La sicurezza dei prodotti - Camera di Commercio di Ancona
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La sicurezza dei prodotti - Camera di Commercio di Ancona
I QUADERNI DEL CONSUMATORE I QUADERNI DEL CONSUMATORE LA SICUREZZA DEI PRODOTTI Gli Enti camerali sono chiamati a svolgere una importante funzione di vigilanza e controllo presso i luoghi di produzione e di commercializzazione di determinati beni, a garanzia della concorrenza leale, della trasparenza nelle relazioni economiche, della sicurezza e della tutela del consumatore. La Camera di Commercio di Ancona ritiene che tale attività cominci dall’informazione sulla legislazione di riferimento. In questa prospettiva, questa pubblicazione, realizzata nell’ambito del progetto dal titolo “Le attività di vigilanza dell’Ente camerale, educare imprese e consumatori a comportamenti corretti e virtuosi”, vuole essere uno strumento di lavoro per aiutare gli operatori ad applicare la normativa di riferimento ed assicurare la conformità dei prodotti ai requisiti di sicurezza. LA SICUREZZA DEI PRODOTTI Al momento dell’acquisto e della fruizione di un prodotto ogni consumatore è portatore di legittime aspettative di qualità e sicurezza. Piazza XXIV Maggio 1, 60124 Ancona Tel. + 39 071 58 98 360 - 250 Fax + 39 071 58 98 255 www.an.camcom.gov.it stampato su carta ecologica Camera di Commercio Industria, Artigianato, Agricoltura di Ancona La sicurezza dei prodotti Indice PRESENTAZIONE PARTE I - La sicurezza dei prodotti 7 1. Evoluzione normativa 7 2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa 10 3. Obblighi del produttore e del distributore 15 4. Il sistema dei controlli 20 5. Imitazioni pericolose 25 PARTE II - La responsabilità per danno da prodotto difettoso26 1. Evoluzione normativa 26 2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa 27 3. Tipologie di danno risarcibili e termini 33 PARTE III - Competenze delle camere di commercio in tema di sicurezza dei prodotti 38 1. Le Camere di commercio e la Regolazione del Mercato 38 2. Sicurezza dei giocattoli 39 3. Sicurezza dei prodotti elettrici 56 4. Dispositivi di protezione individuale 70 5. Etichettatura delle calzature 75 6. Etichettatura dei prodotti tessili 82 7. Vigilanza sugli adempimenti relativi alle informazioni su consumi di carburante ed emissioni di CO2 per i veicoli nuovi 93 INDIRIZZI UTILI Si ringrazia per la collaborazione l’Avv. Giulia Fesce del Foro di Ancona GLOSSARIO 98 100 3 La sicurezza dei prodotti Presentazione Mediante le funzioni di Regolazione del Mercato, le Camere di Commercio sono chiamate a svolgere una importante funzione di vigilanza e controllo presso i luoghi di produzione e di commercializzazione di determinati beni, a garanzia della concorrenza leale, della trasparenza nelle relazioni economiche, della sicurezza e della tutela del consumatore. La Camera di Commercio di Ancona ritiene che tale attività cominci dall’informazione e dalla sensibilizzazione del territorio. E’ di tutta evidenza, infatti, che, ancor prima che intervenire sotto il profilo sanzionatorio, è fondamentale formare imprese e consumatori sulla legislazione nazionale e comunitaria, fornendo chiavi di lettura adeguate che consentano di interpretare le disposizioni, di applicarle correttamente, di individuare la ratio sottesa, di identificare gli strumenti di tutela, di conoscere l’iter seguito durante gli accertamenti. In questa prospettiva, questa pubblicazione, realizzata nell’ambito del progetto di Fondo Perequativo 2007-2008 dal titolo “Le attività di vigilanza dell’Ente camerale: educare imprese e consumatori a comportamenti corretti e virtuosi”, vuole essere uno strumento di lavoro e di consultazione, contenendo una serie di informazioni che ripercorrono obblighi e responsabilità poste a carico degli operatori, affinché sia assicurata la conformità dei prodotti ai requisiti essenziali di sicurezza e, di conseguenza, la libera circolazione nel mercato comunitario. E’ articolata in due parti: la prima contiene una disamina delle norme generali sulla sicurezza contenute nel Codice del Consumo, D. Lgs. n. 206/2005; la seconda è invece dedicata ai settori di specifica competenza delle Camere di Commercio: sicurezza e conformità dei prodotti elettrici, sicurezza e conformità dei giocattoli, sicurezza e conformità dei dispositivi di protezione individuali, etichettatura dei prodotti tessili, etichettatura delle 5 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti calzature, adempimenti relativi alle informazioni sui consumi di carburante ed emissioni di CO2 nelle autovetture nuove. Con questa pubblicazione, la Camera di Commercio di Ancona intende favorire l’attuazione di un piano di potenziamento delle conoscenze del territorio provinciale e l’attivazione di un processo di crescita virtuosa, finalizzato a sviluppare il senso di responsabilità degli operatori economici e dei consumatori, a favorire il corretto adempimento del dettato normativo e pertanto a prevenire e ridurre le violazioni. Ancona, giugno 2011 6 Il Presidente Rodolfo Giampieri PARTE I La sicurezza dei prodotti 1. Evoluzione normativa Al momento dell’acquisto e della fruizione di un prodotto presente sul mercato ciascun consumatore è portatore di legittime aspettative di qualità e sicurezza. Il legislatore comunitario si è interessato per la prima volta in maniera organica della sicurezza dei prodotti nel 1985, precisamente con la Direttiva 85/374, attuata in Italia con il D.P.R. 24 maggio 1988 n. 224. La differenza fondamentale rispetto all’assetto attuale risiede nel fatto che al tempo si era riconosciuta al consumatore una tutela meramente ex post, consistente nel risarcimento del danno subito; il produttore in tal modo spesso si limitava ad operare una scelta a seguito di una valutazione costi-benefici tra il rispetto delle regole ed il rischio (generalmente coperto da polizza assicurativa) di essere costretti a seguito di provvedimento dell’Autorità Giudiziaria a rifondere un danno laddove si fosse verificato un evento dannoso. Solo nel 1992 è giunto il primo intervento normativo comunitario a carattere orizzontale (cioè applicabile in generale a tutti i prodotti), ma che offrisse una tutela in via preventiva; si tratta della Direttiva CE 1992/59 attuata in Italia con il D. Lgs. 17 marzo 1995 n. 115. La protezione per i consumatori si è poi fatta più incisiva e di pari passo sono stati rafforzati gli obblighi a carico dei produttori e dei distributori con la Direttiva CE 2001/95, che ha ricevuto attuazione con il D. Lgs. 21 maggio 2004 n.172. L’ultima revisione sistematica si è infine realizzata con la disciplina contenuta nel Codice del consumo. 7 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti Tabella dell’evoluzione normativa a carattere generale (non per categorie specifiche di prodotti, per le quali cfr. la parte III ) NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 25-07-1985 n. 85/374/CEE Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi Tutela ex post (risarcimento al consumatore del danno subito) Dir. 29-6-1992 n. 92/59/CEE Direttiva del Consiglio relativa alla sicurezza generale dei prodotti Tutela preventiva Dir. 3-12-2001 n. 2001/95/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla sicurezza generale dei prodotti Tutela preventiva, rafforzamento degli obblighi a carico di produttori e distributori NORMATIVA NAZIONALE 8 D.P.R. 24 –5- 1988 n. 224 Attuazione della direttiva CEE numero 85/374 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15 della L. 16 aprile 1987 n. 183 Tutela ex post (risarcimento al consumatore del danno subito) D.Lgs. 17-3-1995 n. 115 Attuazione della direttiva 92/59/ CEE relativa alla sicurezza generale dei prodotti Tutela preventiva, rispetto di standard di sicurezza. Il Decreto legislativo è stato abrogato dal D. Lgs. n. 172/2004 D.Lgs. 21-5-2004 n. 172 Attuazione della direttiva 2001 /95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti Tutela preventiva, rafforzamento degli obblighi a carico di produttori e distributori. Il Decreto legislativo è stato abrogato dall’art. 146, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 D.Lgs. 6-9-2005 n. 206 Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229 Tutela preventiva, principio di precauzione In particolare, il Titolo I della Parte IV del Codice del consumo intitolata “Sicurezza e Qualità”, (che ha abrogato riproducendo con alcuni miglioramenti le disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 172/2004) disciplina proprio la sicurezza dei prodotti, attuando una tutela dell’integrità fisica della persona di tipo preventivo (sono infatti esclusi dall’ambito di applicazione i danni patrimoniali ad altri beni giuridici). La normativa italiana ha recepito in tema la Direttiva 2001/95/CE del 6 settembre 2001, nota come «General Product Safety Directive» o «GPSD», accogliendo così il principio - di derivazione europea appunto - di “precauzione”. Esso mira a ritenere prevalente la tutela del consumatore e le esigenze di salute pubblica rispetto alle valutazioni di natura economica, tanto da vietare o bloccare la vendita dei prodotti non accompagnati da informazioni scientifiche e tecniche certe e sufficienti oppure dei prodotti per i quali vi siano indicazioni che i possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere potenzialmente dannosi e non compatibili con il livello di protezione prescelto (Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 sul principio di precauzione). Ad animare il legislatore comunitario è stato al tempo il desiderio di istituire altresì una cultura della sicurezza dei prodotti tra gli operatori economici e le autorità dei singoli Stati membri. Se nel Titolo I si individuano i criteri e le regole per porre in circolazione prodotti sicuri, che non cagionino danni al fruitore, nel Titolo II della medesima Parte IV del Codice del consumo ci si occupa invece dell’ipotesi in cui il danno si sia verificato; la legge vuole così fornire al consumatore gli strumenti per reagire ad un evento dannoso causato da difetti del prodotto. 9 I quaderni del consumatore 2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa 10 L’art. 102 del Codice del consumo, al suo 1° comma, ribadisce la finalità preventiva della normativa, cioè quella di garantire che i prodotti immessi sul mercato ovvero in libera pratica siano sicuri. Secondo l’art. 3, comma 1, per “prodotto” deve intendersi qualsiasi prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi o suscettibile, in condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se a lui non destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo; restano esclusi prodotti usati forniti come pezzi di antiquariato o come prodotti da riparare o da rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, purché il fornitore ne informi per iscritto la persona cui fornisce il prodotto (in assenza di tale informazione permane in capo al cedente l’obbligo di messa a punto o di riparazione del prodotto, così da ripristinare le caratteristiche di sicurezza e qualità previste dalla legge). Per “immissione dei beni sul mercato” deve intendersi la fornitura o la procurata disponibilità sul mercato nazionale e comunitario a titolo oneroso o gratuito di un prodotto; l’immissione coincide quindi con un momento diverso (e successivo) rispetto alla fabbricazione, infatti il prodotto si considera immesso quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi anche solo in prova; si possono immettere non solo prodotti nuovi, ma anche prodotti usati rimessi a nuovo. Per prodotti “in libera pratica” devono intendersi quelli di origine non comunitaria per i quali siano state adempiute le formalità di importazione e siano stati riscossi i dazi doganali necessari a farli circolare legittimamente nell’Unione Europea. Questa disposizione prevede l’applicabilità c.d. orizzontale, cioè l’applicabilità a tutti quei prodotti per i quali non sia prevista una più specifica disciplina sulla sicurezza in relazione alla loro La sicurezza dei prodotti natura; in pratica restano esclusi i prodotti alimentari ed altre categorie come i giocattoli, il materiale elettrico di bassa tensione, i dispositivi di protezione individuale; in ogni caso, anche in presenza di normativa peculiare, quella prevista dal Codice del consumo si applicherà comunque laddove vi siano lacune (ad esempio non siano coperte alcune categorie di rischi). Il Codice del consumo fornisce poi all’art. 103 le definizioni utilizzate per l’applicazione della disciplina, tra cui, in primis, quella di prodotto sicuro, concetto attorno al quale ruotano tutte le disposizioni del Titolo I. Un prodotto è sicuro, in particolare, se non presenta rischi per la salute e la sicurezza delle persone; tale valutazione va fatta per il prodotto in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l’installazione e la manutenzione. Non è necessario che esso sia espressamente destinato al consumatore, essendo invece sufficiente che possa essere ragionevolmente utilizzato dal quest’ultimo. Quali sono i parametri da utilizzare in concreto per il giudizio di pericolosità? L’art. 103 Codice del consumo, li elenca con precisione; in particolare: le caratteristiche del prodotto, la sua composizione, il suo imballaggio, le modalità del suo assemblaggio e, se del caso, della sua installazione e manutenzione; l’effetto del prodotto su altri prodotti, qualora sia ragionevolmente prevedibile l’utilizzazione del primo con i secondi; la presentazione del prodotto, la sua etichettatura, le eventuali istruzioni e avvertenze per l’uso e l’eliminazione, nonché qualsiasi altra indicazione o informazione relativa al prodotto; le categorie di consumatori che si trovano in condizione di rischio nell’utilizzazione del prodotto, in particolare minori e anziani. 11 I quaderni del consumatore Ci sono dei casi in cui un prodotto si presume sicuro ed altri in cui deve essere compiuta una valutazione per accertarne la sicurezza. Un prodotto si presume sicuro nei seguenti casi stabiliti dall’art. 105 del Codice del consumo: quando rispetti le specifiche disposizioni comunitarie che disciplinino gli aspetti di sicurezza, ove esistenti; quando è conforme alle leggi dello Stato in cui il prodotto deve essere commercializzato, ciò in assenza di specifiche disposizioni comunitarie; quando è conforme alle norme tecniche nazionali non cogenti (ove esistano) che recepiscono norme tecniche europee armonizzate, ciò in assenza di legislazione nazionale e comunitaria. Nei casi restanti la sicurezza dovrà invece essere appunto valutata in base: alle norme tecniche nazionali non cogenti che recepiscono norme tecniche europee non armonizzate; alle norme tecniche in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato; alle raccomandazioni della Commissione europea relative ad orientamenti sulla valutazione della sicurezza dei prodotti; ai codici di buona condotta in materia di sicurezza vigenti nel settore interessato; agli ultimi ritrovati della tecnica; al livello di sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi. 12 Si ha una norma “armonizzata” quando un ente di normazione (tra quelli individuati dalla Commissione europea) ha elaborato un progetto di norma che è stato approvato dalla Commissione e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale CE con il conseguente obbligo La sicurezza dei prodotti per tutti gli Stati membri di adottare tale norma e disapplicare quelle eventualmente confliggenti. Va ad ogni buon conto osservato che laddove un prodotto si riveli comunque pericoloso, a prescindere dalla operatività delle presunzioni e dalla positività della valutazione di sicurezza, le autorità competenti dovranno adottare tutte le misure necessarie per impedire che il prodotto venga immesso sul mercato o, se già vi si trova, per curarne il ritiro. Viene definito prodotto pericoloso quello che, per esclusione, non risponda alla definizione di prodotto sicuro sulla base dei criteri analizzati. Il concetto di sicurezza implica non solo l’assenza di difetti nel prodotto, ma anche l’assenza di rischi; il livello di rischio accettato è diverso ed inferiore (dunque è maggiore la tutela per il consumatore) rispetto a quello previsto in sede di responsabilità per danno da prodotto difettoso. In pratica un prodotto può rivelarsi pericoloso pur in assenza di difetti e l’utente in base alla normativa in vigore deve essere comunque tutelato. Oltre al concetto di rischio generico utilizzato nelle definizioni poc’anzi analizzate, il Codice del consumo prende in considerazione anche il rischio grave, inteso come qualsiasi rischio compreso quello i cui effetti non sono immediati (pensiamo al rischio da esposizione a materiali tossici o ad onde elettromagnetiche, che provoca effetti negativi sulla salute solo nel lungo periodo), che richiede un intervento rapido da parte delle autorità pubbliche. L’art. 103 si preoccupa di definire altresì le figure soggettive che hanno un ruolo nel settore regolato che, più precisamente, sono i destinatari delle disposizioni. Così per produttore deve intendersi il 13 I quaderni del consumatore fabbricante del prodotto stabilito nella Comunità e qualsiasi altra persona che si presenti come fabbricante apponendo sul bene il proprio nome, il proprio marchio o segno distintivo, o colui che rimette a nuovo il prodotto (usato); altre figure prese espressamente in considerazione sono il rappresentante del fabbricante, se quest’ultimo non è stabilito nella Comunità, l’importatore del prodotto, figura che assume rilievo qualora non via sia un rappresentante stabilito nella Comunità. Per distributore si intende invece qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti (cura invece l’attività commerciale successiva all’immissione sul mercato). Come si vedrà tra poco ai diversi ruoli vengono ricondotte differenti responsabilità. L’art. 103 infine inquadra due provvedimenti che la pubblica autorità può porre in essere quando un prodotto pericoloso è già immesso sul mercato e che sono volte ad evitare il verificarsi di danni: il richiamo, in particolare, consiste nell’insieme degli strumenti diretti ad ottenere, da parte del consumatore che ha già la disponibilità del prodotto, la restituzione dello stesso; il ritiro, invece, può essere realizzato in un momento anteriore rispetto al richiamo ed è volto proprio ad evitare che il consumatore acquisisca la disponibilità del prodotto pericoloso (perciò si agisce per bloccare la distribuzione, l’offerta o l’esportazione). Infine la norma stabilisce che la possibilita’ di raggiungere un livello di sicurezza superiore o di procurarsi altri prodotti che presentano un rischio minore non costituisce un motivo sufficiente per considerare un prodotto come non sicuro o pericoloso. 14 La sicurezza dei prodotti 3. Obblighi del produttore e del distributore Il primo soggetto portatore di obblighi nell’ambito della sicurezza dei prodotti circolanti sul mercato è colui che li produce; in capo al produttore sussistono infatti doveri esclusivi, che cioè ricadono esclusivamente sulla sua figura, così come è altrettanto portatore di obblighi esclusivi il distributore; questi due soggetti, come vedremo, sono altresì portatori di obblighi comuni, cioè a carico di entrambi. Obblighi del produttore Come prima regola generale il Codice del consumo pone quella secondo cui “Il produttore immette sul mercato solo prodotti sicuri” (art. 104, comma 1). Come si è già detto, per immissione sul mercato si intende la fornitura o procurata disponibilità sul mercato nazionale e comunitario a titolo oneroso o gratuito di un bene. Secondo alcuni interpreti della norma il prodotto si considera immesso quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova. Altri commentatori fanno retrocedere il momento dell’immissione alla mera disponibilità sul mercato per l’utilizzazione (dunque una volta conclusa la fase della produzione, quando il bene sia nella fase della distribuzione). Va da sé che le condizioni di sicurezza devono essere costanti per tutta la permanenza sul mercato, non solo nel momento di apparizione iniziale. A carico del produttore e verso il consumatore esistono poi una serie di obblighi di informazione, che devono riguardare ogni notizia utile alla valutazione e alla prevenzione dei rischi derivanti dall’uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, se non sono immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze. Vale a dire che vige un dovere di avvertimento sugli eventuali pericoli che potrebbero derivare a persone o cose dall’uso del pro- 15 I quaderni del consumatore dotto, ancorché improprio, purché ragionevolmente prevedibile e l’avvertimento deve spingersi sino all’indicazione di come detti pericoli possano essere eliminati. L’immediata percezione che esenta invece dall’avvertimento può essere ad esempio quella per cui un oggetto di vetro se si rompe può tagliare o una lametta da barba può ferire. Il dovere informativo potrà essere adempiuto sia attraverso il canale pubblicitario, sia attraverso il sistema delle etichettature e l’informazione potrà considerarsi rispondente a legge solo laddove sarà completa (cioè analitica riguardo i pericoli derivanti dall’inosservanza di istruzione e avvertenze), evidente (i rischi devono essere descritti in modo palese) e di un’intensità proporzionata all’entità del rischio. Naturalmente qualunque forma di pubblicità o di avvertimento non equivale ad un esonero di responsabilità per il produttore che deve comunque attenersi a tutti gli altri obblighi previsti dalla legge. Questa espressamente prevede altresì che il produttore debba adottare misure proporzionate per consentire l’informazione in relazione ad ogni prodotto per evitare rischi ed in particolare sono resi obbligatori: l’indicazione in base al prodotto o al suo imballaggio, dell’identità e degli estremi del produttore; il riferimento al tipo di prodotto o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte, salva l’omissione di tale indicazione nei casi in cui sia giustificata; i controlli a campione sui prodotti commercializzati, l’esame dei reclami e, se del caso, la tenuta di un registro degli stessi, nonché l’informazione ai distributori in merito a tale sorveglianza. 