Istituto MEME: Arma appropriata

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Istituto MEME: Arma appropriata
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
ARMA APPROPRIATA
Scuola di Specializzazione: Scienze Criminologiche
Relatore: Roberta Frison
Tesista Specializzando: Luca Polverelli
Anno di corso: Primo
Modena: 4 settembre 2010
Anno Accademico: 2009 - 2010
ISTITUTO MEME S.R.L .- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Luca Polverelli - SST in Scienze Criminologiche (Primo anno) A.A. 2009/2010
Indice dei Contenuti
1. Introduzione .................................................................................................... 4
2. Armi da fuoco ................................................................................................ 17
2.1. Definizione e caratteristiche ……………...………………………………. 17
2.2. Classificazione (merceologica) …………………………………...………. 24
2.3. Prestazioni e differenze …………....................................................…….... 29
3. Munizioni ……………………...……………………..………………….…..42
3.1. Cenni di storia ………………………………………………………..….... 42
3.2. Elementi che compongono una cartuccia ……………………………...…..46
3.3. Classificazione, prestazioni, caratteristiche e differenze ……………..…....49
3.4. Leggi in materia di munizionamento ………………………………..….….77
4. Efficienza di tiro ……………………………………….……………………81
4.1. Balistica …………………………………………………..………………. 81
4.2. Tattica ………………………….…………………………………………. 89
4.3. La gestione dello stress ………………
……………………...…….....101
5. La ricerca ………………………………...………………………………...104
5.1. Introduzione …………………………………..…………………………..104
5.2. I test psicologici …………………………………………………………..105
5.3. Il test di sparo….…………………………………..……………...…….....108
5.4. Gli items sul background esperienziale ………...….……….…………….109
5.5. L’analisi dei dati …………….………..………………...…………………111
5.6. Conclusioni …………………………………..……………...……………138
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6. La balistica forense ………………………..………………………………139
6.1. Differenza tra impronte di classe e di singolarità d’arma ……………......139
6.2. Tipi di perizie balistiche: mezzi e strumenti ……………….……………..140
6.3. Gli strumenti indispensabili per la comparazione balistica ……………....141
6.4. Le impronte utili nel bossolo esploso per la comparazione balistica ….…141
6.5. Alterazioni e modifica di armi …………………………………….…….. 142
6.6. Residui di sparo ……………………………………………………….… 142
7. Legislazione in materia di armi e munizioni ………………………….... 150
7.1. Leggi varie ……………………….……………………………………….150
8. Bibliografia …………………………..…………………………………….161
9. Sitografia …………………………………..………………………………162
10. Ringraziamenti ………………………………...…………………………163
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1. INTRODUZIONE
Prima di iniziare questa lettura informo innanzitutto il lettore della “pericolosità”
di questo elaborato per le tematiche trattate, consigliandone la lettura a solo un
pubblico adulto e capace di intendere e di volere, sottolineando che molte notizie
ed informazioni ivi contenute danno per scontato una conoscenza a priori delle
materie trattate. Chiedo perciò venia per tutti le espressioni, i dati e i termini
tecnici che enuncerò senza dare spiegazioni in merito; inoltre prego di non
divulgare questo testo o parti della corrente opera a terze persone in quanto i
contenuti, se resi comuni e diffusi, potrebbero diventare “dannosi” e “rischiosi”.
Come ultimo avvertimento, suggerisco il proseguimento nella lettura solo ai
lettori consenzienti al trattamento delle tematiche prese in atto nell’indice dei
contenuti.
L’idea di affrontare le tematiche che ritroverete in questo elaborato deriva
innanzitutto dal mio personale interesse di conoscere in maniera approfondita il
mondo delle armi da fuoco, le motivazioni che portano alla scelta della tipologia
di arma e calibro della stessa nelle diverse situazioni d’impiego e all’analisi delle
differenze che sono presenti tra “tiratori improvvisati”, amateur del tiro sportivo,
sportivi agonisti e professionisti del mestiere.
Verranno suddivise e analizzate nel dettaglio, al fine di poter offrire al lettore un
accurato studio, le maggiori tematiche in materia di armi da fuoco, dalle semplici
definizioni, alla classificazione delle armi, alla differenziazione d’impiego, ecc.
In questo elaborato, incentrato sullo studio, comprensione e diversificazione dei
vari utenti che possano utilizzare un arma, farò un rapido accenno alle armi che
richiedono intrinseche capacità per l’utilizzo senza (spero) far perdere al lettore il
vero obiettivo di questa tesi: capire chi ha potuto effettuare un determinato tipo di
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tiro.
Mettiamo in chiaro il cardine di questa tesi: restringere in caso di crimine/i con
arma/i da fuoco il campo d’indagine e i sospettati del suddetto crimine.
Prendendo nota che, nonostante l’esistenza di varie tipologie di armi (che
tratteremo nei vari capitoli di questo elaborato), l’arma più diffusa e di comune
utilizzo nei crimini è la “pistola”1, in quanto facilmente offuscabile (date le
dimensioni) e di “facile utilizzo”2, non possiamo fare a meno di parlare di tutte le
armi che tuttavia possono essere utilizzate.
Per far si di non disperdere troppo l’attenzione del lettore, ma d’altro canto non
potendo non affrontare alcune tematiche, approfittiamo dell’introduzione
iniziando a parlare delle armi che non sono oggetto del nostro studio: in primis
iniziamo col parlare del Cal. .22. Utilizzato prevalentemente in ambito sportivo,
può essere adoperato in armi sia a canna corta che lunga (rigata) dando
prestazioni ottime in termini di precisione, garantendo un bassissimo rilevamento
dopo lo sparo. Escludiamo questo calibro dai nostri studi in quanto veramente
piccolo e di bassa lesività (a confronto di quelli successivamente trattati 9x21,
.40, .45 ACP, ecc.), e inoltre dalla tale facilità di utilizzo in armi corte da rendere
alle corte distanze difficile lo studio delle differenze tra i vari utilizzatori.
Puntualizziamo inoltre che nel caso di impiego del suddetto calibro in armi
lunghe sono necessarie buone conoscenze di base per il conseguimento di
risultati degni di nota. A seguito riportiamo, per dimostrare quanto detto sulla
precisione del Cal. .22, due immagini (dimensione reale) illustranti le rosate
(fatte con un’arma a canna lunga -carabina-) con munizioni di diverse marche.
Dati e test forniti da Strocchi Fulvio (TSN Ravenna).
1 Si fa riferimento all’utilizzo delle armi corte in generale (pistole, revolver, ecc.).
2 “Di facile utilizzo” se utilizzate a breve distanza (le armi corte vengono impiegate da persone anche
assolutamente incompetenti a “bruciapelo” (ossia addirittura a contatto del bersaglio), e in confronto
alla difficoltà di utilizzo e conoscenze base per adoperare altre tipologie di armi, ad es. fucili sniper).
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Altra categoria di armi che non saranno oggetto diretto dei nostri studi sono i
fucili d’assalto (ad esempio i più conosciuti sono: AK-47, Beretta AR 70/90,
Galil, M14, M16, M4), che sono infatti armi progettate per accrescere l'efficacia
del fuciliere in battaglia.
I fucili d'assalto offrono molti vantaggi, tra cui la possibilità di poter sparare
efficacemente mentre si è in movimento, il non dover più provvedere al riarmo
dell'arma dopo ogni colpo, ed alcune tattiche, tra cui il fuoco di saturazione.
Ci sono alcune caratteristiche comuni nei fucili d'assalto:

capacità di fuoco selettivo (l'arma può sparare sia a colpo singolo sia in
modalità automatica);

l'essere dotato di un caricatore amovibile ad alta capacità;

l'utilizzo della cosiddetta munizione intermedia.
Per quanto riguarda la storia dei fucili d’assalto, il termine venne coniato dalle
forze tedesche durante la Seconda guerra mondiale, appositamente per una nuova
“maschinenpistole” (pistola automatica) MP-44 dalle
caratteristiche
inusuali.
Infatti essa era più simile ad un fucile che non ad una pistola, usava una
munizione "intermedia" (meno potente dei calibri ordinari da fucile, ma più
potente dei calibri da pistola dell'epoca). I generali tedeschi si accorsero delle
vere potenzialità dell'arma ma incontrarono la forte opposizione di Adolf Hitler,
ostile al concetto di munizione intermedia ed a dotare i suoi soldati di un'arma
che percepiva meno potente. Testata sul campo di battaglia incontrò un ampio
favore tra le truppe. Rinominata "SturmGewehr-44", o StG-44 (dal tedesco
"Sturm", assalto e "Gewehr", fucile) Hitler la vide come un ottimo strumento di
propaganda ed approvò, finalmente, la produzione di massa.
L'StG non fu il primo fucile d'assalto della storia, infatti taluni vogliono come
capostipite della dinastia il russo Fedorov Avtomat, od altri ancora (forse di
diritto, anche se completamente inaffidabili e soggetti a continui inceppamenti)
l'italiano Cei-Rigotti; entrambe queste armi vennero utilizzate in minuscoli
quantitativi nella prima guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi,
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soprattutto l'Avtomat che si rivelò essere un'arma affidabile e potente, anche se
molto costosa e difficile da produrre. Un'altra arma, forse più simile ad un fucile
automatico che ad un vero fucile d'assalto, era il messicano Mondragon mod.
1900, utilizzato in piccola serie anche dai tedeschi nella prima guerra mondiale,
oltre che nella rivoluzione messicana. Sta di fatto che l'StG è stato il primo fucile
d'assalto ad essere impiegato da un esercito regolare effettivamente come tale e in
quantitativi notevoli; inoltre era un fucile d'assalto che incorporava tutte le
caratteristiche dell'arma in maniera completa e non sperimentale. In particolare
era un'arma utilizzabile sia per il fuco automatico che per quello semi
automatico, con una munizione leggera (Cei Rigotti e Automat utilizzavano
proiettili full power poco potenti, mentre lo StG aveva una munizione
"intermedia" vera)un peso contenuto, una gittata inferiore a quella di un fucile
"tradizionale", dimensioni ridotte,ecc. Da allora i tentativi di replicare la
formidabile arma crebbero in numero e varietà, tra cui il primo e più famoso
Kalashnikov AK-47.
Altri notabili fucili d'assalto sono il tutt'ora validissimo M16 statunitense e la sua
evoluzione l'M4, l'SA80 (conosciuto anche come L85), l'FN FAL belga nel
calibro tedesco 7,92 x 33 Kurz (era stato originariamente progettato per lo Stg45) l'israeliano Tavor e l'italiano Beretta AR 70/90.
