La chat come strumento educativo in età adolescenziale

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La chat come strumento educativo in età adolescenziale
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Educazione Professionale La chat come strumento educativo in età
adolescenziale
Relatore: Delle Fave Antonella Correlatore: Sordelli Giorgio Tesi di Laurea di: Perico Anita Matr. n° 654298 Anno Accademico 2005 ‐ 2006 A Mamma e Papà 2
Introduzione .......................................................................................................... 5
1
Chat ................................................................................................................ 9
1.1
Nascita di Internet e delle prime forme di chat....................................... 9
1.2
Comunicazione nella Rete..................................................................... 11
1.3
Habbo Hotel .......................................................................................... 13
Aspetti psicologici ................................................................................. 17
1.4.1
Identità .......................................................................................... 17
1.4.2
Maschere ....................................................................................... 21
1.4.3
Fuga............................................................................................... 23
1.4
Aspetti sociali/relazione sociale............................................................ 27
1.5.1
Incontro ......................................................................................... 27
1.5.2
Amicizia e innamoramento .......................................................... 30
1.5.3
Lavoro ........................................................................................... 41
1.5.4
Associazioni/volontariato per la chat ............................................ 48
1.5.5
Comportamenti devianti (criminali, truffe, importuni) ................. 51
1.5.6
Giochi............................................................................................ 54
1.5.7
Competizioni ................................................................................. 56
1.5
2
Rischi e potenzialità delle chat ................................................................... 58
2.1
Vita parallela tra reale e virtuale ......................................................... 58
Conseguenze negative ........................................................................... 62
2.2.1
Dipendenza e abuso....................................................................... 62
2.2.2
Internet addiction disorder (IAD).................................................. 66
2.2.3
Principali tipi di IAD..................................................................... 68
2.2.4
Metodi d’intervento....................................................................... 69
2.2
Utilizzo come strumento educativo ....................................................... 72
2.3.1
Sperimentazione dell’incontro ...................................................... 72
2.3.2
Specchio ........................................................................................ 75
2.3.3
Adolescente con problemi fisici.................................................... 76
2.3.4
Sfogo ............................................................................................. 78
2.3
3
L’educatore professionale .......................................................................... 81
‘70
Uno sguardo al passato: l’educatore dal secondo dopoguerra agli anni
81
3.2
Educatore Professionale: ruolo e competenze...................................... 84
3.1
3
3.2.1
3.2.2
3.2.3
3.3
4
5
Competenze professionali ............................................................. 87
Aree dell’intervento educativo...................................................... 90
Strutture in cui opera..................................................................... 92
Educazione, relazione educativa e educatore....................................... 94
Educatore e chat: una prima sperimentazione......................................... 99
4.1
Sperimentazione “EducatoreOnLine” .................................................. 99
4.2
Ipotesi di educatore non presente fisicamente .................................... 105
Ipotesi di lavoro nel virtuale .................................................................... 110
5.1
Ipotesi di progetto “EducatoreOnLine” ............................................. 112
EducatoreOnLine e servizi educativi virtuali: C.S.E.v. (Centro Socio
Educativo virtuale) e C.D.v. (Centro Diurno virtuale)................................... 119
5.2.1
C.S.E.v. (Centro Socio Educativo virtuale) ................................ 120
5.2.2
C.D.v. (Centro Diurno virtuale) .................................................. 122
5.2
Conclusione........................................................................................................ 126
Ringraziamenti .................................................................................................. 130
Bibliografia ........................................................................................................ 132
4
Introduzione
Circa due anni fa mi è balzata alla mente l’idea di concentrare la mia attenzione su chat e adolescenza. Ricordo un veloce brainstorming sugli argomenti possibili: l’adolescenza sarebbe stata sicuramente l’utenza a cui avrei riferito il mio interesse, gli argomenti erano però gli usuali. Ero comunque contenta di avere trovato almeno un’idea generica e sono andata da un’amica per riferirle le mie scelte. Questa ragazza, che al tempo aveva 15 anni, era intenta a battere velocemente le dita sulla tastiera e la tua mente era completamente persa nei messaggi istantanei che lo schermo le rimandava. Ricordo proprio la scena in cui ero in piedi di fianco a lei con in mano il foglio con i miei appunti in matita, e lei che con un “si si un attimo adesso guardo” mi ignorava completamente. Era come se sentisse la mia voce che la chiamava, ma non l’ascoltava. Era fissa a guardare uno schermo con il sorriso stampato in viso, gli occhi illuminati che guardavano le frasi di altri ragazzi che come lei stavano vivendo la chat in quel preciso momento. In quel istante ho deciso di puntare la mia 5
attenzione sull’argomento chat, anche se non sapevo ancora bene cosa dimostrare. Già due anni fa ero una frequentatrice di chat, ma non ho mai pensato di poterla guardare sotto un punto di vista diverso, non solo come un passatempo o come momento di relax dopo una giornata passata a scuola. Bisognava guardare al di là del semplice “passatempo” e “relax”. Nello stesso periodo ho iniziato a conoscere Habbo Hotel, una chat con caratteristiche particolari e molto curiose, la quale ha attratto in modo incredibile la mia attenzione. Ho iniziato a leggere libri che parlavano delle stanze virtuali, delle sue componenti più nascoste e dei movimenti interni che queste creano sui cosiddetti chatters. Tutto ciò mi ha aiutato ad avere un’idea più chiara di cos’è la chat, di come una persona, in modo inconsapevole, vive e utilizza la chat, del significato che essa può avere nella vita di una persona; mi ha aiutato anche ad avere un’idea più precisa dell’ipotesi che avrei voluto dimostrare e mi ha stimolato a costruire delle domande: le chat possono essere educative? O meglio, le chat possono essere utilizzate come strumento educativo? È proprio questa la domanda di fondo che mi ha accompagnato in tutti i miei studi, in molte delle mie chattate diurne e notturne e nella stesura di questo scritto. Esso si snoda in cinque capitoli in cui cerco di dimostrare che educatore professionale, chat e adolescenza possono essere “fusi” insieme in una forma di “educazione in pixel1”. Nel primo capitolo accenno la storia e la nascita di internet con i suoi diversi modi di comunicare e presento lo spazio virtuale su cui ho puntato la mia attenzione, ossia Habbo Hotel. Il passo successivo è stato quello di 6
presentare gli aspetti psicologici che prendono parte nella vita virtuale: un accenno all’identità, per poi parlare delle maschere e infine trattare della fuga, intesa come modalità di sfogo e “via d’uscita” per l’utente. Parallelamente tratto gli aspetti sociali e di relazione interpersonale che caratterizza la vita dei coetanei virtuali: incontro, innamoramento, momenti di svago con giochi e competizioni, ma anche una sorta di “volontariato” per la sicurezza della chat. In questa parte espongo, ad eccezione dei paragrafi “incontro” e “amicizia e innamoramento” le caratteristiche particolari di Habbo. Nel secondo capitolo mi sono concentrata sugli aspetti positivi e negativi della chat: ho portato alcune prime ipotesi teoriche del suo utilizzo come strumento educativo e dall’altra parte ho trattato l’abuso e la dipendenza di questo mezzo di comunicazione. Per quanto riguarda la dipendenza ho presentato la IAD (Internet Addiction Disorder), con le sue principali tipologie e i metodi d’intervento per farvi fronte. Nella parte riguardante le positività della rete parlo della sperimentazione dell’incontro, dell’utilizzo della chat come specchio, come fuga e come strumento educativo per disabili. Il terzo e il quarto capitolo sono dedicati interamente all’educatore professionale. Si parte con un accenno al passato, per poi esporre le competenze professionali, le aree di intervento, le strutture in cui opera. Il quarto capito è l’unione della teoria con la pratica: espongo la mia sperimentazione nell’Hotel. Nel quinto e ultimo capitolo presento tre possibili progetti in cui si unisce chat, adolescenza e educazione. Esso 1
È un singolo punto che definisce un'immagine sullo schermo
7
rappresenta la sintesi di tutto il lavoro di studio e di sperimentazione in prima persona durate tutto il periodo di stesura della tesi. 8
1 Chat
1.1 Nascita di Internet e delle prime forme di chat
“La chat è anche sognare: il sogno è ciò che anima la realtà virtuale2” Il progetto che portò alla nascita di internet fu elaborato nel 1969 negli Stati Uniti dall’istituto ARPA (Advanced Research Project Agency) del Ministero della Difesa. Lo scopo del progetto era quello di cercare una soluzione alle problematiche legate alla sicurezza nelle comunicazioni 2
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.
49
9
militari creando una rete privata, Arpanet, che inizialmente collegava quattro computer. Nel 1971 gli utenti connessi erano già 15, tra cui anche la NASA, e per tutti gli anni settanta Arpanet continua a svilupparsi in ambito universitario e governativo. È nel 1974 che, con l’imporsi dello standard di trasmissione TCP/IP3, il nome cambia da Arpanet al più conosciuto Internet4. È negli anni ottanta però che avviene il cambiamento decisivo nella vita della rete: ci si accorge che parallelamente all’uso istituzionale della rete si affianca anche un traffico di informazioni private, dallo scambio di idee degli scienziati ai messaggi estemporanei e le semplici chiacchiere. In questo modo nascono le e‐mail, la posta elettronica e i primi newsgroup. Nel 1983 la sezione militare si stacca definitivamente per creare una propria struttura più riservata di nome MILNET. Con l’uscita dei militari si impone definitivamente un dominio pubblico della rete e delle sue risorse. I primi collegamenti ad internet in Italia avvengono nel 1982 da parte di Università e scienziati. “È solo dal 1994 che anche i privati possono accedere ad internet5”. 3
TCP/IP è il protocollo utilizzato per la trasmissione di dati in Internet. Un protocollo è un
linguaggio che definisce il modo in cui i dati devono essere spediti in rete.
4
Ibidem
5
T. Cantelmi e V. Carpino, “Tradimento on line – limite reale e virtuale dell’amore”,
FrancoAngeli/Le Comete, Milano 2005, pag. 11
10
1.2 Comunicazione nella Rete
“In rete l’assenza del corpo non allontana, ma avvicina6” Internet si è sviluppato come una grande rete di scambio e condivisione di file e di informazioni sotto forme diverse: dal blog privato, ai forum di discussione, fino alla comunicazione in tempo reale delle chat. La posta elettronica permette di inviare e ricevere e‐mail da un utente all’altro. Questi devono essere in possesso di un indirizzo e‐mail costituito da un nome, dal simbolo @ e dal nome del dominio in cui l’utente si è registrato (ad esempio: [email protected])7. La comunicazione, anche se è molto veloce, è asincrona perché i messaggi sono inviati e ricevuti in momenti diversi. È possibile inviare non solo un testo scritto, ma anche immagini, filmati, documenti sottoforma di allegati. I newsgroup sono forum di discussione a cui si può accedere liberamente senza iscrizione e nei quali si tratta un determinato argomento. La differenza sostanziale tra quest’ultimi e le mailing list è che in quest’ultime è necessaria l’iscrizione ad una lista e un programma provvede all’invio dell’e‐mail ad ogni iscritto. I MUD (Multi User Dimensions) sono giochi di ruolo in cui gli utenti partecipano contemporaneamente. Esistono due tipi di MUD: uno sociale, 6
7
Ibidem, pag. 20
C. Guerreschi, “New addictions- le nuove dipendenze”, SAN PAOLO, Milano 2005
11
in cui i giocatori costruiscono insieme un mondo virtuale parallelo, creando oggetti e ambienti; uno di avventura, in cui i giocatori si trovano a vivere in un mondo di draghi e mostri: lo scopo del gioco è di accumulare punti sconfiggendo questi nemici virtuali e combattendo contro gli altri utenti8. Una caratteristica peculiare dei MUD è che essi necessitano una descrizione del personaggio molto precisa, per cui ognuno può costruire la propria identità come meglio preferisce. La chat è un sistema di comunicazione sincrona9, in cui ciò che l’utente scrive viene subito visualizzato agli altri utenti, i quali possono rispondere in tempo reale. Esistono due grandi categorie di chat: quelle che necessitano dei programmi mirc e pirch e quelle bi/tridimensionali. Le prime richiedono solo un nickname senza password o e‐mail e una volta entrati si può scegliere tra diverse sottoreti; quelle bi/tridimensionali, come Habbo Hotel, sono costituite da una forma grafica che permette ad ogni utente di essere rappresentato da un avatar10. Questo personaggio virtuale vive gli ambienti grafici relazionandosi con gli altri avatar (cioè i vari utenti collegati in quel momento) presenti nelle stanze virtuali. 8
R. Ciofi, “Giochi pericolosi? Perché i giovani passano ore tra videogiochi online e comunità
virtuali”, Angeli, Milano 2003
9
T. Mandel e G. Van der Leun, “Galateo in internet”. BOMPIANI, 1998
10
In un ambiente tridimensionale o virtuale (come nelle chat o in alcuni giochi), l'avatar è la
rappresentazione digitale dell’utente.
12
1.3 Habbo Hotel
“Fantastico, interattivo, divertente, colorato, solare, bello, stupendo […] la cosa più bella è che conosco tanta gente…11” Habbo Hotel è uno spazio virtuale nel quale i ragazzi possono chattare, rilassarsi e fare nuove conoscenze. È pensato per giovani dai 14 ai 20 anni, ma possono registrarsi persone di ogni età. La registrazione e l’utilizzo dell’Hotel sono gratuiti. Una volta registrati si “diventa” un Habbo12: ci si può muovere, ballare, mangiare, bere, giocare, nuotare e, ovviamente, conoscere altri ragazzi. Essendo l’hotel indirizzato ai minorenni, sono presenti forme di controllo e regole per assicurare sicurezza e tutela per le persone che chattano. Il controllo è fornito dai Moderatori: essi sono i membri dello staff di Habbo Hotel Italia/Sulake Italia, l’azienda finlandese che ha ideato e creato l’hotel. I moderatori sono presenti 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e Figura 1 Distintivo
dei Moderatori
sono identificabili attraverso uno speciale simbolo a fianco del loro nome. Il loro compito è quello di ammonire verbalmente, zittire e, in casi più gravi, negare l’accesso a l’Hotel a tutti coloro che non seguono le regole di 11
12
http://www.habbo.it/client.action. Eleda88, ore 18:06 del 12 febbraio 2006
l’Habbo è l’avatar che rappresenta le persone all’interno dell’hotel
13
comportamento (la cosiddetta “Habbo Way”). Il responsabile della Moderazione dell’Habbo italiano è l’Hotel Manager Lunadismeraldo. La Habbo Way è un’insieme di semplici regole che se seguite rendono sicuro e piacevole il “soggiorno” nell’Hotel. In Habbo non si può: • Chiedere o dare password, indirizzo e‐mail o altre informazioni personali • Imprecare o usare termini razzisti e offensivi • Usare programmi per ʺmodificareʺ lʹHotel • Trarre in inganno altri Habbo per farti dare Furni, Crediti, Informazioni Personali • Descrivere atti sessuali ad altri Habbo • Infastidire chi non vuole parlare con te • Cedere, vendere o comprare un account Habbo •
Infrangere la legge e/o spingere altri Habbo a farlo13 Per evitare argomenti di discussione e termini che potrebbero offendere qualcuno, ovvero bestemmie, comportamenti razzisti, riferimenti sessuali espliciti e altri termini offensivi, Habbo Hotel agisce attraverso il “filtro bobba”. Tutte le conversazioni, i nomi e le missioni14 degli Habbo, le conversazioni tramite console15, i nomi delle stanze degli ospiti e i post‐it vengono filtrate prima della loro apparizione sullo schermo e i termini offensivi sono sostituiti con la parola “bobba”. 13
http://www.habbo.it/help/habbo_way.html
la missione è uno spazio in cui l’utente può scrivere un pensiero o una frase a sua discrezione
che verrà poi visualizzata a tutti gli altri utenti quando si è selezionati.
15
la console è un sistema che permette di inviare e ricevere messaggi dagli agli Habbo inseriti
come amici, di cercare gli Habbo all’interno dell’Hotel, di inviare loro una “richiesta d’amicizia”
che permette di conoscere gli altri coetanei
14
14
I furni, dall’inglese ʺfurnitureʺ, sono i mobili virtuali con i quali si possono arredare le stanze degli ospiti e sono tutti inseriti nel catalogo. Esso si può visionare grazie ad un’icona che diventa attiva ogni volta che si entra in una qualsiasi stanza privata. Esso è formato da diverse categorie all’interno delle quali sono distribuiti tutti i furni, da quelli normali, a quelli più strani, ai rari e ai meno costosi. Ogni furno ha un costo che parte da 1 credito fino a un massimo di 25 per i rari. I furni rari sono quelli che rimangono in catalogo solo per un determinato periodo, solitamente una o due settimane, per poi non ricomparire più. I furni stagionali sono invece quelli che vengono inseriti nel catalogo annualmente e solo in situazioni Figura 2 Pic nic di Habbo
15
particolari (ad esempio per San Valentino ci sono dei “furni love”). I furni semplici sono invece quelli che rimangono sempre nel catalogo16. L’acquisto dei furni non è gratuito come l’iscrizione e l’utilizzo dell’hotel: essi si pagano con i gli Habbo Crediti. I Crediti si acquistano tramite SMS, telefono fisso, carta di credito, carta prepagata e habbo card17. Un Habbo Credito costa dai 18 centesimi di euro delle carte di credito e prepagate, fino ai 25 centesimi di euro tramite cellulare. I mobili acquistati possono essere utilizzati per arredare le stanze private degli ospiti. Ogni Habbo può creare gratuitamente la stanza, scegliendo nome, descrizione, chi far entrare e la struttura (a scelta tra 12 tipologie diverse). Il proprietario della stanza può spostare i furni, cacciare gli Habbo che danno fastidio e dare il diritto di spostare gli oggetti ad un altro Habbo. Da gennaio 2006 sono anche comparse Stanze degli Ospiti in formato ʺGiganteʺ, più grandi, con più caselle (arrivano fino a 420 caselle, contro le normali 81). Le stanze Pubbliche, invece, sono create dallo staff e sono accessibili a tutti18. Le stanze più frequentate sono l’Habbo Lido, il Salone di Benvenuto, il Parco e il Picnic. Habbo Club è il club più esclusivo dellʹHotel e ne fanno parte moltissimi Habbo perché offre molti di vantaggi e privilegi speciali. Far parte del Club ha un costo di 25 crediti al mese e l’iscrizione, che è naturalmente facoltativa, dura 31 giorni19. I vantaggi che offre essere HC sono notevoli: un esclusivo distintivo HC, forme speciali per le stanze degli ospiti, abiti e acconciature diverse, accesso prioritario alle Aree Pubbliche, tre stili di 16
http://www.habboworlds.altervista.org/modules.php?name=Furni
le Habbo Card sono delle carte prepagate del costo di 5 € che si acquistano nelle fumetterie e
valgono 25 crediti.
18
http://it.wikipedia.org/wiki/Habbohotel
19
http://www.habboworlds.altervista.org/modules.php?name=Habbo_Club
17
16
ballo diversi, una Console che contiene 500 amici (contro la console normale che ne può contenere 100), accesso alle Aree VIP20 riservate e furni HC esclusivi in regalo ogni mese21. 1.4 Aspetti psicologici
“In internet la maschera consente all’uomo di liberare la propria anima ingabbiata nel corpo premettendogli di descrivere se stesso come vorrebbe essere22” Prima di entrare nel vivo dell’argomento e prendere in considerazione gli aspetti fondamentali della chat, ho pensato sia necessaria una breve parentesi dedicata all’identità, essendo questo un argomento fondamentale per chi vive la chat. 1.4.1 Identità
L’identità è una dimensione fondamentale e problematica della personalità; essa è una dimensione psichica complessa che subisce delle 20
Le Aree VIP sono stanze pubbliche dove l’accesso è consentito solo ai membri Habbo Club.
Queste stanze sono il Club Mammoth e il Club Orient. Questi locali sono definiti dallo stesso staff
come “i più glam e trendy dell'Hotel”
21
http://www.habbo.it/club/index.html
17
modifiche nel tempo e che permette all’individuo di percepirsi come unico all’interno di ruoli diversi. È l’intreccio tra diversi fattori: •
l’immagine che abbiamo di noi stessi e degli altri; • i diversi ruoli sociali che acquisiamo nel corso della nostra vita e che possono trasformasi sotto l’azione di forze interne o esterne di varia natura (che possono essere o no in accordo con il nostro sé) • l’immagine che gli altri hanno di noi e che ci riflettono con le loro valutazioni, conferme, rifiuti o disconferme; • le diverse percezioni che abbiamo di noi stessi e dei nostri ruoli23. Goffman sintetizza l’identità personale come “un insieme di ruoli che ognuno recita di fronte al mondo, o perché li ha scelti, o perché gli sono stati assegnati, o perché vi è stato indirizzato, in forme esplicite o implicite, fin da quando era bambino24”. L’assenza di identità porta a difficoltà a posizionarsi nel mondo, nel fare scelte coerenti, nel relazionarsi con gli altri, porta l’assenza di un ruolo e senso di vuoto. Per questo motivo una persona preferisce avere in ogni caso un’identità, anche se negativa e con un ruolo distruttivo; le conseguenze che derivano dal non avere un’identità sono talmente forti che la persona non riuscirebbe a gestirle. L’altro ha un ruolo fondamentale per la nostra identità: tutti sperano che l’immagine di sé sia confermata nell’ambito sociale. L’identità, infatti, può entrare in crisi nel momento in cui tra il Sé e l’Io si crea un divario. Questo 22
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.