16 I controlli che vengono effettuati una volta che il prodotto è stato immesso sul mercato sono i c.d. “Post market Controls”, che con- La sicurezza dei prodotti sistono appunto in test di sicurezza, marcatura dei beni, esame dei reclami, il tutto possibilmente con il supporto utile dei distributori. Dall’esito di questa attività deriveranno ulteriori obblighi informativi, consistenti nella comunicazione delle modalità, se individuate, per rimuovere i rischi emersi; qualora queste modalità si rivelassero insufficienti, potranno essere attuati il ritiro o il richiamo del prodotto. Come precedentemente indicato, il ritiro è l’insieme delle misure dirette ad impedire che il prodotto pericoloso venga immesso nella disponibilità del consumatore (e dunque che venga distribuito, offerto, esportato); il richiamo è, invece, l’insieme degli strumenti diretti ad ottenere la restituzione del prodotto pericoloso del quale il consumatore abbia già ottenuto la disponibilità. Se il richiamo avviene su base volontaria da parte del produttore, questo può anche contattare direttamente i clienti in via riservata e personale se il numero esiguo dei beni consegnati lo consente; se invece i prodotti sono già stati distribuiti in modo capillare lo strumento più idoneo sarà la stampa. Ritiro e richiamo, oltre che essere il frutto di un’iniziativa del produttore, possono essere imposti dall’Autorità, come più approfonditamente sarà trattato nelle pagine successive (cfr. infra paragrafo 4 ). Obblighi del distributore Anche al distributore, che pur non riveste un ruolo di attore diretto sulle caratteristiche di sicurezza del prodotto, viene dalla legge attribuita una importante funzione di tutela del consumatore. Per questa ragione, oltre ad un generale dovere di diligenza nell’esercizio della 17 I quaderni del consumatore propria attività per garantire l’immissione sul mercato di prodotti sicuri, al distributore vengono anche assegnati specifici obblighi dall’art. 104 del Codice del consumo, consistenti nel: a) non fornire prodotti di cui conosce o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità in base alle informazioni in suo possesso e nella sua qualità di operatore professionale; b) partecipare al controllo di sicurezza del prodotto immesso sul mercato, trasmettendo le informazioni concernenti i rischi del prodotto al produttore e alle autorità competenti per le azioni di rispettiva competenza; c) collaborare alle azioni intraprese di cui alla lettera b), conservando e fornendo la documentazione idonea a rintracciare l’origine dei prodotti per un periodo di dieci anni dalla data di cessione al consumatore finale; in questo modo sarà più semplice provvedere, ad esempio, al ritiro o al richiamo del prodotto dal mercato o individuare chiaramente eventuali responsabilità. Obblighi comuni di produttore e distributore A carico di produttori e distributori la normativa introduce un ulteriore obbligo; se essi sono consapevoli (o dovrebbero esserlo in virtù delle loro qualifiche professionali) della pericolosità di un prodotto da loro immesso sul mercato, devono immediatamente informare le amministrazioni competenti precisando le azioni intraprese o da intraprendere per prevenire i rischi per i consumatori. 18 La sicurezza dei prodotti Tabella degli obblighi del produttore e del distributore PRODUTTORE DISTRIBUTORE Immettere sul mercato prodotti sicuri Agire con diligenza nell’esercizio della propria attività per contribuire a garantire l’immissione sul mercato di prodotti sicuri Fornire al consumatore le informazioni utili alla valutazione ed alla prevenzione dei rischi derivanti dall’uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, se non sono immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e alla prevenzione contro detti rischi Non fornire prodotti di cui conosce o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità in base alle informazioni in suo possesso e nella qualità di operatore professionale Adottare misure proporzionate in base alle caratteristiche del prodotto, che comprendono: • l’indicazione dell’identità e gli estremi del produttore, il riferimento al tipo di prodotto; • i controlli a campione sui prodotti commercializzati, l’esame dei reclami e l’informazione ai distributori in merito a tale sorveglianza Partecipare al controllo di sicurezza del prodotto immesso sul mercato, trasmettendo le informazioni concernenti i rischi del prodotto al produttore e alle autorità di vigilanza competenti Effettuare il richiamo e il ritiro dei prodotti pericolosi Conservare e fornire la documentazione idonea a rintracciare l’origine dei prodotti per un periodo di 10 anni dalla data di cessione al consumatore finale Collaborare con le autorità di vigilanza Collaborare con le autorità di vigilanza Indicare i prodotti pericolosi alle autorità competenti Indicare i prodotti pericolosi alle autorità competenti 19 I quaderni del consumatore 4. Il sistema dei controlli 20 La normativa contenuta nel Codice del consumo prevede un organizzato sistema di controlli da parte delle amministrazioni volto a vigilare sulla sicurezza dei prodotti immessi sul mercato. Destinatari di tali controlli sono non solo i produttori ed i distributori, ma anche qualsiasi altro detentore del prodotto, qualora esso possa fornire la sua collaborazione per evitare i rischi connessi al prodotto. La legge fornisce un elenco non esaustivo delle amministrazioni deputate ad effettuare detti controlli, in quanto i prodotti destinati al consumatore sono tali e tanti che di volta in volta sarà necessario verificare ed individuare quale amministrazione sia più vicina alla tipologia del bene. Ad ogni modo, tra le amministrazioni espressamente citate troviamo: il Ministero dello Sviluppo Economico (al quale è attribuita anche la funzione di coordinamento e presso il quale è istituita ed opera la Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore: Dagmtc), Ministero della Salute, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Ministero dell’Interno, Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ciascuna di queste amministrazioni potrà avvalersi dell’attività della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco e dell’Agenzia delle Dogane e, nell’esercizio della sua funzione di controllo, potrà adottare varie misure a seconda del tipo di prodotto e del tipo di rischio ad esso connesso. Anche in questo caso l’elencazione che propone il legislatore ha natura esemplificativa, potendo ciascuna autorità adottare misure più specifiche ed attinenti ai casi concreti che possono via via presentarsi. In particolare il Codice del consumo prevede che l’Ente pubblico competente possa assumere una molteplicità di provvedimenti in proporzione alla gravità dei fatti. In primo luogo, per qualsiasi prodotto, le autorità possono: La sicurezza dei prodotti 1) disporre, anche dopo che un prodotto è stato immesso sul mercato come prodotto sicuro, adeguate verifiche delle sue caratteristiche di sicurezza fino allo stadio dell’utilizzo o del consumo, anche procedendo ad ispezioni presso gli stabilimenti di produzione e di confezionamento, presso i magazzini di stoccaggio e presso i magazzini di vendita; 2) esigere tutte le informazioni necessarie dalle parti interessate; 3) prelevare campioni di prodotti per sottoporli a prove ed analisi volte ad accertare la sicurezza, redigendone processo verbale di cui deve essere rilasciata copia agli interessati. Inoltre, per qualsiasi prodotto che possa presentare rischi in determinate condizioni le autorità possono: 1) richiedere l’apposizione sul prodotto, in lingua italiana, di adeguate avvertenze sui rischi che esso può presentare, redatte in modo chiaro e facilmente comprensibile; 2) sottoporne l’immissione sul mercato a condizioni preventive, in modo da renderlo sicuro. Per qualsiasi prodotto che possa presentare rischi per determinati soggetti le autorità possono disporre che tali soggetti siano avvertiti tempestivamente ed in una forma adeguata di tale rischio, anche mediante la pubblicazione di avvisi specifici. Ancora, per qualsiasi prodotto che può essere pericoloso le autorità possono: 1) vietare, per il tempo necessario allo svolgimento dei controlli, delle verifiche o degli accertamenti sulla sicurezza del prodotto, di fornirlo, di proporne la fornitura o di esporlo; 2) disporre, entro un termine perentorio, l’adeguamento del 21 I quaderni del consumatore prodotto o di un lotto di prodotti già commercializzati agli obblighi di sicurezza previsti dalla legge, qualora non vi sia un rischio imminente per la salute e l’incolumità pubblica. VIOLAZIONE SANZIONE immissione sul mercato di prodotti pericolosi in violazione del divieto di immissione imposto dalle autorità da parte di produttori o distributori, salvo che il fatto costituisca più grave reato arresto da 6 mesi ad un anno e ammenda da E 10.000,00 a 50.000,00 altre violazioni di obblighi imposti dalle autorità o dal Codice del Consumo art. 104 sanzione amministrativa da E 1.500,00 a 30.000,00 Infine, per qualsiasi prodotto pericoloso (pericolosità già acclarata) già immesso sul mercato rispetto al quale l’azione già intrapresa dai produttori e dai distributori sia insoddisfacente o insufficiente: inottemperanza ai provvedimenti di conformazione emanati per rendere sicuro il prodotto ammenda da E 10.000,00 a 25.000,00 mancata collaborazione ai fini dello svolgimento della vigilanza sanzione amministrativa da E 2.500,00 a 40.000,00 1) ordinare o organizzare il suo ritiro effettivo e immediato e l’informazione dei consumatori circa i rischi da esso presentati. I costi relativi sono posti a carico del produttore e, ove ciò non sia in tutto o in parte possibile, a carico del distributore; 2) ordinare o coordinare o, se del caso, organizzare con i produttori e i distributori, il suo richiamo anche dai consumatori e la sua distruzione in condizioni opportune. I costi relativi sono posti a carico dei produttori e dei distributori. violazione da parte del produttore delle disposizioni di cui all’art. 104 del C.d.C. commi 2, 3, 5, 7, 8 e 9 sanzione amministrativa da E 1.500,00 a 30.000,00 violazione da parte del distributore delle disposizioni di cui all’art. 104 del C.d.C. commi 6, 7, 8 e 9 sanzione amministrativa da E 1.500,00 a 30.000,00 Per qualsiasi prodotto pericoloso, le Autorità possono vietare l’immissione sul mercato e adottare le misure necessarie a garantire l’osservanza del divieto. La violazione di ciascuno dei detti divieti o l’inottemperanza dei citati provvedimenti determina l’applicazione di sanzioni di natura penale ed amministrativa consistenti in arresto e ammende (pena pecuniaria) e sanzioni amministrative (pecuniarie) di differente severità a seconda della gravità della violazione e declinate all’art.112 del Codice del consumo. 22 La sicurezza dei prodotti Per esercitare al meglio la funzione di controllo finalizzata alla protezione della salute e della sicurezza dei consumatori, ciascuna amministrazione deve organizzare la propria attività secondo dei criteri prefissati che consistono in particolare nel: istituzione, aggiornamento periodico ed esecuzione di programmi settoriali di sorveglianza per categorie di prodotti o di rischi, nonché nel monitoraggio delle attività di sorveglianza, delle osservazioni e dei risultati; aggiornamento delle conoscenze scientifiche e tecniche relative alla sicurezza dei prodotti; esame e valutazione periodica delle attività di controllo, nonché eventuale revisione dei metodi di organizzazione della sorveglianza. 23 I quaderni del consumatore 24 Altra attività obbligatoria per le amministrazioni cui è affidata l’attività di controllo è la gestione dei reclami presentati dai consumatori e dagli altri interessati (ad esempio un’impresa concorrente) con riguardo alla sicurezza dei prodotti ed all’attività di sorveglianza. Il coordinamento dei controlli compiuti dagli enti competenti viene attribuito ad un’apposita conferenza di servizi tra le varie amministrazioni, alla quale possono presentare le proprie osservazioni gli organismi di categoria dei produttori e dei distributori, nonché le associazioni di tutela dei consumatori. La legge contiene altresì la previsione secondo cui detta conferenza di servizi debba tener conto anche dei dati (c.d. Accidents Data) raccolti ed elaborati con il sistema comunitario di informazione sugli incidenti domestici e del tempo libero, che vale come sistema efficace di individuazione dei rischi dei prodotti immessi sul mercato. Le amministrazioni deputate ai controlli in base all’art. 106 Codice del consumo devono provvedere, ciascuna secondo le proprie disponibilità di bilancio e sulla base delle rispettive competenze, a realizzare un sistema di scambio rapido di informazioni operante in via telematica, (anche attraverso il Sistema pubblico di connettività, in conformità alle prescrizioni stabilite in sede comunitaria che consenta anche l’archiviazione e la diffusione delle informazioni). Ogni provvedimento restrittivo adottato riguardo a prodotti pericolosi dovrà essere comunicato al Ministero dello sviluppo economico, che ne curerà poi la notifica alla Commissione europea; ciò vale in ogni caso, ma solo qualora sussista un rischio grave per i consumatori la comunicazione dovrà essere effettuata secondo il più veloce metodo RAPEX (Rapid Exchange about safety products). A sua volta la Commissione europea può adottare provvedimenti relativamente a prodotti che presentano un rischio grave per la salute e la sicurezza dei consumatori in diversi Stati membri. La sicurezza dei prodotti Qualora un prodotto sia giudicato pericoloso dalla Commissione europea esso non potrà ovviamente circolare nel mercato europeo, ma non potrà nemmeno essere esportato al di fuori dell’Unione europea. 5. Imitazioni pericolose Un aspetto trattato dalla Direttiva 25 giugno 1987 n. 357 e che non si ritrova espressamente nel Codice del consumo è quello delle c.d. imitazioni pericolose. Si è occupato di disciplinare questo aspetto in attuazione della Direttiva il D. Lgs. n. 73/1992; esso prevede il divieto di immissione sul mercato, di commercializzazione, di importazione, di fabbricazione e di esportazione di prodotti che avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori. Tali prodotti sono quelli che, pur non essendo prodotti alimentari, hanno forma, odore, aspetto, imballaggio, etichettatura, volume o dimensioni tali da far prevedere che i consumatori, soprattutto i bambini, li possano confondere con prodotti alimentari e pertanto li portino alla bocca, li succhino o li ingeriscano con conseguente rischio di soffocamento, intossicazione, perforazione od ostruzione del tubo digerente. Il decreto prevede altresì, in collegamento con un sistema di controlli che viaggia di pari passo con quello già descritto, sanzioni a carico di chiunque fabbrica, immette sul mercato, commercializza, importa od esporta prodotti costituenti imitazioni pericolose, secondo la definizione già fornitane: questi soggetti, salvo che il fatto costituisca più grave reato, sono puniti con la pena dell’arresto sino a sei mesi o dell’ammenda da lire duecentocinquantamila a lire due milioni, oggi somme convertite in Euro. 25 I quaderni del consumatore PARTE II La responsabilita’ per danno da prodotto difettoso La sicurezza dei prodotti di responsabilità assoluta del produttore a prescindere dalla colpa: l’art. 114, in particolare, ribadisce che il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto. 1. Evoluzione normativa 26 Può accadere che il sistema di tutela preventiva organizzato dall’ordinamento in materia di sicurezza dei prodotti e volto a scongiurare il verificarsi di un evento dannoso per il consumatore non sia stato sufficiente e può quindi verificarsi un danno ingiusto a carico di un utente per difetto del prodotto. Anche in questo caso la legge pone una serie di regole da cui il consumatore danneggiato potrà attingere per tutelare i suoi diritti ed ottenere un risarcimento; sono le regole contenute nel Titolo II della Parte IV del Codice del consumo, intitolato “Responsabilità per danno da prodotti difettosi”. Il Codice del consumo raccoglie delle regole derivate dalla lontana Direttiva della Comunità Europea n. 374 del 1985, attuata in Italia con D.P.R. n. 224 del 1988, che stabilisce il principio di responsabilità oggettiva o responsabilità indipendente dalla colpa del produttore in caso di danno causato, sia al diretto acquirente, sia ad un terzo soggetto fruitore, da un difetto del suo prodotto. Prima della direttiva, in Italia mancava una normativa che disciplinasse la responsabilità del produttore per danno da prodotti difettosi e si faceva riferimento alla disciplina della vendita o della responsabilità civile contenuta nel Codice Civile. Come si è detto, per la prima volta la Direttiva n. 374/1985 accoglie il concetto di una responsabilità extracontrattuale di tipo oggettivo svincolata dall’ accertamento della colpa e condizionata al solo accertamento del danno conseguente al difetto del prodotto. L’art.1 dichiara infatti che “il produttore è responsabile per i danni cagionati da difetti del suo prodotto” e l’art.4 prevede che “il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno”. Oggi il Codice del consumo fissa definitivamente questo principio NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 25-07-1985, n. 85/374/CEE Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi Dir. 10-5-1999 n. 1999/34/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 85/374/CEE del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi NORMATIVA NAZIONALE D.P.R. 24 –5- 1988 n. 224 Attuazione della direttiva CEE numero 85/374 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15 della L. 16 aprile 1987, n. 183 D.Lgs. 2 –2- 2001, n. 25 Attuazione della direttiva 1999/34/CE, che modifica la direttiva 85/374/CEE, in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi D.Lgs. 6-9-2005 n. 206 Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229 2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa Ai fini dell’applicazione della normativa, il Codice del consumo fornisce una definizione generica e ampia di produttore, ricomprendendo una serie di soggetti coinvolti nella messa in circola- 27 I quaderni del consumatore zione del bene che cagionerà il danno. In particolare, è considerato produttore: chiunque partecipi al processo di produzione, il c.d fabbricante del prodotto finito o di una sua componente; il produttore della materia prima; l’importatore ed il distributore del prodotto difettoso; qualsiasi persona che apponga al prodotto il proprio nome, la propria marca o qualsiasi altro segno distintivo; qualsiasi persona che fornisca un prodotto il cui produttore non può essere identificato; l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore ed il cacciatore. 