Scugnizzi - Mieac Pozzuoli

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Scugnizzi - Mieac Pozzuoli
Scugnizzi
Nella cornice tutta napoletana del teatro Augusteo di Napoli, è andato in scena un
Musical tutto italiano, ma soprattutto tutto napoletano
che, dopo aver vinto vari premi tra cui l'Oscar Eti per il
Teatro e nato dal film "Scugnizzi" di Nanny Loy del 1987, e'
stato realizzato con grossi nomi dello spettacolo italiano :
Ideato da Claudio Mattone e scritto con Enrico Vaime,
“C’era una volta… Scugnizzi”, conta sulla regia e le scene
di Bruno Garofalo, sui costumi colorati e fantasiosi di Silvia
Polidori, sui movimenti coreografici di Gino Landi. Lascia gli spettatori entusiasti e con
una grande speranza nelle generazioni più giovani, anche se tormentate e difficili.
In esso si raccontano le vicende di un gruppo di giovanissimi ospiti dell´istituto di
correzione di Nisida, ora cresciuti: hanno circa trent’anni e hanno seguito strade
diverse.
In particolare Saverio, interpretato dall’intenso Sal Da Vinci, è un prete-musicista e
Raffaele (il bravo Massimiliano Gallo), un camorrista. Da loro si dipana la storia che
coinvolge 21 fantastici ragazzi… Gli attori professionisti sono 6, gli altri sono giovanissimi
selezionati fra migliaia che si sono presentati ai provini di Napoli.
Parte centrale dello spettacolo sono alcune canzoni del vasto patrimonio napoletano:
“A’ città è pulcinella”, “Carcere ‘e mare”…
Tra luoghi comuni sull'essere partenopei - canzonette, travestiti, banalità sul come è
difficile vivere in una città devastata dal crimine - anche una porzione di verità: oltre i
protagonisti recitano, o fanno da comparse, anche tanti scugnizzi veri, molti cercati
proprio nel riformatorio al centro della vicenda. Ragazzi di strada, "moschilli" abituati a
vivere di scippi e di espedienti.
Sceneggiato da Elvio Porta, e diretto da un regista che conosce bene la realtà
napoletana, "Scugnizzi" ha qualcosa - nei volti, nei brani musicali, dell’immagine reale
del Sud, di quel Sud tanto criticato e bistrattato, che però è il volto della faccia buona
della nostra città.
Sono ragazzi che si sono scontrati con la realtà più cruda, più feroce di una società che
vorrebbe cancellarli, ma che invece trova nella figura del prete quella mano che tutti
dovrebbero tendere a chi, dai margini vorrebbe rientrare nella società.
Il musical parte con un flashback (primi anni '80) nel carcere minorile di Nisida, dove
alcuni ragazzi stanno provando la canzone finale di uno spettacolo intitolato "Scugnizzi".
In quel gruppetto notiamo, giovanissimi, Saverio De Lucia e Raffaele Capasso, detto 'o
russo. Il primo appassionato di musica e più sensibile, l’altro più cinico.
I due, avendo scontato la pena, stanno per uscire e, una volta fuori dal carcere,
prenderanno strade diverse. Si ritrovano dopo vent'anni. Saverio si è fatto prete e si
dedica al volontariato e all'insegnamento della musica ai ragazzi del quartiere. Raffaele
è diventato un malavitoso e su quei ragazzi non vuole perdere il controllo per servirsene
come piccola manovalanza per i suoi traffici.
Nel locale dove Saverio riunisce i ragazzi per insegnare loro la musica, un "basso" (a
livello strada) la cui porta è sempre aperta, entrano due facce nuove: Angelo e Carmine,
piccoli corrieri del clan di Raffaele ('o russo). Saverio li invita ad entrare e a mettersi in
mezzo al coro.
Angelo è incuriosito, mentre Carmine, più diffidente, mostra indifferenza nei confronti
di Saverio e della musica
e resta nel locale soltanto perché gli piace Rosa, una delle ragazze.
I due cominciano a frequentare il gruppo di cui diventano pian piano amici. Angelo è
tossicodipendente ed ha spesso delle crisi e Saverio, nell' intento di aiutarlo ad uscire
dal giro, lo convince ad entrare in un cantiere, dove il ragazzo cade da un' impalcatura e
muore. In seguito a questo incidente il rapporto tra Saverio e i ragazzi si spezza.
Tutti gli voltano le spalle e lui, sconfitto, se ne va. Sarà Ciccillo, il più piccolo, a
riportarlo nel gruppo. Nel frattempo Carmine confida a Rosa che è stanco di eseguire gli
ordini di Raffaele 'o russo e che non vuole partecipare a un regolamento di conti da
questi organizzato.