Le diverse tipologie di munizione nei fucili d'assalto sono assai numerose. La
genesi di queste munizioni intermedie possono essere grossolanamente
ricondotte a due grandi famiglie: quelle derivate accorciando delle munizioni
"full-power" dei fucili d'ordinanza (il 7,92 Kurz o il 7,62 Soviet dell'AK47
rientrano in questa categoria…) o creandone di totalmente nuove (il 5,56 NATO
od i nuovi calibri iperveloci come il 5,7 della Five Seven belga appartengono a
questo tipo).
Entrambi i calibri intermedi, rispetto alle munizioni da fucile classiche, hanno il
vantaggio di rendere l'arma controllabile nella modalità di fuoco a raffica e
permettono di portare molte più munizioni in combattimento.
Ci sono vari tipi di munizioni, come ad esempio le semplici Full Metal Jacket
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(FMJ), quelle a punta cava (vietate dalla convenzione di Ginevra), quelle
traccianti, quelle perforanti ed altre ancora. Le munizioni FMJ hanno un nucleo
di piombo incamiciato in un metallo più duro (ottone o leghe di rame con altri
metalli più duri) che garantisce la resistenza della palla. Sono obbligatorie come
standard minimo in ambito militare, per garantire ferite "pulite" ed evitare la
deformazione del proiettile nell'impatto contro bersagli umani. Le munizioni a
punta cava, sfruttando il principio dello shock idrodinamico si espandono o
frammentano più facilmente all'impatto causando danni maggiori ad un corpo
umano ma con minore effetto su eventuali protezioni come giubbotti
antiproiettile. Le palle traccianti hanno la base concava e riempita di una miscela
luminosa a base di fosforo, che si incendia ed è visibile già dopo circa 40-50
metri. Queste ultime sono utili negli scontri notturni od in ambiente urbano per
permettere al tiratore di individuare la precisa traiettoria dei proiettili sparati con
tiro istintivo. Un altro uso prevede l'inserire uno di questi colpi al terzultimo
posto del caricatore, in questo modo alla partenza del proiettile tracciante la
persona che utilizza l'arma sa che il caricatore è quasi terminato, e che è presto
necessaria la sostituzione di questo.
Ci sono diverse tipologie di fucili d’assalto che oltre a differenze nel calibro
offrono fondamentali differenze nel design, a seconda delle richieste specifiche
del committente. Un esempio sono i fucili d'assalto cosiddetti "compatti", ottimi
nel combattimento urbano, a causa del ridotto ingombro e della facilità di
trasporto. Un'altra variante sono i moderni fucili dalla configurazione "bullpup",
con il caricatore spostato indietro rispetto al grilletto, ottenendo un fucile più
corto a parità di lunghezza di canna ma, d'altra parte, l'impossibilità di cambiare
spalla ed impugnatura per il tiratore, cosa essenziale se si vuole sparare da un
riparo che può trovarsi dalla parte opposta di come si impugna abitualmente
l'arma. Per esempio, un soldato mancino che utilizzi uno Steyr AUG (che
presenta la finestra di espulsione sulla sinistra) potrà sparare riparato se il riparo
si trova alla sua destra, mentre esporrà completamente il corpo se il riparo
disponibile si trova a sinistra. Questo difetto che compromette anche la
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possibilità di utilizzo da parte di soldati con diversa mano dominante se non con
difficoltose modifiche, è stato risolto da alcuni fucili di ultima generazione come
l'FN F2000 che fa uscire la cartuccia dalla sommità della canna.
Concludo questo paragrafo parlando del più e del meno sulle armi sniper, ovvero
da cecchino, che formano una categoria che suscita molto interesse. Inutile dire
che ogni arma che tratteremo a seguire richiede specifiche conoscenze e abilità
specifiche senza le quali risulterebbe assolutamente impossibile effettuare un tiro
preciso.
Che cosa si chiede ad un fucile sniper? Beh, in primis che abbia una buona
precisione intrinseca, poi che abbia una buona gittata utile, e poi altre cose
relativamente secondarie, come la possibilità di doppiare velocemente il colpo o
la presenza di uno spegni-fiamma per celare la propria presenza ai potenziali
nemici.
Che calibri ha in genere un fucile sniper? Ne esistono tanti, i più comuni sono il
.223 Remington (5,56 NATO), il .308 Winchester Magnum (7,65 NATO), il .338
Lapua Magnum, il .408 Cheyenne Tactical e il .50 BMG. A questi si affiancano
calibri meno usati come il .300 Remington Ultra Magnum o il .416 Barrett. La
polizia (in generale) usa fucili sniper in 7,65 NATO e .338 Lapua, mentre i
militari oggi si limitano al .338 Lapua e al .50 BMG per le lunghe distanze, gli
altri calibri li usano su armi "miste", ovvero fucili da assalto che all'occorrenza
permettano anche tiri di precisione. Il .50 BMG è anche usato dai corpi speciali,
come quello italiano di San Marco.
Ecco qualche immagine di queste munizioni. Da sinistra a destra: .50 BMG, 7,65
NATO, .300 Winchester, 7,62 Russian, 5,56 NATO e infine il .22 lr, una
munizone oggi usata solo per il tiro a volo.
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Parlando di distanze utili, possiamo dire grosso modo che un 5,56 NATO ha una
distanza operativa di 200 metri, un 7,65 NATO di 500 metri, un .338 Lapua di
1000 metri, un .408 Chey Tac di 1300 metri e un .50 BMG di 2000 metri così
come il .416 Barrett. Questo però non vuol dire che dopo tali distanze questi
calibri siano inutili, ma solo che successivamente la stabilità del proiettile
diminuisce troppo, così come la velocità, con la possibilità che il tiro risulti
impreciso. Teniamo presente però che l'uccisione (registrata) a maggior distanza
è dovuta ad un soldato americano che usando un Tac 50 (in calibro .50 BMG)
riuscì ad abbattere un soldato nemico dalla distanza di 5200 metri, ben oltre la
portata utile dell'arma.
In effetti il .50 BMG è il calibro da sniper per eccellenza (anche se la Barrett con
il suo nuovo .416 Barrett sta cercando di portargli via il primato), un vero e
proprio " mostro", pensate che da un chilometro di distanza, può tranquillamente
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passare da parte a parte un comune veicolo blindato.
Veniamo ora alle armi che camerano queste munizioni:
cominciamo con un fucile da cecchino "classico" in calibro 7,65 NATO, un fucile
della Armalite originariamente progettato per usi militari e oggi in uso a molte
forze di polizia. E' un arma a ripetizione manuale, per cui bisogna azionare
manualmente l'otturatore per permettere l'espulsione del bossolo vuoto e la
cameratura del nuovo colpo.
Possiamo aggiungere l'Heckler & Koch PSG-1, un fucile semiautomatico in
calibro 7,62 NATO. Questo fucile dall'estetica molto accattivante e dall'ottima
precisione non ha mai avuto grande diffusione a causa del suo elevato costo, ma
rimane sempre un pezzo di storia (una curiosità: in Italia la sua catalogazione è
stata respinta perchè considerata arma da guerra, quando c'erano già catalogate
una miriade di armi in questo calibro semiautomatiche).
Questo invece è un Accuracy International calibro .338 Lapua Magnum usato sia
dai militari che dai Corpi di Polizia. Si tratta di un'arma incredibilmente precisa,
sempre a ripetizione manuale che è catalogata in Italia come arma da caccia:
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Ecco qui un grande fucile in .408 Chey Tac della E.D.M. Arms (sempre a
ripetizione manuale) usato per molto tempo da corpi speciali e militari:
Questo invece è il fenomeno, il capolavoro della Barrett Rifles, l'M82A1, un
fucile semiautomatico in calibro .50 BMG, un capolavoro dell'ingegneria, il
fucile che in poco tempo si è conquistato un posto d'onore nei reparti militari di
tutto il mondo e non solo...
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Questo invece è un Tac .50 della Mc Millan in calibro .50 BMG, un fucile a
ripetizione manuale molto preciso, ora quasi del tutto soppiantato dall'M82:
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Esiste poi una categoria di armi sniper anticarro che camerano potentissimi
calibri come il 14x118, il 950 JDJ o addirittura il 20x120 Vulcan (si, proprio la
munizione che si usa ancora oggi nei cannoni da 20 mm degli aerei). Queste armi
sono esclusivamente ad uso antimateriale, ed una delle convenzioni di Ginevra
(sottofirmata da quasi tutti i paesi) vieta l'uso di calibri superiori al .50 (12,7 mm)
contro le persone. Ad ogni modo si tratta di armi veramente enormi, che pesano
anche più di 50 Kg e che definire fucili è un po’ forzato...
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2. ARMI DA FUOCO
2.1. Definizione e caratteristiche
In generale un arma può essere definita come uno strumento di offesa o difesa; le
armi sono classificate e suddivise in diversi categorie: coltelli (da lancio e non),
armi sportive, armi di libera vendita, armi da guerra, arceria, armi improprie
(l’uso di tecniche di combattimento), armi comuni da sparo, ecc.
2.1.1. I vari tipi di armi
Con il termine armi la legge si riferisce a:
Armi bianche: spade, pugnali, baionette, tirapugni, bastoni animati, mazze
ferrate, manganelli, storditori elettrici, bombolette lacrimogene non approvate dal
Ministero dell’Interno. Le bombolette contenenti olio di peperoncino sono
liberalizzate se di piccole dimensioni, ma il Ministero ufficialmente ne ha
approvate solo tre marche, senza indicare i criteri tecnici seguiti. La corrente
interpretazione è discutibile perché uno strumento non lesivo, utilizzabile anche
per respingere aggressioni di animali, dovrebbe essere considerato strumento atto
ad offendere.
Per la Cassazione sono armi i coltelli a scatto; per le questure essi sono di libera
vendita e si trovano in ogni coltelleria; nel dubbio è meglio non acquistarli
oppure acquistarli con porto d’armi e denunziarli, senza mai portarli. Si tenga
presente che molte armi bianche sono in libera vendita in negozi sportivi o su
internet senza che nessuna autorità intervenga e che è cosa ingiusta denunziare il
detentore senza procedere anche contro il venditore o importatore.
Se anteriori al 1890 sono considerate armi antiche.
