tesi angelo pastore

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tesi angelo pastore
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PARMA
FACOLTA’ DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN AMMINISTRAZIONE
E DIREZIONE AZIENDALE
——————
ASTE ON LINE
RELATORE:
Chiar.mo Prof. LUIGI MANSANI
LAUREANDO:
ANGELO PASTORE
ANNO ACCADEMICO 2007-2008
II
A papà, mamma Pietro e Davide per avermene dato la possibilità,
e a Claudia per avermi aiutato a realizzarla.
III
IV
INDICE
Introduzione…………………………………………………………………………...1
I. CAPITOLO
ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLE ASTE
1.1 La storia delle aste nel mondo…………………………………….........................3
1.2 Internet e la sua rivoluzione……………………………………….........................6
1.3 Nascita delle aste online………………………………………………………….11
1.3.1 Chi sono………………………………………………………………..16
1.3.2 Come funzionano……………………………………………………....19
1.3.3 I protagonisti…………………………………………………………...22
1.3.4 Le forme………………………………………………………………..25
1.4 Le aste online oggi……………………………………………………………….35
II. CAPITOLO
UNA REALTA’ VIRTUALE: EBAY
2.1 I primi passi………………………………………………………………………37
2.2 Profilo aziendale………………………………………………………................40
2.2.1 Ebay nel mondo………………………………………………………..40
2.2.2 Ebay Italia………………………………………………………...........45
V
2.2.3 Brevi cenni sul funzionamento………………………….......................53
III. CAPITOLO
LA NUOVA FRONTIERA DELLA CONCORRENZA SLEALE: LA VENDITA
DI PRODOTTI CONTRAFFATTI NELLE ASTE ONLINE.
3.1 La contraffazione………………………………………………………………...63
3.1.1 Ieri e oggi………………………………………………………………63
3.1.2 I perché della marca……………………………………………………72
3.1.3 Note sul fenomeno……………………………………………………..78
3.1.4 Gli effetti……………………………………………………………….82
3.2 E-commerce in crescita e contraffazione dilagante……………………………...89
3.2.1 L’angolo più oscuro del commercio virtuale…….................................89
3.2.2 Il terribile sospetto sulle aste online………………................................93
3.3 La lotta e gli strumenti…………………………………………………………...99
3.3.1 Il ruolo di Ebay……………………………………………….............108
IV. CAPITOLO
LA RESPONSABILITA’ DEI SITI DI ASTE ONLINE
4.1.1 La regolamentazione dell’e-commerce…………………….............................121
4.1.2 La disciplina delle aste online………………………………………………...123
4.2 La responsabilità degli internet service provider……….....................................128
4.2.1 Introduzione al problema……………………………………………..128
VI
4.2.2
Perché
una
responsabilità
dell’internet
provider?........................................................................................................134
4.2.3 Panoramica sul tema delle possibili responsabilità
imputabili all’ISP…………………………………………………………...137
4.2.4 Alcuni casi internazionali di riferimento: evoluzione della disciplina
giurisprudenziale e normativa………………….…………………...............141
4.2.4.1 Stati uniti d’America………………………………………….142
4.2.4.2 La situazione in alcuni paesi europei…………………………152
4.3 La situazione italiana………………………………………………...................168
4.3.1 Osservazioni generali…………………………………………………168
4.3.2 Ordinamento giurisprudenziale (ante D. Lgs. 70/2003)
e
normativo: il provider “colpevole”…………………………………………169
4.3.3 D. Lgs. 70/2003…………………………………………………….....187
4.3.4 La giurisprudenza in tema di responsabilità del
provider
dopo
l’entrata in vigore del D. Lgs. 70/2003……………………………..............198
4.4 Sentenze diverse per la stessa fattispecie……………………………………….204
4.4.1 LVHM vs Ebay……………………………………………………….204
4.4.2 Tiffany vs Ebay……………………………………………………….212
4.5 Considerazioni conclusive. Ebay:
internet provider o intermediario commerciale? …………………………………..217
Bibliografia…………………………………………………………………............229
VII
Sitografia……………………………………………………………………………242
VIII
INTRODUZIONE
I progressi compiuti dall’uomo in tutti i campi della sua attività manuale e
intellettuale, sono stati fortemente condizionati dallo sviluppo delle nuove tecnologie
informatiche.
Non a caso proprio nell’attuale scenario socio-economico, il ruolo occupato
dall’innovazione tecnologica e informatica è davvero determinante.
La cosiddetta “rete delle reti” rappresenta la vera rivoluzione informatica del secolo
appena trascorso e lo strumento d’indubbia importanza nel quadro sociale ed
economico del futuro.
Essa ha consentito di abbattere le tradizionali barriere di spazio e di tempo, da un lato,
e di determinare lo sviluppo di relazioni e comunicazioni, in qualsiasi parte del
mondo, in tempo reale, dall’altro lato.
Grazie alle sue grandi potenzialità e alle aspettative offerte, tutti gli operatori si
trovano attratti e stimolati dall’uso delle tecnologie telematiche.
Oggigiorno, alla base della cosiddetta new economy, ossia dell’economia fondata
sulla creazione e sul consolidamento di relazioni commerciali e finanziarie
determinate dalla comunicazione digitale e dall’elaborazione elettronica delle
informazioni, un posto centrale è occupato dall’avvento di internet.
Ha assunto grande importanza quello che comunemente è definito l’e-business: cioè
l’utilizzo della rete per realizzare finalità di tipo commerciale.
Una delle più originali versioni di commercio tradizionale applicato al mondo delle
transazioni telematiche è costituito dalle aste online (o aste elettroniche), che da realtà
ormai consolidata negli USA, si sono affermate anche al di là dei confini americani.
1
Ne è esempio il fatto che attraverso Ebay sia possibile effettuare vendite e acquisti
attraverso la rete, ma la caratteristica che rende sui generis questo sistema, tuttavia, è
il fatto che le vendite avvengono con lo strumento dell’asta, quindi ciò che si realizza
è un’asta effettuata tramite l’inserzione di annunci sul sito web.
Questa tipologia di aste rappresenta oggi una delle migliori soluzioni per
l’allocazione delle risorse e per l’acquisto di beni alle migliori condizioni economiche
poiché i venditori e gli acquirenti vengono ad operare, in tutto e per tutto, su un
mercato “globalizzato”.
Le aste online coinvolgono in genere persone comuni, ma è consistente ed in crescita
anche la presenza di aziende e di distributori diretti di piccola e media grandezza che,
attratti dalla possibilità di raggiungere un ampio bacino di utenti a costi ridotti,
modificano le tradizionali strutture di vendita.
Ebbene, proprio per le possibilità virtuali di rivolgersi ad una platea indefinita di
acquirenti, con rapide modalità di vendita e la possibilità di anonimato, è molto
probabile che vengano messi in circolazione in tale circuito, assieme ai prodotti
originali ovvero di dubbia provenienza anche beni che in qualche modo vìolino la
disciplina dei segni distintivi delle imprese, delle opere dell’ingegno e in generale che
esercitino una concorrenza sleale.
In uno scenario del genere l’assunto di base è capire se sia possibile o meno attribuire
la responsabilità all’internet provider per le violazioni commesse da altri.
E forse prima ancora cercare di identificare, anche attraverso le decisioni
giurisprudenziali in merito, quale ruolo abbiano in tutto questo i gestori dei siti di aste
virtuali.
Questo ed altro ancora sarà l’approfondimento delle pagine seguenti.
2
I. CAPITOLO
ORIGINI ED EVOLUZIONE DELLE ASTE
Fin dall’antichità le aste hanno suscitato interesse ma fu solo nel XVIII secolo, ma è
con l’apertura delle case d’asta Sotheby’s e Christie’s a Londra, che hanno
acquistato largo credito e notorietà.
Se nel XVIII e XIX secolo le aste erano importanti, seppur limitate soprattutto a libri,
opere d’arte e oggetti antichi, col secolo successivo iniziarono anche a vendere tutto
ciò che fosse suscettibile di valore storico od economico.
L’avvento di internet invece ha permesso la trasformazione dello scenario: da aste
con limiti temporali e spaziali, ad un mercato globale caratterizzato dalla dinamicità.
1.1 LA STORIA DELLE ASTE NEL MONDO
La forma d’asta odierna comparve per la prima volta intorno al 500 a.C., nell’antica
Babilonia, infatti lo storico Erodoto scriveva che le donne in “odor di marito” erano
vendute all’asta al mercato annuale. Successivamente si diffusero anche in Grecia
per poter acquistare gli schiavi.1
1
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.3
3
Nell’antica Roma le aste iniziarono ad aumentare e diversificare gli oggetti in
vendita, basti pensare che erano i luoghi ideali in cui i soldati potevano monetizzare il
loro bottino di guerra al miglior offerente.
Le aste si svolgevano nell’atrium auctionarium. I partecipanti erano sempre quattro:
il dominus (proprietario), l’argentarius (cambiavalute), il praeco (banditore) e
l’emptor (compratore), e quasi sempre si trattava di aste al rialzo.
Non è un caso che il patrono delle aste sia proprio un romano, Didio Juliano: la
leggenda narra che, nel 193 a.C., l’Impero Romano fu messo in vendita dopo che le
guardie del corpo, i cosiddetti “pretoriani”, avevano ucciso il loro imperatore
Pertinace.
Così il senatore Didio Juliano partecipò e vinse l’asta sborsando 6250 dracme per
ciascun pretoriano, una somma che oggi corrisponderebbe a circa 14 milioni di euro.2
Le aste col tempo divennero talmente popolari che furono indette regolarmente
dall’imperatore Caligola: egli comprese il desiderio degli uomini, che consisteva nel
fare un’offerta per un oggetto e nel riuscire a concludere un buon affare.
Ciò pose la base per una diffusione a livello mondiale delle aste, così come noi la
conosciamo oggi.
Dopo una lungo periodo di abbandono, fu nel tardo Medioevo che si riscoprì l’utilità
delle aste, le quali venivano indette per il commercio degli schiavi.
Nel XVI secolo, il re di Francia emanò un decreto che conferiva a un gruppo di
persone il titolo di huissiers priseurs cioè il diritto esclusivo di vendere le proprietà
dei defunti.3
2
3
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.3
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.4
4
Nello stesso periodo si svilupparono nei Paesi Bassi le prime aste di oggetti d’arte,
dove alla fine del XVI e XVII secolo si potevano acquistare dipinti e stampe.
Il prezzo era stabilito e poi ribassato finché qualcuno non si aggiudicasse l’oggetto:
questo tipo di asta è nota da allora con il nome di “asta olandese”.
Sempre in Europa la forte passione per la porcellana cinese fu suscitata dalle aste,
infatti nel 1604 gli olandesi misero all’asta il bottino ottenuto dal saccheggio di una
nave portoghese di ritorno dalla Cina, permettendone la diffusione in Europa
settentrionale.
Proprio in Cina intorno al 1600 le prime aste venivano sostenute e promosse in templi
e monasteri buddisti utilizzati come strumento per raccogliere le offerte.
Venivano venduti all’incanto i beni dei monaci defunti.
Molto particolare era la figura del monaco/banditore il cui compito, contrariamente
agli usi delle aste attuali, era quello di frenare materialmente gli animi dei partecipanti
che spesso si lasciavano travolgere dall’entusiasmo.
Al tempo stesso la Cina è stato il luogo di origine dell’asta a stretta di mano, in cui gli
offerenti si dispongono a semicerchio intorno al banditore e, a turno, gli stringono la
mano. Le mani, coperte da uno scialle non possono essere viste dagli altri offerenti,
mentre le offerte vengono fatte con le dita.
In Inghilterra invece le prime aste si ebbero alla fine del XV secolo, ma la popolarità
giunse nel secolo successivo quando per vendere i beni provenienti dall’India
Orientale, era necessario indire le cosiddette “aste a candela”.
5
La procedura prevedeva l’accensione di una candela alta un pollice (2,54 cm circa).
Chi riusciva a fare l’ultima offerta, prima che la candela si spegnesse, si aggiudicava
l’oggetto messo all’asta.4
Logicamente il problema era che spesso si litigava su chi avesse fatto l’ultima offerta.
Nonostante questi piccoli inconvenienti tecnici, la forma d’asta più amata e diffusa
funziona proprio secondo questo schema: gli offerenti rilanciano le offerte dei
concorrenti per un determinato oggetto il miglior offerente si aggiudica l’oggetto
messo all’asta.
Questa forma d’asta, appunto, si chiama anche “asta inglese”.
Nel XVIII secolo divennero popolari soprattutto le aste degli oggetti d’arte e dei libri.
Non a caso Sotheby’s e Christie’s, due delle maggiori case d’asta del mondo,
nacquero proprio in Inghilterra.
1.2 INTERNET E LA SUA RIVOLUZIONE
Il fenomeno comunicativo di internet rientra fra gli eventi di portata storica, ed è
divenuto nel tempo il mezzo di comunicazione più sfruttato a livello planetario.
L’origine risale agli anni sessanta5, come rete di comunicazione tra elaboratori
elettronici di diverse basi militari finalizzata all’impiego nel settore bellico e ad
ausilio della ricerca scientifica.
4
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.6
Una rete di computer mondiale ad accesso pubblico è stata teorizzata per la prima volta nel 1960
dallo statunitense J.C.R. Licklider, docente del Massachusetts Institute of Technology (MIT), nella
pubblicazione scientifica Man-Computer Symbiosis.
5
6
Inizialmente, quindi, venne usata in via esclusiva, come progetto sperimentale, da
militari ed accademici ma ben presto si sviluppò oltre le iniziali finalità.
In particolare il progetto fu finanziato da un’agenzia dipendente dal Dipartimento
della Difesa statunitense per lo sviluppo di una rete decentrata di computer
interconnessi, appartenenti alla difesa, a fornitori dell’esercito e a laboratori
universitari impegnati in ricerche nel settore militare, denominato ARPANET
(Advanced Research Projects Agency).
La rete venne fisicamente costruita nel 1969 collegando quattro nodi: l’Università
della California di Los Angeles, l’SRI di Stanford, l’Università della California di
Santa Barbara, e l’Università dell’Utah.
Se dal punto di vista tecnico il termine designava una rete di grandi dimensioni che
interconnette delle reti autonome, il senso etimologico della parola internet
corrisponde
tutt’ora
all’abbreviazione
delle
due
parole
che
la
formano:
“interconnected” (interconnesso) e “network” (rete).
Fin dagli esordi, questo network venne strutturato per funzionare come un sistema di
collegamenti multipli, autosufficienti e decentrati tra computer e reti di computer,
capaci di trasmettere rapidamente comunicazioni, senza la necessità di alcun
intervento o controllo umano, e di dirottarle automaticamente in caso di
danneggiamento o, comunque, di indisponibilità di uno o più collegamenti.
Tra le altre cose, il sistema venne progettato in modo tale da permettere la
prosecuzione di ricerche e comunicazioni di vitale importanza anche nell’ipotesi in
cui fosse stata danneggiata una parte della rete, per esempio nell’eventualità di una
guerra, in conseguenza di attacchi militari o di catastrofi naturali.
7
Sin dall’inizio, quindi, la peculiarità del sistema è stata proprio quella di garantire
l’efficienza della rete, in termini di elaborazione e diffusione delle informazioni,
anche in circostanze di malfunzionamenti dei singoli apparecchi ad essa collegati,
poiché una qualsiasi comunicazione inviata mediante la serie ridondante di
elaboratori elettronici tra loro collegati, può utilizzare uno qualunque dei
numerosissimi percorsi disponibili per giungere a destinazione 6.
Fermo restando quanto detto, è opportuno fare una importante precisazione: in realtà,
nessuna singola entità di tipo accademico, economico, politico governa e può
controllare pienamente internet, che esiste e funziona in virtù del fatto che centinaia
di migliaia di singoli gestori di computer e computer network hanno autonomamente
deciso di utilizzare comuni protocolli per il trasferimento di informazioni e per lo
scambio di comunicazioni con altri elaboratori elettronici (i quali a loro volta
scambiano comunicazioni e informazioni con altri computer ancora).
In sintesi, non esiste nel ciberspazio una sede centrale di archiviazione dei dati o un
unico punto di controllo; del resto, non sarebbe neanche tecnicamente possibile per
una singola organizzazione rilevare e controllare tutte le informazioni convogliate
nella rete delle reti.
Tornando alla storia, nello stesso periodo in cui ARPANET (che più tardi cessò di
esistere) stava espandendosi, si svilupparono analoghi network che collegavano
6
Va ricordato che i messaggi tra computers collegati ad Internet non viaggiano necessariamente integri
lungo lo stesso percorso.
Infatti, “Internet utilizza protocolli di comunicazione cosiddetti packet switching, che permettono ai
singoli messaggi di essere suddivisi in unità più piccole le quali vengono inviate autonomamente a
destinazione e vengono, quindi, automaticamente riassemblate dal computer ricevente. Sebbene tutti i
componenti di un dato messaggio viaggino solitamente lungo lo stesso percorso fino alla destinazione
finale, qualora determinati computers lungo il tragitto risultassero sovraccarichi, le singole unità di un
messaggio possono essere smistate verso computers meno intasati”.
Cfr. Corte federale USA, Distretto orientale della Pennsylvania, sentenza 11 giugno1996, Rivista di
Diritto Industriale, 1997, II, pag. 233, con nota di A. CUCINOTTA (traduzione italiana a cura di A.
Cucinotta).
8
università, centri di ricerca, organizzazioni economiche e singoli individui in tutto il
mondo.
Alla fine della guerra fredda fu messa a disposizione di impieghi civili, collegando
dapprima i principali centri universitari e raggiungendo poi, in modo ampio, l’utenza
aziendale ed infine quella domestica.
Così ciascuno di questi network venne collegato agli altri, permettendo agli utenti dei
computer collegati ad uno di essi qualunque di trasmettere comunicazioni agli utenti
di un altro network.
Proprio la suddetta “serie di network” tra loro connessi (e che a loro volta collegano
singoli computers e reti), oggi è comunemente nota col nome di internet ed è il
risultato dell’estensione della rete ARPANET.
Ma è con la nascita e diffusione del World Wide Web (WWW)7, nella prima metà
degli anni novanta che è avvenuta la vera svolta.
Infatti, a questo episodio, fece seguito un immediato successo in ragione delle sue
funzionalità, della sua efficienza, e non ultima della sua facilità di utilizzo che ha
aperto l’uso di internet ad una massa di milioni di persone, anche al di fuori
dell'ambito strettamente informatico, con una crescita in progressione esponenziale,
crescita che in pochissimi anni l’ha portato a cambiare per sempre la società moderna
rivoluzionando il modo di relazionarsi delle persone come quello di lavorare tanto che
nel 1998 si arrivati addirittura a parlare di una “nuova economia”.
7
Il termine Web in senso stretto indica la sezione grafica di Internet, la quale è il network di server che
supportano le connessioni in ipertesto.
Data la strettissima convergenza fra Internet e il Web e il diffuso uso indiscriminato dei due termini
come sinonimi, in questa trattazione non si distingueranno le due tecnologie e si utilizzeranno le due
diciture come sinonimi, utilizzando allo stesso modo il termine “Rete”.
9
Così quando si parla di internet, non si tratta di un’entità fisica o tangibile, ma
piuttosto può essere definito un enorme “network” o “rete di network”, che collegano
innumerevoli più piccoli gruppi di network di computer a loro volta interconnessi:
ossia una rete internazionale di computer tra loro collegati.
Un mezzo di comunicazione che permette a ciascuna delle decine di centinaia di
milioni di persone che vi hanno accesso di comunicare, accedere e scambiare una
grande quantità di informazioni provenienti da tutto il mondo8, poiché queste sono
organizzate secondo un sistema di librerie, o pagine, a cui si può accedere utilizzando
appositi programmi detti “browser”9 con cui è possibile “navigare” visualizzando e
inviando file10, testi, ipertesti, suoni, immagini, animazioni, filmati, ma anche per
condividere apparecchiature più o meno complesse, come le stampanti.
Risulta certo e incontestabile il fatto che la “rete delle reti” abbia conosciuto una
crescita straordinaria negli anni recenti: basti pensare che, nel 1981 meno di trecento
computer erano collegati ad Internet e nel 1989 non si superava ancora il numero di
novantamila; nel 1993, in tutto il mondo, erano connessi più di un milione di
computer; cifra questa destinata ad aumentare, tant’è che oltre un miliardo di persone
utilizzavano Internet alla fine del 2007, con una crescita percentuale rispetto al 199711
a tre cifre, e si prevede che questo traffico raddoppierà entro il prossimo triennio12.
8
Internet è: “un mezzo di comunicazione umana mondiale unico e assolutamente nuovo”.
Tratto da Corte Suprema degli Stati Uniti, sentenza 26 giugno 1997, Foro Italiano, 1998, IV, pag. 26
(traduzione italiana a cura di A. Cucinotta).
9
Il primo browser con caratteristiche simili a quelle attuali, il Mosaic, venne realizzato nel 1993, esso
rivoluzionò profondamente il modo di effettuare le ricerche e di comunicare in rete
10
La posta elettronica fu inventata da Ray Tomlinson della BBN nel 1971, derivando il programma da
altri due: il SENDMSG per messaggi interni e CPYNET, un programma per il trasferimento dei file.
11
http://www.unitec.it/ita/tesi/ulgiati/cap1.htm: Sino ai primi anni ’90, Internet fu utilizzato solo da
scienziati e ricercatori, ma dopo qualche anno, un numero sempre maggiore di operatori commerciali
mostrò un interesse crescente verso detta realtà ed infatti, alla fine del 1997, gli utilizzatori mondiali di
Internet avevano superato i 70 milioni
12
http://www.supercom.it/index.html
10
Ad ogni modo, va ricordato che tali dati sono suscettibili di repentine modifiche a
causa dell’inarrestabile espansione che il “fenomeno Internet” sta riscuotendo in tutto
il mondo.
Le comunicazioni sono quasi istantanee e possono essere dirette a soggetti
determinati, a più ampi gruppi di persone interessate ad un particolare argomento o
anche al mondo intero.
Si tratta di una rete globale tendenzialmente aperta alla navigazione di chiunque vi
abbia interesse; in questo nuovo foro si intrecciano rapporti umani, si espongono
merci su moderne bancarelle chiamate siti, si guardano e si confrontano i beni offerti
e quindi si concludono i contratti in una dimensione marcatamente sopranazionale.
1.3 NASCITA DELLE ASTE ON LINE
Attraverso la diffusione di internet, quindi, si è avuto la possibilità di realizzare una
borsa di scambio veramente globale e non particolarmente esosa, scambiare le
informazioni sui prodotti in tempo reale, in modo semplice e completo, nonché
contribuire alla creazione di un mercato quanto più trasparente.
Per capire di cosa si tratta basti pensare ad un’asta tradizionale negli stessi termini di
funzionamento base (il prezzo deriva da una contrattazione in cui l’acquirente decide
quanto è disposto a pagare) ma costituita invece che da un gruppo di persone radunate
in uno spazio fisico, da un gruppo di utenti che dal loro pc possono acquistare o
vendere beni, in qualsiasi momento.
11
Le prime aste online sono nate in America e, nella loro struttura primordiale,
precisamente ebbero luogo nel 1979 in un sistema informatico chiamato MicroNet
che successivamente fu rinominato CompuServe e rilevato da Aol.13
All’inizio degli anni Novanta acquistarono popolarità i newsgroup in cui le
discussioni circa problematiche scientifiche o questioni morali lasciavano spazio alle
inserzioni di vendita di oggetti usati, come fece ad esempio John Perry Barlow, il
paroliere del gruppo rock Grateful Dead, che nel 1993, mise all’asta per e-mail alcuni
oggetti legati alla band.14
Gli offerenti avevano dinnanzi quindi due soluzioni: inviare le loro offerte per e-mail
solo al fornitore e dal momento che gli offerenti non conoscono le offerte degli altri
era il fornitore stesso che decideva a chi fare aggiudicare l’oggetto (si trattava in tutti
gli effetti di un’asta segreta); oppure inviare le proposte al newsgroup permettendo
agli altri offerenti di reagire con un’offerta superiore (asta inglese).
Muovendo dalla premessa fondamentale che le aste online sono veri e propri mercati
elettronici in cui clienti e fornitori comunicano tra di loro e, attraverso un sistema
elettronico di vendita/acquisto stabiliscono i prezzi a loro favorevoli, si può ben
capire che il business su internet è diverso perché sempre meno persone e aziende
saranno disposte a comprare un prodotto o un servizio a un prezzo già fissato,
piuttosto vorranno interagire con sistemi nei quali i prezzi vengano determinati
tramite un’analisi dinamica di domanda e offerta.
La maggior parte delle aste online rientra nella categoria del cosiddetto “mercato
delle pulci su internet con possibilità di messa all’asta” e si distinguono soprattutto
per la dinamicità dei prezzi.
13
14
Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.17
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.14
12
Il numero delle transazioni commerciali su internet, e particolarmente attraverso siti
di aste online, ha subito un’impennata negli ultimi anni, ed è per questo che le aste
possono essere annoverate tra i servizi su Internet che crescono più rapidamente, sia
per quanto riguarda i beni di consumo sia per i beni industriali e i servizi.
L’istituto per la ricerca di mercato Agorics stima che siano oltre 7000 le piattaforme
Web dedicate alle aste e gestite a livello professionale.
A tale dato però vanno sommate più di 25000 pagine web che si occupano di questo
tema, pur operando entro determinati limiti geografici o tematici.15
Così, se è vero che le aziende commerciali tradizionali devono convivere da sempre
con determinate limitazioni, (posizione geografica, dimensioni ridotte del mercato,
spazio logistico, costi di gestione di una attività a diretto contatto con il consumatore
e gli investimenti effettuati per la realizzazione di un’infrastruttura) le quali possono
impedire l’ingresso in un determinato mercato, è altrettanto verificato il fatto che
grazie ad internet è possibile eliminare tutte queste barriere, proprio alla luce delle
possibilità di attività e di sviluppo illimitate che esso offre.
Non a caso è nel settore B2C che le aste incontrano il favore delle aziende di piccole
e medie dimensioni, le quali possono a loro volta partecipare alla dinamicità del
commercio mondiale senza dover fare grossi investimenti, così oltre a vendere
prodotti e vedersi ridurre le giacenze in magazzino, le imprese possono anche trovare
clienti nuovi e migliorare il legame con quelli vecchi.
Appare evidente, quindi, che la popolarità di queste pagine web diventa sempre più
forte, e questo è dovuto anche al carattere di intrattenimento delle aste via internet, in
15
http://www.agorics.com/
13
quanto induce i visitatori a restare relativamente a lungo sulle pagine web, che di
conseguenza diventano interessanti per tutti coloro che fanno pubblicità.
A tal proposito basti pensare che, mentre i visitatori restano in media 15 minuti circa
sulle pagine dedicate allo shopping, i potenziali acquirenti ci passano in media 50
minuti; ma è utile tenere sempre a mente che si è su internet, dove basta un clic del
mouse per passare ad altro16.
E’ proprio in questa preoccupazione da ricercare il motivo per il quale, qualche anno
fa, otto delle maggiori testate giornalistiche statunitensi sono entrate in affari,
rilevando assieme la casa d’aste online Auction Universe17.
I mercati online sono visitati da persone che, avendo gli interessi più disparati,
acquistano in poco tempo quasi tutto quello che si riesce ad immaginare, soprattutto
perché il compratore su internet, a differenza di quello che può pensare quando si reca
in un centro commerciale, sa di poter trovare quasi subito ciò di cui ha bisogno.
L’enorme potere e la forte propensione che la comunità di internet possiede, ovvero
manifesta, in termini di acquisto coincidono con il fatto che il commercio online non
è più limitato né dallo spazio disponibile né dalla posizione geografica.
In una prima sintetica analisi, si può affermare che le case di aste online mischiano le
peculiarità di ambienti differenti: il caos di un normale mercato eterogeneo con i
processi e le regole commerciali della Borsa, e come in tutte le forme di mercati ruolo
fondamentale è giocato dall’informazione: così anche in questi “non luoghi”18 è
16
Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.23
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, 6.
Fu l’autore britannico William Warner a coniare il termine inglese “auction” mantre stava traducendo
un brano del poeta romano Plauto. Imbattendosi nella parola auctionem, Warner decise di togliere la
desinenza e di introdurre il termine auction nella lingua inglese. La parola auctionem deriva dal latino
augere, che significa “aumentare”.
18
Cfr. Augé M., Non luoghi. Introduzione a un’antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano
2005.
17
14
possibile conoscere sulla base delle transazioni precedenti come la comunità valuta
un venditore o un acquirente.
In tal modo il commercio online cerca di convergere verso quelle caratteristiche
commerciali proprie del commercio tradizionale, creando al tempo stesso le premesse
per una piattaforma sempre più trasparente.
La trasparenza, che nasce dalla possibilità di fornire informazioni di carattere
generale e di instaurare una comunicazione di tipo interattivo, serve ad accrescere la
fiducia di acquirenti e venditori.
Sempre rispetto ai mercati tradizionali però, dove occorre affittare il posto per la
bancarella piuttosto che lo spazio
per l’inserzione, le case d’asta su Internet
incassano una commissione, notevolmente inferiore rispetto a quella dovuta nelle aste
tradizionali, per la mediazione svolta tra domanda e offerta.
Ne consegue che l’interesse per le aste online è, e continuerà ad essere, in grande
crescita da parte dei professionisti che operano nell’ambito dell’e-business, anche
perché non è necessario costruire siti di aste specifici ma si possono utilizzare queste
tecnologie all’interno di siti già esistenti.
Anche i non professionisti possono trarre vantaggio da questo genere di servizio che
permette, se usato correttamente e con le dovute precauzioni, di risparmiare
notevolmente, ma soprattutto di avere accesso a categorie di prodotti ricercati
altrimenti difficilmente reperibili e che rispondano alle esigenze personali dell’utente.
Basta collegarsi al link prescelto ed ecco centinaia di offerte, si guarda la fotografia
dell’oggetto del desiderio, la scheda con le caratteristiche e l’ultima offerta fatta e se
interessa, dopo essersi registrati occorre rilanciare, annotando da qualche parte la data
in cui ha termine l’asta e se nessuno presenta offerte superiori, l’affare è fatto!
15
Dall’altro verso chiunque abbia beni da vendere, dopo essersi registrato, può servirsi
delle aste online come una sorta di vetrina dove esporre prodotti in vendita ma con il
vantaggio di vedere crescere il prezzo e di essere aggiornati costantemente dalla casa
d’asta sull’evoluzione della compravendita. Il tutto con la semplicità di un clic.
1.3.1 CHI SONO
Attualmente è possibile individuare tre grandi gruppi di fornitori d’aste online:
•
le case d’asta tradizionali, che ampliano la loro attività su internet;
•
le imprese commerciali, ossia i produttori che vorrebbero aprirsi un nuovo
canale di vendita per determinati gruppi di prodotti;
•
le start-up online, per le quali le aste su internet rappresentano l’unico ed
esclusivo mercato e canale di vendita.
Accanto a queste si muovono poi molte altre imprese che non sono ancora in grado di
impiegare al meglio internet.
I motivi che spiegano l’ingresso in internet variano a seconda del gruppo di cui
l’azienda fa parte.
Le case d’asta tradizionali si ritrovano nella stessa condizione in cui si trovavano i
negozi tradizionali alcuni anni fa.
Per non perdere né stima né la posizione acquisita sul mercato, sono costrette a fare il
loro ingresso in internet ed a organizzare qui le loro aste.
16
Essendo già molto note, le iniziative online adottate da queste società godono di
grande fiducia, infatti se per esempio Christie’s mettesse all’asta un Rembrandt sul
Web, gli acquirenti sarebbero certi dell’autenticità del dipinto.
Se lo stesso facesse una star-up online, come ad esempio eBay, si potrebbe senz’altro
sollevare qualche dubbio in proposito19.
Per quanto riguarda il secondo gruppo, la causa è dal ricercare nel fatto che ogni anno
si generano modelli di fine serie, articoli in eccedenza e merce di seconda scelta e la
gestione di questa merce rappresenta un problema per la maggior parte delle imprese
produttive e commerciali, mentre gli ammortamenti necessari riducono al minimo gli
utili ricavati dall’attività regolare e quindi sul risultato aziendale.
Gli studi dimostrano che tale merce frutta solo fra l’8% e il 40% del suo valore, a
seconda del settore;20 quindi liberarsi rapidamente di questa merce è più importante
che realizzarne il valore effettivo, anche se questa procedura provoca sia conflitti con
i canali di vendita regolari, ingenerando insoddisfazione nei partner commerciali (che
per motivi organizzativi non hanno accesso a questa merce a buon mercato) e infine
porta alla cannibalizzazione dello smercio di nuovi prodotti.
Le aste online possono nettamente ridurre l’ammortamento di questo centro di costo
oppure trasformarlo addirittura in centro di profitto; inoltre le stesse aste possono
fungere da campagna di marketing per attirare l’attenzione della clientela su un
marchio o sulla merce di un determinato produttore.
19
Dopo l’offerta all’asta di bambini non ancora nati e dopo la proibizione della vendita all’asta di alcol
e tobacco, eBay tentò di riguadagnarsi la reputazione incrinata accaparrandosi la casa d’asta
tradizionale Butterfield & Butterfield (www.butterfield.com) e mettendo all’asta oggetti d’arte e
antichità molto costosi.
Nel settembre 1999, la pagina di eBay tedesca aveva offerto un Rembrandt (La circoncisione di Cristo)
che però si sospettava essere un falso. La società eBay si tirò rapidamente fuori dall’imbroglio,
insistendo sul fatto che la sua funzione era semplicemente quella di gestire una piattaforma tecnica
online e che quindi non poteva essere considerata responsabile per le aste stesse.
20
Amor, E-business (R)evolution, Milano, 2001, p.44
17
Internet ha ridotto fortemente i costi infrastrutturali al punto che oggi, anche per le
aziende di piccole dimensioni, ha senso indire un’asta, la rete, infatti, ha aperto una
nuova strada per la soluzione di alcune problematiche, e in particolar modo, le aste
online rappresentano un efficiente strumento di vendita in tempo reale.
Le imprese possono fissare su internet il loro prezzo fisso oppure quello minimo e in
questo caso lasciare che i potenziali compratori facciano offerte direttamente e in
contemporanea e accertare il prezzo di mercato corrispondente.
Il processo che ha luogo al termine dell’asta sarà svolto in modo completamente
automatico.
Le imprese che seguono questo approccio innovativo potranno non solo realizzare
fatturati maggiori, grazie alla vendita costante e tempestiva della merce e alla
concorrenza tra gli acquirenti (due elementi che comportano entrambi un
miglioramento dei prezzi) ma anche sopportare costi più bassi grazie all’impiego di
un sistema elettronico completamente automatico che subentra a un processo cartaceo
inefficiente.
Infine, esse potranno ridurre il vincolo di capitale aumentando la rotazione delle
scorte, rafforzare il legame con il cliente facilitando l’accesso alle informazioni
aggiornate, nonché evitare i conflitti di canale grazie al controllo esercitato sul flusso
della merce.
Le start-up online, dal canto loro, cercano di “virtualizzare” i modelli commerciali
dei due tipi di aziende tradizionali.
Molte società utilizzano le aste online di queste tipologie di aziende per pubblicizzare
se stesse e i propri prodotti, addirittura anche al prezzo iniziale di 1 centesimo.
18
Questa tipologia di offerte attirano naturalmente molti acquirenti potenziali che in
breve tempo fanno salire il prezzo.
Segnalando l’asta e le caratteristiche del prodotto per tempo, è possibile informare
molti utenti e aumentare repentinamente il grado di notorietà del prodotto.
1.3.2 COME FUNZIONANO
Il processo specifico per le aste su Internet consta di cinque attività fondamentali.
a) la registrazione dei partecipanti
b) l’allestimento dell’asta
c) il processo della vendita all’asta
d) la valutazione delle offerte
e) la conclusione dell’affare
Occorre eseguire la registrazione con la massima precisione tale da essere sicura e
giuridicamente ineccepibile e soprattutto al fine di per poter identificare
successivamente gli offerenti e i fornitori in caso di conclusione dell’affare o di una
controversia.
La compilazione delle informazioni occupa una posizione di primo piano
nell’allestimento dell’asta.
Le informazioni devono essere inserite e riportate correttamente, infatti se il prezzo è
sbagliato oppure la descrizione non è corretta, possono insorgere equivoci e problemi,
facilmente evitabili in caso di accurato riesame dei dati inseriti.
19
In alcuni casi, il fornitore può anche scegliere il tipo di asta e indicare le condizioni di
vendita dell’oggetto, dal prezzo alla consegna.
Durante la messa all’asta si applicano efficacemente le norme che disciplinano le
diverse forme d’asta poiché il tipo di norma dipende a sua volta dalla forma d’asta.
La conclusione dell’asta comprende il pagamento del fornitore, la logistica per la
spedizione dell’oggetto all’offerente e i diritti per la casa d’asta.
A) la registrazione corretta dei partecipanti è la premessa per lo svolgimento
regolare di un’asta online.
In caso di mancata registrazione sarebbe poi impossibile verificare chi ha fatto
quando e quale e chi alla fine si è aggiudicato la vendita all’asta.
Tanto più la registrazione è dettagliata, quanto più facile sarà per il gestore
dell’asta risolvere eventuali problemi tra fornitori e offerenti.
Certo è che i dati dovrebbero essere non solo dettagliati, ma anche il più possibile
verificati.
I dati obbligatori per ciascuna registrazione sono il nome, l’indirizzo, il numero di
telefono e l’indirizzo di posta elettronica del partecipante e poiché questi dati sono
confidenziali e non possono essere resi accessibili vengono protetti da un “login”
e da una “password”.
Inoltre, allo scopo di ridurre sensibilmente le registrazioni false, per verificare
l’indirizzo e-mail, il login e la password vengono inviati al partecipante per posta
elettronica attraverso la quale può completare la registrazione entro un
determinato periodo di tempo.
Così una volta verificati i dati, il partecipante può prendere parte alle aste in corso
e quelle future in qualità di offerente ovvero di fornitore.
20
In caso di necessità, il cliente dovrebbe poter modificare i dati oppure richiederne
la cancellazione in qualsiasi momento.
In caso di modifica occorre ripetere le procedure volte alla verifica dell’indirizzo
mentre in caso di cancellazione è necessario inviare al cliente una e-mail con la
conferma dell’avvenuta cancellazione.
Attraverso tutte queste misure di sicurezza si cerca sia di poter identificare
univocamente i partecipanti a ciascun asta che di impedirne a chiunque il
sabotaggio.
B) Per poter mettere all’asta un oggetto, il fornitore deve prima descrivere la sua
offerta.
Per descrizione dell’offerta si intende la descrizione dell’oggetto e delle relative
condizioni di vendita, ed essa consta di un testo che ne descriva le caratteristiche e
i pregi e spesso si completa di foto.
E’ anche necessario indicare le condizioni di vendita dell’oggetto, vale a dire il
prezzo iniziale, che a seconda dell’asta sarà un prezzo minimo o massimo, e la
forma d’asta.
Il fornitore dovrebbe inoltre poter stabilire le fasi dell’offerta e conoscere le
condizioni previste per il raggiungimento di un determinato prezzo o di
esaurimento di un determinato intervallo di tempo.
Gli inserimenti di solito vengono scelti attraverso caselle di selezione predefinite,
fatta eccezione per il prezzo, affinché l’inserzionista non possa inserire
liberamente le altre condizioni;
21
La maggior parte dei siti di aste ha istituito categorie che si rivolgono a target
specifici, in base ai più disparati criteri, al fine di proporre insieme gli oggetti
simili e affini per trovare il maggior numero possibile di interessati.
La “categorizzazione” delle offerte consente agli interessati di orientarsi più
facilmente e al sito dell’asta di richiamare l’attenzione dei clienti sui prodotti
simili all’interno di una stessa categoria.
C) Nella fase di vendita ciascun partecipante all’asta online ha la possibilità di
fare la propria offerta e specularmente di vedere quelle degli altri partecipanti.
D) L’asta è conclusa sulla base delle offerta massima oppure in caso di
superamento di un determinato intervallo temporale.
Una volta chiusa l’asta e accertatone il vincitore, ogni partecipante può conoscere
l’esito dell’asta, mentre il sito d’asta informa il venditore per fargli conoscere gli
estremi dell’acquirente e l’offerta più alta, ma anche l’indirizzo e le modalità di
spedizione e pagamento.
1.3.3 I PROTAGONISTI
Indipendentemente dagli oggetti offerti, è possibile suddividere i ruoli dei clienti di
una pagina dedicata alle aste nel seguente modo:
•
Collezionisti professionisti: sono interessati solo a determinati prodotti, per i
quali sono anche disposti a pagare un prezzo più alto.
Molti di loro sono già entrati mentalmente in possesso di un oggetto prima
ancora che l’asta si sia conclusa e sono quindi fortemente propensi
22
all’acquisto; conoscendo molto bene il loro settore, i collezionisti sono in
grado di distinguere facilmente i falsi dagli oggetti veramente preziosi.
•
Collezionisti per hobby: condividono le intenzioni dei collezionisti
professionisti, con la differenza che nella collezione non investono la stessa
quantità di tempo e di denaro.
Per queste persone sono un luogo dove divertirsi e allacciare nuovi contatti
attraverso scambi di informazioni e idee.
•
Cacciatore d’affari: hanno una cosa sola in mente ossia acquistare il maggior
numero possibile di oggetti ad un prezzo inferiore al valore di mercato del
momento. Spesso fanno la loro comparsa all’inizio di un’asta e offrono solo il
prezzo minimo, nella speranza che nessun altro offra un prezzo migliore.
•
Fornitori professionisti: possiedono di norma un negozio tradizionale e
utilizzano le pagine web dedicate alle aste per ampliare le loro attività senza
dover effettuare maggiori investimenti.
Non hanno bisogno di una pagina web propria o di un software personalizzato,
dedicato allo shopping o alle aste ma grazie alla categorizzazione praticata
dalla maggior parte dei gestori d’asta, sono in grado di raggiungere
esattamente il loro target senza tuttavia limitarsi alla superficie fisica del
negozio.
Questi fornitori sfruttano naturalmente le aste anche per effettuare i propri
acquisti a prezzi vantaggiosi. Si presentano in modo molto professionale non
lasciano nulla di intentato quando si tratta di vendere al prezzo più alto e di
acquistare a quello più basso.
23
•
Clienti occasionali: sono per la maggior parte clienti che visitano le aste
online per curiosare e divertirsi.
Il loro obiettivo non è quello di combattere ostinatamente per un oggetto o di
sfruttare ogni buon affare; quando partecipano ad un’asta non hanno scopi o
interessi particolari anzi ne possono mostrare per qualsiasi cosa. Spesso fanno
una sola offerta per un oggetto e poi la abbandonano senza neppure
interessarsi del destino dell’asta; animano le aste senza tuttavia mettere
veramente in pericolo le offerte formulate dagli offerenti veri e propri.
Oppure, spesso si tratta di cose che un soggetto non vuole più o ha ricevuto in
regalo, ma non ama, ovvero la taglia è sbagliata: qualcosa, insomma, che per
lui ha perso utilità e di cui quindi è disposto a disfarsi a un prezzo che può
risultare anche molto conveniente.
In conclusione il ruolo di una stessa persona varia da visita a visita ed è molto
probabile che un utente possa partecipare ad un’asta in qualità di collezionista
professionista e nella successiva in qualità di cliente occasionale, dal momento che il
ruolo che egli assume dipende fortemente dall’oggetto offerto.
In questa analisi occorre non tralasciare il fatto che l’aspetto sociale, così come
accade nel mondo reale, gioca un ruolo altrettanto importante nelle aste su internet.
Molti ritengono che la cosa più importante sia chattare con altri utenti, oltre
naturalmente al gareggiare con i concorrenti e fare, al tempo stesso qualche buon
affare.
Ma può capitare pure che il vincitore di un’asta si tormenti domandandosi se non ha
forse pagato troppo e nella maggior parte dei casi, le cose potrebbero stare
effettivamente così.
24
Non a caso gli economisti hanno addirittura elaborato per questo fenomeno la
definizione de “la maledizione del vincitore”.
Di solito a vincere è sempre l’offerente che nutre le massime speranze in vista del
valore futuro di un prodotto acquistato all’asta.
Dal momento che questo valore non è certo, le massime speranze si rivelano sempre
irrealistiche, infatti gli offerenti con aspettative realistiche sono già usciti da tempo.21
Questa legge vale per la maggior parte delle aste, ma naturalmente c’è sempre
l’eccezione che conferma la regola: se il valore della merce non può essere stabilito
oggettivamente, l’offerta massima è spinta dal desiderio dell’offerente di acquistare
l’oggetto, indipendentemente dal suo prezzo.
In questi casi non si può parlare di un prezzo troppo alto perché l’offerente è disposto
a pagare qualsiasi cifra.
Tale assioma è stato elaborato per le aste tradizionali, ma vale soprattutto per quelle
online poiché il numero di persone che partecipa alle aste tradizionali è inferiore a
quello che prende parte alle aste online aumenta la probabilità che qualche offerente
sia meno informato di altri sul prezzo di mercato corrente e che qualche folle vinca
pagando un prezzo eccessivo.
1.3.4 LE FORME
Le varie tipologie di aste che possono essere realizzate su internet sono individuate
espressamente dalla circolare del Ministero dell’Industria n. 3547/C/200222.
21
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.56
25
La circolare qualifica le aste in base agli elementi che le caratterizzano e cioè: in base
al tipo di venditore e compratore, in base al soggetto che gestisce l’asta (chiamato
banditore d’asta o Auctioneer) ed in base alle modalità di contrattazione (o modalità
fissazione del prezzo).
In base al soggetto che assume il ruolo di venditore o acquirente, le aste vengono
classificate in:
1. aste consumer to consumer (C2C)23
In questa tipologia rientrano tutte quelle aste dove si svolgono transazioni fra privato
e privato24.
Solitamente le aste tradizionali sono fortemente limitate dal numero dei compratori e
dalla logistica.
In questo caso il problema del monte merci è efficientemente risolto online dalle
società di mediazione, che di per sé non devono custodire alcuna merce, ma
consentono ai clienti di provvedervi personalmente.
22
Il Ministero delle Attività Produttive ha adottato il 19 giugno scorso la circolare n° 3547/C,
denominata Decreto legislativo 31 marzo 1998, n° 114. Commercio elettronico. Indicazioni sulle aste
on line.
Il Ministero, dopo essersi confrontato con le associazioni dei consumatori, ha fissato una disciplina alla
quale sono tenuti a conformarsi tutti i soggetti operanti nel settore.
La circolare fornisce importanti e risolutive indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste realizzate
tramite Internet, tra cui, il definitivo superamento del dibattito sulla liceità delle aste on-line,
quantomeno delle aste B2B
Cfr. TOLOMELLI V., Aste elettroniche: una peculiare tipologia di e-business, in
www.noemalab.org/sections/specials/asteelettroniche/primaparte.html.
Cfr. http://www.giurdanella.it/mainprint.php?id=6565 consultato il 2006-12-17.
23
In questa sede verranno utilizzate le diciture B2C, B2C, e C2C.
24
Un singolo individuo mette all’asta sul sito un oggetto scegliendo innanzitutto una categoria
appropriata.
In siti d'asta di grandi dimensioni come: eBay (www.eBay.it), Amazon (www.amazon.com) e Yahoo
(www.yahoo.com/auctions ), sono presenti dei veri e propri motori di ricerca all'interno delle varie
categorie (antiquariato, collezione, auto, viaggi, articoli per la casa, musica) dando la possibilità al
compratore di trovare in poco tempo ciò che gli interessa, rendendo più facile la transazione.
26
In questo modo è possibile realizzare un monte merci e un commercio da
consumatore a consumatore potenzialmente illimitato, senza dover sopportare i costi
che tale illimitatezza di norma comporta.
Le imprese che offrono le aste da cliente a cliente realizzano una piattaforma
commerciale dove i clienti possono acquistare o vendere all’incanto i prodotti online.
Il venditore paga una quota percentuale sia per l’inserzione sia sul ricavo della
vendita al gestore della piattaforma, come le aste di eBay.
Le aste C2C elettroniche non sono, in genere, molto diverse dai mercati delle pulci
elettronici, dove molti cercano di sbarazzarsi dei loro oggetti usati e rappresentano
un’occasione molto conveniente in cui presentare e offrire i propri articoli ad
un’ampia cerchia di potenziali compratori.
Sempre in questa tipologia di asta le aziende possono guadagnare denaro solo grazie
alla massa, ma solo pochi grandi fornitori riescono ad affermarsi mentre gli altri
scompariranno velocemente.
Questo modello commerciale orizzontale si basa sulla “legge delle reti di Metcalfe25”
secondo la quale il valore di una rete di persone non è uguale alla somma delle
persone collegate, ma al quadrato della somma26.
Tanto maggiore è il numero di venditori presenti su una piazza commerciale, quanto
più ampia è l’offerta per i compratori.
Tanto maggiore è il numero dei compratori, quanto maggiori sono le probabilità per i
venditori di avere successo e di ottenere un prezzo corretto.
25
26
http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_di_Metcalfe
Amor, Aste online Il commercio dinamico di beni e servizi, Milano, 2001, p.73
27
Se ne deduce quindi che una piazza commerciale virtuale in crescita esponenziale
diventa sempre più interessante agli occhi di una massa critica e finisce con
l’autoalimentarsi espandendosi in modo naturale.
Per i concorrenti è quindi incredibilmente difficile riprodurre un sito web leader
oppure riuscire a scalzarlo e a prenderne il posto.
Ciò che rende il modello C2C molto interessante è il fatto che le dimensioni del
mercato, pur essendo praticamente illimitate, non incidono sui costi.
Società puramente “internettiane” quindi si trovano nella felice condizione di vedere
diminuire i costi di esercizio e aumentare, al tempo stesso il fatturato: tanti più utenti
partecipano alle aste, tanto più contenuti saranno i costi.
Ma non è tutto. L’ampia gamma di prodotti offerti consente di ridurre i costi sostenuti
per acquisire nuovi clienti o realizzare nuovi marchi.
Dal punto di vista tecnico, la piattaforma C2C è relativamente semplice ed la forma
più facile da implementare su internet.
Una volta realizzata i processi sono semplici e svolti dagli offerenti e fornitori stessi.
L’unico compito che il fornitore di una piattaforma C2C deve veramente assolvere è
quello di assicurare la disponibilità ventiquattrore su ventiquattro e di garantire un
servizio di alta qualità.
Poiché in qualsiasi momento saranno moltissimi gli utenti presenti sulla piattaforma,
occorre preservare il sistema da qualsiasi blackout infatti, diversi siti hanno incontrato
enormi difficoltà nel soddisfacimento di questi requisiti.
In passato si verificavano continuamente blocchi totali che comportavano l’esclusione
degli offerenti dalle aste e la vendita dei prodotti a un prezzo più vantaggioso con
conseguente irritazione da parte di offerenti e fornitori.
28
Ora, l’eventuale sovraccarico del server non causa più un guasto totale, ma solo un
rallentamento tale da impedire agli offerenti di fare tempestivamente la loro offerta e
ciò è particolarmente importante nelle aste dal vivo dove le offerte si susseguono nel
giro di pochi secondi.
Se il download della pagina dura già qualche secondo, è impossibile riuscire a
visualizzare l’offerta massima corrente; è quindi importante che il gestore non solo
impieghi un hardware efficiente, ma anche modalità in grado di proteggere il sistema
dai picchi di utenza (peak usage) e di impedire che il server riduca la qualità del
servizio o si blocchi in caso di sovraccarico.
Al fine di mantenere la qualità del servizio ai massimi livelli, gli utenti o i visitatori di
una pagina dedicata alle aste, vengono suddivisi in diversi gruppi, ad esempio, in
navigatori, offerenti e fornitori: gli offerenti, essendo di importanza vitale per la
conclusione di una transazione, godono della massima priorità, i navigatori che,
indecisi, cercano qua e là sulla pagina web, hanno la seconda priorità, dal momento
che possono diventare offerenti in qualsiasi momento; infine i fornitori hanno l’ultima
priorità.
In questo modo, in caso di picco, è possibile salvaguardare il funzionamento del
sistema in diversi modi, ad esempio attivando altri server in grado di compensare il
maggior carico.
Questa soluzione è però la più costosa ma, come prima detto, sono proprio la
disponibilità costante e il servizio semplice le caratteristiche qualitative che un
consumatore si aspetta da una asta C2C;
29
2. aste consumer to business (C2B)
Nelle cosiddette aste C2B (dette anche reverse auction) si invertono i procedimenti
tradizionali adottati per le offerte di merci o servizi da parte di un commerciante.
In particolare i consumatori i compratori formulano l loro richieste per un determinato
prodotto a un determinato prezzo, successivamente i fornitori professionisti
gareggiano fra di loro per aggiudicarsi la fornitura di beni e servizi richiesti al prezzo
fissato, come pure di offrire un prezzo più alto.
Nel caso in cui nessun fornitore raggiunga il prezzo desiderato, il compratore potrà
optare per l’offerta migliore anche se superiore al prezzo target.
3. aste business to consumer (B2C)
In questi casi il venditore non è un soggetto privato, ma un’impresa che vende i propri
prodotti o prodotti correlati ai propri e l’acquirente è un privato.
Infatti le aste nel settore B2C consentono anche ai commercianti più piccoli di
scoprire nuovi mercati, soprattutto a livello sovra regionale.
I commercianti utilizzano le aste online non solo per vendere eventuali rimanenze, ma
anche per affermarsi come rivenditori specializzati e gestire il marketing per il
negozio e di questo eBay ne è un esempio.
Proponendosi in questa veste, godono automaticamente di maggiore fiducia presso gli
offerenti, spesso convinti del pregiudizio che sulle aste online vengano piazzati
prodotti di seconda scelta a un prezzo più favorevole anziché merce valida attraverso
transazioni corrette.
Analizzando la quota B2C presso eBay, si scopre che le vendite sono realizzate
soprattutto da piccoli commercianti di antichità e cianfrusaglie, addirittura molte di
30
queste aziende hanno chiuso il loro negozio e operano solo tramite eBay, perché più
redditizio.27
Ed è proprio in questo senso da ricercare le motivazioni per cui le aste online mettono
in discussione i modelli tradizionali di business.
I commercianti hanno spesso un sito web in cui, per quanto possibile, integrano l’asta
e per il fornitore di aste B2C è necessario offrire oltre al normale “hosting” per l’asta
anche l’integrazione nel sito web di proprietà del commerciante e ciò può avvenire in
molti modi.
In sintesi quindi i prodotti possono esser venduti attraverso siti autonomi oppure
direttamente su siti aziendali28.
Durante l’asta che ha luogo sul sito web del service provider viene inserito il logo del
commerciante e un link alla propria homepage; alcuni altri service provider
gestiscono il server web in modo tale da consentire al commerciante di allestire un
vero e proprio nuovo dominio.
Il commerciante, così, può pubblicizzarsi meglio, mentre il cliente finale ha
l’impressione che l’asta sia non solo svolta, ma anche gestita dal commerciante.
E’ proprio per questo motivo che i service provider delle aste offrono un servizio
personalizzato per i commercianti e questo, seppur comporta un notevole impiego di
risorse, garantisce al commerciante di vendere i propri prodotti all’asta realizzando un
buon utile.
27
http://stampa.ebay.it/
Ad esempio una piccola azienda vinicola, non dotata di molta fama, può mettere all’asta i propri vini
sul sito www.winebid.com. Utilizzando un sito specializzato nella vendita di vini e già conosciuto dal
pubblico, la piccola azienda può cosi rivolgersi ad una grande vastità di potenziali acquirenti senza
dover sostenere le enormi spese pubblicitarie.
28
31
Da tale tipo di asta le imprese ricevono grandi vantaggi: notevole contenimento dei
costi di distribuzione, riduzione del surplus del magazzino, riduzione dei costi di
determinazione del prezzo di mercato, poiché sono i consumatori a determinarlo29.
4. aste business to business (B2B)
Sia i venditori che i compratori sono imprese e questo tipo di commercio tra le
imprese è destinato a diventare il mercato principale nell’ambito delle aste online.
Questa tipologia d’asta è stata scarsamente utilizzata e soltanto negli ultimi anni è
stata rivalutata soprattutto perché questo modello permette di ridurre le scorte di
magazzino e vendere i beni ormai usciti di produzione30.