80
23
A. Oliverio Ferrarsi, “La ricerca dell’identità”, Giunti, Firenze 2002, pag. 9
24
ibidem, pag. 18
18
succede quando di fronte agli altri si indossa un Io (sociale) che è diverso o addirittura opposto al proprio Sé (soggettivo). Infatti, il senso di unitarietà e continuità è il fondamento per un’identità personale adeguata. La continuità permette di essere sé stessi anche in presenza di insuccessi, difficoltà e cambiamenti psicologici e fisici della crescita25. Ma come nasce l’identità personale? La sua formazione è una conquista che si realizza grazie alla crescita: nei primi mesi c’è la fusione simbiotica con il corpo della madre; successivamente il bambino acquista la consapevolezza di essere altro da, cioè un’identità differenziata sia fisicamente che psicologicamente26. I rinforzi positivi sono necessari fin dai primi tempi perché fanno sì che il bambino inizi ad amarsi e a stare bene con sé stesso. Successivamente durante l’adolescenza, nel giro di poco tempo, il corpo e le aspirazioni cambiano. Il ragazzo si trova in un corpo diverso da quello a cui era abituato e deve necessariamente operare un rististemazione della propria identità. Questo viene fatto ad esempio attraverso la fantasia: gli adolescenti giocano con la propria identità identificandosi ad esempio con personaggi famosi (calciatori, cantanti, modelle) i quali godono di ammirazione, oppure assumendo identità personali che nella vita reale non riescono ad assumere. Sono alla ricerca di un modello adulto, diverso da quello genitoriale, a cui identificarsi. Identificazione significa il diventare simili a una persona o a un gruppo, compreso il far proprie le idee, le abitudini, i valori, ecc… Per creare la propria identità si passa necessariamente per le identificazioni, viste come una “palestra” per sé 25
26
Ibidem, pag. 25
Ibidem, pag. 25
19
stessi. È comunque necessario tornare in sé stessi per salvaguardare la propria unicità e autenticità. Se un adolescente non riesce a dare un senso alla propria esistenza e a capire chi è, chi sta diventando e chi può diventare, può anche provare tutte le devianze possibili. Infatti, per sentire di esistere e per trovare legittimazione esterna, il ragazzo si basa su rituali privati basati sulla trasgressione. L’efficacia psicologica è bassa, infatti solitamente è solo il gruppo dei pari che si accorge della trasgressione. Tutto ciò ci porta a prendere in considerazione la negazione e il falso sé la cui caratteristica fondamentale è la mancanza di autenticità. I motivi per cui una persona può ricorrere a un falso sé possono essere legati all’altro, per cui adottando un sé diverso si spera di conquistarlo, di fare una buona impressione, di non deludere le aspettative altrui; oppure per aderire a un modello ideale troppo distante dal proprio sé27. L’adolescente non ha ancora un’identità ben definita ed è più incline a nascondere il proprio sé nel momento in cui non riesce a soddisfare le aspettative e le richieste di amici, familiari o del patner; può quindi sperimentare ruoli diversi per capirne caratteristiche e efficacia. Il falso sé può essere vissuto o come una maschera temporanea o può avere un significato più profondo perché interferisce con il vero sé e non lo fa emergere. Internet aiuta in tutti questi movimenti del sé, sia incoraggiando l’acquisizione di un falso sé, in modo tale da poter sperimentare ruoli diversi sia per “tirar fuori” il vero sé occultato. 27
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001
20
1.4.2 Maschere
Un aspetto fondamentale e costitutivo delle chat è proprio la presenza delle maschere che permettono all’utente di “lasciarsi andare” totalmente: tutto, o quasi, in internet è permesso ed è normale. “Se si è sempre desiderato di essere bisessuale” e nella vita reale non lo si ha mai osato ammettere a sé stessi e a chi ci sta intorno, “si va on line e si soddisfa questa fantasia28” senza la paura di essere giudicati. Se si dovessero ottenere risposte negative dal nostro amico virtuale del momento, è necessario un solo click per andare alla ricerca di qualcun altro. La bassa stima di sé, la depressione, l’ansia, la noia, la malattia o il trauma, la paura del giudizio sono tutti elementi che spingono il ragazzo ad acquisire una maschera invece di presentarsi per quello che è realmente. Con le maschere si possono soddisfare tutte le più diverse pulsioni: divento differente da quello che sono pur rimanendo comunque me stesso. Questo però può portare alla “delusione”, simile a quando nell’amore o nell’amicizia si vive un sentimento legato al tradimento. In chat la delusione è legata al fatto che la persona che noi immaginiamo dietro lo schermo è in realtà unʹaltra. Logicamente una persona rimarrà più delusa quando il grado di diversità tra l’immaginazione e la realtà è più ampio. Il vivere virtualmente in questo tipo di maschera può portare il rischio di non riuscire più a riprendersi la propria reale identità. In questa situazione non basta un click del mouse; la vita reale non è fatta di click, di avatar e di emoticon. Internet è come se fosse l’incontro tra sé e il proprio inconscio. In questo modo, esce da dentro tutto ciò che una persona nella 21
vita reale evita di dire, di vivere e anche talvolta di pensare. Non riuscendo più a togliersi la maschera si corre il rischio di trasportare il sé virtuale nel sé reale, confondendo la persona, mettendola in crisi, facendola riflettere sulle domande esistenziali al quale credeva di aver già da tempo risposto o alle quali non aveva ancora accennato a rispondere. Solitamente nelle chat irc non essendo presente il corpo, non è importante neanche tutto ciò che riguarda esso: lo stare al passo della moda, l’essere giudicato per il modo di vestire, l’indossare determinate scarpe, cappelli o cinture. Non ci sono modelli culturali da seguire. In una chat come Habbo invece anche questi elementi sono importanti e quasi fondamentali perché la prima cosa che si nota dell’altro habbo è proprio il modo di vestire che ha scelto l’utente. È possibile scegliere tra varie magliette, pantaloni, gonne per le ragazze, scarpe, capelli e cappellini, viso e colore della pelle. Episodi di razzismo sono frequenti in Habbo, anche solo per scherzo, verso chi decide di mettere il colore della pelle scura. Uno dei giochi che si svolgono in Habbo è proprio legato all’aspetto esteriore dei personaggi: bacio o schiaffo. I ragazzi si dividono, da una parte le femmine e dall’altra i maschi; a turno tutti i ragazzi e tutte le ragazze vanno dal più brutto/a, il quale viene eliminato. Si continua in questo modo fino a quando non rimangono due habbo, un maschio e una femmina, che vanno in un’altra stanza a conoscersi meglio. In questo gioco non è importante il carattere e le parole, ma solo ed esclusivamente l’aspetto fisico del proprio habbo. Caratteristica fondamentale dell’età adolescenziale è il cambiamento e, di conseguenza, l’accettazione e il riconoscimento del proprio corpo che 28
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.
84
22
cambia; nelle chat non c’è il corpo, quindi se l’adolescente non ama il corpo cambiato, può trovare nella chat un buon modo per nascondere i propri lati che non accetta. 1.4.3 Fuga
“Violini… Una passeggiata di note… leggere… Suoni rapidi ma soffici come piccoli fiocchi di neve che volteggiano nell’aria. La calma avvolge la scena mentre i clarinetti come uccelli tra gli alberi, prendono a suonare… lentamente… dolcemente Si aggiunge un piccolo gruppo di archi… delicato come il fruscio delle foglie mosse dal vento… quella brezza estiva di cui percepivo la presenza… Le note sembrano scivolare al suolo, il silenzio avvolge la scena, pochi attimi… così la velocità, i fiocchi di neve si tramutano in gocce di pioggia… i clarinetti in oboe e da questi in ottoni… tamburi, sempre più forti, violenti, bassi, contralti e tenori giostrano in una tempesta di suoni, schegge di parole… Mi avvicino allo stereo e lentamente abbasso il volume, non tutti avrebbero gradito il Requiem di Mozart o, per lo meno, alle dieci di sera. Chiudo ancora gli occhi cercando di “rimescolarmi” nel cuore del musicista ma gli argentei raggi lunari filtrano nella mia mente, rapiscono i miei pensieri, riportandomi alla realtà… Lampi precisi come le affilate unghie di un gatto, graffiano la terra e paralleli a me, dall’altra parte di quel grande teatro chiamato cielo, gli astri: i suoi spettatori. Silenzio… s’odono solo l’ululare del vento e i tuoni allontanarsi; le mie labbra si aprono lentamente, come dovessero pronunciare le loro ultime parole: “sono sola”. La mia voce risuona per la casa diffondendo nel mio cuore un senso di sicurezza che però, svanisce pochi secondi dopo, lasciando nella mia mente una impalpabile 23
malinconia; forse è quella che gli adulti, nei loro confusi discorsi, chiamano “adolescenza”, probabilmente sto attraversando una di quelle fasi che i grandi commenterebbero dicendo: “capirai, questo non è niente a confronto di quello che troverai dopo”, non rendendosi conto che nessuno può tornare indietro per rivivere la sua esperienza, chiunque vive l’attimo e in quel momento non c’è problema più grande di quello che cerchi di affrontare. Alzo gli occhi, allora vedo di fronte a me la terra in uno schermo intitolato “chat‐
room”. Monica, Max, Marco, Silvia… la lista continua, sempre più numerosa, aumentano i granelli di sabbia del deserto immaginario costruito nella mia mente, un deserto chiamato “amcizia”, un deserto in grado di crollare al minimo alito di vento, un pericolo di cui conoscevo l’esistenza, un rischio calcolato che avevo deciso di affrontare. Lì è la mia vita, la felicità che non trovo nella realtà, forse un modo come un altro di fuggire dai problemi, forse il modo più efficace… Vivevo due storie… Nella prima, la protagonista era una dodicenne, Sandra, uguale alle altre, forse un po’ meno simpatica poiché timida e taciturna; nella seconda, invece, vi era Lyli, sempre la stessa dodicenne, ma molto aperta, dolce, una ragazza che aveva stupito persone molto più grandi di lei tanto che l’avevano giudicata mentalmente “più evoluta” rispetto alla sua età. Dopo cinque ore di scuola Sandra tornava a casa, accendeva il computer ed ecco la magia, appariva Lily; vecchi amici la salutavano, altri volevano conoscerla… ma in mezzo a tutti quei piccoli granelli ce n’era uno, più brillante, più splendente degli altri, l’unico componente di un altro deserto chiamato “amore”, un deserto molto più piccolo poiché una bambina non poteva comprendere il reale significato 24
di quell’espressione. Di lui le parole erano fragili ticchettii su di una tastiera; rompevano il silenzio come piccole gocce d’acqua… di lui le frasi al telefono e il debole respiro in quei pochi attimi che lo sentii, erano calore nei miei pensieri; è stato il “primo amore” anche se distante chilometri e chilometri, un amore ormai finito i cui ricordi rimarranno sempre indelebili nella mia memoria. Il giorno dopo si ricominciava tutto da capo; Cenerentola tornava vicino al caminetto, la carrozza tornava una zucca… così Sandra tornava in cerca di amicizie, scrivendo testi sulla propria vita al professore, forse colui che, dopo tutto, la conosceva meglio di chiunque altro.29” La chat è una via di fuga che permette di dimenticare ogni problema per tutto il tempo in cui si è collegati. Come si vede nel brano la fuga è temporanea. Nel momento in cui Lyli spegne il computer la magia del momento finisce e Sandra ritorna improvvisamente. In effetti è una sensazione strana quella che si prova dal passare dal mondo della chat al mondo reale. Quando si sta vivendo un momento particolarmente forte in una stanza virtuale il tornare alla realtà porta con sé un sentimento di tristezza perché si vorrebbe che quel momento in non finisse mai. Si è completamente immersi in quel momento, in quel luogo virtuale, in quel personaggio specifico, ci si sente bene, si è talmente immedesimati nel mondo virtuale che è come se il corpo non esistesse, i suoni, le voci, i rumori intorno non vengono ascoltati. Una volta ho conosciuto una ragazza di 18 anni che era alla sua prima volta in Habbo. Doveva uscire per il giro quotidiano col cane, ma si avvicinava alla porta della stanza e diceva “è possibile che non riesca a staccare?”. Evidentemente riuscivo a 25
darle una sicurezza tale da non volersene andare neanche per 10 minuti, anche se poi, passato quel giorno, non ci siamo più sentiti. Questo è solo uno dei tanti esempi che si possono prendere in considerazione quando si tratta questo argomento. La chat permette di sperimentare emozioni mai provate nella realtà, legate al superamento del limite personale e spazio‐temporale30. Infatti queste emozioni e sensazioni particolari sono possibili perché corpo e sensi che ci legano all’esterno non sono presenti. È tutto legato alle parole e, nel caso di Habbo, anche alla stanza virtuale più o meno arredata e all’aspetto dell’avatar. Tra l’altro la fuga è strettamente legata alla dipendenza, perché il senso di benessere e la voglia di provare queste sensazioni positive possono essere ricercate più volte al giorno. Per alcuni questo effetto viene addirittura paragonato ai trip delle droghe31. Questo perché la rete “cattura” soprattutto la gente insicura, persone che devono far fronte a problemi più grandi o adolescenti problematici. 29
http://kidslink.bo.cnr.it/ic16-bo/reni/ipertesti/italiano/creativa/chat.htm
K. S. Young, “Presi nella rete – intossicazione e dipendenza da internet”, CALDERINI ed.
Agricole, 2000
31
ibidem
30
26
1.5 Aspetti sociali/relazione sociale
“L’uomo che tutela i propri amici non è mai vittima delle tempeste dell’esistenza; ha le forze per superare le difficoltà e andare avanti32 1.5.1 Incontro
23:26
32
-.- scrive:
il mio migliore amico
-.- scrive:
l'ho conosciuto qua
-.- scrive:
io gli voglio un bene dell'anima e viceversa
-.- scrive:
non ci siamo mai visti
-.- scrive:
perchè io sono a torino e lui a napoli
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
come fa ad essere il tuo migliore amico?
-.- scrive:
perchè si è dimostrato amico
-.- scrive:
quando ne avevo bisogno
-.- scrive:
quando avevamo a che fare con il forum
-.- scrive:
che gestisco
-.- scrive:
è stato un amico
-.- scrive:
e persone come lui
-.- scrive:
ne conosco solo 2
-.- scrive:
uno lo conosco da una vita nella realtà
P. Coelho, “Manuale del guerriero della luce”, Bompiani, Milano 1997, Pag. 27
27
-.- scrive:
e l'altro l'ho conosciuto in chat e nella
realtà
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
nn puoi pensare ke da un giorno all'altro se ne possa andare?
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
il tuo amico di chat
-.- scrive:
no
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
xke' no
-.- scrive:
assolutamente
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
cosa ne sai..
-.- scrive:
perchè è impossibile
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
no
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
no
-.- scrive:
abbiamo la stessa passione
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
e poi no
-.- scrive:
per il pc
-.- scrive:
e lui
-.- scrive:
non se ne andrebbe mai
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
naaaaaa
-.- scrive:
senza parlarmene
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
ah ok
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
ti parlerebbe
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
e ti direbbe ke si è rotto
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
e allora ciao ciao
-.- scrive:
no
-.- scrive:
non chiuderebbe cosi
-.- scrive:
chiuderebbe sulla chat
-.- scrive:
ma non nella realtà
-.- scrive:
se la cosa viene troncata
-.- scrive:
28
in chat..
-.- scrive:
automaticamente
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
si tronca anke nella realtà
-.- scrive:
io e lui ci vedremmo
-.- scrive:
nella realtà
-.- scrive:
no non è possibile
-.- scrive:
se troncasse è per qualcosa
-.- scrive:
che si è fatto
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
perchè dici così...
-.- scrive:
perchè lo conosco bene
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
bha..
-.- scrive:
perchè abbiamo litigato una marea di volte
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
non sono d'accordo
-.- scrive:
ma alla fine
-.- scrive:
io o lui
-.- scrive:
siam tornati a chiedere scusa
..nas.. – CuOrE Di LaTTa -- scrive:
esperienza personale xD
-.- scrive:
eh io dovrei dire al contrario
-.- scrive:
nella realtà ho avuto
-.- scrive:
solo brutte esperienze
-.- scrive:
ecco perchè io sono CATTIVA
-.- scrive:
preferisco essere antipatica alla gente
[…] -.- scrive:
vedi per esempio al mio migliore amico
-.- scrive:
gli si è cimito il pc..
-.- scrive:
mi ha chiamato..
-.- scrive:
mi ha chiesto di salvargli delle cose..
-.- scrive:
29
mi ha detto di sbrigargli delle commissioni
-.- scrive:
con alcune persone sulla chat..
-.- scrive:
io senza problemi gli ho parato il sedere
-.- scrive:
23:37 XD33
Questo dialogo vuole mostrare come sia possibile che tramite la chat nascano relazioni importanti come l’amicizia. Tali rapporti sono difficili da trovare nella vita reale come in quella virtuale e crescono soprattutto tre le persone che si conoscono maggiormente. Il “grado” di conoscenza in Internet è dato dal tempo passato a chattare insieme: è proprio con queste persone che nasce l’intimità. Ma come fa a nascere l’intimità? E cos’è l’intimità attraverso uno schermo? Bisogna premettere che i tempi in chat sono molto pià bravi rispetto alla vita reale: in pochi minuti il livello di intimità può essere già tale da permettere domande molto private. Attaccamento e intimità si mostrano attraverso le piccole cose: il saluto ogni volta che si entra in chat, l’interesse mostrato attraverso semplici domande sulla vita reale e una e‐
mail per augurarci la buonanotte nel caso non ci si senta tutto il giorno Tutte queste piccole cose fanno si che possa nascere un buon rapporto reciproco tra i due utenti. Rapporto di amicizia e perché no anche di amore. 1.5.2 Amicizia e innamoramento
15.27
33
::..mistery..:: scrive:
in habbo volevo rimettermi con jenny
::..mistery..:: scrive:
cioè
::..mistery..:: scrive:
mettermi ufficialmente con jenny
::..mistery..:: scrive:
domenica 24 settembre 2006
30
solo ke è una stronzetta
::..mistery..:: scrive:
e nn mi va di tornare da lei
HaBBiNa scrive:
ok
::..mistery..:: scrive:
quindi me ne devo trovare un'altra
HaBBiNa scrive:
e quindi la ruota di scorta sarei io
HaBBiNa scrive:
ma sikkome io nn sn la ruota di scorta di nessuno!!
HaBBiNa scrive:
scordatelo!
::..mistery..:: scrive:
eh sì x' se no tu ti metteresti con me
HaBBiNa scrive:
ma io nn faccio la ruota di scorta a nessuno1
::..mistery..:: scrive:
-.HaBBiNa scrive:
quindi scordatelo!!
::..mistery..:: scrive:
-.::..mistery..:: scrive:
menosa permalosa
HaBBiNa scrive:
nn si tratta di essere menosa o permalosa!!
::..mistery..:: scrive:
cmq qnd entra franci?
HaBBiNa scrive:
nn lo so
::..mistery..:: scrive:
cazzo dovrò fare il freddo
HaBBiNa scrive:
è a scuola
::..mistery..:: scrive:
tnt so ke mi sciolgo appena la vedo
HaBBiNa scrive:
ma lei sa ke viete lasciati?
::..mistery..:: scrive:
no
HaBBiNa scrive:
ah bn quindi ci provi cn le altre senza
::..mistery..:: scrive:
ascolta
HaBBiNa scrive:
dirle neanke nulla
::..mistery..:: scrive:
ieri sera ce ne siamo andati in una stanza io e lei
HaBBiNa scrive:
compliemnti !!
::..mistery..:: scrive:
31
le ho kiesto ke aveva dato ke era freddissima con me
HaBBiNa scrive:
e beh?
::..mistery..:: scrive:
ascoltami
::..mistery..:: scrive:
e mi diceva "nulla"
::..mistery..:: scrive:
le ho detto se era per il fatto di upa
::..mistery..:: scrive:
e mi ha detto "non ho nulla"
::..mistery..:: scrive:
-.::..mistery..:: scrive:
e rimaneva fredda
::..mistery..:: scrive:
dopo un po le ho detto di farsi sentire qnd le passa il nulla
::..mistery..:: scrive:
e se n'è andata
::..mistery..:: scrive:
quindi
::..mistery..:: scrive:
per me
::..mistery..:: scrive:
siamo in pausa...
HaBBiNa scrive:
ok...
::..mistery..:: scrive:
ecco
HaBBiNa scrive:
mah boh1
HaBBiNa scrive:
!
::..mistery..:: scrive:
bo..?
HaBBiNa scrive:
nn so ale nn so cosa pensare nceramente1
::..mistery..:: scrive:
ma per il mio comportamento o per lei?
::..mistery..:: scrive:
o per tt e due..
HaBBiNa scrive:
nn so un insieme di cose
::..mistery..:: scrive:
senti ma sincera
::..mistery..:: scrive:
lei nn ti ha detto nulla di me
HaBBiNa scrive:
ieri sera mi ha detto
HaBBiNa scrive:
hai aprlato cn mistery
HaBBiNa scrive:
e io ho detto no
32
15:39
HaBBiNa scrive:
in effetti nn sapevo cm erano andate le cose
::..mistery..:: scrive:
ah ok..
::..mistery..:: scrive:
tu.. cioè.. se te lo kiede ancora..diglielo ke la sento strana e
fredda e ke nn so più ke fare e ke mi sento spiazzato.. x' nn è
più come prima e allora bo.....
HaBBiNa scrive:
ok...
::..mistery..:: scrive:
thanx
HaBBiNa scrive:
di nulla!34
“Riguardo l’innamoramento potrebbe avvenire solamente se uno dei due trova il coraggio di andare dall’altra persona.. pur sapendo che è difficile perché si ha paura di non piacere.. ma se si tiene tanto ad una persona perché ti sembra tanto simpatica e tanto tanto dolce allora.. si può tentare, al massimo si rimane amici… ;)35” Un computer può far provare sentimenti e emozioni alla persona che siede davanti allo schermo. Perché ci sia innamoramento è necessario uno stato di crescente insoddisfazione, impressione di vivere in un modo falso, sensazione di stress e soffocamento dal mondo che ci circonda. Tutto ciò è quello che precede lo stato nascente dell’innamoramento, cioè “il processo in cui viene spezzata la struttura che ci imprigiona36”. Questa è un’esperienza particolare di transizione da uno stato negativo ad un altro positivo, in cui prevale il desiderio di vivere, ci si sente felici, euforici, e ogni cosa è stupenda. Improvvisamente ci si trova a vivere in un mondo pieno di amici; una persona particolare diventa capace di venire incontro ai nostri desideri e 34
mercoledì 17 maggio 2006
Messaggio via console di Habbo del 4 ottobre 2006
36
T. Canterlmi, V. Carpino, Tradimento on line, Franco Angeli/Le Comete, Milano 2005
35
33
diventa tutto ciò che si è sempre sognato e idealizzato. Quindi perché ci sia innamoramento occorre lo stato di disagio, l’accumulamento di tensione, energia vitale e lo stimolo adeguato che possa portare al cambiamento. Internet può rivitalizzare i rapporti sociali e far fronte a solitudine e isolamento tipici del periodo pre stato nascente. Grazie all’anonimato si riesce ad essere più spontanei e sinceri; grazie a questo si riescono a ottenere livelli di intimità particolari, che prendono in considerazione solo l’essenza dell’essere. Dal semplice scambio di informazioni iniziale, tra le due persone che chattano può nascere qualcosa in più, si scoprono affinità particolari, ci si apre maggiormente e ci si può anche innamorare. 11:22
Ginger scrive:
ma qnd vi siete visti la prima volta?
Ginger scrive:
cm'è stato
Ginger scrive:
nn c'era imbarazzo?
Morèèè scrive:
un pò si visto ke stavamo già insieme xò poi è stato
cm se c conoscessimo da sempre
Ginger scrive:
?
