La sicurezza dei prodotti - Camera di Commercio di Ancona

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La sicurezza dei prodotti - Camera di Commercio di Ancona
I QUADERNI
DEL CONSUMATORE
I QUADERNI
DEL CONSUMATORE
LA SICUREZZA
DEI PRODOTTI
Gli Enti camerali sono chiamati a svolgere una
importante funzione di vigilanza e controllo
presso i luoghi di produzione e di commercializzazione di determinati beni, a garanzia della
concorrenza leale, della trasparenza nelle
relazioni economiche, della sicurezza e della
tutela del consumatore.
La Camera di Commercio di Ancona ritiene che
tale attività cominci dall’informazione sulla
legislazione di riferimento. In questa prospettiva, questa pubblicazione, realizzata nell’ambito
del progetto dal titolo “Le attività di vigilanza
dell’Ente camerale, educare imprese e consumatori a comportamenti corretti e virtuosi”,
vuole essere uno strumento di lavoro per aiutare
gli operatori ad applicare la normativa di
riferimento ed assicurare la conformità dei
prodotti ai requisiti di sicurezza.
LA SICUREZZA
DEI PRODOTTI
Al momento dell’acquisto e della fruizione di un prodotto ogni
consumatore è portatore di legittime aspettative di qualità e sicurezza.
Piazza XXIV Maggio 1,
60124 Ancona
Tel. + 39 071 58 98 360 - 250
Fax + 39 071 58 98 255
www.an.camcom.gov.it
stampato su carta ecologica
Camera di Commercio Industria,
Artigianato, Agricoltura di Ancona
La sicurezza dei prodotti
Indice
PRESENTAZIONE
PARTE I - La sicurezza dei prodotti
7
1. Evoluzione normativa
7
2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa
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3. Obblighi del produttore e del distributore
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4. Il sistema dei controlli
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5. Imitazioni pericolose
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PARTE II - La responsabilità per danno da prodotto difettoso26
1. Evoluzione normativa
26
2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa
27
3. Tipologie di danno risarcibili e termini
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PARTE III - Competenze delle camere di commercio in tema di
sicurezza dei prodotti
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1. Le Camere di commercio e la Regolazione del Mercato
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2. Sicurezza dei giocattoli
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3. Sicurezza dei prodotti elettrici
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4. Dispositivi di protezione individuale
70
5. Etichettatura delle calzature
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6. Etichettatura dei prodotti tessili
82
7. Vigilanza sugli adempimenti relativi alle informazioni su consumi
di carburante ed emissioni di CO2 per i veicoli nuovi
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INDIRIZZI UTILI
Si ringrazia per la collaborazione l’Avv. Giulia Fesce del Foro di Ancona
GLOSSARIO
98
100
3
La sicurezza dei prodotti
Presentazione
Mediante le funzioni di Regolazione del Mercato, le Camere di
Commercio sono chiamate a svolgere una importante funzione di
vigilanza e controllo presso i luoghi di produzione e di commercializzazione di determinati beni, a garanzia della concorrenza leale,
della trasparenza nelle relazioni economiche, della sicurezza e
della tutela del consumatore.
La Camera di Commercio di Ancona ritiene che tale attività cominci dall’informazione e dalla sensibilizzazione del territorio. E’
di tutta evidenza, infatti, che, ancor prima che intervenire sotto
il profilo sanzionatorio, è fondamentale formare imprese e consumatori sulla legislazione nazionale e comunitaria, fornendo chiavi
di lettura adeguate che consentano di interpretare le disposizioni, di applicarle correttamente, di individuare la ratio sottesa, di
identificare gli strumenti di tutela, di conoscere l’iter seguito durante gli accertamenti.
In questa prospettiva, questa pubblicazione, realizzata nell’ambito del progetto di Fondo Perequativo 2007-2008 dal titolo “Le
attività di vigilanza dell’Ente camerale: educare imprese e consumatori a comportamenti corretti e virtuosi”, vuole essere uno
strumento di lavoro e di consultazione, contenendo una serie di
informazioni che ripercorrono obblighi e responsabilità poste a
carico degli operatori, affinché sia assicurata la conformità dei
prodotti ai requisiti essenziali di sicurezza e, di conseguenza, la
libera circolazione nel mercato comunitario.
E’ articolata in due parti: la prima contiene una disamina delle
norme generali sulla sicurezza contenute nel Codice del Consumo, D. Lgs. n. 206/2005; la seconda è invece dedicata ai settori di specifica competenza delle Camere di Commercio: sicurezza e conformità dei prodotti elettrici, sicurezza e conformità
dei giocattoli, sicurezza e conformità dei dispositivi di protezione
individuali, etichettatura dei prodotti tessili, etichettatura delle
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I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
calzature, adempimenti relativi alle informazioni sui consumi di
carburante ed emissioni di CO2 nelle autovetture nuove.
Con questa pubblicazione, la Camera di Commercio di Ancona
intende favorire l’attuazione di un piano di potenziamento delle
conoscenze del territorio provinciale e l’attivazione di un processo
di crescita virtuosa, finalizzato a sviluppare il senso di responsabilità degli operatori economici e dei consumatori, a favorire il corretto adempimento del dettato normativo e pertanto a prevenire e
ridurre le violazioni.
Ancona, giugno 2011
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Il Presidente
Rodolfo Giampieri
PARTE I
La sicurezza dei prodotti
1. Evoluzione normativa
Al momento dell’acquisto e della fruizione di un prodotto presente sul mercato ciascun consumatore è portatore di legittime
aspettative di qualità e sicurezza.
Il legislatore comunitario si è interessato per la prima volta in
maniera organica della sicurezza dei prodotti nel 1985, precisamente con la Direttiva 85/374, attuata in Italia con il D.P.R. 24
maggio 1988 n. 224.
La differenza fondamentale rispetto all’assetto attuale risiede nel
fatto che al tempo si era riconosciuta al consumatore una tutela
meramente ex post, consistente nel risarcimento del danno subito; il produttore in tal modo spesso si limitava ad operare una
scelta a seguito di una valutazione costi-benefici tra il rispetto
delle regole ed il rischio (generalmente coperto da polizza assicurativa) di essere costretti a seguito di provvedimento dell’Autorità
Giudiziaria a rifondere un danno laddove si fosse verificato un
evento dannoso.
Solo nel 1992 è giunto il primo intervento normativo comunitario
a carattere orizzontale (cioè applicabile in generale a tutti i prodotti), ma che offrisse una tutela in via preventiva; si tratta della
Direttiva CE 1992/59 attuata in Italia con il D. Lgs. 17 marzo
1995 n. 115.
La protezione per i consumatori si è poi fatta più incisiva e di pari
passo sono stati rafforzati gli obblighi a carico dei produttori e dei
distributori con la Direttiva CE 2001/95, che ha ricevuto attuazione con il D. Lgs. 21 maggio 2004 n.172.
L’ultima revisione sistematica si è infine realizzata con la disciplina contenuta nel Codice del consumo.
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I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
Tabella dell’evoluzione normativa a carattere generale
(non per categorie specifiche di prodotti, per le quali cfr. la parte III )
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 25-07-1985
n. 85/374/CEE
Direttiva del Consiglio relativa al
ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in
materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi
Tutela ex post (risarcimento
al consumatore del danno
subito)
Dir. 29-6-1992
n. 92/59/CEE
Direttiva del Consiglio relativa alla
sicurezza generale dei prodotti
Tutela preventiva
Dir. 3-12-2001
n. 2001/95/CE
Direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio relativa alla sicurezza
generale dei prodotti
Tutela preventiva,
rafforzamento degli obblighi
a carico di produttori e distributori
NORMATIVA NAZIONALE
8
D.P.R. 24 –5- 1988
n. 224
Attuazione della direttiva CEE numero
85/374 relativa al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari
e amministrative degli Stati membri in
materia di responsabilità per danno da
prodotti difettosi, ai sensi dell’art. 15
della L. 16 aprile 1987 n. 183
Tutela ex post (risarcimento
al consumatore del danno
subito)
D.Lgs. 17-3-1995
n. 115
Attuazione della direttiva 92/59/
CEE relativa alla sicurezza generale dei prodotti
Tutela preventiva, rispetto di
standard di sicurezza.
Il Decreto legislativo è stato abrogato dal D. Lgs. n.
172/2004
D.Lgs. 21-5-2004
n. 172
Attuazione della direttiva 2001
/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti
Tutela preventiva, rafforzamento degli obblighi a carico
di produttori e distributori.
Il Decreto legislativo è stato
abrogato dall’art. 146, D.Lgs.
6 settembre 2005, n. 206
D.Lgs. 6-9-2005
n. 206
Codice del consumo, a norma
dell’articolo 7 della L. 29 luglio
2003, n. 229
Tutela preventiva, principio di
precauzione
In particolare, il Titolo I della Parte IV del Codice del consumo
intitolata “Sicurezza e Qualità”, (che ha abrogato riproducendo
con alcuni miglioramenti le disposizioni contenute nel D. Lgs. n.
172/2004) disciplina proprio la sicurezza dei prodotti, attuando una tutela dell’integrità fisica della persona di tipo preventivo
(sono infatti esclusi dall’ambito di applicazione i danni patrimoniali ad altri beni giuridici). La normativa italiana ha recepito in
tema la Direttiva 2001/95/CE del 6 settembre 2001, nota come
«General Product Safety Directive» o «GPSD», accogliendo così
il principio - di derivazione europea appunto - di “precauzione”.
Esso mira a ritenere prevalente la tutela del consumatore e le
esigenze di salute pubblica rispetto alle valutazioni di natura economica, tanto da vietare o bloccare la vendita dei prodotti non
accompagnati da informazioni scientifiche e tecniche certe e sufficienti oppure dei prodotti per i quali vi siano indicazioni che i
possibili effetti sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani,
degli animali e delle piante possano essere potenzialmente dannosi e non compatibili con il livello di protezione prescelto (Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 sul
principio di precauzione). Ad animare il legislatore comunitario
è stato al tempo il desiderio di istituire altresì una cultura della
sicurezza dei prodotti tra gli operatori economici e le autorità dei
singoli Stati membri.
Se nel Titolo I si individuano i criteri e le regole per porre in circolazione prodotti sicuri, che non cagionino danni al fruitore, nel
Titolo II della medesima Parte IV del Codice del consumo ci si
occupa invece dell’ipotesi in cui il danno si sia verificato; la legge
vuole così fornire al consumatore gli strumenti per reagire ad un
evento dannoso causato da difetti del prodotto.
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I quaderni del consumatore
2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa
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L’art. 102 del Codice del consumo, al suo 1° comma, ribadisce la
finalità preventiva della normativa, cioè quella di garantire che i
prodotti immessi sul mercato ovvero in libera pratica siano sicuri.
Secondo l’art. 3, comma 1, per “prodotto” deve intendersi qualsiasi prodotto destinato al consumatore, anche nel quadro di una
prestazione di servizi o suscettibile, in condizioni ragionevolmente
prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se a lui
non destinato, fornito o reso disponibile a titolo oneroso o gratuito
nell’ambito di un’attività commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o rimesso a nuovo; restano esclusi prodotti
usati forniti come pezzi di antiquariato o come prodotti da riparare
o da rimettere a nuovo prima dell’utilizzazione, purché il fornitore
ne informi per iscritto la persona cui fornisce il prodotto (in assenza di tale informazione permane in capo al cedente l’obbligo di
messa a punto o di riparazione del prodotto, così da ripristinare le
caratteristiche di sicurezza e qualità previste dalla legge).
Per “immissione dei beni sul mercato” deve intendersi la fornitura
o la procurata disponibilità sul mercato nazionale e comunitario
a titolo oneroso o gratuito di un prodotto; l’immissione coincide
quindi con un momento diverso (e successivo) rispetto alla fabbricazione, infatti il prodotto si considera immesso quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi
anche solo in prova; si possono immettere non solo prodotti nuovi,
ma anche prodotti usati rimessi a nuovo.
Per prodotti “in libera pratica” devono intendersi quelli di origine
non comunitaria per i quali siano state adempiute le formalità di
importazione e siano stati riscossi i dazi doganali necessari a farli
circolare legittimamente nell’Unione Europea.
Questa disposizione prevede l’applicabilità c.d. orizzontale, cioè
l’applicabilità a tutti quei prodotti per i quali non sia prevista
una più specifica disciplina sulla sicurezza in relazione alla loro
La sicurezza dei prodotti
natura; in pratica restano esclusi i prodotti alimentari ed altre
categorie come i giocattoli, il materiale elettrico di bassa tensione, i dispositivi di protezione individuale; in ogni caso, anche in
presenza di normativa peculiare, quella prevista dal Codice del
consumo si applicherà comunque laddove vi siano lacune (ad
esempio non siano coperte alcune categorie di rischi).
Il Codice del consumo fornisce poi all’art. 103 le definizioni utilizzate per l’applicazione della disciplina, tra cui, in primis, quella
di prodotto sicuro, concetto attorno al quale ruotano tutte le disposizioni del Titolo I.
Un prodotto è sicuro, in particolare, se non presenta rischi per la
salute e la sicurezza delle persone; tale valutazione va fatta per il
prodotto in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, compresa la durata e, se del caso, la messa in servizio, l’installazione e la manutenzione. Non è necessario che esso sia espressamente destinato al consumatore, essendo invece sufficiente
che possa essere ragionevolmente utilizzato dal quest’ultimo.
Quali sono i parametri da utilizzare in concreto per il giudizio di
pericolosità?
L’art. 103 Codice del consumo, li elenca con precisione; in particolare:
le caratteristiche del prodotto, la sua composizione, il suo imballaggio, le modalità del suo assemblaggio e, se del caso, della
sua installazione e manutenzione;
l’effetto del prodotto su altri prodotti, qualora sia ragionevolmente prevedibile l’utilizzazione del primo con i secondi;
la presentazione del prodotto, la sua etichettatura, le eventuali
istruzioni e avvertenze per l’uso e l’eliminazione, nonché qualsiasi altra indicazione o informazione relativa al prodotto;
le categorie di consumatori che si trovano in condizione di rischio nell’utilizzazione del prodotto, in particolare minori e
anziani.
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I quaderni del consumatore
Ci sono dei casi in cui un prodotto si presume sicuro ed altri in cui
deve essere compiuta una valutazione per accertarne la sicurezza.
Un prodotto si presume sicuro nei seguenti casi stabiliti dall’art.
105 del Codice del consumo:
quando rispetti le specifiche disposizioni comunitarie che disciplinino gli aspetti di sicurezza, ove esistenti;
quando è conforme alle leggi dello Stato in cui il prodotto deve
essere commercializzato, ciò in assenza di specifiche disposizioni comunitarie;
quando è conforme alle norme tecniche nazionali non cogenti
(ove esistano) che recepiscono norme tecniche europee armonizzate, ciò in assenza di legislazione nazionale e comunitaria.
Nei casi restanti la sicurezza dovrà invece essere appunto valutata
in base:
alle norme tecniche nazionali non cogenti che recepiscono norme tecniche europee non armonizzate;
alle norme tecniche in vigore nello Stato membro in cui il prodotto è commercializzato;
alle raccomandazioni della Commissione europea relative ad
orientamenti sulla valutazione della sicurezza dei prodotti;
ai codici di buona condotta in materia di sicurezza vigenti nel
settore interessato;
agli ultimi ritrovati della tecnica;
al livello di sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi.
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Si ha una norma “armonizzata” quando un ente di normazione
(tra quelli individuati dalla Commissione europea) ha elaborato
un progetto di norma che è stato approvato dalla Commissione e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale CE con il conseguente obbligo
La sicurezza dei prodotti
per tutti gli Stati membri di adottare tale norma e disapplicare
quelle eventualmente confliggenti.
Va ad ogni buon conto osservato che laddove un prodotto si riveli comunque pericoloso, a prescindere dalla operatività delle
presunzioni e dalla positività della valutazione di sicurezza, le
autorità competenti dovranno adottare tutte le misure necessarie
per impedire che il prodotto venga immesso sul mercato o, se già
vi si trova, per curarne il ritiro.
Viene definito prodotto pericoloso quello che, per esclusione, non
risponda alla definizione di prodotto sicuro sulla base dei criteri
analizzati.
Il concetto di sicurezza implica non solo l’assenza di difetti nel
prodotto, ma anche l’assenza di rischi; il livello di rischio accettato è diverso ed inferiore (dunque è maggiore la tutela per il
consumatore) rispetto a quello previsto in sede di responsabilità
per danno da prodotto difettoso. In pratica un prodotto può rivelarsi pericoloso pur in assenza di difetti e l’utente in base alla
normativa in vigore deve essere comunque tutelato.
Oltre al concetto di rischio generico utilizzato nelle definizioni
poc’anzi analizzate, il Codice del consumo prende in considerazione anche il rischio grave, inteso come qualsiasi rischio compreso quello i cui effetti non sono immediati (pensiamo al rischio
da esposizione a materiali tossici o ad onde
elettromagnetiche, che provoca effetti
negativi sulla salute solo nel lungo periodo), che richiede un intervento rapido
da parte delle autorità pubbliche.
L’art. 103 si preoccupa di definire altresì le figure soggettive che hanno
un ruolo nel settore regolato che, più
precisamente, sono i destinatari delle
disposizioni.
Così per produttore deve intendersi il
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I quaderni del consumatore
fabbricante del prodotto stabilito nella Comunità e qualsiasi altra
persona che si presenti come fabbricante apponendo sul bene il
proprio nome, il proprio marchio o segno distintivo, o colui che
rimette a nuovo il prodotto (usato); altre figure prese espressamente in considerazione sono il rappresentante del fabbricante,
se quest’ultimo non è stabilito nella Comunità, l’importatore del
prodotto, figura che assume rilievo qualora non via sia un rappresentante stabilito nella Comunità.
Per distributore si intende invece qualsiasi operatore professionale della catena di commercializzazione, la cui attività non incide
sulle caratteristiche di sicurezza dei prodotti (cura invece l’attività commerciale successiva all’immissione sul mercato). Come
si vedrà tra poco ai diversi ruoli vengono ricondotte differenti responsabilità.
L’art. 103 infine inquadra due provvedimenti che la pubblica autorità può porre in essere quando un prodotto pericoloso è già
immesso sul mercato e che sono volte ad evitare il verificarsi di
danni: il richiamo, in particolare, consiste nell’insieme degli strumenti diretti ad ottenere, da parte del consumatore che ha già
la disponibilità del prodotto, la restituzione dello stesso; il ritiro,
invece, può essere realizzato in un momento anteriore rispetto al
richiamo ed è volto proprio ad evitare che il consumatore acquisisca la disponibilità del prodotto pericoloso (perciò si agisce per
bloccare la distribuzione, l’offerta o l’esportazione).
Infine la norma stabilisce che la possibilita’ di raggiungere un
livello di sicurezza superiore o di procurarsi altri prodotti che presentano un rischio minore non costituisce un motivo sufficiente
per considerare un prodotto come non sicuro o pericoloso.
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La sicurezza dei prodotti
3. Obblighi del produttore e del distributore
Il primo soggetto portatore di obblighi nell’ambito della sicurezza
dei prodotti circolanti sul mercato è colui che li produce; in capo
al produttore sussistono infatti doveri esclusivi, che cioè ricadono
esclusivamente sulla sua figura, così come è altrettanto portatore di obblighi esclusivi il distributore; questi due soggetti, come
vedremo, sono altresì portatori di obblighi comuni, cioè a carico
di entrambi.
Obblighi del produttore
Come prima regola generale il Codice del consumo pone quella
secondo cui “Il produttore immette sul mercato solo prodotti sicuri” (art. 104, comma 1).
Come si è già detto, per immissione sul mercato si intende la
fornitura o procurata disponibilità sul mercato nazionale e comunitario a titolo oneroso o gratuito di un bene. Secondo alcuni
interpreti della norma il prodotto si considera immesso quando
sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di
questi, anche in visione o in prova. Altri commentatori fanno retrocedere il momento dell’immissione alla mera disponibilità sul
mercato per l’utilizzazione (dunque una volta conclusa la fase
della produzione, quando il bene sia nella fase della distribuzione). Va da sé che le condizioni di sicurezza devono essere costanti
per tutta la permanenza sul mercato, non solo nel momento di
apparizione iniziale.
A carico del produttore e verso il consumatore esistono poi una
serie di obblighi di informazione, che devono riguardare ogni notizia utile alla valutazione e alla prevenzione dei rischi derivanti
dall’uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, se
non sono immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze. Vale a dire che vige un dovere di avvertimento sugli eventuali
pericoli che potrebbero derivare a persone o cose dall’uso del pro-
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I quaderni del consumatore
dotto, ancorché improprio, purché ragionevolmente prevedibile e
l’avvertimento deve spingersi sino all’indicazione di come detti
pericoli possano essere eliminati.
L’immediata percezione che esenta invece dall’avvertimento può
essere ad esempio quella per cui un oggetto di vetro se si rompe
può tagliare o una lametta da barba può ferire.
