È facile, basta cliccare qua! - Parco Naturale Alpi Marittime

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È facile, basta cliccare qua! - Parco Naturale Alpi Marittime
LE MARITTIME INVISIBILI
COME NUOVI MARCO POLO
Sommario
Questo e-book
è stato realizzato
nell’ambito del progetto
Le Marittime Invisibili
Progetto grafico e realizzazione:
Alessio Barale
Editor:
Alessio Barale, Irene Borgna
Hanno collaborato alla realizzazione dell’e-book:
Laura Bagnasco, Paolo Ansaldi, Alessio Dutto,
Marco Magnone, Marco Paschetta, Roberto Pockaj, Enrica Raviola,
Raffaele Riba, Giulia Sereno, Carlotta Sillano, Nanni Villani
2015 • Tutti i diritti riservati
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Presentazione e istruzioni per l’uso
Capire il progetto e come leggere questo e-book
Introduzione
A cura di Marco Magnone
Le Marittime Invisibili: il film
Il reportage del viaggio nell’invisibile di Paolo Ansaldi
Esplorazione ravvicinata del terzo tipo
Il diario di Raffaele Riba (con i disegni di Marco Paschetta e i suggerimenti musicali di Carlot-ta)
Prima alba sul mare di Smarties
Il saggio di Raffaele Riba (con i disegni di Marco Paschetta e i suggerimenti musicali di Carlot-ta)
Valzer su ghiacciaio
Due brani inediti scritti da Carlot-ta durante il viaggio nell’invisibile
Suoni dall’invisibile
Tre pezzi facili per borraccia, roccia e voce
Sedici temi musicali
La colonna sonora del viaggio nell’invisibile di Carlot-ta
Camera fissa
L’invisibile raccontato in quattro tableaux vivants
L’apprendista sognatore in ricognizione
Le opere degli apprendisti Giulia Sereno e Alessio Dutto
Note
L’elenco delle tavole senza didascalia e le schede di presentazione degli artisti
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PRESENTAZIONE e ISTRUZIONI PER L’USO
«Non è detto
che Kublai Kan
creda a tutto quel che
dice Marco Polo [...],
ma certo l’imperatore
dei tartari continua
ad ascoltare
il giovane veneziano
con più curiosità
e attenzione
che ogni altro
suo messo
e esploratore.»
Le Marittime Invisibili,
un progetto ideato
dal Parco naturale Alpi Marittime,
realizzato con il contributo
della Compagnia di San Paolo
nell’ambito del bando
“Festival Torino e le Alpi 2015”
L’
idea viene da una suggestione letteraria, Le città invisibili
di Italo Calvino e da un’esigenza attuale, quella di rivolgere
sguardi nuovi e giovani alle Alpi, capaci di cogliere e raccontare a un pubblico più ampio possibile quello che finora è rimasto
invisibile agli occhi.
Il progetto ha come protagonisti quattro artisti professionisti di
età compresa fra i 18 e i 35 anni, interpreti di altrettanti linguaggi
– musica, narrativa, illustrazione, videomaking – che insieme ad
altri apprendisti hanno vissuto l’esperienza della montagna durante un trekking sui sentieri del Parco naturale Alpi Marittime nel
luglio 2015.
Un viaggio di rifugio in rifugio, lungo sei giorni, durante il quale
questi artisti di estrazione cittadina – la cantautrice Carlot-ta, lo
scrittore Raffaele Riba, l’illustratore Marco Paschetta e il videomaker Paolo Ansaldi –, come nuovi Marco Polo, si sono immersi
nell’ambiente alpino.
Le città invisibili. Italo Calvino - Torino - Einaudi, 1972
La corte cui il progetto Le Marittime Invisibili vuole aprire nuovi
orizzonti, così come Marco Polo al cospetto del Kublai Kan, è il
pubblico della montagna e della città, raggiunto attraverso questo
diario interattivo, un e-book nato dalla sensibilità e professionalità
di giovani artisti capaci di aiutarci a vedere e di guidarci nella navigazione attraverso l’invisibile che ci circonda.
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PRESENTAZIONE e ISTRUZIONI PER L’USO
Come si legge un e-book?
Si sfoglia senza fogli, con un leggero tocco delle dita che non
produce il ruvido e familiare attrito del contatto con la carta, ma
una più o meno silenziosa transizione da una schermata all’altra.
Di solito ha un inizio e una fine: si consiglia per capirci qualcosa
di procedere dall’uno verso l’altra – e tanto basta. Nella maggior
parte dei casi.
Ma attenzione!
Questo non è un comune libro elettronico: è il lavoro di quattro
artisti – e due apprendisti – inviati in esplorazione nel cuore del
Parco naturale Alpi Marittime con un compito ben preciso.
La missione affidata a ciascuno di loro – ricordiamolo – è stata
quella di osservare con nuovi occhi le montagne dell’alta Valle
Gesso, farne esperienza, succhiarne il midollo poetico e renderlo
visibile, farlo assaggiare anche a noi che li abbiamo salutati con
una pacca sulla spalla e visti partire, che non sapremmo vedere,
che in montagna ci innamoriamo di tutto, ma quando scendiamo a
valle da un’escursione fatichiamo a raccontare l’emozione.
La Compagnia delle Indie Marittime è partita da Sant’Anna di Valdieri l’11 luglio e ha fatto ritorno il 17. Un primo assaggio del bottino
artistico è stato restituito ai residenti e ai villeggianti della piccola
frazione il 21 agosto: è lì, presso lo Spazio incontri del Museo della
Civiltà della Segale in una mite sera d’estate, che l’invisibile ha cominciato a farsi visibile.
Sotto forma di un diario affettivo, di un serie di tavole disegnate, di
canzoni e composizioni originali, di video portait, di composizioni
audio e decaloghi per sognatori. Tutto questo è diventato dapprima un sito in progress e un embrione di mostra, cui una stanza
del Museo ha fatto da incubatrice per qualche tempo.
PRESENTAZIONE e ISTRUZIONI PER L’USO
per un periodo a casa nelle Marittime e adesso non sappiamo ancora quando e dove si fermerà. Tutto quello che sappiamo è che
andrà lontano. Così come sono andati lontano Raffaele Riba (quello che compone melodie con le parole), Carlotta Sillano (capace di
raccontare con le note), Marco Paschetta (quello che confeziona
sogni in teche di carta) e Paolo Ansaldi (che fa ritratti più vivi degli
originali) e i loro due apprendisti.
Sono partiti dai capoluoghi, dalla pianura vercellese, da valli distanti e hanno percorso come innocui ladruncoli di emozioni,
come pellegrini sudati, i sentieri e le mulattiere del Parco. Nei loro
zaini, non solo acqua e indumenti, ma anche gli attrezzi del mestiere, quelli capaci di appuntare un’esperienza, le parole della guida, le impressioni di un momento. Come esploratori, si sono spinti
ai confini del regno – poi, sono tornati a fare rapporto.
Eccoli quindi al nostro cospetto, una volta compiuta la loro missione. Come i Re Magi a Betlemme, come Filippide di ritorno da
Maratona, come Marco Polo alla corte del Gran Kan: recano doni,
messaggi e visioni dalle e delle Alpi Marittime: gli uni e gli altri sono
contenuti in questo e-book.
Come si legge quindi, questo e-book?
Si ascolta come un libro, si legge come una musica. Per prima
cosa occorre mettersi comodi (siamo o non siamo il Gran Kan in
persona? È o non è questo e-book il fedele resoconto degli artistici esploratori inviati ai confini del regno?) e assicurarsi che il volume del nostro dispositivo (che sia un lettore di e-book, un Ipad, un
pc o un qualsiasi altro marchingegno adatto allo scopo) ci sappia
cullare senza assordarci.
Fatto? Bene!
Quando i lavori sono stati completi, hanno dato vita alla mostra
Invisibilmente Visibile vera e propria, che si è fatta grande e capace di girare il mondo: ha cominciato dalla città di Cuneo, è tornata
Quindi si comincia a leggere… guardando il film di Paolo Ansaldi,
che ci trasporta come su un tappeto magico lungo i sentieri delle
Alpi Marittime insieme all’artistica carovana, per farci immergere
nell’atmosfera e nelle emozioni del viaggio.
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PRESENTAZIONE e ISTRUZIONI PER L’USO
PRESENTAZIONE e ISTRUZIONI PER L’USO
La seconda parte dell’e-book è un pezzo a tre fatto di immagini,
parole e buona musica: le tavole di Marco Paschetta illustrano l’avventura del viandante dal rocchetto azzurro, che nel cammino
è andata fondendosi con quella personale di Raffaele Riba e collettiva della Compagnia delle Indie Marittime. Per questo il “Diario
affettivo delle Alpi Marittime” è scandito dai disegni: perché testo e dipinti raccontano il medesimo percorso, alcuni passi sono
nelle stesse impronte, altri divergono per un tratto, si ritrovano, si
perdono ancora. Ogni giornata è accompagnata da un consiglio,
da un’evocazione musicale di Carlot-ta, che abbina come un abile
sommelier a ogni tappa un brano musicale di accompagnamento. Prosit. Ecco che il viandante dal rocchetto azzurro “in tecnica
mista su achillea e carta cotone” incontra sul suo cammino curiosi personaggi che ricordano curiosamente un videomaker, una
cantante, uno scrittore, un campionatore di suoni, una sognatrice,
una guida. Ecco che attraversa le Marittime sulle strade militari: si
riconoscono una casa di caccia, una strada militare, un bivacco,
una guida. Ecco che si addormenta e sogna – e le sue visioni si animano della fauna reale e immaginaria del Parco. Le sue avventure
fanno eco alle parole di Raffaele: di volta in volta le illustrano, le
completano, le cullano, le espandono – o le disarcionano.
cazione indomiti e insofferenti alle regole e alle raccomandazioni.
