Introduzione
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Introduzione
Introduzione La presente pubblicazione è frutto delle attività del Progetto “...a scuola è meglio”, avviato nel 2008 con l’obiettivo generale di contribuire alla riduzione del fenomeno della dispersione scolastica degli alunni immigrati, facilitando il loro percorso di integrazione sociale e culturale attraverso l’incontro, il confronto e il dialogo intergenerazionali e la trasmissione di saperi, valori e competenze. Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione per il Sud (Bando 2007). La partnership era formata dai seguenti soggetti: ADA (Associazione per i diritti degli anziani), quale soggetto responsabile; Promidea Società Cooperativa; CIR Calabria; Associazione La kasbah; Centro di Accoglienza di Carfizzi; Associazione di volontariato Altro aiuto; Atlante Società Cooperativa; Associazione Don Milani - Onlus. Per quanto concerne, invece, la presenza di partner istituzionali, hanno preso parte al progetto il Comune di Cosenza, il Comune di Catanzaro e il Comune di Caulonia. Per il perseguimento degli obiettivi del progetto, la strategia progettuale ha previsto la realizzazione delle seguenti attività in tutto il territorio calabrese: • Corsi di lingua e cultura; • Assistenza extrascolastica allo studio; • Attività di educazione all’ interculturalità e ai diritti umani; • Laboratori di attività creative parascolastiche. Per ciò che concerne l’area della Locride, il soggetto attuatore è stato l’Associazione di volontariato Don Milani - Onlus, che dal 1996 si occupa del sostegno ai bambini vittime dell’emarginazione e del disagio sociale. Dall’esperienza sul territorio ed, in particolare, sulla base delle attività realizzate in precedenza sia con i minori stranieri che con quelli italiani, ci si è resi conto della difficoltà di questi ultimi a distinguere la lingua italiana da quella dialettale. 1 Si è pensato così di sviluppare un percorso dedicato all’argomento, che potesse, tramite il gioco e l’arte, aiutare i minori italiani e stranieri a non confondere i differenti linguaggi, valorizzando al contempo la storia e le tradizioni del territorio locrese. Da tale lavoro è nata la presente pubblicazione, creata insieme con i bambini che hanno partecipato al progetto, sperando che possa essere di aiuto a chi lavora nell’ambito dei minori. La�Metodologia Lavorando con minori che spesso hanno difficoltà di linguaggio e comprensione, si è cercato di dare agli incontri un profilo estremamente semplice, sia dal punto di vista linguistico che procedurale. Per prima cosa si è parlato del linguaggio, della lingua italiana e di quella dialettale, spiegandone le differenze grazie ad esempi facili da capire e cercando di avvicinare l’argomento alla realtà dei minori stessi. Ad esempio, per far comprendere le differenze dialettali all’interno delle diverse regioni, ma anche all’interno di una stessa regione, è stato chiesto loro se qualcuno conoscesse persone di altre regioni italiane e se avessero mai sentito parlare e compreso i loro dialetti. L’intento era di far partecipare attivamente i minori, facendoli parlare delle proprie esperienze per giungere alla comprensione del percorso. Si è proceduto poi con la parte storica in cui si è parlato delle dominazioni, delle colonizzazioni e degli scambi che, nel corso dei secoli, hanno attraversato l’intera Calabria e la Locride in particolare, evidenziando come ciascuna popolazione abbia lasciato la propria impronta sugli usi, sui costumi e sul linguaggio. Particolare attenzione è stata rivolta all’influenza linguistica che il latino, il greco, l’arabo, il francese e lo spagnolo hanno lasciato sul dialetto della Locride. È stato, infatti, dedicato uno spazio apposito 2 allo studio dei più diffusi termini dialettali derivanti da ciascuna delle suddette lingue. Al fine di trattare un argomento così complesso mantenendo alta l’attenzione dei ragazzi, si è deciso di ricorrere al gioco e all’arte. Si è infatti proceduto con il creare delle semplici frasi in lingua dialettale, sostituendo però la parola dialettale (di cui si volevano indagare le origini) con l’originale corrispondente latino, greco, arabo, francese o spagnolo, e chiedendo ai ragazzi di indovinare la parola stessa. Per fare un esempio: la frase italiana “Il gatto gioca con il gomitolo della mamma” diventa in lingua dialettale “U gattu ioca cu ‘gghiommaru da mamma”. Per far giocare i ragazzi ed agevolare la comprensione la frase è stata posta nella seguente forma: “U gattu ioca cu glomeramen (termine corrispondente latino) da mamma”, chiedendo ai ragazzi di tradurre in dialetto e in italiano. Altro esempio, la frase: “Voglio mangiare un po’ di formaggio” diventa in