Armi da sparo: fucili, pistole, lanciarazzi, che espellono un proiettile attraverso
una canna mediante l’uso di un combustibile; ad esse sono talvolta equiparate le
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armi che usano aria o gas compressi (armi a gas). Si distinguono giuridicamente
in:
• A. da guerra o armi comuni: Sono comuni tutte quelle non da guerra; queste
sono ormai estremamente ridotte fra le pistole e le carabine: armi a raffica, fucili
d’assalto semiautomatici con elevata capacità di fuoco, pistole in calibro 9
parabellum (ma è un dimostrato errore del Ministero); non esistono revolver da
guerra e ve ne sono anche in calibro 9 Para. Le armi da guerra non possono
essere detenute, salvo quelle in collezioni esistenti fino dal 1975.
Le armi comuni si distinguono poi in:
• A. comuni sportive: quelle classificate come tali dalla Commissione in appositi
elenchi; sono lunghe o corte a canna rigata; i fucili da tiro a volo ricadono tra le
armi da caccia, da cui non si distinguono.
• A. comuni da caccia: tutte le armi lunghe usabili per cacciare in Italia e cioè
quelle lunghe a polvere, sia a canna liscia (purché il calibro non sia più grande
del 12; quindi non sono da caccia i calibri 8 e 10 che hanno un diametro
superiore a 18,1 mm.), che rigata; queste, se di calibro pari o inferiore a 5,6 mm,
devono impiegare una cartuccia con bossolo di lunghezza superiore a 40 mm. In
pratica rimangono esclusi i calibri .22 a percussione anulare e il .22 Hornet. Sono
armi da caccia quelle in calibri 6 e 9 mm Flobert. Sono armi da caccia anche
quelle in tutti i calibri per pistola superiori al .22 (9x21, .44 Mag., ecc.;
attenzione: la cartuccia rimane tecnicamente una cartuccia per arma corta). Le
armi devono avere al massimo tre canne o un caricatore che non possa contenere,
sul terreno di caccia, più di due cartucce. Fuori del terreno di caccia il caricatore
può contenere il numero di colpi indicato in catalogazione. Se una delle canne è
in calibro non consentito, essa deve essere resa inutilizzabile sul terreno di
caccia. I fucili a ripetizione manuale possono contenere nel caricatore più di due
colpi. I fucili semiautomatici a canna rigata possono avere, sul terreno di caccia,
un caricatore contenente più di due colpi. Anche moschetti militari o fucili
d’assalto demilitarizzati sono armi da caccia. La natura di arma da caccia non è
indicata nel provvedimento di catalogazione e non è compito del Ministero
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decidere su tale qualificazione. Il catalogo deve dire solo se un’arma è comune o
da guerra e se è o meno sportiva.
• Armi lunghe: sono quelle la cui canna ha una lunghezza di almeno 30 cm e in
cui la lunghezza totale è almeno 60 cm; corte sono quelle più piccole .
• A. comuni in genere: tutte le altre, quali pistole da difesa, armi ad aria
compressa non sportive e non liberalizzate, pistole lanciarazzi, fucili non
consentiti per la caccia in Italia.
• A. antiche: quelle di modello anteriore al 1890, anche se costruite dopo (ad es.
revolver mod. 1889, anche se costruito nel 1920). Si tenga presente che:
Le armi ad avancarica costruite fino al 1975 si considerano antiche (di solito è
persino impossibile stabilire la data di produzione);
Le armi ad avancarica (e quelle a retrocarica che riproducono modelli di armi
anteriori al 1890) costruite dopo il 1975 si considerano armi comuni moderne
(sono le cosiddette repliche). Per alcuni tutte le armi a retrocarica che
riproducono armi antiche, ma costruite dopo il 1890, sono repliche e in effetti
non ha senso pratico fare distinzioni. La replica deve avere i punzoni del banco di
prova.
Le armi antiche da sparo: sono le uniche assoggettate ad un regime un po’
diverso rispetto alle armi in genere: chi ne detiene più di otto deve richiedere
licenza di collezione; chi ha questa licenza può vendere ed acquistare armi
antiche, del genere per cui ha licenza, senza farne denunzia. Non ci vuole la
licenza per le armi bianche antiche.
Le armi antiche non devono avere segni distintivi (marchi, matricola) salvo
quelle ad avancarica costruire dopo il 1920 (ipotesi molto rara).
Le armi bianche antiche sono quasi sempre falsi moderni e conviene considerarle
moderne.
• Repliche: Le repliche sono le riproduzioni di armi da sparo antiche, più o meno
fedeli, prodotte dopo il 1890. Esse devono recare tutti i prescritti segni distintivi e
passano al Banco di Prova. Le repliche di armi ad avancarica non sono soggette a
catalogazione. Le repliche a retrocarica posteriori al 1979 vanno catalogate.
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• A. liberalizzate: Tutte le repliche di armi ad avancarica monocolpo (quindi non
i revolver e le armi con più canne o a ripezione) e le armi ad aria compressa od a
gas, di potenza non superiore a 7,5 Joule, sono liberamente acquistabili presso gli
armieri e non vanno denunziate; possono essere liberamente trasportate. Con esse
si può sparare in qualsiasi luogo non aperto al pubblico (luogo ben recintato a cui
non possono accedere estranei se non autorizzati) e in poligoni pubblici e privati.
Quelle ad avancarica già detenute prima del 2000 sono liberalizzate senza alcuna
formalità; esse recano già marchio del fabbricante, matricola e sono provate al
Banco di Prova; per quelle ad a.c. il ministero ha introdotto, forse in modo
illegittimo, il controllo del Banco di Prova per poterle togliere dalla denunzia. Se
però l’arma è di fatto inferiore a 7,5 Joule, non vi è alcun illecito nel detenerla. Ai
fini della legge penale non sono armi proprie, ma strumenti atti ad offendere con
un regime particolare. Possono essere usate in poligoni pubblici o privati. Non si
può sparare in campagna, perché è luogo aperto al pubblico. È vietato
ovviamente cacciare con esse. Ad esse non si applicano i reati in materia di armi
ma solo sanzioni amministrative, salvo che per il porto al di fuori dei luoghi
consentiti, punito come il porto di un coltello.
Strumenti atti ad offendere (armi improprie): Non sono armi, ma strumenti: i
coltelli di qualsiasi genere e dimensione (vedi sopra per quelli a scatto), gli archi,
le balestre, i fucili da pesca subacquea, accette, forbici, punteruoli, attrezzi
sportivi delle arti marziali ecc. Vale a dire ogni strumento che può ferire, ma che
è destinato in via principale ad altro scopo come strumento sportivo o di lavoro.
Gli archi e le balestre non sono armi improprie se portati senza le frecce o non
incordati (è chiaramente solo un trasporto).
Questi strumenti sono liberamente importabili, acquistabili, detenibili senza
denunzia e trasportabili; possono essere portati solo per giustificato motivo, cioè
per essere usati per la loro destinazione primaria. Il cacciatore e l’escursionista
possono portare ogni tipo di coltello. Chi è uscito di casa portando l’oggetto per
un giustificato motivo, è legittimato a portarlo fino a che non rientra a casa. Il
porto senza giustificato motivo è punito dall’art. 4 L. 110/1975.
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Non sono armi proprie, secondo la prassi della maggioranza delle questure e
con piena logica, le spade, le katane, le sciabole, le shuriken, non particolarmente
affilate o appuntite, da considerare o strumenti sportivi o da arredamento o da uso
scenico, o complemento di divisa. Esse quindi vengono liberamente importate e
vendute e non vanno denunziate.
Non sono né armi né strumenti, ma oggetti qualsiasi, le armi a salve, i
giocattoli a forma di arma, le riproduzioni inerti di armi, le armi disattivate
nelle parti essenziali, i giocattoli softair con potenza non superiore ad un Joule;
questi oggetti sono liberi del tutto; se confondibili con armi vere, devono essere
messi in commercio con un tappo o cerchio rosso sulla bocca della canna, ma
l’acquirente può eliminarlo senza conseguenze, purché non usi l’oggetto per
commettere reati (minacce, rapina). Le armi a salve devono avere la canna
parzialmente otturata, in modo da non poter proiettare corpi solidi (è obbligo solo
del produttore); non devono recare un tromboncino lanciarazzi. Le armi
paintball (sparano palline di vernice) non sono liberalizzate in Italia per
decisione del Min. Int., in contrasto con la legge. Con le armi a salve si può
sparare liberamente (senza disturbare) perché per definizione non si tratta di spari
pericolosi vietati.
Per un erronea interpretazione del Ministero vengono considerate armi da sparo i
lanciasiringhe veterinari che funzionano con cartuccia a salve od aria compressa,
sebbene si distinguano ben poco da una cerbottana e siano un tipico strumento da
lavoro.
Parti di armi: sono parti essenziali di armi, per norme internazionali ed italiane,
le canne, le carcasse, i fusti, i tamburi, le bascule, i caricatori; le norme europee
vi aggiungono l’otturatore e, per espressa assimilazione, i silenziatori. Non sono
parti di armi quelle che potrebbero appartenere anche ad un’arma giocattolo o
disattivata (calcio in legno, grilletto, minuterie). Non sono parti il tamburo o il
caricatore di un’arma a salve. Le parti essenziali di armi che non facciano parte
di un’arma intera devono essere denunziate (giurisprudenza costante della
Cassazione). Vanno denunziati i caricatori e le canne aggiuntive; queste devono
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anche recare un numero di matricola. Non sono parti di arma i riduttori di calibro
(canne riduttrici e bossoli riduttori), i visori notturni, i puntatori laser, i
cannocchiali e simili accessori da montare su di un’arma di per sé già completa.
Armi disattivate o inefficienti: un’arma si considera inefficiente in modo
irreversibile quando sono rese inefficienti tutte le parti essenziali; è sufficiente
che il ripristino sia impossibile con la normale attrezzatura di famiglia (chi ha
migliore attrezzatura, può ricostruirsi i pezzi). Non è necessario che il privato
segua le procedure previste per i fabbricanti da circolari ministeriali. Un’arma
bianca spuntata e non affilata non è più un’arma, ma solo un pezzo di ferro.
2.1.2. Elementi identificativi di un arma
L'arma da fuoco portatile moderna è essenzialmente composta da: canna,
carcassa (chiamata anche "cassa" o "fusto" e contenente i meccanismi di chiusura
come l'otturatore, i meccanismi di scatto come il grilletto, il cane, gli eventuali
meccanismi di alimentazione, ecc.), calcio (o impugnatura) e sistema di mira.
Quello che contraddistingue ogni arma sono sostanzialmente il numero di
matricola, il nome della casa costruttrice e il luogo di produzione, il numero di
iscrizione al Catalogo Nazionale delle Armi Comuni da Sparo e il calibro che si
ritrovano impressi in diverse parti dell’arma; altri elementi sono le rigature della
canna, anche se ciò che più differisce ogni arma è il suo stesso utilizzo e relativa
manutenzione (materiale dei proiettili sparati, quantità di colpi sparati, polveri
usate per la carica, mancata o eccessiva manutenzione, liquidi usati per la pulizia,
ecc.).