28 Quando il produttore non può essere individuato viene sottoposto alla stessa responsabilità il fornitore che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale, se ha omesso di comunicare al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta l’identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Si tratta di un’ipotesi residuale, derivante dall’esigenza di spronare i rivenditori ad organizzarsi in modo da poter sempre fornire al danneggiato gli elementi per individuare il produttore o il soggetto che si pone quale precedente anello della catena distributiva e verso cui poter poi orientare le legittime richieste risarcitorie. Qualora il fabbricante o l’importatore non esistano più (per morte della persona fisica, ad esempio, o per liquidazione della società), il fornitore che ha dato l’indicazione è comunque liberato dalla responsabilità. Come si individua il fornitore? Il fornitore è colui che si occupa della vendita, della locazione del leasing o di altra forma di commercializzazione del prodotto, cioè colui che realizza comunque il passaggio della merce dal produttore al consumatore; per fornitore, inoltre, può intendersi sia quello del prodotto finale che quello di una parte del prodotto o di una materia prima. Per ottenere le informazioni che gli sono necessarie, la richiesta La sicurezza dei prodotti da parte del consumatore deve essere fatta per iscritto e deve indicare il prodotto che ha cagionato il danno, il luogo e, con ragionevole approssimazione, la data dell’acquisto; deve inoltre contenere l’offerta in visione del prodotto, se ancora esistente. Prodotto viene considerato qualunque bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile; si considera prodotto anche l’elettricità (che ad esempio può essere ritenuta difettosa quando non presenta determinate caratteristiche di voltaggio o amperaggio). Ricompresi nella nozione di prodotto sono inoltre anche i prodotti agricoli del suolo, quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia: l’introduzione di questi beni è da ritenersi dovuta all’evoluzione e allo sviluppo tecnologico in questi ambiti, per cui tali beni possono essere equiparati, per certi versi, al settore industriale (utilizzo di macchinari sofisticati, nonché di prodotti chimici). La giurisprudenza ha anche incluso nella nozione il sangue (utilizzato per fini trasfusionali), il software, un vaccino antiemofilico. Sono invece esclusi dal campo di applicazione i beni immobili, i servizi ed i beni immateriali. Quando un prodotto è da considerarsi difettoso? Ai sensi dell’art. 117 del Codice del consumo un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite; dunque ogni prodotto dovrebbe essere accompagnato da informazioni, che possono derivare direttamente dalla presentazione o essere contenute in istruzioni ed avvertenze e che hanno lo scopo di neutralizzarne l’eventuale pericolosità, anche se legata solo a determinate ipotesi di uso; l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono 29 I quaderni del consumatore ragionevolmente prevedere; il riferimento alla ragionevolezza si fonda sul principio che anche l’utente è tenuto ad adottare accorgimenti nell’utilizzo del prodotto, non potendo invocare la responsabilità del produttore nel caso in cui il danno sia derivato da un uso anormale; il produttore infatti non può prevedere le conseguenze derivanti da destinazioni anomale del bene. Per fare alcuni esempi di uso anomalo di estrazione giurisprudenziale: non è stato ritenuto responsabile il produttore di un’altalena per la menomazione che un bambino si è provocato salendo in piedi sul bracciolo di ferro invece che sedendosi sull’apposita seduta; non è stato ritenuto responsabile neanche il produttore di pistole-giocattolo ad acqua per il danno che un bambino aveva provocato tenendo la pistola attaccata al viso; il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione; esso quindi non può essere considerato difettoso se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche non consentiva di considerarlo rischioso al tempo in cui è stato prodotto e posto in circolazione. Se un prodotto è “datato”, quindi, l’unico modo per valutarne la difettosità è quello del difetto rilevante c.d. originario, cioè quello che poteva emergere al momento della messa in circolazione. 30 Quest’ultimo concetto è poi ripreso e chiarito anche dal comma 2° dell’art. 117, secondo cui un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che ne sia stato posto in commercio uno più perfezionato in qualunque momento. Inoltre un prodotto secondo la legge è considerato difettoso se non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari della stessa serie; è il caso dei c.d. difetti di fabbricazione (es. scoppio in terra anziché in aria di un fuoco d’artificio, rottura del sistema sterzante di un motociclo, rottura del tacco di uno stivaletto) dovuti a “defaillances” dei macchinari o a sviste dei lavoratori che determinano una difformità del prodotto singolo La sicurezza dei prodotti rispetto agli altri esemplari della stessa serie. Ulteriori difetti potrebbero essere quelli di progettazione o costruzione: per non incorrere in questo tipo di difettosità, la legge impone al produttore, nella fase dell’ideazione, progettazione e costruzione del bene, di prefigurarsi (secondo canoni di ragionevole prevedibilità) gli usi e i comportamenti possibili del consumatore, onde adottare tutte quelle misure o quegli accorgimenti che siano idonei a soddisfare le legittime aspettative di sicurezza ovvero che consentano la tendenziale idoneità del bene ad essere utilizzato in condizioni di sicurezza. In altri termini il produttore deve garantire la sicurezza del prodotto con riferimento al suo ragionevole e prevedibile impiego da parte del consumatore. L’uso del bene anomalo, irregolare e comunque difforme dalle istruzioni da parte del destinatario interrompe, come vedremo, il nesso causale tra una asserita difettosità del bene e l’evento di danno e quindi esclude la riferibilità di questo alla responsabilità del produttore. Rientra nel difetto di progettazione altresì quello di packaging, ovvero quello che riguarda il confezionamento. Infine può essere considerato difettoso il prodotto a cui manchino corrette e complete istruzioni o adeguate avvertenze circa l’utilizzo o l’impiego del bene (c.d. difetti di informazione). Un prodotto sarà difettoso, per esempio, se non rende edotto il consumatore dei possibili pericoli inerenti l’utilizzazione dello stesso oppure in caso di inesatte o non comprensibili avvertenze e carenti indicazioni circa l‘uso e/o la conservazione. Il produttore non può invece essere considerato responsabile: se non ha messo il prodotto in circolazione; se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione. Può essere l’ipotesi di quando intervengono terzi soggetti nella gestione o manutenzione del prodotto, provocando delle modifiche o genericamente dei “fatti” che generano poi il danno; ad esem- 31 I quaderni del consumatore 32 pio la bottiglia di bibita che scoppia per una incrinatura del vetro dovuta allo stoccaggio malaccorto del barista oppure il riparatore che rimonta l’oggetto in modo errato causandone l’esplosione; se il produttore non ha fabbricato il bene per la vendita o per qualsiasi altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo ha fabbricato o distribuito nell’esercizio della sua attività professionale. Perché l’imprenditore sia liberato devono ricorrere contemporaneamente entrambi i requisiti, infatti non rientrano ad esempio in quest’ipotesi i prodotti che le aziende distribuiscono gratuitamente a fini promozionali (non si pagano, ma la responsabilità del produttore ovviamente permane); se il difetto è dovuto alla conformità di un prodotto ad una norma giuridica imperativa o ad un provvedimento vincolante, che non lasciano quindi alternative al produttore per le modalità di costruzione del prodotto; se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non permetteva ancora di considerare lo stesso come difettoso. Si tratta del c.d. rischio di sviluppo; lo “stato delle conoscenze scientifiche e tecniche” è un parametro oggettivo, che deve corrispondere non ad un’opinione, ad un’occasionale segnalazione o ad una prassi, ma al più alto livello delle ricerche effettuate con criteri di certezza ed attendibilità nel mondo; nel caso di produttore o fornitore di una parte componente o di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o materia prima, o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore che l’ha utilizzata. E’ il caso del prodotto composto, cioè frutto della collaborazione di più soggetti; dunque se il produttore finale fa un uso improprio della materia prima o del componente impiegandoli per funzioni per cui non sono tecnicamente adatti, il produttore della materia prima o del componente non potranno essere ritenuti responsabili in caso La sicurezza dei prodotti di danno, come non potranno altresì esserlo nel caso di fabbricazione sulla base di contratti di appalto in conformità di specifiche tecniche e istruzioni imposte. Al di fuori di queste ipotesi, è nullo qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente, nei confronti del danneggiato, tutte le forme di responsabilità previste dalla legge a carico del produttore e degli altri soggetti generalmente responsabili verso l’utenza. Nell’ambito della normativa che tutela chi ha subito un danno per il difetto di un prodotto, emerge il concetto della messa in circolazione del prodotto. Il prodotto è messo in circolazione, secondo l’art. 119 Codice del consumo, quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova. In pratica l’oggetto è uscito dal processo di fabbricazione ed è entrato in quello di commercializzazione; la messa in circolazione è un atto precedente quindi alla vendita al consumatore finale, è sufficiente che il prodotto sia consegnato a soggetti estranei alle imprese. Anche quando il bene sia consegnato al vettore o allo spedizioniere potrà considerarsi immesso in circolazione, ma i soggetti suddetti, ai fini della tutela di legge, non sono equiparabili al consumatore, in quanto professionisti e quindi non potranno usufruire degli strumenti speciali che l’ordinamento offre in caso di danno. 3. Tipologie di danno risarcibili e termini Un’attenzione particolare merita la delimitazione del danno risarcibile, quello per il quale il consumatore può avanzare pretese verso il soggetto responsabile. E’ importante sapere con precisione per quali tipologie di danno e con quali limiti il legislatore accorda tutela al soggetto danneggiato, in modo che questi possa orientare le proprie richieste in modo opportuno. Va innanzitutto precisato che secondo il Codice del consumo è 33 I quaderni del consumatore 34 risarcibile sia il danno a persone, sia il danno a cose. Relativamente al danno a persone può essere considerato soggetto danneggiato non solo l’utilizzatore abituale del prodotto o chi l’ha acquistato e lo detiene, ma anche chi ne sia venuto a contatto solo occasionalmente (ad esempio per ragioni di ospitalità); è risarcibile il danno così a chiunque cagionato derivante da morte o da lesioni personali. Relativamente al danno a cose è risarcibile “la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato”. Per prima cosa occorre quindi sottolineare che non è risarcibile il danno al prodotto stesso, inteso quale insieme delle conseguenze lesive concernenti il prodotto e derivanti dall’esistenza del vizio. Ad esempio, se a causa di gomme difettose si cagiona un incidente ad un’automobile per il resto senza difetti e questa va distrutta, il danneggiato avrà azione verso il produttore delle gomme per il danno all’automobile, poiché esso rappresenta un danno ad una cosa diversa dal prodotto difettoso in sé. Resta anche a carico del consumatore il danno causato dalla distruzione o perdita di cose normalmente non destinate all’uso o consumo privato; è dunque necessario che la cosa danneggiata non sia destinata a produrre beni o ad assicurare al proprietario un guadagno: se invece appartiene, per sua natura, alla categoria dei beni strumentali (ad esempio macchinari di azienda) la risarcibilità è esclusa a priori. Nel caso invece in cui il bene ha una destinazione neutra (un veicolo, ad esempio) esso deve essere in concreto utilizzato dal danneggiato per un uso privato (non deve trattarsi, per continuare l’esempio, di una vettura utilizzata per scopi professionali, ad esempio da un rappresentante). Per il danno a cose esiste una franchigia; infatti esso è risarcibile solo nella misura che ecceda la somma di € 387,00. Per ottenere il risarcimento del danno il consumatore deve ricordare che l’onere della prova è interamente a suo carico; egli La sicurezza dei prodotti deve infatti dimostrare: l’identità del produttore, l’esistenza del difetto nel prodotto, la riconducibilità di quel difetto al produttore, il fatto che quel difetto è stato causa diretta del danno. Nella prassi si può dire che la prova della non sicurezza del prodotto può ritenersi raggiunta quando il consumatore abbia dimostrato di aver subito il danno in occasione di un utilizzo normale del prodotto; ad esempio si è ritenuto che la rottura del manico di una confezione di bottiglie d’acqua derivasse da difetto del prodotto, essendosi dimostrato che il danneggiato stava facendo un uso assolutamente ragionevole della confezione stessa e stava tenendo comportamenti prevedibili da parte del produttore. Secondo il più recente orientamento giurisprudenziale l’onere della prova è ritenuto soddisfatto qualora il danneggiato dimostri (oltre ovviamente al danno ed alla connessione causale tra difetto e danno) che l’uso del prodotto ha comportato risultati anomali rispetto alle normali aspettative, tali da evidenziare la sussistenza di un difetto. Occorre ricordare che la prova fornita dal consumatore potrà comunque essere superata dal produttore qualora egli riesca a dimostrare una delle circostanze di esclusione di responsabilità di cui si è detto poco sopra o comunque a dimostrare che, tenuto conto delle circostanze, è probabile che il difetto non esistesse ancora nel momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione. Nell’ipotesi che vengano individuati dal consumatore più soggetti responsabili di un danno, per questi opera un principio di responsabilità collettiva e solidale, il che significa che il soggetto danneggiato potrà rivolgersi per l’intero a ciascuno di essi; ovviamente la ripartizione finale dovrà essere effettuata sulla base delle colpe riferibili a ciascuno (e solo nel dubbio in parti uguali), ma a ciò provvederanno (eventualmente anche in un secondo momento) i soggetti responsabili attraverso l’azione di regresso, che non riguarda il consumatore. Può verificarsi l’ipotesi in cui il danneggiato abbia concorso alla produzione dell’evento dannoso. In questo caso il risarcimento 35 I quaderni del consumatore 36 sarà comunque dovuto, ma si dovrà tener conto della gravità della colpa della vittima e dell’entità delle conseguenze che sono dovute alla sua negligenza; è una sorta di delimitazione del danno risarcibile in base all’efficienza causale della condotta del danneggiato rispetto all’evento. Il fatto provocato dalla vittima può assumere rilievo anche se anteriore, concomitante o successivo alla condotta del danneggiante, purché la condotta si sia posta come condizione rilevante dell’evento dannoso finale. Se poi emergesse addirittura nel caso concreto che la vittima, in una fase posteriore all’evento lesivo, già determinatosi per fatto esclusivo del responsabile, usando l’ordinaria diligenza avrebbe potuto ridurre o non aggravare le conseguenze dannose del fatto illecito, nessun risarcimento sarà dovuto per i danni, appunto, evitabili. Ad esempio, si è esclusa la responsabilità del produttore di una lavatrice difettosa nella quale il danneggiato aveva inserito il braccio, così come quella del produttore di una pistola giocattolo per le lesioni derivanti dall’esplosione di alcuni colpi tenendo l’oggetto accanto agli occhi. Altra ipotesi di esclusione di responsabilità del produttore per causa del danneggiato è quella in base a cui quest’ultimo era a conoscenza del difetto e dei rischi legati al prodotto e si era comunque esposto al pericolo, continuando ad usare l’oggetto. Al fine di far valere efficacemente i propri diritti, il consumatore è tenuto all’osservanza di alcuni importanti termini. Occorre ricordare che il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni dal giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto o dell’identità del responsabile. Dunque la prescrizione inizia a decorrere in base alla conoscenza o conoscibilità di tre elementi: il danno, il difetto e l’identità del responsabile; il motivo è che il danno potrebbe manifestarsi anche dopo molto tempo dal fatto dannoso e il consumatore ha diritto comunque alla piena tutela. Fino a che tutte e tre queste condizioni non ricorrono, il diritto non può farsi valere e quindi la prescrizione non decorrerà. La sicurezza dei prodotti Il diritto al risarcimento si estingue alla scadenza di dieci anni dal giorno in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto; la ragione di questa “scadenza” si fonda sul fatto che nel corso del tempo i prodotti si deteriorano, le norme di sicurezza divengono più rigorose e le conoscenze tecnico-scientifiche si affinano, cosicché non può pretendersi che in capo al produttore viga una responsabilità senza limiti di tempo; questa invece deve durare per un periodo ragionevole, individuato, appunto, nei dieci anni. Per dimostrare l’eventuale avvenuta decadenza il produttore dovrà dimostrare la data di messa in circolazione del prodotto che ha cagionato il danno. 37 I quaderni del consumatore PARTE III Competenze delle Camere di Commercio in tema di sicurezza dei prodotti 1. Le Camere di Commercio e la Regolazione del Mercato Con il D.lgs. n.112/98 alle Camere di Commercio sono state trasferite le funzioni ispettive di vigilanza sul mercato e controllo di conformità e le funzioni sanzionatorie in materia di sicurezza dei prodotti prima attribuite agli uffici provinciali per l’industria, il commercio e l’artigianato (UPPICA). La Camera di Commercio di Ancona ha creato un nuovo servizio, il Servizio di Regolazione del Mercato, proprio con il compito di garantire una trasparente, rapida ed economica soluzione dei problemi legati al mercato e di favorire la correttezza nelle contrattazioni economiche. Questa nuova unità ha permesso all’Ente camerale di arricchire la propria missione, divenendo un punto di riferimento locale a tutela della correttezza, della trasparenza e del buon funzionamento dei rapporti economici tra gli operatori commerciali, in linea con gli orientamenti dell’Unione Europea. Sotto questo profilo, sono state investite risorse e professionalità non solo nelle attività di vigilanza e sorveglianza, ponendo in essere controlli sui prodotti e accertamenti, ma anche nelle attività di formazione ed educazione per divenire un punto di riferimento per la diffusione delle fonti normative nazionali e comunitarie a supporto delle imprese e dei consumatori. In particolare, la funzione di vigilanza sul mercato relativa ai prodotti si esplica nei seguenti ambiti: 38 giocattoli; prodotti elettrici a bassa tensione (e aspetti relativi alla compatibilità elettromagnetica); dispositivi di protezione individuale di prima categoria; La sicurezza dei prodotti sicurezza prodotti ai sensi dell’art. 102 e seguenti del Codice di consumo; etichettatura di prodotti tessili; etichettatura di prodotti calzaturieri; consumo di carburante ed emissioni di biossido di carbonio (CO2) dei vari modelli di auto nuove. 2. Sicurezza dei giocattoli La normativa sulla sicurezza dei giocattoli trova il suo primo fondamento nella Direttiva n. 88/378/CEE, recepita in Italia dal Decreto Legislativo n. 313/1991, che fino ad oggi ha disciplinato il settore nel suo complesso. Dal 20 luglio 2011 i giocattoli dovranno però anche essere conformi alla nuova Direttiva 2009/48/ CE, attuata in Italia con il D. Lgs. 54/2011 (il recepimento in Italia della nuova Direttiva Giocattoli è stato previsto nella legge 4 giugno 2010 n. 96 “Comunitaria 2009” la quale all’art. 36 ha stabilito i criteri da seguire nella predisposizione del Decreto legislativo) per quel che riguarda i requisiti fisico meccanici ed elettrici e dal 20 luglio 2013 alla medesima Direttiva per quel che riguarda anche i requisiti chimici. 