]>>. Sempre il tribunale di Milano in sede penale, in data 25 febbraio 2004, con sentenza n.1993185, svolgendo la propria argomentazione anche sulla base del d. lgs. 70/2003, ha invece assolto il provider imputato per linking con un sito che divulgava filmati e immagini pedopornografici. Il service provider, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe divulgato filmati e immagini pedopornografiche, violando l’art. 600-ter, comma 3, codice penale. Nella sostanza, invece, il prestatore del servizio avuto solo la funzione di service provider rispetto ad altro sito, questo si divulgativo di filmati illeciti, in quanto la sua attività consisteva nel rendere pubbliche le classifiche dei siti, tra quelli iscritti, più votati, siti dei quali analizzava però solo le homepages, dalle quali non emergeva alcun indizio della presenza di materiale illecito. 183 La disabilitazione del servizio non deve essere affidata alla libera iniziativa del provider, ma deve comunque discendere, quanto meno, da una comunicazione delle autorità, pur dovendo, in ogni caso, il prestatore farsi parte diligente e informare, ai sensi dell’art. 17, l’autorità competente. 184 In Foro ambrosiano, 2004, 256. 185 In Foro ambrosiano, 2004, 181. 200 L’assoluzione dell’imputato è stata decisa, da un lato, sul presupposto che questi non poteva essere ritenuto causalmente responsabile della divulgazione delle fotografie e dei filmati e, dall’altro, in quanto non era emersa alcuna sua conoscenza diretta del contenuto illecito, contenuti di cui non aveva l’obbligo di indagare, divulgato dal sito ospitato sul proprio spazio. In tale occasione il tribunale ha richiamato la distinzione tra le varie tipologie di providers affermando, tra l’altro, che l’access provider, a parte ipotesi marginali186, per solito svolge attività del tutto autonoma rispetto a quella illecita del content provider. pur essendo essa causalmente condicio sin qua non del realizzarsi della seconda. Ulteriormente il collegio ha notato che: <<Per sostenere la responsabilità a titolo omissivo del service o dell’host provider187 per il fatto illecito del content provider188 occorre affermare a loro carico un obbligo giuridico di impedimento non già dell’evento, ma della stessa condotta illecita del content provider, e quindi, da un lato, una sua posizione di garanzia189 e, dall’altro, una possibilità effettiva di controllo preventivo sul contenuto dei messaggi190>>. L’analisi delle fonti normative che prevedono forme di responsabilità per i providers, soprattutto quella oggetto in questo paragrafo, ha portato il Tribunale ad escludere l’esistenza di forme di garanzia confermando l’assenza di un obbligo generale di 186 Per esempio quando abbia agito come moderatore in un newsgroup o laddove abbia provveduto a un controllo dei messaggi pervenuti sul suo spazio web attraverso i siti ospitati richiamati e abbia influito, proprio in funzione di tale analisi, nell’organizzare la fruibilità per gli utenti attraverso il suo servizio, per esempio con l’applicazione di un banner o altro. 187 consente all’utente finale il collegamento a internet e i suoi ulteriori servizi 188 autore materiale dell’immissione in rete dei danni illeciti, nella specie la divulgazione di materiale pedopornografico 189 Nel concreto la posizione di garanzia non poteva argomentarsi in una attività pericolosa, poiché tale non poteva considerarsi l’offerta di uno spazio web e l’apertura di un link con un determinato sito. 190 Non è ravvisabile la possibilità concreta di esercitare un efficace controllo sui messaggi ospitati sul proprio sito, atteso l’enorme afflusso di dati sul server. 201 sorveglianza sulle informazioni che il prestatore trasmette o memorizza, nonché di ricercare attivamente fatti o circostanze che indicano la presenza di attività illecite. Ne consegue che, perché si possa configurare una responsabilità del provider, occorre il venire meno della sua neutralità, e quindi che si possa rinvenire un contributo causale all’illecito del content provider, in virtù dell’essersi l’ISP inserito nella divulgazione del messaggio “con un quid pluris rispetto alla sottile attività, con una interazione con detto sito191”. Come si è visto, il primo orientamento della giurisprudenza di merito, a seguito dell’introduzione delle norme degli artt. 14-17 del d.lgs. 70/2003, è stato nel senso di concludere che la responsabilità soggettiva: • colposa, allorché il fornitore del servizio, consapevole della presenza sul sito del materiale sospetto, si astenga dall’accertarne l’illiceità e, al tempo stesso, dal rimuoverlo192; • dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità della condotta dell’utente e, ancora una volta, ometta di intervenire. 191 Vi è la necessità di verificare se il dolo dell’access o service provider abbia ad evidenziarsi attraverso le modalità del servizio da lui prestato, e cioè se si riscontri un dolo di partecipazione o una oggettiva possibilità di impedir la commissione del reato di cui abbia avuto comunque notizia, non essendo soddisfacente una impostazione della responsabilità del service provider con riferimento alla categoria del dolo eventuale, ogni qual volta non vi siano specifici elementi che consentano di ricondurre nella sua sfera di conoscibilità una specifica attività illecita commessa per suo tramite, e ciò per la natura aperta di internet. 192 La generica formula adottata dal giudice potrebbe indurre a ritenere operante una maggiore estensione degli obblighi del provider (e quindi a considerarlo tenuto a rimuovere le informazioni illecite anche senza l’ordine dell’autorità), estensione che non pare giustificata dell’interpretazione del corpus normativo specifico 202 In dottrina alcuni193 hanno ritenuto che il d.lgs. 70/2003 abbia introdotto un sistema di imputazione della responsabilità basato esclusivamente sulla colpa specifica dell’intermediario, in quanto conseguenza della violazione della legge, e quindi una vera e propria colpa omissiva, altri194, invece hanno sostenuto che si è di fronte ad una serie di cause di esonero, che si innestano sull’impianto della “responsabilità aquiliana” più o meno riconducibile all’attività del provider, nelle sue molteplici configurazioni. Così la responsabilità dell’ISP è da inquadrare nell’ambito della colpa professionale stante anche il rigore con il quale nel testo normativo viene tipizzata la condotta del prestatore, il quale si libera solo se si attiene in modo rigoroso alle condizioni previste nel testo legislativo. La novità introdotta dal provvedimento sul commercio elettronico, se di novità si può parlare, consiste nell’avere dettato specifici limiti interpretativi, utili a ricondurre l’indagine della responsabilità del provider per fatti illeciti commessi da terzi nell’alveo della colpa, estromettendo in via definitiva i tentativi di addossargli un più alto grado di responsabilità, senza però far luogo a una forma di responsabilità specifica per i prestatori, i quali rimarranno soggetti, nei limiti individuati dal provvedimento, alle norme di diritto comune. Rimane irrisolto il problema dell’anonimato in rete, in quanto il provvedimento in discussione, all’art. 17 non prevede un obbligo a carico dell’ISP, di identificare con 193 Di Ciommo, Evoluzione, cit., 294: <<Posta la libertà di non agire che in via generale l’ordinamento riconosce ad ogni consociato, l’obbligo di attivarsi per evitare danni ad altri viene considerato dai più un’ipotesi eccezionale rispetto al semplice canone di diligenza di cui all’art. 2043 cod. civ., ed è necessario che esso sia tassativamente previsto da una norma onde potersi concludere che la sua violazione integri un fatto illecito extra-contrattuale>>; Bocchini, La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell’illecito plurisoggettivo permanente, Napoli, 2003, 13. 194 Sica, Responsabilità, cit., 301; Facci, La responsabilità, cit., 140. 203 certezza i destinatari del servizio offerto, i quali, peraltro, possono rimanere nell’anonimato ponendo in essere semplici accorgimenti195. Tuttavia se da un lato occorre evitare che internet costituisca uno scudo per gli autori di illeciti, dall’altro occorre attivarsi affinché non venga posta a rischio la privacy. Spesso, infatti, si è segnalato il valore dell’anonimato196 e addirittura il diritto all’anonimato dell’utente di internet, in contrapposizione al rischio di vedere violata la privacy dei dati personali e la riservatezza della persona197. 4.4 SENTENZE DIVERSE PER LA STESSA FATTISPECIE 4.4.1 LVHM vs EBAY198 Tutto ha avuto inizio il 2 agosto 2006, anno in cui un’offensiva legale veniva lanciata dalle due stelle della holding del lusso parigine, Louis Vuitton e Dior, numeri uno del lusso francese per frenare la contraffazione contro eBay, colpevole, a loro dire, di ospitare troppi falsi venduti come originali afferenti ai propri segni distintivi, per 195 La norma dell’art. 17, comma 2,lett.b non pone in capo al provider alcun dovere di verifica della veridicità dei dati forniti, fatte salve ovviamente quelle che siano strettamente necessarie per l’erogazione del servizio. 196 L’anonimato è una delle grandi forze di Internet, tanto che si è creata la prassi di vivere la propria vita virtuale dietro pseudonimi. Ecco perché gli studiosi hanno parlato di “PSEUDONIMATO”, ad indicare l’uso comune di navigare sempre con la stessa “maschera” per godere almeno di “memoria” presso gli altri utenti, che altrimenti sarebbero davanti a persone sempre nuove, soprattutto nei siti di e-commerce, il che si traduce in un vero e proprio “avviamento”. PACCAGNELLA, L., La comunicazione al computer, Bologna, 2000, p. 82. 