Richard Chappie e Erasmo Gerato 331 LE VACANZE ROMANE DI

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Richard Chappie e Erasmo Gerato 331 LE VACANZE ROMANE DI
Richard Chappie e Erasmo Gerato
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LE VACANZE ROMANE DI VIKTORIA TOKAREVA*
In memoria di Richard Chapple
Il noto critico russo Dmitry Mirsky nel suo Una storia della letteratura
russa afferma: "Dal suo inizio nel secolo undicesimo fino alla fine del
diciottesimo, la letteratura russa fu completamente separata dagli
sviluppi contemporanei del cristianesimo latino. Come l'arte russa essa
derivava pienamente dal filone greco."
L'arrivo del cristianesimo ortodosso nel 1988 influì a bloccare,
almeno in modo parziale, le influenze ed interferenze culturali e
politiche occidentali ed a solidificare l'isolamento del mondo culturale.
È un dato storico ormai il fatto che Feofan Prokopovich (1681-1736)
membro del clero, e primo vero scrittore russo ortodosso, dette il via
alle ricerche dirette "abbandonando e rigettando il metodo
dell'insegnamento letterario-culturale polacco è privilegiando gli
insegnamenti prevalenti in Italia a quell'epoca" (Mirsky, 32). Quest'atto,
apparentemente di minima importanza, apre invece la via allo studio
delle più pure sorgenti latine nel mondo della letteratura russa. Dalla sua
sede arcivescovile di Novogorod, il Prokopovich, che per sua grande
fortuna aveva precedentemente ricevuto un'eccellente preparazione in
Occidente, si affermò come il massimo esponente del movimento di
avvicinamento e di apertura della Russia alla cultura occidentale già
iniziato da Pietro il Grande.
È grazie a quest'apertura che il latino venne avvicinato e
paragonato sempre più agli arcaismi presenti nella lingua letteraria
slava. Nel diciottesimo secolo però questo procedimento diede origine
alla tendenza di de-latinizzare la lingua letteraria, ovvero si avverti
l'urgenza di rimpiazzare le espressioni latineggianti con quelle
equivalenti e già esistenti nella lingua russa resa in tal modo, più
attraente e moderna grazie anche alle influenze francesi; influenze che
in quel tempo stavano apportando un'altra notevole modernizzazione
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della lingua russa.
Queste polemiche rimasero attivissime per gran parte nel corso del
regno di Alessandro I (1801-1825). Fu precisamente durante questo
periodo che gran parte delle vecchie espressioni latineggiami e
classicheggiami cominciarono ad acquisire un senso arcaico e fuori uso.
Il poeta Konstantin Batyushkov (1787-1855) ci ha lasciato un valido
esempio di questo svolgimento linguistico strutturale. Infatti, benché egli
continuasse a dichiararsi devoto discepolo del diciottesimo secolo e
della cultura latina, è anche vero che si oppose agli arcaismi presenti
nella lingua ecclesiastica slava. È ben noto che ogni qualvolta si sentiva
afflitto dalla depressione ο dalla "malaise" che gli impedivano di
continuare il suo lavoro, egli intraprendeva lunghi viaggi in Italia.
Viaggi che diventarono quasi il simbolo del suo forte desiderio di
apportare cambiamenti nella letteratura russa contemporanea guardando
proprio verso l'Italia, che con la sua lingua e la sua letteratura colta, ma
accessibile a tutta la società, diveniva fonte attiva per nuove conquiste
stilistiche.
Uno dei massimi legami con l'Italia è rappresentato da Nikolay
Gogol (1809-1852), il celebre autore di Anime morte, Il Capotto, e
L'Ispettore generale. Per quasi tutto il periodo 1836-1848, credendo di
poter arrecare maggior vantaggio alla sua patria con le sue esperienze,
egli decise di vivere all'estero, scegliendo Roma come sua meta
preferita. Ecco, ad esempio come ce la descrive in un suo scritto:
"Quando entrai a Roma, non riuscivo inizialmente a formarmene un'idea
chiara: mi appariva piccola, ma a mano a mano che incominciavo a
conoscerla, essa continuava a manifestarsi più grande ai miei occhi. Gli
edifici mi parevano enormi, il panorama più bello, il cielo migliore. Ci
si innamora di Roma gradualmente, ma una volta che questo succede è
un amore che rimane per tutta la vita. In breve, tutta l'Europa è li per
viverci!"