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2.1.3. Segni distintivi
Le armi devono recare dei marchi che consentono di identificarle. Un’arma priva
di matricola o numero di catalogo o marchio del produttore, nei casi in cui sono
prescritti, è arma clandestina.
La matricola deve comparire su tutte le armi comuni, anche quelle ad aria
compressa, solo se prodotte dopo il 1920. Se la matricola non è abrasa, la sua
mancanza è la prova migliore che l’arma è anteriore al 1920. Può essere apposta,
per una sola volta, su qualsiasi parte in metallo dell’arma; la canna, anche se
mobile, non deve necessariamente recare la matricola. Solo le canne
intercambiabili prodotte dopo il 1920 debbono recare un numero; sono tali le
canne ulteriori di un’arma, rispetto a quella di base. Non è vietato scrivere
numeri o altre indicazioni su di un’arma al fine di individuarla. Attenzione:
spesso la matricola è nascosta sotto le parti in legno.
Il marchio o sigla (nome o simbolo) che individua il produttore od importatore e
il numero di catalogo devono essere apposti solo sulle armi poste in commercio
dopo il 1° ottobre 1979.
Le armi poi, anche se non tutte, recano il marchio del Banco di Prova; tuttavia
questo non è un segno distintivo la cui mancanza rende clandestina l’arma;
infatti un tempo armi importate per uso privato ne erano legittimamente prive,
così come le armi ex militari (contro, una volta, la Cassazione, ma è stato
sicuramente un abbaglio).
Le armi prive di un segno distintivo, se prescritto, non possono essere
regolarizzate.
2.1.4. Parti essenziali di un arma
L'arma da fuoco portatile moderna è essenzialmente composta da: canna,
carcassa (chiamata anche "cassa" o "fusto" e contenente i meccanismi di chiusura
come l'otturatore, i meccanismi di scatto come il grilletto, il cane, gli eventuali
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meccanismi di alimentazione, ecc.), calcio (o impugnatura) e sistema di mira.
Tutti questi elementi sono necessari al fine di permettere un appropriato utilizzo
di un arma, tuttavia possono essere considerati accessori il caricatore (l’arma può
sparare avendo il solo colpo in canna), i vari organi di mira (dalle normali e
consuete tacche di mira ai vari apparati di puntamento come red dot, puntatori
laser, ecc.) che, se non presenti, vanno ad influenzare negativamente le
performance dell’arma stessa, pur non impedendole di sparare.
2.2. Classificazione
Le armi da fuoco portatili si possono suddividere in varie categorie generali
Secondo la lunghezza dell'arma ed il modo di tenerla durante l'azione di fuoco
Armi lunghe: sono quelle armi leggere dedicate ai tiri su lunghe distanze, hanno
la canna lunga e vengono imbracciate utilizzando entrambe le mani e quasi
sempre sfruttando l'appoggio alla spalla per reggerle durante il puntamento e lo
sparo. Ne sono tipici rappresentanti i fucili, le carabine, i moschetti ed alcuni
mitra, così come le mitragliatrici, anche se queste ultime utilizzano spesso un
appoggio di sostegno a bipiede o a treppiede per mantenere la stabilità dell'arma
durante gli spari a raffica. Le armi lunghe vengono impiegate nell'esercizio della
caccia, quale armamento individuale in guerra e per uso ludico-sportivo in
attività di tiro a segno.
Armi corte: a differenza delle armi lunghe, sono destinate soprattutto ad un uso
personale nei confronti di bersagli a corta distanza o in modo occulto, presentano
una canna piuttosto corta e generalmente vengono impugnate con una mano sola.
Rientrano in questa categoria le pistole, i revolver ed anche alcune pistolemitragliatrici, nonostante queste ultime, per essere controllate durante il tiro a
raffica, vengano impugnate con entrambe le mani. Generalmente vengono
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utilizzate in ambito civile come armamento individuale delle forze dell'ordine (ad
esempio la Polizia), come strumento di difesa da parte dei cittadini autorizzati e
come attrezzo sportivo in discipline di tiro a segno.
Per determinare se un arma è lunga o corta si adottano due sistemi incrociati, uno
di derivazione militare che considera una costante uguale a 20. Si moltiplica il
diametro nominale espresso in millimetri per la costante e se il numero ottenuto è
maggiore della lunghezza della canna si ha un'arma corta, viceversa lunga. Ad
esempio Pistola Mitragliatrice Beretta mod. 12, canna lunga 20 cm (ovvero
200mm), calibro 9 mm. Ad es. 9x20=180. L'ottenuto è inferiore alla lunghezza
della canna e quindi, secondo questo sistema, l'arma sarebbe lunga. Si associa a
questo criterio un altro sistema di valutazione definito dall'art. 78 dell'Accordo di
SCHENGEN del 14 giugno 1985. Si considerano armi corte le armi da fuoco la
cui canna abbia una lunghezza non superiore a 30 cm o la cui lunghezza totale
non superi i 60 cm. Viceversa si considerano armi lunghe tutte le altre armi da
fuoco. Questa doppia valutazione si è resa necessaria in quanto armi particolari in
calibro ridotto venivano considerate, con il solo sistema militare, armi corte
anche se da imbracciare.
Secondo la possibilità di ripetizione dell'azione di sparo
Armi a colpo singolo: che sparano un solo colpo per poi dover essere ricaricate
manualmente colpo per colpo inserendo nell'arma una nuova cartuccia dopo ogni
sparo (ne erano un esempio i fucili a retrocarica Sharp ed i Remington "rollingblock", così come tutti i fucili ad avancarica). Rientrano in questa categoria
anche i fucili a due canne giustapposte (doppiette) o sovrapposte (sovrapposti)
per uso caccia o per tiro al piattello, in quanto la possibilità di sparare più colpi
(in questo caso due) è dovuta alla presenza di più canne da ricaricare
manualmente e non a sistemi di ripetizione (per alcuni oplologi, queste armi
rientrerebbero nella categoria di "armi a ripetizione multicanna" assieme alle
pistole "pepperbox" di metà '800, oltre che alle mitragliatrici tipo "Gatling" e tipo
"Gardner" e derivate).
Armi a ripetizione manuale: sparano anch'esse un colpo alla volta, però, essendo
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dotate di un magazzino con più colpi e di un dispositivo meccanico che
"incamera" una nuova cartuccia ad ogni azione manuale di riarmo, i colpi
vengono sparati in successione più velocemente in quanto già disponibili
nell'arma. Ne sono un esempio i revolver ed i fucili con otturatore girevolescorrevole (chiamati ad azione "bolt-action", come lo erano i fucili Mauser 98 o
gli italiani Modello 91) o con azione di ripetizione a leva (come i fucili
Winchester 1866 e successivi) od "a pompa". Da menzionare che i revolver,
secondo alcuni oplologi, rientrerebbero nella categoria "armi a ripetizione
multicamera".
Armi a ripetizione semiautomatica: possono sparare un colpo solo a ogni
pressione del grilletto come nel caso delle armi a ripetizione manuale, però a
differenza di queste, incamerano una nuova cartuccia prelevandola da sole dal
proprio magazzino senza l'intervento del tiratore, per essere pronte a spararne
un'altra alla successiva pressione sul grilletto. Ne sono un esempio le pistole
semi-auto come le Luger o le Walther P38 ed i fucili da caccia a canna liscia detti
(impropriamente) "automatici", oltre i fucili come il Garand M1 americano della
seconda guerra mondiale.
Armi a ripetizione automatica: mitragliatori che possono sparare più colpi in
rapida successione alla singola pressione del grilletto finché questa non viene
tolta o finché non si esauriscono i colpi nel caricatore. Questa modalità di fuoco
viene definita "a raffica". Tipici rappresentanti di questa categoria sono le pistolemitragliatrici come la MP 40 tedesca o il MAB italiano, le mitragliatrici stesse ed
in generale tutte le armi che sparano a raffica (compresi i fucili d'assalto moderni
che hanno anche dispositivi per selezionare modalità di fuoco con raffica
controllata a pochi colpi).
Secondo il tipo di canna utilizzata
A canna liscia: sono tipici i fucili da caccia che sparano cartucce a pallini, così
come erano a canna liscia la quasi totalità dei fucili ad avancarica fino a circa il
1870. Normalmente i proiettili sparati da una canna liscia sono di forma sferica e
privi di stabilizzazione (con conseguente portata ridotta), ma esistono eccezioni:
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proiettili quasi cilindrici con rigatura preincisa direttamente sul proiettile (ad
esempio la palla asciutta Brenneke da 36 gr. utilizzata per la caccia al cinghiale) e
proiettili a forma di freccetta chiamati "flechettes" (sperimentati dagli americani
durante la guerra del Vietnam per uso antiuomo utilizzando fucili da caccia a
canna liscia). Esempi di armi a canna liscia sono anche alcuni cannoni destinati
all'ingaggio di bersagli vicini (generalmente sul primo arco della parabola di tiro)
montati su vari modelli di carri armati.
A canna rigata: sono quelle armi che sparano un proiettile cilindrico-ogivale che
viene stabilizzato per ottenere maggiore precisione anche a lunghe distanze. Per
fare questo, la canna ha una rigatura elicoidale interna che imprime al proiettile
che avanza nell'aria un moto rotatorio che lo stabilizza (effetto giroscopico)
permettendogli di procedere sempre con la punta in avanti. Ricadono in questa
categoria anche i grossi cannoni.
Secondo il tipo di impiego
Armi da caccia: sono quelle utilizzate per l'uccisione di prede animali.
Generalmente, nel caso di caccia a volatili, si utilizzano armi lunghe a canna
liscia, mentre per la caccia ad animali terrestri di grossa taglia si utilizzano
carabine a canna rigata, ad esempio i cosiddetti Express. Esistono eccezioni,
come nel caso della caccia al cinghiale, per la quale si usano spesso armi a canna
liscia che vengono caricate con munizioni a "palla asciutta" o "slug" (ovvero una
palla unica stabilizzata mediante rigature impresse sul proiettile stesso, come nel
caso delle palle Brenneke o Gualandi)
Armi da tiro sportivo: sono quelle utilizzate in competizioni nelle quali si
colpisce un bersaglio al fine di ottenere il massimo punteggio che viene ottenuto
colpendo con la massima precisione il bersaglio stesso. Esistono varie discipline
(alcune sono anche olimpiche) che si differenziano per il tipo di armi consentite,
per le modalità di tiro e per la modalità di determinazione del punteggio: alcune
di queste discipline non riguardano armi da fuoco (come il caso di pistola o
carabina ad aria compressa oppure il caso del tiro con l'arco).
