LP-1927-la persecuzione nel messico

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LP-1927-la persecuzione nel messico
Lettera Pastorale
La persecuzione nel Messico
fatti ed ammaestramenti
Carissimi Diocesani,
Nel luglio del passato anno, da Zurigo, ove mi trovavo infermo, vi ho caldamente
esortati con apposita lettera a pregare per i cattolici del Messico, perseguitati dal loro
governo con leggi violatrici di ogni libertà e con misure di inaudita ingiustizia.
Speravo allora che la persecuzione sarebbe stata di breve durata e che presto, dopo le
nubi di tanta tempesta, sarebbe riapparso sul Messico il sole della pace.
Invece la persecuzione è continuata e continua con danno incalcolabile della religione e
delle anime, con offesa pubblica ed atrocissima a Gesù Cristo ed alla sua Chiesa, con
istrazio tale di quel popolo cattolico da rinnovare i tempi delle persecuzioni dei Cesari di
Roma.
Fra noi ed il Messico si stendono gli Oceani; ma coi cattolici di quel lontano paese
abbiamo comune la fede, comuni le speranze, comune l'amore a Cristo, al suo Vicario,
alla sua Chiesa: come possiamo non abbracciare la loro causa e presentarla al Signore
con tutto l'ardore del cuore e della preghiera?
I cattolici del Messico, stretti intorno ai loro Vescovi ed ai loro sacerdoti, stanno
scrivendo nella storia della Chiesa una pagina gloriosa, dove il martirio dei primi tempi
cristiani rivive in tutta la sua incomparabile bellezza: come non fermarci a leggere tale
pagina a nostra edificazione ed a nostro incitamento?
D'altra parte, siamo d'innanzi ad una persecuzione scoppiata in pieno secolo ventesimo,
in una nazione civile, in un paese dove è proclamata la libertà, e dove la grandissima
maggioranza del popolo si professa cattolica. Questo fenomeno terribile non è forse un
monito per i cattolici di tutti i paesi e quindi anche per noi?
Si, grave e severissimo monito a tutti i cattolici, perché siano vigilanti e si premuniscano
anche contro il più lontano pericolo di sì funesta sciagura.
Per queste ragioni ho giudicato opportuno richiamare alla vostra considerazione
l'acerbissima prova a cui sono sottoposti i nostri fratelli del lontano Messico.
Dalla barbarie alla civiltà. L'opera della Chiesa
Il Messico è situato al centro delle due Americhe e ne è quasi l’anello di congiunzione.
Terra di sole e di vulcani, in mezzo al mistero di due oceani, l'Atlantico ed il Pacifico. I
suoi abitatori antichi furono designati col nome di indiani, sinonimo di oscure e
barbariche stirpi. Vivevano infatti nella barbarie più profonda: i loro stessi riti religiosi,
grondanti del sangue dei sacrifici umani, erano indubbio segno dell'avvilimento di quelle
tribù infelici.
Il primo europeo che approdò alle sponde del Messico fu Fernando Cortez, esploratore
spagnolo, nel 1519. Uomo di fede altissima, genio di civilizzatore, egli comprese subito
che solo il vangelo di Cristo poteva rialzare quel popolo dall'abisso in cui giaceva.
Aveva infatti portato con se dalla Spagna due sacerdoti i quali, si dedicarono subito alla
istruzione cristiana e civile degli indiani. Uno di essi, fra Bartolomeo da Olmeda, morì
due anni dopo: fu tale il credito che egli si acquistò presso gli indiani con gli esempi del
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suo zelo, col comporre i dissidi e le sommosse, col beneficare i poveri, che quando morì
lo piansero come un padre e in segno di lutto non toccarono più cibo dall'ora della sua
morte sino alla sua sepoltura.
Nel 1524 Fernando Cortez chiamò dalla Spagna altri apostoli del vangelo e della civiltà.
E vennero al Messico, successivamente, i Francescani, i Domenicani, i Mercedari, gli
Agostiniani, i Gesuiti. In 25 anni questi missionari generosi convertirono oltre otto
milioni di indigeni.
E sorsero al posto degli altari degli idoli numerosissime chiese. E accanto alle chiese,
come accanto agli antichi chiostri Benedettini, si aprirono le scuole, i collegi, le officine,
gli ospizi. La, prima tipografia del continente americano fu fondata dal primo Vescovo
del Messico Mons. Zammaraga.