Per le aste B2B, come eBay, sono disponibili piattaforme di aste e categorie, dove è
possibile vendere prodotti commerciali, o addirittura materie prime.
Il successo delle aste online consiste nell’offrire ai clienti un foro tramite il quale
conoscersi e instaurare un rapporto di fiducia.
E’ per questo motivo che molte società rinunciano a vendere direttamente alla massa
e preferiscono concentrarsi sul mercato lucrativo del B2B, dal momento che le aste
costituiscono l’occasione ideale per vendere giacenze di magazzino, fondi di
magazzino, modelli di fine serie o fuori moda oppure merci di seconda scelta e al
tempo stesso, aprire nuovi mercati e ampliare i canali di vendita esistenti.
29
Spesso la determinazione del prezzo, per beni che hanno un prezzo variabile o non determinato,
comporta spese aggiuntive, dovute ai costi delle diverse operazioni di determinazione.
30
Le imprese che potrebbero essere avvantaggiate in questo tipo di aste sono le imprese leader nel
proprio settore, dato che, vendendo le proprie linee di produzione in disuso, verrebbero incontro alla
domanda delle imprese concorrenti di minori dimensioni, aumentando i profitti e senza rischi di
concorrenza.
Cfr. TOLOMELLI V., Aste elettroniche: una peculiare tipologia di e-business, in
www.noemalab.org/sections/specials/asteelettroniche/primaparte.html.
32
Uno dei mercati che più ha sfruttato i vantaggi offerti da questo modello di
piattaforma commerciali online è stato il commercio internazionale dei beni
strumentali.
Tenendo conto del coinvolgimento del banditore d’asta nella transazione31 si
distinguono in:
•
aste condotte dal banditore e nelle quali il medesimo procede alla vendita di
beni di proprietà della casa d’aste, la quale acquista tali beni per poi rivenderli
all’asta;
•
aste condotte dal banditore e nelle quali il medesimo procede alla vendita di
beni di proprietà di terzi. In questo caso, il banditore agisce come un agente
del venditore e non in proprio;
•
aste in cui il banditore non svolge in realtà alcun ruolo attivo nella vendita
all’asta, ma si limita a mettere a disposizione il proprio sito e la relativa
struttura per la vendita, senza essere direttamente coinvolto nel processo di
aggiudicazione32.
Tenendo conto dei meccanismi di determinazione dinamica del prezzo (modalità di
svolgimento o modalità di fissazione del prezzo) che vengono usati per stabilire il
soggetto aggiudicatario del bene le aste vengono suddivise in differenti tipologie delle
quali senza dubbio l’asta all’incanto (o asta al rialzo, o asta all’inglese) rappresenta il
tipo maggiormente diffuso sia in “rete” che fuori dalla stessa.
31
Il grado di coinvolgimento della società di gestione dipende anche dal tipo di asta che è stata scelta.
Le aste virtuali, ad esempio, saranno necessariamente aste nelle quali il banditore non svolge un ruolo
attivo nella vendita, data la difficoltà per la società, di controllare e gestire tutte le transazioni. Mentre
le aste che sono realizzate presso la sede della società saranno incanti nelle quali il coinvolgimento del
banditore sarà più alto.
32
Al contrario imprese come la Ducati Motor, possono mettere all’incanto i prodotti realizzati
direttamente sul proprio sito Internet, nell’esempio www.ducati.com, in quanto sono società dotate di
una certa notorietà e quindi non hanno bisogno di usare canali commerciali aperti da altri.
In sostanza la scelta dipende dalla fama che l’azienda ha fra il popolo dei consumatori.
33
Sono gare d’asta nelle quali può esser fissato anche una base d’asta molto bassa, dato
che di regola può essere accompagnata da un prezzo di riserva33.
Così, dalla possibilità di prevedere un prezzo di riserva, è nata un nuovo tipo di asta,
riconosciuta a sua volta anche dalla circolare 3547/C, denominata, appunto, asta con
riserva: il prezzo di riserva consiste in un prezzo minimo, che rimane segreto,
concordato dal venditore con la casa d’aste, al disotto del quale il bene non è
aggiudicato.
Ulteriore distinzione da aggiungere è quella resa possibile in funzione alla
delimitazione temporale distinguendo in due categorie:
o aste dal vivo: che spesso assomigliano ad un gioco poiché la loro peculiarità
sta proprio nella forte attrattiva dell’evento stesso ma come tale possono
anche sviluppare una certa dipendenza.
Si avvicinano molto al modello tradizionale dell’asta inglese e di norma
durano solo alcuni minuti.
o aste offline o a lungo termine: dovute al fatto che non vengono decise
nell’arco di alcuni minuti od ore, ma si protraggono spesso per giorni o
settimane.
Grazie a questo particolarità, gli offerenti hanno più tempo per leggere e
valutare le informazioni e non sono quindi così rapidi nel fare un’offerta.
33
In molti siti di aste on line troviamo aste con base d’asta ad un euro oppure link che rimandano a
sezioni dedicate ad aste a base d’asta ad un euro.
Come verrà spiegato di seguito, ciò non significa che il bene o il servizio possa esser sempre acquistato
a poco più di un euro, in quanto, per certe aste, può esser previsto il prezzo di riserva. La scelta di
allegare il prezzo di riserva alla gara d’asta, di regola, è rimessa al venditore e tale facoltà spesso
comporta prezzi aggiuntivi sul prezzo d’inserzione.
Possiamo prendere ad esempio quanto avviene per gli incanti realizzati su eBay, dove la tariffa del
prezzo di riserva è proporzionata all’ammontare del prezzo di riserva stesso. Tutto questo è soltanto un
modo per attrarre più partecipanti alla gara d’asta e vendere l’oggetto al prezzo più alto possibile.
Cfr. BRESSAN L., Aste online, in LISI A. (a cura di), in I contratti di Internet: sottoscrizione, nuovi
contratti, tutela del consumatore, privacy e mezzi di pagamento, Utet, 2006; id., www.eBay.it.
34
1.4 LE ASTE ONLINE OGGI
Attualmente le aste online sono una realtà che, ormai consolidata in America, prende
piede anche in Europa e in Italia.
All’interno dei siti si può trovare di tutto, dall’elettronica all’antiquariato e,
generalmente, i prodotti sono divisi in categorie consultabili che danno all’utente la
possibilità di scegliere il bene desiderato senza limiti né fisici né temporali.
Uno dei principali motivi per la loro popolarità è naturalmente la più ampia
disponibilità sul mercato; infatti grazie al rapido aumento del numero dei computer e
alle innovazioni tecnologiche, con conseguente aumento dell’accesso a internet, nel
corso degli ultimi anni il mercato delle aste online ha raggiunto un livello globale che
è chiaramente molto più grande delle poche centinaia di persone che, al massimo,
potrebbero essere raggiunte in un’asta vera e propria.
Considerando che nel 2007 in Italia34 gli utenti che accedevano alla rete sfioravano i
24 milioni35 e il solo fatturato delle vendite online è stato di 5,3 miliardi di euro36, si
apprende la direzione che questi dati tracciano: una crescita esplosiva di utilizzo del
web in favore soprattutto delle aste online e perciò spronano sempre di più ad
investire e a fare affari in questo nuovo mondo.
34
Secondo le stime di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano e della School of
management del Politecnico di Milano
35
http://www.7thfloor.it/, in Quanti Utenti Accedono Al Web? Lo Scenario Internet Di Nielsen Online,
29/11/2007; utenti che si sono connessi al web almeno una volta ad ottobre da casa e da ufficio
36
Marco Letizia, E-commerce: cresce, ma non decolla, in Corriere della Sera Economia, 2008-09-19
incluse però le vendite oltreconfine, pari quindi a circa l’1% del totale retail.
35
Perché è proprio di questo che si tratta: di un mondo parallelo, una scatola dei sogni,
un gigantesco bazar dove si trova davvero di tutto37, dai grammofoni agli “oggetti
massonici”, dalle imbarcazioni alle attrezzature industriali, dagli strumenti musicali
agli spartiti antichi, dalle penne alle monete. E tanto, tanto altro.
37
Ad eccezione di alcuni oggetti per motivi di etica e di ragionevole buon senso, oltre che per dettati
normativi.
36
II. CAPITOLO
UNA REALTA’ VIRTUALE: EBAY
EBay è il più popolare sito di aste online sulla Terra, o come spiega la home-page
del portale stesso: <<la più importante community di compravendita online del
mondo», dove si possono incontrare più di 233 milioni di utenti registrati in tutto il
mondo con 144 milioni negli USA e 118 milioni nei mercati internazionali>>.1
Per rendere l’idea se eBay fosse uno Stato sarebbe il quinto stato più popolato del
mondo dopo Cina, India, USA e Indonesia.
2.1 I PRIMI PASSI
La storia di eBay comincia nel Settembre 1995 in California, più precisamente a San
Josè, nel cuore di quella che oggi è conosciuta da tutti come la Silicon Valley.
A dare il via al tutto fu Pierre Omidyar, tuttora presidente del consiglio di
Amministrazione di eBay, che, parlando con la sua fidanzata Pam Wesley si rese
conto che internet avrebbe potuto rappresentare la soluzione al problema che in quei
giorni la affliggeva.2
1
2
http://www.ebay.it/
http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html
37
Pam, infatti, collezionava i raccoglitori delle caramelle PEZ (le PEZ erano appunto
caramelle alla menta alito fresco, più tardi caramelle al gusto frutta, contenute in
dispense a forma di caricature di personaggi, che col tempo sono diventati veri e
propri pezzi da collezione) ma dal momento in cui si erano trasferiti da Boston per
andare a vivere in California, non riusciva più a trovare i pezzi che mancavano alla
sua collezione.
Pare che, al di là di questo aneddoto, Pierre Omidyar, grande fan della nascente Rete
stesse già seguendo altre direttrici per sfruttare le potenzialità commerciali di internet
e sebbene non avesse mai partecipato ad un’asta, reputò che questa potesse essere un
interessante strumento di mercato e cominciò a scrivere il codice di quello che di lì a
breve sarebbe diventato il più importante sito di compravendita del mondo.
L’idea era elementare: inserire un annuncio di vendita di qualcosa con un prezzo
minimo e se qualcuno mostrava interesse, lasciargli fare la propria offerta!
Gli occorse solo un week-end, al riposo dal proprio lavoro, quello del Labor Day, per
creare il sito web d’aste che aveva in mente, una piattaforma che inizialmente voleva
chiamare Echo Bay, ma questo nome era già stato registrato da un’azienda mineraria
Canadese specializzata in estrazione d’oro nel Nevada, così dovette battezzarlo
AuctionWeb.3
La schermata era poco attraente ma per contro abbastanza funzionale suddiviso in
varie categorie merceologiche di interesse.
Il sito iniziò ad attirare pochi visitatori ma in modo continuo finché, alla fine dello
stesso anno, arrivò ad ospitare milioni d’offerenti con migliaia di offerte.
3
http://stampa.ebay.it/
38
Lui stesso mise in vendita il primo oggetto: si trattava di un puntatore laser…rotto.
L’idea provò subito la sua efficacia ed il puntatore laser fu venduto a 14 dollari; in
questo modo l’hobby di Pierre Omidyar si trasformò in un business.4
AuctionWeb dimostrò da subito di essere molto apprezzato dagli internauti, ma era
necessario trovare un modo affinché la Community si autoregolamentasse e nel 1996
nacque il sistema dei feedback che tuttora costituisce una colonna portante di eBay.
L’impegno di gestire la piattaforma diventava sempre più oneroso e per alleviare un
pochino il tutto, Pierre creò le bacheche in cui gli stessi utenti potevano scambiarsi
informazioni, consigli e trucchi per gestire al meglio le loro aste, inoltre decise sia di
tassare le inserzioni dei venditori, (infatti precedentemente l’ingresso era libero) che
di calcolare una percentuale sul prezzo finale di vendita; non sapeva se e come questa
politica avrebbe funzionato, ma le intuizioni gli furono ripagate perché il mercato
sembrò accettarne le regole e presto il denaro arrivò.
Nel 19975 AuctionWeb assunse il nome di eBay, come ora è chiamato, e l’anno
successivo fu quotata in Borsa ma il lancio non fu un successo, tant’è che lo stesso
fondatore non né fu particolarmente soddisfatto.
Egli, infatti, la considerava un’asta in tipico “stile eBay”, ma le leggi di Wall Street e
della Borsa dicevano qualcosa di differente.6
Nel 1999 ci si avvicinò quasi alla rovina: la tecnologia venne trascurata e il 10 Luglio,
l’intero mondo dei computer crollò e rimase fermo per 22 ore… senza backup!7
Fortunatamente la società passò la tempesta, si procurò un sistema di backup e investì
milioni in tecnologie all’avanguardia.
4
http://www.ebay.it/
Meg Whitman entrò in azienda con il ruolo di Amministratore Delegato.
6
http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html
7
http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html
5
39
Oggi è chiaro che alcune cose sono cambiate: inizialmente eBay non conteneva
pubblicità sul proprio sito web mentre in questi tempi, è proprio uno dei più favoriti
siti per annunci pubblicitari ma quel che resta immutato è la filosofia di queste
comunità di internet, ha un valore di mercato che supera quello di Disney e di dozzine
di altre imprese blue-chip8.
La cosa straordinaria di questa azienda fu la sua grande capacità di gestione senza
avere dei punti di riferimento, un esempio da seguire, in quanto il mercato delle aste
person-to-person online nel 1995 era virtualmente inesistente ed è stato creato
proprio da eBay.
Inoltre, è riuscita a produrre una delle cose più rare tra le imprese operanti nell’ebusiness: profitti reali.
2.2 PROFILO AZIENDALE
2.2.1 EBAY NEL MONDO
eBay è la più grande Community al mondo di compravendita online senza
intermediari che annovera 84.5 milioni di utenti costantemente attivi nel mondo e una
presenza in 29 mercati internazionali.9
8
GRIFFITH, The official eBay bible, second edition, Gotham books, New York, 2005, pag. 64:
<<Sono chiamate così le azioni industriali solide, il cui acquisto non comporta quasi nessun rischio da
parte degli investitori, anche in presenza di recessione economica o di rapido declino di utili
societari>>
9
http://stampa.ebay.it/
40
E’ un vero e proprio mercato di scambio globale, dove si incontrano persone di oltre
150 nazioni diverse.
EBay con una simile visione ed una strategia di business globale è ormai presente con
propri siti in: Argentina, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea,
Filippine, Francia, Germania, Gran Bretagna, Hong Kong, India, Irlanda, Italia,
Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Singapore, Spagna, Stati
Uniti, Svezia, Svizzera, Taiwan, Thailandia e Turchia tutti accessibili dall’unico
motore di ricerca sul sito di ciascun Paese.
In questo modo consente di effettuare vendite e acquisti su base locale, nazionale e
internazionale; si compone di una grande varietà di categorie e servizi studiati per
fornire agli utenti tutti gli strumenti necessari per un’efficiente attività di
compravendita online.
La missione è quella di aiutare la gente a commerciare praticamente qualsiasi cosa
dovunque essi si trovino nel mondo, allo scopo di continuare a far aumentare le
esperienze di compravendita online di tutti: collezionisti, hobbisti, commercianti,
piccole aziende, persone alla ricerca di oggetti unici, cacciatori d’affari, venditori
occasionali e semplici curiosi.
La crescita della “Community eBay” deriva dalla capacità di soddisfare le attese di
tutti, anche al di là delle loro aspettative.
EBay però non è, e non vuole essere, solo un punto di scambio per oggetti da
collezione e piccoli gadget.
Ogni giorno sono in vendita più di 112.3 milioni di articoli diversi divisi in migliaia
di categorie.10
10
http://www.ebay.it/
41
La gente visita il sito per acquistare e vendere di tutto, dagli oggetti unici, particolari
e interessanti agli oggetti di uso comune, come ad esempio automobili, gioielli,
strumenti musicali, attrezzature fotografiche, computer, mobili, capi d’abbigliamento
e oggetti per praticare gli sport più svariati.
Certo, il mondo del collezionismo (numismatica, filatelia, collezionismo minuto e più
sofisticato) rappresenta una quota importante delle transazioni, ma l’area della
tecnologia è in forte crescita, con tassi a due cifre!
Ma non mancano inserzioni di vendita stravaganti come ad esempio: 7 nani da
giardino…vivi; quattro sveglie in buono stato ma non funzionanti, vendute per 12€
circa; un ago da pagliaio; una lampadina da 100 watt…perfettamente fulminata; la
cittadina fantasma texana Albert11 a tre milioni di dollari; un secchio pieno d’acqua
(incredibile ma è stato venduto anche questo a 255 gbp); il frammento del muro di
Berlino (acquistato dall’amministrazione comunale di Arconate); tutto ciò che si
trovava sotto il cuscino del divano della casa di un utente; una palla di neve del Texas
del Sud (anche questa venduta per 92 $); l’amico immaginario di un utente e la foto di
un dito ingessato di un altro utente, etc etc.12
L’offerta di servizi eBay comprende: eBay Motori, un sito specializzato per la vendita
e l’acquisto di tutto ciò che ha a che vedere con il mondo dei motori. In qualsiasi
momento di qualsiasi giorno, è possibile trovare elencata un’ampia gamma di veicoli
in vendita in tutti i colori, modelli e allestimenti. Il sito offre inoltre auto per
collezionisti e motociclette, così come ricambi auto, accessori e tutti gli altri mille
oggetti che ruotano attorno a questa passione; eBayCase, lanciato a gennaio 2007, è il
sito in cui è possibile acquistare, vendere o affittare la propria abitazione, ma anche
11
12
A circa cento chilometri da San Antonio
http://stampa.ebay.it/
42
negozi, terreni, box auto e multiproprietà. Grazie ad un motore di ricerca semplice e
accurato è possibile trovare l’immobile che si sta cercando con la possibilità di
visualizzarlo sulla mappa e, tramite il formato Contatto Diretto, entrare direttamente
in contatto con il venditore per concludere la transazione di persona. Per avere un
idea delle dimensioni un solo dato: a maggio 2008 eBayCase.it contava oltre 42.000
annunci immobiliari e di questi più di 37.000 sono di agenzie immobiliari; Negozi
eBay permette ai venditori di allargare la propria visibilità, offrendo loro la possibilità
di realizzare un’area di shopping dedicata per presentare i propri prodotti su eBay. Per
gli acquirenti, invece, tali negozi rappresentano un modo rapido e comodo per
accedere ai servizi e ai prodotti offerti dai venditori. Chi acquista attraverso i Negozi
eBay può fare acquisti immediati su più prodotti sia a prezzo fisso che con il sistema
dell’asta online; Compralo subito consente agli acquirenti di comprare un oggetto a
prezzo fisso senza dover aspettare il termine dell’asta. Specularmente offre ai
venditori un modo facile e conveniente per vendere i propri oggetti ad un prezzo
stabilito.
In attivo fin dal suo lancio e nel solo secondo trimestre del 2008, eBay ha fatturato
1.46 miliardi di dollari, rappresentando una crescita annuale del 13%. Il 56% del
fatturato ha origine dai siti internazionali.13
Nel secondo trimestre del 2008 su eBay sono stati venduti oggetti per un totale
di 15.68 miliardi di dollari. (Nel 2007 su eBay sono stati venduti gli oggetti per un
totale di 59 miliardi di dollari).
In ogni momento ci sono più di 112.3 milioni di oggetti sul sito in tutto il mondo,
con circa 7,1 milioni di nuovi ogni giorno.
13
http://stampa.ebay.it/
43
Nel secondo trimestre 2008 sono stati messi in vendita, a livello mondiale, 667
milioni di oggetti.
Gli utenti eBay fanno affari in oltre 50.000 categorie merceologiche.
Secondo i dati del quarto trimestre 2007 nelle seguenti categorie merceologiche si
sono venduti oggetti per un miliardo di dollari o più su base annua: eBay motori;
abbigliamento e accessori, elettronica di consumo; computers; libri/film/musica;
articoli per casa e giardino; collezionismo; articoli sportivi; giocattoli; business &
industrial; gioielli e orologi; apparecchiature fotografiche; arte e antiquariato; monete
e francobolli, viaggi e biglietti.
Sebbene eBay sia famosa per il meccanismo dell’asta elettronica, gli utenti possono
anche comprare e vendere a prezzo fisso, infatti solo nel secondo trimestre del 2008,
il 42% delle vendite su eBay sono avvenute proprio utilizzando l’opzione del prezzo
fisso.
A livello mondiale gli utenti eBay si sono scambiati più di 7 miliardi di feedback per
le loro transazioni e a metà ottobre 2007 negli Stati Uniti risultavano 430 mila le
persone che “vivono di eBay”14, più diverse migliaia nel resto del mondo, e in Italia
solo alcune centinaia15.
Vivere di eBay significa guadagnare mettendo in vendita o all’asta oggetti tra i quali
il più costoso mai venduto è stato un jet privato Gulfstream II, che ha raggiunto la
cifra di 4.9 milioni di dollari.16
14
Francesco Margiocco, EBay, ecco l' esercito dei battitori liberi, in Corriere della Sera, 15 novembre
2004, p.24
15
http://www.neteco.com/
16
http://www.ebay.it/
44
2.2.2 EBAY ITALIA
Presente in Italia dal 15 gennaio 200117 con il sito www.ebay.it , è un grande mercato
per la vendita di beni e servizi da parte di un’appassionata Community di privati e
piccole aziende.
In ogni momento ci sono più di 2 milioni di inserzioni sul sito18, e questo dato è valso
per renderlo in assoluto il primo sito di commercio elettronico in Italia per popolarità
su Internet.19
Sito
eBay
Ciao!
Yahoo! Shopping
Pagine Gialle
Internet Bookshop
Media World
Trova Prezzi
Kijiji
Amazon
Tiscali Shopping
Eprice.it
Secondamano
Visitatori Unici Pagine Viste
(.000)
(.000)
6.442
1.419.158
2.523
15.860
1.823
14.003
1.537
27.332
1.134
19.145
1.014
15.759
935
5.046
920
12.086
854
6.834
772
7.004
770
9.188
731
11.346
Tempo per
persona
1:26:42
0:04:10
0:03:11
0:08:59
0:08:27
0:07:49
0:02:41
0:05:22
0:04:44
0:03:24
0:05:02
0:07:02
Fonte: Classifica siti di ecommerce, Nielsen NetRatings Marzo 2007
Centinaia di migliaia di persone ogni mese acquistano qualcosa:
oggetti da
collezione, fotocamere digitali, PC, componenti informatici, orologi e strumenti
musicali, ma anche motori, articoli sportivi, accessori moda e tanto altro.
17
Gli iscritti erano 300 mila e il valore delle merci scambiate arrivava a 17 milioni di euro
Misurato per numero totale di visitatori e di minuti/utente
19
http://www.nielsen-netratings.com/intl.jsp?country=it
18
45
Le categorie merceologiche complessive del portale italiano sulle quali si effettua
compravendita, sono oltre 6700 raggruppate in 30 “meta categorie” visibili sulla
homepage.
Ogni mese le sotto-categorie vengono aggiornate per “far posto” ai nuovi tipi di
oggetti che vengono via via messi in vendita dagli utenti per adattarsi alle nuove
esigenze del mercato e degli altri eBayers.
Questo turn-over ha fatto sì che il valore degli oggetti venduti sul sito italiano nel
2007 sia stato pari a 720 milioni di euro, con una crescita anno su anno superiore al
50%, numeri che portano l’Italia, assieme alla Francia, ad essere il Paese in Europa
che registra la crescita più rapida.20
A confermare che eBay sia diventata una vera e propria mania è il fatto che il sito si è
classificato al primo posto fra i siti di e-commerce in Italia21 con circa 8.9 milioni di
visitatori e circa 756 mila pagine viste.22
Attualmente23 risultano oltre 16.500 gli italiani che hanno una fonte di reddito
primaria o secondaria derivante dalla propria attività di vendita su eBay (14.500) o
dall’essere dipendenti di un’impresa che opera su eBay (2.000)24.
Sono più di 20.000 i negozi online nel nostro paese ma chi si aspetta di trovare
soltanto oggetti tecnologici rimarrà sorpreso: tra le categorie più richieste nei negozi
eBay spiccano senza dubbio i prodotti enogastronomici, venduti soprattutto
20
http://www.ghisirds.it/storia-di-ebay.html
Luglio 2008
22
http://www.nielsen-netratings.com/intl.jsp?country=it
23
Febbraio 2008
24
http://www.research-int.com/
21
46
dall’Umbria, dalle Marche, dove vini dolci e da dessert vanno a ruba, dall’Emilia, che
da sola assorbe il 71% dei vini rossi venduti in tutta Italia25.
In Valle d’Aosta, Puglia e Friuli gli affari si fanno invece con la musica: in Friuli
molti negozi vendono stock di strumenti musicali, mentre i valdostani si concentrano
sulla vendita di armoniche a bocca; i pugliesi spiccano invece per i dispositivi audio
portatili, come ipod e lettori mp3, vendendo online il 44% dei congegni elettronici
d’Italia26.
A conferma della passione degli italiani per il collezionismo, i negozi che vendono
francobolli, monete e banconote da collezione sono molto attivi su eBay: Veneto,
Calabria e Campania fungono da traino nel settore, non a caso il 45% delle banconote
straniere vendute in Italia arriva proprio dalla Campania27.
I venditori di libri antichi, invece, si concentrano soprattutto in Abruzzo mentre chi è
interessato ad acquistare su eBay prodotti per l’infanzia e premaman, troverà
maggiore offerta tra i negozi molisani, in cui si vendono soprattutto passeggini e
seggiolini; ma anche in Sardegna, forte soprattutto per la vendita di abbigliamento per
le mamme in attesa, e in Trentino, che è la regione in Italia che vende più di tutte
scarpe da bambina.
I giocattoli online sono invece il punto forte della Sicilia e della Liguria, con una
curiosità: tra quelli più venduti ci sono gli intramontabili aquiloni, biglie e yo-yo.
Il Lazio è invece la regione degli uffici: qui infatti viene venduto il 45% degli articoli
legati al settore28.
25
http://stampa.ebay.it/
L’Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008
27
L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008
28
L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008
26
47
I toscani preferiscono usare il web per vendere i negozi stessi: in questa regione infatti
si cedono, attraverso eBay, il 33% delle attività commerciali che si vendono in tutta
Italia29.
I piemontesi si sono rivelati forti venditori di prodotti di bellezza e per la cura del
viso; sono probabilmente esteti anche i lucani e i lombardi, che impazziscono per i
gioielli: ma mentre in Basilicata il business si concentra sul commercio di quelli
d’acciaio, la Lombardia, che detiene il podio di regione con più negozi attivi online
(circa 3.000), vende il 57% delle fedi nuziali che si vendono in tutta Italia30.
Tutto questo porta a comprendere quanto affermato da Leonardo Costa, Responsabile
Area Venditori eBay.it, quando dice che: “questi dati confermano che in Italia il
mercato della vendita online è ricco e variegato”31.
Sono infatti sempre di più i venditori italiani che comprendono l’opportunità di avere
un proprio negozio online, per poter godere dell’immensa vetrina virtuale che soltanto
il web può offrire.
E’ pensando a loro che la società qualche mese fa ha lanciato un nuovo concetto di
negozio, attraverso eBay che permetterà agli italiani di dimostrare ancora meglio la
loro capacità di creare aziende di successo.
Su eBay.it nel solo 2007 sono stati venduti:
29
•
Un computer portatile ogni 6 minuti;
•
Una macchina fotografica digitale ogni 5 minuti;
•
Una bottiglia di vino ogni 5 minuti;
•
Un orologio da polso ogni 2 minuti;
L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008
http://stampa.ebay.it/
31
L'Italia è colta da eBay mania, in http://www.lastampa.it , news, 19/9/2008
30
48
•
Un DVD ogni 72 secondi;
•
Un francobollo ogni 65 secondo;
•
Un’opera d’arte ogni 43 secondi;
•
Un cellulare ogni 58 secondi;
•
Un fumetto ogni 46 secondi;
•
Un libro ogni 45 secondi;
•
Un articolo di arredamento e bricolage ogni 38 secondi;
•
Un videogioco o una console ogni 37 secondi;
•
Un computer o un componente ogni 23 secondi;
•
Un articolo di abbigliamento ogni 10 secondi
Fermo restando la comunanza delle homepages di tutti i diversi portali, eBay in
ciascun Paese cerca di aiutare i propri utenti a concludere transazioni in modo
semplice e sicuro ampliando o adattando alle esigenze nazionali, laddove è
necessario, i servizi offerti dal sito per facilitare pagamenti e spedizioni, grazie ad
accordi stipulati con partner affidabili per ciascun Paese.
Alcuni esempi sono:
LoVendoPerTe.it sono i negozi di eBay, con sede fisica, organizzati in una catena di
franchising in tutte le città32!
eBoost per facilitare il commercio elettronico tra gli utenti che si trovano in tutta
Italia, eBay ha stipulato un accordo con eBoost, società del gruppo Poste Italiane, che
prevede il prelievo a domicilio della merce, la consegna entro 24 ore (48 ore per le
32
http://stampa.ebay.it/
49
isole), l’assicurazione e la possibilità di tracking online della spedizione. Il tutto
offerto a condizioni vantaggiose con una scala sconti fino al 30%;33
DHL per venire incontro alle migliaia di utenti che vendono i propri articoli made in
Italy ai mercati esteri, eBay ha stipulato un accordo con DHL, società leader dei
corrieri internazionali. Anche questo accordo prevede condizioni di favore per i
venditori che usano la piattaforma eBay, con sconti fino al 30%, che variano in base
alla modalità di utilizzo del servizio, completamente informatizzato e in linea con le
caratteristiche tipiche del mondo e-commerce;
Arbitrionline è il servizio di risoluzione di eventuali controversie che possono sorgere
tra venditore e acquirente durante lo svolgimento o a termine di una transazione.
Poiché ogni giorno su eBay si concludono migliaia di transazioni, generalmente senza
problemi, ma talvolta può capitare che alcuni utenti incorrano in qualche disputa. Il
servizio offerto è gratuito nel caso in cui gli utenti decidano di ricorrere alla
negoziazione: un processo automatico che prevede il raggiungimento di un accordo
economico tra le due parti; mentre è a pagamento nel caso in cui si ricorra alla
mediazione: una modalità di risoluzione delle controversie affidata ad un arbitro
neutrale e indipendente incaricato di assistere le parti nel raggiungimento di un
accordo. Entrambi i procedimenti sono strettamente confidenziali e non vincolanti.
Invece per garantire agli utenti la sicurezza della transazione alla fine della vendita
con Escrow si ha a disposizione il servizio di deposito a garanzia. Una volta comprato
l’oggetto, l’acquirente invia il denaro ad Escrow, che informa il venditore al momento
della ricezione. A questo punto il venditore può procedere alla spedizione
33
http://stampa.ebay.it/
50
dell’oggetto e l’acquirente può così controllarlo e valutare il proprio acquisto prima di
autorizzare il trasferimento finale del denaro al venditore.
La sezione Aste di Beneficenza di eBay Italia è diventata una delle risorse più efficaci
per le Associazioni Non Profit italiane e ha permesso in soli 7 anni di raccogliere
circa 4 milioni €.
Attualmente fanno raccolta fondi su eBay Italia oltre 350 Associazioni, dalle più
famose alle più piccole, spesso meno conosciute e più bisognose di aiuto.
Hanno trovato spazio nella pagina delle Aste di Beneficenza oggetti esclusivi,
esperienze uniche, sogni fino ad oggi irrealizzabili e pezzi del costume italiano.
Per citare alcuni esempi: il costume indossato da Sabrina Ferilli alla festa scudetto
della Roma si è trasformato in un ecografo per il reparto di Oncologia Pediatrica
dell’Ospedale Umberto I di Roma; l’abito di Gai Mattiolo indossato da Antonella
Clerici durante la prima serata del festival di Sanremo 2005 ha permesso di
raccogliere oltre 26.000 € per i bambini del Darfur; la chitarra originale e autografata
dai Tokio Hotel ha reso possibile la costruzione di tre pozzi in Kenia; un aperitivo
con Eros Ramazzotti ha aiutato a raccogliere 9.350 € devoluti a favore della
campagna “Mai più violenza sulle donne” di Amnesty International; il casco di
Valentino Rossi indossato durante il Gran Premio del Mugello a giugno 2007 e
consegnato personalmente al vincitore ha permesso di devolvere i 13.496 € del
ricavato all’associazione “Un sogno per il Gaslini Onlus”; la maglia con cui
Francesco Totti ha segnato il suo 100° goal in serie A (il ricavato di oltre 3000€ è
stato devoluto alla Fondazione P.U.P.I.); un caffè con Alex Zanardi (il ricavato di
51
1.910€ è stato interamente devoluto all’associazione Niccolò Campo Onlus); la moto
dell’esordio di Valentino Rossi in 125 (venduta per beneficenza a 22.660€).34
A settembre del 2007 eBay.it ha tagliato il traguardo dei 5 milioni di utenti registrati
sul territorio italiano così, per l’occasione, si è anche compiuto una analisi dettagliata
della propria attività sul paese, campanile per campanile, premiando Siena come il
centro più attivo di e-commerce di Italia sul sito: praticamente 1 senese su 4 ha già
provato a comprare o vendere sul portale.
La città toscana è risultata essere la zona italiana con la maggior penetrazione eBay,
infatti nella città del Palio, quasi un abitante su quattro (il 22.9%) acquista o vende sul
primo sito di commercio elettronico italiano.
Questa la classifica stilata da eBay, basata sul rapporto utenza/popolazione: Siena
(22.9%) Pisa (22.2%) Cagliari (19.3%) Bologna (17.9%) Milano (17.3%) Nuoro
(17.2%) Roma (17%) Salerno (15.5%) Capri (15.4%) Firenze (15.4%).35
Inaspettatamente la Lombardia, la regione più grande e più industrializzata d’Italia, è
rappresentata da sole 2 città: Milano (5° posto) e Basiglio (13esimo posto).
Peggio della Lombardia il Lazio, rappresentata nella classifica delle prime 20 solo da
Roma.
Le Marche, con Camerino (14.2%), chiude la lista.
Se eBay.it fosse una regione, con i 5 milioni di utenti registrati sarebbe la quinta
regione più popolata d’Italia dietro a Lombardia, Campania, Lazio e Sicilia.
Questo traguardo testimonia come l’e-commerce ed eBay siano ormai una realtà
affermata anche in Italia, da nord a sud, dalle grandi città ai piccoli centri.
34
35
http://stampa.ebay.it/
http://stampa.ebay.it/
52
In effetti il mercato italiano dell’e-commerce, in particolare nella forma B2C già nel
2006 aveva oltrepassato quota 4 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’anno
precedente del 45% circa.36
Sempre nello stesso periodo di riferimento, risulta che il 29% della popolazione
italiana37 acquista online contro una media europea del 53%.38
2.2.3 BREVI CENNI SUL FUNZIONAMENTO39
Tutti gli utenti , acquirenti e venditori, devono conoscere e rispettare le regole eBay.
Queste regole sono norme e linee di condotta create per tutelare gli utenti, per
permettere loro di far parte della Community e per far sì che eBay rimanga un sito
sicuro e gradevole in cui fare affari40.
Le regole hanno lo scopo di:
•
rispettare le norme e le leggi41;
•
ridurre i rischi per gli acquirenti e i venditori
•
fornire pari opportunità a tutti gli acquirenti
36
Osservatorio permanente sull’e-commerce B2C del Politecnico di Milano
di età superiore ai 16 anni
38
http://www.forrester.com/rb/research
39
http://pages.ebay.it/guida_di_ebay/index.html
40
Il numero delle offerte sospette e curiose aumenta costantemente: il 25 agosto del 1999 un utente
aveva messo all’incanto il rene con un prezzo alle grida di 25.000 euro, le offerte prima che eBay ne
impedisse la vendita erano già arrivate a 5,7 milioni di dollari.
Successivamente a questo caso è fu scoperto che un altro utente stava cercando di vendere all’asta
missili lanciarazzi.
41
Nel settembre 1999 un canadese malato di Aids tentò di vendere alla casa d’asta online eBay i diritti
sul proprio cadavere; l’offerta venne ritirata dal sito web in pochissimo tempo.
Il diritto federale statunitense proibisce infatti la vendita di parti di corpo e organi.
EBay ha incorporato questo divieto anche nella politica aziendale, pubblicandolo nelle condizioni di
contratto, ma il numero di fornitori che utilizzano il servizio è talmente elevato che è sempre più
difficile verificare tutte le offerte per tempo.
37
53
•
rendere gli acquisti divertenti;
•
sostenere i valori della Community di eBay
Sia acquirenti che venditori, hanno la responsabilità di leggere e comprendere le
regole di eBay, nonché tutte le leggi e le norme vigenti specificate nell’ “Accordo per
gli utenti”42.
In generale agli utenti eBay, non è consentito:
•
Interferire con l’uso del sito eBay;
•
Usare linguaggio volgare sul sito;
•
Violare i diritti di proprietà intellettuale di eBay43;
•
Continuare a utilizzare eBay se l’account è stato sospeso;
•
Fare offerte per acquistare o vendere al di fuori di eBay;
•
Pubblicare annunci di oggetti ricercati al di fuori della sezione “Vorrei
comprare” di eBay;
•
Utilizzare in maniera ingannevole il sistema di inoltro della posta elettronica
di eBay, inviare e-mail non richieste (spamming)44 o minacce via e-mail ad
altri utenti;
Oltre alle regole valide per tutti, eBay prevede anche regole specifiche sul
“feedback”, sull’ “acquisto” e sulla “messa in vendita”45.
42
http://pages.ebay.it/help/policies/user-agreement.html#precedente; l’Accordo per gli utenti si applica
agli utenti registrati dal 12 luglio 2008 in poi. Invece per gli utenti registrati prima del 12 luglio 2008 si
applica dal giorno 13 agosto 2008.
eBay può modificare in qualsiasi momento il contenuto dell’Accordo pubblicando la nuova versione
sul proprio sito.
Salvo quando diversamente specificato, tutti i nuovi termini e condizioni dell’Accordo saranno
automaticamente efficaci decorsi 30 (trenta) giorni dalla data di pubblicazione. Inoltre, eBay avviserà
gli utenti attraverso la Bacheca annunci.
43
Copiare, modificare o diffondere il contenuto dei siti eBay o i diritti di proprietà intellettuale e i
marchi registrati da eBay; oppure copiare in modo manuale o automatico o raccogliere in qualsiasi
modo informazioni sugli utenti, compresi gli indirizzi email, senza il loro consenso
44
Diffondere virus o qualsiasi altra tecnologia volta a danneggiare eBay oppure gli interessi o diritti di
proprietà di utenti eBay;
54
L’identità degli utenti è poi un aspetto essenziale per la Community: infatti eBay
tutela la privacy46 e la tratta con grande rispetto ed esige lo stesso livello di
considerazione, per questo i dati vengono archiviati47 ed elaborati in computer che si
trovano negli Stati Uniti e che sono protetti da dispositivi di sicurezza fisici e
tecnologici.
Fondamentalmente quindi gli ebayers:
•
Devono avere almeno 18 anni48;
•
Devono fornire informazioni di contatto49, veritiere e complete e avere un
indirizzo e-mail valido;
•
Non possono pubblicare informazioni di contatto di altri utenti, in un’area
pubblica del sito, né intraprendere azioni, in qualunque modo, volte a
destabilizzare il sistema dei Feedback50;
45
Per le ulteriori regole dell’Accordo si rimanda mediante i relativi link, nonché le pagine in esse
richiamate, descrivono ulteriori condizioni relative a servizi specifici offerti dai siti e sono parte
integrante e sostanziale dell’Accordo stesso:
Le
Regole
eBay
per
i
periodi
di
indisponibilità
del
sistema:
http://pages.ebay.it/help/policies/everyone-outage.html
Le Regole eBay sugli oggetti di cui è vietata o limitata la vendita:
http://pages.ebay.it/help/policies/items-ov.html
Le Regole eBay per l'utilizzo dei Forum: http://pages.ebay.it/help/policies/everyone-boards.html
Le Regole eBay sulle inserzioni: http://pages.ebay.it/help/policies/listing-ov.html
Le Regole eBay sulle investigazioni: http://pages.ebay.it/help/tp/programs-investigations.html
Le Regole eBay su case e appartamenti: http://pages.ebay.it/help/policies/real-estate.html
Le Regole eBay sul contenuto (riguarda recensioni, guide, post inseriti nei blog, articoli Wiki e
descrizioni dei prodotti create dagli utenti): http://pages.ebay.it/help/policies/member-created-contentov.html
Le Regole eBay sulle linee di condotta dei gruppi: http://pages.ebay.it/help/policies/groupguidelines.html
Ciascuna di queste regole può essere di volta in volta modificata e le modifiche sono valide quattordici
giorni dopo la data di pubblicazione.
Qualora una clausola dell’accordo risulti essere nulla o inefficace, l’eventuale nullità o inefficacia non
si estenderà alle restanti clausole contrattuali e il mancato esercizio di un proprio diritto da parte di
eBay non rappresenta una rinuncia ad agire nei confronti di un utente o di terzi per la violazione di
impegni assunti.
eBay non garantisce di esercitare i propri diritti ed agire per tutte le violazioni dell’Accordo
46
eBay si serve di soggetti terzi per verificare e certificare i propri principi sulla privacy
47
Accedendo dal proprio account, si può consultare i dati forniti e modificarli nonché scegliere di non
ricevere determinate comunicazioni.
48
E’ necessaria la capacità di agire e di stipulare contratti legalmente vincolanti
49
Non possono fornire un’identità falsa, inesatta, fuorviante, diffamatoria o calunniosa
55
•
Devono scegliere un ID utente, secondo quanto previsto dalle “Regole di
eBay”, il quale non può essere trasferito ad altri senza il consenso del gestore.
Inoltre devono seguire tutte le regole previste di eBay per quanto riguarda i Gruppi, i
Forum e sul contenuto della Community, che include recensioni, guide e post dei
blog.
Agli acquirenti, in particolare, non è consentito:
•
Prendere l’impegno di comprare un oggetto, tramite “Asta online” o
“Compralo Subito”, senza pagarlo;
•
Fare offerte senza essere seriamente intenzionati ad acquistare o comunque a
portare a termine l’acquisto, la maggior parte degli oggetti viene messa in
vendita nel formato asta online e ogni offerta è un impegno vincolante51.
•
Utilizzare in maniera ingannevole l’opzione “Ritiro dell’offerta” per
influenzare l’andamento dell’asta online;
•
Fare offerte o acquistare un oggetto se non si accettano le condizioni
specificate nell’inserzione dal venditore oppure allo scopo di interferire con il
regolare svolgimento dell’inserzione52;
•
evitare di effettuare il pagamento degli oggetti acquistati53, oppure fare
“Offerte con rialzo a trabocchetto” per aumentare artificialmente il prezzo di
un oggetto o l’interesse nei suoi confronti54.
50
come ad esempio visualizzare, importare o esportare informazioni sui commenti di feedback al di
fuori dei siti oppure utilizzarle per scopi che non hanno alcuna relazione con eBay.
51
Alcune aste online prevedono offerte non vincolanti, come nel caso delle inserzioni relative agli
immobili. In questo caso l’acquirente esprime semplicemente il proprio interesse nei confronti
dell'inserzione.
52
In questo caso si parla di “offerte indesiderate e ingannevoli”.
53
A meno che il venditore non abbia modificato in maniera sostanziale la descrizione dell’oggetto
dopo la tua offerta, oppure abbia commesso un evidente errore tipografico oppure non vi siano le
condizioni per verificare l'autenticità dell’identità del venditore;
56
Specularmente, i venditori, dal canto loro, sono tenuti ad apprendere le regole eBay
sulla messa in vendita prima di pubblicare un’inserzione di un oggetto al fine di
evitare infrazioni involontarie.
Le regole eBay sulla messa in vendita vengono aggiornate continuamente per
rispondere alle esigenze della piattaforma, della Community e, non per ultimo, per
ragioni di sicurezza. Di conseguenza è importante verificare periodicamente se sono
state apportate modifiche.
Si presume quindi che tutti i venditori conoscano le:
•
Regole sugli oggetti di cui è vietata o limitata la vendita: gli oggetti consentiti
e quelli vietati.
•
Regole sulla proprietà intellettuale: che illustrano gli oggetti e le inserzioni
che potrebbero violare il diritto di copyright, i marchi commerciali o gli altri
diritti55.
•
Regole sugli oggetti in vendita: le azioni non consentite nelle inserzioni.
•
Regole sui pagamenti consentiti.
•
Regole volte a contrastare atteggiamenti finalizzati aggirare o manipolare la
struttura delle tariffe, l’elaborazione della fatturazione o le tariffe dovute ad
eBay;
Oltre alle regole sopra descritte, su eBay non sono consentite violazioni alle regole
seguenti:
54
Gli utenti che fanno offerte per un oggetto non devono essere collegati in nessun modo al venditore
dell'oggetto.
55
I titolari dei diritti di proprietà intellettuale possono segnalare le inserzioni tramite il Programma di
verifica dei diritti di proprietà (VeRO), finalizzato a garantire che gli oggetti messi in vendita non
violino il diritto d'autore, i marchi registrati o altri diritti di proprietà intellettuale di soggetti terzi.
57
•
Inadempimento del venditore56: prevede che i venditori rispettino il contratto
di compravendita.
•
Offerte con rialzo a trabocchetto: ai venditori57 non è consentito fare offerte
per i propri oggetti.
•
Oggetto non pagato/Abuso della richiesta di Accredito della Commissione sul
valore finale: se l’acquirente ha pagato l’oggetto, ai venditori non è consentito
richiedere l’Accredito della Commissione sul valore finale per la
compravendita;
•
Regole sulle imposte: i venditori devono pagare le tariffe e le imposte
applicabili.
In ogni modo né gli acquirenti tantomeno i venditori possono interferire in una
compravendita o chiedere di portare a termine un acquisto o una vendita al di fuori
del sito stesso.
EBay e la Community lavorano insieme per mantenere in funzione l’intera
piattaforma in modo ottimale e per garantire la sicurezza dei servizi
Chiunque sia registrato e autenticato sulla piattaforma può segnalare una violazione
delle specifiche regole in diversi modi: segnalando la pagina incriminata o il codice
identificativo dell’inserzione oppure contattando direttamente l’assistenza clienti58.
56
La mancata spedizione di un oggetto già pagato dall'acquirente, il mancato rispetto delle condizioni
indicate nell'inserzione e la consegna di un oggetto notevolmente diverso rispetto alla descrizione
oppure il rifiuto del pagamento di un oggetto al termine di una compravendita sono azioni non
consentite ai venditori, a meno che l'acquirente non rispetti le condizioni pubblicate nell’inserzione
oppure non si è in grado di verificare l'autenticità dell'identità dell'acquirente;
57
Lo stesso vale per i familiari, i conviventi o i colleghi del venditore.
58
Se eBay ritiene che un utente abbia compiuto azioni che possano comportare problemi,
responsabilità legali o che tali azioni siano contrarie alle proprie regole, potrà, a mero titolo
esemplificativo, limitare, sospendere o interrompere i servizi e l’account dell’utente, vietare l'accesso
al sito, ritardare o eliminare i contenuti salvati e prendere provvedimenti tecnici e legali per impedire a
tale utente di accedere ai siti.
eBay si riserva inoltre il diritto di cancellare accounts non confermati o accounts inattivi da molto
tempo.
58
Dopo la ricezione della segnalazione e prima di intraprendere qualsiasi
provvedimento, eBay valuta sia le circostanze legate alla violazione delle regole, sia
le informazioni relative al profilo dell’utente; così l’assistenza può decidere di
procedere con un’azione disciplinare che può portare alla chiusura delle inserzioni, a
limitazioni ai privilegi dell’account, alla sospensione dell’account, all’addebito delle
tariffe relative alle inserzioni chiuse e alla perdita dello status di “PowerSeller”.
Ma se eBay non riesce a provare con sicurezza il reclamo inoltrato, non può
intraprendere alcuna azione. Infatti per motivi di tutela della privacy, eBay non può
discutere dei risultati di un’investigazione.
Inoltre, dato che eBay, allo scopo di favorire i venditori, offre cataloghi di immagini
predefinite, descrizioni e specifiche di prodotti affinché vengano offerti dati affidabili
ma al tempo stesso non ne garantisce la precisione e soprattutto l’aggiornamento.
Qualora, quindi, un venditore scegliesse di includere nelle inserzioni contenuti,
estratti dai cataloghi, è responsabile dell’accuratezza dei propri annunci e fa in modo
che questi non contengano informazioni fuorvianti.
Così facendo solleva da ogni responsabilità dovuta ad imprecisioni nei cataloghi.
I cataloghi, inoltre, potrebbero contenere materiale protetto dal diritto d’autore,
marchi commerciali o altri diritti di proprietà intellettuale, quindi, è utile attingere ai
cataloghi esclusivamente a scopo informativo, poiché non si può utilizzare il
contenuto dei cataloghi violando diritti di terzi.
Per quanto riguarda le tariffe e servizi, invece, occorre precisare che la registrazione
al sito e la presentazione di offerte d’acquisto sono attività gratuite mentre gli altri
servizi, come ad esempio la vendita di oggetti, sono soggetti al pagamento di una
tariffa.
59
Così nel momento in cui viene messo in vendita un oggetto o si utilizza un servizio
soggetto al pagamento di una tariffa si ha l’opportunità di controllarla ed accettarne
l’addebito in base alla griglia informativa apposita denominata: “Tariffe di eBay”59.
In merito alla responsabilità, ciascun utente esclude eBay da qualsiasi responsabilità
associata a contenuto, attività o inattività, oppure derivante da oggetti messi in
vendita da altri utenti e riconosce che eBay non è un “banditore d’asta” nel senso
tradizionale del termine.
Muovendo dalla premessa che i siti sono semplicemente un luogo dove chiunque può
fare offerte, vendere e acquistare oggetti, in qualsiasi momento, da qualunque
postazione Internet, in qualsiasi luogo, e con diverse modalità, ad esempio attraverso
vendite a prezzo fisso e a prezzo dinamico, comunemente definite come “aste online”,
eBay, non ritiene di aver alcun ruolo nella compravendita che si svolge tra gli utenti a
seguito della loro attività sul sito e non ha nessun controllo o responsabilità in merito
alla qualità, sicurezza, liceità degli oggetti pubblicizzati; inoltre non può verificare la
veridicità e l’accuratezza delle inserzioni o la capacità degli utenti di vendere,
acquistare e fare offerte né può assicurare che un acquirente o venditore sia
effettivamente in grado di portare a termine una compravendita.
59
Le modifiche alle regole relative alle tariffe sono valide trascorsi 14 (quattordici) giorni dalla loro
pubblicazione sul sito. eBay ha la facoltà di modificare temporaneamente le tariffe applicate ai propri
servizi per eventi promozionali (ad esempio, giornate di inserzioni gratuite) o per nuovi servizi e tali
modifiche decorrono dal momento in cui pubblichiamo sui siti l'evento promozionale temporaneo o il
nuovo servizio in oggetto.
Salvo quando diversamente specificato, tutte le tariffe sono indicate in euro (EUR).
Gli utenti domiciliati nei Paesi membri dell’Unione Europea (inclusa l’Italia) potrebbero essere
soggetti al pagamento dell'IVA
Se il metodo di pagamento ha esito negativo o i termini di pagamento sono scaduti, eBay si riserva la
facoltà di ricorrere ad altre procedure per riscuotere le tariffe dovute (incluso l’addebito attraverso altri
metodi di pagamento, il ricorso a società di recupero crediti e consulenti legali)
60
E’ palese che il gestore non trasferisce la proprietà degli oggetti dal venditore
all’acquirente e non garantisce l’accesso continuo e ininterrotto ai siti e ai propri
servizi, che può essere condizionato da fattori al di fuori del proprio controllo.
Di conseguenza, nei limiti previsti dal Codice del Consumo60 e da altre leggi vigenti,
eBay esclude qualsiasi garanzia61, termine e condizione implicita.
In sintesi eBay non si ritiene in alcun modo responsabile delle perdite economiche, di
avviamento o per danni alla reputazione né per danni speciali, indiretti o conseguenti
derivanti dall’utilizzo dei propri siti e servizi.
In ogni modo quindi, fermo restando che eBay ed i propri utenti agiscono in piena
autonomia ed indipendenza62, accettando l’accordo, ciascun soggetto inevitabilmente
si impegna a tenere indenne eBay nonché i dipendenti, i dirigenti, gli agenti, e
qualsiasi società del gruppo, compresi i loro dipendenti da qualsiasi pretesa o
richiesta di risarcimento di danni proveniente da terzi, che possa derivare dalla
violazione anche di una sola delle condizioni contenute nell’accordo stesso, degli
obblighi di legge o dei diritti di terzi.
Al di là dell’accordo63, in caso di qualsiasi controversia64 tra l’utente ed eBay, la
risoluzione65 avviene ai sensi di legge.
60
Per tutte le controversie con i consumatori resta salva l’applicazione delle norme imperative di legge
in materia di competenza giurisdizionale e di legge applicabile.
61
Poiché, però, le leggi di alcuni paesi non ammettono l'esonero di garanzie, le esclusioni di cui sopra
potrebbero non essere applicabili.
In ogni caso l’eventuale risarcimento per la responsabilità di eBay nei confronti di un utente o nei
confronti di terzi è limitato all'importo delle tariffe eBay pagate nei 12 mesi precedenti e comunque
fino alla concorrenza dell’importo massimo di euro 100 (cento euro).
62
L’accordo non fa sorgere tra loro alcun rapporto di collaborazione, agenzia, associazione,
intermediazione o lavoro subordinato.
63
Regolato dalla Legge italiana
64
Ove il valore complessivo della controversia sia inferiore a EUR 10.000 (diecimila euro), potranno
essere devolute al tentativo di conciliazione previsto dal Servizio di Mediazione e Conciliazione
Online della Camera Arbitrale di Milano.
61
Nel caso di mancata conciliazione, la controversia sarà risolta da un arbitro unico, in conformità al
Regolamento Internazionale Arbitrale della Camera Arbitrale Nazionale e Internazionale di Milano.
L’arbitrato ha luogo presso la sede della Camera Arbitrale di Milano.
65
Competenza esclusiva del Tribunale di Milano.
62
III. CAPITOLO
LA NUOVA FRONTIERA DELLA CONCORRENZA
SLEALE:
LA
VENDITA
DI
PRODOTTI
CONTRAFFATTI ONLINE.
In principio erano solo i “vu cumprà”, oggi potrebbe essere la rete a fungere da
elemento propulsore della contraffazione.
E’ fatto notorio che il mercato delle aste su internet sia davvero molto esteso e quindi
da un lato molto efficace, dall’altro è poco efficiente, poiché si fa fatica ad avere una
visione precisa di quanti e quali oggetti possano circolare nella rete.
Internet, così, potrebbe essere incolpata di traghettare anche le vendite di merce
falsa: infatti, se è vero che sulla rete si possono fare grandi affari, è altrettanto
probabile che ci si possa imbattere nelle cosiddette “sòle”. E quando l’oggetto del
desiderio è un bene di lusso, allora è ancora peggio.
3.1 LA CONTRAFFAZIONE
3.1.1 IERI E OGGI
Il significato proprio del termine “contraffare” è riconducibile all’attività di chi
riproduce, imita o altera qualcosa in modo tale che, ingannando, possa essere
scambiata per l’originale1.
1
Dizionario della lingua italiana, Istituto Geografico DeAgostini, 2001, pag 200.
63
La contraffazione, in linea generale, è alterazione o uso di segni distintivi di opere
dell’ingegno o di prodotti industriali2.
In altre parole è la riproduzione di un bene in maniera talmente fedele da ingannare
non solo acquirenti grossolani ma anche, salvo attenta perizia, un esperto o un
commerciante.
La contraffazione non è certo un fenomeno dei nostri giorni e nessun settore ne è mai
stato al riparo dal rischio.
Essa ha infatti origini lontanissime e tanti sono gli esempi che ne testimoniano la
presenza nella storia, prova ne è stato il clamoroso ritrovamento di vasi e manufatti
con sigilli alterati o falsificati, risalenti al periodo degli egizi e dei romani3, o
piuttosto il più famoso falso storico, prodotto addirittura dalla Chiesa, ossia la
“donazione di Costantino4”.