Col tempo, Gogol scrisse ancora su questo amore:
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Oh, se solo sapessi con quale gioia ho lasciato la Svizzera e sono
corso alla mia cara, alla mia amata, alla mia Italia! Ella è mia.
Nessuno al mondo me la porterà via. Sono nato qui: la Russia, San
Pietroburgo, le nevi, i furfanti, l'ufficio, il rostro, il teatro, non furono
che un sogno [...]. Sono gioioso. Il mio spirito brilla. Lavoro e porto
il mio lavoro a compimento. La vita! La vita! C'è ancora di più (53).
Questo entusiasmo giunse forse al culmine nel 1840 quando,
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trovandosi a Vienna e credendosi vicino alla morte, ordinò di essere
immediatamente riportato in Italia con la prima diligenza. Il
cambiamento fu immediato (63).
Volendo onorare l'Italia ancora di più, il poeta pubblicò un
frammento intitolato "Roma" nella rivista russa Il Moscovita. Nel 1839
aveva iniziato un romanzo dal titolo L'Annunciata, in cui l'anonima
eroina attira l'attenzione di un principe romano. Sfortunatamente, Gogol
non ci lasciò che un frammento dell'opera subito dopo averci narrato il
sentimento di questo principe per la giovane donzella. Non c'è alcun
dubbio che per Gogol l'Italia rappresentava una fonte inesauribile di
cultura e di grandiosità, ma è anche vero, purtroppo, che egli non riuscì
a lasciarci nessun'opera completa a questo riguardo, colpa ovviamente
della peculiarità della sua musa.
Tuttavia, fu grazie allo sforzo creativo di altri due scrittori russi che
il vincolo Italia-Russia rimase forte ed attivo. Il primo: Dmitry
Merezhkovsky (1865-1941) uno dei primi Simbolisti-Modernisti in
Russia, fu autore di una trilogia in cui si provò ad avvicinare il
paganesimo romano, il mondo cristiano e il mondo russo. Scrisse anche
delle novelle che chiamò "romane" ma che purtroppo andarono disperse.
L'altro grande studioso, Vyacheslav Ivanov (1866-1949) lavorò per
stabilire la fusione del mondo cristiano romano con quello pagano
greco. Ivanov emigrò in Italia nel 1924, si converti al cattolicesimo nel
1926 e pubblicò le sue opere in italiano. L'Italia gli parve il paese più
adatto per poter sfuggire verso la fine del movimento del Simbolismo
al Bolscevismo avanzante.
Questi due scrittori furono in constrasto con i Futuristi russi, che si
erano affermati grazie all'influenza dei Futuristi italiani, specialmente
F. T. Marinetti. Allo stesso tempo, essi si formarono indipendentemente
l'uno dall'altro e si distinsero dai Futuristi italiani con cui condivisero
solo il nome e, in linea di massima, soltanto alcune orientazioni. Il dato
più rilevante per i Futuristi russi fu l'intento di voler combattere
l'italianizzazione della lingua letteraria russa pressapoco come un secolo
prima i loro antenati, i quali avevano combattuto contro la latinizzazione
della lingua russa. I Futuristi consideravano la Russia già troppo
influenzata dall'Europa Occidentale, e un territorio molto a rischio (o
vulnerabile). Il loro tentativo di ricreare una lingua solo aperta all'uso
di parole di provenienza russa e sintatticamente russe fu tentativo
destinato al fallimento finale e che non sorprese nessuno.
I profondi cambiamenti politici apportarono si dei cambiamenti ma
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purtroppo, si rivelarono negativi allo sviluppo linguistico. Il desiderio
del paese di raggiungere la propria indipendenza politica e culturale,
come è stato ben documentato non venne mai soddisfatto, ma invece
diede luogo a una cultura stagnante, alla persecuzione e a repressioni
rampanti nella comunità politica. Con la caduta dell'Unione Sovietica
e con i nuovi cambiamenti nell'Europa Orientale, la vita culturale del
paese subì altre ricadute. Per avere un quadro più chiaro di ciò che
stava accadendo basti ricordare il saggio, di Viktoria Tokareva
pubblicato nel 1993: Le vacanze romane.
La Tokareva sceglie come mezzo linguistico la novella per
presentarci pungenti quadri della vita attuale. In cerca dell'ideale, il
cittadino comune viene spesso sopraffatto dalle incombranti ironie che
la vita ci presenta. La Tokareva che ha steso anche delle sceneggiature
fa parte del prestigioso Istituto Cinematografico di Mosca.
