CON LA LIRA - VisioTrade
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Mi manda Lubrano di Antonio Lubrano Conviene abbandonare l’euro? Risposta: no. A meno che non si voglia pagare un caffè al bar dieci volte tanto... QuELLI CHE GIOCANO CON LA LIRA C VECCHIO CONIO Alcune monete entrate nel novero dei ricordi. Dal 2002 l’euro ha sostituito la lira. Solo dieci anni, ma per alcuni bastano e avanzano. VIVERE hi l’avrebbe mai detto che parlare dell’euro avrebbe significato nominare un malato dal cammino incerto e, secondo alcuni profeti di sventure, destinato addirittura a scomparire? Neppure gli accordi recenti di Bruxelles diradano del tutto le nubi che si addensano sul futuro della nostra moneta. C’è chi ne pronosticava la fine in pochi mesi, chi ostenta sicurezza e tiene botta sottolineando ripercussioni “cataclismatiche” su tutte le monete del mondo, in caso di sciagurata dipartita da parte dell’euro, e chi sta a guardare in attesa di eventi. Ma non va dimenticato che grazie alle misure fortemente volute proprio da Mario Monti, in accordo con Francia e Spagna, l’Europa ha dato il via libera a un’intesa sui meccanismi anti-spread e a un accordo su aiuti diretti alle banche spagnole che hanno risollevato le sorti della moneta. Ma chi specula sul nulla, tentando di ingolosire con un ritorno al passato che fu, alla cara, vecchia lira, ancora c’è. Molti si sono posti la domanda più perentoria: domani torna la lira, che cosa ci succede? 48 AGOSTO 2012 Ebbene, una prima risposta la troveremmo subito al bancomat: un netto rifiuto ai prelievi più alti (il tetto di 250 o di 500 euro, come è possibile oggi presso alcuni sportelli). E poi i piani d’emergenza, che ognuno dei 26 Paesi dell’Unione europea ha segretamente predisposto, prevedono la chiusura delle frontiere, la sospensione del trattato di Schengen sulla libera circolazione e l’impossibilità di trasferire capitali all’estero. Di certo, per l’Italia, secondo Rosario Trefiletti, economista e leader della Federconsumatori, «le conseguenze di un’uscita dall’euro sarebbero a dir poco catastrofiche». Questa la sua analisi: «La nuova lira, se così la vogliamo chiamare, nascerebbe infatti con una pesante ipoteca sul suo futuro. Una moneta che partirebbe con una svalutazione dal 30 al 50%». In termini pratici ciò si traduce in una drastica riduzione del potere d’acquisto (leggi stipendi e caduta di valore dei beni mobili e immobili). Né il rovescio si fermerebbe qui. «Le materie prime alimentari ed energetiche sono infatti scambiate in dollari. Con una moneta debole, quindi, i prezzi di tali prodotti, dal grano al petrolio, risulterebbero carissimi, facendo STORIA DELLA NOSTRA MONETA L schizzare l’inflazione importata alle stelle. Non dimentichiamo, inoltre, che il costo dei carburanti funziona da pericolosissimo moltiplicatore su tutti i prezzi di beni e servizi, amplificando all’inverosimile le ripercussioni negative di un ritorno alla lira». E quali effetti può avere – gli chiedo – l’infausto ritorno alla lira sui mutui? «Molte famiglie non potranno più permettersi le rate e finiranno per perdere la casa. Lo stesso discorso vale per lo Stato, costretto a pagare i titoli del debito pubblico emessi in euro». Insomma, un impoverimento collettivo. Non è per consolarci ma è possibile che non ci sia nessun vantaggio da questo ritorno? L’unico, secondo Trefiletti, «potrebbe giungere dal settore delle esportazioni, con i prodotti made in Italy più competitivi sul mercato internazionale. Un vantaggio che potrebbe essere annullato, però, dall’insorgere di dazi doganali o da possibili crisi sul mercato internazionale derivanti dall’uscita dell’Italia dall’euro». Secondo altre fonti, invece, forse troppo ottimistiche, il lato positivo sarebbe lo svuotamento a Lira con la elle maiuscola nasce come Libra ai tempi di Roma antica. Allora, un’unità equivaleva a 327 grammi. Fu così fino all’avvento di Carlo Magno, sotto il cui impero la Libra divenne un’unità di conto più che una moneta. Una libra per dire 240 denari, e si andò avanti così per quasi mille anni in tutti i territori cristiani d’Occidente, dalla Manica a Roma. Seicento: l’anarchia monetaria che regna nella Penisola ha un primo barlume d’unità. Vittorio Amedeo I di Savoia fa piazza pulita di grossi e fiorini e ristabilisce la lira romana come unica moneta del regno dei Savoia. 1808: Napoleone istituisce la lira italiana, 5 grammi d’argento, chiedendo alla Zecca di Milano di coniarla. Dura Dur poco. La Restaurazione induce ogni Stato a tornare alla propria moneta. 17 luglio 1861: finalmente, con l’unità d’Italia, la lira piemontese diviene la lira italiana e ha corso legale in tutto il Regno. 