Armi comuni (o da difesa personale): sono quelle consentite al cittadino per
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difendersi: in Italia sono generalmente armi corte (come pistole semiauto e
revolver) in quanto il porto d'arma lunga per difesa viene eccezionalmente
concesso solamente a Guardie Particolari Giurate (GPG) dipendenti di istituti di
vigilanza che si occupano di trasporto valori.
Armi da guerra: sono quelle utilizzate durante i conflitti armati e che non hanno
ragione di essere utilizzate in campo civile. Lo sono sicuramente tutte quelle che
sparano a raffica, così come quelle esplodenti o che sparano proiettili esplosivi.
In Italia sono considerate "da guerra" anche quelle che, pur avendo caratteristiche
per essere utilizzate in ambito civile, sono in dotazione alle Forze Armate o ai
Corpi Armati dello Stato: un esempio è la pistola Beretta Mod. 92 Cal. 9 mm.
Parabellum, della quale è vietata la detenzione e la vendita in Italia (quest'ultima
è possibile solo con licenza speciale fornita dal costruttore) in quanto in
dotazione alle FF.AA. Solo per il mercato italiano (in quanto all'estero è arma
comune come tutte le altre pistole), quindi, è stata realizzata una versione "civile"
ribattezzandola mod. 98 e camerandola per una cartuccia sempre in calibro 9 mm
chiamata 9x21 che viene consentita per impieghi civili (anche se effettivamente
più potente, avendo un bossolo più moderno e capiente essendo più lungo di
2 mm rispetto al 9x19 Parabellum). È da considerare che la normativa italiana
sulle armi da guerra si pone in contrasto con direttive UE e NATO che
definiscono "da guerra" solo ed esclusivamente le armi da fuoco a raffica o quelle
esplodenti o con proiettili esplosivi (lanciarazzi e lancia-granate).
2.2.1. Definizione di “calibro di un arma”
Nella terminologia tecnica la parola calibro indica il diametro interno della canna
(anima) espresso in una unità di misura (millimetri, decimi di pollice, ecc.)
oppure in altra forma.
Quest'ultima ipotesi si ha solo per le canne dei fucili a canna liscia in cui si è
mantenuto l'antico sistema inglese di indicarne il calibro con il numero di palle di
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piombo aventi il diametro necessario per essere sparati da esse e che si possono
ricavare da una libbra inglese (gr. 453,6) di piombo. Nelle armi a canna rigata il
problema della misura del diametro della canna si complica perché bisogna
stabilire se esso si misura tra i pieni e cioè tra i risalti della rigatura, oppure tra i
vuoti; infatti quando si parla di calibro di un'arma, non si fa riferimento ai valori
tecnici esatti, ma a valori arrotondati e convenzionali. Perciò quando si dice che
la canna di un’arma ha un calibro di 9 mm non si intende che essa sia esattamente
nove millimetri, ma solo che essa è idonea a sparare palle del calibro nove mm
con tutte le tolleranze previste dalle tabelle del C.I.P. (o dagli usi costruttivi, in
quei paesi ove esse non vengono applicate). È importante inoltre notare che a
calibri equivalenti non corrispondono sempre potenze equivalenti. In generale, il
"potere di arresto" è determinato dal peso del proiettile, dalla balistica e dalla
carica di polvere che ne determina l'accelerazione.
2.3. Prestazioni e differenze
2.3.1. La funzione della rigatura della canna ai fini della traiettoria del proiettile
La rigatura delle armi serve per stabilizzare il proiettile durante il percorso lungo
la traiettoria; non serve per aumentarne la velocità o la penetrazione, ma solo la
precisione. La stabilità maggiore o minore dipenderà poi anche dalla lunghezza
del proiettile e dalla sua forma, con influenza variabile a seconda della velocità
del proiettile e della velocità di rotazione. La rigatura ha l'effetto di trasformare il
proiettile in un sistema giroscopico, ove un corpo in rapida rotazione (il
proiettile) è soggetto a due movimenti: 1) la rotazione lungo l'asse longitudinale
che in parte riduce l'effetto della forza di gravità e impedisce lo spostamento
dell'asse; 2) spostamento dell'asse in direzione del movimento di rotazione
(precessione; l'asse descrive una superficie conica); 3) spostamento dell'asse,
anche per effetto della forza di gravità, che produce cicloidi o oscillazioni che si
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sovrappongono al movimento di precessione (nutazioni).
2.3.2. La canna
La parte più importante in un'arma da fuoco (da lancio) è sicuramente la canna.
Sia nel caso di armi portatili che d'artiglieria, la canna ed il munizionamento
rappresentano la ragione d'essere di questa tipologia di armi.
La canna è sostanzialmente un tubo metallico ed è l'ambiente in cui si esplica
l'azione iniziale del munizionamento, quella che permette di far partire il
proiettile e di direzionarlo verso un bersaglio. Infatti è all'interno della canna che
viene posto il munizionamento, è all'interno di essa che avviene l'accensione
della carica di lancio, ed è percorrendo la parte interna cava (detta "anima") per
tutta la sua lunghezza e fuoriuscendone da una estremità sotto la spinta dei gas
caldi in espansione generati dall'accensione della carica, che il proiettile acquista
la velocità (e conseguentemente l'energia cinetica) e la direzione necessarie per
farlo giungere sul bersaglio. Questo è vero anche nel caso delle armi a camera
multipla e canna singola (come le pistole a rotazione dette revolver), nonostante
l'ambiente ad alta pressione iniziale sia costituito dalle camere del tamburo.
Le canne per le armi da fuoco portatili si dividono in due grandi categorie: canna
liscia (la prima ad essere inventata) e canna rigata. La differenza tra le due
consiste nell'avere o meno dei solchi elicoidali all'interno dell'anima (la rigatura,
appunto).
Le armi a canna liscia (es. fucili da tiro al piattello) non posseggono questo
accorgimento in quanto quelle leggere sono destinate per lo più a sparare pallini
o pallettoni, contenuti in munizioni di plastica o cartone con fondello metallico
anche se possono essere caricate con munizioni a palla singola, mentre le armi
pesanti (d'artiglieria) usano munizionamento stabilizzato mediante alette (come
nel caso dei mortai o dei moderni cannoni installati sui carri armati di ultima
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generazione che usano anche proietti a "freccetta" come gli anticarro APFDS Armor Piercing Flechette Discarding Sabot).
Le armi a canna rigata sono invece destinate a sparare palle singole con ogiva
(normalmente componenti di munizioni con bossolo metallico) e le rigature
servono a far avvitare il proiettile su sé stesso conferendogli più stabilità in volo
e di conseguenza maggior precisione sulle lunghe distanze.
Ci sono fondamentalmente due tipi di rigature: la classica, che consiste in solchi
scavati all'interno della canna, ha andamento elicoidale e può essere destrorsa o
sinistrorsa, a secondo della direzione dei solchi e avere un numero variabile di
solchi (3, 4, 5, ...); la seconda è la rigatura poligonale, che consiste in una canna
con un'anima a sezione non perfettamente circolare ma poligonale anch'essa, con
andamento elicoidale destrorso o sinistrorso. Vi sono, in alcuni casi, canne
semirigate in cui per un tratto la canna è liscia e per il rimanente tratto è rigata.
2.3.3. Il caricamento
Perché un'arma da fuoco possa sparare, deve essere prima caricata; cioè vi deve
essere inserita la carica esplosiva e il proiettile. Il modo più semplice per farlo, e
il primo ad essere usato nelle armi antiche fino al XIX secolo, è stato la
avancarica, cioè l'azione di inserire entrambe dalla bocca della canna; con il
progredire della tecnologia venne sviluppato il sistema a retrocarica in cui
nell'arma, dalla parte posteriore della canna veniva inserita una cartuccia
preconfezionata che conteneva sia la carica esplosiva che il proiettile.
Avancarica
In queste armi la canna e la camera di scoppio erano (e lo sono ancora per le
repliche moderne di armi antiche) costituite da un solo pezzo: un tubo di metallo
chiuso all'estremità, a parte un piccolo foro laterale per l'innesco della carica
esplosiva posto vicino all'estremità chiusa (parte posteriore della canna). I vari
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componenti del caricamento (polvere da sparo, borra di pezza e la palla vera e
propria) venivano inseriti infilandoli manualmente nella canna dalla parte
anteriore aperta (la bocca), che era anche la parte da cui sarebbe uscito il
proiettile quando si avesse aperto il fuoco (da qui il nome di "avancarica").
In genere la carica era costituita da polvere nera, che andava versata a mano nella
quantità giusta; poi veniva premuto nella canna un pezzo di stoffa per compattare
la polvere e separarla dal proiettile; infine veniva inserito il proiettile e premuto
ben bene. Fatto questo, si metteva un po' di polvere nell'incavo del bacinetto
dell'arma in modo da creare una miccia di polvere, per innescare la carica, e il
meccanismo di sparo consisteva in un semplice grilletto che faceva scattare un
cane munito di pietra focaia, che battendo sulla "martellina" metallica
(comunemente chiamata "chiusino") posta sul bacinetto accanto al foro d'innesco
provocava la scintilla che dava fuoco alla polvere.
La potenza dell'esplosione variava molto da colpo a colpo, a seconda di quanta
polvere era stata versata, di quanto era stata pressata e di quanto era pesante il
proiettile; inoltre era possibile che nonostante la scintilla l'innesco facesse
cilecca, cioè non esplodesse: in questo caso bisognava scaricare l'arma, con molta
cautela perché il colpo poteva partire "a scoppio ritardato", cioè dopo alcuni
minuti. Nonostante la semplicità erano quindi armi pericolose che richiedevano
una buona dose di esperienza per poter essere maneggiate con sicurezza.
Nella prima metà del XIX secolo venne introdotta la capsula a percussione
(contenente fulminato di mercurio) che, posta su un "luminello" situato al posto
del foro della polvere di innesco, detonava quando veniva colpita dal cane
incendiando la carica di lancio e facendo partire il colpo. Tuttavia dopo pochi
anni l'invenzione della retrocarica soppiantò completamente anche queste nuove
armi. Questa innovazione dimostrò la sua efficacia sui campi di battaglia di
Sadowa (3 luglio 1866) dove i prussiani utilizzarono i loro fucili Dreyse a
retrocarica contro gli austriaci e di Mentana (1867) dove i francesi utilizzarono i
loro Chassepot. Al giorno d'oggi si costruiscono solo poche armi ad avancarica,
per la maggior parte ricostruzioni di armi storiche, sia nella versione "a pietra
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focaia" che in quella a "luminello". Nel 2005 le armi ad avancarica monocolpo
sono state liberalizzate sia nella vendita che nella detenzione (solo le repliche
moderne).