197 Per un’ampia analisi del problema: Di Ciommo, Evoluzione, cit., 311 ss. In conseguenza della presenza nel web di programmi spia (cd. spyware), che vengono introdotti nei files di sitema del computer e che sono in grado di utilizzare la connessione dell’utente onde trasmettere al proprio server di origine informazioni relative all’utilizzatore del computer. 198 The Wall Street Journal 204 almeno il 90%, sul proprio sito internet e per difendere l’autenticità delle proprie griffe199. Così citarono e portarono sul banco degli imputati del tribunale di Parigi la prima comunità di aste virtuale americana, nonché la sua filiale svizzera, con una richiesta di risarcimento multimilionario, pari a 37 milioni di euro200 dovuta al fatto che eBay non si era adoperata abbastanza per impedire la vendita di prodotti contraffatti nelle proprie boutique virtuali201. Operazione non facile quella di stabilire la trasparenza, ma il gruppo della casa di moda si fece forte di un’altra sentenza che aveva condannato Google a una multa di 300 mila euro per concorrenza e pubblicità sleali e contraffazione di marchi202. I legali di LVMH203 hanno basato la propria accusa sul fatto che non solo eBay non aveva impedito la vendita di copie contraffatte dei prodotti della parte lesa ma, addirittura, di aver permesso di inserire all’asta prodotti originali senza l’autorizzazione legale che inevitabilmente generavano guadagni indiretti su ciò che i suoi utenti vendevano. La prima camera del tribunale del commercio di Parigi, che da tempo si occupava del caso, il 30 giugno 2008 ha emesso la sentenza204 che ha dato ragione a LVMH e alla consorella Christian Dior SA, che accusavano eBay di non prendere le misure necessarie a evitare scambi di griffe falsificate attraverso il proprio sito. 199 http://www.louisvuitton.com/; http://www.dior.com/ Una cifra considerevole, per le perdite subite dal 2001 al 2005, rispettivamente 17 milioni per l’abbigliamento Dior e 20 milioni per le borse Louis Vuitton. 201 Solo nel secondo trimestre 2006, sarebbero 300 mila gli annunci di vendita online di capi Dior e 150 mila di borse Louis Vuitton. 202 http://archiviostorico.corriere.it/, Lvmh in Tribunale contro eBay: troppi falsi sul suo sito Internet di Jacchia Antonia, 21 settembre 2006. 203 Möet Hennessy Louis Vuitton 204 http://www.ictlex.net 200 205 Il giudice francese ha stabilito che Ebay, il più grande portale di aste al mondo, sarà costretta a pagare, a titolo di risarcimento di danni morali e d’immagine, una multa di 40 milioni di euro per aver permesso di vendere attraverso il proprio sito di aste online borse, vestiti, valigie ed altri beni di lusso contraffatti delle griffe Louis Vuitton, Christian Dior e di altri marchi detenuti dal gigante dell’alta moda francese LVMH205. La sentenza, accolta con grande soddisfazione dalla Louis Vuitton206, ha anche riconosciuto eBay responsabile di vendite non autorizzate dei profumi Kenzo, Guerlain, Dior e Givenchy, dovuto al fatto che il gruppo LVMH limita la vendita di questi prodotti a un gruppo di negozi e magazzini autorizzati. La casa d’aste online così è stata ritenuta colpevole di non essersi prodigata a sufficienza per arginare il fenomeno della merce contraffatta sul suo portale, situazione questa, di cui il sito internet, secondo il giudice francese, era perfettamente consapevole. Non ritenendo sufficienti gli sforzi, a cui partecipano costantemente oltre 18.000 aziende, per identificare e rimuovere gli oggetti contraffatti dal sito, spesso prima che questi siano visibili ed eventualmente acquistati dagli utenti. In sostanza, eBay è stata accusata di aver permesso la vendita sulle proprie pagine di centinaia di borse, cosmetici, profumi e capi d’abbigliamento contraffatti, griffati con 205 Titolare anche di griffe come Fendi, Pucci, Marc Jacobs, Moët & Chandon e Dom Pérignon. In particolare il risarcimento è stato articolato in questo modo: Louis Vuitton Malletier ha ottenuto 19,28 milioni di euro, Christian Dior Couture 17,3 milioni, i profumi Christian Dior 1 milione, Kenzo 670 mila euro, Givenchy 680 mila e Guerlain 680 mila. 206 Il manager della casa di moda, Pierre Godé, braccio destro del patron di Lvmh, Bernard Arnault, ha commentato: <<Questa decisione, di portata internazionale è una svolta che servirà a tutelare la creatività e rappresenta un importante precedente; piena soddisfazione poiché non solo tutela i marchi come quelli del gruppo LVMH, ma li riconosce come un’importante parte del patrimonio francese>>. 206 falsi marchi LVMH e, più in generale il suo scarso impegno nel contrastare la vendita online di prodotti falsificati. Alla base della decisone vi è stata quindi la negligenza del gestore del sito nell’aver veicolato la vendita di copie non autorizzate dei loro prodotti, compiendo così un grave illecito. Prodotti estremamente costosi, venduti unicamente attraverso una serie di selezionati rivenditori, in cui non rientravano sicuramente i retailer di eBay. Oltre ad aver inflitto la pensate multa, la divisione francese di eBay è stata obbligata a pubblicare il testo della sentenza per 3 settimane su tutti i propri siti e su 3 quotidiani, in inglese e francese, scelti dalla parte lesa, e a vietare sulle proprie pagine la diffusione di annunci di commercializzazione di prodotti dei marchi LVMH o presentati come tali, pena una multa di 50 mila euro per ogni giorno di ritardo. EBay, dal canto suo, si è sempre difeso dalle accuse, assicurando di aver rafforzato le misure di sicurezza, chiedendo proprio la collaborazione dei grandi marchi nella lotta contro i falsi. Tutto questo è ancor più vero alla luce del fatto che per tenere sotto controllo ed eliminare i falsi dal sito impiega più di 2000 persone spendendo circa 20 milioni di dollari all’anno207. Il sito di aste ha annunciato208 che ovviamente ricorrerà in appello, in nome anche dei propri utenti, contro una sentenza ritenuta ingiusta, soprattutto perché questo giudizio 207 http://www.ebay.com/ http://news.bbc.co.uk/ Ebay, attraverso la sua portavoce, Vanessa Canzini, ha invece espresso il proprio rincrescimento della divisione francese di eBay per la decisione del tribunale ed ha fatto sapere che: <<Quando il materiale contraffatto appare nei nostri siti, lo eliminiamo velocemente, ma la decisione di oggi non riguarda la lotta alla contraffazione. La sentenza di oggi riguarda il tentativo di LVMH di proteggere pratiche commerciali non competitive a danno della scelta dei consumatori e al sostentamento dei rivenditori in regola che ogni giorno eBay aiuta nella loro attività. Combatteremo questa decisione nel loro nome, faremo ricorso in appello>>. 208 207 non riguarda la battaglia contro le contraffazioni, piuttosto è un tentativo della LVMH di proteggersi dalla concorrenza, attuando pratiche commerciali sconvenienti per i consumatori che invece proprio la Community aiuta a combattere e contestualmente continuerà a vendere articoli griffati LVMH almeno fino alla sentenza d’appello. In parte questo è anche vero, visto che la sentenza porta però con sé un altro elemento di diritto tutt’altro che condivisibile e positivo, ossia il fatto che il consumatore non ha diritto di rivendere su eBay il proprio prodotto originale. Nessun prodotto a marchio Louis Vuitton e altri della galassia LVMH potrà essere venduto su eBay e, per quanto questo possa essere compreso rappresenta certamente, per operatori professionali e non, un abuso; infatti significherebbe vietare ai consumatori di rivendere qualcosa di loro proprietà, acquistato legalmente. La realtà implicita della sentenza è che: non solo la prestigiosa azienda potrà vendere i propri prodotti ad un prezzo più alto, ma avrà la capacità di deciderne la sorte anche quando non sono più di sua proprietà. A tal proposito, la finalità del comunicato209 pubblicato su eBay.fr a seguito della pesante sentenza pronunciata in Francia, firmata dal vice presidente di eBay Europa210, è stata quella di ingenerare piena fiducia, ma inevitabilmente ha rappresentato da un lato, una vera e propria autodifesa da parte del portale d’aste e, <<Una sentenza indecente che mina la concorrenza a detrimento della scelta dei consumatori e dei venditori ai quali eBay offre sempre delle opportunità” è stato il commento di Alexandre Menais, numero uno di eBay Europa, che accusa Lvmh di “proteggere pratiche commerciali non concorrenziali a spese dei consumatori>>. 209 http://www2.ebay.com/aw/it/200807.shtml#2008-07-03180308 210 Douglas S. McCallum, Senior Vice President, eBay Marketplaces, Europe: <<Il supporto di eBay va ad un mercato libero e onesto, che porti dei benefici a tutti gli utenti. Continua la propria lotta alla contraffazione, ma non si può accettare tentativi antistorici di danneggiare consumatori e venditori ponendo ingiuste limitazioni alla loro libertà di commerciare su internet nel rispetto delle leggi. Continueremo a combattere per difendere la possibilità di fare affari attraverso l’e-commerce>>. 