Il dovere informativo potrà essere adempiuto sia attraverso il canale pubblicitario, sia attraverso il sistema delle etichettature e
l’informazione potrà considerarsi rispondente a legge solo laddove sarà completa (cioè analitica riguardo i pericoli derivanti
dall’inosservanza di istruzione e avvertenze), evidente (i rischi
devono essere descritti in modo palese) e di un’intensità proporzionata all’entità del rischio.
Naturalmente qualunque forma di pubblicità o di avvertimento
non equivale ad un esonero di responsabilità per il produttore che
deve comunque attenersi a tutti gli altri obblighi previsti dalla
legge.
Questa espressamente prevede altresì che il produttore debba
adottare misure proporzionate per consentire l’informazione in relazione ad ogni prodotto per evitare rischi ed in particolare sono
resi obbligatori:
l’indicazione in base al prodotto o al suo imballaggio, dell’identità e degli estremi del produttore; il riferimento al tipo di prodotto
o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte, salva
l’omissione di tale indicazione nei casi in cui sia giustificata;
i controlli a campione sui prodotti commercializzati, l’esame
dei reclami e, se del caso, la tenuta di un registro degli stessi, nonché l’informazione ai distributori in merito a tale sorveglianza.
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I controlli che vengono effettuati una volta che il prodotto è stato
immesso sul mercato sono i c.d. “Post market Controls”, che con-
La sicurezza dei prodotti
sistono appunto in test di sicurezza, marcatura dei beni, esame
dei reclami, il tutto possibilmente con il supporto utile dei distributori. Dall’esito di questa attività deriveranno ulteriori obblighi
informativi, consistenti nella comunicazione delle modalità, se
individuate, per rimuovere i rischi emersi; qualora queste modalità si rivelassero insufficienti, potranno essere attuati il ritiro o il
richiamo del prodotto.
Come precedentemente indicato, il ritiro è l’insieme delle misure dirette ad impedire che il prodotto pericoloso venga immesso
nella disponibilità del consumatore (e dunque che venga distribuito, offerto, esportato); il richiamo è, invece, l’insieme degli
strumenti diretti ad ottenere la restituzione del prodotto pericoloso del quale il consumatore abbia già ottenuto la disponibilità.
Se il richiamo avviene su base volontaria da parte del produttore,
questo può anche contattare direttamente i clienti in via riservata
e personale se il numero esiguo dei beni consegnati lo consente;
se invece i prodotti sono già stati distribuiti in modo capillare lo
strumento più idoneo sarà la stampa.
Ritiro e richiamo, oltre che essere il
frutto di un’iniziativa del produttore,
possono essere imposti dall’Autorità,
come più approfonditamente sarà trattato nelle pagine successive (cfr. infra
paragrafo 4 ).
Obblighi del distributore
Anche al distributore, che pur non riveste un ruolo di attore diretto sulle caratteristiche di sicurezza del prodotto, viene dalla legge attribuita una importante
funzione di tutela del consumatore.
Per questa ragione, oltre ad un generale
dovere di diligenza nell’esercizio della
17
I quaderni del consumatore
propria attività per garantire l’immissione sul mercato di prodotti
sicuri, al distributore vengono anche assegnati specifici obblighi
dall’art. 104 del Codice del consumo, consistenti nel:
a) non fornire prodotti di cui conosce o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità in base alle informazioni in suo possesso
e nella sua qualità di operatore professionale;
b) partecipare al controllo di sicurezza del prodotto immesso
sul mercato, trasmettendo le informazioni concernenti i rischi
del prodotto al produttore e alle autorità competenti per le
azioni di rispettiva competenza;
c) collaborare alle azioni intraprese di cui alla lettera b), conservando e fornendo la documentazione idonea a rintracciare
l’origine dei prodotti per un periodo di dieci anni dalla data
di cessione al consumatore finale; in questo modo sarà più
semplice provvedere, ad esempio, al ritiro o al richiamo del
prodotto dal mercato o individuare chiaramente eventuali responsabilità.
Obblighi comuni di produttore e distributore
A carico di produttori e distributori la normativa introduce un ulteriore obbligo; se essi sono consapevoli (o dovrebbero esserlo in
virtù delle loro qualifiche professionali) della pericolosità di un
prodotto da loro immesso sul mercato, devono immediatamente informare le amministrazioni competenti precisando le azioni
intraprese o da intraprendere per prevenire i rischi per i consumatori.
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La sicurezza dei prodotti
Tabella degli obblighi del produttore e del distributore
PRODUTTORE
DISTRIBUTORE
Immettere sul mercato prodotti sicuri
Agire con diligenza nell’esercizio della propria attività per contribuire a garantire l’immissione sul mercato di prodotti sicuri
Fornire al consumatore le informazioni utili
alla valutazione ed alla prevenzione dei rischi
derivanti dall’uso normale o ragionevolmente
prevedibile del prodotto, se non sono immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e alla prevenzione contro detti rischi
Non fornire prodotti di cui conosce o avrebbe
dovuto conoscere la pericolosità in base alle
informazioni in suo possesso e nella qualità
di operatore professionale
Adottare misure proporzionate in base alle caratteristiche del prodotto, che comprendono:
• l’indicazione dell’identità e gli estremi del
produttore, il riferimento al tipo di prodotto;
• i controlli a campione sui prodotti commercializzati, l’esame dei reclami e l’informazione ai distributori in merito a tale
sorveglianza
Partecipare al controllo di sicurezza del prodotto immesso sul mercato, trasmettendo le
informazioni concernenti i rischi del prodotto al produttore e alle autorità di vigilanza
competenti
Effettuare il richiamo e il ritiro dei prodotti
pericolosi
Conservare e fornire la documentazione idonea a rintracciare l’origine dei prodotti per
un periodo di 10 anni dalla data di cessione
al consumatore finale
Collaborare con le autorità di vigilanza
Collaborare con le autorità di vigilanza
Indicare i prodotti pericolosi alle autorità
competenti
Indicare i prodotti pericolosi alle autorità
competenti
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I quaderni del consumatore
4. Il sistema dei controlli
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La normativa contenuta nel Codice del consumo prevede un organizzato sistema di controlli da parte delle amministrazioni volto a
vigilare sulla sicurezza dei prodotti immessi sul mercato. Destinatari di tali controlli sono non solo i produttori ed i distributori, ma
anche qualsiasi altro detentore del prodotto, qualora esso possa
fornire la sua collaborazione per evitare i rischi connessi al prodotto.
La legge fornisce un elenco non esaustivo delle amministrazioni
deputate ad effettuare detti controlli, in quanto i prodotti destinati al consumatore sono tali e tanti che di volta in volta sarà
necessario verificare ed individuare quale amministrazione sia più
vicina alla tipologia del bene. Ad ogni modo, tra le amministrazioni espressamente citate troviamo: il Ministero dello Sviluppo Economico (al quale è attribuita anche la funzione di coordinamento
e presso il quale è istituita ed opera la Direzione Generale per
l’Armonizzazione del Mercato e la Tutela del Consumatore: Dagmtc), Ministero della Salute, Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Ministero
dell’Interno, Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Ciascuna di queste amministrazioni potrà avvalersi dell’attività
della Guardia di Finanza, dei Vigili del Fuoco e dell’Agenzia delle Dogane e, nell’esercizio della sua funzione di controllo, potrà
adottare varie misure a seconda del tipo di prodotto e del tipo di
rischio ad esso connesso. Anche in questo caso l’elencazione che
propone il legislatore ha natura esemplificativa, potendo ciascuna
autorità adottare misure più specifiche ed attinenti ai casi concreti che possono via via presentarsi.
In particolare il Codice del consumo prevede che l’Ente pubblico
competente possa assumere una molteplicità di provvedimenti in
proporzione alla gravità dei fatti.
In primo luogo, per qualsiasi prodotto, le autorità possono:
La sicurezza dei prodotti
1) disporre, anche dopo che un prodotto è stato immesso sul
mercato come prodotto sicuro, adeguate verifiche delle sue
caratteristiche di sicurezza fino allo stadio dell’utilizzo o del
consumo, anche procedendo ad ispezioni presso gli stabilimenti di produzione e di confezionamento, presso i magazzini
di stoccaggio e presso i magazzini di vendita;
2) esigere tutte le informazioni necessarie dalle parti interessate;
3) prelevare campioni di prodotti per sottoporli a prove ed analisi volte ad accertare la sicurezza, redigendone processo verbale di cui deve essere rilasciata copia agli interessati.
Inoltre, per qualsiasi prodotto che possa presentare rischi in determinate condizioni le autorità possono:
1) richiedere l’apposizione sul prodotto, in lingua italiana, di
adeguate avvertenze sui rischi che esso può presentare, redatte in modo chiaro e facilmente comprensibile;
2) sottoporne l’immissione sul mercato a condizioni preventive, in modo da renderlo sicuro.
Per qualsiasi prodotto che possa presentare rischi per determinati soggetti le autorità possono disporre che tali soggetti siano avvertiti tempestivamente ed in una forma adeguata di tale rischio,
anche mediante la pubblicazione di avvisi specifici.
Ancora, per qualsiasi prodotto che può essere pericoloso le autorità possono:
1) vietare, per il tempo necessario allo svolgimento dei controlli, delle verifiche o degli accertamenti sulla sicurezza del
prodotto, di fornirlo, di proporne la fornitura o di esporlo;
2) disporre, entro un termine perentorio, l’adeguamento del
21
I quaderni del consumatore
prodotto o di un lotto di prodotti già commercializzati agli obblighi di sicurezza previsti dalla legge, qualora non vi sia un
rischio imminente per la salute e l’incolumità pubblica.
VIOLAZIONE
SANZIONE
immissione sul mercato di prodotti pericolosi in violazione del divieto di immissione
imposto dalle autorità da parte di produttori o
distributori, salvo che il fatto costituisca più
grave reato
arresto da 6 mesi ad un anno e ammenda da
E 10.000,00 a 50.000,00
altre violazioni di obblighi imposti dalle autorità o dal Codice del Consumo art. 104
sanzione amministrativa da E 1.500,00 a
30.000,00
Infine, per qualsiasi prodotto pericoloso (pericolosità già acclarata) già immesso sul mercato rispetto al quale l’azione già intrapresa dai produttori e dai distributori sia insoddisfacente o
insufficiente:
inottemperanza ai provvedimenti di conformazione emanati per rendere sicuro il prodotto
ammenda da E 10.000,00 a 25.000,00
mancata collaborazione ai fini dello svolgimento della vigilanza
sanzione amministrativa da E 2.500,00 a
40.000,00
1) ordinare o organizzare il suo ritiro effettivo e immediato e
l’informazione dei consumatori circa i rischi da esso presentati. I costi relativi sono posti a carico del produttore e, ove ciò
non sia in tutto o in parte possibile, a carico del distributore;
2) ordinare o coordinare o, se del caso, organizzare con i produttori e i distributori, il suo richiamo anche dai consumatori e
la sua distruzione in condizioni opportune. I costi relativi sono
posti a carico dei produttori e dei distributori.
violazione da parte del produttore delle disposizioni di cui all’art. 104 del C.d.C. commi 2,
3, 5, 7, 8 e 9
sanzione amministrativa da E 1.500,00 a
30.000,00
violazione da parte del distributore delle disposizioni di cui all’art. 104 del C.d.C. commi 6, 7, 8 e 9
sanzione amministrativa da E 1.500,00 a
30.000,00
Per qualsiasi prodotto pericoloso, le Autorità possono vietare
l’immissione sul mercato e adottare le misure necessarie a garantire l’osservanza del divieto.
La violazione di ciascuno dei detti divieti o l’inottemperanza dei
citati provvedimenti determina l’applicazione di sanzioni di natura penale ed amministrativa consistenti
in arresto e ammende (pena pecuniaria) e sanzioni amministrative (pecuniarie) di differente severità a seconda della gravità della
violazione e declinate all’art.112
del Codice del consumo.
22
La sicurezza dei prodotti
Per esercitare al meglio la funzione di controllo finalizzata alla
protezione della salute e della sicurezza dei consumatori, ciascuna amministrazione deve organizzare la propria attività secondo
dei criteri prefissati che consistono in particolare nel:
istituzione, aggiornamento periodico ed esecuzione di programmi settoriali di sorveglianza per categorie di prodotti o di
rischi, nonché nel monitoraggio delle attività di sorveglianza,
delle osservazioni e dei risultati;
aggiornamento delle conoscenze scientifiche e tecniche relative alla sicurezza dei prodotti;
esame e valutazione periodica delle attività di controllo, nonché eventuale revisione dei metodi di organizzazione della sorveglianza.
23
I quaderni del consumatore
24
Altra attività obbligatoria per le amministrazioni cui è affidata
l’attività di controllo è la gestione dei reclami presentati dai consumatori e dagli altri interessati (ad esempio un’impresa concorrente) con riguardo alla sicurezza dei prodotti ed all’attività di
sorveglianza.
Il coordinamento dei controlli compiuti dagli enti competenti
viene attribuito ad un’apposita conferenza di servizi tra le varie
amministrazioni, alla quale possono presentare le proprie osservazioni gli organismi di categoria dei produttori e dei distributori,
nonché le associazioni di tutela dei consumatori. La legge contiene altresì la previsione secondo cui detta conferenza di servizi
debba tener conto anche dei dati (c.d. Accidents Data) raccolti
ed elaborati con il sistema comunitario di informazione sugli incidenti domestici e del tempo libero, che vale come sistema efficace di individuazione dei rischi dei prodotti immessi sul mercato.
Le amministrazioni deputate ai controlli in base all’art. 106 Codice del consumo devono provvedere, ciascuna secondo le proprie
disponibilità di bilancio e sulla base delle rispettive competenze,
a realizzare un sistema di scambio rapido di informazioni operante in via telematica, (anche attraverso il Sistema pubblico di
connettività, in conformità alle prescrizioni stabilite in sede comunitaria che consenta anche l’archiviazione e la diffusione delle
informazioni).
Ogni provvedimento restrittivo adottato riguardo a prodotti pericolosi dovrà essere comunicato al Ministero dello sviluppo economico, che ne curerà poi la notifica alla Commissione europea;
ciò vale in ogni caso, ma solo qualora sussista un rischio grave
per i consumatori la comunicazione dovrà essere effettuata secondo il più veloce metodo RAPEX (Rapid Exchange about safety products). A sua volta la Commissione europea può adottare
provvedimenti relativamente a prodotti che presentano un rischio
grave per la salute e la sicurezza dei consumatori in diversi Stati
membri.
La sicurezza dei prodotti
Qualora un prodotto sia giudicato pericoloso dalla Commissione
europea esso non potrà ovviamente circolare nel mercato europeo,
ma non potrà nemmeno essere esportato al di fuori dell’Unione
europea.
5. Imitazioni pericolose
Un aspetto trattato dalla Direttiva 25 giugno 1987 n. 357 e che
non si ritrova espressamente nel Codice del consumo è quello
delle c.d. imitazioni pericolose.
Si è occupato di disciplinare questo aspetto in attuazione della
Direttiva il D. Lgs. n. 73/1992; esso prevede il divieto di immissione sul mercato, di commercializzazione, di importazione, di
fabbricazione e di esportazione di prodotti che avendo un aspetto
diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza
o la salute dei consumatori. Tali prodotti sono quelli che, pur non
essendo prodotti alimentari, hanno forma, odore, aspetto, imballaggio, etichettatura, volume o dimensioni tali da far prevedere
che i consumatori, soprattutto i bambini, li possano confondere
con prodotti alimentari e pertanto li portino alla bocca, li succhino o li ingeriscano con conseguente rischio di soffocamento,
intossicazione, perforazione od ostruzione del tubo digerente.
Il decreto prevede altresì, in collegamento con un sistema di controlli che viaggia di pari passo con quello già descritto, sanzioni a
carico di chiunque fabbrica, immette sul mercato, commercializza, importa od esporta prodotti costituenti imitazioni pericolose,
secondo la definizione già fornitane: questi soggetti, salvo che il
fatto costituisca più grave reato, sono puniti con la pena dell’arresto sino a sei mesi o dell’ammenda da lire duecentocinquantamila a lire due milioni, oggi somme convertite in Euro.
25
I quaderni del consumatore
PARTE II
La responsabilita’ per danno da prodotto difettoso
La sicurezza dei prodotti
di responsabilità assoluta del produttore a prescindere dalla colpa: l’art. 114, in particolare, ribadisce che il produttore è responsabile del danno cagionato da difetti del suo prodotto.
1. Evoluzione normativa
26
Può accadere che il sistema di tutela preventiva organizzato
dall’ordinamento in materia di sicurezza dei prodotti e volto a
scongiurare il verificarsi di un evento dannoso per il consumatore
non sia stato sufficiente e può quindi verificarsi un danno ingiusto
a carico di un utente per difetto del prodotto. Anche in questo
caso la legge pone una serie di regole da cui il consumatore danneggiato potrà attingere per tutelare i suoi diritti ed ottenere un
risarcimento; sono le regole contenute nel Titolo II della Parte IV
del Codice del consumo, intitolato “Responsabilità per danno da
prodotti difettosi”.
Il Codice del consumo raccoglie delle regole derivate dalla lontana Direttiva della Comunità Europea n. 374 del 1985, attuata in
Italia con D.P.R. n. 224 del 1988, che stabilisce il principio di
responsabilità oggettiva o responsabilità indipendente dalla colpa
del produttore in caso di danno causato, sia al diretto acquirente,
sia ad un terzo soggetto fruitore, da un difetto del suo prodotto.
Prima della direttiva, in Italia mancava una normativa che disciplinasse la responsabilità del produttore per danno da prodotti difettosi e si faceva riferimento alla disciplina della vendita o della
responsabilità civile contenuta nel Codice Civile.
Come si è detto, per la prima volta la Direttiva n. 374/1985 accoglie il concetto di una responsabilità extracontrattuale di tipo
oggettivo svincolata dall’ accertamento della colpa e condizionata
al solo accertamento del danno conseguente al difetto del prodotto. L’art.1 dichiara infatti che “il produttore è responsabile per i
danni cagionati da difetti del suo prodotto” e l’art.4 prevede che
“il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione
causale tra difetto e danno”.
Oggi il Codice del consumo fissa definitivamente questo principio
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 25-07-1985,
n. 85/374/CEE
Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri
in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi
Dir. 10-5-1999
n. 1999/34/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 85/374/CEE
del Consiglio relativa al ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di
responsabilità per danno da prodotti difettosi
NORMATIVA NAZIONALE
D.P.R. 24 –5- 1988
n. 224
Attuazione della direttiva CEE numero 85/374
relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli
Stati membri in materia di responsabilità per
danno da prodotti difettosi, ai sensi dell’art.
15 della L. 16 aprile 1987, n. 183
D.Lgs. 2 –2- 2001,
n. 25
Attuazione della direttiva 1999/34/CE, che
modifica la direttiva 85/374/CEE, in materia
di responsabilità per danno da prodotti difettosi
D.Lgs. 6-9-2005
n. 206
Codice del consumo, a norma dell’articolo 7
della L. 29 luglio 2003, n. 229
2. Definizioni e ambito di applicazione della normativa
Ai fini dell’applicazione della normativa, il Codice del consumo
fornisce una definizione generica e ampia di produttore, ricomprendendo una serie di soggetti coinvolti nella messa in circola-
27
I quaderni del consumatore
zione del bene che cagionerà il danno. In particolare, è considerato produttore:
chiunque partecipi al processo di produzione, il c.d fabbricante
del prodotto finito o di una sua componente;
il produttore della materia prima;
l’importatore ed il distributore del prodotto difettoso;
qualsiasi persona che apponga al prodotto il proprio nome, la
propria marca o qualsiasi altro segno distintivo;
qualsiasi persona che fornisca un prodotto il cui produttore non
può essere identificato;
l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore ed il cacciatore.
28
Quando il produttore non può essere individuato viene sottoposto alla stessa responsabilità il fornitore che abbia distribuito il
prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale, se ha omesso
di comunicare al danneggiato, entro il termine di tre mesi dalla richiesta l’identità del produttore o della persona che gli ha
fornito il prodotto. Si tratta di un’ipotesi residuale, derivante
dall’esigenza di spronare i rivenditori ad organizzarsi in modo da
poter sempre fornire al danneggiato gli elementi per individuare il
produttore o il soggetto che si pone quale precedente anello della catena distributiva e verso cui poter poi orientare le legittime
richieste risarcitorie. Qualora il fabbricante o l’importatore non
esistano più (per morte della persona fisica, ad esempio, o per
liquidazione della società), il fornitore che ha dato l’indicazione
è comunque liberato dalla responsabilità. Come si individua il
fornitore? Il fornitore è colui che si occupa della vendita, della locazione del leasing o di altra forma di commercializzazione
del prodotto, cioè colui che realizza comunque il passaggio della
merce dal produttore al consumatore; per fornitore, inoltre, può
intendersi sia quello del prodotto finale che quello di una parte
del prodotto o di una materia prima.