Alessio propone un brano composto campionando suoni naturali
e artificiali lungo il percorso: il risultato è un brano ambient noise
perfetto per una serata tranquilla, in cui immergersi nell’ascolto di
un e-book capace di evocare l’invisibile dal cuore delle Marittime.
Nella seconda parte dell’e-book Carlot-ta racconta il viaggio secondo la sua arte: sono nati così gli inediti La valse du conifère,
Glaciers e i Suoni dall’invisibile - tre pezzi facili per borraccia,
roccia e voce, composti partendo da suoni raccolti e conservati
lungo il sentiero con delicata attenzione, come erbe aromatiche.
Ascoltandoli, si respira aria di Marittime.
A seguire, il lettore ormai in crisi d’identità (un lettore che ascolta,
che osserva, che sogna) incontra un’intera playlist, che raccoglie
le sedici suggestioni musicali che hanno accompagnato Carlot-ta
durante il cammino nell’invisibile.
Istruzioni per la manutenzione
Il miglior modo per “tenere con la mano”, per conservare in salute
il contenuto di questo e-book è leggerlo, rileggerlo, ascoltarlo e
lasciarsi ispirare. Partire con lo zaino e il personale armamentario
di sogni per andare a cercare da soli visioni e pepite d’oro nella miniera delle Alpi Marittime. Continuare a seguire il progetto sul sito
www.lemarittimeinvisibili.it e su Facebook, scriverci una mail a
[email protected] per raccontarci le tue impressioni.
Ma soprattutto regalarlo a un amico, dare respiro a questo libro
elettronico condividendo con più persone possibili il download
gratuito e il cammino: entrambi non hanno prezzo, solo valore.
Ah, se poi l’amico a cui lo regali proprio non ama leggere in formato
digitale, niente paura: l’e-book può anche essere stampato in A4,
semplicemente con la stampante di casa!
Dovrebbe esserci un po’ tutto!
Non resta che augurarti buona lettura!
Chiudono in bellezza l’e-book i lavori dei due apprendisti Giulia e
Alessio. La prima dipana un impalpabile decalogo di indicazioni
per apprendisti sognatori: si sa, i sognatori sono per natura e vo-
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INTRODUZIONE a cura di MARCO MAGNONE
«Solo nei resoconti
di Marco Polo,
Kublai Kan riusciva
a discernere,
attraverso le muraglie
e le torri destinate
a crollare, la filigrana
d’un disegno
così sottile
da sfuggire al morso
delle termiti.»
Il Monte Olimpo dimora degli dei
nell’antica Grecia. Il Monte Fato verso
cui si mette in cammino la Compagnia
dell’Anello. Il Mont Ventoux che ha ispirato
Petrarca e Pantani. Le Alpi e gli Appennini
dove si è accesa la miccia
della Resistenza.
I
nfinite sono le storie cantate da cantastorie e poeti di ogni tempo che ruotano attorno a una montagna.
In montagna hanno preso forma religioni e miti, grandi narrazioni collettive e avventure solitarie, in montagna alcuni uomini si
sono ritrovati eroi, altri si sono consumati e persi. Perché la montagna non è facile, e non è per tutti. Perché la conquista della vetta
racchiude in sé tutte le maschere che la sfida ai propri limiti può
assumere. Perché qui l’uomo è un ospite, ed è solo, davanti a qualcosa di molto più grande e di molto più vecchio, qualcosa che è
difficile da dire, ma che ha a che fare con quello che ognuno di noi
intende con la parola libertà.
Per raggiungerla – per guadagnarsela – qualunque cosa essa significhi, una volta vinto ogni altro nemico l’ultima sfida che l’uomo
è chiamato ad affrontare in montagna è quella a se stesso. Carlotta, Marco, Paolo e Raffaele, ci guidano fino a questa soglia, attraverso Le Marittime Invisibili.
Da qui in poi ognuno dovrà essere, come sempre, il Marco Polo di
se stesso.
Buon viaggio!
Le città invisibili. Italo Calvino - Torino - Einaudi, 1972
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Marco Magnone
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*Clicca sulla pellicola e guarda Le Marittime Invisibili: il film di Paolo Ansaldi
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RAFFAELE RIBA
Esplorazione
ravvicinata
del terzo
tipo
ovvero
Un diario affettivo
delle Alpi Marittime
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DIARIO AFFETTIVO: AVVERTENZA E PREFAZIONE
Handle
law
Un brano al giorno. Carlot-ta consiglia
di leggere questo capitolo ascoltando:
Voyage voyage di Soap&Skin
A
vvertenza.
Un diario affettivo non è un resoconto giornaliero che ha
la pretesa di essere esaustivo e preciso.
O meglio ce l’ha questa pretesa, ma non tanto sulle date, sui
dislivelli percorsi, sulle strade fatte e quelle tralasciate, sulle
calorie ingerite e, al netto, quanto sono dimagrito.
Ha però la pretesa di raccontare un fatto, un aneddoto o una
situazione al giorno che hanno colpito il centro del mio affetto
e che per tale ragione si sono inculcati così dentro al mio corpo
(o della mia anima per i meno materialisti) che ritengo necessario rendervene parte.
Per tale ragione ogni giorno non è fatto di tutte le cose ma di
una cosa che rende ordinarie tutte le altre.
Ora bando alle chiacchiere. Ma siccome è una prefazione, tocca
pigliarla da lontano.
Marco Paschetta
Lasciando la strada
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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Prefazione.
Nel mondo esiste una legge di cui pochi parlano eppure è considerata dai teorici come una delle meraviglie del sistema umano. Ebbene questa legge si chiama handle-law, letteralmente
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DIARIO AFFETTIVO: AVVERTENZA E PREFAZIONE
“teoria della maniglia”. In parole povere questa pietra miliare
dell’ordinamento umano dice così: se si esercita una forza sufficiente a vincere la resistenza di una data maniglia, la porta a
cui essa è avvinghiata si dovrebbe aprire.
Come tutte le leggi fondamentali è di una semplicità imbarazzante ma, come per tutte le leggi fondamentali, l’assunto è
poca cosa rispetto alle implicazioni che lascia. Una volta aperta
la porta, infatti, fuori è tutta un’altra storia.
A tal proposito ho letto un libro interessantissimo scritto da un
anonimo, non si sa bene quando né dove, che spiega cosa succede allorché la maniglia si abbassa, la porta si apre e comincia
tutta l’altra storia.
Tutta l’altra storia, sostiene l’anonimo, consiste nell’atto fondamentale dell’esplorare. Esplorare tutto: le case degli altri, il
tempo in cui non succede niente, quello che ti dice il panettiere, la rabbia del cane che mette i denti fuori dalle sbarre del
cancello. Solo così, esplorando, dice l’anonimo, riuscirete a capirci qualcosa, fosse anche il modo migliore per allacciarsi una
scarpa.
Il bello è che l’anonimo non si ferma lì e spiega per bene che
quando le maniglie si tirano e le porte si aprono e noi abbiamo il
buon cuore di esplorare le cose, possiamo fare tre tipi di esperienze che ora cercherò di ricordare e spiegare abbastanza fedelmente in ossequio a quello che ha teorizzato l’anonimo nel
libro scritto non si sa bene quando né dove.
Dunque, il primo tipo di esplorazione è possibile farla anche
soltanto seduti su una sedia. Da lì parte un viaggio piuttosto
anomalo, soprattutto per quando riguarda il mezzo di trasporto: il vostro cervello. Vorrei immediatamente scoraggiare le risate in sala o gli scettici che solitamente stanno fuori: conosco
il caso di un uomo che nel 1907 è riuscito a fare un’esplorazione
di un territorio vasto tra i 13,7 e i 15 miliardi di anni luce, senza
alzarsi dalla scomoda sedia di legno massello dell’Ufficio Brevetti di Berna. Si chiamava Alberto Einstein e di mestiere faceva
l’uomo incuriosito.
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Marco Paschetta
Esplorazioni nel circo glaciale (i massi erratici)
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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DIARIO AFFETTIVO: AVVERTENZA E PREFAZIONE
DIARIO AFFETTIVO: AVVERTENZA E PREFAZIONE
A partire infatti da un anonimo pomeriggio d’autunno, Alberto
Einstein è riuscito a dimostrare che il presente era piuttosto
esteso (un secondo sulla terra dura 2 milioni di anni sulla galassia di Andromeda (e guardate che non scherzo) che lo spazio
era come una grande nube di zucchero filato in cui ogni tanto
si formano dei grumi che la tirano e la concentrano di qua e
la rarefanno di là (con buona pace di Newton); e che insomma
questa grande nube di zucchero filato in cui sta immerso il sole,
la nuvola, il tempo come fosse una spugna, Nettuno e le Alpi
Marittime, lui è stato in grado di vederla e di capirla, scomodamente seduto su una seggiola e tirando una maniglia che aveva
da qualche parte nei capelli.
dei marinai della galassia di Andromeda il loro viaggio
nel nulla eterno sarebbe durato molto meno di un secondo,
parola di Alberto).