Ginger scrive:
stavamo già insieme ke vuol dire
Morèèè scrive:
anke se nn c'eravamo mai visti stavamo insieme lo
stesso e dopo un paio d mesi c siamo visti
Ginger scrive:
:o
Ginger scrive:
ma ke kazz
Ginger scrive:
ehm..
Ginger scrive:
cioè in internet??
Morèèè scrive:
???
Morèèè scrive:
si
Morèèè scrive:
ma c sentivamo al telefono mica in internet
34
Ginger scrive:
ho capito
Ginger scrive:
ma nn vi vedevate cmq
Morèèè scrive:
e ke c'entra?
Ginger scrive:
bè..
Ginger scrive:
cioè..
Ginger scrive:
cmq nn vi conoscevate dal vivo!
Ginger scrive:
è cm star insieme a un'essenza..
Ginger scrive:
bo…
Ginger scrive:
mi fa strana sta cosa
Morèèè scrive:
x me nn è strana..
Ginger scrive:
perchè no?
Morèèè scrive:
xkè sapevo ke presto c saremo visti
Ginger scrive:
ma la realtà nn è internet
Morèèè scrive:
ma t ripeto ke internet nn c'entrava +eravamo cm 2
ke stavano insieme xò s sentivano al cel xkè abitavano
lontani
Ginger scrive:
ok..
Ginger scrive:
però..
Ginger scrive:
cioè….
Ginger scrive:
cmq nn lo hai visto dal vivo reale cm muove cm è
Ginger scrive:
nn so se capisci quello ke voglio dire
Morèèè scrive:
si ho capito
Morèèè scrive:
ma a me nn interessava m piaceva x la persona ke era
quindi nn m importava cm camminava o altro
Ginger scrive:
bè..
Ginger scrive:
però io sto sull'idea ke kmq l'altro è una specie di cosa
ke c'è e nn c'è anke se si è passati al tel!!
Ginger scrive:
oh
Morèèè scrive:
35
nn siamo daccordo su qst io parlo così xkè c'era
sentimento adesso nn so tu cm la vedi
Ginger scrive:
ok..
[…]
Ginger scrive:
tu provavi amore per lui?
Morèèè scrive:
certo
Ginger scrive:
ehm..
Morèèè scrive:
??
Ginger scrive:
senza conoscerlo
Morèèè scrive:
nn puoi capire!! capisce sl ki c è passato..e ne conosco
tante d persone ke s sn innamorate davvero anke
senza conoscersi d persona
Ginger scrive:
cerca di spiegarlo..
Morèèè scrive:
nn posso spiegartelo!
Morèèè scrive:
è una cosa ke senti
Ginger scrive:
ok
Ginger scrive:
però..
Ginger scrive:
io dico..
Ginger scrive:
cioè….
Ginger scrive:
allora conosco sto ragazzo su internet e c si sente
attratti, poi c scambiamo i cell e ci sentiamo per tel ci
mettiamo insieme perchè cmq penso ke la cosa diventi
naturale, del tipo "io nn vado con nessuno per rispetto
tuo e viceversa"ma tutto in modo naturale ripeto
Ginger scrive:
quindi è come se foste insieme…
Ginger scrive:
è così??
Morèèè scrive:
si + o meno si
Ginger scrive:
ehm..
Ginger scrive:
ma cm fai a provare amore per una persona ke nn
conosci dal vivo??? azz nn pensavo fosse possibile!!!
Morèèè scrive:
è possibilissimo!
36
11:37
Morèèè scrive:
potrai dire ke è possibile quando e se c passerai anke
tu..
Ginger scrive:
ma succede sta cosa di prendersi per un altro..
Ginger scrive:
ma kiamarlo già amore..
Ginger scrive:
cmq la realtà e il tel sn diversi
Morèèè scrive:
se si è all’inizio è solo affezionarsi tt qua37
L’amore in chat è un insieme di parole e di emozioni scritte. È percepito da chi lo vive come vero, reale e profondo e il virtuale è soltanto uno sfondo. C’è una sorta di “magia” tra i due, che è difficile da spiegare a parole: ci si sente vicini alla persona che sta al di là dello schermo, anche se fisicamente molto lontana, anche se non si conoscono i lineamenti del viso. Ci si riesce ad aprire, ad esprimere grandi emozioni anche solo attraverso una tastiera e uno schermo perché ci si concentra su di sé, sulle parole, sulle proprie emozioni. Chi scrive lascia in disparte la propria fisicità, si concentra solo sul messaggio che vuole inviare e lo riempie di emozioni e sensazioni. Un rischio molto diffuso legati all’innamoramento in chat è l’idealizzazione dell’altro, in cui immaginazione e fantasia sono le protagoniste. L’altro diventa tutto ciò che non si trova in realtà e ciò che si è sempre sperato di trovare. 23:15
Ginger ® scrive:
ti è mai capitato a te?
Mary scrive:
no io in prima xsona
Mary scrive:
nn credo all'innamoramento
Mary scrive:
di chat
37
venerdì 21 aprile 2006
37
Mary scrive:
penso ke ci può affezionare
Mary scrive:
partikolarmente ad una xsona
Mary scrive:
può nascere una bella amicizia
Mary scrive:
un'amicizia vera...
Mary scrive:
ma nulla di +!
Ginger ® scrive:
amicizia vera?
Mary scrive:
xkè no?
Mary scrive:
se poi è vicini della stessa regione
Mary scrive:
o addirittura
Mary scrive:
della stessa città
Mary scrive:
è ankora + facile!
Ginger ® scrive:
nel senso ke ci si può incontrare?
Mary scrive:
ma snetir anke al di fuori della chat e naturalmente
li le cose potrebbero cambiare...
Ginger ® scrive:
e tu hai mai provato a sentir qlkn al di fuori?
Ginger ® scrive:
della chat
Mary scrive:
no
Mary scrive:
xkè nn mi fido + di tanto1
Ginger ® scrive:
bè fai bene
Ginger ® scrive:
cmq.. tornando all'amicizia vera.. sai ci sono molte
persone ke pensano ke le relazioni di chat sono una
cosa particolare... conosci qlkn e in poko tempo riesci
ad arrivare a una determinata intimità ke con un
amico reale ci metteresti anni
Ginger ® scrive:
però..
Ginger ® scrive:
le amicizie in chat sono cmq volatili
Mary scrive:
beh ank'io la penso così...
Ginger ® scrive:
ci sono un giorno.. il giorno dopo possono nn esserci
38
più
Mary scrive:
infatti!
Ginger ® scrive:
e soprattutto..... se hai un problema.. diciamo..
grosso..... è difficile ke un amico di chat riesca in chat
a starti vicino..
Mary scrive:
forse riesci a comportarti in questo modo
Ginger ® scrive:
vedi francesca come si è comportata in questo periodo
Mary scrive:
xkè cmq nn c'è quell'imbarazzo di dire a voce un ad
un amiko!
Ginger ® scrive:
bè sì nn ci si vede
Mary scrive:
appunto!
Ginger ® scrive:
cmq.. quella roba del problema grosso?
Mary scrive:
beh anke xkè quando c'è una problema difficile da
superare
Mary scrive:
almeno x quanto riguarda me
Mary scrive:
ho bisogno di averle vicino le sone
Mary scrive:
e una chat nn xmette questo!
Ginger ® scrive:
ok..
[…]
Mary scrive:
potrebbe essere un'amicizia aprtikolare
Mary scrive:
ke potrebbe trasformar in qualkosa di serio
Ginger ® scrive:
come?
Mary scrive:
frequentando al di fuori della vita virtuale se è
vicini
Mary scrive:
23:23
altrimenti nulla!38
38
giovedì 25 maggio 2006
39
“In chat cambiano le modalità della seduzione e i suoi attori39”. Infatti “la seduzione è affidata al mondo delle parole40”. Il corpo passa in secondo piano, è una sorta di esaltazione dell’essere prima dell’apparire. Un apparire che può anche essere falso: è l’utente stesso che decide chi essere, quali caratteristiche reali e non vuole mettere in gioco; se un ragazzo è timido nella vita reale, in chat può presentarsi come una persona molto aperta, oppure se una ragazza non ama il proprio aspetto fisico, in rete può apparire come ha sempre desiderato di essere. Ci si trova davanti all’innamoramento non fisico. E se si subiscono scottature in chat, si muore e si risorge con un’altra identità. Ma quante di queste storie di chat poi si trasformano in realtà? In chat si condividano tante cose al punto di pensare che la persona al di là dello schermo sia quella giusta. Nell’incontro reale poi può capitare che non scatti nessuna “scintilla” e si realizza in quel momento che tutto ciò che si ha condiviso in chat era solo una un’illusione. Questo perché il chatter si crea un’ideale di persona senza difetti che poi messa a confronto con la realtà perde tutto l’interesse e il fascino. L’incontro senza corpo in Habbo, poi in messenger, poi al telefono prendono sempre e solo in considerazione l’essenza di ciò che una persona è. L’imbarazzo dell’incontro reale è forte soprattutto quando i due si parlano e chattano da molto. È difficile capire che la persona che sta dietro alla foto possa essere reale in carne ed ossa proprio come noi; è difficile pensare che tutti i discorsi che si sono fatti al telefono e attraverso una tastiera, uno schermo e un programma siano stati condivisi con quella 39
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.
29
40
Ibidem, pag. 28
40
persona reale. All’inizio dell’incontro la sensazione è quella di stare davanti a uno sconosciuto per cui è un po’ come se si dovesse iniziare da capo l’intera conoscenza. Ma così non è, perché si ha davanti la stessa persona di sempre. Le parole sono l’elemento fondamentale, sono l’unico strumento che l’utente ha a disposizione per colpire l’altro. La persona reale si nasconde dietro a un insieme di parole che lo fa immaginare come l’amante perfetto. È opportuno fare un piccolo accenno al sesso virtuale perché è una delle cose più ricercate in rete, anche dagli utenti molto giovani fin dai 12 anni; capita ogni tanto capita di rimanere un po’ spiazzati di fronte alle parole di una ragazzina di 12/13 anni. Per quanto riguarda gli adulti il sesso virtuale è una delle tante possibilità che offre la rete per lo sfogo delle proprie frustrazioni. Inoltre la rete permette l’anonimato, sia perchè il patner reale non scopre, sia perché il patner di chat non ci conosce e spesse volte non saprà mai che faccia abbiamo. In più, non c’è il rischio di incappare in varie paure legate alla prestazione e si può parlare liberamente e esprimere i vari desideri sessuali. Nell’hotel il cybersex è vietato dalla habbo way, ma naturalmente si trovano spazi virtuali in cui poter essere liberi di dire ciò che si vuole. Infatti cybersex è scrivere parole e frasi, si scambia raramente l’indirizzo di messenger in modo tale da vedersi reciprocamente con la cam. 1.5.3 Lavoro
10:10 kenny: ma cosa fanno al lavoro? xerx@: niente, stanno seduti o arruolano kenny: e perché lo fanno? 41
xerx@: per prendere i furni kenny: ma pagano davvero? xerx@: sì kenny: e cosa? xerx@: i furni, cioè gli oggetti kenny: ogni qnt tempo? xerx@: 2 settimane kenny: ma sempre? Ogni due sett sempre?! xerx@: sì, dipende kenny: cioè, basta ke io sia arruolato e il capo mi da il furno?? xerx@: sì però devi star in base e far vedere che arruoli kenny: mmm… e scusa il capo cosa ci guadagna? xerx@: nulla… notorietà… credo kenny: si bè… in effetti… e qnt siete arruolati? xerx@: siamo tantissimi, più di 100! Kenny: sèèèèèè!! E il capo paga più di 100 persone ogni due settimane?? Senza guadagnarci nulla tra l’altro.. xerx@: sì lo ha già fatto, ora aspettiamo la prossima riunione… kenny: ok ok ci credo! Ma paga furni da qnt? xerx@: bè dipende.. anche Habbo Club ogni tanto 42
kenny: ma li caga i soldi?! xerx@: ‐.‐ bho.. xò ne ha tnt! Se vedi solo il club, il pub e la disco te ne accorgi kenny: sì però… 100 persone… e che cavolo.. xerx@: e sì siamo più di 100, se non ci credi leggi i post it viola qui di fianco… sono tutte le persone arruolate kenny: ma come si fa a diventare colonnello come te? xerx@: io lo sono diventata per una lunga storia.. però basta che ti fai vedere che lavori e il gioco è fatto kenny: ma hai più poteri? xerx@: sì, ero vice capo prima, te lo ricordi? E non facevo nulla… praticamente do ordini kenny: ma se il lavoro è arruolare, che ordini dai? xerx@: “vieni” oppure “arruolate”!! niente, mi diverto!! Oppure qnd sono sola arruolo io kenny: nelle riunioni che si fa? xerx@: il capo paga e si discute kenny: discute di cosa? xerx@: non so… dice chi vede lavorare e chi no, delle guerre e bho tt ste cose kenny: guerre? 43
10:25 xerx@: eh si.. poi ti dico dopo ora non posso più41 14:20 Werty89: attaccavano altri club Kenny: e come si fa? Werty89: è più facile vederlo che spiegarlo!! Kenny: dai fa la brava spiegamelo! Werty89: allora vieni un attimo al club… Werty89: per attaccare un club si fa così Werty89: AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAA AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAA Kenny: aaaaah!! Si entra tt insieme a far così Werty89: sì, visto più facile da vedere che spiegare.. Kenny: e lo scopo?? Werty89: distruggere il club nemico!! Alla fine si arrendono e chiudono la porta E abbiamo vinto noi :D 41
lunedì 20 febbraio 2006
44
Kenny: chiudono la porta nel senso che mettono la kiave42?? Werty89: sisi Kenny: oook… ma… loro non skacciano?! Werty89: eh si ke scacciano!! Ma noi siamo in tanti.. :P Kenny: ma è divertente?? Werty89: eh si! Kenny: ma ci sono nemici particolari o sono fatti a caso? Werty89: sisi ci sono club nemici e club alleati Kenny: mavvà???!! Werty89: dipende da quelli che ti fai nemici e quelli che t fai come alleati… varia a seconda dei club Kenny: e come fai a decidere quelli che sono amici e quelli nemici? Werty89: spesso alcuni ti kiedono l’alleanza, altri 14:40 invece t attaccano… questi sono i club nemici43 42
il proprietario della stanza può scegliere se lasciare la porta aperta, chiederla a chiave o mettere
una password d’accesso. Con la prima opzione ogni persona può entrare in ogni momento nella
stanza; con la chiave l’utente può accedere alla stanza solo con il consenso del proprietario o di chi
ha i diritti nella stanza; con l’ultima opzione l’utente inserisce una password (precedentemente
decisa dal proprietario) per accedere alla stanza
43
lunedì 10 aprile 2006
45
Mafia Siciliana 10:30 fikketto16: se vuoi vedere altri lavori, attento a quelli che ti dicono ke ti pagano ogni persona che arruoli perché non è vero… mi hanno truffato anche a me kenny: oki, thanx fikketto16: accetta kenny: fatto fikketto16: ok, ci sentiamo dopo kenny: ci sentiamo sto pome fikketto16: se vieni in magazzino mi dai anche il furno dopo, se ti vuoi arruolare ok? 10:45 Kenny: ok44 Questura di Habbo 12:15 Kenny: ehi Nike12: dimmi Kenny: ci si può arruolare? Nike12: si ma non paghiamo. Allora, anni? Kenny: 22 Nike12: ok, si vesta in giacca e cravatta e pantaloni blu. Tutto blu e metta nella missione agente di questura habbo. Vada Kenny: petta, voglio sapere che si fa Nike12: niente 46
Kenny: come niente? Nike12: allora prendiamo segnalazioni degli habbo che sono stati truffati Kenny: ah ok Nike12: e diamo una mano allo staff Kenny: bella cosa mi piace! Ma mi devo vestire per forza così? Nike12: ok metti nella missione agente della polizia di stato e leggi dopo i post‐it rosa e vestiti in giacca e cravatta Kenny: per forza?? Nike12: si Kenny: azz.. non mi va di vestirmi così.. vabbè ci penso dai devo andare a mangiare ora, ciao 12:32 Nike12: ok ciao45 All’interno dell’Hotel è possibile avere un vero e proprio lavoro. I lavori sono i più disparati, dalla mafia napoletana, all’agente di polizia, al dj, alla cubista e qualsiasi altro lavoro si possa immaginare. Normalmente si utilizza una Stanza degli Ospiti come base operativa, al cui interno si discute sul lavoro da svolgere, sull’andamento dello stesso e si arruolano i vari habbo che vogliono parteciparvi. Il lavoro non è lavoro se non è retribuito: anche nell’Hotel c’è una forma di retribuzione (i furni) che può essere effettuata ogni numero di persone arruolate o al termine di un 44
45
lunedì 20 febbraio 2006
lunedì 20 febbraio 2006
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incarico oppure a cadenza periodica. Purtroppo però non tutti i lavori sono realmente pagati: è a discrezione, ma anche a possibilità del “datore di lavoro”, di pagare i propri arruolati. Nel caso in cui il capo non paghi non si può far riferimento a nessuno dei Moderatori o dell’altro Staff dell’Hotel, perché questo tipo di lavoro è completamente inventato e gestito dagli utenti stessi. Ognuno infatti, ne può ideare uno: crea una propria base e poi cerca di arruolare persone e si butta nella totale gestione del lavoro e dei propri dipendenti. Il lavoro in Habbo è una modalità di socializzazione. Gli ultimi arruolati si aggirano per le stanze dell’Hotel ad arruolare (e quindi a conoscere) altra gente, mentre chi ha fatto carriera in un club vive le sue ore in chat all’interno della base, godendo di rispetto e ammirazione da parte degli altri utenti. Non è da tutti arrivare a un livello alto in carriera. Il lavoro è una delle situazioni in cui si trasporta la vita reale in quella virtuale. È ovvio che non è concretamente come un lavoro reale, ma viene vissuto con serietà e con rispetto da tutti gli habbo che ne vogliono far parte in modo serio; sono proprio questi utenti a cui viene proposta la possibilità di fare carriera. Più il grado è alto, più si acquisiscono importanza e ruoli diversi. Il lavoro è organizzato in modo gerarchico: chi ricopre una posizione più alta gode di rispetto, dettato anche dal fatto che ci si rivolge in terza persona sul luogo di lavoro e di maggiore possibilità di variare il proprio campo di lavoro e di interesse. 1.5.4 Associazioni/volontariato per la chat
Oltre ai Moderatori, di cui ho parlato nel primo capitolo, esistono altri habbo che si occupano della sicurezza e del rispetto della Habbo Way ma in modo volontario. Questi sono prima di tutto gli Habbo X, poi gli habbo 48
delle associazioni antitruffe o della questura. Questi Club non sono di proprietà di Lunadismeraldo, ma sono nate e gestite dagli habbo normali. Gli Habbo X invece, sono collaboratori dello Staff, scelti da Lunadismeraldo e sono nati per aiutare i nuovi iscritti. Il loro punto di ritrovo è il Salone Principale e lì si mettono a disposizione di tutti. Per diventare Habbo X Figura 3 Distintivo
Habbo X
bisogna compilare un questionario sul sito internet dell’Hotel per verificare se si hanno le conoscenze adeguate al ruolo. Questi habbo sono riconoscibili dal distintivo “Habbo X”. Tutte le altre associazioni e il volontariato dell’Hotel sono organizzati e gestiti da persone che tengono particolarmente all’ordine e alla onestà nella chat. Questi habbo non hanno nessun potere particolare, neanche se la denuncia al moderatore di una truffa o di un’offesa passasse prima da loro, ci sarebbe un intervento migliore oppure immediato. Il loro ruolo è di aiuto per l’ordine, anche solo semplicemente la loro presenza all’interno di una delle stanze crea, soprattutto negli habbo meno esperti, perplessità e timore nel compiere comportamenti devianti. Il loro intervento non porta a bannare né temporaneamente né a vita l’avatar, ma è una modalità di autogestione delle situazioni negative che turbano la vita dell’Hotel, senza richiedere l’intervento dei Moderatori. Habbo X e Moderatori rappresentano la figura adulta di controllo, che essa sia il genitore, l’agente di pubblica sicurezza, il professore o l’educatore. La figura dell’educatore è più simile però all’Habbo X, per il fatto che è presente sempre all’interno delle stanze ed è a diretto contatto con gli utenti. Il Moderatore ha un ruolo più autoritario, non gira per le 49
stanze virtuali, se non in casi particolari, ma soprattutto è visto come colui che prende la decisione se bannare o meno un habbo. 16:30 Darkdevil: li vuoi 100 crediti? Reo88: …100 crediti?? E come si fa? Darkdevil: allora è facile.. devi andare in una stanza e dire una cosa… è una parola d’ordine, appena la dici quelli ti arruolano e ti danno subito i 100 crediti.. Reo88: nome della stanza Dardevil: stanze degli ospiti, gruppi e club e mafia siciliana.. ci sai arrivare? Reo88: si.. ma cosa devo dire? Darkdevil: allora è una parola d’ordine… devi dire 5 volte “bobba mia madre”, ma senza fermarti… veloce devi essere.. Entri e dici 5 volte “bobba mia madre”.. io vengo a controllare se lo fai giusto Ok? 16:35 Reo88: ok46 Nella stanza della mafia siciliana Darkdevil si è goduto tutta la scena in cui il povero Reo88 ha gridato le inventate parole d’ordine. Subito dopo questo episodio l’antitruffe non ufficiale dell’hotel ha mandato nelle aree pubbliche un suo dipendente. Questo gridava a tutti gli utenti presenti che 50
non bisogna credere in chi dice che si regalano crediti e che si è bannati a vita per questo comportamento. Infatti l’intervento del Moderatore avrebbe portato a bannare l’habbo per un piccolo periodo di tempo o a vita, se la truffa fosse stata più grossa. 1.5.5 Comportamenti devianti (criminali, truffe, importuni)
Come nella vita reale anche in quella virtuale esistono i comportamenti devianti, naturalmente sotto forme diverse: non si possono ad esempio Figura 4 Le tre immagini sottostanti mostrano una festa in una stanza privata, in basso a sinistra un'offerta
di lavoro e in basso a destra l'entrata dello Y18 bloccata da due habbo disturbatori. In quest'ultima
immagine si può notare il filtro "bobba"
46
martedì 13 dicembre 2005
51
rompere mobili o finestre se ci si è sentiti offesi, oppure fumare in un luogo pubblico solo per farsi notare dalle altre persone. I comportamenti devianti, quindi che deviano dalle regole dettate dai Moderatori e dalle regole morali generali, sono tutti quei comportamenti che sono in contrasto con la Habbo Way o che vengono vissuti dagli altri habbo in modo negativo e disturbante. I comportamenti più diffusi sono il bloccare l’entrata di una stanza pubblica, in modo tale da non permettere l’ingresso a nessun habbo, oppure bloccare l’entrata alla piscina, per cui nessuno può entrarvi o uscirci. Solitamente questi habbo sono appositamente creati per questi comportamenti devianti, nel senso che dall’altra parte dello schermo c’è una persona piuttosto capace di girare l’Hotel e già a conoscenza del mondo di Habbo, con le sue imperfezioni e i suoi piccoli trucchi. Ma perché un ragazzo compie un atto deviante in chat? La motivazione non è né più né meno quello che spinge un adolescente a farlo nella realtà: monotonia, mancanza di stimoli, noia. Con i comportamenti devianti, in chat, si crea confusione tra le persone collegate, perché si limita la propria libertà di girare per l’Hotel, di conoscere le persone e di divertirsi, oppure di portare a termine una propria missione, che sono gli elementi di base per cui Habbo Hotel è nato. L’intervento degli habbo normali non ha nessun effetto positivo, anzi, contribuisce a far continuare l’atto deviante. L’habbo disturbatore cerca infatti la reazione degli altri utenti. L’intervento più duro che il Moderatore può mettere in atto è bannare gli habbo devianti. Ma questo non ha molto senso perché, come ho detto prima, questi sono degli habbo creati appositamente per dare disturbo, nascono in quel momento con una 52
specifica missione da compiere e muoiono quando il chatter si è stancato di deviare. Non hanno una vita sociale in cui conoscono altri habbo, si arruolano in qualche società oppure cercano un habbo fidanzato/a. Bannare non ha quindi risultato positivo sulla non ripetizione del comportamento, perché è la persona stessa che si “autobanna” quando non vuole più compiere atti devianti. È il dialogo tra i Moderatori, Habbo X e questi habbo devianti che permette di persuaderli a non effettuare più determinati comportamenti. Anche gli “importuni” meritano di entrare a far parte della categoria comportamenti devianti, perché la maggior parte dei chatter disturbatori non immaginano neanche di poterli compiere nella vita reale. Neanche nella vita virtuale sono concessi: sono comportamenti devianti, sia per il fatto che non sono ammessi dalla Habbo Way, ma soprattutto perché non sono ammessi nella vita reale, alcuni sono addirittura puniti penalmente. Questi importuni sono soprattutto a sfondo sessuale e compiuti da habbo maschi (il che non significa che la persona che chatta sia necessariamente un ragazzo). Gli importuni sono solitamente l’insistenza nel porre domande a sfondo sessuale, o lo “stupro” virtuale, in cui l’habbo scrive frasi che richiamano azioni della vita reale, comportamenti che con molta probabilità non effettuerà mai nella realtà. Questo caso è molto più grave rispetto alla limitazione di libertà di cui ho parlato prima e comporta necessariamente l’essere bannati a vita da Habbo. Si scende in una situazione più intima della persona, per cui non ci si sente solo limitati o arrabbiati come “habbo”, ma in questo caso ci si sente offesi e importunati come persona. Non sto naturalmente parlando del cyber sex che, anche se non è concesso dalla “Habbo Way” non comporta nessun tipo di sanzione 53