Per ottenere le informazioni che gli sono necessarie, la richiesta
La sicurezza dei prodotti
da parte del consumatore deve essere fatta per iscritto e deve
indicare il prodotto che ha cagionato il danno, il luogo e, con
ragionevole approssimazione, la data dell’acquisto; deve inoltre
contenere l’offerta in visione del prodotto, se ancora esistente.
Prodotto viene considerato qualunque bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile; si considera prodotto
anche l’elettricità (che ad esempio può essere ritenuta difettosa
quando non presenta determinate caratteristiche di voltaggio o
amperaggio). Ricompresi nella nozione di prodotto sono inoltre
anche i prodotti agricoli del suolo, quelli dell’allevamento, della
pesca e della caccia: l’introduzione di questi beni è da ritenersi
dovuta all’evoluzione e allo sviluppo tecnologico in questi ambiti,
per cui tali beni possono essere equiparati, per certi versi, al settore industriale (utilizzo di macchinari sofisticati, nonché di prodotti chimici). La giurisprudenza ha anche incluso nella nozione
il sangue (utilizzato per fini trasfusionali), il software, un vaccino
antiemofilico.
Sono invece esclusi dal campo di applicazione i beni immobili, i
servizi ed i beni immateriali.
Quando un prodotto è da considerarsi difettoso?
Ai sensi dell’art. 117 del Codice del consumo un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente
attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui:
il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la
sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni
e le avvertenze fornite; dunque ogni prodotto dovrebbe essere
accompagnato da informazioni, che possono derivare direttamente dalla presentazione o essere contenute in istruzioni ed
avvertenze e che hanno lo scopo di neutralizzarne l’eventuale
pericolosità, anche se legata solo a determinate ipotesi di uso;
l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono
29
I quaderni del consumatore
ragionevolmente prevedere; il riferimento alla ragionevolezza
si fonda sul principio che anche l’utente è tenuto ad adottare
accorgimenti nell’utilizzo del prodotto, non potendo invocare la responsabilità del produttore nel caso in cui il danno
sia derivato da un uso anormale; il produttore infatti non può
prevedere le conseguenze derivanti da destinazioni anomale
del bene. Per fare alcuni esempi di uso anomalo di estrazione
giurisprudenziale: non è stato ritenuto responsabile il produttore di un’altalena per la menomazione che un bambino si è
provocato salendo in piedi sul bracciolo di ferro invece che
sedendosi sull’apposita seduta; non è stato ritenuto responsabile neanche il produttore di pistole-giocattolo ad acqua per
il danno che un bambino aveva provocato tenendo la pistola
attaccata al viso;
il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione; esso
quindi non può essere considerato difettoso se lo stato delle
conoscenze scientifiche e tecniche non consentiva di considerarlo rischioso al tempo in cui è stato prodotto e posto in
circolazione. Se un prodotto è “datato”, quindi, l’unico modo
per valutarne la difettosità è quello del difetto rilevante c.d.
originario, cioè quello che poteva emergere al momento della
messa in circolazione.
30
Quest’ultimo concetto è poi ripreso e chiarito anche dal comma
2° dell’art. 117, secondo cui un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che ne sia stato posto in commercio uno più perfezionato in qualunque momento.
Inoltre un prodotto secondo la legge è considerato difettoso se
non offre la sicurezza offerta normalmente dagli altri esemplari
della stessa serie; è il caso dei c.d. difetti di fabbricazione (es.
scoppio in terra anziché in aria di un fuoco d’artificio, rottura
del sistema sterzante di un motociclo, rottura del tacco di uno
stivaletto) dovuti a “defaillances” dei macchinari o a sviste dei
lavoratori che determinano una difformità del prodotto singolo
La sicurezza dei prodotti
rispetto agli altri esemplari della stessa serie.
Ulteriori difetti potrebbero essere quelli di progettazione o costruzione: per non incorrere in questo tipo di difettosità, la legge impone al produttore, nella fase dell’ideazione, progettazione e costruzione del bene, di prefigurarsi (secondo canoni di ragionevole
prevedibilità) gli usi e i comportamenti possibili del consumatore,
onde adottare tutte quelle misure o quegli accorgimenti che siano
idonei a soddisfare le legittime aspettative di sicurezza ovvero che
consentano la tendenziale idoneità del bene ad essere utilizzato
in condizioni di sicurezza. In altri termini il produttore deve garantire la sicurezza del prodotto con riferimento al suo ragionevole
e prevedibile impiego da parte del consumatore. L’uso del bene
anomalo, irregolare e comunque difforme dalle istruzioni da parte del destinatario interrompe, come vedremo, il nesso causale
tra una asserita difettosità del bene e l’evento di danno e quindi
esclude la riferibilità di questo alla responsabilità del produttore.
Rientra nel difetto di progettazione altresì quello di packaging,
ovvero quello che riguarda il confezionamento.
Infine può essere considerato difettoso il prodotto a cui manchino
corrette e complete istruzioni o adeguate avvertenze circa l’utilizzo o l’impiego del bene (c.d. difetti di informazione). Un prodotto
sarà difettoso, per esempio, se non rende edotto il consumatore
dei possibili pericoli inerenti l’utilizzazione dello stesso oppure in
caso di inesatte o non comprensibili avvertenze e carenti indicazioni circa l‘uso e/o la conservazione.
Il produttore non può invece essere considerato responsabile:
se non ha messo il prodotto in circolazione;
se il difetto che ha cagionato il danno non esisteva quando
il produttore ha messo il prodotto in circolazione. Può essere
l’ipotesi di quando intervengono terzi soggetti nella gestione
o manutenzione del prodotto, provocando delle modifiche o
genericamente dei “fatti” che generano poi il danno; ad esem-
31
I quaderni del consumatore
32
pio la bottiglia di bibita che scoppia per una incrinatura del
vetro dovuta allo stoccaggio malaccorto del barista oppure il
riparatore che rimonta l’oggetto in modo errato causandone
l’esplosione;
se il produttore non ha fabbricato il bene per la vendita o per
qualsiasi altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo
ha fabbricato o distribuito nell’esercizio della sua attività professionale. Perché l’imprenditore sia liberato devono ricorrere
contemporaneamente entrambi i requisiti, infatti non rientrano
ad esempio in quest’ipotesi i prodotti che le aziende distribuiscono gratuitamente a fini promozionali (non si pagano, ma la
responsabilità del produttore ovviamente permane);
se il difetto è dovuto alla conformità di un prodotto ad una norma giuridica imperativa o ad un provvedimento vincolante, che
non lasciano quindi alternative al produttore per le modalità di
costruzione del prodotto;
se lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche, al momento in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto, non
permetteva ancora di considerare lo stesso come difettoso. Si
tratta del c.d. rischio di sviluppo; lo “stato delle conoscenze
scientifiche e tecniche” è un parametro oggettivo, che deve
corrispondere non ad un’opinione, ad un’occasionale segnalazione o ad una prassi, ma al più alto livello delle ricerche
effettuate con criteri di certezza ed attendibilità nel mondo;
nel caso di produttore o fornitore di una parte componente o
di una materia prima, se il difetto è interamente dovuto alla
concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o
materia prima, o alla conformità di questa alle istruzioni date
dal produttore che l’ha utilizzata. E’ il caso del prodotto composto, cioè frutto della collaborazione di più soggetti; dunque
se il produttore finale fa un uso improprio della materia prima
o del componente impiegandoli per funzioni per cui non sono
tecnicamente adatti, il produttore della materia prima o del
componente non potranno essere ritenuti responsabili in caso
La sicurezza dei prodotti
di danno, come non potranno altresì esserlo nel caso di fabbricazione sulla base di contratti di appalto in conformità di
specifiche tecniche e istruzioni imposte.
Al di fuori di queste ipotesi, è nullo qualsiasi patto che escluda
o limiti preventivamente, nei confronti del danneggiato, tutte le
forme di responsabilità previste dalla legge a carico del produttore
e degli altri soggetti generalmente responsabili verso l’utenza.
Nell’ambito della normativa che tutela chi ha subito un danno
per il difetto di un prodotto, emerge il concetto della messa in
circolazione del prodotto.
Il prodotto è messo in circolazione, secondo l’art. 119 Codice del
consumo, quando sia consegnato all’acquirente, all’utilizzatore o
a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova. In pratica
l’oggetto è uscito dal processo di fabbricazione ed è entrato in
quello di commercializzazione; la messa in circolazione è un atto
precedente quindi alla vendita al consumatore finale, è sufficiente che il prodotto sia consegnato a soggetti estranei alle imprese.
Anche quando il bene sia consegnato al vettore o allo spedizioniere potrà considerarsi immesso in circolazione, ma i soggetti suddetti, ai fini della tutela di legge, non sono equiparabili al consumatore, in quanto professionisti e quindi non potranno usufruire
degli strumenti speciali che l’ordinamento offre in caso di danno.
3. Tipologie di danno risarcibili e termini
Un’attenzione particolare merita la delimitazione del danno risarcibile, quello per il quale il consumatore può avanzare pretese
verso il soggetto responsabile. E’ importante sapere con precisione per quali tipologie di danno e con quali limiti il legislatore
accorda tutela al soggetto danneggiato, in modo che questi possa
orientare le proprie richieste in modo opportuno.
Va innanzitutto precisato che secondo il Codice del consumo è
33
I quaderni del consumatore
34
risarcibile sia il danno a persone, sia il danno a cose.
Relativamente al danno a persone può essere considerato soggetto danneggiato non solo l’utilizzatore abituale del prodotto o chi
l’ha acquistato e lo detiene, ma anche chi ne sia venuto a contatto solo occasionalmente (ad esempio per ragioni di ospitalità); è
risarcibile il danno così a chiunque cagionato derivante da morte
o da lesioni personali.
Relativamente al danno a cose è risarcibile “la distruzione o il
deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché
di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così
principalmente utilizzata dal danneggiato”.
Per prima cosa occorre quindi sottolineare che non è risarcibile
il danno al prodotto stesso, inteso quale insieme delle conseguenze lesive concernenti il prodotto e derivanti dall’esistenza
del vizio. Ad esempio, se a causa di gomme difettose si cagiona
un incidente ad un’automobile per il resto senza difetti e questa
va distrutta, il danneggiato avrà azione verso il produttore delle
gomme per il danno all’automobile, poiché esso rappresenta un
danno ad una cosa diversa dal prodotto difettoso in sé. Resta anche a carico del consumatore il danno causato dalla distruzione
o perdita di cose normalmente non destinate all’uso o consumo
privato; è dunque necessario che la cosa danneggiata non sia destinata a produrre beni o ad assicurare al proprietario un guadagno: se invece appartiene, per sua natura, alla categoria dei beni
strumentali (ad esempio macchinari di azienda) la risarcibilità è
esclusa a priori. Nel caso invece in cui il bene ha una destinazione neutra (un veicolo, ad esempio) esso deve essere in concreto
utilizzato dal danneggiato per un uso privato (non deve trattarsi,
per continuare l’esempio, di una vettura utilizzata per scopi professionali, ad esempio da un rappresentante).
Per il danno a cose esiste una franchigia; infatti esso è risarcibile
solo nella misura che ecceda la somma di € 387,00.
Per ottenere il risarcimento del danno il consumatore deve ricordare che l’onere della prova è interamente a suo carico; egli
La sicurezza dei prodotti
deve infatti dimostrare: l’identità del produttore, l’esistenza del
difetto nel prodotto, la riconducibilità di quel difetto al produttore, il fatto che quel difetto è stato causa diretta del danno. Nella
prassi si può dire che la prova della non sicurezza del prodotto
può ritenersi raggiunta quando il consumatore abbia dimostrato
di aver subito il danno in occasione di un utilizzo normale del
prodotto; ad esempio si è ritenuto che la rottura del manico di una
confezione di bottiglie d’acqua derivasse da difetto del prodotto,
essendosi dimostrato che il danneggiato stava facendo un uso
assolutamente ragionevole della confezione stessa e stava tenendo comportamenti prevedibili da parte del produttore. Secondo il
più recente orientamento giurisprudenziale l’onere della prova è
ritenuto soddisfatto qualora il danneggiato dimostri (oltre ovviamente al danno ed alla connessione causale tra difetto e danno)
che l’uso del prodotto ha comportato risultati anomali rispetto
alle normali aspettative, tali da evidenziare la sussistenza di un
difetto.
Occorre ricordare che la prova fornita dal consumatore potrà comunque essere superata dal produttore qualora egli riesca a dimostrare una delle circostanze di esclusione di responsabilità di cui
si è detto poco sopra o comunque a dimostrare che, tenuto conto
delle circostanze, è probabile che il difetto non esistesse ancora
nel momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
Nell’ipotesi che vengano individuati dal consumatore più soggetti
responsabili di un danno, per questi opera un principio di responsabilità collettiva e solidale, il che significa che il soggetto
danneggiato potrà rivolgersi per l’intero a ciascuno di essi; ovviamente la ripartizione finale dovrà essere effettuata sulla base
delle colpe riferibili a ciascuno (e solo nel dubbio in parti uguali),
ma a ciò provvederanno (eventualmente anche in un secondo momento) i soggetti responsabili attraverso l’azione di regresso, che
non riguarda il consumatore.
Può verificarsi l’ipotesi in cui il danneggiato abbia concorso alla
produzione dell’evento dannoso. In questo caso il risarcimento
35
I quaderni del consumatore
36
sarà comunque dovuto, ma si dovrà tener conto della gravità della
colpa della vittima e dell’entità delle conseguenze che sono dovute alla sua negligenza; è una sorta di delimitazione del danno
risarcibile in base all’efficienza causale della condotta del danneggiato rispetto all’evento. Il fatto provocato dalla vittima può
assumere rilievo anche se anteriore, concomitante o successivo
alla condotta del danneggiante, purché la condotta si sia posta
come condizione rilevante dell’evento dannoso finale.
Se poi emergesse addirittura nel caso concreto che la vittima, in
una fase posteriore all’evento lesivo, già determinatosi per fatto
esclusivo del responsabile, usando l’ordinaria diligenza avrebbe
potuto ridurre o non aggravare le conseguenze dannose del fatto
illecito, nessun risarcimento sarà dovuto per i danni, appunto,
evitabili. Ad esempio, si è esclusa la responsabilità del produttore
di una lavatrice difettosa nella quale il danneggiato aveva inserito
il braccio, così come quella del produttore di una pistola giocattolo per le lesioni derivanti dall’esplosione di alcuni colpi tenendo
l’oggetto accanto agli occhi.
Altra ipotesi di esclusione di responsabilità del produttore per
causa del danneggiato è quella in base a cui quest’ultimo era a
conoscenza del difetto e dei rischi legati al prodotto e si era comunque esposto al pericolo, continuando ad usare l’oggetto.
Al fine di far valere efficacemente i propri diritti, il consumatore
è tenuto all’osservanza di alcuni importanti termini. Occorre ricordare che il diritto al risarcimento si prescrive in tre anni dal
giorno in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto o dell’identità del responsabile.
Dunque la prescrizione inizia a decorrere in base alla conoscenza o conoscibilità di tre elementi: il danno, il difetto e l’identità
del responsabile; il motivo è che il danno potrebbe manifestarsi
anche dopo molto tempo dal fatto dannoso e il consumatore ha
diritto comunque alla piena tutela. Fino a che tutte e tre queste
condizioni non ricorrono, il diritto non può farsi valere e quindi la
prescrizione non decorrerà.
La sicurezza dei prodotti
Il diritto al risarcimento si estingue alla scadenza di dieci anni
dal giorno in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto;
la ragione di questa “scadenza” si fonda sul fatto che nel corso
del tempo i prodotti si deteriorano, le norme di sicurezza divengono più rigorose e le conoscenze tecnico-scientifiche si affinano,
cosicché non può pretendersi che in capo al produttore viga una
responsabilità senza limiti di tempo; questa invece deve durare
per un periodo ragionevole, individuato, appunto, nei dieci anni.
Per dimostrare l’eventuale avvenuta decadenza il produttore dovrà
dimostrare la data di messa in circolazione del prodotto che ha
cagionato il danno.
37
I quaderni del consumatore
PARTE III
Competenze delle Camere di Commercio in tema
di sicurezza dei prodotti
1. Le Camere di Commercio e la Regolazione del Mercato
Con il D.lgs. n.112/98 alle Camere di Commercio sono state trasferite le funzioni ispettive di vigilanza sul mercato e controllo di
conformità e le funzioni sanzionatorie in materia di sicurezza dei
prodotti prima attribuite agli uffici provinciali per l’industria, il
commercio e l’artigianato (UPPICA).
La Camera di Commercio di Ancona ha creato un nuovo servizio, il Servizio di Regolazione del Mercato, proprio con il compito
di garantire una trasparente, rapida ed economica soluzione dei
problemi legati al mercato e di favorire la correttezza nelle contrattazioni economiche. Questa nuova unità ha permesso all’Ente
camerale di arricchire la propria missione, divenendo un punto
di riferimento locale a tutela della correttezza, della trasparenza
e del buon funzionamento dei rapporti economici tra gli operatori
commerciali, in linea con gli orientamenti dell’Unione Europea.
Sotto questo profilo, sono state investite risorse e professionalità
non solo nelle attività di vigilanza e sorveglianza, ponendo in essere controlli sui prodotti e accertamenti, ma anche nelle attività
di formazione ed educazione per divenire un punto di riferimento
per la diffusione delle fonti normative nazionali e comunitarie a
supporto delle imprese e dei consumatori.
In particolare, la funzione di vigilanza sul mercato relativa ai prodotti si esplica nei seguenti ambiti:
38
giocattoli;
prodotti elettrici a bassa tensione (e aspetti relativi alla compatibilità elettromagnetica);
dispositivi di protezione individuale di prima categoria;
La sicurezza dei prodotti
sicurezza prodotti ai sensi dell’art. 102 e seguenti del Codice
di consumo;
etichettatura di prodotti tessili;
etichettatura di prodotti calzaturieri;
consumo di carburante ed emissioni di biossido di carbonio
(CO2) dei vari modelli di auto nuove.
2. Sicurezza dei giocattoli
La normativa sulla sicurezza dei giocattoli trova il suo primo fondamento nella Direttiva n. 88/378/CEE, recepita in Italia dal Decreto Legislativo n. 313/1991, che fino ad oggi ha disciplinato
il settore nel suo complesso. Dal 20 luglio 2011 i giocattoli dovranno però anche essere conformi alla nuova Direttiva 2009/48/
CE, attuata in Italia con il D. Lgs. 54/2011 (il recepimento in
Italia della nuova Direttiva Giocattoli è stato previsto nella legge
4 giugno 2010 n. 96 “Comunitaria 2009” la quale all’art. 36
ha stabilito i criteri da seguire nella predisposizione del Decreto
legislativo) per quel che riguarda i requisiti fisico meccanici ed
elettrici e dal 20 luglio 2013 alla medesima Direttiva per quel
che riguarda anche i requisiti chimici.
39
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 3-5-1988
n. 88/378/CEE
Direttiva del Consiglio relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
concernenti la sicurezza dei giocattoli
Dir. 18-6-2009
n. 2009/48/CE
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli.
NORMATIVA NAZIONALE
40
D.Lgs. 27-9-1991
n. 313
Attuazione della direttiva n. 88/378/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri concernenti la sicurezza dei giocattoli, a norma dell’art. 54 della L. 29 dicembre 1990 n. 428
D.M. 9 ottobre 2007
Elenco riepilogativo di norme armonizzate concernenti l’attuazione della direttiva 88/738/
CEE relativa alla sicurezza dei giocattoli
D.M. 30-9-1999
Disposizioni tecniche relative all’immissione
sul mercato di giocattoli in plastica morbida
D.Lgs. 11-4-2011
n. 54
Attuazione della direttiva 2009/48/CE sulla
sicurezza dei giocattoli
La nuova Direttiva si pone l’obiettivo di razionalizzare ed incrementare l’efficacia dei presidi a tutela della sicurezza dei giocattoli, nonché
di semplificare la disciplina vigente, in modo da garantire un elevato
livello di protezione degli interessi pubblici, quali la salute e la sicurezza, la protezione dei consumatori e dell’ambiente, nonché di garantire
un’equa concorrenza sul mercato comunitario.
A tale scopo, la Direttiva mira ad evitare a monte l’immissione sul
mercato comunitario di prodotti potenzialmente pericolosi per la
salute e l’incolumità fisica dei consumatori, introducendo alcuni
obblighi per i fabbricanti e gli importatori, quali: l’effettuazione
della valutazione dei rischi per ogni prodotto che viene immesso sul mercato; il rispetto di requisiti più restrittivi di sicurezza chimica dei giocattoli; il rispetto delle precisazioni riguardo
all’etichettatura e alle specifiche prescrizioni per i giocattoli negli
alimenti.
Principio generale ispiratore della Direttiva è che i giocattoli per
poter essere immessi sul mercato non devono compromettere la
sicurezza o la salute di chi li usa, “quando sono utilizzati conformemente alla loro destinazione o quando ne è fatto un uso
prevedibile in considerazione del comportamento abituale dei
bambini”.