Il racconto, Le vacanze romane, inizia con una chiamata telefonica
da parte di Valerio Bettoni, avvocato personale di Federico Fellini.
Bettoni invita la Tokareva ad andare a Roma per incontrarsi col regista
italiano. Nel cercare di confermare l'offerta, egli le chiede il numero di
fax per poterle inviare un invito ufficiale. È precisamente a questo punto
che inizia una serie di fatti contrastanti tra la realtà della vita italiana e
quella russa. Ad un certo punto, la Tokareva si diverte a precisare le
forti disparità tra le due società:
Mi manca persino un tetto decente. Quattro anni or sono l'inquilino
al piano di sopra mi allagò l'appartamento. Il soffitto si gonfiò e si
sgretolò in vari punti. Dato che questo avvenimento coincise con
quello
della
Perestroica,
fu quindi
impossibile ripararlo
immediatamente. La verità è che era ovviamente possibile ripararlo
ma per far ciò c'era il rischio di perdere la vita. La vita mi è cara. È
cara anche ad altri.
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L'unico numero di fax infatti che lei può dargli è quello del
Comitato Internazionale del Sindacato Scrittori.
Nemmeno per un secondo credetti nell' esito positivo di questa
chiamata telefonica. Il fato mi tiene stretta nei suoi artigli e rifiuta di
offrirmi grandi premi. Infatti, non fui creata per incontri di tale
importanza. Come spesso dice la mia amica Lia Akhedzhadova: Il
mio posto è in cucina (130).
La Tokareva infatti può essere considerata una "scrittrice casalinga"
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sia letteralmente che figurativamente. Quando, per esempio, uno
scrittore contemporaneo le telefonò per congratularsi con lei per la
pubblicazione di Le vacanze romane e per discutere dell'opera, la
Tokareva rispose cordialmente e secondo le regole tradizionali russe lo
invitò a pranzo. Seguendo le buone regole culinarie russe il pranzo
lo preparò lei stessa.
È a questo punto che lei
decide che
un'avventura in Italia non le sarebbe possibile dato la realtà della sua
situazione sociale. Motivo? Essa è una casalinga ed i problemi sono
tanti. Vuol far costruire uno steccato nella sua casetta di campagna e gli
appaltatori, rendendosi conto che essa ignora le procedure della
costruzione, cercano di estorcerle una somma di dieci volte superiore a
quella giusta. Intanto lei cerca di continuare il suo lavoro di scrittrice e
di prendersi cura del nipotino. È qui che questo "normale" svolgimento
delle sue attività giornaliere viene infranto, sconvolto, dall'arrivo
dell'invito formale di recarsi in Italia. L'euforia iniziale del sogno di
dover intraprendere questo viaggio si trasforma ben presto in un incubo
quando cercherà di comprare il biglietto di viaggio: un biglietto aereo
per il volo mattuttino del 17 luglio potrà essere comprato solo durante
il pomeriggio del 16. Le notificano inoltre che, sfortunatamente, "questa
è la procedura" e per ironia del caso si accorge che la persona incaricata
della vendita dei biglietti aerei il pomeriggio del 16 si chiama Rimma.
"Rim" è la traduzione di Roma in russo ma questa coincidenza non le
sarà d'aiuto perché non vi sono più biglietti disponibili quel dato
pomeriggio. Rima inzuppata dalla pioggia è di pessimo umore e niente
affatto propensa a trovare il modo più spedito per risolvere il problema.
Rima le risponde con una semplicissima scrollata di spalle
occupandosi immediatamente di altre cose. La Tokareva si chiede
allora cosa penseranno i colleghi italiani quando riceveranno
l'annuncio della sua mancata partenza e ironizza: "penso che
tutti potrebbero farsi notare, scrollare le spalle e alzare le braccia in
disgusto" (135).
Eppure non esiste alcuna certezza sull'esaurimento dei biglietti.