grave se non quella di essere ammoniti verbalmente e allontanati dalla stanza. 1.5.6 Giochi
I giochi dell’Hotel sono una modalità di socializzazione e sono organizzati in tre grandi categorie: quelli a pagamento presenti nelle Aree Pubbliche, i giochi organizzati da Lunadismeraldo e quelli degli utenti. Questi ultimi due si trovano nelle stanze degli Ospiti, i primi sotto la categoria “Lo Staff consiglia” e i secondi nella categoria “Giochi e competizioni”. I giochi a pagamento sono tre: Battle Ball, Wobble Squabble, e i Tuffi. Per tutti e tre i giochi il costo è di due biglietti (un credito). Battle Ball è un gioco multiplayer. Esso è diviso in quattro livelli per permettere agli ultimi arrivati di giocare con persone dello stesso livello. I giocatori si ritrovano nelle “Aree di rimbalzo”, che sono aree aperte al pubblico per permettere agli Habbo di trovare dei compagni di squadra. Il gioco si svolge poi nell’Arena: un’ampia stanza con un pavimento dotato di grandi mattonelle che si illuminano sotto il peso della palla. Lo scopo del gioco è colorare il maggior numero di caselle del colore della squadra d’appartenenza e si gioca rimbalzando sulla propria palla. Per colorare le caselle bisogna saltarci sopra47. Alla fine della partita vengono attribuiti dei punteggi di squadra e singoli per ogni utente che ha giocato. Mensilmente vengono dati dei particolari distintivi ai migliori giocatori e dei furni speciali per i primi classificati. Wobble Squabble è un gioco che si svolge nella piscina dell’Hotel e lo scopo del è quello di far cadere in acqua il l’avversario rimanendo in equilibrio sui galleggianti della piscina. Il premio mensile è un trofeo in 54
Figura 5 L'immagine più grande mostra una partita a Battle Ball, in alto a destra una partita a Wobble
Squabble e in basso a destra la "bomba" nei Tuffi
oro per il primo classificato e settimanalmente viene attribuito ai primi tre uno speciale distintivo. I Tuffi è un gioco presente nell’Habbo Lido e permette agli Habbo di tuffarsi da un trampolino combinando delle diverse mosse con i tasti della tastiera: ad esempio premendo il tasto “W” l’Habbo farà la “Stella”, con il tasto “Z” uscirà la più famosa “Bomba” e così via. In questo gioco non c’è una classifica ufficiale dello Staff, ma gli utenti che guardano i tuffi danno una votazione da 1 a 10 tramite una funzione particolare che è presente nella stanza pubblica. I giochi organizzati da Lunadismeraldo sono molteplici e si svolgono in giorni e ore precise. Alcuni giochi sono mensili, nel senso che il premio viene consegnato alla fine di ogni mese, mentre altri sono settimanali e ogni venerdì i vincitori riceveranno un furno in premio. Tutti i giochi di 47
http://www.habbo.it/games/battle_ball/index.html
55
Lunadismeraldo sono amati e apprezzati dagli utenti; infatti le stanze sono sempre piene prima ancora che inizi il gioco. Questi giochi sono inventati con i furni a disposizione: ad esempio il Dado Olografico viene usato per l’Holo Tris, l’Holostance e anche l’Holodice. Il primo gioco consiste nel fare un tris con i dadi in verticale, orizzontale e diagonale; lo scopo dell’Holostance è quello di portare un furno (il trofeo) al centro della stanza. Per far questo i numeri che devono uscire dal dado sono il 6, 5 e 4. L’Holodice consiste nel far uscire dal dado lo stesso numero che è uscito all’arbitro. Tra i giochi degli utenti, il più famoso è sicuramente il falling, cioè il gioco delle sedie. Tra gli altri giochi, quello del frigo e ultimamente Bacio o Schiaffo sono quelli più conosciuti. Nel falling i partecipanti devono semplicemente sedersi il più velocemente possibile sulle sedie che vengono messe nella stanza dal proprietario; chi rimane in piedi viene eliminato. Il gioco del frigo invece consiste nel pescare una bevanda dal frigo e in base a ciò che esce si hanno delle conseguenze: ad esempio con il tè si è eliminati e con i succhi si è salvi. Solitamente anche per questi giochi è presente un premio giornaliero, ma non essendo giochi dello Staff è diffusa la truffa per cui al vincitore non viene dato il premio dichiarato. 1.5.7 Competizioni
Oltre ai giochi ci sono anche delle vere e proprie competizioni, ad esempio sulla stanza più bella o sul personaggio più elegante o originale; uno dei concorsi di Habbo più seguito e con più partecipanti è quello di Habbowood. Habbowood è un concorso annuale dove gli iscritti devono creare un film, pubblicizzarlo agli altri utenti che lo voteranno con una scala da 1 a 10. 56
Alla fine del concorso, alla serata dellʹHabbowood Gala (che è stata su Habbo il primo maggio 2006) il miglior film verrà premiato con il classico Oscar e 250 crediti48. Le competizioni sono solitamente annuali e sono inserite nei periodi particolari dell’anno: ogni febbraio c’è la competizione di San Valnetino, ogni ottobre si organizza quella di Habboween, a Natale si propongono altri giochi e competizioni. Una delle competizioni di Habboween è stata l’elezione di Lady Vamp e Mr. Succhia Cervello due vincitori hanno lʹonore di guidare la parata di Habboween per lʹHotel, riceveranno la serie completa dei 5 distintivi di Habboween e 3 Mesi di Habbo Club ciascuno49. Invece una delle competizioni di San Valentino è stata quella degli “Agenti Superlove”: una serie di Habbo, scelti dallo Staff, avevano il compito di conoscere la maggior parte di persone. I vincitori ottenevano un particolare distintivo e dei furni speciali. Sono stati scelti personaggi iscritti da poco che avevano la lista degli amici ancora vuota o con pochi nomi. Lo scopo di questa competizione era quello di conoscere e farsi conoscere nell’Hotel. 48
49
http://it.wikipedia.org/wiki/Habbohotel
http://www.habbo.it/entertainment/habboween/ladyvampesucchiacervello
57
2 Rischi e potenzialità delle chat
2.1 Vita parallela tra reale e virtuale
“Ci possono anche essere dei risvolti con effetti positivi nel mondo reale: sentirsi accettati nella rete […] aumenta il livello di autostima di una persona e può aiutarla a fronteggiare alcune insicurezze nella vita reale50” 50
Anna Oliverio Ferrarsi, “La ricerca dell’identità”, Giunti, Firenze 2002, pag. 143
58
Mary scrive:
diciamo ke è una seconda vita la vita virtuale cn le
sue amicizie ecc
Mary scrive:
diversa xò dalla vita vera!
Ginger ® scrive:
in ke cosa è diversa?
Mary scrive:
nel senso ke nn la si dv prendere molto seriamente!!
Mary scrive:
xkè alla fine cmq è tutto virtuale!
Mary scrive:
e nulla di vero e prima o poi finirà
È una vita parallela, un mondo a parte costituito da tutte le cose positive che non si riescono a trovare nella vita reale: c’è sempre qualcuno on line, si può sempre parlare dei propri problemi con qualsiasi amico virtuale, senza la paura di essere giudicati. Mary scrive:
una sekonda vita nel senso
Mary scrive:
ke nella chat ti crei una tua vita virtuale diversa
Mary scrive:
da quella reale
Mary scrive:
forse x ki ha problemi
Mary scrive:
la vita ke avresti voluto!
Ginger ® scrive:
tu nn hai problemi?
Ginger ® scrive:
ke butti in chat dico
Mary scrive:
no sinceramente!
Mary scrive:
io questo è ciò ke penso
Ginger ® scrive:
prendi in considerazione habbo..
Ginger ® scrive:
e la vita parallela.. la seconda vita no.. allora.. habbo
prende in considerazione ogni ambito della vita reale
Ginger ® scrive:
amici
Ginger ® scrive:
59
fidanzato
Ginger ® scrive:
amante xD
Ginger ® scrive:
lavoro
Mary scrive:
amante lo dici te
Ginger ® scrive:
gioki/passatempo
Ginger ® scrive:
matrimonio
Ginger ® scrive:
divorzi
Ginger ® scrive:
truffe
Ginger ® scrive:
di tutto c'è
Mary scrive:
appunto rispekkia in un certo senso la vita reale
Mary scrive:
ecco xkè io parlo di seconda vita1
Ginger ® scrive:
e la cosa spettacolare di habbo
Ginger ® scrive:
è ke qnd lavori.. devi dare del lei al capo
Ginger ® scrive:
bahuahuahuahuauha
Mary scrive:
bauahauahau vero!
Ginger ® scrive:
e portare rispetto al capo
Ginger ® scrive:
e se nn lo fai ti licenziano
Ginger ® scrive:
quindi nn pensi ke un adolescente frustrato dalla vita
reale x' è preso per il culo nn si butti a diventare un
capo di un club solo per avere il rispetto degli altri?
Mary scrive:
Bhahuhauhuaahu secondo me in quella chat ce ne
sono di ragazzi frustrati………………
Mary scrive:
eh si cerki rispetto in un'altra vita quella virtuale!!
Mary scrive:
quindi si ritorna a cio ke diko
Mary scrive:
ke si realizza la vita ke si sogna1
Ginger ® scrive:
ooook
Ginger ® scrive:
bella sta frase
Mary scrive:
sn un genio!!
60
Internet può essere un modo per ampliare l’orizzonte della propria vita quotidiana. Maschi e femmine in chat danno immagini di sé che non sempre corrispondono totalmente alla realtà. Le ragazze spesso si mostrano più belle e attraenti rispetto la realtà, per evitare di essere rifiutate dai coetanei. Inoltre sono generalmente meno remissive: sono più dure, aggressive e schiette. I ragazzi invece possono divertirsi e conoscere nuove persone senza il peso del giudizio e dell’approvazione degli amici. Ma soprattutto ciò che è importante è che questa situazione è nota agli adolescenti ma non le viene attribuita troppa importanza. Un ragazzo in Habbo sa bene che non tutto ciò che la ragazza appena conosciuta gli dirà corrisponde alla realtà e, d’altra parte, la ragazza sa che gli interessi e gli hobby dell’utente che sta dietro lo schermo possono non essere totalmente uguali al reale. Questo non è fondamentale perché il tutto è divertente. Infatti il divertimento è una cosa fondamentale. In chat si creano relazioni allo stato puro, cioè relazioni amicali e anche d’amore in cui, nella maggior parte dei casi, non si richiede né fiducia né impegno, perché lo scopo è l’autogratificazione di sé stessi, idealizzando il proprio Sé. Si recita, dietro la propria maschera (il nick e l’habbo) il ruolo della persona che si è e, soprattutto, che si vorrebbe essere. Alcuni dei ragazzi non hanno lo scopo di trasformare in realtà le relazioni che hanno stretto in chat, spesso per motivi pratici di distanza geografica. Ma anche e soprattutto perché la relazione, anche se intensa e continuativa, è comunque “volatile”: la maggior parte di queste relazioni 61
non hanno nessun tipo di impegno emotivo o di obbligo affettivo (se uno non si presenta all’appuntamento in chat, non verrà punito dall’altro). I ragazzi che hanno più dimestichezza sono anche quelli più attenti ai vari molestatori che si nascondono dietro a un nick; sono comunque in pochi quelli che lasciano con facilità il proprio numero di cellulare, l’indirizzo di casa o semplicemente l’indirizzo e‐mail. 2.2 Conseguenze negative
“Gli utenti in internet che si rivolgono alla comunità senza volto per trovare compagnia, felicità o distrazione di solito stanno cercando di evitare qualcosa o qualcuno che non desiderano affrontare in modo diretto51” 2.2.1 Dipendenza e abuso
Entrare nel mondo delle chat è facile: basta accendere un computer, collegarsi a internet, entrare in una chat e si da il via alla trasformazione; l’utente acquista il carattere che preferisce, senza prestare particolare 51
Kimberly S. Young, “Presi nella rete – intossicazione e dipendenza da internet”, CALDERINI
ed. Agricole, 2000, pag. 91
62
attenzione al proprio aspetto fisico; se una persona è timida nella realtà, può diventare sfrontata, simpatica ed estroversa. Al di là di uno schermo una ragazza può sentirsi più bella, più attraente e apprezzata anche se nella vita reale lo è meno. Così una persona si può ritrovare a trasportare la vita reale in quella via pc: amicizie, amore, cyber sex, fino al punto di non vivere più quella reale. Al mattino appena svegli, il primo pensiero è quello di iniziare a chattare, per ritrovare e conoscere nuovi amici/amori di chat, tralasciando la cura di sé, le amicizie reali, il marito/moglie reale, il fidanzato/a reale. La chat offre non solo superficiale compagnia, ma una sorta di vere e proprie amicizie (anche se per la maggior parte sono “volatili”) perché gli altri utenti sono disponibili ad ascoltare, a incoraggiare, sono interessati all’altro, soprattutto se la relazione è diventata stabile nel tempo. Ad esempio, se una persona ha avuto dei problemi durante la giornata o è semplicemente arrabbiata con qualcuno, può trovare nella chat un modo per sfogarsi, perché è sicura di trovare qualcuno disponibile ad ascoltare. Inoltre in chat si possono esprimere tutti gli impulsi che normalmente vengono repressi, parlare di tabù e desideri nascosti. Si parla anche di filosofia, di politica, ecc… a tal punto che le relazioni on line possono risultare diverse e quindi più affascinanti di quelle reali. Questo perché le persone sono meno inibite ed entrano in intimità molto più velocemente rispetto alla realtà. “Ci troviamo a dire a noi stessi: su internet vengo accettato per quello che sono; le persone con cui comunico on‐line sono i miei migliori amici; 63
con queste persone posso esprimermi come con nessun altro; queste persone mi trovano divertente, spiritoso e affascinante; quando sn al computer sono una persona più dinamica e creativa.”52 La dipendenza da internet è una sorta di “comportamento tossicomanico”, per cui si sviluppa dipendenza da cose che non sono sostanze chimiche. Nel caso di internet, si diventa dipendenti delle reazioni a livello emotivo in conseguenza alle attività on‐line. “Le emozioni derivate dai legami emotivi profondi sono esempio di una fonte diversa di stimoli e di sensazioni che nella realtà, per l’internet dipendente, non si riescono più a trovare: è una “nuova famiglia” che in apparenza ci dà ciò che quella reale non riesce più a darci53”. La dipendenza da internet viene comparata a quella degli alcolisti e dei tossicodipendenti: le aree maggiormente interessate in tutti e tre i casi sono la famiglia, il lavoro, le relazioni e la scuola54; inoltre gli internet dipendenti nascondono la loro abitudine allo scopo di mantenerla e possono andare incontro a dei sintomi di astinenza simili alla tossicodipendenza e all’alcool. Gli adolescenti internet dipendenti sono in generale ragazzi che hanno una bassa autostima, sentono di sentirsi incompresi, ad esempio dai genitori e si sentono come “in trappola”. Sono utenti fondamentalmente 52
“Presi nella rete - Intossicazione e dipendenza da internet”, Kimberly S. Young, Calderoni ed
agricole, pag. 93
53
54
64
soli, per cui la chat diventa una seconda casa più attraente di quella reale. In questa nuova casa, queste persone si sentono accettate, amate, ascoltate, libere e disinibite. Si crea una vera e propria famiglia virtuale, in cui un altro utente è scelto come madre o padre virtuale, altri come fratelli virtuali. In questi altri ragazzi si trova più comprensione, hanno qualche anno in più e diventano un punto di riferimento virtuale e non. Gli adolescenti si lasciano, infatti, affascinare dai contatti sociali on‐line perché questi hanno il potere di farli sentire meglio con sé stessi, evitando lo stress della scuola, dell’adolescenza o della vita familiare. Solitamente i sintomi di un internet dipendenza sono dei segnali d’allarme generici per i quali il genitore deve essere in grado di ricollegarli all’abuso della rete: eccessiva stanchezza, con la difficoltà a svegliarsi al mattino a causa delle ore notturne passate in chat; problemi scolastici, perché il ragazzo è più interessato a parlare con altri coetanei virtuali piuttosto che passare il pomeriggio sui libri; perdita d’interesse verso gli hobby, lo sport, o altre attività: sono viste come noiose e vissute con eccessiva ansia. Si tende ad isolarsi dagli amici reali per stare sempre di più con quelli virtuali: dai semplici ritardi nell’uscire, al rifiutare gli inviti; reazioni eccessivamente violente se si chiede al ragazzo cosa fa sul internet o se si chiede di non collegarsi più. Però bisogna tener conto che l’abuso di internet è spesse volte legato a un problema più grave che sta dietro al ragazzo: bassa autostima, problemi scolastici o con la famiglia, difficoltà di relazione con il gruppo dei pari. Internet si presenta come una possibilità di tranquillità momentanea, in cui tutti i problemi reali vengono dimenticati, almeno fino a quando il computer rimane collegato. 65
2.2.2 Internet addiction disorder (IAD)
L’IAD è un modo di esprimere il proprio disagio attraverso internet, il quale diventa progressivamente il contenitore di tutte le ansie e le frustrazioni della persona. Una caratteristica fondamentale è la perdita della cognizione del tempo e il non controllo del bisogno di collegarsi in internet. Nel 1995 con Ian Goldberg, “uno psichiatra newyorkese esperto in
problematiche legate all’uso del computer55”, si ha la prima definizione dell’IAD come una dipendenza da comportamento, sulle basi della dipendenza da sostanze definita nel DSM IV. Nel 1998 Griffith amplia la definizione di Golberg, includendo 6 componenti fondamentali per la dipendenza da internet: dominanza, alternanza dell’umore, tolleranza, sintomi d’astinenza, conflitti e ricadute. Con la Young56, nel 1998, si ha la definizione di Problematic Internet Use (PIU), basandosi però sul gioco d’azzardo patologico, classificato sempre nel DSM IV. È nel 2002, con lo psichiatra Shapira57, che si ipotizza l’inserimento dell’IAD nei disturbi del controllo degli impulsi, perché lui nota l’impossibilità dell’individuo di controllare la navigazione. Di conseguenza si ha stress psicologico e impoverimento delle attività quotidiane, come le relazioni sociali, la cura di sé, attività scolastiche58. Nella teoria cognitivo‐comportamentale dell’internet dipendenza sono indicate tre principali tipi di cause: necessarie, sufficienti, facilitanti. I primi 55
http://www.humanitasalute.it/focus.html?id_p=653
Kimberly S. Young è una docente di Psicologia dell’Università di Pittsburgh in USA ed è la
fondatrice del COLA, il centro per la dipendeza on line
57
http://www.freeessay.com/essays/909555.html
58
C. Guerreschi, “New addictions- le nuove dipendenze”, SAN PAOLO, Milano 2005
56
66
sono i fattori eziologici necessari ma non sufficienti perché si manifestino i sintomi; i secondi sono fattori eziologici che garantiscono la presenza dei sintomi; mentre gli ultimi sono fattori che aumentano la possibilità di sviluppare i sintomi, ma che non sono né necessari né sufficienti. Un esempio di causa necessaria è la pre‐esistente psicopatologia e l’evento stressante che porta la persona all’incontro con la rete. In questo caso la psicopatologia già presente è un fattore che facilita lo sviluppo della dipendenza. Alcuni fattori sufficienti sono invece le distorsioni cognitive e i pensieri disfunzionali dell’individuo: cioè i pensieri distorti su di sé e sul mondo, in cui la persona presenta una forma di pensiero ruminante legata alle esperienze positive vissute in rete opponendole alla vita reale vissuta in modo negativo. Tra le psicopatologie pre‐esistenti, la depressione è una dei disturbi che spingono maggiormente la persona all’utilizzo di internet. I depressi infatti, scappano dalle difficoltà della vita reale per vivere nel virtuale, nel quale si sentono gratificati. Tra le altre, solitamente sono presenti disturbi dell’uso di sostanze, disturbi d’ansia, di controllo degli impulsi, di personalità e problemi legati all’autostima. La trance dissociativa da videoterminale è uno stato alterato della coscienza in cui il soggetto vive la depersonalizzazione, la perdita del senso d’identità che viene spesso sostituita da quella virtuale. È una esperienza particolare data dalle caratteristiche peculiari di internet, come l’anonimato e l’assenza di vincoli temporali e spaziali che permettono al soggetto di vivere come in un sogno. In questo spazio la persona può proiettare desideri, paure, ma anche i propri vissuti e le sue fantasie, annullando completamente sé stesso. 67
2.2.3 Principali tipi di IAD
Due sono i principali tipi di dipendenza da internet: la cybersex addiction e la cyber relational addiction59. Vengono definite col termine “addiction” perché la lingua inglese fa una netta distinzione tra addiction e dependance: il primo termine prende in considerazione la dipendenza psicologica, cioè la ricerca della sostanza da parte del soggetto; invece la dependence indica la dipendenza fisica per cui l’organismo necessita della sostanza per agire. Nelle dipendenze da internet si sviluppa soprattutto l’addiction, perché il soggetto è spinto a reiterare il comportamento. Cybersex addiction È inserita nella cybersex addiction tutto ciò che provoca eccitazione sessuale, dal visitare siti porno a ricercare esperienze di cybersex in chat. Solitamente 1 su 5 dei dipendenti da internet pratica attività sessuali on line. Ma perché è preferito rispetto alla vita reale? Sicuramente perché è accessibile più facilmente, è legale, anonimo e sicuro. Inoltre è interattivo, a differenza ad esempio delle riviste, ci si scambiano parole, immagini e anche video. Tre sono le caratteristiche particolari della cybersex addiction: convenienza, anonimità ed evasione. La convenienza è legata semplicemente al fatto che l’individuo può connettersi facilmente da casa. L’anonimità è una protezione per la persona e gli permette di esprimersi liberamente senza essere giudicato; non esistono pregiudizi, convenzioni: ognuno può esprimere fantasie sessuali represse, cambiare patner ogni volta e non essere soggetto ad alcun giudizio. Infine l’evasione è la caratteristica fondamentale per cui una persona sviluppa la dipendenza 59
C. Guerreschi, “New addictions- le nuove dipendenze”, SAN PAOLO, Milano 2005
68
sessuale: più che l’eccitazione in sé, è la fuga mentale dai problemi reali che funge da rinforzo per cui si reitera il comportamento. Cyber relational addiction La dipendenza da relazioni virtuali è basata sull’instaurare relazioni amicali o amorose con persone incontrate in chat. È possibile collegarla alla dipendenza affettiva della vita off line, in cui c’è il bisogno di creare relazioni molto intime dove il soggetto è dipendente da una persona significativa che lo protegge e si prende cura di lui. Nella vita on line invece, si può creare relazioni simili con ogni persona, anche fisicamente lontana dato che non sono presenti confini reali. La chat diventa quindi un mondo parallelo popolato da persone idealizzate. I sintomi principali possono essere il bisogno di passare sempre più tempo on line nel ricercare amicizie e amori virtuali, con la conseguente perdita d’interesse verso le relazioni reali e il tentativo di diminuire o interrompere l’attività ma senza mai riuscirci. 2.2.4 Metodi d’intervento