Rosa lo aiuta a nascondersi e Raffaele 'o russo, diventato ormai padrone incontrastato
della zona, per vendetta tenta di rapirle il figlio all’uscita della scuola.
Per
una
casualità
il
rapimento
non
riesce
ed
è
il
piccolo
Ciccillo
che,
inconsapevolmente, suggerisce a Saverio l'idea del testo di una canzone: "'O russo è 'n'
òmm' 'e merda!" Saverio inizia a cantarla ripetendo la stessa frase all'infinito e la
canzone rimbalza di strada in strada, di porta in porta. Tutta la città canta "'O russo è 'n'
òmm' 'e merda!"
Di fronte a questa sfida, 'O russo, impotente, riesce a rispondere soltanto con la pistola.
Degli spari interrompono la canzone. Saverio è stato ucciso e il giovane Carmine, proprio
lui, quello più indifferente alla musica, quello più difficile e ribelle, riprende a cantare
con coraggio la canzone interrotta. Insieme a lui, tutti: "'O russo è 'n' òmm' 'e merda!" La
musica ha vinto.
E’ una storia popolare, forte e piena di ironia, sfrontata e irriverente come sono certi
ragazzi che crescono per strada, di una pura favola, dalla quale emerge una grande
speranza nelle generazioni più giovani, anche quelle più tormentate, e nei loro
sentimenti.
Anche se scritta in napoletano, la storia non è tipicamente napoletana e appartiene ai
ragazzi meno fortunati di qualunque città del mondo. Su questa bellissima linea, la
scena bellissima, priva di compiacimenti e di concessioni al folclore, la regia, le
coreografie, i costumi e tutto il resto.
Saverio è un protagonista positivo, umano, vero. Non ha l'arroganza magari involontaria
di un "eroe". Ma lo è. L'eroe non è un l'uomo che non
conosce la paura. È l'uomo che la conosce, ma la vince. Che
si uniforma ai propri principi sapendo quanto questo sia
difficile e a volte impopolare. È anche questo uno che non
ha paura di perdere, ma sa combattere. La sua arma è la
musica, il suo scopo è la verità: ecco perche è un "eroe".
Perché non si nasconde, perché crede in quello che fa
nonostante tutto. Perché, nella sua capacità di giudizio e nella sua ironia, non dubita
che il suo compito sia quello di partecipare con la spinta vitale della generosità. Saverio
sa che non si vive e non si muore mai invano, che tutto va fatto con questa idea in testa:
il mondo ha bisogno di tutti. Ma noi sappiamo che di qualcuno ne ha bisogno di più.
Raffaele, 'o russo, è il contraltare di Saverio, l'opposto. E, come è degli opposti credibili,
nasce dalla stessa matrice, ha la stessa provenienza dell'altro, quella dell'altra faccia, di
Saverio cioè. Raffaele, che sembra vincente, è invece un'altra vittima di un sistema che
crea e distrugge senza apparenti giustificazioni. Per raccontare il "buono" c'è bisogno del
"cattivo". E il cattivo va sempre rapportato al suo opposto e capito nella sua vera natura.
Un vinto, magari inconsapevole, va osservato senza pudori, senza ipocrisia, senza
preconcetti: tutti siamo un po' responsabili del suo essere com'è.
C'è un po' di Raffaele in ognuno.
Sta ad ognuno capirlo e scegliere prima che sia tardi. Gli altri personaggi che
contrappuntano questa storia, sono irrinunciabili tasselli di un mosaico che non vuole
essere di maniera. Tutti i ruoli, da quello di Rosa a quello di Carmine hanno una ragione
di esistere ed una loro funzione.
La strada, il quartiere non sono microcosmi inventati per fare scena, per dare colore:
sono il mondo che si propone a tutti noi, alla gente comune e, ripetiamocelo più spesso
che si può, "normale". La normalità, in certi contesti, propone anche delle nefandezze.
Che però non capitano per caso o per colpa di un destino lontano e misterioso, c'è
sempre un perché, ci sono sempre delle ragioni che vanno cercate e,combattute con le
armi disponibili.
Anche con la musica, naturalmente.
Ci sono delle battute, nel secondo tempo, che vogliamo ricordare per essere più espliciti
nelle intenzioni. Sono dette in un momento drammatico, davanti a un evento spietato
che sembra imbattibile "...è meglio che lasciate perdere, almeno voi che lo potete fare",
dice il Commissario a Saverio. "Ma io non lo voglio fare", ribatte Saverio. "E nemmeno
io", conclude il Commissario.
Esiste cioè la possibilità di un fronte comune.
Questo è quello che vogliamo sperare. Che vogliamo credere.
Sandra del Prato