2
La contraffazione dei brevetti, dei disegni o modelli industriali ed ornamentali è sanzionata dal
secondo comma dell’art. 473 c.p. e da una norma che si trova in una legge speciale, l’art. 88 del R. D.
29.6.1939, n. 1127.
Art. 473 c.p., Capo II <<Della falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o
riconoscimento: “chiunque contraffa’ o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle
opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o
alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, e' punito con la reclusione fino a tre
anni e con la multa fino a lire quattro milioni.
Alla stessa pena soggiace chi contraffa’ o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o
esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni
o modelli contraffatti o alterati.
Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o
delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale>>.
3
Procura della Repubblica, Tribunale di Napoli, Direzione distrettuale antimafia, “Incontro di studio
su Proprietà Industriale: contraffazione e pirateria”, Roma 9 maggio 2002
4
http://it.wikipedia.org, La Donazione di Costantino è il prodotto di una fortunata falsificazione
medioevale, tuttavia unanimemente ritenuto autentico sino alla prima età moderna.
Dopo una nutrita sezione agiografica, il documento pretende di riprodurre un editto emesso
dall'imperatore romano Costantino I e risalente al 324. Con esso, l’imperatore concederebbe al papa
Silvestro I e ai suoi successori il primato sui cinque patriarcati (Roma, Costantinopoli, Alessandria
d'Egitto, Antiochia e Gerusalemme) e attribuirebbe ai pontefici le insegne imperiali e la sovranità
temporale su Roma, l'Italia e l'intero Impero Romano d'Occidente.
L’editto confermerebbe inoltre la donazione di proprietà immobiliari estese fino in Oriente e
costituirebbe atto di donazione a Silvestro in persona del palazzo Lateranense.
Il documento presenta la donazione come una ricompensa al papa per aver guarito l'imperatore dalla
lebbra con un miracolo, allorché i sacerdoti pagani avrebbero invece proposto a quest'ultimo di
immergersi in una fontana ricolma di sangue di infanti.
64
Quello che è diverso oggi è la scala planetaria in cui si svolge e gli effetti che può
avere in termini di danni per le aziende proprietarie dei prodotti contraffatte, pericoli
per il consumatore e attentati ai principi della società civile nel mondo.
Anche nel passato il fenomeno riguardava il settore dei generi di lusso, pietre preziose
ed opere d’arte mentre esaminando oggi la rilevanza della situazione pare essersi
estesa anche nel settore della moda, medicinali, giocattoli e pezzi di ricambio.
Nel passato l’elevata abilità del falsificatore era tale da trasformare materiali scadenti
in manufatti in grado di ingannare, almeno a prima vista, anche i meno sprovveduti.
I contraffattori e i venditori riuscivano a ricavare dalla vendita grossi profitti
commercializzando quantitativi esigui di merci contraffatte a prezzi elevati.
Esistevano nel mondo pochi ma abili falsari che si specializzavano soprattutto nelle
banconote e nell’arte.
Nei secoli, la quantità di falsi in circolazione è sempre stata determinata dal numero
di specialisti e dalle loro abilità manuali nel produrre tali beni.
Così fino a tutto l’Ottocento la produzione di falsi rimase a carattere artigianale, però
nel XX secolo, il fenomeno raggiunse connotazioni diverse, evolvendosi a livello sia
qualitativo sia quantitativo.
La donazione venne utilizzata dalla Chiesa nel medioevo per avvalorare i propri diritti sui vasti
possedimenti territoriali in Occidente e per legittimare le proprie mire di carattere temporale ed
universalistico.
Dopo l’età carolingia la donazione fu riesumata da papa Leone IX nel 1053, e fu dunque introdotta, nel
XII secolo, nel Decretum Gratiani e in altre raccolte di Decretali dalle mani di interpolatori. Essa fu
d'altronde considerata un documento di tutto rispetto dagli stessi avversari del potere temporale dei
pontefici.
Papa Alessandro VI fece riferimento alla Donazione per giustificare il suo intervento nella disputa tra
Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo, concretizzatosi nell'emissione della bolla papale
Inter Caetera nel 1493.
La supposta donazione di Costantino includeva infatti le isole della “parte occidentale” dell’Impero
Romano e all’epoca dell’emissione della bolla non era certo ancora noto che i nuovi territori, frutto di
recentissime scoperte, si sarebbero rivelati essere un nuovo continente; sicché l'intero oceano
Atlantico, con le nuove “isole”, vi era considerato parte dell'antica metà.
65
Per rispondere alla sempre presente domanda del mercato, l’industria del falso ha
creato inizialmente piccoli laboratori clandestini attraverso le quali vendevano in
proprio i manufatti copiati.
Successivamente hanno preso sempre più piede le collaborazioni tra piccoli laboratori
clandestini di produzione e le grandi organizzazioni dedicate allo smercio di falsi di
lusso.
L’industria della contraffazione, in seguito, ha perfezionato la riproduzione degli
oggetti, così le imitazioni sono, spesso, talmente perfette che è difficile distinguere i
prodotti falsi da quelli originali.
Grazie a questa perfezione, le imitazioni possono essere infiltrate nei circuiti ufficiali
di distribuzione e concorrere con i prodotti originali, magari anche nei canali
tradizionali.
Oggi, come già detto, quello della contraffazione, è diventato un fenomeno di portata
internazionale, avente gravi ripercussioni in ambito economico e sociale, sul corretto
funzionamento del mercato interno e anche dal punto di vista della tutela dei
consumatori.
Fondamentale è a questo punto cercare una risposta al quesito: “perché la
contraffazione ha avuto uno sviluppo così forte ultimamente?”.
I nuovi fenomeni di contraffazione a livello mondiale sono stati certamente molto
accentuati sia dall’importazione di prodotti realizzati a basso costo nei Paesi
dell’estremo oriente sia dal fatto che lo sviluppo industriale e i nuovi mezzi di
comunicazione, sempre più numerosi e incontrollabili, hanno moltiplicato tanto le
tentazioni dei consumatori quanto le modalità di acquisto.
66
Alla situazione attuale si è di fronte a due realtà: filiere tradizionali che creano e
commercializzano il vero e filiere che, sfruttando canali non tradizionali, producono o
vendono il falso e che in ogni modo esercitano concorrenza sleale5.
Oggi il falso è diventato una vera e propria attività imprenditoriale che ha creato
imprese multinazionali.
A ben vedere, la crisi economica che rende più difficile l’acquisto di prodotti di lusso
originali, spesso simboli di successo e ricchezza soprattutto in epoche difficili, ha
scaturito la frequenza all’acquisto di prodotti esattamente identici a quelli prestigiosi,
originali, ma a buon mercato.
In realtà la maggior parte dei rincari che hanno ridotto i redditi e i portafogli degli
italiani6 si concentrano nel campo dei servizi pubblici, delle imposte locali, della casa,
della ristorazione, della mobilità, insomma tutte aree a bassa concorrenza alle quali è
difficile se non impossibile sfuggire.
Quindi, per una serie di motivi: su un fronte, il congelamento del potere d’acquisto ha
costretto il consumatore a stare sempre più attento al prezzo, sull’altro lato della
barricata, la liberalizzazione dei mercati ha aumentato la concorrenza nella
distribuzione, con l’arrivo di outlet e nuove catene, e la globalizzazione ha aperto la
strada ai prodotti più economici dai paesi con basso costo della manodopera, mentre
lo sviluppo e la diffusione della tecnologia ha reso estremamente economica tutta
5
Art 2598 c.c., Atti di concorrenza sleale, Sezione II, Titolo X, Della concorrenza sleale, Libro
Quinto: <<Compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1)usa nomi o segni distintivi idonei a produrre
confusione [2564] con i noi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i
prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i
prodotti e con l’attività di un concorrente; 2)diffonde notizie o apprezzamenti sui prodotti e
sull’attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o
dell’impresa di un concorrente; 3)si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non
conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda
[1175]>>.
6
Il 70 % degli italiani ha dichiarato all’ISAE (Istituto di studi e analisi economica) di sentirsi più
povero.
67
l’elettronica, dai telefoni ai lettori dvd, e ha aperto nuove frontiere al commercio
attraverso la rete telematica.
Ovviamente, anche se l’industria della contraffazione non pubblica i propri bilanci, il
“tarocco” raggiunge alti livelli in termini di fatturato, le stime7, spesso induttive e
quasi sempre per difetto, attestano il giro d’affari intorno ai 450 miliardi di euro
all’anno, cifra pari al prodotto interno lordo di 150 dei Paesi meno ricchi del mondo;
solo nel nostro Paese il mercato del falso fattura 8 miliardi di euro all’anno8, di cui
quasi la metà riguarda contraffazioni nel campo dell’abbigliamento e degli accessori9:
ancor più nel dettaglio, va evidenziato che per abbigliamento, accessori e prodotti
multimediali si spendono più di 3,2 miliardi10, mentre circa 1,4 miliardi per giocattoli
e calzature, infine quasi 2,9 miliardi vengono spesi per acquistare altri articoli.
Ancora più difficili da valutare sono i danni che essa provoca: da quelli di immagine,
ai mancati introiti fiscali e i rilevanti costi sociali, senza dimenticare la sottrazione
alle vendite legittime da parte delle vendite contraffatte.
Unica nota positiva della situazione economica contingente, sopra descritta, è che la
crisi dei consumi non risparmia neppure il mercato della contraffazione: nel 2008 vi è
stata una riduzione del 39% di acquisti di articoli contraffatti rispetto al 2007.
7
Stime della Banca Mondiale attestano il commercio di beni contraffatti si avvicini al 10% di quello
totale.
Più prudente è la stima della Commissione europea e dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane che
attribuiscono al fenomeno della contraffazione e pirateria il 7% della merce scambiate a livello
mondiale per un valore tra i 200 e i 300 miliardi di euro.
8
Una recentissima indagine commissionata da Confcommercio e presentata nell’ottobre 2007 afferma
che il mercato del falso in Italia genera attualmente un giro d’affari di poco inferiore agli 8 miliardi di
euro.
Sempre secondo la ricerca dell’Istituto Piepoli per Confcommercio l’età media di chi compra
“contraffatto” va dai 18 ai 34 anni, la maggior parte sono donne e nel 62% dei casi non si sente in
colpa per l’acquisto.
9
Il settore accessori che orologi borse, scarpe, cinture e pelletteria varia vale circa 1,2 miliardi di euro
a fronte di 38 milioni di atti d’acquisto
10
con 108 milioni di atti d’acquisto
68
In controtendenza a questo però, il fatturato dei falsi è in leggero aumento rispetto
all’anno precedente11, a causa dell’aumento dei prezzi generato dall’inflazione
importata12.
Vengono, invece, calcolati in 200 miliardi di dollari13 i soli prodotti contraffatti che
hanno attraversato frontiere doganali tra la produzione e il consumo.
Tenendo conto anche di quelli prodotti e consumati all’interno della stessa area
doganale, il totale potrebbe più che raddoppiare.
Negli ultimi 10 anni, a causa della contraffazione, si stima che 270.000 di persone, a
livello mondiale14, abbiano perso il proprio posto di lavoro, di cui quasi la metà nella
sola Comunità Europea.
Oltre il 65% della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal sud-est
asiatico, mentre il 35% circa dal bacino mediterraneo15.
11
7,5 miliardi di euro contro i 7,2 del 2007
Sono i due dati principali che emergono dalla ricerca: “Le contraffazioni: analisi del fenomeno in
Italia e focus sulla Campania”, realizzata da Confcommercio con la collaborazione dell’Istituto Piepoli.
Lo studio è stato presentato a Napoli nell’ambito del convegno “Contraffazione: analisi e proposte per
la difesa di un mercato legale”, promosso da Confcommercio in collaborazione con Federmodaitalia e
Camera di Commercio di Napoli.
Si tratta del secondo appuntamento nazionale dedicato all’approfondimento e all’analisi del fenomeno
della contraffazione e delle sue ricadute sul mercato interno
Il 60% degli italiani, in particolare i residenti nel Centro 65%, acquistano i prodotti contraffatti
tranquillamente in giro per le vie della città, il 45%, soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni, approfitta
invece dei periodi di vacanza e dei viaggi.
I prodotti più acquistati sono i capi di abbigliamento (35%), le borse (30%), cinture e occhiali (21%). E
se le donne vengono attratte più da magliette, camicie e jeans, gli uomini invece si rifanno con occhiali
e scarpe.
Il 68% degli intervistati è convinto che l’acquisto di merce di marca non originale sia un danno per
l’economia e contribuisca ad alimentare la criminalità, mentre il 30%, soprattutto giovani tra i 18 e i 34
anni con un livello basso di istruzione, è addirittura favorevole a questo genere di acquisti ritenendo di
non far nulla di male.
Le responsabilità della diffusione del fenomeno vengono attribuite, dal 64% degli interpellati, ai
produttori di merce non originale, mentre il 74% degli italiani pensa che per combattere la
contraffazione ci debbano essere più controlli da parte delle forze dell’ordine.
13
Di questi 200 miliardi di dollari, l’industria degli orologi occupa una fetta del 5%.
14
Di cui 125 mila nell’Unione europea e 40 mila solo in Italia.
15
La Cina è di gran lunga al primo posto, seguita da Corea, Taiwan, Thailandia, Pakistan, Malesia e
altri Paesi dell'area, La destinazione è per il 60% l’Unione Europea, per il 40% il resto del mondo
12
69
Ad esempio, la contraffazione che arriva dalla Bulgaria è purtroppo ancora poco
conosciuta nei paesi occidentali, nei quali, in effetti, quando si parla di contraffazione
lo si fa riferendosi sempre alla Cina.
La grossa parte della merce contraffatta che arriva in Europa dalla Bulgaria proviene
dalla vicina Turchia, luogo in cui si trova manodopera qualificata, utilizzo e cura
migliore nell’aspetto del prodotto finale e, infine, una capacità di imitazione
relativamente migliore di quella esistente altrove.
La cosa non significa che il prodotto sia un prodotto di qualità, anzi, spessissimo sono
comunque prodotti realizzati utilizzando, per una questione di contenimento dei costi,
coloranti vietati e trattamenti pericolosi per la salute.
Invece, produrre con coloranti naturali o conciare pellami senza metalli pesanti, come
prescritto dalle normative europee, costa e questo inevitabilmente fa lievitare il
prezzo.
Ci sono due tipologie di contraffazione “bulgara”: talune che riguardano le imitazioni,
merce grossolana comperata per lo più ai mercati dei sobborghi e venduta a prezzi
relativamente bassi16 ed altre che riguardano le contraffazioni vere e proprie, vendute
a prezzi stratosferici. Quest’ultime copiano modelli realmente esistenti e dunque
creano una perdita enorme al mercato legale perché offrono, qualità a parte, un
prodotto simile ad un prezzo comunque inferiore a quello originale.
Le dinamiche della globalizzazione poi fanno sì che il transito di merci da un bacino
all’altro sia molto più facile e, sempre più spesso, componenti falsificati di origine
cinese entrano nell’UE scegliendo i varchi doganali più deboli, come, ad esempio, i
porti del nord Europa e gli Stati nuovi membri.
16
Sono spesso modelli inventati e pacchiani, che però riportano nomi delle più famose case di moda.
70
Sono quindi assemblati e spesso completati mediante l’apposizione di marchi
contraffatti in diversi Paesi dell’Unione.
Tra di essi purtroppo primeggia l’Italia17, che oltretutto è anche prima in Europa nel
consumo di tali prodotti.
Per quanto riguarda la produzione di “falsi” nel nostro Paese, questa risulta
strettamente legata agli stessi distretti industriali che operano nella produzione
“legale”.
Ad esempio l’industria orologiera18 ed orafa occupa per lo più le regioni italiane
settentrionali ed è proprio in queste zone che si concentra il fenomeno della
contraffazione, in quanto sono tra i luoghi principali della produzione di orologi falsi
di “alta qualità”.
Il meridione italiano assume invece il ruolo di produttore di falsi di “minore qualità”
oltre che di distributore di prodotti contraffatti di ogni livello sull’intero territorio
nazionale.
E’ interessante vedere quale sia la “geografia del falso” in Italia e come si concentra
nelle regioni del Paese:
17
L’Italia risulta inoltre il terzo produttore a livello mondiale.
In Europa gli altri Paesi “leader” sono, la Spagna, la Turchia, il Marocco, e i Paesi dell’ex blocco
sovietico.
Fra i Paesi europei che si possono definire “emergenti”, un posto di particolare importanza viene
occupato da Belgio ed Olanda attivi non solo come aree di transito dei prodotti contraffatti ma anche
come luoghi di confezionamento.
Anche negli Stati Uniti la contraffazione è presente in misura massiccia, soprattutto nei settori della
profumeria, degli articoli di lusso e delle componenti elettroniche.
L’Italia è inoltre il primo paese nell’Europa dei paesi avanzati per diffusione del fenomeno del lavoro
irregolare (12% del totale occupati), evasione fiscale (17% del PIL), e dimensione dell’industria del
falso (con un volume d’affari quantificato di circa 8 miliardi di euro).
18
http://www.assorologi.it, il 7% degli italiani che nel 2007 hanno acquistato prodotti falsi hanno
scelto almeno un orologio contraffatto, per un valore che è stimato, sicuramente per difetto, attorno
agli 85 milioni di euro pari almeno al 16,6% delle importazioni di orologi dalla Svizzera, al 10% del
totale delle importazioni italiane di orologi e al 6% del giro d’affari complessivo degli orologi da polso
in Italia.
71
LOMBARDIA:
Componenti
elettroniche e
profumi
TOSCANA:
Pelletteria
MARCHE:
Pelletteria
CAMPANIA:
CD e DVD,
Abbigliamento
PUGLIA:
CD e Giochi
elettronici
Fonte: “Contraffazione E Pirateria”, 2005, Progetto Federconsumatori con la collaborazione del
Ministero delle Attività Produttive
3.1.2 I PERCHÉ DELLA MARCA19
Se si pensa che i prodotti di marca e quelli che li imitano si equivalgano, allora
occorre fare un passo indietro e fare una premessa doverosa, cioè quella che la Marca
è “condannata” alla qualità, poiché la qualità stessa sta alla base della marca.
Solo questi beni di largo consumo possono rassicurare i consumatori in modo
duraturo, perché la marca è la marca.
I produttori con un marchio, mettendo
in gioco il proprio nome e la propria
reputazione tutti i giorni con il pubblico, devono incessantemente conquistare e
19
http://www.centromarca.it
72
mantenere la fiducia dei clienti, attraverso investimenti in ricerca e innovazione20 per
trovare soluzioni sempre migliori e soddisfare bisogni sempre più evoluti.
A tutto questo devono accompagnarsi comportamenti rigorosi e trasparenti: rispetto
delle regole ed ai più severi standard igienico-sanitari, alla sicurezza, alla ricerca di
soluzioni più rispettose dell’ambiente eccetera, affinché nulla sembri inopportuno agli
occhi dei maggiori beneficiari di questi sforzi, cioè: i consumatori.
Le stesse e identiche cose non si possono dire certo per i fabbricanti di beni di
consumo non di marca.
Essi vivono all’ombra del marchio altrui e, inoltre, non sono obbligati alla qualità
perché non hanno un prestigio di lungo periodo da difendere.
Liberi da tutto questo possono permettersi di non fare ricerca e non investire in
innovazione, perché non hanno necessità di lanciare nuovi prodotti e diventare i
pionieri, anzi li copiano quando sono già affermati, realizzando quello che in
economia politica viene chiamato “il vantaggio del ritardatario”, il che si traduce
economicamente in costi più bassi.
Se un acquisto di un bene di marca è una promessa, per un sottoprodotto ogni
acquisto è un acquisto, poiché nel primo caso il rapporto fra azienda e consumatore
comincia con l’acquisto, mentre nel secondo la relazione finisce con l’acquisto
Infatti, la marca, a differenza del prodotto di bassa qualità, vive di acquisti ripetuti nel
tempo.
Da un punto di vista macroscopico, c’è da dire che la competizione sui mercati ha
assecondato la personalizzazione della scelta, facendo sì che oggi il pubblico
20
Circa il 70% dei prodotti e servizi odierni non esisteva 25 anni fa. Questo processo prosegue
inarrestabile perché nuovi beni di consumo stanno per vedere la luce nell’incubatrice tecnologica delle
società di marca, si pensi all’auto elettrica, agli elettrodomestici a comandi vocali, i cibi con le più
svariate ricette e fragranze.
73
disponga, soprattutto grazie alle marche, di una scelta vastissima di beni, come non
era mai accaduto prima.
Il marchio, poi, soddisfa un bisogno innato dell’uomo di identificazione, conoscenza,
sicurezza, affidabilità, appartenenza e rispondenza a quanto promesso.
Già 5000 anni fa, in Mesopotamia, i mattoni di case e palazzi recavano emblemi
distintivi e stemmi gentilizi e lo stesso accadeva per i pavimenti delle tombe dei
Faraoni egizi.
Da allora, simboli e stampi hanno seguito l’evolversi della civiltà: all’epoca dei
Romani, nel Medioevo e nel Rinascimento un contrassegno certificava l’origine di
utensili o gioielli e con l’avvento dell’industria sono nati i primi marchi moderni.
Ai giorni nostri i marchi rappresentano un’enorme patrimonio economico,
tecnologico, sociale, non a caso il peso di una nazione si misura anche
dall’importanza e notorietà dei suoi marchi nel contesto internazionale21.
Ma è sempre grazie al favore del pubblico che i marchi hanno acquisito, così come
noi li conosciamo, una tale forza commerciale, così grande da attirare l’appetito di
fabbricanti
senza
scrupoli
e
fare
esplodere
l’allarmante
fenomeno
della
contraffazione22.
21
I primi dieci marchi del mondo, che campeggiano su prodotti come bevande, alimenti, rasoi,
microchip per computer e pannolini, sono valutati oltre 215.000 miliardi di dollari.
22
Si stima che le merci copiate illegalmente causino ogni anno un danno di oltre 80 milioni di euro ai
produttori originali, e le false griffe sono la causa della perdita di 100.000 posti di lavoro qualificati
nella sola Unione Europea.
Nessun settore può ritenersi al sicuro dalla contraffazione poiché i beni colpiti vanno dagli orologi alle
videocassette, dalle borse ai vestiti, fino ad arrivare ai prodotti alimentari, ai farmaci, ai ricambi per le
auto.
Sono perciò a rischio gli interessi fondamentali del consumatore come la salute e la sicurezza
74
L’innovazione23 rappresenta l’aspetto forse più evidente dell’universo della marca,
infatti questo tipo di aziende interpretano sicuramente la parte da protagonista nei
brevetti, sfornando materiali, congegni e procedimenti che spaziano dalle
biotecnologie alle microfibre e sono la base di molti nuovi beni di consumo.
Il progresso tecnologico, di cui tutti beneficiamo, vive in gran parte proprio
dell’impulso dei marchi, poiché le relative aziende investono ingenti risorse nella
funzione della “ricerca e sviluppo”24.
Il frutto di questi sforzi sono, ad esempio, nelle auto, innovazioni quali i freni ABS e
l’airbag, mentre il ménage familiare è stato reso più semplice e meno faticoso da
elettrodomestici come i frigoriferi no-frost o i forni combinati.
I fabbricanti di prodotti non di marca, invece, come si può agevolmente supporre, si
limitano in genere ad imitare e, senza apportare alcun contributo all’innovazione,
traggono vantaggio dallo sviluppo dei mercati creato dalle aziende di marca.
I marchi fungendo da garanzia e trasmettendo sicurezza su ciò che si compra,
permettono di semplificare il processo decisionale degli acquisti e in tal modo fanno
si che fare la spesa impegni solo una modesta parte del nostro tempo25.
23
Una volta, quando si andava a sciare, occorreva un pesante equipaggiamento per difendersi dal
freddo, invece oggi i materiali creati dalla ricerca hanno reso comodi e leggeri scarponi e
abbigliamento, contribuendo a rendere popolari gli sport invernali.
Il gustoso aroma della miscela di caffè delle grandi marche, come lo assaporiamo oggi, era sconosciuto
ai nostri antenati: esso è il frutto di anni e anni di test e miglioramenti.
L’ascolto della musica ha compiuto una rivoluzione con l’avvento dei compact-disc; la diffusione dei
dentifrici con il fluoro ha permesso significativi progressi nella prevenzione delle carie; i moderni
sistemi di confezionamento dei prodotti alimentari, come il sottovuoto o in “atmosfera protetta”,
evitano oggi lo svilupparsi di pericolose patologie batteriche; tessuti ignifughi, antimacchia,
impermeabili ma traspiranti, hanno reso le nostre case, le nostre automobili, i nostri abiti più belli e
confortevoli.
24
I 15 marchi mondiali leader nella ricerca, fra i quali uno italiano, investono ogni anno quasi 55
milioni di euro.
25
Immaginando di cronometrare la nostra intera esistenza ci accorgeremmo che, in media, dedichiamo
allo shopping meno di un anno, mentre il lavoro, la cura personale, gli impegni domestici e
l’alimentazione assorbono insieme oltre 20 anni della nostra vita.
75
Si può quindi affermare che i prodotti “conosciuti” assolvano anche il compito di
rendere più facile la vita.
Questo concetto si concretizza soprattutto immaginando di entrare in un negozio che
esponga solo scatole, barattoli e lattine con nomi sconosciuti, probabilmente,
l’immediata sensazione che si proverebbe, sarebbe quella di sentirsi persi, smarriti;
tutto ciò significa che confezioni colorate, etichette e pubblicità26 non sono soltanto
un lusso o qualcosa di fine a se stesso, bensì rispondono ad un bisogno di
riconoscimento da parte dei consumatori.
Le aziende di marca danno poi un significativo contributo alla crescita dell’economia
del Paese27 in cui operano ed hanno un ruolo importante nella creazione di nuovi posti
di lavoro qualificati28.
Le industrie con prodotti a marchio, inoltre, sono un pilastro nelle esportazioni,
poiché grazie alla qualità, all’innovazione e al design possono competere sui mercati
internazionali.
A rendere “di marca” un prodotto è la qualità29, poiché una semplice mozzarella
diventa di marca attraverso severi controllo igienico e la sofisticate tecnologie
produttive, impiegati per garantire ai consumatori un prodotto supersicuro e di
qualità.
26
Nessuna pubblicità, per quanto efficace, potrebbe mai salvare un prodotto di cattiva qualità.
In Italia, alla fine degli anni Settanta circa il 50% dei consumi riguardava beni di marca. Oggi, ogni
4 prodotti acquistati 3 sono di marca
28
I laureati costituiscono, per esempio, oltre il 15% degli addetti in molte società di marca, contro una
media generale inferiore al 10%.
29
E sono stati alcuni grandi marchi del “bianco”, non a caso, ad offrire una garanzia sugli
elettrodomestici estesa fino a 5 anni.
Speciali “oasi protette” sono state create per produrre gli alimenti destinati all’infanzia, rispettando le
caratteristiche originali e selezionando rigorosamente le materie prime.
La “catena del freddo”, con sofisticate tecnologie, assicura cibi freschi per tutto l’anno e li conserva
nelle migliori condizioni portandoli nei luoghi più lontani.
27
76
Inevitabilmente, solo le grandi aziende con un marchio, grazie alla produzione su
scala industriale e alle tecnologie più moderne possono assicurare standard altissimi.
Questa tipologia di produttori contribuiscono in modo straordinario, in particolare con
pubblicità e azioni di marketing, all’affermazione di valori positivi, nonché dei
vantaggi per la società, come la salute, la tutela dell’ambiente, la valorizzazione della
terza età.
Grandi marchi hanno dato un contributo determinante per la diffusione dell’igiene
orale, per la sicurezza in casa e per favorire una dieta più varia, in linea con gli
orientamenti della comunità medico-scientifica.
Il naturale “interesse” della marca per le attese del consumatore è la migliore garanzia
di attenzione verso i valori collettivi.
Ciò che caratterizza i produttori di marca è quindi l’assunzione diretta di
responsabilità per i propri prodotti e i propri comportamenti, non a caso il fatto che
molti grandi marchi rechino tuttora il nome della famiglia che li ha fondati
rappresenta un modello di trasparenza e responsabilità.
Essendo la marca quotidianamente soggetta al “controllo” del consumatore attraverso
acquisti ripetitivi di prodotti riconoscibili, l’immagine stessa diviene bene formidabile
per un marchio affermato che si costruisce in decenni di impegno e può dissolversi in
un attimo se si sbaglia.
Niente di simile a quanto detto accade per le aziende che fabbricano sottoprodotti,
meno o per nulla esposte sul mercato.
Dopo tutto ciò, si può anche affermare che l’evoluzione e la recente crescita della
contraffazione è stata trainata soprattutto dalla sempre maggiore importanza della
marca nel nostro vivere quotidiano.
77
Come già detto, da sempre le aziende hanno fatto uso di disegni, parole, per lo più
acronimi e simboli, sia per contraddistinguere i propri prodotti e la propria azienda
dai concorrenti, sia per dare un’immagine di sé che potesse fermarsi nel ricordo dei
consumatori.
Solo però negli ultimi anni il marchio ha assunto un ruolo di rilievo nella società: se
da un lato le imprese hanno compreso quanta valenza attrattiva e suggestiva incorpori
il marchio, dall’altro il contraffattore ha sfruttato tale valenza, cosciente del fatto che,
al giorno d’oggi, l’apparire e l’ostentare sono divenuti più importanti dell’essere.
Proprio su queste debolezze, tipiche del nostro tempo, il contraffattore ha giocato e
puntato tutte le risorse disponibili, creando canali produttivi di falsi paralleli che, dal
punto di vista organizzativo, tecnologico e informativo, non differiscono di molto da
quelli costituiti dalle imprese titolari del marchio, se non per un fattore estremamente
importante: il prodotto.
3.1.3 NOTE SUL FENOMENO
Nel contesto delineato, viene da pensare che domanda e offerta si incontrano in un
mercato con prodotti più o meno originali.
Il fenomeno della contraffazione si presenta, quindi, come un insieme complesso di
violazioni a leggi, norme, regolamenti, vincoli contrattuali che regolano i diritti di
proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere.
78
Esso, appunto, ha più l’aspetto di un intricato “arcipelago”, la cui navigazione è ricca
di insidie, che non di un territorio omogeneo i cui confini sono immediatamente
evidenti.
Del resto, la disciplina30 relativa all’intervento dell’Autorità doganale nei confronti di
merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà industriale e alle misure da
adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, fornisce una nozione dettagliata
di “merci contraffatte” e di “merci usurpative” che, in linea di massima, appare
riconducibile alla definizione di contraffazione testé data.
Con il termine contraffazione, intesa nella sua accezione più ampia, ci si intende
riferire a tutta un arcipelago di fenomeni più recenti, ai sensi del già citato
regolamento comunitario, essenzialmente riconducibili a tre realtà particolarmente
massicce:
•
le merci contraffatte31, cioè quelle merci appartenenti allo stesso genere di
prodotti32, che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio
registrato33;
30
Articolo 2 sub 1 lettera a) del Regolamento (CE) n.1383 del Consiglio del 22 luglio 2003
http://www.filodiritto.com, per “merci contraffatte” si intendono: <<Le merci, compreso il loro
imballaggio, su cui sia stato apposto, senza autorizzazione: 1) un marchio di fabbrica o di commercio
identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei
suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del
titolare del marchio in questione, ai sensi della normativa comunitaria sul marchio comunitario (Reg.
CE n. 40/94 del Consiglio, del 20.12.1993 - GU.CE. n. L 11 del 14.1.1994, regolamento modificato poi
dal Reg. CE n. 807/2003) o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la
domanda per l'intervento delle autorità doganali; 2)qualsiasi segno distintivo (compresi logo,
etichetta, opuscolo etc.. ), anche presentato separatamente, che si trovi nella stessa situazione delle
merci di cui al punto 1; 3) gli imballaggi recanti marchi di merce contraffatta presentati
separatamente, che si trovino nella stessa situazione delle merci di cui al punto 1>>.
Inoltre, ai sensi del regolamento (CE) n. 1576/89, vengono considerate: <<merci che violano un
diritto di proprietà intellettuale quelle che: nello Stato membro in cui è presentata la domanda per
l’intervento dell’Autorità doganale, ledono i diritti relativi ad un brevetto, ad un certificato protettivo
complementare, alla privativa nazionale o comunitaria per ritrovati vegetali, alle denominazioni di
origine o alle indicazioni geografiche, alle denominazioni geografiche>>.
32
Ad esempio i cosiddetti “luxury goods”, cioè beni di lusso, attraverso l’uso di loghi delle griffe,
soprattutto nel mondo della moda.
33
“Counterfeit trademark goods” secondo la definizione data dal WTO negli accordi TRIPS
31
79
•
le merci usurpative34, cioè quelle merci che costituiscono riproduzioni35
illecite di prodotti coperti da copyright36, modelli37 o disegni38;
•
una terza categoria, contenente tutte quelle merci che, nello Stato membro in
cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali, ledono i
diritti relativi: ad un brevetto a norma della legislazione di tale Stato membro;
ad un certificato protettivo complementare39; alla privativa nazionale per
ritrovato vegetale40; alle denominazioni d’origine o alle indicazioni
geografiche41; alle denominazioni geografiche42.
Attorno a queste forme nette di violazione predominanti, esistono poi tutta una serie
di condotte che, seppur non penalmente sanzionabili, spesso fenomeni illeciti, o al
limite del lecito, almeno indirettamente, producono gli stessi effetti negativi delle
34
Per “merci usurpative” invece: <<le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate
senza il consenso del titolare del diritto d'autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi
al disegno o modello, registrato o meno, a norma del diritto nazionale, ovvero di una persona da
questi autorizzata nel Paese di produzione quando la produzione di tali copie costituisce una
violazione del diritto in questione ai sensi del Reg. CE n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001
(GU.CE. n. L 3 del 5.1.2002), su disegni e modelli comunitari o ai sensi della legislazione dello Stato
membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali>>.
35
Va inserite in questa tipologia il cosidetto “look-alike”, ossia il prodotto realizzato con una
imitazione, consapevole ma in qualche modo prudente, al fine di minimizzare i rischi legali di una
accusa di contraffazione vera e propria, di un prodotto affermato, essenzialmente, contraddistinto da un
marchio noto.
In un’accezione più ristretta, il look-alike è il prodotto realizzato da organizzazioni di vendita al
dettaglio, in particolare per i prodotti di consumo FMCG (fast moving consumer goods), i quali
vengono realizzati dando la sensazione che il prodotto è simile a quello di un marchio noto.
36
Fenomeno meglio conosciuto con il nome di “pirateria”.
37
La riproduzione pedissequa dell’involucro dei prodotti, spesso realizzata ricavando gli stampi del
prodotto-copia a partire dal prodotto originale.
38
“Pirated copyright goods”
39
Quale previsto nel Reg. CE n. 1768/92 del Consiglio (GU.CE. n. L 182 del 2.7.1992) o nel Reg. CE
n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU.CE. n. L 198 dell'8.8.1996)
40
a norma della legislazione di tale Stato membro o alla privativa comunitaria per ritrovati vegetali
quale prevista dal Reg. CE n. 2100/94 del Consiglio (GU.CE. n. L 227 dell’1.9.1994, regolamento
successivamente modificato dal Reg. CE n. 807/2003)
41
a norma della legislazione di tale Stato membro o dei Regolamenti CE n. 2081/92 (GU.CE. n. L 208
del 24.7.1992, regolamento successivamente modificato dal Reg. CE n. 806/2003) e CE n. 1493/1999
del Consiglio (GU.CE. n. L 179 del 14.7.1999, regolamento successivamente modificato dal
regolamento CE n. 806/2003)
42
ai sensi del Reg. CE n. 1576/89 del Consiglio (GU.CE n. L 160 del 12.6.1989, regolamento
successivamente modificato dal regolamento CE n. 3378/94 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU.CE. n. 366 del 31.12.1994).
80
prime, e costituiscono un habitat favorevole alla contraffazione, alla pirateria e a ogni
altra attività criminale ad esse connessa.
Fra questi si possono menzionare:
•
sovrapproduzioni illegittime, approntate da licenziatari di produzione infedeli
e da questi smerciate, con o senza il marchio originale, ma comunque in
violazione del contratto di licenza;
•
produzioni destinate contrattualmente a specifiche aree geografiche, ma
dirottate da licenziatari commerciali infedeli fuori dalle zone di loro
pertinenza;
•
prodotti che, senza violare direttamente marchi o modelli, ne imitano in
maniera tendenziosa, determinando confusione nel mercato, ecc..
Contraffazione e pirateria sono divenuti così nel corso degli anni un problema
crescente per la società civile per una serie di motivi diversi, sia perché sono
un’attività criminale in cui alti guadagni corrispondono a bassi rischi, ed anche perché
sono state aiutate dallo sviluppo della tecnologia informatica e digitale che ha reso
estremamente facile e poco costosa la riproduzione abusiva di marchi, forme e, nel
caso di supporti audiovisivi e multimediali, gli stessi contenuti.
Inoltre la tendenza alla globalizzazione del commercio ha spalancato ai contraffattori
nuovi mercati, mentre l’avvento del commercio elettronico che, separando
fisicamente il venditore dall’acquirente, ha moltiplicato le possibilità di abusi.
A ben vedere esistono almeno tre canali attraverso i quali avviene la
commercializzazione di prodotti contraffatti: il primo, è costituito dai negozi, dove il
prodotto contraffatto viene venduto assieme agli articoli originali; il secondo, è quello
dei più diversi canali ambulanti, sulle spiagge o nelle principali vie del passeggio in
81
città, spesso controllati da vere e proprie organizzazioni criminali che sfruttano
cittadini extracomunitari; ed infine il terzo, in fase di espansione, è quello del
commercio elettronico che garantisce anonimato ed elevata capacità di transazione.
Inoltre, inchieste e studi sul fenomeno susseguitesi nel tempo hanno permesso di
identificare almeno due macro tipologie di imprese del falso:
•
quelle marginali e destrutturate, ovvero, quelle imprese nascoste negli
scantinati che sfruttano il lavoro e organizzano la produzione in modo illegale;
•
quelle invece ben strutturate e radicate, che combinano una attività regolare
con una produzione di beni contraffatti. Spesso si tratta degli stessi
subfornitori a cui è affidata la fabbricazione di prodotti di marca che
realizzano quantità in eccedenza, non autorizzate, per poi venderle
illegalmente.
In molti casi queste imprese organizzano il processo produttivo adottando il modello
a rete tipico delle imprese regolari.
Chiaramente, una simile scelta organizzativa risponde non soltanto ad esigenze di
specializzazione e flessibilità ma anche al tentativo di realizzare una forte dispersione
operativa tale da rendere difficoltosa la ricostruzione e dunque la repressione
dell’intero sistema.
3.1.4 GLI EFFETTI
Come già detto, la contraffazione da sempre viaggia al passo con tutti i prodotti di
marchi importanti e non, ma è con la globalizzazione che la contraffazione ha
raggiunto dimensioni inimmaginabili.
82
Quello della contraffazione è un mega-business con conseguenze catastrofiche tanto
che paragonarla a una malattia terribile e non ancora domata, come il cancro,
potrebbe anche sembrare un puro espediente retorico, ma al tempo stesso utile
soprattutto a drammatizzare il fenomeno nell'interesse delle imprese che sono,
apparentemente le prime ad esserne danneggiate.
In realtà la contraffazione, che alcuni si ostinano a considerare un trascurabile
fenomeno di “microcriminalità” più folkloristica che preoccupante, una sorta di
“infrazione minore”, ha proprio le caratteristiche di un cancro che aggredisce la
società nel suo insieme e che per questo motivo va affrontato strutturalmente ai
massimi livelli d’intervento.
I traffici da essa generati stanno diventando una seria minaccia non solo per
l’economia mondiale, ma anche per lo sviluppo a lungo termine, poiché questi stessi
traffici rappresentano anche uno dei nuovi campi d’interesse oltre che dei
contraffattori, della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale.
Si tratta quindi di una storia lunghissima, di un problema ricorrente, che sta avendo
ripercussioni decisamente diverse e più gravi negli ultimi anni, trascinando con se la
sicurezza dei consumatori, sia a livello nazionale che internazionale.
Si sta prendendo lentamente coscienza del fatto che la contraffazione ha una triplice
lettura a seconda dei soggetti interessati, poiché rappresenta un furto per le imprese
colpite, un danno per lo Stato e un crimine contro la società civile.
Nei confronti dell’impresa che vede i propri prodotti oggetto di contraffazione c'è,
con tutta evidenza un reato di furto, ben più grave di una semplice appropriazione
indebita: furto del valore di un marchio, faticosamente acquisito in decenni di lavoro
83
ovvero furto della reputazione di una “Casa” e spesso della ricerca, della creatività e
della comunicazione che stanno alla base del successo di un prodotto.
E’ evidente che il contraffattore, in questo modo, ruba profitti e lavoro43 a chi
produce e vende nella qualità e per la qualità.
Negli anni ‘80 molte dei marchi vittime della contraffazione amavano sostenere che
la contraffazione non era altro che una conferma del successo44.
Col tempo si è capito che questa interpretazione fosse solo un “autogoal”; ora che il
fenomeno ha assunto proporzioni enormemente più preoccupanti, pochi sostengono
ancora tesi così trionfalistiche e arroganti.
La contraffazione comporta danni gravi e può condurre all’insuccesso: così facendo,
l’originalità creativa viene usurpata, lo stile deteriorato e la distribuzione stravolta dal
contraffattore.
Infine, non va trascurato che, il cliente in buona fede, viene di sicuro tradito e talvolta
addirittura potrebbe essere indotto nel futuro ad approcci pregiudizievoli nei confronti
del marchio.
In merito ai danni per lo Stato e la collettività, c’è da dire innanzitutto che si tratta di
un danno economico diretto.
Di fronte a un giro d’affari45 calcolate in 8 miliardi di euro per il solo 2007 in Italia,
c’è un’evasione fiscale e contributiva totale in proporzione impressionante.
43
Negli ultimi anni, il mercato del falso ha causato la perdita di almeno 270mila posti di lavoro.
http://www.patnet.it/, La contraffazione oggi in Italia, di Carlo Guglielmi, Presidente di Indicam,14
Novembre 2001.
45
http://www.indicam.it/contraffazione.html;
http://www.indicam.it/numeri.html;
44
84
A queste perdite economiche dirette si sommano voci indirette come i costi sociali,
inclusa la totale assenza di sicurezza sul lavoro, e di ordine pubblico, nonché quelli
d’immagine per il “Sistema Italia”.
E questi ultimi sono in realtà monetariamente molto concreti: il fatto che l’Italia sia
uno dei principali centri produttivi e distributivi della contraffazione se da un lato non
favorisce gli investimenti delle imprese estere nel nostro paese, anzi lo stesso Paese
viene esposto a dure sanzioni commerciali da parte dei nostri più importanti partner
commerciali e nello stesso tempo si allunga l’ombra del dubbio o del sospetto sul
"Made in Italy" (estetica, stile, beni di lusso, fama dei prodotti alimentari…)
legittimamente esportato.
Per quanto riguarda la società civile, le parole che bastano ad illustrare i danni non
abbisognano di lunghi giri di parole, ma il conto è pesante: sfruttamento del lavoro
nero, complicità forzata richiesta a chi lavora, a qualsiasi livello, nella contraffazione
e sua conseguente ricattabilità, produzione di denaro “in nero” e, simmetricamente,
riciclaggio di denaro sporco.
In definitiva, connessioni non occasionali fra mondo della contraffazione e
criminalità organizzata, dando vita ad un sistema capace di autoalimentarsi, in quanto
il mercato della contraffazione è sostenuto dal crimine e a sua volta alimenta il
crimine.
E’ quest’ultimo aspetto che va sottolineato in particolare: la contraffazione
rappresenta per la criminalità organizzata una remunerativa area di investimento al
pari della produzione e dello spaccio di droga, della gestione della prostituzione e del
gioco d’azzardo, del controllo dell’immigrazione clandestina e del lavoro nero.
85
Non solo, ma a prescindere dalle ovvie “sinergie” fra alcune di queste attività, la
contraffazione ha la fortuna, dal punto di vista della malavita, di essere considerata
con particolare indulgenza dall’opinione pubblica e, talvolta, dalle istituzioni stesse.
Questo fa sì che la contraffazione sia per la criminalità organizzata un “investimento”
più sicuro e meno rischioso, e perciò tanto più pericoloso.
I disastri prodotti dalla contraffazione sono l’esatto opposto dei benefici prodotti dalla
sana concorrenza, in cui i produttori competono l’uno contro l’altro per il favore del
consumatore sulla base della qualità e del prezzo.
Lo scopo del contraffattore è quello di realizzare guadagni attraverso l’inganno,
assumendo fraudolentemente l’identità di un produttore famoso ed affidabile, in
modo da evitare gli investimenti necessari per creare prodotti autenticamente di
buona qualità.
Il contraffattore non ha nessun interesse ad investire nella buona qualità dei materiali
impiegati, nonché nei sistemi di controllo qualità degli oggetti prodotti tantomeno
nella ricerca e sviluppo volta alla continua innovazione o sviluppo di tecniche di
comunicazione e vendita volte a proporre i propri prodotti.
Egli ha così costi molti più bassi del produttore originale, la cui principale
preoccupazione è quella di conquistarsi e mantenere una solida fama legata alla buona
qualità dei propri prodotti.
Il contraffattore sarebbe dunque nella posizione di vendere la propria produzione a
prezzi molto più bassi, ma pur sempre eccessivi rispetto al valore intrinseco del
prodotto, rispetto al produttore originale.
86
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, egli tenderà a confondersi con il prodotto
originale46 anche nel prezzo, massimizzando il proprio profitto in modo parassitario,
attraverso risparmi effettuati non solo sui costi dei materiali del prodotto, ma anche su
quelli del lavoro, con la totale evasione di ogni spesa previdenziale e contributiva a
favore dei propri dipendenti nonché di ogni imposizione fiscale.
Può anche capitare che articoli contraffatti siano venduti a prezzi molto più bassi di
quelli autentici, o, al contrario, che esistano prodotti di imitazione la cui qualità si
avvicina a quella degli originali.
In linea di massima però, la bellissima borsetta firmata o il cd d’occasione, che
vengono venduti a prezzi ragionevoli, ne valgono ancor meno, per non parlare dei
prodotti più tecnici, come i pezzi di ricambio o i medicinali, che sono di una qualità
così scarsa da poter rappresentare un pericolo mortale per chi li usa.
E’ da ingenui pensare che i contraffattori agiscano nell’interesse dei consumatori,
quando mettono in commercio prodotti “firmati” che a prezzi normali sarebbero
inavvicinabili, come se adempissero con una perversa vocazione alla missione di
diffondere lusso e cultura.
La verità è invece che: benessere, soddisfazione e sicurezza del consumatore sono
l’ultima delle preoccupazioni del contraffattore47.
46
Si è sempre pensato che la differenza fra un accessorio di lusso e un altro comprato al mercato fosse
nei materiali e nei costi di produzione. Non è sempre così, succede che si vende a 3500 quello che
costa 100, e se vogliamo esagerare 150. Qualcuno le può chiamare regole di mercato, ma il fatto è che
si risparmia sulla parte artigianale, cioè quella che da valore aggiunto alla griffe e all’etichetta. Eppure
chi la indossa di solito ignora che a monte non ci stanno le mani esperte e raffinate di un artigiano, ma
quelle di un clandestino.
47
Fin dal lontano 1987, la rivista “California Business” ebbe modo di segnalare un’inchiesta
giudiziaria relativa al commercio di ricambi per motori d’aereo contraffatti, da cui risultava che essi
non rispondevano alle norme costruttive di sicurezza stabilite dalle autorità americane.
La Federal Aviation Authority ha attestato che 166 sono gli incidenti aerei causati da ricambi
contraffatti.
Numerose sono le segnalazioni, tanto in paesi in via di sviluppo, come la Nigeria, il Kenya, la Siria e
altri, quanto in paesi altamente industrializzati come la Gran Bretagna, gli Usa, il Canada, la Spagna, la
87
Se da un lato la commercializzazione di merci contraffatte produce danni inestimabili
alle aziende titolari di un rinomato segno distintivo che rispettano le leggi, dall’altro
lato inganna e arreca rischi al consumatore, il quale non solo spende inutilmente i
propri soldi per acquistare un “falso”, poiché non può far valere alcuna garanzia
presso il titolare del marchio in questione, ma mette possibilmente a repentaglio la
propria salute o la propria sicurezza48, ad esempio, facendo uso di medicinali con un
principio attivo diverso da quello indicato o utilizzando pneumatici contraffatti che
possono causare gravi incidenti.
Certamente dal punto di vista del consumatore, il rischio di acquistare prodotti
contraffatti è assai alto, specie se non si è esperti nell’acquisto di determinati prodotti.
L’invito, valido in tutte le tipologie di mercato, è quello dettato dal buon senso di fare
molta attenzione durante l’acquisto di un bene, controllando le etichette e soprattutto,
laddove vi fossero, alle certificazioni di qualità.
Germania, la Francia e naturalmente l’Italia, di un gran numero di produzioni contraffatte che vanno
dalle pastiglie dei freni per automobili e veicoli industriali, agli utensili per bricolage, dalle prese
elettriche ai detersivi, dagli insetticidi ai filtri dell’aria o dell’olio per motori a scoppio.
Caratteristica comune di tutte queste produzioni è il prezzo lievemente più basso sul mercato
all’ingrosso, che invita intermediari commerciali disonesti e senza scrupoli a speculare sulla differenza
di prezzo, la somiglianza perfetta o quasi della confezione, che trae in inganno il consumatore anche
quando vi si soffermi, e la totale inadeguatezza a qualsiasi norma di sicurezza.
48
http://www.vostrisoldi.it/ Un’indagine dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, ha rilevato
che il 2.6% dei bimbi ricoverati nella struttura tra il 2002 e il 2003, si era lesionato con giocattoli non a
norma. Tratto dall’articolo “Contraffazione e pirateria, in Europa siamo i primi”
88
3.2 E-COMMERCE IN CRESCITA E CONTRAFFAZIONE
DILAGANTE.
3.2.1 L’ANGOLO PIU’ OSCURO DEL COMMERCIO VIRTUALE
Si è già discusso della crescita che ha interessato l’e-commerce e che in questi ultimi
anni sta coinvolgendo una forma particolare: le aste online.
Lo stesso trend positivo sta conoscendo un’altra tipologia di commercio: quello del
falso.
Questo storico e quanto mai affermato business, secondo le ultime stime49, può essere
riassunto attraverso il fatto che la quota di vendite di merci contraffatte, sull’intero
commercio mondiale, si aggira intorno al 10%, con un incremento mondiale stimato
del 1.850% circa tra il 1993 ed il 2006.
Tenendo conto anche di quelli prodotti e consumati all’interno della stessa area
doganale, il totale potrebbe più che raddoppiare.
Come già detto, solo in Italia, l’industria del falso movimenta annualmente somme
intorno agli 8 miliardi di euro, il che pone la nostra penisola al primo posto a livello
europeo ed al terzo a livello mondiale per la produzione di beni contraffatti.
A fare il punto della situazione sullo stato attuale della contraffazione, industriale e
commerciale, in Italia è stata una ricerca realizzata dall’Istituto Piepoli e da
Confcommercio50.
49
Elaborazioni World Trade Organization e ricerche dell’OCSE, diffusa in primavera 2007
Ricerca presentata anche nella sede di Confcommercio a Roma nel corso del convegno: “Un mercato
contraffatto, un danno certo per le imprese un rischio per i consumatori”
50
89
La produzione di “falsi” in Italia, secondo la ricerca, risulterebbe strettamente legata
agli stessi distretti industriali che operano nella produzione “legale” ed il ruolo dei
“centri del falso” italiani sarebbe cambiato, non limitandosi più questi ultimi alla
mera produzione, ma anche alla rifinitura, marchiatura e smistamento delle merci.
I canali attraverso cui vengono veicolati i prodotti contraffatti, sono gli abusivi, in
gran parte stranieri ed internet.
Proprio quest’ultima avrebbe assunto un ruolo primario nel dilagare della
contraffazione, al punto che vi sarebbe merce illegale in oltre 30% delle vendite
online51.
Inoltre, ammontano a 14.369 le denunce per truffe telematiche52 e 5.432.548 di euro i
danni agli utenti53
La sfuggevolezza della rete, sembra quindi offrire in particolare ai falsari taluni
strumenti vantaggiosi come l’anonimato, poiché anche un discreto informatico può
occultare, facilmente, la vera identità dei proprietari, la flessibilità, infatti server dei
siti possono essere spostati, in brevissimo tempo, da un Paese all’altro, in base alle
leggi più favorevoli, la grandezza del mercato realmente globale, un target
potenzialmente illimitato e la possibilità, volendo, di ingannare facilmente i
consumatori54.
51
INDICAM, Indagine Piepoli per Confcommercio, ISTAT
Di cui il 44% riguarda la manipolazione di aste.
53
Dati della Polizia postale e delle comunicazioni relativi al 2007, aggiornati al 18/03/08
54
Come sottolinea l’Ocse nel rapporto “The Economic Impact of Counterfeiting and Piracy” in merito
ai vantaggi che offre internet
www.oecd.org/dataoecd/11/38/38704571.pdf
Per avere un’idea della vastità di offerta, basta digitare su Google o qualsiasi altro motore di ricerca la
parola “bag”, ad esempio, insieme a “replica” o “fake”.
I siti hanno nomi e slogan che non lasciano dubbi: Bagsmerchant.com promette “cheap replica bags”
(borse finte a buon mercato), Bagdo.com “designer bags for less”.
I prezzi vanno dal 5% al 10% dell'originale: chi compra su questi siti difficilmente potrebbe asserire di
essere in buona fede.
52
90
L’AICEL55 evidenzia come il fenomeno sia tale da ledere l’intera economia nazionale
e soprattutto il buon nome di un ambito, quale l’e-commerce, già fortemente
osteggiato.
L’indice è puntato in particolare contro le aste online, che si svolgono
indisturbatamente sotto gli occhi di tutti, senza alcun tipo di controllo fiscale e più in
generale legale, favorendo il crescere del fenomeno in più categorie di merce.
Però, come ha spiegato il presidente dell’associazione, Andrea Spedale: <<I negozi
online regolari, sono soggetti a verifiche puntuali e controlli certosini. Motivo per cui
questo tipo di illegalità danneggia in primo luogo proprio gli operatori professionali
del settore>>.
Un risvolto preoccupante quindi, che dovrebbe far riflettere chi cerca in rete
unicamente il low price senza guardare al tipo di merce venduta ed al contesto in cui
avviene la compravendita.
Cattive notizie56 arrivano anche dal fronte internazionale, infatti, con pochi
investimenti nello sviluppo e troppa pirateria, è questa l’immagine dell’Italia che esce
da una classifica stilata dalla EIU57.
I mali del nostro Paese che rendono assai poco confortante la radiografia
dell’Information Technology italiana sono: competitività in calo58, pochi investimenti
55
Associazione Italiana del Commercio Elettronico, punto di riferimento per i commercianti del
settore.
56
http://delleconomia.it, tratto da: “L’Economist boccia l’IT italiano”, 15 settembre 2008.
A pesare sull’IT italiano, spiegano i ricercatori dell’ “Economist”: <<è soprattutto la scarsa
competitività e trasparenza dell’intero sistema paese, nonostante le riforme introdotte nei primi anni
'90 abbiano ridotto i rischi operativi per le imprese, si è trattato di misure non strutturali e diluite nel
tempo, che non hanno risolto le debolezze del sistema, come l’efficacia governativa, il funzionamento
del mercato del lavoro, l’incertezza legale e normativa e la mancanza di competitività>>.
57
L’Intelligence Unit dell’Economist, che ha lavorato per conto della Business Software Alliance,
l’organizzazione che raggruppa le maggiori aziende dell’Information Technology, tra cui Apple,
Microsoft e Adobe, e che si occupa di promozione della cultura informatica e, soprattutto, della lotta
alla pirateria.