39 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 3-5-1988 n. 88/378/CEE Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli Dir. 18-6-2009 n. 2009/48/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli. NORMATIVA NAZIONALE 40 D.Lgs. 27-9-1991 n. 313 Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell’art. 54 della L. 29 dicembre 1990 n. 428 D.M. 9 ottobre 2007 Elenco riepilogativo di norme armonizzate concernenti l’attuazione della direttiva 88/738/ CEE relativa alla sicurezza dei giocattoli D.M. 30-9-1999 Disposizioni tecniche relative all’immissione sul mercato di giocattoli in plastica morbida D.Lgs. 11-4-2011 n. 54 Attuazione della direttiva 2009/48/CE sulla sicurezza dei giocattoli La nuova Direttiva si pone l’obiettivo di razionalizzare ed incrementare l’efficacia dei presidi a tutela della sicurezza dei giocattoli, nonché di semplificare la disciplina vigente, in modo da garantire un elevato livello di protezione degli interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza, la protezione dei consumatori e dell’ambiente, nonché di garantire un’equa concorrenza sul mercato comunitario. A tale scopo, la Direttiva mira ad evitare a monte l’immissione sul mercato comunitario di prodotti potenzialmente pericolosi per la salute e l’incolumità fisica dei consumatori, introducendo alcuni obblighi per i fabbricanti e gli importatori, quali: l’effettuazione della valutazione dei rischi per ogni prodotto che viene immesso sul mercato; il rispetto di requisiti più restrittivi di sicurezza chimica dei giocattoli; il rispetto delle precisazioni riguardo all’etichettatura e alle specifiche prescrizioni per i giocattoli negli alimenti. Principio generale ispiratore della Direttiva è che i giocattoli per poter essere immessi sul mercato non devono compromettere la sicurezza o la salute di chi li usa, “quando sono utilizzati conformemente alla loro destinazione o quando ne è fatto un uso prevedibile in considerazione del comportamento abituale dei bambini”. A tal proposito le previste etichette ed istruzioni d’uso richiamano l’attenzione degli utilizzatori o di chi effettua la sorveglianza sui pertinenti pericoli e sui rischi di danno che l’uso dei giocattoli comporta e sul modo di evitare tali rischi e pericoli. Il campo di applicazione oggettivo della normativa è delimitato laddove si prevede che le disposizioni in materia di sicurezza valgono unicamente per ciò che può essere definito quale “giocattolo”, ossia per i soli “prodotti progettati o destinati, in modo esclusivo o meno, ad essere utilizzati ai fini del gioco da bambini di età inferiore a 14 anni”. Un primo discrimine, pertanto, viene posto dal legislatore fra quei beni che, anche in via non esclusiva, sono per loro stessa natura destinati ad essere usati a fini ludici da soggetti infraquattordicenni e ciò che, seppure per fini ludici, non è destinato – neppure in via non esclusiva – ad essere da questi usato. Alcuni prodotti pur avendo l’aspetto di giocattoli non lo sono e dunque non rientrano nella tutela offerta dalla normativa in esame, ed in particolare: 41 I quaderni del consumatore 42 1. Decorazioni e addobbi per festività e celebrazioni; 2. Prodotti destinati a collezionisti adulti, purché il prodotto o il suo imballaggio rechino un’indicazione chiara e leggibile che si tratta di un prodotto destinato a collezionisti di età pari a 14 anni e superiore. Esempi di questa categoria: modelli in scala fedeli e dettagliati, kit di montaggio di dettagliati modelli in scala, bambole folcloristiche e decorative e altri articoli analoghi, repliche storiche di giocattoli, riproduzioni di armi da fuoco reali; 3. Attrezzature sportive, compresi pattini a rotelle, pattini in linea e skateboard destinati a bambini aventi una massa corporea superiore a 20 kg.; 4. Biciclette con un’altezza massima alla sella di oltre 435 mm, misurata in verticale dal suolo alla superficie superiore della sella con la sella in posizione orizzontale e regolata con il tubo reggisella posizionato alla profondità; 5. Monopattini e altri mezzi di trasporto progettati per lo sport o che sono destinati a essere utilizzati per spostamenti sulla pubblica via o su percorsi pubblici; 6. Veicoli elettrici destinati a essere utilizzati per spostamenti sulla pubblica via, su percorsi pubblici o sui marciapiedi degli stessi; 7. Attrezzature nautiche da utilizzare in acque profonde e dispositivi per imparare a nuotare destinati ai bambini, come salvagenti a mutandine e ausili per il nuoto; 8. Puzzle di oltre 500 pezzi; 9. Fucili e pistole a gas compresso – eccetto i fucili ad acqua e le pistole ad acqua – e gli archi per il tiro con l’arco di lunghezza superiore a 120 cm; 10. Fuochi d’artificio comprese le capsule a percussione non progettate specificamente per i giocattoli; 11. Prodotti e giochi con dardi appuntiti, quali giochi di freccette con punte metalliche; 12. Prodotti educativi funzionali, quali forni, ferri da stiro o altri La sicurezza dei prodotti prodotti funzionali elettrici alimentati con tensione nominale superiore a 24 volt venduti esclusivamente per essere utilizzati a fini didattici, sotto la sorveglianza di un adulto; 13. Prodotti destinati a essere utilizzati per scopi educativi nelle scuole e in altri contesti pedagogici sotto la sorveglianza di un educatore adulto, come ad esempio le apparecchiature scientifiche; 14. Apparecchiature elettroniche quali PC e console di gioco usate per accedere a software interattivi e le relative periferiche, qualora le apparecchiature elettroniche o le relative periferiche non siano espressamente concepite per i bambini e ad essi destinate e non abbiano in sé un valore ludico come PC, tastiere, joystick o volanti appositamente progettati; 15. Software interattivi destinati al tempo libero e all’intrattenimento, come giochi elettronici per PC e i relativi supporti di memorizzazione quali i CD; 16. Succhietti per neonati e bambini piccoli; 17. Apparecchi di illuminazione attrattivi per i bambini; 18. Trasformatori per giocattoli; 19. Accessori moda per bambini non destinati ad essere usati a scopo ludico. Altre esclusioni dal campo di applicazione della normativa di sicurezza riguardano: · le attrezzature per aree da gioco per uso pubblico; · le macchine da gioco automatiche, a moneta o no, per uso pubblico; · i veicoli-giocattolo con motore a combustione. La normativa definisce e disciplina una serie di adempimenti a carico di fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori di giocattoli e definisce ognuna di queste figure: a) il fabbricante è la persona fisica o giuridica (non importa se stabilita o meno in Italia o in altro Paese comunitario) 43 I quaderni del consumatore che fabbrica il giocattolo o lo fa progettare o fabbricare e lo commercializza apponendovi sopra il proprio nome o marchio. Al riguardo, è fin d’ora importante notare come la definizione normativa individui quale fabbricante il soggetto che progetta/ fabbrica il giocattolo e lo commercializza apponendovi il proprio nome o marchio. I requisiti citati devono dunque coesistere contemporaneamente e questa precisazione è di fondamentale importanza in tutti i casi in cui il fabbricante è un soggetto estero e, all’atto dell’importazione, il giocattolo è corredato unicamente del marchio dell’operatore economico che lo importa o lo immette in libera pratica. In quest’ultimo caso, sarà quest’ultimo ad essere considerato direttamente fabbricante; b) il rappresentante autorizzato è la persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità che ha ricevuto dal fabbricante un mandato scritto che la autorizza ad agire per suo nome o per suo conto in relazione a determinati scopi; c) l’importatore viene individuato nella persona che immette sul mercato comunitario il giocattolo proveniente da un Paese terzo; d) il distributore viene individuato nella persona fisica o giuridica diversa dal fabbricante o dall’importatore che, nella catena della fornitura, mette a disposizione sul mercato il giocattolo. 44 Per quel che riguarda gli obblighi stabiliti dalla normativa, si parte ovviamente dal fabbricante, che è il primo anello della catena commerciale. Prevede infatti la Direttiva che all’atto dell’immissione dei loro giocattoli sul mercato, i fabbricanti devono garantire che essi siano stati progettati e fabbricati conformemente ai requisiti di legge. I fabbricanti preparano la documentazione tecnica prescritta ed eseguono o fanno eseguire la procedura di valutazione della conformità; qualora la stessa sia stata dimostrata da tale procedura, i fabbricanti redigono una dichiarazione CE di conformità e appongono la marcatura CE (che non può essere inferiore a 5 mm.); si tratta di una forma di autocertificazione con La sicurezza dei prodotti cui il fabbricante si assume la responsabilità di attestare la conformità e la sicurezza del giocattolo. Se il fabbricante non è in grado di sottoporre il giocattolo a tutte le procedure di conformità previste dalla normativa, potrà immettere l’oggetto sul mercato dopo aver ricevuto l’attestazione di conformità CE da parte di un organismo preposto, che effettua gli esami di laboratorio per verificare la rispondenza ai requisiti previsti dalla legge. I fabbricanti conservano la documentazione tecnica e la dichiarazione CE per un periodo di dieci anni dopo che il giocattolo è stato immesso sul mercato. La Direttiva elenca poi una serie di ulteriori obblighi per i fabbricanti. Essi intanto devono garantire che siano predisposte le procedure necessarie affinchè la produzione in serie continui a essere conforme. Devono tenere conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del giocattolo, nonchè delle modifiche delle norme armonizzate con riferimento alle quali si dichiara la conformità di un giocattolo. Laddove ritenuto necessario in considerazione dei rischi presentati da un giocattolo, i fabbricanti devono eseguire, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, prove a campione dei giocattoli commercializzati, devono svolgere indagini e, se del caso, tenere un registro dei reclami dei giocattoli non conformi e dei richiami di giocattoli e informare i distributori di tale monitoraggio. I fabbricanti devono altresì garantire che sui loro giocattoli sia apposto un numero di tipo, di lotto, di serie, di modello oppure un altro elemento che consenta la loro identificazione oppure, qualora le dimensioni o la natura del giocattolo non lo consentano, che le informazioni prescritte siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del giocattolo. Ancora, i fabbricanti hanno l’ob- 45 I quaderni del consumatore bligo di indicare sul giocattolo il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo dove possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del giocattolo. L’indirizzo deve indicare un unico punto in cui il fabbricante può essere contattato. I fabbricanti devono garantire che il giocattolo sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza fornite almeno in lingua italiana. Inoltre, se ritengono o hanno motivo di credere che un giocattolo che hanno immesso sul mercato non sia conforme alla pertinente normativa comunitaria di armonizzazione devono assumere immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale giocattolo, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Qualora il giocattolo presenti un rischio, ne informano immediatamente il Ministero dello Sviluppo Economico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva adottata. A seguito di una richiesta motivata delle autorità competenti forniscono tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del giocattolo, in lingua italiana o inglese. Essi collaborano con tali autorità, ove richiesto dalle medesime, in ordine alle azioni intraprese per eliminare i rischi presentati dai giocattoli che essi hanno immesso sul mercato, compresi il ritiro e il richiamo dei giocattoli non conformi. Il rappresentante autorizzato, che deve aver ricevuto un mandato scritto da parte del fabbricante e, pertanto, avere il potere di rappresentanza indiretta di questi, è portatore di alcuni particolari compiti, i quali devono essere espressamente indicati nel contratto di mandato ma che, in ogni caso, devono comprendere almeno: 46 a) il mantenere a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza la dichiarazione CE di conformità e la documentazione tecnica per un periodo di 10 anni dopo l’immissione del prodotto sul mercato; La sicurezza dei prodotti b) il potere di fornire, a seguito di specifica richiesta da parte dell’autorità nazionale competente, tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità di un giocattolo; c) il potere di cooperare con le autorità nazionali, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi presentati dai giocattoli che rientrano nel suo mandato. In ogni caso, però, sono espressamente esclusi dal novero dei compiti “delegabili” al rappresentante autorizzato la stesura della documentazione tecnica propedeutica alla procedura di valutazione di conformità nonché gli obblighi specifici in materia di garanzia della conformità dei giocattoli ai requisiti di sicurezza (adempimenti entrambi che fanno capo unicamente al fabbricante o, come si vedrà meglio in seguito, all’importatore). Per quel che riguarda il distributore, egli ha l’obbligo di immettere sul mercato solo i giocattoli provvisti dalla marcatura CE, del nome e/o del marchio e dell’indirizzo del fabbricante o del responsabile dell’immissione sul mercato della Comunità Europea, delle avvertenze e delle precauzioni d’uso redatte in lingua italiana. Anche l’importatore deve avere un comportamento prudente e accorto, poiché il nuovo Decreto legislativo n. 54/2011 pone a carico di questa figura l’obbligo di immettere sul mercato esclusivamente giocattoli conformi. Esso, pertanto, dovrà assicurarsi preventivamente che il fabbricante abbia eseguito la necessaria valutazione di conformità, che la marcatura CE sia stata apposta, che il prodotto sia accompagnato dalla prevista documentazione nonché verificare la coerenza tra la documentazione e la merce ricevuta. L’importatore, se ritiene o ha motivo di credere che un giocattolo non sia conforme ai requisiti di legge, non può immettere sul mercato il giocattolo fino a quando esso non è stato reso conforme. Inoltre, quando un giocattolo presenta un rischio, l’importatore deve informarne il fabbricante e l’autorità di vigilanza del mercato. 47 I quaderni del consumatore 48 Anche gli importatori devono indicare sul giocattolo il loro nome, la loro denominazione commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo a cui possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile, sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del giocattolo. Gli importatori devono assicurare che il giocattolo sia accompagnato da istruzioni e informazioni sulla sicurezza almeno in lingua italiana. Sono fatti salvi gli oneri informativi relativi alla conformità dei processi di lavorazione alle norme in materia di lavoro, con particolare riguardo al lavoro minorile, e in materia di tutela ambientale. Gli importatori devono garantire che mentre un giocattolo è sotto la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di trasporto non ne mettano a rischio la conformità. Ove ritenuto opportuno alla luce dei rischi presentati da un giocattolo, gli importatori, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori, sono tenuti ad eseguire prove a campione dei giocattoli commercializzati, svolgere indagini e, se del caso, tenere un registro dei reclami, nonché dei giocattoli non conformi e dei richiami di giocattoli e informare i distributori di tale monitoraggio. Se ritengono o hanno motivo di credere che un giocattolo che hanno immesso sul mercato non sia conforme alla pertinente normativa comunitaria di armonizzazione devono adottare immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale giocattolo, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre, qualora il giocattolo presenti un rischio, devono informarne immediatamente il Ministero dello Sviluppo Economico, indicando La sicurezza dei prodotti in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva adottata. Gli importatori devono conservare per un periodo di dieci anni dopo l’immissione sul mercato del giocattolo la dichiarazione CE di conformità a disposizione dell’autorità di vigilanza del mercato; devono garantire inoltre che, su richiesta, la documentazione tecnica possa essere resa disponibile a tale autorità. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata delle autorità competenti devono fornire tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del giocattolo, in lingua italiana o inglese. Essi collaborano con tali autorità, ove richiesto dalle medesime, in ordine alle azioni intraprese per eliminare i rischi presentati dai giocattoli che essi hanno immesso sul mercato, compresi il ritiro e il richiamo dei giocattoli non conformi. L’art. 11 della Direttiva prevede nuove misure riguardo la presenza di avvertenze su ogni giocattolo per assicurarne un utilizzo sicuro. I giocattoli dovranno indicare l’età minima per l’utilizzo, la necessità di supervisione da parte di un adulto durante l’utilizzo, la presenza di parti piccole e tutti i rischi connessi al particolare tipo di prodotto. Le avvertenze dovranno essere apposte in maniera chiara e leggibile su packaging, istruzioni e dove possibile sul prodotto. I requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa vengono suddivisi in: principi generali e rischi particolari. I primi sono correlati alla concezione, costruzione e composizione del giocattolo. In particolare, il giocattolo deve essere privo di parti appuntite e taglienti, deve resistere agli urti e non provocare ferite in caso di rottura. Le parti smontabili, se ingerite, devono avere delle dimensioni tali da impedire il soffocamento. Inoltre, l’oggetto non deve contenere sostanze o preparati che possono diventare infiammabili: i materiali con cui sono costruiti e le vernici utilizzate devono rientrare nei limiti di tolleranza biologica previsti; nei giochi elettrici, la tensione di alimentazione non deve 49 I quaderni del consumatore superare un voltaggio predeterminato. I requisiti particolari di sicurezza riguardano: proprietà fisico-meccaniche; proprietà chimiche; proprietà elettriche; igiene; infiammabilità; radioattività. Dal 20 luglio 2011, come si è detto, per quel che concerne le proprietà fisico-meccaniche dovranno essere rispettati i nuovi criteri previsti dalla Direttiva 2009/48/CE. Le novità principali riguardano i seguenti aspetti. La velocità massima di progetto dei giocattoli cavalcabili elettrici deve essere così limitata: giocattoli destinati a bambini sotto i 3 anni: max 6 km/h; giocattoli per bambini da 3 a 6 anni: max 6 km/h; inoltre, se presente un selettore, dovrà essere manovrabile solo da parte del genitore e la velocità più alta selezionabile può arrivare a 8,2 km/h; giocattoli per bambini sopra i 6 anni: max 16 km/h: i giocattoli cavalcabili elettrici destinati a bambini sotto i 6 anni devono avere un sedile. Sono stati individuati altresì dei limiti ai valori massimi del rumore, sia impulsivo, sia prolungato, per i giocattoli destinati a produrre un suono, in particolare: 50 giocattoli da tenere vicino all’orecchio: LpA <80 dB o <90 dB quando misurata con accoppiatore; sonagli e giocattoli da schiacciare: LpA1s <85 dB; sonagli e giocattoli da schiacciare: LpC peak <110 dB; La sicurezza dei prodotti capsule a percussione: LpC peak < 125 db; qualsiasi altro giocattolo: LpC peak < 115 db. I giocattoli, indipendentemente dall’età dei bambini a cui sono destinati, non devono presentare rischi di asfissia a causa dell’ostruzione esterna alle vie aeree e dunque non devono contenere: fogli di plastica (per ogni tipo di giocattolo); maschere per tutte le età; giochi di forma emisferica nei giocattoli destinati a bambini sotto i 3 anni. I giocattoli non devono presentare nemmeno rischi di asfissia a causa dell’ostruzione interna alle vie aeree e dunque non devono essere presenti: ventose sui proiettili in tutti i giocattoli; palloncini sotto gli 8 anni; altre ventose; piccole palle o piccole parti nei giocattoli destinati a bambini sotto i 3 anni. Esistono requisiti a protezione del soffocamento, che si applicano non solo al giocattolo, ma anche all’imballaggio (ed indipendentemente dall’età del bambino a cui sono destinati) e precisamente si prevede che: gli imballaggi non devono provocare rischi di asfissia o strangolamento causato dall’ostruzione esterna alle vie aeree (corde e sacchi di plastica in giocattoli destinati a bambini di tutte le età, confezioni di forma emisferica nei giocattoli destinati a bambini di età inferiore a 3 anni); gli imballaggi di forma sferica, a forma di uovo o ellissoidali, e le parti staccabili da essi o da imballaggi di forma cilindrica 51 I quaderni del consumatore con le estremità arrotondate, non devono entrare nella sagoma delle piccole palle (44,5mm); gli imballaggi non di forma sferica possono essere costituiti da piccole parti, tranne per gli imballaggi dei giocattoli venduti nel cibo o mischiati al cibo. 52 Per quanto riguarda i giocattoli abbinati al cibo, essi devono avere un imballaggio proprio; tale imballaggio (così come fornito) non deve essere una piccola parte (ingeribile o inalabile). Inoltre sono banditi i giocattoli attaccati direttamente ad un prodotto alimentare che deve essere consumato per rendere accessibile il giocattolo; i giocattoli attaccati in altro modo al cibo devono soddisfare i requisiti relativi ai rischi di soffocamento causato da ostruzioni interne alle vie aeree (indipendentemente dall’età del bambino a cui sono destinati). Esistono infine regole destinate ai c.d. “giocattoli di attività”, definiti come quei giocattoli che permettono al bambino di arrampicarsi, saltare, dondolare, scivolare, cullarsi, avvitarsi, gattonare o strisciare in qualsiasi combinazione. Per questi giocattoli devono essere evitati i rischi di schiacciamento, i rischi di intrappolamento, i rischi di cadute, i rischi di impatto, i rischi di annegamento e deve essere sempre comunque assicurata la resistenza della struttura. Esistono dei requisiti di sicurezza legati alla infiammabilità dei giocattoli che in particolare non devono bruciare se esposti direttamente ad una fiamma, non devono prendere fuoco facilmente, devono bruciare lentamente, devono ritardare