Poi c’è il secondo tipo di viaggio, che è come il gelato panna e cioccolato o il finale di Cappuccetto Rosso: un classico.
Consiste nel riempire fino all’inverosimile la stiva di una nave
o il bagagliaio di una macchina, scegliere una dimensione non
compattificata, qui, lì o là, e andare, andare, andare, fin dove
non si trova qualcosa che fa capire al, o ai, temerari che si è
finalmente arrivati.
Parlavo di temerari non a caso, perché, effettivamente, nonostante questo tipo di esplorazione sia un classico, presenta
le sue sorprese: Cristoforo Colobo una volta scrisse sui suoi
diari che oramai era così tanto che andava alla deriva che non
si preoccupava più neanche del fatto che la terra fosse tonda – e che quindi prima o poi, male che andasse, sarebbe tornato a Genova o lì nei paraggi senza scoprire nulla -, o piatta,
– cadendo quindi, una volta oltrepassato il bordo, nel baratro
più profondo dell’immaginazione -, ma che la terra non finisse affatto e che lui, i suoi marinai decisamente incazzati, e gli
altri due vascelli (con i loro equipaggi altrettanto incazzati)
avrebbero continuato a viaggiare nei secoli dei secoli, senza
più cibo, noia, o diversivi, finché l’entropia non si sarebbe mangiata il mondo come il calabrone una mela o, dietro a qualche
secolo futuro, non sarebbe spuntato uno di nome Alberto Einstein dicendo che il tempo era questione relativa (e agli occhi
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Infine, c’è il terzo tipo di esplorazione, che potrebbe sembrare
né carne né pesce, ma occhio alle sorprese. Lo chiameremo il
viaggio del filo d’erba.
Qualcuno, non ricordo più chi, (per convenzione facciamo che
sia un saggio cinese) diceva che era inutile viaggiare fin ai bordi
dell’universo, o in terre piene di indigeni da colonizzare, se non
sei in grado di capire la bellezza del filo d’erba che cresce con
una tenacia inspiegabile fuori dal giardino di casa. Effettivamente, se uno ci prova, tira giù la maniglia, apre la porta e guarda
il filo d’erba, davvero capisce che quel filo è tutta un’altra storia.
È una meraviglia di molecole complesse, ricco di sostanze che arrivano da supernove esplose nello spazio profondo
(e guardate che non scherzo 2) e che nella sua esilità nasconde
una miriade di leggi chimiche, fisiche ed evolutive che ne fanno
una gemma della poesia quotidiana, pur ammettendo che tale
poesia fa di tutto per sparire tra le pieghe delle nostre impellenze contingenti, tipo la spesa da fare o la suocera che rompe.
Ebbene, questo Diario affettivo delle Alpi Marittime racconta
né più né meno la storia di un’esplorazione del terzo tipo, che
mi è capitata di fare giorni or sono aprendo la porta di casa e
guardando non il filo d’erba (l’avevo già guardato per mestiere)
ma poco sopra, lungo una serie di profili a zig zag che sostengono il cielo, tutti collegati gli uni gli altri come le frasi di questo
diario che speriamo renda giustizia all’atomo più piccolo che
ho calpestato lassù, in quel posto che rimane comunque molto
poco distante da qua.
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DIARIO AFFETTIVO: PRIMO GIORNO
Primo giorno:
Pagarino
Un brano al giorno. Ti consigliamo
di leggere questo capitolo ascoltando:
Glaciers di Carlot-ta
L
e prime giornate, qualunque cosa inaugurino, sono significative: le particelle si eccitano, la testa pensa chi sa che
cosa mi aspetta, il cuore batte il tempo e i sensi sono pronti e ricettivi nel cercare di acquisire in fretta la familiarità con
qualcosa che fino al giorno prima non c’era.
Nella fattispecie noi eravamo alle Terme di Valdieri e quello era
il raduno che dava il via al viaggio. Molte persone non le avevo
mai viste prima, lo zaino era nuovo, i pantaloni li lascio lunghi
o corti e nei gesti la consapevolezza che tutte queste novità
sarebbero state la mia normalità per i sette giorni successivi.
Non avevo mai fatto un trekking di più giorni e soprattutto non
l’avevo mai fatto così privo di appigli di familiarità: ma il bello
era proprio questo.
Marco Paschetta
Canto lungo la pelle di un orbettino
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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La prima tappa era considerata una specie di aperitivo. Passeggiata di un’ora e mezza circa con 300 metri di dislivello, per
arrivare al Valasco, un rifugio nel quale avremo passato il resto
della giornata e della notte, che si adagia su una piana piuttosto
estesa dove, se avessi fatto il trekking 8000 anni fa avrei trovato un lago che però, nel frattempo, si è riempito di sedimenti
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DIARIO AFFETTIVO: PRIMO GIORNO
DIARIO AFFETTIVO: PRIMO GIORNO
diventando una sorta di torbiera sulla quale i Savoia, nel 1870,
hanno potuto costruire una casa di caccia decisamente grande, con una pianta quadrata, un cortile interno e due torrette
piuttosto significative che nella prima e nella seconda guerra
mondiale, hanno fornito giustificazione perché se ne potesse
fare un uso militare.
Tutt’intorno al rifugio, un bel circo glaciale grazie ai bordi del
quale si riconosce la linea delle rocce levigate da quelle che
non lo sono, qualche masso erratico (grandi monoliti portati dai
ghiacci), qualche fiore viola, qualche grumo di merda di camoscio, uno scultore di nome Paolo che ha fatto uscire uno gnomo
da un tronco e noi, immersi con tutto il resto in questa piana da
dove partiva verticale una natura piuttosto solenne.
Comunque il primo fatto affettivo che volevo raccontare in questo diario non è accaduto al rifugio del Valasco, ma nella prima
di tante mini-tappe teoriche della nostra guida. Ogni tanto ci si
ferma, si beve una sorsata dalla borraccia, c’è chi succhia una
liquirizia e intanto per tre o quattro minuti la guida ti racconta due cose che sono in grado di mischiare storia, geografia e
geologia, ricordandoti ogni volta quanto la nostra mente tenda alla semplificazione mentre la realtà che stai calpestando o
ammirando è sempre molto più mescolata e complessa.
Insomma, la guida ad un certo punto, parlando di sentieri, ci
parla di Pagarì.
A me, che un uomo nel 1400 sia riuscito a essere tanto volitivo
e tanto sfigato, disegnando una parabola degna di un personaggio da romanzo o film da sogno americano (ma nascendo
ad Alessandria) mi sembra una storia pazzesca; per questo ora
vi racconto.
Oltre a essere intendente delle gabelle sabaude a Nizza, Paganino dal Pozzo, negli anni trenta e quaranta del quattrocento fu
costruttore di strade nei valichi delle Alpi Marittime.
Ad un certo punto, per arricchirsi decise di tentare l’azzardo.
Me lo immagino che pensa che vuole fare qualcosa di grande
nella vita, lasciare il segno, costruirsi la sua fortuna e che dopo
averci pensato giorni e notti nel 1453 va dal duca Ludovico di
Savoia e gli dice: Senti Ludovico (sono certo che si dessero del
tu) facciamo così: io costruisco una via più breve per il trasporto del sale, ma siccome so che è molto costosa e da te non avrò
certo un aiuto, la costruisco e la mantengo a spese mie ma avrò
diritto a incassare le gabelle. Immagino anche che Ludovico
ci abbia pensato un po’ su, capendo che per la vallata sarebbe
stato un fatto positivo senza che lui sborsasse un soldo e con
la copertura totale dei rischi. Così anche un po’ sfidando l’arditezza imprenditoriale di Paganino, gli disse: ok, veditela tu.
Paganino aveva calcolato che mantenendo il percorso che
passa a quota 2800 e che ora prende il suo nome, aperto per
otto-nove mesi l’anno sarebbe non solo rientrato dei costi, ma
avrebbe anche guadagnato un bel po’.
Talvolta però, c’è l’evento inaspettato, il deus ex machina al
contrario che smonta in quattro e quattr’otto la sfrontatezza e
la perspicacia di un imprenditore moderno quale era Paganino.
In quegli anni (1450), una mini glaciazione, arrivata subito dopo
che Paganino spendesse tutti i suoi risparmi per la costruzione
e la messa in funzione del percorso, tanto da meritarsi un proverbio ad hoc e la storpiatura del nome (da Paganino a Pagarì,
per ovvi motivi) scombinò i suoi piani facendo espandere oltre
misura il ghiacciaio della Maledia fin sopra il suo sentiero. Tradotto, una fatica immane, anche economica per tenerlo aperto
e la Natura che fa il suo corso chiudendogli continuamente il
passo.
Pagarino morì senza soldi e distrutto dalla fatica, ma si è meritato tutto il mio affetto del primo giorno.
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DIARIO AFFETTIVO: SECONDO GIORNO
Secondo giorno:
la doccia
Un brano al giorno. Carlot-ta consiglia
di leggere questo capitolo ascoltando:
Staralfur dei Sigur Ros
S
Marco Paschetta
Gli sguardi che non temono il Sole
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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veglia alle sette, colazione sette e mezza, partenza otto.