dialetto “Vogghiu u mangiu nu pocu i casu”; ai bambini è stata posta così: “Vogghiu u mangiu nu pocu i caseus (termine corrispondente latino)”. Vediamo ancora un altro esempio, la frase: “Devo mettere una tegola sul tetto” diventa in dialetto “’Ndaiu u mentu na ‘geramida supa u tettu”; ai bambini è stata posta così “’Ndaiu u mentu na Keràmidion (termine corrispondente greco) supa u tettu”. Questa metodologia ha coinvolto molto i ragazzi, che si sono cimentati nelle traduzioni e nella creazione di nuove frasi. A conclusione di ciascun incontro sono stati riepilogati ed analizzati i termini utilizzati e la loro origine linguistica. A questo punto è stato chiesto ai ragazzi di scegliere uno o più termini e disegnarne il soggetto o l’azione. I disegni realizzati dai ragazzi sono riportati in questa pubblicazione: accanto alle frasi utilizzate come esempi vi sono degli alberi da cui pendono, come “frutti” del percorso realizzato, i disegni dei partecipanti. Lo studio della storia e l’analisi dei termini sono stati occasione per ricordare con i minori alcune tradizioni popolari del passato che ancora oggi sono in uso e per confrontare le tradizioni popolari di altri Paesi, scoprendo differenze e similitudini. 3 La�lingua La lingua è un sistema di comunicazione che, a ogni istante, può mettere in discussione se stesso e cambiare i suoi termini e le sue regole. La lingua parlata da un popolo non è un sistema statico poichè è soggetta a continui mutamenti. La lingua che si parla in un determinato momento storico è il risultato di un insieme di componenti aventi origine diversa, e tra queste componenti ha una grande importanza la migrazione dei popoli che spostandosi da un territorio ad un altro portano, nel luogo in cui si insediano, una nuova lingua che si mescola con la lingua dei residenti. In Italia, grazie al diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa avvenuto nel Novecento, l’italiano parlato è diventato patrimonio comune. Il cinema, la radio e negli ultimi decenni la televisione, presente in tutte le case, hanno permesso alla lingua italiana di diventare il codice linguistico usato dalla maggioranza della popolazione. Oltre ai mezzi di comunicazione di massa anche l’istruzione obbligatoria fino ai quattordici anni, introdotta nel 1963, ha fatto sì che la lingua di Dante diventasse la lingua di tutti gli italiani. Il�dialetto Un dialetto (dal greco διάλεκτος, dialektos, letteralmente “lingua parlata”) è un idioma usato da abitanti di un area specifica ed ha una minore estensione rispetto alla lingua. Il numero di locutori (coloro che parlano un dialetto) e le dimensioni dell’area interessata possono variare. Un dialetto, se si estende in un’area piuttosto ampia, può contenere molte varianti, che a loro volta possono distinguersi in sottovarianti per aree minori. Fra i dialetti italiani, uno di quelli che più di altri ha attirato l’attenzione degli studiosi per le proprie peculiarità e le radici in tempi antichi è quello calabrese. Il�dialetto�calabrese Il dialetto calabrese è certamente uno degli idiomi più “ricchi” di influenze linguistiche classiche e non, dovute alle colonizzazioni, alle dominazioni ed alle incursioni di differenti popoli. La formazione di un dialetto richiede un lasso di tempo quantificabile in secoli, pertanto è difficile risalire alle origini e trovare tracce dell’evolversi e del divenire del dialetto stesso. Inoltre, non si può certamente affrontare un argomento, quale quello della lingua di un popolo, prescindendo dal suo sviluppo storico. Sono molte e varie le popolazioni che hanno abitato la Calabria: Bretti, Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Saraceni, Spagnoli, Austriaci, Francesi, ecc. Ciascuna di queste popolazioni ha lasciato termini e modi di dire che si riflettono nella lingua dialettale e che sono giunti sino ai nostri giorni. Il nostro percorso ci porterà ad analizzare le influenze che le diverse popolazioni hanno lasciato sulla lingua dialettale calabrese, con particolare attenzione al dialetto della Locride. Essendo, infatti, la Calabria una zona molto vasta, si può riscontrare come il dialetto calabrese presenti delle differenziazioni molto marcate in base all’area geografica in cui è parlato. Gli studiosi1 tendono ad individuare 4 macro-aree di ripartizione linguistica del dialetto in Calabria. Noi concentreremo maggiore attenzione alla zona nr. 4 che comprende appunto il territorio della Locride (vedi cartina a pagina 7). [1] 4 Studi del Centro di Lessicologia e Toponomastica dell’Università della Calabria – Responsabile Scientifico: Prof. J. B. Trumper. 