La parola ai giovani

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La parola ai giovani
Spazio di discussione per giovani e non solo
La parola ai giovani: scuola, città, futuro
"CERCHIAMO NUOVE VIE DI BENESSERE …
La parola ai giovani …"
1^ intervento:
Valentina Piccino (Deganutti UD)
Assieme al comitato studentesco dell'istituto ho analizzato e commentato i risultati del questionario che vengono
presentati oggi in questa sede.
Divisi in due gruppi, abbiamo preso in considerazione alcuni punti ed in particolare: l'immigrazione, la fiducia nelle
istituzioni, i cambiamenti nel futuro, il disagio giovanile e il tempo libero. Sono emerse varie riflessioni.
Un cambiamento positivo che tutti si augurano è quello di dare meno importanza al denaro.
Nella società attuale, le persone, molto spesso, sono troppo materialiste. Il denaro, ogni giorno di più, è il motivo
delle più grandi ingiustizie del mondo ed è causa di numerosi crimini.
Dare meno importanza al denaro non vuol dire dare meno importanza al lavoro: lavorare è, oltre che un diritto di
tutti, anche un dovere. Il lavoro ad ogni modo non deve diventare l'attività principale della nostra vita sminuendo
così i rapporti interpersonali.
Negli ultimi cinquant'anni c'è stato un enorme progresso tecnologico che ci ha portati a nuove ed importanti
scoperte in molti campi e a un notevole benessere generale, trascurando però i valori della relazione
interpersonale e della famiglia. Questo progresso non si deve interrompere, deve continuare, ma risultare
finalizzato ad un concreto miglioramento della qualità della vita. E' molto sentita all'interno del nostro gruppo di
lavoro la necessità di dare quindi più importanza alla vita relazionale e familiare in particolare, perché è proprio la
famiglia che svolge un ruolo fondamentale nella formazione e crescita dei giovani.
Il miglioramento delle relazioni umane dovrebbe verificarsi in qualsiasi ambito: specialmente nei rapporti con gli
stranieri. Nel nostro paese il numero di immigrati cresce a vista d'occhio e ciò preoccupa noi giovani.
Sempre più possiamo notare come l'Italia stia diventando un paese multi-etnico... Dall'est e anche dall'Africa
arrivano persone in cerca di un lavoro; che nel loro paese sono costrette alla fame. L'Italia rappresenta per loro ciò
che il Nord America era per i nostri immigrati all'inizio del secolo scorso.
Dobbiamo riconoscere che è grazie agli immigrati che alcuni lavori sono svolti e alcuni servizi essenziali vengono
garantiti. Non possiamo far finta che non esista però un problema di sicurezza. Non sempre l'immigrato ha la
fortuna di trovare un posto di lavoro regolare oppure non tutti gli immigrati cercano un lavoro onesto. In realtà c'è
un alto numero di immigrati che svolge attività illegali: questi, sommati anche ai nostri criminali, fa sì che nessun
luogo sia più sicuro.
Agli stranieri che sono da molto tempo in Italia con un regolare visto dovrebbe essere concessa la cittadinanza
italiana purché questa implichi di godere degli stessi diritti di un qualunque cittadino e comporti anche uguali
doveri.
Uno dei nostri doveri nei confronti degli immigrati è di aiutarli a trovare un lavoro, una casa, un inserimento nella
società. Noi crediamo fermamente che se vengono aiutati e gli viene fatto capire che c'è qualcuno su cui possono
contare il loro inserimento sarà migliore e la loro integrazione completa. Non dobbiamo dimenticarci che con la loro
forza lavoro gli immigrati contribuiscono allo sviluppo economico.
Il grande incremento di immigrati verificatosi negli ultimi 15 anni circa viene considerato da alcune persone come
uno sconvolgimento dell'identità culturale e del sistema dei valori. Secondo noi l'immigrazione è un fatto epocale e
che di norma non costituisce uno sconvolgimento. E vero: i mussulmani sono sempre più in aumento e ormai le
classi a scuola sono multi-etniche: cinesi, marocchini, albanesi, croati ecc. questo però a scuola noi lo
sperimentiamo come un arricchimento della nostra cultura e delle nostre esperienze.