Caldo, molto caldo. Però una delle tappe più belle: dal rifugio si sale il pian del Valasco, facendo una strada militare
con due gallerie scavate a picco e pala nella roccia, fino al lago
di Valscura inferiore contornato da fiori e piante di lamponi selvatici che a quanto pare piacciono parecchio ai camosci. Tappa
teorica al lago e poi si sale a un altro lago, quello del Claus dove
ci scottiamo tutti, nessuno escluso. Mangiamo pranzo e poi si
conclude la camminata nel tardo pomeriggio salendo al rifugio
Questa, quota 2400 metri. Buon dislivello, bella passeggiata e
la fatica dei non allenati.
Il Questa però è un bel posto dove arrivare stanchi: spartano,
essenziale, con gli spazi ottimizzati al massimo che vuol dire,
per esempio, dormire in una soffitta che ha posto solo per otto
materassi messi in fila, e dove a fare il letto in piedi non si può
stare, oltre a essere la via d’accesso obbligata per la camera del
gestore. A me, queste cose piacciono assai.
Ah, e poi si mangia tutti insieme in un grande stanzone (su tovaglie di tela cerata improbabili con errori di ortografia): noi,
romani stremati, francesi coi cavalli e alle 21.30 uno spettacolo
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DIARIO AFFETTIVO: SECONDO GIORNO
di mimo di una studentessa di Bologna che fa la stagione lì per
tirare su qualcosa.
Ma la cosa più bella è stata la doccia. E non perché si puzzava
come montoni, non solo. La doccia del Questa credo che sia di
un modello di ingegneria civile unico nel suo genere. Sta fuori
dall’edificio, una decina di metri sotto attorniata da un parallelepipedo di legno e appoggiata su una pietraia, dalla quale si
può ammirare tutto il Pian del Valasco, facendo salire gli occhi
fino al monte Matto: una vista mozzafiato.
Ma a mozzare il fiato non c’è solo lo spettacolo, ma anche il
fatto che l’acqua non sia riscaldata e tu, nudo come una pesca
sbucciata, stai lì, a insaponarti come un ossesso tra correnti
d’aria che spiano ogni parte del tuo corpo e la prospettiva di
affogarle in un’acqua che a quota 2400 proprio calda non è.
Eppure è una doccia che mi ricorderò, nudo di fronte al mondo.
Il freddo tempra il monaco, diceva mio nonno, ma anche con me
non ha scherzato.
Marco Paschetta
Inquadrature viventi
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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DIARIO AFFETTIVO: TERZO GIORNO
Terzo giorno:
Victor
Un brano al giorno. Carlot-ta consiglia
di leggere questo capitolo ascoltando:
Man made lake dei Calexico
O
Marco Paschetta
Prospettive da una bacca di sorbo
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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ltre alle storie di uomini evidentemente molto sfortunati,
mi piacciono anche quelle di uomini che quasi per caso
rimangono nella storia, come Forrest Gump o Simone di
Cirene. Forrest correva, Simone dovette portare la croce di Cristo, ma anche il conte Victor de Cessole ha avuto la sua parte
di fatiche per restare casualmente immortalato nell’onore delle
cronache.
Andando con ordine: lasciato il rifugio Questa facciamo il passetto del Valasco, diamo un’occhiata al Bivacco Guiglia (verniciato di rosso dalla nostra guida, in cui trovo un sacchetto di
mandorle e me ne mangio due o tre), riscendiamo per il Gias
delle Mosche (il nome è meritato) per finire a passare la notte
alla postazione GTA delle Terme di Valdieri (salvo fare cena e
colazione nell’immenso e kubrickiano albergo delle terme che
ha una nobiltà decaduta assai affascinante).
Facendo questo tragitto ci troviamo sulla sinistra il massiccio
dell’Argentera e, in particolare, il suo famoso Corno Stella. Famoso perché assomiglia a un corno di rinoceronte, ma anche
perché nessun matto riusciva più di tanto a confermarsi tale
scalandolo fino alla cima. È come una fetta di polenta sottile ma
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DIARIO AFFETTIVO: TERZO GIORNO
bombata e parecchio accidentata nel mezzo: difficile trovare le
vie e soprattutto valutarle, dal momento che una volta sotto, a
causa delle sporgenze, non si riesce a vedere sopra.
Victoire de Cessole era un conte piuttosto cagionevole di salute. Il medico gli consigliò di respirare aria buona, aria di montagna, e lui lo prese alla lettera. Cominciò ad andare in giro per
valli e valichi e poi ad appassionarsi alle Alpi Marittime fino a
quando il suo nome rimase nella loro storia: alle ore 12 del 22
agosto del 1903, lui e le sue guide scalano il corno che nessuno
era ancora riuscito a domare al grido di: «Pauvre Corno, cette
fois-ci nous te tenons!». Ci avevano provato un sacco di alpinisti, alla fine ci riuscì un conte malaticcio.
La morale che mi ha spinto a parlarne nel mio diario affettivo è
che il bello della vita è che non sai mai che accidenti può succedere. Per far passare il tempo faccio lo scrittore, ma effettivamente non mi dispiacerebbe un giorno, per caso, vincere un
campionato di boxe clandestina in qualche remota città dell’America Latina.
Marco Paschetta
Sopra l’abisso (il passaggio salvifico)
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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DIARIO AFFETTIVO: QUARTO GIORNO
Quarto giorno:
pino, abete, larice
Un brano al giorno. Ti consigliamo
di leggere questo capitolo ascoltando:
La valse du conifère di Carlot-ta
Q
Marco Paschetta
La perdita azzurra
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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uando sono tornato dal trekking, al cancello di casa ho
avuto uno shock visivo notevole, tanto che per un attimo non ero convintissimo di essere nel posto in cui sono
nato e cresciuto. Per 52 anni, l’ho scoperto quel giorno, ma se
non altro per 32, avevo sempre intravisto casa mia dietro un
grande pino cresciuto nel tempo fino a 22 metri. Ebbene il pino
non c’era più, tagliato, caput (ma soprattutto non era un pino.
Era un abete).
Tendo a fare degli inizi di resoconto – tappa in medias res, quindi torno all’inizio del quarto giorno.
La mattina ci alziamo rigenerati da un bagno nella piscina termale fatto la sera prima, una colazione da villeggianti nel Grand
Hotel e, tutt’altro che appesantiti, partiamo alla conquista della
giornata.
Salendo per un’ora e mezza in un bosco di faggi, tra russule,
amanite e camosci che ti tagliano la strada, agganciamo la
quota vedendo la vegetazione cambiare: dopo il bosco di faggi,
via a quello di conifere che poi cedono a rododendri e arbusti
quando l’altezza dei monti fa abbassare tutto il resto.
È la salita che ci porta al Morelli Buzzi, un altro rifugio strepito-
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DIARIO AFFETTIVO: QUARTO GIORNO
so, in cui ci stanno pure gli stambecchi (come turisti intendo).
Una bellissima passeggiata, lungo la quale c’è un lago risorgivo sotto al massiccio dell’Argentera che vedi dall’altra parte
rispetto al versante da cui lo abbiamo guardato il giorno precedente. Ciao Corno Stella, noi continuiamo a non “tenerti”, ma
oggi dall’altra parte.
In ogni caso. Nella striscia non molto estesa di conifere tra il
bosco di faggi e gli arbusti, che poi lasciano spazio a una pietraia lunare, c’è la mia quarta tappa affettiva.
La nostra guida ci spiega come fare a capire se la conifera che
vi trovate davanti (e che tutti tendenzialmente ci approssimiamo a chiamare pino) si tratta di un abete, di un pino o di un larice. Basta avere in testa, proprio cognitivamente parlando, il
concetto di 1, più di 1, meno di 5.
Se infatti, state facendo una passeggiata in montagna e come
tutti gli uomini subite il fascino di scaricare ogni tanto qualche
piccola di saggezza, o meglio di conoscenza, di quelle che impressionano perché testimoniano l’esperienza che avete accumulato nella vita eccovene una. La userò spesso anche io.
Comunque dicevo: per capire che tipo di conifera si para di
fronte a voi o al vostro gruppo basta contare gli aghi, tenendo a
mente questi tre parametri di alto profilo tassonomico: 1: abete; 2 o comunque meno di 5: pino. Più di 5: larice.
Nel giardino di casa mia, mio padre ha abbattuto (per motivi
assolutamente sensati, ma non dicendomelo perché sapeva
che c’ero molto affezionato) non un pino, ma un abete. Meglio
tardi che mai, ho pensato subito dopo lo shock, di vedere la mia
stessa casa diversa, ma almeno ho avuto modo di dedicargli un
epitaffio adeguato.
Marco Paschetta
Il senso ritrovato
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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DIARIO AFFETTIVO: QUINTO GIORNO
Quinto giorno:
la saxifraga
Un brano al giorno. Carlot-ta consiglia
di leggere questo capitolo ascoltando:
The Mountain di PJ Harvey
H
Marco Paschetta
Lettere da un dislivello
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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o sempre avuto la passione di scorgere le cose.