5 La zona della Locride, che sarà oggetto della nostra attenzione, consta di quarantadue comuni, che si estendono da Monasterace a Bova, comprendendo anche i Paesi interni ed i comuni di Palizzi e Brancaleone, che in effetti sono esterni al comprensorio, ma che fanno comunque parte della Locride. I comuni sono: Africo, Agnana, Antonimina, Ardore, Benestare, Bianco, Bivongi, Bova, Bovalino, Bova Marina, Brancaleone, Bruzzano, Camini, Canolo, Caraffa, Careri, Casignana, Caulonia, Ciminà, Ferruzzano, Gerace, Gioiosa Ionica, Locri, Marina di Gioiosa, Martone, Monasterace, Palizzi, Pazzano, Placanica, Platì, Portigliola, Riace, Roccella, Samo, S. Giovanni di Gerace, S. Luca, S. Agata, S. Ilario, Siderno, Staiti, Stignano, Stilo. La zona presenta tre sistemi urbani: uno costiero, uno collinare ed uno montano. Sulla zona costiera si possono tutt’oggi ammirare i pochi resti delle rovine dell’antica Locri Epizephirii. Secondo Aristotele i locresi di Calabria discendevano da alcuni coloni provenienti da una omonima regione della Grecia (forse la Locride Ozolia oppure la Locride Opunzia), i quali tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII sec. a. C. colonizzarono la zona fondando così Locri Epizephirii ed iniziando un processo di osmosi con le popolazioni indigene. Gli attuali insediamenti della marina sono piuttosto recenti, infatti, per tutto il Medioevo le comunità sorgevano prevalentemente sulla collina. La fascia collinare si formò intorno al X sec. a seguito delle incursioni arabe che indussero le popolazioni a rifugiarsi in luoghi più impervi. La abitazioni erano caratterizzate da una grande povertà di materiali ed erano destinate ad accogliere umili famiglie di artigiani e contadini. Gli insediamenti montani erano formati principalmente da paesi di pastori e contadini poveri che svolgevano la propria attività grazie all’impiego dell’intero gruppo familiare; l’organizzazione sociale era caratterizzata da un forte isolamento, per cui i mutamenti erano inesistenti o lentissimi. Questo è, con molta probabilità, uno dei motivi principali per cui innumerevoli S. Gregorio dʼIppona usanze e caratteri linguistici antichi sono giunti ai giorni nostri pressoché invariati. 1 Trebisacce Acri 2 3 Squillace 4 Reggio Calabria 6 7 Il�Latino Il Latino rappresenta uno dei principali elementi costitutivi del dialetto calabrese, il quale è però strutturato in maniera e in misura diversa nel territorio calabrese. Bisogna, infatti, precisare che i termini latini più antichi compaiono per lo più nella Calabria settentrionale, a causa del fatto che nella Calabria meridionale la latinizzazione avvenne in tempi più recenti, in quanto la componente greca era assai forte e difficilmente sradicabile. Si tenga infatti presente che le città magno-greche di Locri (con le sue sub-colonie di Hipponion, Medma e Matauros) e di Reggio, anche dopo essere entrate nell’orbita Romana (III° sec a.C.), mantennero (almeno a livello popolare se non aristocratico) l’abitudine di esprimersi in greco. La stessa città di Reggio (Reghion) viene considerata “greca” dallo storico-geografo Strabone nel periodo in cui visse (I sec. a.C. - I sec. d.C.). Tutt’oggi, dunque, il dialetto della Calabria settentrionale registra una presenza di termini latini maggiore rispetto a quello della Calabria meridionale. Lo studioso tedesco G. Rholfs, nel parlare della presenza della lingua latina nel dialetto di Calabria, ammette che il fondo principale del lessico calabrese è il latino, ma puntualizza immediatamente che i termini più antichi compaiono soltanto nella Calabria settentrionale, in accordo con la sua posizione secondo la quale la Calabria meridionale si sarebbe latinizzata in tempi assai più recenti. Per comprendere la portata di tali differenze basta guardare ai tempi odierni, notando come il parlare in dialetto tra un reggino e un cosentino evidenzia una obiettiva difficoltà di comprensione, con differenze di un linguaggio che, pur provenendo da una unica “regionalità”, si presentano fortemente marcate. Vediamo qui di seguito alcuni esempi dell’influenza del latino sui termini dialettali calabresi, con particolare riferimento a quelli usati nella Locride. 