Infatti, basta rivolgersi ad un ufficio di più alto livello burocratico per
riuscire ad avere immediatamente il biglietto anche se non esattamente
per il giorno desiderato; ma magari abbastanza vicino, tanto da non
creare troppa difficoltà ai colleghi italiani. Uno scrittore russo nel
leggere il racconto di questo episodio non potette che sorridere: gli
tornò subito alla mente il ricordo di un volo da Mosca a Novosibirsck
da lui fatto poco tempo prima. Dopo un ritardo di due giorni, il volo
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che all'inizio non aveva posti disponibili per quattro persone, poco dopo
lo aveva per una sola persona, poi per due, alla fine tutto si sistemò. Per
colmo di ironia durante tutto il tragitto, l'aereo aveva un numero
notevole di posti vuoti. Non c'è gioia che possa rivaleggiare con quella
di riuscire a risolvere un problema in Russia!
La Tokareva arrivata a Roma ha occasione di fare molti altri
paragoni tra il modo di vivere in Italia e quello di vivere in Russia. E
una volta in Italia, alla fine viene a conoscere la ragione del suo invito:
un ricco commercialista, interessato ad iniziare rapporti commerciali con
la Russia, desiderava fare una serie di film sulla Russia per renderla più
nota agli occidentali. Il commercialista voleva affidare questo compito
a Fellini; ma questi purtroppo aveva risposto negativamente affermando
che egli non conosceva per niente la Russia; che non amava viaggiare
e che preferiva dormire nel proprio letto. Cosi nacque l'idea di invitare
un russo a venire a Roma per mettersi d'accordo con Fellini. Èd era
stato Fellini stesso ad indicare la Tokareva dopo aver letto il suo
racconto L'Ombrello giapponese pubblicato sulla rivista Mille libri.
Dopo averlo letto, egli aveva commentato: "che bella immaginazione:
Lei vede la vita non come dura prova ma come cosa buona" (140) cosi
era nato l'invito di andare a Roma.
L'Ombrello giapponese è il piacevole racconto di un giovanotto
insicuro di sé. La sua cui attività preferita è di passare gran parte del
tempo libero ad aspettare in fila davanti ai negozi: attività più russa
dello stesso borsch. L'idea di aspettare in fila gli offre la sicurezza di
appartenere a qualcosa e di immedesimarsi negli altri. In un'occasione,
il giovanotto si trova in fila con tanti altri che aspettano il loro turno per
poter comprare un ombrellino giapponese. Mentre attende il suo turno,
egli ha un conflitto mentale in cui inizia a paragonare il suo vecchio
cappotto lacero e consunto con la bella giacca del vicino davanti a lui.
È in questi ragionamenti che confluiscono le grandi ragioni del suo
essere. Il nuovo ombrello giapponese, acquistato, contrariamente e forse
preferibilmente a causa del materiale scadente che non gli permettono
di sostenere i rigidissimi periodi invernali russi, lo innalza
miracolosamente verso l'alto al di sopra dei suoi vicini, offrendogli
valide visioni e nuove prospettive. In seguito a questa sua prima
esperienza favolosa ed irreale, il giovanotto si immagina che in realtà
sono le cose stesse ad essere in fila, in procinto di selezionare le
persone che convenientemente vengono rappresentate come se
fossero inscatolate. Nel suo caso è stato il suo vecchio cappotto a
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selezionarlo. Il racconto illustra pienamente la
prima fase
creativa dell'opera della Tokareva che dimostra in tal modo
l'innocente ricerca del bene nell'uomo per arrivare, poi, ad una
vita ideale.
Arrivata a Roma, la Tokareva viene trasferita all'Hotel Dun di
Sabaudia:
Mi sono sovvenuta di Sergey Paradzhanov, il nostro genio nazionale.
Paradzhanov e Fellini occupano lo stesso livello artistico. Ma come
hanno ripagato il genio di Paradzhanov? Una vita afflitta e una morte
dolorosa ed abbastante precoce. Se solo Paradzhanov avesse detto
all'Istituto Cinematografico Statale: "Voglio parlare con Alberto
Moravia. Invitate Alberto a Kiev a nostre spese," tutti avrebbero
concluso che Paradzhanov era diventato matto, e lo avrebbero
trasferito immediatamente in un manicomio concludendo in tal modo
la faccenda (141).