Da piccolo mio nonno mi portava per funghi ed era una
bella palestra: fissare, passo dopo passo, centinaia e
centinaia di foglie secche di castagno o steli d’erba alti sino al
ginocchio e poi, d’un tratto, scorgere un’irregolarità, un’escrescenza, che settanta volte su cento era una pietra, venti volte
su cento era un fungo velenoso ma, se diceva bene, poteva essere un buon porcino da fare fritto o con l’olio di oliva e il pepe
nero (tagliato fine).
Non solo per i funghi: è stato sempre così anche per gli animali.
Dove sono cresciuto poteva capitare di vedere volpi, tassi, lepri,
caprioli, eccetera eccetera, e intravedere qualcosa, qualcosa
che non appartenesse all’immediato e all’ordinario insomma,
per me è sempre stato fonte di fortuna arguzia e soddisfazione.
Funghi e animali, ma non mi era mai capitato con il regno vegetale. Doveva succedere prima o poi.
Nel quinto giorno, infatti, dopo aver solcato il punto più alto del
trekking, il passo del Chiapus a 2526 metri – in cui facciamo
tappa teorica parlando di Servanot (ominidi leggendari dispettosi, ma in fondo positivi coi piedi caprini) – ed esser scesi vi-
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DIARIO AFFETTIVO: QUINTO GIORNO
sta diga fino al rifugio Genova-Figari, la guida dice: ok ragazzi,
qui, tra queste rocce, dovrebbe trovarsi il vegetale più raro del
Parco: una pianta grassa che si chiama la Saxifraga florulenta.
Ora, sarà che sono Alpi che si chiamano Marittime, ma la mia
ignoranza era ancora così ben salda alle sue certezze da immaginare che le piante grasse amassero climi più caldi. La saxifraga è decisamente bella, una pianta perfettamente circolare
formata da grandi rosette con numerosissime foglie. Una pianta che resta quasi sempre così, abbarbicata su rocce impervie,
a parte una volta ogni morte di papa. La mia ignoranza, infatti, è
cospicua, ma non così stupida, dato che per fiorire la saxifraga
ha bisogno di una spesa energetica notevole, e allora lo fa una
volta ogni 20 - 30 anni. A quel punto sale un fusto di una ventina
di centimetri dal suo centro che si ricopre di fiori viola.
Non siamo riusciti a vederla fiorita, ma la sfida di trovarne una
ha solleticato questo quinto racconto affettivo e un bel tuffo
nel passato.
Marco Paschetta
I dialoghi ermetici
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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DIARIO AFFETTIVO: SESTO GIORNO
Sesto giorno:
democrazia
Un brano al giorno. Carlot-ta consiglia
di leggere questo capitolo ascoltando:
Emily di J. Newsom
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Marco Paschetta
Preghiera d’arnica
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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l sesto giorno era l’ultimo giorno pieno di trekking. Lasciamo
il Genova e cominciamo a salire alla sua destra fino al colle di Fenestrelle, una bella salita in cui vedo ancora un po’ di
camosci a strapiombo sulle acque delle due dighe via via sempre più lontane. Come passiamo il colle comincia una discesa
piuttosto ripida dalla quale, tra centinaia di fiori di calendula,
mano a mano comincia a vedersi il rifugio Soria Ellena, l’ultimo
avamposto prima del ritorno alla quotidianità.
Di questa giornata non mi ha colpito un fatto o un episodio o un
personaggio umano o di qualsiasi altro regno, ma una considerazione. Una considerazione che ho fatto quando siamo arrivati
al Soria e con mio immenso dispiacere ho notato che saremmo
stati attorniati da una ventina di ragazzi tra i 12 e i 15 anni, aspiranti ranger e una comitiva di liguri tra i 60 e i 70 dall’accento
proporzionalmente marchiato al grado del volume d’emissione
di voce.
Poi ho pensato che nonostante tutto, la montagna è democratica. Ho visto lapidi di giovani scalatori esperti, ma allo stesso
tempo è in grado di accogliere tipi umani molto diversi. E tra
questi tipi umani diversi, oltre ai ragazzini e ai liguri (che sono
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DIARIO AFFETTIVO: SESTO GIORNO
stati di gran lunga più casinisti dei ragazzini) c’eravamo anche
noi; comitiva un po’ strampalata formata da persone che ora
elenco perché mi hanno fatto compagnia, mi hanno fatto divertire, mi hanno fatto pensare, mi hanno raccontato delle cose,
hanno avuto la pazienza di ascoltarmi e tutto questo per sette
giorni così lunghi e così corti, mica roba da poco.
Allora cominciamo: Alessio Barale e Irene Borgna, manovratori
del progetto che hanno fatto le loro apparizioni in quota come
santi, Roberto Pockaj, la nostra guida, un informatico genovese che nella vita ha capito quello che voleva, Laura Bagnasco,
geologa e una delle tre ad aver reso possibile il viaggio (ah e
che oltre allo zaino portava su un bene ben più prezioso, auguri di cuore Laura), Giulia Sereno, giovane e taciturna garessina
– amante della speleologia, ma che quando parla sa far stare
al suo posto anche gli adulti – Alessio Dutto, anche lui taciturno – ma amante e studioso del suono e questi ossimori concettuali sono sempre buoni indizi – e poi noi quattro “artisti”
raggranellati nei dintorni, ognuno con il suo modo di modulare
il messaggio: Carlot-ta Sillano, la musicista, Marco Paschetta,
l’illustratore, Paolo Ansaldi, il regista e io che ho scritto questo
diario molto molto affettivo, qui giunto al termine.
Che le Alpi Marittime siano con Voi.
À bientôt.
Marco Paschetta
Le propizie indicazioni
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RAFFAELE RIBA
Prima alba
sul mare
di Smarties
ovvero
Piccolo saggio
sull’invisibilità
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PICCOLO SAGGIO SULL’INVISIBILITÀ
N
egli Stati Uniti hanno un particolare talento per le ricorrenze. Le rendono uniche, anche se avvengono ogni
anno. Per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, il
21 maggio 2005, hanno invitato, come fanno spesso, un personaggio pubblico per parlare ai ragazzi.
Si tratta di uno scrittore che ho amato molto e che amo
tutt’ora, ma non a scatola chiusa. Uno scrittore i cui libri mi
hanno magari anche annoiato, a tratti, o spaventato, in altri,
ma che poi mi hanno sempre consegnato una pagina o una serie di pagine dalle quali capivo che non si poteva prescindere.
Come se annegate tra le migliaia di parole scritte, tra un rumore
di fondo spesso elegante e complesso ma anche caotico, prima
o poi ci fosse un dettaglio, piccolo o grande, che non aspettava
altro che essere notato.
E, guarda a caso era una verità assoluta che stava sotto i miei
occhi da sempre, ma su cui la mia attenzione non aveva avuto la
sensibilità di fermarsi o il tempo e l’amore per farlo.
Questo scrittore si chiama David Foster Wallace.
E il 21 maggio 2005, appena tre anni prima che si togliesse la
vita a 46 anni, raccontò a una platea di ragazzi laureandi, ancora composti prima di lasciarsi andare alle feste, questa storiella: “Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro
e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione
opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma
cosa diavolo è l’acqua?”.
Il senso è, ovviamente: “che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare” per usare
ancora le parole di Wallace.
Marco Paschetta
Primo sogno: le azzurre possibilità
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Sono nato il 15 maggio del 1983.
Ovviamente non ricordo nulla di quel giorno, ma secondo me
c’era il sole, si stava bene. Magari non era ancora stagione da
maniche corte e pantaloncini, ma sono sicuro che le rose erano
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PICCOLO SAGGIO SULL’INVISIBILITÀ
aperte, la frutta cominciava a maturare e quello che sarebbe
stato il mio cane, non registrò nulla di particolarmente significativo rispetto ai normali sviluppi del suo ciclo circadiano, se
non un certo assenteismo dei padroni.
Sembra praticamente impossibile sviluppare ricordi stabili per i
primi tre anni di vita. Il nostro cervello è una macchina talmente
elaborata e complessa che ci vuole molto tempo, anche fuori
dall’utero, prima che sia perfettamente funzionante. Così prima
di immagazzinare informazioni, cercando di coordinarle in una
specie di storia che poi le renda fruibili in futuro, per un certo
periodo della sua vita, e della mia, le vive e basta.
Verso i tre o quattro anni, poi, si concretizza anche un altro pilastro della struttura cognitiva dell’essere umano (ma anche,
pare, di alcune scimmie geneticamente molto vicine a noi, come
i bonobi), quella che gli studiosi hanno chiamato la “Teoria della
Mente”. Non c’è modo migliore per capirla che raccontare un
piccolo test che è stato veramente condotto, qualche anno fa,
su un numero piuttosto ampio di bambini.
Si chiama il “Test degli Smarties”.
Si mostra a un bambino un tubetto di Smarties e gli si chiede
che cosa pensa che ci sia dentro quel tubetto. Il bambino risponderà, inevitabilmente e giustamente: “Smarties”.
A quel punto si apre il tubetto e gli si fa vedere che in realtà
dentro sono state messe delle matite colorate. Quindi si richiede al Bambino. “Senti Carlo, ora sto andando di là a prendere
Matteo per portarlo in questa stanza. Lui cosa pensi che dirà
se gli chiedo cosa c’è nel tubetto?”.
Fino a tre/quattro anni circa tutti i bambini risponderanno, invariabilmente, “matite”, perché non riescono a distinguere tra
la conoscenza che hanno del mondo e la conoscenza che ne
possono avere gli altri. Da quell’età in poi, però, con sempre
maggiore convinzione, avviene il miracolo per cui cominceranno tutti a rispondere “Smarties”.