91
nella ricerca e nello sviluppo59, grande diffusione a tutti i livelli della pirateria
informatica e contraffazione, dovuta anche alla notevole carenza di personale
qualificato, soprattutto se si tiene a mente che il settore dell’IT, in buona salute, può
arrivare potenzialmente a contribuire direttamente per oltre il 5% del PIL dei Paesi
più sviluppati, oltre a influenzare positivamente tutta l’economia, aiutando aziende e
lavoratori a essere più efficienti e produttivi.
La classifica mondiale di competitività60 IT per il 2008 colloca l’Italia solo al 25°
posto61, segnando, a vantaggio di Spagna e Estonia, un calo di due posizioni rispetto
al 2007.
In definitiva, il livello d’informatizzazione è penalizzato dalla scarsa fiducia che la
popolazione italiana ripone nelle nuove tecnologie, un atteggiamento a cui non poteva
sottrarsi, anzi, che trova proprio riscontro soprattutto nei confronti dell’e-commerce62.
C’è poi l’annoso problema dello scarso rispetto dei diritti della proprietà intellettuale.
58
la penetrazione di Internet interessa solo il 54% della popolazione; per fortuna va meglio alle
imprese: il 91% si è da tempo “convertito” all’utilizzo di internet per i servizi bancari e finanziari e il
95% possiede un sito per comunicare online con il pubblico
Il valore totale delle vendite online nel 2007 è stato, infatti, di 5.33 miliardi di euro, vale a dire l’1%
del valore del commercio “tradizionale” nello stesso periodo.
Dolenti note anche per le infrastrutture informatiche, infatti con 37 computer e 18 connessioni a banda
larga ogni 100 abitanti, l’Italia si accomoda decisamente al di sotto della media europea.
59
Gli investimenti nella ricerca e lo sviluppo, tanto nel privato, con circa 147 dollari ogni cento
persone (un valore, al di sotto di quello riportato in altri paesi europei: la Svezia, ad esempio, spende
948 dollari ogni 100 abitanti) quanto nel pubblico che ammontano circa a 55 dollari per ogni 100
abitanti, (un valore di investimenti governativi nella ricerca simile a quello di paesi come la Slovenia e
la Repubblica Ceca), sono bassi, e sarebbe necessario incrementarli.
60
Per realizzare la classifica è stato creato un indice di competitività che prende in considerazione 6
fattori: cultura dell’innovazione, infrastrutture tecnologiche, disponibilità di personale qualificato,
quadro normativo sulla proprietà intellettuale, competitività del sistema paese e leadership governativa.
L’Italia non figura fra le venti nazioni più avanzate in nessuna delle sei aree.
Per l’Italia il valore dell’indice è di 45.6 su 100, ben lontano dal 74.6 degli Stati Uniti e anche, seppur
di poco, inferiore anche alla media Unione Europea pari a 48.4.
61
A guidare la classifica sono gli Stati Uniti, mentre il nostro Paese l’Italia, che risulta l’unica delle
grandi economie a non rientrare nelle prime 20 posizioni, è negli ultimi posti anche in Europa, peggio
di noi, tra i paesi europei presi in esame dalla ricerca, solo il Portogallo, al 27° posto, e la Grecia al
33°.
62
La mancanza di una cultura tecnologica condivisa si riflette anche nella carenza cronica di personale
qualificato che le aziende dell’IT si trovano ad affrontare, nonostante il settore occupi circa 700mila
persone, sono solo 155mila gli studenti che optano per una facoltà scientifica: un numero basso, data la
dimensione della popolazione
92
I tassi di pirateria e contraffazione italiani sono tra i più alti dell’Europa occidentale, e
il paese stesso è uno dei maggiori esportatori di merci contraffatte.
Un male questo che si ripercuote sull’IT italiano, potenzialmente settore cruciale,
sottraendo guadagni ai possessori di brevetti e creando sistemi instabili perché fuori
controllo.
In Italia l’e-commerce e soprattutto il mercato delle aste online necessiteranno quindi
di una regolamentazione e una legislazione urgenti che, a fronte di guadagni derivanti
da intermediazioni commerciali, obblighino i gestori di spazi web al pagamento al
versamento delle imposte nel nostro Paese; assunzione delle responsabilità;
retribuzione a proprie spese di consulenti informatici privati per arginare i reati
commessi nelle loro piattaforme, soprattutto al fine di far intervenire gli esperti delle
forze dell’ordine solo nei casi più gravi, e con un adeguato compenso
all’amministrazione dello Stato.
3.2.2 IL TERRIBILE SOSPETTO SULLE ASTE ONLINE
Su un paio di jeans si possono risparmiare decine di euro, quasi un centinaio su una
fotocamera…e tutto senza estenuanti tour de force tra grandi negozi a caccia del
prezzo migliore, piuttosto bastano un computer, un collegamento ad internet, un
browser e l’iscrizione ad un sito.
Ma c’è un rovescio della medaglia necessario, anzi doveroso, da conoscere: cioè
quello che, così come possa trattarsi di prodotti originali, allo stesso modo potrebbe
93
trovarcisi dinnanzi un’imitazione, poiché oltre a commercianti onesti, anche altre
tipologie di utenti si sono riversati, a dire il vero già da diversi anni, su internet.
In effetti l’assenza di contatto diretto e la mediazione tramite strumenti di
comunicazione facilmente manipolabili, nonostante i sistemi di sicurezza, ha
incentivato l’ingresso sia di galantuomini che di truffatori.
La virtualità rende più semplice il perpetuarsi di truffe63, come l’aggiudicarsi un
prodotto diverso da quello descritto o, peggio ancora, il pagare un oggetto che, non
sarà mai spedito all’acquirente.
Un certo grado di sicurezza dell’impunità è garantita sia agli utenti, poiché non si
vedono tra loro, essendo comodamente seduti davanti al proprio pc, sparsi in
qualunque parte del mondo, sia agli oggetti messi all’asta, i quali non possono essere
visionati dal vivo, così ci si accontenta solo di visionare delle immagini digitali che, a
volte di cattiva qualità, li riproducono.
Inoltre, il loro reale stato di conservazione e usura può essere verificato solo nel
momento in cui li si riceve.
D’altro canto se è vero che un’asta online offre la possibilità aggiudicarsi un oggetto
che si trova molto distante da dove si vive, aspettando poi che il corriere lo recapiti
comodamente a casa, è altrettanto vero che in questo modo si può acquistare un
oggetto per il quale non è prevista la distribuzione nella propria nazione64.
Insomma, vantaggi, svantaggi e peculiarità, nonché minori restrizioni, di un’asta
online sono davvero molti, e quelli che sono citati sopra ne rappresentano un’estrema
63
Nelle aste tradizionali, al massimo si tratta di casi più unici che rari, ci si può aggiudicare un’opera
d’arte che poi si rivela essere un falso.
64
http://punto-informatico.it/, è il caso della vendita incontrollata in rete, in alcuni casi tramite aste
online, di Taser, le famose pistole elettriche usate dalla polizia americana, e non solo, per
immobilizzare i criminali, e di altre armi bianche di varia grandezza.
94
sintesi, ma diventando utenti se ne scoprono molti altri e, per fortuna, si scoprono
abbastanza presto anche le limitazioni, o se vogliamo, i problemi che accompagnano
questi sistemi.
A tal proposito, la panoramica degli abusi e degli illeciti più frequenti65 perpetrati
sarebbe la seguente:
•
Oggetti pagati e mai ricevuti;
•
Identità clonate;
•
Inserzioni cancellate e utenti sospesi senza motivazioni plausibili;
•
False griffe a costi risibili e cd copiati di artisti vari;
•
Compravendite tra minorenni;
•
Prodotti di fama taroccati66 ;
•
Bagarinaggio, software-spia, sim anonime in offerta;
•
Automobili di lusso inesistenti;
•
Prodotti miracolosi per la salute, consulti esoterici, sostanze allucinogene;
•
Articoli rubati e ricomparsi online67
65
http://www.antiebay.net/primo.htm;
http://www.intertraders.eu;
Comunicato stampa Telefono AntieBay (osservatorio di Telefono Antiplagio sulle compravendite
online) del 1° rapporto annuale per quanto concerne i rischi connessi con l’e-commerce relativamente a
truffe ed abusi nel mercato delle aste telematiche e in particolare sugli illeciti perpetrati sulla
piattaforma italiana di eBay.
Secondo le statistiche stilate su un campione di 400 segnalazioni raccolte dal gennaio 2007 i soggetti
sulla base dei quali è stato stilato il rapporto, avrebbero un'età media di 35 anni e si caratterizzerebbero
per l’appartenenza alle seguenti categorie:
Titolo di studio: Licenza elementare 9%, Media inferiore 25%,Diploma 40%,Laurea 26%.
Sesso: Uomini: 45%, Donne: 33%, Minori: 22%.
Tipologia di soggetti: Venditori: 56%, Acquirenti: 44%.
66
Si veda il caso “Gronchi rosa”
67
per danni complessivi pari a circa 140 mila euro.
95
I dati, si legge dal comunicato: <<rivelano una vera e propria piaga sociale che
coinvolge e danneggia migliaia di utenti, molti dei quali cominciano a sporgere
denuncia e a chiedere risarcimenti>>.
L’industria della contraffazione e la categoria dei truffatori sembrano, quindi, aver
trovato nel commercio elettronico il loro sbocco naturale, e le varie piattaforme
virtuali a loro volta, ricavano in ogni modo, così come dalle vendite lecite, anche da
questo commercio, proventi e commissioni tali che spesso potrebbero essere tentate a
chiudere volentieri un occhio. E anche due se necessario.
Contrariamente a quanto si può pensare, infatti, la truffa più diffusa non é quella
“pura” del malfattore che incassa i soldi per merci che non spedisce, bensì quella dei
prodotti contraffatti.
Migliaia di aziende nel mondo producono beni di marca rigorosamente falsi e spesso
ben imitati che, attraverso aziende di import-export, passano da uno stato all’altro, per
essere immessi direttamente nei vari canali di commercializzazione, tra i quali non
disdegnano quello telematico.
Il giro delle merci taroccate, in alcuni casi, costituisce una delle principali fonti di
profitto delle piattaforme ed é spesso la ragione della quasi inerzia di alcuni siti in
materia di sicurezza; infatti regole più severe impedirebbero la registrazione delle
imprese o dei privati che operano sui portali con dati falsi e che, oltre a frodare gli
acquirenti, evadono fisco, dogana e movimentano enormi quantità di danaro
attraverso i continenti sottraendosi ad ogni forma di controllo.
Quanto detto, diventa ancora più significativo, se si pensa che il 56%
dell’abbigliamento venduto online è contraffatto, vale a dire un valore che si attesta
96
intorno ai 60 milioni di euro68 e che il 20%69 del business riguarda i prodotti del
settore moda-abbigliamento.
Chi si dedica all’e-commerce per lavoro o per passione sa bene che non vi sono
praticamente più limiti al tipo di merce acquistabile in rete, ma consapevoli di ciò ne
sono anche i venditori abusivi di tutto il mondo, in particolar modo quelli di Paesi in
via di sviluppo, che esportano di continuo merce a basso prezzo in Stati dove i
corrispettivi risultano più elevati per i più disparati motivi (beni provenienti da Paesi
con monete più “deboli” e quindi con prezzi profittevoli nei Paesi importatori che
spesso presentano prezzi inflazionati; prodotti con marchi identici ma con prezzi più
bassi poiché qualitativamente differenziati dall’azienda produttrice per caratteristiche
proprie del mercato; beni riprodotti in modo fedele agli originali, ad eccezione dei
segni distintivi, e venduti come repliche a prezzi decimati).
In questo modo si vengono a realizzare in molti settori dei veri e propri mercati
“paralleli” e di sicuro più convenienti rispetto a quelli ufficiali.
Uno degli ambiti particolarmente gettonati negli ultimi anni è quello relativo ai
medicinali70 e ai prodotti naturali: articoli vietati in alcuni Paesi o soggetti a
prescrizione medica, che tramite Internet giungono tranquillamente nelle case dei
consumatori “bypassando” anche i più rigidi controlli doganali.
68
http://www.confcommercio.it
Secondo i dati di Indicam, la contraffazione online riguarda ciascun settore in queste percentuali: 5%
orologi, 6% industria farmaceutica, 10% profumeria, 25% audio-video, 35% software.
70
http://medicine.plosjournals.org, studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Plos
Medicine”, in merito all’aumento nella vendita di farmaci contro l’obesità e l’impotenza.
Il dato più preoccupante è il forte aumento delle contraffazioni di medicinali: l’Organizzazione
Mondiale della Salute, stima che il 10% dei medicamenti consumati nel mondo siano contraffatti, con
punte del 30% in Brasile e del 60% in alcuni Stati africani.
L’Europa non è immune al fenomeno: gli uffici doganali dell’UE stimano che circa il 10% degli
oggetti falsi bloccati alle frontiere sono medicinali.
Questi prodotti spesso vengono integrati con sostanze nocive non dichiarate sulle confezioni.
L’Organizzazione mondiale della Sanità afferma che una pillola su dieci nel mondo è contraffatta. Tra
500 mila e un milione le persone che morirebbero ogni anno per questo motivo
69
97
In queste circostanze stendere una lista dei prodotti incriminati71 è tuttavia difficile,
ma altri studi per diversi settori mostrano la stessa inclinazione: merce che una volta
ordinata dall’altra parte del globo arriva quasi sempre a destinazione, sfuggendo
persino ai controlli doganali72.
Il mercato parallelo più ampio e florido resta quello legato alla ricettazione, un illecito
di sempre, che, però, in internet trova un abile alleato in quanto permette ad ignari
acquirenti di comprare prodotti informatici e casalinghi ad un terzo del valore reale.
Così, in pochi anni, la contraffazione su larga scala, la sofisticazione delle imitazioni,
la mancanza di rigidi controlli dovuti tanto alle dimensioni globali quanto ai canali
utilizzati del fenomeno, e non da ultimi la difficile gestione delle eccedenze
produttive e il consumismo, inteso come ricerca di prodotti di marca sostenuti da
un'ampia pubblicità, hanno creato il terreno fertile per uno sviluppo colossale della
contraffazione di prodotti di lusso assicurando agli autori lauti profitti.
Oltremodo, l’intangibilità sembra aver cambiato anche la percezione del fenomeno,
infatti in passato l’immagine della contraffazione dei prodotti era un qualcosa
sostanzialmente esplicito e manifesto, ovvero riconoscibile, un’occasione a cui ci si
concedeva in modo consapevole e consenziente, poiché la stessa ridicola “location”
portava a considerarli, senza pretese, per quello che erano: veri e propri falsi.
Oggigiorno, invece, i prodotti contraffatti inseriti nelle aste online, tanto da piccoli
utenti quanto dai “professionisti”, godono di una artificiale serietà che pare
71
Esistono copie illecite di prodotti farmaceutici, pezzi di ricambio di auto, giocattoli, CD, bibite,
alimentari, abbigliamento, accessori, e via dicendo, persino alcune tipologie di stupefacenti e numerose
specie animali ordinabili comodamente da casa su appositi siti “ad accesso limitato”.
72
In molti casi i venditori nascondono la merce illegale tra quella in regola o utilizzano speciali
tipologie di imballaggio in grado di “schermare” il contenuto dei pacchi e renderlo invisibile agli
strumenti di rilevazione in dotazione agli uffici postali e doganali., ma ancor più frequente è l’aiuto
degli spedizionieri o degli impiegati addetti ai controlli pratica questa molto diffusa nei Paesi più
poveri.
98
trasformare la vecchia equazione poco costoso uguale a falso ad una nuova idea per
cui “e-conomico” è diventato sinonimo di affare!
3.3 LA LOTTA E GLI STRUMENTI
Combattere il mercato del falso è davvero chimerico, come intento, ancor di più
quando i falsi viaggiano in Internet.
Malgrado negli ultimi anni, in molti Paesi, siano state varate leggi per combattere i
falsari, il mercato del falso rimane un piatto appetibile per la criminalità organizzata e
non solo.
Tuttavia, le forze dell’ordine si impegnano di continuo a far rispettare tali normative,
basti pensare che nell’intero 2007 la Guardia di Finanza73 ha sequestrato oltre 111
milioni74 di prodotti contraffatti, di cui 23 milioni75 non rispondevano agli standard di
sicurezza comunitari76, con un aumento del 363% rispetto allo scorso anno77, e
denunciate all’autorità giudiziaria 217 persone78.
73
www.guardiadifinanza.it Al 15 settembre 2008, cioè nei primi otto mesi dell'anno, sono stati chiusi
17 siti web impiegati per vendere online prodotti contraffatti e sono stati sequestrati oltre 50 milioni di
articoli falsi; mentre le persone denunciate all'Autorità Giudiziaria per reati connessi all'industria del
falso sono state circa 11.000, delle quali 250 tratte in arresto.
74
111.699.846
75
23.403.716
76
Oltre alle tonnellate di tabacchi sequestrate e ai prodotti contraffatti o insicuri per i consumatori,
sono state sequestrate 20,3 tonnellate di stupefacenti e 107.200 apparecchi da intrattenimento
77
Tratto da Help Consumatori - articolo del 12 dicembre 2007
Sono alcuni dei dati resi noti dalla Guardia di Finanza, illustrate dal Generale Vicanolo e dal
Comandante Generale Cosimo D’Arrigo, nel corso dell’annuale incontro con la stampa e bilancio
dell’attività di fine anno.
78
Mentre 69 persone sono state raggiunte da ordinanza di custodia cautelare.
99
Sul versante della lotta all’evasione79, il consuntivo delle verifiche fiscali ha scoperto
27,7 i miliardi di euro di base imponibile sottratta al fisco, cui si aggiunge un’IVA
evasa di 4,2 miliardi80, e rilievi IRAP per 13,5 miliardi81.
Va sottolineato che le strategie adottate, hanno provocato l’emersione di ben 23
miliardi di euro di maggior gettito derivante da tributi precedentemente non versati
dai contribuenti delle varie categorie economiche.
Se, come precedentemente affermato, la commercializzazione di prodotti contraffatti
e non conformi alle norme è uno degli ostacoli che maggiormente rallentano lo
sviluppo di un mercato competitivo ed efficiente, oltremodo nel settore delle
apparecchiature elettriche ed elettroniche, questo stesso fenomeno assume
un’importanza ancor maggiore, perché si lega indissolubilmente al fatto che può
comportare rischi evidenti per clienti e utilizzatori.82
Per contrastarne l’importazione, un ruolo fondamentale è svolto dall’Agenzia delle
Dogane83 che, in collaborazione con tutti gli attori della filiera, promuove
metodologie attive di controllo delle importazioni, per combattere una pratica lesiva e
controproducente.
Proprio per la finalità suddetta, ma con maggiore efficacia, è nato il nuovo circuito di
tutela doganale84, che stabilisce procedure integrate basate sull’utilizzo estensivo
79
al 30 novembre del 2007 con un aumento del 78% in più rispetto allo scorso anno
75% in più rispetto al 2006
81
44% in più rispetto al 2006
82
Settore di competenza della Federazione ANIE (Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed
Elettroniche, aderente a Confindustria).
83
Nel 2004 sono stati sequestrati in Italia oltre 650.000 pezzi di materiale elettrico, rispetto ai 150.000
del 2003 e i 139.000 circa del 2002
84
In ottemperanza del nuovo Regolamento CE di applicazione del 1 luglio 2004
Federazione ANIE in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e con l’IMQ (Istituto Italiano del
Marchio di Qualità) ha organizzato il convegno sul tema “Come fare cosa per tutelare la tua azienda ed
il consumatore dalle importazioni di prodotti contraffatti e non sicuri: il ruolo dell’Agenzia delle
Dogane”, presso la sede IMQ a Milano, 20 gennaio 2005.
Durante l’incontro si è discusso del problema e illustrato agli operatori il ruolo dell’autorità doganale.
80
100
delle tecnologie telematiche, banche dati e sistemi web-based di raccolta e
circolazione delle informazioni.
L’intervento coordinato dell’Agenzia delle Dogane ha previsto, tra le altre misure,
l’attivazione di una banca dati multimediale dei prodotti autentici, denominata
F.A.L.S.T.A.F.F.85, in funzione dal luglio 2004, inserita nel sistema informativo
A.I.D.A.86 dell’Agenzia, e viene alimentata dalle richieste di tutela presentate dai
titolari dei diritti di proprietà intellettuale.
Il sistema, consente di riconoscere i prodotti originali, individuare quelli contraffatti e
le strategie di frode, alimentando automaticamente la banca dati e acquisendo in tal
modo conoscenze sempre maggiori.
La loro diffusione tramite un sofisticato sistema di codifica delle informazioni
collegate automaticamente alle dichiarazioni doganali, grazie all’accumulo di
informazioni conseguenti alle richieste di intervento da parte degli utenti, permette al
85
Fully Automated Logical System to Against Forgeries Frauds
Il progetto di lotta alla contraffazione, elaborato dall’Agenzia delle Dogane, che si concretizza nella
costituzione di una banca dati multimediale è alimentata dagli stessi titolari del diritto, e consente, di
confrontare le caratteristiche dei prodotti sospettati di contraffazione con le caratteristiche dei prodotti
originali.
In sintesi, ogni azienda che richieda un intervento di tutela di un proprio prodotto genera, nella banca
dati, una scheda in cui possono inoltre essere registrate, per ogni prodotto, tutte le informazioni di
carattere tecnico che lo contraddistinguono.
Della banca dati fanno parte anche le immagini del prodotto e la “mappa” dei suoi itinerari doganali.
I funzionari doganali possono interrogare la banca dati ottenendo risposte in tempo reale e possono
avvalersi, per le richieste di intervento, dei tecnici delle associazioni di categoria e/o degli enti di
certificazione della qualità dei prodotti posti sotto tutela.
La banca dati si integra, inoltre, con il Circuito Doganale di Controllo e permette di definire ulteriori
profili di rischio a cui sono collegate specifiche azioni per la tutela dei prodotti protetti da marchio.
Il Circuito Doganale di Controllo analizza, in tempo reale, tutte le dichiarazioni di importazione ed
esportazione presentante in dogana e le indirizza automaticamente ai canali di controllo abbinati ai
profili di rischio elaborati anche in base ai parametri indicati, nelle schede, dalle aziende.
Con questa realizzazione l’Agenzia delle Dogane ha già dato risposta concreta ad alcune delle esigenze
più pressanti emerse nel corso del primo congresso mondiale sulla lotta alla contraffazione: identificare
il maggior numero possibile di prodotti e strategie di contraffazione ed intervenire il più rapidamente
possibile; obiettivi, questi, raggiungibili solo con strumenti telematici.
86
Automazione Integrata Dogane e Accise
101
sistema di apprendere in modo progressivo, migliorando l’efficienza dell’intero
circuito.
L’associazione dei dati che collegano tipologie di prodotto, paese di importazione,
dogana di valico e regione di destinazione consente di tracciare percorsi e
informazioni relative ai flussi doganali, nonché di intervenire selettivamente nei
controlli, aumentando l’efficacia dei vari interventi.
Il successo delle operazioni si basa anche in questo caso sulla collaborazione, da
sempre auspicata87, tra Autorità doganale e operatori del mercato, ovvero produttori e
distributori.
Ma se le autorità competenti riescono a vietare la vendita ad esempio di borse false
“Gucci” in spiaggia, ciò risulta essere complicatissimo, quando allo stesso modo
“Gucci” viaggia in Internet.
L’organo comunque preposto, per eccellenza, al controllo e alla repressione dei reati
sul web è la Polizia Postale88, che nelle sue articolazioni per argomento, ha uno
specifico nucleo che si occupa, appunto, dell’e-commerce.
87
Il Presidente di Federazione ANIE, l’ing. Gian Francesco Imperiali, ha dichiarato: <<La
contraffazione uccide il mercato; lottare contro questo fenomeno è una delle nostre priorità, ma
vincere è impossibile se a farlo si è soli. Per questo la strada più volte sottolineata da ANIE è la
collaborazione con tutti gli enti e i soggetti preposti, e nessuno meglio dell’Agenzia delle Dogane ci
può fornire un contributo concreto in tal senso>>.
Il presidente IMQ, l’ing. Giorgio Scanavacca, ha aggiunto che: <<grazie ai differenti accordi conclusi
con l'Agenzia delle Dogane, il MAP e la Camera di Commercio di Milano si offre un supporto tecnico,
in termini di competenza e know-how, ai soggetti preposti alla sorveglianza del mercato ed è
disponibile a partecipare a tutte le iniziative che contribuiscono a migliorare la lotta ai prodotti non
conformi e contraffatti>>.
88
Il Servizio centrale delle polizia postale e delle comunicazioni ha sede a Roma e coordina 19
compartimenti regionali e 77 sezioni territoriali. Questa organizzazione permette una presenza diffusa
su tutto il territorio nazionale.
Sono circa 2000 gli uomini e le donne del Dipartimento di Pubblica Sicurezza che mettono a
disposizione della Specialità le loro qualifiche professionali, le approfondite conoscenze informatiche e
le loro esperienze di polizia giudiziaria.
102
Nell’ottica della lotta alle frodi informatiche, la Polizia Postale è in fase di continua
analisi, a causa dello sviluppo delle innumerevoli possibilità commerciali offerte da
Internet, soprattutto al fine di valutarne le possibili implicazioni criminali.
La mancanza di confini e l’articolata distribuzione di Internet impongono così alle
forze di polizia dei singoli Paesi una presenza capillare non solo sul territorio
nazionale, ma anche una collaborazione con aziende ed organizzazioni impegnate nel
settore a livello internazionale, allo scopo di assicurare la perseguibilità dell’autore di
un eventuale reato commesso attraverso la rete.
A livello operativo il servizio è organizzato in distinte aree d’intervento quali:
•
Hacking, attività repressiva della violazione dei sistemi informatici;
•
Eversione, monitoraggio ed analisi di documenti relativi all’estremismo
politico;
•
E-Commerce, repressione degli illeciti commessi mediante l’uso fraudolento
del mezzo telematico;
•
Telefonia, illeciti in materia di comunicazioni telefoniche;
•
Illeciti Postali;
•
Tutela del diritto d’Autore e Pirateria informatica, violazione del copyright e
clonazione di smart card di pay tv;
•
Pedofilia online.
Per rendere più incisiva la strategia del contrasto al crimine informatico la polizia
postale partecipa, con alcuni suoi rappresentanti, agli incontri e gruppi di lavoro
permanenti, istituiti dal Governo o da organismi internazionali89.
89
Tra cui il Gruppo Interministeriale per la sicurezza delle reti, il G8, la Comunità Europea, il
Consiglio d’Europa, l’OCSE, l’Interpol, l’Europol.
103
Pilastro fondamentale della divisione operativa è poi costituito dalla sezione dedicata
alle collaborazioni e seminari con omologhi Uffici di Polizia90 stranieri e collaterali
organismi investigativi impegnati anch’essi nel contrasto al Cybercrime, per
raggiungere un concreto, quanto continuo, aggiornamento tecnico-professionale91.
Altro importante impegno è quello dispiegato tanto dalle imprese92, attraverso la
comunicazione rivolta al grande pubblico, quanto dalle associazioni di categorie,
mediante consigli e raccomandazioni.
Ad esempio, il CODICI93, ha stilato un utile vademecum, per orientarsi nella giungla
degli acquisti online, che consta di 10 regole d’oro destinate a chi ama fare shopping
su Internet e vuole approfittare dei prezzi ribassati offerti dai vari siti Web.
E’ vero che la lotta alla contraffazione parte sicuramente dall’intervento preventivo
delle autorità di controllo e dalla repressione attraverso il sequestro e la distruzione
delle merci contraffatte, ma il primo intervento efficace ed efficiente resta quello dei
Inoltre collabora con istituzioni quali il Ministero delle Comunicazioni e l’Autorità garante per le
comunicazioni e gli operatori privati che si occupano di comunicazioni in genere.
90
In primis F.B.I. ed i Secret Service statunitensi, N.C.I.S britannico e B.K.A. tedesco.
91
Ne è un esempio il potente, sofisticato e innovativo, software della Microsoft, il CETS (Child
exploitation tracking system – Sistema di tracciamento contro la pedopornografia), che è ora a
disposizione degli esperti della Polizia di Stato per scovare i pedofili nascosti in Rete. CETS consente
di “tracciare” i tentativi di adescamento e di condivisione di materiale pedopornografico da parte dei
pedofili online, permettendo di raccogliere, elaborare e analizzare i dati e le prove.
92
Le aziende impiegano ingenti capitali per contrastare il mercato del falso, ad esempio Lvmh, il più
grande gruppo del lusso al mondo che controlla Louis Vuitton, Fendi ed Emilio Pucci, in un anno
investe dai 10 ai 20 milioni di dollari in azioni legali legate alla contraffazione.
93
Centro per i Diritti del Cittadino, associazione dedita alla tutela dei diritti dei cittadini.
Usare un browser sicuro, ossia un programma di navigazione noto e aggiornare regolarmente antivirus,
firewall e software di sicurezza; Utilizzare password non facilmente crackabili da malintenzionati;
Controllare sempre la presenza del lucchetto sui siti web sicuri; Dubitare di siti sconosciuti che
promuovono sconti troppo allettanti: mentre si è alla ricerca di occasioni, il rischio di incappare in
truffe è maggiore; Prediligere il pc di casa: quello dell'ufficio potrebbe essere meno sicuro nel
proteggere i dati delle carte di credito; Controllare che il venditore oltre all’indirizzo di posta
elettronica abbia anche una sede con un indirizzo reale e un numero di telefono a cui rivolgersi in caso
di problemi legati all’acquisto del prodotto; Prediligere l’uso di carte prepagate; Verificare che sulla
proposta di contratto siano presenti le informazioni sul diritto di recesso e sulle modalità per
esercitarlo; Ricordare che anche comprando online da venditori italiani, per acquisti superiori alle
25,00 Euro (iva inclusa), vale il diritto di recesso da esercitare entro 7 giorni, a decorrere dalla data di
consegna della merce o di sottoscrizione dell’ordine per beni immateriali; Tenere ogni ricevuta ed
esaminare ciascun pagamento.
104
consumatori vigili e attenti ad evitare di cadere nella trappola dei contraffattori di
marchi ovvero di mercati paralleli, e quindi, non acquistando le loro imitazioni.
Quanto scritto, è ancor più difficile quando arrivano i saldi94, momento in cui tanti i
negozi in rete, e non solo, offrono a maggior ragione prodotti a prezzi vantaggiosi,
che spesso rappresentano degli affari unici per i “cyber-consumatori”, ma che allo
stesso tempo potrebbero nascondere altrettante delusioni a portata di mouse.
E’ bene, poi, saper valutare con attenzione sia il contesto in cui si acquista la merce,
in particolare se chi vende lo fa servendosi di portali d’aste online, dove potrebbe
esserci, con maggiore probabilità, la presenza di merce contraffatta smerciabile a
prezzi fortemente ribassati, oppure attraverso siti web poco conosciuti, o
improvvisati, aperti da poco tempo e con informazioni sul venditore mancanti o
incomplete.
Appare evidente, oltre a ciò, assicurarsi di conoscere ex-ante le garanzie offerte e le
limitazioni95, talvolta pretestuose, poste dai venditori a chi acquista la merce in
questione.
Sempre nella volontà di diffondere il valore e la cultura dell’anticontraffazione fra gli
operatori, le pubbliche autorità, e il grande pubblico, Indicam96 elabora:
94
La presenza di saldi, in ogni modo, non preclude al consumatore la possibilità di avvalersi del diritto
di recesso e delle garanzie di cui al D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo).
Inoltre il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 al co.3 art. 15 stabilisce, che le vendite di fine stagione:
<<riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se
non vengono venduti entro un certo periodo di tempo>>.
Le tante eccezioni presenti in Rete, di chi pubblicizza saldi di fine stagione sulla merce più disparata,
pertanto, possono nascondere astuti tentativi di rivendere merce vecchia o difettata.
95
In particolare al rifiuto di accettare il pagamento con carta di credito o con PayPal, all’addebito di
commissioni extra a vario titolo o di ingiustificate spese di gestione dell’ordine o di spedizione.
96
http://www.indicam.it, Indicam rappresenta oltre 180 aziende, associazioni, enti, studi professionali,
organizzazioni impegnati nella lotta alla contraffazione dei prodotti di marca ed è attivo in Italia e
internazionalmente.
105
•
iniziative seminariali di informazione, formazione e sostegno destinate alle
diverse funzioni aziendali (marketing/commerciale, legale, ufficio stampa,
ecc.) volte all’illustrazione di leggi e regolamenti, di tecniche di sicurezza, di
procedure per l’elaborazione di strategie anticontraffazione e di protezione dei
propri diritti di proprietà industriale in Italia e in paesi stranieri considerati “a
rischio”;
•
convegni e conferenze con relatori italiani e stranieri di alta fama e
competenza sugli sviluppi più recenti di argomenti politici, giuridici, tecnici
connessi con i diritti di proprietà industriale e la loro difesa, dalle tematiche
concernenti le importazioni parallele a quelle relative a Internet, dalle novità
legislative e procedurali agli orientamenti delle grandi Agenzie internazionali
in tema di Proprietà Intellettuale;
•
studi e pubblicazioni sull’evoluzione dei fenomeni economici e sociali legati
alle diverse forme di violazione dei diritti di proprietà industriale, come la
valutazione dell’impatto della contraffazione sulle imprese italiane, gli
atteggiamenti della pubblica opinione e dei consumatori in proposito, lo stato
della legislazione italiana e internazionale in proposito, gli strumenti tecnici di
contrasto.
Invece, allo scopo di contrastare la contraffazione, propone in maniera continuativa
programmi di aggiornamento tecnico/giuridico rivolti alle forze dell’ordine97 e
97
Coadiuva Forze dell’ordine, quali l’Arma dei Carabinieri, il Corpo della Guardia di Finanza, la
Polizia di Stato, Magistratura e gli altri rami della Pubblica Amministrazione direttamente impegnati
nella lotta anticontraffazione
106
programmi di sensibilizzazione98 rivolti alle forze politiche e all’Amministrazione,
adoperandosi per un miglioramento delle disposizioni legislative anticontraffazione e
per una loro più efficace applicazione
In ultima analisi, Indicam, opera sul piano internazionale99 e, al fine di perseguire
l’accreditamento e la protezione dei marchi italiani all’estero, svolge missioni
conoscitive e di sensibilizzazione presso i Paesi stranieri a forte potenziale
contraffattivo, nonché intraprendendo il lavoro di redazione e di aggiornamento di
“Elenchi dei marchi notori italiani”.
Inoltre sia il Ministero delle Attività Produttive100 e quello dello Sviluppo
economico101 che l’Ufficio Italiano brevetti102 sono in prima linea nella lotta alla
contraffazione, fenomeno in preoccupante ascesa contro cui approntano difese rapide,
efficaci, incisive.
A tal proposito, l’I.C.E.103 ha promosso l’iniziativa, d’intesa con l’Università di Tor
Vergata, di predisporre sull’argomento una “Guida pratica104” indirizzata alle imprese
che l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, segue da vicino, confermando
98
Attraverso un ufficio Stampa permanente in grado di fornire documentazione, testimonianze e
commenti qualificati ai media e di collaborare con gli associati in caso di eventi rilevanti, iniziative e
strumenti di sensibilizzazione del grande pubblico
99
In collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e quello per il Commercio con l’Estero.
Ha recentemente avviato un programma seminariale destinato alla formazione di base in proprietà
industriale dei diplomatici italiani all’estero, in collaborazione con l’ “Istituto Diplomatico Mario
Toscano”, scuola di formazione del Ministero degli Affari Esteri.
100
Ha istituito l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione ed ha inoltre lanciato, come
strumento efficace per la lotta alla contraffazione, una campagna di comunicazione, di tipo educativo,
volta a sensibilizzare il consumatore sulle caratteristiche della contraffazione ed i danni che ne
derivano per l'economia e per i consumatori stessi.
101
Ha istituito una linea diretta, attiva 24 ore su 24, dedicata al servizio delle imprese e dei
consumatori per segnalare casi di contraffazione o violazione delle norme che tutelano il “Made in
Italy”
102
http://www.uibm.gov.it/
103
Istituto nazionale per il Commercio Estero.
104
http://www.uibm.eu/contraffazione/
107
la vocazione di promuovere, in tutte le sedi, le opportune iniziative a sostegno del
“Made in Italy” che ne risulta marcatamente colpito.
3.3.1 IL RUOLO DI EBAY
Il problema della contraffazione non riguarda solo eBay ma affligge tutto il settore
della vendita al dettaglio tradizionale e quello dell’e-commerce in generale.
Pertanto eBay si impegna a ridurre il rischio di frodi e le eventuali esperienze
negative a cui potrebbero andare incontro gli acquirenti sul sito a causa della vendita
di oggetti contraffatti.
La fiducia è alla base delle compravendite concluse sul sito e qualsiasi atto di
contraffazione mina il necessario rapporto di fiducia e danneggia tutti.
In questo clima di allerta, il principale mediatore del mercato virtuale è così,
anch’esso, vittima delle tante irregolarità online, sia per la reputazione danneggiata
sia per la mancata fiducia verso il sito e il commercio elettronico in generale.
Ogni volta che un acquirente acquista inconsapevolmente un oggetto contraffatto su
eBay, l’intero mercato ne paga le conseguenze.
Tuttavia, non ci si deve spaventare, in ragione del fatto che, così come avviene in
mercati di successo reali, eBay, nel virtuale attrae malintenzionati che cercano di
abusare della fiducia e dell’inesperienza dei nuovi utenti.
A tal proposito opera sempre applicando i massimi standard per tutelare gli utenti e di
conseguenza, tutte le attività che si mettono in essere sul sito, allo scopo di creare una
piattaforma che permetta di fare compravendita in assoluta sicurezza ed efficienza.
108
Tutto, in particolar modo, viene affidato ad un complesso, ma ormai divenuto famoso,
sistema di feedback105 tra acquirenti e venditori che esprimono, dopo ogni
transazione106, un giudizio reciproco sull’affidabilità in generale di chi vende e dei
suoi prodotti e, per contro della condotta di chi acquista.
Quindi, per ogni soggetto viene a crearsi un proprio “profilo di feedback” e una
corrispondente stella107, con informazioni permanente di base sull’utente stesso e
commenti di feedback lasciati dagli utenti con cui ha concluso transazioni di acquisto
o vendita.
Lasciando commenti obiettivi si permette agli altri membri della Community di farsi
una buona idea, poiché la fiducia e il giudizio nei confronti di chiunque si basa molto
sulle opinioni espresse dai precedenti acquirenti o venditori.
Grazie a questo sistema, gli acquirenti, in particolare, possono premiare i venditori
migliori non solo con nuovi acquisti, ma anche segnalando alla community la qualità
105
Il feedback degli acquirenti è composto da un punteggio positivo, negativo o neutro e un breve
commento, mentre quello dei venditori può essere composto solo da un punteggio positivo e un breve
commento, non previsto quindi quello negativo per evitare quei feedback cosiddetti “di ripicca” inseriti
per ricattare un giudizio positivo dall’acquirente.
Chiaramente, l’acquirente può anche valutare il venditore in base ad altri criteri: accuratezza della
descrizione dell’oggetto, comunicazione, tempo di spedizione e costi di spedizione e imballaggio.
Le valutazioni dettagliate di questo tipo non contribuiscono però al Punteggio di feedback e sono
anonime: i venditori non possono quindi sapere da chi è stata lasciata una particolare valutazione
dettagliata e gli acquirenti possono tranquillamente lasciare valutazioni oneste, basate sulla propria
esperienza.
Al termine di una compravendita, un acquirente può lasciare un commento di feedback per un
venditore. Se successivamente lascia un altro commento di feedback per lo stesso venditore, il nuovo
feedback verrà conteggiato nel Punteggio di feedback del venditore solo se la relativa transazione ha
avuto luogo in una settimana diversa.
Ulteriori informazioni su come vengono calcolati i punteggi di feedback su www.ebay.it.
106
Questo avviene sempre in linea di principio, perché non esiste alcuna sicurezza che i giudizi degli
utenti siano trasparenti e non vengano in qualche modo manipolati da user invisibili, creati da appositi
software che vanno a dissimulare il comportamento di un compratore e di un venditore.
107
La stella indica il livello di affidabilità ed esperienza acquisite nella Community eBay.
Con un punteggio di feedback pari ad almeno 10 operazioni si ottiene una stella gialla; man mano che
il Punteggio di feedback e delle transazioni aumenta, si possono ottenere stelle di colori diversi, fino
alla stella cadente rossa per punteggi superiori a 100.000.
109
dei servizi offerti dal venditore in modo oggettivo e trasparente, in quanto maggiore è
il numero di feedback positivi ricevuti da un utente, maggiore sarà il suo punteggio.
Fermo restando che la stragrande maggioranza degli utenti di eBay è onesta e fa
transazioni rispettando controparte, leggi e regole della Community, anzi a maggior
ragione, eBay combatte la contraffazione e i malintenzionati che sfruttano questo
canale per presentare e distribuire i prodotti incriminati, minacciando la fiducia al
sito.
Il desiderio di contribuire ad arginare il fenomeno illegale è dovuto sia al fatto che
l’acquisto di un oggetto contraffatto rappresenta sicuramente un’esperienza negativa
per gli utenti, che al fatto della riduzione dei prezzi medi di vendita dei venditori
onesti.
Poiché l’uso non autorizzato di marchi o segni distintivi è vietato dalla legge, eBay
mira ad evitare l’abuso di un marchio108 all’interno degli annunci, poiché questo
comportamento, spesso, è causa di confusione e frustrazione tra gli utenti che,
cercando un oggetto specifico, ottengono risultati non pertinenti.
A tal proposito la manipolazione della ricerca costituisce una violazione delle regole
di eBay e può comportare la rimozione o la sospensione di un’inserzione, piuttosto
che la sospensione dell’account o altri ammonimenti.
Per quanto riguarda gli annunci, non permette di includere nelle inserzioni marchi o
loghi di società diversi da quelli specifici utilizzati dalla società che ha prodotto
108
Ecco alcuni esempi di oggetti o inserzioni non consentiti su eBay: un prodotto fatto in casa il cui
nome comprende il marchio di un’altra società (ad esempio portaorologi Swatch™); il nome di un
dominio Internet che contiene il marchio di un’altra società (es. www.disneymovies.com);
un'inserzione che contiene il logo di una società che non ha prodotto l’oggetto offerto.
Le inserzioni comprendenti marchi o loghi che non hanno alcuna relazione con l’oggetto possono
essere chiuse anticipatamente da eBay, al tempo stesso più violazioni delle Regole di eBay sull’abuso
del marchio potrebbero comportare la sospensione dell’account.
110
l’oggetto che viene messo in vendita, ad eccezione di quelle che consentono di
indicare oggetti di altro marchio compatibili con quello che viene offerto109.
Sempre in questo aspetto di controllo, vieta l’utilizzo scorretto di parole chiave o, più
in generale, qualsiasi prassi scorretta volta ad attirare o dirottare l’attenzione degli
utenti verso una particolare inserzione.
Ci si intende riferire ad un fenomeno frequente denominato “spamming con parole
chiave” che consiste nell’utilizzo eccessivo di marchi, segni distintivi e altre
denominazioni oggetto di diritti di proprietà intellettuale, come parole chiave, allo
scopo di attirare l’attenzione degli utenti verso una determinata inserzione.
Per quanto riguarda il titolo, c’è da dire che esso è un elemento funzionale sia per i
venditori, in quanto è il loro biglietto da visita, che per gli acquirenti, poiché è il faro
guida nelle ricerche, pertanto eBay gli dedica particolare attenzione, in modo tale da
pubblicare solo quelle inserzioni con titoli che descrivano con precisione, o almeno
senza ambiguità, solamente l’oggetto o gli oggetti che si stanno effettivamente
mettendo in vendita110 e che non includano comparazioni tra prodotti.
L’uso di parole quali “stile”, “come” e “non” all’interno del titolo dell’inserzione può
comportare una violazione delle regole sui confronti, pertanto è consigliabile evitarne
l’uso.
109
Ad esempio: “questo software è compatibile con Microsoft Windows XP” oppure “questa cover è
compatibile con tutti i cellulari Nokia”.
Quanto detto non è valido per i componenti universali.
110
Se il titolo contiene una parola o una frase che non sembra pertinente, occorre accertarsi che nella
descrizione sia chiaro il motivo per cui è stata inclusa; qualora dal titolo dell’inserzione non si riesca a
capire quali oggetti si stanno mettendo in vendita, significa che il titolo è ambiguo e pertanto non è
consentito su eBay.
Ad esempio, il titolo “Rolex d’oro al prezzo di uno Swatch” non è consentito su eBay, poiché fa un
confronto tra l’oggetto offerto, un orologio Rolex e un orologio Swatch.
111
Per questo eBay prevede che tutte le parole utilizzate per descrivere un oggetto
presenti nel titolo111 e nella descrizione della pagina dell’inserzione e rilevabili da una
ricerca, devono essere strettamente correlate all’oggetto venduto e rispettare le linee
di condotta previste dal regolamento del sito stesso.
Inoltre, se un oggetto venduto è compatibile con più marche o prodotti specifici,
questa caratteristica può essere descritta entro limiti ragionevoli.
Le iniziative intraprese, per il contrasto possono essere sintetizzate in questi punti:
•
Rimozione proattiva delle contraffazioni palesi;
•
Rimozione delle inserzioni relative a oggetti contraffatti segnalati dai
proprietari dei marchi;
•
Rimozione dal sito dei venditori che offrono oggetti contraffatti;
•
Sistema di verifica di PayPal112
•
Collaborazione con le forze dell’ordine per fare in modo che i truffatori
vengano perseguiti penalmente;
•
Applicazione di limiti di vendita per gli oggetti maggiormente esposti alla
contraffazione113;
111
Eventuali premi, omaggi e tutto ciò che non influisce sul valore di un oggetto in vendita non può
essere contenuto nel titolo.
112
PayPal è una società di eBay che, dal dicembre 1998, permette a qualunque individuo o qualsiasi
impresa con un indirizzo email di effettuare e ricevere pagamenti online in modo sicuro, semplice e
veloce.
La procedura di Verifica è un metodo utilizzato da PayPal per ottenere un’ulteriore prova dell'identità
dell'utente in aggiunta ai metodi di autenticazione di eBay. Questo elevato livello di verifica rende più
difficile per i contraffattori mettere in vendita oggetti su eBay.
E’ costantemente classificato da Nielsen/NetRatings come il sito personale finanziario numero uno ed
è in poco tempo diventato un leader mondiale in metodi di pagamento online con 100 milioni di conti
attivi in tutto il mondo e un servizio disponibile in 55 paesi del mondo, nonché in tradizionali attività
offline.
113
Per il commercio internazionale di alcuni tipi di oggetti per i quali viene spesso svolta attività di
contraffazione, verranno applicate le seguenti restrizioni: i venditori negli Stati Uniti, in Germania e
nel Regno Unito possono spedire questi oggetti in tutto il mondo, ad eccezione di Hong Kong e Cina; i
venditori nei mercati di lingua inglese – Stati Uniti, Australia, Regno Unito e Canada – potranno
mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti; i venditori in Germania, Svizzera
112
•
Limitazione delle attività dei venditori in determinate categorie o per intervalli
temporali114;
•
Fornitura di strumenti gratuiti per i proprietari dei diritti che consentano di
identificare in modo efficace le inserzioni e di segnalarle ad eBay affinché
vengano rimosse immediatamente;
La messa vendita di oggetti, anche di uno solo, contraffatti o non originali è illegale e
non è in alcun modo permessa su eBay, e può comportare serie conseguenze per i
venditori, compresa la sospensione a tempo indeterminato dell’account.
Sempre in questa direzione, eBay, ha elaborato una serie di misure, come i requisiti
che permettono solo agli utenti registrati come venditori da almeno 3 mesi di mettere
in vendita oggetti esposti al rischio di contraffazione.
In merito alle inserzioni di breve durata, aventi ad oggetto alcuni prodotti tutelati da
diritti di proprietà industriale, i tempi di pubblicazione sono più lunghi115, rispetto al
momento in cui sono state create.
e Austria potranno mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti, ad eccezione
dei venditori austriaci che non potranno effettuare spedizioni in Svizzera; i venditori in Francia e
Belgio potranno mettere in vendita e spedire gli oggetti senza restrizioni in questi siti, ad eccezione dei
venditori francesi che non potranno effettuare spedizioni in Belgio; i venditori in tutti gli altri paesi
potranno mettere in vendita e spedire questi oggetti solo all’interno del proprio paese.
114
A volte, i contraffattori registrano più account eBay per richiamare l’attenzione degli acquirenti sui
loro oggetti. Per limitare il numero di inserzioni relative alle contraffazioni sul sito, si richiede ai
venditori di essere registrati su eBay da un determinato periodo di tempo prima di poter mettere in
vendita alcuni tipi di oggetti che spesso vengono contraffatti.
115
Ci si riferisce a quelle inserzioni che sfruttano il fattore tempo, proprio perché il più delle volte
hanno ad oggetto prodotti altamente interessanti che scatenano una forte competizione concentrata in 1
o 3 giorni, e proprio per questa breve durata, gli utenti di eBay, i titolari di diritti o la stessa eBay
dispongono di poco tempo per individuare e chiudere tali inserzioni.
Questa tipologia di pubblicazioni merita sicuramente un attenzione valutativa maggiore che può
comportare ritardi anche di alcune ore.
Da maggio 2008 i venditori non hanno più la possibilità di mettere in vendita alcuni tipi di oggetti per i
quali viene spesso svolta attività di contraffazione utilizzando appunto le inserzioni di 1 o 3 giorni.
113
Come già affrontato, il commercio internazionale è esposto in misura maggiore al
rischio di contraffazione, per questo motivo esso è sottoposto a limitazioni e verifiche
approfondite.
Se si effettua l’importazione di merci116 da un altro paese, vendendo o acquistando
oggetti su eBay, si ha la responsabilità di garantire che ciò avvenga in conformità alle
leggi nazionali e locali vigenti, altrimenti l’inserzione potrebbe essere chiusa
anticipatamente da eBay e/o l’account potrebbe essere sospeso.
Spesso le normative di riferimento sono complesse e le questioni variano a seconda
dell’oggetto e dei paesi di residenza dell'acquirente e del venditore.
I motivi per controllare le leggi vigenti prima di importare merci nel proprio paese
sono soprattutto legate al fatto che le autorità doganali potrebbero bloccare e
sequestrare il prodotto alla frontiera e ciò potrebbe essere passibile di multa o
soggetto ad altre responsabilità a causa del sequestro.
Inoltre si potrebbe essere soggetto a responsabilità legale, civili o penali a seconda del
tipo di prodotto, nei confronti dei titolari di marchi, copyright o altri diritti.
Infatti, i venditori che cercano di mettere in vendita oggetti potenzialmente protetti da
diritti sopra citati potrebbero essere bloccati automaticamente dal sistema e
reindirizzati alla pagina di PayPal per eseguire la verifica del proprio conto e
collegarlo all’account eBay, condizione questa necessaria per rimuovere queste
restrizioni.
116
Ecco alcuni esempi di importazioni potenzialmente non conformi alle norme: CD musicali destinati
alla distribuzione nel Regno Unito (anche se si tratta di copie autentiche);
video destinati alla
distribuzione in Canada (anche se si tratta di copie autentiche); la versione giapponese di una console
per videogame o di un software non destinati alla distribuzione in Italia, ricorda che anche l’offerta di
modchip, emulatori o altri dispositivi che consentono l’utilizzo di importazioni non autorizzate può
rappresentare una violazione delle leggi sul copyright; il disco fisso di un computer che utilizza
processi o tecnologie brevettati negli Stati Uniti; una T-shirt con un logo autorizzato per l’utilizzo
all’estero.
114
Questa procedura non esaurisce comunque i controlli, nel continuo, effettuati da eBay
che, al raggiungimento di determinati volumi di attività, può bloccare gli account dei
venditori117 allo scopo di eseguire verifiche aggiuntive, e mettere in condizione i
venditori interessati di contattare l’Assistenza Clienti, per eliminare queste
limitazioni.
Siccome la lotta alla contraffazione è un obiettivo prioritario e non potendo verificare
che i venditori abbiano il diritto o la capacità di vendere o distribuire gli oggetti
indicati nelle loro inserzioni, eBay si impegna a proteggere i diritti della proprietà
intellettuale dei titolari.
A tale scopo ha creato il Programma di verifica dei diritti di proprietà (VeRO) che
consente ai titolari di un diritto di proprietà intellettuale (come copyright, marchi
registrati o brevetti) di segnalare le inserzioni che ne violano la proprietà intellettuale.
Così facendo, collabora pienamente con le aziende registrate al Programma VeRO per
prevenire e reprimere tempestivamente, con azioni necessarie, il fenomeno.
Come detto, questo programma serve a garantire che gli oggetti non violino il
copyright, i marchi registrati o altri diritti di proprietà intellettuale di terze parti.
L’iscrizione118, a disposizione di chiunque119, persone o società, che siano titolare di
un diritto di proprietà intellettuale, permette di avere un canale di comunicazione
privilegiato con il sito e altri vantaggi.
117
Se gli oggetti messi in vendita appartengono a una tipologia per la quale viene spesso svolta attività
di contraffazione e i cui volumi di vendita sono elevati, le inserzioni verranno bloccate fino a quando
eBay non avrà ultimato una verifica. Se il venditore supererà la verifica, il blocco potrà essere revocato
e al venditore sarà consentito di continuare a vendere.
118
La procedura è veloce e semplice, avviene inviando, una volta compilato, tramite fax il modulo per
la Notifica di Violazione, scaricabile dal sito, debitamente firmato in originale dalla persona
autorizzata, in cui siano specificate le inserzioni potenzialmente non conformi alle norme e le opere per
le quali i copyright sono violati.
Le informazioni richieste dalla Notifica di Violazione intendono garantire che le parti che segnalano
inserzioni siano autorizzate dal titolare dei diritti, nonché consentire a eBay di individuare
115
I partecipanti a tale programma possono individuare le inserzioni potenzialmente non
conformi alle norme e richiederne l’eliminazione.
eBay è stata una delle prime società ad adottare una procedura online che consente ai
titolari dei diritti di proprietà intellettuale di segnalare violazioni120.
Iscrivendosi al programma VeRO si ottengono vantaggi, quali, ad esempio quello di
avere personale di eBay dedicato per l’assistenza; ottenere risposte121 rapide da parte
di eBay nel chiudere le inserzioni, attraverso liste d’attesa prioritarie e dedicate per le
email; creare la tua pagina personale per comunicare direttamente con gli utenti di
eBay relativamente alla tua società, ai tuoi prodotti e ai diritti di proprietà intellettuale
ad essi connessi; infine tutti quegli aggiornamenti automatici, diritti e privilegi degli
utenti eBay stabiliti nell’Accordo per gli Utenti di eBay e nelle Regole sulla Privacy
di eBay; sui vantaggi disponibili in base al Programma VeRO.
Oltremodo, eBay offre a i propri utenti, titolari di un diritto di proprietà intellettuale,
una funzione denominata “Ricerche automatiche”, la quale può essere utilizzata per
correttamente il materiale o l'inserzione da chiudere. Dopo la ricezione della prima Notifica di
Violazione, si possono trasmettere ad eBay le segnalazioni future tramite email.
In situazioni in cui, un utente della Community vende e utilizza nelle proprie inserzioni un testo e/o
immagini senza averne il permesso, non si utilizza il Modulo per la Notifica di Violazione, piuttosto si
cerca di risolvere il problema direttamente, contattando gli utenti coinvolti.
119
Tra gli attuali utenti del programma figurano oltre 10.000 società e persone che rappresentano tutti i
tipi di proprietà intellettuale: dalle grandi società produttrici di software, agli sviluppatori di
videogiochi, ai gruppi rock, alle società produttrici di beni di lusso e forze di polizia.
Chi non è titolare dei diritti di proprietà intellettuale, non puoi iscriversi, tuttavia può ugualmente
fornire il suo contributo, mettendosi in contatto con il titolare dei diritti in questione e invitandolo a
iscriversi al Programma VeRO.
120
Il Programma VeRO non può essere utilizzato per segnalare oggetti che si presumono rubati, in tal
caso, occorre contattare le forze dell’ordine, in quanto eBay non può prendere alcuna misura a riguardo
se non dispone di una denuncia formale delle forze dell’ordine.