208 dall’altro ha evidenziato la collaborazione nella lotta ai minacciosi traffici generati dalla contraffazione sui propri portali nel mondo. In più, secondo il tribunale parigino, non solo eBay non ha fatto abbastanza per impedire e prevenire la vendita di beni contraffatti ma è responsabile anche di vendite non autorizzate di beni originali, la cui distribuzione era stata circoscritta a specifici canali da parte delle aziende produttrici. Questa sentenza211 arriva dopo quasi due anni di indagini e a meno di un mese di distanza212 da un’altra multa di 20 mila euro che eBay dovrà pagare213 a Hermes per motivi analoghi214. Infatti qualche settimana prima un’altra maison sempre del lusso francese, Hermes, aveva citato eBay per lo stesso motivo ottenendo un risarcimento e che la divisione francese del sito di aste fornisse certificati di autenticità e numeri di serie di tutta la merce a marchio Hermes. Ma questi non sono i primi guai legali per il colosso delle aste online; infatti quella inflitta dalla giustizia francese non è la prima condanna subita da eBay per il problema delle contraffazioni poiché contro il sito d’aste sono scesi in campo altre multinazionali, dal big della cosmesi L’Oréal, con azioni legali in corso in 5 nazioni 211 http://afp.google.com, in French court fines eBay over counterfeit goods, la corte in questo caso ha stabilito che eBay non ha preso le misure adatte a prevenire o arrestare la vendita, riuscendo a dimostrare che fosse perfettamente informata della questione, e che questa premessa porta a considerare l’atteggiamento come atto di connivenza con i venditori di materiale contraffatto. Tutto questo, però, è avvenuto infatti prima che fosse in piedi il programma VeRO (Verified Rights Owner Program) che ora pone al riparo il sito d'aste da simili inconvenienti. 212 il 4 Giugno 2008 il Tribunale della cittadina francese di Troyes ha condannato eBay.fr a pagare 20.000 euro alla casa di moda Hermes, ritenendo i dirigenti della piattaforma responsabili di contraffazione e vendita illecita di borse Birkin taroccate. 213 Se la sentenza viene confermata in appello. 214 http://www.webnews.it, in L’alta moda contro eBay in Francia, di Gabriele Niola, 06 Giugno 2008. Sia l'unione manifatturiera francese che Hermes, attraverso Emmanuel Colomes, avvocato della prestigiosa marca hanno pronunciato parole di soddisfazione alla notizia della vittoria della causa all’Associated Press: <<Siamo soddisfatti che siano stati considerati anch’essi contraffattori>>. 209 europee215, alla società orologiera Rolex216, che in Germania ha ottenuto, dalla Corte Suprema Federale Tedesca, nel luglio 2007, almeno il blocco delle vendite in rete di falsi chiaramente identificabili217. Il dubbio che viene è se proprio la sentenza di cui sopra possa essere diventata un precedente determinante per altre cause simili che hanno successivamente coinvolto eBay e altri noti colossi del lusso francese? Anzi, l’estate scandita da colpi di sentenze interessanti come quella di Hermes, ha forse rappresentato un fattore incentivante, o quantomeno indicato la direzione vincente per numerose aziende che, stanche di vedere varianti contraffatte dei propri prodotti in vendita nelle aste, smettono di perseguire i singoli ebayers, e piuttosto agiscono direttamente contro eBay. 215 Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio e Spagna. La vicenda era stata già denunciata ad eBay in precedenza e i due colossi avevano cercato di risolvere “pacificamente” la delicata questione, ma le richieste economiche di L’Oreal furono eccessive e la trattativa saltò. Ma la situazione è divenuta insostenibile nonostante i continui richiami, risultavano ormai numerosissime le aste illecite che avevano ad oggetto prodotti griffati, tra cui Giorgio Armani, Ralph Lauren, Cacharel e Lancome, di cui L’Oreal detiene il marchio. L’elevato volume di accessori e cosmetici contraffatti in vendita nelle aste à indotto successivamente L’Oreal a citare in giudizio la multinazionale californiana e le sue filiali a causa proprio dell’atteggiamento biasimevole di eBay, visti gli introiti percepiti come gestore della piattaforma stessa. L’industria francese da tempo ormai è fortemente attiva nella lotta alla contraffazione dei suoi prodotti d’esportazione più pregiati per ovviare, anche con l’aiuto del governo, ad un giro di perdite che costa alle aziende d’oltralpe circa 6 miliardi di euro l'anno. Il capo del settore anticontraffazione di L’Oréal, Xavier Herfroy, dalle pagine di Liberation ha fatto sapere che: <<EBay non è la vittima di questo caso perchè prende una parte dei proventi di ogni asta e guadagna dalle pubblicità, sia che gli oggetti venduti siano veri, sia che siano fasulli>>. 216 http://www.intertraders.eu 217 La decisione dei giudici tedeschi arriva al termine di una causa durata sei anni promossa dai legali dell'azienda di orologi Montres Rolex in seguito alla vendita di esemplari contraffatti sul portale tedesco di eBay. La sentenza ha riconosciuto eBay colpevole di 'competizione scorretta' ed ha precisato come un prezzo di 800 euro per un Rolex nuovo, debba costituire un sufficiente indizio per ritenere l'articolo un falso ed indurre il provider a rimuovere l’asta. Un precedente comunque scomodo per eBay; secondo la giurisprudenza tedesca d’ora in poi il colosso delle aste online dovrà monitorare maggiormente le proprie inserzioni, col rischio, in caso di comportamento negligente o inerte, di vedere riconosciuta la propria condotta come giuridicamente rilevante. 210 Promettente in questo senso è, dal punto di vista degli utenti, un’altra recente sentenza che viene sempre dalla Francia, dove il Tribunale di Rennes218 ha riconosciuto eBay come responsabile “in via residuale” per la truffa subita da un ebayer su eBay.fr e condannando, di conseguenza, il colosso delle aste online a pagare 1/5 dell’importo richiesto a titolo risarcitorio dalla vittima. Una sentenza esemplare visto che per i giudici francesi le società di aste online devono informare maggiormente l’utenza sui pericoli di truffa connessi con l’uso della piattaforma. Infatti, fino ad ora, nessun proprietario di siti d’asta nel web era mai stato tenuto a controllare preventivamente l’autenticità dei propri contenuti. A ben vedere, si tratta di una sentenza cardine poiché è la prima volta in cui, eBay, viene ritenuta responsabile della non originalità dei beni veduti da uno dei suoi seller attraverso il sito219. 218 Al sequente link è possibile consultare il testo integrale della sentenza in lingua francese: http://www.legalis.net/jurisprudence-decision.php3?id_article=19 51 219 http://www.lastampa.it/ in Viacom contro YouTube, causa da un miliardo per copyright. La questione non è troppo diversa da quella del diritto d’autore che vede, per esempio, YouTube contrapposto a Viacom Google e la conglomerata dei media statunitense Viacom erano ai ferri corti a causa di YouTube, il sito di proprietà del motore di ricerca numero uno al mondo e che consente agli utenti di mettere in rete e condividere video. Google è alle prese con un’azione legale da un miliardo di dollari intentata da Viacom contro YouTube, che non riuscirebbe a vietare la pubblicazione di materiale protetto da diritti d’autore. Il colosso di Mountain View, in California, si è difeso dall’accusa che “YouTube ha contribuito al proliferare di violazioni del copyright tramite Internet”; i legali di Google hanno depositato presso la corte distrettuale di Manhattan una serie di documenti volti a dimostrare che il sito “va ben oltre gli obblighi previsti dalla legge quando si tratta di tutelare gli utenti”, nel rispetto del “Digital Millennium Copyright Act”, la legge per la tutela dei diritti d’autore emanata nel 1998. Viacom, accusata a sua volta di “rappresentare una minaccia per milioni di persone che scambiano legittimamente informazioni e per la loro libertà di espressione”, ha intentato causa sostenendo di essere stata danneggiata dal fatto che sono stati messi in rete indebitamente oltre 150.000 video relativi a programmi di proprietà di Viacom e andati in onda sulle emittenti della conglomerata. Il documentario firmato dal premio Nobel Al Gore “Una scomoda verità” sarebbe stato visto indebitamente 1,5 miliardi di volte. 211 4.4.2 TIFFANY vs EBAY220 A differenza di quanto successo in Francia, negli Usa una corte ha sentenziato una grande vittoria giudiziaria, riconoscendo, alla casa d’asta del web più famosa, il diritto di vendere qualsiasi merce senza controllarla, rendendo di fatto il portale per alcuni, un luogo della rete molto libero, per altri anche molto insicuro. La decisione è arrivata dalla Corte Distrettuale di New York che, respingendo le motivazioni avanzate da Tiffany, ha sollevato eBay dalle accuse mosse dalle grandi società, soprattutto del settore moda, che vedono da anni in vendita prodotti non originali. La questione era diventata un caso giudiziario di grande importanza negli Stati Uniti, poiché da una sentenza magari di condanna per eBay sarebbero potute derivare serie conseguenze sullo sviluppo futuro del mercato delle pulci virtuale più grande del mondo, ridisegnare la giurisprudenza relativa alle vendite online e relativa agli affari su Internet, andando a precisare e chiarire alcuni dettagli sulle norme che riguardano la protezione dei marchi e diritti di copyright. Più in generale, avrebbe costretto il mondo delle aste online a drastici cambiamenti operativi221, minacciando questo modello di business. Quel che è successo in realtà è che il giudice distrettuale Richard J. Sullivan ha dichiarato il colosso delle aste online non imputabile per i falsi che si vendono tramite le sue pagine del sito, rigettando sulla casa gioielliera e gli altri produttori colpiti 220 http://www.informationweek.com/news/internet/ebusiness/showArticle.jhtml?articleID=209100006 Joseph Berghammer, avvocato dello studio Banner & Witcoff Ltd. specializzato in proprietà intellettuale, dichiarò che: <<Se Tiffany dovesse vincere, questo si trasformerebbe in un caso senza precedenti con effetti sul mercato elettronico. eBay non potrebbe più fornire un semplice spazio virtuale, ma dovrebbe provvedere alla realizzazione di un sistema di polizia>>. 