Retrocarica
Nelle armi a retrocarica la canna è aperta in entrambe le direzioni ed il
munizionamento viene inserito dall'estremità posteriore con la palla rivolta
anteriormente. Al momento dello sparo, la palla percorrerà tutta la lunghezza
dell'anima della canna per uscire anteriormente. Da qui il nome di retrocarica.
Il munizionamento (cartuccia) comprende in un solo pezzo sia la carica esplosiva
che il proiettile, tenuti insieme da un bossolo di ottone, cartone o plastica (le
ultime due sono oggi usate quasi esclusivamente nelle armi a canna liscia o nel
munizionamento a bassa potenza da addestramento). La cartuccia viene inserita
nella camera di cartuccia (sorta di alloggiamento creato nella parte posteriore
dell'anima della canna che ricalca esattamente forma e dimensione della parte
anteriore del bossolo fino al fondello della particolare e specifica cartuccia
prevista per quella determinata arma), bloccata tra la forzatura (un restringimento
dell'anima costituito dall'inizio dei solchi di rigatura in corrispondenza della fine
della camera di cartuccia) e la culatta (o l'otturatore). Nelle armi automatiche e
semiautomatiche l'otturatore è tenuto premuto contro la canna tramite l'azione di
una molla fino all'azione di sparo, consentendo al bossolo di uscire solo dopo che
la palla sia uscita dalla canna. All'arretrare dell'otturatore il bossolo sparato viene
espulso mediante l'espulsore, piccola parte generalmente solidale con il fusto
dell'arma che, urtando contro il fondello del bossolo e usando l'estrattore come
fulcro, espelle il bossolo dall'arma. Riavanzando verso la chiusura, l'otturatore
può camerare una nuova cartuccia dal serbatoio.
Questa innovazione (uso della cartuccia metallica e caricamento posteriore della
stessa) rivoluzionò letteralmente il mondo delle armi da fuoco: permise una
molto maggiore affidabilità e precisione delle armi (essendo la polvere predosata
esattamente) e soprattutto permetteva una cadenza di tiro molto superiore: un
moschettiere esperto con un fucile ad avancarica riusciva a sparare al massimo un
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colpo ogni dieci-venti secondi, contro i due-cinque secondi a colpo di una recluta
con una nuova arma a retrocarica. Per ultimo, il fatto di avere delle parti mobili
nella parte retrostante la camera di scoppio, permise successivamente di usare
una parte dell'energia dell'esplosione per azionare meccanismi di ricarica e fuoco
automatici. Oggi quasi tutte le armi da fuoco in commercio (e tutte quelle usate
professionalmente) sono a retrocarica.
2.3.4. Sistemi di alimentazione
L'utilizzo della cartuccia metallica e dei sistemi di chiusura nelle armi a
retrocarica, ha posto le basi per una successiva evoluzione: l'uso dei sistemi di
alimentazione, che ha comportato la possibilità di avere più cartucce già pronte
per il cameramento in canna e direttamente già presenti all'interno dell'arma, con
conseguente abbassamento dei tempi di ricarica.
In effetti, l'uso di un sistema di alimentazione è la differenza base tra un'arma a
colpo singolo ed una a ripetizione (anche manuale).
Un sistema di alimentazione è costituito dall'unione tra un qualche tipo di
"serbatoio" contenente le cartucce con il giusto sistema di chiusura/apertura
(eventualmente modificato rispetto a quelli utilizzati per armi a colpo singolo, in
modo da prelevare una cartuccia dal serbatoio ed incamerarla ad ogni azione
manuale od automatica esercitata sull'otturatore).
Il serbatoio può assumere diverse forme e modi di funzionamento: in particolare
può essere fisso e fare parte integrante dell'arma oppure può essere "staccabile"
dando la possibilità di averne a disposizione diversi già riempiti di munizioni e
conseguentemente di sostituire un serbatoio "vuoto" con uno "pieno".
Serbatoio a tamburo: detto anche "a rotazione", in quanto le cartucce vengono
presentate per il caricamento (o direttamente per l'azione di sparo) tramite un
movimento circolare dell'intero serbatoio o di parte di esso (comprese le
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munizioni). Un esempio di serbatoio parte integrante dell'arma che presenta le
cartucce direttamente per l'azione di sparo, è il tamburo del revolver le cui
camere sono insieme il magazzino e la camera di scoppio della munizione. Altro
esempio di serbatoio integrato nell'arma è il serbatoio rotante del fucile
Mannlicher Schoenauer 1903: in questo caso le cartucce sono solamente
presentate per l'azione di caricamento. Esempi di serbatoi esterni e "staccabili"
(che presentano anch'esse le cartucce solo per l'azione di ricarica) sono invece
quello del mitra Thompson 1928 Cal. .45 americano da 50 o 100 colpi, quello del
mitra PPSH 41 Cal. 7,62 mm. Tokarev russo da 71 colpi, oltre che il serbatoio a
tamburo della mitragliatrice leggera Lewis del 1911-1914 con 47 o 97 colpi. Una
variante del serbatoio "a rotazione" è il serbatoio "a chiocciola" come quello
utilizzato da alcune Luger P08 "artiglieria" e dal mitra Bergmann MP18
disegnato da Hugo Schmeisser. Questo tipo di serbatoio ha anche molte affinità
con il "caricatore a magazzino", per cui si tende a chiamarlo in modo indistinto
anche magazzino-caricatore.
Serbatoio tubolare: quando è costituito da un tubo nel quale le cartucce sono
alloggiate una di seguito all'altra (dove quindi la parte frontale di una munizione
è a contatto con la parte posteriore della cartuccia successiva). In genere è una
molla a generare la spinta sulle cartucce affinché queste vengano ad essere
"presentate" per l'incameramento. Tipici serbatoi tubolari sono quelli presenti
sotto la canna dei fucili semiautomatici da caccia ad anima liscia o sotto la canna
delle carabine a canna rigata con azionamento a leva (tipo Winchester). Altra
tipica locazione di questo tipo di serbatoio è nel calcio di armi lunghe, come fu
nel caso del fucile e della carabina Spencer mod. 1860, i quali per la presenza di
un serbatoio tubolare a sette colpi nel calcio furono tra le prime armi a
ripetizione, assieme al fucile Henry 1862 a leva (progenitore del Winchester) ed
anch'esso con serbatoio tubolare (in questo caso presente sotto la canna):
attualmente il serbatoio tubolare inserito nel calcio si trova anche in diverse
carabine semiautomatiche Cal. .22 Long Rifle.
Serbatoio-magazzino: è parte integrante dell'arma e ricavato nella stessa.
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Raramente "staccabile" ed a volte non è nemmeno accessibile dall'esterno (se non
durante le operazioni di smontaggio dell'arma). È tipico di diverse carabine
(anche moderne) o di fucili dotati di otturatore girevole-scorrevole. Normalmente
si carica inserendo le cartucce una ad una o aiutandosi con un "caricatore a
piastrina".
Caricatore a piastrina: trattasi sostanzialmente di una guida metallica che trattiene
insieme le cartucce nel numero previsto per una determinata arma. Non viene
inserito nell'arma, ma funge da aiuto per poter spingere le cartucce nel serbatoio
riempiendolo. L'utilità sta nell'avere insieme il numero di cartucce esatto per la
ricarica e nella velocizzazione del caricamento del magazzino che viene eseguito
con un’unica operazione per l'insieme di cartucce inserite, anziché l'inserimento
di ogni singola munizione per volta. Attualmente, si usa anche per caricare
velocemente i caricatori-magazzino staccabili di cui sono dotate le armi più
moderne, oltre ad essere stato il sistema di caricamento di riferimento per i fucili
"bolt-action" ed il sistema principe per caricare la pistola Mauser C96. Un tipo
particolare di caricatore che può essere inserito in questa categoria è l'attrezzo (in
Italia chiamato gergalmente "carichino") che serve a caricare velocemente i
revolver a tamburo: in questo caso, il caricatore assume una forma circolare ed è
dotato di tante cartucce quante ne sono previste nel tamburo da caricare
(generalmente cinque o sei): quando si vuole ricaricare il tamburo, lo si fa
basculare, lo si scarica togliendo i bossoli delle munizioni sparate, si avvicina il
"carichino" affinché presenti le cartucce nuove allineate con le relative camere,
quindi si rilasciano tutte le cartucce che prenderanno sede nelle rispettive camere
con un unico movimento. Richiudendo il revolver, questo risulta ricaricato e
pronto allo sparo.
Caricatore a pacchetto: derivazione dei caricatori a piastrina, sono più complessi
nella foggia e più avvolgenti nei confronti delle cartucce che contengono, in
quanto è previsto che vengano inseriti direttamente all'interno dell'arma da
ricaricare per essere espulsi una volta esploso l'ultimo colpo presente. Tipico
rappresentante di questa tipologia di caricatore è il pacchetto da 8 colpi del fucile
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semiauto Garand M1, che viene inserito verticalmente dall'alto nel suo
alloggiamento avendo aperto preventivamente l'otturatore.
Magazzino-caricatore: è un magazzino scatolato che non fa parte integrante
dell'arma a cui può essere agganciato esternamente (es: fucili d'assalto moderni o
fucili mitragliatori come il Bren inglese od il BAR americano della seconda
guerra mondiale) o inserito internamente (come nel caso della maggioranza delle
pistole semiauto in cui viene inserito dalla parte inferiore del calcio).
Caricatore a nastro: è il sistema più utilizzato per alimentare le mitragliatrici. Le
cartucce sono inserite una di fianco all'altra in nastro di tela o tra maglie
metalliche: uno dei "capi" della striscia risultante, viene inserito nell'arma e viene
trascinato dai meccanismi di trascinamento e alimentazione presenti, mano a
mano che vengono sparati i colpi: questo permette azioni di fuoco prolungato,
visto che la lunghezza di tale nastro (e conseguentemente il numero di colpi
contenuti e disponibili) può essere aumentata a volontà aggiungendo un nuovo
nastro al termine del precedente.
2.3.5. Meccanismi di sparo
Il meccanismo di sparo è il complesso meccanico costituito dalle varie parti
componenti la catena cinematica di scatto, tramite la quale si comanda l'inizio
dell’azione di sparo: grilletto, leve, molle, percussore ed eventuale cane. Spesso
questo meccanismo interagisce con il sistema di chiusura/apertura anche per il
suo stesso funzionamento.