Se invece si vuole segnalare a eBay oggetti non conformi alle norme, occorre scrivere all’Ufficio
Regolamento e Sicurezza, il quale potrebbe non essere però in grado di rispondere a tali richieste in
mancanza della notifica formale del titolare autorizzato dei diritti.
Tramite notifica di violazione del Programma VeRO, sono state segnalate come potenzialmente non
conformi alle norme di legge liste
121
Alle notifiche di violazione segnalate dagli utenti come potenzialmente non conformi alle norme di
legge del Programma VeRO.
116
compiere ricerche automatiche e individuare inserzioni potenzialmente non conformi
alle norme di legge122.
Il programma VeRO si arricchisce della collaborazione di aziende123 che offrono
professionalmente servizi online di protezione della proprietà intellettuale e possono
segnalare inserzioni non conformi alle norme previste dal programma124.
Anche se, come visto, esistono infatti strumenti e processi efficaci per identificare
materiale che viola la proprietà intellettuale su Internet, eBay chiede e auspica la
collaborazione di tutti gli utenti, raccomandando loro non solo di non acquistare o
vendere oggetti contraffatti e di informarsi ex-ante sulle leggi in vigore e sulle Regole
del sito, ma anche di segnalare125 gli oggetti sospetti con un semplice clic.
A tal proposito, è logico che partecipando ad un’asta, potrebbe accadere che la si
vince, aggiudicandosi così l’oggetto, ma scoprire che si tratta di un clamoroso falso
solo quando arriva a casa.
122
Con questa funzione, si possono creare fino a 15 ricerche automatiche che utilizzano i termini e
filtri forniti e si possono indicare che i risultati di 3 ricerche vengano inviati direttamente tramite email.
Questo sistema avvisa automaticamente ogni giorno di nuove inserzioni presentate che contengono
qualsiasi termine presente nelle 3 ricerche selezionate; inoltre si possono utilizzare sofisticate ricerche
logiche booleane, proprio come avviene per il motore di ricerca principale.
Il modo più semplice per impostare questa funzione è quello di eseguire una ricerca utilizzando il
motore di ricerca principale di eBay e poi cliccare su “Salva questa ricerca” in fondo ai risultati.
123
Elenco di aziende che forniscono servizi di monitoraggio:
EUROPE: P4M (DE); Protect Veritas (IT); SNB React (NE); Web Sheriff (UK)
AMERICA: Markmonitor; Genuone; Mediasentry; CPA; Vaudra; BayTSP; Grayzone; CMG
Worldwide; Trademark management; Net Enforcer;
ASIA: SIPI (IN).
124
Alcune di esse offrono anche servizi aggiuntivi, quali assistenza su ulteriori indagini e interazione
con le forze dell’ordine.
125
Qualora si fosse acquistato un oggetto contraffatto, avvisando gli altri utenti lasciando un commento
di feedback sincero e, se si fosse usato PayPal per il pagamento, inoltrando un reclamo nell’ambito del
programma di protezione degli acquirenti. Per questo è sempre consigliato pagare i propri acquisti
mediante PayPal.
Tra l’altro, acquistare un oggetto contraffatto, la cui descrizione invece fa riferimento a un oggetto
protetto da un diritto di proprietà intellettuale (come copyright, marchi registrati o brevetti) equivale ad
acquistare non conforme alla descrizione; in questo caso, l’acquirente che compra un oggetto
contraffatto può avvalersi del “Processo per oggetto non conforme alla descrizione”.
117
L’iter per il rimborso è lungo e non è detto che si riesce a rientrare in possesso dei
propri soldi.
Per evitare di cadere in situazioni di questo tipo, eBay sottolinea 5 consigli per capire
quando la merce è davvero autentica:
•
Fare domande al venditore: poiché i beni di lusso possono costare parecchio,
non occorre farsi scrupoli a chiedere tutto quello che viene in mente prima di
comprare o partecipare a un’asta; se il venditore è onesto, sarà ben felice di
chiarire tutti i dubbi, mentre chi non lo è sarà evasivo.
•
Controllare l’etichetta e il numero seriale: rappresentano il “tallone d’Achille”
della merce contraffatta.
Molti beni di lusso, purtroppo non tutti, riportano un codice o un numero che
consente di risalire alla data di fabbricazione. Se quel particolare oggetto fa
parte della collezione “estate 2008”, ma i dati non lo confermano, si potrà
sempre chiedere conferma al produttore.
•
Fare qualche ricerca: su un sito come eBay, esiste il sistema dei feedback che
dovrebbe attestare la reputazione dei venditori e la validità dei prodotti. Di
solito i venditori onesti hanno feedback impeccabili.
•
Fare particolare attenzione alla descrizione e immagine: più un bene è di
lusso, più è importante fornire informazioni puntuali.
E’ sempre raccomandabile diffidare da chi inserisce nella descrizione scuse e
omissioni. Altrettanta attenzione alla foto dell’oggetto, meglio una foto
scattata dal venditore che una presa dal sito del produttore.
Certo, sarà meno “allettante”, ma almeno si può verificare il reale stato
dell’oggetto.
118
•
Prediligere transazioni con i “Power Sellers”: infatti sono i venditori con
all’attivo molte vendite e un punteggio positivo di feedback quasi pieno,
riconoscibile da un apposito bollino.
Se l’oggetto dei sogni è messo in vendita da qualcuno che si è invece appena
registrato, e che nessuno conosce, può essere la persona più onesta di questa
terra, ma lo si scoprirebbe a proprio rischio e pericolo.
E’ vero che niente a questo mondo offre delle garanzie, ma su eBay i venditori
non sono tutti uguali.
119
120
IV. LA RESPONSABILITA’ DEI SITI DI ASTE ONLINE
La vendita online di prodotti che violano i diritti di proprietà intellettuale di quelli
griffati generano un giro d’affari di quasi 20 miliardi di euro1, che impegna tanto il
piccolo singolo, che vende un paio di scarpe false alla settimana, che il grande e
magari affermato venditore con alti fatturati pur sempre con beni taroccati.
E sopra di loro, c’é l’unico soggetto chiaramente identificabile, chiamato a
risponderne per tutti: il sito di aste online, complice perché, inevitabilmente, ricava
una percentuale anche da questo commercio.
Ma non sempre è certa la responsabilità di una piattaforma, al più oscilla in base
all’interpretazione del ruolo che svolge l’ internet provider.
4.1.1 LA REGOLAMENTAZIONE DELL’E-COMMERCE
Internet, sin dall’origine, è stata caratterizzata da un’ampia e soprattutto libera
circolazione tanto delle idee e delle conoscenze, quanto delle merci e delle tecnologie,
ed è proprio a questo che si deve la sua evoluzione, la sua influenza e il suo
successo2.
E’ un portentoso mezzo di scambi culturali ed economici, rivoluzionario per la sua
indipendenza dalle burocrazie e dai potentati nazionali ed internazionali, e risiede
1
http://archiviostorico.corriere.it, in Le false “griffe” all’asta, Parigi condanna eBay a 40 milioni di
euro
2
Per la storia di Internet, cfr F. Carlini, Internet, Pinocchio e il Gendarme, Roma, Manifestolibri, 1996;
e M. Lyon, La storia del futuro, Milano, Feltrinelli, 1998; e P. Salus, Casting the Net. From Arpanet to
Internet and Beyond, New York, Addinson-Wesley, 1995.
121
nella sua stessa natura l’apertura, comunque, a qualsiasi apporto, sia anche in
contrasto con il principio che la ispira.
Così, tendenzialmente anarchica, nel senso migliore del termine, offre spazi liberi da
ogni censura che presuppongono, però, la presenza di soggetti responsabili e portatori
di una cultura della legalità e del rispetto per il prossimo.
Proprio per questo, non si può e non si dovrebbe dare una regolamentazione alla rete,
perché la sua stessa esistenza non può essere soggetta ai bisogni di qualcuno ma é
indissolubilmente legata alla maturità culturale dei suoi utenti.
Alla luce di quanto detto, come accade nel mondo reale, frequenterà la rete ogni sorta
di persona, compresi imbecilli e di malfattori, ed appare ovvio, perché la community
virtuale é lo specchio della società che la produce.
Questa presenza non sarebbe di per sé un problema ma, lo diventa quando soggetti
responsabili e, per la loro importanza economica o culturale, riferimento per il
“popolo” della rete, assumono comportamenti che possano favorire la diffusione del
malaffare e della frode culturale e commerciale attraverso internet.
La diffusione globale di questi comportamenti può pregiudicare il consolidamento e
lo sviluppo della rete come mezzo di pacifico e civile scambio a livello planetario di
qualsiasi cosa e rischia di avviare l’e-commerce verso una deriva che potrebbe
divenire irreversibile.
E’ ciò che sta avvenendo a causa dei maggiori portali del settore che, invocando in
buonafede la libertà della rete e del commercio, sono divenuti altresì il principale
veicolo di diffusione delle truffe telematiche e un formidabile incentivo alla
produzione di merci contraffatte.
122
Protagonista principale suo malgrado di questa deriva sembra essere il Gruppo eBay,
leader indiscusso del commercio online, con le sue strutture parallele: Kijiji3,
Shopping.com4, Rent.com5, Prostores6, Mercado libre, Half.com, Pchome, Eachnet,
Auction, Gitti gidiyo, Tradera.com.
Secondo i sostenitori delle accuse, mosse da LVMH e TIFFANY & CO, i fenomeni
della contraffazione e della truffa, attraverso la politica commerciale del Gruppo
eBay, stanno dilagando nella rete, inquinandola profondamente e condizionandone la
vita.
In effetti, se gli operatori e i gestori delle aste online continueranno in questa loro
politica, internet diverrà un far west la cui prima vittima sarà proprio l’e-commerce.
Un processo che in qualche modo occorre arrestare, innanzitutto fissando delle
regole, e successivamente attribuendo le naturali responsabilità che competono ad
ogni realtà commerciale; la prima delle quali riguarda l’osservanza di leggi e misure
che garantiscano la genuinità degli scambi. Diversamente da ciò non si può parlare di
mercanti ma, verosimilmente, di briganti.
4.1.2 LA DISCIPLINA DELLE ASTE ONLINE
Il Ministero per le Attività produttive ha ritenuto opportuno disciplinare le aste online
con l’emanazione della circolare 3547/C del 17 giugno 20027, la quale stabilisce i
3
Attraverso questo sito è presente nelle realtà locali di quasi tutti i paesi occidentali
Con questo sito orienta gli acquisti in Rete negli Usa, in Francia, Belgio e Inghilterra.
5
Mediante questo sito é presente nel mercato immobiliare nordamericano
6
Questo sito permette di gestire i portali di e-commerce
7
Consultabile
online
all’indirizzo
http://www.intertraders.eu/diritto/attiinterni/Circolare_3547_2002.pdf
4
123
requisiti richiesti per lo svolgimento dell’attività di compravendita tramite tale
piattaforma.
Questa circolare fornisce alcune indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste
realizzate tramite Internet, anche ai sensi delle azioni che, sulla base dall’art. 21 del
D.Lgs. n. 114 del 31 marzo 1998, questo Ministero può intraprendere con riferimento,
in particolare, alla crescita equilibrata del mercato elettronico ed alla tutela degli
interessi dei consumatori ed utenti.
Come è stato già indicato, con la circolare 1° giugno 2000, n. 3487/C: <<L’attività
commerciale svolta nella rete Internet mediante l’utilizzo di un sito web (ecommerce), ove sia svolta nei confronti del consumatore finale e assuma la forma di
commercio interno, è soggetta alla disciplina dell’art. 188 del D.Lgs. 31 marzo 1998
n. 114 ed all’obbligo della previa comunicazione al Comune>>9.
In particolare se il banditore d’asta vende i beni propri o i beni altrui svolge la
funzione di “intermediario”, trattandosi di una agenzia di vendita mediante pubblico
incanto, per la quale è richiesta la licenza rilasciata dal Questore10.
Di contro, se il banditore d’asta si limita a mettere a disposizione il servizio di
contatto, senza intervenire direttamente nella gara, egli svolge un’attività di
mediazione pubblica su merci (o vendita all’incanto di merci)11.
8
Il menzionato art. 18 del D.Lgs. n. 114/1998 contiene, al comma 5, una disposizione che recita: <<Le
operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione
sono vietate>>.
9
Da effettuarsi mediante il Modello COM 6-bis, approvato dalla Conferenza Unificata (di cui all’art. 8
del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281) con la deliberazione 27 settembre 2001, pubblicata sulla G.U. n.
248 del 24 ottobre 2001.
10
Pertanto, ricorda la circolare n. 3547/C, la domanda inoltrata al Questore, per il rilascio della licenza,
deve contenere: la natura degli affari che intende svolgere; la tariffa delle operazioni, la sede
dell’esercizio e l’insegna; il tipo di beni che intende porre in vendita all’asta (o consentire di porre in
vendita); il compenso per le operazioni di intermediazione; la sede legale; il nome di dominio che
identifica il sito web utilizzato.
La licenza ha validità di un anno dalla data di rilascio ed è rinnovata automaticamente a seguito del
pagamento della relativa tassa di concessione governativa.
124
Per assicurare una maggiore tutela degli utenti delle aste online, la circolare 3547/C
richiama l’attenzione su alcuni aspetti da tener presente nella predisposizione del sito
internet utilizzato per l’attività di vendita e nella correlata definizione delle modalità e
condizioni contrattuali, e riguardano:
•
l’identificazione del banditore d’asta;
•
l’identificazione dei soggetti che partecipano alle aste;
•
le informazioni sulle modalità dell’asta e sul bene posto in vendita;
•
le modalità di conclusione del contratto di acquisto;
•
la responsabilità e garanzie per i beni/servizi venduti;
•
la tutela dei dati personali e sicurezza informatica.
Il banditore d’asta online deve indicare, all’interno del sito, informazioni relative alla
propria denominazione, indirizzo della sede, numero di iscrizione al Registro delle
imprese; al codice fiscale ed al numero di partita Iva, data e numero di iscrizione ad
albi, elenchi e registri necessari per la legittimazione all’esercizio dell’attività; agli
estremi delle eventuali comunicazioni, autorizzazioni e licenze necessarie per
l’esercizio dell’attività; agli estremi della licenza ed eventuale cauzione o condizione
ed agli estremi per contattare l’operatore, compreso l’indirizzo di posta elettronica.
Inoltre, il banditore deve identificare con certezza i soggetti che intendono partecipare
alle aste e che richiedono l’iscrizione al sito attraverso il quale la vendita è effettuata.
Pertanto, i partecipanti devono indicare tutti i dati anagrafici e, per essere identificati,
possono usare la firma digitale oppure, in mancanza di questa, inviare la richiesta di
11
In tal caso occorre allora l’iscrizione nel ruolo ordinario degli agenti di affari in presso la competente
Camera di Commercio, ma non è richiesta la licenza del Questore.
125
iscrizione accompagnata dalla fotocopia di un documento di identità in corso di
validità.
Una volta che il partecipante è stato identificato, è sufficiente, ai fini della procedura
d’asta, l’utilizzo di uno pseudonimo o di una password.
Gli interessati alla partecipazione all’asta, siano essi venditori o acquirenti, devono
essere posti in condizione di conoscere chiaramente la tipologia di asta, la procedura
di svolgimento, le modalità di formazione del prezzo di acquisto o vendita, le regole
di aggiudicazione e le relative comunicazioni, le indicazioni relative alla consegna ed
al pagamento del bene, il limite temporale dell’offerta e l’esito dell’offerta.
Al fine di preservare la regolarità dell’asta, il banditore non solo deve prevedere
l’impossibilità, per i partecipanti, di iscriversi contemporaneamente come venditore
ed acquirente, ma anche quello di disciplinare contrattualmente il divieto, per i
partecipanti, di tenere comportamenti tali da alterare la gara.
Inoltre, il banditore, per assicurare un corretto svolgimento delle contrattazioni, è
tenuto sempre a garantire l’esatta identificazione del bene in vendita, informando i
potenziali acquirenti sulla denominazione legale del bene, sulle sue caratteristiche e
fornendo ogni informazione atta a consentire la sua esatta identificazione, nonché
sullo stato in cui si trova il bene, in modo da consentire al potenziale cliente una
corretta valutazione.
Il prodotto all’asta può essere anche illustrato attraverso una foto digitalizzata, con
una risoluzione sufficiente a non determinare una percezione del bene diversa da
quella reale.
126
Qualora il banditore d’asta online si limita a mettere a disposizione la piattaforma
virtuale per l’attività di vendita all’asta, deve stabilire a carico delle parti l’obbligo di
corretta informazione sul bene posto in vendita.
Il contratto nato a seguito di una vendita all’asta va considerato concluso nel
momento dell’aggiudicazione e nel luogo in cui si trova il venditore.
Naturalmente, la circolare 3547/C riconosce che, trattandosi di una vendita effettuata
tramite internet, non è agevole stabilire quale sia il luogo di conclusione del contratto.
Per questo il Ministero stabilisce che, in mancanza di indicazioni contrarie da parte
del venditore, il contratto si conclude presso la sede dell’impresa, o il domicilio, se
questi è un consumatore12.
Una volta che è stato accertato il vincitore dell’asta, occorre informare quest’ultimo e
tutti gli altri soggetti partecipanti alla gara.
Da ultimo, la circolare fornisce anche orientamenti in merito all’applicabilità delle
sanzioni, rinviando alle leggi esistenti, se si tratta di violazione delle disposizioni
concernenti la qualificazione soggettiva del banditore d’asta, o al TULPS13.
12
A conferma di quanto detto, il legislatore comunitario, con l’art. 2, lett. c), della direttiva
2000/31/CE, nel definire “stabilito”: <<Il soggetto che presta un servizio della società
dell'informazione, ha individuato il luogo di stabilimento in quello ove è presente un suo insediamento
non temporaneo>>.
Il luogo di stabilimento per le società che forniscono servizi tramite Internet, precisa il considerando 19
della direttiva, non è il luogo nel quale si trova la tecnologia o gli strumenti utilizzati ne dove il sito è
accessibile ma il luogo in cui tali società esercitano la loro attività economica.
Qualora il prestatore sia stabilito in diversi luoghi è necessario determinare quello dal quale è svolto il
servizio in questione, altrimenti si fa riferimento a quello in cui il prestatore ha il centro delle sue
attività per quanto concerne tale servizio specifico.
13
Il TULPS, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (emanato con Regio decreto 18 giugno
1931, n. 773), è la norma fondamentale nell’ordinamento giuridico italiano per le materie relative alla
pubblica sicurezza.
Emanato appunto nel 1931, in un frangente di forte consolidamento delle attività di polizia da parte del
regime fascista, il TULPS tuttora regola la vita quotidiana in Italia, quantunque oggetto in età
repubblicana di numerosi aggiustamenti e mutilato di molti articoli per ripetuti interventi della Corte
Costituzionale e del legislatore.
127
4.2
LA
RESPONSABILITA’
DEGLI
INTERNET
SERVICE
PROVIDER
4.2.1 INTRODUZIONE AL PROBLEMA
La rete internet in pochi anni ha notevolmente cambiato l’esistenza di tutti noi, con
una velocità che per certi versi ci ha lasciato spiazzati.
Come tutte le realtà innovative internet ha creato una serie di nuovi tipi di relazioni
personali e commerciali fra soggetti dai nomi e dalle caratteristiche prima inedite,
quali, tra gli altri, gli Internet Service Provider.
Questo termine (ISP) fa riferimento a fornitori di servizi su internet che si rivolgono
agli utenti finali con un’offerta variegata di servizi.
Il primo e principale di questi servizi è la fornitura dell’accesso alla rete da parte
dell’ISP: “propedeutica alla fruizione da parte dell'utente di tutti gli altri servizi
telematici offerti da Internet quali quelli della navigazione sul World Wide Web, i
servizi e-mail […] Questa è dunque la prima obbligazione dell’Internet Service
Provider: garantire agli utenti la possibilità d’accesso alla rete”14.
Ci sono poi altre funzioni, quali ad esempio l’erogazione di spazi sul web (hosting
provider), la produzione di contenuti (content provider) e altri servizi come la
messaggeria pubblica e privata (newsgroup, chat), la fornitura di notizie (newsservers).
14
Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del provider,
www.interlex.it, 19.06.97
128
Per questi soggetti si pongono oggi diverse questioni di responsabilità rispetto a
violazioni compiute sulla rete in prima persona o da parte d’utenti che fanno uso delle
loro piattaforme tecnologiche e dei loro servizi.
I minori costi di accesso e di pubblicazione infatti hanno generato un incremento
numerico di soggetti che entrano nel web e vi immettono i loro contenuti, con
l’inevitabile aumento di probabilità che ve ne siano alcuni che compiono atti illeciti di
vario tipo15.
In effetti le enormi potenzialità diffusive di Internet, strumento che permette di
inviare messaggi, immagini, filmati e ogni altro tipo di comunicazione all’interno di
pagine web, chatline, mailing lists, newsgroup, ecc., ampliano la gamma dei possibili
illeciti fino a ricomprendere fattispecie assai diverse fra loro16.
Tutte le forme di “limitazione preventiva” sono poco applicabili poiché è
praticamente impossibile pensare ad internet come ad uno strumento in qualche modo
censurabile, a causa della sua dimensione e della sua continua mutevolezza, che
deriva dalla struttura stessa con la quale è stato progettato17.
Allo stesso tempo però non si può nemmeno considerare la rete come una sorta di
zona franca in cui non si applichi la regolamentazione giuridica; la questione quindi
resta scottante, anche ora che sono stati presi alcuni provvedimenti normativi in
proposito.
15
Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati,
www.unioneconsulenti.it
16
RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova
2002, pg.321
17
Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli Isp sui contenuti illeciti dei siti ospitati,
www.unioneconsulenti.it
129
Sul piano del diritto infatti il problema di partenza è l’incertezza circa l’applicabilità
analogica a Internet delle discipline giuridiche relative ai media tradizionali18.
Posto quindi che “ciò che è illegale off-line lo è anche on-line”19 spesso la reale
applicazione delle norme si scontra con la difficoltà di far rientrare le fattispecie
concrete di internet all’interno di quelle astratte previste dalla normativa.
Tra i possibili illeciti che possono essere commessi attraverso la rete si possono
individuare e citare tra essi i seguenti casi20:
•
la violazione delle norme sul diritto d’autore, che si realizza quando
documenti, immagini ed altre opere protette sono riprodotte e pubblicate sulla
rete senza la necessaria autorizzazione da parte dell’autore o del titolare dei
diritti su di esse21;
•
la diffamazione, avvenuta mediante l’invio di materiale offensivo su un sito
della rete;
18
Cfr. SERGIO SEMINARA, La responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it
SERGIO SEMINARA, op. cit., www.jei.it
20
Sabrina Magli e Marco Saverio Spolidoro nel loro articolo: “La responsabilità degli operatori in
Internet: profili interni e internazionali”, Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 1997, pagg. 61 e
segg., distinguono tra: <<illeciti di Internet, ovvero quelle violazioni commesse dai soggetti che
regolano l’accesso alla rete, illeciti contro Internet, ovvero quelle attività commesse dagli utenti a
danno della rete e dei suoi operatori, ed infine illeciti per mezzo di Internet, cioè tutte le violazioni
commesse attraverso la rete>>.
Tra queste ultime gli autori individuano, limitatamente alla responsabilità civile, l’uso improprio di
marchi altrui, gli atti di concorrenza sleale, gli illeciti contro i diritti della personalità e le violazioni al
diritto d’autore.
Carlo Serra e Marco Strano nel loro: “Nuove frontiere della criminalità. La criminalità tecnologica”,
1997, Giuffrè editore, presentano invece un’analisi delle tipologie criminali applicate alle tecnologie
informatiche.
Tra queste una sezione è dedicata agli aspetti criminali della rete internet con l’indicazione di esempi
di reati commessi su una rete telematica.
Una casistica di reati commessi su internet è anche descritta in Carlo Sarzana di S. Ippolito, “Problemi
terminologici e responsabilità del sysop”, pubblicato sul sito InterLex all’indirizzo:
http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sarzana.htm.
21
Per comprendere la nuova disciplina del diritto d’autore in Italia si veda Laura Chimienti,
Lineamenti del nuovo diritto d’autore, direttive comunitarie e normativa interna , 1996, Giuffrè.
Per un’analisi della situazione europea del diritto d’autore e le nuove tecnologie, si veda anche Olivier
Hance, European Intellectual Property Law and Multimedia: Presentation of a Status in Evolution e
Thomas Hoeren, Legal Aspects of Multimedia in Europe , entrambi pubblicati in Klaus Brunnstein,
Peter Paul Sint, Intellectual Property Rights and New Technologies , Proceedings of the KnowRight 95
Conference, München, 1995.
19
130
•
la violazione delle norme sul buon costume e contro lo sfruttamento sessuale
dei minori, con la pubblicazione di materiale pornografico con minori;
•
la violazione delle norme sull’ordine pubblico, con la pubblicazione, ad
esempio, di materiale di stampo terroristico;
•
la violazione del diritto alla riservatezza, che si ha quando dati riservati o
segreti relativi ad un individuo o ad un’organizzazione vengono resi pubblici
su un sito internet22;
•
la concorrenza sleale, nel caso di informazioni false o diffamatorie messe in
rete tra imprese concorrenti;
•
Queste
la violazione delle norme sulla protezione dei marchi23
considerazioni
includono
ed
introducono
la
discussione
sulla
regolamentazione giuridica della responsabilità dei provider, nel caso d’immissione
in rete di materiali, immagini o testi, aventi contenuto illecito o d’altre violazioni
commesse a mezzo informatico.
22
Per un’analisi della situazione italiana in materia di tutela della riservatezza e nuove tecnologie si
veda Giovanni Buttarelli, Banche dati e tutela della riservatezza , 1997, Giuffrè, che contiene un
commento alle due nuove leggi in materia, la n. 675 e n. 676 del 31 dicembre 1996.
In particolare si legge (pag. 577) che l’art. 1, comma 1, lett. n della legge delega n. 676, <<Impegna il
Governo ad individuare alcune modalità affinché la legislazione in materia di protezione dei dati
possa essere applicata con minori difficoltà ai servizi di comunicazione e di informazione offerti per
via telematica. Il decreto delegato interesserà il complesso flusso di dati in ambito internet che
coinvolge, anche in Italia, un numero crescente di individui ed imprese>>.
23
Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
Un caso famoso di controversia in materia di marchi in rete fu quello tra le riviste Playboy e Playmen ,
caso discusso dalla U.S. District Court di New York nel giugno 1996.
La questione sorse poiché negli Stati Uniti fu vietato l’uso del marchio Playmen considerato come
confusorio rispetto al nome commerciale Playboy.
La questione era se rendere comunque accessibile negli Stati Uniti il sito internet della rivista italiana
Playmen, sito registrato su un server in Italia.
La corte statunitense decise di impedire l’accesso al sito playmen.it ai soli utenti statunitensi per
tutelare il marchio Playboy , stabilendo che: <<While this Court has neither the jurisdiction nor the
desire to prohibit the creation of Internet sites around the globe, it may prohibit access to those sites in
this country>>.
Si veda anche Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in Internet:
profili interni e internazionali, op.cit.
131
Come in tutti i settori ci sono due tipi di responsabilità per gli ISP, quella civile e
quella penale.
La prima sorge quando un soggetto, attraverso un comportamento illecito, provoca ad
un altro soggetto un danno ingiusto.
Se sono provati il danno, l’illiceità del comportamento e il rapporto di causa-effetto
tra il comportamento e il danno, la sentenza del giudice dispone il risarcimento.
Del tutto diversa è la responsabilità penale; essa esiste solo se una norma di legge
prevede un certo comportamento come reato.
In linea di principio costituisce reato un atto che determina un diffuso allarme sociale
e che l’ordinamento punisce per tutelare la collettività.
Ma se un comportamento non è espressamente previsto come reato, semplicemente
non è un reato. L’applicazione di una pena per analogia con altri reati non è ammessa.
Inoltre la responsabilità penale è personale.
Partendo proprio dall’ultimo punto dunque dovrebbe essere l’autore dell’azione
illecita a rispondere della violazione, visto che uno dei principi fondamentali che
regolano la responsabilità penale è contenuto nell’art. 27 della Costituzione24, che ne
sancisce la personalità.
In
altre
parole
“si
risponde
penalmente
soltanto
per
avere
commesso
consapevolmente (ad esempio per dolo, salvi i casi eccezionali della colpa) un atto
tipico, cioè previsto dalla legge, e antigiuridico”.
24
http://www.quirinale.it/costituzione/costituzione.htm all’art. 27: “La responsabilità penale è
personale”
132
Corollari di questa impostazione sono: l’impossibilità di rispondere per fatto altrui e
quella di attribuire responsabilità penali alle persone giuridiche25.
Come si vede questo disegno normativo è applicabile con difficoltà ad internet e, di
conseguenza, ai provider.
E’ possibile infatti individuare facilmente l’autore di un illecito, qualora non sia il
provider stesso, visto che una delle caratteristiche peculiari di Internet è di consentire
azioni a distanza senza dover essere fisicamente presenti nel luogo?
E qual è la posizione dell’ISP in questa violazione?
Più in generale: è direttamente responsabile anch’esso, a livello civile e/o penale,
dell’illecito? Il suo è un comportamento concorsuale o comunque negligente? O
ancora infine non è soggetto a responsabilità in materia?
<<Non è chiaro infatti se come responsabili della distribuzione, divulgazione,
pubblicizzazione, detenzione o cessione a terzi debbano intendersi esclusivamente gli
autori materiali dell’immissione in Rete dei dati illeciti […] ovvero anche i proprietari
di infrastrutture di telecomunicazione[…] ed i fornitori di servizi>>26.
Nonostante tali difficoltà per ogni violazione è necessario individuare un responsabile
e il più facilmente rintracciabile resta l’Internet Service Provider, allo stesso tempo
però <<è pure evidente che l’attribuzione agli ISP di un regime troppo gravoso di
responsabilità finirebbe per inibirne o, almeno, ridurne l’attività con conseguenze
facilmente prevedibili sullo sviluppo delle Rete e sulle enormi possibilità che la stessa
25
ANDREA MONTI, Uno spettro si aggira per l’Europa: la responsabilità del provider,
www.interlex.it, 12.10.2000
26
SERGIO SEMINARA, La Responsabilità penale degli operatori su Internet, www.jei.it
133
fornisce sia nel campo dei rapporti economici che in quello dello sviluppo della
personalità e della libertà di manifestazione del pensiero>>27.
4.2.2
PERCHÉ
UNA
RESPONSABILITÀ
DELL’INTERNET
PROVIDER?
Considerare l’internet provider in un qualche modo responsabile delle violazioni
commesse da un qualsiasi utente sul suo server risponde alla concreta necessità di
individuare un soggetto responsabile della violazione28.
Le difficoltà che si hanno nel mondo reale ad individuare il responsabile principale di
un illecito sono moltiplicate nel mondo “virtuale” di internet.
Le tecnologie utilizzate per gestire una rete telematica non sempre consentono di
identificare realmente l’utente che compie una violazione29; occorre infatti
considerare che un utente accede alla rete mediante un nome di accesso, o login , ed
una password.
27
L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale
dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica,
2000, pp.836
28
Per una chiara presentazione dei rischi che un internet provider può subire per fatti commessi da
terzi utenti, si veda Barbara Donato, La responsabilità dell'operatore di sistemi telematici. Diritto
dell'Informazione e dell'Informatica, 1996, pagg. 135 e segg.
29
Tecnicamente è sempre possibile identificare il nome d’accesso dell’utente che ha commesso la
violazione attraverso quello che viene chiamato il log file contenente il nome dei login e dei tempi di
accesso di ogni utente, tuttavia nulla vieta che tale nome possa essere stato in precedenza sottratto,
insieme alla sua password, ed utilizzato fraudolentemente da terzi al fine di evitare ogni possibile
conseguenza.
134
La stessa difficoltà di individuazione si ha quando magari uno stesso nome di accesso
alla rete è utilizzato da più persone contemporaneamente30.
La globalizzazione della rete telematica poi non fa che peggiorare le cose.
Supponiamo infatti che l’utente che ha commesso la violazione sia alla fine
effettivamente individuato.
Questi potrebbe trovarsi in un Paese in cui la normativa applicabile a quella
fattispecie sia diversa da quella applicabile nel luogo dove il danno si è verificato, con
il possibile rischio di non riuscire a punire l’utente direttamente responsabile
dell’illecito31.
Ecco perché di fronte a tali rischi, si discute se attribuire una responsabilità al
provider, soggetto sempre identificabile e assoggettabile alle norme del Paese in cui
la violazione è commessa32.
In particolare, i possibili casi di responsabilità del provider su cui si dibatte sono
quelli relativi sia al materiale che egli stesso mette a disposizione sul proprio server,
sia a quei dati e messaggi che gli utenti del provider inviano sul server all’interno dei
30
Orsola Torrani e Sara Parise scrivono nel loro Internet e diritto , 1997, Il Sole 24 Ore Pirola, che:
<<Soprattutto quando il computer sia a disposizione di più soggetti agenti all'interno di una stessa
struttura, l'identificazione dell’autore dell'illecito si arresta all'individuazione del punto di partenza
del messaggio e non può evitarsi la possibilità di un intervento di terzi estranei. E anche possibile, più
semplicemente, che l'utente utilizzi in modo fraudolento l’identificazione di un altro utente o alteri il
proprio indirizzo elettronico (c.d. soofing )>>.
Si veda anche Paolo Nuti, Ma i “log” non bastano per rintracciare i presunti malfattori , 11 giugno
1998, accessibile su http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/pnuti4.htm.
31
Un esempio di differenti situazioni normative si ha nel caso di pubblicazione in rete di messaggi
contenenti apologie del nazismo o istigazioni alla discriminazione razziale, che negli Stati Uniti e nel
Canada sono comportamenti tutelati dal principio della libertà di espressione, mentre in diversi paesi
europei sono previsti come reati.
Allo stesso modo è difficilmente punibile la pubblicazione di materiale protetto effettuata su un server
di un paese non aderente alla Convenzione internazionale di Berna sul diritto d’autore.
Per una valutazione del complesso problema della legge applicabile, che in questa sede non sarà
approfondito, si veda Sabrina Magli, Marco Saverio Spolidoro, La responsabilità degli operatori in
Internet: profili interni e internazionali, op.cit.
32
E’ bene ricordare come accennano Sabrina Magni e Marco Saverio Spolidoro nel loro articolo: “La
responsabilità degli operatori in internet: profili interni e internazionali”, op.cit., pag. 81, che: <<In
tutti i casi verificatisi negli Stati Uniti l’autore ha preferito citare in giudizio il provider in quanto
soggetto sempre conosciuto e, probabilmente, economicamente più stabile>>.
135
newsgroups, delle mailing lists o delle pagine Web personali messe a loro
disposizione.
Si discute inoltre di una eventuale responsabilità per i dati registrati sui servers di altri
providers e che mediante sistemi automatici di copiatura, quali, ad esempio, il
mirroring, vengono riprodotti sulle altre macchine della rete e resi accessibili a
chiunque.
Da ultimo, si è parlato di una ulteriore responsabilità del provider nel caso in cui
questi consenta l’accesso ad altri siti della rete dove materiale illecito è registrato ed è
disponibile per gli utenti33.
Per poter attribuire queste diverse responsabilità al provider si è fatto ricorso a
modelli di riferimento corrispondenti a situazioni già disciplinate a cui la figura del
provider poteva essere in un qualche modo ricondotta, quali, ad esempio, il
responsabile editoriale di una testata giornalistica o l’editore televisivo.
Tra le particolarità del mezzo che rendono estremamente difficile l’applicazione della
normativa riferita ai mass-media tradizionali si può senz’altro citare la
delocalizzazione, che pone problemi d’identificabilità dei soggetti oltre che di
giurisdizione34, le grandi possibilità d’anonimato concesse agli utenti, le modalità
peculiari di pubblicazione dei materiali ed altre ancora.
33
Nel caso Compuserve, che la magistratura tedesca ha avuto occasione di esaminare qualche tempo
fa, sono state emanate diverse ordinanze con le quali si ordinava a Compuserve di impedire l’accesso
ai suoi abbonati a siti violenti, pornografici, filonazisti, oltre che il controllo dei contenuti sui propri
newsgroups.
Il caso ha contribuito a definire la nuova legge tedesca in materia di responsabilità del provider di cui
si parlerà in seguito.
34
su questo punto si veda ad esempio la sentenza Cassazione Sez.V Penale, 4741/2000, 17 Novembre
2000
136
4.2.3
PANORAMICA
SUL
TEMA
DELLE
POSSIBILI
RESPONSABILITÀ IMPUTABILI ALL’ISP
A livello puramente introduttivo si possono individuare tre figure di responsabilità
per gli ISP35:
•
L’ISP è l’autore dell’illecito (art. 2043 del Codice Civile);
•
L’ISP ha una responsabilità di tipo concorsuale nell’illecito (art. 2055 del
Codice Civile);
•
L’ISP ha una responsabilità dovuta a negligenza, non avendo attuato gli
opportuni controlli che avrebbero potuto impedire lo svolgimento dell’illecito
(art. 2049 del Codice Civile)
Alcuni autori36 poi distinguono tra:
•
“illeciti di Internet”, ovvero quelle violazioni commesse dai soggetti che
regolano l’accesso alla rete;
•
“illeciti contro Internet”, ovvero quelle attività commesse dagli utenti a danno
della rete e dei suoi operatori;
•
“illeciti per mezzo di Internet”, cioè tutte le violazioni commesse attraverso la
rete.
Il primo caso in effetti è quello meno problematico, in questa situazione infatti è lo
stesso ISP ad aver prodotto il contenuto illecito (es. content provider) o ad aver messo
35
Cfr. RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione,Cedam,
Padova 2002, pg.321
36
Cfr. SABRINA MAGLI e MARCO SAVERIO SPOLIDORO, La responsabilità degli operatori in
Internet: profili interni e internazionali, Diritto dell'Informazione e dell'Informatica, 1997, pagg. 61 e
segg
137
“a disposizione degli utenti del servizio i dati che manipola come moderatore di un
newsgroup o di una mailing list”37.
Si tratta in tal caso della “normale responsabilità che grava su chiunque per fatto
proprio: così, il cosiddetto content provider, ossia il provider che fornisce contenuti,
risponde direttamente per eventuali illeciti perpetrati con la diffusione dei
medesimi”38.
Lo stesso codice di autoregolamentazione dell’AIIP39, afferma che: <<Il fornitore di
contenuti è responsabile delle informazioni che mette a disposizione del pubblico […]
Nessun altro soggetto di Internet può essere ritenuto responsabile, salvo che sia
dimostrata la sua partecipazione attiva. Per partecipazione attiva si intende qualsiasi
partecipazione diretta all’elaborazione di un contenuto>>40.
Non si tratta, dunque, di una questione particolarmente problematica, a differenza del
secondo punto, invece, che si presenta decisamente più complesso, in quanto
presuppone che l’ISP sia a conoscenza del fatto che qualcuno compie illeciti
attraverso la propria infrastruttura tecnologica ed abbia consapevolmente fornito
l’accesso a dati illeciti immessi da altri (art. 2055 c.c., concorso di colpa).
Il problema principale è relativo all’esistenza di una reale possibilità tecnica per l’ISP
di conoscere tutti i contenuti e servizi ospitati o gestiti sui suoi server e della modalità
con cui essa può concretizzarsi.
Inoltre, anche ammettendo che il provider sia a conoscenza di tali illeciti, quali sono i
suoi margini di intervento?
37
RUBEN RAZZANTE, op.cit, pg.321
GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, Responsabilità del content provider e dell’host
provider, www.altalex.it, 14.02.2003
39
Associazione Italiana Internet Provider
40
Cfr. http://www.aip.it/autoreg.html
38
138
Parte della dottrina sostiene che se l’ISP è a conoscenza del contenuto illecito delle
pagine ospitate è un suo preciso dovere l’eliminazione dei contenuti illeciti attraverso
l’oscuramento e la cancellazione delle pagine incriminate41.
Questa ipotesi però non pare attuabile in virtù del fatto che il provider stesso non ha
l’autorità di eliminare qualcosa che, dal punto di vista del diritto di proprietà, non gli
appartiene, visto che il contratto di hosting, o di altro tipo di servizio, tutela la
proprietà intellettuale dell’utente finale.
Arrivando poi al terzo punto, la situazione di responsabilità è di colpa per omesso
controllo (art. 2049 codice civile, responsabilità del padrone o committente), che
avviene <<tutte le volte che l’ISP non impedisce l’evento illecito, poiché non
controlla la liceità dei contenuti immessi dall’esterno sul server da lui gestito>>.
Questa terza figura è assimilabile a quella ricavabile dall’art. 57 codice penale42
(responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile di uno stampato periodico)43.
Il già citato codice di autoregolamentazione dell’AIIP44 su questo punto è molto
chiaro, non a caso afferma che: <<La fornitura di prestazioni tecniche senza
conoscenza del contenuto non può presumere la responsabilità dell'attore che ha
fornito tali prestazioni>>.
41
Cfr. REDAZIONALE, Responsabilità degli ISP sui contenuti illeciti dei siti ospitati,
www.unioneconsulenti.it
42
Reati commessi col mezzo della stampa periodica: <<Salva la responsabilità dell’autore della
pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di
esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo
dalla pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la
pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo>>.
Articolo così modificato dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
Reati commessi col mezzo della stampa non periodica: <<Nel caso di stampa non periodica, le
disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all’editore, se l’autore della pubblicazione è
ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile>>.
Articolo aggiunto dalla L. 4 marzo 1958, n. 127.
43
RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova
2002, pag.321
44
http://www.aiip.it/ Associazione Italiana Interne Provider
139
In effetti a tale proposito è difficile dimostrare che l’ISP conosca esattamente il
contenuto di una certa pagina o servizio in quanto esse possono essere modificate
continuamente, velocemente e lasciando poche tracce.
Inoltre l’obbligo di avere un direttore responsabile, ai sensi dell’art. 3 della Legge 7
marzo 2001, n. 62, è estendibile ai siti internet solo quando essi sono dei prodotti
editoriali e fanno informazione in modo professionale e continuato.
Per attribuire una responsabilità all’ISP senza fare riferimento alla figura del
responsabile editoriale poi si è talvolta fatto ricorso all’art. 2050 codice civile,
assimilando l’attività di gestione di un server di rete alle attività cosiddette pericolose,
con la conseguenza che in caso di un fatto illecito commesso da un utente di un sito
internet, anche il gestore del sito può essere considerato responsabile, salvo non provi
“di aver adottato tutte le misure idonee per evitare il danno”.
Tra le “misure idonee” si è compreso, ovviamente, il monitoraggio di tutti messaggi
inviati sul proprio sito45.
Infine sono stati citati talvolta in materia anche l’art. 2051 codice civile, riguardante
le “cose in custodia”, e l’art.18 della Legge 31 dicembre 1996, n. 675, che richiama
da vicino il già citato art. 2050 c.c.
Infine cosa succede nel caso in cui siano divulgate e-mail o comunicazioni personali
all’interno di newsgroups?
A parte l’impossibilità pratica di effettuare il controllo di tutti i contenuti dei
messaggi il provider è bloccato anche dalla Costituzione Italiana, art.15 comma uno:
<<La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di
45
Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
140
comunicazione sono inviolabili. Solo l’Autorità Giudiziaria può delimitarla per atto
motivato e con le condizioni stabilite dalla legge>>.
Come si vede i problemi sono tutt’altro che di facile soluzione, così per comprendere
meglio la situazione odierna può essere interessante ripercorrere lo sviluppo
legislativo e, soprattutto, dottrinale e giurisprudenziale della materia nei vari paesi per
capire quali sono le tendenze evolutive del momento.
4.2.4 ALCUNI CASI INTERNAZIONALI DI RIFERIMENTO:
EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA GIURISPRUDENZIALE E
NORMATIVA
Occorre così procedere ad un’analisi, senza alcuna pretesa di completezza, di alcuni
casi di illeciti commessi da terzi sulla rete che potrebbero determinare una
responsabilità dell’internet provider46, con particolare attenzione ai casi di violazione
del diritto d’autore e di diffamazione tramite rete telematica che sembrano
46
Con il termine internet provider si identifica il soggetto che fornisce a terzi l’accesso alla rete
telematica oltre che una serie di servizi quali la posta elettronica, i newsgroups , lo spazio per la
costruzione di proprie pagine web, etc.
L’internet provider è generalmente una impresa che si avvale di propri dipendenti per la gestione delle
macchine, o servers , necessarie per l’accesso alla rete.
Il tecnico che si occupa direttamente della gestione del server di un internet provider è chiamato
amministratore di sistema, o sysop.
Per una completa identificazione dei soggetti di internet si veda S. Sarti, I soggetti di Internet , in
AIDA, 1996, p. 5 e segg.;
La Legal Guide for Information Service Providers and Users pubblicata dall’European Information
Industry Association (EIIA ) nel febbraio 1995, definisce l’electronic information service provider
come: <<an organisation/a company that produces and/or distributes electronic information products
to the users. The distribution can take place using telecommunication facilities or in tangible form, on
optical or magnetic media, e.g. CD-ROM, diskettes, etc.>>.
141
esemplificare le differenti soluzioni adottate dalla giurisprudenza nazionale ed
internazionale.
In particolare si presenteranno inizialmente alcune decisioni statunitensi ed europee
per comprendere meglio le tendenze internazionali, per poi valutare la situazione
attuale in Italia.
4.2.4.1 STATI UNITI D’AMERICA
Gli Stati Uniti, anche in virtù del loro vantaggio tecnologico, sono stati il primo Paese
in cui si sono verificate controversie e sentenze relative alla questione della
responsabilità degli ISP.
Tenendo presente che le figure di responsabilità possibili negli USA sono
grossomodo assimilabili47 alle tre presentate all’inizio di questo paragrafo, il diritto
statunitense infatti riconosce tre tipi diversi di responsabilità48:
•
il primo tipo è quello della responsabilità attribuita al soggetto che ha
direttamente compiuto la violazione (direct liability o liability for direct
infringement).
La responsabilità per fatti causati da terzi è invece distinta in due differenti tipologie:
•
la responsabilità da concorso colposo (contributory liability), che si ha quando
il soggetto responsabile, pur non essendo il diretto esecutore della violazione,
contribuisce in un qualche modo alla sua realizzazione e ne è a conoscenza
(actual knowledge) o comunque ha motivo di esserlo (reason to know);
47
Cfr. RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam,
Padova 2002, pg.322
48
Si veda Liability for On-Line Intermediaries. Institute for Information Law, Amsterdam, August
1997. IMPRIMATUR Esprit Project Report.
142
•
la responsabilità indiretta (vicarious liability), che si verifica quando il
soggetto responsabile ha il compito e la possibilità di controllare (the right
and ability to supervise) l’attività svolta dal terzo che ha direttamente
commesso la violazione e quando, a seguito di questa, tragga un vantaggio
economico. In quest’ultimo caso nessun valore è dato al fatto che il
responsabile indiretto conosca o no il comportamento illecito del terzo49.
Rispetto al nostro ordinamento la direct liability è assimilabile alla previsione
dell’articolo
2043
del
Codice
Civile,
relativo
alla
responsabilità
civile
extracontrattuale.
La contributory liability è a sua volta paragonabile all’art. 2055 del Codice Civile
(Concorso di colpa) mentre la vicarious liability è assimilabile a quanto previsto
all’art. 2049 del Codice Civile (Responsabilità del padrone o committente).
Riguardo alla normativa applicabile, occorre anche ricordare che gli Stati Uniti
partecipano alle varie convenzioni internazionali in materia di copyright, recepite
mediante alcune leggi interne in materia.
In particolare l’US Copyright Act , modificato nel 1976, riconosce come violazione
del copyright il caso di trasmissione attraverso canali televisivi effettuata senza le
necessarie autorizzazioni da parte del legittimo titolare dei diritti commerciali
(U.S.C.A. 111 (c)).
La stessa norma è oggi estesa al caso di comunicazioni via rete telematica.
In particolare, l’US Copyright Act riconosce al titolare del copyright (U.S.C.A. 106):
il diritto di riprodurre l’opera protetta; il diritto di distribuire copie dell’opera al
pubblico; il diritto di rendere pubblica l’opera protetta.
49
Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
143
L’US Copyright Act definisce (17 U.S.C.A. 101) il concetto di “rendere pubblica”
un’opera come l’atto di mostrare una copia di essa o direttamente, oppure attraverso
un filmato, una fotografia, immagini televisive, od infine mediante altri “meccanismi
o processi”, comprese quindi le trasmissioni via rete telematica.
La questione della responsabilità dell’internet provider fu inizialmente sollevata nel
1991 nel giudizio riguardante Cubby vs. Compuserve Inc50.
Il caso verteva sull’invio, da parte di un utente, di messaggi diffamatori registrati poi
sul server del provider Compuserve.
Secondo il diritto statunitense chiunque riproduca o pubblichi messaggi diffamatori
va considerato responsabile al pari di chi li ha inizialmente espressi.
Tuttavia non sono responsabili coloro che distribuiscono questo materiale, come i
giornalai o le librerie, che si comportano da semplici rivenditori e non da strutture
editoriali.
La Corte statunitense ritenne di considerare Compuserve al pari di un’edicola (news
distributor) e quindi non responsabile per la pubblicazione del materiale diffamatorio,
sostenendo, in particolare, che Compuserve non eseguiva alcun tipo di controllo sul
materiale pubblicato in rete dai propri utenti e quindi si comportava da semplice
punto di distribuzione del materiale e non da “editore” dei messaggi dei propri utenti.
Una simile decisione si ebbe nel 1992 con il caso Auvil vs. CBS 60 Minutes51, in cui
la Corte statunitense stabilì che non poteva riscontrarsi una responsabilità del
50
776 F. Supp. 135 (140 S.D.N.Y. 1991).
Una delle prime decisioni sulla responsabilità penale del provider fu adottata nel 1984, quando un
amministratore di sistema fu incriminato per avere resi pubblici diversi codici di carte di credito
telefoniche rubate.
Tuttavia il problema di comunicazioni offensive inviate dagli utenti esplose durante i primi anni 90 con
lo sviluppo della rete internet .
51
800 F. Supp. 928 (1992)
144
provider vista l’impossibilità di monitorare e filtrare tutte le comunicazioni inviate nel
newsgroup.
Nella sentenza si ebbe l’assoluzione del provider poiché venne equiparato ad una
libreria il cui gestore non può essere considerato responsabile di ciò che è scritto
all’interno dei libri esposti nello scaffale.
Verrebbe ipotizzata una responsabilità del provider solo ove si riuscisse a dimostrare
che lo stesso provider si comporti da editore e non da distributore occupandosi di
effettuare direttamente una revisione critica del materiale da pubblicare52.
Questo primo caso dunque tenderebbe a liberare da ogni responsabilità il provider nel
momento in cui esso si comporti da mero punto di distribuzione dei contenuti.
Nella successiva sentenze tuttavia, come quella afferente Playboy Enterprises, Inc.
vs. Frena del 199353 si discusse della violazione del diritto di copyright su alcune
immagini di proprietà della rivista Playboy, diffuse illegittimamente in rete attraverso
un bullettin board system , o bacheca elettronica54.
La Corte statunitense decise per una responsabilità diretta dell’internet provider in
quanto diretto responsabile della diffusione del materiale protetto.
In maniera analoga fu risolto il caso Sega Entertainment, Ltd. vs. Maphia del 199455.
Nella specie si trattava di utenti di un altro bullettin board system che caricavano
(uploading) e scaricavano (downloading) sul server del provider giochi elettronici
protetti.
52
RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, La natura giuridica di Internet e le responsabilità del
provider, www.interlex.it, 19.06.97
53
839 F. Supp. 1552 (M.D. Fla. 1993).
54
Un Bullettin Board System , o BBS , non è altro che un sito della rete telematica a cui gli utenti
possono accedere, normalmente previo abbonamento, e dove possono dialogare con altri utenti,
caricare (upload) o scaricare (download) files di vario tipo: immagini, filmati, software, etc.
55
857 F. Supp. 679 (N.D. Cal. 1994).
145
Ai provider vennero attribuite delle responsabilità per violazioni del copyright, non
per aver commesso direttamente le violazione piuttosto per aver messo a disposizione
sul proprio server gli strumenti necessari per copiare i videogame protetti
incoraggiando i suoi utenti a caricare e scaricare i videogiochi.
Fu in particolare attribuita al provider una responsabilità di tipo concorsuale
(contributory liability) perché a conoscenza delle violazioni commesse dagli utenti
del suo sistema56.
Un’ulteriore importante decisione fu quella adottata nel caso Stratton Oakmont Inc
vs. Prodigy57.
La società di consulenza finanziaria Stratton Oakmont Inc aveva citato in giudizio il
provider Prodigy58 affermando di essere stata denigrata da una serie di messaggi
pubblici apparsi in un forum finanziario, in cui si asseriva che il presidente della
Stratton Oakmont Inc era stato incriminato per vari reati59.
La Prodigy si era difesa sostenendo che, nella sua qualità di distributore non poteva
essere chiamata a rispondere di azioni intraprese da terzi, e ciò anche perché non
aveva alcun controllo sulle notizie pubblicate, in conformità con la sentenza
precedente (tra l’altro stiamo parlando di un sistema di Common Law).
Nell’indagine tuttavia era emerso che Prodigy operava un controllo60, seppur parziale,
sui contenuti della messaggistica pubblica attraverso agenti software che
provvedevano ad eliminare tutti i messaggi osceni, per questo la Corte di New York
56
CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
57
no. 31063/94 Supreme Court of New York, Nassau County, 1995
58
Prodigy è uno dei provider più importanti del mondo con diversi milioni di utenti collegati
59
Cfr. RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, op. cit., www.interlex.it 19.06.97 e RUBEN
RAZZANTE, op. cit., Cedam, Padova 2002, pg.323
60
In particolare Prodigy aveva installato un sistema automatico di filtraggio sul contenuto dei
messaggi e aveva nominato un gruppo di persone, chiamati Board Leaders con il compito di
monitorare costantemente tutti i messaggi inviati.
146
stabilì che Prodigy o qualunque altro provider che compia operazioni di filtraggio
“può essere citato in giudizio per rispondere dei danni causati da un atto diffamatorio
come se si trattasse di una televisione, un giornale ovvero un editore”61.
Prodigy così fu riconosciuto responsabile insieme ai suoi Board Leaders al pari di un
responsabile editoriale di una testata giornalistica che risponde insieme ai suoi
redattori62.
Nello stesso anno si ebbe, tuttavia, il primo vero caso di esclusione della
responsabilità dell’internet provider negli Stati Uniti nella controversia Religious
Technology Center vs. Netcom On-Line Communication Services del 199563.
Nel caso specifico alcune copie di materiale appartenente alla setta di Scientology
erano state messe in rete, senza la necessaria autorizzazione, da parte di un utente di
Netcom On-Line, Dennis Erlich. La comunicazione avvenne all’insaputa del provider
che forniva l’accesso al proprio newsgroup senza aver predisposto alcun controllo
sugli interventi dei vari utenti64.
In questo caso la Corte si mosse nella direzione di non considerare responsabile
Netcom On-Line in quanto il provider non effettuava alcun controllo sul materiale e si
comportava quindi da semplice vettore tecnologico neutrale.
La Corte statunitense ritenne che Netcom On-Line si comportava come un semplice
fornitore di “cavi e condotti” (wire and conduits), senza alcuna forma di filtro o
controllo sul materiale inviato. Attribuire in questo caso una responsabilità
61
RENZO RISTUCCIA e LUCA TUFARELLI, op. cit., www.interlex.it, 19.06.97
Secondo la Corte statunitense, Prodigy: <<Held itself out as an on-line service that exercised
editorial control over the content of messages posted on its computer bulletin boards, thereby
expressly differentiating itself from its competition and expressly likening itself to a newspaper>>.
Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.
63
No. C-95-20091 RMW (N.D. Cal. nov. 21, 1995)
64
Cfr. CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
62
147
concorsuale (contributory infringement) a Netcom On-Line avrebbe significato
riconoscere una <<Liability for every single Usenet server in the world wide link of
computers tranmitting Erlichs message to every other computers.>>65.
La Corte sostenne tuttavia che una responsabilità del provider poteva essere
riconosciuta nel caso in cui fosse stata dimostrata la sua conoscenza della violazione.