Le caratteristiche peculiari dell’età adolescenziale fanno sì che internet diventi un modo per adattarsi e far fronte ai cambiamenti. Lo sviluppo dell’identità e l’instaurarsi di relazioni intime sono due dei traguardi che l’adolescente deve raggiungere, ma che producono stress e difficoltà. La rete offre la possibilità di sperimentare relazioni intime, ma anonime, per cui la chat diventa un territorio in cui sperimentarsi. Ma la dipendenza e l’abuso di internet può rallentare o addirittura fermare questo sviluppo: non è più una sperimentazione di diversi ruoli e di relazioni intime diverse, ma le relazioni di chat diventano le uniche relazioni del ragazzo. 69
La prevenzione primaria è una delle strategie migliori da mettere in atto. Essa si muove su due livelli: quello del gruppo familiare e quello scolastico. Per quanto riguarda la famiglia essa va informata sulla possibile ereditarietà dei comportamenti di dipendenza, sia a livello genetico che sul piano dell’apprendimento. La famiglia deve imparare a riconoscerne i sintomi, le conseguenze e la presenza di servizi sociali specializzati. La scuola ha un ruolo molto importante per la socializzazione dell’adolescente e per la parte formativa e informativa dei ragazzi. Per questo, in ottica di prevenzione primaria, può essere utile inserire nei programmi delle informazioni scientifiche riguardo le nuove dipendenze parallelamente a una sensibilizzazione a chi lavora all’interno della scuola60. Tre sono le strategie nel trattamento della dipendenza: auto‐aiuto, counseling terapeutico e psicoterapia individuale61. I gruppi di auto‐aiuto sono costituiti da persone che condividono lo stesso problema e si riuniscono periodicamente per condividere le proprie esperienze con la rete o imporsi delle regole di connessione. Insomma cercano insieme, raccontandosi e aiutandosi in un mutuo aiuto, di superare la dipendenza da internet. Questi gruppi sono presenti sia off line che on line. Molte critiche sono state fatte a quest’ultima modalità di mutuo aiuto on line: la più scontata è il paradosso per cui si cerca di curare una dipendenza da internet utilizzando lo stesso comportamento che causa dipendenza. 60
61
C. Guerreschi, “New addictions- le nuove dipendenze”, SAN PAOLO, Milano 2005
ibidem
70
Il counseling terapeutico è basato sulla presa di coscienza delle motivazioni che hanno spinto la persona fino alla dipendenza e può essere il primo passo verso un percorso di cambiamento. La psicoterapia individuale è simile al counseling perché, anche qui, si ha l’esplorazione delle parti più profonde di sé. È utilizzata soprattutto se c’è comorbilità con altri disturbi pregressi. Tra le strategie di psicoterapia individuale, quella cognitivo comportamentale della Young è la più indicata. Alla base del programma c’è l’uso controllato e moderato della rete. Figura 6 Club Mammoth, uno dei due club esclusivi HC
71
2.3 Utilizzo come strumento educativo
“Dal punto di vista del soggetto Internet si presta ad essere un laboratorio dell’identità. Si possono scolpire identità nuove e poi provarle per vedere se funzionano, registrarne i pregi e i limiti. Alcune prossono funzionare come identità pilota e poi essere dimesse rapidamente. Altre invece possono portare ad un approfondimento nella conoscenza di sé e degli altri62” 2.3.1 Sperimentazione dell’incontro
kenny ® scrive:
x' hai iniziato a chattare?
.:::NORDeSUD:::. scrive:
x curiosità e x divertimento
.:::NORDeSUD:::. scrive:
è stata la prima cosa ke ho fatto quando ho installato
internet al pc
kenny ® scrive:
hihihihi
kenny ® scrive:
62
Anna Oliverio Ferrarsi, “La ricerca dell’identità”, Giunti, Firenze 2002, pag. 143
72
il 90% delle persone che chattano hanno iniziato x'
fondamentalmente si sentivano sole
kenny ® scrive:
o avevano un determinato problema
.:::NORDeSUD:::. scrive:
ah si??
kenny ® scrive:
ke con la chat riuscivano a coprire..
kenny ® scrive:
eh sì
.:::NORDeSUD:::. scrive:
ma io penso ke cmq se hanno un problema
.:::NORDeSUD:::. scrive:
la chat nn aiuta un grankè
kenny ® scrive:
io kredo ke tt abbiano qualke problema
kenny ® scrive:
ke la chat permette di non farci pensare
.:::NORDeSUD:::. scrive:
va beh ma di certo nn lo risolvi in chat!
.:::NORDeSUD:::. scrive:
certo
.:::NORDeSUD:::. scrive:
mmm... aiuta!
.:::NORDeSUD:::. scrive:
ti estranei dal resto del mondo!
...
kenny ® scrive:
eh appunto.. x' allora una persona ke nn ha problemi
si deve estraniare dal resto del mondo?
kenny ® scrive:
passandoci mattino e pomeriggio e sera in chat?!
kenny ® scrive:
o solo qualke ora…
.:::NORDeSUD:::. scrive:
beh gaurda ke la chat ti prende da morire
.:::NORDeSUD:::. scrive:
nn riesci astakakrti xkè ci si diverte
La prima volta in una chat ci si sente come la prima volta in discoteca. Piccoli e sperduti in un enorme mondo contenuto in un semplice computer o tra quattro mura. All’apparenza non si pensa che all’interno di un piccolo oggetto simile possa esserci tutto quel mondo così vasto, poi, a poco a poco si scoprono le varie parti. Anche il primo incontro con gli altri utenti è solitamente molto impacciato: anche se si riesce ad andare in una stanza privata con l’utente scelto per 73
parlare, le prime volte non riesce quasi mai a indurre interesse sull’altro al tal punto da farlo restare con noi. Ci si sente impacciati (e anche un po’ stupidi) perché si deve battere delle parole sulla tastiera; ci appare come un mondo freddo in cui la maggior parte del calore deve essere trasmesso tramite le parole. In Habbo si è anche più avvantaggiati perché le stanze degli Ospiti hanno particolari arredamenti che trasmettono più calore rispetto una stanza fatta di sole scritte. Una volta entrati nell’ottica “chat” e “Habbo” è più facile aggirarsi per l’Hotel e conoscere persone nuove, si sperimentano nuovi approcci fino a capire come bisogna adeguarsi alle persone che si incontrano e al luogo in cui ci si trova. Tutto ciò diventa una possibilità per la sperimentazione dell’incontro; l’Hotel permette di vivere virtualmente situazioni diverse in cui l’habbo deve adeguare i propri comportamenti in base alla stanza in cui si trova: a lavoro deve relazionarsi con il capo in un determinato modo, durante i giochi deve mantenere un determinato comportamento, con gli Habbo X non può parlare come se stesse parlando al suo amico o fidanzato virtuale. Queste sono tutte situazioni diverse in cui la persona necessita di un cambiamento del proprio comportamento e di adeguarsi alle diverse situazioni. Durante i giochi sono vigenti delle regole ferree che il proprietario della stanza e gli arbitri sono chiamati a vigilare. Se l’habbo non segue queste regole viene cacciato dalla stanza senza la possibilità di rientrarci. Ugualmente è ciò che succede nelle relazioni di lavoro: il capo rappresenta l’autorità e all’autorità bisogna rapportarsi in un determinato modo pena il licenziamento senza la possibilità di ritornare a far parte del gruppo. 74
Ma anche senza prendere in considerazione queste relazioni particolari, l’incontro può essere sperimentato nell’approccio con gli altri habbo che popolano l’Hotel. In chat si può sperimentare ogni tipo di contatto, si può essere scontrosi, si può essere simpatici, stupidi, affascinati, ci si può presentare all’altro in ogni modo. Per un ragazzo timido, la possibilità di lasciarsi andare e provare a cimentarsi in un altro ruolo potrebbe risultare positiva perché potrebbe ottenere risposte diverse dagli altri. Risposte che nella vita reale non è abituato a ricevere, aumentando così la sua autostima, facendogli capire che ha altre qualità. 2.3.2 Specchio
“come uno specchio, il sé virtuale può rifletterci qualcosa di noi stessi che non conoscevamo o di cui non ci eravamo accorti. È come disporre di un occhio esterno che consente di osservarci e anche di valutare se quell’apparenza per noi nuova sia trasferibile nel mondo reale e sostenibile63” In chat una persona può essere chi vuole. Ma questo “essere chi vuole” in alcuni casi non è scelto a caso. Se si va più a fondo con alcuni utenti si scopre che il ragazzo si rispecchia nell’avatar costruito, o addirittura, vorrebbe essere come l’avatar. Semplicemente una ragazza che si mostra estroversa e si descrive bellissima, possono essere tutti desideri più o meno nascosti che animano le menti dei protagonisti. È come se l’utente si rivedesse nell’avatar creato, come se fosse un Sé a parte. Le varie sfaccettature di carattere che il proprio avatar acquista sono elementi del modo di essere della persona reale che vengono “buttate” sul proprio habbo virtuale. 63
Anna Oliviero Ferraris, “La ricerca dell’identità”, Giunti, Firenze 2002, pag. 133
75
Quando un soggetto crea il suo primo avatar, crea una “persona”, una parte di sé entra a far parte del mondo virtuale. È tendenza generale mantenere lo stesso nickname nel tempo, perché ciò significa mantenere viva la propria personalità virtuale64. Lo sviluppo di questa persona virtuale è legata alla capacità e alla volontà di comunicare, prendendo parte alla vita sociale di rete in modo più o meno continuativo. Quando si decide di “uccidere” un habbo dopo tempo che lo si utilizza è come se si decidesse di chiudere definitivamente con una parte di sé e con tutto ciò che le era vicino; la nuova identità che si crea parte da zero, ha un nuovo nome, ha amici nuovi da conoscere e parti di sé nuove entrano a far parte dell’habbo e della vita virtuale. 2.3.3 Adolescente con problemi fisici
Nel libro per bambini che ho letto “Valentina e l’amico internet” si racconta un pezzo di vita di questa bambina di nome Valentina. Tra amici di scuola, nuovi piccoli amori che nascono, litigi, nuove amicizie e conoscenze, Valentina risponde ad una e‐mail di Jack, un piccolo frequentatore di internet, o meglio, “un bambino misterioso”. Nelle poche e‐mail che Jack invia è sempre molto vago quando parla di sé, non si descrive fisicamente, è spesso via misteriosamente con suo padre per giorni, ha smesso di andare a scuola, non ha amici, insomma, è un vero e proprio bimbo misterioso. Il padre di Valentina è preoccupato per la paura che in realtà Jack non sia un bambino, ma un adulto camuffato; rimangono d’accordo che al primo dubbio Valentina fa sapere tutto al padre. Finalmente Jack dopo qualche e‐mail trova il coraggio di aprirsi a Valentina e confessa che si è bruciato il viso in un falò. Confessa che con le 64
A. Santangelo, “Il cyber-amico di vostro figlio”, Pedagogika, maggio/giugno 2000 pag. 14
76
lettere di Valentina si sentiva meglio e che quando le leggeva le sentiva sincere e se la immaginava davanti al computer a scrivere. Jack è un bambino che ha avuto la grande sfortuna di essersi sfigurato il viso per cui si sente diverso dagli altri, al punto di aver smesso di andare a scuola e di non avere più amici. Tutto ciò un po’ per una questione pratica (girava infatti molti ospedali), un po’ per una questione psicologica (farsi vedere sfigurato non è una cosa da tutti). Jack ha trovato in internet (in questo caso nelle e‐mail) una via di fuga, in cui poter parlare di sé, ma senza farsi vedere. In più, poteva scegliere cosa dire e cosa non dire di sé, decidendo di parlare di altro e solo successivamente aprirsi a Valentina confessandole il suo segreto. Jack avrebbe potuto anche inventarsi uno stereotipo di ragazzo da descriverle. Nel momento in cui lui avesse voluto chiudere e scappare anche da questo nuovo incontro, la cosa sarebbe stata molto facile, perché sarebbe bastato non rispondere più alle e‐mail, cambiare indirizzo di posta, nickname chiudendo la relazione senza troppe difficoltà. In effetti, grazie a tutte le caratteristiche peculiari della chat, è ipotizzabile l’utilizzo di questo mezzo come una modalità di comunicazione per persone che hanno problemi fisici simili a quelli del “bambino misterioso”. Può anche essere utile per persone per cui è impossibile o troppo impegnativo lo spostamento da un posto all’altro. L’utilizzo di una chat può fungere come una possibile via di fuga dai propri problemi, o come possibilità di incontrare altre persone, di stringere nuove relazioni. Questa situazione può anche essere presa sotto un punto di vista diverso: si può ipotizzare la presenza della figura educativa all’interno della chat a disposizione di quella categoria di persone. 77
2.3.4 Sfogo
Rusky scrive:
quando entri in una chat
Rusky scrive:
riesci a nn pensare a nulla e quindi a rilassarti...
Rusky scrive:
e di conseguenza quando torni dal problema riesci
Rusky scrive:
ad affrontarlo in modo + sereno!
Forse è uno degli utilizzi più semplici della chat: lo sfogo permette al ragazzo di parlare e di dire qualsiasi cosa a qualcuno, ma senza avere alcun contatto fisico diretto. Questo permette di essere più liberi di esprimere i propri pensieri, anche quelli che sono di difficile espressione. Il fatto di essere anonimi e di non sapere chi si ha davanti può essere da una parte una cosa positiva, perché può far sentire la persona più libera di esprimere ciò che pensa. D’altra parte l’anonimità porta a non accettare l’idea di potersi sfogare con una persona con cui non si ha contatti e che fondamentalmente non si conosce. Un ragazzo che ha litigato con i genitori o con la ragazza può sfogarsi in chat senza avere paura di essere giudicato o non accettato. Nel caso in cui il nostro interlocutore ci giudica è facile cambiare persona con cui sfogarsi. Nella vita reale la paura del giudizio è spesse volte molto forte e nel momento in cui si è giudicati da qualcuno è difficile poi cambiare persona come se nulla fosse; anche togliersi il giudizio stesso è difficoltoso. Il linguaggio non verbale non è presente nella chat e per molti è fondamentale il rimando non verbale della persona con cui si parla, guardarla negli occhi, abbracciarla realmente, asciugarne anche le lacrime all’occasione. Tutte cose che attraverso la chat è impossibile da effettuare: 78
ci si può limitare alle parole, alle emoticon, a inviare canzoni, immagini e filmati per cercare di aiutare l’altro. Ma queste sono cose che non sempre aiutano: il contatto fisico con qualcuno di reale non può essere sostituito da file inviati, da uno schermo e da una tastiera. Schermo e tastiera permettono di non pensare al problema o di trovare uno sfogo momentaneo. “Karen è diventata per me il mio star bene e il mio star male. Se sono felice è per lei. Se sono triste o arrabbiato è per lei. È anche la persona che mi ha fatto dimenticare delle brutte cose sul passato. E per questo è stata importantissima perché nessuno stimolo reale è riuscito. Lo stesso io per lei. Mi ha scritto che grazie alle chiacchierate con me è riuscita a vedere il suo ex con altri occhi. […] la vita virtuale è uno sfogo. Ma stava trascendendo… nel senso che si è mescolata troppo con quella reale. Messaggi, telefonate sul cellulare, tutto il giorno e tutti i giorni, era impossibile immaginare un giorno senza sentirla! Stava diventando lo sfogo sbagliato. La vita reale diventava lo sfogo della vita virtuale…” Una situazione simile è molto rischiosa. Si può cadere nella dipendenza, nel chiudere i rapporti sociali reali e vivere solo la vita virtuale. Certo un rapporto come quello che si era creato tra i due ragazzi in questione è stato molto positivo per tutti e due perché essi si vedevano come una possibilità di sfogo reciproco. Poi però la gestione della relazione virtuale è diventata 79
difficile perché si è allargata sempre più a quella reale, per tutti e due i protagonisti. Il pensiero di cosa l’altro fa, con chi è, le litigate on line sono diventate sempre più presenti e il cercarsi per i propri problemi personali era sempre più forte. Ma come la maggior parte delle relazioni virtuali, anche questa è finita perché una delle parti è riuscita a ricoprire nella vita reale il buco che la chat riusciva a nascondere. 80
3 L’educatore professionale
3.1 Uno sguardo al passato: l’educatore dal secondo
dopoguerra agli anni ‘70
“La vita divora la vita, l’uomo spezza il ciclo, l’uomo ha la memoria65” Prima di procedere con la spiegazione del ruolo, funzioni e competenze dell’educatore professionale, mi sembrava opportuno fornire alcune notizie sulla storia della professione, partendo dal secondo dopoguerra e su come si è andata a modificare e specificare questa professione definita 65
J.C. Oates, “L’età di mezzo”, Mondadori, 2003
81
da una gran parte di persone “nuova”, ma che in realtà ha le sue radici nella storia dell’uomo. Gli educatori lavoravano negli istituti sotto diverse “spoglie”, tra cui ad esempio, istitutori, assistenti, appartenenti a qualche congregazione religiosa o semplicemente studenti che svolgevano questo ruolo per finanziarsi gli studi. Successivamente, tuttavia, ci si rese conto che non bastava più un’educazione di questo tipo, quasi occasionale, ma si capì che per far fronte ai bisogni di soggetti in difficoltà si doveva creare una risposta più individualizzata, più adeguata, più diretta. Nasce, a questo proposito l’ENPMF (Ente Nazionale Protezione Morale del Fanciullo), alla cui base c’è il pensiero della consapevolezza di definire una figura pedagogica specifica che risponda qualitativamente meglio ai bisogni dei soggetti in difficoltà e che si sviluppi interagendo con gli educatori di diversi Paesi. È, infatti, all’inizio degli anni 50 che gli educatori italiani e quelli francesi organizzano incontri annuali nel Castello di Jambeville vicino a Parigi per operare scambi d’idee, di pensieri di due contesti ambientali diversi. Intanto in Francia, nel 1947, era nata l’ANEJI (Association Nationale des Educateurs des Junes Inadaptes) e si aprirono alcuni corsi di formazione per educatori. L’idea base della nascita in Francia della professione è di prevenire, curare e reinserire nella società minori e giovani che per qualsiasi motivo ne sono esclusi o sono in difficoltà ad inserirsi. Nel 1951 l’ANEJI si trasforma in AIEJI (Association international des Educateurs des Junes Inadaptes) e da questo punto in poi si organizzano incontri internazionali (inizialmente solo con la Germania) che trattano della professione, del ruolo, degli interventi della figura dell’educatore. 82
Grazie ai contatti con gli educatori francesi, gli italiani presero conoscenza della storia dello sviluppo del ruolo dell’educatore in Francia. Qui la figura è nata dalle esperienze di scout laici, cattolici, evangelici e israeliti nelle carceri minorili e negli istituti di rieducazione prima con interventi saltuari e poi, per volontà degli stessi operatori, regolari e quotidiani. Lo scoutismo francese era rivolto a soggetti in difficoltà fisiche o psichiche o sociali. Quest’esperienza francese portò l’Italia a costituire numerosi gruppi scout all’interno di istituti di rieducazione. È dal 1953 che si iniziano a organizzare dei corsi di formazione interni per educatori, ad esempio da parte della FIRAS (Federazione Italiana Religiose Assistenti Sociali) religiose educatrici o da parte dell’Ufficio per la Rieducazione dei Minorenni per le figure presenti al suo interno. Il 27 gennaio 1957 nasce l’ANEGID (Associazione Nazionale Educatori Gioventù Disadattata) e nell’aprile dello stesso anno è ammessa nell’AIEJI. Gli anni ’60 furono colmi di congressi nazionali e internazionali, basati soprattutto sul riconoscimento da parte degli stessi operatori della propria identità professionale, della definizione del ruolo specifico dell’educatore, del corso di formazione di base e permanente. È importante notare come si sente la necessità di dover continuamente incontrarsi per discutere sulla professionalità, sull’educazione specializzata, sul ruolo di questa figura all’interno di istituzioni, sulla necessità di avere uno statuto, sui metodi, tecniche educative che confluiscano tutte in un’unica professionalità. È importante notare che anche il ruolo della famiglia inizia ad essere menzionato, occupando il ruolo di protagonista all’interno di uno dei dieci congressi nazionali degli anni ’60. 83
Negli anni ’67‐’68 si apre il primo corso di “qualificazione per educatori in servizio”. Tornando un po’ indietro con gli anni, il 1960 si è dimostrato un anno molto importante grazie a: • La denominazione di “educatore specializzato” risulta troppo limitativa e si introduce il termine “assistente‐educatore”; •
I corsi della FIRAS diventano regolari pluriennali; • Iniziano i corsi di formazione dell’Ente Nazionale Orfani Lavoratori Italiani che durano cinque mesi compreso il tirocinio; • è l’anno in cui i corsi di formazione per educatori specializzati si uniscono nelle attività della scuola di formazione del personale per la rieducazione minorenni; • E’ l’anno della fondazione dell’ESAE (Ente Scuola Assistenti Educatori) di Milano. 3.2 Educatore Professionale: ruolo e competenze
“Un uomo che non può scegliere smette di essere un uomo66” Una prima proposta in alternativa a “Educatore Specializzato”, oltre a “Assistente Educatore”, fu “Animatore”, ma in questo caso si dimenticava e tralasciava il concetto stesso di educare, condurre, trarre fuori. Quindi, 84
fu proposto “Educatore Sociale”, ma si pensò che la sua figura poteva essere confusa con quella dell’Assistente Sociale. “Educatore”, invece troppo generico finché non si pensò a “Educatore Professionale” per dare risalto all’educazione professionale, rispetto a quella naturale. “L’Educatore Professionale è un operatore che, in base ad una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico‐pratico, nell’ambito dei servizi socio‐educativi e educativo‐culturali extra scolastici, residenziali o aperti, svolge la propria attività nei riguardi di persone di diversa età mediante la formulazione ed attuazione di progetti educativi caratterizzati da intenzionalità e continuità, volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale, agendo, per il conseguimento di tali obiettivi, sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto ambientale e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo67”. Tale definizione permette di individuare le caratteristiche peculiari di questo operatore in quanto fa riferimento all’obiettivo della sua azione (promuovere e contribuire allo sviluppo delle potenzialità di crescita personale e sociale medianti progetti educativi caratterizzati da intenzionalità); alle principali funzioni ed attività attraverso cui tale obiettivo viene realizzato (di rapporto con l’utenza, di progettazione, organizzazione e gestione dei servizi educativi); al quadro istituzionale in 66