8 9 ascialarsi L’espressione dialettale ASCIALARSI, che significa essere felice, divertirsi, deriva dal verbo latino “exhalo, as, avi, atum, are”, che significa esalare, mandar fuori, forse indicando l’aria che si emette nell’atto di ridere. Riportiamo l’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): “stasira vogghiu u mi exhalo cu l'amici” ITALIANO “Stasera mi voglio divertire con gli amici” DIALETTO “Stasira vogghiu u mi scialu cu l’amici” 10 babbu L’espressione dialettale BABBU, che significa stupido, babbeo, deriva dall’aggettivo latino “balbus, a, um” che significa balbuziente. Ecco l’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): andrea è nu balbus ITALIANO “Andrea è un babbeo” DIALETTO “Andrea è nu babbu” 11 'gghiommaru L’espressione dialettale ‘GGHIOMMARU, che significa gomitolo, deriva dal latino “glomeramen, inis” che indica un’aggregazione a forma sferica. Ecco l’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): u gattu joca c'u glomeramen da mamma ITALIANO “Il gatto gioca con il gomitolo di mamma” DIALETTO “U gattu joca c’u ‘gghiommaru da mamma” 12 buffa L’espressione dialettale BUFFA, che significa rana, rospo, deriva dal latino “bufo, onis”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): Vitti na bufo ‘nto giardinu ITALIANO “Ho visto una rana in giardino” DIALETTO “Vitti na buffa ‘nto giardinu” 13 casu L’espressione dialettale CASU, che indica il formaggio, deriva dal latino “caseus, i”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): Vogghiu u mangiu nu pocu i caseus c'u pani ITALIANO “Voglio mangiare un pò di formaggio con il pane” jocu L’espressione dialettale JOCU, che indica il gioco, deriva dal latino “iocus, i”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): Mamma mi regalau nu iocus ITALIANO “Mamma mi ha regalato un gioco” DIALETTO “Mamma mi regalau nu jocu” DIALETTO “Vogghiu u mangiu nu pocu i casu c’u pani” 14 15 lapis L’espressione dialettale LAPIS, che indica la matita, deriva dal latino “lapis, lapidis” che significa pietra, sasso (ad indicare il minerale di grafite che, una volta estratto dalle miniere, serve a produrre le matite). L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): scriviti c'u lapis, accuss ì si poti cancellari ITALIANO “Scrivete con la matita così si può cancellare” DIALETTO “Scriviti c’u lapis, accussì si poti cancellari” 16 pumu L’espressione dialettale PUMU, che significa mela, deriva dal latino “pomum, i”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): voi ‘u ti mangi nu pomum? ITALIANO “Ti vuoi mangiare una mela?” DIALETTO “Voi ‘u ti mangi nu pumu?” 17 trugghju L’espressione dialettale TRUGGHJU, che indica una persona grassoccia e paffuta, deriva dall’aggettivo latino “turgidus, a, um” che significa appunto gonfio, ingrassato. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale latino): 'llu figghiolu esti turgidus, Vi sono poi altri termini che sono stati oggetto del medesimo “gioco” e che non sono stati, però, raffigurati dai ragazzi: illu che significa lui, deriva dal latino “ille, illa, illud”, aggettivo e pronome dimostrativo che significa egli, colui, quello; ʻncigniari che significa iniziare, incominciare, deriva dal latino “encaenio, as, are” che significa inaugurare; scippari che significa strappare, sradicare, deriva dal latino “excerpo, is, cerpsi, cerptum, ere” che significa estrarre strappando; ciciri che significa cece, deriva dal latino “cicer, ciceris”; picciulu che significa piccolo, deriva dall’aggettivo latino “pauculus, a, um”, che è un diminutivo di “paucus” e significa pochino; ITALIANO “Quel ragazzo è paffutello” DIALETTO “’llu figghjolu esti trugghju, trugghju” quartara che indica una brocca di media grandezza, deriva dal latino medievale “quartarius, ii”, con evidente riferimento ad un quarto di maggiore misura; scotulari che significa scuotere, sbattere, deriva probabilmente dal latino “scutula, ae” che indica un bastone, cilindro di legno; trappitu che indica il frantoio, deriva dal latino “trapetum, i”; arretu che significa dietro, deriva dal latino “ad retro”. 18 19 Il�Greco In piena età del Ferro, e precisamente a partire dall’VIII sec. a. C., la Calabria viene interessata dal fenomeno della colonizzazione greca. In particolare, la zona della Locride, in cui noi ci troviamo, fu colonizzata, coma abbiamo già detto, dai greci della Locride (regione greca) nel 673 a. C., i quali fondarono la città di Lokròi Epizefiri. L’incontro tra i nuovi coloni e gli indigeni dell’entroterra dette luogo, evidentemente, alla nascita di una popolazione che, all’arrivo dei Romani nel III° sec. a.c., era ormai di lingua e di cultura greca. Ciò era largamente preventivabile se si pensa che i Greci erano portatori di una civiltà sicuramente superiore rispetto a quegli indigeni dell’età del Ferro con i quali, pacificamente o con le armi, si integrarono e si confusero. Le necropoli, i resti di antiche vestigia, le ceramiche, ecc.; tutto insomma testimonia di un popolo che all’arrivo dei Romani parlava e scriveva in greco. Questo dovette certamente creare non poche resistenze alla latinizzazione del territorio calabrese a sud di Catanzaro. Il greco è, insieme al latino l’altro elemento fortemente caratterizzante dei dialetti calabresi, esso è, come già detto, fortemente rappresentato dalla lingua parlata nella parte meridionale, in particolar modo nella provincia di Reggio Calabria