Il grilletto è il dispositivo primario con il quale si comanda l'azione di sparo.
Premendolo si attivano le funzioni dei dispositivi direttamente collegati (leve di
rinvio) che a loro volta agiscono sull'elemento terminale che scatena
effettivamente l'azione di sparo: il percussore.
Il percussore può essere di diversi tipi:
Percussore fisso: quando è parte integrante dell'otturatore ed è il movimento di
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quest'ultimo che determina l'azione di percussione. È tipicamente il percussore
presente sulle armi a chiusura labile che iniziano l'azione di sparo ad otturatore
aperto (dette anche armi a massa battente). Se la massa dell'otturatore è
consistente, può essere presente una piccola molla di ammortizzazione tra il
percussore (che in questo caso è un pezzo a sé) e l'otturatore per evitare lo
sfondamento della capsula d'innesco presente sul bossolo.
Percussore lanciato: quando è il suo movimento a determinare la percussione
dell'innesco: in questi casi, il percussore è trattenuto all'interno dell'otturatore in
quanto, pur sottoposto all'azione della sua molla, è intercettato dal sistema di
scatto a riposo. Appena si preme il grilletto, le leve di rinvio del sistema di scatto
liberano il percussore, il quale verrà spinto in avanti dalla molla e quindi
percuoterà l'innesco. Un esempio esemplificativo di percussore lanciato è quello
utilizzato nei fucili "bolt action" ad otturatore girevole-scorrevole.
Percussore comandato (o "guidato"): quando per effettuare la percussione deve
essere a sua volta percosso da un altro elemento, che normalmente è il cane.
Tipico è il caso della stragrande maggioranza delle pistole semiautomatiche. Il
cane, a sua volta, può essere:
Esterno: quando sporge dall'arma permettendone l'armamento manuale agendovi
direttamente. In questo caso sono visibili (anche lateralmente) i movimenti del
cane sia nelle sue fasi di armamento che di abbattimento. Esempio: pistola
semiauto Colt M1911, Beretta Mod. 70 o revolver come lo Smith&Wesson Mod.
19 o il Colt Python.
Interno: quando è completamente coperto dalla cassa dell'arma (come nel caso
del fucile semiauto Garand M1) o dal carrello (come nella pistola Browning
1903). Esistono armi a cane interno che mantengono sporgente una piccola
porzione della "cresta" per permetterne comunque l'armamento manuale (classico
esempio il revolver Smith&Wesson Bodyguard).
Occorre notare che vi sono armi (soprattutto a livello storico) che usavano
direttamente il cane per percuotere la capsula d'innesco: ne sono un esempio le
armi ad avancarica "a luminello" ed i revolver Colt Navy 1851 ed Army 1860.
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Anche queste armi, morfologicamente, utilizzano un percussore fisso. In questi
casi, però, veniva chiamata "percussore" la parte cuneiforme del cane destinata a
battere la capsula stessa, la cui esplosione incendiava la carica di lancio presente
nella "camera di scoppio" (parte posteriore della canna o delle singole camere del
tamburo).
La modalità con la quale si comanda l'azione di sparo (chiamata anche modalità
di scatto) può essere:
Ad azione singola (o Single Action SA): premendo il grilletto si libera solamente
e direttamente il percussore (o il cane). Prima dell'azione di sparo, quindi, il
percussore deve essere preventivamente "armato" tramite un'altra azione
(manuale o automatica). I revolver ad avancarica Colt Army 1860 ed i revolver a
retrocarica Colt 1873 sparavano solo in questa modalità: ad ogni colpo occorreva
prima "armare" il cane. Anche la quasi totalità delle pistole semiautomatiche
sparano in questo modo: in questo caso il cane può anche essere armato
manualmente per sparare il primo colpo (se precedentemente si era provveduto
ad abbatterlo dopo la fase di incameramento) e comunque lo è (così come lo è il
percussore lanciato nel caso di semiautomatiche prive di cane) dall'arretramento
del carrello-otturatore (sia per i colpi successivi al primo, sia durante l'operazione
di incameramento della prima cartuccia).
A doppia azione (o Double Action DA): premendo il grilletto, il cane (o il
percussore) si arma e poi si libera: la "corsa" del grilletto è più lunga e richiede
maggiore sforzo ma garantisce maggiormente contro spari accidentali dovuti a
contrazioni involontarie del dito sul grilletto per cause emotive e di stress. La
maggior parte dei revolver moderni adotta la doppia azione per le azioni di
ripetizione veloce dei colpi. Esistono modelli di moderne pistole semiauto che
sparano solamente in doppia azione.
Ad azione mista SA/DA: le armi moderne (soprattutto quelle corte come pistole
semiauto e revolver) adottano sia la modalità in azione singola che doppia: nelle
pistole semiautomatiche, questo permette di tenere l'arma carica con il colpo in
canna ed il cane disarmato e di sparare il primo colpo in doppia azione (i
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successivi saranno sparati in azione singola) con maggiori vantaggi nella
sicurezza di maneggio e sulla rapidità di inizio dell'azione di fuoco. La possibilità
di doppia azione permette anche di ripetere l'azione di scatto nel caso in cui una
cartuccia faccia "cilecca".
Secondo le modalità di funzionamento del meccanismo di sparo e secondo
l'iterazione con il gruppo di chiusura/apertura, si determinano le caratteristiche
per l'eventuale utilizzazione in armi automatiche e semiautomatiche.
2.3.6. Le quattro macrocategorie
Armi automatiche:
il termine può essere usato impropriamente in riferimento alle armi semiautomatiche, le quali esplodono un proiettile per ogni pressione del grilletto.
Tecnicamente, è corretto utilizzarlo per le armi full-auto ("completamente
automatiche"), che continuano a caricare ed esplodere munizioni fino a che
persiste la pressione sul grilletto. In genere, è possibile discernere dal contesto
quale modalità si intende: spesso per "pistola automatica" o "fucile da caccia
automatico" (a canna liscia) si intende in realtà un meccanismo semi-automatico.
Armi semiautomatiche:
le armi semiautomatiche sono morfologicamente uguali alle armi automatiche:
ciò che le differenzia è il sistema di scatto, il quale permette di sparare solamente
un colpo ad ogni pressione del grilletto.
Questi tipi di armi sparano quindi sempre a colpo singolo ad ogni pressione del
grilletto, pur provvedendo alla ricarica di una nuova cartuccia in camera per
essere pronte alla ripetizione del colpo appena si torna a premere il grilletto, a
differenza delle armi a ripetizione manuale che necessitano ad ogni colpo anche
dell'azione manuale di ricameramento di una nuova cartuccia.
Le armi automatiche e semiautomatiche possono essere caratterizzate da una
preventiva azione di caricamento iniziale e manuale oltre, ovviamente, al
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normale inserimento del caricatore: per poter rendere l'arma offensiva (pronta al
fuoco) si dovrà scarrellare, cioè arretrare manualmente il carrello-otturatore per
permettere alla prima cartuccia di entrare nella canna e di armare il percussore
(nelle armi che iniziano l'azione di sparo ad otturatore chiuso) o per predisporre
la "massa battente" ad eseguire la sua funzione qualora venisse premuto il
grilletto (nelle armi che iniziano il ciclo di fuoco ad otturatore aperto) .
Armi con modalità di fuoco selezionabile:
alcune armi hanno un selettore per modificare l'impostazione da semiautomatico
(colpo singolo), a raffica controllata (numero determinato di colpi, in genere tre),
o a tiro automatico (raffica continua o "full auto"). Ad esempio, prendendo in
esame il fucile d'assalto utilizzato dall'Esercito Italiano, il Beretta AR 70/90 cal.
5, 56 mmm NATO, possiamo notare una piccola leva posta sul lato, accanto al
grilletto, che permette proprio l'utilizzo o meno di questa modalità di fuoco. Con
la leva posta sull'1 si otterrà il colpo singolo, sul 3 la raffica controllata e per
ultimo quella libera.
Armi d'artiglieria:
questi tipi di armi da fuoco sono concepite per colpire grandi obiettivi (truppe,
edifici, navi, punti determinati del terreno) e non hanno nessun impiego
concepibile per un uso personale: sono tutte armi da guerra, vietate ai privati
cittadini.
Si dividono in Artiglieria a tiro diretto, Artiglieria a tiro indiretto ed Artiglieria
missilistica. Le Bombe aviotrasportate vengono invece catalogate come armi
esplodenti, così come la generalità delle testate belliche di razzi e missili e le
bombe a mano.
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3. MUNIZIONI
3.1. Cenni di storia
“Prima di prendere in visione lo sviluppo e le evoluzioni tecniche delle cartucce
[…] bisogna sciogliere un nodo ancora insoluto nonostante gli studi e le ricerche
finora dedicategli; chi ha veramente inventato la polvere da sparo? Essa non può
derivare dal ‘‘fuoco greco’’, (come in alcuni testi si sostiene), perché da un
composto di materie bituminose, grasse e resinose non può derivare un composto
di materie aride, quali zolfo, carbone, salnitro. Il primo tipo di fuoco greco
doveva essere un miscuglio liquido i zolfo e calce viva. Come ci narra Leone di
Bisanzio nel suo Trattato sullo schieramento degli eserciti3 questo miscuglio
veniva lanciato per mezzo di sifoni di rame e si infiammava spontaneamente a
contatto
dell’acqua
provocando
anche
rumore,
[…]
fu
usato
[…]
prevalentemente nelle guerre navali. Alcuni studiosi come Dutens nel Origini
delle scoperte attribuite ai moderni4 del 1789, attribuiscono l’invenzione della
polvere da sparo a Salmoneo, re di Tessalia. Altri testi riportano come inventori
Caligola oppure il siciliano Salios nel 660 D.C. . Di sicuro però l’inventore non è
come vuole la storia il monaco Bertold Schwartz, per i seguenti motivi5: - non si
è mai trovato, per quante ricerche si siano fatte, alcun certificato […] che attesti
l’esistenza di detto uomo […]. – l’anno della sua nascita è incerto (1310-1330) e
gli si attribuisce la fusione in Venezia dei primi cannoni (della storia) usati per la
guerra di Chioggia […] 1378- 1381, mentre lo storico Giovanni Villani […]
morto nel 1348 e il Petrarca morto nel 1374 avevano già citato l’esistenza di armi
da fuoco nei loro scritti. – esisteva sino al 1849 (epoca in cui venne trafugato
dagli Austriaci6) un mortaio in bronzo […] che portava la marca P.P.P.F. e la data
1322 e quindi costruito ed usato quando Schwartz era infante o non era ancora
3
4
5
6
L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 12-15.