221 212 l’onere di vigilare il proprio marchio di fabbrica, di dimostrare e denunciare gli illeciti, poiché non spetta ad altre aziende tutelare gli interessi dei grandi marchi di altre società. Una diatriba legale, nata nel 2004, che per quasi 4 anni ha contrapposto eBay al colosso del gioiello Tiffany & Company222, dopo che appunto la famosa azienda di monili si era accorta che la stragrande maggioranza della merce “made in Tiffany” venduta su Internet con il proprio marchio fosse costituita da falsi, fin troppo palesi. L’accusa223 era quella di agevolare il mercato delle imitazioni, dimostrandosi se non connivente, certamente non neutrale nei confronti di alcune aste. Sempre secondo Tiffany, infatti, eBay aveva consentito che sul proprio portale, vi si scambiassero merci contraffatte stimate per il 73% del totale e distribuendo pubblicità 222 E’ un’azienda statunitense nata nel 1837 a New York che si occupa della vendita di gioielli tramite migliaia di punti vendita sparsi per il globo. Fondata da Charles Lewis Tiffany e John B. Young nel distretto di Manhattan, inizialmente il negozio vendeva una gran varietà di articoli comprendenti quelli da cancelleria e operava soltanto col nome di Tiffany; successivamente mutò in Tiffany & Co. quando John B. Young divenne socio di Charles Lewis Tiffany. 223 Tiffany ricostruendo l’origine dei prodotti contraffatti scambiati sul sito si è accorta che la società californiana non aveva perseguito i venditori pur essendo a conoscenza del fatto che sulla sua piattaforma erano venduti prodotti non originali. Successivamente sono state setacciate tutte le offerte inoltrate dagli ebayers e si è provveduto all’acquisto di circa 186 oggetti di valore, spacciati per “Tiffany d.o.c.”. Alla fine della ricerca, condotta dall’esperto George Mantis, sul campione raccolto si sono ottenuti risultati sconcertanti: quasi tre gioielli su quattro non erano altro che falsi ben realizzati. Dal 2003 e sino ad allora, la compagnia di New York aveva collaborato con eBay attraverso il programma VeRO, ma preso atto degli esiti della ricerca, il management di Tiffany ha deciso che sarebbe stato più conveniente e fruttuoso intervenire sul canale della vendita che non dare la caccia ai singoli operatori fraudolenti. Così la collaborazione è stata interrotta dalla presentazione alla Federal Distict Court newyorkese, che dopo un lungo esame preliminare ha accolto la causa intentata da Tiffany nei confronti di eBay per la vendita di prodotti contraffatti. Subito dopo la pubblicazione della notizia Hani Durzy, portavoce di eBay dichiarò: <<Siamo delusi del fatto che Tiffany si sia rivolta al tribunale per risolvere la questione, ancor di più se teniamo conto del fatto che nel tempo abbiamo sempre collaborato per rimuovere le aste di prodotti fasulli. Anche se siamo intenzionati a continuare a cooperare con loro in questo senso, ci batteremo in tribunale per dimostrare che la denuncia non ha senso. In qualità di mercato online forniamo solo uno spazio per le vendite e non vediamo o tocchiamo alcun prodotto>>. 213 ingannevoli che coinvolgevano il marchio di Tiffany poiché ne traeva profitto dalla vendita224. A rendere l’idea, di come e quanto la lotta alla contraffazione sia costata a Tiffany & Co negli ultimi 5 anni, basta solo il dato di 14 milioni di dollari circa e che, fra il 2003 e il 2004, ad eBay fu richiesto di rimuovere più di 19 mila inserzioni di prodotti di imitazione. Quanto ad eBay, di tutt’altro avviso, ha sempre rigettato l’accusa di sfruttamento indebito del marchio ricordando altresì che ha sempre promesso collaborazione e annullamento delle aste a patto che fossero i produttori degli originali a segnalare la presenza dei falsi225; un tale impegno profondamente mantenuto con un investimento di circa 5 milioni di dollari l’anno per mantenere un motore di ricerca creato allo scopo di identificare le truffe, oltre ad offrire il programma VeRO, attraverso il quale notificare la vendita di prodotti lesivi nei confronti di alcuni marchi. 224 The Wall Street Journal; L’avvocato difensore di Tiffany, James B. Swire, ha affermato che: <<EBay pubblicizza la vendita di gioielli Tiffany nella sua homepage poiché ricava lauti guadagni dalle vendite>>. L’ultima testimonianza diretta sentita al processo nel tribunale di Manhattan è stata quella del presidente e Ceo di Tiffany, Michael J. Kowalski, che ha ribadito: <<Il cuore della questione non sono i venditori, ma la rete di distribuzione>>. 225 The Wall Street Journal; Rob Chesnut, capo della divisione legale di eBay, ha assicurato che: <<L’azienda combatte aggressivamente la contraffazione non solo per assolvere alle proprie limitate responsabilità, ma anche perché la contraffazione ha effetti negativi sulla community degli utenti>>. Proprio in questo senso ha evidenziato che: <<Nel 2007 sono stati sospesi 50 mila venditori accusati di contraffazione e banditi dal servizio 40 mila venditori recidivi>>. 214 Questa è la prima importante sentenza che scagiona dalle accuse226 il sito di aste, ha decretato che la richiesta e l’accusa di Tiffany non sono legittime poiché: <<La pubblicità di eBay non è ingannevole ma di semplice “fair use”227, il che non significa che eBay abbia consapevolmente incoraggiato terzi a contraffare il prestigioso marchio. Pertanto eBay non può essere considerato legalmente responsabile della merce che viene venduta nella propria piattaforma, di conseguenza non è tenuta a verificare che si tratti di prodotti contraffatti. Tiffany avrebbe dovuto inoltrare le segnalazioni, soprattutto perché ne era in grado, a cui eBay avrebbe dovuto provvedere a dare seguito rimuovendo dal proprio servizio tali falsi>>. A tal proposito: <<La corte non è insensibile a Tiffany e a chi ha investito enormi risorse nello sviluppo dei loro marchi, solo per vederli sfruttati da altri su Internet; tuttavia, la legge è chiara: è il possessore del marchio di fabbrica a doversi far carico del controllo del proprio marchio>>. Visto che Tiffany aveva chiesto che eBay inserisse dei programmi per inibire i falsi annunci, i giudici di New York hanno imposto al sito, quindi, l’obbligo di avvertire i 226 Precedentemente era invece sempre stato condannato, come è successo in Francia ad esempio. The Wall Street Journal; Secondo il consulente legale di eBay, Rob Chesnut, <<La Corte ha riconosciuto che eBay ha agito responsabilmente riguardo le contraffazioni>>. Ha inoltre aggiunto che: <<EBay ha sempre agito in modo corretto, scoraggiando e combattendo aggressivamente le contraffazioni, non solo per adempiere alle nostre responsabilità limitate, ma anche perché i prodotti contraffatti indeboliscono la comunità>>. Il legale di Tiffany, James B. Swire, ha invece sottolineato che: <<La società è sconcertata e amareggiata per la sentenza. L’obiettivo principale della legge sui marchi registrati è innanzitutto quello di proteggere i consumatori e quindi di tutelare i proprietari del brand e veramente non scorgiamo il senso di questa decisione>>. L’azienda a capo del marchio Tiffany ha dichiarato, attraverso il portavoce Mark Aaron, che: <<A rimetterci saranno anche e soprattutto i venditori onesti operanti proprio su eBay, per i quali non viene operato il necessario distinguo ed i quali dovranno fare i conti contro l'illecita concorrenza dei venditori truffaldini>>. 227 Durante la “Festa della mamma”, e non solo, avrebbe pubblicizzato, sulla propria homepage, e su quelle di Google e Yahoo, prodotti di argento non autentici marchiati Tiffany commercializzati dai suoi utenti. 215 clienti online della probabilità di poter acquistare merce contraffatta e annunci che mettono in guardia dalle vendite di droghe e di armi. Una decisione a cui la più famosa gioielleria newyorkese ha comunque annunciato che seguirà un ricorso in appello, visto che crede fermamente nell’idea che per lasciare che i suoi prodotti vengano commercializzati sul sito, eBay dovrebbe dimostrare maggiore responsabilità nel controllo e all’autenticazione offerta dai venditori. A seguito della lunga contesa legale, comunque, eBay ha preso seri provvedimenti per arginare il fenomeno, non a caso, oltre a reagire immediatamente a fronte di segnalazioni, ha bloccato decine di migliaia di venditori disonesti. Dichiarandosi inconsapevole e impotente di fronte al fenomeno, eBay ha sempre precisato che continua costantemente a sollecitare tutti i produttori a segnalare direttamente le frodi affinché si possano eseguire le verifiche necessarie228. Anche se fin dall’inizio le Corti si sono dimostrate caute, dato il modello di business in questione, questa sentenza appare decisamente in controtendenza con quanto stabilito dai tribunali Europei, i quali si sono dimostrati molto più severi nei confronti della piattaforma. 