Furono tali i progressi di questa civilizzazione cristiana che nel 1553, ossia 34 anni dopo
la scoperta del Messico, fu fondata nella città stessa di Messico una Università «Reale e
Pontificia» che sino a questi ultimi tempi perseverò ad essere il massimo istituto di
coltura per la nazione messicana.
In questa opera gigantesca di civiltà il pioniere principale fu il frate Domenicano
Bartolomeo Las Casas; che passò alla storia sotto il nome di «protettore universale degli
indiani». Guglielmo Boccardo giunse a dire che senza l'opera immensamente caritatevole
di questo umile frate le numerose popolazioni del Perù e del Messico neppure
esisterebbero!
Invece esistono. Esistono queste popolazioni, ricche di una civiltà venuta principalmente
dalla Chiesa cattolica. Il celebre Humbolt visitando il Messico nel 1803 lasciò scritto così:
«Nessuna città del nuovo continente, neppure negli Stati Uniti, può vantare istituti
scientifici così perfetti come quelli che ho visitati nella capitale del Messico».
E, ripeto, tutto questo tesoro di prosperità e di progresso fui portato al Messico
sopratutto dalla Chiesa, Madre della civiltà, fonte del vero benessere dei popoli. Anche
recentemente la Chiesa, benché spogliata dei suoi beni, ha fatto sentire al Messico i suoi
vantaggi insigni anche fuori del campo spirituale.
Cito, fra i molti, l'esempio del Vescovo di Tulancingo che ha fatto costruire un
acquedotto di 12 chilometri per provvedere l'acqua potabile a quella città.
Nel 1898 due missionari pacificarono gli indiani dello stato Sonova dove le armi del
governo erano impotenti a sedare la rivolta.
Nel 1911 moriva il Vescovo di Tabasco che spingeva la sua carità ed il suo zelo fino ad
insegnare personalmente agli operai nelle scuole serali.
E potrei continuare a lungo. Ma qui mi fermo, perché ciò basta a dimostrare con
incontrastabile evidenza che il Messico deve alla Chiesa il suo riscatto dalla barbarie e dalla
abiezione pagana, come alla Chiesa deve la sua civiltà con tutti i vantaggi che ne derivano.
Il perché della persecuzione
Qui viene spontanea la domanda: perché adunque il Governo del Messico ha levato la
mano persecutrice contro la Chiesa, che in confronto della nazione vanta quattro secoli
di benemerenze?
La risposta è da ricercarsi unicamente nell'odio delle sètte contro la Chiesa di Gesù
Cristo: odio che acceca la mente, e la perverte: odio che estingue nel cuore la nobiltà, la
gratitudine, la giustizia, la umanità medesima: odio che crea i tiranni, gii oppressori, i
carnefici.
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Da Nerone a Cromwell, dal Direttorio di Francia al Governo del Messico, la storia è
sempre quella: si perseguita la Chiesa perché è la verità: si martirizzano i figli della Chiesa
perché restano fedeli alla verità, perché non si piegano alla menzogna, alla ingiustizia, alla
empietà.
E non a torto ho richiamato le più inique persecuzioni che hanno colpita ed insanguinata
la Chiesa: ciò che dirò proverà a sufficienza con quanta ragione il Papa ha classificata la
persecuzione del Messico fra le più grandi ingiustizie che la storia abbia sinora registrate.
La legge liberticida
Infatti, in forza della legge persecutrice, firmata dal Presidente Elias Calles, ed entrata in
vigore nel Messico col 31 Luglio del passato anno, è proibito anzitutto l'insegnamento
religioso nelle scuole pubbliche, nelle scuole private, negli stessi asili d'infanzia. Così è
permesso ai maestri miscredenti di offendere i dogmi: è proibito invece ai maestri
cattolici di difenderli. Così se tre padri di famiglia si mettono insieme per pagare un
maestro anche laico perché insegni il catechismo ai loro figli, sono passibili della multa di
500 pesos e di 15 giorni di carcere.
E' proibito l'esercizio del culto a qualsiasi sacerdote che non sia messicano di nascita. In
modo che un prete forastiero che passa per il Messico non può celebrare la santa Messa
sotto pena di arresto: neppure può entrare in chiesa a pregare cogli altri fedeli sotto pena
di espulsione immediata.