Ho raccontato tutto questo per ragionare un attimo sul fatto
che nasciamo e cresciamo attorniati da condizioni che ci sem-
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Marco Paschetta
Secondo sogno: Abete, Larice e Pino
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm
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PICCOLO SAGGIO SULL’INVISIBILITÀ
PICCOLO SAGGIO SULL’INVISIBILITÀ
brano fisse, immutabili e scontate ma che, col passare del tempo, possono essere messe in discussione, superate, oppure
analizzate con sempre più attenzione per i dettagli.
senso di normalità e consuetudine tipica di coloro che sono
perfettamente inseriti in un meccanismo naturale che andava
armonico dall’inizio dei tempi.
Poi ancora, una mattina, chissà di quante albe dopo la prima, un
uomo o un gruppo di uomini, di ritorno o in partenza per la caccia, deve essersi fermato un attimo di fronte al sole sorgente e
deve averlo giudicato bello. In qualche modo, come i bambini
al terzo o quarto anno, e in quel preciso momento, l’uomo si è
tirato fuori dalla natura e da quel meccanismo perfetto, perché
ha sviluppato un senso critico su ciò che stava vedendo e ammirando.
A chi di noi non è mai capitato di giudicare bella un’alba.
Siamo uomini, abbiamo il vizio di ragionare e di provare piacere
per le cose, anche se questo ha voluto dire doversene distaccare.
Dicevo che sono nato e cresciuto in questa casa ai piedi della
collina, tra due paesi, nella fattispecie Peveragno e Boves.
Avevo una montagna alle mie spalle, la Bisalta, (anche se per
vederla dovevo togliermi dall’ombra della collina), avevo montagne alla mia sinistra, le Alpi Marittime e, proprio di fronte al
posto in cui ho tirato i primi calci a un pallone, ho raccolto la
frutta coltivata da mio padre, ho fatto correre il cane e sono
andato in bicicletta senza mani, c’era il Monviso.
Tutta questa natura era la scenografia congenita della mia vita.
Non era né meravigliosa, né potente, né immensa. Era bella,
certo, ma era naturalmente bella.
Io stavo nella natura, come i pesci stanno nell’acqua.
Poi verso i 19 anni ho preso l’unico spazio libero da montagne,
il mio ovest, e sono andato a studiare a Torino. Lettere.
Poi ci sono rimasto e tutt’ora ci vivo e ci lavoro.
Ma dopo questo viaggio, dopo questi anni, so che nel tubetto
degli Smarties ci sono un sacco di cose che davo per scontato;
che, in qualche modo, erano invisibili e che per fortuna ora non
lo sono più. Con questo non voglio dire che le cose che si danno
per scontato siano per forza negative.
C’è una poesia di Leopardi che amo molto e che s’intitola “Inno
ai patriarchi” in cui d’un tratto si fa cenno alla prima alba che
non è stata notata da nessuno.
È stata lì, da sola, a incantare se stessa:
[…] e gl’inarati colli
Solo e muto ascendea l’aprico raggio
Di Febo e l’aurea luna.
Poi un giorno in quell’alba sono nati gli uomini e hanno cominciato a svolgere le loro attività.
Belle, faticose o necessarie, ma tutte accompagnate da un
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Così quando questa estate mi sono distaccato dalla mia vita
ordinaria per passare sei giorni sulle Alpi Marittime, le stesse
che avevano incessantemente attorniato tutti i santi giorni
della mia infanzia, mi sono sentito un po’ pesce, un po’ uomo
primitivo e un po’ bambino di tre/quattro anni.
Mi hanno permesso di rompere l’archetipo paesaggistico delle Alpi Marittime e, contestualmente, hanno rotto anche la loro
invisibilità, che non era visiva, ma concettuale.
Mi hanno fatto entrare dentro al posto in cui fino ad allora avevo distrattamente guardato e ho scoperto non solo tutte le
cose affettive che ho raccontato in questo diario ma tutte le
singole molecole che hanno composto il mare della mia infanzia, o almeno me ne hanno dato la possibilità. E io ci ho provato.
Per cui se prima o poi, per qualche strano modello caotico le
particelle che mi compongono si riordineranno in un pesce, e
se per qualche altro strano motivo un pesce parlante mi si avvicinerà chiedendomi come è l’acqua, spero risponderò in maniera tutt’altro che caotica: “apparentemente invisibile”.
Come le nostre Alpi Marittime.
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CARLOT-TA
Valzer
su ghiacciaio
ovvero
Due brani inediti scritti
durante il viaggio nell’invisibile
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DUE BRANI INEDITI SCRITTI DURANTE IL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
DUE BRANI INEDITI SCRITTI DURANTE IL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
Glaciers
La valse
du conifère
N
evai perenni, massi erratici, acque di sorgente, laghi prosciugati.
Glaciers è una canzone sull’inospitalità della montagna,
che pure, attraverso le ere geologiche, ha cercato di essere il più
ospitale possibile.
Oppure, forse, è solo la ballata di un amore non corrisposto.
*Clicca sulla nota e ascolta Glaciers.
N
on abbiamo incontrato molte conifere durante il nostro
tragitto, ma la visione di un larice solitario ha ispirato questo brano francofono e francofilo, volontariamente tragicomico.
Il valzer della conifera (che al francese ha i generi tutti invertiti
e diventa La valse du conifère, la valzer del conifero) racconta di
un albero, solo sulla montagna, che osserva malinconico la vita
che gli scorre attorno.
*Clicca sulla nota e ascolta La valse du conifère.
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CARLOT-TA
Suoni
dall’invisibile
ovvero
Tre pezzi facili
per borraccia, roccia e voce
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TRE PEZZI FACILI PER BORRACCIA, ROCCIA E VOCE
Flask’s
sounds
TRE PEZZI FACILI PER BORRACCIA, ROCCIA E VOCE
Tutti i suoni che si ascoltano nel brano sono dunque generati da
una borraccia metallica prodotta da una nota catena di articoli
sportivi e dalla poca, o tanta, acqua al suo interno.
N
on sono pratica di lunghe avventure all’aria aperta e una
cosa che mi ha molto colpita durante il nostro cammino è
stata l’inedita sensazione di avere sete e non avere acqua
in abbondanza a disposizione.
È capitato nelle tratte più lunghe e ad alta quota che la mia borraccia da 0.6l dovesse bastarmi per tutta la giornata.
Il caldo torrido non contribuiva e più di una volta mi sono trovata
a riflettere su come potessi razionare le risorse a disposizione e a
sperare di trovare al più presto una fontana.
Ovviamente sto drammatizzando e non sono morta di sete.
In compenso, scuotendo nervosamente la mia borraccia metallica
ogni 10 minuti per verificare il livello del suo contenuto, ho scoperto in essa una gamma sonora curiosa.
Approfittando del progressivo svuotamento, ho registrato qualche suono. Nello specifico, ho creato una scala di 12 note e l’ho
utilizzata per comporre questo brano dal gusto, non a caso, dodecafonico, o meglio – per essere precisi ed evitare le ire della comunità dodecafonica – atonale.
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*Clicca sulla nota e ascolta Flask’s sounds.
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TRE PEZZI FACILI PER BORRACCIA, ROCCIA E VOCE
TRE PEZZI FACILI PER BORRACCIA, ROCCIA E VOCE
Natural echoes
in digital valleys
Black
is the tunnel
C
amminando, dall’alto, verso la Diga del Chiotas, mi sono accorta che la valle risuonava in modo strano, un po’ come
risuonano le valli nei fumetti: con un’eco sorprendente.
Mi sono messa a cantare delle note acute, alcune intonate, altre
no. Poi ho pensato che quella valle, dal suono così naturale, ma
irreale, avesse in sé qualcosa di artificiale; forse la barriera di cemento, ancora lontana, che iniziavamo ad avvicinare.
D
urante il nostro cammino ci siamo imbattuti in un piccolo
tunnel scavato nella montagna.
Il tunnel era ovviamente buio, roccioso e in possesso di un
considerevole riverbero naturale. Ho colpito in vari modi le pietre
al suo interno e la parete del tunnel – con i piedi, con le mani, scagliando pietre su pietre – e ho cantato la melodia di una canzone,
Black is the color, una ballata tradizionale scozzese.
Così questa traccia è un po’ naturale, un po’ costruita, con gli
strumenti di una nuova tecnologia, invisibile ma invadente come
un muro di centotrenta metri.
Giunta a casa, ho pensato di unire i suoni delle rocce con quelli della mia voce. Mi sono un po’ ispirata a Dancer in the dark, il
celebre film di Lars Von Trier in cui Bjork immagina che la realtà,
sempre più buia, che la circonda possa accompagnare in ogni momento il suo canto, come in una specie di musical.
Fossimo in un film, i semiologi direbbero che il paesaggio sonoro,
prima diegetico, diventa extradiegetico.
Ma siamo nella realtà e di queste cose poco ci importa.
*Clicca sulla nota e ascolta Natural echoes in digital valleys.
*Clicca sulla nota e ascolta Black is the tunnel.