e, di conseguenza, anche nella Locride. Per lungo tempo in gran parte della zona il Grecanico era la lingua più parlata, oggi solo in alcuni centri quali Bova, Roghudi, pochi altri paesi della zona 20 dell’Amendolea e alcuni quartieri di Reggio vi sono anziani che parlano questa lingua calabro-greca. La persistenza del grecanico nella Calabria meridionale, ovvero la tarda latinizzazione della zona, ha avuto in Gerhard Rohlfs il suo più convinto assertore. Lo studioso tedesco, ha percorso per quasi cinquant’anni la regione cercando sul posto il riscontro dei suoi studi: l’esistenza di due Calabrie, di etnia e lingua diverse. Che la lingua greca sia abbondantemente rappresentata nel dialetto della Calabria meridionale non vi sono dubbi. I riscontri sono infatti moltissimi: le parole per indicare uno stesso oggetto o animale o pianta sono estremamente diverse nelle due Calabrie; la costruzione verbale ha un’impronta greca precisa nel dialetto calabro-meridionale; in molti toponimi e cognomi tale impronta è agevolmente rintracciabile. Confrontando i termini, la loro diversità appare abbastanza evidente e certamente nasce dal differente substrato linguistico da cui essi si originano. Nella Calabria meridionale il ricordo del greco è così chiaro da non richiedere ulteriori approfondimenti. In effetti è facile riconoscere nell’identificativo alcuni animali, piante e oggetti la derivazione greca. Proviamo a fare degli esempi di parole dialettali che presentano una derivazione greca e che sono diffuse ed utilizzate nella zona della Locride. 21 naca L’espressione dialettale ‘NACA, che significa culla, deriva dal greco “nàke”. L’espressione dialettale GERAMIDA, che significa tegola, deriva dal greco “keràmidion, ou”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): u figghiolu dormi ‘nta nàke ITALIANO “il bambino dorme nella culla” DIALETTO “u figghiolu dormi ‘nta naca” 22 geramida u mentu na keràmidion supa u tettu” ʼndaiu ITALIANO “devo mettere una tegola sul tetto” DIALETTO “’ndaiu u mentu na geramida supa u tettu” 23 zambaru L’espressione dialettale ZAMBARU, che significa caprone, deriva dal greco “Xìmaros, ou”. L’espressione dialettale CERASA, che significa ciliegie, deriva dal greco “Keràsion, ou”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): A ndrea è nu xìmaros ITALIANO “Andrea è un caprone” DIALETTO “Andrea è nu zambaru” 24 cerasa vogghju u mangiu na keràsion ITALIANO “voglio mangiare una ciliegia” DIALETTO “vogghju u mangiu na cerasa” 25 catu L’espressione dialettale CATU, che indica un secchio per attingere acqua dal pozzo, deriva dal greco “Kàdos, ou”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): “va pigghja l'acqua c'u nu kàdos” putica L’espressione dialettale PUTICA, che significa bottega, deriva dal greco “Apothèke, es” che in greco indica un magazzino, un luogo ove riporre gli oggetti da vendere. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): 'ndaju u vaju 'nta apothèke u pigghju u vinu” ITALIANO “vai a prendere l’acqua con un secchio” DIALETTO “va pigghja l’acqua c’u nu catu” 26 ITALIANO “devo andare in bottega a prendere il vino” DIALETTO “’ndaju u vaju ‘nta putica u pigghju u vinu” 27 fetenti L’espressione dialettale FETENTI, che indica una cosa o persona che emana cattivo odore, oppure una persona infida, deriva dal greco “fúsema, tos” che indica uno sbuffo o una cosa gonfia. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale greco): chillu è nu fusema ITALIANO “quella persona emana cattivo odore/quella persona è cattiva” Vi sono poi altri termini che sono stati oggetto del medesimo “gioco” e che non sono stati, però, raffigurati dai ragazzi: ciaramella che indica una cornamusa tipica calabrese, non è altro che la traduzione esatta dal greco “Kéramos, ou = oggetto in terracotta e Mèlos, ous = melodia”, che indicava, probabilmente, la canna usata come flauto, che originariamente doveva essere in ceramica ed oggi è in legno; appittari che significa schiacciare, deriva dal greco “Apo plesso” che significa appunto colpisco, schiaccio; cocciu che significa chicco, ma anche furuncolo, deriva dal sostantivo greco “Kókkos, ou” che significa granello, chicco; fratta che indica un nascondiglio tra le siepi, deriva dal greco “Fragmós, ou”; amara i mia, amara i tia che significa povera me, povera te!, deriva dal greco “Moĩra, as”. Il termine s’incontra già in Omero. È un’esclamazione di origine anatolica che indica l’indistinto, il caos, la vis malefica, l’angoscia, il destino, il terrore. DIALETTO “chillu è nu fetenti” 28 29 L’elemento greco nel lessico calabrese meridionale non si esaurisce semplicemente nell’uso di vocaboli così evidentemente derivati dalla lingua greca, ma si può riscontrare anche nei cognomi