D. Morris, “L’occhio nudo”, Mondadori, 2000. Commento su “Un’arancia a olorogeria” di A.
Burgees
67
Ministero dell’Interno – Direzione Generale dei Servizi Civili, Gli operatori sociali. Urgenza di
una normativa, Roma, 1984, p. 107.
85
cui esso opera; all’utenza; al requisito di una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico‐pratico. Per formazione si intende, innanzi tutto: • imparare a capire se stessi e l’altro, nel suo bisogno espresso o latente; • saper entrare in risonanza con l’altro per togliere le ansie che impediscono la crescita e stabilire rapporti che diano sicurezza (rapporto privilegiato); • sapersi spogliare di sé per compiere interventi segnati dall’oggettività; • saper comprendere, nelle varie situazioni di lavoro, il proprio ruolo nei confronti delle altre professioni, di cui deve comprendere il linguaggio e le istanze specifiche, per entrare nel lavoro d’èquipe; • comprendere e superare le situazioni di doppio legame, evitare le conflittualità paralizzanti che portano alla demotivazione ed alla fuga dalla professione. Con il termine professionale ci si riferisce, invece, alla capacità dell’educatore stesso di assumersi la responsabilità delle proprie azioni, ma anche di una troppo spesso trascurata capacità di nominarle. L’educatore professionale è dunque un operatore continuamente in relazione con gli altri (minori, famiglie, territorio, servizi…) e, per questo motivo, deve prestare molta attenzione alle proprie dinamiche, alle proprie difese, per cercare di conoscerle sempre al meglio. Solo l’analisi serena dei propri sentimenti gli permetterà, poi, di fare un uso corretto delle proprie conoscenze tecnico‐metodologiche. L’educatore deve, inoltre, possedere un bagaglio di conoscenze teoriche riguardanti i vari ambiti di lavoro ed essere disponibile ad una formazione continua. Un altro aspetto importante di tale figura professionale consiste nella capacità 86
di svolgere discorsi tecnici, di avvalersi di una serie di strumenti operativi (osservazione, progettazione, verifica). L’educatore si pone l’obiettivo di aiutare l’educando a comunicare meglio e diversamente con i sistemi in cui vive, le diverse relazioni, a scoprire le proprie potenzialità, a riconoscere i propri bisogni e a rivolgersi alle agenzie del territorio (scuola, gruppi amicali, sportivi, di tempo libero, ecc.). E’ colui che non ha il compito di cambiare le cose, né quelle passate, né quelle future: può aiutare però ognuno a cambiare il modo di percepire, simbolizzare e rappresentare le une e le altre cose accadute e di quelle a venire, a prescindere dal fatto che siano desiderate, inevitabili o inopportune. Da tutto ciò nasce l’importanza della professionalità e formazione continua dell’educatore. 3.2.1 Competenze professionali
Funzioni di tipo educativo indirizzate all’evoluzione dell’individuo, producono effetti anche su aree di tipo relazionale, sociale e/o di altro genere. Le competenze professionali dell’educatore possono essere così suddivise: competenze pedagogiche, psicologiche, animative, riabilitative, culturali e sociologiche. Le competenze pedagogiche dell’educatore professionale si deducono dal concetto fondamentale che l’individuo può e deve cambiare in quanto l’educazione è un processo che accompagna l’evoluzione di una persona dalla nascita alla morte, nelle diverse tappe evolutive. Ciò significa che il processo educativo è insito nella natura stessa dell’uomo e non avviene in un contesto isolato, ma si realizza insieme ad altre persone. Educazione è gestire l’esperienza acquisita, incrementare le conoscenze e favorire 87
cambiamenti in un processo senza fine di tipo circolare. La crescita dell’individuo è determinata dal confronto con la realtà che gli propone una serie di opportunità e, contemporaneamente, una serie di vincoli, interni (bisogni) ed esterni (condizioni di contesto). La componente pedagogica presente nel ruolo dell’educatore professionale contribuisce a trasformare l’esperienza soggettiva, quasi sempre inconsapevole, in una esperienza consapevole, intenzionale, programmata, favorendo l’evoluzione dell’individuo in una continuità e stabilità di rapporto. Per quanto riguarda le competenze psicologiche, il percorso educativo, caratterizzato dall’intenzionalità di creare rapporti, comporta per l’educatore l’acquisizione di consapevolezza nell’affinare la capacità di comprendere le componenti psicologiche presenti nell’individuo in ogni fase della sua evoluzione, con una particolare attenzione alle emozioni, ai sentimenti, ai vissuti presenti nel percorso della vita. Essi vanno riconosciuti per cogliere tutti gli eventi critici, prevedibili o imprevedibili, caratterizzanti il ciclo vitale di ogni persona; la capacità di individuare la presenza di dinamiche relazionali nei contesti che prevedono l’intervento dell’operatore educativo e di sviluppare, pertanto, nuove modalità di rapporto, adeguate alla realtà. La capacità di collegare il comportamento del soggetto e le pressioni/condizionamenti esterni è una caratteristica del ruolo dell’educatore professionale: tale capacità permette di avere una visione più completa della realtà complessa. Nelle competenze riabilitative l’educatore mette la propria competenza professionale a disposizione di persone che si trovano temporaneamente o irreversibilmente in condizioni di disagio psico‐fisico. Tale condizione può 88
derivare da eventi di tipo fisiologico (per esempio alcune tipologie di handicap) o da carenze soggettive e/o indotte dall’ambiente esterno (malati di mente, tossicodipendenti, carcerati, minori devianti e/o con turbe del carattere, ecc.). L’educatore deve essere in grado di individuare interventi che potenzino le risorse ancora disponibili nel soggetto, indipendentemente dalla sua età, ma valutando la sua peculiarità, definendo obiettivi riabilitativi adeguati e individuando strumenti (sia tecniche individuali che di gruppo) idonei al raggiungimento degli stessi. Nel proprio lavoro l’educatore professionale non può non contemplare tutto ciò che appartiene all’animazione: animare vuol dire aiutare le persone ad esprimere il proprio sé e liberare la fantasia, stimolare a pensare e agire. L’animazione può essere definita come un insieme di azioni che mirano a liberare la sensibilità delle persone, a destabilizzare le regole formali sulle quali si è strutturato il comportamento abituale, a favorire l’espressione della gestualità puntando sulla partecipazione e sulla collaborazione spontanea e attiva degli utenti, recuperando il valore della soggettività e del rapporto con gli altri. Le competenze culturali consistono nella capacità dell’educatore di individuare tutte le attività di tipo culturale presenti nel territorio in cui opera, per utilizzarle come stimoli nell’attività di recupero. Infine, per quanto riguarda le competenze sociologiche, l’educatore non interviene nella relazione con l’utente, la sua famiglia e gli altri sistemi significativi di riferimento, ma agisce nella complessità dell’ecosistema, determinata dai condizionamenti provenienti dall’ambiente sociale e dai vincoli stabiliti dei servizi territoriali. L’educatore deve, quindi, affinare le proprie 89
competenze riguardo alle organizzazioni stesse che hanno obiettivi educativi, all’analisi dei bisogni presenti nel territorio (e trovare le risorse per risolvere i problemi emersi), alla capacità di coinvolgere attivamente il territorio nella gestione del processo di socializzazione dei soggetti “da recuperare”. 3.2.2 Aree dell’intervento educativo
L’operatività dell’educatore professionale si colloca nei seguenti settori: ‐ minori in condizione di disagio psico‐sociale: all’interno del quale, considerando il bisogno espresso (diverso a seconda della fase evolutiva), l’educatore formula le attività ed azioni educative più utili per uno sviluppo armonico del minore, valutando gli eventi critici soggettivi, familiari e sociali che hanno contribuito a produrre le condizioni di disagio. L’educatore è un punto di riferimento adulto alternativo: non può essere un sostituto del genitore, né essere un amico; ‐ minori portatori di handicap psico‐fisico: in cui l’educatore affianca ad una riabilitazione fisioterapica una di tipo educativa fungendo soprattutto da supporto verso la famiglia. Riguardo alla complessa realtà dell’ handicappato legata ad un’impossibilità di essere autonomo, all’incapacità di agire processi decisionali, al bisogno di accrescere la propria autostima, l’educatore agisce attraverso attività animative, riabilitative e psicologiche, sperimentando, insieme all’utente e alla sua famiglia, percorsi nuovi nel modo di vivere per aiutare il soggetto stesso destinatario dell’azione a diventare, almeno in parte, protagonista di se stesso, ‐ adolescenti a rischio: data la particolarità di questa fase di crescita caratterizzata da profondi cambiamenti fisici (il corpo si trasforma e si presentano gli stimoli legati alla sessualità) e psicologici (ricerca di una 90
propria identità vivendo l’ambivalenza tra il bisogno di differenziarsi dalla propria famiglia d’origine e la necessità di poter contare su una solida presenza affettiva) possono manifestarsi comportamenti disfunzionali anche gravi o a “rischio” (per esempio la tossicodipendenza ecc.). In quest’ambito, l’educatore professionale utilizza le proprie competenze con flessibilità operativa e adegua l’intervento di aiuto alle condizioni soggettive e familiari dell’adolescente, considerando il contesto sociale di appartenenza: le competenze educative e psico‐relazionali, l’utilizzo di tecniche di conduzione di gruppi e la capacità di creare stimoli culturali sono condizioni prioritarie per ottenere dei cambiamenti significativi; ‐ adulti con difficoltà psico‐sociali e fisiche: nella realtà sono molti gli adulti che si trovano in condizione di disagio di questo tipo (per esempio i malati di mente, i devianti, i detenuti, ecc.) e, in quest’ambito, l’educatore professionale è coinvolto soprattutto dove esistono progetti di intervento mirati, ad esempio, all’aiuto nell’individuazione di un possibile percorso di formazione professionale per portatori di handicap o malati di mente oppure ad un loro inserimento nel mondo del lavoro. L’educatore si occupa delle varie fasi di inserimento, valuta gli effetti delle nuove relazioni interpersonali, supporta le eventuali difficoltà soprattutto legate all’aspetto emotivo e all’insicurezza di fondo del soggetto, valorizza gli aspetti positivi e sdrammatizza quelli negativi, ponendo anche molta attenzione a cosa succede in famiglia come reazione ai piccoli passi verso l’autonomia e il reinserimento sociale; ‐ gli anziani: l’educatore interessato a impegnarsi nella cura, nella riabilitazione e nella prevenzione del disagio presente nella popolazione 91
anziana, deve impostare le proprie attività in armonia con gli obiettivi che valorizzano le risorse residue della persona in un rapporto interpersonale alla pari. Per raggiungere tale risultato l’educatore deve ricercare e cogliere le opportunità positive e utili alla vita dell’anziano, agire prevalentemente sulle risorse legate alla creatività, all’intelligenza, all’affettività: in tal modo dà la possibilità all’anziano di rinforzare l’immagine di sé e di conseguenza l’immagine che la società ha dell’anziano stesso. 3.2.3 Strutture in cui opera
‐ il quartiere: con il quale si intende l’unità di riferimento territoriale più piccola. L’educatore può esprimere nel territorio un ruolo che favorisce l’integrazione tra le persone in condizione di disagio e l’ambiente circostante organizzando e proponendo la costruzione di una serie di attività promozionali e di ricerca; ‐ la scuola: con la quale si intende tutta la struttura educativa che agisce a sostegno della famiglia in ogni fascia di età, comprendendo anche il nido e la scuola materna. L’intervento dell’educatore può diventare uno strumento che favorisce l’integrazione sociale (sia per minori portatori di handicap che per minori in situazione di disagio – abbandono familiare, emigrazione ecc. ‐), attivando comportamenti che influenzano tutti i sistemi significativi coinvolti; ‐ la famiglia: dove, in quelle definite multiproblematiche, spesso si verifica una inadeguatezza educativa ( povertà, emarginazione, malattia mentale, portatori di handicap, ecc.) oltre all’incapacità di rispondere ai bisogni materiali dei figli. L’educatore interviene con l’assistenza domiciliare che costituisce un intervento estremamente delicato e difficile non solo per la 92
famiglia che lo subisce o lo richiede, ma anche per l’educatore stesso che lo deve agire strategicamente, conoscendo quali elementi hanno determinato l’incapacità della famiglia nella cura e nell’allevamento dei figli: ‐ i centri ricreativi/o riabilitativi: centri a carattere semiresidenziale (senza pernottamento degli ospiti) che accolgono minori, anziani, oppure persone in difficoltà nell’organizzare in modo autonomo l’arco della giornata. Sono strutture che offrono molteplici attività che favoriscono l’integrazione sociale tra gli individui portatori del disagio e la comunità territoriale, mettendo a disposizione uno spazio in cui far sentire gli ospiti protagonisti nella loro realtà, alleviando contemporaneamente la famiglia di appartenenza per alcune ore al giorno. L’educatore può intervenire prevedendo interventi di rieducazione per il reinserimento nel tessuto sociale di appartenenza delle persone considerate devianti; ‐ le strutture residenziali: soprattutto in quelle per minori, è da sempre prevista la figura dell’educatore prevalentemente per proporre e realizzare interventi idonei alla crescita dell’individuo. Si tratta di strutture che offrono servizi rivolti ai cittadini che si trovano in condizione di privazione, di dipendenza e di difficoltà a maturare, recuperare o mantenere la propria autonomia assumendo anche la finalità di favorire processi evolutivi di emancipazione di situazioni individualmente e socialmente riconosciuti vivibili e soddisfacenti (rientrano le strutture per minori e adolescenti: centro di pronto intervento/emergenza, centro di accoglienza per la prima infanzia, gruppo‐famiglia, gruppo appartamento, istituti per minori, centri estivi; le strutture per tossicodipendenti e alcolisti; i centri residenziali per anziani). 93
3.3 Educazione, relazione educativa e educatore
“Arricchire la propria vita in altri modi così che anche le più angosciose piaghe aperte in noi dagli avvenimenti reali che toccano la nostra persona possano prosciugarsi e lasciarci respiro, così da rinnovare ancor sempre, testardamente, la capacità di vivere […] arricchire la vita propria con la vita degli altri68” La relazione educativa è l’elemento e lo strumento fondamentale dell’educatore. Ma è sufficiente la presenza di un educatore e di un educando per rendere la relazione e le esperienze educative? “Non tutto educa e non si educa dappertutto69”: non bastano quindi due soggetti (un educatore e un educando) e un’esperienza generica a fare educazione. Ciò che conta per la crescita e lo sviluppo delle persone, è il significato che ogni individuo attribuisce a ciò che conosce. Ciò che è fondamentale e che rende l’esperienza educativa è la presenza di un progetto educativo, a cui aderiscono entrambi i soggetti, finalizzato al cambiamento. “L’educazione, 68
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C. Musatti, “I girasoli”, Ed. Riuniti, 1984
Igor Salomone, Op. Cit, pag. 57
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intesa nel senso di un’interazione educativa tra un soggetto che insegna e uno che ipara da chi insegna, non è altro che questo: l’elaborazione comune di un’esperienza giocata qui ed ora e finalizzata ad orientare le scelte successive di entrambi70”. Due concetti sono fondamentali per la relazione educativa: l’attenersi alla relazione e l’espansione dell’esperienza dell’educando. Il primo implica il domandarsi se il nostro rapporto con l’educando sia effettivamente educativo e ci siano caratteri di reciprocità, comunicazione e comprensione empatica. Solo all’interno di questo spazio possono avvenire i cambiamenti. Il secondo significa essere in grado di progettare e condurre con l’educando delle esperienze che possono arricchire il mondo dell’educando di significati. Ma, come già detto in precedenza, non tutte le esperienze sono educative, quindi l’educatore non deve impegnarsi a proporre tante esperienze, ma anche se poche, l’educatore deve indagare e ampliare i significati delle esperienze vissute insieme nel qui ed ora. La relazione educativa, per sua definizione, comporta l’avvicinarsi all’altro “diverso da sé” allo scopo di ottenere dei fini educativi: entrare nella storia dell’altro, proporre il cambiamento, costruire un nuovo ruolo rinnovandosi e rinnovando la sua storia. Il cambiamento è considerato come l’ampliamente degli orizzonti dei significati che l’educando attribuisce al proprio modo di vivere gli eventi e di rappresentarsi al mondo e con le persone. Non significa quindi solo ed esclusivamente il cambiamento comportamentale o dell’aspetto fisico dell’utente: questi elementi più visibili sono la conseguenza del cambiamento più intimo che l’educando ha fatto. 70
Igor Salomone, Op. Cit., Pag. 20
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La relazione d’aiuto necessita di due ruoli complementari: un soggetto che “chiede” (consciamente o meno) perché è in situazione di difficoltà e ed è sostanzialmente una persona impotente; un altro soggetto che “da”. Esso è portatore di saggezza e autorità, può dare salute e si pone tendenzialmente come soggetto onnipotente. Nell’avvicinamento tra due persone nella particolare relazione d’aiuto, esiste un aspetto psicologico meno cosciente che porta al tentativo di “conquistare” l’altro, ognuno dei due con modalità diverse. Per l’utente lo scopo è quello di attirare l’attenzione dell’educatore che in questo caso si impegnerebbe al massimo nella relazione esclusiva. Per l’educatore lo scopo è quello di imporre sé stesso, imporsi come modello da imitare. Esso non è un modello da imitare, bensì una figura adulta di riferimento alternativa. L’educatore, attraverso il fare, dimostra i suoi valori, le sue scelte, si offre come modello alternativo. Onnipotenza e impotenza sono “fantasmi” sempre presenti nell’essere educatore: spesso l’educatore riceve una delega di onnipotenza da parte dell’utente, il quale diviene così deresponsabilizzato. Assumere l’onnipotenza per l’educatore significa sentirsi appagati, assumere una massima capacità di suggestione. L’educatore vuole così essere ricordato come la persona che ha “ridato vita” all’altro, che ha favorito la crescita, che è presente in ogni utente. Plasma secondo modelli, vedendo nell’utente un individuo modellabile. D’altra parte l’educatore può ricadere in un ruolo di impotenza: distacco dall’utente, oggettivizzazione dell’altro che viene allontanato. L’educatore diventa una figura debole, non è un punto di riferimento. 96
Stare a cavallo tra onnipotenza e impotenza significa creare una relazione che sia educativa e quindi bilaterale: costruzione di un rapporto di fiducia in cui si aiuta nella crescita, partendo dalle potenzialità, offrendosi come punto di riferimento alternativo, assumendo un ruolo autorevole. Significa anche sapersi guardare dentro per riconoscere i propri limiti, ma anche la possibilità di riflettere, di tollerare le proprie incertezze, ansie e timori. La consapevolezza di sé, la conoscenza del proprio mondo interno, dei propri sentimenti è un obbligo per l’educatore. La parte soggettiva dell’educatore è fondamentale quanto la sua parte oggettiva che comprende professionalità, competenze e conoscenze acquisite nel corso delle esperienze. Non basta la “buona volontà” o la “vocazione” a fare del bene all’altro. Per essere educatore professionale sono necessarie tutte e due le componenti, presenti in modo equilibrato. L’eccessiva presenza della parte più oggettiva porta all’esercizio asettico di competenza scientifica e tecnica. L’educatore è troppo distante, è freddo, il coinvolgimento emotivo, l’empatia non sono presenti. D’altra parte la sola componente soggettiva di “vocazione” e “missione” rischia di portare a un coinvolgimento emotivo troppo forte per cui l’educatore non riesce più a mantenere la giusta distanza con l’altro. Il suo agire trova legittimazione e giustificazione nel setting pedagogico e nel contratto educativo. Il primo comprende sia lo spazio fisico che, soprattutto, lo spazio simbolico, cioè quello non tangibile. All’interno del setting si crea e si sviluppa l’interazione educativa. Il contratto educativo sancisce i ruoli di educatore ed educando; si rinnova e si modifica sempre nel corso della relazione educativa. 97