228 http://www.ilsole24ore.com, Archivio, Mondo, in Tiffany porta eBay in tribunale di Andrea Curiat, 22 Novembre 2007 Infatti, nel tempo, eBay, si è comunque distinta per aver cercato di far fronte al problema delle truffe e delle contraffazioni; ad esempio in ambito dei software, nel dicembre 2006, dopo aver collaborato con Microsoft per sgominare una gang pirata, aveva siglato con la stessa il programma VeRO. Una sorta di contratto che serviva a garantire che i prodotti in vendita non violassero il copyright, i marchi registrati o altri diritti di proprietà intellettuale. Successivamente anche BSA (Business Software Alliance) aveva aderito all’iniziativa, rendendo così più veloci le operazioni di banning nel caso venissero commercializzate applicazioni pirata appartenenti ad una delle 14 mila aziende affiliate. Invece, il 26 febbraio 2007, la multinazionale nipponica Nintendo ed eBay.it hanno annunciato l’adesione al Programma VeRO di eBay. 216 Infatti, riconoscendo eBay colpevole di gravi mancanze, per non aver rispettato l’obbligo di assicurare che le proprie attività non generassero atti illeciti e, più in particolare, per non aver posto in atto misure preventive contro la vendita di materiale contraffatto all’interno del suo portale, si creavano le condizioni giurisprudenziali affinché eBay potesse riparare in futuro alle proprie negligenze e alle vendite illecite che si erano intrattenute mediante i servizi offerti. 4.5 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE. EBAY: INTERNET PROVIDER O INTERMEDIARIO COMMERCIALE? Le aste online sono oramai lo strumento più adoperato dagli utenti della rete229, in quanto consentono, in un contesto potenzialmente universale, il procedimento di vendita al miglior offerente utilizzando strumenti di “market pricing”230. E’ tuttavia da rilevare che tali piattaforme vengono sovente utilizzate con fini illeciti per truffe ma anche per la commercializzazione di prodotti vietati231, sfruttando vantaggi, quale l’anonimato, offerti dalla rete internet. 229 Basti pensare che la piattaforma virtuale “eBay” conta una comunità di acquirenti e venditori vicini ai 280 milioni di utenti registrati nel mondo ed offre un numero elevatissimo di transazioni commerciali singole E’ di recente l’attenzione posta dall’Amministrazione finanziaria italiana, sulla falsa riga di quella statunitense che stima un’evasione di due miliardi di dollari, di chiedere alla piattaforma “eBay” i nominativi di coloro che pongono beni in vendita al fine di verificarne l’adempimento degli obblighi fiscali. 230 Determinazione dinamica dei prezzi 231 La globalità della rete e la transnazionalità delle operazioni di scambio effettuabili attraverso siti web dedicati ad aste online rende il presidio giuridico insufficiente a contrastare efficacemente la diffusione di prodotti vietati attraverso canali telematici. 217 Per stabilire la responsabilità si rende quindi necessario, innanzitutto definire il ruolo giocato da eBay, o più in generale dai siti di aste online, negli illeciti perpetrati tramite la propria piattaforma e il limite entro il quale gli stessi possano ritenersi estranei a questi ultimi. La difesa di eBay, ad esempio, si è sempre basata, e probabilmente continuerà a basarsi nei futuri contenziosi, sul concetto di piattaforma virtuale per le aste C2C che non procede di per sé alla vendita degli oggetti: infatti definendosi come tale, eBay si “mette al sicuro” dall’utilizzo che i suoi utenti fanno del servizio loro offerto. In questo modo, il sito in questione viene più a configurarsi come un luogo che offre ai propri utenti la possibilità di incontrarsi, vendere e comprare oggetti, in qualsiasi momento, da qualunque postazione internet e con diverse modalità. Da ciò discende sia la non responsabilità in merito alla qualità, sicurezza, liceità dei beni messi in vendita sul sito che l’impossibilità per le autorità di rimproverare lo svolgimento di alcuna attività illegale. Da parte sua eBay, come al solito, non ha mai cessato di sottolineare il quotidiano impegno nella lotta alla contraffazione232, specialmente a seguito di segnalazioni specifiche, dichiarandosi parte lesa in quanto simili aste non giovano al buon nome del sito. Infatti, non essendo in taluni ordinamenti garantita l’identificazione degli utenti e, soprattutto, essendo i medesimi situati a notevoli distanze geografiche tra loro, la repressione di fenomeni illeciti quali la vendita o l’immissione in aste virtuali di prodotti contraffatti risulta talvolta difficile da reprimere. E’ però da rilevare che taluni grandi service provider e-com come “eBay”, al fine di contrastare tali illeciti fenomeni, hanno assicurato di seguire severissime politiche contrattuali, che pongono limiti ben precisi alla natura degli oggetti posti in vendita, stabilendo canali con le case titolari di marchi registrati per contrastare l’utilizzo delle piattaforme online come veicolo distributivo per la contraffazione dei prodotti. Tuttavia, gli stessi gestori hanno ammesso la palese difficoltà di monitorare e valutare preventivamente la natura di ogni inserzione, specie per le aste online che, per loro natura, consentono di offrire prodotti a cifre di partenza che non rispecchiano mai il vero valore dell’oggetto. 232 Ogni anno investe milioni di euro per salvaguardare il sito dalla vendita di prodotti contraffatti, nel solo 2007 sono state rimosse a livello mondiale 2 milioni di oggetti potenzialmente contraffatti, e sospesi circa 50.000 venditori che tentavano di proporre merce falsa. 218 E’ chiaro che tutto questo appariva sufficientemente ragionevole quando il sito contava poche unità di clienti, tra i quali collezionisti e antiquari animati dalla voglia di sgomberare la propria cantina, ma a ben vedere, da quando eBay è diventata una realtà commerciale di riferimento233, e gli utenti come gli oggetti sono diventati milioni, le valutazioni sul livello di diligenza richiesta, stanno diventando molto più severe e attente234, diversamente la probabilità che un utente riesca a farla franca crescerebbe di giorno in giorno, man mano che il numero delle aste aumenta. Per contro, pur riconoscendo l’importanza di combattere la contraffazione, con l’applicazione eccessivamente ampia di politiche commerciali restrittive della vendita, o rivendita, di oggetti autentici da parte dei produttori, si rischia di cadere, a spese dei venditori onesti e della libertà di scelta dei consumatori, nell’estremo opposto di pesanti limitazioni e di pratiche anti-concorrenziali235. Infatti, l’art. 5 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (cd. Codice di proprietà intellettuale) ribadisce il “principio dell’esaurimento del diritto di proprietà industriale” << una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio 233 http://www.auctionbytes.com/, Rappresenta uno dei siti di riferimento per gli appassionati della vendita online. 234 In effetti eBay ha mutato la missione iniziale, trasformandosi nel tempo da un luogo dove cercare il particolare o vendere il superfluo usato ad un vero e proprio canale di commercializzazione. Abbastanza curioso è il fatto che venditori non professionali accumulino un tale numero di feedback impossibili da giustificare a meno di non avere una attività commerciale o una cantina infinita… 235 eBay non accetta il divieto contenuto nella sentenza francese di limitare la vendita sul sito d’aste anche dei prodotti autentici dei marchi appartenenti al gruppo LVMH, poiché, secondo i responsabili, tale decisione circoscriverebbe la vendita dei prodotti griffati ai soli circuiti autorizzati dalla multinazionale di moda francese, limitando gravemente la libera concorrenza tra i rivenditori e la libertà di scelta e di fare affari per i consumatori. Questo scenario provocherebbe danni per tutta la Community di acquirenti e venditori, minando, in particolar modo, la possibilità degli acquirenti di fare buoni affari sul sito. 219 di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico europeo>>.236 Questo è riconosciuto dai legislatori, che cercano di creare regole efficaci per le vendite online in modo tale da promuovere l’e-commerce ed efficienti tra la tutela della proprietà intellettuale e libera concorrenza del mercato. In entrambi i casi il punto è che chi offre spazio e visibilità non riesce a controllare preventivamente ma solo prendere provvedimenti a posteriori. Di conseguenza, il dubbio se sia giusto multare una società che gestisce un sito di aste online per un reato commesso da un utente di tale servizio, tuttavia, è destinato a ripresentarsi ancora nel panorama virtuale: attribuire infatti la responsabilità al fornitore di un servizio equivale all’ipotesi di incolpare il produttore di un oggetto, di per sé innocuo, ma usato per scopi illeciti dal consumatore finale237. Va sottolineato che la posizione di eBay finora si è sempre adagiata sulle leggi statunitensi ed europee sul commercio elettronico, le quali prevedono una sorta di immunità per i servizi internet in relazione agli illeciti compiuti da parte dei loro 236 Questa limitazione dei poteri del titolare tuttavia non si applica, con riferimento al marchio, quando sussistano motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato di questi è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio. Le facoltà esclusive attribuite al costitutore di una varietà protetta e delle varietà essenzialmente derivate dalla varietà protetta quando questa non sia, a sua volta, una varietà essenzialmente derivata, al costitutore delle varietà che non si distinguono nettamente dalla varietà protetta e al costitutore delle varietà la cui produzione necessita del ripetuto impiego della varietà protetta, non si estendono: a) al materiale di riproduzione o di moltiplicazione vegetativa, quale che ne sia la forma; b) al prodotto della raccolta, comprese piante intere e parti di esse; c) a qualsiasi prodotto fabbricato direttamente a partire dal prodotto della raccolta; d) ad ogni altro materiale derivato da quelli indicati che siano stati venduti o commercializzati dallo stesso costitutore o con il suo consenso nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico europeo, a meno che si tratti di atti che implicano una nuova riproduzione o moltiplicazione della varietà protetta oppure un'esportazione del materiale della varietà stessa che consenta di riprodurla in uno Stato che non protegge la varietà del genere o della specie vegetale a cui appartiene, salvo che il materiale esportato sia destinato al consumo. 