A tutti i sacerdoti anche messicani di nascita è interdetto ogni diritto civile come si fa coi
malfattori o coi dementi. Neppure è riconosciuto loro il diritto di ereditare se non per
stretta parentela.
Sono proibiti tutti gli ordini religiosi non solo, ma è vietato a qualsiasi persona di fare a
Dio sacrificio dei suoi averi e della sua libertà per consacrarsi al servizio dei poveri e
degli infermi. In una parola, lo stato laico violenta le coscienze al punto da non
consentire ad esse di emettere i voti religiosi.
E' proibito ai sacerdoti, ai religiosi, alle suore di portare per le vie il proprio abito non
solo, ma è proibito ogni e qualsiasi distintivo. In modo che se un sacerdote compare in
pubblico col colletto ecclesiastico incorre la penalità di 500 pesos o degli arresti
D'altra parte anche i sacerdoti messicani per nascita non possono esercitare il ministero
liberamente. Dipende dal Governo fissarne il numero e scegliere quelli che il governo
stesso reputa idonei. Nessun sacerdote quindi può officiare una Chiesa se non è
tesserato, ossia riconosciuto dal Governo.
Per lo Stato laico non sono più i Vescovi che giudicano della capacità di un sacerdote a
celebrare, a predicare, a confessare, a esercitare in genere le funzioni del sacro ministero:
è il Governo laico invece che si sostituisce all'Episcopato cattolico.
Dieci cittadini, designati allo scopo, vigilano in ogni comune perché nessuna chiesa sia
officiata se non da sacerdoti riconosciuti dal Governo.
Oh libertà dello stato laico, qual menzogna sei tu! e quale diritto, fosse anche il più sacro,
può andare immune dai colpi della tua tirannide?
Che cosa infatti è accaduto nel Messico a seguito di questa ingiustissima legge?
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Violenze, massacri, e fulgido esempio di martiri
Col 31 luglio le Chiese furono chiuse e occupate militarmente, allo scopo che non se ne
aprisse neppure una al culto sino a tanto che non si presentasse un sacerdote tesserato,
ossia riconosciuto dal Governo. Ciò che nessun sacerdote poteva fare senza tradire la
sua coscienza e senza violare i doveri di disciplina verso la Gerarchia Cattolica.
I cattolici si strinsero intorno alle loro chiese, nella estrema speranza che la loro inerme
difesa impedisse la chiusura: ma la truppa aveva l'ordine di sparare sulla folla se non si
ritirava: e in realtà in più luoghi fu aperto il fuoco sulla folla piangente, e centinaia di
vittime, sacerdoti e laici, caddero sotto il piombo delle armi fratricide.
Non occorre dire che tutti gli Episcopi, tutte le case dei Parroci, tutti i Seminari, tutti gli
Istituti di Beneficenza, tutti gli Asili, tutti i Conventi, tutti i Collegi delle associazioni
religiose, passarono in dominio dello Stato laico per uso dei servizi pubblici dello stato
medesimo.
La spogliazione della Chiesa è completa. La tirannia dello Stato laico, emula di quella che
spogliava la cristianità di Roma ai tempi del Diacono Lorenzo, nel Messico giunse al
punto da dichiarare di proprietà dello stato le tovaglie degli altari ed i calici della Messa.
I Vescovi di sedici Diocesi sono stati parte imprigionati, parte esiliati, parte confinati a
domicilio coatto. Quando in Germania per opera di Bismark si scatenò la persecuzione
contro la Chiesa, i cattolici tedeschi ricordarono la profezia di Mons. Witmann, morto in
odore di santità, il quale aveva detto: «Verrà tempo che i Vescovi dovranno andare o
all'inferno o in prigione.»
Questo tempo è venuto anche per i Vescovi del Messico: essi sono posti nella dura
alternativa: o la rinuncia alla propria coscienza o la prigione. Ma tutti questi Vescovi,
come i Pontefici dei primi tempi, piuttosto che venir meno al proprio dovere,
preferiscono il carcere e l'esilio, pronti ad incontrare la morte stessa. Spettacolo sublime,
degno di ammirazione al cielo ed alla terra.
E l'esempio dei Vescovi è scuola di fortezza e di martirio al sacerdoti ed ai fedeli.