24 agosto 1862: sono bandite tutte le altre monete dal territorio. 1866: prima crisi monetaria. A causa delle spese sostenute dai Savoia cazione il debito pubblico cresce a dismisura. per l’unificazione, 1921: seconda crisi, tre anni dopo la fine della prima guerra mondiale. Per acquistare un grammo d’oro occorrono 15 lire e 68 centesimi, mentre nel 1914 ne bastavano appena 3,14. Anni trenta: momenti difficili per la nostra moneta. Con la seconda guerra mondiale la lira si svaluta del 98% sul dollaro. 1943: con l’occupazione delle truppe alleate si dà corso alle Amlire, stampate dalla tipografia Renna a Palermo. Per tornare alla lira si dovrà aspettare la Repubblica, nel 1946. Dopoguerra: fino al 1960 il nostro Paese vive una straordinaria stagione di ripresa e di crescita. 1960: la nostra moneta riceve l’Oscar monetario dalla rivista Financial times. Appena quattro anni dopo ecco di nuovo lo spettro della crisi. Perché? Il boom porta con sé un elevato aumento dei salari, nuove fortissime rivendicazioni sindacali, una diversa distribuzione della ricchezza ma anche la paura che il momento d’oro sia agli sgoccioli. Non pochi imprenditori cominciano a portare i loro capitali all’estero. 1976: il periodo difficile ha il suo momento cruciale con la crisi petrolifera (le domeniche a piedi, ricordate?). L’Italia subisce un attacco speculativo da parte dei mercati finanziari internazionali per una serie di motivi: gli errori della politica economica del Governo, il modo di interpretare gli allarmi del 1975, l’impatto devastante che ha anche sulla nostra economia il prezzo del greggio quadruplicato. Per la prima volta compare in Italia il segno meno davanti al Pil, la disoccupazione aumenta a livelli mai conosciuti prima, gli investimenti crollano. 1992: ultimo atto prima dell’introduzione dell’euro, la svalutazione, osteggiata dal governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi. I motivi? I soliti: l’elevata spesa pubblica, la mancata competitività delle nostre aziende sul mercato internazionale, il debito pubblico sempre crescente, il costo del lavoro e l’ennesimo attacco speculativo alla nostra già debole moneta. In tre mesi la lira perde il 40% del suo valore. Ad agosto per un marco tedesco servono 750 lire, a ottobre 1.300. 1° gennaio 2002: arriva l’euro, inizia la nuova era monetaria. La lira resta in vigore fino alla fine di febbraio. 49 AGOSTO 2012 VIVERE Mi manda Lubrano futuRO INCERtO In senso orario: il presidente francese François Holland con Mario Monti e il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, difensori dell’euro; Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, che hanno invocato un ritorno alla lira. 50% di svalutazione secondo gli economisti, se si verificasse un “ritorno al passato” VIVERE del debito pubblico, che oggi è sui 2.000 miliardi di euro. La previsione più cupa scaturisce dalle stime della Ubs londinese, in base alle quali le ricadute per ogni italiano sarebbero di almeno 10.000 euro l’anno per una decina d’anni. «Un’ipotesi insostenibile, da scongiurare con ogni mezzo. Significherebbe il tracollo delle famiglie, già arrivate allo stremo dopo anni di crisi, aumento dei prezzi e manovre correttive». Un’immagine mi è subito tornata in mente, quella della Grecia del dopoguerra nel racconto che ne faceva mio padre, comandante di navi da carico: «Le donne al Pireo vanno a fare la spesa con la valigia. Sì, una valigia colma di dracme, un chilo di patate costa milioni». E oggi, pur non essendo paragonabili storicamente le due situazioni, l’incubo della catastrofe monetaria è sorto ancora sotto il segno di Atene. C’è chi, come Silvio Berlusconi, parla del ritorno alla lira come di una battaglia culturale, allineandosi alle posizioni di Beppe Grillo, che non ha la spudoratezza di tirare in ballo la cultura. E chi invece sostiene che torneremo non alla lira ma al baratto, la più antica forma di scambio senza denaro. Già adesso basta cliccare la parola e la Rete fornisce un campionario vastissimo. Il sito Ebay, per esempio, al capitolo baratto offre di tutto, dall’auto usata alla casa, alla prestazione di un professionista, dentista o avvocato 50 AGOSTO 2012 che sia. E chi fa operazioni del genere, senza uso di moneta, sapete come si chiama? Barter. Anche le aziende si scambiano merci e servizi. Luca Salerno, dirigente della VisioTrade di Torino, società specializzata nel settore, dice che non siamo di fronte a una novità assoluta: «Aderire a un network commerciale, nel quale i partecipanti, di comune accordo, decidono