Si escludeva comunque una responsabilità indiretta, cosiddetta vicarious liability , in
quanto il provider non otteneva alcun vantaggio economico come effetto degli illeciti
commessi dai suoi utenti66.
Le due sentenze Stratton Oakmont Inc vs. Prodigy e Religious Technology Center vs.
Netcom On-Line Communication Services hanno dunque portato ad individuare una
divisione fra gli access provider, <<ossia coloro che forniscono semplicemente
l’accesso ad un canale di comunicazione, la rete telematica, al pari delle agenzie
telefoniche […] e i service provider, che oltre a fornire un accesso alla rete, eseguono
varie forme di controllo o di monitoraggio sul materiale inviato sul loro server”67,
attività effettuate normalmente a tutela della sensibilità e del rispetto per i propri
utenti>>.
Paradossalmente, secondo i giudici statunitensi, gli access providers non sono
responsabili per le informazioni ed i dati trasmessi sui loro servers, mentre, al
65
<<La responsabilità per ogni singolo sistema di servizio di Usenet nel mondo in collegamento largo
che Erlichs segnala ad ogni altri computer>>.
Un commento alla decisione della Corte statunitense sottolinea come: <<Scientology's attempt to
assert liability over Netcom for copyright infringement simply cannot be supported, argues Netcom. It
is a passive transmitter with no knowledge or control over the content of communications that pass
over its access lines. The requested extension of liability for copyright infringement to Internet access
providers over whose transmission lines Internet users may convey infringing material, is, observe
Netcom, akin to seeking redress against the telephone company for torts commited by telephone>>.
Jonathan Rosenoer, Internet Infringement , 1995, CyberLaw.
66
Secondo la giurisprudenza statunitense, la “vicarious liability” richiede il vantaggio economicofinanziario del soggetto responsabile come effetto dell’illecito del terzo.
Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.
67
CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98
148
contrario, i service providers, “colpevoli” non solo di fornire un accesso ma anche un
servizio ai loro utenti, andrebbero considerati responsabili, in via concorsuale, per
tutte le comunicazioni inviate sui loro servers, al pari dei responsabili editoriali delle
testate giornalistiche.
La penalizzazione dei service provider, assimilati a editori, ha avuto come
conseguenza, nel periodo immediatamente successivo, il fatto che <<i consulenti
legali statunitensi suggerirono rapidamente a tutti gli internet provider di evitare
qualsiasi forma di controllo e di monitoraggio […] pubblicizzando chiaramente in
rete la piena libertà e responsabilità attribuite dal provider ai propri utenti>>68.
Un ulteriore esempio di responsabilità dell’internet provider fu il caso Sega
Enterprises vs. Sabella, sempre del 199569.
Si discusse allora, come nel caso Sega Entertainment, Ltd. vs. Maphia , di copie non
autorizzate di videogiochi protetti in rete.
La Corte statunitense riconobbe in capo all’internet provider una responsabilità da
concorso colposo (contributory infringement) in quanto a conoscenza delle violazioni
commesse dai suoi utenti.
La Corte statunitense sostenne che il provider, pur non compiendo direttamente gli
illeciti, avendone avuta conoscenza, non impedì il proseguire di tali violazioni, a
prescindere che questi svolgesse o meno una funzione di controllo sui messaggi
inviati dai propri utenti.
68
CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98
La regola adottata dai consulenti legali fu quella che i providers potevano essere considerati: <<as
innocent infringers where they had no knowledge of the infringement, no intent to infringe, and
immediately removed copyright-infringing material from their systems>>.
William J. Cook, Deputizing the ISPs , 1996, The Recorder.
69
C93-04260 (N.D. Cal. 1996)
149
Secondo la Corte statunitense si avrebbe quindi una responsabilità del provider anche
nel caso in cui questi, essendo venuto a conoscenza della violazione, non abbia
cercato di bloccarne gli ulteriori effetti70, sia che si tratti di un access che di un
service provider .
Sulla base delle decisioni appena presentate, si delineano quindi due principali casi di
responsabilità attribuite ad un provider: la prima, di tipo preventivo alla violazione,
limitata al service provider, si ha per non aver impedito il verificarsi dell’illecito; la
seconda, successiva alla violazione, attribuibile in questo caso a qualsiasi provider , si
ha per non aver bloccato gli ulteriori effetti dell'illecito una volta venutone a
conoscenza71.
A conferma di tutto questo, nel 1997 è stato proposto l’On Line Copyright Liability
Limitation Act72 che definirebbe esplicitamente i casi di limitazione di responsabilità
dell’internet provider per le violazioni del copyright commesse in rete, riprendendo le
conclusioni sopra indicate.
La proposta riconosce come responsabile il provider, sia che si tratti di un access o di
un service provider, quando questi abbia partecipato direttamente alla violazione,
oppure, non avendovi partecipato direttamente, essendone venuto a conoscenza, non
abbia compiuto ogni atto “tecnicamente fattibile ed economicamente ragionevole”
70
Si è detto in questo caso che il non eliminare rapidamente il materiale illecito dal proprio server nel
momento in cui se ne è avuta conoscenza rivela una qualche forma di volontà (element of volition)
affinché la violazione continui. William J. Cook, Deputizing the ISPs , op.cit
71
In linea con le conclusioni a cui la giurisprudenza statunitense è giunta, va ricordato che nel
documento White Paper on the Intellectual Property and the National Information Infrastructure, della
Information Infrastructure Task Force, Washington D.C., September 1995, pag. 117, si suggeriva di
non escludere completamente ogni responsabilità del service provider sulla base del fatto che: <<On
line service providers [...] are in the position to know the identity and activities of their subscribers
and to stop unlawful activities. And, although indemnification from their subscribers may not
reimburse them to the full extent of their liability and other measures may add to their costs of doing
business, they are still in a better position to prevent or stop infringement than the copyright owner.
Between these two relatively innocent parties, the best policy is to hold the service provider liable>>.
72
HR 2180
150
(technically feasible and economically reasonable to carry out) al fine di impedire
che la violazione perdurasse73.
Bisogna dire però che qualcosa è cambiato dal 1996, anno in cui è intervenuta una
modifica del Telecommunications Act. in base alla quale: <<un ISP di un sistema
interattivo non può essere considerato responsabile, al pari di un editore, delle
informazioni fornite e comunicate da terzi>>74.
In tal modo si è posto in essere il primo tentativo, su scala mondiale, di limitare le
sanzioni nell’ambiente di internet.
Nel Communication Decency Act75
inoltre si stabilisce il principio secondo cui
nessun provider né utente può essere trattato, dal punto di vista della responsabilità,
come un editore.
Gli effetti di questo provvedimento si avvertirono subito nella sentenza sul caso Zeran
vs. American Online del 1997, in cui si fu esclusa la responsabilità del provider
rispetto ai messaggi diffamatori inviati da un utente sul server di AOL, anche se,
aspetto importante, il provider era a conoscenza76 di tali contenuti ed anzi aveva
avuto richiesta di eliminazione degli stessi da parte dell’interessato.
73
Una decisione sulla responsabilità del provider si è avuta nel dicembre 1997, nel caso Enterprises,
Inc vs. Webworld , relativa, come nel caso Playboy Enterprises, Inc. v. Frena, a pubblicazioni non
autorizzate di immagini protette da copyright.
La Corte ha riconosciuto Webworld direttamente responsabile in quanto diretto fornitore delle
immagini protette.
Si veda Electronic Information. Policy & Law Report . BNA, vol. 3, No. 4, January 28, 1998.
74
RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova
2002, pg.323
Il Par. 230 (c)(1) del Telecommunications Act recita testualmente: <<No provider or user of an
interactive computer service shall be treated as the publisher or speaker of any information provided
by another information content provider>>.
Si noti però che l’articolo 230 (d)(2) esclude l’applicabilità della norma di cui sopra alla disciplina dei
diritti di proprietà intellettuale.
Si veda Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.
75
titolo 47, U.S.C/230 c1
76
La Corte statunitense sostenne nel caso che: <<distributor liability treats a distributor as a publisher
or third party statements where the distributor knew or had reason to know that the statements were
151
In conclusione, rispetto alla responsabilità per violazione delle norme sul copyright,
la responsabilità del provider negli Stati Uniti nel caso di diffusione in rete di
materiale offensivo o diffamatorio sembra essere attualmente limitata alla sola
partecipazione diretta nell’illecito77.
4.2.4.2 LA SITUAZIONE IN ALCUNI PAESI EUROPEI
L’Unione Europea si è dotata di provvedimenti volti all’armonizzazione della
normativa su Internet degli Stati membri, al fine di rendere reale lo scambio e la
libera concorrenza anche in questo settore.
A differenza di come avviene negli Stati Uniti dove la responsabilità del provider è
disciplinata verticalmente78 (cioè da più Acts a seconda del tipo di violazione, cioè il
provider sarà responsabile ex DMCA79, o ex Telecommunications Act of 199680 o ex
Communication Decency Act81), l’Europa invece ha scelto il regime cosiddetto
orizzontale, cioè di responsabilità unica per ogni tipo di violazione sia essa del diritto
d’autore, della privacy, per diffamazione, per pubblicità ingannevole, etc..
Si possono citare due direttive europee relative a questo campo, in materia di
commercio
elettronico
2000/31/CE
e
di
diritti
d’autore
nella
società
dell’informazione (2001/29/CE).
defamatory. It follows that Zerans attempt to impose distributor liability on AOL is, in effect, an
attempt to have AOL treated as the publisher of the defamatory material>>. Liability for On-Line
Intermediaries , op.cit.
77
Nel 1996, nello stato del Wisconsin è stata emanata una legge (Wisconsin Bill Act 852 del 1996) in
materia di diffamazione in rete che stabilisce che l’internet provider è corresponsabile del fatto del
terzo nel caso in cui sia a conoscenza del materiale lesivo oppure non si sia prontamente attivato per
eliminarlo nel momento in cui venga informato della sua presenza sul suo server.
Si legga Renzo Ristuccia e Luca Tufarelli, La natura giuridica di Internet e la responsabilità del
provider
,
19
giugno
1997,
disponibile
su
InterLex
all’indirizzo
http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/ristufa.htm.
78
COMANDÈ, G., op. cit., pag. 811.
79
Digital Millennium Copyright Act, Pub. L. No. 105-304, 112 Stat. 2860, 17 U.S.C. 512 (1998).
80
Telecommunications Act of 1996, Pub. L. No. 104-104, Title V, 110 Stat. 56, 133-43 (1996).
81
(47 U.S.C. § 230, 1996).
152
In questa analisi di maggiore interesse è soprattutto la prima, che si propone di creare
regole uniformi per il commercio elettronico e in particolare, si propone di fornire
indicazioni comuni relativamente alle regole da applicare alla prestazione di servizi
delle società dell’informazione.
Tali servizi sono precisati attraverso il rinvio ad altre direttive comunitarie, la
98/34/CE, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle
regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società
dell’informazione, e la 98/84/CE, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei
servizi d’accesso condizionato.
I servizi della società dell’informazione sono definiti come: <<Qualsiasi servizio
prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante
apparecchiature elettroniche d’elaborazione (compresa la trasmissione digitale) e di
memorizzazione dei dati e a richiesta individuale di un destinatario di servizi>>82.
Il REGNO UNITO ha una normativa che prevede la responsabilità diretta dell’ISP
che si qualifichi come content provider, ossia che non si comporti da mero vettore di
diffusione di informazioni altrui.
Inoltre il provider risulta responsabile dei contenuti diffusi da altri in caso effettui
qualche operazione di monitoraggio regolare sul materiale che viene immesso sui
suoi server83.
82
GIANFRANCO PUOPOLO E LAURA LIGUORI, La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del
provider, www.interlex.it, 07.09.2000
83
Cfr.RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.324
153
Nel caso di violazione del copyright viene applicato l’UK Copyright, Designs and
Patents Act, modificato nel 1988, che disciplina esplicitamente le comunicazioni
televisive, ma viene esteso anche alle comunicazioni su rete telematica.
Il primo tipo di responsabilità per violazione delle norme sul copyright è la cosiddetta
primary liability che si ha in capo a colui che direttamente compie la violazione84
(una fattispecie analoga alla direct liability statunitense).
Diverso è invece il caso del cosiddetto secondary infringement.
In particolare, il paragrafo 24 dell’UK Copyright, Designs and Patents Act stabilisce,
anche se relativamente alle comunicazioni via fax, che: <<Colui che, senza
l’autorizzazione da parte del titolare dei diritti, trasmette copia dell’opera protetta
mediante un sistema di telecomunicazione è responsabile in via indiretta (secondary
infringement) purché conosca o sia tenuto a conoscere (knowing or having reason to
believe) che la comunicazione comporta una violazione delle norme sul
copyright>>85.
Tale norma può essere estesa al caso di responsabilità del provider che andrebbe
quindi considerato responsabile sia se partecipa direttamente all’illecito (primary
infringement), sia se ne è a conoscenza o ha la possibilità di conoscere la violazione
(secondary infringement).
84
Riguardo alla primary liability questa è esclusa: <<Where he has no influence over the contents,
arguably, the same should go for a cable service operator and, consequently, for an access or service
provider>>.
Liability for On-Line Intermediaries , op.cit.
85
Testualmente il Par. 24 (2) dell’UK Copyright Act recita: <<Copyright in a work is infringed by a
person who without the license of the copyright owner transmits the work by means of a
telecommunication system (otherwise than by broadcasting or inclusion in a cable programme
service), knowing or having reason to believe , that infringing copies of the work will be made by
means of the reception of the transmission in the UK or elsewhere>>. Liability for On-Line
Intermediaries , op.cit.
154
“A parte quindi la responsabilità diretta del provider nell’illecito, la discriminante per
un’eventuale responsabilità del provider per violazioni commesse da terzi è la loro
conoscibilità (knowledge or reason to believe).
La norma va quindi interpretata nel senso di escludere comunque una responsabilità
di tipo preventivo per fatti compiuti da terzi, il provider non può essere a conoscenza
dell’illecito fintanto che questo non si manifesta, e di introdurre una responsabilità
indiretta (secondary liability) del provider salvo che questi non provi l’incolpevole
mancata conoscenza dell’illecito86.
Rispetto a possibili violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, un caso interessante
risale al novembre 1996, quando alcuni brani di due canzoni del complesso irlandese
degli U2 furono “rubati” e pubblicati su un sito web di un provider ungherese: la band
riuscì a far chiudere il sito internet per violazione del copyright87.
Nel frattempo si scoprì che altri due siti negli Stati Uniti ed in Olanda avevano
scaricato il file dal sito ungherese e lo avevano reso pubblico sul loro server e di
conseguenza diffuso in rete a testimonianza della difficoltà di controllare, con metodi
esclusivamente repressivi, questo settore.
Gli U2 rinunciarono ad ulteriori cause legali sostenendo che comunque il materiale
“rubato” era incompleto e non definitivo e quindi di poco valore88.
86
CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
87
Cfr. CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98
88
Si legga It could happen to you too, webWright, disponibile su: ma.hrc.wmin.ac.uk.
Nello stesso articolo è presentato un ulteriore caso in materia di violazione del copyright che ha
riguardato il sito della Shetland News, un pubblicazione su internet, contenente links o collegamenti al
sito della rivista concorrente Shetland Times.
La Shetland Times ha deciso alcuni anni fa di agire per violazione del copyright contro la Shetland
News.
La Corte scozzese di Edimburgo alla fine del 1996 ha vietato in via preliminare (cosiddetto interim
interdict) alla Shetland News di introdurre links nei propri articoli su internet verso gli articoli della
Shetland Times.
155
A margine occorre ricordare che la disciplina britannica del copyright su Internet è
una semplice estensione di quella prevista per le comunicazioni televisive, quindi non
può considerarsi adeguata in tutte le situazioni89.
Per quanto riguarda poi le comunicazioni offensive o diffamatorie, in Gran Bretagna
chiunque partecipi alla loro diffusione è considerato responsabile al pari dell’autore.
Per i meri fornitori però è ammessa la difesa della cosiddetta innocence
dissemination: un fornitore non può essere considerato responsabile per il contenuto
di ciò che vende o distribuisce se dimostra che, oltre a non aver partecipato alla
creazione del materiale offensivo o diffamatorio, non era a conoscenza del contenuto
di tale materiale, né era in grado di conoscerlo avendo mantenuto un comportamento
diligente (reasonable care).
Il paragrafo 1 del Defamation Act stabilisce inoltre che il comportamento diligente
(reasonable care) del fornitore va considerato tenendo conto sia della eventuale
partecipazione del soggetto nella creazione e pubblicazione del materiale offensivo,
della natura delle circostanze che hanno dato origine alla pubblicazione, sia infine
della precedente condotta o del carattere dell’autore del messaggio.
In questo stesso paragrafo, il Defamation Act del 1996 esplicitamente si riferisce al
responsabile di un sistema informatico in cui afferma che: <<Una persona non può
essere considerata né un autore, né un editore o un responsabile editoriale se viene
coinvolto nella semplice trasmissione in formato elettronico del materiale offensivo o
Se la Corte riconoscerà la pretesa della Shetland Times, ciò potrebbe significare che, almeno in Scozia
e forse in Inghilterra, sarà vietato inserire links nelle proprie pagine Web verso altri siti internet senza
prima aver ottenuto l’autorizzazione da questi ultimi.
Il caso Shetland News è anche descritto presso il sito della rivista http://www.shetland-news.co.uk.
89
Cfr.RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.324
156
nella gestione del sistema elettronico attraverso il quale il materiale viene cercato,
copiato, distribuito e reso accessibile agli utenti>>.
Allo stesso modo un provider non può essere considerato autore o editore o
comunque un responsabile editoriale, pur essendo il titolare del sistema di
comunicazione attraverso il quale la comunicazione offensiva viene trasmessa, nel
caso in cui questi non abbia alcun controllo sulle comunicazioni inviate al proprio
server90.
In Gran Bretagna si riconosce quindi una responsabilità del provider per materiale
offensivo prodotto da terzi nel solo caso in cui questi esegua una qualche forma di
controllo o di monitoraggio sulle comunicazioni dei propri utenti, ovvero quando si
comporta come un responsabile editoriale.
Negli altri casi, sulla base del paragrafo 1 del Defamation Act il provider può sempre
ricorrere alla difesa della innocence dissemination che lo equipara ad un semplice
fornitore di informazioni purché non sia a conoscenza del messaggio offensivo e
abbia sempre mantenuto un comportamento diligente91.
In FRANCIA un primo caso di responsabilità extracontrattuale si è avuto nel
febbraio del 1999, quando il provider Altern.org è stato condannato dalla Corte
90
Il Par. 1 dell’ UK Defamation Act 1996 stabilisce che: <<A person shall not be considered the
author, editor or publisher of a statement if he is only involved (a) in printing, producing, distributing
or selling printed material containing the statement; (b) in processing, making copies of, distributing,
exhibiting or selling a film or sound recording (as defined in Part I of the Copyright, Designs and
Patents Act 1988) containing the statement; (c) in processing, making copies of, distributing or selling
any electronic medium in or which the statement is recorded, or in operating or providing any
equipment, system or service by means of which the statement is retrieved, copied, distributed or made
available in electronic form ; (d) as the broadcaster of a live programme containing the statement in
circumstances in which he has no effective control over the maker of the statement; (e) as the operator
of or provider of access to a communications system by means of which the statement is transmitted, or
made available by a person over whom he has no effective control>>.
91
CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
157
d’Appello di Parigi per la diffusione su uno dei suoi siti di foto osé di Estelle
Hallyday, fotomodella moglie del figlio del rocker francese, Johnny Hallyday92.
Il provider ricorse comunque in appello e il 10 febbraio il tribunale di seconda
istanza, pur escludendo in generale una responsabilità del gestore del sito, condannò
Altern.org93.
Gli specialisti affermarono che l’ospitante dei siti era responsabile dei contenuti delle
pagine fin quando l’editore del sito in causa non fosse identificato o non si
manifestasse con certezza”94.
La Corte in effetti ritenne che un provider che ospitava nel suo spazio persone che
anonimamente mettevano in linea contenuti di varia natura <<eccedeva
evidentemente il ruolo tecnico di un semplice trasmettitore d’informazione e dovesse
obbligatoriamente assumersi, nei confronti di terzi dei quali si sarebbero violati i
diritti in tali circostanze, le conseguenze di un’attività che aveva deliberatamente
intrapreso>>95.
L’ISP dunque non ha obbligo di controllo sul contenuto dei siti ma è comunque
responsabile, visto il suo consenso al mantenimento dell’anonimato da parte dei
fornitori dei contenuti.
Una sentenza del Tribunale di Nanterre l’8 dicembre 1999 precisò questa
responsabilità in un obbligo generale di prudenza e diligenza, ulteriormente
esplicitato in informazione (ai creatori dei contenuti circa il rispetto dei diritti di
terzi), vigilanza e azione (bloccare l’accesso al sito se viene segnalata una lesione).
92
Il caso risale al 1997, la fotomodella sporse denuncia e le foto non autorizzate furono ritirate ancor
prima del processo.
93
Il risarcimento ammontava a 120 milioni di lire.
94
ANSA 24-FEB-99 18:09, Riportata in www.interlex.it, 01.03.98
95
L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale
dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica,
2000, pp.850
158
Questo provvedimento cercava di raggiungere un equilibrio tra <<l’esigenza di
assicurare l’individuazione di un responsabile e quella di non far gravare sui provider
obblighi effettivamente inesigibili>>96.
Questo tipo di previsioni si è infine concretizzato nella legge 719/2000, che prevede
per i provider l’obbligo di informare gli utenti circa il rispetto dei diritti di terzi e a
proposito della possibilità di restringere o bloccare l’accesso a determinati servizi in
caso di comportamenti illegittimi.
Per quanto riguarda la SPAGNA risulta interessante analizzare l’ Anteproyecto de
Ley de servicios de la sociedad de la información y de comercio electrónico
spagnolo, poiché è uno dei primi ordinamenti europei a improntare una disciplina
interna in risposta alla normativa comunitaria e anche per la profonda differenza di
matrice fra il nostro ordinamento di marcato stampo francese e quello spagnolo in cui
non c’è un sistema di responsabilità per cose in custodia o per attività pericolose97.
In Spagna opera allora il principio sancito nel 1902 codigo civil, opportunamente
interpretato dalla giurisprudenza98.
A parte la pedissequa trasposizione degli articoli della direttiva, meritano attenzione
le disposizioni riguardanti la responsabilità dell’ host provider, esso non è
responsabile a condizione che: a) non sia a conoscenza degli illeciti; b) agisca con
diligenza per rimuovere le informazioni o disabilitare l’accesso ad esse (c.d. principio
della non inerzia).
96
L.BUGIOLACCHI, op. cit., pp.850
Così BUGIOLACCHI L., Verso un sistema di responsabilità civile dell’Internet Provider?
Considerazioni su un recente “anteproyecto” spagnolo di recepimento della direttiva 2000/31/CE sul
commercio elettronico in Responsabilità Civile e Previdenza, 2002, fasc. 1 (febbraio), pag. 292-314.
98
Non è altro che il principio classico della responsabilità extra-contrattuale, che richiede quindi da
parte del soggetto la colpa o il dolo per il verificarsi della fattispecie.
97
159
La Giurisprudenza spagnola, alla luce del suo ruolo istituzionale di integratrice del
diritto, ha però progressivamente allargato le maglie della “diligenza” da tenere nella
custodia delle cose (benché non esiste una fattispecie specifica che la prevede) e così
le divergenze tra i nostri ordinamenti si sono progressivamente ridotte.
Innovativo è l’articolo 17 del progetto, che è dedicato alla responsabilità dei motori di
ricerca e che la stessa direttiva europea sembra non aver preso in considerazione.
Il regime è comunque non dissimile da quello dell’ host provider, infatti solo qualora
abbia effettiva conoscenza dei siti a cui rinvia per mezzo dei links può ritenersi
responsabile; deve inoltre collaborare per rimuovere prontamente il link in caso di
illecito accertato.
La normativa spagnola è improntata quindi ad una tipizzazione caso per caso delle
condotte da qualificare illecite e non abbraccia né il sistema della responsabilità
oggettiva, né quello della presunzione di responsabilità (come nei casi del 2050 e
2051 c.c.).
In OLANDA la giurisprudenza si è orientata a limitare la responsabilità dell’ISP alla
sola partecipazione diretta alla fattispecie criminosa99.
Le sentenze di riferimento sono due: la prima è del 1995, quando il Tribunale di
Rotterdam si trovò a valutare la violazione delle norme sul copyright100 dovuta a
scambio di software illegittimamente copiato tra gli utenti di un server.
99
RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova
2002, pg.323
100
La normativa in materia di copyright in Olanda punisce chiunque riproduca un’opera senza la
necessaria autorizzazione da parte del titolare dei diritti. Allo stesso modo sono perseguibili coloro che
stampano, pubblicano, distribuiscono e vendono una copia dell’opera protetta.
In un caso relativo alle comunicazioni televisive del 1993, un operatore via cavo fu considerato
responsabile per aver consentito la trasmissione “pirata” di materiale protetto, nonostante non avesse
direttamente eseguito la trasmissione.
160
In questo caso il provider fu riconosciuto responsabile in quanto aveva
consapevolmente modificato il proprio server consentendo il caricamento e la
riproduzione di file dal proprio sito internet.
Il provider fu riconosciuto direttamente responsabile della violazione per negligenza
in quanto avrebbe potuto e dovuto prevedere un comportamento illecito da parte dei
suoi utenti101.
La seconda storica decisione del Tribunale dell’Aia nel 1996, riguardava invece la
violazione dei diritti di proprietà intellettuale sul materiale appartenente alla Chiesa di
Scientology attraverso il trasferimento di file su un newsgroup102.
La Corte sostenne che: <<il provider aveva semplicemente fornito agli utenti uno
spazio dove poter discutere, il newsgroup appunto, e che nessun obbligo di controllo
sul materiale in rete poteva essere riconosciuto in capo al provider per cui si
escludeva una qualsiasi forma di responsabilità>>103.
Tuttavia, questa sentenza è divenuta molto importante, poiché stabilì che il provider
non era responsabile di tutto il materiale presente sul server e che esso sarebbe stato
colpevole nel caso in cui: <<si fosse trovato a conoscenza del comportamento
dell’utente, o se almeno questo comportamento fosse stato verosimilmente
conoscibile, e che la violazione dell’utente fosse inequivocabilmente chiara, ovvero
che non vi fosse alcun dubbio sulla illiceità del comportamento del terzo>>104.
Fu infatti ritenuto comunque responsabile per non aver fatto cessare l'illecita trasmissione del materiale
protetto; Corte Suprema dell’Aia, 14 Gennaio 1983, NJ 1984, 696.
101
CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell'Internet provider, www.interlex.it,
23.11.98
Corte distrettuale di Rotterdam, 24 Agosto 1995, AMI 1996/5, p. 101.
102
Corte distrettuale dell’Aia, 12 Marzo 1996, 96/160. La sentenza dell’Aia è commentata da Maurits
Dolmans e Annette Schild nel loro Copyrights and the Internet, Fourth Annual Conference on
International Intellectual Property Law & Policy, New York, 11 e 12 aprile 1996.
103
CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98
104
CARLO GATTEI, op. cit., www.interlex.it, 23.11.98
161
In tal caso il provider avrebbe avuto l’obbligo di intervenire e mettere in atto tutte
quelle cautele necessarie affinché tale violazione fosse cessata105.
Per questo un provider può sempre difendere sia sostenendo di non essere a
conoscenza della situazione di illecito sia dicendo che, al momento del controllo, la
violazione non era chiara ed esplicita.
Infine in materia di diffamazione, nel Codice Penale olandese esiste una norma106 che
esclude la responsabilità dell’editore se questi non ha alcun controllo sul materiale
pubblicato.
Si può quindi ritenere che in Olanda in materia di diffamazione commessa su rete
telematica la responsabilità del provider sia limitata alla sola partecipazione diretta
alla fattispecie criminosa.
In GERMANIA un caso di violazione dei diritti della proprietà intellettuale fu risolto
da una corte locale nel 1996 con l’applicazione delle norme sul responsabile
editoriale e con il riconoscimento della conseguente responsabilità penale del
provider che avrebbe avuto l’obbligo di controllare la legittimità del materiale inviato
dai propri utenti.
Secondo la Corte tedesca questo controllo non solo era tecnicamente possibile, ma
poteva essere preteso verso tutti i provider107.
105
Il 24 ottobre 1997 l’Unione Europea pubblicò una minuta relativa alla risoluzione in materia di
tutela dei minori e delle dignità umana in cui si afferma che: <<Gli operatori si devono assumere una
responsabilità illimitata, civile e penale, per i contenuti che loro stessi hanno messo a disposizione sul
proprio sito e che devono inoltre assumersi una responsabilità dei contenuti esterni da essi resi
accessibili, se i singoli contenuti gli sono positivamente noti e se è loro tecnicamente possibile ed
accettabile impedirne l’evento>>.
Si veda più avanti, come la nuova legge italiana in materia di sfruttamento dei minori punisca anche la
distribuzione via rete telematica del materiale incriminato.
106
par. 53 e 54
107
AG Nagold, Oktober 31, 1995, CR 1996/4, p.240.
162
In materia di diffamazione, l’orientamento della Corte federale tedesca era quello di
limitare la responsabilità dell’editore, e quindi per analogia anche quella del provider,
alle sole affermazioni “dichiaratamente” offensive.
La Corte distrettuale di Stoccarda nel 1997 si trovò a dover discutere un caso di
diffamazione commesso su un provider, sostenendo che sarebbe stato impossibile
riconoscere in capo al responsabile del provider un obbligo di controllo di tutto il
materiale inviato dai propri utenti.
Una responsabilità quindi poteva soltanto ammettersi nel caso in cui il provider fosse
a conoscenza o avesse potuto conoscere l’esistenza del materiale offensivo108.
La legislazione tedesca, riprendendo in parte le affermazioni compiute dalla corte di
Stoccarda, si dotò, successivamente, con la legge 22 luglio 1997 sui servizi di
informazione e di comunicazione, di una compiuta normativa espressamente
concernente la responsabilità degli operatori su internet109.
Infatti l’art. 5 della suddetta legge fissava tre condizioni per attribuire una qualche
responsabilità al service provider: <<I fornitori di servizi sono responsabili secondo
le leggi generali dei propri materiali da essi resi disponibili; i fornitori di servizi sono
responsabili dei materiali altrui da essi resi disponibili solo se hanno conoscenza dei
loro contenuti e sia tecnicamente possibile ed esigibile impedirne la disponibilità; i
fornitori di servizi non sono responsabili dei materiali altrui ai quali essi hanno
fornito solo l’accesso>>.
Un’automatica e di breve durata ritenzione di materiali altrui, conseguente alla
richiesta di utenti, va intesa come fornitura di accesso.
108
LG Stuttgart, November 17, 1987, disponibile sul sito http://www.netlaw.de.
Gesetz zur Regelung der Rahmenbedingungen für Informations- und Kommunikationsdienste o
IuKDG, legge federale entrata in vigore l’1 agosto 1997.
SERGIO SEMINARA, La responsabilità penale degli operatori su internet, www.jei.it 11
109
163
Qualora, nel rispetto della riservatezza delle comunicazioni a distanza110, il fornitore
di servizi acquisisce conoscenza di contenuti illeciti e una chiusura sia tecnicamente
possibile ed esigibile, rimangono salvi, secondo le leggi generali, gli obblighi di
impedimento della disponibilità di tali materiali
La legge tedesca quindi pone una duplice distinzione: disponibilità vs. indisponibilità
dei materiali e loro proprietà vs. altrui: il primo aspetto riguarda l’accesso ai materiali
mentre il secondo, fa riferimento al titolare della loro proprietà, qualificando: <<La
riconducibilità al provider (che può essere pure il titolare di una homepage), il quale
si presenta come l’autore del materiale, anche in quanto se ne sia appropriato, non
indicandone la paternità, ovvero, laddove eserciti un controllo preventivo di congruità
e/o di liceità sui materiali da rendere accessibili, come responsabile della loro
immissione in rete>>.
La IuKDG distingue inoltre due figure di provider: il fornitore di servizi, (o service
provider), e il fornitore di un accesso alla rete, (o access provider).
Il service provider è colui che, oltre a predisporre per i propri utenti un accesso alla
rete, è un fornitore d’informazioni, direttamente o tramite terzi, sulla rete stessa.
Si deve quindi intendere che qualsiasi provider che predisponga proprie pagine Web a
cui gli utenti possono accedere debba essere considerato un service provider.
Quest’ultimo va considerato responsabile sia per il materiale illecito da lui creato o
riprodotto e messo a disposizione per i propri utenti111, sia per il materiale illecito
prodotto da altri e messo a disposizione sul suo server.
110
di cui al § 85 della legge sulle telecomunicazioni
par. 5 IuKDG, CARLO GATTEI, Considerazioni sulla responsabilità dell’Internet provider,
www.interlex.it, 23.11.98
111
164
In quest’ultimo caso però occorre che il provider sia a conoscenza della
pubblicazione sul proprio server del materiale illecito, che abbia a disposizione gli
strumenti tecnici per evitare che tale materiale venga ulteriormente diffuso in rete ed
infine che si possa ragionevolmente aspettare un suo intervento affinché la diffusione
di tale materiale venga impedita112.
L’access provider è invece escluso da una qualsiasi forma di responsabilità per il
materiale inviato dai terzi, in quanto solo fornitore di un accesso alla rete al pari di un
operatore telefonico.
La responsabilità per i materiali altrui risulta in ogni caso subordinata, anzitutto, alla
conoscenza del contenuto illecito, inteso come dato effettivo e non semplicemente
potenziale.
In ogni caso il provider è obbligato a sospendere la pubblicazione e l’uso di materiale
illecito sulla rete a seguito di un ordine o ingiunzione emanata da un giudice.
Precedentemente alla nuova legge federale la tendenza della giurisprudenza tedesca
era quella di applicare la disciplina del responsabile editoriale di una testata
giornalistica anche all’internet provider.
Nei confronti del provider sussiste dunque: <<Il dovere, esigibile e tecnicamente
possibile, di sopprimere i materiali illegali contenuti nel server da lui gestito e dei
quali egli in qualsiasi modo abbia acquisito conoscenza>>113.
Si può notare subito come questa normativa si trovi in accordo con i principi
successivamente indicati dalla direttiva 2000/31/CE, di cui si parlerà in seguito, che
cerca di contemperare l’esigenza del controllo con la possibilità per i provider di non
essere gravati da oneri di controllo eccessivi, tali da bloccarne l’attività.
112
113
Par. 5 IuKDG
SERGIO SEMINARA, op. cit., www.jei.it
165
Questa normativa ha visto subito un’applicazione importante in un decreto
d’archiviazione emesso il 13 febbraio 1998 dalla Procura generale presso la Corte di
Cassazione tedesca114, relativamente ad un procedimento penale che vedeva coinvolti
più provider come imputati d’agevolazione in istigazione e apologia di reati.
Nel provvedimento infatti si ribadisce il fatto che: <<La condotta del provider
consistente nell’apertura d’accessi ad Internet per gli utenti non è antigiuridica in sé
ma anzi, alla luce delle esigenze dell’attuale società dell’informazione e in particolare
anche della scienza, risulta socialmente “diffusa e auspicata” ma implica un onere di
controllo per i provider, che devono essere considerati come destinatari di determinati
“doveri” per la sicurezza del traffico>>.
Questi doveri si concretizzano nel momento in cui diviene nota l’intenzione o il
comportamento illecito, mentre non si può ipotizzare nessun controllo preventivo, che
non risulterebbe né possibile né esigibile.
La IuKDG è applicabile a tutte le comunicazione elettroniche tra individui, dal telebanking, allo scambio di dati su via telematica oltre che ai servizi forniti su internet,
ed è inoltre applicabile sia ai casi di responsabilità civile che penale115.
Rispetto alle scelte adottate negli Stati Uniti e in Inghilterra, la IuKDG sembra quindi
adottare, almeno relativamente alle violazioni delle norme sulla proprietà
intellettuale, la scelta più restrittiva del criterio dell’effettiva conoscenza e non la
mera conoscibilità dell’illecito.
114
Testo reperibile all’URL http://www.jura.uni-sb.de/jurpc/rechtspr/19980017.htm 12
Frithjof A. Maennel e Beth Noveck, Germany Enacts Sweeping Internet/Multimedia Law , in IP
WorldWide, November/December 1997, The New York Law Publishing Company.
115
166
Le situazioni di presunta ma non evidente illiceità andranno invece valutate caso per
caso, considerando se ci si possa “ragionevolmente” aspettare che il provider faccia
cessare la violazione.
In sintesi la giurisprudenza europea sembra avviarsi verso una responsabilità del
provider per violazione dei diritti di proprietà intellettuale più estesa rispetto alla
responsabilità per materiale offensivo o diffamatorio.
Nel primo caso si ritiene che vi sia un obbligo in capo al provider di bloccare la
violazione nel momento in cui ne venga a conoscenza, o, in alcuni casi, come in Gran
Bretagna, nel momento in cui la violazione risulta essere conoscibile.
Sia in Germania che in Olanda, ma non in Gran Bretagna ed in Francia, la
responsabilità per diffamazione risulta invece limitata alla partecipazione diretta al
fatto criminoso.
Una ulteriore questione, affrontata soltanto dai giudici olandesi ma di fondamentale
importanza, è il problema della riconoscibilità dell’illiceità di un comportamento.
Al riguardo il Tribunale dell’Aia ha considerato esistente un obbligo d’intervento solo
in presenza di una violazione inequivocabilmente chiara.
Infine, in Germania, in Gran Bretagna e Olanda si esclude comunque una qualsiasi
responsabilità in capo al “mero fornitore” d’accesso alla rete telematica.
167
4.3 LA SITUAZIONE ITALIANA
4.3.1 OSSERVAZIONI GENERALI
La direttiva comunitaria e il decreto legislativo di attuazione introducono una
soluzione normativa all’annosa questione della responsabilità dei cosiddetti provider
(i soggetti, cioè, che mediante un contratto116 di accesso alla rete forniscono la
connessione quale momento propedeutico alla fruizione, da parte dell’utente, dei
servizi telematici disponibili sul web117) in relazione al materiale fornito da un utente
e reso, per il loro tramite, accessibile in rete.
A dettare regole certe e definitive sono deputati gli articoli da 14 a 17 del decreto
legislativo 70/2003, che a tal fine distinguono i providers in 3 categirie: mere conduit,
caching e hosting.
Proprio con particolare riguardo alla figura dell’host provider (prestatore
intermediario che memorizza informazioni su richiesta degli utenti fornendo uno
spazio nel proprio server coni relativi servizi), si era acceso, in tempi anteriori
all’emanazione del provvedimento, il dibattito di dottrina e giurisprudenza che, con
varie sfumature e qualche voce dissonante, riconducevano la responsabilità del
116
Di solito, anche se non mancano voci discordi,il contratto tra utente e provider è qualificato in
dottrina e giurisprudenza quale appalto di servizi, consistendo la prestazione che il prestatore deve
fornire nella organizzazione e gestione di un servizio con propria organizzazione dei mezzi necessari e
proprio rischio, con la conseguenza che, per la regolazione dei rapporti tra provider ed utente, si
applicheranno gli artt. 1667 ss. cod. civ.
Cfr. De Nova, I contratti per l’acceso a Internet, in Giust civ., 1997,II, 95 ss., nonché: Albertini, I
contratti di accesso a Internet, in Giust. Civ., 1997, II, 103 ss.;
Palmieri, I contratti di accesso, Milano, 2003.
Per la giurisprudenza si veda: Trib. Prato 16 ottobre 2001 (ord. n. 3155), in Vita not., 2002, 108, con
nota di Cassano, La giurisprudenza dei nomi di dominio.
117
La definizione fornita è tratta da Piazza, La responsabilità civile dell’Internet Provider, in Contratto
e impr., 2004, 130, il quale richiama la nozione data da Franzoni, La responsabilità del provider, in
Resp. Comunicazione impresa, 1997, 767.
168
provider entro gli schemi della responsabilità aquiliana118 come delineati dagli artt.
2043 ss. codice civile, sfruttandone il carattere di norma aperta, idonea, pertanto, a
trovare, con una spinta evolutiva dettata dalla giurisprudenza specie a partire
dall’ultimo scorcio del secolo scorso, ampia applicazione119.
4.3.2 ORDINAMENTO GIURISPRUDENZIALE (ANTE D. LGS.
70/2003) E NORMATIVO: IL PROVIDER “COLPEVOLE”
Va innanzitutto precisato che con la generica qualifica di provider si indica una
pluralità di soggetti appartenenti alla categoria di operatori che la direttiva
comunitaria e la formazione attuativa italiana definiscono “prestatori di servizi della
società dell’informazione”.
Vi sono, tuttavia, nell’ambito della categoria providers diverse tipologie di operatori.
118
La locuzione responsabilità aquiliana è, nell’ordinamento giuridico italiano, chiamata ad indicare la
responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 del Codice Civile, così qualificata in quanto non
derivante da obblighi contrattuali.
Vale dunque l’identità responsabilità aquiliana uguale alla responsabilità extracontrattuale.
L’espressione si deve alla derivazione di questo concetto dalla lex Aquilia del 287 a. C. che introdusse
nel diritto romano la responsabilità ex-delicto, ovvero del principio in virtù del quale la lesione di un
diritto soggettivo assoluto o di una posizione giuridica soggettiva tutelata dall’ordinamento, obbliga
l’autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali.
il danno e’ risarcibile, in linea di principio, soltanto se provocato con colpa: significa che l’evento non
è stato intenzionalmente determinato ma si è verificato a causa di negligenza ed imprudenza o
imperizia oppure senza l’osservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline.
Fondamento della responsabilità aquiliana è il principio di convivenza del neminem laedere che,
affermando la responsabilità per qualsiasi attività che si traduce in un danno per i terzi, individua quale
criterio di imputazione la colpevolezza dell’agente (nessuna responsabilità senza colpa).
La colpa è concepita dalla legge Aquilia come condizione squisitamente soggettiva che esprime uno
stato d’animo riprovevole tale da giustificare una sanzione (il risarcimento del danno) diretta a
ripristinare il rispetto dei diritti lesi.
119
Si veda, per una raccolta sistematica della giurisprudenza in tema di responsabilità civile e per
l’analisi delle fattispecie di danno risarcibile: Pascuzzi, La responsabilità civile. Percorsi
giurisprudenziali, Trento, 2001; Alpa- Ruffolo-Zeno-Zencovich, con il contributo di Putti, Atto illecito
e responsabilità civile, in Casi e questioni di diritto privato, diretto da Bessone, Milano, 2001; Alpa,
Diritto della responsabilità civile, Bari, 2003; Casi scelti in tema di responsabilità civile, a cura di
Alpa, Padova, 2004.
169
Anteriormente all’attuazione della Direttiva 200/31/CE, dottrina e giurisprudenza
facevano riferimento:
•
all’access provider per indicare colui che fornisce agli utenti la connessione
alla rete;
•
al service provider per indicare colui che fornisce agli utenti oltre alla
connessione alla rete servizi ulteriori, quali caselle e-mail, chat-rooms, forums
telematici, newsgroups, motori di ricerca, gestione banche dati, bacheche
elettroniche per la pubblicazione da parte degli utenti di materiali propri e via
dicendo;
•
al content provider per definire colui che, tramite il proprio sito, veicola in
rete contenuti propri, quali notizie di cronaca, ricette, fotografie, sentenze;
•
all’host provider per qualificare un service provider che mette a disposizione
uno spazio del disco rigido del proprio server al fine di ospitarvi i siti creati
dagli utenti, che a loro volta svolgono il ruolo di service o content provider
pur non disponendo di attrezzature tecnologiche proprie120.
A queste figure veniva poi aggiunta quella del manteiner, che non era un vero e
proprio provider, in quanto non un intermediario di internet: si trattava, infatti, di un
operatore che interagiva burocraticamente e tecnicamente con gli enti preposti alla
registrazione dei nomi a dominio (domain name) per conto di un provider che intende
aprire un sito web.
Era un dato acquisito, oltre che evidente, che fosse configurabile una responsabilità
del provider laddove vi fosse stata, da parte di questi,una violazione diretta di una
120
Per la distinzione tra i tipi di providers: Riccio, La responsabilità civile degli “internet providers”,
Torino, 2002, pag 22 ss.;
Sica, Il sistema della responsabilità, in Comandé-Sica, Il commercio elettronico. Profili giuridici,
Torino, 2001, pag 221 ss.
170
norma, alla cui sanzione egli, al pari di un qualunque altro consociato, doveva
soggiacere, mentre si era discusso della propria responsabilità per un fatto illecito
altrui.
La questione è stata oggetto di valutazione sia sotto il profilo civilistico sia sotto
quello penalistico, al contempo, anche in giurisprudenza non sono mancate decisioni
che hanno ritenuto il provider, da un lato, tenuto da una ad una responsabilità
risarcitoria, dall’altro, assoggettato alla sanzione per concorso nel reato121 posto in
essere dal fornitore dei contenuti.
In mancanza di norme speciali in tema di responsabilità del provider, la tendenza, non
solo italiana, è stata quella di richiamare, applicandoli in via analogica, norme e
principi generali o dati per fattispecie simili con orientamento iniziale a tutelare il
soggetto danneggiato, condannando per l’effetto il provider, anche in caso di mancata
individuazione dell’autore dell’atto illecito122.
121
Cassano-Buffa, Responsabilità del content provider e dell’host provider, in Corriere giur., 2003, 77.
Le due fattispecie sono disciplinate dagli artt. 110 del codice penale: <<Quando più persone
concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita” e 113: “Nel
delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di
queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso>>.
Per completezza occorre ricordare che nella dottrina penalistica si è dibattuto sulla configurabilità,
nonostante la lettera dell’art. 113 cod. pen., di una cooperazione colposa del reato doloso, ciò che pare
escluso dalla maggioranza degli Autori sul presupposto che l’art. 42 cod. pen. afferma che: <<Nessuno
può essere punito se non per un delitto doloso, salvo i casi di delitti colposi o preterintenzionali
espressamente previsti dalla legge>>.
Ciò renderebbe il concorso colposo nel reato doloso non configurabile: l’art. 113 cod. pen. disciplina,
infatti, la cooperazione colposa nel reato colposo, mentre nulla si dice a proposito del concorso colposo
nel reato doloso; cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale. Partegenerale, Milano, 1997, 541 ss.
122
Così Di Ciommo, evoluzione, cit., 270, l quale ricorda alcune decisioni emblematiche assunte in
prima battuta dal tribunale e confermate dal Tribunale e confermate in sede di gravame dalla Corte di
Appello di Parigi (Trib. Grande Instance di Parigi, ord. 9 giugno 1998, in Expertises, 1998, n. 216,
319, e Court d’Appel di Parigi, 10 febbraio 1999, in Danno e resp., 1999, 754, trad. e nota dello stesso
Di Ciommo, nonché in Dir. Informazione e informatica, 1999, 929, con nota di Riccio) che
condannarono il provider al risarcimento del danno per illecito commesso da un utente che, sfruttando
un sito internet messo a disposizione di chiunque volesse pubblicare qualcosa online, aveva diffuso in
rete, senza autorizzazione, fotografie strettamente private di una signora. I giudici sancirono la
responsabilità del provider per omesso controllo dei contenuti senza neppure far luogo ad indagini
volte ad accettarne la colpa.
171
Nel nostro Paese, si è fatto ricorso, all’applicazione delle norme sulla responsabilità
dell’editore di testata giornalistica, sulla scorta dell’equiparazione del gestore di un
sito internet al responsabile editoriale, sì da attribuirgli l’obbligo di verificare la
legittimità di tutto il materiale pubblicato sul proprio server, compreso quello inviato
da terzi.
Equiparazione resa più agevole dalla estensione analogica dell’art 30, 1 comma, 6
agosto 1990, n. 223, che attribuisce gli stesi obblighi dell’editore di una testata
giornalistica al gestore di un servizio radiofonico o televisivo.
La domanda che si posero alcune corti di merito agli albori e quando si diffuse lo
sviluppo della rete fu quella appunto se ritenere l’internet provider assimilabile
all’editore di giornale?
Questo evento trovò impreparati sia il legislatore, perché oltremodo lento
all’approccio con i nuovi mezzi di comunicazione, e sia i Giudici, perché “interpreti
della legge” e dei bisogni della società che però ancora non era tecnicamente e
culturalmente pronta a questo passo.
Dunque dapprima l’internet provider fu assimilato al direttore di un giornale123, che
in tema di diffamazione ha responsabilità ex lege con l’autore dell’articolo a norma
dell’art. 57 c.p., facendo eccezione al generale principio della personalità della
responsabilità penale (art. 27 Cost. sebbene lo si voglia talvolta ricondurre ad una
culpa in vigilando).
Fu subito chiaro che tale interpretazione analogica era assolutamente da rigettare in
materia penale, non essendo possibile nemmeno una interpretazione estensiva della
123
Trib. Napoli 8 Agosto 1997, in Dir. Inf. e Inf. , 1997, 970.; in senso analogo anche Trib. Teramo,
ordinanza 11 dicembre 1997 e Trib. Bari, ordinanza 11 giugno 1998, in PIERUCCI A., op. cit. , p. 468.
172
norma che parla di <<riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi
meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione>>124.
Ci si è interrogati allora sulla applicabilità della L. 8.02.1948, n. 47, e in particolare
gli artt. 11 e 12 che riguardano la responsabilità civile dell’editore per la riparazione
da diffamazione.
Deve esser chiara per tutti la differenza tra il direttore di un periodico, seppure online,
ed il provider che è il soggetto che interviene solo nel processo tecnico e non come il
direttore, che invece applica scelte sui contenuti da pubblicare.
A ben vedere il percorso tracciato dai provvedimenti giurisprudenziali che ha
condotto alle tendenze attuali in materia di responsabilità degli ISP nel nostro Paese è
stato piuttosto contorto e difficoltoso, per quanto in definitiva si possa ricondurre a
due diverse fasi, quella precedente e quella successiva alla sentenza del Tribunale di
Roma del 4 luglio 1998.
La giurisprudenza italiana, a partire dalle prime pronunce delle corti di merito125 si è
orientata passando dall’equiparazione del provider ad un editore all’attribuzione di
una responsabilità talvolta ex art. 2050126 (attività pericolose) e talaltra ex 2051 c.c.
(danno cagionato da cosa in custodia).
124
L. 8 febbraio 1948, n. 47 art. 1. è stato sancito l’obbligo di iscrizione nei registri della stampa per le
pubblicazioni telematiche «diffuse al pubblico con periodicità regolare e contraddistinte da una testata»
125
Trib. Roma 4.7.1997, in Dir. Inf. e Inf. 1998, 807; Trib. Roma 22.3.1999, in Dir. Inf. Inf. 2000, 67;
Trib. Teramo ord. 11.12.1997, in Dir. Inf. Inf. 1998, 372; Trib Napoli, decreto 18.03.1997, in Foro It.,
1997, I, 2307; Trib. Napoli, ordinanza 8.8.1997, in G. civ., 1998, 1, 258.
126
L’art. 2050 c.c. dispone che <<Chi nell’esercizio di una attività pericolosa per sua natura o per i
mezzi adoperati cagiona ad altri un danno è tenuto a risarcirlo, salvo che provi di avere adottato tutte le
misure idonee ad evitare il danno>>.
Punto focale dell’interpretazione della norma è la qualificazione di una attività come pericolosa.
Questa secondo la dottrina non può che essere un giudizio operato ex ante in base ad una valutazione
che tenga conto della probabilità e della potenzialità di creare danno.
Riferendosi alla natura dell’attività e ai mezzi adoperati, il Legislatore ha voluto creare un concetto di
pericolosità intrinseca (cioè propria dell’attività, attinente alla sua natura) e uno di pericolosità
estrinseca, e cioè in caso di attività che non sarebbero da qualificare pericolose in base ai normali
173
Questa evoluzione fu dovuta sia all’eco di certe pronunce delle corti internazionali ma
anche ad una migliore messa a fuoco del fenomeno sociale.
Tra le due soluzioni, la seconda sembra da scartare a priori, perché da più parti127 si è
sempre sottolineato la differenza sostanziale che esiste tra il concetto di “cosa”,
linguisticamente legato alla fisicità128, per lo meno nel contesto dell’articolo 2051 c.c.
in cui si parla di “custodia” (difficilmente potendo ipotizzare la custodia di una cosa
immateriale), e quello di spazio virtuale (come una pagina web, ad esempio).
E così la dottrina129 ha cercato di percorrere nuove strade per addossare sul provider
una responsabilità piuttosto onerosa come quella che ricade sull’esercente un’attività
pericolosa130, aprendo questioni che discendono dalla disciplina di questa speciale
forma di responsabilità131.
criteri di valutazione ma che lo divengano in considerazione di fattori estrinseci (come possono essere
circostanze di tempo e di luogo particolari).
La qualificazione di consueto spetterà comunque all’ultimo interprete e quindi in sostanza al giudice.
127
DI CIOMMO, F., Internet, diritti della personalità e responsabilità aquiliana del provider, in Danno
e resp., 1999,754; DI CIOMMO, F., voce Internet (Responsabilità civile) in Enc. Giur. Treccani, op.
cit. ; IOLIS, A. , La responsabilità degli Internet providers, disponibile al sito
www.diritto.it/articoli/dir_tecnologie/iolis.html visitato l’11.11.2002; FACCI, G. , La responsabilità
extracontrattuale dell’internet provider in Responsabilità civile e previdenza, 2002, fasc. 1, pag. 269
(nota 21).
128
Per lo meno nel contesto del Codice Civile (art. 810: Sono beni le “cose” che possono formare
oggetto di diritti); per DEVOTO-OLI, Il dizionario della lingua italiana, 2000, Firenze, invece la parola
“cosa” potrebbe comprendere , rifacendosi al significato latino di res un «oggetto ideale o materiale »,
senza dimenticare che possono formare oggetto di diritti anche i beni immateriali come il diritto
d’Autore e diritti connessi.
129
DONATO, B., La responsabilità dell’operatore di sistemi telematici, cit. , p. 144, in cui l’Autore,
riferendosi alle BBS non amatoriali propone un modello di responsabilità “quale quello previsto
dall’art. 2050 per l’esercizio di attività pericolose in cui l’inversione dell’onere della prova funga da
incentivo alla gestione del sistema in conformità delle regole e nel rispetto degli altrui diritti”.
130
Inoltre la “clausola generale” della pericolosità dell’attività più facilmente si adatta alla
“interpretazione creatrice” del giudice, come una falla nell’ordinamento che permette alla
giurisprudenza di penetrare in essa per coprire il vuoto.
Termine con il quale l’Autore (ved. infra) vuole designare delle espressioni generali (per esempio:
“buona fede”, “buon padre di famiglia”) che possono comprendere una ampia gamma di situazioni e
comportamenti, e che quindi necessitano di una più dettagliata qualificazione da parte dell’interprete
istituzionale qual è il giudice.
Lo stesso A. le paragona a falle nella chiglia impenetrabile di una nave (l’ordinamento) attraverso le
quali si consente l’ingresso alla vita reale in cui è immerso il diritto. Le definisce ancora come
risolutrici di conflitti insoluti in Parlamento: in quanto per non scontentare nessun gruppo di potere i
politici preferiscono diciamo così affidare la “patata bollente” ai giudici.
174
L’8 agosto 1996 un provider fu ritenuto responsabile di compartecipazione colposa
dal Tribunale di Napoli132.
Con l’ordinanza si affermava la responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 codice
civile del provider per aver “autorizzato, consentito, o comunque agevolato il
comportamento illecito” di un suo utente colpevole di concorrenza sleale, per aver
diffuso in rete messaggi promozionali contenenti nomi e marchi appartenenti a
società concorrenti.
La conseguenza fu la chiusura del sito133, motivata con l’equiparazione di un sito
internet ad un organo di stampa, con relativi doveri di controllo sul materiale
pubblicato134.
Il giudice di Napoli riconobbe gli estremi della concorrenza sleale per il diretto
responsabile dei messaggi e della compartecipazione colposa per il provider,
assimilabile ad un responsabile editoriale, in quanto: <<Il proprietario di un canale di
comunicazione destinato a un pubblico di lettori, al quale va equiparato quale organo
di stampa un sito internet, ha l’obbligo di vigilare sul compimento di atti di
concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione di messaggi
pubblicitari di cui deve verificare la natura palese, veritiera e corretta, concorrendo, in
difetto, e a titolo di responsabilità aquiliana nell'illecito di concorrenza sleale>>.