Il Governo messicano ha applicata la più severa censura perché non apparissero al
mondo civile le gesta della sua tirannica impresa. Ciò non ha tuttavia impedito che
uscissero dal Messico notizie bastevoli a far comprendere quanta sia la ferocia della
persecuzione da una parte, e dall'altra la fermezza stupenda dei perseguitati.
Interi collegi di canonici furono imprigionati: i vecchi che non potevano reggersi in
piedi, furono caricati sopra lettighe e trascinati al carcere.
I martiri all'appello
Don Pedro Lopez, parroco di Puebla Nueva fu impiccato per l'unica ragione che aveva
esercitato il ministero sacerdotale. Le sue sorelle, che avevano pietosamente cercato di
tenere nascosta la dimora del fratello sacerdote, furono gettate in un'orrida prigione.
Don Prudenzio di Vera Cruz fu messo ai ferri perché scoperto ad amministrare la
Estrema Unzione ad un morente.
Un gruppo di giovani cattoliche della città di Messico, colpevoli solamente di essersi
riunite in assemblea, furono arrestate e condannate a passare la notte fra i ladri e le
donne di malaffare: trascorsero l'intera notte pregando, col Rosario in mano, e
imponendosi al rispetto dei delinquenti stessi collo spettacolo della loro fede e della loro
dignità.
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Persino due giovani sposi, colti nell'atto di celebrare privatamente il loro matrimonio,
vennero messi in ferri e cosi, in abito di nozze, trascinati in prigione insieme col
sacerdote ufficiante.
Non poche signore furono spogliate e derubate delle loro collane dai funzionari stessi
della polizia, solo perché portavano una medaglia e una piccola croce!
II parroco don Luigi Batiz della diocesi di Durango fu fucilato con tre parrocchiani
mentre inginocchiato a terra esclamava: «Moriamo per la causa di Dio. La nostra morte
non conta nulla. Altri vedranno il trionfo. Dio non muore, Viva Cristo Re! »
I soldati lanciati alla caccia di Mons. De la Mora, Vescovo di San Luis Potosi, vedendosi
delusi nelle loro ricerche, presero in ostaggio un innocente, inerme sacerdote e gli
inflissero il tormento della sospensione per le mani!
Profonda impressione ha sollevato nel mondo cattolico e civile il martirio dei due
giovani Manuel Malgarejo e Gioachino Silva, il primo di 24, l'altro di 17 anni. Furono
arrestati a Zamora come propagandisti della lega per la difesa religiosa. I soldati volevano
costringere il Malgarejo a gridare: Viva Callesè! E il valoroso giovane invece gridò: Viva
Cristo Re! proclamando di essere pronto a morire per confessare Cristo. Si ripeterono
gl'inviti dei soldati e i rifiuti sempre più energici del giovane. Allora quelli gli tagliarono
un pezzo di orecchio e poi, a pezzi, glieli tagliarono entrambi: e quando fra i più atroci
dolori e tutto lordo di sangue osò ancora gridare con maggior ardore «Viva Cristo Re»
quelle belve gli strapparono anche la lingua.
Il compagno Gioachino Silva presente a tale supplizio abbracciò l'amico così fortemente
che i soldati non poterono separarli, e quelle iene allora spararono sul gruppo: così i
giovani cattolici morirono per la loro fede!
Come è bella questa professione di fede nella divina regalità di Cristo al cospetto dello
Stato laico che ne opprime i diritti e ne oltraggia la maestà!
Giovani martiri di Cristo Re, salite al cielo! Lassù vi attendono i martiri del Colosseo, i
martiri del Giappone e della Cina, i martiri della Rivoluzione di Francia, i martiri
dell'universo e di tutti i secoli, cantanti la vittoria di Cristo, sull'orgoglio imbelle dei suoi
nemici! E dal cielo fate piovere sul vostro martirizzato paese il sole della pace di Cristo!
Asciugate il pianto del Papa, cambiate in letizia universale il lutto della persecuzione! E il
vostro sangue immacolato susciti apostoli al Regno di Cristo, ne estenda le divine
conquiste, ne affretti il completo trionfo.
La menzogna e l'oltraggio
Dopo tutto questo, Plutarco Elias Calles, Presidente del Governo messicano, nel suo
messaggio di Capo d'Anno osava scrivere: «Io mantengo lo stesso rispetto per tutte le
espressioni della coscienza e delle credenze religiose: è una grande falsità costruita dalla
reazione clericale l'affermazione che il Governo abbia tentato, o voluto, quando che sia,
distruggere o combattere qualsiasi fede religiosa».