A tal proposito le previste etichette ed istruzioni d’uso richiamano
l’attenzione degli utilizzatori o di chi effettua la sorveglianza sui
pertinenti pericoli e sui rischi di danno che l’uso dei giocattoli
comporta e sul modo di evitare tali rischi e pericoli.
Il campo di applicazione oggettivo della normativa è delimitato laddove si prevede che le disposizioni in materia di sicurezza
valgono unicamente per ciò che può essere definito quale “giocattolo”, ossia per i soli “prodotti progettati o destinati, in modo
esclusivo o meno, ad essere utilizzati ai fini del gioco da bambini
di età inferiore a 14 anni”.
Un primo discrimine, pertanto, viene posto dal legislatore fra quei
beni che, anche in via non esclusiva, sono per loro stessa natura
destinati ad essere usati a fini ludici da soggetti infraquattordicenni e ciò che, seppure per fini ludici, non è destinato – neppure
in via non esclusiva – ad essere da questi usato.
Alcuni prodotti pur avendo l’aspetto di giocattoli non lo sono e
dunque non rientrano nella tutela offerta dalla normativa in esame, ed in particolare:
41
I quaderni del consumatore
42
1. Decorazioni e addobbi per festività e celebrazioni;
2. Prodotti destinati a collezionisti adulti, purché il prodotto o il
suo imballaggio rechino un’indicazione chiara e leggibile che
si tratta di un prodotto destinato a collezionisti di età pari a 14
anni e superiore. Esempi di questa categoria: modelli in scala
fedeli e dettagliati, kit di montaggio di dettagliati modelli in
scala, bambole folcloristiche e decorative e altri articoli analoghi, repliche storiche di giocattoli, riproduzioni di armi da
fuoco reali;
3. Attrezzature sportive, compresi pattini a rotelle, pattini in linea
e skateboard destinati a bambini aventi una massa corporea
superiore a 20 kg.;
4. Biciclette con un’altezza massima alla sella di oltre 435 mm,
misurata in verticale dal suolo alla superficie superiore della
sella con la sella in posizione orizzontale e regolata con il tubo
reggisella posizionato alla profondità;
5. Monopattini e altri mezzi di trasporto progettati per lo sport
o che sono destinati a essere utilizzati per spostamenti sulla
pubblica via o su percorsi pubblici;
6. Veicoli elettrici destinati a essere utilizzati per spostamenti
sulla pubblica via, su percorsi pubblici o sui marciapiedi degli
stessi;
7. Attrezzature nautiche da utilizzare in acque profonde e dispositivi per imparare a nuotare destinati ai bambini, come
salvagenti a mutandine e ausili per il nuoto;
8. Puzzle di oltre 500 pezzi;
9. Fucili e pistole a gas compresso – eccetto i fucili ad acqua e le
pistole ad acqua – e gli archi per il tiro con l’arco di lunghezza
superiore a 120 cm;
10. Fuochi d’artificio comprese le capsule a percussione non progettate specificamente per i giocattoli;
11. Prodotti e giochi con dardi appuntiti, quali giochi di freccette
con punte metalliche;
12. Prodotti educativi funzionali, quali forni, ferri da stiro o altri
La sicurezza dei prodotti
prodotti funzionali elettrici alimentati con tensione nominale
superiore a 24 volt venduti esclusivamente per essere utilizzati a fini didattici, sotto la sorveglianza di un adulto;
13. Prodotti destinati a essere utilizzati per scopi educativi nelle scuole e in altri contesti pedagogici sotto la sorveglianza
di un educatore adulto, come ad esempio le apparecchiature
scientifiche;
14. Apparecchiature elettroniche quali PC e console di gioco usate per accedere a software interattivi e le relative periferiche,
qualora le apparecchiature elettroniche o le relative periferiche non siano espressamente concepite per i bambini e ad
essi destinate e non abbiano in sé un valore ludico come PC,
tastiere, joystick o volanti appositamente progettati;
15. Software interattivi destinati al tempo libero e all’intrattenimento, come giochi elettronici per PC e i relativi supporti di
memorizzazione quali i CD;
16. Succhietti per neonati e bambini piccoli;
17. Apparecchi di illuminazione attrattivi per i bambini;
18. Trasformatori per giocattoli;
19. Accessori moda per bambini non destinati ad essere usati a
scopo ludico.
Altre esclusioni dal campo di applicazione della normativa di sicurezza riguardano:
· le attrezzature per aree da gioco per uso pubblico;
· le macchine da gioco automatiche, a moneta o no, per uso pubblico;
· i veicoli-giocattolo con motore a combustione.
La normativa definisce e disciplina una serie di adempimenti a
carico di fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori di giocattoli e definisce ognuna di queste figure:
a) il fabbricante è la persona fisica o giuridica (non importa se stabilita o meno in Italia o in altro Paese comunitario)
43
I quaderni del consumatore
che fabbrica il giocattolo o lo fa progettare o fabbricare e lo
commercializza apponendovi sopra il proprio nome o marchio.
Al riguardo, è fin d’ora importante notare come la definizione
normativa individui quale fabbricante il soggetto che progetta/
fabbrica il giocattolo e lo commercializza apponendovi il proprio nome o marchio. I requisiti citati devono dunque coesistere contemporaneamente e questa precisazione è di fondamentale importanza in tutti i casi in cui il fabbricante è un soggetto
estero e, all’atto dell’importazione, il giocattolo è corredato
unicamente del marchio dell’operatore economico che lo importa o lo immette in libera pratica. In quest’ultimo caso, sarà
quest’ultimo ad essere considerato direttamente fabbricante;
b) il rappresentante autorizzato è la persona fisica o giuridica
stabilita nella Comunità che ha ricevuto dal fabbricante un
mandato scritto che la autorizza ad agire per suo nome o per
suo conto in relazione a determinati scopi;
c) l’importatore viene individuato nella persona che immette
sul mercato comunitario il giocattolo proveniente da un Paese
terzo;
d) il distributore viene individuato nella persona fisica o giuridica diversa dal fabbricante o dall’importatore che, nella catena
della fornitura, mette a disposizione sul mercato il giocattolo.
44
Per quel che riguarda gli obblighi stabiliti dalla normativa, si parte ovviamente dal fabbricante, che è il primo anello della catena
commerciale. Prevede infatti la Direttiva che all’atto dell’immissione dei loro giocattoli sul mercato, i fabbricanti devono garantire che essi siano stati progettati e fabbricati conformemente
ai requisiti di legge. I fabbricanti preparano la documentazione
tecnica prescritta ed eseguono o fanno eseguire la procedura di
valutazione della conformità; qualora la stessa sia stata dimostrata da tale procedura, i fabbricanti redigono una dichiarazione CE
di conformità e appongono la marcatura CE (che non può essere
inferiore a 5 mm.); si tratta di una forma di autocertificazione con
La sicurezza dei prodotti
cui il fabbricante si assume la
responsabilità di attestare la
conformità e la sicurezza del
giocattolo.
Se il fabbricante non è in grado
di sottoporre il giocattolo a tutte le procedure di conformità
previste dalla normativa, potrà
immettere l’oggetto sul mercato dopo aver ricevuto l’attestazione
di conformità CE da parte di un organismo preposto, che effettua
gli esami di laboratorio per verificare la rispondenza ai requisiti
previsti dalla legge. I fabbricanti conservano la documentazione
tecnica e la dichiarazione CE per un periodo di dieci anni dopo
che il giocattolo è stato immesso sul mercato.
La Direttiva elenca poi una serie di ulteriori obblighi per i fabbricanti. Essi intanto devono garantire che siano predisposte le
procedure necessarie affinchè la produzione in serie continui a
essere conforme. Devono tenere conto delle modifiche della progettazione o delle caratteristiche del giocattolo, nonchè delle modifiche delle norme armonizzate con riferimento alle quali si dichiara la conformità di un giocattolo. Laddove ritenuto necessario
in considerazione dei rischi presentati da un giocattolo, i fabbricanti devono eseguire, per proteggere la salute e la sicurezza dei
consumatori, prove a campione dei giocattoli commercializzati,
devono svolgere indagini e, se del caso, tenere un registro dei
reclami dei giocattoli non conformi e dei richiami di giocattoli e
informare i distributori di tale monitoraggio. I fabbricanti devono
altresì garantire che sui loro giocattoli sia apposto un numero di
tipo, di lotto, di serie, di modello oppure un altro elemento che
consenta la loro identificazione oppure, qualora le dimensioni o
la natura del giocattolo non lo consentano, che le informazioni
prescritte siano fornite sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del giocattolo. Ancora, i fabbricanti hanno l’ob-
45
I quaderni del consumatore
bligo di indicare sul giocattolo il loro nome, la loro denominazione
commerciale registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo
dove possono essere contattati oppure, ove ciò non sia possibile,
sull’imballaggio o in un documento di accompagnamento del giocattolo. L’indirizzo deve indicare un unico punto in cui il fabbricante può essere contattato.
I fabbricanti devono garantire che il giocattolo sia accompagnato
da istruzioni e informazioni sulla sicurezza fornite almeno in lingua italiana.
Inoltre, se ritengono o hanno motivo di credere che un giocattolo
che hanno immesso sul mercato non sia conforme alla pertinente
normativa comunitaria di armonizzazione devono assumere immediatamente le misure correttive necessarie per rendere conforme tale giocattolo, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi.
Qualora il giocattolo presenti un rischio, ne informano immediatamente il Ministero dello Sviluppo Economico, indicando in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi misura correttiva adottata. A seguito di una richiesta motivata delle autorità
competenti forniscono tutte le informazioni e la documentazione
necessarie per dimostrare la conformità del giocattolo, in lingua
italiana o inglese. Essi collaborano con tali autorità, ove richiesto
dalle medesime, in ordine alle azioni intraprese per eliminare i
rischi presentati dai giocattoli che essi hanno immesso sul mercato, compresi il ritiro e il richiamo dei giocattoli non conformi.
Il rappresentante autorizzato, che deve aver ricevuto un mandato
scritto da parte del fabbricante e, pertanto, avere il potere di rappresentanza indiretta di questi, è portatore di alcuni particolari
compiti, i quali devono essere espressamente indicati nel contratto di mandato ma che, in ogni caso, devono comprendere almeno:
46
a) il mantenere a disposizione delle autorità nazionali di vigilanza la dichiarazione CE di conformità e la documentazione
tecnica per un periodo di 10 anni dopo l’immissione del prodotto sul mercato;
La sicurezza dei prodotti
b) il potere di fornire, a seguito di specifica richiesta da parte
dell’autorità nazionale competente, tutte le informazioni e la
documentazione necessarie per dimostrare la conformità di
un giocattolo;
c) il potere di cooperare con le autorità nazionali, su loro richiesta, a qualsiasi azione intrapresa per eliminare i rischi
presentati dai giocattoli che rientrano nel suo mandato.
In ogni caso, però, sono espressamente esclusi dal novero dei
compiti “delegabili” al rappresentante autorizzato la stesura della
documentazione tecnica propedeutica alla procedura di valutazione di conformità nonché gli obblighi specifici in materia di
garanzia della conformità dei giocattoli ai requisiti di sicurezza
(adempimenti entrambi che fanno capo unicamente al fabbricante o, come si vedrà meglio in seguito, all’importatore).
Per quel che riguarda il distributore, egli ha l’obbligo di immettere sul mercato solo i giocattoli provvisti dalla marcatura CE, del
nome e/o del marchio e dell’indirizzo del fabbricante o del responsabile dell’immissione sul mercato della Comunità Europea, delle
avvertenze e delle precauzioni d’uso redatte in lingua italiana.
Anche l’importatore deve avere un comportamento prudente e
accorto, poiché il nuovo Decreto legislativo n. 54/2011 pone a
carico di questa figura l’obbligo di immettere sul mercato esclusivamente giocattoli conformi. Esso, pertanto, dovrà assicurarsi
preventivamente che il fabbricante abbia eseguito la necessaria
valutazione di conformità, che la marcatura CE sia stata apposta,
che il prodotto sia accompagnato dalla prevista documentazione
nonché verificare la coerenza tra la documentazione e la merce
ricevuta. L’importatore, se ritiene o ha motivo di credere che un
giocattolo non sia conforme ai requisiti di legge, non può immettere sul mercato il giocattolo fino a quando esso non è stato reso
conforme. Inoltre, quando un giocattolo presenta un rischio, l’importatore deve informarne il fabbricante e l’autorità di vigilanza
del mercato.
47
I quaderni del consumatore
48
Anche gli importatori devono indicare sul giocattolo il loro nome, la
loro denominazione commerciale
registrata o il loro marchio registrato e l’indirizzo a cui possono essere
contattati oppure, ove ciò non sia
possibile, sull’imballaggio o in un
documento di accompagnamento
del giocattolo.
Gli importatori devono assicurare
che il giocattolo sia accompagnato
da istruzioni e informazioni sulla
sicurezza almeno in lingua italiana.
Sono fatti salvi gli oneri informativi
relativi alla conformità dei processi
di lavorazione alle norme in materia
di lavoro, con particolare riguardo al lavoro minorile, e in materia
di tutela ambientale.
Gli importatori devono garantire che mentre un giocattolo è sotto
la loro responsabilità, le condizioni di immagazzinamento o di
trasporto non ne mettano a rischio la conformità. Ove ritenuto
opportuno alla luce dei rischi presentati da un giocattolo, gli importatori, per proteggere la salute e la sicurezza dei consumatori,
sono tenuti ad eseguire prove a campione dei giocattoli commercializzati, svolgere indagini e, se del caso, tenere un registro
dei reclami, nonché dei giocattoli non conformi e dei richiami
di giocattoli e informare i distributori di tale monitoraggio. Se
ritengono o hanno motivo di credere che un giocattolo che hanno
immesso sul mercato non sia conforme alla pertinente normativa
comunitaria di armonizzazione devono adottare immediatamente
le misure correttive necessarie per rendere conforme tale giocattolo, per ritirarlo o richiamarlo, a seconda dei casi. Inoltre,
qualora il giocattolo presenti un rischio, devono informarne immediatamente il Ministero dello Sviluppo Economico, indicando
La sicurezza dei prodotti
in particolare i dettagli relativi alla non conformità e qualsiasi
misura correttiva adottata.
Gli importatori devono conservare per un periodo di dieci anni
dopo l’immissione sul mercato del giocattolo la dichiarazione CE
di conformità a disposizione dell’autorità di vigilanza del mercato; devono garantire inoltre che, su richiesta, la documentazione
tecnica possa essere resa disponibile a tale autorità. Gli importatori, a seguito di una richiesta motivata delle autorità competenti
devono fornire tutte le informazioni e la documentazione necessarie per dimostrare la conformità del giocattolo, in lingua italiana
o inglese. Essi collaborano con tali autorità, ove richiesto dalle
medesime, in ordine alle azioni intraprese per eliminare i rischi
presentati dai giocattoli che essi hanno immesso sul mercato,
compresi il ritiro e il richiamo dei giocattoli non conformi.
L’art. 11 della Direttiva prevede nuove misure riguardo la presenza di avvertenze su ogni giocattolo per assicurarne un utilizzo
sicuro. I giocattoli dovranno indicare l’età minima per l’utilizzo, la
necessità di supervisione da parte di un adulto durante l’utilizzo,
la presenza di parti piccole e tutti i rischi connessi al particolare
tipo di prodotto. Le avvertenze dovranno essere apposte in maniera chiara e leggibile su packaging, istruzioni e dove possibile sul
prodotto.
I requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa vengono
suddivisi in: principi generali e rischi particolari.
I primi sono correlati alla concezione, costruzione e composizione
del giocattolo. In particolare, il giocattolo deve essere privo di
parti appuntite e taglienti, deve resistere agli urti e non provocare
ferite in caso di rottura. Le parti smontabili, se ingerite, devono
avere delle dimensioni tali da impedire il soffocamento. Inoltre,
l’oggetto non deve contenere sostanze o preparati che possono
diventare infiammabili: i materiali con cui sono costruiti e le vernici utilizzate devono rientrare nei limiti di tolleranza biologica
previsti; nei giochi elettrici, la tensione di alimentazione non deve
49
I quaderni del consumatore
superare un voltaggio predeterminato.
I requisiti particolari di sicurezza riguardano:
proprietà fisico-meccaniche;
proprietà chimiche;
proprietà elettriche;
igiene;
infiammabilità;
radioattività.
Dal 20 luglio 2011, come si è detto, per quel che concerne le proprietà fisico-meccaniche dovranno essere rispettati i nuovi criteri
previsti dalla Direttiva 2009/48/CE. Le novità principali riguardano i seguenti aspetti.
La velocità massima di progetto dei giocattoli cavalcabili elettrici
deve essere così limitata:
giocattoli destinati a bambini sotto i 3 anni: max 6 km/h;
giocattoli per bambini da 3 a 6 anni: max 6 km/h; inoltre, se
presente un selettore, dovrà essere manovrabile solo da parte
del genitore e la velocità più alta selezionabile può arrivare a
8,2 km/h;
giocattoli per bambini sopra i 6 anni: max 16 km/h:
i giocattoli cavalcabili elettrici destinati a bambini sotto i 6
anni devono avere un sedile.
Sono stati individuati altresì dei limiti ai valori massimi del rumore, sia impulsivo, sia prolungato, per i giocattoli destinati a
produrre un suono, in particolare:
50
giocattoli da tenere vicino all’orecchio: LpA <80 dB o <90 dB
quando misurata con accoppiatore;
sonagli e giocattoli da schiacciare: LpA1s <85 dB;
sonagli e giocattoli da schiacciare: LpC peak <110 dB;
La sicurezza dei prodotti
capsule a percussione: LpC peak < 125 db;
qualsiasi altro giocattolo: LpC peak < 115 db.
I giocattoli, indipendentemente dall’età dei bambini a cui sono destinati, non devono presentare rischi di asfissia a causa dell’ostruzione esterna alle vie aeree e dunque non devono contenere:
fogli di plastica (per ogni tipo di giocattolo);
maschere per tutte le età;
giochi di forma emisferica nei giocattoli destinati a bambini
sotto i 3 anni.
I giocattoli non devono presentare nemmeno rischi di asfissia a
causa dell’ostruzione interna alle vie aeree e dunque non devono
essere presenti:
ventose sui proiettili in tutti i giocattoli;
palloncini sotto gli 8 anni;
altre ventose;
piccole palle o piccole parti nei giocattoli destinati a bambini
sotto i 3 anni.
Esistono requisiti a protezione del soffocamento, che si applicano
non solo al giocattolo, ma anche all’imballaggio (ed indipendentemente dall’età del bambino a cui sono destinati) e precisamente
si prevede che:
gli imballaggi non devono provocare rischi di asfissia o strangolamento causato dall’ostruzione esterna alle vie aeree (corde e sacchi di plastica in giocattoli destinati a bambini di tutte
le età, confezioni di forma emisferica nei giocattoli destinati a
bambini di età inferiore a 3 anni);
gli imballaggi di forma sferica, a forma di uovo o ellissoidali,
e le parti staccabili da essi o da imballaggi di forma cilindrica
51
I quaderni del consumatore
con le estremità arrotondate, non devono entrare nella sagoma
delle piccole palle (44,5mm);
gli imballaggi non di forma sferica possono essere costituiti da
piccole parti, tranne per gli imballaggi dei giocattoli venduti
nel cibo o mischiati al cibo.
52
Per quanto riguarda i giocattoli abbinati al cibo, essi devono avere
un imballaggio proprio; tale imballaggio (così come fornito) non
deve essere una piccola parte (ingeribile o inalabile). Inoltre sono
banditi i giocattoli attaccati direttamente ad un prodotto alimentare che deve essere consumato per rendere accessibile il giocattolo; i giocattoli attaccati in altro modo al cibo devono soddisfare
i requisiti relativi ai rischi di soffocamento causato da ostruzioni
interne alle vie aeree (indipendentemente dall’età del bambino a
cui sono destinati).
Esistono infine regole destinate ai c.d. “giocattoli di attività”, definiti come quei giocattoli che permettono al bambino di arrampicarsi, saltare, dondolare, scivolare, cullarsi, avvitarsi, gattonare o
strisciare in qualsiasi combinazione. Per questi giocattoli devono
essere evitati i rischi di schiacciamento, i rischi di intrappolamento, i rischi di cadute, i rischi di impatto, i rischi di annegamento
e deve essere sempre comunque assicurata la resistenza della
struttura.
Esistono dei requisiti di sicurezza legati alla infiammabilità dei
giocattoli che in particolare non devono bruciare se esposti direttamente ad una fiamma, non devono prendere fuoco facilmente,
devono bruciare lentamente, devono ritardare il processo di combustione, non devono contenere sostanze o preparati che possono diventare infiammabili, non devono contenere elementi o sostanze che possono esplodere, non devono contenere sostanze o
preparati che quando mischiate, scaldate o per reazione chimica
possono esplodere.
Altri requisiti di legge riguardano le proprietà chimiche; in particolare i giocattoli “sicuri” non devono presentare rischi per l’in-
La sicurezza dei prodotti
columità fisica a seguito di ingestione, inalazione, contatto con la
pelle, mucose ed occhi, devono rispettare i limiti sulla tolleranza
biologica relativa agli otto metalli, non devono contenere sostanze
o preparati pericolosi.