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CARLOT-TA
Sedici temi
musicali
ovvero
La colonna sonora
del viaggio nell’invisibile
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LA COLONNA SONORA DEL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
LA COLONNA SONORA DEL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
«Queste canzoni mi hanno accompagnato
attraverso le Alpi Marittime. Alcune le ho solo
immaginate, altre ascoltate per davvero»
Sono una grande appassionata dei canti degli alpini, e questo è sicuramente il mio preferito. Si tratta di una ninna nanna in dialetto
trentino. L’armonizzazione polifonica, che risale agli anni ’50, è del
celebre pianista Arturo Benedetti Michelangeli.
Lago del Claus
Staralfur, Sigur Ros
Prima di partire
Voyage voyage, Soap&Skin
Un invito al viaggio. Sarà un caso, ma è l’ultima canzone che ho
ascoltato prima di arrivare a Sant’Anna di Valdieri.
Con il documentario musicale Heima i Sigur Ros hanno raccontato
l’”Islanda invisibile” contribuendo a trasformarla in gettonata destinazione turistica. Il lago del Claus non è meta meno “esotica”,
sembra davvero di stare nel Nord Europa e meriterebbe altrettanto successo di visitatori.
Uno dei miei luoghi preferiti di questo viaggio.
Arrivo al pian del Valasco
Il re fa rullare i tamburi, Fabrizio De André
Il Rifugio Valasco con la sua architettura imponente e colorata, simile un castello ma anche a una giostra gonfiabile che si staglia
nella piana, fa immaginare una battuta di caccia in compagnia di
regnanti un po’ bislacchi e di sotterfugi amorosi inaspettati.
Una notte al Valasco
Mon amant de Saint Jean, Lucienne Delyle
Le sere d’estate al Valasco sono molto animate. Durante la giornata abbiamo avuto modo di conoscere Paolo, scultore e costruttore
di organetti. Abbiamo suonato un po’ insieme e mi ha fatto ascoltare questa melodia francese, un valzer musette degli anni ’30.
Rifugio Questa
Eine Alpensinfonie, Richard Strauss
L’arrivo al Rifugio Questa è stato emozionante.
Siamo giunti al Lago delle Portette con il sole che già ci aveva
lasciati. La nebbia ha gradualmente coperto la valle, lasciandoci
proprio come viandanti su mari di nebbie. D’altra parte si tratta
di Alpi Marittime. Se il panorama cangiante fosse stata un’opera
multimediale sarebbe stato bello sonorizzarla con una sinfonia
romantica, magari proprio la Sinfonia delle Alpi di Strauss, il racconto musicale di una “gita” in montagna.
Il frammento 14 è quello del Nebel Steigen Auf, l’alzarsi delle nebbie, appunto.
La leggenda del gipeto
Strade di pietra
‘Ndormenzete Popin, Coro della SAT
Bird of pray, Jim Morrison
Non avevo mai percorso strade lastricate a 2300 metri di quota.
Mi è successo durante il tragitto che ci ha portati dai Laghi di Valscura al rifugio Questa.
Roberto, la nostra guida ci ha raccontato di un rapace insolito per
noi abitanti della città.
Il gipeto. Nella mia mente era una sorta di pterodattilo, un po’ meno
simpatico e ho immaginato più volte di utilizzarlo come mezzo di
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LA COLONNA SONORA DEL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
LA COLONNA SONORA DEL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
trasporto tra le vette. Quella di Jim Morrison è un’interpretazione
più poetica e drammatica del tema “rapaci”.
percorso. Questa canzone è la title track del disco d’esordio dei
Goldfrapp, registrato in montagna.
Credo sia un perfetto brano per una camminata mattutina tra gli
alberi.
Laghi di Fremamorta
Man made lake, Calexico
Il terzo giorno di cammino è stato, per me che sono poco avvezza
a trekking e vita in montagna, il più difficile.
Lo zaino sembrava pesantissimo e le scottature che mi ero procurata trascurando i raggi del sole nei due giorni precedenti, bruciavano più che mai.
L’arrivo al paesaggio arido dei Laghi di Fremamorta mi è parsa una
camminata nel deserto infuocato dell’Arizona – di cui i Calexico
sono tra i migliori cantori – o, forse meglio, in quello allucinogeno
dei Tartari.
E dire che non ho visto mai nessuno dei due.
Terme di Valdieri
Preludes n.6, Des Pas sur la neige, Claude Debussy
Gymnopedie n.3, Erik Satie
Le Terme di Valdieri mi hanno colpita molto. Mi è sembrato di stare
in un film di Wes Anderson. Il “Grand Valdieri Hotel” [Hotel Royal
di Terme di Valdieri, ndr] è una struttura affascinante quanto decadente, che mi piacerebbe rivedere d’inverno, avvolta dalle nevi.
Penso che questi due brani del repertorio francese di fine ‘800 ne
possano esprimere abbastanza bene l’anima.
Il preludio di Debussy è il racconto artico di passi sulla neve. Le
Gymnopedie di Satie sono invece ironiche “ginnastiche per i piedi”. Non mi sarei stupita di trovare il compositore francese a sorseggiare un pastis, o forse un genepì, nella hall.
Salita nel bosco
Felt Mountain, Goldfrapp
La prima parte del cammino per il rifugio Morelli Buzzi è un lungo
tratto boschivo, uno dei pochi che abbiamo incontrato sul nostro
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Lagarot
Tiger Mountain Peasant Song, Fleet Foxes
Una canzone di laghi, di montagna e di morte.
Ho immaginato di ascoltarla durante la breve sosta al Lagarot, angolo incantato ma anche malinconico, con il suo piccolo cimitero
di croci, ricordo di alpinisti coraggiosi.
Rifugio Morelli Buzzi
The Wild Mountain Thyme, Joan Baez
Nonostante la sua posizione impervia, in cima a un’arida pietraia, il
Rifugio Morelli Buzzi è un luogo assai accogliente.
Il pomeriggio trascorso qui in compagnia degli stambecchi è stato
molto piacevole.
Questa ballata tradizionale scozzese, divenuta un classico del folk
degli Appalacchi è una colonna sonora sicura e bucolica.
Prima dell’alba
Darkness, Peter Gabriel
La camera del Rifugio Morelli Buzzi ha una grande finestra che dà
sulla valle.
Svegliatami, per il filtrare della luce, alle prime luci dell’alba ho potuto ammirare il panorama in penombra. Le rocce della pietraia
creavano degli strani effetti ottici e più di una volta mi è sembrato
di scorgere uomini di pietra, come statue primitive, o stambecchi
dormienti tra i massi.
Dimenticate queste fantasie, sono tornata a dormire.
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LA COLONNA SONORA DEL VIAGGIO NELL’INVISIBILE
Discesa vista diga
The Mountain, PJ Harvey
Il mio viaggio attraverso Le Marittime Invisibili si è concluso alla
Diga del Chiotas.
La discesa nella valle che guarda l’Argentera è stata avvolta da
un velo di malinconia e inquietudine. Da un lato stavo per lasciare
queste terre, dall’altro la tetra visione della parete di cemento non
mi rassicurava.
La montagna di PJ Harvey è un dramma alpino stridente e cupo.
Addio ai monti
Emily, Joanna Newsom
Joanna Newsom è un’arpista americana che usa la sua arpa per
scrivere canzoni. Questa suite è molto criptica, ma descrive chiaramente un paesaggio montano.
Ho ascoltato questo disco in auto mentre attraversavo i borghi e
le storie della valle sulla via del ritorno.
Ritorno a casa
Remembering Mountains, Sharon Van Etten
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PAOLO ANSALDI
Camera
fissa
ovvero
L’invisibile raccontato
in quattro tableaux vivants
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L’INVISIBILE RACCONTATO IN QUATTRO TABLEAUX VIVANTS
L’INVISIBILE RACCONTATO IN QUATTRO TABLEAUX VIVANTS
Acqua
In vita
L
e onde ritmano il tempo, la natura rallenta, i sensi si risvegliano, l’invisibile si dilata e si mostra attraverso una meditazione
liquida.
*Clicca sulla pellicola e guarda Acqua.
I
nterferenze sonore innescano un’illuminazione naturalistica
all’interno di uno spazio intimo, composto da ritmi frenetici,
cambi direzionali, spostamenti di piani, rallentamenti temporali.
*Clicca sulla pellicola e guarda In vita.
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L’INVISIBILE RACCONTATO IN QUATTRO TABLEAUX VIVANTS
L’INVISIBILE RACCONTATO IN QUATTRO TABLEAUX VIVANTS
Terra e aria
Uomo
L
a natura si mostra nell’invisibile, innescando nuove capacità
d’ascolto, di osservazione e lasciano il tempo per cogliere e
comprendere nuove emozioni.
*Clicca sulla pellicola e guarda Terra e aria.
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L’
uomo prigioniero della roccia ha l’opportunità di liberare la
sua energia vitale attraverso onde sonore che si diffondono
con echi imprevedibili.
*Clicca sulla pellicola e guarda Uomo.
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GLI APPRENDISTI
L’apprendista
sognatore
in
ricognizione
ovvero
Le Marittime Invisibili degli apprendisti
Giulia Sereno e Alessio Dutto
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GLI APPRENDISTI: GIULIA SERENO
L’apprendista
sognatore
I suggerimenti di Raffaele Riba su come
scrivere una storia raccolti da Giulia Sereno
e condensati in dieci punti
1
Piano del Valasco
Raccontare è una funzione biologica dell’uomo
I sogni sono storielle che noi, senza neanche volerlo, ci inventiamo per allenarci alle probabili situazioni della vita: questo è
il fisiologico bisogno che l’uomo ha fin dai tempi antichi di raccontare; ma io, prima di partire, ancora non lo sapevo, me lo avrebbe
insegnato Raffaele più avanti.