Secondo il Governo del Messico adunque, persecuzione non esiste. Ma se tutto questo
non è la persecuzione che cosa sarà essa mai? Se non è violenza spogliare liberi cittadini
dei loro diritti più sacri e dei loro stessi beni; se non è violenza proibire alle coscienze di
emetterei voti religiosi, anzi pretendere dalle coscienze che rinuncino alla fedeltà verso
Dio e verso la Chiesa, come si pretende dai Vescovi, dal clero, dai cattolici del Messico,
che cosa mai la violenza sarà? E se non è ingiustizia esiliare, imprigionare gli innocenti,
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fucilare la giovinezza, rea solo di confessare la regalità di Cristo, quando mai e dove mai
si potrà ancora parlare di ingiustizia?
E se tutto questo non è la manifesta intenzione di sopprimere tutta la vita cattolica di un
popolo cattolico, quando mai tale intenzione esisterà? I Cesari di Roma quando
massacravano i cristiani, perché non bruciavano incenso alla divinità imperiale, erano più
sinceri: essi dicevano apertamente: «Non licet esse vos» Voi, cristiani, non avete diritto alla
esistenza.
Ancora: secondo il Governo del Messico i reazionari, i provocatori, i violenti non sono
già i persecutori, non sono i soldati del Governo col capestro e col fucile alla mano, ma
sono i cattolici, sono le vittime.
Io penso che non sia possibile oltraggio più amaro a chi trepida a chi soffre, a chi muore
per la fedeltà alla religione di Dio.
Impariamo
Da tutto questo, carissimi diocesani, mi sia concesso di ricavare alcune conclusioni
eminentemente pratiche. Anzitutto voi vedete a quali estremi può giungere lo stato laico;
lo stato che per empio eccesso di sovranità non solo non riconosce Dio e la sua Chiesa,
ma si colloca al disopra di Dio e della Chiesa; e ne conculca gli inviolabili diritti.
E in pari tempo considerate quanto importi per un popolo cattolico tenere lontano il
pericolo dello stato laico. Le libertà più sacre, le istituzioni più sante e più benefiche non
sono sicure sotto l'impero dello stato laico: hanno anzi dallo stato laico tutto a temere. Il
Messico ne è prova eloquente e terribile.
Allo scopo di prevenire tale pericolo io vi raccomando la fedeltà inconcussa alla religione
dei padri. Amate la Chiesa ed ascoltatela. Essa è maestra di verità, non solo, ma è anche
la più grande benefattrice del popolo.
E' la Chiesa che ha elevate le sorti del popolo abolendo la schiavitù.
E' la Chiesa che ha promosso l'istruzione del popolo: appena uscì dal furore delle
persecuzioni, come troviamo registrato nei primi Concilii, faceva obbligo ad ogni
parroco di ricevere in casa i giovani per istruirli «come un buon padre istruisce i suoi
figli».
Ed è la Chiesa che ha portato in mezzo al popolo la carità, la beneficenza, il soccorso ai
miseri. Il paganesimo ha edificati i colossei, i circhi, i teatri per i gaudenti: la Chiesa di
Gesù Cristo, ha innalzati gli ospedali, gli asili della carità per le vittime del dolore, per i
derelitti del mondo. Il progresso moderno non tiene più conto della Chiesa; ma se voi
scavate un sol palmo sotto ai piedi di questo progresso, troverete gli strati d'oro della
civiltà, della carità della Chiesa che vi stanno a base. La storia medesima del nostro paese
rende testimonianza magnifica a questa verità.
Del resto basta gettare uno sguardo sulla carta geografica delle nazioni: dove la Chiesa ha
portata la sua luce, v'è la civiltà; dove non poté giungere la luce della Chiesa, v'è la
barbarie.
Mantenetevi adunque profondamente fedeli alla religione, carissimi diocesani, ed ai suoi
immortali principi.
A stregua di questi principi lo stato deve riconoscere Dio, che è l'autore, della società e
deve riconoscere i diritti e la libertà della Chiesa, istituita da Gesù Cristo. Deve sopra
tutto conservare l'insegnamento religioso nelle scuole, affinché la istruzione civile della
gioventù non sia giammai disgiunta dalla sapienza educatrice della dottrina cristiana.