Per quel che riguarda le proprietà elettriche, la Direttiva 2009/48/
CE dispone che dal 20 luglio 2011 le caratteristiche di sicurezza
dei giocattoli debbano essere le seguenti:
la tensione di alimentazione nominale dei giocattoli non deve
essere superiore a 24 volt in corrente continua (c.c.) o corrente alternata equivalente (c.a.) e nessuna parte accessibile
deve superare i 24 volt in c.c. o c.a. equivalente;
la tensione interna nominale non deve superare i 24 volt di
c.c. o c.a. equivalente salvo sia garantito che il voltaggio e la
combinazione di corrente prodotta non determini alcun rischio
o shock elettrico dannoso, anche nel caso in cui il giocattolo
sia rotto;
le parti dei giocattoli che sono collegate a una sorgente elettrica
in grado di provocare uno shock elettrico o che possono venire a
contatto con una tale sorgente elettrica, nonché i cavi o gli altri
conduttori attraverso i quali l’elettricità viene trasmessa a dette
parti, debbono essere adeguatamente isolati e meccanicamente protetti per prevenire il rischio di shock elettrici;
i giocattoli elettrici debbono essere progettati e costruiti in
modo da garantire che le temperature massime raggiunte da
tutte le superfici direttamente accessibili non siano tali da
provocare ustioni da contatto;
nei casi di guasto prevedibili, i giocattoli devono garantire
protezione contro i pericoli elettrici derivanti da una fonte di
alimentazione elettrica;
i giocattoli elettrici devono garantire adeguata protezione contro i pericoli di incendio;
i giocattoli elettrici devono essere progettati e costruiti in
modo tale che i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici
53
I quaderni del consumatore
e le altre radiazioni generate dall’apparecchio siano limitate
a quanto necessario per il funzionamento del giocattolo e devono funzionare a un livello di sicurezza conforme allo stato
dell’arte generalmente riconosciuto, tenuto conto delle specifiche misure comunitarie;
i giocattoli dotati di un sistema di controllo elettronico devono
essere progettati e fabbricati in modo che il giocattolo funzioni in modo sicuro anche nel caso di malfunzionamento o
malfunzionamento del sistema elettronico dovuti a un’avaria
del sistema stesso o a un fattore esterno;
i giocattoli devono essere progettati e costruiti in modo da non
comportare pericoli per la salute o rischi di lesioni agli occhi
o alla cute derivanti da laser, diodi emettitori di luce (LED) o
da qualsiasi altro tipo di radiazione;
il trasformatore elettrico di un giocattolo non deve essere una
parte integrante del giocattolo.
54
Ancora, per quel che riguarda l’aspetto dell’igiene, i giocattoli
devono essere in stato di pulizia per evitare rischi di infezione,
malattia e contaminazione.
Da ultimo, per quel che riguarda la radioattività, nessun giocattolo può contenere elementi o sostanze radioattive.
La Direttiva giocattoli chiarisce altresì rapporto tra la medesima e
quella relativa alla sicurezza generale dei prodotti (Dir. 2001/95/
CE, recepita nel nostro ordinamento con il Codice del consumo),
che viene considerata complementare rispetto alle legislazioni di
settore e che si applica anche ai giocattoli nei casi in cui la Direttiva 2009/48/CE non contenga disposizioni specifiche aventi
lo stesso obiettivo.
La vigilanza sulla sicurezza dei giocattoli spetta al Ministero dello
Sviluppo Economico, Direzione Generale per l’Armonizzazione del
Mercato e la Tutela dei Consumatori, che si avvale della Guardia
di Finanza e delle Camere di Commercio. La vigilanza si attua
mediante controlli nei luoghi di produzione o immagazzinamento,
La sicurezza dei prodotti
presso i punti vendita all’ingrosso e al dettaglio e, qualora vi sia
un sospetto di non conformità, si procede al prelievo di campioni che vengono sottoposti ad appositi esami di laboratorio. Se il
risultato degli esami porta a concludere che la marcatura CE è
stata apposta non legittimamente viene effettuato il sequestro
cautelativo, in attesa che il Ministero dello Sviluppo Economico
disponga il ritiro immediato dal mercato.
Esistono anche sanzioni pecuniarie, che prevedono quanto segue:
VIOLAZIONE
SANZIONE
chiunque immette in commercio, vende o
distribuisce gratuitamente al pubblico giocattoli privi della marcatura CE
ammenda da E 516,46 ad E 20.658,27
il fabbricante o il mandatario stabilito nella
Comunità che appone indebitamente la marcatura CE salvo che il fatto costituisca più
grave reato
arresto fino a sei mesi e l’ammenda da
E 2.582,28 ad E 15.493,71
chiunque apponga marchi iscrizioni che possano essere confusi con la marcatura CE
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 774,68 ad
E 10.329,14
chiunque commercializzi giocattoli privi di
marcatura CE e/o del nome e/o della ragione
sociale e/o del marchio, dell’indirizzo del fabbricante o del responsabile dell’immissione
sul mercato della Comunità Europea, delle
avvertenze e delle precauzioni d’uso redatte
in lingua italiana
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 2.582,28 ad
E 13.329,14
chiunque nega l’accesso ai luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento o alle informazioni che il fabbricante o il mandatario è
tenuto a fornire all’Autorità richiedente
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da E 2.065,88 ad
E 12.394,96
55
I quaderni del consumatore
3. Sicurezza dei prodotti elettrici
La normativa comunitaria e nazionale relativa ai prodotti elettrici
parte dal presupposto che anche dall’utilizzo di questo genere di
beni possa derivare un danno al consumatore; pertanto i prodotti
elettrici devono essere immessi sul mercato nel rispetto di rigorosi requisiti di sicurezza. A livello comunitario sono tre i provvedimenti che hanno dato origine alle regole sul commercio dei
prodotti elettrici ed in particolare:
Direttiva n. 73/23/CEE (c.d. Direttiva Bassa Tensione), relativa ai prodotti elettrici a bassa tensione, recepita con L. 18
ottobre 1977, n. 791, modificata dalla Direttiva 93/68/CEE,
poi modificata e abrogata dalla Direttiva n. 2006/95/CE;
Direttiva n. 89/336/CEE, relativa alla compatibilità elettromagnetica (c.d. Direttiva CEM), recepita dal D.Lgs. 4 dicembre
1992, n. 476 e dal D.Lgs. 12 novembre 1996, n. 615, poi
abrogata e sostituita dalla Direttiva 2004/108/CE, recepita
con D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 194;
Direttiva n. 92/75/CEE, relativa alla etichettatura energetica
degli apparecchi di uso domestico, recepita con D.P.R. 9 marzo 1998, n. 107 e D.M. 10 novembre 1999, poi abrogata
dalla Direttiva 2010/30/UE.
3.1 Prodotti elettrici a bassa tensione
56
Sulla base della Direttiva n. 2006/95/CE il campo di applicazione
della normativa ricomprende il materiale elettrico destinato ad
essere adoperato ad una tensione compresa fra 50 e 1.000 volt in
corrente alternata e fra 75 e 1.500 volt in corrente continua. Rientrano ad esempio in questa fascia di prodotti elettrodomestici avvolgicavo, apparecchi di illuminazione, trapani, catene luminose.
Sono invece esclusi i materiali elettrici destinati ad essere usati in
La sicurezza dei prodotti
ambienti esposti a pericolo di esplosione; i materiali elettrici per
radiologia ed uso clinico; le parti elettriche di ascensori e montacarichi; i contatori elettrici; prese e spine di corrente per uso
domestico; dispositivi di alimentazione dei recinti elettrici; materiali nei riguardi dei disturbi radio-elettrici; materiali elettrici
speciali destinati ad essere utilizzati sulle navi e sugli aeromobili
e per le ferrovie; materiale elettrico destinato ad essere esportato
fuori dal territorio della Comunità Economica Europea.
La normativa copre tutti i rischi derivanti dall’impiego di materiale elettrico fra cui non solo quelli di natura elettrica ma anche quelli di natura meccanica, chimica (quale in particolare
l’emissione di sostanze aggressive) e quelli di ogni altro tipo.
Copre parimenti gli aspetti connessi alla salute relativi a rumore
e vibrazioni e quelli ergonomici.
Il materiale elettrico ricompreso nel campo di applicazione della
normativa può essere posto in commercio solo se, costruito a
regola d’arte in materia di sicurezza, non comprometta, in caso
di installazione e manutenzione non difettose e di utilizzazione
conforme alla sua destinazione, la sicurezza delle persone, degli
animali domestici e dei beni (art. 2, legge n. 791/1977).
Prima dell’immissione in commercio detti prodotti devono essere muniti della marcatura CE.
La marcatura in questione è la dichiarazione proveniente dal costruttore che il prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza
e alle procedure di valutazione di conformità contenute nelle Direttive Comunitarie, dunque ottempera a tutti i requisiti legislativi di natura comunitaria. Gli
Stati membri devono garantire libertà
di immissione sul mercato e libera circolazione del materiale elettrico conforme alle prescrizioni della direttiva e
dunque munito di marcatura CE.
57
I quaderni del consumatore
La marcatura CE è apposta dal fabbricante o dal suo rappresentante direttamente sul prodotto o, se ciò non è possibile, sull’imballaggio, sulle avvertenze d’uso o sul certificato di garanzia;
l’importante è che sia visibile, facilmente leggibile ed indelebile.
E’ vietato apporre sui materiali elettrici ogni altra marcatura che
possa trarre in inganno i terzi sul significato o sul simbolo grafico
della marcatura CE. Tuttavia sul materiale elettrico, sul relativo
imballaggio, sulle avvertenze d’uso o sul certificato di garanzia
può essere apposto ogni altro marchio purché questo non limiti
la visibilità e la leggibilità della marcatura CE (art. 10, comma 2,
Direttiva 2006/95/CE).
Oltre ad apporre la marcatura CE, il fabbricante od il suo mandatario stabiliti nella Comunità devono predisporre la dichiarazione
tecnica (fascicolo tecnico) e la dichiarazione di conformità.
Il fascicolo tecnico deve ricomprendere:
una descrizione generale del prodotto;
disegni di progettazione e fabbricazione, schemi e diagrammi
di componenti e circuiti;
un elenco delle norme usate o una descrizione delle soluzioni
applicate per soddisfare gli aspetti di sicurezza qualora non
siano state applicate le norme;
i risultati dei calcoli di progetto e dei controlli svolti;
i rapporti sulle prove effettuate.
58
L’insieme di queste informazioni e di questi dati consente di valutare se tale materiale elettrico ottemperi alle prescrizioni della
direttiva. Il fabbricante od il suo mandatario stabilito nella Comunità devono tenere la documentazione tecnica a disposizione
delle autorità nazionali a fini d’ispezione per almeno dieci anni
dall’ultima data in cui è stato fabbricato il prodotto in questione.
È consentito l’impiego di un supporto elettronico, purché sia di
facile accesso per l‘ispezione. Se il fabbricante non è stabilito
nella Comunità e non ha un mandatario nella Comunità, questo
La sicurezza dei prodotti
obbligo spetta all’importatore o alla persona responsabile dell’immissione del prodotto sul mercato comunitario (Allegato IV Direttiva 2006/95/CE).
La dichiarazione di conformità, quale presupposto per l’apposizione della marcatura CE, deve contenere:
il nome e l’indirizzo del fabbricante o del suo mandatario stabilito nella comunità;
la descrizione del materiale elettrico;
il riferimento alle norme armonizzate;
l’eventuale riferimento alle specifiche per le quali è dichiarata
la conformità;
l’identificazione del firmatario (nome e funzione della persona
incaricata di firmare per conto del costruttore o del suo rappresentante autorizzato);
le ultime due cifre dell’anno in cui viene apposta la marcatura
CE;
luogo e data.
Una copia della dichiarazione di conformità deve essere tenuta a
disposizione delle autorità nazionali a fini ispettivi dal fabbricante, dal suo mandatario stabilito nella Comunità o dall’importatore
o, ancora, dalla persona responsabile dell’immissione sul mercato
per almeno dieci anni a decorrere dall’ultima data di fabbricazione del prodotto.
Il marchio di fabbrica o il marchio commerciale e i dati identificativi del fabbricante o del suo mandatario con sede nell’Unione Europea o del Responsabile dell’immissione nel mercato comunitario
degli apparecchi elettrici ed elettronici debbono accompagnare
ciascun esemplare dell’apparecchiatura immessa in commercio,
potendo essere apposti distintamente sul materiale elettrico oppure, se ciò non è possibile, sull’imballaggio dello stesso.
La vigilanza, finalizzata ad assicurare sul mercato la presenza di
prodotti sicuri e rispondenti alle Direttive e alle norme di settore
59
I quaderni del consumatore
60
a garanzia dei consumatori e della leale concorrenza tra imprese,
è di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, che ai
fini dei controlli sul mercato si avvale delle Camere di Commercio
competenti per territorio, nonché di altre amministrazioni e delle
autorità pubbliche locali nell’ambito delle rispettive competenze.
I controlli vengono effettuati presso i rivenditori (grossisti, dettaglianti e grande distribuzione), verificando che i prodotti posti
in vendita presentino tutte le caratteristiche costruttive di conformità (intendendosi sia tecniche sia amministrative: marcatura
CE, marchio di fabbrica o commerciale, dati di targa e istruzioni
per un loro corretto utilizzo redatti in lingua italiana); i controlli
vengono fatti anche presso i produttori o gli importatori con la
verifica e l’acquisizione della dichiarazione di conformità e della
documentazione tecnica. Quando un prodotto è sospetto di non
conformità si procede al prelievo di campioni che vengono sottoposti ad esami di laboratorio, che, se danno esito di non conformità, comportano il successivo sequestro cautelativo della merce.
Le violazioni alla normativa della sicurezza dei prodotti elettrici
sono sanzionate dall’art. 4 del Decreto Legislativo n. 626/96 (che
ha sostituito l’art. 9 della legge n. 791/1977).
In particolare, l’Autorità di vigilanza quando accerta la mancanza o la irregolare apposizione della marcatura CE, intima immediatamente al fabbricante o al suo rappresentante stabilito nella
Comunità o all’importatore di conformare il prodotto alle disposizioni della legge e di far cessare l’infrazione entro un termine
perentorio, non superiore a trenta giorni. Decorso inutilmente tale
termine, vieta la ulteriore commercializzazione del prodotto e ne
ordina il ritiro dal mercato a spese del fabbricante, del suo rappresentante stabilito nella Comunità o dell’importatore. Quando
accerta che il materiale elettrico, anche se munito di marcatura
CE ed utilizzato conformemente alla propria destinazione, rischia
di pregiudicare la sicurezza delle persone, degli animali domestici
o dei beni, ne ordina il ritiro temporaneo dal mercato e ne vieta o
limita la circolazione e l’installazione.
La sicurezza dei prodotti
Sono poi previste le seguenti sanzioni:
VIOLAZIONE
SANZIONE
per il fabbricante, mandatario o importatore
che immette sul mercato materiale elettrico
senza il marchio CE o con marchio apposto
irregolarmente o con marchio che tragga in
inganno sul significato o sul simbolo grafico
della marcatura CE ovvero non ottemperi alle
misure indicate dalle autorità
sanzione amministrativa che va da E 20,66
a E 123,95 per ogni pezzo ed in ogni caso
non inferiore ad E 10.329,14 e non superiore ad E 61.974,8.
per i rivenditori e gli installatori che vendano
o installino materiale elettrico senza il marchio CE o con marchio apposto irregolarmente o con marchio che tragga in inganno sul
significato o sul simbolo grafico della marcatura CE
sanzione amministrativa che va da E 20,66
a E 123,95 per ogni pezzo ed in ogni caso
non inferiore ad E 774,69 e non superiore
a E 4.648,11
violazione degli obblighi di conservazione ed
esibizione all’autorità di vigilanza della documentazione tecnica e della dichiarazione di
conformità
sanzione amministrativa da E 5.164,57 a E
30.987,41. In tali casi l’Autorità incaricata
della vigilanza può disporre il temporaneo
divieto di commercializzazione del prodotto
fino alla produzione della necessaria documentazione o fino all’accertamento della sua
conformità e non pericolosità
I prodotti elettrici sono poi sottoposti alle sanzioni generali stabilite dal Codice del consumo, secondo cui chiunque non assicuri
la dovuta collaborazione ai fini dello svolgimento delle ispezioni è soggetto alla sanzione amministrativa da € 2.500,00 a €
40.000,00 (art. 112 d.lgs. 206/2005); nel caso in cui i prodotti
siano privi dell’indicazione dell’identità e degli estremi del produttore (marchio, denominazione, indirizzo) e dei dati di riferimento del prodotto (numero di lotto e/o codice a barre o simili)
e pertanto in violazione da quanto previsto dall’art. 104, commi
2 e 3 del Codice del Consumo (d. lgs. 6 settembre 2005, n.
206) si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista
dall’art. 112 comma 5 del decreto citato ovvero da € 1.500,00
a € 30.000,00.
Competente ad irrogare la sanzione amministrativa è la Camera di
Commercio del luogo dove è stata commessa la violazione.
61
I quaderni del consumatore
3.2 Compatibilità elettromagnetica
62
La Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (Direttiva
89/336/UE abbreviata CEM), recepita dal D.Lgs. 4 dicembre
1992, n. 476 e dal D.Lgs. 12 novembre 1996, n. 615 è stata
abrogata e sostituita dalla Direttiva 2004/108/CE, recepita con
D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 194 recante “Attuazione della direttiva 2004/108/CE concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica
e che abroga la direttiva 89/336/CEE”, la cui disciplina è altresì
integrata dalla Legge 22 febbraio 2001 n. 36 (Legge quadro sulla
protezione delle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).
Riguarda elettrodomestici, trasmettitori radio e televisivi, apparecchiature radiomobili, apparecchiature elettromedicali, apparati per illuminazione, lampade fluorescenti, macchine industriali,
apparecchiature elettroniche per scopi didattici, apparati della
tecnologia dell’informazione, ricetrasmittori CB e LPD, KIT per
montaggio fai-dai-te (quando il Kit è destinato a essere convertito
in apparecchio dall’utente), componenti con funzione intrinseca
ai fini dell’utilizzatore finale.
Non sono ricompresi, invece, i prodotti ritenuti non in grado di
emettere perturbazioni elettromagnetiche potenzialmente pericolose per altri apparati ed intrinsecamente immuni da perturbazioni elettromagnetiche, ad esempio: apparati radio utilizzati da
radioamatori che non risultino disponibili sul mercato, apparati
coperti da apposite direttive, lampade ad incandescenza, componenti elettrici e/o elettronici privi di una funzione intrinseca ai fini
dell’utilizzatore finale.
Lo scopo delle norme è quello di far sì che le perturbazioni elettromagnetiche provocate da apparecchiature elettriche non impediscano il corretto funzionamento di altre apparecchiature e delle
reti di telecomunicazione e di erogazione dell’energia elettrica e
che tali apparecchiature abbiano un adeguato livello di immunità
La sicurezza dei prodotti
contro le perturbazioni elettromagnetiche, che permetta loro di
funzionare in modo conforme alla loro destinazione.
Possono essere immesse sul mercato o in servizio soltanto le
apparecchiature che risultano conformi alle disposizioni del D.
Lgs. n. 194/2007 quando installate correttamente, sottoposte ad
appropriata manutenzione ed utilizzate conformemente alla loro
destinazione.
Gli operatori economici responsabili dell’immissione del materiale
nel mercato sono il fabbricante o il suo rappresentante autorizzato
o, nel caso in cui nessuno dei due sia stabilito nella Comunità,
l’importatore che immette gli apparecchi nel mercato.
Il fabbricante del prodotto ha il compito e la responsabilità dell’attestazione di sicurezza del prodotto e della conformità dell’apparecchio ai requisiti essenziali di cui all’allegato I deI decreto
legislativo mediante la procedura del controllo interno della fabbricazione, come indicato nell’allegato II del medesimo decreto
o avvalendosi della medesima procedura con la richiesta di valutazione ad un organismo notificato, come indicato nell’allegato
III del medesimo decreto. Per dimostrare la conformità di un apparecchio sono dunque previste dalla normativa due procedure:
quella delle norme tecniche e quella che prevede una relazione
tecnica o un attestato rilasciati da un Organismo Competente.
Il fabbricante effettua una valutazione della compatibilità elettromagnetica degli apparecchi, che tiene conto di tutte le normali
condizioni di funzionamento cui gli apparecchi sono destinati. Se
gli apparecchi possono assumere varie configurazioni, la valutazione della compatibilità elettromagnetica accerta che gli apparecchi soddisfino i requisiti in materia di protezione in tutte le
configurazioni possibili identificate dal fabbricante come rappresentative dell’uso cui gli apparecchi sono destinati. Il fabbricante
predispone la documentazione tecnica attestante la conformità
dell’apparecchio ai requisiti essenziali della direttiva 2004/108/
CE, tenendo la documentazione tecnica a disposizione delle autorità competenti per un periodo di almeno dieci anni dalla data di
63
I quaderni del consumatore
64
fabbricazione degli ultimi apparecchi del tipo in questione.