Per un’analisi approfondita del fenomeno vedi ROSELLI, F. , L’applicazione delle clausole generali in
M. BESSONE, L’attività del giudice. Mediazione degli interessi e controllo delle attività, Giappichelli,
1997.
131
La disciplina delle attività pericolose è attualmente qualificata in modo differente dalla dottrina: una
parte ne afferma il carattere oggettivo, un’altra parte invece il carattere colposo, sebbene con una
presunzione di colpa a carico del danneggiante.
132
L’ordinanza del giudice di Napoli dell’8 agosto 1996 è commentata su Orsola Torrani, Sara Parise,
Internet e diritto, op.cit.
133
Il giudice di Napoli fece chiudere il sito del provider riservandosi di entrare in seguito nel merito
della vicenda per stabilire l’ammontare del risarcimento dei danni.
134
Cfr. RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam,
Padova 2002, pg.328
175
Una successiva sentenza dello stesso Tribunale di Napoli nell’agosto 1997135 è poi
andata nella direzione della conferma di quest’equiparazione con l’organo di stampa,
e nel fare questo si ribadivano anche i precisi obblighi di vigilanza connessi a tale
posizione.
Anche il Tribunale di Teramo, l’11 dicembre 1997, confermò l’equivalenza tra sito
internet e l’organo di stampa, precisando che: <<il mezzo non modifica l’essenza del
fatto>>136.
In pratica con queste interpretazioni si è fatta gravare sugli ISP una responsabilità
analoga a quelle previste dall’articolo 57 codice penale e dall’articolo 30 della Legge
6 agosto 1990, n. 223, che attribuisce gli stessi obblighi dell’editore di una testata
giornalistica al gestore di una radio o di una televisione.
Tra queste ultime due sentenze citate se ne colloca una del Tribunale di Cuneo, il 23
giugno 1997 che invece esclude ogni responsabilità del provider rispetto ad una
violazione, nel dettaglio del diritto d’autore, attuata attraverso un sito ospitato dal suo
server.
La motivazione era che il provider in questione si era limitato a concedere solo il
servizio di connessione ed accesso alla rete ed uno spazio di pubblicazione, per
questo nella sentenza il suo ruolo: <<Con una certa approssimazione può assimilarsi a
quello di un centro commerciale che abbia concesso in locazione la bancarella sulla
quale l’autore ha esposto i prodotti incriminati>>137.
135
RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.328
RUBEN RAZZANTE, op. cit., pg.328
137
RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam,
Padova 2002, pg.328-329
136
176
Questa sentenza tuttavia non ha creato un precedente, viste le decisioni della Procura
della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Venezia, il 1° luglio 1998, circa il
sito Isole nella Rete138.
In questo caso erano stati inviati sul sito messaggi diffamatori e di boicottaggio che
andavano a colpire un tour operator specializzato in viaggi in Turchia139.
Dopo aver sequestrato140 il server di Isole nella Rete il giudice considerò l’ISP
responsabile per i contenuti illeciti immessi dagli utenti.
In questa prima fase dunque la giurisprudenza si è orientata nella direzione
dell’attribuzione di una notevole responsabilità di controllo gravante in capo agli ISP,
suscitando per altro molte polemiche su quotidiani e preoccupazione fra operatori,
utenti della rete141 ed anche giuristi142.
Pochi giorni dopo quello di Isole della Rete tra l’altro si era verificato un nuovo
episodio, relativo allo spazio “Oltre il Confine” che la rete civica di Roma metteva a
disposizione delle associazioni no-profit.
In tale spazio era stato pubblicato un messaggio in cui si parlava di satanismo, sesso
ed altri contenuti pericolosi.
Un parroco siciliano vedendolo, denunciò il fatto.
138
Un’associazione no-profit che fornisce spazio e comunicazione a centri sociali, organizzazioni e
radio di movimento, associazioni di volontariato sociale
139
L’ordinanza di sequestro del server di Isole nella Rete è disponibile presso il sito di InterLex,
all’indirizzo internet http://www.interlex.com/inforum/interv97.htm/sequestr.htm.
140
MANLIO CAMMARATA, Internet, diritto e politica, non c'è da stare allegri, www.interlex.it,
02.07.98
Tra l’altro il provvedimento di sequestro era stato particolarmente contestato poiché, come rileva
Cammarata: “per avere la prova dell’esistenza di una pagina Web al magistrato basta copiarla. Per farla
sparire basta ordinare al provider di rimuoverla”, mentre con il sequestro di tutto il server si vanno ad
oscurare le pagine di tutti gli altri utenti con un danno evidente per questi ultimi.
141
Cfr. GIANFRANCO LIVRIAGHI, Pericolo: sequestratori in agguato, www.interlex.it, 29.06.98
142
Cfr. MANLIO CAMMARATA, Internet, diritto e politica, non c’è da stare allegri, www.interlex.it,
02.07.98
177
La responsabile della rete civica, dopo aver verificato la veridicità della segnalazione,
spaventata, cancellò tutto quello che c’era sul server, compresi i link alle associazioni
di volontariato ed altri contenuti a sfondo sociale143.
Questo episodio non aveva carattere strettamente giuridico ma dimostra il livello di
tensione degli operatori di internet in quel periodo e solleva anche il problema di
quali siano le facoltà di censura del provider, ovvero se esso sia autorizzato a
cancellare, di propria iniziativa, dei contenuti presenti sul server.
Nei casi citati precedentemente infatti era l’autorità giudiziaria ad aver ordinato la
rimozione di eventuali contenuti illeciti, in questo è stata la responsabile dello spazio
di sua iniziativa.
Un’altra decisione che confermò il principio secondo cui un sito Web fosse
paragonabile ad una testata di giornale fu quella del Tribunale di Bari dell’11 giugno
1998144.
La controversia riguardava la titolarità dei diritti su un marchio e su un progetto
editoriale denominato “Mondo Italia” sviluppato su un sito internet.
Il ricorrente sosteneva di essere l’autore del progetto informatico, proposto e
realizzato con la collaborazione della testata Giornalistica Regionale della sede RAI
di Bari.
Dopo un periodo di rodaggio, nel 1995 il sito della TGR fu messo in rete, ma qualche
mese dopo l’autore fu estromesso ed il suo nome cancellato dal sito internet.
Il ricorrente reclamava quindi la paternità del progetto e la richiesta di vedere il
proprio nome indicato sul sito della TGR.
143
MANLIO CAMMARATA, Il diavolo nel sito e il provider diventa esorcista, www.interlex.it,
16.07.98
144
Disponibile sul sito http://www.interlex.com.
178
Il tribunale riconobbe che un sito internet: <<Si configura come un peculiare giornale
telematico […] un’opera intellettuale di carattere creativo, proteggibile in base alla
legge sul diritto d’autore”; così, “come l'autore di un libro conserva sempre il diritto a
vedere riportato il proprio nome sulla copertina del libro da lui scritto, così [il
ricorrente] certo non ha perduto il diritto di vedere indicato nella cosiddetta homepage
il proprio nome unitamente a quello del titolo dell’opera>>.
Per avere finalmente un cambio di tendenza nella giurisprudenza italiana si arrivare
all’ordinanza del 4 luglio 1998145, con cui il Tribunale di Roma rigettò un ricorso
della Banca del Salento che chiedeva un provvedimento d’urgenza per la rimozione di
un messaggio, ritenuto diffamatorio, immesso su di un newsgroup di Mailgate146, da
un utente.
La controversia ebbe origine, appunto, dall’invio da parte di un soggetto di una
comunicazione sul: newsgroup: “it.economia.analisi-tech”.
Il newsgroup era gestito dalla società Pantheon ed ospitato sul sito internet di Agorà
Telematica e il messaggio incriminato conteneva osservazioni e considerazioni
critiche rivolte verso una banca locale tanto da essere considerato diffamatorio e
lesivo dell’ “onore, decoro e reputazione” della banca stessa.
L’istituto di credito decise allora di agire nei confronti dell’autore del messaggio,
dell’amministratore del sistema che ospitava il newsgroup e dello stesso responsabile
della Pantheon.
La situazione era in effetti simile a quella che aveva portato al sequestro del server di
“Isole nella Rete” pochi giorni prima: là si trattava di un testo immesso direttamente
in uno spazio web, qui di un messaggio pubblicato in un’area di discussione.
145
146
Testo disponibile all’URL www.interlex.it/testi/or980704.htm
Un servizio della Pantheon s.r.l.
179
In entrambi i casi il reato contestato era la diffamazione.
Il Tribunale di Roma considerò il messaggio nei limiti del diritto di critica e quindi
non diffamatorio, e decise così l’esclusione di ogni responsabilità.
Il giudice romano, tuttavia, non si limitò a questo, considerando che l’area del
newsgroup non aveva moderatore, stabilì quali sarebbero stati i possibili obblighi e
quindi le relative responsabilità del gestore di un sito internet147, così: <<Il provider
non può essere chiamato a rispondere in proprio per le attività svolte nella sua qualità
di organo responsabile del news-server Pantheon s.r.l. Neppure la Pantheon s.r.l. è da
ritenersi legittimata passiva dal presente ricorso, in quanto il news-server si limita a
mettere a disposizione degli utenti lo spazio virtuale dell’area di discussione e nel
caso di specie, trattandosi di un newsgroup non moderato, non ha alcun potere di
controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti>>148.
Nell’ordinanza inoltre si rilevava che: <<Il messaggio inviato da un soggetto nella
sua qualità di privato cittadino, come nel caso che ci occupa, non può essere
qualificato, ai fini della sua eventuale valenza scriminante della diffamazione, come
esercizio del diritto di cronaca giornalistica non essendo possibile rintracciare i
necessari estremi del carattere giornalistico dell’attività svolta e dell’intento lucrativo
proprio di ogni attività professionale. Ed ancora il messaggio in oggetto si caratterizza
non tanto per la narrazione di fatti accaduti (profilo prevalente nel campo del diritto di
cronaca), quanto per la formulazione di giudizi personali da parte del Restaino
(l’autore della diffamazione) sugli eventi verificatesi e pertanto deve essere
147
Tribunale di Roma, Sezione I, 4 luglio 1998, disponibile sul sito http://www.mailgate.org.
MANLIO CAMMARATA, Finalmente una decisione sulla responsabilità del provider,
www.interlex.it, 20.07.98
148
180
considerato manifestazione del diritto di critica, di cui all’art. 21 della
Costituzione>>.
La decisione del Tribunale di Roma ha segnato certamente una svolta fondamentale
nella definizione della responsabilità del provider149.
Finalmente si escludeva anche in Italia un obbligo di controllo e monitoraggio per il
provider sui dati inviati da terzi sul proprio server.
Questo provvedimento, così, ha aperto la strada ad un nuovo filone giurisprudenziale
sulla questione della responsabilità degli ISP in Italia, con una linea che vedeva
l’esonero del mero gestore del sito, che “si limiti a mettere a disposizione degli utenti
lo spazio virtuale”150.
Il Tribunale di Roma, però, non risolse tutte le questioni relative alla responsabilità
del provider.
A bene vedere, non si espresse sull’ipotesi che un titolare di un newsgroup moderato
dovesse essere o meno considerato responsabile per le comunicazioni inviate da
terzi151.
149
Enzo Fogliani, Verso una irresponsabilità oggettiva del provider? , 24 luglio 1998, accessibile su
http://www.interlex.com.
A commento della decisione del Tribunale di Roma si è detto che: <<Ciò non significa affatto che il
gestore del server possa comunque mantenere sul server materiale potenzialmente dannoso senza
risponderne. Nel momento stesso in cui il provider viene avvisato da chi si ritiene danneggiato da
qualcosa posto sul server che ciò gli procura un danno, la sua posizione cambia radicalmente. [...] Dal
momento in cui è stato avvisato che attraverso il suo server è in atto un comportamento dannoso, egli
deve quindi scegliere se sospendere prudenzialmente la visibilità del messaggio incriminato, o
mantenerlo in linea, contribuendo così ad incrementare il danno provocato dal messaggio
diffamatorio>>.
Tali affermazioni vanno condivise considerando che solo il provider è in grado di cancellare il
messaggio registrato sul proprio server.
Escludere quindi in ogni modo una responsabilità del provider per il materiale inviato da terzi
comporterebbe che il danno inizialmente causato dal comportamento dell'utente possa essere
ulteriormente aggravato da una eventuale “inerzia” del provider .
150
RUBEN RAZZANTE,. Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam,
Padova 2002, pg.329
151
Il Tribunale di Roma definisce il moderatore di un newsgroup come: <<Colui che analizza i
messaggi in arrivo e cancella gli interventi non in linea per forma o contenuto con i requisiti essenziali
del gruppo>>.
181
Allo stesso modo nulla diceva riguardo ad eventuali responsabilità successive
dell’internet provider per non aver provveduto a cancellare il messaggio lesivo
quando ne viene a conoscenza.
La decisione di Roma fu comunque importante per aver negato quel principio di
identità tra testata giornalistica e sito internet che sembrava essere la soluzione
comune adottata dai giudici italiani.
Fu inoltre importante per aver comunque escluso che un gestore di un sito internet
abbia un obbligo di controllo sul materiale inviato dai suoi utenti152.
Lo stesso tribunale di Roma, il 22 Marzo 1999, precisò il principio secondo cui il
provider ha una responsabilità concorsuale nella violazione qualora siano chiare le
intenzioni illecite dell’utente, ossia: <<Se dalle circostanze nelle quali si è
concretizzato il rapporto tra operatore neutro e utente fornitore di contenuto risulta
palese che quest’ultimo intende utilizzare il sito per la commissione di un illecito, la
responsabilità del provider deve essere affermata a titolo concorsuale>>153.
Risulta quindi applicata all’ISP che abbia dato un apporto causale all’illecito la
disposizione dell’art. 2055 codice civile, in un’ottica che anticipa i provvedimenti
dell’Unione Europea, art. 14 direttiva 2000/31/CE.
Il moderatore di un newsgroup sembra quindi svolgere la sola funzione di mantenere la discussione su
uno specifico argomento e non funzioni di censura o di verifica della liceità dei messaggi inviati dai
terzi utenti.
152
Vincenzo Zeno Zencovich, difensore di Agorà Telematica, intervistato sull’argomento ha affermato
che: <<La sentenza ha due aspetti estremamente interessanti dal punto di vista giuridico. Il primo
aspetto è che viene finalmente stabilito che un internet provider non può controllare i messaggi,
perché è solo un centralinista, o un postino. Il secondo aspetto colpisce la tendenza a considerare i
contenuti messi in rete come contenuti giornalistici, sottoposti quindi a tutte le norme che regolano la
legge sulla stampa. E la sentenza di Roma fa chiarezza su entrambi i punti>>.
153
L.BUGIOLACCHI, Principi e questioni aperte in materia di responsabilità extracontrattuale
dell’Internet Provider. Una sintesi di diritto comparato, in Diritto dell’informazione e dell’informatica,
2000, pp.863
182
Per venire ai pronunciamenti più recenti il Tribunale di Bologna, il 26 novembre
2001, ha qualificato come fornitore di contenuti un provider che: <<Pur limitandosi a
fornire l’accesso al sito gestito (anche in piena autonomia) da altri, non consenta
d’identificare il soggetto in questione né fornisca prova del contenuto degli accordi di
utilizzazione dello spazio web con tale soggetto identificato>>; questo comporta una
responsabilità, in via analogica154, ai sensi dell’art. 11 legge 8 febbraio 1948, n. 47,
secondo la quale: <<per i reati commessi con il mezzo della stampa sono civilmente
responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della
pubblicazione e l’editore>>.
Bisogna dire però che in quest’ottica la responsabilità del provider si ricollega
soprattutto alla protezione oggettiva dell’anonimato del gestore del sito, più che
all’attività di hosting vera e propria155.
Il Tribunale di Firenze, 21 maggio 2001, n. 3155 ha poi affermato la responsabilità
dell’host provider per l’uso di terzi di un sito recante nome lesivo del marchio noto
altrui, nel momento in cui l’attività di registrazione del domain name sia stata curata
dal provider medesimo.
In questo caso la responsabilità comunque è per un’azione direttamente compiuta
dall’ISP156, anche in necessario collegamento con l’attività del gestore terzo del sito,
in mancanza della quale la mera creazione di un domain name, che restasse
inutilizzato, resterebbe irrilevante in quanto inidonea a ledere l’altrui diritto.
Infine il tribunale di Napoli, 14 giugno 2002, ha distinto rigorosamente la posizione
del content provider da quella dell’host provider e ha stabilito che il banner
154
possibile in quanto ai soli fini civilistici
GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, Responsabilità del content provider e dell’host
provider, www.altalex.it, 14.02.2003 19
156
per cui ricade nel primo tipo di responsabilità sopra classificato come ISP autore dell’illecito
155
183
pubblicitario è idoneo a produrre responsabilità ove esso stesso sia direttamente
illecito, mentre resta irrilevante ove l’illecito riguardi il sito su cui il banner sia
ospitato157.
Dunque l’aver consentito di pubblicizzare la propria società su di un sito altrui non
determina che la società pubblicizzata possa rispondere di tutta l’attività svolta sul
sito medesimo, dal quale è per così dire solo ospitata, né che abbia l’obbligo giuridico
di accertare o d’impedire le eventuali immissioni di messaggi illeciti da parte del
gestore dell’altro sito.
E’ una situazione analoga alla responsabilità del soggetto che gestisce un sito
contenente un link ad un illecito posto in essere sul sito cui si rinvia, e non si parla
invece di responsabilità del titolare di quest’ultimo sito per l’attività che, a monte, se
si può così dire, è svolta dal sito richiamante158.
Si tratta di una sentenza importante perché individua con precisione la distinzione fra
le diverse tipologie di provider e ne sancisce i diversi tipi e gradi di responsabilità159.
Per quanto riguarda il quadro più strettamente normativo invece l’Italia ha recepito le
direttive europee in materia di commercio elettronico (2000/31/CE) e di diritti
d’autore nella società dell’informazione (2001/29/CE) con la legge 1 marzo 2002 n.
39.
L’attuazione della direttiva 2000/31/CE è stata poi affidata al decreto legislativo 9
aprile 2003, n. 70.
157
Cfr. anche REDAZIONALE, Tribunale di Napoli, 14 giugno 2002 - responsabilità del presunto
provider e pubblicità con banner, www.dirittosulweb.it
158
Per approfondimenti cfr. GIUSEPPE CASSANO E FRANCESCO BUFFA, op. cit., www.altalex.it,
14.02.2003
159
Cfr. NICOLÒ GHIBELLINI, La responsabilità del provider: dubbi e perplessità,
http://www.consulentelegaleinformatico.it/Approfondimenti/26.htm
184
Inoltre, a regolare la materia rispetto alla fornitura di accesso ad Internet è intervenuta
anche la Legge 8 aprile 2002, n. 59, “Disciplina relativa alla fornitura di servizi di
accesso ad Internet”, che regola però soprattutto aspetti di tipo commerciale,
regolazione auspicata da lungo tempo da parte degli operatori del settore160.
Spesso poi viene citata la Legge 3 agosto 1998 n. 269, concernente “Le norme contro
lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, e del turismo sessuale a danno
di minori”, che colpisce anche: <<chiunque distribuisce o pubblicizza il materiale
pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o
informazioni finalizzate all’adescamento ed allo sfruttamento sessuale di minori di
anni 18>>, coinvolgendo potenzialmente anche gli ISP161, pur con tutti i problemi di
conoscibilità dell’illecito di cui sopra si è più volte parlato.
Altri testi poi riguardano più strettamente il commercio elettronico, argomento che
rientra solo indirettamente nel nostro discorso, e sono:
•
Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50, “Attuazione della direttiva n.
85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali”;
•
Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (all’art. 18) “Riforma della
disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4,
della legge 15 marzo 1997”;
•
Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, “Attuazione della direttiva
97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a
distanza”.
160
Cfr. GIUSTINO SISTO, “La legge salva Provider”, www.dirittosulweb.it
Cfr. ANTONIO COLUCCIA, La responsabilità amministrativa e da reato dei providers, la pedofilia
on-line, www.infoius.it
161
185
Al fine di ottenere un quadro abbastanza completo della normativa generale sul
commercio elettronico, a questi si può aggiungere:
•
la Circolare n. 3487/C del 1° giugno 2000 “Disciplina della vendita di beni
tramite mezzo elettronico” del Ministero dell’industria, commercio e
artigianato sul decreto legislativo 114/88;
•
la Circolare n. 3547/C del 17 giugno 2002 “Commercio elettronico.
Indicazioni sulle aste online” del Ministero delle attività produttive.
Infine la stessa direttiva 2000/31/CE, all’art 19, incoraggia gli Stati membri a dotarsi
ed inviare un insieme di usi sul commercio elettronico.
In Italia ciò è stato fatto nel giugno 2001 dalla Camera di Commercio di Milano162,
che ha raccolto gli usi sui contratti tra i navigatori e gli ISP.
Dal testo emerge che: <<A rispondere delle informazioni immesse è solo il cliente
[…] mentre l’ISP viene trattato come un mero trasmettitore tecnico di dati senza
alcun dovere di intervento sull’informazione trasmessa>>163.
L’ISP dunque è qualificato come responsabile solo nel caso interrompa il servizio di
accesso, che, nel rispetto contratto, deve essere erogato in modo continuativo164, con
alcune deroghe165.
162
Testo
disponibile
all’URL
http://www.medialaw.it/Telecomunicazioni/Internet/Provider/usicciaami.htm
Deliberazione CCIAA di Milano 23 luglio 2001, n. 258
163
RUBEN RAZZANTE, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova
2002, pg.330
164
Articolo 7 del testo elaborato dalla Camera di Commercio
165
Fissate dall’art. 5 dello stesso testo.
186
4.3.3 D. LGS. 70/2003
Come premesso all’inizio del paragrafo, si occupano della responsabilità dell’internet
service provider gli articoli da 14 a 17 del d.lgs. 70/2003.
Il decreto legislativo in questione, attua la direttiva 2000/31/CE in merito alle
responsabilità dei prestatori di servizi della società dell’informazione, contenute negli
articoli 14, 15, 16 e 17 del testo normativo italiano166.
Il legislatore nazionale, sulla scorta di quello comunitario167, ha introdotto una triplice
distinzione nella categoria degli internet service provider, distinzione correlata
all’individuazione di tre diversi tipi di attività da questi nel concreto posta in essere e
che si innesta sul presupposto tout court che per provider si debba intendere, come
può leggersi nella relazione governativa al provvedimento: <<Il soggetto che esercita
un’attività imprenditoriale di prestatore di servizi della società dell’informazione
offrendo servizi di connessione, trasmissione ed immagazzinamento dei dati, ovvero
ospitando un sito sulle proprie apparecchiature>>.
166
NICOLÒ GHIBELLINI, Isp sempre più responsabili, www.assoprovider.net, 24.05.2003 e
DANIELE MINOTTI, Responsabilità penale: il provider è tenuto ad "attivarsi"?, www.interlex.it,
05.05.03
Essi riprendono le previsioni della legge delega, che a sua volta copiava, con variazioni non
sostanziali, gli articoli da 12 a 16 della direttiva, tanto che è stato rilevato che: <<l’intervento
normativo non appare poi così chiarificatore ed innovatore>>.
167
La direttiva, sul punto, è stata definita “figlia” (Riccio, La responsabilità degli Internet provider nel
d.lgs. 70/2003, in Danno e resp., 2003, 1157 ss.), da un lato, del DMCA statunitense e, dall’altro, del
TDG tedesco.
Del primo avrebbe mutuato la scelta di prendere in considerazione le attività svolte nel concreto dal
provider, piuttosto che le astratte tipologie secondo le correnti nomenclature, senza però seguire il
modello nella determinazione della responsabilità dei motori di ricerca e dei prestatori che effettuino
collegamenti ipertestuali, del secolo avrebbe adottato il regime di atipicità dell’illecito, regime da
applicarsi a prescindere dalla natura della responsabilità (c.d. approccio orizzontale)
187
Si parla così di attività di mere conduit, attività di caching e attività di hosting
prevedendo, corrispettivamente, responsabilità differenziate per ciascuna di esse168.
Il provvedimento italiano mutua il linguaggio del legislatore europeo e configura
quale attività di mere conduit il semplice trasporto di informazioni, che può consistere
nell’attività del fornitore di servizi di posta elettronica o di connessione a internet,
(art. 14 d.lgs. 70/2003); quale attività di caching, la memorizzazione intermedia e
temporanea di informazioni effettuata allo scopo di rendere più efficace il loro
successivo inoltro ad altri destinatari, che ne abbiano fatto richiesta (art. 15, d.lgs.
70/2003); quale attività di hosting la memorizzazione di informazioni fornite dal
destinatario del servizio, come ad esempio la messa a disposizione di uno spazio sul
proprio server per ospitarvi siti o pagine web (art. 16, d.lgs. 70/2003), escludendo
altresì (art 17, d.lgs. 70/2003) l’esistenza in capo al provider genericamente inteso di
un obbligo generale di sorveglianza169.
L’articolo 14 disciplina l’attività di semplice trasporto (o di mere conduit)
disponendo che: <<Nella prestazione di un servizio nella società dell’informazione
consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazioni, informazioni fornite da un
destinatario del servizio, o dal fornire un accesso alla rete di comunicazione, il
168
La tipizzazione normativa, peraltro, appare a taluno incompleta e, in conseguenza, non esaustiva
(cfr. Piazza, La responsabilità, cit., 146).
A ben vedere il legislatore, scegliendo di introdurre una articolazione classificatoria fondata sulla
attività nel concreto posto in essere dal prestatore, anziché avere riguardo alla nomenclatura in uso,
rende più elastica la disciplina e consente all’interprete di ricondurre di volta in volta le singole
fattispecie al regime ad esse più confacente, senza incorrere nell’inconveniente di fornire regole non
idonee.
169
Putignani, Sul provider responsabilità differenziate, in Guida al dir., 20, 2003, 48.
E’ stato evidenziato in dottrina che tale direttiva non crea una forma di responsabilità ad hoc per gli
intermediari della rete, preferendo consentire l’applicazione delle regole del diritto comune (cfr.
Bocchini, La responsabilità civile degli intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio
dell’illecito plurisoggettivo permanente, Napoli, 2003, 123, ritiene, invece, che la direttiva sul
commercio elettronico, contenendo una disciplina generale della responsabilità civile
dell’intermediario dell’internet provider, vada ad integrare le norme civilistiche sulla responsabilità
extracontrattuale, prevalendo su di esse in caso di difformità) pur con i limiti da essa stessa posti.
188
prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che: a) non
dia origine alla trasmissione; b) non selezioni il destinatario dell’informazione; c) non
selezioni né modifichi le informazioni trasmesse>>.
<<Le attività di trasmissione e di fornitura d’accesso di cui al comma uno includono
la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse,
a condizione che essa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la
sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo>>.
<<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può
esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al
comma 2, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>.
Si fissa dunque il principio della divisione fra meri servizi d’accesso e servizi di
fornitura/produzione di contenuti e la relativa differenziazione di responsabilità.
Così facendo la norma tende a non attribuire una responsabilità al prestatore, e quindi
anche al provider, che si comporti da mero fornitore d’accesso, senza una produzione
propria di contenuti (comma uno, lettera a), non faccia selezioni di destinarlo (comma
uno, lettera b) e non metta in atto operazioni di filtraggio.
Si tratta di una scelta che di fatto sposa i più recenti filoni giurisprudenziali,
statunitensi ed europei, di cui si è precedentemente parlato.
Un provider che sia un semplice vettore sarebbe quindi assimilabile ad un telefono,
per cui nessuno penserebbe di individuare qualche responsabilità per ciò che si dicono
i suoi utenti.
E’ stata però sollevata l’obiezione che la prestazione di servizi internet non è
assimilabile tout-court a quella di servizi telefonici perché tecnicamente il provider,
189
anche quello “intermedio”, ha un ruolo attivo nella gestione e nello smistamento delle
comunicazioni in transito.
A questo proposito si potrebbero ad esempio citare i proxy server, che si
interpongono fra l’utente e i dati o i vari sistemi di filtraggio adottati da molti
provider per bloccare certi contenuti o “indirizzare” la navigazione o, ancora, alla
gestione dei news-server, caso in cui il provider, per varie ragioni, decide di veicolare
solo certe gerarchie di newsgroup e non altre.
Dal che potrebbe derivare che il semplice fatto di “ospitare” un certo newsgroup
implichi averne accettato i contenuti.
Riguardo poi al concetto di “origine della trasmissione” si può rilevare che
tecnicamente, c’è sempre un provider che dà origine ad una trasmissione e non
necessariamente si tratta del soggetto che ha formato il contenuto illecito (ancora una
volta si torna al caso dei proxy).
Quindi affermare che la responsabilità sussiste se si origina la trasmissione di un
qualcosa significa che si è sempre e comunque responsabili.
Probabilmente la norma voleva significare che il provider non dovrebbe essere
responsabile se si limita a fornire una piattaforma tecnologica che poi l’utente
impiega come meglio crede.
L’obbligo, per il prestatore del servizio di mere conduit, di limitare o porre fine alla
violazione sembra nascere solo in conseguenza di un intervento della autorità
preposta,
giudiziaria
o
amministrativa,
dovendosi
identificare
quest’ultima
verosimilmente a seconda delle fattispecie di volta in volta emergenti170.
170
Rileva Riccio, La responsabilità, cit., 1160, che l’identificazione della autorità amministrativa dovrà
essere effettuata attraverso un procedimento case-by-case, tenuto conto della natura dell’illecito (ad
190
L’articolo 15 in merito all’attività di memorizzazione temporanea (o
catching171) recita: <<Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione
consistente nel trasmettere, su di una rete di comunicazione, informazioni fornite da
un destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile della memorizzazione
automatica, intermedia e temporanea effettuata al solo scopo di rendere più efficace il
successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta, a condizione che: a) non
modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni d’accesso alle informazioni;
c) si conformi alle norme d’aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo
ampiamente riconosciuto ed usato dalle imprese del settore; d) non interferisca con
l’uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta ed usata nel settore; e) agisca
prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitarne
l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le
informazioni sono state rimosse dal luogo dove inizialmente si trovavano sulla rete o
che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo
giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la
disabilitazione dell’accesso>>.
<<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può
esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al
comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>.
esempio: il Garante per la protezione dei dati personali nel caso di violazione della privacy, e via
dicendo)
171
Il caching, secondo la nozione consolidata della prassi, ha lo scopo di aumentare la portata della
rete, conservando presso il server del prestatore, per un certo periodo, le informazioni alle quali hanno
avuto accesso gli utenti del servizio, in modo da favorire l’accesso ad esse, in un secondo tempo, da
parte di altri destinatari.
191
Questo articolo dunque tende a sollevare il provider da responsabilità derivanti dalla
memorizzazione, per scopi relativi alla mera trasmissione di cui all’articolo 14,
fissando però alcuni limiti (comma uno, lettere a, b, c, d, e).
Il principio, sotteso alla norma, ai fini dell’esenzione della responsabilità prevede che
il provider non debba in alcun modo essere coinvolto nell’informazione trasmessa.
I più problematici sono alle lettere c) ed e) del comma uno: non è chiaro, infatti, come
si possano determinare norme d’aggiornamento delle informazioni, che siano
ampiamente riconosciute ed usate dalle imprese del settore.
Alcuni172 rilevano che “la norma non parla di standard industriali aperti”, ma ricorre
ad una nozione molto più vaga “ampiamente riconosciuti e utilizzati”.
Quindi, se una casa discografica o una software house riescono ad imporre una
propria tecnologia, questa diventa vincolante per tutti anche se non è uno “standard
riconosciuto”173.
Quanto alla lettera e) è da capire cosa significa “venga effettivamente a conoscenza”?
Se si tratta di un provvedimento di un’autorità giurisdizionale o amministrativa, la
legge prevede le forme in cui deve essere notificata e quindi non ci sono problemi.
Ma la semplice segnalazione di un utente può significare che il provider viene
“effettivamente a conoscenza” del fatto? Inoltre, ha l’obbligo di verificare la
fondatezza della segnalazione e, quindi di svolgere un’impropria, onerosa attività
investigativa)?”174.
Anche in questo caso resta compito dell’interprete nonché della prassi
giurisprudenziale definire e dare contenuto al concetto di azione pronta e conoscenza
172
Riccio, La responsabilità, cit., 1161.
ALCEI, Provider e responsabilità nella legge comunitaria 2001, www.interlex.it, 19.06.2002
174
MANLIO CAMMARATA, Passaggi impegnativi per gli internet provider, www.interlex.it,
18.03.2002
173
192
effettiva (che non implica conoscenza legale, cioè connessa con la notificazione di un
provvedimento autoritativo), e tale operazione non potrà che essere condotta facendo
riferimento ai principi generali dell’ordinamento, anche ai fini della ripartizione tra le
parti processuali dell’onere della prova.
L’articolo 16 tratta della attività della memorizzazione delle informazioni (cd.
hosting) disponendo che: <<Nella prestazione di un servizio della società
dell’informazione, consistente nella memorizzazione d’informazioni fornite da un
destinatario del servizio, il prestatore non sia responsabile delle informazioni
memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto
prestatore: a) non sia effettivamente al corrente che del fatto l’informazione o
l’attività è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di
fatti o di circostanze che rendono manifesta175 l’illegittimità dell’attività o
dell’informazione, o b) non appena al corrente di tali fatti agisca immediatamente per
rimuovere176 le informazioni o per disabilitarne l’accesso>>.
<<Le disposizioni di cui al comma 1 non si applica se il destinatario del servizio
agisce sotto l’autorità o il controllo del prestatore>>.
175
Anche se non vengono introdotti criteri per stabilire, da un lato, se l’illiceità debba essere valutata
sul piano giuridico piuttosto che etico e, dall’altro, per individuare i fatti e circostanze idonei a renderla
manifesta.
La dottrina a tal riguardo ritiene che: <<Non occorre la conoscenza effettiva ma ne è sufficiente anche
una indiretta o lato sensu indiziaria di fatti o di circostanze>>.
Sica, Le responsabilità, cit., 294; analogamente: Riccio, La responsabilità, cit., 1162, il quale nota
tuttavia che: <<L’inesatta formula legis viene superata considerando l’illiceità manifesta in tutti quei
casi nei quali non è necessario possedere una conoscenza approfondita della normativa per considerare
contra legem l’attività posta in essere>>.
176
Tale obbligo di rimozione non opera nel caso in cui della illiceità il provider abbia nozione
autonoma o per informazione da parte di terzi diversi dalle autorità.
Al fine di eliminare il rischio connesso alla rimozione indebita da parte del provider.
193
<<L’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza può
esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al
comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse>>.
In questa norma, da un primo punto di vista, si alleggerisce il provider da alcune
responsabilità, infatti nel caso in cui il servizio consista nella memorizzazione
d’informazioni fornite da un destinatario del servizio, l’intermediario non è
responsabile delle informazioni memorizzate ove non sia a conoscenza dell’effettiva
illiceità di tali informazioni, e sempre che, nel caso in cui venga a conoscenza177
dell’illiceità delle stesse, agisca immediatamente per rimuoverle.
In effetti però questo vantaggio è sottoposto alle condizioni di cui alle lettere a) e b)
del comma uno, per cui la tendenza potrebbe essere quella secondo cui i providers
tenderebbero a privilegiare la trasmissione o la memorizzazione d’informazioni
provenienti da soggetti maggiormente affidabili, e cioè economicamente più forti, a
danno di soggetti dotati di una minore forza economica.
In questo modo, tuttavia, verrebbe fortemente menomata la libertà della rete ed il
concetto che la stessa sia l’unico strumento adatto a dare voce a pensieri e
informazioni provenienti da chiunque possa accedervi: in buona sostanza, regole
troppo restrittive per internet, potrebbero stravolgerne le caratteristiche essenziali, che
rendono questo mezzo unico tra tutti i mezzi di comunicazione attualmente a nostra
disposizione”178.
177
Conoscenza sostanziale, dovendosi pertanto escludere che al fine del riconoscimento di una
responsabilità in capo al prestatore dell’attività di hosting si possa fare riferimento ad un criterio di
astratta conoscibilità
178
GIANFRANCO PUOPOLO E LAURA LIGUORI, La direttiva 2000/31/CE e la responsabilità del
provider, www.interlex.it, 07.09.2000
194
Il legislatore ha introdotto nella fattispecie normativa un distinguo sancendo a carico
dell’host provider anche una responsabilità penale179 per il caso in cui egli risulti
effettivamente a conoscenza del fatto che l’utente utilizza il servizio con finalità
illecite, oltre ad una responsabilità civile per il caso in cui il prestatore intermediario
sia informato dei fatti o circostanze che rendono manifestamente illecita l’attività
svolta dal destinatario del servizio o l’informazione fornita.
Tale articolo, dunque, introduce una differenziazione nella valutazione dei tipi e gradi
di responsabilità del prestatore del servizio in relazione, da un lato, all’ipotesi di
illecito penale, per la quale è richiesta l’effettiva conoscenza dell’illiceità delle attività
o delle informazioni, dall’altro, all’ipotesi di illecito civile, per la quale si fa
riferimento alla colpa per negligenza dell’host provider, che abbia conoscenza
sostanziale di fatti o circostanze che rendano manifesta l’illiceità delle attività o delle
informazioni.
Non si tratta di prestare attenzione a fatti e circostanze nel senso di attivarsi per
individuare elementi dai quali possa evincersi il carattere illecito dell’attività o delle
informazioni, bensì di colpa per non essersi avveduti di ciò che balza agli occhi di
chiunque, dovendosi dedurre l’illiceità della attività o dell’informazione dalla
presenza di determinati fatti o circostanze di cui il prestatore abbia conoscenza.
Infine nell’articolo 17, risiede il provvedimento che considera l’assenza
dell’obbligo generale di sorveglianza, che recita: <<Nella prestazione dei servizi di
cui agli articoli 12, 13 e 14 il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di
179
Il legislatore non ha voluto tenere indenne il prestatore rimasto quiescente nonostante la sua
effettiva conoscenza dell’illiceità dei fatti o delle informazioni, atteso che si verte in un’ipotesi di
favoreggiamento personale. E’ altresì evidente che il maggior rigore della sanzione penale deve
correlarsi ai presupposti per la sua applicazione, a dire che deve essere ravvisabile l’elemento
soggettivo del reato, mentre sul piano risarcitorio (comprendente una più vasta gamma di fattispecie) il
prestatore non potrà assumere di essere indenne da colpa quando non itelligat quod omnes intelligunt.
195
sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo
generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza
d’attività illecite>>.
<<Fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 14, 15 e 16, il prestatore di servizi
della società dell’informazione è comunque tenuto: a) ad informare senza indugio
l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzioni di vigilanza, qualora sia
a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo
destinatario del servizio della società dell'informazione; b) a fornire senza indugio, a
richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano
l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di
memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite>>.
<<Il prestatore è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui,
richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non
ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo
avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di
un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l’autorità
competente>>.
Con questo articolo il legislatore ha inteso alleviare ai provider una serie d’obblighi
di controllo che in effetti oltre, che difficilmente realizzabili tecnicamente, sarebbero
fortemente pregiudicanti l’attività stessa degli ISP, bloccando lo sviluppo della rete.
In questo, la norma si è conformata al filone normativo e giurisprudenziale ormai più
diffuso nei paesi europei e negli USA.
196
L’articolo inoltre stabilisce, al comma uno, l’impossibilità per gli Stati membri di
prevedere gli obblighi di controllo di cui sopra, istituendo in questo non una linea
d’indirizzo ma un vero e proprio obbligo.
L’unica delega che viene lasciata è quella relativa (comma 2) alla possibilità per gli
Stati membri di stabilire che gli ISP debbano comunicare tempestivamente alle
autorità gli illeciti riscontrati sui propri sistemi.
Questo implicitamente fa riferimento anche al problema dei margini d’azione dei
provider, ossia cosa può fare un ISP per far fronte alle violazioni? Ha il diritto di
rimuovere materiali altrui senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria? E può
leggere i messaggi degli utenti in transito sui suoi server senza violare, nel caso
italiano, l’articolo 15 della Costituzione sulla segretezza della corrispondenza?
Tornando proprio alla norma si può affermare che l’obbligo di comunicazione
dell’illecito all’autorità contrasta con la mancanza di quello al controllo delle
informazioni immesse in rete.
Non si capiscono infatti le condizioni in cui il provider dovrebbe venire a conoscenza
degli illeciti, se non è tenuto a controllare i contenuti che ospita, se non una situazione
di casualità.
Anche per questo, la normativa illustrata non può ancora considerarsi un punto
d’arrivo nella disciplina della responsabilità degli Internet Service Provider.
197
4.3.4 LA GIURISPRUDENZA IN TEMA DI RESPONSABILITA’
DEL PROVIDER DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DEL D. LGS.
70/2003180
In data 25 giugno 2004 il tribunale di Catania ha emanato la sentenza 2286/2004
avente ad oggetto la responsabilità civile di un provider per violazione del diritto
d’autore perpetrata per il tramite del servizio da lui fornito.
In particolare, il giudice ha osservato, dopo aver rilevato che i files contenenti testi
scritti, rinvenibili nella rete telematica in veste elettronica, godono della medesima
protezione e tutela delle opere letterarie tradizionali, nelle quali sono sempre
convertibili, in quanto opere intellettuali a prescindere dalla natura del supporto
veicolare, e dopo aver brevemente ripercorso gli orientamenti della dottrina e della
giurisprudenza anteriori al recepimento della direttiva sull’e-commerce e aver dato
conto descrittivamente della disciplina della responsabilità come disegnata dal d. lgs.
70/2003, ha condannato il provider catanese.
Tale giudizio è stato fondato sul mancato riconoscimento in capo al prestatore del
servizio della caratteristica di mero service provider181, trattandosi di violazione del
diritto d’autore per essere stata pubblicata un’opera storiografica, senza
l’autorizzazione prescritta, nell’ambito di un sito ospitato e gestito dal provider per
180
Lorena Manna, La disciplina nel commercio elettronico, Padova, 2005.
Caratteristica che secondo le regole dettate dall’art. 2697 cod. civ. doveva essere provata dal
medesimo prestatore.
181
198
conto di un terzo182, sulla riconosciuta funzione attiva assunta dal provider nella
pubblicazione illecita dei contenuti.
Conclude il giudicante che: <<La proprietà del dominio - presso il quale sito veniva
gestito e pubblicato - deve ritenersi responsabile dei materiali e degli scritti nello
stesso inseriti secondo il regime di responsabilità che caratterizza il content provider,
al quale incombe l’obbligo previo di controllare e verificare ogni eventuale profilo di
lesività dei contenuti resi ostensibili nel sito dallo steso creato, organizzato e gestito.
Né a diversa soluzione sembra potersi giungere in dipendenza della dedotta natura
gratuita del servizio reso, trattandosi nel caso di specie di illecito extracontrattuale
rilevante ai sensi dell’art. 2043 codice civile>>.
La responsabilità del provider in questo caso è conseguente a un fatto proprio, né
deve indurre il rilievo del giudice circa l’obbligo di verificare il profilo della lesività
dei contenuti a ritenere che, per via giurisprudenziale, sia stato introdotto a carico del
provider quell’obbligo di controllo che il dettato legislativo ha escluso.
La verifica dei contenuti, infatti, era richiesta nella specie quale conseguenza del fatto
che il sito era direttamente creato, gestito e organizzato dal provider, ancorché per
conto di terzi.
182
Va segnalato che in tema di obblighi del provider nell’ambito della tutela del diritto d’autore (in
riferimento al quale la sentenza catanese richiama le norme contenute nella l. 633/1941, ritenute
applicabili anche in relazione a informazioni trasmessa telematicamente) occorre avere riguardo anche
al disposto dell’art. 1, commi 5-7, d.l. 22 marzo 2004, n. 72 (cd. Decreto Urbani), convertito con l. 21
maggio 2004, n. 128, recante interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva delle opere
dell’ingegno, nonché a sostegno delle attività cinematografiche e dello spettacolo.
In base a tale norma: <<A seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, i prestatori dei servizi
della società dell’informazione, di cui al decreto 9 aprile 2003, n. 70, comunicano alle autorità di
polizia le informazione in proprio possesso utili all’individuazione dei gestori dei siti e degli autori
delle condotte segnalate. A seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, per le violazione
commesse per via telematica di cui al presente decreto, prestatori dei servizi della società
dell’informazione, ad eccezione dei fornitori della connettività alle reti, fatto salvo quanto previsto agli
articoli 14, 15, 16 e 17 del decreto legislativo 9 aprle 2003, n.70, pongono in essere tutte le misure
dirette ad impedire l’accesso ai contenuti dei siti o a rimuovere i contenuti medesimi. La violazione
degli obblighi di cui ai commi 5 e 6 è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro
50.000 a euro 250.000>>.
199
In altri termini, se è il provider a scegliere i contenuti da pubblicare, o comunque se
egli non riesce a fornire la prova, anche testimoniale, che documenti e immagini sono
stati scelti e forniti dal committente, dovrà rispondere di ogni eventuale contenuto
illecito immesso in rete183.
In senso in un certo qual modo analogo aveva concluso in data 20 febbraio 2004 il
tribunale penale di Milano184, in tema di violazione del diritto di autore, affermando
che: <<In tema di reati previsti dall’art. 171-ter, l. 633/1941, va affermata la
responsabilità penale del provider che abbia creato, gestito e curato la manutenzione
di un sito sul quale vengano copiati e dal quale possano essere prelevati files
contenenti opere dell’ingegno protette […]>>.
Sempre il tribunale di Milano in sede penale, in data 25 febbraio 2004, con sentenza
n.1993185, svolgendo la propria argomentazione anche sulla base del d. lgs. 70/2003,
ha invece assolto il provider imputato per linking con un sito che divulgava filmati e
immagini pedopornografici.
Il service provider, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe divulgato filmati e
immagini pedopornografiche, violando l’art. 600-ter, comma 3, codice penale.
Nella sostanza, invece, il prestatore del servizio avuto solo la funzione di service
provider rispetto ad altro sito, questo si divulgativo di filmati illeciti, in quanto la sua
attività consisteva nel rendere pubbliche le classifiche dei siti, tra quelli iscritti, più
votati, siti dei quali analizzava però solo le homepages, dalle quali non emergeva
alcun indizio della presenza di materiale illecito.
183
La disabilitazione del servizio non deve essere affidata alla libera iniziativa del provider, ma deve
comunque discendere, quanto meno, da una comunicazione delle autorità, pur dovendo, in ogni caso, il
prestatore farsi parte diligente e informare, ai sensi dell’art. 17, l’autorità competente.
184
In Foro ambrosiano, 2004, 256.
185
In Foro ambrosiano, 2004, 181.
200
L’assoluzione dell’imputato è stata decisa, da un lato, sul presupposto che questi non
poteva essere ritenuto causalmente responsabile della divulgazione delle fotografie e
dei filmati e, dall’altro, in quanto non era emersa alcuna sua conoscenza diretta del
contenuto illecito, contenuti di cui non aveva l’obbligo di indagare, divulgato dal sito
ospitato sul proprio spazio.
In tale occasione il tribunale ha richiamato la distinzione tra le varie tipologie di
providers affermando, tra l’altro, che l’access provider, a parte ipotesi marginali186,
per solito svolge attività del tutto autonoma rispetto a quella illecita del content
provider. pur essendo essa causalmente condicio sin qua non del realizzarsi della
seconda.
Ulteriormente il collegio ha notato che: <<Per sostenere la responsabilità a titolo
omissivo del service o dell’host provider187 per il fatto illecito del content provider188
occorre affermare a loro carico un obbligo giuridico di impedimento non già
dell’evento, ma della stessa condotta illecita del content provider, e quindi, da un lato,
una sua posizione di garanzia189 e, dall’altro, una possibilità effettiva di controllo
preventivo sul contenuto dei messaggi190>>.
L’analisi delle fonti normative che prevedono forme di responsabilità per i providers,
soprattutto quella oggetto in questo paragrafo, ha portato il Tribunale ad escludere
l’esistenza di forme di garanzia confermando l’assenza di un obbligo generale di
186
Per esempio quando abbia agito come moderatore in un newsgroup o laddove abbia provveduto a
un controllo dei messaggi pervenuti sul suo spazio web attraverso i siti ospitati richiamati e abbia
influito, proprio in funzione di tale analisi, nell’organizzare la fruibilità per gli utenti attraverso il suo
servizio, per esempio con l’applicazione di un banner o altro.
187
consente all’utente finale il collegamento a internet e i suoi ulteriori servizi
188
autore materiale dell’immissione in rete dei danni illeciti, nella specie la divulgazione di materiale
pedopornografico
189
Nel concreto la posizione di garanzia non poteva argomentarsi in una attività pericolosa, poiché tale
non poteva considerarsi l’offerta di uno spazio web e l’apertura di un link con un determinato sito.
190
Non è ravvisabile la possibilità concreta di esercitare un efficace controllo sui messaggi ospitati sul
proprio sito, atteso l’enorme afflusso di dati sul server.
201
sorveglianza sulle informazioni che il prestatore trasmette o memorizza, nonché di
ricercare attivamente fatti o circostanze che indicano la presenza di attività illecite.
Ne consegue che, perché si possa configurare una responsabilità del provider, occorre
il venire meno della sua neutralità, e quindi che si possa rinvenire un contributo
causale all’illecito del content provider, in virtù dell’essersi l’ISP inserito nella
divulgazione del messaggio “con un quid pluris rispetto alla sottile attività, con una
interazione con detto sito191”.
Come si è visto, il primo orientamento della giurisprudenza di merito, a seguito
dell’introduzione delle norme degli artt. 14-17 del d.lgs. 70/2003, è stato nel senso di
concludere che la responsabilità soggettiva:
•
colposa, allorché il fornitore del servizio, consapevole della presenza sul sito
del materiale sospetto, si astenga dall’accertarne l’illiceità e, al tempo stesso,
dal rimuoverlo192;
•
dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità della condotta
dell’utente e, ancora una volta, ometta di intervenire.
191
Vi è la necessità di verificare se il dolo dell’access o service provider abbia ad evidenziarsi
attraverso le modalità del servizio da lui prestato, e cioè se si riscontri un dolo di partecipazione o una
oggettiva possibilità di impedir la commissione del reato di cui abbia avuto comunque notizia, non
essendo soddisfacente una impostazione della responsabilità del service provider con riferimento alla
categoria del dolo eventuale, ogni qual volta non vi siano specifici elementi che consentano di
ricondurre nella sua sfera di conoscibilità una specifica attività illecita commessa per suo tramite, e ciò
per la natura aperta di internet.
192
La generica formula adottata dal giudice potrebbe indurre a ritenere operante una maggiore
estensione degli obblighi del provider (e quindi a considerarlo tenuto a rimuovere le informazioni
illecite anche senza l’ordine dell’autorità), estensione che non pare giustificata dell’interpretazione del
corpus normativo specifico
202
In dottrina alcuni193 hanno ritenuto che il d.lgs. 70/2003 abbia introdotto un sistema di
imputazione della responsabilità basato esclusivamente sulla colpa specifica
dell’intermediario, in quanto conseguenza della violazione della legge, e quindi una
vera e propria colpa omissiva, altri194, invece hanno sostenuto che si è di fronte ad
una serie di cause di esonero, che si innestano sull’impianto della “responsabilità
aquiliana” più o meno riconducibile all’attività del provider, nelle sue molteplici
configurazioni.
Così la responsabilità dell’ISP è da inquadrare nell’ambito della colpa professionale
stante anche il rigore con il quale nel testo normativo viene tipizzata la condotta del
prestatore, il quale si libera solo se si attiene in modo rigoroso alle condizioni previste
nel testo legislativo.
La novità introdotta dal provvedimento sul commercio elettronico, se di novità si può
parlare, consiste nell’avere dettato specifici limiti interpretativi, utili a ricondurre
l’indagine della responsabilità del provider per fatti illeciti commessi da terzi
nell’alveo della colpa, estromettendo in via definitiva i tentativi di addossargli un più
alto grado di responsabilità, senza però far luogo a una forma di responsabilità
specifica per i prestatori, i quali rimarranno soggetti, nei limiti individuati dal
provvedimento, alle norme di diritto comune.
Rimane irrisolto il problema dell’anonimato in rete, in quanto il provvedimento in
discussione, all’art. 17 non prevede un obbligo a carico dell’ISP, di identificare con
193
Di Ciommo, Evoluzione, cit., 294: <<Posta la libertà di non agire che in via generale l’ordinamento
riconosce ad ogni consociato, l’obbligo di attivarsi per evitare danni ad altri viene considerato dai più
un’ipotesi eccezionale rispetto al semplice canone di diligenza di cui all’art. 2043 cod. civ., ed è
necessario che esso sia tassativamente previsto da una norma onde potersi concludere che la sua
violazione integri un fatto illecito extra-contrattuale>>; Bocchini, La responsabilità civile degli
intermediari del commercio elettronico. Contributo allo studio dell’illecito plurisoggettivo permanente,
Napoli, 2003, 13.
194
Sica, Responsabilità, cit., 301; Facci, La responsabilità, cit., 140.
203
certezza i destinatari del servizio offerto, i quali, peraltro, possono rimanere
nell’anonimato ponendo in essere semplici accorgimenti195.
Tuttavia se da un lato occorre evitare che internet costituisca uno scudo per gli autori
di illeciti, dall’altro occorre attivarsi affinché non venga posta a rischio la privacy.
Spesso, infatti, si è segnalato il valore dell’anonimato196 e addirittura il diritto
all’anonimato dell’utente di internet, in contrapposizione al rischio di vedere violata
la privacy dei dati personali e la riservatezza della persona197.
4.4 SENTENZE DIVERSE PER LA STESSA FATTISPECIE
4.4.1 LVHM vs EBAY198
Tutto ha avuto inizio il 2 agosto 2006, anno in cui un’offensiva legale veniva lanciata
dalle due stelle della holding del lusso parigine, Louis Vuitton e Dior, numeri uno del
lusso francese per frenare la contraffazione contro eBay, colpevole, a loro dire, di
ospitare troppi falsi venduti come originali afferenti ai propri segni distintivi, per
195
La norma dell’art. 17, comma 2,lett.b non pone in capo al provider alcun dovere di verifica della
veridicità dei dati forniti, fatte salve ovviamente quelle che siano strettamente necessarie per
l’erogazione del servizio.
196
L’anonimato è una delle grandi forze di Internet, tanto che si è creata la prassi di vivere la propria
vita virtuale dietro pseudonimi.
Ecco perché gli studiosi hanno parlato di “PSEUDONIMATO”, ad indicare l’uso comune di navigare
sempre con la stessa “maschera” per godere almeno di “memoria” presso gli altri utenti, che altrimenti
sarebbero davanti a persone sempre nuove, soprattutto nei siti di e-commerce, il che si traduce in un
vero e proprio “avviamento”.
PACCAGNELLA, L., La comunicazione al computer, Bologna, 2000, p. 82.
197
Per un’ampia analisi del problema: Di Ciommo, Evoluzione, cit., 311 ss.
In conseguenza della presenza nel web di programmi spia (cd. spyware), che vengono introdotti nei
files di sitema del computer e che sono in grado di utilizzare la connessione dell’utente onde
trasmettere al proprio server di origine informazioni relative all’utilizzatore del computer.
198
The Wall Street Journal
204
almeno il 90%, sul proprio sito internet e per difendere l’autenticità delle proprie
griffe199.
Così citarono e portarono sul banco degli imputati del tribunale di Parigi la prima
comunità di aste virtuale americana, nonché la sua filiale svizzera, con una richiesta
di risarcimento multimilionario, pari a 37 milioni di euro200 dovuta al fatto che eBay
non si era adoperata abbastanza per impedire la vendita di prodotti contraffatti nelle
proprie boutique virtuali201.
Operazione non facile quella di stabilire la trasparenza, ma il gruppo della casa di
moda si fece forte di un’altra sentenza che aveva condannato Google a una multa di
300 mila euro per concorrenza e pubblicità sleali e contraffazione di marchi202.