più diffusi della zona. Eccone alcuni esempi: calogero deriva dal greco “Kalogheros” che significa Monaco; crea deriva dal greco “Kreas” che significa Carne; crupi deriva dal greco “Kouroupes” che significa Tosato; delfino deriva dal greco “Delphys” che significa Delfino; scordo deriva dal greco “Skordon” che significa Aglio. L’influenza del greco si può poi riscontrare nei nomi di luoghi (paese e quartieri) presenti sul territorio calabrese. Vediamo qualche esempio: ' L Arabo Le incursioni saracene sulle coste calabresi verso la fine del primo millennio e gli scambi commerciali dell’epoca hanno lasciato traccia nel dialetto calabrese. I Saraceni non esercitarono mai un dominio stabile nella attuale Calabria, limitandosi a delle frequenti incursioni sulle coste tra X secolo e XI secolo. Essendo padroni incontrastati della Sicilia, gli Arabi sfruttarono la loro posizione privilegiata per sottoporre le città costiere della Calabria a tributi e comunque intrattenendo rapporti commerciali e di scambio. Tutto questo comportò un mutamento, se pur minimo, della lingua calabra con diversi “arabismi” la cui presenza è ancora oggi dimostrabile. parghelia Il nome del comune di , in provincia di Vibo, deriva dal greco “Pareghialia” che significa Riva di mare; Il nome della contrada , nella zona di Serra San Bruno, deriva dal greco “lepuron” che significa Corteccia; Il nome della contrada , nel comune di Grotteria, deriva da un’omonima località greca; Il nome del quartiere , nel comune di Reggio Calabria, deriva da un’omonima località greca. Esempi simili sono presenti in tutta la Calabria, soprattutto quella meridionale. leppora pirgo gallina 30 31 ‘schiabacheju L’espressione dialettale ‘SCHIABACHEJU, che indica una rete da pesca, deriva dall’arabo “sabaka”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): patrima pisca cu nu sabaka ITALIANO “mio padre pesca con una rete” DIALETTO “patrima pisca cu nu sciabachejiu” 32 fardali L’espressione dialettale FARDALI, che indica il grembiule utilizzato dalle donne in cucina, deriva dall’arabo “fadlah”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): mama, mu cucina si menti u fadlah ITALIANO “mia madre per cucinare si mette il grembiule” DIALETTO “mama, mu cucina si menti u fardali” 33 mammaluccu L’espressione dialettale MAMMALUCCU, che si utilizza per indicare una persona stupida, un babbeo, deriva dall’arabo “mamluk = posseduto da altri, schiavo”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): chillu è nu mamluk ITALIANO “quello è un babbeo” DIALETTO “chillu è nu mammaluccu” 34 sciarriarsi L’espressione dialettale SCIARRIARSI, che significa litigare, deriva dall’arabo “sciarr = lite”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): non ‘ndi potimu sciarr ITALIANO “non possiamo litigare” DIALETTO “non ‘ndi potimu sciarriari” 35 tambutu L’espressione dialettale TAMBUTU, che indica la cassa da morto, deriva dall’arabo “tabut”, nome con cui tutt’oggi è indicata appunto la cassa da morto. L’espressione dialettale GIARRA, che indica la giara (un grosso contenitore di terracotta), deriva dall’arabo “garrah”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale arabo): Moriu e u misiru ‘nto tabut ITALIANO “È morto e lo hanno messo nella bara” DIALETTO “Moriu e u misiru ‘nto tambutu” 36 giarra Pigghja a garrah i l'ogghju ITALIANO “Prendi il contenitore dell’olio” DIALETTO “Pigghja a giarra i l’ogghju” 37 Vi sono poi altri termini che sono stati oggetto del medesimo “gioco” e che non sono stati, però, raffigurati dai ragazzi: guajera Il�Francese che significa ernia, deriva dall’arabo “adara”; carruba che significa carruba, frutto del carrubo, deriva dall’arabo “harrub”; calia che indica ceci e fave abbrustolite (una volta si usava offrirli in occasione di feste quali battesimi e matrimoni. Oggi si possono trovare e sono molto diffusi nelle feste di paese), deriva dall’arabo “haliah”; saimi Altra lingua presente all’interno dei dialetti calabresi, verosimilmente penetrata con i normanni e gli angioini, è il francese, affermatosi soprattutto nella città di Catanzaro. Come già accennato, la Calabria fu sotto la dominazione normanna dal 1060 fino a quasi tutto il XII secolo ed è chiaro che le parole del lessico calabrese di derivazione francofona siano penetrate in tale periodo. Ecco alcuni esempi di parole dialettali calabresi derivanti dal francese. che significa strutto, deriva dall’arabo “sciahm”, che indica grasso in genere; hjaccatu che significa spaccato (in genere si usa con riferimento alla modalità di preparazione di alcuni alimenti, ad esempio i fichi o i pomodori hjaccati), deriva dall’arabo “sa saqq”, che significa appunto spaccare; tamarru che indica una persona sgarbata, un cafone, deriva dall’arabo “tammar”, che significa villano, sgarbato,cafone; Ma l’eredità saracena non si ferma al solo lessico, la si può scoprire anche in alcuni cognomi di origine Araba, quali ad esempio: naimo, che deriva dall’arabo “na’im = delicato”; Il cognome nesci, che deriva dall’arabo “nasi (pron. nasci) = giovane” Il cognome 38 39 ‘rocculari L’espressione dialettale ‘ROCCULARI, che significa cadere rotolando, deriva dal verbo francese “rouler” che significa rotolare. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): chillu si ‘ndeppi a rouler muccaturi L’espressione dialettale MUCCATURI, che significa fazzoletto, deriva dal francese “mouchoir”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): mi puliz z ai c'u mouchoir ” ITALIANO “quello dev’essere caduto” DIALETTO “chillu si ‘ndeppi a ‘rocculari” 40 ITALIANO “mi sono pulito con il fazzoletto” DIALETTO “mi pulizzai c’u muccaturi” 41 surici L’espressione dialettale SURICI, che significa topo, deriva dal francese “souris”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase L’espressione dialettale RACINA, che significa uva, deriva dal francese “raisin”. dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): vitti nu souris ‘nta cucina ITALIANO “ho visto un topo nella cucina” DIALETTO “vitti nu surici ‘nta cucina” 42 racina L’esempio proposto ai bambini (con la va cogghi nu pocu i raisin ITALIANO “vai a raccogliere un pò d’uva” DIALETTO “va cogghi nu pocu i racina” 43 buatta L’espressione dialettale BUATTA, che indica un contenitore di latta, una lattina, deriva dal francese “boîte”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): 'ndaiu u pigghju na boîte i pelati ITALIANO “devo prendere una latta di pelati” DIALETTO ’ndaiu u pigghju na buatta i pelati” 44 ‘nduja Il salume tradizionale calabrese denominato in lingua dialettale ‘NDUJA, deriva dal francese “andouille” che significa salsiccia, salame. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): mangiai na andouille bruscenti ITALIANO “ho mangiato un salame piccante” DIALETTO “mangiai na ‘nduja bruscenti” 45 vraseri L’espressione dialettale VRASERI, che significa braciere, deriva dal francese “brasièr”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): 'ndaju friddu, mi mentu vicino ‘o brasiè r ITALIANO “ho freddo, mi metto vicino al braciere” DIALETTO “’ndaju friddu, mi mentu vicino ‘o vraseri” 46 allumari L’espressione dialettale ALLUMARI, che significa accendere, deriva dal francese “allumer”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): potarrissi allumer a luci? ITALIANO “potresti accendere la luce?” DIALETTO “potarrissi allumari a luci?” 47 buffetta L’espressione dialettale BUFFETTA, che indica un tavolo da pranzo che fungeva da credenza, deriva dal francese “buffet”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): pigghja i posati ‘nta buffet ITALIANO “prendi le posate nel tavolo da pranzo/credenza” DIALETTO “pigghja i posati ‘nta buffetta” 48 buggia L’espressione dialettale BUGGIA, che indica la tasca, deriva dal francese “bouge” che indica in incurvamento, la pancia di un fiasco. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): 'ndaju i sordi ‘nta bouge ITALIANO “ho i soldi in tasca” DIALETTO “’ndaju i sordi ‘nta buggia” 49 tirabusciò L’espressione dialettale TIRABUSCIÒ, che significa cavatappi, deriva dal francese “tirebouschon”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): laprimu a buttigghja c'u tirebouschon ITALIANO “apriamo la bottiglia con il cavatappi” DIALETTO “laprimu a buttigghja c’u tirabusciò” tuppu L’espressione dialettale TUPPU, che indica una tradizionale acconciatura dei capelli ottenuta con l’incrocio delle trecce dietro la nuca e con l’aiuto di forcine, deriva dal francese “toupet”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale francese): 'ndavimu u nescimu, acconsati ‘u toupet ITALIANO “dobbiamo uscire, sistemati l’acconciatura” DIALETTO “’ndavimu u nescimu, acconsati ‘u tuppu” 50 51 Vi sono poi altri termini che sono stati oggetto del medesimo “gioco” e che non sono stati, però, raffigurati dai ragazzi: accattari Lo�Spagnolo che significa comprare, deriva dal verbo francese “acheter”; perciari che significa bucare, perforare, deriva dal francese “percer”; Il dominio spagnolo si è protratto nel meridione per oltre quattro secoli, dal 1282 al 1713, ed ha lasciato in eredità numerose voci. raggia che significa rabbia, deriva dal francese “rage” Da ricordare, inoltre, che francese comunque è una lingua neolatina e che tra il 1266 e il 1442 la casa d’Angiò teneva sotto la sua corona il Regno di Napoli. I cognomi con desinenza finale in -eri e -ieri sono di origine Normanna. 