il processo di combustione, non devono contenere sostanze o preparati che possono diventare infiammabili, non devono contenere elementi o sostanze che possono esplodere, non devono contenere sostanze o preparati che quando mischiate, scaldate o per reazione chimica possono esplodere. Altri requisiti di legge riguardano le proprietà chimiche; in particolare i giocattoli “sicuri” non devono presentare rischi per l’in- La sicurezza dei prodotti columità fisica a seguito di ingestione, inalazione, contatto con la pelle, mucose ed occhi, devono rispettare i limiti sulla tolleranza biologica relativa agli otto metalli, non devono contenere sostanze o preparati pericolosi. Per quel che riguarda le proprietà elettriche, la Direttiva 2009/48/ CE dispone che dal 20 luglio 2011 le caratteristiche di sicurezza dei giocattoli debbano essere le seguenti: la tensione di alimentazione nominale dei giocattoli non deve essere superiore a 24 volt in corrente continua (c.c.) o corrente alternata equivalente (c.a.) e nessuna parte accessibile deve superare i 24 volt in c.c. o c.a. equivalente; la tensione interna nominale non deve superare i 24 volt di c.c. o c.a. equivalente salvo sia garantito che il voltaggio e la combinazione di corrente prodotta non determini alcun rischio o shock elettrico dannoso, anche nel caso in cui il giocattolo sia rotto; le parti dei giocattoli che sono collegate a una sorgente elettrica in grado di provocare uno shock elettrico o che possono venire a contatto con una tale sorgente elettrica, nonché i cavi o gli altri conduttori attraverso i quali l’elettricità viene trasmessa a dette parti, debbono essere adeguatamente isolati e meccanicamente protetti per prevenire il rischio di shock elettrici; i giocattoli elettrici debbono essere progettati e costruiti in modo da garantire che le temperature massime raggiunte da tutte le superfici direttamente accessibili non siano tali da provocare ustioni da contatto; nei casi di guasto prevedibili, i giocattoli devono garantire protezione contro i pericoli elettrici derivanti da una fonte di alimentazione elettrica; i giocattoli elettrici devono garantire adeguata protezione contro i pericoli di incendio; i giocattoli elettrici devono essere progettati e costruiti in modo tale che i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 53 I quaderni del consumatore e le altre radiazioni generate dall’apparecchio siano limitate a quanto necessario per il funzionamento del giocattolo e devono funzionare a un livello di sicurezza conforme allo stato dell’arte generalmente riconosciuto, tenuto conto delle specifiche misure comunitarie; i giocattoli dotati di un sistema di controllo elettronico devono essere progettati e fabbricati in modo che il giocattolo funzioni in modo sicuro anche nel caso di malfunzionamento o malfunzionamento del sistema elettronico dovuti a un’avaria del sistema stesso o a un fattore esterno; i giocattoli devono essere progettati e costruiti in modo da non comportare pericoli per la salute o rischi di lesioni agli occhi o alla cute derivanti da laser, diodi emettitori di luce (LED) o da qualsiasi altro tipo di radiazione; il trasformatore elettrico di un giocattolo non deve essere una parte integrante del giocattolo. 54 Ancora, per quel che riguarda l’aspetto dell’igiene, i giocattoli devono essere in stato di pulizia per evitare rischi di infezione, malattia e contaminazione. Da ultimo, per quel che riguarda la radioattività, nessun giocattolo può contenere elementi o sostanze radioattive. La Direttiva giocattoli chiarisce altresì rapporto tra la medesima e quella relativa alla sicurezza generale dei prodotti (Dir. 2001/95/ CE, recepita nel nostro ordinamento con il Codice del consumo), che viene considerata complementare rispetto alle legislazioni di settore e che si applica anche ai giocattoli nei casi in cui la Direttiva 2009/48/CE non contenga disposizioni specifiche aventi lo stesso obiettivo. La vigilanza sulla sicurezza dei giocattoli spetta al Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela dei Consumatori, che si avvale della Guardia di Finanza e delle Camere di Commercio. La vigilanza si attua mediante controlli nei luoghi di produzione o immagazzinamento, La sicurezza dei prodotti presso i punti vendita all’ingrosso e al dettaglio e, qualora vi sia un sospetto di non conformità, si procede al prelievo di campioni che vengono sottoposti ad appositi esami di laboratorio. Se il risultato degli esami porta a concludere che la marcatura CE è stata apposta non legittimamente viene effettuato il sequestro cautelativo, in attesa che il Ministero dello Sviluppo Economico disponga il ritiro immediato dal mercato. Esistono anche sanzioni pecuniarie, che prevedono quanto segue: VIOLAZIONE SANZIONE chiunque immette in commercio, vende o distribuisce gratuitamente al pubblico giocattoli privi della marcatura CE ammenda da E 516,46 ad E 20.658,27 il fabbricante o il mandatario stabilito nella Comunità che appone indebitamente la marcatura CE salvo che il fatto costituisca più grave reato arresto fino a sei mesi e l’ammenda da E 2.582,28 ad E 15.493,71 chiunque apponga marchi iscrizioni che possano essere confusi con la marcatura CE sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 774,68 ad E 10.329,14 chiunque commercializzi giocattoli privi di marcatura CE e/o del nome e/o della ragione sociale e/o del marchio, dell’indirizzo del fabbricante o del responsabile dell’immissione sul mercato della Comunità Europea, delle avvertenze e delle precauzioni d’uso redatte in lingua italiana sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 2.582,28 ad E 13.329,14 chiunque nega l’accesso ai luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento o alle informazioni che il fabbricante o il mandatario è tenuto a fornire all’Autorità richiedente sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 2.065,88 ad E 12.394,96 55 I quaderni del consumatore 3. Sicurezza dei prodotti elettrici La normativa comunitaria e nazionale relativa ai prodotti elettrici parte dal presupposto che anche dall’utilizzo di questo genere di beni possa derivare un danno al consumatore; pertanto i prodotti elettrici devono essere immessi sul mercato nel rispetto di rigorosi requisiti di sicurezza. A livello comunitario sono tre i provvedimenti che hanno dato origine alle regole sul commercio dei prodotti elettrici ed in particolare: Direttiva n. 73/23/CEE (c.d. Direttiva Bassa Tensione), relativa ai prodotti elettrici a bassa tensione, recepita con L. 18 ottobre 1977, n. 791, modificata dalla Direttiva 93/68/CEE, poi modificata e abrogata dalla Direttiva n. 2006/95/CE; Direttiva n. 89/336/CEE, relativa alla compatibilità elettromagnetica (c.d. Direttiva CEM), recepita dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 476 e dal D.Lgs. 12 novembre 1996, n. 615, poi abrogata e sostituita dalla Direttiva 2004/108/CE, recepita con D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 194; Direttiva n. 92/75/CEE, relativa alla etichettatura energetica degli apparecchi di uso domestico, recepita con D.P.R. 9 marzo 1998, n. 107 e D.M. 10 novembre 1999, poi abrogata dalla Direttiva 2010/30/UE. 3.1 Prodotti elettrici a bassa tensione 56 Sulla base della Direttiva n. 2006/95/CE il campo di applicazione della normativa ricomprende il materiale elettrico destinato ad essere adoperato ad una tensione compresa fra 50 e 1.000 volt in corrente alternata e fra 75 e 1.500 volt in corrente continua. Rientrano ad esempio in questa fascia di prodotti elettrodomestici avvolgicavo, apparecchi di illuminazione, trapani, catene luminose. Sono invece esclusi i materiali elettrici destinati ad essere usati in La sicurezza dei prodotti ambienti esposti a pericolo di esplosione; i materiali elettrici per radiologia ed uso clinico; le parti elettriche di ascensori e montacarichi; i contatori elettrici; prese e spine di corrente per uso domestico; dispositivi di alimentazione dei recinti elettrici; materiali nei riguardi dei disturbi radio-elettrici; materiali elettrici speciali destinati ad essere utilizzati sulle navi e sugli aeromobili e per le ferrovie; materiale elettrico destinato ad essere esportato fuori dal territorio della Comunità Economica Europea. La normativa copre tutti i rischi derivanti dall’impiego di materiale elettrico fra cui non solo quelli di natura elettrica ma anche quelli di natura meccanica, chimica (quale in particolare l’emissione di sostanze aggressive) e quelli di ogni altro tipo. Copre parimenti gli aspetti connessi alla salute relativi a rumore e vibrazioni e quelli ergonomici. Il materiale elettrico ricompreso nel campo di applicazione della normativa può essere posto in commercio solo se, costruito a regola d’arte in materia di sicurezza, non comprometta, in caso di installazione e manutenzione non difettose e di utilizzazione conforme alla sua destinazione, la sicurezza delle persone, degli animali domestici e dei beni (art. 2, legge n. 791/1977). Prima dell’immissione in commercio detti prodotti devono essere muniti della marcatura CE. La marcatura in questione è la dichiarazione proveniente dal costruttore che il prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza e alle procedure di valutazione di conformità contenute nelle Direttive Comunitarie, dunque ottempera a tutti i requisiti legislativi di natura comunitaria. Gli Stati membri devono garantire libertà di immissione sul mercato e libera circolazione del materiale elettrico conforme alle prescrizioni della direttiva e dunque munito di marcatura CE. 57 I quaderni del consumatore La marcatura CE è apposta dal fabbricante o dal suo rappresentante direttamente sul prodotto o, se ciò non è possibile, sull’imballaggio, sulle avvertenze d’uso o sul certificato di garanzia; l’importante è che sia visibile, facilmente leggibile ed indelebile. E’ vietato apporre sui materiali elettrici ogni altra marcatura che possa trarre in inganno i terzi sul significato o sul simbolo grafico della marcatura CE. Tuttavia sul materiale elettrico, sul relativo imballaggio, sulle avvertenze d’uso o sul certificato di garanzia può essere apposto ogni altro marchio purché questo non limiti la visibilità e la leggibilità della marcatura CE (art. 10, comma 2, Direttiva 2006/95/CE). Oltre ad apporre la marcatura CE, il fabbricante od il suo mandatario stabiliti nella Comunità devono predisporre la dichiarazione tecnica (fascicolo tecnico) e la dichiarazione di conformità. Il fascicolo tecnico deve ricomprendere: una descrizione generale del prodotto; disegni di progettazione e fabbricazione, schemi e diagrammi di componenti e circuiti; un elenco delle norme usate o una descrizione delle soluzioni applicate per soddisfare gli aspetti di sicurezza qualora non siano state applicate le norme; i risultati dei calcoli di progetto e dei controlli svolti; i rapporti sulle prove effettuate. 58 L’insieme di queste informazioni e di questi dati consente di valutare se tale materiale elettrico ottemperi alle prescrizioni della direttiva. Il fabbricante od il suo mandatario stabilito nella Comunità devono tenere la documentazione tecnica a disposizione delle autorità nazionali a fini d’ispezione per almeno dieci anni dall’ultima data in cui è stato fabbricato il prodotto in questione. È consentito l’impiego di un supporto elettronico, purché sia di facile accesso per l‘ispezione. Se il fabbricante non è stabilito nella Comunità e non ha un mandatario nella Comunità, questo La sicurezza dei prodotti obbligo spetta all’importatore o alla persona responsabile dell’immissione del prodotto sul mercato comunitario (Allegato IV Direttiva 2006/95/CE). La dichiarazione di conformità, quale presupposto per l’apposizione della marcatura CE, deve contenere: il nome e l’indirizzo del fabbricante o del suo mandatario stabilito nella comunità; la descrizione del materiale elettrico; il riferimento alle norme armonizzate; l’eventuale riferimento alle specifiche per le quali è dichiarata la conformità; l’identificazione del firmatario (nome e funzione della persona incaricata di firmare per conto del costruttore o del suo rappresentante autorizzato); le ultime due cifre dell’anno in cui viene apposta la marcatura CE; luogo e data. Una copia della dichiarazione di conformità deve essere tenuta a disposizione delle autorità nazionali a fini ispettivi dal fabbricante, dal suo mandatario stabilito nella Comunità o dall’importatore o, ancora, dalla persona responsabile dell’immissione sul mercato per almeno dieci anni a decorrere dall’ultima data di fabbricazione del prodotto. Il marchio di fabbrica o il marchio commerciale e i dati identificativi del fabbricante o del suo mandatario con sede nell’Unione Europea o del Responsabile dell’immissione nel mercato comunitario degli apparecchi elettrici ed elettronici debbono accompagnare ciascun esemplare dell’apparecchiatura immessa in commercio, potendo essere apposti distintamente sul materiale elettrico oppure, se ciò non è possibile, sull’imballaggio dello stesso. La vigilanza, finalizzata ad assicurare sul mercato la presenza di prodotti sicuri e rispondenti alle Direttive e alle norme di settore 59 I quaderni del consumatore 60 a garanzia dei consumatori e della leale concorrenza tra imprese, è di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, che ai fini dei controlli sul mercato si avvale delle Camere di Commercio competenti per territorio, nonché di altre amministrazioni e delle autorità pubbliche locali nell’ambito delle rispettive competenze. I controlli vengono effettuati presso i rivenditori (grossisti, dettaglianti e grande distribuzione), verificando che i prodotti posti in vendita presentino tutte le caratteristiche costruttive di conformità (intendendosi sia tecniche sia amministrative: marcatura CE, marchio di fabbrica o commerciale, dati di targa e istruzioni per un loro corretto utilizzo redatti in lingua italiana); i controlli vengono fatti anche presso i produttori o gli importatori con la verifica e l’acquisizione della dichiarazione di conformità e della documentazione tecnica. Quando un prodotto è sospetto di non conformità si procede al prelievo di campioni che vengono sottoposti ad esami di laboratorio, che, se danno esito di non conformità, comportano il successivo sequestro cautelativo della merce. Le violazioni alla normativa della sicurezza dei prodotti elettrici sono sanzionate dall’art. 4 del Decreto Legislativo n. 626/96 (che ha sostituito l’art. 9 della legge n. 791/1977). In particolare, l’Autorità di vigilanza quando accerta la mancanza o la irregolare apposizione della marcatura CE, intima immediatamente al fabbricante o al suo rappresentante stabilito nella Comunità o all’importatore di conformare il prodotto alle disposizioni della legge e di far cessare l’infrazione entro un termine perentorio, non superiore a trenta giorni. Decorso inutilmente tale termine, vieta la ulteriore commercializzazione del prodotto e ne ordina il ritiro dal mercato a spese del fabbricante, del suo rappresentante stabilito nella Comunità o dell’importatore. Quando accerta che il materiale elettrico, anche se munito di marcatura CE ed utilizzato conformemente alla propria destinazione, rischia di pregiudicare la sicurezza delle persone, degli animali domestici o dei beni, ne ordina il ritiro temporaneo dal mercato e ne vieta o limita la circolazione e l’installazione. La sicurezza dei prodotti Sono poi previste le seguenti sanzioni: VIOLAZIONE SANZIONE per il fabbricante, mandatario o importatore che immette sul mercato materiale elettrico senza il marchio CE o con marchio apposto irregolarmente o con marchio che tragga in inganno sul significato o sul simbolo grafico della marcatura CE ovvero non ottemperi alle misure indicate dalle autorità sanzione amministrativa che va da E 20,66 a E 123,95 per ogni pezzo ed in ogni caso non inferiore ad E 10.329,14 e non superiore ad E 61.974,8. per i rivenditori e gli installatori che vendano o installino materiale elettrico senza il marchio CE o con marchio apposto irregolarmente o con marchio che tragga in inganno sul significato o sul simbolo grafico della marcatura CE sanzione amministrativa che va da E 20,66 a E 123,95 per ogni pezzo ed in ogni caso non inferiore ad E 774,69 e non superiore a E 4.648,11 violazione degli obblighi di conservazione ed esibizione all’autorità di vigilanza della documentazione tecnica e della dichiarazione di conformità sanzione amministrativa da E 5.164,57 a E 30.987,41. In tali casi l’Autorità incaricata della vigilanza può disporre il temporaneo divieto di commercializzazione del prodotto fino alla produzione della necessaria documentazione o fino all’accertamento della sua conformità e non pericolosità I prodotti elettrici sono poi sottoposti alle sanzioni generali stabilite dal Codice del consumo, secondo cui chiunque non assicuri la dovuta collaborazione ai fini dello svolgimento delle ispezioni è soggetto alla sanzione amministrativa da € 2.500,00 a € 40.000,00 (art. 112 d.lgs. 206/2005); nel caso in cui i prodotti siano privi dell’indicazione dell’identità e degli estremi del produttore (marchio, denominazione, indirizzo) e dei dati di riferimento del prodotto (numero di lotto e/o codice a barre o simili) e pertanto in violazione da quanto previsto dall’art. 104, commi 2 e 3 del Codice del Consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206) si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 112 comma 5 del decreto citato ovvero da € 1.500,00 a € 30.000,00. Competente ad irrogare la sanzione amministrativa è la Camera di Commercio del luogo dove è stata commessa la violazione. 61 I quaderni del consumatore 3.2 Compatibilità elettromagnetica 62 La Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (Direttiva 89/336/UE abbreviata CEM), recepita dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 476 e dal D.Lgs. 12 novembre 1996, n. 615 è stata abrogata e sostituita dalla Direttiva 2004/108/CE, recepita con D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 194 recante “Attuazione della direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica e che abroga la direttiva 89/336/CEE”, la cui disciplina è altresì integrata dalla Legge 22 febbraio 2001 n. 36 (Legge quadro sulla protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici). Riguarda elettrodomestici, trasmettitori radio e televisivi, apparecchiature radiomobili, apparecchiature elettromedicali, apparati per illuminazione, lampade fluorescenti, macchine industriali, apparecchiature elettroniche per scopi didattici, apparati della tecnologia dell’informazione, ricetrasmittori CB e LPD, KIT per montaggio fai-dai-te (quando il Kit è destinato a essere convertito in apparecchio dall’utente), componenti con funzione intrinseca ai fini dell’utilizzatore finale. Non sono ricompresi, invece, i prodotti ritenuti non in grado di emettere perturbazioni elettromagnetiche potenzialmente pericolose per altri apparati ed intrinsecamente immuni da perturbazioni elettromagnetiche, ad esempio: apparati radio utilizzati da radioamatori che non risultino disponibili sul mercato, apparati coperti da apposite direttive, lampade ad incandescenza, componenti elettrici e/o elettronici privi di una funzione intrinseca ai fini dell’utilizzatore finale. Lo scopo delle norme è quello di far sì che le perturbazioni elettromagnetiche provocate da apparecchiature elettriche non impediscano il corretto funzionamento di altre apparecchiature e delle reti di telecomunicazione e di erogazione dell’energia elettrica e che tali apparecchiature abbiano un adeguato livello di immunità La sicurezza dei prodotti contro le perturbazioni elettromagnetiche, che permetta loro di funzionare in modo conforme alla loro destinazione. Possono essere immesse sul mercato o in servizio soltanto le apparecchiature che risultano conformi alle disposizioni del D. Lgs. n. 194/2007 quando installate correttamente, sottoposte ad appropriata manutenzione ed utilizzate conformemente alla loro destinazione. Gli operatori economici responsabili dell’immissione del materiale nel mercato sono il fabbricante o il suo rappresentante autorizzato o, nel caso in cui nessuno dei due sia stabilito nella Comunità, l’importatore che immette gli apparecchi nel mercato. Il fabbricante del prodotto ha il compito e la responsabilità dell’attestazione di sicurezza del prodotto e della conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali di cui all’allegato I deI decreto legislativo mediante la procedura del controllo interno della fabbricazione, come indicato nell’allegato II del medesimo decreto o avvalendosi della medesima procedura con la richiesta di valutazione ad un organismo notificato, come indicato nell’allegato III del medesimo decreto. Per dimostrare la conformità di un apparecchio sono dunque previste dalla normativa due procedure: quella delle norme tecniche e quella che prevede una relazione tecnica o un attestato rilasciati da un Organismo Competente. Il fabbricante