237 EBay può sempre appellarsi al fatto che i gestori telefonici non possono essere ritenuti responsabili per le conversazioni intrattenute tramite le loro linee. 220 utenti, almeno fin tanto che siano pronti a togliere il materiale incriminato una volta informati. In realtà, sebbene effettui controlli in linea generale, appare evidente che non possa verificare la veridicità e l’accuratezza di ogni inserzioni238 o la capacità degli utenti di vendere, acquistare e fare offerte, poiché eBay non ha alcun ruolo nella compravendita che si svolge tra gli utenti privati a seguito della loro attività sul sito. A riprova ne è il fatto che in tutti gli steps della procedura guidata per l’inserimento degli oggetti in vendita, eBay segnala un’informazione importante: <<Prima di vendere un oggetto assicurati che sia originale e che non si tratti di una contraffazione. Accertarti anche di avere il diritto di venderlo. LA CONTRAFFAZIONE È ILLEGALE. Attenzione: cliccando su Metti in vendita l’oggetto confermi che stai mettendo in vendita un oggetto originale e ne assumi la responsabilità>>. Il foro della capitale francese dando ragione a LVHM ha però preferito per eBay la definizione di broker, cioè qualificando il sito di aste online non come piattaforma che ospita e basta, piuttosto come quello che di fatto è, cioè un broker239. 238 In questa ipotesi estrema si dovrebbe disporre per ogni prodotto esistente e per ciascun marchio una guida con le caratteristiche di volta in volta da controllare (?); tutto questo si tradurrebbe in un rallentamento, se non proprio in un collasso del sistema, almeno in termini di tempo, pubblicando le inserzioni non più “in internet time”. 239 www.fiscooggi.it Sembra questa anche l’intenzione dell’Agenzia delle Entrate del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America (Internal Revenue Service) che, intervenuta sulla questione concernente la definizione dell’attività della celebre società online, sarebbe propensa a valutarla come tale. L’obiettivo è quello di estendere l’attuale normativa circa le attività d’asta tradizionali e le conseguenti applicazioni ai medesimi obblighi amministrativi alla nota piattaforma on-line: eBay. La ratio e le conseguenze sul piano fiscale sono legate alla volontà di eliminare le disparità fiscali tra le attività commerciali online e quelle off-line. Per tali ragioni, l’Agenzia dal primo gennaio 2008, intenderebbe ottenere delle informazione precise e dettagliate, sulle vendite effettuate, dal database di PayPal, l’azienda controllata da eBay che fornisce servizi di pagamento elettronico. L’esecutivo statunitense vorrebbe controllare i borselli elettronici dei contribuenti americani per recuperare almeno 2 miliardi di dollari di potenziale riscossione aggiuntiva, mediante il riscontro dei 221 Invece, un verdetto come quello del caso Tiffany & CO ha dato conferma all’altro filone di pensiero che vede le internet company non obbligate a filtrare attivamente i loro siti a caccia di marchi contraffatti o a prevenire la vendita di oggetti contraffatti sui propri marketplace online, piuttosto tenute a rimuovere il materiale oggetto di contestazione su richiesta dei titolari del diritto. Difatti la differenza risiede nell’interpretazione data in tribunale circa il ruolo giocato dal soggetto eBay: secondo la solida prospettiva di accusa di Tiffany il sito veniva rappresentato come un canale di distribuzione e, per questo, la responsabilità del danno subito non era da attribuire a chi aveva messo in vendita il prodotto contraffatto, ma del canale di vendita che lo aveva commercializzato in quanto portatore di interesse e, pertanto, invece di fare causa all’utente singolo, Tiffany aveva ritenuto opportuno portare in tribunale il sito internet. Tutto questo realmente trovava e trova, fondamento nel fatto stesso che eBay, attraverso un meccanismo di commissioni, lucra sulla vendita di ogni oggetto e, dunque, anche di quelli contraffatti. Dal canto suo, la linea di difesa240 della casa d’asta ha poggiato, come sempre, sulla distinzione fondamentale dalle case d’asta tradizionali e che il sito in questione è semplicemente un mercatino virtuale, che non esercita direttamente alcun commercio e di conseguenza non può essere ritenuto responsabile dei circa 78 milioni di oggetti dati finanziari dei seller, gli utenti, che superano un certo volume di scambi previsto visto che molti utenti/contribuenti che realizzano denaro tramite le proprie transazioni su eBay non denunciano i guadagni ottenuti e, incamerano anche la parte di introito che teoricamente sarebbe destinata alle casse dello Stato, evadendo di fatto il fisco. 240 http://fl1.findlaw.com/news.findlaw.com/hdocs/docs/ebay/hendrickson.pdf; Questa tesi aveva già funzionato in una causa molto simile: nel settembre del 2001 infatti Corte federale della California aveva respinto accuse analoghe da parte della Hendrickson & Co., presentate nell’aprile del 2000, rilevando come eBay fosse: <<Esente da colpe fintantoché avesse provveduto a rimuovere le aste di oggetti contraffatti dietro segnalazione dei detentori del marchio>>. 222 in vendita quotidianamente; piuttosto attraverso questo canale i venditori e gli acquirenti privati hanno modo di incontrarsi. In altri termini, eBay si considera unicamente come un facilitator che fornisce un mercato dove i compratori ed i venditori si incontrano virtualmente per “fare commercio”. Appare evidente, quindi, in base alla prospettiva, la difficoltà o l’opportunità di inquadrare il servizio di asta online se fra le attività proprie di un intermediario, piuttosto che tra quelle di un internet provider, poiché anche da questa basilare associazione discende o meno l’assunzione di responsabilità. Emergono alcune perplessità in merito alla corresponsabilità del sito eBay nella vendita di materiale contraffatto, soprattutto se si analizza il modello di business in questione si nota; in realtà, eBay cerca di rimanere quanto più neutra possibile rispetto alle transazioni eseguite dai singoli utenti. Non risulta diversa la posizione di chi costruisce un centro commerciale, lo attrezza con negozi, servizi, parcheggi ecc., e poi lascia ai singoli soggetti l’autonomia di gestire le proprie attività. In questo senso, dunque, eBay assomiglierebbe più ad un gestore di data-center orientato all’e-commerce. Specularmente, ritenere il sito d’asta una società Internet Service Provider, sembrerebbe bizzarro, almeno se si considera il significato iniziale della sigla ISP241, con la quale si faceva riferimento a quelle società proprietarie di apparati hardware allo scopo di dare agli utenti l’accesso ad internet; ad oggi gli ISP non esistono più 241 Un Internet Service Provider (in sigla ISP), o fornitore d’accesso, o, se è chiaro il contesto informatico, anche semplicemente provider, è una struttura commerciale o un’organizzazione che offre agli utenti l’accesso a Internet con i relativi servizi. 223 come figura pura ed autonoma, poiché per estensione si usa sempre lo stesso termine anche per fornitori di servizi internet diversi dall’accesso. Che il sistema delle aste online quindi necessiti di una regolamentazione più precisa ed univoca lo dimostrano in toto le differenti sentenze dei giudici di Parigi e di New York. Infatti, i temi che qui vengono sollevati sono quelli di cui praticamente si stanno occupando imprese, politici e giuristi. Però, l’interpretazione che al momento appare diffusamente più reale è quella che non qualifica eBay come un semplice fornitore di hosting, piuttosto come un vero e proprio intermediario. Per questo motivo il tribunale di Parigi condannando la casa di aste online, per la messa in vendita di materiale contraffatto, non ha applicato il principio di non responsabilità dell’ISP, nel caso dei servizi che intervengono nelle transazioni degli utenti. Ne consegue, quindi, che non è possibile applicare l’esenzione di responsabilità che la direttiva europea del 2000 n. 31242, sul commercio elettronico, stabilisce a favore degli ISP che non intervengono nelle attività degli utenti. Questa sentenza è importante perché, a prescindere dalla condivisibilità dei ragionamenti svolti, è stata una delle prime ad erodere la, peraltro non robusta, cintura protezione degli internet provider garantita dalla legge comunitaria. Con l’emanazione della direttiva, infatti, l’Unione Europea ha affermato il principio secondo il quale l’ISP non è automaticamente responsabile per gli illeciti degli utenti, 242 Recepita anche in Italia con il Decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70 224 a condizione di non intervenire sull’attività di questi ultimi, se non per ragione puramente tecniche. In pratica, se l’ISP fornisce un hosting a un cliente e si limita a mettergli a disposizione l’infrastruttura per pubblicare contenuti, sarà il cliente a rispondere in proprio di eventuali danni e/o reati commessi tramite questa infrastruttura. Se, invece, l’ISP fa qualcosa in più e affianca esplicitamente il cliente nelle sue attività, allora non può più invocare l’esenzione di responsabilità garantita dalla normativa comunitaria. Questo è, in sintesi, il ragionamento del tribunale