Il conflitto in Colombia
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Il conflitto in Colombia
CONFLITTO IN COLOMBIA Da mezzo secolo la Colombia è attanagliata da un conflitto armato interno caratterizzato da una sistematica e generalizzata mancanza di rispetto per i diritti umani e del diritto internazionale umanitario. Tutte le parti in conflitto – forze armate, gruppi paramilitari e i gruppi di opposizione armata – sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario. È la popolazione civile, in special modo le comunità rurali e urbane più povere, che sopporta il peso maggiore di questo annoso conflitto armato. Milioni di donne, uomini e bambini sono stati vittime di sgomberi forzati, esecuzioni extragiudiziarie, torture e rapimenti, privazione della libertà in questi numerosi anni di conflitto. Secondo il Centro per i diritti umani e gli sfollati, un’organizzazione colombiana per la difesa dei diritti umani, almeno 280.000 persone sono state sgomberate forzatamente nel 2010. Amnesty International stima che, negli ultimi 25 anni, siano state tra i 3 e i 5 milioni gli sfollati nel conflitto interno. Il procuratore generale sta indagando su oltre 27.000 casi di sparizioni forzate, anche se il numero potrebbe essere maggiore. Difensori dei diritti umani, leader delle comunità, sindacalisti, piccoli agricoltori, popolazioni native e afroamericane, così come persone che vivono in zone strategicamente rilevanti per le parti in conflitto o per gli interessi di imprese estrattive nazionali o multinazionali, sono particolarmente esposti a pericoli. LE PARTI IN CONFLITTO Il conflitto armato interno che affligge la Colombia da mezzo secolo vede contrapporsi forze di sicurezza e paramilitari a diversi movimenti di guerriglia di sinistra. Tutte le parti in conflitto continuano a commettere crimini di diritto internazionale e violazioni dei diritti umani, molte delle quali sono crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Una delle caratteristiche del conflitto sono gli attacchi sistematici e deliberati a civili e combattenti senza distinzioni. I gruppi di guerriglia continuano a rendersi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, come omicidi illegali, rapimenti e reclutamento di minori nelle unità di combattimento. Le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) dispongono di circa 9000 combattenti in diverse zone del paese, in particolare nei dipartimenti orientali di Meta, Guaviare, Vichada, Casanare e Arauca, e in quelli meridionali di Caquetá, Putumayo, Valle del Cauca, Cauca e Nariño. L’esercito di liberazione nazionale (Eln) ha tra i 2500 e 3000 combattenti e un numero simile di miliziani. Questo gruppo è più forte nei dipartimenti orientali di Arauca, Casanare e Boyacá ma è presente anche in altre parti del paese, come i dipartimenti settentrionali Santander, Cesar, Santander, la regione di Magdalena Medio, Chocó, Nariño e Cauca. I gruppi paramilitari, che restano operativi nonostante il governo affermi il contrario, spesso con la complicità delle forze di sicurezza, sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, in particolare contro i difensori dei diritti umani, i leader delle comunità e i sindacalisti. Sono gli autori di operazione di “pulizia sociale” nei quartieri urbani poveri; le vittime sono spesso giovani accusati di essere piccoli delinquenti, tossicodipendenti oppure operatrici del sesso. Spesso vengono colpite le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Ci sono prove che il numero dei membri di questi gruppi è in aumento, che stiano diventando più violenti e che siano in una fase di consolidamento, coi gruppi più piccoli che vengono assorbiti da quelli più grandi. Negli ultimi tre anni, i gruppi paramilitari hanno rafforzato la loro presenza nel paese e sono ormai attivi nella gran parte dei dipartimenti colombiani. I risultati di alcune ricerche indicano che questi gruppi hanno ormai 7000 combattenti a loro disposizione e una rete di supporto tra gli 8200 e 14.500 membri e che hanno sviluppato negli ultimi anni un processo di consolidamento. VIOLENZA SESSUALE CONTRO DONNE E RAGAZZE Nel 2010, l’Istituto nazionale di medicina legale e delle scienze forensi ha effettuato 20.142 esami su casi di presunta violenza sessuale, contro i 12.732 del 2000. L’84 per cento delle vittime era costituito da donne e ragazze. Su 20.000 persone sottoposte a controllo, 17.318 (oltre l’85 per cento) avevano meno di 18 anni. Tuttavia si è ritenuto che solo 109 dei casi esaminati nel 2010 erano legati al conflitto. Se si considera che casi di violenza non sono stati denunciati, questo numero è senza dubbio più alto. Il 73 per cento delle donne che ha subito maltrattamenti psicologici non ha segnalato gli abusi subiti (Studio nazionale sulla demografia e sulla salute su tutti i casi di violenza sessuale contro le donne, maggio 2011). Il 70 per cento delle donne vittime di violenza fisica e l’81.7 per cento delle vittime di aggressione sessuale hanno scelto di non rivolgersi ad alcuna istituzione per esporre denuncia (ufficio del difensore civico, rapporto sui casi di violenza sessuale, 2010). L’82.1 per cento delle vittime di violenza sessuale legata al conflitto non ha denunciato la violenza subita (Oxfam e Casa de la mujer). Su 183 casi di violenza sessuale su cui la Corte costituzionale ha chiesto al procuratore generale di indagare nel 2008, i gruppi della guerriglia sarebbero stati responsabili nell’8.5 per cento, le forze di sicurezza nel 19.4 per cento e i paramilitari nel 45,8 per cento, gruppi armati non identificati nel 4,5 per cento, criminali comuni del 4 per cento, un familiare del 1,5 per cento, mentre nel 16,4 per cento di casi non è stato possibile stabilire un gruppo al quale apparteneva il presunto autore della violenza. Raramente sono state aperte inchieste. Secondo le statistiche del procuratore generale, oltre ai 183 casi sui cui è stata ordinata un’inchiesta, ci sono indagini aperte solo su 68 altri casi di violenza sessuale. PROCESSO GIUSTIZIA E PACE Circa il 10 per cento degli oltre 300.000 paramilitari, censiti per essere smobilitati nel quadro di un processo del governo iniziato nel 2003, avrebbe i criteri stabiliti dalla Legge per la giustizia e la pace per poter beneficiare di un’importante riduzione delle pene per aver deposto le armi, aver confessato le violazioni dei diritti umani e restituito le terre e i beni rubati. Le legge avrebbe determinato l’abbandono delle armi da parte di decine di migliaia di combattenti che erano in prima linea, ma ha lasciato intatte le strutture politiche ed economiche costruite nei decenni dai paramilitari e dai loro alleati nel mondo degli affari, della politica e dell’esercito. Circa il 90 per cento di decine di migliaia di paramilitari che sarebbero stato smobilitati non sono mai stati sottoposti a indagini per le violazioni dei diritti umani commesse e sono stati pertanto liberi di tornare alle loro case. Alla fine di marzo 2011, i paramilitari che hanno partecipato al processo di Giustizia e Pace avevano ammesso oltre 57.000 reati; solo 86 di questi erano reati di natura sessuale. Index: AMR 23/028/2011 - Colombia: Impunity for conflict-related sexual violence against women Facts and Figures http://www.amnesty.org/en/library/asset/AMR23/028/2011/en/3dce94b0-1b80-4479-a79fd863ced0e543/amr230282011en.pdf