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È interessante notare che, sebbene la Tokareva all'afa italiana e
all'Hotel Duna continuasse a preferire l'esistenza nella propria villetta
di campagna circondata da magnifiche betulle, da aiuole ombrate e da
aree abbondanti di funghi campestri, tuttavia non meno viva è la
valutazione della posizione libera e creativa di Fellini in contrasto alla
sua, ο per estensione a quella del Paradzhanov. Ma anche il suo mondo
creativo ebbe la sua versione comunista lussureggiante coquistata ad un
prezzo ovviamente troppo alto. Ed allora continua a fare paragoni fra la
realtà russa e l'Hôtel Duna:
Se ci dovesse essere un allagamento al piano superiore, la macchia
lasciata non sarebbe cosi minacciosa come lo sarebbe stata sul mio
soffitto. La cosa più interessante di quest'albergo è che è molto basso,
solo due piani, e tutta la costruzione è in perfetta armonia con il
terreno sottostante. Al contrario, i nostri alberghi ci fanno spesso
pensare a degli alveari. In tali alveari ognuno perde la propria
identità, la propria anima [...] La scorsa primavera ero presente ad un
congresso al quale ho presentato il mio lavoro, 'Fora-Film!' Avevano
affittato due edifici presso Yalta, il centro del fior fiore del Partito. In
paragone, Γ Hotel Duna non è che una misera scatoletta di fiammiferi.
Non è quindi corretto né giusto pensare che non si ha nulla sotto il
nostro socialismo. Abbiamo tutto: milionari, drogati, e omosessuali
(142).
È evidente che la Tokareva non è propensa a lodare i progressi
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dell'esperimento socialista.
Nell'aspettare l'arrivo del Fellini a Sabaudia, i suoi pensieri si
concentrano sulla creatività. Lo stimolo le viene da una famiglia
benestante che frequenta l'area della spiaggia li accanto. La famiglia è
composta da un marito sgobbone, da sua moglie Susanna ossessionata
delle sue cure di bellezza e da un figlioletto, Wolfgang Amedeo che le
rammenta suo figlio Petrusha. Questo marito sgobbone è eccessivamente
preoccupato per il suo lavoro e per la sua amante, quindi, non considera
importante il tema della creatività; sua moglie invece si perde facilmente
nell'arte di procurarsi la perenne bellezza fisica sentendosi in perfetta
congiunzione col mondo. Alla fine la Tokareva conclude che a lei non
manca il lusso di Sabaudia nonostante il piacere di trovarcisi, perché
essa già possiede il suo Petrusha e la sua vena creativa. Questi pensieri
introspettivi non vengono interrotti dall'arrivo di Fellini. Anzi, vengono
accentuati. Infatti, mostrando poco interesse nel dirigere film su soggetti
a lui poco noti; nel rifiutare di viaggiare troppo e quindi di dover
dormire lontano dal suo letto; e, soprattutto, per non volersi allontanare
troppo dalla sua adorata Romagna, Fellini scende di qualche gradino dal
suo alto piedistallo.
Il loro incontro è un immediato successo. La gioia del Fellini è
evidente: non solo egli riconosce in lei un'artista, la quale considera
l'esistenza umana una esperienza positiva (come lo dimostra il racconto
L'ombrello giapponese); ma anche perché l'aspetto fisico della Tokareva
gli suscita piacevoli ricordi della sua Romagna e dei contadini ai quali
lei somiglia tanto. Subito dopo, Fellini le spiega il soggetto del film e
le chiede delle informazioni sulla vita in Russia. La Tokareva
comprende immediatamente che a Fellini non interessa per niente di
occuparsi di questo film, il che la fa riflettere un po' sull'arte del grande
maestro:
In un'intervista Fellini aveva dichiarato "ho fatto sedici film, e mi
sembra di rifare sempre lo stesso film!" Questa è la realtà. Fazil
Iskander scrive sempre lo stesso racconto, Chegem, e Marquez
descrisse il suo "Macondo" durante gran parte della sua vita. Artisti
importanti scoprono il loro continente come Colombo scopri
l'America e li popolano con la loro gente. Perché lui avrebbe
allora bisogno della Russia, un paese straniero e di cosi poca
importanza? (149)
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Mentre attende cortesemente la risposta di Fellini, riguardante il
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desiderio del maestro di conoscere un po' più la Russia, la Tokareva
continua a fantasticare:
Normalmente la gente mi chiede informazioni sulla Perestroika ο se
preferisco Eltsin a Gorbachev. Come tutti, è ovvio che adoro Eltsin.