52 53 “attizzari L’espressione dialettale ATTIZZARI, che significa mettere legna nel fuoco deriva dallo spagnolo “atizar”. L’esempio proposto ai bambini (con la frase dialettale in cui il termine interessato è sostituito con l’originale spagnolo): scupetta L’espressione dialettale SCUPETTA, che indica un fucile, deriva dallo spagnolo “escopeta”. L’esempio proposto ai bambini: schianta ‘llu lupu c'a escopeta non poz z u atizar u focu ITALIANO “spaventa quel lupo con il fucile” ITALIANO “non posso mettere legna nel fuoco” DIALETTO “schianta ‘llu lupu c’a scupetta” DIALETTO “non pozzu attizzari u focu” 54 55 vrazzu L’espressione dialettale VRAZZU, che significa braccio, deriva dallo spagnolo “vrazo”. L’esempio proposto ai bambini: mi doli u vrazo ITALIANO “mi fa male il braccio” DIALETTO “mi doli u vrazzu” 56 soppressata L’espressione dialettale SOPPRESSATA, che indica un salame tipico, deriva dallo spagnolo “sobreasada”. L’esempio proposto ai bambini: mangiamu nu pocu i sobreasada ITALIANO “mangiamo un pò di salame” DIALETTO “mangiamu nu pocu i soppressata” 57 Vi sono poi altri termini che sono stati oggetto del medesimo “gioco” e che non sono stati, però, raffigurati dai ragazzi: arrustutu che significa arrostito, deriva dallo spagnolo (rotir = arrostire); ‘ntroppicari che significa inciampare urtando un ostacolo, deriva dallo spagnolo (atropellar); crianz a che significa buon comportamento(era criànza, secondo un costumeantico, lasciare nel piatto una piccola quantità di cibo detta appunto il boccone della creanza), deriva dallo spagnolo (crianza); z umpari che significa saltare, deriva dallo spagnolo (zumbar); 58 59 Conclusioni Il nostro viaggio tra la lingua italiana ed il dialetto calabrese termina qui, con la soddisfazione per l’entusiasmo dimostrato dai bambini durante le attività e con la speranza di lasciare agli addetti ai lavori un utile strumento per introdurre i bambini italiani e stranieri alla conoscenza delle preziose origini storiche e linguistiche della Calabria. Lasciamo i lettori con la speranza di averli quantomeno incuriositi ed invogliati ad approfondire un argomento così complesso e al contempo interessante, al fine di riflettere insieme sull’importanza della conoscenza e del recupero delle radici storiche di ogni territorio, soprattutto da parte delle nuove generazioni. 60 61 62 Bibliografia Ringraziamenti • Gerhard Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria, Longo, Ravenna, 1990; • Gerhard Rohlfs, Dizionario dei Cognomi e Soprannomi in Calabria, Longo, Ravenna, 1979; • Gerhard Rohlfs, Dizionario toponomastico ed Onomastico della Calabria, Longo, Ravenna, 1990; • Giuseppe Pensabene, Cognomi e Toponimi in Calabria, Gangemi, Reggio Calabria, 1987; • G. Amiotti - M. Vittoria Antico Gallina - L. Giardino, I Greci nel sud dell’Italia (Collana: I popoli dell’Italia Antica), Amilcare Pizzi, Milano, 1995; • F. Mosino, Dal Greco antico al Greco moderno in Calabria e Basilicata, G. Pontari, Reggio Calabria, 1995; • Antonio Canino, Basilicata Calabria, Touring, Editore, 1980; • L. Galasso, Vocabolario Calabro-Italiano, Edizioni Proposte, Nicotera (VV), 1995; • Secundì Sañé – Giovanna Schepisi, Dizionario Fondamentale Spagnolo-Italiano IalianoSpagnolo, DeAgostini, 1994; • E. Misefari, Storia sociale della Calabria, Jaca Book, 1973; • R. Speziale, Locri Epizefiri, dalle origini all’incursione saracena del 952, La Brutia & Pancallo, Polistena; • G. Errigo, La Locride, società, politica ed economia 1943-1955, Luigi Pellegrini, 1989; • E. Ciacieri, Storia della Magna Grecia, Volume II, Arte tipografica, Napoli, 1974; • AA.VV. Storia della Calabria antica, Gangemi, Tomo I (1987), Tomo II (1994); • AA.VV. Locri Epizefirii, (Atti del XVI convegno internazionale di studi sulla Magna Grecia, Taranto 1976), Napoli 1977; • Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria illustrata, Tomo III, Rubettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2001; • C. Sinopoli, S. Pagano, A. Frangipane, La Calabria – Storia – Geografia – Arte, a cura di F. G. Graceffa, Rubettino Editore, Soveria Mannelli (CZ), 2004. La prof.ssa Gabriella Bruzzese, per il prezioso aiuto nella correzione delle bozze I volontari dell’Associazione Don Milani – Onlus Tutti i partners di progetto, per la disponibilità e la collaborazione Sandra Perfetti, per la puntualità e la gentilezza 63 Il presente volume è stato curato da: Associazione Don Milani - Onlus Gruppo di lavoro: Elga Congiusta, Luca Giuseppe Ritorto Grafica ed impaginazione: Nicola Carabetta Stampa: Grafiche Femia S.r.l. Il volume è stato pubblicato con il finanziamento della “Fondazione per il sud” - Progetto “A scuola è meglio” (cod. 2007-43-437). La Fondazione per il Sud non è responsabile del contenuto della pubblicazione che impegna esclusivamente gli autori. 64