effettua una valutazione della compatibilità elettromagnetica degli apparecchi, che tiene conto di tutte le normali condizioni di funzionamento cui gli apparecchi sono destinati. Se gli apparecchi possono assumere varie configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica accerta che gli apparecchi soddisfino i requisiti in materia di protezione in tutte le configurazioni possibili identificate dal fabbricante come rappresentative dell’uso cui gli apparecchi sono destinati. Il fabbricante predispone la documentazione tecnica attestante la conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali della direttiva 2004/108/ CE, tenendo la documentazione tecnica a disposizione delle autorità competenti per un periodo di almeno dieci anni dalla data di 63 I quaderni del consumatore 64 fabbricazione degli ultimi apparecchi del tipo in questione. La conformità degli apparecchi a tutti i pertinenti requisiti essenziali è attestata da una dichiarazione di conformità CE rilasciata dal fabbricante o dal suo rappresentante autorizzato nella Comunità. Da quel momento il fabbricante prende tutte le misure necessarie per assicurare che i prodotti siano fabbricati conformemente alla documentazione tecnica. Per dimostrare la conformità dell’apparecchio il fabbricante può avvalersi anche di un organismo notificato, specificando gli aspetti dei requisiti essenziali che devono essere valutati. L’organismo notificato esamina la documentazione tecnica e valuta se questa dimostra adeguatamente che i requisiti della direttiva 2004/108/ CE sono rispettati. Se la conformità dell’apparecchio è confermata, l’organismo notificato trasmette una dichiarazione al fabbricante o al suo rappresentante autorizzato nella Comunità attestante la conformità di detto apparecchio. Tale dichiarazione si limita agli aspetti dei requisiti essenziali che sono stati sottoposti alla valutazione dell’organismo notificato. Il fabbricante aggiunge la dichiarazione dell’organismo notificato alla documentazione tecnica in suo possesso. La documentazione relativa alla conformità del prodotto compone il fascicolo tecnico da conservare per un periodo di dieci anni. Gli apparecchi conformi recano la marcatura CE attestante tale conformità. Altri marchi sono ammessi purché non traggano in inganno o creino confusione con la marcatura CE o la rendano in qualche modo non visibile e leggibile. Nei prodotti devono essere apposti altresì i dati identificativi del fabbricante o del suo mandatario con sede nell’U.E. o del responsabile dell’immissione nel mercato. La vigilanza spetta alle autorità competenti che hanno il compito di controllare le apparecchiature immesse nel mercato o messe in servizio per verificarne la rispondenza ai requisiti essenziali previsti dalla normativa; di individuare situazioni di incompatibilità elettromagnetica, al fine della loro risoluzione, in particolare nei La sicurezza dei prodotti casi di radiodisturbi; di adottare adeguate misure di salvaguardia e informarne la Commissione europea. Al fine di verificare la conformità delle apparecchiature alle prescrizioni del decreto legislativo, le autorità competenti hanno facoltà di disporre verifiche e controlli anche con metodo a campione, presso il fabbricante o il suo rappresentante autorizzato, gli importatori, i grossisti, i commercianti, ovvero presso gli impianti fissi e presso gli utilizzatori in caso di perturbazioni alle reti o ai servizi di comunicazione elettronica. Sono previste le seguenti sanzioni: VIOLAZIONE SANZIONE chiunque immette nel mercato ovvero installa apparecchiature non conformi ai requisiti di protezione sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 4.000,00 ad E 24.000,00. chiunque apporta modifiche ad apparecchiature dotate della marcatura CE, che comportano la mancata conformità ai requisiti di protezione sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 4.000,00 ad E 24.000,00. chiunque immette nel mercato, commercializza, distribuisce in qualunque forma o installa apparecchi che, seppure conformi ai requisiti di protezione, sono sprovvisti della prescritta marcatura CE sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.000,00 ad E 12.000,00 chiunque immette nel mercato, commercializza, distribuisce in qualunque forma o installa apparecchi che, seppure conformi ai requisiti di protezione, sono sprovvisti della documentazione tecnica e della dichiarazione di conformità sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.000,00 ad E 12.000,00. chiunque installa impianti fissi che, seppur conformi ai requisiti di protezione, sono sprovvisti della prescritta documentazione sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.000,00 ad E 12.000,00 chiunque appone marchi che possono confondersi con la marcatura CE ovvero ne limitano la visibilità e la leggibilità sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 1.000,00 ad E 6.000,00. chiunque promuove pubblicità per apparecchiature che non rispettano le prescrizioni del decreto legislativo sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.500,00 ad E 15.000,00. chiunque apporta, per uso personale, ad apparecchiature dotate di marcatura CE modifiche che comportano la mancata conformità ai requisiti di protezione sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250,00 a euro 1.500,00 65 I quaderni del consumatore 3.3 Etichettatura Energetica La Direttiva sull’etichettatura energetica (92/75/CEE) concerne, invece, l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici, mediante etichettatura ed informazioni uniformi relative ai prodotti. E’ stata recepita nel nostro ordinamento col D.P.R. 9 marzo 1998, n. 107. I prodotti costituenti l’ambito d’applicazione della normativa concernente l’etichettatura energetica sono: frigoriferi e congelatori e loro combinazioni; lavatrici, essiccatori e loro combinazioni; lavastoviglie; forni; scalda-acqua e serbatoi di acqua calda; fonti di illuminazione; condizionatori d’aria. 66 Le regole sull’etichettatura energetica hanno subito un recente aggiornamento con la Direttiva 2010/30/CE, che prevede l’estensione delle norme sull’etichettatura energetica a tutti i prodotti che consumano energia o connessi al consumo di energia. Si tratta di una rifusione della Direttiva 92/75/Cee, ora abrogata. La normativa in generale stabilisce che gli elettrodomestici debbano essere etichettati per rendere chiaro al consumatore il loro consumo energetico, affinché si possano confrontare i rendimenti energetici dei differenti prodotti presenti sul mercato e possa essere così operata una scelta consapevole che tenga conto dei criteri ambientali. L’etichetta deve essere ben visibile davanti o sopra l’apparecchio esposto al pubblico, proprio per consentire un confronto migliore fra i vari modelli. Le etichette energetiche, pur essendo di vario tipo a seconda del prodotto, presentano la medesima veste grafica e sono divise per La sicurezza dei prodotti settori*. Le categorie di efficienza energetica sono rappresentate da frecce di lunghezza crescente e di colori diversi, ciascuna associata ad una lettera dell’alfabeto: più la freccia è corta, più la classe di efficienza del lavaggio è alta, minore è il consumo. freccia corta – lettera A – colore verde – consumi bassi freccia lunga – lettera G – colore rosso - consumi alti Le frecce intermedie indicano ovviamente situazioni intermedie e in scala progressiva. La Direttiva 2010/30/CE ha ampliato la preesistente scala identificativa delle etichette da A a G prevedendo le nuove classi A+, A++ e A+++. Oltre alla classe di efficienza energetica, nell’etichetta sono riportati il marchio del costruttore; il nome del modello; il consumo di energia; l’eventuale assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica (Ecolabel); le principali caratteristiche tecniche del modello, in particolare quelle che possono incidere sui consumi di energia. Le norme impongono obblighi differenti in capo ai diversi soggetti coinvolti. In primo luogo abbiamo il fornitore definito come il fabbricante o il suo rappresentante autorizzato nella Comunità europea oppure il soggetto che immette il prodotto sul mercato comunitario. Obbligo del fornitore è quello di approntare una documentazione tecnica sufficiente a consentire di valutare l’esattezza dei dati che figurano sull’etichetta e sulla scheda contenente la descrizione generale del prodotto; i risultati dei calcoli progettuali ef* Per approfondimenti si rimanda al volume n. 4 della Collana “Le etichette ecologiche” 67 I quaderni del consumatore fettuati; i risultati delle prove effettuate anche da pertinenti organismi abilitati conformemente alle disposizioni comunitarie. Tale documentazione deve essere conservata per un periodo di cinque anni dalla data di fabbricazione dell’ultimo esemplare del prodotto ed esibita su richiesta dell’autorità competente. Inoltre, il fornitore che immette sul mercato gli apparecchi citati deve assicurare prontamente al distributore la provvista gratuita di etichette conformi e corredare il prodotto della relativa scheda informativa che deve riportare anche le informazioni contenute nell’etichetta ed essere inserita in tutti gli opuscoli illustrativi destinati al consumatore. In mancanza di opuscoli illustrativi, la scheda è acclusa alla documentazione che deve essere fornita con l’apparecchio. Viene definito distributore, invece, qualsiasi dettagliante o qualsiasi altra persona che venda, noleggi, offra in locazione-vendita o esponga prodotti agli utilizzatori finali. Il distributore ha l’obbligo di: La sicurezza dei prodotti Va specificato che la stessa tipologia di prodotti elettrici può essere ricompresa, da un punto di vista normativo, in più di una Direttiva o addirittura essere sottoposta a tutte e tre. Il caso classico è dato da un elettrodomestico come il televisore sottoposto sia alla Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (Direttiva n. 89/336/CEE) che alla Direttiva bassa tensione (Direttiva 2006/95/CEE). Una lampada fluorescente è, invece, sottoposta a tutte e tre le Direttive (Direttiva n. 89/336/CEE, Direttiva n. 2006/95/CEE, Direttiva n. 92/75/CEE). esporre adeguatamente le etichette, in maniera visibile e leggibile, e presentare la scheda nell’opuscolo del prodotto o in ogni altra documentazione che correda i prodotti quando sono venduti agli utilizzatori finali; se un prodotto è esposto, apporre un’adeguata etichetta in una posizione chiaramente visibile ed in lingua italiana. 68 Qualora gli apparecchi siano dati in noleggio o concessi in leasing o venduti in base a cataloghi per corrispondenza o in altra forma implicante che il potenziale contraente non possa prendere subito visione degli apparecchi stessi, il distributore è tenuto a garantire che al potenziale contraente vengano fornite le informazioni essenziali indicate sull’etichetta e nella scheda, prima di acquistare l’apparecchio. La vigilanza è affidata al Ministero dello Sviluppo Economico che si avvale delle Camere di Commercio e, previa intesa, di altre amministrazioni dello Stato nonché delle autorità pubbliche locali competenti per materia. 69 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti 4. Dispositivi di protezione individuale Altro settore in cui la Camera di commercio si vede attribuite competenze di vigilanza è quello dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Secondo l’art. 1 del D. Lgs. n. 475/92, che ha recepito la Direttiva 89/686/CE, sono dispositivi di protezione individuale quei prodotti che hanno la funzione di salvaguardare la persona che li indossi o comunque li porti con sé da rischi per la propria salute e la propria sicurezza. Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 21 dicembre 1989, n. 89/686/CEE Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale NORMATIVA NAZIONALE 70 D.Lgs. 2-1-1997 n. 10 Attuazione delle direttive 93/68/CEE, 93/95/ CEE e 96/58/CE relative ai dispositivi di protezione individuale. D.Lgs. 4-12-1992 n. 475 Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale D.M. 17-1-1997 Secondo elenco di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva 89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale D.M. 13-2-2003 Terzo elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva n. 89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale D.M. 27-11-2006 Quarto elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva n. 89/686/CEE, relativa ai dispositivi di protezione D.M. 7-12-2007 Quinto elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva n. 89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale. Questi prodotti sono suddivisi in tre categorie in base alla complessità della progettazione ed alla possibilità di tempestiva verifica degli effetti lesivi da parte del consumatore. Appartengono alla 1° categoria i dispositivi di protezione individuale di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità. Nel progetto deve presupporsi che la persona che usa il DPI abbia la possibilità di valutarne l’efficacia e di percepire, prima di riceverne pregiudizio, la progressiva verificazione di effetti lesivi (ad esempio: occhiali da sole senza correzione). Sono danni fisici di lieve entità: azioni lesive con effetti superficiali prodotti da strumenti meccanici; azioni lesive di lieve entità e facilmente reversibili causate da prodotti detergenti; danni derivanti da contatti o da urti con oggetti caldi, che non espongano “ad una temperatura superiore ai 50°”; ordinari fenomeni atmosferici nel corso di attività professionali; urti lievi e vibrazioni inidonei a raggiungere organi vitali ed a provocare lesioni a carattere permanente; azioni lesive dei raggi solari. Appartengono alla 2° categoria, per esclusione, i dispositivi di protezione individuale che non rientrano nella 1° e nella 3° categoria (ad esempio DPI per mani e braccia quali guanti, manopole). Appartengono infine alla 3° categoria i prodotti di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente. Nel progetto deve presupporsi che la persona che usa il DPI non abbia la possibilità di percepire tempestivamente la verificazione istantanea di effetti lesivi (ad esempio DPI costruiti per fornire protezione contro le cadute dall’alto quali cinghie, agganci per lavori ad alta quota). 71 I quaderni del consumatore Rientrano in questa categoria, tra gli altri: apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro gli aerosol solidi, liquidi o contro i gas irritanti, pericolosi, tossici o radio tossici; apparecchi di protezione isolanti, ivi compresi quelli destinati all’immersione subacquea; i DPI che assicurano una protezione limitata nel tempo contro le aggressioni chimiche e contro le radiazioni ionizzanti; i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti ad una temperatura d’aria non inferiore a 100°C, con o senza radiazioni infrarosse, fiamme o materiali in fusione; i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti ad una temperatura d’aria non superiore a -50°; i DPI destinati a salvaguardare dalle cadute dall’alto; i DPI destinati a salvaguardare dai rischi connessi ad attività, che espongano a tensioni elettriche pericolose od utilizzati come isolanti per alte tensioni. Rientrano tra i DPI anche: l’insieme di prodotti diversi, collegati dal costruttore, destinati a tutelare la persona da uno o più rischi simultanei; i DPI collegati, anche se separabili, ad un prodotto non destinato alla protezione della persona; i componenti intercambiabili di un DPI, utilizzabili esclusivamente quali parti di quest’ultimo e indispensabili al suo corretto funzionamento; i sistemi di collegamento di un DPI ad un altro dispositivo esterno, commercializzati contemporaneamente, anche se non destinati ad essere utilizzati per l’intero periodo di esposizione al rischio. 72 Tutti i dispositivi di protezione individuali non possono essere immessi sul mercato e in servizio se non rispondono ai requisiti essenziali di sicurezza specificati nell’allegato II del D.Lgs. n. La sicurezza dei prodotti 475/1992. Fanno eccezione le categorie DPI che espressamente non rientrano nel campo di applicazione della normativa in esame, secondo quanto contenuto nell’allegato I del D.lgs. n. 475/92, come DPI progettati e fabbricati specificamente per le forze armate o quelle per il mantenimento dell’ordine (caschi, scudi, ecc.), DPI di autodifesa in caso di aggressione (generatori aerosol, armi individuali deterrenti, ecc.), DPI progettati e fabbricati per uso privato contro le condizioni atmosferiche (copricapo, indumenti per la stagione, scarpe e stivali, ombrelli, ecc.), l’umidità, l’acqua (guanti per rigovernare, ecc.), il calore (guanti, ecc.), DPI destinati alla protezione o al salvataggio di persone imbarcate a bordo di navi o aeromobili, che non siano portati ininterrottamente; caschi e visiere per utilizzatori di veicoli a motore a due o tre ruote. Inoltre, sulla base di quanto disposto dal comma 4 art. 3 del medesimo decreto legislativo, in merito agli eventi fieristici, di esposizione, di dimostrazione o analoghe manifestazioni pubbliche è consentito che possa esservi la presentazione di DPI non conformi alle disposizioni di legge, purché un apposito cartello collocato in modo visibile al pubblico indichi chiaramente la non conformità degli stessi e l’impossibilità di acquistarli prima che siano resi conformi. I DPI si considerano conformi ai requisiti essenziali quando sono muniti della marcatura CE; il fabbricante o il suo rappresentante stabilito nel territorio comunitario devono essere in grado di presentare, a richiesta, la dichiarazione di conformità CE e la documentazione tecnica, nonché, relativamente ai DPI di seconda e terza categoria, l’attestato di certificazione CE rilasciato da un organismo di controllo autorizzato. La marcatura CE attesta quindi la conformità del prodotto alle prescrizioni applicabili della normativa e deve essere apposta su ogni DPI in modo visibile, leggibile e indelebile per tutto il periodo di prevedi- 73 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti bile durata del prodotto. Tuttavia, se ciò risultasse impossibile per le caratteristiche del medesimo, la marcatura può essere apposta sull’imballaggio, non sui fogli d’istruzione. Viene consentita l’immissione sul mercato di componenti di DPI non muniti di marcatura CE se sono destinati ad essere incorporati in altri DPI, purché tali componenti non siano essenziali o indispensabili per il buon funzionamento del prodotto (secondo quanto stabilito dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 475/1992). La vigilanza sulla sicurezza dei DPI spetta al Ministero dello Sviluppo Economico- Direzione Generale Vigilanza e Normativa Tecnica che si avvale delle Camere di Commercio, alle quali sul punto sono state attribuite le funzioni dei soppressi uffici provinciali, e degli ufficiali e agenti di Polizia Giudiziaria (Polizia Municipale, Guardia di Finanza, ecc…). Le Camere di Commercio verificano solo i DPI di prima categoria ed, in particolare, gli occhiali da sole. Vengono effettuati controlli nei luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento, presso i punti vendita all’ingrosso e al dettaglio. Qualora sia segnalata la potenziale pericolosità o inefficacia di un DPI correttamente utilizzato, il Ministero dello Sviluppo Economico, previa verifica delle circostanze segnalate, ne ordina il ritiro temporaneo dal mercato ed il divieto di utilizzazione anche in via immediata. Inoltre il costruttore o il rappresentante del costruttore che produce o pone in commercio il DPI non conforme è punito con sanzioni amministrative, come da tabella sottostante. VIOLAZIONE 74 5. Etichettatura delle calzature Con il Decreto Ministeriale dell’11/04/1996 (modificato dal D.M. del 30/01/2001) è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano la Direttiva 94/11/CE che ha introdotto e disciplinato l’obbligo dell’etichetta sulle calzature destinate alla vendita al consumatore finale. Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 21 dicembre 1989, n. 89/686/CEE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore Dir. 23 marzo 1994, n. 94/11/CEE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore NORMATIVA NAZIONALE D.M. 11-4-1996 Recepimento della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore D.M. 30-1-2001 Modifica al D.M. 11 aprile 1996, recante il «Recepimento della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo 1994, sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore» SANZIONE chiunque pone in commercio DPI privi della marcatura CE sanzione amministrativa da E 2582,28 a E 15.493,70 il costruttore o il rappresentante del costruttore che produce o pone in commercio DPI non conformi ai requisiti essenziali di sicurezza di cui all’allegato II del D.lgs 475/92 se trattasi di DPI di prima categoria, sanzione amministrativa da E 7.746,00 a E 46.481,00; se trattasi di DPI si seconda categoria, arresto sino a sei mesi o ammenda da E 9.296,00 a E 15.493,00; se trattasi di DPI di terza categoria, arresto da sei mesi a tre anni. 75 I quaderni del consumatore L’etichetta delle calzature ha la funzione di fornire informazioni certe sulla qualità dei materiali utilizzati per ciascuna parte della calzatura (suola, tomaia, rivestimento interno) ed è perciò di fondamentale importanza per il consumatore saperla leggere per poter orientare consapevolmente la propria scelta nell’acquisto. Inoltre il rispetto dei criteri imposti dalla legge per la scelta dei materiali da utilizzare per ciascuna parte della calzatura è garanzia per il consumatore di adottare un prodotto sicuro, il cui utilizzo non cagionerà alcun danno alla salute (come ad esempio per il contatto della pelle con materiali non salubri o che provocano abrasioni o ferite o per l’adozione di posture errate dovute alla non corretta realizzazione della calzatura in ciascuna delle sue parti). Il D. M. 11 aprile 1996 ha individuato preliminarmente il campo di applicazione della normativa, definendo calzature “tutti i prodotti dotati di suole che proteggono o coprono il piede, comprese le parti messe in commercio separatamente” e fornendo altresì un elenco dei diversi prodotti compresi nella categoria: 76 scarpe con o senza tacco da portare all’interno o all’esterno; stivali fino alla caviglia, stivali fino a metà gamba, stivali fino al ginocchio e stivali che coprono le cosce; sandali di vario tipo, espadrilles, scarpe da tennis, scarpe da jogging e per altre attività sportive, scarpe da bagno; calzature speciali concepite per un’attività sportiva, che possono essere munite di punte, ramponi, attacchi, barrette o accessori simili, calzature per il pattinaggio, la lotta, lo sci, il pugilato e il ciclismo; scarpe da ballo; calzature in un unico pezzo formato da gomma o plastica, esclusi gli articoli usa e getta realizzati in materiale poco resistente (carta o plastica leggera) e senza suole riportate; calosce portate sopra altre calzature, in alcuni casi prive di tacco; calzature usa e getta, ma con suole riportate concepite in ge- La sicurezza dei prodotti nere per essere usate una sola volta; calzature ortopediche. Sono invece escluse dal campo di applicazione della normativa le calzature d’occasione usate, le calzature aventi la caratteristica di giocattoli, le calzature di protezione individuale, così come disciplinate dal D. Lgs n. 475/92, le calzature disciplinate dal D.P.R. n. 904/82 (sostanze pericolose). Possono essere poste in commercio solamente calzature munite di etichettatura conforme alla normativa in vigore. L’etichetta deve fornire le informazioni scritte in lingua italiana sui materiali utilizzati per le tre parti che compongono ogni calzatura: tomaia, rivestimento interno della tomaia e suola interna, suola esterna. I materiali utilizzati nella produzione delle calzature sono: il cuoio, il cuoio rivestito (in cui uno strato molto sottile di cuoio viene accoppiato con un altro materiale pressato come cartone, gomma e stoffa), le materie tessili (sintetiche o naturali) e altre materie, prima fra tutte la gomma. In alternativa possono essere utilizzati dei simboli che devono avere carattere di immediata riconoscibilità da parte del consumatore. A tal fine, nel luoghi di vendita all’utente finale, deve essere esposto, in modo chiaramente visibile, un cartello illustrativo della simbologia adottata sull’etichetta. Simboli relativi alle diverse parti della calzatura SIMBOLO DEFINIZIONE Tomaia è la superficie esterna della calzatura, attaccata alla suola esterna Rivestimento tomaia e suola interna è la fodera ed il sottopiede che costituiscono l’interno della calzatura Suola esterna è la superficie inferiore della calzatura, attaccata alla tomaia e a contatto col terreno, perciò soggetta ad usura abrasiva 77 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti Simboli relativi ai materiali utilizzati SIMBOLO MATERIALI USATI Cuoio e pelle Indica la pelle o il pellame di un animale che conservi la sua struttura fibrosa originaria, debitamente conciato per evitare che marcisca. L’eventuale strato di rivestimento non può essere superiore a 0.15 mm Cuoio pieno fiore CUOIO PIENO FIORE Indica la pelle che comporta la grana originaria, quale si presenta quando l’epidermide sia stata ritirata, e comunque senza che alcuna pellicola di superficie sia stata eliminata mediante i procedimenti di sfioritura, scarnatura o spaccatura; cuoio di migliore qualità Cuoio rivestito È il prodotto nel quale lo strato di rivestimento del cuoio non supera un terzo dello spessore totale del prodotto, ma è comunque superiore a 0,15 mm Materie tessili naturali e sintetiche o non tessute Si tratta dei prodotti disciplinati dalla legge 883/1973 (che recepisce la direttiva 71/307/CEE), dal D.P.R. 515/1976 recante regolamento di esecuzione della legge 883/73, dalla legge 669/1986 di recepimento della direttiva CEE n. 83/623 e dal D.M. 12.10.1987 di recepimento della direttiva 87/140/CEE Altre materie diverse da quelle descritte 78 L’etichetta deve indicare il materiale che costituisce almeno l’80% della superficie di ciascuna delle tre parti suddette; se nessun materiale raggiunge almeno l’80% è opportuno che l’etichetta fornisca indicazioni sulle due componenti principali. L’etichetta deve essere presente su almeno una delle due calzature, stampata, incollata, goffrata o saldamente applicata ad un supporto, ma in ogni caso ben visibile ed accessibile al consumatore e la dimensione deve essere sufficiente a rendere agevole la comprensione delle informazioni. Esempio di etichettatura di scarpa interamente realizzata in cuoio Possono essere presenti informazioni aggiuntive (atte a meglio individuare le qualità e le finiture delle calzature purché tali indicazioni siano conformi al “buon uso commerciale”) in una delle lingue ufficiali comunitarie per individuare la qualità e la finitura delle calzature, ma in ogni caso l’etichetta non deve indurre in errore il consumatore. Il decreto precisa inoltre che il fabbricante di suole può specificare l’origine italiana delle suole apponendo la dicitura “suola prodotta in Italia” esclusivamente nella parte interna della suola stessa, in italiano od in altra lingua ufficiale dell’Unione Europea. La legge pone delle responsabilità a carico sia del fabbricante, sia del venditore al dettaglio di calzature. Il fabbricante oppure il suo rappresentante con sede nell’Unione Europea deve fornire l’etichetta ed è responsabile per l’esattezza delle informazioni in essa contenute. Se né il fabbricante né il suo rappresentante hanno sede nell’Unione Europea è responsabile il soggetto che per primo immette la merce nel mercato comunitario. Il venditore al dettaglio ha in ogni caso l’obbligo di verificare la presenza dell’etichetta sulle calzature in vendita, oltre ad esporre in modo chiaro il cartello illustrativo della simbologia. La vigilanza sull’applicazione delle prescrizioni imposte dal decreto compete al Ministero dello Sviluppo Economico, in particolare alla Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la 79 I quaderni del consumatore 80 Tutela dei Consumatori – Area Prodotti, che la esercita attraverso le Camere di Commercio competenti per territorio, avvalendosi della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in materia, degli ufficiali e degli agenti di Polizia Giudiziaria. Qualora venga rilevata la mancanza di etichettatura o la presenza di etichettatura non conforme alle prescrizioni di legge viene assegnato al fabbricante o al suo rappresentante o al responsabile della prima immissione in commercio delle calzature o al venditore al dettaglio un termine perentorio per la regolarizzazione dell’etichettatura, decorso inutilmente il quale l’Autorità di Vigilanza dispone il ritiro dal mercato delle calzature. Con la legge n. 55/2010, “Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri”, si è disciplinata l’istituzione di un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi destinati alla vendita, nei settori tessili, pelletteria e calzaturiero e si è disciplinata altresì la possibilità dell’impiego del Made in Italy. Lo scopo della normativa è quello di tutelare la corretta informazione dei consumatori e di punire, allo stesso tempo, l’ingannevole o lo scorretto utilizzo dei marchi, tale da indurre la convinzione nel consumatore che si trovi in presenza di un prodotto italiano. La legge obbliga le imprese produttrici a dichiarare l’origine del prodotto e il tipo di lavorazione che possa caratterizzare lo stesso: in particolare viene richiesta la c.d. tracciabilità, quindi, dell’origine (del luogo di origine) di ciascuna delle fasi di lavorazione al fine di “identificare” l’impresa e qualificarne la produzione, permettendo così ai consumatori di avere maggiori e dettagliate informazioni sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti acquistati. L’impiego dell’indicazione «Made in Italy» è permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità. La sicurezza dei prodotti Le regole di tracciabilità sono accompagnate da un forte regime sanzionatorio, che per i casi più gravi può portare a sequestro e confisca delle merci. Va precisato che poiché la legge italiana interviene in materia di commercio e di etichettatura, rendendo obbligatorie alcune indicazioni che a livello europeo non lo sono ancora, è necessario il via libera della Commissione dell’UE, la quale non si è ancora espressa in modo ufficiale, manifestando comunque perplessità sulle scelte del legislatore italiano. Il sistema di etichettatura sull’origine (“Made in”) obbligatoria in Italia, ad oggi, non è ancora operativo. 81 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti 6. Etichettatura dei prodotti tessili Tutti i prodotti tessili posti in vendita al consumatore devono essere muniti di un’etichetta che riporti la composizione fibrosa secondo le disposizioni di legge, in particolare il Decreto Legislativo n. 194/1999, che ha recepito la Direttiva 96/74/CE. Per l’utente finale avere informazioni complete in merito ai materiali di cui è composto il capo che indosserà o il prodotto tessile che userà, rappresenta un fattore determinante per operare scelte consapevoli e nel pieno rispetto della propria salute. Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 26 luglio 1971 n. 71/307/CEE Direttiva del Consiglio per l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle denominazioni del settore tessile Dir. 16 dicembre 1996 n. 96/74/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore tessile Dir. 14 gennaio 2009 n. 2008/121/CE Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore tessile (rifusione) NORMATIVA NAZIONALE L. 26 novembre 1973 n. 883 Disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili DPR 30 aprile 1976 n. 515 Regolamento di esecuzione della L. 26 novembre 1973 n. 883 sulla disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili D.Lgs. 22 maggio 1999 n. 194 82 Attuazione della direttiva 96/74/CE relativa alle denominazioni del settore tessile Il Decreto n. 194/1999 fissa i requisiti che debbono possedere i prodotti tessili per essere immessi sul mercato interno prima di qualsiasi trasformazione oppure durante il ciclo industriale e du- rante le diverse operazioni inerenti alla loro distribuzione. Come per tutti i prodotti, come i tessili appunto, per i quali sia prevista una normativa specifica sulla sicurezza, laddove tale normativa presenti delle lacune sarà applicabile per gli aspetti non trattati il Codice del consumo dagli artt. 102 e ss., così come esaminati nella prima parte della presente Guida. Con il termine “prodotti tessili” si intendono tutti i prodotti che, allo stato grezzo, di semilavorati, lavorati, semimanufatti, manufatti semiconfezionati o confezionati, sono composti esclusivamente da fibre tessili qualunque sia il procedimento di mischia o di unione utilizzato (ad esempio lana, cotone, lino, ecc….); a titolo non esaustivo, possiamo ricordare tra i prodotti tessili soggetti alla disciplina in esame capi di abbigliamento, sciarpe, calze, lenzuola, coperte, tende, tappeti, tessuti in rotoli/pezze, cuscini, amache, sacchi a pelo, tovaglie. Sono assimilati ai prodotti tessili e quindi soggetti alla medesima disciplina: a) i prodotti contenenti almeno l’80% in peso di fibre tessili; b) i tessuti, le cui parti tessili costituiscano almeno l’80% in peso, per la copertura di mobili, per ombrelli, ombrelloni e, alla stessa condizione, le parti tessili dei rivestimenti a più strati per pavimenti, dei materassi e degli articoli da campeggio, nonché le fodere coibenti di calzature e guanti; c) i prodotti tessili incorporati in altri prodotti di cui siano parte integrante, qualora ne venga specificata la composizione (ad esempio: fascia di tessuto presente sul cappello di paglia ..). Sono invece esclusi dagli obblighi imposti dalla legge i prodotti contenuti nell’allegato 3 del D. Lgs. 194/1999 ed in particolare: fermamaniche di camice; cinturini in materia tessile per orologio; etichette e contrassegni; manopole in materia tessile imbottite; copricaffettiere; maniche di protezione; manicotti con felpa; fiori artificiali; puntaspilli; tele dipinte; prodotti tessili per rinforzi e supporti; feltri; prodotti tessili confezionati usati purché espli- 83 I quaderni del consumatore 84 citamente dichiarati tali; ghette; imballaggi esclusi quelli nuovi e venduti come tali; cappelli di feltro; articoli di materia tessile e di pelletteria e di selleria; arazzi ricamati a mano finiti o da completare e materiali per la loro fabbricazione compresi i fili per ricamo venduti separatamente dal canovaccio e appositamente confezionati per essere impiegati per tali arazzi; chiusure lampo; bottoni e fibbie ricoperti di materia tessile; copertine di materia tessile per libri; giocattoli; parti tessili di calzature ad eccezione delle fodere coibenti; centrini composti di vari elementi e con superficie inferiore a 500 cm; tessuti e guanti per ritirare i piatti dal forno; copriuova; astucci per il trucco; borse in tessuto per il tabacco; custodie in tessuto per occhiali, sigarette, sigari, accendisigari e pettini; articoli di protezione per lo sport ad esclusione dei guanti; nécessaires per calzature; nécessarires da toilette; articoli funerari; articoli monouso ad eccezione delle ovatte; articoli tessili soggetti alle norme della farmacopea europea e recanti una dicitura che vi fa riferimento; bende, cerotti e fasciature per applicazioni mediche ed ortopediche; articoli tessili d’ortopedia in generale; articoli tessili compresi funi, corde e spaghi destinati normalmente ad essere usati in modo strumentale nelle attività di produzione e di trasformazione di beni o ad essere incorporati in macchine, impianti (di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ecc), apparecchi domestici e altri, veicoli e altri mezzi di trasporto o a servire per il funzionamento, la manutenzione e l’attrezzatura dei medesimi esclusi i teloni e gli accessori in materia tessile per automobili venduti separatamente dai veicoli; articoli tessili di protezione e di sicurezza, quali cinture di sicurezza, paracadute, giubbotti di salvataggio, scivoli di emergenza, dispositivi antincendio, giubbotti antiproiettile, indumenti speciali di protezione ad esempio contro il fuoco, gli agenti chimici o altri rischi; strutture gonfiabili a pressione pneumatica sempre che vengano fornite indicazioni sulle loro prestazioni e caratteristiche tecniche; vele; articoli tessili per animali; bandiere, stendardi e gagliardetti. Sono esclusi i prodotti che si trovano in uno degli stati di lavorazio- La sicurezza dei prodotti ne di cui all’articolo 2, comma 1 del decreto n. 194/1999 importati da Paesi terzi e destinati ad essere perfezionati o dati in lavorazione, senza dar luogo a cessione a titolo oneroso, a lavoranti a domicilio o a imprese indipendenti che lavorano per conto terzi, oltre a quelli destinati ad essere esportati verso Paesi terzi per i quali devono essere rispettate le norme in uso nel paese di destinazione e a quelli introdotti in transito, sotto controllo doganale, negli Stati membri per i quali la normativa comunitaria non si applica. Esiste un obbligo di etichettatura globale, e non del singolo pezzo, per le categorie di prodotti elencati nell’allegato 4 del D.Lgs. n. 194/1999: si tratta di canovacci, strofinacci per pulizia, bordure e guarnizioni, passamaneria, cinture, bretelle, reggicalze e giarrettiere, stringhe, nastri, elastici, imballaggi nuovi e venduti come tali, spaghi per imballaggio e usi agricoli, spaghi, corde e funi, centrini, fazzoletti, retine per capelli, cravatte e nodi a farfalla per bambini, bavagli, guanti e pannolini per bagno, fili per cucito, rammendo e ricamo, preparati per la vendita al minuto in piccole unità il cui peso non superi 1 gr., cinghie per tendaggi e veneziane. Per i prodotti venduti a metraggio, l’etichetta di composizione può essere immessa soltanto sulla pezza o sul rotolo presentati alla vendita. L’esposizione alla vendita dei prodotti a metraggio e etichettati globalmente deve avvenire, però, in modo che il consumatore finale possa prendere effettiva conoscenza delle composizioni di tali prodotti. Infine, due o più prodotti tessili che costituiscono comunemente un insieme inseparabile e che hanno la stessa composizione fibrosa, possono essere muniti di una sola etichetta (ad esempio, i pigiami). Il prodotto tessile deve essere etichettato o contrassegnato all’atto 85 I quaderni del consumatore di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale e commerciale. L’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti o completati da documenti commerciali d’accompagnamento, quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore finale o quando essi sono consegnati in esecuzione di un’ordinazione dello Stato o di altra persona giuridica di diritto pubblico. Anche nel caso dei prodotti tessili l’etichettatura ha la doppia funzione da un lato di informare l’utente con esattezza riguardo al tipo di prodotto che si appresta ad acquistare, dall’altro di garantirgli l’utilizzo di un prodotto che non presenti rischi e pericoli per la salute in quanto costituito da materiali aventi determinate garanzie di qualità. L’etichetta (o “etichetta di composizione”) deve riportare la composizione fibrosa del capo, deve utilizzare esclusivamente le denominazioni contenute nella legge (in particolare nell’allegato I del D. Lgs. 194/1991) ed in ordine decrescente di peso (ad esempio 60% lana, 30% cotone, 10% acrilico); deve essere redatta almeno in lingua italiana con caratteri tipografici di visibilità e leggibilità non inferiori a quelli usati per le altre lingue; non è ammesso l’utilizzo di codici meccanografici (sigle di fibre tessili) senza legenda e di nomi commerciali, poiché si deve utilizzare esclusivamente la nomenclatura prevista dalle disposizioni; non sono ammesse abbreviazioni. Le informazioni non previste dalla legge devono essere nettamente separate. Si distinguono più modalità di designazione della composizione: a) Prodotti composti da due o più fibre 1. Se una fibra rappresenta almeno l’85% del peso totale: denominazione fibra + percentuale in peso; denominazione fibra + indicazione “minimo 85%”; composizione percentuale completa del prodotto. Esempio: cotone 90% 86 cotone minimo 90% cotone 90% elastan 10% La sicurezza dei prodotti 2. Se nessuna delle fibre raggiunge l’85% del peso totale: denominazione e percentuale delle due fibre presenti in maggiore percentuale oltre alla denominazione delle altre fibre componenti il prodotto, in ordine decrescente di peso, con o senza indicazione delle loro percentuale; Esempio: cotone 40% poliestere 40% acrilico 20% Se ogni fibra costituisce meno del 10% della composizione, può essere usata l’indicazione “altre fibre” seguita da una percentuale globale; se però ne viene indicata una, si deve indicare la denominazione completa del prodotto stesso. b) Prodotti composti da un’unica fibra solo un prodotto tessile composto interamente da una stessa fibra, può essere qualificato con il termine “100%”, “puro” o “tutto”. In ogni caso è tollerato un 2% di altre fibre sul peso totale del prodotto tessile, se è giustificato da motivi tecnici e non risulta da un’aggiunta sistematica; la tolleranza è del 5% per prodotti ottenuti con il ciclo cardato; nella fabbricazione è tollerato un 3% riferito al peso totale delle fibre indicate nell’etichetta. Esempio: seta 100% o pura seta un prodotto costituito da 100% lana può essere qualificato “lana vergine” o “lana di tosa” se composto esclusivamente da una fibra mai precedentemente incorporata in un prodotto finito e che non abbia subito altre operazioni di filatura o feltratura se non quelle richieste per la fabbricazione del prodotto, né trattamento o impiego che abbia danneggiato la fibra; questa denominazione si usa anche quando in caso di mischia di fibre la totalità della lana contenuta non sia inferiore al 25% del peso totale della mischia stessa oppure sempre in presenza di mischia di fibre la lana