In chi abbiamo fiducia? Nella nostra famiglia, in alcuni amici in particolare... da ciò che è emerso, sicuramente non
nel Governo in quanto è poco stabile. Non è stato una sorpresa costatare che la fiducia nello stato, nei partiti, negli
uomini politici e negli stessi insegnanti è molto scarsa.
E impossibile avere piena fiducia nelle istituzioni: è risaputo che ciò che fanno i politici, lo fanno per loro interesse.
Lo stesso vale per il governo e i partiti di cui fanno parte. La sfiducia non si limita però solo a noi giovani, ma
spesso si estende anche a molti adulti; questi si ritrovano a non sapere chi votare. Quanto ai partiti non possiamo
dire che ce ne siano pochi, il problema è la loro qualità e la loro affidabilità.
Nella scienza e negli scienziati viene riposta molta fiducia quasi si fosse in attesa di una soluzione "miracolistica"
per tutti i problemi del mondo. Questa "fede" nella scienza ha portato ad un miglioramento delle condizioni di vita a
discapito però dei valori e delle necessità dello spirito che è sono stati ignorati o trascurati. Probabilmente è questo
il motivo per il quale nella società contemporanea non si dà molta importanza all'aspetto relazionale e alla
comunicazione interpersonale.
Quanto al disagio giovanile lo riteniamo un problema piuttosto diffuso e difficile da definire: Che cosa si deve
intendere per disagio giovanile? Che significato si deve attribuire alle definizioni di "teppismo e trasgressione"?
Dove c'è disagio crediamo che sia necessario un intervento principalmente all'interno delle famiglie. L'idea di
creare gruppi di incontro e di discussione, forse banale, è da noi studenti ritenuta abbastanza efficace se si
sapranno coinvolgere le famiglie e i singoli. Ma come attirare la loro attenzione? Domanda da 10 milioni di euro !!
Un gruppo di incontro può anche essere rappresentato dalla squadra di calcetto. La scuola in questa situazione
potrebbe svolgere un grosso ruolo in quanto è il luogo dove noi ragazzi ci incontriamo e ci confrontiamo
quotidianamente.
La scuola potrebbe mettere a disposizione dei locali e delle risorse dove potersi incontrare liberamente anche se,
spesso, mettersi attorno ad un tavolo e cominciare a parlare è molto difficile. Lo è ancora di più se la persona che
"presiede" l'incontro è uno psicologo o uno specialista che mette solo soggezione e che usa paroloni inesistenti nel
nostro "povero vocabolario".
La soluzione potrebbe essere quella di responsabilizzare noi ragazzi più grandi (e con la testa sulle spalle) e di
comunicare la nostra esperienza; parlare coi nostri compagni più giovani; aiutare i più giovani, aprendo un dialogo
con loro in modo chiaro, semplice ed efficace.
Posso farvi una ultima domanda? Quanti sono di Udine? ...
Bene, quanti di voi sono soddisfatti delle infrastrutture che la nostra città offre?
Dalla nostra discussione sono emerse idee diverse.
Intanto, la prima considerazione da fare è che le richieste di quelle persone che vivono in comuni lontani da Udine
sono diverse da quelli che abitano in città. L'insoddisfazione dei ragazzi di paese è più alta: vengono richiesti più
luoghi per incontrarsi e divertirsi, dai campetti di calcio in alcuni paesi, al pub per andare ad ascoltare un po' di
musica. Un'altra problematica per le persone che vivono in paese è quella dei mezzi di trasporto: molto spesso
l'orario delle corriere è assurdo e non combacia con le esigenze dei giovani.