Ma è anche vero che per il mio caso personale, Eltsin non mi ha
apportato nulla di bene. Al contrario per il Gorbachev devo asserire
che fu proprio lui che mi ha condotto a questo tavolo di Fellini. Nel
passato, antecedentemente alla Perestroika, se Fellini avesse voluto
ritrovarsi con uno scrittore russo, gli avrebbero subito inviato il
Secretano del formidabile Sindacato degli Scrittori. (152)
Questi pensieri le richiamano un altro episodio del passato quando
Lesla Milveva, editore della rivista bulgara, Panorama, aveva designato
la Tokareva come destinataria di un premio letterario per trascorrere un
mese di vacanze sulle coste della Bulgaria. La risposta del Sindacato
degli Scrittori fu quella di un immediato rifiuto di inviarla protestando
burocraticamente che i soli a poter usufruire di una tale vacanza sulle
coste bulgare, dovevano essere i Secretali del Sindacato oppure notevoli
scrittori sovietici. Alle proteste di essere infatti una scrittrice sovietica
di gran fama, aggiunge poi che il Sindacato degli Scrittori poteva essere
sicuro che lei non avrebbe messo in imbarazzo il Partito; mentre invece
inviare un Secretario/Burocrata al suo posto sarebbe stato un
grandissimo affronto ai dirigenti della rivista. Questa sua pronta
dichiarazione è quasi sul punto di essere accettata quando si scopre che
la rivista aveva esteso un simile invito anche al miglior traduttore russo
di libri bulgari. La burocrazia russa era molto contraria a tutto l'affare,
particolarmente perché la Tokareva era ben nota per essere troppo
onesta ed aperta durante le interviste. E, quando lei rifiuta di accettare
l'invito per favorire il traduttore, la sua nuova reazione è considerata
offensiva e polemica riguardo al Partito. Alla fine, essa decide di
accettare il premio, ma alla stazione balneare, è forzata a respingere gli
attacchi forti e persistenti di un vecchio comunista bulgaro. A questo
punto, non può trattenersi dal fare un paragone tra quell'episodio e la
sua situazione attuale in Italia. "Questi [i burocrati russi ed avventurieri
bulgari] sono decisamente dei veri mostri. I mostri di Federico, per lo
meno, restano simpatici. I mostri del Socialismo sono nefandi" (154).
Come era da attendersi, i momenti più interessanti della loro
conversazione sono quelli in cui i due discutono sull'arte in generale e
sulla vena creativa personale:
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'Non ho fatto alcuno sforzo nella mia vita [...]. Non ho fatto che
viaggiare da una fermata all'altra e le stazioni erano già li presenti e
preparate per me.' Non ha marcato il sentiero. Non ha costruito le
stazioni. Non ha fatto che viaggiare. Ma il maestro, ha forse viaggiato
con un Comitato? [...] Che forse ogni viaggiatore viene forse
accompagnato da un Comitato? (156-7)
Se Fellini davvero non fa che viaggiare ed applicare il suo genio a
situazioni già pronte, la Tokareva insiste che per lei l'arte è quella forza
che la spinge verso ogni particolare situazione e che diventa allo stesso
tempo stimolo centrale della sua creatività artistica. Dopo averci
riflettuto brevemente, è pronta a concludere che la felicità non è affatto
uno stimolo necessario per il suo estro creativo.
Precedentemente al suo ultimo incontro con Fellini, l'avvocato
Bettoni aveva chiesto alla Tokareva quale sarebbe stato l'onorario
appropriato per il suo contributo a questo lavoro. La sua reazione
immediata è di incredibile sorpresa: "Sono venuta a Roma, ho fatto le
vacanze in riva al mare, ho avuto la gran fortuna di passare venti ο più
ore con l'uomo più interessante del mondo, e vogliono anche pagarmi?"
(163). In contrasto, pensa anche a tutto ciò che ha mancato di fare nel
frattempo per essere venuta in Italia: la costruzione del recinto, per cui
due lavoratori non solo le avevano mancato di rispetto ma le avevano
anche aumentato oltraggiosamente i prezzi; e l'aver dovuto accudire a
tre cani bastardi. Il concetto occidentale di valutare il tempo di una
qualsiasi persona, le appare alquanto bizzaro. Per questo è quasi pronta
a rinunciare del tutto all'onorario quando incontra un Americano
che di solito finanziava i film di Fellini. Essa lo trova talmente
presuntuoso e detastabile che decide immediatamente di accettare
l'onorario come ricompensa solo per aver dovuto trattare con
quell'orribile persona. In più l'Americano le rammentava una odiosa
personalità russa.