Lo psicologo e l’assistente sociale sono figure che creano nella mente comune, al solo nominarle, un’immagine piuttosto precisa del ruolo, delle competenze professionali che le caratterizzano e utilizzano un linguaggio “forte”, determinato, ricco, denso d’espressioni. Mentre l’educatore professionale è una figura “debole”, che richiama immagini vaghe e spesso neanche simili all’effettivo ruolo. 98
4 Educatore e chat: una prima sperimentazione
4.1 Sperimentazione “EducatoreOnLine”
“L’infinita diversità della rete è un’occasione straordinaria per allargare i nostri orizzonti71” Basandomi sulle informazioni raccolte e sulle esperienze personali e non, ho ipotizzato la presenza fissa di una figura educativa all’interno di Habbo Hotel. Questa chat mi ha permesso di costruire una mia stanza e un mio habbo: uno studio e un EducatoreOnLine presente in ogni suo pixel. 71
T. Canterlmi, V. Carpino, Tradimento on line, Franco Angeli/Le Comete, Milano 2005, pag. 27
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Il primo pensiero è stato quello di creare l’habbo educatore: avendo già creato altri personaggi prima di quello, ero già esperta nella cosa. Quindi ho creato questo habbo (femmina) cercando di non darle un aspetto troppo appariscente e dall’altra parte troppo pacato. Dopo aver creato la mia educatrice mi sono avventurata all’interno dell’Hotel (il quale ormai lo conoscevo già abbastanza bene). Il primo pensiero era quello di non avere una stanza personale, ma di stare all’interno delle aree pubbliche e cercare in qualche modo di creare un piccolo gruppo di discussione. Questo primo tentativo è fallito subito perché la sola presenza di un habbo che si chiamasse EducatoreOnLine nelle stanze pubbliche mi rendeva l’oggetto di scherno della maggior parte dei partecipanti in quel momento. Si riesce a gestire una provocazione, due provocazioni, ma la situazione era troppo forte. Quindi, dopo essermi ritirata dalle stanze pubbliche ho deciso di creare una stanza privata. Dovevo trovare un nome plausibile per la stanza e acquistare dei furni per renderla più accogliente. Il primo nome che le ho dato è stato “Confessionale”, con una descrizione che recitava: “avete problemi con il vostro ragazzo e non sapete dove sfogarvi? Avete litigato con i vostri genitori e non sapete con chi parlarne?! ENTRATE!!”. Alcune persone incuriosite sono entrate, ma soprattutto per chiedermi se davo lavoro e per vedere se la stanza era simile al Confessionale del Grande Fratello. Una mattina, invece, sono stata vittima di un importuno e “stupro virtuale” da parte di un habbo. Da quel momento ho pensato di cambiare il mio Educatore da femmina a maschio. Dato che la stanza in quel modo non aveva nessun successo, le ho cambiato il nome da “Confessionale” a “LIBERA” e ho ridotto il 100
messaggio ad un semplice “COME IN :D”. Anche in questo caso però non ho ottenuto molte risposte positive probabilmente perché il nome era troppo vago. I ragazzi che entravano erano semplicemente incuriositi dal nome o dal numero delle persone presenti e non sapevano cosa fare una volta entrati. Io mi presentavo come un habbo normale, perché dicendo che ero un educatore professionale che sta facendo una tesi su internet, non ottenevo nessun tipo di risposta positiva: molti ragazzi non capivano il motivo per cui ero lì e l’educatore professionale non è conosciuto praticamente da nessuno. Risultavo un habbo simpatico e basta. Dopo aver lasciato da parte il progetto ho ripreso l’utilizzo della stanza per usi diversi, chiamandola “UNDER CONSTRUCTION”. Ho pensato di non utilizzare più l’habbo EducatoreOnLine, considerando il fatto che i ragazzi potessero essere frenati dal mio nick, il quale è una delle prime cose che si nota, oltre ai vestiti dell’habbo. Ma in questo modo, la stanza era ancora più vaga. Dopo aver ricevuto un messaggio in console da parte di un mio amico che si offriva per dare “terapia” al prezzo di un furno, ho pensato di fare la stessa cosa con i miei amici in lista. Ma dovevo farli necessariamente con un altro mio habbo, perché EducatoreOnLine non aveva una lista ben fornita di nomi. Quindi ho provato, ma anche il quel modo non ho ottenuto la risposta che mi aspettavo, ossia qualche persona che si avvicinasse alla stanza anche solo per curiosità. Nel messaggio avevo scritto: “oggi mi sento particolarmente buono… raga vi aspetto nella stanza UNDER CONSTRUCTION mi offro gratuitamente per una terapia!!!” So che non faccio terapia, non sono capace e non sta neanche 101
Figura 7 Gruppi di discussione
nelle competenze dell’educatore, ma “terapia” è un nome che fa colpo sulle persone e ho pensato che avrei ottenuto qualche risposta positiva. Ma anche qui, nulla di quello che speravo. Forse perché il messaggio non era molto esaudiente o forse perché le possibilità erano limitate ai miei amici in lista quindi a un massimo di 10 persone on line. Quindi ho pensato di utilizzare la professionalità dello psicologo, chiamando la stanza “¬PSIKOLOGO ON LINE®¬”, sempre senza però presentarmi con l’habbo EducatoreOnline. In questo modo ho ottenuto risposta, solo che il problema rimaneva il fatto che i ragazzi entravano e chiedevano dello psicologo; io mi presentavo come psicologo, ma il mio nick non corrispondeva a quello del proprietario della stanza, cioè l’altro mio habbo EducatoreOnLine. In questo modo perdevo subito di credibilità, perché per i ragazzi che già conoscono abbastanza l’Hotel, entrare in una stanza e vedere una persona che si presenta come il proprietario della stessa, ma con un nick differente a quello scritto sotto al nome della stanza, è sintomo di truffa. Quindi ho ripreso il mio 102
EducatoreOnLine, l’ho vestito in giacca e cravatta e sono entrata nella stanza ad aspettare qualcuno che entrasse. La descrizione della stanza era ed è tuttora: “per parlare per sfogarsi per rilassarsi! Io sono qui per voi, terapia gratuita!! COME IN!!! :D” In questo modo ho avuto finalmente la risposta che mi aspettavo. Ora che avevo trovato il modo per agganciare i ragazzi, ho potuto ipotizzare qualche obiettivo da raggiungere: proporre dei gruppi a tema, instaurare relazioni educative continuative con i partecipanti, creare uno spazio contenuto di presenza on line (ad esempio proporre la presenza dell’EducatoreOnLine tutti i giorni dalle ore 16.00 alle ore 17.30). Presentandomi in un setting e con un habbo ben definito, ho potuto riscontrare che molti ragazzi entravano nella stanza anche solo per curiosità, ma vedendo una figura ben precisa al suo interno non rimanevano più spiazzati, ma ho notato una maggiore adesione. Oppure altri ragazzi, avendo già in mente più o meno chi è uno psicologo, entravano appositamente per esporre un problema. Problemi legati soprattutto alle relazioni con altri adolescenti, ad esempio problemi con il proprio ragazzo reale oppure innamoramenti via chat, discussioni in gruppo legate ai confronti tra maschi e femmine su come vivono la sessualità e le altre relazioni sociali. Aiutati dalla maschera dell’habbo e dall’anonimato della chat, i ragazzi riescono a trattare cose che nella realtà sarebbe più difficile dire in un gruppo al suo primo incontro. La stanza è aperta a tutti finché non si crea un piccolo gruppo di discussione o fino a quando non c’è una persona che ha un bisogno particolare. Nel primo caso, gli incontri sono di libera partecipazione, nel senso che la porta della stanza rimane aperta ad ogni persona e man mano 103
che si crea un gruppetto si decide di che argomento trattare, ma in modo spontaneo. Nel caso in cui si presenta una persona che vuole parlare di un determinato problema personale, o lo si espone al gruppo (se è presente un gruppo, se il ragazzo vuole e cerca le opinioni degli altri) oppure cerco di svolgere un colloquio personale, in modo tale da poter gestire meglio la relazione, senza la presenza delle parole degli altri. In chat infatti, essendoci solo parole scritte, è difficile aspettare il proprio turno per parlare o lo si fa in modo meno definito rispetto alla realtà. La gestione del dare la parola a qualcuno è più difficile del reale: posso agire cercando di far parlare le persone che non partecipano più di tanto e dall’altra parte stoppare chi parla troppo o chi è al di fuori dell’argomento, ma non è come nella vita reale, perché anche il mio intervento è all’interno delle parole e delle battute che scorrono degli altri partecipanti. Per i primi incontri ho chiesto aiuto agli amici virtuali che già conosco da un po’ di tempo: ho chiesto loro di essere presenti nella stanza insieme a me, in modo tale che quando arrivavano altri habbo questi si trovavano già la stanza con un po’ di persone che li accolgono in maniera cordiale. Il primo aggancio verso gli altri ragazzi è stato quindi mediato anche dai miei amici virtuali. Naturalmente loro sono a conoscenza del fatto che sto scrivendo una tesi che riguarda Habbo e che EducatoreOnLine sono sempre io. 104
4.2 Ipotesi di educatore non presente fisicamente
“Quando si vedono le persone solo attraverso le loro parole sullo schermo di un computer, si è più liberi di costruirsi un’immagine assolutamente personale ed arbitraria di chi e cosa siano queste persone nella realtà72” Ipotizzando l’educatore non presente fisicamente, sono due le tipologie di incontro educatore‐educando che si possono riscontrare: incontro virtuale tra persone che già si conoscono realmente e incontro virtuale tra persone che non si conoscono nella realtà. Il primo può considerare ad esempio l’educatore di un centro giovani che offre la possibilità di essere presente virtualmente in una chat prestabilita in orari diversi da quelli del cag. Oppure ragazzi con handicapp tali da non riuscire a partecipare alle attività dei centri, possono trovare l’educatore all’interno di una stanza virtuale. Le caratteristiche dell’educatore in queste ipotesi sono chiare perché c’è la conoscenza reale sia del ruolo, che delle parti (educatore e utenti). La relazione educativa è già avviata e fondamentalmente ciò che cambia è il 72
Kimberly S. Young, “Presi nella rete – intossicazione e dipendenza da internet”, CALDERINI
ed. Agricole, 2000, pag. 81
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setting in cui si svolge la relazione. Esso è molto particolare e ha caratteristiche specifiche di cui bisogna tener conto: ad esempio l’anonimità e le maschere. La prima passa in secondo piano rispetto ad altri caratteri perchè si ha ben presente la persona che sta al di là dello schermo. Quello che va preso in considerazione è più che altro la maschera che il ragazzo indossa. Protetto da questa, può trovarsi più libero nell’esprimere cose che faccia a faccia sarebbe più difficile da dire. Le basi della relazione educativa sono già presenti, ma è sicuramente necessaria la ridiscussione dei ruoli e del contratto educativo. All’interno di un progetto educativo più globale, educatore e chat possono essere uno strumento per la sperimentazione dell’incontro, specchio o sfogo: ad esempio per un ragazzo con difficoltà nelle relazioni con i pari, è possibile utilizzare la chat per sperimentare il primo incontro con l’altro. Il ragazzo va però condotto in questo “mondo”, pena la possibilità di cadere nella dipendenza. Quindi l’educatore può assumere anche un ruolo di mediatore nele relazioni dell’utente in internet: in chat esse sono vissute come sperimentazioni di quelle reali e come tali necessitano supporto nel quale i ragazzi sono aiutati a capire quali relazioni sono positive, quali possono risultare negative e quale può essere il migliore approccio con l’altro. Habbo permette anche relazioni asimmetriche (attraverso il lavoro) fornendo la possibilità al ragazzo di sperimentare la relazione con l’autorità. Il ragazzo potrebbe trovarsi un po’ spiazzato nell’impatto iniziale perché, conoscendo qualcuno nella realtà e poi incontrarlo in chat senza fisicità può portare a un’iniziale difficoltà: l’abitudine è quella di avere una relazione basata sul contatto e sulla vista. Nei primi momenti può essere 106
quindi difficile la ridimensione della relazione, ma non l’accettazione del ruolo ricoperto dall’educatore. Per quanto riguarda l’ipotesi dell’educatore che lavora con utenti che non conosce nella realtà, è necessario tenere in considerazione le caratteristiche della chat di anonimità e maschere perché rappresentano un concetto fondamentale della vita virtuale: l’educatore può avvalersi delle positività di queste caratteristiche. È molto importante, in questa situazione, utilizzare un setting fisico molto chiaro, in modo tale da dare subito una chiara idea di ciò che si fa nella stanza. Potrebbe essere utile per quei ragazzi che si rifugiano nella chat per scappare dai problemi esterni che, aiutati dall’anonimato, possono sentirsi più liberi di aprirsi. La chat permette di guardare il proprio sé, cosa che è spesso difficile da fare nella realtà senza uno stimolo adeguato: si possono scoprire altre parti del sé nascoste o si impara ad accettare sfaccettature che nella realtà sono nascoste. In questo l’educatore può fornire un aiuto virtuale a. Può succedere che la relazione risulti “stretta” perché confinata in chat. In questo caso si potrebbe spingere il ragazzo a incontri esterni con altri specialisti. La progettualità sicuramente non viene meno, ma sarebbe scritta personalmente durante e dopo gli incontri con i ragazzi. Il quotidiano è vissuto nella realtà come relazione giornaliera e continuativa. Questo è forse un punto cruciale per l’educatore e difficile da mettere in atto in internet per la natura stessa delle relazioni. Molte sono volatili, sono poche quelle che durano e che sono continuative. Non sono tanti i ragazzi che tornano nella stanza dell’educatore. Per una persona in chat è anche difficile riprendere i contatti perché se l’altro non ci sta a 107
genio è sufficiente non rispondere, rendendo molto più facile la perdita dei contatti. Nella conduzione di gruppi reali e virtuali, l’educatore può avvalersi di due tipologie di tecniche: attiva e non attiva. La prima si basa sul coinvolgere attivamente il soggetto e di renderlo protagonista al fine di portare un cambiamento (per esempio l’attività di sensibilizzazione); la seconda è attività di pura informazione, lezione frontale. Un progetto educativo, quindi, che mira a cambiare i comportamenti, deve usare prevalentemente tecniche attive. Nella gestione di un gruppo, il conduttore, deve essere in grado di scegliere il tipo di intervento da fare, calibrandolo sulle varie situazioni. Alcuni tipi di intervento che possono essere utilizzati dall’educatore sono: ‐ intervento chiarificatore: come dice il nome, serve per chiarire i concetti espressi o la connessione fra i vari contributi; ‐ intervento esortativo: ha lo scopo di aumentare il livello di investimento dei partecipanti al gruppo in relazione agli obiettivi prefissati; ‐ intervento provocatorio: rientra nella categoria degli interventi di stimolo e si connota per la modalità di intervenire. Deve essere utilizzato quando il conduttore valuta che il gruppo si è cristallizzato su alcuni comportamenti o atteggiamenti disfunzionali che non possono essere superati con nessun’altra modalità di intervento; ‐ intervento sdrammatizzante: del tipo “battuta spiritosa” è funzionale ad alleggerire una situazione di estrema tensione ‐ intervento riassuntivo: è quello che serve a fare il classico “punto della situazione”; 108
‐ intervento riflessivo: viene utilizzato dal conduttore per dare un contributo personale di analisi di ciò che sta avvenendo e, contemporaneamente, per promuovere nel gruppo momenti di riflessione sul gruppo stesso; ‐ intervento stoppante: viene utilizzato per ristabilire l’ordine nella discussione in relazione alle modalità di comunicazione e ai contenuti della stessa. Può essere utile, ad esempio, per fermare il partecipante che monopolizza l’attenzione con discorsi lunghi e contorti, oppure ad interrompere un dialogo tra due membri che si prolunga troppo togliendo ossigeno al gruppo o, ancora, a bloccare il gruppo che sta evadendo dal compito; In realtà, in una medesima situazione, può essere opportuno ed efficace utilizzare una mescolanza di due o più tipi. La calibratura degli interventi, il tono con cui farli, i momenti in cui esplicitarli sono elementi che si rifanno alla formazione professionale dell’educatore. 109
5 Ipotesi di lavoro nel virtuale
In conclusione a ciò che ho detto e sperimentato nei capitoli precedenti ho inserito tre possibili progetti di intervento nel virtuale con caratteristiche diverse. La principale differenza riguarda l’utenza a cui è indirizzato il progetto: il primo (che chiamerò semplicemente “Educatore On Line”) si basa sulla libera aggregazione, in una stanza dell’Hotel, di ragazzi conosciuti solo nel virtuale. Gli altri due progetti (C.S.E.v. e C.D.v. rispettivamente Centro Socio Educativo virtuale e Centro Diurno virtuale), invece, si basano sul lavoro insieme agli utenti reali che frequentano servizi educativi. Il primo diventa un progetto costruito e gestito nel virtuale, mentre gli altri due sono progetti per i quali è necessario un lavoro nel reale insieme all’utenza. Il prendere in considerazione gli utenti reali fa sì che questi progetti diventino uno strumento educativo inserito nel progetto educativo globale del ragazzo. I due progetti che prendono in considerazione l’utenza reale, sono indirizzati a due categorie particolari di adolescenti: uno a ragazzi che frequentano C.S.E. o altri servizi per disabili e l’altro a 110
ragazzi che frequentano un centro diurno, comprendendo ad esempio minori segnalati dai servizi sociali, dalle scuole o ragazzi con problemi famigliari alle spalle. Oppure più in generale, C.S.E.v. e C.D.v. prendono in considerazione un disagio esplicito, anche se di tipo diverso. Invece il progetto “Educatore On Line” è di libera aggregazione, come una sorta di centro d’aggregazione giovanile, dove i ragazzi che lo frequentano non hanno particolari problemi espliciti. Il lavoro nel virtuale non manca nei due ultimi progetti, ma è organizzato e vissuto in modo diverso rispetto al primo. Il primo si svolge interamente nel virtuale, come ho spiegato prima, mentre gli altri due si svolgono tra reale e virtuale. Il lavoro di organizzazione, di creazione delle stanze, di attribuzione dei ruoli, di gestione e di verifica delle attività si svolge nel reale; poi il progetto si sposta nel virtuale, dove i ragazzi si relazionano con coetanei virtuali. Un’altra sostanziale differenza tra i tre progetti è la referenza con cui vengo presentata all’interno dell’hotel. In “Educatore On Line” necessito la referenza di Lunadismeraldo, l’hotel manager. Senza la sua referenza, o l’appartenenza all’habbo staff, è molto difficile ottenere adesione al progetto. La frequenza alla stanza e alle attività proposte non sarebbe adeguata a ciò che propongo, perché sarebbe minore. Il C.S.E.v. e il C.D.v. non necessitano di referenza, anzi, l’ipotesi di pubblicità nell’hotel indirizzerebbe il progetto verso altri obiettivi. Obietti, azioni e strumenti sono diversi: negli ultimi due progetti i ragazzi sono conosciuti nella realtà e quindi il progetto è ricalibrato in base alle necessità dei ragazzi. Il progetto è una parte di quello più globale. Mentre per “Educatore On Line”, le modalità di gestione del lavoro sono diverse, con obiettivi più generali e rivolti a una gamma di utenza virtuale. 111
Nei paragrafi successivi sono quindi esposti i tre diversi progetti, partendo da “Educatore On Line”, che è stato il primo ipotizzato, passando poi agli altri due C.S.E.v. e C.D.v. 5.1 Ipotesi di progetto “EducatoreOnLine”
“Le persone in chat si sentono meno inibite e riescono, a volte senza creare falsi personaggi, a offrire all’interlocutore parti di sé, verità personali, altrimenti inesprimibili73” Qui di seguito è riportato l’ipotesi di un progetto educativo all’interno di habbo hotel. Obiettivi, azioni, strumenti, tempi e tutto ciò che è stato inserito nel progetto, è stato deciso dopo la sperimentazione che ho fatto in questi mesi e dopo aver girato e vissuto l’hotel nelle sue parti. 73