di sostituire i pagamenti in moneta con lo scambio di beni e servizi (il cui valore è stabilito, dichiarato ed espresso in quello di una moneta complementare dello stesso valore nominale di quella corrente) è un’idea che da tempo risulta consolidata e funzionante in molti Paesi: Stati Uniti, Svizzera, Australia, Francia, Usa, Germania, tanto per fare qualche esempio. Insomma, nel mondo vi sono circa 5.000 microsistemi di moneta basati su biglietti o monete tangibili in cui il controvalore legale risulta nei libriregistri contabili. In Italia, il commerce network delle imprese è stato importato, adattato e gestito dalla nostra società e la moneta complementare utilizzata è l’eurocredito, dello stesso valore nominale dell’euro». Come è stabilito il valore delle merci? «È stabilito in valuta complementare che viene inserita in un conto corrente telematico di ciascun membro della rete e la moneta complementare può essere spesa nel network per acquisire qualsiasi bene o servizio. Chi aderisce a questo mercato privato acquisisce, così, un’importan- Network di beni e servizi: ritorna il baratto come ai vecchi tempi te leva imprenditoriale che aiuta a vincere la sfida della concorrenza, grazie al fatto di poter sostenere i propri costi aziendali pagandoli col proprio prodotto o servizio». Posso avere un’idea della diffusione italiana del commerce network? «Oggi siamo a 1.200 aziende per un valore di transazioni di oltre dieci milioni di eurocrediti. I settori merceologici coperti sono più di 50, con una crescita mensile di oltre cento adesioni di imprese di ogni tipo e dimensione. Oltre al Piemonte, al momento sono attive le aree commerciali in Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Toscana e Triveneto». L’eurocredito, insomma, come moneta alternativa all’euro. Ma ci sono altri esempi. Esistono già i buoni-pasto che alcune aziende danno ai dipendenti e possono essere spesi in esercizi convenzionati. Poi ci sono i buoni-acquisto, in alcuni quartieri delle grandi città hanno valore corrente da tempo. Particolare attenzione suscita lo Scec, sigla che sta per “Solidarietà che cammina” e che ha valore nel cosiddetto Arcipelago Scec, associazione senza scopo di lucro operante nell’ambito del volontariato. Ma esistono anche altri circuiti con monete alternative: a Roma, per citarne alcuni, è stato istituito il circuito Ecoroma, in Toscana si è dato spazio al progetto Tau, con un buono locale utile per cittadini e commercianti. Idem il Thyus di Terni e l’Eco-Aspromonte, moneta-voucher disponibile in quattro tagli. Domani, dunque, torna la lira. Che succede? La domanda se l’è posta già due anni fa un redattore de Il Giornale che immaginava in questo giorno X di andare al bar per un caffè. «Buono?», chiede il barista. «Ottimo. Quanto pago?» «Diecimila lire»! Antonio Lubrano QUANTO VALGONO I SOLDI DEL 1940? Per rivalutare al 2011 una cifra espressa in lire, bisogna moltiplicare l’importo per il coefficiente dell’anno per il quale si vuole effettuare la rivalutazione. Se la cifra originaria è espressa in lire, mentre la cifra rivalutata è in euro, occorre effettuare prima la rivalutazione (moltiplicando per il coefficiente) e successivamente la conversione (per 1936,27). Esempio: se dobbiamo rivalutare 1.000.000 di lire del 1970, si deve moltiplicare l’importoper il coefficiente dell’anno di riferimento cioè per 16,411, cioè 16.411.000 lire, che corrispondono a 8.475,57 euro. Anno Coefficiente Anno Coefficiente 1940 1941 1942 1943 1944 1945 1946 1947 1948 1949 1950 1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1.348,367 1165,329 1008,230 601,204 135,286 68,689 58,202 35,914 33,920 33,429 33,885 30,884 29,626 29,061 28,300 27,529 26,223 25,726 24,551 24,652 24,015 23,333 22,201 20,649 19,493 18,682 18,315 17,956 17,730 17,246 16,411 15,630 14,798 13,408 11,225 9,580 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 8,222 6,962 6,191 5,349 4,416 3,720 3,197 2,781 2,515 2,316 2,182 2,086 1,988 1,864 1,757 1,651 1,567 1,503 1,447 1,373 1,321 1,299 1,276 1,256 1,225 1,193 1,165 1,137 1,114 1,096 1,074 1,056 1,023 1,016 1,000 Nel sito dell’Istat (http://rivaluta.istat.it/Rivaluta/#) è possibile calcolare tutti i dati delle rivalutazione della lira a partire dal 1947, mese per mese. Oppure potete calcolare la rivalutazione nel nostro sito www.vivereinarmonia.it Fonte: Istat. Coefficienti di rivalutazione monetaria in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. CONVERSIONE Con l’entrata in vigore dell’euro per molto tempo i prezzi sono stati espressi anche in lire, per favorire l’adattamento alla nuova moneta. VIVERE