La conformità degli apparecchi a tutti i pertinenti requisiti essenziali è attestata da una dichiarazione di conformità CE rilasciata dal fabbricante o dal suo rappresentante autorizzato nella
Comunità. Da quel momento il fabbricante prende tutte le misure
necessarie per assicurare che i prodotti siano fabbricati conformemente alla documentazione tecnica.
Per dimostrare la conformità dell’apparecchio il fabbricante può
avvalersi anche di un organismo notificato, specificando gli aspetti dei requisiti essenziali che devono essere valutati. L’organismo
notificato esamina la documentazione tecnica e valuta se questa
dimostra adeguatamente che i requisiti della direttiva 2004/108/
CE sono rispettati. Se la conformità dell’apparecchio è confermata, l’organismo notificato trasmette una dichiarazione al fabbricante o al suo rappresentante autorizzato nella Comunità attestante
la conformità di detto apparecchio. Tale dichiarazione si limita
agli aspetti dei requisiti essenziali che sono stati sottoposti alla
valutazione dell’organismo notificato. Il fabbricante aggiunge la
dichiarazione dell’organismo notificato alla documentazione tecnica in suo possesso.
La documentazione relativa alla conformità del prodotto compone
il fascicolo tecnico da conservare per un periodo di dieci anni.
Gli apparecchi conformi recano la marcatura CE attestante tale
conformità. Altri marchi sono ammessi purché non traggano in
inganno o creino confusione con la marcatura CE o la rendano in
qualche modo non visibile e leggibile.
Nei prodotti devono essere apposti altresì i dati identificativi del
fabbricante o del suo mandatario con sede nell’U.E. o del responsabile dell’immissione nel mercato.
La vigilanza spetta alle autorità competenti che hanno il compito
di controllare le apparecchiature immesse nel mercato o messe in
servizio per verificarne la rispondenza ai requisiti essenziali previsti dalla normativa; di individuare situazioni di incompatibilità
elettromagnetica, al fine della loro risoluzione, in particolare nei
La sicurezza dei prodotti
casi di radiodisturbi; di adottare adeguate misure di salvaguardia
e informarne la Commissione europea.
Al fine di verificare la conformità delle apparecchiature alle prescrizioni del decreto legislativo, le autorità competenti hanno facoltà
di disporre verifiche e controlli anche con metodo a campione,
presso il fabbricante o il suo rappresentante autorizzato, gli importatori, i grossisti, i commercianti, ovvero presso gli impianti fissi e
presso gli utilizzatori in caso di perturbazioni alle reti o ai servizi
di comunicazione elettronica. Sono previste le seguenti sanzioni:
VIOLAZIONE
SANZIONE
chiunque immette nel mercato ovvero installa
apparecchiature non conformi ai requisiti di
protezione
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 4.000,00 ad E
24.000,00.
chiunque apporta modifiche ad apparecchiature dotate della marcatura CE, che comportano la mancata conformità ai requisiti di
protezione
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 4.000,00 ad E
24.000,00.
chiunque immette nel mercato, commercializza, distribuisce in qualunque forma o installa apparecchi che, seppure conformi ai
requisiti di protezione, sono sprovvisti della
prescritta marcatura CE
sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da E 2.000,00 ad E 12.000,00
chiunque immette nel mercato, commercializza, distribuisce in qualunque forma o installa apparecchi che, seppure conformi ai
requisiti di protezione, sono sprovvisti della
documentazione tecnica e della dichiarazione
di conformità
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.000,00 ad E
12.000,00.
chiunque installa impianti fissi che, seppur conformi ai requisiti di protezione, sono
sprovvisti della prescritta documentazione
sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da E 2.000,00 ad E 12.000,00
chiunque appone marchi che possono confondersi con la marcatura CE ovvero ne limitano la visibilità e la leggibilità
sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da E 1.000,00 ad E 6.000,00.
chiunque promuove pubblicità per apparecchiature che non rispettano le prescrizioni del
decreto legislativo
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da E 2.500,00 ad E
15.000,00.
chiunque apporta, per uso personale, ad apparecchiature dotate di marcatura CE modifiche che comportano la mancata conformità ai
requisiti di protezione
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250,00 a euro
1.500,00
65
I quaderni del consumatore
3.3 Etichettatura Energetica
La Direttiva sull’etichettatura energetica (92/75/CEE) concerne,
invece, l’indicazione del consumo di energia e di altre risorse degli apparecchi domestici, mediante etichettatura ed informazioni
uniformi relative ai prodotti. E’ stata recepita nel nostro ordinamento col D.P.R. 9 marzo 1998, n. 107.
I prodotti costituenti l’ambito d’applicazione della normativa concernente l’etichettatura energetica sono:
frigoriferi e congelatori e loro combinazioni;
lavatrici, essiccatori e loro combinazioni;
lavastoviglie;
forni;
scalda-acqua e serbatoi di acqua calda;
fonti di illuminazione;
condizionatori d’aria.
66
Le regole sull’etichettatura energetica hanno subito un recente
aggiornamento con la Direttiva 2010/30/CE, che prevede l’estensione delle norme sull’etichettatura energetica a tutti i prodotti
che consumano energia o connessi al consumo di energia. Si tratta di una rifusione della Direttiva 92/75/Cee, ora abrogata.
La normativa in generale stabilisce che gli elettrodomestici debbano essere etichettati per rendere chiaro al consumatore il loro
consumo energetico, affinché si possano confrontare i rendimenti energetici dei differenti prodotti presenti sul mercato e possa
essere così operata una scelta consapevole che tenga conto dei
criteri ambientali.
L’etichetta deve essere ben visibile davanti o sopra l’apparecchio
esposto al pubblico, proprio per consentire un confronto migliore
fra i vari modelli.
Le etichette energetiche, pur essendo di vario tipo a seconda del
prodotto, presentano la medesima veste grafica e sono divise per
La sicurezza dei prodotti
settori*. Le categorie di efficienza
energetica sono rappresentate da
frecce di lunghezza crescente e di
colori diversi, ciascuna associata
ad una lettera dell’alfabeto: più la
freccia è corta, più la classe di efficienza del lavaggio è alta, minore
è il consumo.
freccia corta – lettera A – colore
verde – consumi bassi
freccia lunga – lettera G – colore
rosso - consumi alti
Le frecce intermedie indicano ovviamente situazioni intermedie
e in scala progressiva.
La Direttiva 2010/30/CE ha ampliato la preesistente scala identificativa delle etichette da A a G prevedendo le nuove classi A+,
A++ e A+++.
Oltre alla classe di efficienza energetica, nell’etichetta sono riportati il marchio del costruttore; il nome del modello; il consumo di energia; l’eventuale assegnazione del marchio comunitario
di qualità ecologica (Ecolabel); le principali caratteristiche tecniche del modello, in particolare quelle che possono incidere sui
consumi di energia.
Le norme impongono obblighi differenti in capo ai diversi soggetti coinvolti.
In primo luogo abbiamo il fornitore definito come il fabbricante o
il suo rappresentante autorizzato nella Comunità europea oppure
il soggetto che immette il prodotto sul mercato comunitario.
Obbligo del fornitore è quello di approntare una documentazione
tecnica sufficiente a consentire di valutare l’esattezza dei dati
che figurano sull’etichetta e sulla scheda contenente la descrizione generale del prodotto; i risultati dei calcoli progettuali ef* Per approfondimenti si rimanda al volume n. 4 della Collana “Le etichette ecologiche”
67
I quaderni del consumatore
fettuati; i risultati delle prove effettuate anche da pertinenti organismi abilitati conformemente alle disposizioni comunitarie. Tale
documentazione deve essere conservata per un periodo di cinque
anni dalla data di fabbricazione dell’ultimo esemplare del prodotto ed esibita su richiesta dell’autorità competente.
Inoltre, il fornitore che immette sul mercato gli apparecchi citati
deve assicurare prontamente al distributore la provvista gratuita
di etichette conformi e corredare il prodotto della relativa scheda
informativa che deve riportare anche le informazioni contenute
nell’etichetta ed essere inserita in tutti gli opuscoli illustrativi destinati al consumatore. In mancanza di opuscoli illustrativi, la
scheda è acclusa alla documentazione che deve essere fornita
con l’apparecchio.
Viene definito distributore, invece, qualsiasi dettagliante o qualsiasi
altra persona che venda, noleggi, offra in locazione-vendita o esponga prodotti agli utilizzatori finali. Il distributore ha l’obbligo di:
La sicurezza dei prodotti
Va specificato che la stessa tipologia di prodotti elettrici può essere ricompresa, da un punto di vista normativo, in più di una
Direttiva o addirittura essere sottoposta a tutte e tre. Il caso classico è dato da un elettrodomestico come il televisore sottoposto
sia alla Direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (Direttiva n. 89/336/CEE) che alla Direttiva bassa tensione (Direttiva
2006/95/CEE). Una lampada fluorescente è, invece, sottoposta
a tutte e tre le Direttive (Direttiva n. 89/336/CEE, Direttiva n.
2006/95/CEE, Direttiva n. 92/75/CEE).
esporre adeguatamente le etichette, in maniera visibile e leggibile, e presentare la scheda nell’opuscolo del prodotto o in
ogni altra documentazione che correda i prodotti quando sono
venduti agli utilizzatori finali;
se un prodotto è esposto, apporre un’adeguata etichetta in
una posizione chiaramente visibile ed in lingua italiana.
68
Qualora gli apparecchi siano dati in noleggio o concessi in leasing
o venduti in base a cataloghi per corrispondenza o in altra forma
implicante che il potenziale contraente non possa prendere subito
visione degli apparecchi stessi, il distributore è tenuto a garantire
che al potenziale contraente vengano fornite le informazioni essenziali indicate sull’etichetta e nella scheda, prima di acquistare
l’apparecchio.
La vigilanza è affidata al Ministero dello Sviluppo Economico che
si avvale delle Camere di Commercio e, previa intesa, di altre
amministrazioni dello Stato nonché delle autorità pubbliche locali
competenti per materia.
69
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
4. Dispositivi di protezione individuale
Altro settore in cui la Camera di commercio si vede attribuite competenze di vigilanza è quello dei dispositivi di protezione individuale (DPI). Secondo l’art. 1 del D. Lgs. n. 475/92, che ha recepito
la Direttiva 89/686/CE, sono dispositivi di protezione individuale
quei prodotti che hanno la funzione di salvaguardare la persona
che li indossi o comunque li porti con sé da rischi per la propria
salute e la propria sicurezza.
Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 21 dicembre 1989,
n. 89/686/CEE
Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
relative ai dispositivi di protezione individuale
NORMATIVA NAZIONALE
70
D.Lgs. 2-1-1997 n. 10
Attuazione delle direttive 93/68/CEE, 93/95/
CEE e 96/58/CE relative ai dispositivi di protezione individuale.
D.Lgs. 4-12-1992 n. 475
Attuazione della direttiva 89/686/CEE del
Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia
di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione
individuale
D.M. 17-1-1997
Secondo elenco di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva 89/686/CEE
relativa ai dispositivi di protezione individuale
D.M. 13-2-2003
Terzo elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva n.
89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale
D.M. 27-11-2006
Quarto elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva
n. 89/686/CEE, relativa ai dispositivi di protezione
D.M. 7-12-2007
Quinto elenco riepilogativo di norme armonizzate concernente l’attuazione della direttiva n.
89/686/CEE relativa ai dispositivi di protezione individuale.
Questi prodotti sono suddivisi in tre categorie in base alla complessità della progettazione ed alla possibilità di tempestiva verifica degli effetti lesivi da parte del consumatore.
Appartengono alla 1° categoria i dispositivi di protezione individuale di progettazione semplice destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità. Nel progetto deve
presupporsi che la persona che usa il DPI abbia la possibilità di
valutarne l’efficacia e di percepire, prima di riceverne pregiudizio,
la progressiva verificazione di effetti lesivi (ad esempio: occhiali
da sole senza correzione).
Sono danni fisici di lieve entità:
azioni lesive con effetti superficiali prodotti da strumenti meccanici;
azioni lesive di lieve entità e facilmente reversibili causate da
prodotti detergenti;
danni derivanti da contatti o da urti con oggetti caldi, che non
espongano “ad una temperatura superiore ai 50°”;
ordinari fenomeni atmosferici nel corso di attività professionali;
urti lievi e vibrazioni inidonei a raggiungere organi vitali ed a
provocare lesioni a carattere permanente;
azioni lesive dei raggi solari.
Appartengono alla 2° categoria, per esclusione, i dispositivi di
protezione individuale che non rientrano nella 1° e nella 3° categoria (ad esempio DPI per mani e braccia quali guanti, manopole).
Appartengono infine alla 3° categoria i prodotti di progettazione
complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni
gravi e di carattere permanente. Nel progetto deve presupporsi
che la persona che usa il DPI non abbia la possibilità di percepire tempestivamente la verificazione istantanea di effetti lesivi
(ad esempio DPI costruiti per fornire protezione contro le cadute
dall’alto quali cinghie, agganci per lavori ad alta quota).
71
I quaderni del consumatore
Rientrano in questa categoria, tra gli altri:
apparecchi di protezione respiratoria filtranti contro gli aerosol solidi, liquidi o contro i gas irritanti, pericolosi, tossici o radio tossici;
apparecchi di protezione isolanti, ivi compresi quelli destinati
all’immersione subacquea;
i DPI che assicurano una protezione limitata nel tempo contro
le aggressioni chimiche e contro le radiazioni ionizzanti;
i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti ad una
temperatura d’aria non inferiore a 100°C, con o senza radiazioni infrarosse, fiamme o materiali in fusione;
i DPI per attività in ambienti con condizioni equivalenti ad una
temperatura d’aria non superiore a -50°;
i DPI destinati a salvaguardare dalle cadute dall’alto;
i DPI destinati a salvaguardare dai rischi connessi ad attività, che espongano a tensioni elettriche pericolose od utilizzati
come isolanti per alte tensioni.
Rientrano tra i DPI anche:
l’insieme di prodotti diversi, collegati dal costruttore, destinati a
tutelare la persona da uno o più rischi simultanei;
i DPI collegati, anche se separabili, ad un prodotto non destinato alla protezione della persona;
i componenti intercambiabili di un DPI, utilizzabili esclusivamente quali parti di quest’ultimo e indispensabili al suo corretto funzionamento;
i sistemi di collegamento di un DPI ad un altro dispositivo esterno,
commercializzati contemporaneamente, anche se non destinati ad
essere utilizzati per l’intero periodo di esposizione al rischio.
72
Tutti i dispositivi di protezione individuali non possono essere
immessi sul mercato e in servizio se non rispondono ai requisiti essenziali di sicurezza specificati nell’allegato II del D.Lgs. n.
La sicurezza dei prodotti
475/1992. Fanno eccezione le categorie DPI che espressamente
non rientrano nel campo di applicazione della normativa in esame, secondo quanto contenuto nell’allegato I del D.lgs. n. 475/92,
come DPI progettati e fabbricati specificamente per le forze armate o quelle per il mantenimento dell’ordine (caschi, scudi, ecc.),
DPI di autodifesa in caso di aggressione (generatori aerosol, armi
individuali deterrenti, ecc.), DPI progettati e fabbricati per uso
privato contro le condizioni atmosferiche (copricapo, indumenti
per la stagione, scarpe e stivali, ombrelli, ecc.), l’umidità, l’acqua
(guanti per rigovernare, ecc.), il calore (guanti, ecc.), DPI destinati alla protezione o al salvataggio di persone imbarcate a bordo di
navi o aeromobili, che non siano portati ininterrottamente; caschi
e visiere per utilizzatori di veicoli a motore a due o tre ruote.
Inoltre, sulla base di quanto disposto dal comma 4 art. 3 del medesimo decreto legislativo, in merito agli eventi fieristici, di esposizione, di dimostrazione o analoghe manifestazioni pubbliche è
consentito che possa esservi la presentazione di DPI non conformi
alle disposizioni di legge, purché un apposito cartello collocato in
modo visibile al pubblico indichi chiaramente la non conformità
degli stessi e l’impossibilità di acquistarli prima che siano resi
conformi.
I DPI si considerano conformi ai requisiti essenziali quando sono
muniti della marcatura CE; il fabbricante o il suo rappresentante
stabilito nel territorio comunitario devono essere in grado di presentare, a richiesta, la dichiarazione di conformità CE e la documentazione tecnica, nonché, relativamente ai DPI di seconda
e terza categoria, l’attestato di certificazione CE rilasciato da un organismo di controllo autorizzato.
La marcatura CE attesta quindi la conformità del prodotto alle prescrizioni applicabili della normativa e deve essere apposta su ogni DPI in modo
visibile, leggibile e indelebile
per tutto il periodo di prevedi-
73
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
bile durata del prodotto. Tuttavia, se ciò risultasse impossibile per
le caratteristiche del medesimo, la marcatura può essere apposta
sull’imballaggio, non sui fogli d’istruzione.
Viene consentita l’immissione sul mercato di componenti di DPI
non muniti di marcatura CE se sono destinati ad essere incorporati
in altri DPI, purché tali componenti non siano essenziali o indispensabili per il buon funzionamento del prodotto (secondo quanto
stabilito dall’art. 3, comma 3, del D.Lgs. 475/1992).
La vigilanza sulla sicurezza dei DPI spetta al Ministero dello Sviluppo Economico- Direzione Generale Vigilanza e Normativa Tecnica che si avvale delle Camere di Commercio, alle quali sul punto sono
state attribuite le funzioni dei soppressi uffici provinciali, e degli
ufficiali e agenti di Polizia Giudiziaria (Polizia Municipale, Guardia
di Finanza, ecc…). Le Camere di Commercio verificano solo i DPI
di prima categoria ed, in particolare, gli occhiali da sole.
Vengono effettuati controlli nei luoghi di fabbricazione o di immagazzinamento, presso i punti vendita all’ingrosso e al dettaglio.
Qualora sia segnalata la potenziale pericolosità o inefficacia di un
DPI correttamente utilizzato, il Ministero dello Sviluppo Economico, previa verifica delle circostanze segnalate, ne ordina il ritiro
temporaneo dal mercato ed il divieto di utilizzazione anche in via
immediata. Inoltre il costruttore o il rappresentante del costruttore
che produce o pone in commercio il DPI non conforme è punito con
sanzioni amministrative, come da tabella sottostante.
VIOLAZIONE
74
5. Etichettatura delle calzature
Con il Decreto Ministeriale dell’11/04/1996 (modificato dal D.M.
del 30/01/2001) è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano la Direttiva 94/11/CE che ha introdotto e disciplinato l’obbligo dell’etichetta sulle calzature destinate alla vendita al consumatore finale.
Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 21 dicembre 1989,
n. 89/686/CEE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri concernenti l’etichettatura
dei materiali usati nelle principali componenti
delle calzature destinate alla vendita al consumatore
Dir. 23 marzo 1994,
n. 94/11/CEE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri concernenti l’etichettatura
dei materiali usati nelle principali componenti
delle calzature destinate alla vendita al consumatore
NORMATIVA NAZIONALE
D.M. 11-4-1996
Recepimento della direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 marzo
1994 sul ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri concernenti l’etichettatura
dei materiali usati nelle principali componenti
delle calzature destinate alla vendita al consumatore
D.M. 30-1-2001
Modifica al D.M. 11 aprile 1996, recante il
«Recepimento della direttiva 94/11/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 23
marzo 1994, sul riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali
componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore»
SANZIONE
chiunque pone in commercio DPI privi della
marcatura CE
sanzione amministrativa da E 2582,28 a E
15.493,70
il costruttore o il rappresentante del costruttore che produce o pone in commercio DPI non
conformi ai requisiti essenziali di sicurezza di
cui all’allegato II del D.lgs 475/92
se trattasi di DPI di prima categoria, sanzione amministrativa da E 7.746,00 a E
46.481,00;
se trattasi di DPI si seconda categoria,
arresto sino a sei mesi o ammenda da E
9.296,00 a E 15.493,00;
se trattasi di DPI di terza categoria, arresto
da sei mesi a tre anni.
75
I quaderni del consumatore
L’etichetta delle calzature ha la funzione di fornire informazioni
certe sulla qualità dei materiali utilizzati per ciascuna parte della calzatura (suola, tomaia, rivestimento interno) ed è perciò di
fondamentale importanza per il consumatore saperla leggere per
poter orientare consapevolmente la propria scelta nell’acquisto.
Inoltre il rispetto dei criteri imposti dalla legge per la scelta dei
materiali da utilizzare per ciascuna parte della calzatura è garanzia per il consumatore di adottare un prodotto sicuro, il cui utilizzo non cagionerà alcun danno alla salute (come ad esempio per
il contatto della pelle con materiali non salubri o che provocano
abrasioni o ferite o per l’adozione di posture errate dovute alla non
corretta realizzazione della calzatura in ciascuna delle sue parti).