di Parigi che, analizzando il modello di business di eBay, ha ritenuto che quest’ultima non possa essere qualificata come un semplice fornitore di hosting o di piattaforme di e-commerce. Al contrario, il fatto che eBay si inserisca attivamente nell’ambito delle attività degli utenti, per esempio accreditando l’affidabilità di venditori e compratori con il sistema dei feedback e le qualifiche di power-seller, dimostrerebbe che la multinazionale californiana è parte attiva e integrante delle transazioni promosse dagli utenti. Tra l’altro il feedback non garantisce l’autenticità del prodotto, va da sé il fatto che un acquirente consapevole della non originalità di un marchio e quindi intenzionato comunque all’acquisto rilascerà sempre un giudizio positivo sulla transazione! Affermato questo dato di fatto, il tribunale francese ha dedotto quindi che eBay non può chiamarsi fuori dalle rivendicazioni perché tollerare la presenza di aste di materiale contraffatto, dal quale il sito di aste percepisce comunque una commissione, significherebbe agevolare le attività illecite per trarne un vantaggio. A nulla è valsa, per lo meno in primo grado, né la difesa di eBay, che si è concentrata principalmente appunto sul proprio ruolo di mero fornitore di servizi tecnologici tanto 225 meno sull’impegno della lotta alla contraffazione con l’attivazione di specifici progetti. Un altro aspetto interessante della vicenda è che il tribunale ha ritenuto responsabile non solo la filiale europea ma, anche, la casa madre statunitense. Il meccanismo giuridico che consente questo risultato funziona sul presupposto che per la giurisprudenza francese se un sito straniero è accessibile dalla Francia, e tramite questo sito vengono commessi atti illeciti, sussiste in ogni caso la giurisdizione locale243. L’aspetto preoccupante di questa sentenza, però, è proprio il metodo utilizzato dal magistrato d’oltralpe, a parere di alcuni “atecnico”, per stabilire l’esistenza di una responsabilità del fornitore di servizi di comunicazione elettronica, che sostanzialmente lascia sullo sfondo, se non trascura del tutto, l’analisi dei processi ICT244 che consentono all’infrastruttura di funzionare. Purtroppo, come hanno dimostrato diversi recenti processi penali anche in Italia, è molto diffusa nei giudicanti la tendenza a non prendere in grande considerazione le componenti ICT. 243 Non ci si può, in altri termini, difendere come ingenuamente si pensava di fare qualche anno fa sostenendo che “il sito è alle Antille Olandesi”. A dire il vero, questo principio vale anche per l’Italia nel caso di danni subiti in conseguenza di un reato. Il nostro codice penale, infatti, stabilisce fin dagli anni ’30 che se azioni illecite iniziano, transitano o terminano in Italia, allora il giudice italiano ha giurisdizione per decidere non solo sul fatto in sé, ma anche sulle richieste di risarcimento formulate dalle vittime. 244 ICT è l’acronimo di Information and Communication Technology, (cioè Tecnologia dell'Informazione e della Comunicazione, TIC, in italiano). Con questa sigla si intende l’insieme di studio, progettazione, sviluppo, implementazione, supporto e gestione dei sistemi informativi computerizzati, con particolare attenzione alle applicazioni software ed ai componenti hardware che le ospitano. Il fine ultimo dell’ICT è la manipolazione dei dati tramite conversione, immagazzinamento, protezione, trasmissione e recupero sicuro delle informazioni. 226 Il risultato concreto è quello, purtroppo, di creare pesanti precedenti giurisprudenziali che possono compromettere fortemente il precario equilibrio del mercato dell’ecommerce in Italia e in Europa. In questo complesso scenario giuridico/tecnologico, in cui la responsabilità dipende a ben vedere dall’interpretazione del ruolo svolto, l’unico sistema che, al momento, sembra poter segnare un concreto passo in avanti nella lotta alla contraffazione, a vantaggio di tutti, si basa sull’elementare e sempreverde raccomandazione del buon senso245 nel fare gli acquisti. Così facendo, altrimenti, andrà a finire che, non appena i computer saranno abbastanza intelligenti, la colpa diventerà loro. 245 Il 30 maggio 2007, Polizia Postale ed eBay Italia hanno presentato un progetto finalizzato alla tutela ed alla salvaguardia dell’utenza che acquista via Internet. La campagna vede quale strumento primario per informare e mettere in guardia gli internauti, il sito web www.compraconbuonsenso.it, un portale con grafica ed interfaccia user-friendly finalizzato a prevenire tutte le forme di frodi online. 227 228 BIBLIOGRAFIA TESTI ALBERTINI, I contratti di accesso a Internet, in Giust. Civ., 1997 ALPA, Casi scelti in tema di responsabilità civile, Padova, 2004 ALPA, Diritto della responsabilità civile, Bari, 2003 ALPA, RUFFOLO, ZENO, ZENCOVICH, (con il contributo di PUTTI), Atto illecito e responsabilità civile, in Casi e questioni di diritto privato, Milano, 2001 AMOR D., (Trad. di MORONI R.), Aste online: il commercio dinamico di beni e servizi, Tecniche nuove, Milano,2001 AMOR D., E-business (R)evolution, Milano, Tecniche nuove, 2001 ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 1997 AUGÉ M., Non luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano 2005 BOCCHINI F., La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell’illecito plurisoggettivo permanente, Napoli, 2003 BRESSAN L., Aste online, in I contratti di Internet: sottoscrizione, nuovi contratti, tutela del consumatore, privacy e mezzi di pagamento, Utet, 2006; BUGIOLACCHI L., Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2000. BUTTARELLI G., Banche dati e tutela della riservatezza , Milano, Giuffrè, 1997 229 BUONANNO R., I segreti di eBay, Mondadori Informatica, Segrate, 2006 CARLINI, Internet, Pinocchio e il Gendarme, Manifestolibri, Roma,1996 CASSANO-BUFFA, Responsabilità del content provider e dell’host provider, in Corriere giur., 2003 CESANA R., (prefazione di GIORGIO MONTECCHI), Editori e librai nell'era digitale: dalla distribuzione tradizionale al commercio elettronico, Milano, F. Angeli, 2002 CHIMIENTI L., Lineamenti del nuovo diritto d’autore, direttive comunitarie e normativa interna, Milano, Giuffrè, 1997 COMANDÉ-SICA, Il commercio elettronico. Profili giuridici, Torino, 2001 DE NOVA, I contratti per l’acceso a Internet, in Giust civ., 1997 Dizionario della lingua italiana, Istituto Geografico DeAgostini, 2001 DONATO B., La responsabilità dell'operatore di sistemi telematici in Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1996 FOGLIANI E., Verso una irresponsabilità oggettiva del provider? , 24 luglio 1998 FRANZONI, La responsabilità del provider, in Resp. Comunicazione impresa, 1997 GRIFFITH, The official eBay bible, second edition, Gotham books, New York, 2005 LETIZIA M., E-commerce: cresce, ma non decolla, in Corriere della Sera Economia, 2008-09-19 LYON M., La storia del futuro, Milano, Feltrinelli, 1998 MAGLI S., SPOLIDORO M., La responsabilità degli operatori in Internet: profili interni e internazionali in Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1997 MANNA L., La disciplina nel commercio elettronico, Padova, 2005. 230 MARGIOCCO F., EBay, ecco l’esercito dei battitori liberi, in Corriere della Sera, 15 novembre 2004 PACCAGNELLA L., La comunicazione al computer, Bologna, 2000 PALMIERI, I contratti di accesso, Milano, 2003 PASCUZZI, La responsabilità civile. Percorsi giurisprudenziali, Trento, 2001 PIAZZA, La responsabilità civile dell’Internet Provider, in Contratto e impr., 2004 PUTIGNANI, Sul provider responsabilità differenziate, in Guida al dir., 20, 2003, 48. RAZZANTE R., Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova 2002 RICCIO, La responsabilità civile degli “internet providers”, Torino, 2002, RICCIO, La responsabilità degli Internet provider nel d.lgs. 70/2003, in Danno e resp., 2003 SACERDOTI G. e MARINO G., (prefazione di UCKMAR V.), Il commercio elettronico : profili giuridici e fiscali internazionali, Milano, EGEA, 2001 SALUS P., Casting the Net. From Arpanet to Internet and Beyond, New York, Addinson-Wesley, 1995. SERRA C. e STRANO M., Nuove frontiere della criminalità. La criminalità tecnologica, Giuffrè editore, Milano, 1997 SINT P., Intellectual Property Rights and New Technologies , Proceedings of the KnowRight, München, 1995. TOLOMELLI V., Aste elettroniche: una peculiare tipologia di e-business TORRANI O. e PARISE S., Internet e diritto , 1997, Il Sole 24 Ore TOSI E., (premessa di G. ALPA e contributi di M. BARBARISI), I problemi giuridici di Internet, Milano, Giuffrè, 1999 231 TRIPODI E., SANTORO F., MISSINEO S., Manuale di commercio elettronico: profili di marketing, giuridici, fiscali; le forme di incentivazione alle imprese, Milano, A. Giuffrè, 2000 Università degli Parma Dipartimento di economia, La frontiera del commercio elettronico: primo convegno della rivista Industria & Distribuzione, 21 ottobre 2000, Milano, APOGEO, 2001, XIV. MANNA L., La disciplina del commercio elettronico, Padova, CEDAM, 2005 VICARI S., Nuove dimensioni della concorrenza : strategie nei mercati senza confini, Milano, EGEA, 1989 NESPOR S. e DE CESARIS A., Internet e la legge: la persona, la proprietà intellettuale, il commercio elettronico, gli aspetti penalistici 2. ed., Milano, Hoepli, 2001 CASSANO G. (introduzione di Costanzo P. e premessa di CLARIZIA R.), Diritto dell'Internet: il sistema di tutele della persona, Milano, Giuffrè, 2005 GALGANO F. e MARRELLA F., Diritto del commercio internazionale, 2. ed., Padova, CEDAM, 2007 PAOLA A. E. FRASSI E SILVIA GIUDICI, Codice