Durante il suo ultimo incontro col Fellini, la Tokareva ricorda un
fatto che le era rimasto molto impresso. Un ammiratore di Fellini aveva
fermato il maestro in una strada del centro di Roma per chiedergli
qualcosa sui suoi film. Fellini è tutto felice quando si rende conto che
è solo questo quello che desidera l'ammiratore, e lo commenta:
Uno dei nostri maggiori registi era venuto a Roma. Gli Italiani
decisero di mostrargli la Basilica di San Pietro [...] La macchina
correva attraverso la città quando il regista si accorse di vedere
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Fellini. Immediatamente chiese all'autista di fermarsi, saltò fuori dal
veicolo e come un gatto spaurito gridò 'Federico!' e saltò nella
direzione di quella venerata persona. Federico si girò, vide quel
bassotto baffuto pronto a scattargli addosso e si affrettò a fuggire
nell'altra direzione. Il regista accellerò la corsa. Fellini a sua volta
accellerò ancor di più la sua. La corsa terminò a favore di Fellini il
quale scattò molto più avanti dell'altro sparendo nella mischia. I
maniaci terrorizzano Fellini. Infatti, un maniaco aveva ucciso Lennon
[a New York]. Sfortunatamente i maniaci sono il risultato della
notorietà (165-6).
L'episodio riguardante i maniaci, le richiama alla memoria il suo primo
viaggio a Roma dieci anni prima. Un membro del suo gruppo aveva
chiesto asilo politico ed era stato immediatamente criticato dai compagni
socialisti, i quali non sono che un altro tipo di maniaci. La persona che
aveva richiesto l'asilo politico era un drammaturgo che aveva appena
finito di spiegare agli amici, L'ultima cena, il capolavoro di Leonardo.
Fellini le chiede se le piacerebbe venire a vivere ed a lavorare in
Occidente. Lei è pronta a rifiutare l'offerta dicendo che le sarebbe
impossibile vivere lontano dalla propria lingua e dai suoi amici. Molti
scrittori avevano le stesse idee nel tempo della Rivoluzione Bolscevica
mentre altri furono più che felici di passare ad un tenore di vita
superiore. La presa di posizione della Tokareva non è condivisa da
molti scrittori russi moderni. Quando Fellini le chiede la Sua opinione
personale sul futuro della Russia ella risponde che lei lo vede in modo
positivo, dato che la gente è ragionevole e di buon senso; ma il solo
fatto che Fellini glielo avesse chiesto le fa subito pensare che il buon
senso potrebbe aver bisogno di un'intera vita per divenire effettivo. A
sua volta, Fellini sposta la sua attenzione ad altri argomenti, personali
e generali, come ad esempio, quello del debito pubblico degli Italiani,
affermando che lo considera troppo alto e che gli Italiani richiedono
troppa sicurezza per le loro famiglie. Tutti questi temi ella li riporta
sempre alle diverse condizioni della propria gente.
Come la Tokareva ricorda la sua prima visita a Roma, cosi Fellini
a sua volta ricorda le sue prime esperienze a Mosca. Mentre partecipava
ad un festival cinematografico internazionale nella città, lo avevano
invitato a visitare alcuni luoghi di Mosca all'unico scopo di glorificare
il Partito Comunista per le sue glorie architettoniche, con speciale enfasi
al palazzo centrale dell'Università di Mosca. In quel tempo, Fellini
ricorda che aveva ironicamente commentato: "Pensavo di offendere un
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popolo che si era liberato del Capitalismo e che aveva costruito un
edificio di tali grandi proporzioni" (168). In risposta alla sua domanda,
in qual modo avrebbe potuto lui aiutare quel popolo come ricompensa
a ciò che gli stavano mostrando, gli venne chiesto di ritirare il suo film.
Benché egli avesse acettato la proposta, i suoi sforzi di compiacere il
comitato vennero respinti dalla giuria che assegnò il primo premio ad
8 e mezzo. Il Partito comunista dell'Unione Sovietica sfruttò
innumerevoli situazioni simili appunto per ricavarne dei profitti. Nella
simbolica "ultima cena" con Fellini, la Tokareva riflette sulla sua
generazione:
[...] Ragazzi e ragazze che invecchiano [...] Dopo l'era di Stalin
fummo tutti gioiosi, impazzivamo durante il periodo di disgelo grazie
a Khrushchev, ma subito dopo ci congelammo per altri venti anni. Ma
in nostri figli, coloro che vennero dopo, sono più saggi e più pratici
di noi. È stato affidato loro un Compito: distruggere il mondo intero
della violenza fino alle sue radici (169).