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Passi funesti. Richiamo agli esempi dei padri
Il matrimonio puramente civile: le nascite non benedette dal Battesimo cristiano: le
esenzioni dei figli dall'insegnamento religioso; i funerali civili: la distruzione violenta dei
cadaveri mediante la cremazione: sono passi funesti verso il laicismo della società. Un
popolo cattolico ha il dovere supremo di guardarsene con ferma e risoluta coscienza.
E guardatevi, carissimi diocesani dalla indifferenza religiosa, la quale è un cancro che
rode la coscienza e la fibra di un popolo cattolico. Quando un popolo cattolico trascura i
suoi doveri religiosi diventa facile preda delle sette e piomba nella miscredenza.
Perciò allorquando il Vescovo nella visita pastorale vi ricorda coll'insistenza più viva i
grandi doveri della Pasqua, della Messa estiva, della istruzione religiosa, non crediate
giammai che esageri. Il Vescovo sa quale pericolo correrebbe la fede stessa degli
individui, delle famiglie, del popolo qualora la indifferenza religiosa penetrasse nello
spirito del popolo.
Rivolgetevi a considerare gli esempi cristiani dei nostri padri che io stesso vi ho
richiamati in cento occasioni. Se di questi esempi io tacessi parlerebbero le pietre: le
pietre delle chiese, delle torri, degli oratori, degli ossari, delle cappelle biancheggianti fra i
boschi, sporgenti dalle rupi, sull'orlo degli abissi; le pietre delle case imbalsamate di
preghiera e di costume casto; le pietre stesse delle faticose strade, degli aspri sentieri
percorsi un di' con giocondo fervore dai nostri Morti per raggiungere la Chiesa lontana,
ad ogni squillo delle campane pie.
O indimenticabili Morti, quante volte io ho pronunciato il vostro nome, perché il vostro
nome parlasse all'anima ed al cuor e del mio popolo per ricondurlo tutto quanto sulla via
dei vostri esempi. Levate le vostre mani a Dio, Voi che lo vedete nella luce dei Santi, e
pregate perché sulle nostre terre benedette non passi iammai il gelo mortifero della
miscredenza, ma splenda sempre il più bel sole della religiosità e del cristiano fervore!
Il dovere degli uomini
Questo esempio generoso nella pratica dei doveri religiosi io lo raccomando
specialmente agli uomini. Per edificare la fanciullezza, per sorreggere la gioventù, per
incoraggiare i deboli, per scuotere gli indifferenti, per impressionare salutarmente i
miscredenti stessi, io non conosco più forte argomento che l'esempio degli uomini.
Cari uomini, che portate in cuore tanto amore alle vostre famiglie: che per esse affaticate
e soffrite con si nobile affanno: che ad esse vorreste dare prosperità sicura e pace
perenne: ricordatevi che conservarle cristiane è assai più che coprirle d'oro. Senza il
timore di Dio non vi ha prosperità vera, sopratutto non vi ha pace sincera, che conforti
la vita e rassereni la morte.
Ebbene dal vostro esempio anzitutto dipende la conservazione del timore di Dio in
grembo alle vostre care famiglie. Donatelo l'esempio buono e costante: è la gloria più
bella che possa mai cingere la vostra fronte!
Né vi arresti dal vostro dovere la ironia di coloro che al dovere cristiano hanno
rinunciato: sono infelici, degni della più profonda pietà: non altro.
E non vi arresti la parola di quella stampa che tende a laicizzare tutti e tutto, ossia che
tende a strappare a Gesù Cristo ed alla Chiesa gli individui, le famiglie, le istituzioni, la
società. Tale stampa, anzi, tenetela gelosamente lontana da voi e dalle vostre case, perché
non è possibile farne abituale lettura, senza detrimento della fede, dirò meglio, senza il
naufragio completo della fede stessa.
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Il compito delle associazioni cattoliche
Conchiuderò, carissimi diocesani, coll'esortarvi quanto so e posso a intensificare sempre
più le schiere delle associazioni cattoliche. Il Papa le ha chiamate recentemente «la pupilla
dei suoi occhi». Esse sono infatti le avanguardie di quella universale crociata contro il
laicismo, che il Papa ha intrapresa colla proclamazione della divina Regalità di Cristo.