Il D. M. 11 aprile 1996 ha individuato preliminarmente il campo
di applicazione della normativa, definendo calzature “tutti i prodotti dotati di suole che proteggono o coprono il piede, comprese
le parti messe in commercio separatamente” e fornendo altresì un
elenco dei diversi prodotti compresi nella categoria:
76
scarpe con o senza tacco da portare all’interno o all’esterno;
stivali fino alla caviglia, stivali fino a metà gamba, stivali fino
al ginocchio e stivali che coprono le cosce;
sandali di vario tipo, espadrilles, scarpe da tennis, scarpe da
jogging e per altre attività sportive, scarpe da bagno;
calzature speciali concepite per un’attività sportiva, che possono essere munite di punte, ramponi, attacchi, barrette o
accessori simili, calzature per il pattinaggio, la lotta, lo sci, il
pugilato e il ciclismo;
scarpe da ballo;
calzature in un unico pezzo formato da gomma o plastica,
esclusi gli articoli usa e getta realizzati in materiale poco resistente (carta o plastica leggera) e senza suole riportate;
calosce portate sopra altre calzature, in alcuni casi prive di
tacco;
calzature usa e getta, ma con suole riportate concepite in ge-
La sicurezza dei prodotti
nere per essere usate una sola volta;
calzature ortopediche.
Sono invece escluse dal campo di applicazione della normativa le
calzature d’occasione usate, le calzature aventi la caratteristica
di giocattoli, le calzature di protezione individuale, così come
disciplinate dal D. Lgs n. 475/92, le calzature disciplinate dal
D.P.R. n. 904/82 (sostanze pericolose).
Possono essere poste in commercio solamente calzature munite
di etichettatura conforme alla normativa in vigore.
L’etichetta deve fornire le informazioni scritte in lingua italiana sui
materiali utilizzati per le tre parti che compongono ogni calzatura: tomaia, rivestimento interno della tomaia e suola interna, suola esterna.
I materiali utilizzati nella produzione delle calzature sono: il cuoio, il
cuoio rivestito (in cui uno strato molto sottile di cuoio viene accoppiato con un altro materiale pressato come cartone, gomma e stoffa), le materie tessili (sintetiche o naturali) e altre materie, prima fra
tutte la gomma. In alternativa possono essere utilizzati dei simboli
che devono avere carattere di immediata riconoscibilità da parte del
consumatore. A tal fine, nel luoghi di vendita all’utente finale, deve
essere esposto, in modo chiaramente visibile, un cartello illustrativo
della simbologia adottata sull’etichetta.
Simboli relativi alle diverse parti della calzatura
SIMBOLO
DEFINIZIONE
Tomaia
è la superficie esterna della calzatura, attaccata alla
suola esterna
Rivestimento tomaia e suola interna è la fodera ed il
sottopiede che costituiscono l’interno della calzatura
Suola esterna
è la superficie inferiore della calzatura, attaccata alla tomaia e a contatto col terreno, perciò soggetta ad
usura abrasiva
77
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
Simboli relativi ai materiali utilizzati
SIMBOLO
MATERIALI USATI
Cuoio e pelle Indica la pelle o il pellame di un animale che
conservi la sua struttura fibrosa originaria, debitamente conciato
per evitare che marcisca. L’eventuale strato di rivestimento non
può essere superiore a 0.15 mm
Cuoio pieno fiore
CUOIO PIENO FIORE
Indica la pelle che comporta la grana
originaria, quale si presenta quando l’epidermide sia stata ritirata, e comunque senza che alcuna pellicola di superficie sia
stata eliminata mediante i procedimenti di sfioritura, scarnatura
o spaccatura; cuoio di migliore qualità
Cuoio rivestito
È il prodotto nel quale lo strato di rivestimento del cuoio non supera un terzo dello spessore totale del
prodotto, ma è comunque superiore a 0,15 mm
Materie tessili naturali e sintetiche o non tessute
Si tratta dei prodotti disciplinati dalla legge 883/1973 (che recepisce la direttiva 71/307/CEE), dal D.P.R. 515/1976 recante regolamento di esecuzione della legge 883/73, dalla legge
669/1986 di recepimento della direttiva CEE n. 83/623 e dal
D.M. 12.10.1987 di recepimento della direttiva 87/140/CEE
Altre materie diverse da quelle descritte
78
L’etichetta deve indicare il materiale che costituisce almeno
l’80% della superficie di ciascuna delle tre parti suddette; se
nessun materiale raggiunge almeno l’80% è opportuno che l’etichetta fornisca indicazioni sulle due componenti principali.
L’etichetta deve essere presente su almeno una delle due calzature, stampata, incollata, goffrata o saldamente applicata ad un
supporto, ma in ogni caso ben visibile ed accessibile al consumatore e la dimensione deve essere sufficiente a rendere agevole la
comprensione delle informazioni.
Esempio di etichettatura di scarpa
interamente realizzata in cuoio
Possono essere presenti informazioni aggiuntive (atte a meglio
individuare le qualità e le finiture delle calzature purché tali indicazioni siano conformi al “buon uso commerciale”) in una delle
lingue ufficiali comunitarie per individuare la qualità e la finitura
delle calzature, ma in ogni caso l’etichetta non deve indurre in
errore il consumatore.
Il decreto precisa inoltre che il fabbricante di suole può specificare l’origine italiana delle suole apponendo la dicitura “suola
prodotta in Italia” esclusivamente nella parte interna della suola
stessa, in italiano od in altra lingua ufficiale dell’Unione Europea.
La legge pone delle responsabilità a carico sia del fabbricante,
sia del venditore al dettaglio di calzature.
Il fabbricante oppure il suo rappresentante con sede nell’Unione
Europea deve fornire l’etichetta ed è responsabile per l’esattezza
delle informazioni in essa contenute. Se né il fabbricante né il
suo rappresentante hanno sede nell’Unione Europea è responsabile il soggetto che per primo immette la merce nel mercato
comunitario.
Il venditore al dettaglio ha in ogni caso l’obbligo di verificare la
presenza dell’etichetta sulle calzature in vendita, oltre ad esporre
in modo chiaro il cartello illustrativo della simbologia.
La vigilanza sull’applicazione delle prescrizioni imposte dal decreto compete al Ministero dello Sviluppo Economico, in particolare alla Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e la
79
I quaderni del consumatore
80
Tutela dei Consumatori – Area Prodotti, che la esercita attraverso
le Camere di Commercio competenti per territorio, avvalendosi
della collaborazione degli enti aventi specifiche competenze in
materia, degli ufficiali e degli agenti di Polizia Giudiziaria. Qualora venga rilevata la mancanza di etichettatura o la presenza di
etichettatura non conforme alle prescrizioni di legge viene assegnato al fabbricante o al suo rappresentante o al responsabile della prima immissione in commercio delle calzature o al venditore
al dettaglio un termine perentorio per la regolarizzazione dell’etichettatura, decorso inutilmente il quale l’Autorità di Vigilanza dispone il ritiro dal mercato delle calzature.
Con la legge n. 55/2010, “Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri”,
si è disciplinata l’istituzione di un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi destinati alla vendita, nei
settori tessili, pelletteria e calzaturiero e si è disciplinata altresì la
possibilità dell’impiego del Made in Italy.
Lo scopo della normativa è quello di tutelare la corretta informazione dei consumatori e di punire, allo stesso tempo, l’ingannevole o lo scorretto utilizzo dei marchi, tale da indurre la convinzione
nel consumatore che si trovi in presenza di un prodotto italiano.
La legge obbliga le imprese produttrici a dichiarare l’origine del
prodotto e il tipo di lavorazione che possa caratterizzare lo stesso:
in particolare viene richiesta la c.d. tracciabilità, quindi, dell’origine (del luogo di origine) di ciascuna delle fasi di lavorazione
al fine di “identificare” l’impresa e qualificarne la produzione,
permettendo così ai consumatori di avere maggiori e dettagliate
informazioni sulla qualità e sulla sicurezza dei prodotti acquistati.
L’impiego dell’indicazione «Made in Italy» è permesso esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione hanno
avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore
sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti
fasi è verificabile la tracciabilità.
La sicurezza dei prodotti
Le regole di tracciabilità sono accompagnate da un forte regime
sanzionatorio, che per i casi più gravi può portare a sequestro e
confisca delle merci.
Va precisato che poiché la legge italiana interviene in materia di
commercio e di etichettatura, rendendo obbligatorie alcune indicazioni che a livello europeo non lo sono ancora, è necessario
il via libera della Commissione dell’UE, la quale non si è ancora
espressa in modo ufficiale, manifestando comunque perplessità sulle scelte del legislatore italiano. Il sistema di etichettatura
sull’origine (“Made in”) obbligatoria in Italia, ad oggi, non è ancora operativo.
81
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
6. Etichettatura dei prodotti tessili
Tutti i prodotti tessili posti in vendita al consumatore devono essere muniti di un’etichetta che riporti la composizione fibrosa secondo le disposizioni di legge, in particolare il Decreto Legislativo
n. 194/1999, che ha recepito la Direttiva 96/74/CE. Per l’utente
finale avere informazioni complete in merito ai materiali di cui è
composto il capo che indosserà o il prodotto tessile che userà,
rappresenta un fattore determinante per operare scelte consapevoli e nel pieno rispetto della propria salute.
Tabella della normativa comunitaria e nazionale di riferimento
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 26 luglio 1971
n. 71/307/CEE
Direttiva del Consiglio per l’armonizzazione
delle legislazioni degli Stati membri relative
alle denominazioni del settore tessile
Dir. 16 dicembre 1996
n. 96/74/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore
tessile
Dir. 14 gennaio 2009
n. 2008/121/CE
Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle denominazioni del settore
tessile (rifusione)
NORMATIVA NAZIONALE
L. 26 novembre 1973
n. 883
Disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili
DPR 30 aprile 1976
n. 515
Regolamento di esecuzione della L. 26 novembre 1973 n. 883 sulla disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti
tessili
D.Lgs. 22 maggio 1999
n. 194
82
Attuazione della direttiva 96/74/CE relativa
alle denominazioni del settore tessile
Il Decreto n. 194/1999 fissa i requisiti che debbono possedere i
prodotti tessili per essere immessi sul mercato interno prima di
qualsiasi trasformazione oppure durante il ciclo industriale e du-
rante le diverse operazioni inerenti alla loro distribuzione. Come
per tutti i prodotti, come i tessili appunto, per i quali sia prevista
una normativa specifica sulla sicurezza, laddove tale normativa
presenti delle lacune sarà applicabile per gli aspetti non trattati
il Codice del consumo dagli artt. 102 e ss., così come esaminati
nella prima parte della presente Guida.
Con il termine “prodotti tessili” si intendono tutti i prodotti che,
allo stato grezzo, di semilavorati, lavorati, semimanufatti, manufatti semiconfezionati o confezionati, sono composti esclusivamente da fibre tessili qualunque sia il procedimento di mischia o
di unione utilizzato (ad esempio lana, cotone, lino, ecc….); a titolo non esaustivo, possiamo ricordare tra i prodotti tessili soggetti
alla disciplina in esame capi di abbigliamento, sciarpe, calze,
lenzuola, coperte, tende, tappeti, tessuti in rotoli/pezze, cuscini,
amache, sacchi a pelo, tovaglie.
Sono assimilati ai prodotti tessili e quindi soggetti alla medesima
disciplina:
a) i prodotti contenenti almeno l’80% in peso di fibre tessili;
b) i tessuti, le cui parti tessili costituiscano almeno l’80% in
peso, per la copertura di mobili, per ombrelli, ombrelloni e,
alla stessa condizione, le parti tessili dei rivestimenti a più
strati per pavimenti, dei materassi e degli articoli da campeggio, nonché le fodere coibenti di calzature e guanti;
c) i prodotti tessili incorporati in altri prodotti di cui siano parte
integrante, qualora ne venga specificata la composizione (ad
esempio: fascia di tessuto presente sul cappello di paglia ..).
Sono invece esclusi dagli obblighi imposti dalla legge i prodotti
contenuti nell’allegato 3 del D. Lgs. 194/1999 ed in particolare:
fermamaniche di camice; cinturini in materia tessile per orologio;
etichette e contrassegni; manopole in materia tessile imbottite;
copricaffettiere; maniche di protezione; manicotti con felpa; fiori
artificiali; puntaspilli; tele dipinte; prodotti tessili per rinforzi e
supporti; feltri; prodotti tessili confezionati usati purché espli-
83
I quaderni del consumatore
84
citamente dichiarati tali; ghette; imballaggi esclusi quelli nuovi
e venduti come tali; cappelli di feltro; articoli di materia tessile
e di pelletteria e di selleria; arazzi ricamati a mano finiti o da
completare e materiali per la loro fabbricazione compresi i fili per
ricamo venduti separatamente dal canovaccio e appositamente
confezionati per essere impiegati per tali arazzi; chiusure lampo;
bottoni e fibbie ricoperti di materia tessile; copertine di materia
tessile per libri; giocattoli; parti tessili di calzature ad eccezione delle fodere coibenti; centrini composti di vari elementi e con
superficie inferiore a 500 cm; tessuti e guanti per ritirare i piatti
dal forno; copriuova; astucci per il trucco; borse in tessuto per il
tabacco; custodie in tessuto per occhiali, sigarette, sigari, accendisigari e pettini; articoli di protezione per lo sport ad esclusione
dei guanti; nécessaires per calzature; nécessarires da toilette; articoli funerari; articoli monouso ad eccezione delle ovatte; articoli
tessili soggetti alle norme della farmacopea europea e recanti una
dicitura che vi fa riferimento; bende, cerotti e fasciature per applicazioni mediche ed ortopediche; articoli tessili d’ortopedia in
generale; articoli tessili compresi funi, corde e spaghi destinati
normalmente ad essere usati in modo strumentale nelle attività di
produzione e di trasformazione di beni o ad essere incorporati in
macchine, impianti (di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ecc), apparecchi domestici e altri, veicoli e altri mezzi di
trasporto o a servire per il funzionamento, la manutenzione e l’attrezzatura dei medesimi esclusi i teloni e gli accessori in materia
tessile per automobili venduti separatamente dai veicoli; articoli
tessili di protezione e di sicurezza, quali cinture di sicurezza, paracadute, giubbotti di salvataggio, scivoli di emergenza, dispositivi
antincendio, giubbotti antiproiettile, indumenti speciali di protezione ad esempio contro il fuoco, gli agenti chimici o altri rischi;
strutture gonfiabili a pressione pneumatica sempre che vengano
fornite indicazioni sulle loro prestazioni e caratteristiche tecniche;
vele; articoli tessili per animali; bandiere, stendardi e gagliardetti.
Sono esclusi i prodotti che si trovano in uno degli stati di lavorazio-
La sicurezza dei prodotti
ne di cui all’articolo 2, comma 1
del decreto n. 194/1999 importati da Paesi terzi e destinati ad essere perfezionati o dati in lavorazione,
senza dar luogo a cessione
a titolo oneroso, a lavoranti
a domicilio o a imprese indipendenti che lavorano per conto
terzi, oltre a quelli destinati ad essere
esportati verso Paesi terzi per i quali devono
essere rispettate le norme in uso nel paese di destinazione e a
quelli introdotti in transito, sotto controllo doganale, negli Stati
membri per i quali la normativa comunitaria non si applica.
Esiste un obbligo di etichettatura globale, e non del singolo pezzo,
per le categorie di prodotti elencati nell’allegato 4 del D.Lgs. n.
194/1999: si tratta di canovacci, strofinacci per pulizia, bordure e guarnizioni, passamaneria, cinture, bretelle, reggicalze e
giarrettiere, stringhe, nastri, elastici, imballaggi nuovi e venduti
come tali, spaghi per imballaggio e usi agricoli, spaghi, corde e
funi, centrini, fazzoletti, retine per capelli, cravatte e nodi a farfalla per bambini, bavagli, guanti e pannolini per bagno, fili per
cucito, rammendo e ricamo, preparati per la vendita al minuto in
piccole unità il cui peso non superi 1 gr., cinghie per tendaggi e
veneziane.
Per i prodotti venduti a metraggio, l’etichetta di composizione può essere immessa soltanto sulla pezza o sul rotolo presentati alla vendita.
L’esposizione alla vendita dei prodotti a metraggio e etichettati globalmente deve avvenire, però, in modo che il consumatore finale possa prendere effettiva conoscenza delle composizioni di tali prodotti.
Infine, due o più prodotti tessili che costituiscono comunemente un
insieme inseparabile e che hanno la stessa composizione fibrosa,
possono essere muniti di una sola etichetta (ad esempio, i pigiami).
Il prodotto tessile deve essere etichettato o contrassegnato all’atto
85
I quaderni del consumatore
di ogni operazione di commercializzazione attinente al ciclo industriale e commerciale. L’etichetta o il contrassegno possono essere
sostituiti o completati da documenti commerciali d’accompagnamento, quando questi prodotti non sono offerti in vendita al consumatore finale o quando essi sono consegnati in esecuzione di un’ordinazione dello Stato o di altra persona giuridica di diritto pubblico.
Anche nel caso dei prodotti tessili l’etichettatura ha la doppia
funzione da un lato di informare l’utente con esattezza riguardo
al tipo di prodotto che si appresta ad acquistare, dall’altro di garantirgli l’utilizzo di un prodotto che non presenti rischi e pericoli
per la salute in quanto costituito da materiali aventi determinate
garanzie di qualità.
L’etichetta (o “etichetta di composizione”) deve riportare la composizione fibrosa del capo, deve utilizzare esclusivamente le denominazioni contenute nella legge (in particolare nell’allegato
I del D. Lgs. 194/1991) ed in ordine decrescente di peso (ad
esempio 60% lana, 30% cotone, 10% acrilico); deve essere redatta almeno in lingua italiana con caratteri tipografici di visibilità
e leggibilità non inferiori a quelli usati per le altre lingue; non è
ammesso l’utilizzo di codici meccanografici (sigle di fibre tessili)
senza legenda e di nomi commerciali, poiché si deve utilizzare
esclusivamente la nomenclatura prevista dalle disposizioni; non
sono ammesse abbreviazioni. Le informazioni non previste dalla
legge devono essere nettamente separate.
Si distinguono più modalità di designazione della composizione:
a) Prodotti composti da due o più fibre
1. Se una fibra rappresenta almeno l’85% del peso totale:
denominazione fibra + percentuale in peso;
denominazione fibra + indicazione “minimo 85%”;
composizione percentuale completa del prodotto.
Esempio: cotone 90%
86
cotone minimo 90%
cotone 90% elastan 10%
La sicurezza dei prodotti
2. Se nessuna delle fibre raggiunge l’85% del peso totale:
denominazione e percentuale delle due fibre presenti in
maggiore percentuale oltre alla denominazione delle altre
fibre componenti il prodotto, in ordine decrescente di peso,
con o senza indicazione delle loro percentuale;
Esempio: cotone 40% poliestere 40% acrilico 20%
Se ogni fibra costituisce meno del 10% della composizione,
può essere usata l’indicazione “altre fibre” seguita da una
percentuale globale; se però ne viene indicata una, si deve
indicare la denominazione completa del prodotto stesso.
b) Prodotti composti da un’unica fibra
solo un prodotto tessile composto interamente da una stessa
fibra, può essere qualificato con il termine “100%”, “puro”
o “tutto”. In ogni caso è tollerato un 2% di altre fibre sul
peso totale del prodotto tessile, se è giustificato da motivi
tecnici e non risulta da un’aggiunta sistematica; la tolleranza è del 5% per prodotti ottenuti con il ciclo cardato; nella
fabbricazione è tollerato un 3% riferito al peso totale delle
fibre indicate nell’etichetta.
Esempio: seta 100% o pura seta
un prodotto costituito da 100% lana può essere qualificato
“lana vergine” o “lana di tosa” se composto esclusivamente
da una fibra mai precedentemente incorporata in un prodotto finito e che non abbia subito altre operazioni di filatura
o feltratura se non quelle richieste per la fabbricazione del
prodotto, né trattamento o impiego che abbia danneggiato
la fibra; questa denominazione si usa anche quando in caso
di mischia di fibre la totalità della lana contenuta non sia
inferiore al 25% del peso totale della mischia stessa oppure
sempre in presenza di mischia di fibre la lana è mischiata
solo con un’altra fibra. Nel caso di mischie contenenti “lana
87
I quaderni del consumatore
La sicurezza dei prodotti
vergine” l’indicazione della composizione percentuale completa è obbligatoria.
Esempio: Lana vergine 100%
La dicitura “Misto lino” può essere utilizzata per i prodotti che
hanno un ordito di puro cotone, una trama di puro lino e la percentuale di lino non inferiore al 40% del tessuto sbozzimato. La
denominazione è obbligatoriamente seguita dalla dicitura “ordito
puro cotone e trama puro lino”.
“Fibre varie o a composizione non determinata” sono invece
espressioni utilizzate per qualsiasi prodotto la cui composizione
sia difficile da precisare quando questo viene fabbricato.