Per me i sogni, erano solo sogni ed è per questo che non potevano
esistere e io, io che vivevo nei miei sogni, di certo non potevo essere diversa da loro.
Avendo quindi un po’ chiaro solo il fatto di non essere, sono partita
una mattina come tutte le altre in cui mi sentivo più abbandonata
da quei tutti di cui non avrei saputo fare i nomi.
Sono partita, e quando sono arrivata mi è sembrato davvero di
non esserci; ma visto che questa sensazione per nulla mi era nuova avevo già deciso di essere a modo mio.
Non sapendo cosa dire, allora, stavo zitta e si sa, quando non ci
sono le parole iniziano i sogni ed i pensieri.
Così, senza fretta, iniziavo il mio cammino.
Avrei forse dovuto avere lo scopo di essere, ma non mi importava
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GLI APPRENDISTI: GIULIA SERENO
più e fu nel momento in cui rimasi da sola a scrivere che decisi di
prenderla così; senza obbligarmi ad essere simpatica, senza obbligarmi ad uscire dal mio sogno.
2
Un libro è una storia di tempo e di solitudine
3
Devi sapere tutto dei tuoi personaggi
Lago del Claus
Fin da subito era iniziato lo spettacolo: gente qui attorno si
aggirava, fuori posto, con una chitarra in mano.
E sentivo un po’ le note suonare da lontano.
Già il primo giorno mi accorsi con che gente ero capitata: bravi,
bravissimi illustratori di situazioni e sentimenti mi circondavano e
stavano così bene nel mio sogno e nel sogno delle Alpi Marittime.
Rifugio Emilio Questa
Poi certo, è ovvio, c’erano loro, le montagne, le Alpi del mare
a tenerci compagnia. Loro ci circondavano e ci si poteva sentire
liberi, si poteva parlare con loro o dedicare loro una canzone.
E c’erano Roberto e Laura a spiegarci la loro storia e le loro leggende, così che potevamo conoscerle, rispettarle, ammirarle in tutta
la loro grandezza, camminargli a fianco sentendole vicine e compresive nei confronti di un’armata di gente strana che si accingeva
a raccontare di loro.
Iniziavamo velocemente a trasformarci da una semplice armata
ad un’armata di amici e il sentimento di essere coinvolta in un
gruppo mi piaceva molto.
4
Bivacco Guiglia
Raccontare fa di tante persone
una persona soltanto
Già ammirando il paessaggio e la strada percorsa mi sentivo libera e tranquilla come ci si sente poche volte, e non potevo fare a
meno di ammettere che Raffaele, Carlotta, Paolo, Marco, Laura e
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GLI APPRENDISTI: GIULIA SERENO
Roberto stavano entrando miracolosamente nel mio sogno arricchendolo di particolari divertenti e di saggi consigli che annotavo
per poter essere sicura di tenere per sempre.
Certo non potevo escludere le Alpi che erano muse protettrici di
eventi, luoghi e persone che avrei voluto mettere nell’archivio dei
miei migliori ricordi.
5
Pian della Casa
Devi abituarti ai tempi, la narrazione ora
deve essere veloce
Io, già da molto, amavo le montagne ma ora, ora era il momento di
capirle.
Se per tanto tempo mentre distrutta dalla fatica le avevo attraversate veloce, mentre sentivo Carlot-ta suonare le ammiravo davvero e le amavo.
E loro, come Dei, vegliavano su di noi, rocciose, distanti e invece
così vicine.
6
Terme di Valdieri
Mentre scrivi sei Dio
Così sognavo, ma ecco che finalmente nel mio sogno non
ero più sola.
Salivamo piano e finalmente all’ombra, verso il rifugio Morelli ed
ero tranquilla; la tranquillità è la sensazione più complicata da
raggiungere perché è fragile, fragilissima. Un piccolo pensiero
lontano la può distruggere facilmente ma questo trasmettono le
alte montagne vicino al mare; come supereroi salvano le persone dal caos, dai pensieri.
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GLI APPRENDISTI: GIULIA SERENO
8
Rifugio Morelli Buzzi
Puoi creare personaggi
e sbattergli addosso i tuoi sentimenti
Sarà stata forse la nebbia che aveva nascosto tutto per poi rimostrarcelo identico a prima, saranno state le arti che attraverso
sensazioni spiegano la realtà o saranno state le montagne che
da milioni di anni cambiano volto, ma, in fondo rimangono sempre montagne… in questo viaggio ho imparato che la realtà esiste,
esiste come tu vuoi che sia; esiste come esistono le montagne e
come esistono i sogni.
9
Rifugio Genova Figari
Una storia è una narrazione in tre atti
Grazie Raffaele per i tuoi consigli, grazie per avermi insegnato cosa vuol dire scrivere, grazie per le tue lezioni.
Grazie Carlotta, grazie Marco, grazie Paolo e grazie Alessio per
avermi fatto capire e sentire le montagne perché mi avete insegnato molto, perché è stato un onore poter viaggiare con voi e vedere come lavorate.
Grazie Roberto e Laura per averci raccontato le Alpi Marittime.
Grazie montagne del mare per la compagnia, la protezione e le
sensazioni.
10
Rifugio Soria Ellena
Il racconto
deve essere interessante
Lagarot di Lourousa
Scrivi per dire la tua a modo tuo
La nebbia ci raggiunse dopo, silenziosa e fiera ci avvolgeva
mentre i discorsi da artisti mi erano ormai diventati familiari.
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GLI APPRENDISTI: ALESSIO DUTTO
Una ricognizione
L
a traccia audio Una ricognizione rappresenta un primo
approccio all’ascolto di tutti i suoni che ho registrato durante il viaggio. Nel tentativo di orientarmici, si è trasformato in un brano che ripropone, in ordine strettamente cronologico, alcuni dei suoni del percorso de Le Marittime Invisibili.
Ma come in un un sogno, i ricordi si fanno confusi e vengono
circondati da eventi irreali, sovrannaturali: le registrazioni originali sono così accompagnate da alterazioni elettroniche che,
giocando con il labile confine tra il reale e l’irreale, indagano l’essenza stessa dei suoni delle Alpi Marittime, svelandone la natura
magica del ricordo.
Il brano è stato il punto di partenza ed è parte di Vagantes, un’installazione multimediale che presenta in modo inconsueto tutte
le rielaborazioni dei suoni raccolti durante Le Marittime Invisibili,
attraverso la riproduzione degli stessi all’interno di vecchi scarponi da montagna.
*Clicca sulla nota e ascolta Una ricognizione.
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Note
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Note
Note
Elenco delle tavole illustrate
da Marco Paschetta presenti nel volume,
ma prive di didascalia
Collegamenti alle schede di presentazione
degli artisti e apprendisti protagonisti
de Le Marittime Invisibili
Carlot-ta
Pagina 14
L’incognita azzurra
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm • 1/22
Pagina 28
Carlot-ta, al secolo Carlotta Sillano, nasce a Vercelli nel 1990.
Cantante, pianista e polistrumentista, scrive canzoni. La sua musica è la sintesi di
un songwriting formale, complesso, e di un puro spirito pop.
Marco Paschetta
Primo silenzio
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm • 6/22
Pagina 40
Secondo silenzio
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm • 12/22
Marco nasce a Cuneo nel 1979.
Autodidatta, partecipa a concorsi nel mondo del fumetto e dell’illustrazione esponendo ai festival de la Bande Dessinée di Angouleme (F), a quello di Amadoura (P) e
allo Sharjah Children’s Book Festival (UAE).
Paolo Ansaldi
Paolo nasce l’11 giugno 1979 in Italia da madre francese e padre italiano.
Nel 2002 si laurea in Video Tecnologie all’Università del Cinema di Torino. Autore e
regista di cortometraggi, viaggia in giro per il mondo.
Pagina 50
Terzo silenzio
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm • 18/22
Pagina 54
Il colore dell’altitudine
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x23 cm • 17/22
Raffaele Riba
Raffaele è nato a Cuneo il 15 maggio 1983.
Ha collaborato con giornali e riviste come l’”Indice dei libri del mese”, “Ttg Italia” e,
come ufficio stampa per diverse realtà tra cui quella di “Scrittorincittà”.
Giulia Sereno
Pagina 58
La sera per la brace
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 28x26 cm • 19/22
Classe 1997, Giulia frequenta il Liceo scientifico.
Speleologa e istruttrice di nordic walking, interpreta la montagna “come un’amica,
una compagna fedele di solitudine capace di proteggere i sentimenti più puri”.
Pagina 66
Alessio Dutto
Terzo sogno: esperienza rapace
2015 • Tecnica mista e achillea su carta cotone, 31x24 cm • 22/22
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Classe 1989, Alessio è un “artigiano del suono”.
Diplomato nel 2014 al Conservatorio di Cuneo, compone musica elettroacustica e crea
installazioni sonore partendo dai concetti di “semplicità, essenzialità e radicalità”.
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www.lemarittimeinvisibili.it
2015 • Tutti i diritti riservati
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