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E Fellini insiste che lo stesso messaggio dovrebbe essere inviato a tutte
le società esistenti nel mondo.
La parte finale ci presenta la Tokareva di nuovo a Mosca sotto un
rigido clima invernale. Ed eccola col suo carrello mentre si avvia a fare
le compere giornaliere: "Non c'è nessuno nel negozio perché non vi
sono prodotti. Tutto ciò che vi si può torvare è del burro in pacchetti,
del pane e dell'acqua minerale. È tutto ciò di cui abbiamo bisogna: si
può spargere il burro sul pane e si può bere l'acqua" (170). Questa
prospettiva filosofica viene però distrutta dalla presenza di un vicino
alcoolizzato che insiste a volerla aiutare e termina con lasciar cadere al
suolo gli oggetti appena comprati. E, come se ciò non bastasse, nella
sua corsa a cercare un bidone per i rifiuti, la Tokareva nota un centro
turistico li accanto, che era stato costruito da un gruppo di impresari
stranieri. Per avere accesso al centro, bisognava avere un permesso che
si poteva ottenere solo pagando in valuta straniera. Inoltre, i soci che vi
giocano al golf, sono per la maggior parte Giapponesi. Dettaglio curioso
il terreno era stato comprato, riservato ed emanava una pace, un silenzio
e un sentimento di piena salute. I campi da golf si estendevano fino ai
limiti di una bellissima Cattedrale Russo Ortodossa costruita due ο
trecento anni prima. Viktoria Tokareva conclude: "Mi chiedo se hanno
comprato anche la Cattedrale" (171).
Le carenze di prodotti nei negozi, la vendita della Russia al capitale
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straniero, r o m b i l e realtà dell'alcoolismo nel paese, ed il destino incerto
non solo della cultura ma anche della nostalgica Russia; la Russia che
dovrebbe esistere e che viene simboleggiata dalla Cattedrale, sono gli
elementi prevalenti tutti catturati in questo momento culminante:
momento che contrasta aspramente con le bellezze dell'Italia e la figura
idealizzata di Fellini. La Tokareva usa le due realtà contrastanti della
Russia e dell'Italia per esprimere i suoi sentimenti non solo sui vari
punti, ma anche sui problemi più generali della creatività e degli scambi
umani. È cosi che Fellini rimane non solo un regista eccezionale ma
anche un artista creativo ed esemplare del mondo intero e l'Italia un
luogo incantevole di vacanze e un paese rappresentante della cultura
stessa. Il tempo è ben lungi dai momenti di provocazioni nel discutere
la "di-latinizzazione" ο "di-italianizzazione" della letteratura russa.
RICHARD CHAPPLE E ERASMO GERATO
The Florida State University,
Tallahassee, Florida
NOTE
1
D. S. Mirsky, A History of Russian Literature (New York: A. A. Knopf,
1969), p. 3.
2
Vsevolod Setchkarev, Gogol, His Life and Works (New York: New York
University Press, 1965), p. 52.
3
Renato Poggioli, The Poets of Russia 1890-1930 (Cambridge, MA: Harvard
University Press, 1960), p. 165.
4
Viktoria Tokareva, Roman Holiday (Rimskie kanikuly), Korrida (Moscow:
Vagrius, 1993), p. 129. La traduzione degli originali dal russo è degli autori.
Sergey Paradzhanov (1924-90), popolare regista russo, visse a Kiev in Ucrania
in Giorgia ed in Armenia. Nei suoi film sono evidenti le caratteristiche dei
valori locali. Egli si oppose spesso al Partito Comunista ed alle varie autorità
del Partito, ragion per cui venne imprigionato per ben due volte.
Fazil Iskander (1929-) è un noto prosatore e scrittore satirico. Il suo romanzo,
Sandro from Chegem, fa la cronaca della vita e dei costumi della sua nativa
Abkhazia. "Macondo" è il mitico luogo del capolavoro di Gabriel Garcia
Marquez, Cento anni di solitudine.
L'epoca del Khrushchev fu considerata come il periodo del "disgelo," termine
usato da Ilya Ehrenburg nel suo romanzo dallo stesso titolo e che stette ad
indicare tutto un periodo dalla storia russa. Con la caduta di Khrushchev e di
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Brezhnev, il cosiddetto periodo di ristagnamento, a molti sembrò di essere
ritornati al "gelo."