SecoloXIX 20maggio - Ventotene Film Festival
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SecoloXIX 20maggio - Ventotene Film Festival
xte spettacoli IL SECOLO XIX VENERDÌ 20 MAGGIO 2016 51 Festival di Cannes FULVIA CAPRARA CANNES. Polemiche fiammeggianti, entusiasmi, critiche e ora, soprattutto, previsioni. Con l’ultima sventagliata di divi internazionali e registi superstar, il Festival si avvia alle battute finali, in attesa del verdetto affidato alla giuria guidata da George Miller, da domani condannata agli arresti domiciliari in una villa poco lontano dalla Croisette, fino al momento in cui avrà messo a punto il suo prezioso palmares. Impresa ardua, vista la particolare concentrazione di celebri maestri della cinematografia mondiale, schierati uno dopo l’altro in un crescendo di intensità artistica che esalta e divide gli addetti ai lavori, ma riconferma il primato indiscusso della rassegna. Seall’inizioilquotidianoLibération si interrogava sul significato dell’appuntamento nell’inchiesta «Cannes utile ou futile», se Le Monde parlava di manifestazione «cannibale», adesso che il sipario sta per calare si può dire con certezza che sono stati proiettati molti dei film più importanti della stagione che verrà. Insomma, si può ripetere che l’ultima opera (“La fille inconnue”) dei Dardenne non è la più riuscita della premiata filmografia dei fratelli belgi, si può sbuffare perché Ken Loach continua a parlare di vittime incolpevoli del capitalismo (“I, Daniel Blake”), si può perfino accusare il maestro coreano Park Chanwook di eccessive manie estetizzanti. Tutto lecito, ma la realtà è il livello elevato dei titoli in corsa per la Palma. La garaètraiprimidellaclasse,e c’è già chi si chiede se la prossima Mostra di Venezia riuscirà a essere all’altezza. Uno degli ultimi duelli autoriali è andato in scena ieri. Da una parte il rumeno Cristian Mungiu con “Bacalaureat”, cronaca del terremoto che travolge nell’arco di pochi giorni l’equilibrio esistenziale del cinquantenne Romeo Aldea, medico in una piccola città della Transilvania. Dall’altra l’enfant prodige canadese Xavier Dolan con “Juste la fin du monde”, basato sul testo teatrale di Jean-Luc Lagarce, morto di Aids nel 1995. Dolan e Mungiu scendono in campo Scatta la volata finale per la Palma Anche “Juste la fin du monde” e “Bacalaureat” nella lista dei possibili vincitori per un’edizione che dimostra di aver raccolto il meglio del cinema mondiale IL PROGRAMMA n In concorso “The Last Face” di Sean Penn con Javier Bardem, Charlize Theron, Jared Harris e Jean Reno “The Neon Demon” di Nicolas Winding Refn con Elle Fanning, Jena Malone e Keanu Reeves n Un Certain Regard “La larga noche de Francisco Sanctis” di Francisco Márquez e Andrea Testa con Rafael Federman, Valeria Lois e Laura Paredes Da sinistra, Léa Seydoux e Marion Cotillard con il regista di “Juste la fin du monde”, Xavier Dolan LAPRESSE Chi ama il primo film, asciutto ed essenziale, costruito, come dichiara il regista, nel segno dell’«importanza di realtà e realismo», amerà un po’ meno il secondo, appassionante esercizio di stile dove regia, montaggio, uso della musica e dire- zione degli attori (il gotha della cinematografia francese,daVincentCasselaMarion Cotillard, da Léa Seydoux a Nathalie Baye) compongono un inno al cinema-cinema, quello capace di scrivere emozioni con la macchina da presa: «Appartengo a una cultura popolare - dice Dolan - più vado avanti nel mio lavoro e più tendo a fare film uguali a quelli che vorrei andare a vedere da spettatore». Al centro di “Juste la fin du monde” lo sguardo del protagonista Louis (Gaspard Ulliel), scrittore famoso, grave- n Quinzaine des realizateurs “Dog Eat Dog” di Paul Schrader con Nicholas Cage, Willem Dafoe e Christopher Matthew Cook mente malato, che dopo un’assenza di 12 anni torna in famiglia con l’intenzione di comunicare la sua fine imminente: «L’atmosfera isterica, il nervosismo, le liti e i discorsi spezzati raccontano le imperfezioni profondamente umane dei protagonisti». Emozionato al punto da bloccarsi mentre parla, dicendo con un mezzo sorriso di non ricordare più cosa sta dicendo,ilventisettenneDolanfiuta al volo il tenore delle reazioni: «A Cannes tutti i film dividono, non tutti sono ben accolti, per me conta aver lavorato con persone che amo e speso energie in qualcosa in cui credo». Più freddo, quasi chirurgiconell’analisidellasuaopera, Cristian Mungiu (classe 1968), Palma d’oro nel 2007 con “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni”, spiega che “Bacalaureat” è «una storia che parla di principi e compromessi, di individualismo e solidarietà, di decisioni da prendere, di educazione, di famiglia e di invecchiamento». L’importante, sottolinea, è che nel seguirne lo sviluppo il pubblico sia spinto a «tirare le proprie conclusioni sugli avvenimenti, sui personaggi e sui valori messi in gioco». Sfide differenti, sempre di ottima la qualità. La parola, adesso, passa ai giurati. cc BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI LA POLEMICA Scamarcio: «Pericle il nero va male perché è coraggioso» CANNES. Fuori dal solito ri- tuale delle interviste promozionali, controcorrente rispetto all’abitudine di dire sempre che tutto va bene, Riccardo Scamarcio, nel giorno della presentazione al Certain Regard di”Pericle il nero”, vuota il sacco: «Non è un film per tutti, con il pubblico sta andando male, è un vero disastro, ma la cosa può essere letta in modo positivo...». Pausa, sguardo sugli interlocutori e sul regista Stefano Mordini, e poi via con l’altro affondo: «Siamo con- tentichenonlovadaavedere nessuno - scherza, ma non troppo, l’attore - ce lo guardiamo noi che l’abbiamo fatto e basta». “Pericle”, prosegue Scamarcio, è uno di quei film «che si fanno prendendo rischi, diversi dagli altri, consolatori e rassicuranti. Ma evidentemente al pubblico piacciono solo questi ultimi». L’invito al Festival, con relativi complimenti per «gli interpreti formidabili» è un traguardo importante («Ci hanno detto che il film era molto piaciuto ai selezionatori»), ma non risolve la questione di fondo: «In Italia - continua Scamarcio - Riccardo Scamarcio LAPRESSE è difficile che venga fatta una critica seria, il livello della dialettica si è abbassato, c’è un peggioramento generale dovuto alla deriva massmediologica, all’imperativo dei 140 caratteri». Oltre che protagonista, Scamarcio è produttore del film, con la società Buena Onda, creata con Valeria Golino e a Viola Prestieri: «La nostra è una linea editoriale coraggiosa, lottiamo per produrre i film che ci interessano, Cannes ci restituisce almeno un po’ di fiducia. Siamo felicissimi, datemi una corda». Il regista di “Pericle il nero” (che ha appena ricevuto il Premio Vento d’Europa del Ventotene Film Festival) aggiunge che «la distanza tra pubblico e critica è diventata troppo grande», che «le stellette dei critici» sono un metodo sbrigativo per giudicare un’opera e che la possibilità di farsi apprezzare è cancellata dal meccanismo per cui «un film preparato in tre anni, rischia di essere smontato dalle sale in tre giorni». Adesso la speranza, si augura Scamarcio, è che «il nostro “Pericle” abbia la stessa parabola del romanzo, ignorato in Italia, apprezzato in Francia e pubblicato da Gallimard, rieditato poi da Adelphi e divenuto bestseller». F. C. cc BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI LA ROCKSTAR IN UN DOCUMENTARIO DI JIM JARMUSCH Iggy Pop: «La mia droga adesso è il buon vino» CANNES. Ieri è stato il giorno di Iggy Pop, icona del rock, che ilprossimoannonecompirà70 anni ed è un sopravvissuto di quella generazione di talenti musicali che hanno fatto la storia della musica: sono passati 45 anni dalla morte di Jim Morrison,quasitreannidaquelladi LouReedesolo5mesidaquella di David Bowie. E lui, protagonista nel ruolo di se stesso nell’affettuoso omaggio di Jim Jarmusch in “Gimme Danger”, presentato fuori concorso, lo sa benissimo. «Ho visto il film per la prima volta stanotte: tutta la mia vita è passata davanti ai miei occhi e ho detto “Gesù, ho combinato tutto questo?”», dice. E il confronto con il passato è , a maggior ragione per chi ha avuto una vita pazzesca come la sua, il tema vero. «Ora non voglio essere cool, non voglio essere alternativo, non voglio essere punk rock, voglio solo essere» aggiunge questo arzillo vecchietto che con gli Stooges ha tracciato un solco seguito da decine di band, a cominciaredaiSexPistols.Come sia rimasto in vita dopo tutti quei mix di stupefacenti che sono stati il suo pane quotidiano è l’inevitabile domanda, l’avrà sentita decine di volte, e ormai ha affinato la risposta: «Avevo sviluppato anticorpi micidiali». Nel film, che ha una quantità di clip d’epoca che sono un patrimonio incredibile («Non è roba mia, l’ha cercata la produzione ovunque, specie tra i collezionisti, tra i fan, io non ho conservato niente, i miei ricordi sono solo foto bellissime di mia madre») le droghe si vedono tutte e non ne manca neppure il metadone che Iggy beveva per disintossicarsi dall’eroina, era il 1971 e voleva essere pulito per andare a Londra dove un certo Bowie lo voleva conoscere per collaborare insieme. E adesso si droga ancora? «La mia droga oggi è il buon vino e la polvere bianca è zucchero» dice mostrando una bottiglietta d’acqua. Sente di aver cambiato il mondo del rock, aver influenzato qualcuno? «Abbiamo liquidato gli an- ni ’60, ecco cosa siamo stati». Nel film ci sono molti momenti anche divertenti come quando Iggy Pop spiega «le mie liriche da 25 battute, niente in confronto ai testi bla bla bla di Bob Dylan» o seri come l’ideale «di vita in comune, dividendo tutti i proventi dei diritti d’autore, pensando ad una vita realmente comunista, all’utopia di vivere in peace & love».E la musica oggi? «Ho vissuto un’epoca diversa, ora è business, non è più cool». cc BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI Iggy Pop, 70 anni, ma sempre irriverente LAPRESSE