è mischiata solo con un’altra fibra. Nel caso di mischie contenenti “lana 87 I quaderni del consumatore La sicurezza dei prodotti vergine” l’indicazione della composizione percentuale completa è obbligatoria. Esempio: Lana vergine 100% La dicitura “Misto lino” può essere utilizzata per i prodotti che hanno un ordito di puro cotone, una trama di puro lino e la percentuale di lino non inferiore al 40% del tessuto sbozzimato. La denominazione è obbligatoriamente seguita dalla dicitura “ordito puro cotone e trama puro lino”. “Fibre varie o a composizione non determinata” sono invece espressioni utilizzate per qualsiasi prodotto la cui composizione sia difficile da precisare quando questo viene fabbricato. ETICHETTA CORRETTA ETICHETTA NON CORRETTA 60% viscosa 40% cotone 40% cotone 60% viscosa Esempio: Giubbotto composto da: - corpo : 100% poliammide; - maniche: 65% cotone 35% poliestere Sull’etichetta è obbligatoria anche l’indicazione dell’identità e degli estremi del produttore ed il riferimento al tipo di prodotto o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte, salva l’omissione di tale indicazione nei casi in cui sia giustificata (ciò in particolare in ottemperanza a quanto previsto in generale dall’art. 104 del Codice del consumo). L’etichetta può comprendere anche le informazioni che attengono all’uso corretto del prodotto (è il caso dell’etichetta c.d. di manutenzione), al fine di salvaguardarne nel corso del tempo le caratteristiche qualitative fondamentali. Si tratta di istruzioni relative alle modalità di lavaggio, stiratura, asciugatura e sono rappresentate dai seguenti simboli: (mancato rispetto ordine decrescente) SIMBOLO 97% cotone 3% poliestere 97% CO 3% PL OPERAZIONE Lavaggio ad umido (divieto di utilizzo sigle) 70% viscosa 30% seta 70% viscose 30% silk Candeggio (mancato uso lingua italiana) 100% Kashmir 100% Kasmirette Stiratura (mancato rispetto denominazioni allegato I D Lgs 194/99) 80% cotone 20% elastan 80% cotone 20% lycra (divieto utilizzo marchi commerciali al posto di denominazioni legali) 88 Lavaggio a secco Nei prodotti compositi l’etichetta deve indicare la composizione fibrosa di ciascuna delle parti, ad eccezione di quelle che rappresentano meno del 30% del peso totale del prodotto. Asciugatura a mezzo di asciugabiancheria a tamburo rotativo Asciugatura naturale 89 I quaderni del consumatore L’etichetta può essere realizzata in cartone, tessuto o altro materiale e deve essere applicata al prodotto tessile mediante cucitura, graffatura, adesivi, allacciatura con cordoncino fissato da apposito sigillo o cappio, inserimento dell’etichetta stessa nell’involucro che lo contiene o in altri modi idonei. Il contrassegno è applicato direttamente al prodotto tessile o sull’involucro contenente il prodotto tessile, mediante stampa, stampigliatura, ovvero tessitura in cimosa o altrove. Sono tenuti ad osservare la normativa tutti coloro che producono o commercializzano i prodotti, dalle materie prime fino al prodotto finito. Il primo soggetto della catena commerciale è il fabbricante, cioè il produttore stabilito nell’Unione Europea o qualsiasi altra persona che si presenti come tale apponendo sul prodotto offerto al consumatore finale il proprio nome o ragione sociale, il proprio marchio o altro segnale distintivo. Se il produttore non è stabilito nell’Unione Europea o nella stessa non vi sia un rappresentante, ad esso viene equiparato ai fini della legge, l’importatore. Il fabbricante (o l’importatore nei casi specificati) deve: etichettare o contrassegnare i prodotti tessili all’atto di ogni operazione di commercializzazione; l’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti dai documenti commerciali di accompagnamento quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore; riportare sui documenti commerciali (fatture o documenti di trasporto) la composizione fibrosa per esteso; se sugli stessi documenti commerciali utilizza sigle o abbreviazioni deve riportare sullo stesso documento il significato per esteso. 90 Per quel che riguarda invece il rivenditore ed il distributore, questi operatori sono identificati dalla legge come quei soggetti professionali che lavorando all’ingrosso o al dettaglio con il prodotto tessile, non vi effettuano alcun intervento per apportarvi modifiche. Essi devono porre in vendita solo prodotti tessili etichettati La sicurezza dei prodotti correttamente e conservare per due anni i documenti commerciali di fornitura (fatture e documenti di trasporto) su cui devono essere riportati i dati riferiti alla composizione di ciascuna tipologia di prodotto fornito. I controlli della conformità dei prodotti tessili alle indicazioni di composizione previste dal D. Lgs. 194/1999 sono affidati al Ministero dello Sviluppo Economico che si avvale delle Camere di Commercio. La Camera di Commercio competente per territorio esegue controlli presso i rivenditori - grossisti, dettaglianti e grande distribuzione - della provincia, verificando che i prodotti posti in vendita presentino un’etichettatura conforme alla normativa e che i relativi documenti commerciali siano conservati per il periodo prescritto (2 anni dalla data di emissione). Inoltre procede al prelievo di alcuni prodotti tessili da sottoporre ad analisi di laboratorio per verificare in concreto la conformità dell’etichetta alla reale composizione del materiale. La Camera di Commercio sceglie, autonomamente o in base ad un piano di vigilanza nazionale, i prodotti da prelevare e da inviare ad un laboratorio di analisi. Sono previste le seguenti sanzioni: VIOLAZIONE SANZIONE vendita di prodotti tessili con etichette non corrispondenti alla reale composizione sanzione amministrativa da E 1.032,00 a E 5.164,00 vendita di prodotti tessili senza etichetta o in modo non corretto con indicazioni non chiaramente leggibili e visibili o che possono dar luogo a confusione sanzione amministrativa da E 103,00 a E 3.098,00 omissione di documenti commerciali di accompagnamento sanzione amministrativa da E 1.032,00 a E 5.164,00 violazione dell’obbligo di conservazione delle fatture e documentazioni tecniche ed amministrative per 2 anni dalla data della loro emissione sanzione amministrativa da E 258,00 a E 4.131,00 91 I quaderni del consumatore Va da ultimo precisato che un sistema di tracciabilità volontario del settore tessile è stato messo recentemente (gennaio 2008) a punto dall’ITF-Italian Textile Fashion (organo di coordinamento delle Camere di Commercio italiane per la valorizzazione e la tutela della filiera della moda – tessile, abbigliamento, calzature). Il progetto si propone di qualificare le produzioni tessili, ma anche il settore della pelletteria e delle calzature, grazie ad una maggiore trasparenza sulle fasi del processo produttivo. Secondo quando stabilito dall’organo suddetto, l’etichetta deve riportare l’indicazione del luogo di produzione delle principali fasi di lavorazione del prodotto, richiamando il paese o i paesi nei quali si sono svolte le principali fasi del processo produttivo. E’ così possibile percorrere a ritroso la storia del prodotto, ottenendone una sorta di “carta di identità”. La possibilità fornita al consumatore di ripercorrere la vita del prodotto che ha acquistato sarà realizzabile anche facendo una semplice verifica su internet nel sito dell’ITF inserendo i dati e il codice alfanumerico riportato in etichetta. Tutte le aziende intenzionate ad aderire al sistema di tracciabilità ITF devono sottoporsi ad alcune verifiche per ottenere la certificazione: i tecnici dell’organismo effettuano un accesso nell’azienda per accertarsi se la stessa disponga di un sistema organizzativo e documentale adeguato a garantire la provenienza di ogni fase della lavorazione di un determinato prodotto. A seguito della verifica, sarà l’apposito Comitato - composto da Unioncamere, dalle associazioni di categoria, dai sindacati e dalle associazioni dei consumatori - a deliberare il rilascio della certificazione “Tracciabilità controllata dal sistema delle Camere di commercio italiane”. A questo punto il prodotto è pronto per essere messo in vendita con un elemento di qualità, di informazione e di garanzia per il consumatore in più. Con riferimento alla legge sul Made in Italy si rimanda al paragrafo precedente. 92 La sicurezza dei prodotti 7. Vigilanza sugli adempimenti relativi alle informazioni su consumi di carburante ed emissioni di CO2 per i veicoli nuovi La Comunità Europea già da molti anni si è impegnata a porre in essere programmi e strategie rivolte ad incentivare la riduzione delle emissioni di anidride carbonica legate alla circolazione dei veicoli; tra le varie azioni intraprese al riguardo, una è l’adozione della Direttiva 1999/94/CE, riguardante la disponibilità delle informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire nella commercializzazione delle autovetture nuove esposte o offerte in vendita o in leasing. Tutti gli Stati membri naturalmente hanno recepito la direttiva; l’Italia l’ha fatto con il D.P.R. n. 84 del 17 febbraio 2003. NORMATIVA COMUNITARIA Dir. 13 dicembre 1999 n. 1999/94/CE Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove NORMATIVA NAZIONALE D.P.R. 17 febbraio 2003, n. 84 Regolamento di attuazione della direttiva 1999/94/CE concernente la disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove. Tale decreto impone l’obbligo a carico dei rivenditori (anche in leasing) di autovetture di informare i consumatori circa le emissioni di anidride carbonica (CO2) e i consumi di carburante. La norma è applicabile solamente ai veicoli nuovi (compresi i “Km zero”) appartenenti alla categoria M1 (veicoli a motore destinati al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere, oltre al sedile del conducente, con l’esclusione dei veicoli speciali e 93 I quaderni del consumatore dei ciclomotori). Il responsabile del punto vendita, deve quindi ottemperare ai seguenti obblighi: apporre in modo visibile su ciascun modello di autovettura oppure nelle vicinanze della stessa, un’etichetta conforme all’allegato I del d.P.R. n. 84/2003 riportante il consumo di carburante e le emissioni di CO2; esporre, per ciascuna marca di autovettura, un manifesto o uno schermo di visualizzazione contenente l’elenco dei dati ufficiali relativi al consumo di carburante e alle emissioni specifiche di CO2 di tutte le autovetture nuove esposte, messe in vendita o in leasing, presso o tramite il punto vendita, rispettando formato e caratteristiche di cui all’allegato III del D.P.R. 84/2003; manifesto o schermo sono forniti dal costruttore del veicoli (vedi infra); rendere immediatamente disponibile a richiesta del cliente per consultazione la “Guida al risparmio di carburante ed alle emissioni di CO2”, pubblicata a cura del Ministero dello Sviluppo Economico sui dati comunicati da tutti i costruttori e per tutte le autovetture nuove commercializzate nell’Unione Europea. Dal canto suo, il produttore o costruttore dei veicoli ha i seguenti obblighi: 94 fornire al responsabile del punto vendita e dei propri concessionari, per ciascun modello di autovettura (modelli suddivisi per tipo di carburante e indicati in ordine crescente di emissioni), il manifesto in materiale cartaceo o, su richiesta, in formato idoneo ad essere visualizzato su schermo in cui devono comparire i dati ufficiali relativi alle emissioni e ai consumi di carburante; sul manifesto, ovvero sul display, deve altresì figurare il seguente testo: “È disponibile gratuitamente presso ogni punto vendita una guida relativa al risparmio di La sicurezza dei prodotti carburante e alle emissioni di CO2, che riporta i dati inerenti a tutti i nuovi modelli di autovetture”. “Oltre al rendimento del motore, anche lo stile di guida ed altri fattori non tecnici contribuiscono a determinare il consumo di carburante e le emissioni di CO2 di un’autovettura. Il biossido di carbonio è il gas ad effetto serra principalmente responsabile del riscaldamento terrestre”. fornire al Ministero dello Sviluppo Economico entro il 15 dicembre di ogni anno i dati aggiornati sui consumi di carburante e le emissioni di CO2 di tutte le autovetture commercializzate al fine di far redigere una “Guida al Risparmio di Carburante ed alle emissioni di CO2”. Per ogni modello devono essere indicate le informazioni sul il tipo di alimentazione (benzina, diesel, gpl, metano); sul consumo ufficiale di carburante espresso in litri per 100 km (l/100) o chilometri per litro (Km/l); sul valore delle emissioni di CO2 espresso in grammi per chilometro (g/Km). Esistono regole precise circa le informazioni sui consumi anche per quel che riguarda il contenuto del materiale promozionale destinato al grande pubblico per la commercializzazione dei veicoli (ad esempio i manuali tecnici, gli opuscoli, gli annunci pubblicitari su giornali e riviste e i manifesti pubblicitari). Il materiale promozionale, di qualunque tipo esso sia, deve contenere i valori relativi al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di anidride carbonica dei veicoli cui si riferisce. Inoltre le informazioni contenute nel materiale promozionale devono rispettare i seguenti requisiti minimi: essere di facile lettura ed avere la stessa evidenza delle informazioni principali; essere facilmente comprensibili anche ad una lettura superficiale; se nel materiale sono pubblicizzati più modelli, indicare il consumo ufficiale di carburante di ciascun modello. 95 I quaderni del consumatore La legge vieta di apporre sulle etichette, sulla guida, sul manifesto o sul materiale promozionale dei veicoli in vendita marchi, simboli o diciture relativi al consumo di carburante o alle emissioni di anidride carbonica che non siano conformi a quanto disposto dal d.P.R. n. 84/2003. La vigilanza sul rispetto della normativa sopra presentata spetta alle Camere di Commercio. Ogni Camera di Commercio competente territorialmente, oltre ad informare periodicamente il Ministero dello Sviluppo Economico sullo stato delle campagne di informazione ai consumatori, ha il compito accertare in particolare le seguenti violazioni: La sicurezza dei prodotti termini di emissione CO2; fornire agli automobilisti dei consigli utili per realizzare una guida ecocompatibile; sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze delle emissioni di gas ad effetto serra; divulgare le strategie e gli obiettivi comunitari tesi a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra. omessa o incompleta apposizione dell’etichetta; omessa o incompleta affissione del manifesto; materiale promozionale incompleto o privo dei valori sul consumo ufficiale di carburante ed emissioni CO2; divieto di apporre altri marchi, simboli o diciture relativi al consumo di carburante e alle emissioni non conformi sui materiali informativi; indisponibilità a fornire gratuitamente la guida al risparmio su richiesta del consumatore. Tali violazioni comportano una sanzione amministrativa pecuniaria da € 250,00 a € 1.000,00. (art. 11 d.P.R. 84/2003). Il Ministero dello Sviluppo Economico deve redigere, entro il 15 dicembre di ogni anno, una “Guida al risparmio di carburante ed alle emissioni di CO2” contenente le informazioni relative a tutte le autovetture nuove acquistabili nella Comunità Europea specificando per ogni modello il carburante utilizzato, il consumo ufficiale di carburante espresso in l/100 km o km/l, il valore delle emissioni specifiche di CO2 espresso in g/km. Il Ministero, inoltre, dovrà: 96 stilare una classifica dei dieci modelli di auto più efficienti in 97 I quaderni del consumatore INDIRIZZI UTILI Si riportano di seguito, oltre all’indirizzo del Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio di Ancona, i riferimenti delle Associazioni dei consumatori iscritte all’Albo della Regione Marche in ottemperanza alla L.R. n. 14/2009. Camera di Commercio di Ancona Servizio di Regolazione del Mercato Piazza XXIV Maggio, 1 – 60124 Ancona Tel. 071/5898250-360 Fax 071/5898255 [email protected] ACU Marche Via Ludovico Ariosto, 26 – 60030 Moie di Maiolati Spontini Tel. 0731/710031 Fax 0731/710452 [email protected] La sicurezza dei prodotti CODACONS - Sede Provinciale Via T. Mamiani, 16 – 60019 Senigallia (AN) Tel. 071/7939608 Fax 071/7912734 [email protected] FEDERCONSUMATORI - Sede di Ancona Piazza D’Armi, 12 – 60100 Ancona Tel. 071/204969 Fax 071/893856 [email protected] MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO - Sede di Ancona Via Vittorio Veneto,11 – 60122 Ancona Tel. 071/2071602 Fax 071/200852 [email protected] ADICONSUM Marche Via dell’Industria, 17 – 60127 Ancona Numero Verde 800663822 Tel. 071/505234 Fax 071/505207 [email protected] ADOC Marche Via XXV Aprile 37/A – 60125 Ancona Tel. 071/2275386 Fax 071/2275380 [email protected] CITTADINANZATTIVA Marche – P.I.T. Servizi Via Circonvallazione c/o Stazione F.S. – 60033 Chiaravalle (AN) Tel. / Fax 071/9499238 [email protected] 98 99 I quaderni del consumatore GLOSSARIO Immissione sul mercato: fornitura o procurata disponibilità sul mercato nazionale e comunitario a titolo oneroso o gratuito di un prodotto; il prodotto si considera immesso quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova; prodotti immessi possono essere nuovi o usati, ma rimessi a nuovo e la c.d. messa a disposizione copre sia il momento della cessione sia quello dell’offerta di cessione. Immissione in libera pratica: prodotti che sono resi materialmente disponibili a chi ne ha curato l’importazione dopo aver completato le operazioni di verifica doganale. Importatore: soggetto che, pur in assenza di legami con il fabbricante di un prodotto di un Paese terzo, immette quel prodotto sul mercato europeo. Messa in servizio: prima utilizzazione del prodotto. Messa in circolazione del prodotto: consegna del prodotto all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova o anche al vettore o allo spedizioniere. Mandatario o rappresentante del fabbricante: soggetto con sede necessariamente all’interno della Comunità Europea che, su mandato espresso conferitogli da un fabbricante di un Paese terzo (cioè extra UE), agisce in nome e per conto di quest’ultimo. 100 Norme armonizzate: norme elaborate dagli enti europei di normalizzazione, sulla base di un mandato della Commissione della Comunità Europea, in grado di esplicitare i generici requisiti delle direttive. Tali norme debbono essere recepite con norme tecniche nazionali ed eventuali norme in conflitto debbono essere ritirate. La sicurezza dei prodotti Le norme armonizzate, così come le norme nazionali che le recepiscono, non sono obbligatorie: ogni produttore è infatti libero di produrre sulla base di specifiche diverse. In questo caso, però, dovrà dare prova della conformità del prodotto rispetto agli obblighi delle direttive. Viceversa, il prodotto realizzato sulla base delle norme armonizzate beneficia di una presunzione di conformità ai requisiti essenziali delle direttive. Ente di normalizzazione: enti cui è affidato a livello europeo il compito di elaborare le norme armonizzate che definiscano le caratteristiche tecniche dei prodotti, secondo una procedura che coinvolge la Commissione e gli Stati membri (organismi di normalizzazione europei: CEN, CENELEC, ETSI); ci sono poi gli enti di normalizzazione nazionali (in Italia CEI, UNI, CNEL, CNR, ENEA, ISPSEL), cui è affidato il compito di conferire lo status di norma nazionale alle norme armonizzate approvate revocando tutte le norme nazionali con esse in contrasto. Norme tecniche: norme specifiche che garantiscono che il prodotto sia a regola d’arte sotto il profilo dei requisiti di sicurezza; se il prodotto è conforme alle norme tecniche armonizzate che soddisfano per definizione i requisiti delle direttive europee in materia di sicurezza, sarà vigente per il prodotto una presunzione di conformità e sicurezza. Rapex: sistema di scambio rapido di informazioni a livello comunitario, che consente alle autorità dei singoli Stati membri di fornire informazioni sui prodotti che presentano un rischio grave per la sicurezza dei cittadini e di condividere i risultati degli eventuali provvedimenti adottati. Ritiro: insieme delle misure dirette ad impedire che il prodotto pericoloso venga immesso nella disponibilità del consumatore (e dunque che venga distribuito, offerto, esportato). 101 I quaderni del consumatore Richiamo: insieme degli strumenti diretti ad ottenere la restituzione del prodotto pericoloso del quale il consumatore abbia già ottenuto la disponibilità. La sicurezza dei prodotti PRECEDENTI VOLUMI DELLA COLLANA “I QUADERNI DEL CONSUMATORE” Nella Collana “I Quaderni del Consumatore” realizzata a cura del Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio di Ancona, sono già stati pubblicati i seguenti volumi: Quaderno n. 1 Il Consumo sostenibile Marzo 2009 Quaderno n. 2 S.O.S. Turista Luglio 2009 Quaderno n. 3 I contratti a distanza Dicembre 2009 Quaderno n. 4 Le etichette ecologiche Dicembre 2010 I volumi sono scaricabili gratuitamente dal sito camerale all’indirizzo www.an.camcom.gov.it. 102 103