I confetti della salute Proprietà terapeutiche delle perle Alle perle sin
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I confetti della salute Proprietà terapeutiche delle perle Alle perle sin
I confetti della salute Proprietà terapeutiche delle perle Alle perle sin dall’antichità, sono state attribuite notevoli virtù terapeutiche tanto in Oriente quanto in Occidente. In Occidente intorno al 1200 veniva consigliato l’uso della polvere di perle contro le malattie del cuore, le malattie nervose e per fermare le emorragie. Nel Rinascimento si radicò la convinzione che le gemme ed in particolare le perle agissero farmacologicamente sulla base di precisi presupposti astrologici. Nel De triplici Vita di Marsilio Ficino, ad esempio, la perla, insieme all’argento, al cristallo e alla marcassite è considerata una delle sostanze in grado di trasmettere al mondo terrestre le influenze astrali della luna, collegata per l’affinità di colore, di luminosità e di forma. Nei lapidari tardo-medievali si attribuiva alle perle la virtù di togliere dalle membra l’umidità in eccesso per le sue proprietà astringenti. Le perle erano raccomandate anche in caso di improvvise emorragie e diarree. Erano un valido rimedio per le difficoltà respiratorie e le sincopi cardiache, e si riteneva che fossero in grado di riportare la concordia, di conferire salute alla mente e al corpo rendendo casto chi la indossava e chi la assumeva. Ma attenzione! La trattatistica medica raccomandava che fossero utilizzati in farmacologia solo gli esmpelari di colore bianco dato che quelli scuri e meno attraenti non avevano nessuna virtù terapeutica. Ancora oggi, infatti, Indù e Cinesi fanno largo uso di questa sostanza e in Giappone le perle non commerciabili per la gioiellenia vengono utilizzate nell’industria farmaceutica. Qui la polvere di perle veniva e viene tuttora usata come afrodisiaco. In ogni caso la polvere di perle, mescolata ad erbe medicinali opportune, non è dannosa al nostro organismo in quanto costituita da calcio, sali minerali e sostanze organiche come alcuni aminoacidi. Fabbricate dagli alchimisti Le perle come gemme preziose furono oggetto anche di ricerche alchemiche volte soprattutto a creare esemplari falsi, in tutto e per tutto simili a quelli naturali e in grado anche di trarre in inganno i conoscitori più competenti, ma in tutto e per tutto simili anche per il loro valore terapeutico. Negli scritti dell’alchimista Raimondo Lullo (1233 – 1315) si trovano molte ricette per produrre perle false. Queste ricette furono la base di ricerche alchemiche successive fatte da altri alchimisti per perfezionare sempre più le perle prodotte. Uno dei metodi di perfezionamento prevedeva lo stazionamento della massa perlifera dapprima nello stomaco di un volatile e poi nella vescica di un pesce. Questo metodo fu poi applicato anche a perle non prodotte alchemicamente. A sfatare questa credenza fu Francesco Redi ( 1626-1698) dimostrando che il passaggio di una perla nello stomaco di un volatile anziché migliorarne l’aspetto ne diminuiva il peso e quindi il valore commerciale. Come si forma la perla? Quando un corpo estraneo, che può essere tanto un granello di sabbia, quanto un piccolo parassita, si introduce all’interno della conchiglia insinuandosi tra i tessuti del mollusco, questi cerca di espellerlo. Se non riesce, tenta di isolarlo inglobandolo in un ammasso di cellule di colore bruno che non da origine alla perla. Ma se il corpo estraneo, penetrando nell’organismo, trascina con sé alcune cellule vive di tessuto epiteliale del mantello (l’organo preposto, nel mollusco, alla produzione di madreperla che ricopre totalmente l’interno della conchiglia) ha inizio il processo che porta alla formazione della perla. La ricerca casuale delle ostriche che possono contenere perle è improduttiva, dato che su un migliaio di conchiglie, solo una statisticamente potrebbe contenere una perla. Così dall’inizio di questo secolo le perle sono quasi esclusivamente coltivate. L’industria delle perle è ora di dimensioni tali da produrre ogni anno circa 500 milioni di perle. Questa coltivazione è estesa dal Giappone alle coste della Tailandia, Filippine, Borneo e soprattutto nell’isola di Thursday (Australia settentrionale). Nonostante sia riconosciuto ai Giapponesi il merito del perfezionamento del processo di coltivazione delle perle, si sa che i Cinesi già nel Xl secolo avevano scoperto tale tecnica. Mettevano piccole figurine di argilla raffiguranti il Buddha all’interno di una conchiglia di acqua dolce, lasciandole così per un anno, ottenendo alla sua apertura, figurine perfettamente ricoperte di madreperla da vendere come amuleti in gioielleria. Le ostriche come alimento L’ostrica è nota sin dall’antichità oltre che per la sua capacità di produrre perle, anche per il suo sapore. I Greci apprezzavano molto le ostriche come alimento. Alcuni autori sostengono che l’entità dei loro consumi di ostriche sia testimoniata dal fatto che questi usavano i suoi gusci nelle votazioni pubbliche. Anche i Romani le apprezzavano al punto che concepirono un sistema per allevarle. Nel Mediterraneo vive l’ostrica comune tuttora allevata per l’uso alimentare...ma l’ostrica perlifera vive nelle acque del Pacifico invece. Le perle nella storia Da una leggenda, narrata da Arriano sappiamo che Ercole dopo aver scoperto nel mare le perle, ne raccolse parecchi esemplari che donò alla figlia Pandea perché se ne potesse adornare. Non sappiamo però esattamente quando avvenne il contatto fra la perla e il mondo greco; né conosciamo le circostanze storiche che introdussero la perla nella cultura occidentale. Tuttavia l’ipotesi più accreditata è che le perle facessero parte di un preziosissimo bottino di gemme, conquistato nelle sue campagne orientali da Alessandro Magno e portato in Grecia. Ai tempi di Plinio, comunque la perla, già affermata nel costume ornamentale romano era UNA gemma molto costosa, seconda solo al diamante. Ciò nonostante Caligola offriva perle agli ospiti disciolte nell’aceto, così come Cleopatra aveva fatto con Antonio. La perla, insomma, nel costume romano, diviene un emblema di lusso. La perla nelle leggende e nelle scienze antiche La seduzione esercitata dalle perle ha alimentato nell’antichità le più favolose leggende. Nell’età classica greca e romana a partire da Omero, le perle erano considerate fenomeni di condensazione e d’ispirazione divina: “Lacrime delle Najadi” solidificate, o rugiada sfiorata dal tocco di Venere. I seguaci di Aristotele le facevano risalire ad una reazione dei fulmini che colpiscono le acque nelle notti tempestose. Plinio (23/24-79 d.C) spiega la sua origine raccontando che la conchiglia sale dal fondo del mare e, una volta in superficie, si apre riempiendosi di un elemento acquoso simile alla rugiada che la feconderebbe. Una volta gravida l’ostrica partorisce perle diverse a seconda della qualità della rugiada: tanto più questa sarà pura, quanto più splendente sarà la sua luce. Immagini La pesca.jpg La pesca delle perle dipinta da Alessandro Allori (sec XVI) nello Studiolo del Duca Francesco I, alchimista, nel palazzo Vecchio di Firenze Perla.jpg Foto di una ostrica e di una collana