I legali di LVMH203 hanno basato la propria accusa sul fatto che non solo eBay non
aveva impedito la vendita di copie contraffatte dei prodotti della parte lesa ma,
addirittura, di aver permesso di inserire all’asta prodotti originali senza
l’autorizzazione legale che inevitabilmente generavano guadagni indiretti su ciò che i
suoi utenti vendevano.
La prima camera del tribunale del commercio di Parigi, che da tempo si occupava del
caso, il 30 giugno 2008 ha emesso la sentenza204 che ha dato ragione a LVMH e alla
consorella Christian Dior SA, che accusavano eBay di non prendere le misure
necessarie a evitare scambi di griffe falsificate attraverso il proprio sito.
199
http://www.louisvuitton.com/; http://www.dior.com/
Una cifra considerevole, per le perdite subite dal 2001 al 2005, rispettivamente 17 milioni per
l’abbigliamento Dior e 20 milioni per le borse Louis Vuitton.
201
Solo nel secondo trimestre 2006, sarebbero 300 mila gli annunci di vendita online di capi Dior e
150 mila di borse Louis Vuitton.
202
http://archiviostorico.corriere.it/, Lvmh in Tribunale contro eBay: troppi falsi sul suo sito Internet di
Jacchia Antonia, 21 settembre 2006.
203
Möet Hennessy Louis Vuitton
204
http://www.ictlex.net
200
205
Il giudice francese ha stabilito che Ebay, il più grande portale di aste al mondo, sarà
costretta a pagare, a titolo di risarcimento di danni morali e d’immagine, una multa di
40 milioni di euro per aver permesso di vendere attraverso il proprio sito di aste
online borse, vestiti, valigie ed altri beni di lusso contraffatti delle griffe Louis
Vuitton, Christian Dior e di altri marchi detenuti dal gigante dell’alta moda francese
LVMH205.
La sentenza, accolta con grande soddisfazione dalla Louis Vuitton206, ha anche
riconosciuto eBay responsabile di vendite non autorizzate dei profumi Kenzo,
Guerlain, Dior e Givenchy, dovuto al fatto che il gruppo LVMH limita la vendita di
questi prodotti a un gruppo di negozi e magazzini autorizzati.
La casa d’aste online così è stata ritenuta colpevole di non essersi prodigata a
sufficienza per arginare il fenomeno della merce contraffatta sul suo portale,
situazione questa, di cui il sito internet, secondo il giudice francese, era perfettamente
consapevole.
Non ritenendo sufficienti gli sforzi, a cui partecipano costantemente oltre 18.000
aziende, per identificare e rimuovere gli oggetti contraffatti dal sito, spesso prima che
questi siano visibili ed eventualmente acquistati dagli utenti.
In sostanza, eBay è stata accusata di aver permesso la vendita sulle proprie pagine di
centinaia di borse, cosmetici, profumi e capi d’abbigliamento contraffatti, griffati con
205
Titolare anche di griffe come Fendi, Pucci, Marc Jacobs, Moët & Chandon e Dom Pérignon.
In particolare il risarcimento è stato articolato in questo modo: Louis Vuitton Malletier ha ottenuto
19,28 milioni di euro, Christian Dior Couture 17,3 milioni, i profumi Christian Dior 1 milione, Kenzo
670 mila euro, Givenchy 680 mila e Guerlain 680 mila.
206
Il manager della casa di moda, Pierre Godé, braccio destro del patron di Lvmh, Bernard Arnault, ha
commentato: <<Questa decisione, di portata internazionale è una svolta che servirà a tutelare la
creatività e rappresenta un importante precedente; piena soddisfazione poiché non solo tutela i marchi
come quelli del gruppo LVMH, ma li riconosce come un’importante parte del patrimonio francese>>.
206
falsi marchi LVMH e, più in generale il suo scarso impegno nel contrastare la vendita
online di prodotti falsificati.
Alla base della decisone vi è stata quindi la negligenza del gestore del sito nell’aver
veicolato la vendita di copie non autorizzate dei loro prodotti, compiendo così un
grave illecito.
Prodotti estremamente costosi, venduti unicamente attraverso una serie di selezionati
rivenditori, in cui non rientravano sicuramente i retailer di eBay.
Oltre ad aver inflitto la pensate multa, la divisione francese di eBay è stata obbligata a
pubblicare il testo della sentenza per 3 settimane su tutti i propri siti e su 3 quotidiani,
in inglese e francese, scelti dalla parte lesa, e a vietare sulle proprie pagine la
diffusione di annunci di commercializzazione di prodotti dei marchi LVMH o
presentati come tali, pena una multa di 50 mila euro per ogni giorno di ritardo.
EBay, dal canto suo, si è sempre difeso dalle accuse, assicurando di aver rafforzato le
misure di sicurezza, chiedendo proprio la collaborazione dei grandi marchi nella lotta
contro i falsi.
Tutto questo è ancor più vero alla luce del fatto che per tenere sotto controllo ed
eliminare i falsi dal sito impiega più di 2000 persone spendendo circa 20 milioni di
dollari all’anno207.
Il sito di aste ha annunciato208 che ovviamente ricorrerà in appello, in nome anche dei
propri utenti, contro una sentenza ritenuta ingiusta, soprattutto perché questo giudizio
207
http://www.ebay.com/
http://news.bbc.co.uk/ Ebay, attraverso la sua portavoce, Vanessa Canzini, ha invece espresso il
proprio rincrescimento della divisione francese di eBay per la decisione del tribunale ed ha fatto sapere
che: <<Quando il materiale contraffatto appare nei nostri siti, lo eliminiamo velocemente, ma la
decisione di oggi non riguarda la lotta alla contraffazione. La sentenza di oggi riguarda il tentativo di
LVMH di proteggere pratiche commerciali non competitive a danno della scelta dei consumatori e al
sostentamento dei rivenditori in regola che ogni giorno eBay aiuta nella loro attività. Combatteremo
questa decisione nel loro nome, faremo ricorso in appello>>.
208
207
non riguarda la battaglia contro le contraffazioni, piuttosto è un tentativo della LVMH
di proteggersi dalla concorrenza, attuando pratiche commerciali sconvenienti per i
consumatori che invece proprio la Community aiuta a combattere e contestualmente
continuerà a vendere articoli griffati LVMH almeno fino alla sentenza d’appello.
In parte questo è anche vero, visto che la sentenza porta però con sé un altro elemento
di diritto tutt’altro che condivisibile e positivo, ossia il fatto che il consumatore non
ha diritto di rivendere su eBay il proprio prodotto originale.
Nessun prodotto a marchio Louis Vuitton e altri della galassia LVMH potrà essere
venduto su eBay e, per quanto questo possa essere compreso rappresenta certamente,
per operatori professionali e non, un abuso; infatti significherebbe vietare ai
consumatori di rivendere qualcosa di loro proprietà, acquistato legalmente.
La realtà implicita della sentenza è che: non solo la prestigiosa azienda potrà vendere
i propri prodotti ad un prezzo più alto, ma avrà la capacità di deciderne la sorte anche
quando non sono più di sua proprietà.
A tal proposito, la finalità del comunicato209 pubblicato su eBay.fr a seguito della
pesante sentenza pronunciata in Francia, firmata dal vice presidente di eBay
Europa210, è stata quella di ingenerare piena fiducia, ma inevitabilmente ha
rappresentato da un lato, una vera e propria autodifesa da parte del portale d’aste e,
<<Una sentenza indecente che mina la concorrenza a detrimento della scelta dei consumatori e dei
venditori ai quali eBay offre sempre delle opportunità” è stato il commento di Alexandre Menais,
numero uno di eBay Europa, che accusa Lvmh di “proteggere pratiche commerciali non
concorrenziali a spese dei consumatori>>.
209
http://www2.ebay.com/aw/it/200807.shtml#2008-07-03180308
210
Douglas S. McCallum, Senior Vice President, eBay Marketplaces, Europe: <<Il supporto di eBay
va ad un mercato libero e onesto, che porti dei benefici a tutti gli utenti. Continua la propria lotta alla
contraffazione, ma non si può accettare tentativi antistorici di danneggiare consumatori e venditori
ponendo ingiuste limitazioni alla loro libertà di commerciare su internet nel rispetto delle leggi.
Continueremo a combattere per difendere la possibilità di fare affari attraverso l’e-commerce>>.
208
dall’altro ha evidenziato la collaborazione nella lotta ai minacciosi traffici generati
dalla contraffazione sui propri portali nel mondo.
In più, secondo il tribunale parigino, non solo eBay non ha fatto abbastanza per
impedire e prevenire la vendita di beni contraffatti ma è responsabile anche di vendite
non autorizzate di beni originali, la cui distribuzione era stata circoscritta a specifici
canali da parte delle aziende produttrici.
Questa sentenza211 arriva dopo quasi due anni di indagini e a meno di un mese di
distanza212 da un’altra multa di 20 mila euro che eBay dovrà pagare213 a Hermes per
motivi analoghi214.
Infatti qualche settimana prima un’altra maison sempre del lusso francese, Hermes,
aveva citato eBay per lo stesso motivo ottenendo un risarcimento e che la divisione
francese del sito di aste fornisse certificati di autenticità e numeri di serie di tutta la
merce a marchio Hermes.
Ma questi non sono i primi guai legali per il colosso delle aste online; infatti quella
inflitta dalla giustizia francese non è la prima condanna subita da eBay per il
problema delle contraffazioni poiché contro il sito d’aste sono scesi in campo altre
multinazionali, dal big della cosmesi L’Oréal, con azioni legali in corso in 5 nazioni
211
http://afp.google.com, in French court fines eBay over counterfeit goods, la corte in questo caso ha
stabilito che eBay non ha preso le misure adatte a prevenire o arrestare la vendita, riuscendo a
dimostrare che fosse perfettamente informata della questione, e che questa premessa porta a
considerare l’atteggiamento come atto di connivenza con i venditori di materiale contraffatto.
Tutto questo, però, è avvenuto infatti prima che fosse in piedi il programma VeRO (Verified Rights
Owner Program) che ora pone al riparo il sito d'aste da simili inconvenienti.
212
il 4 Giugno 2008 il Tribunale della cittadina francese di Troyes ha condannato eBay.fr a pagare
20.000 euro alla casa di moda Hermes, ritenendo i dirigenti della piattaforma responsabili di
contraffazione e vendita illecita di borse Birkin taroccate.
213
Se la sentenza viene confermata in appello.
214
http://www.webnews.it, in L’alta moda contro eBay in Francia, di Gabriele Niola, 06 Giugno 2008.
Sia l'unione manifatturiera francese che Hermes, attraverso Emmanuel Colomes, avvocato della
prestigiosa marca hanno pronunciato parole di soddisfazione alla notizia della vittoria della causa
all’Associated Press: <<Siamo soddisfatti che siano stati considerati anch’essi contraffattori>>.
209
europee215, alla società orologiera Rolex216, che in Germania ha ottenuto, dalla Corte
Suprema Federale Tedesca, nel luglio 2007, almeno il blocco delle vendite in rete di
falsi chiaramente identificabili217.
Il dubbio che viene è se proprio la sentenza di cui sopra possa essere diventata un
precedente determinante per altre cause simili che hanno successivamente coinvolto
eBay e altri noti colossi del lusso francese?
Anzi, l’estate scandita da colpi di sentenze interessanti come quella di Hermes, ha
forse rappresentato un fattore incentivante, o quantomeno indicato la direzione
vincente per numerose aziende che, stanche di vedere varianti contraffatte dei propri
prodotti in vendita nelle aste, smettono di perseguire i singoli ebayers, e piuttosto
agiscono direttamente contro eBay.
215
Francia, Germania, Gran Bretagna, Belgio e Spagna.
La vicenda era stata già denunciata ad eBay in precedenza e i due colossi avevano cercato di risolvere
“pacificamente” la delicata questione, ma le richieste economiche di L’Oreal furono eccessive e la
trattativa saltò.
Ma la situazione è divenuta insostenibile nonostante i continui richiami, risultavano ormai
numerosissime le aste illecite che avevano ad oggetto prodotti griffati, tra cui Giorgio Armani, Ralph
Lauren, Cacharel e Lancome, di cui L’Oreal detiene il marchio.
L’elevato volume di accessori e cosmetici contraffatti in vendita nelle aste à indotto successivamente
L’Oreal a citare in giudizio la multinazionale californiana e le sue filiali a causa proprio
dell’atteggiamento biasimevole di eBay, visti gli introiti percepiti come gestore della piattaforma
stessa.
L’industria francese da tempo ormai è fortemente attiva nella lotta alla contraffazione dei suoi prodotti
d’esportazione più pregiati per ovviare, anche con l’aiuto del governo, ad un giro di perdite che costa
alle aziende d’oltralpe circa 6 miliardi di euro l'anno.
Il capo del settore anticontraffazione di L’Oréal, Xavier Herfroy, dalle pagine di Liberation ha fatto
sapere che: <<EBay non è la vittima di questo caso perchè prende una parte dei proventi di ogni asta e
guadagna dalle pubblicità, sia che gli oggetti venduti siano veri, sia che siano fasulli>>.
216
http://www.intertraders.eu
217
La decisione dei giudici tedeschi arriva al termine di una causa durata sei anni promossa dai legali
dell'azienda di orologi Montres Rolex in seguito alla vendita di esemplari contraffatti sul portale
tedesco di eBay.
La sentenza ha riconosciuto eBay colpevole di 'competizione scorretta' ed ha precisato come un prezzo
di 800 euro per un Rolex nuovo, debba costituire un sufficiente indizio per ritenere l'articolo un falso
ed indurre il provider a rimuovere l’asta.
Un precedente comunque scomodo per eBay; secondo la giurisprudenza tedesca d’ora in poi il colosso
delle aste online dovrà monitorare maggiormente le proprie inserzioni, col rischio, in caso di
comportamento negligente o inerte, di vedere riconosciuta la propria condotta come giuridicamente
rilevante.
210
Promettente in questo senso è, dal punto di vista degli utenti, un’altra recente
sentenza che viene sempre dalla Francia, dove il Tribunale di Rennes218 ha
riconosciuto eBay come responsabile “in via residuale” per la truffa subita da un
ebayer su eBay.fr e condannando, di conseguenza, il colosso delle aste online a
pagare 1/5 dell’importo richiesto a titolo risarcitorio dalla vittima.
Una sentenza esemplare visto che per i giudici francesi le società di aste online
devono informare maggiormente l’utenza sui pericoli di truffa connessi con l’uso
della piattaforma.
Infatti, fino ad ora, nessun proprietario di siti d’asta nel web era mai stato tenuto a
controllare preventivamente l’autenticità dei propri contenuti.
A ben vedere, si tratta di una sentenza cardine poiché è la prima volta in cui, eBay,
viene ritenuta responsabile della non originalità dei beni veduti da uno dei suoi seller
attraverso il sito219.
218
Al sequente link è possibile consultare il testo integrale della sentenza in lingua francese:
http://www.legalis.net/jurisprudence-decision.php3?id_article=19 51
219
http://www.lastampa.it/ in Viacom contro YouTube, causa da un miliardo per copyright.
La questione non è troppo diversa da quella del diritto d’autore che vede, per esempio, YouTube
contrapposto a Viacom
Google e la conglomerata dei media statunitense Viacom erano ai ferri corti a causa di YouTube, il sito
di proprietà del motore di ricerca numero uno al mondo e che consente agli utenti di mettere in rete e
condividere video.
Google è alle prese con un’azione legale da un miliardo di dollari intentata da Viacom contro
YouTube, che non riuscirebbe a vietare la pubblicazione di materiale protetto da diritti d’autore.
Il colosso di Mountain View, in California, si è difeso dall’accusa che “YouTube ha contribuito al
proliferare di violazioni del copyright tramite Internet”; i legali di Google hanno depositato presso la
corte distrettuale di Manhattan una serie di documenti volti a dimostrare che il sito “va ben oltre gli
obblighi previsti dalla legge quando si tratta di tutelare gli utenti”, nel rispetto del “Digital Millennium
Copyright Act”, la legge per la tutela dei diritti d’autore emanata nel 1998.
Viacom, accusata a sua volta di “rappresentare una minaccia per milioni di persone che scambiano
legittimamente informazioni e per la loro libertà di espressione”, ha intentato causa sostenendo di
essere stata danneggiata dal fatto che sono stati messi in rete indebitamente oltre 150.000 video relativi
a programmi di proprietà di Viacom e andati in onda sulle emittenti della conglomerata.
Il documentario firmato dal premio Nobel Al Gore “Una scomoda verità” sarebbe stato visto
indebitamente 1,5 miliardi di volte.
211
4.4.2 TIFFANY vs EBAY220
A differenza di quanto successo in Francia, negli Usa una corte ha sentenziato una
grande vittoria giudiziaria, riconoscendo, alla casa d’asta del web più famosa, il
diritto di vendere qualsiasi merce senza controllarla, rendendo di fatto il portale per
alcuni, un luogo della rete molto libero, per altri anche molto insicuro.
La decisione è arrivata dalla Corte Distrettuale di New York che, respingendo le
motivazioni avanzate da Tiffany, ha sollevato eBay dalle accuse mosse dalle grandi
società, soprattutto del settore moda, che vedono da anni in vendita prodotti non
originali.
La questione era diventata un caso giudiziario di grande importanza negli Stati Uniti,
poiché da una sentenza magari di condanna per eBay sarebbero potute derivare serie
conseguenze sullo sviluppo futuro del mercato delle pulci virtuale più grande del
mondo, ridisegnare la giurisprudenza relativa alle vendite online e relativa agli affari
su Internet, andando a precisare e chiarire alcuni dettagli sulle norme che riguardano
la protezione dei marchi e diritti di copyright.
Più in generale, avrebbe costretto il mondo delle aste online a drastici cambiamenti
operativi221, minacciando questo modello di business.
Quel che è successo in realtà è che il giudice distrettuale Richard J. Sullivan ha
dichiarato il colosso delle aste online non imputabile per i falsi che si vendono tramite
le sue pagine del sito, rigettando sulla casa gioielliera e gli altri produttori colpiti
220
http://www.informationweek.com/news/internet/ebusiness/showArticle.jhtml?articleID=209100006
Joseph Berghammer, avvocato dello studio Banner & Witcoff Ltd. specializzato in proprietà
intellettuale, dichiarò che: <<Se Tiffany dovesse vincere, questo si trasformerebbe in un caso senza
precedenti con effetti sul mercato elettronico. eBay non potrebbe più fornire un semplice spazio
virtuale, ma dovrebbe provvedere alla realizzazione di un sistema di polizia>>.
221
212
l’onere di vigilare il proprio marchio di fabbrica, di dimostrare e denunciare gli
illeciti, poiché non spetta ad altre aziende tutelare gli interessi dei grandi marchi di
altre società.
Una diatriba legale, nata nel 2004, che per quasi 4 anni ha contrapposto eBay al
colosso del gioiello Tiffany & Company222, dopo che appunto la famosa azienda di
monili si era accorta che la stragrande maggioranza della merce “made in Tiffany”
venduta su Internet con il proprio marchio fosse costituita da falsi, fin troppo palesi.
L’accusa223 era quella di agevolare il mercato delle imitazioni, dimostrandosi se non
connivente, certamente non neutrale nei confronti di alcune aste.
Sempre secondo Tiffany, infatti, eBay aveva consentito che sul proprio portale, vi si
scambiassero merci contraffatte stimate per il 73% del totale e distribuendo pubblicità
222
E’ un’azienda statunitense nata nel 1837 a New York che si occupa della vendita di gioielli tramite
migliaia di punti vendita sparsi per il globo. Fondata da Charles Lewis Tiffany e John B. Young nel
distretto di Manhattan, inizialmente il negozio vendeva una gran varietà di articoli comprendenti quelli
da cancelleria e operava soltanto col nome di Tiffany; successivamente mutò in Tiffany & Co. quando
John B. Young divenne socio di Charles Lewis Tiffany.
223
Tiffany ricostruendo l’origine dei prodotti contraffatti scambiati sul sito si è accorta che la società
californiana non aveva perseguito i venditori pur essendo a conoscenza del fatto che sulla sua
piattaforma erano venduti prodotti non originali. Successivamente sono state setacciate tutte le offerte
inoltrate dagli ebayers e si è provveduto all’acquisto di circa 186 oggetti di valore, spacciati per
“Tiffany d.o.c.”. Alla fine della ricerca, condotta dall’esperto George Mantis, sul campione raccolto si
sono ottenuti risultati sconcertanti: quasi tre gioielli su quattro non erano altro che falsi ben realizzati.
Dal 2003 e sino ad allora, la compagnia di New York aveva collaborato con eBay attraverso il
programma VeRO, ma preso atto degli esiti della ricerca, il management di Tiffany ha deciso che
sarebbe stato più conveniente e fruttuoso intervenire sul canale della vendita che non dare la caccia ai
singoli operatori fraudolenti.
Così la collaborazione è stata interrotta dalla presentazione alla Federal Distict Court newyorkese, che
dopo un lungo esame preliminare ha accolto la causa intentata da Tiffany nei confronti di eBay per la
vendita di prodotti contraffatti.
Subito dopo la pubblicazione della notizia Hani Durzy, portavoce di eBay dichiarò: <<Siamo delusi del
fatto che Tiffany si sia rivolta al tribunale per risolvere la questione, ancor di più se teniamo conto del
fatto che nel tempo abbiamo sempre collaborato per rimuovere le aste di prodotti fasulli. Anche se
siamo intenzionati a continuare a cooperare con loro in questo senso, ci batteremo in tribunale per
dimostrare che la denuncia non ha senso. In qualità di mercato online forniamo solo uno spazio per le
vendite e non vediamo o tocchiamo alcun prodotto>>.
213
ingannevoli che coinvolgevano il marchio di Tiffany poiché ne traeva profitto dalla
vendita224.
A rendere l’idea, di come e quanto la lotta alla contraffazione sia costata a Tiffany &
Co negli ultimi 5 anni, basta solo il dato di 14 milioni di dollari circa e che, fra il
2003 e il 2004, ad eBay fu richiesto di rimuovere più di 19 mila inserzioni di prodotti
di imitazione.
Quanto ad eBay, di tutt’altro avviso, ha sempre rigettato l’accusa di sfruttamento
indebito del marchio ricordando altresì che ha sempre promesso collaborazione e
annullamento delle aste a patto che fossero i produttori degli originali a segnalare la
presenza dei falsi225; un tale impegno profondamente mantenuto con un investimento
di circa 5 milioni di dollari l’anno per mantenere un motore di ricerca creato allo
scopo di identificare le truffe, oltre ad offrire il programma VeRO, attraverso il quale
notificare la vendita di prodotti lesivi nei confronti di alcuni marchi.
224
The Wall Street Journal; L’avvocato difensore di Tiffany, James B. Swire, ha affermato che:
<<EBay pubblicizza la vendita di gioielli Tiffany nella sua homepage poiché ricava lauti guadagni
dalle vendite>>.
L’ultima testimonianza diretta sentita al processo nel tribunale di Manhattan è stata quella del
presidente e Ceo di Tiffany, Michael J. Kowalski, che ha ribadito: <<Il cuore della questione non sono
i venditori, ma la rete di distribuzione>>.
225
The Wall Street Journal; Rob Chesnut, capo della divisione legale di eBay, ha assicurato che:
<<L’azienda combatte aggressivamente la contraffazione non solo per assolvere alle proprie limitate
responsabilità, ma anche perché la contraffazione ha effetti negativi sulla community degli utenti>>.
Proprio in questo senso ha evidenziato che: <<Nel 2007 sono stati sospesi 50 mila venditori accusati
di contraffazione e banditi dal servizio 40 mila venditori recidivi>>.
214
Questa è la prima importante sentenza che scagiona dalle accuse226 il sito di aste, ha
decretato che la richiesta e l’accusa di Tiffany non sono legittime poiché: <<La
pubblicità di eBay non è ingannevole ma di semplice “fair use”227, il che non
significa che eBay abbia consapevolmente incoraggiato terzi a contraffare il
prestigioso marchio. Pertanto eBay non può essere considerato legalmente
responsabile della merce che viene venduta nella propria piattaforma, di conseguenza
non è tenuta a verificare che si tratti di prodotti contraffatti. Tiffany avrebbe dovuto
inoltrare le segnalazioni, soprattutto perché ne era in grado, a cui eBay avrebbe
dovuto provvedere a dare seguito rimuovendo dal proprio servizio tali falsi>>.
A tal proposito: <<La corte non è insensibile a Tiffany e a chi ha investito enormi
risorse nello sviluppo dei loro marchi, solo per vederli sfruttati da altri su Internet;
tuttavia, la legge è chiara: è il possessore del marchio di fabbrica a doversi far carico
del controllo del proprio marchio>>.
Visto che Tiffany aveva chiesto che eBay inserisse dei programmi per inibire i falsi
annunci, i giudici di New York hanno imposto al sito, quindi, l’obbligo di avvertire i
226
Precedentemente era invece sempre stato condannato, come è successo in Francia ad esempio.
The Wall Street Journal; Secondo il consulente legale di eBay, Rob Chesnut, <<La Corte ha
riconosciuto che eBay ha agito responsabilmente riguardo le contraffazioni>>. Ha inoltre aggiunto
che: <<EBay ha sempre agito in modo corretto, scoraggiando e combattendo aggressivamente le
contraffazioni, non solo per adempiere alle nostre responsabilità limitate, ma anche perché i prodotti
contraffatti indeboliscono la comunità>>.
Il legale di Tiffany, James B. Swire, ha invece sottolineato che: <<La società è sconcertata e
amareggiata per la sentenza. L’obiettivo principale della legge sui marchi registrati è innanzitutto
quello di proteggere i consumatori e quindi di tutelare i proprietari del brand e veramente non
scorgiamo il senso di questa decisione>>.
L’azienda a capo del marchio Tiffany ha dichiarato, attraverso il portavoce Mark Aaron, che: <<A
rimetterci saranno anche e soprattutto i venditori onesti operanti proprio su eBay, per i quali non
viene operato il necessario distinguo ed i quali dovranno fare i conti contro l'illecita concorrenza dei
venditori truffaldini>>.
227
Durante la “Festa della mamma”, e non solo, avrebbe pubblicizzato, sulla propria homepage, e su
quelle di Google e Yahoo, prodotti di argento non autentici marchiati Tiffany commercializzati dai
suoi utenti.
215
clienti online della probabilità di poter acquistare merce contraffatta e annunci che
mettono in guardia dalle vendite di droghe e di armi.
Una decisione a cui la più famosa gioielleria newyorkese ha comunque annunciato
che seguirà un ricorso in appello, visto che crede fermamente nell’idea che per
lasciare che i suoi prodotti vengano commercializzati sul sito, eBay dovrebbe
dimostrare maggiore responsabilità nel controllo e all’autenticazione offerta dai
venditori.
A seguito della lunga contesa legale, comunque, eBay ha preso seri provvedimenti
per arginare il fenomeno, non a caso, oltre a reagire immediatamente a fronte di
segnalazioni, ha bloccato decine di migliaia di venditori disonesti.
Dichiarandosi inconsapevole e impotente di fronte al fenomeno, eBay ha sempre
precisato che continua costantemente a sollecitare tutti i produttori a segnalare
direttamente le frodi affinché si possano eseguire le verifiche necessarie228.
Anche se fin dall’inizio le Corti si sono dimostrate caute, dato il modello di business
in questione, questa sentenza appare decisamente in controtendenza con quanto
stabilito dai tribunali Europei, i quali si sono dimostrati molto più severi nei confronti
della piattaforma.
228
http://www.ilsole24ore.com, Archivio, Mondo, in Tiffany porta eBay in tribunale di Andrea Curiat,
22 Novembre 2007
Infatti, nel tempo, eBay, si è comunque distinta per aver cercato di far fronte al problema delle truffe e
delle contraffazioni; ad esempio in ambito dei software, nel dicembre 2006, dopo aver collaborato con
Microsoft per sgominare una gang pirata, aveva siglato con la stessa il programma VeRO. Una sorta di
contratto che serviva a garantire che i prodotti in vendita non violassero il copyright, i marchi registrati
o altri diritti di proprietà intellettuale.
Successivamente anche BSA (Business Software Alliance) aveva aderito all’iniziativa, rendendo così
più veloci le operazioni di banning nel caso venissero commercializzate applicazioni pirata
appartenenti ad una delle 14 mila aziende affiliate.
Invece, il 26 febbraio 2007, la multinazionale nipponica Nintendo ed eBay.it hanno annunciato
l’adesione al Programma VeRO di eBay.
216
Infatti, riconoscendo eBay colpevole di gravi mancanze, per non aver rispettato
l’obbligo di assicurare che le proprie attività non generassero atti illeciti e, più in
particolare, per non aver posto in atto misure preventive contro la vendita di materiale
contraffatto all’interno del suo portale, si creavano le condizioni giurisprudenziali
affinché eBay potesse riparare in futuro alle proprie negligenze e alle vendite illecite
che si erano intrattenute mediante i servizi offerti.
4.5 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.
EBAY:
INTERNET
PROVIDER
O
INTERMEDIARIO
COMMERCIALE?
Le aste online sono oramai lo strumento più adoperato dagli utenti della rete229, in
quanto consentono, in un contesto potenzialmente universale, il procedimento di
vendita al miglior offerente utilizzando strumenti di “market pricing”230.
E’ tuttavia da rilevare che tali piattaforme vengono sovente utilizzate con fini illeciti
per truffe ma anche per la commercializzazione di prodotti vietati231, sfruttando
vantaggi, quale l’anonimato, offerti dalla rete internet.
229
Basti pensare che la piattaforma virtuale “eBay” conta una comunità di acquirenti e venditori vicini
ai 280 milioni di utenti registrati nel mondo ed offre un numero elevatissimo di transazioni
commerciali singole
E’ di recente l’attenzione posta dall’Amministrazione finanziaria italiana, sulla falsa riga di quella
statunitense che stima un’evasione di due miliardi di dollari, di chiedere alla piattaforma “eBay” i
nominativi di coloro che pongono beni in vendita al fine di verificarne l’adempimento degli obblighi
fiscali.
230
Determinazione dinamica dei prezzi
231
La globalità della rete e la transnazionalità delle operazioni di scambio effettuabili attraverso siti
web dedicati ad aste online rende il presidio giuridico insufficiente a contrastare efficacemente la
diffusione di prodotti vietati attraverso canali telematici.
217
Per stabilire la responsabilità si rende quindi necessario, innanzitutto definire il ruolo
giocato da eBay, o più in generale dai siti di aste online, negli illeciti perpetrati
tramite la propria piattaforma e il limite entro il quale gli stessi possano ritenersi
estranei a questi ultimi.
La difesa di eBay, ad esempio, si è sempre basata, e probabilmente continuerà a
basarsi nei futuri contenziosi, sul concetto di piattaforma virtuale per le aste C2C che
non procede di per sé alla vendita degli oggetti: infatti definendosi come tale, eBay si
“mette al sicuro” dall’utilizzo che i suoi utenti fanno del servizio loro offerto.
In questo modo, il sito in questione viene più a configurarsi come un luogo che offre
ai propri utenti la possibilità di incontrarsi, vendere e comprare oggetti, in qualsiasi
momento, da qualunque postazione internet e con diverse modalità.
Da ciò discende sia la non responsabilità in merito alla qualità, sicurezza, liceità dei
beni messi in vendita sul sito che l’impossibilità per le autorità di rimproverare lo
svolgimento di alcuna attività illegale.
Da parte sua eBay, come al solito, non ha mai cessato di sottolineare il quotidiano
impegno nella lotta alla contraffazione232, specialmente a seguito di segnalazioni
specifiche, dichiarandosi parte lesa in quanto simili aste non giovano al buon nome
del sito.
Infatti, non essendo in taluni ordinamenti garantita l’identificazione degli utenti e, soprattutto, essendo
i medesimi situati a notevoli distanze geografiche tra loro, la repressione di fenomeni illeciti quali la
vendita o l’immissione in aste virtuali di prodotti contraffatti risulta talvolta difficile da reprimere.
E’ però da rilevare che taluni grandi service provider e-com come “eBay”, al fine di contrastare tali
illeciti fenomeni, hanno assicurato di seguire severissime politiche contrattuali, che pongono limiti ben
precisi alla natura degli oggetti posti in vendita, stabilendo canali con le case titolari di marchi
registrati per contrastare l’utilizzo delle piattaforme online come veicolo distributivo per la
contraffazione dei prodotti.
Tuttavia, gli stessi gestori hanno ammesso la palese difficoltà di monitorare e valutare preventivamente
la natura di ogni inserzione, specie per le aste online che, per loro natura, consentono di offrire prodotti
a cifre di partenza che non rispecchiano mai il vero valore dell’oggetto.
232
Ogni anno investe milioni di euro per salvaguardare il sito dalla vendita di prodotti contraffatti, nel
solo 2007 sono state rimosse a livello mondiale 2 milioni di oggetti potenzialmente contraffatti, e
sospesi circa 50.000 venditori che tentavano di proporre merce falsa.
218
E’ chiaro che tutto questo appariva sufficientemente ragionevole quando il sito
contava poche unità di clienti, tra i quali collezionisti e antiquari animati dalla voglia
di sgomberare la propria cantina, ma a ben vedere, da quando eBay è diventata una
realtà commerciale di riferimento233, e gli utenti come gli oggetti sono diventati
milioni, le valutazioni sul livello di diligenza richiesta, stanno diventando molto più
severe e attente234, diversamente la probabilità che un utente riesca a farla franca
crescerebbe di giorno in giorno, man mano che il numero delle aste aumenta.
Per contro, pur riconoscendo l’importanza di combattere la contraffazione, con
l’applicazione eccessivamente ampia di politiche commerciali restrittive della
vendita, o rivendita, di oggetti autentici da parte dei produttori, si rischia di cadere, a
spese dei venditori onesti e della libertà di scelta dei consumatori, nell’estremo
opposto di pesanti limitazioni e di pratiche anti-concorrenziali235.
Infatti, l’art. 5 del D.Lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 (cd. Codice di proprietà intellettuale)
ribadisce il “principio dell’esaurimento del diritto di proprietà industriale” << una
volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in
commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio
233
http://www.auctionbytes.com/, Rappresenta uno dei siti di riferimento per gli appassionati della
vendita online.
234
In effetti eBay ha mutato la missione iniziale, trasformandosi nel tempo da un luogo dove cercare il
particolare o vendere il superfluo usato ad un vero e proprio canale di commercializzazione.
Abbastanza curioso è il fatto che venditori non professionali accumulino un tale numero di feedback
impossibili da giustificare a meno di non avere una attività commerciale o una cantina infinita…
235
eBay non accetta il divieto contenuto nella sentenza francese di limitare la vendita sul sito d’aste
anche dei prodotti autentici dei marchi appartenenti al gruppo LVMH, poiché, secondo i responsabili,
tale decisione circoscriverebbe la vendita dei prodotti griffati ai soli circuiti autorizzati dalla
multinazionale di moda francese, limitando gravemente la libera concorrenza tra i rivenditori e la
libertà di scelta e di fare affari per i consumatori.
Questo scenario provocherebbe danni per tutta la Community di acquirenti e venditori, minando, in
particolar modo, la possibilità degli acquirenti di fare buoni affari sul sito.
219
di uno Stato membro della Comunità europea o dello Spazio economico
europeo>>.236
Questo è riconosciuto dai legislatori, che cercano di creare regole efficaci per le
vendite online in modo tale da promuovere l’e-commerce ed efficienti tra la tutela
della proprietà intellettuale e libera concorrenza del mercato.
In entrambi i casi il punto è che chi offre spazio e visibilità non riesce a controllare
preventivamente ma solo prendere provvedimenti a posteriori.
Di conseguenza, il dubbio se sia giusto multare una società che gestisce un sito di aste
online per un reato commesso da un utente di tale servizio, tuttavia, è destinato a
ripresentarsi ancora nel panorama virtuale: attribuire infatti la responsabilità al
fornitore di un servizio equivale all’ipotesi di incolpare il produttore di un oggetto, di
per sé innocuo, ma usato per scopi illeciti dal consumatore finale237.
Va sottolineato che la posizione di eBay finora si è sempre adagiata sulle leggi
statunitensi ed europee sul commercio elettronico, le quali prevedono una sorta di
immunità per i servizi internet in relazione agli illeciti compiuti da parte dei loro
236
Questa limitazione dei poteri del titolare tuttavia non si applica, con riferimento al marchio, quando
sussistano motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all’ulteriore commercializzazione dei
prodotti, in particolare quando lo stato di questi è modificato o alterato dopo la loro immissione in
commercio.
Le facoltà esclusive attribuite al costitutore di una varietà protetta e delle varietà essenzialmente
derivate dalla varietà protetta quando questa non sia, a sua volta, una varietà essenzialmente derivata,
al costitutore delle varietà che non si distinguono nettamente dalla varietà protetta e al costitutore delle
varietà la cui produzione necessita del ripetuto impiego della varietà protetta, non si estendono:
a) al materiale di riproduzione o di moltiplicazione vegetativa, quale che ne sia la forma;
b) al prodotto della raccolta, comprese piante intere e parti di esse;
c) a qualsiasi prodotto fabbricato direttamente a partire dal prodotto della raccolta;
d) ad ogni altro materiale derivato da quelli indicati che siano stati venduti o commercializzati dallo
stesso costitutore o con il suo consenso nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità
europea o dello Spazio economico europeo, a meno che si tratti di atti che implicano una nuova
riproduzione o moltiplicazione della varietà protetta oppure un'esportazione del materiale della varietà
stessa che consenta di riprodurla in uno Stato che non protegge la varietà del genere o della specie
vegetale a cui appartiene, salvo che il materiale esportato sia destinato al consumo.
237
EBay può sempre appellarsi al fatto che i gestori telefonici non possono essere ritenuti responsabili
per le conversazioni intrattenute tramite le loro linee.
220
utenti, almeno fin tanto che siano pronti a togliere il materiale incriminato una volta
informati.
In realtà, sebbene effettui controlli in linea generale, appare evidente che non possa
verificare la veridicità e l’accuratezza di ogni inserzioni238 o la capacità degli utenti di
vendere, acquistare e fare offerte, poiché eBay non ha alcun ruolo nella
compravendita che si svolge tra gli utenti privati a seguito della loro attività sul sito.
A riprova ne è il fatto che in tutti gli steps della procedura guidata per l’inserimento
degli oggetti in vendita, eBay segnala un’informazione importante: <<Prima di
vendere un oggetto assicurati che sia originale e che non si tratti di una
contraffazione.
Accertarti
anche
di
avere
il
diritto
di
venderlo.
LA
CONTRAFFAZIONE È ILLEGALE. Attenzione: cliccando su Metti in vendita
l’oggetto confermi che stai mettendo in vendita un oggetto originale e ne assumi la
responsabilità>>.
Il foro della capitale francese dando ragione a LVHM ha però preferito per eBay la
definizione di broker, cioè qualificando il sito di aste online non come piattaforma
che ospita e basta, piuttosto come quello che di fatto è, cioè un broker239.
238
In questa ipotesi estrema si dovrebbe disporre per ogni prodotto esistente e per ciascun marchio una
guida con le caratteristiche di volta in volta da controllare (?); tutto questo si tradurrebbe in un
rallentamento, se non proprio in un collasso del sistema, almeno in termini di tempo, pubblicando le
inserzioni non più “in internet time”.
239
www.fiscooggi.it Sembra questa anche l’intenzione dell’Agenzia delle Entrate del Dipartimento del
Tesoro degli Stati Uniti d’America (Internal Revenue Service) che, intervenuta sulla questione
concernente la definizione dell’attività della celebre società online, sarebbe propensa a valutarla come
tale.
L’obiettivo è quello di estendere l’attuale normativa circa le attività d’asta tradizionali e le conseguenti
applicazioni ai medesimi obblighi amministrativi alla nota piattaforma on-line: eBay. La ratio e le
conseguenze sul piano fiscale sono legate alla volontà di eliminare le disparità fiscali tra le attività
commerciali online e quelle off-line.
Per tali ragioni, l’Agenzia dal primo gennaio 2008, intenderebbe ottenere delle informazione precise e
dettagliate, sulle vendite effettuate, dal database di PayPal, l’azienda controllata da eBay che fornisce
servizi di pagamento elettronico.
L’esecutivo statunitense vorrebbe controllare i borselli elettronici dei contribuenti americani per
recuperare almeno 2 miliardi di dollari di potenziale riscossione aggiuntiva, mediante il riscontro dei
221
Invece, un verdetto come quello del caso Tiffany & CO ha dato conferma all’altro
filone di pensiero che vede le internet company non obbligate a filtrare attivamente i
loro siti a caccia di marchi contraffatti o a prevenire la vendita di oggetti contraffatti
sui propri marketplace online, piuttosto tenute a rimuovere il materiale oggetto di
contestazione su richiesta dei titolari del diritto.
Difatti la differenza risiede nell’interpretazione data in tribunale circa il ruolo giocato
dal soggetto eBay: secondo la solida prospettiva di accusa di Tiffany il sito veniva
rappresentato come un canale di distribuzione e, per questo, la responsabilità del
danno subito non era da attribuire a chi aveva messo in vendita il prodotto
contraffatto, ma del canale di vendita che lo aveva commercializzato in quanto
portatore di interesse e, pertanto, invece di fare causa all’utente singolo, Tiffany
aveva ritenuto opportuno portare in tribunale il sito internet.
Tutto questo realmente trovava e trova, fondamento nel fatto stesso che eBay,
attraverso un meccanismo di commissioni, lucra sulla vendita di ogni oggetto e,
dunque, anche di quelli contraffatti.
Dal canto suo, la linea di difesa240 della casa d’asta ha poggiato, come sempre, sulla
distinzione fondamentale dalle case d’asta tradizionali e che il sito in questione è
semplicemente un mercatino virtuale, che non esercita direttamente alcun commercio
e di conseguenza non può essere ritenuto responsabile dei circa 78 milioni di oggetti
dati finanziari dei seller, gli utenti, che superano un certo volume di scambi previsto visto che molti
utenti/contribuenti che realizzano denaro tramite le proprie transazioni su eBay non denunciano i
guadagni ottenuti e, incamerano anche la parte di introito che teoricamente sarebbe destinata alle casse
dello Stato, evadendo di fatto il fisco.
240
http://fl1.findlaw.com/news.findlaw.com/hdocs/docs/ebay/hendrickson.pdf;
Questa tesi aveva già funzionato in una causa molto simile: nel settembre del 2001 infatti Corte
federale della California aveva respinto accuse analoghe da parte della Hendrickson & Co., presentate
nell’aprile del 2000, rilevando come eBay fosse: <<Esente da colpe fintantoché avesse provveduto a
rimuovere le aste di oggetti contraffatti dietro segnalazione dei detentori del marchio>>.
222
in vendita quotidianamente; piuttosto attraverso questo canale i venditori e gli
acquirenti privati hanno modo di incontrarsi.
In altri termini, eBay si considera unicamente come un facilitator che fornisce un
mercato dove i compratori ed i venditori si incontrano virtualmente per “fare
commercio”.
Appare evidente, quindi, in base alla prospettiva, la difficoltà o l’opportunità di
inquadrare il servizio di asta online se fra le attività proprie di un intermediario,
piuttosto che tra quelle di un internet provider, poiché anche da questa basilare
associazione discende o meno l’assunzione di responsabilità.
Emergono alcune perplessità in merito alla corresponsabilità del sito eBay nella
vendita di materiale contraffatto, soprattutto se si analizza il modello di business in
questione si nota; in realtà, eBay cerca di rimanere quanto più neutra possibile
rispetto alle transazioni eseguite dai singoli utenti.
Non risulta diversa la posizione di chi costruisce un centro commerciale, lo attrezza
con negozi, servizi, parcheggi ecc., e poi lascia ai singoli soggetti l’autonomia di
gestire le proprie attività.
In questo senso, dunque, eBay assomiglierebbe più ad un gestore di data-center
orientato all’e-commerce.
Specularmente, ritenere il sito d’asta una società Internet Service Provider,
sembrerebbe bizzarro, almeno se si considera il significato iniziale della sigla ISP241,
con la quale si faceva riferimento a quelle società proprietarie di apparati hardware
allo scopo di dare agli utenti l’accesso ad internet; ad oggi gli ISP non esistono più
241
Un Internet Service Provider (in sigla ISP), o fornitore d’accesso, o, se è chiaro il contesto
informatico, anche semplicemente provider, è una struttura commerciale o un’organizzazione che offre
agli utenti l’accesso a Internet con i relativi servizi.
223
come figura pura ed autonoma, poiché per estensione si usa sempre lo stesso termine
anche per fornitori di servizi internet diversi dall’accesso.
Che il sistema delle aste online quindi necessiti di una regolamentazione più precisa
ed univoca lo dimostrano in toto le differenti sentenze dei giudici di Parigi e di New
York.
Infatti, i temi che qui vengono sollevati sono quelli di cui praticamente si stanno
occupando imprese, politici e giuristi.
Però, l’interpretazione che al momento appare diffusamente più reale è quella che non
qualifica eBay come un semplice fornitore di hosting, piuttosto come un vero e
proprio intermediario.
Per questo motivo il tribunale di Parigi condannando la casa di aste online, per la
messa in vendita di materiale contraffatto, non ha applicato il principio di non
responsabilità dell’ISP, nel caso dei servizi che intervengono nelle transazioni degli
utenti.
Ne consegue, quindi, che non è possibile applicare l’esenzione di responsabilità che la
direttiva europea del 2000 n. 31242, sul commercio elettronico, stabilisce a favore
degli ISP che non intervengono nelle attività degli utenti.
Questa sentenza è importante perché, a prescindere dalla condivisibilità dei
ragionamenti svolti, è stata una delle prime ad erodere la, peraltro non robusta, cintura
protezione degli internet provider garantita dalla legge comunitaria.
Con l’emanazione della direttiva, infatti, l’Unione Europea ha affermato il principio
secondo il quale l’ISP non è automaticamente responsabile per gli illeciti degli utenti,
242
Recepita anche in Italia con il Decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70
224
a condizione di non intervenire sull’attività di questi ultimi, se non per ragione
puramente tecniche.
In pratica, se l’ISP fornisce un hosting a un cliente e si limita a mettergli a
disposizione l’infrastruttura per pubblicare contenuti, sarà il cliente a rispondere in
proprio di eventuali danni e/o reati commessi tramite questa infrastruttura.
Se, invece, l’ISP fa qualcosa in più e affianca esplicitamente il cliente nelle sue
attività, allora non può più invocare l’esenzione di responsabilità garantita dalla
normativa comunitaria.
Questo è, in sintesi, il ragionamento del tribunale di Parigi che, analizzando il
modello di business di eBay, ha ritenuto che quest’ultima non possa essere qualificata
come un semplice fornitore di hosting o di piattaforme di e-commerce.
Al contrario, il fatto che eBay si inserisca attivamente nell’ambito delle attività degli
utenti, per esempio accreditando l’affidabilità di venditori e compratori con il sistema
dei feedback e le qualifiche di power-seller, dimostrerebbe che la multinazionale
californiana è parte attiva e integrante delle transazioni promosse dagli utenti.
Tra l’altro il feedback non garantisce l’autenticità del prodotto, va da sé il fatto che un
acquirente consapevole della non originalità di un marchio e quindi intenzionato
comunque all’acquisto rilascerà sempre un giudizio positivo sulla transazione!
Affermato questo dato di fatto, il tribunale francese ha dedotto quindi che eBay non
può chiamarsi fuori dalle rivendicazioni perché tollerare la presenza di aste di
materiale contraffatto, dal quale il sito di aste percepisce comunque una commissione,
significherebbe agevolare le attività illecite per trarne un vantaggio.
A nulla è valsa, per lo meno in primo grado, né la difesa di eBay, che si è concentrata
principalmente appunto sul proprio ruolo di mero fornitore di servizi tecnologici tanto
225
meno sull’impegno della lotta alla contraffazione con l’attivazione di specifici
progetti.
Un altro aspetto interessante della vicenda è che il tribunale ha ritenuto responsabile
non solo la filiale europea ma, anche, la casa madre statunitense.
Il meccanismo giuridico che consente questo risultato funziona sul presupposto che
per la giurisprudenza francese se un sito straniero è accessibile dalla Francia, e
tramite questo sito vengono commessi atti illeciti, sussiste in ogni caso la
giurisdizione locale243.
L’aspetto preoccupante di questa sentenza, però, è proprio il metodo utilizzato dal
magistrato d’oltralpe, a parere di alcuni “atecnico”, per stabilire l’esistenza di una
responsabilità
del
fornitore
di
servizi
di
comunicazione
elettronica,
che
sostanzialmente lascia sullo sfondo, se non trascura del tutto, l’analisi dei processi
ICT244 che consentono all’infrastruttura di funzionare.
Purtroppo, come hanno dimostrato diversi recenti processi penali anche in Italia, è
molto diffusa nei giudicanti la tendenza a non prendere in grande considerazione le
componenti ICT.
243
Non ci si può, in altri termini, difendere come ingenuamente si pensava di fare qualche anno fa
sostenendo che “il sito è alle Antille Olandesi”.
A dire il vero, questo principio vale anche per l’Italia nel caso di danni subiti in conseguenza di un
reato. Il nostro codice penale, infatti, stabilisce fin dagli anni ’30 che se azioni illecite iniziano,
transitano o terminano in Italia, allora il giudice italiano ha giurisdizione per decidere non solo sul fatto
in sé, ma anche sulle richieste di risarcimento formulate dalle vittime.
244
ICT è l’acronimo di Information and Communication Technology, (cioè Tecnologia
dell'Informazione e della Comunicazione, TIC, in italiano).
Con questa sigla si intende l’insieme di studio, progettazione, sviluppo, implementazione, supporto e
gestione dei sistemi informativi computerizzati, con particolare attenzione alle applicazioni software ed
ai componenti hardware che le ospitano.
Il fine ultimo dell’ICT è la manipolazione dei dati tramite conversione, immagazzinamento,
protezione, trasmissione e recupero sicuro delle informazioni.
226
Il risultato concreto è quello, purtroppo, di creare pesanti precedenti giurisprudenziali
che possono compromettere fortemente il precario equilibrio del mercato dell’ecommerce in Italia e in Europa.
In questo complesso scenario giuridico/tecnologico, in cui la responsabilità dipende a
ben vedere dall’interpretazione del ruolo svolto, l’unico sistema che, al momento,
sembra poter segnare un concreto passo in avanti nella lotta alla contraffazione, a
vantaggio di tutti, si basa sull’elementare e sempreverde raccomandazione del buon
senso245 nel fare gli acquisti.
Così facendo, altrimenti, andrà a finire che, non appena i computer saranno
abbastanza intelligenti, la colpa diventerà loro.
245
Il 30 maggio 2007, Polizia Postale ed eBay Italia hanno presentato un progetto finalizzato alla tutela
ed alla salvaguardia dell’utenza che acquista via Internet.
La campagna vede quale strumento primario per informare e mettere in guardia gli internauti, il sito
web www.compraconbuonsenso.it, un portale con grafica ed interfaccia user-friendly finalizzato a
prevenire tutte le forme di frodi online.
227
228
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Art. 15
Art. 27
Codice Civile:
Art. 2043
Art. 2049
Art. 2055
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Art. 2598
Codice penale:
Art. 57
Art. 473
Circolari:
Circolare 3547/C del 17 giugno 2002 del Ministero delle Attività Produttive
“Circolare recante indicazioni sulla disciplina applicabile alle aste online”.
Circolare n. 3487/C del 01.06.2000 del Ministero dell’industria, commercio e
artigianato sul decreto legislativo 114/88 “Disciplina della vendita di beni tramite
mezzo elettronico”.
Decreti Legge, Decreti Legislativi, Delibere, Leggi:
Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35 “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di
azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”
Decreto legislativo 15 gennaio 1992, n. 50 “Attuazione della direttiva n. 85/577/CEE
in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali”
Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 “Attuazione della direttiva 97/7/CE
relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza”
Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (art. 18) “Disciplina della vendita di beni
tramite mezzo elettronico”
Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (c.d. Codice del Consumo).
236
Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 “Attuazione della direttiva 2000-31CE
relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione”
Deliberazione CCIAA di Milano 23 luglio 2001, n. 258
Legge 3 agosto 1998 n. 269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della
pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione
in schiavitù.”
Legge 31 dicembre 1996, n.675 “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
trattamento dei dati personali”
Legge 6 agosto 1990, n. 223 “Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e
privato”
Legge 7 marzo 2001, n. 62 “Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e
modifiche alla legge 5 agosto 1981, n. 416”
Legge 8 aprile 2002, n. 59 “Disciplina relativa alla fornitura di servizi di accesso ad
internet”
Legge 8 febbraio 1948, n. 47 “Disposizioni sulla stampa”
Legge delega 1 marzo 2002 n. 39 “Disposizioni per l’adempimento di obblighi
derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria
2001”
237
TESTI NORMATIVI COMUNITARI
Direttive:
Direttiva 1998/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede una
procedura d’informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche e delle
regole relative ai servizi della società dell’informazione
Direttiva 1998/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tutela dei servizi
ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato
Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio su taluni aspetti
giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio
elettronico, nel mercato interno (“Direttiva sul commercio elettronico”)
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’armonizzazione di
taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione
Regolamenti:
Regolamento CE n. 1493/1999 del Consiglio (successivamente modificato dal
regolamento CE n. 806/2003)
Regolamento CE n. 2081/92 (successivamente modificato dal Regolamento CE n.
806/2003)
Regolamento CE di applicazione del 1 luglio 2004
Regolamento CE n. 1383 del Consiglio del 22 luglio 2003 (relativo all’intervento
dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di
proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali
diritti)
238
Regolamento CE n. 1576 del Consiglio del 1989
Regolamento CE n. 1576/89 del Consiglio (successivamente modificato dal
regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio CE n. 3378/94)
Regolamento CE n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio
Regolamento CE n. 1768/92 del Consiglio
Regolamento CE n. 2100/94 del Consiglio (successivamente modificato dal
Regolamento CE n. 807/2003)
Regolamento CE n. 40/94 del Consiglio, del 20.12.1993 (successivamente modificato
dal Regolamento CE n. 807/2003)
239
SENTENZE E DECISIONI GIURISPRUDENZIALI ITALIANE
Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Vicenza; “Decreto di
sequestro preventivo (artt. 321.3-bis c.p.p.) relativo al procedimento n.1079/98 MOD 44-05”
Corte di Cassazione - Sezione V Penale, Sentenza n.4741/2000 del 17 novembre 2000
Tribunale di Napoli, sentenza 8 agosto 1996
Tribunale di Cuneo, sentenza 23 giugno 1997
Tribunale di Napoli, sentenza (?) agosto 1997
Tribunale di Teramo, sentenza 11 dicembre 1997
Tribunale di Roma, sentenza 4 luglio 1998
Tribunale di Roma, sentenza 22 Marzo 1999
Tribunale di Firenze, sentenza n. 3155, 21 maggio 2001
Tribunale di Bologna, sentenza 26 novembre 2001
Tribunale di Napoli, sentenza 14 giugno 2002
Tribunale di Catania, sentenza 25-29 giugno 2004
Tribunale di Milano, sentenza 20 febbraio 2004
Tribunale di Milano, sentenza 25 febbraio 2004
240
SENTENZE
E
DECISIONI
GIURISPRUDENZIALI
INTERNAZIONALI
Tribunal de commerçe de Paris 1ère chambre B Jugement du 30 juin 2008
United States District Court Southern District of New York, No 04 Civ. 4607 (RJS)
US Copyright Act
No. 31063/94 Supreme Court of New York, Nassau County, 1995
No. C-95-20091 RMW (N.D. Cal. nov. 21, 1995)
Telecommunications Act of 1996, Pub. L. No. 104-104, Title V, 110 Stat. 56, 133-43
(1996).
Communication Decency Act
Digital Millennium Copyright Act, Pub. L. No. 105-304, 112 Stat. 2860, 17 U.S.C.
512 (1998).
UK Copyright, Designs and Patents Act
Defamation Act
Anteproyecto de Ley de servicios de la sociedad de la información y de comercio
electrónico
Corte Suprema dell’Aia, 14 Gennaio 1983, NJ 1984, 696.
AG Nagold, Oktober 31, 1995, CR 1996/4
Gesetz
zur
Regelung
der
Rahmenbedingungen
für
Informations-
und
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