D'altro canto però, anche i ragazzi di Udine, si sono "lamentati": il centro non è vivo, i negozi chiudono troppo
presto, non ci sono attività per giovani, luoghi di ritrovo alternativi al bar, iniziative che stimolino alla partecipazione,
concerti ecc.
2^ intervento:
Prof. Nino Moro (Deganutti UD)
A scuola arrivano in tanti e sostano per tanto tempo. Ci sono spazi, c'è opportunità di ascolto, incontro, dialogo. Ho
qui davanti agli occhi diversi alunni. Ve li presento rapidissimamente.
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Chiamiamola Maria: quello che, dicono, si fa le canne nei gabinetti o in cortile e che a scuola rende o non
rende a seconda della reazione chimica;
chiamiamola Chiara: capisce tutto, sa tutto, non si fa mai una canna, è una che studia, adattata, una sfigata;
chiamiamolo Valentino: griffata, ha da pensare solo alla maglietta da indossare al mattino per venire, badate
bene, "venire" a scuola;
chiamiamola Desirée: quella che è troppo innamorata, persa, per poter badare a se stessa e a casa ha dei
casini incredibili;
chiamiamolo Oscar: quello che ha sempre risultati positivi in tutti i campi, dal golf al corso di maglia e cucito,
alla matematica, che non ha mai subito una sconfitta, una;
chiamiamolo Alan: non parla, morde, quello è sempre troppo incazzato;
chiamiamola Marina: viene un giorno sì e l'altro no, i suoi l'hanno obbligato o la legge gli ha detto "devi
andare ancora un anno";
chiamiamolo Rudi: un bullo, non ha voglia di nulla se non di mettersi in mostra per affermare che esiste e fa
casino, creando problemi a tutti;
chiamiamolo Massimo: quello che viene a scuola e si fa i fatti suoi (le canne se vuole, se le fabbrica a casa
o dove gli pare), le basta ottenere il diploma;
chiamiamola Serena: quella che sa di non sapere un accidente e lecca e le sta bene la pietà degli
insegnanti che gli permette di fare meno ancora;
chiamiamolo Mariano: non capisce una madonna, non è tagliato e tutti gli dicono che studia poco, a scuola
si sente un nulla, si vergogna e non fa rumore;
chiamiamola Assunta: quella che farebbe meglio ad andare a lavorare, ma i suoi, professionisti, la vogliono
diplomata;
chiamiamolo Franco: quello così normale che sa di esserlo e non si stima molto ed è sempre esposto agli
sbalzi d'umore provocati dall'esterno: un compito mal fatto, un goal mancato, una delusione...
Voglio soltanto dire che ognuno di questi alunni occupa un posto a scuola e la scuola si deve prendere cura di lui.
Ognuno è oggetto della mia attenzione di insegnante. A ognuno di questi vorrei indirizzare forte e chiaro il
messaggio che valgono non per il voto, il carattere, i risultati, la simpatia, i comportamenti, le idee, l'affidabilità,
l'adattabilità.
Ognuno vale come persona, il futuro è nelle sue mani, l'energia ce l'ha dentro e non ha bisogno di indurla
dall'esterno: con macchine, birra, canne.
La tua vita è alimentata da dentro, dai sentimenti, dalla passione, dalla qualità delle relazioni che sai coltivare, dalle
amicizie, dalla solidarietà, dalla partecipazione.
E non è assolutamente vero che il mondo va bene così !
3^ Intervento
Stefano Paroni (Marinelli UD)
La consulta ha proposto nelle scuole, come sappiamo, il questionario del progetto "Ben Essere", nel quale io e la
mia collega ci siamo trovati impegnati.