Fortificate quindi le associazioni cattoliche: rialzatele dove piegano a terra: infervoratele
sempre più dove vivono vita di ardore, anelanti alla vittoria sul mondo, sul paganesimo,
per Cristo e per il suo regno.
Certamente, coloro che militano nelle file dell'Azione Cattolica devono proporsi un
programma di vita cristiana particolarmente generosa. Costoro più che essere semplici
cristiani, devono essere apostoli. E ciò importa rinuncia e sacrificio.
Ma nel Messico si vedono Vescovi e sacerdoti che sorridono all'esilio ed alla morte
stessa, come Cipriano, come Gregorio VII: si vedono giovani che muoiono come
Pancrazio nel Colosseo di Roma, come Celso sotto le mura di Milano; si vedono vergini
di quindici anni andare al carcere come Agnese e come Cecilia; si vedono fanciulli, che
sotto i flagelli ripetono il nome di Gesù, come Bàrulo di Antiochia; si vedono madri
rinnovare l'esempio di santa Augusta che gridava al figlio Sinforiano: «O mio figlio, non
temere la morte! Non ti si toglie la vita, ma ti si cambia in un'altra migliore!».
Dinanzi a questo divino spettacolo non sentiremo noi fiammeggiare nell'anima nostra
quell'ardore per la causa di Cristo, che fa dolce ogni rinuncia e lieve ogni sacrificio?
Sì, io confido che gli esempi che ci vengono dal Messico martoriato varranno a scuoterci
salutarmente, a deciderci risolutamente per una vita di lavoro generoso e di apostolato
indefesso; al fine altissimo che il Regno di Cristo sia stabilito, come inespugnabile rocca,
nel nostro paese.
Ai fratelli del Messico il nostro saluto
E voi, cari e lontani fratelli del Messico, imporporati dal sangue della persecuzione,
ascoltate la voce che esce dal nostro cuore angosciato col vostro.
Quando San Clemente di Ancira, lasciava Roma per l'esilio, sotto Diocleziano, salutava
la città eterna e la sua cristianità con questi accenti: «O Roma, Dio accresca in te la
religione cristiana! Ti doni Iddio, imperatori che la conoscano! E a voi, o fratelli, Cristo
conceda di consumare vittoriosi il vostro corso, tollerando i patimenti, edificando tutti:
estingua la persecuzione dei suoi servi, e, restituita la libertà, illustri la sua religione».
Questo augurio di sublime bellezza noi porgiamo a voi, cari fratelli del Messico,
confessori di Cristo e martiri del Suo Nome!
Dio misericordioso fermi il braccio dei persecutori e restituisca al vostro paese la libertà
e la pace!
Doni al vostro paese reggitori che conoscano la vera religione e ne apprezzino la
missione di salvezza e di civiltà!
E se nei divini disegni l'ora della liberazione fosse ancora lontana, Cristo, nostra vita, vi
confermi tutti nella sua fede e nel suo amore! Cristo, re dei Martiri, vi renda più forti dei
supplizi, più forti della morte, perché nessuno di voi venga meno nell'ora della prova.
Così noi preghiamo: preghiamo per voi, per i vostri figli: preghiamo per chi vi benefica:
preghiamo per chi vi perseguita.
E voi pregate per noi, per tutta la Chiesa militante con voi, sotto il labaro di Cristo Re.
Levate a Dio il calice del vostro patire, perché ne scenda quell'effluvio di grazie, che
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scese dal martirio dei primi secoli, a dare alla Chiesa fecondità prodigiosa, a vestirla di
sempre nuovi trionfi.
Carissimi Diocesani, nel corso della imminente Quaresima presentate, a Dio, con
particolare spirito di compunzione e di penitenza, questi voti ardenti per il Messico
travagliato.
anzi, già in questi ultimi giorni del carnevale siate generosi nell’imporvi preziose rinunce
e meritevoli sacrifici, allo scopo di affrettare dalla divina misericordia la liberazione dei
nostri perseguitati fratelli.
Io ve ne ringrazio dal fondo del cuore e in pegno della mia riconoscenza vi imparto con
tutto l’affetto la benedizione del Signore.
Lugano, 11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes, 1927
+ Aurelio Bacciarini, Vescovo
Amministratore apostolico del Ticino
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