M. Troiano e L. Petrone, “Chat: incontri e scontri dell’anima”, Editori Riuniti, Roma 2001, pag.
44
112
Progetto “EducatoreOnLine” OBIETTIVO GENERALE
AZIONE
STRUMENTI
Offrire possibilità di confronto, Presenza on line nella
Habbo EducatoreOnline
sensibilizzazione circa
Stanza arredata
chat di habbo hotel
determinate tematiche e
supporto educativo ai ragazzi
che frequentano habbo hotel
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OBIETTIVO AZIONE STRUMENTO DURATA FREQUENZA SETTING RUOLO EDUCATORE Offrire Attività di gruppo Gruppo possibilità di Accogliere argomenti Post‐it confronto proposti dai ragazzi numero massimo di Mediazione tra i durante la settimana partecipanti 1:00/ 1:30 h Bisettimanale a Stanza aperta fino al Accoglie domande, giorni alternati raggiungimento del curiosità, argomenti partecipanti Lasciare libera scelta al Gestione della gruppo circa l’argomento discussione Sensibilizzazione Confrontare e discutere Gruppo verso tematiche circa vita e abitudini dei Testimonianze particolari ragazzi italiani con altre Notizie di cronaca culture 1:00/ 1:30 h Bisettimanale a Stanza aperta fino al Propositore di giorni alternati raggiungimento del argomenti numero massimo di Mediazione della partecipanti discussione Discutere riguardo Propositore di stimoli avvenimenti di cronaca diversi che riguardano principalmente i teen ager Proporre e discutere circa un argomento particolare (il più richiesto) 114
Offrire supporto Colloqui singoli Post‐it educativo Messaggi in In base alle Stanza chiusa Supporto in colloquio richieste singolo specifiche scritte sui post‐it console È protagonista, insieme o inviate all’educatore all’utente tramite messaggi della Accogliere domande 30 min/ 1:00 h console Accogliere la richiesta effettuata al momento dall’utente Offrire servizio di “posta anonima” tramite i post‐it attaccati alla parete della stanza 115
L’educatore professionale interviene attraverso un progetto educativo intenzionale, finalizzato e verificabile: un’insieme di azioni concrete, congruenti fra di loro, verificabili e che producono un cambiamento. Educa quindi alla vita, a ricercare un senso alla propria vita personale, il che significa abilitare gli adolescenti ad essere protagonisti dei propri tempi e dei propri spazi; vuol dire anche aiutarli ad individuare modalità e strumenti cognitivi ed emozionali per costruire/ricostruire, progettare e significare ogni esperienza di vita, e per essere in grado di effettuare una “scelta” positiva per la crescita dell’individuo stesso. Per fare ciò l’educatore deve basarsi su uno degli assi portanti del metodo dell’educazione: la relazione educativa in chiave di “comunicazione esistenziale”. La relazione, e perciò l’interazione, tra l’educatore ed il gruppo è uno degli strumenti fondamentali per l’educazione stessa. All’interno del gruppo l’educatore partecipa insieme ai componenti al progetto e svolge il ruolo di conduttore, non si lascia invischiare dalle dinamiche relazionali e dagli stati affettivi del gruppo, ma lo osserva e, attraverso un linguaggio “tecnico”, descrive i fenomeni che nel gruppo accadono alla luce delle dinamiche emerse. L’educatore, mediante l’ascolto attivo e l’empatia, è capace di “mettersi nei panni” dei membri del gruppo e, quindi, di percepire i loro vissuti soggettivi ed è capace di far sentire ai diversi membri una solidarietà basata sul suo atteggiamento non giudicante ma, anzi, comprensivo, dando loro dei rimandi finalizzati al raggiungimento dell’obiettivo. I primi due obiettivi del progetto si svolgono in gruppo. Il primo obiettivo è basato sull’idea generale di rendere la chat un luogo in cui si può fare 116
educazione. Essa è un luogo in cui i ragazzi si incontrano, si conoscono, si scambiano idee e pensieri. Si offre la possibilità di scambiare idee e di confrontarsi in un luogo chiuso e con la presenza di una figura adulta di riferimento che gestisce e coordina il gruppo; si trasformerebbe lo scambio naturale e informale che i ragazzi hanno in modo spontaneo nella chat, in uno scambio più formale. Nel secondo obiettivo si cerca di sensibilizzare i ragazzi rispetto determinati avvenimenti che succedono intorno a loro; che non è solo il rapporto con il professore o il problema con il proprio ragazzo/a (fondamentali per l’età adolescenziale), ma anche fatti di cronaca più o meno pesanti o il confronto con realtà diverse dalle proprie a cui si è abituati. Una “rubrica” settimanale in cui si tratta l’argomento via via più richiesto, potrebbe essere un’ipotesi per andare incontro alle domande o curiosità più richieste dai ragazzi. La differenza fondamentale tra i primi due obiettivi è che nel primo l’educatore accoglie le richieste dei ragazzi. Funge da mediatore nella discussione e confronto nel gruppo e si parla di cose più vicine agli stessi ragazzi. Il secondo obiettivo è legato a cercare di aprire i propri occhi a ciò che è più lontano (non solo su un piano fisico), ma che spesso è più vicino di quanto si pensi. In questo gruppo l’educatore è propositore di argomenti, media e stimola i ragazzi a vedere le cose sotto punti di vista diversi. Terzo obiettivo è il supporto educativo nella relazione educatore‐utente, 1:1. il motivo di una scelta simile è data dalle richieste stesse di alcuni dei ragazzi che si recano nella mia stanza chiedendomi un colloquio personale. Per tale obiettivo è ipotizzata la presenza nella stanza 117
dell’educatore in attesa di utenti che si presentano per un particolare aiuto; oppure ricevere l’utente tramite “appuntamento” attraverso i post‐it lasciati nella stanza o per mezzo di messaggi in console. L’ultimo obiettivo è l’unico che si svolge in relazione 1:1. tra le azioni ipotizzate c’è una sorta di “posta anonima” effettuata tramite post‐it in cui i ragazzi possono lasciare domande e curiosità per le quali la risposta è piuttosto breve, in modo tale da fare una botta‐risposta direttamente sul post‐it. Di particolare importanza è il discorso di entrare a far parte dello Staff dell’Hotel. Nel momento in cui si è “mandati” da Lunadismeraldo si acquista più credibilità e automaticamente i ragazzi riconoscono un ruolo a cui portare rispetto. Offrono immediatamente la possibilità di dire e di fare qualcosa. È necessario il supporto dello Staff per mettere in pratica un progetto simile, perché da soli sarebbe veramente difficile, quasi impossibile, conquistare la credibilità di tutti gli utenti che si approcciano alla stanza. 118
5.2 EducatoreOnLine e servizi educativi virtuali: C.S.E.v.
(Centro Socio Educativo virtuale) e C.D.v. (Centro
Diurno virtuale)
“Il computer rende possibile la simulazione di nuove identità e la dissimulazione di quella sancita dall’apparato sociale che non sempre si vive con gioia”74 I CSE e CD per minori nascono per far fronte a problemi legati a un’utenza particolare. Lo stesso può essere ipotizzato nello spazio virtuale. Il CSE virtuale potrebbe essere costruito nelle stanze dell’Hotel, adibendo ogni stanza a una particolare attività. Anche per il CD si potrebbe attrezzare ogni stanza a una attività specifica, sulla traccia di un reale centro diurno. Il primo passo per fare una prima ipotesi di lavoro nel virtuale è stato chiarificare cosa si fa all’interno dei due servizi reali. Si fanno i compiti, si fanno giochi non struttati, giochi guidati, laboratori (con la musica, danza, pittura), merenda insieme, colloqui privati, semplici lavori, gruppi accoglienza e gruppi a tema. 74
T. Canterlmi, V. Carpino, Tradimento on line, Franco Angeli/Le Comete, Milano 2005, pag. 30
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Il secondo passo invece è stato quello di trasportare nel virtuale ciò che si fa nel reale: giochi, colloqui privati, gruppi accoglienza e gruppi a tema sono gli elementi più facilmente trasportabili. In conclusione ho cercato di ipotizzare più in specifico i possibili sviluppi progettuali. 5.2.1 C.S.E.v. (Centro Socio Educativo virtuale)
I CSE sono strutture diurne, che si collocano nella rete dei servizi socio‐
assistenziali integrati, destinati alle persone con disabilità gravi e gravissime. Essi operano per contribuire al miglioramento delle qualità della vita della persona disabile, anche attraverso il supporto, continuato o in fasi critiche, al nucleo familiare.
Il CSE si fa carico di situazioni di handicap grave, cioè di notevole limitazione nelle abilità personali, per le quali è difficile lʹintegrazione in strutture rivolte alla generalità delle persone e la partecipazione alla vita sociale. Ad esse offre prestazioni di tipo educativo rivolte a varie aree di funzionamento: autonomia personale, socializzazione, abilità motorie, abilità manuali, abilità cognitive75. Nella vita virtuale è praticamente impossibile lavorare attraverso i laboratori per raggiungere obiettivi legati alle aree citate sopra. I giochi virtuali sarebbero, quindi, la base per le attività. Diventerebbero, così, degli strumenti educativi in mano all’educatore virtuale. Ma solo la presenza di giochi mi sembra troppo restrittiva come proposta educativa. Così ho pensato di creare una stanza di accoglienza, delle “stanze giochi”, delle “stanze base” e delle stanze private dei ragazzi. La prima funge da ritrovo e da luogo utilizzato per gruppi strutturati e per la libera 120
aggregazione. Nelle “stanze giochi”, si organizzano periodicamente giochi diversi con obiettivi educativi diversi. Le “stanze base” sono quelle adibite al lavoro e sono utili soprattutto per le relazioni sociali: ad esempio i consulenti all’immagine e i consulenti immobiliari. I primi si occuperebbero di aiutare i ragazzi nella scelta dei vestiti con cui abbigliarsi e dei connotati personali; i secondi aiuterebbero i ragazzi nell’arredare la stanza privata. Sono tutte e due professioni di relazione con l’altro, di aiuto e rispetto delle altrui necessità, idee e visuali. Infine le stanze private sono quelle personali di ogni ragazzo. Successivamente mi sono chiesta se questo progetto può essere indirizzato a utenti già conosciuti nel reale o prendere in considerazione solo i ragazzi del mondo virtuale. Se considero ragazzi già conosciuti nella realtà ho alle spalle un progetto educativo globale e la frequenza del centro on line diventa uno strumento. In questo caso si conoscono gli utenti con le loro peculiari caratteristiche, potenzialità e difficoltà. L’intervento educativo è più facilmente ipotizzabile, perché si conoscono realmente le caratteristiche dei ragazzi. Il virtuale, invece, è una grande incognita; ogni persona si può presentare come meglio preferisce e in questo modo non si ha mai la certezza totale di chi sta dietro lo schermo. Il rischio di aprire il cse a persone che si conoscono solo virtualmente mi porta a pensare al perché un ragazzo disabile voglia fare parte di un servizio educativo on line. In chat una persona può assumere qualsiasi aspetto grazie alle maschere. Perché un ragazzo che in internet può sentirsi al pari di ogni altro sceglierebbe di partecipare a un gruppo dedicato ai disabili? Questo, inoltre, potrebbe risultare un’ulteriore diversità se pubblicizzata in tutto 75
www.aslmi2.it/assi/SDisabili/cse.htm
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l’Hotel. Immaginate nel bel mezzo del Lido dell’Hotel una pubblicità legata al CSE virtuale. “CSEv = centro socio educativo virtuale! Partecipa on line insieme a un educatore per giocare, chiacchierare e passare un po’ di tempo insieme. Aperto esclusivamente a persone con disabilità fisiche e psichiche.” Mi sembra molto difficile pensare a una pubblicità che sia rivolta alla giusta utenza e contemporaneamente non sia discriminante nei loro confronti. Non so quanti ragazzi realmente disabili si sentirebbero di prendere contatti con il centro virtuale. L’ipotesi più adeguata che mi viene in mente è unire dei ragazzi disabili già conosciuti nella realtà ai ragazzi che vivono la comunità di Habbo. Creare quindi un servizio che permetta ai ragazzi disabili di socializzare con altri coetanei virtuali. Con gli utenti reali creo delle stanze virtuali nelle quali verranno svolte le attività. Lavoro insieme agli utenti nella scelta dei mobili e di alcune attività da svolgere. L’attività on line si sviluppa invece in luoghi fisici differenti, ma nello stesso luogo virtuale. Ogni utente si collega al sito autonomamente da casa propria e ci si presenta all’appuntamento virtuale a una determinata ora e in una delle stanze precedentemente create. In questo modo l’educatore e gli utenti gestiscono insieme, ma in luoghi fisici diversi, la stessa stanza on line, aperta a tutta la comunità di Habbo. Si permette così la partecipazione ad ogni ragazzo virtuale alle attività proposte, dove gli utenti rivestono ruoli di responsabilità, ad esempio come gli arbitri dei giochi o datori di lavoro. 5.2.2 C.D.v. (Centro Diurno virtuale)
Anche nel caso di un CDv uno dei primi pensieri è stato il tipo di utenza a cui rivolgere il servizio. Ipotizzando un centro diurno con utenti esclusivamente virtuali devo chiarire bene quale sia la tipologia di utenza. 122
Nel caso in cui lasciassi aperte le stanze ad ogni utente virtuale otterrei un progetto uguale a “Educatore On Line”. Dovrei quindi necessariamente trovare una categoria particolare di utenti. Ma la scelta non è facile perché un centro diurno si rivolge a ragazzi con problematiche psicologiche e comportamentali, a minori segnalati dagli assistenti sociali o dalle scuole. Quindi in questa ipotesi, cioè lavorare con soli utenti virtuali sarebbe difficile agganciare e pubblicizzare il servizio nell’Hotel. È quindi evidente che l’idea di un servizio on line per soli utenti virtuali è da scartare. Partendo dal prendere in considerazione gli utenti reali, si può fare un discorso diverso, partendo sempre però da cos’è un centro diurno e a che utenza è rivolto. Si è detto che in un centro diurno reale i minori coinvolti hanno diverse problematiche alle spalle e gli educatori, nel loro lavoro, si basano sui progetti educativi scritti. Il primo progetto richiama di più l’idea di centro d’aggregazione virtuale, perché la stanza è aperta ad ogni persona e mi rivolgo all’utenza non fisica. Questo progetto, invece, può essere collegato più a un centro diurno perché prendo in considerazione un’utenza reale, con un progetto educativo globale già scritto. La frequenza on line diventerebbe uno strumento educativo. Il progetto si dividerebbe in due: lavoro nel reale e lavoro nel virtuale. Nel reale si svolgerebbero tutte le azioni organizzative: ideare e creare le stanze, inventare e attribuire i ruoli agli utenti e così via. Nel virtuale invece si svolgerebbero tutte le altre azioni legate alla gestione del servizio on line, con la messa in pratica delle scelte approvate insieme nella realtà. Si aprono le stanze al pubblico, completamente ideate e arredate insieme ai ragazzi reali del centro diurno. In queste stanze si fanno giochi, gruppi 123
liberi, gruppi guidati e club di lavoro in cui tutti i ruoli più importanti e di maggiore responsabilità sono ricoperti dai ragazzi reali. Le stanze diventano un centro diurno virtuale gestito dall’educatore e dai ragazzi stessi, ma all’intera comunità di Habbo non viene specificato il passato e la vita personale dei ragazzi. Sono arrivata quindi alla conclusione che il progetto è fondamentalmente simile a quello ideato per i disabili, salvo per le sue modalità di gestione e negli obiettivi e azioni, che saranno necessariamente riformulati in base all’utenza. Ho pensato che non fosse necessaria una diversità sulla struttura dei due servizi virtuali, benché siano proposti a tipologie ben diverse di adolescenti. Ciò che cambia è la messa in pratica del progetto perché azioni e strumenti saranno ricalibrati in relazione alla tipologia di utenza. 124
Obiettivi Responsabilizzazione e autonomia Azioni Strumenti Assumere ruoli di gestione e controllo delle Giochi/ Lavoro on line situazioni della stanza affidata Ruolo Autogestione di giochi, lavoro e regole Regole arbitraggio Autonomia organizzativa Creare le stanze Lavoro di gruppo Organizzare i giochi Lavoro nel reale Dividere ruoli e responsabilità Incontro Relazionarsi con i ragazzi on line Lavoro nel virtuale Stanze di lavoro 125
Conclusione
Sono partita da una domanda specifica: la chat può essere utilizzata come strumento educativo? Ho cercato di portare il lettore in un piccolo viaggio in cui si cerca di vedere uno strumento di comunicazione sotto un punto di vista diverso. Solitamente il computer è visto una scatola fredda, ogni persona a cui ho detto il titolo della mia tesi mi ha dato la stessa risposta: la chat non è educativa e non lo può essere in ogni caso. C’è chi ha visto il mio soggetto come una sfida che non avrei superato, perché non avrei mai potuto dimostrare che l’educazione può anche essere inserita nell’ambiente virtuale. Ora alla fine di tutto questo (stancante) lavoro posso dire con fierezza che anche nella chat si può fare educazione, che l’educatore professionale può utilizzare la chat come uno strumento educativo e che la chat può essere educativa. Ovviamente essa non è educativa sempre, ma, come abbiamo appena visto nell’ultimo capitolo, in particolari contesti può essere vista sotto altri occhi. Dalla sperimentazione on line di questi mesi ho creato il primo progetto “Educatore On Line”. I presupposti sono la presenza on line dell’educatore 126
professionale, il lavoro con ragazzi esclusivamente virtuali e il riconoscimento da parte dello Staff di Habbo. Gli altri due progetti, CSEv (Centro Socio Educativo virtuale) e CDv (Centro Diurno virtuale) hanno presupposti diversi dal primo: il lavoro è suddiviso tra realtà e virtuale senza necessità di riconoscimento da parte dello Staff. Qui l’educatore lavora in un servizio reale (CSE o CD o altri) e inserisce questo progetto all’interno delle attività del servizio. L’operatore utilizza la chat come uno dei tanti strumenti educativi che ha a disposizione. Nel reale educatore ed educando organizzano il lavoro, scelgono stanze, furni, ruoli e si confrontano sulle esperienze del virtuale. In chat si mettono in pratica le scelte del reale e, ognuno da casa propria, condivide insieme al resto del gruppo le esperienze di gestione di giochi on line e di club di lavoro. L’educatore lavora insieme all’utenza sia nel reale che nel virtuale dove però gli attori sono presenti non fisicamente. “Educatore On Line” è un progetto elaborato interamente nel virtuale e ha l’obiettivo generale di rendere la chat un luogo in cui si può fare educazione. Questo progetto è rivolto agli utenti della chat, adolescenti che in generale non hanno particolari problemi. Mentre gli altri due sono una sorta di CSE e CD virtuali, “Educatore On Line” può essere visto come un CAG esclusivamente virtuale, in cui i ragazzi hanno la liberà di partecipare o meno ai gruppi e alle attività proposte. Il riconoscimento da parte dello Staff è fondamentale perché è un biglietto da visita per agganciare i ragazzi. La chat diventa un luogo educativo perché l’educatore offre uno spazio di comunicazione e di confronto alternativo agli usuali. La rete offre la possibilità di rimanere anonimi, di indossare una qualsiasi maschera ed è proprio grazie a questi elementi che la chat diventa un luogo alternativo in cui si può discutere anche di argomenti importanti. Per le sue caratteristiche 127
basilari, la chat permette alle persone di aprirsi maggiormente e di essere liberi di esprimere le proprie opinioni e i propri dubbi senza la paura del giudizio. In un’età particolare come l’adolescenza, ricca di cambiamenti, la chat permette di giocare col sé, di provare diverse maschere e diversi ruoli. Questo è importante soprattutto per ragazzi che nella vita reale hanno particolari difficoltà legate all’età adolescenziale o a problematiche più importanti (disabilità fisiche e psichiche). Con le maschere possono divertirsi a provare ogni possibile ruolo, possono sentirsi uguali a tutti gli altri coetanei, possono provare la sensazione di essere “datore di lavoro” e arbitro dei giochi. Ottenere una risposta positiva in rete, permette di avere anche nella vita reale un risvolto positivo, aumentando la propria autostima. In chat si scoprono parti di sé nuove o nascoste che possono risultare strumenti positivi da utilizzare nel rapporto con le altre persone. La depersonalizzazione è un elemento tipico dell’età adolescenziale: l’adolescente esce dalle proprie emozioni e le vive dal fuori perché viverle da dentro porta con sé frustrazione. Il ragazzo può ritrovarsi quindi a vivere con una sensazione di “vuoto” e la chat diventa la cura per questo vuoto, grazie all’anonimato e alla fantasia. La chat è diventata un mezzo di comunicazione e di relazione che nella nostra società sta prendendo sempre più spazio, anche tra i più giovani. È una delle famose “nuove tecnologie” (ormai non più neanche così tanto nuove) per le quali non si può far finta di non vedere. Al mondo virtuale va attribuita importanza, anche se per i più adulti è di difficile comprensione, ma questo non significa che sia senza senso e che i ragazzi la utilizzino asetticamente senza attribuirne significato. Ho visto in prima persona come i ragazzi si identificano nel personaggio che costruiscono, come si aprono al primo utente che incontrano in una chat e raccontino anche problemi 128
personali che nella vita reale racconterebbero forse solo al migliore amico. È un fenomeno entrato a far parte della quotidianità e per questo non va sottovalutato e ignorato, ma può essere sfruttato in modo positivo, può essere utilizzato come una nuova risorsa dalle caratteristiche diverse. Con la mia tesi ho cercato di offrire una visione diversa della chat: non è solo superficiale passatempo o addirittura semplice tempo perso in incomprensibili parole e misteriosi simboli su uno schermo scritte da persone sconosciute, ma è soprattutto un mondo ricco di potenzialità più o meno nascoste. Un mondo che sta acquistando sempre più spazio nella vita reale di ognuno e che come tale merita anch’esso di particolare attenzione. La fusione chat e educatore è un ambito nuovo che non è ancora stato studiato e sperimentato. Guardando la chat sotto occhi diversi ho provato a offrire una possibile ipotetica unione dei due fattori, con la speranza di rendere attiva questa sperimentazione. Figura 8 Alcuni dei miei amici virtuali
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Ringraziamenti
Ed eccomi arrivata alla parte conclusiva della tesi: i ringraziamenti. Solitamente vista come la parte più semplice da scrivere, personalmente la penso in modo diverso…! Comunque, partiamo con i primi ringraziamenti, sicuramente i più significativi: Grazie a Mamma, Papà e Sara. In modi diversi mi siete sempre stati vicini e chi meglio di voi mi ha aiutato e sostenuto nei momenti in cui non sapevo più dove sbattere la testa? Un grazie particolare a mamma che (poverina) ha dovuto subirsi per tutto questo tempo le mie ansie, credendo sempre nelle mie capacità. Un piccolo Grazie anche a Zoe che, anche se, data l’età, non ha potuto sostenermi e aiutarmi, è sempre stata il sottofondo (piuttosto rumoroso!!) delle mie chattate pomeridiane. Un grandissimo Grazie alle mie amiche. Ragazze che dirvi? Siamo praticamente cresciute insieme condividendo ogni cosa… ma proprio tutto! Mi avete sopportato nelle mie “post‐chattate” e nei momenti in cui ero nervosa e stanca. Volevo dedicarvi una frase semplice, ma che ha, a mio parere, un significato molto più profondo oltre a quello calcistico: “che spettacolo quando giochiamo noi, non molliamo mai76”. Grazie all’ESAE (non sopporto la definizione “ex esae”), Grazie ai professori, Grazie ai compagni di corso… tutti, chi più chi meno, mi hanno aiutato a maturare e cambiare. Abbiamo condiviso anni di fatiche, ma anche di crescita e divertimento! Grazie al prof. Giorgio Sordelli che mi ha seguito e aiutato in tutto questo tempo, portandomi stimoli e nuove idee. Uno speciale Grazie a tutti i miei amici di chat, a chi mi ha aiutato più o meno consapevolmente, a chi pur essendo entrato nella mia vita virtuale per poco tempo ha lasciato un segno, a chi ancora adesso è nella mia lista d’amici, a chi ho incontrato realmente, a chi non incontrerò mai perché l’immaginazione è più affascinante, a chi 76
Max Pezzali, “La dura legge del gol”
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non sentirò mai più. Un Grazie particolare a MaryGein, xerx@, natyssyma e silvertears. 131
Bibliografia
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http://kidslink.bo.cnr.it/ic16‐bo/reni/ipertesti/italiano/creativa/chat.htm www.habbo.it www.habboworlds.altavista.org http://it.wikipedia.org/wiki/habbohotel www.freeessay.com www.humanitasalute.it www.aslmi2.it/assi/SDisabili/cse.htm 133