di diritto industriale, Milano, Giuffrè, 2007 HOLDEN G., ebay che funziona, Milano, APOGEO, 2005 232 DOCUMENTI ONLINE ALCEI, Provider e responsabilità nella legge comunitaria 2001, in www.interlex.it, 19.06.2002 BUGIOLACCHI L., Verso un sistema di responsabilità civile dell’Internet Provider? Considerazioni su un recente “anteproyecto” spagnolo di recepimento della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico in Responsabilità Civile e Previdenza, 2002, fasc. 1 (febbraio) CAMMARATA M., Finalmente una decisione sulla responsabilità del provider, in www.interlex.it, 20.07.98 CAMMARATA M., Il diavolo nel sito e il provider diventa esorcista, in www.interlex.it, 16.07.98 CAMMARATA M., Internet, diritto e politica, non c'è da stare allegri, in www.interlex.it, 02.07.98 CAMMARATA M., Passaggi impegnativi per gli internet provider, in www.interlex.it, 18.03.2002 CASSANO G. e BUFFA F., Responsabilità del content provider e dell’host provider, in www.altalex.it, 14.02.2003 COLUCCIA A., La responsabilità amministrativa e da reato dei providers, la pedofilia on-line, in www.infoius.it CURIAT A., Tiffany porta eBay in tribunale, in http://www.ilsole24ore.com, Archivio, Mondo di 22 Novembre 2007 GATTEI C., Considerazioni sulla responsabilità dell’internet provider, in www.interlex.it, 23.11.98 233 GATTEI C., Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, in www.interlex.it, 23.11.98 GHIBELLINI N., Isp sempre più responsabili, in www.assoprovider.net, 24.05.2003 GHIBELLINI N., La responsabilità del provider: dubbi e perplessità, in http://www.consulentelegaleinformatico.it/Approfondimenti/26.htm GUGLIELMI C., Presidente di Indicam, La contraffazione oggi in Italia, in http://www.patnet.it, 14 Novembre 2001. HANCE O., European Intellectual Property Law and Multimedia: Presentation of a Status in Evolution pubblicato in Klaus Brunnstein HOEREN T., Legal Aspects of Multimedia in Europe pubblicato in Klaus Brunnstein LIVRIAGHI G., Pericolo: sequestratori in agguato, in www.interlex.it, 29.06.98 MINOTTI D., Responsabilità penale: il provider è tenuto ad “attivarsi”?, in www.interlex.it, 05.05.03 MONTI A., Uno spettro si aggira per l’Europa: la responsabilità del provider, in www.interlex.it, 12.10.2000 Nuti P., Ma i “log” non bastano per rintracciare i presunti malfattori, in www.interlex.it, 11 giugno 1998 PUOPOLO G. e LIGUORI L., La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del provider, in www.interlex.it, 07.09.2000 PUOPOLO G. e LIGUORI L., La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del provider, in www.interlex.it, 07.09.2000 REDAZIONALE, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati, in www.unioneconsulenti.it 234 RISTUCCIA R. E TUFARELLI L., La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider, in www.interlex.it, 19.06.97 SEMINARA S., La responsabilità penale degli operatori su Internet, in www.jei.it SISTO G., “La legge salva Provider”, in www.dirittosulweb.it PERIODICI FALLETTI E., E uno, e due, e tre! Aggiudicato! eBay: contratto di vendita concluso a distanza e non aste on line, Diritto dell’Internet, n° 2/2005. TRIPODI E.M., Aste televisive e via Internet: le opinioni (in parte confuse) della Suprema Corte, Diritto dell’Internet, n° 1/2006. FONTI NORMATIVE ITALIANE Costituzione italiana: Art. 15 Art. 27 Codice Civile: Art. 2043 Art. 2049 Art. 2055 235 Art. 2598 Codice penale: Art. 57 Art. 473 Circolari: Circolare 3547/C del 17 giugno 2002 del Ministero delle Attività Produttive “Circolare recante indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste online”. Circolare n. 3487/C del 01.06.2000 del Ministero dell’industria, commercio e artigianato sul decreto legislativo 114/88 “Disciplina della vendita di beni tramite mezzo elettronico”. Decreti Legge, Decreti Legislativi, Delibere, Leggi: Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 “Attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali” Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 “Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza” Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 18) “Disciplina della vendita di beni tramite mezzo elettronico” Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo). 236 Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 “Attuazione della direttiva 2000-31CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione” Deliberazione CCIAA di Milano 23 luglio 2001, n. 258 Legge 3 agosto 1998 n. 269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.” Legge 31 dicembre 1996, n.675 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” Legge 6 agosto 1990, n. 223 “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato” Legge 7 marzo 2001, n. 62 “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416” Legge 8 aprile 2002, n. 59 “Disciplina relativa alla fornitura di servizi di accesso ad internet” Legge 8 febbraio 1948, n. 47 “Disposizioni sulla stampa” Legge delega 1 marzo 2002 n. 39 “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2001” 237 TESTI NORMATIVI COMUNITARI Direttive: Direttiva 1998/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione Direttiva 1998/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio su taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (“Direttiva sul commercio elettronico”) Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione Regolamenti: Regolamento CE n. 1493/1999 del Consiglio (successivamente modificato dal regolamento CE n. 806/2003) Regolamento CE n. 2081/92 (successivamente modificato dal Regolamento CE n. 806/2003) Regolamento CE di applicazione del 1 luglio 2004 Regolamento CE n. 1383 del Consiglio del 22 luglio 2003 (relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti) 238 Regolamento CE n. 1576 del Consiglio del 1989 Regolamento CE n. 1576/89 del Consiglio (successivamente modificato dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio CE n. 3378/94) Regolamento CE n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio Regolamento CE n. 1768/92 del Consiglio Regolamento CE n. 2100/94 del Consiglio (successivamente modificato dal Regolamento CE n. 807/2003) Regolamento CE n. 40/94 del Consiglio, del 20.12.1993 (successivamente modificato dal Regolamento CE n. 807/2003) 239 SENTENZE E DECISIONI GIURISPRUDENZIALI ITALIANE Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Vicenza; “Decreto di sequestro preventivo (artt. 321.3-bis c.p.p.) relativo al procedimento n.1079/98 MOD 44-05” Corte di Cassazione - Sezione V Penale, Sentenza n.4741/2000 del 17 novembre 2000 Tribunale di Napoli, sentenza 8 agosto 1996 Tribunale di Cuneo, sentenza 23 giugno 1997 Tribunale di Napoli, sentenza (?) agosto 1997 Tribunale di Teramo, sentenza 11 dicembre 1997 Tribunale di Roma, sentenza 4 luglio 1998 Tribunale di Roma, sentenza 22 Marzo 1999 Tribunale di Firenze, sentenza n. 3155, 21 maggio 2001 Tribunale di Bologna, sentenza 26 novembre 2001 Tribunale di Napoli, sentenza 14 giugno 2002 Tribunale di Catania, sentenza 25-29 giugno 2004 Tribunale di Milano, sentenza 20 febbraio 2004 Tribunale di Milano, sentenza 25 febbraio 2004 240 SENTENZE E DECISIONI GIURISPRUDENZIALI INTERNAZIONALI Tribunal de commerçe de Paris 1ère chambre B Jugement du 30 juin 2008 United States District Court Southern District of New York, No 04 Civ. 4607 (RJS) US Copyright Act No. 31063/94 Supreme Court of New York, Nassau County, 1995 No. C-95-20091 RMW (N.D. Cal. nov. 21, 1995) Telecommunications Act of 1996, Pub. L. No. 104-104, Title V, 110 Stat. 56, 133-43 (1996). Communication Decency Act Digital Millennium Copyright Act, Pub. L. No. 105-304, 112 Stat. 2860, 17 U.S.C. 512 (1998). UK Copyright, Designs and Patents Act Defamation Act Anteproyecto de Ley de servicios de la sociedad de la información y de comercio electrónico Corte Suprema dell’Aia, 14 Gennaio 1983, NJ 1984, 696. AG Nagold, Oktober 31, 1995, CR 1996/4 Gesetz zur Regelung der Rahmenbedingungen für Informations- und Kommunikationsdienste o IuKDG, legge federale entrata in vigore l’1 agosto 1997 241 SITOGRAFIA http://afp.google.com http://archiviostorico.corriere.it http://delleconomia.it http://fl1.findlaw.com http://it.wikipedia.org http://medicine.plosjournals.org http://news.bbc.co.uk http://online.wsj.com http://punto-informatico.it http://www.7thfloor.it http://www.agenziadogane.it http://www.agorics.com http://www.aiip.it http://www.aip.it http://www.ansa.it http://www.anticontraffazione.org http://www.antiebay.net http://www.assorologi.it http://www.auctionbytes.com http://www.centromarca.it http://www.confcommercio.it http://www.consorzionetcomm.it 242 http://www.dior.com http://www.ebay.com http://www.ebay.fr http://www.ebay.it http://www.federconsumatori.it http://www.fiscooggi.it http://www.forrester.com http://www.ghisirds.it http://www.giurdanella.it http://www.guardiadifinanza.it http://www.helpconsumatori.it http://www.ictlex.net http://www.ilsole24ore.com http://www.indicam.it http://www.informationweek.com http://www.intertraders.eu http://www.isae.it http://www.istitutopiepoli.it http://www.jura.uni-sb.de http://www.lastampa.it http://www.legalis.net http://www.louisvuitton.com http://www.ma.hrc.wmin.ac.uk http://www.medialaw.it 243 http://www.neteco.com http://www.netlaw.de http://www.nielsen-netratings.com http://www.noemalab.org http://www.oecd.org http://www.patnet.it http://www.paypal.it http://www.poliziadistato.it http://www.quirinale.it http://www.research-int.com http://www.supercom.it http://www.uibm.gov.it http://www.unitec.it http://www.vostrisoldi.it http://www.webnews.it 244