ETICHETTA CORRETTA
ETICHETTA NON CORRETTA
60% viscosa
40% cotone
40% cotone
60% viscosa
Esempio: Giubbotto composto da:
- corpo : 100% poliammide;
- maniche: 65% cotone 35% poliestere
Sull’etichetta è obbligatoria anche l’indicazione dell’identità e
degli estremi del produttore ed il riferimento al tipo di prodotto o, eventualmente, alla partita di prodotti di cui fa parte, salva l’omissione di tale indicazione nei casi in cui sia giustificata
(ciò in particolare in ottemperanza a quanto previsto in generale
dall’art. 104 del Codice del consumo).
L’etichetta può comprendere anche le informazioni che attengono
all’uso corretto del prodotto (è il caso dell’etichetta c.d. di manutenzione), al fine di salvaguardarne nel corso del tempo le caratteristiche qualitative fondamentali. Si tratta di istruzioni relative
alle modalità di lavaggio, stiratura, asciugatura e sono rappresentate dai seguenti simboli:
(mancato rispetto ordine decrescente)
SIMBOLO
97% cotone
3% poliestere
97% CO
3% PL
OPERAZIONE
Lavaggio ad umido
(divieto di utilizzo sigle)
70% viscosa
30% seta
70% viscose
30% silk
Candeggio
(mancato uso lingua italiana)
100% Kashmir
100% Kasmirette
Stiratura
(mancato rispetto denominazioni allegato
I D Lgs 194/99)
80% cotone
20% elastan
80% cotone
20% lycra
(divieto utilizzo marchi commerciali al posto
di denominazioni legali)
88
Lavaggio a secco
Nei prodotti compositi l’etichetta deve indicare la composizione
fibrosa di ciascuna delle parti, ad eccezione di quelle che rappresentano meno del 30% del peso totale del prodotto.
Asciugatura a mezzo di asciugabiancheria a
tamburo rotativo
Asciugatura naturale
89
I quaderni del consumatore
L’etichetta può essere realizzata in cartone, tessuto o altro materiale e deve essere applicata al prodotto tessile mediante cucitura, graffatura, adesivi, allacciatura con cordoncino fissato da
apposito sigillo o cappio, inserimento dell’etichetta stessa nell’involucro che lo contiene o in altri modi idonei.
Il contrassegno è applicato direttamente al prodotto tessile o
sull’involucro contenente il prodotto tessile, mediante stampa,
stampigliatura, ovvero tessitura in cimosa o altrove.
Sono tenuti ad osservare la normativa tutti coloro che producono o
commercializzano i prodotti, dalle materie prime fino al prodotto finito.
Il primo soggetto della catena commerciale è il fabbricante, cioè
il produttore stabilito nell’Unione Europea o qualsiasi altra persona che si presenti come tale apponendo sul prodotto offerto al
consumatore finale il proprio nome o ragione sociale, il proprio
marchio o altro segnale distintivo. Se il produttore non è stabilito
nell’Unione Europea o nella stessa non vi sia un rappresentante,
ad esso viene equiparato ai fini della legge, l’importatore.
Il fabbricante (o l’importatore nei casi specificati) deve:
etichettare o contrassegnare i prodotti tessili all’atto di ogni
operazione di commercializzazione; l’etichetta o il contrassegno possono essere sostituiti dai documenti commerciali di
accompagnamento quando questi prodotti non sono offerti in
vendita al consumatore;
riportare sui documenti commerciali (fatture o documenti di
trasporto) la composizione fibrosa per esteso; se sugli stessi
documenti commerciali utilizza sigle o abbreviazioni deve riportare sullo stesso documento il significato per esteso.
90
Per quel che riguarda invece il rivenditore ed il distributore, questi operatori sono identificati dalla legge come quei soggetti professionali che lavorando all’ingrosso o al dettaglio con il prodotto
tessile, non vi effettuano alcun intervento per apportarvi modifiche. Essi devono porre in vendita solo prodotti tessili etichettati
La sicurezza dei prodotti
correttamente e conservare per due anni i documenti commerciali
di fornitura (fatture e documenti di trasporto) su cui devono essere riportati i dati riferiti alla composizione di ciascuna tipologia
di prodotto fornito.
I controlli della conformità dei prodotti tessili alle indicazioni di
composizione previste dal D. Lgs. 194/1999 sono affidati al Ministero dello Sviluppo Economico che si avvale delle Camere di
Commercio.
La Camera di Commercio competente per territorio esegue controlli presso i rivenditori - grossisti, dettaglianti e grande distribuzione - della provincia, verificando che i prodotti posti in vendita
presentino un’etichettatura conforme alla normativa e che i relativi documenti commerciali siano conservati per il periodo prescritto (2 anni dalla data di emissione). Inoltre procede al prelievo di
alcuni prodotti tessili da sottoporre ad analisi di laboratorio per
verificare in concreto la conformità dell’etichetta alla reale composizione del materiale. La Camera di Commercio sceglie, autonomamente o in base ad un piano di vigilanza nazionale, i prodotti
da prelevare e da inviare ad un laboratorio di analisi.
Sono previste le seguenti sanzioni:
VIOLAZIONE
SANZIONE
vendita di prodotti tessili con etichette non
corrispondenti alla reale composizione
sanzione amministrativa da E 1.032,00 a
E 5.164,00
vendita di prodotti tessili senza etichetta o in
modo non corretto con indicazioni non chiaramente leggibili e visibili o che possono dar
luogo a confusione
sanzione amministrativa da E 103,00 a
E 3.098,00
omissione di documenti commerciali di accompagnamento
sanzione amministrativa da E 1.032,00 a
E 5.164,00
violazione dell’obbligo di conservazione delle
fatture e documentazioni tecniche ed amministrative per 2 anni dalla data della loro
emissione
sanzione amministrativa da E 258,00 a
E 4.131,00
91
I quaderni del consumatore
Va da ultimo precisato che un sistema di tracciabilità volontario
del settore tessile è stato messo recentemente (gennaio 2008) a
punto dall’ITF-Italian Textile Fashion (organo di coordinamento
delle Camere di Commercio italiane per la valorizzazione e la tutela della filiera della moda – tessile, abbigliamento, calzature). Il
progetto si propone di qualificare le produzioni tessili, ma anche il
settore della pelletteria e delle calzature, grazie ad una maggiore
trasparenza sulle fasi del processo produttivo.
Secondo quando stabilito dall’organo suddetto, l’etichetta deve
riportare l’indicazione del luogo di produzione delle principali
fasi di lavorazione del prodotto, richiamando il paese o i paesi
nei quali si sono svolte le principali fasi del processo produttivo.
E’ così possibile percorrere a ritroso la storia del prodotto, ottenendone una sorta di “carta di identità”. La possibilità fornita al
consumatore di ripercorrere la vita del prodotto che ha acquistato
sarà realizzabile anche facendo una semplice verifica su internet
nel sito dell’ITF inserendo i dati e il codice alfanumerico riportato
in etichetta.
Tutte le aziende intenzionate ad aderire al sistema di tracciabilità
ITF devono sottoporsi ad alcune verifiche per ottenere la certificazione: i tecnici dell’organismo effettuano un accesso nell’azienda
per accertarsi se la stessa disponga di un sistema organizzativo
e documentale adeguato a garantire la provenienza di ogni fase
della lavorazione di un determinato prodotto. A seguito della verifica, sarà l’apposito Comitato - composto da Unioncamere, dalle
associazioni di categoria, dai sindacati e dalle associazioni dei
consumatori - a deliberare il rilascio della certificazione “Tracciabilità controllata dal sistema delle Camere di commercio italiane”. A questo punto il prodotto è pronto per essere messo in
vendita con un elemento di qualità, di informazione e di garanzia
per il consumatore in più.
Con riferimento alla legge sul Made in Italy si rimanda al paragrafo precedente.
92
La sicurezza dei prodotti
7. Vigilanza sugli adempimenti relativi alle informazioni su
consumi di carburante ed emissioni di CO2 per i veicoli nuovi
La Comunità Europea già da molti anni si è impegnata a porre in
essere programmi e strategie rivolte ad incentivare la riduzione
delle emissioni di anidride carbonica legate alla circolazione dei
veicoli; tra le varie azioni intraprese al riguardo, una è l’adozione
della Direttiva 1999/94/CE, riguardante la disponibilità delle informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da
fornire nella commercializzazione delle autovetture nuove esposte
o offerte in vendita o in leasing. Tutti gli Stati membri naturalmente hanno recepito la direttiva; l’Italia l’ha fatto con il D.P.R.
n. 84 del 17 febbraio 2003.
NORMATIVA COMUNITARIA
Dir. 13 dicembre 1999
n. 1999/94/CE
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla disponibilità di informazioni
sul risparmio di carburante e sulle emissioni
di CO2 da fornire ai consumatori per quanto
riguarda la commercializzazione di autovetture
nuove
NORMATIVA NAZIONALE
D.P.R. 17 febbraio 2003, n. 84
Regolamento di attuazione della direttiva
1999/94/CE concernente la disponibilità di
informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori
per quanto riguarda la commercializzazione di
autovetture nuove.
Tale decreto impone l’obbligo a carico dei rivenditori (anche in
leasing) di autovetture di informare i consumatori circa le emissioni di anidride carbonica (CO2) e i consumi di carburante. La
norma è applicabile solamente ai veicoli nuovi (compresi i “Km
zero”) appartenenti alla categoria M1 (veicoli a motore destinati
al trasporto di persone aventi al massimo otto posti a sedere, oltre
al sedile del conducente, con l’esclusione dei veicoli speciali e
93
I quaderni del consumatore
dei ciclomotori).
Il responsabile del punto vendita, deve quindi ottemperare ai seguenti obblighi:
apporre in modo visibile su ciascun modello di autovettura
oppure nelle vicinanze della stessa, un’etichetta conforme
all’allegato I del d.P.R. n. 84/2003 riportante il consumo di
carburante e le emissioni di CO2;
esporre, per ciascuna marca di autovettura, un manifesto o
uno schermo di visualizzazione contenente l’elenco dei dati
ufficiali relativi al consumo di carburante e alle emissioni specifiche di CO2 di tutte le autovetture nuove esposte, messe in
vendita o in leasing, presso o tramite il punto vendita, rispettando formato e caratteristiche di cui all’allegato III del D.P.R.
84/2003; manifesto o schermo sono forniti dal costruttore del
veicoli (vedi infra);
rendere immediatamente disponibile a richiesta del cliente per
consultazione la “Guida al risparmio di carburante ed alle emissioni di CO2”, pubblicata a cura del Ministero dello Sviluppo
Economico sui dati comunicati da tutti i costruttori e per tutte le
autovetture nuove commercializzate nell’Unione Europea.
Dal canto suo, il produttore o costruttore dei veicoli ha i seguenti
obblighi:
94
fornire al responsabile del punto vendita e dei propri concessionari, per ciascun modello di autovettura (modelli suddivisi per tipo di carburante e indicati in ordine crescente di
emissioni), il manifesto in materiale cartaceo o, su richiesta,
in formato idoneo ad essere visualizzato su schermo in cui
devono comparire i dati ufficiali relativi alle emissioni e ai
consumi di carburante; sul manifesto, ovvero sul display, deve
altresì figurare il seguente testo: “È disponibile gratuitamente
presso ogni punto vendita una guida relativa al risparmio di
La sicurezza dei prodotti
carburante e alle emissioni di CO2, che riporta i dati inerenti
a tutti i nuovi modelli di autovetture”. “Oltre al rendimento
del motore, anche lo stile di guida ed altri fattori non tecnici
contribuiscono a determinare il consumo di carburante e le
emissioni di CO2 di un’autovettura. Il biossido di carbonio è il
gas ad effetto serra principalmente responsabile del riscaldamento terrestre”.
fornire al Ministero dello Sviluppo Economico entro il 15
dicembre di ogni anno i dati aggiornati sui consumi di carburante e le emissioni di CO2 di tutte le autovetture commercializzate al fine di far redigere una “Guida al Risparmio
di Carburante ed alle emissioni di CO2”. Per ogni modello
devono essere indicate le informazioni sul il tipo di alimentazione (benzina, diesel, gpl, metano); sul consumo ufficiale
di carburante espresso in litri per 100 km (l/100) o chilometri
per litro (Km/l); sul valore delle emissioni di CO2 espresso in
grammi per chilometro (g/Km).
Esistono regole precise circa le informazioni sui consumi anche
per quel che riguarda il contenuto del materiale promozionale destinato al grande pubblico per la commercializzazione dei veicoli
(ad esempio i manuali tecnici, gli opuscoli, gli annunci pubblicitari su giornali e riviste e i manifesti pubblicitari). Il materiale
promozionale, di qualunque tipo esso sia, deve contenere i valori
relativi al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di anidride carbonica dei veicoli cui si riferisce. Inoltre le informazioni contenute nel materiale promozionale devono
rispettare i seguenti requisiti minimi:
essere di facile lettura ed avere la stessa evidenza delle informazioni principali;
essere facilmente comprensibili anche ad una lettura superficiale;
se nel materiale sono pubblicizzati più modelli, indicare il
consumo ufficiale di carburante di ciascun modello.
95
I quaderni del consumatore
La legge vieta di apporre sulle etichette, sulla guida, sul manifesto o sul materiale promozionale dei veicoli in vendita marchi,
simboli o diciture relativi al consumo di carburante o alle emissioni di anidride carbonica che non siano conformi a quanto disposto
dal d.P.R. n. 84/2003.
La vigilanza sul rispetto della normativa sopra presentata spetta
alle Camere di Commercio. Ogni Camera di Commercio competente territorialmente, oltre ad informare periodicamente il Ministero dello Sviluppo Economico sullo stato delle campagne di informazione ai consumatori, ha il compito accertare in particolare
le seguenti violazioni:
La sicurezza dei prodotti
termini di emissione CO2;
fornire agli automobilisti dei consigli utili per realizzare una
guida ecocompatibile;
sensibilizzare i consumatori sulle conseguenze delle emissioni
di gas ad effetto serra;
divulgare le strategie e gli obiettivi comunitari tesi a ridurre le
emissioni dei gas a effetto serra.
omessa o incompleta apposizione dell’etichetta;
omessa o incompleta affissione del manifesto;
materiale promozionale incompleto o privo dei valori sul consumo ufficiale di carburante ed emissioni CO2;
divieto di apporre altri marchi, simboli o diciture relativi al
consumo di carburante e alle emissioni non conformi sui materiali informativi;
indisponibilità a fornire gratuitamente la guida al risparmio su
richiesta del consumatore.
Tali violazioni comportano una sanzione amministrativa pecuniaria da € 250,00 a € 1.000,00. (art. 11 d.P.R. 84/2003).
Il Ministero dello Sviluppo Economico deve redigere, entro il 15
dicembre di ogni anno, una “Guida al risparmio di carburante
ed alle emissioni di CO2” contenente le informazioni relative a
tutte le autovetture nuove acquistabili nella Comunità Europea
specificando per ogni modello il carburante utilizzato, il consumo
ufficiale di carburante espresso in l/100 km o km/l, il valore delle
emissioni specifiche di CO2 espresso in g/km.
Il Ministero, inoltre, dovrà:
96
stilare una classifica dei dieci modelli di auto più efficienti in
97
I quaderni del consumatore
INDIRIZZI UTILI
Si riportano di seguito, oltre all’indirizzo del Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio di Ancona, i riferimenti delle Associazioni dei consumatori iscritte all’Albo della
Regione Marche in ottemperanza alla L.R. n. 14/2009.
Camera di Commercio di Ancona
Servizio di Regolazione del Mercato
Piazza XXIV Maggio, 1 – 60124 Ancona
Tel. 071/5898250-360 Fax 071/5898255
[email protected]
ACU Marche
Via Ludovico Ariosto, 26 – 60030 Moie di Maiolati Spontini
Tel. 0731/710031 Fax 0731/710452
[email protected]
La sicurezza dei prodotti
CODACONS - Sede Provinciale
Via T. Mamiani, 16 – 60019 Senigallia (AN)
Tel. 071/7939608 Fax 071/7912734
[email protected]
FEDERCONSUMATORI - Sede di Ancona
Piazza D’Armi, 12 – 60100 Ancona
Tel. 071/204969 Fax 071/893856
[email protected]
MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO - Sede di Ancona
Via Vittorio Veneto,11 – 60122 Ancona
Tel. 071/2071602 Fax 071/200852
[email protected]
ADICONSUM Marche
Via dell’Industria, 17 – 60127 Ancona
Numero Verde 800663822
Tel. 071/505234 Fax 071/505207
[email protected]
ADOC Marche
Via XXV Aprile 37/A – 60125 Ancona
Tel. 071/2275386 Fax 071/2275380
[email protected]
CITTADINANZATTIVA Marche – P.I.T. Servizi
Via Circonvallazione c/o Stazione F.S. – 60033 Chiaravalle (AN)
Tel. / Fax 071/9499238
[email protected]
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99
I quaderni del consumatore
GLOSSARIO
Immissione sul mercato: fornitura o procurata disponibilità sul
mercato nazionale e comunitario a titolo oneroso o gratuito di un
prodotto; il prodotto si considera immesso quando sia consegnato
all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in
visione o in prova; prodotti immessi possono essere nuovi o usati,
ma rimessi a nuovo e la c.d. messa a disposizione copre sia il
momento della cessione sia quello dell’offerta di cessione.
Immissione in libera pratica: prodotti che sono resi materialmente
disponibili a chi ne ha curato l’importazione dopo aver completato
le operazioni di verifica doganale.
Importatore: soggetto che, pur in assenza di legami con il fabbricante di un prodotto di un Paese terzo, immette quel prodotto sul
mercato europeo.
Messa in servizio: prima utilizzazione del prodotto.
Messa in circolazione del prodotto: consegna del prodotto all’acquirente, all’utilizzatore o a un ausiliario di questi, anche in visione o in prova o anche al vettore o allo spedizioniere.
Mandatario o rappresentante del fabbricante: soggetto con sede necessariamente all’interno della Comunità Europea che, su mandato espresso conferitogli da un fabbricante di un Paese terzo (cioè
extra UE), agisce in nome e per conto di quest’ultimo.
100
Norme armonizzate: norme elaborate dagli enti europei di normalizzazione, sulla base di un mandato della Commissione della Comunità Europea, in grado di esplicitare i generici requisiti delle
direttive. Tali norme debbono essere recepite con norme tecniche
nazionali ed eventuali norme in conflitto debbono essere ritirate.
La sicurezza dei prodotti
Le norme armonizzate, così come le norme nazionali che le recepiscono, non sono obbligatorie: ogni produttore è infatti libero di
produrre sulla base di specifiche diverse. In questo caso, però,
dovrà dare prova della conformità del prodotto rispetto agli obblighi delle direttive. Viceversa, il prodotto realizzato sulla base delle
norme armonizzate beneficia di una presunzione di conformità ai
requisiti essenziali delle direttive.
Ente di normalizzazione: enti cui è affidato a livello europeo il
compito di elaborare le norme armonizzate che definiscano le caratteristiche tecniche dei prodotti, secondo una procedura che
coinvolge la Commissione e gli Stati membri (organismi di normalizzazione europei: CEN, CENELEC, ETSI); ci sono poi gli enti di
normalizzazione nazionali (in Italia CEI, UNI, CNEL, CNR, ENEA,
ISPSEL), cui è affidato il compito di conferire lo status di norma
nazionale alle norme armonizzate approvate revocando tutte le
norme nazionali con esse in contrasto.
Norme tecniche: norme specifiche che garantiscono che il prodotto
sia a regola d’arte sotto il profilo dei requisiti di sicurezza; se il
prodotto è conforme alle norme tecniche armonizzate che soddisfano per definizione i requisiti delle direttive europee in materia
di sicurezza, sarà vigente per il prodotto una presunzione di conformità e sicurezza.
Rapex: sistema di scambio rapido di informazioni a livello comunitario, che consente alle autorità dei singoli Stati membri di fornire
informazioni sui prodotti che presentano un rischio grave per la
sicurezza dei cittadini e di condividere i risultati degli eventuali
provvedimenti adottati.
Ritiro: insieme delle misure dirette ad impedire che il prodotto
pericoloso venga immesso nella disponibilità del consumatore (e
dunque che venga distribuito, offerto, esportato).
101
I quaderni del consumatore
Richiamo: insieme degli strumenti diretti ad ottenere la restituzione del prodotto pericoloso del quale il consumatore abbia già
ottenuto la disponibilità.
La sicurezza dei prodotti
PRECEDENTI VOLUMI DELLA COLLANA
“I QUADERNI DEL CONSUMATORE”
Nella Collana “I Quaderni del Consumatore” realizzata a cura del
Servizio di Regolazione del Mercato della Camera di Commercio
di Ancona, sono già stati pubblicati i seguenti volumi:
Quaderno n. 1 Il Consumo sostenibile
Marzo 2009
Quaderno n. 2 S.O.S. Turista
Luglio 2009
Quaderno n. 3 I contratti a distanza
Dicembre 2009
Quaderno n. 4 Le etichette ecologiche
Dicembre 2010
I volumi sono scaricabili gratuitamente dal sito camerale all’indirizzo
www.an.camcom.gov.it.
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