Girando per le classi abbiamo ascoltato le opinioni dei nostri compagni di istituto. Volevo puntualizzare soprattutto
su una delle parti più interessanti del progetto: quello riguardante la partecipazione dei ragazzi a delle attività extra
scolastiche o all'appartenenza ad associazioni o movimenti a sfondo sociale. Dai risultati ottenuti dal questionario,
che poi erano quelli che dovevamo commentare, colpisce molto il fatto che il 30 per cento dei ragazzi si definisce
membro di un gruppo trasgressivo. Abbiamo dunque chiesto ai nostri compagni un giudizio su questo sondaggio e
sono stati sottolineati aspetti interessantissimi. La causa che spinge molti di noi giovani a definirsi trasgressivi è
stata identificata in una mancanza di valori e di ideali che la società ha soffocato nel corso degli ultimi anni,
sostituendo questi con ciò che si potrebbe chiamare "l'effimero", ciò che non può bastare ad un ragazzo della mia
età, che cerca dei significati veri nelle cose, a partire dall'impegno nel sociale fino a un ideale che abbracci tutta la
vita.
La trasgressione nasce dunque dall'incapacità della società a rispondere ai nostri bisogni più profondi.
Noi giovani, insomma, abbiamo bisogno di credere in qualcosa, e anche se molto spesso ci accontentiamo di
quello che propone la società, definita "senza valori"dalle persone intervistate, a un certo punto ci rendiamo conto
che la nostra vita non può erigersi sul nulla ma deve poggiare su un terreno solido che possa sostenere e dare
significato a tutte le esperienze che facciamo. Viene il momento in cui non possiamo più sopportare di non avere
un ideale, ed è allora che andiamo a ricercare la nostra verità e la nostra felicità al di fuori di noi, magari
perdendoci, magari trovando, ma comunque compiendo qualcosa di nobile e importante per trovare un significato
che non possiamo darci da noi e che la società odierna ci nega.
Dunque noi giovani auspichiamo che questo progetto e tutti gli altri tentativi da parte del mondo degli adulti di
venirci incontro partano da questo, aiutandoci ad avere luoghi di incontro e di confronto per guidarci nella nostra
difficile, faticosa ma promettente strada.
4^intervento
Elena Freschi (Copernico UD)
I media e, in particolare la televisione che ci bombarda quotidianamente di programmi invasivi volti a distoglierci
dalla realtà, ci impongono uno stile di vita uguale per tutti, ognuno di noi viene costretto a provare le stesse
emozioni degli altri; esiste solo la massa e non più alcuna forma di riflessione
Di tutto questo risentono in particolar modo i giovani costretti a vivere la loro adolescenza in modo sempre più
superficiale.
Non c'è quindi da stupirsi se i ragazzi preferiscono partecipare a gruppi trasgressivi mirati alla vera e propria uscita
dagli schemi, piuttosto che alla vita parrocchiale o ad attività di volontariato che, inevitabilmente, ci inducono a
pensare alle persone che vivono in una situazione molto peggiore della nostra e ad aiutare il prossimo.
Da tutto ciò deriva l'ovvio disagio di coloro che, avendo opinioni differenti da quelle del gruppo, si sentono rifiutati
ed esclusi.
Crediamo che la scuola debba far riflettere i giovani sulle problematiche attuali, in modo che nessuno rimanga
emarginato perché è diverso dagli altri e che tutti siano accettati per quello che sono.
Non so più se esista il disagio, né giovanile, né sociale in genere.
Il susseguirsi degli avvenimenti personali e sociali mi dà l'idea di una situazione che è normale e nell'ordine delle
cose, proprio perché contiene speranze e disagi nello stesso tempo.
Non esiste la società perfetta, né esisterà mai; né il giovane che non prova alcun tipo di "disagio", né credo
esisterà mai.
Non sono però pessimista, né sfiduciata.
Ciascun uomo è chiamato a lavorare per crescere e far crescere, ma le difficoltà ci saranno sempre e mentre
alcuni cercano e raggiungono un proprio equilibrio, altri sperimentano i poli opposti.
In questo contesto l'essere bianchi o neri, benestanti o svantaggiati, credenti o atei significa avere strumenti diversi
per favorire, nonostante tutto, l'evoluzione sociale.
(Sonia - Provincia di Udine)