Ivi, pp. 17-22.
L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, Firenze 1967 pp. 57.
L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 38-40.
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nato. – si erano usate armi da fuoco nell’assedio di Cambrai nel 13397, data nella
quale lo Schwartz era molto giovane […]. Altri studiosi indicano i Cinesi quali
inventori della polvere da sparo ma non esiste alcun documento che provi
efficacemente che in Cina le armi da fuoco fossero conosciute prima del 1350
circa, epoca in cui, via terra, attraverso l’India, alcuni avventurieri e mercanti
europei vi introdussero tale conoscenza, e in primo piano, colà usata per i
tradizionali spettacoli pirotecnici. Questa falsa credenza fu originata dal fatto che
nell’antichità i Cinesi usarono i fuochi d’artificio che erano composti da un
miscuglio di olio di nafta, catrame, resina, olii vegetali grassi, succhi disseccati di
piante e metalli combustibili ridotti in polvere8. Inoltre lo stesso Marco Polo nel
Milione ci narra le sue avventurose peregrinazioni dal 1271 al 1295 in Asia,
descrivendo le macchine da guerra colà usate, e non fa menzione di bocche da
fuoco. Anzi racconta che il Khan dei Tartari rimase sorpreso dell’effetto di tre
mangani fabbricati per lui da un compagno di viaggio di Marco e che permisero
ai Tartari di conquistare la città cinese di Sian-Sang-Fu, assediata da cinque anni.
Altri studiosi fanno risalire l’invenzione della polvere da sparo chi agli Indiani,
chi ai Mori, chi ai Saraceni, chi ai Persiani, ma di certo si sa che la polvere era
conosciuta prima del suo uso nelle armi da fuoco, dato che non era sufficiente
conoscerne le proprietà balistiche, quando le arti meccaniche erano così primitive
da non poter produrre le armi con cui poterla adoperare.
Si sa che Ruggero Bacone verso il 1240 […] fece esperimenti col salnitro (nitrato
di potassio HNO3) carbone e zolfo nel rapporto 41:29,5:29,5 ottenendo una
miscela esplosiva. […] Probabilmente la polvere da sparo è stata inventata
contemporaneamente da molti artefici in diversi paesi9 tra quelli nei quali erano
più a portata di mano quelle materie prime come lo zolfo. Questa premessa mi
sembra molto opportuna e appropriata, poiché non esisterebbe alcun tipo di
munizione senza la scoperta della povere da sparo che è comunque anch’essa
proporzionalmente legata al successivo perfezionamento delle armi da fuoco.
7 L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, p. 60.
8 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, Brescia 1973 pp. 52-57.
9 Ivi p. 77.
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Dapprima le munizioni furono costruite prettamente per scopo militare, solo
molto più tardi si distinsero poi in munizioni da caccia e da guerra. Nessun
documento, oggi conosciuto, di nessun paese del mondo, cita l’uso di armi da
fuoco prima del 120010. Il più antico documento italiano che parla di armi da
fuoco è il Rerum Italicarum Scriptores […] datato Agosto 121611 […]; a
testimonianza del fatto che già nel 1326 le armi da fuoco erano molto conosciute
specialmente per i loro devastanti effetti […] la Chiesa Romana […] le pose […]
nel conciglio del Laterano al bando dal mondo cristiano12. Nonostante ciò, vi fu
ben presto un fiorire di bombarde sottili ad anima lunga, dette spingarde,
schioppi archibusoni che lanciavano dapprima aste di ferro, poi palle di pietra, e
funzionavano nel seguente modo13: il bombardiere introduceva dalla sommità
aperta della canna, con un cucchiaione, detto cazzuola, un certo quantitativo di
polvere da sparo, da circa un nono ad un terzo del peso del proiettile, la pressava,
la copriva con uno stoppaccio o con un tacco, nome di un disco di legno che
portava a volte l’incavo per la palla, e quindi introduceva la palla di pietra,
leggermente aderente all’interno del tubo, o, se voleva sparare a mitraglia, un
certo numero di piccole pietre. Per la scomodità di questo funzionamento, verso
il 1400 si pensò di usare le cariche “a cartoccio”, cioè un involucro contenente
polvere e palla, caricata dalla culatta. Ma poiché l’imperfetta connessione faceva
perdere […] molta compressione, le armi da fuoco fino al 1800 vennero costruite
prevalentemente ad avancarica. […] Nel 1476 […] nasce il primo fucile a canna
rigata elicoidalmente che sarà chiamato carabina (karab, in arabo significa arma
da fuoco); […] i risultati balistici ottenuti con la carabina furono notevolmente
migliori di quelli dei fucili ad anima liscia, perché le palle da caricamento
vennero prodotte col diametro uguale alla distanza tra gli interni di due
scanalature opposte, questo per far perdere meno compressione possibile. Con
l’adozione delle armi […] a canna rigata i proiettili subirono numerose modifiche
10
11
12
13
A. Angelucci, Documenti inediti, Torino 1869, pp. 65-85.
L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, pp. 81-84.
L.G. Bocca, Nove secoli di armi da caccia, pp. 79-86.
Ivi pp. 88-92.
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atte a far si che la pallottola si adattasse il più possibile alla scanalatura della
canna, così ai primi del 1600 il proiettile venne per la prima volta ricoperto di
carta, pelle o tela unta che aderendo alle scanalature diminuivano la perdita di
compressione14. […] Il primo passo avanti nell’evoluzione delle munizioni fu
compiuto nel 1818 dall’Inglese Eggs che inventò la capsula, che era un
cilindretto di sottile lamiera di rame o ottone, chiuso ad una estremità e spalmato
sul fondo interno di una soluzione di polvere fulminante […]; questa capsula
trovò naturalmente il suo impiego con l’avvento dell’acciarino a percussione
costruito per primo dall’Inglese Forsyth nel 1812 e poi modificato da Le Page nel
1815. Dall’invenzione di Eggs nel 1818 della capsula, all’applicazione di questa
in una cartuccia ad autoaccensione non passò molto tempo; […] nel 1836 […] il
prussiano Dreyse progettò il fucile ad ago, all’interno del quale vennero usate per
la prima volta delle cartucce di carta alla cui base portavano una capsula
d’accensione, uno strato di polvere, un disco di feltro e la palla o i pallini. La
prima cartuccia […] antenata nella forma e nei componenti di quella attuale è la
cartuccia di cartoncino con fondello metallico in lamierino d’ottone o rame del
francese Lefaucheux nel 1836. […] Queste cartucce erano prive della capsuletta
d’innesco che era sostituita da una capsula posta sul luminello che con la sua
forte fiammata bucava il cartoncino della culatta della cartuccia, accendendo la
polvere in essa contenuta. Nel 1846 si ebbe l’invenzione del francese Houiller
della cartuccia spillo. Lo spillo sporgeva trasversalmente da una fessura della
canna e quando vi batteva il cane andava a colpire una capsula posta nel fondo
della cartuccia. I grandi svantaggi della cartuccia a spillo, che ebbe un grosso
successo, consistevano sia nel pericolo che presentavano nel trasporto, perché
potevano esplodere facilmente, sia dal foro dello spillo da dove entrava acqua nel
fucile, bagnando la cartuccia. Il 1850 vide la nascita ad opera del francese Pottet
della cartuccia con accensione a corona, o Flobert, che aveva il fulminato nel
cavo di un solco periferico della base (sistema ancora usato per le piccole
carabine, pistole o monocanna). Era il preludio all’invenzione della prima
14 L. Musciarelli, Storia delle armi da fuoco, pp. 98-103.
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cartuccia a percussione centrale15” 16.
3.2. Elementi che compongono una cartuccia
Comunemente con il termine cartuccia si intende un insieme organico costituito
da: il bossolo o involucro (originariamente di carta da cui deriva il termine
cartuccia), l’innesco, la carica di lancio o propellente e la pallottola o proietto.
Ciascun componente può assumere forme e caratteristiche diverse in funzione del
tipo di impiego per il quale è destinato.
Diamo ora una definizione più approfondita17:
Munizione:
munizione è il termine generico usato per indicare tutto ciò che, per mezzo di un
propellente, può essere impiegato per compiere lavoro in un’arma per lanciare un
proietto o in un dispositivo industriale per compiere un’azione meccanica.
In questa trattazione focalizzeremo la nostra attenzione al munizionamento
impiegabile nelle armi da sparo (ove il lavoro sviluppato è la proiezione di un
proietto) escludendo dalla trattazione le munizioni a salve, ad effetto sonoro e per
impiego industriale.
Cartuccia:
cartuccia è un termine specifico usato per descrivere un insieme organico
costituito da:
 bossolo o involucro (originariamente di carta da cui deriva il nome
15 Ivi pp. 110-134.
16 Tesi di Laurea del Dott. Andrea Tassinari, “Le munizioni da caccia e tiro. Storia ed evoluzione”.
Università degli Studi di Bologna, Facoltà di lettere e filosofia, Corso di Laurea in Storia
Contemporanea, anno accademico 1985-86.
17 Ivi pp. 110-134.
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cartuccia);
 innesco;
 carica di lancio o propellente;
 pallottola o proietto.
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Ciascun componente può assumere forme e caratteristiche diverse in funzione del
tipo di impiego per il quale è destinato.
La variazione dei componenti determina differenti tipologie di cartucce.
Geometrie del fondello:
 rimmed (flangiato);
 semirimmed (semiflangiato);
 rimless (scanalato);
 belted
(cinturato).
Geometrie del bossolo:
 diritto;
 conico;
 a collo di bottiglia.
Tipologie di innesco:
 a percussione centrale (Boxer o Berdan);
 a percussione anulare;
 a spillo.
Tipologie di polvere:
 smokless;
 black powder.
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Le specifiche qui sopra elencate sono indispensabili per l’identificazione e la
catalogazione di una cartuccia e poter proseguire nell’illustrazione.
Gli elementi su cui vogliamo concentrare invece la nostra attenzione per
determinare le tipologie di cartucce sono in funzione:
 del caricamento;
 della tipologia di pallottola;
 delle prestazioni offerte.
Per poter ben comprendere i requisiti prestazionali di una cartuccia ed il tipo di
impiego per il quale è destinata occorre fare un passo indietro e valutare come
questa è stata sviluppata e progettata nonché quali parametri sono stati presi in
esame e quali vincoli sono stati considerati nella sua realizzazione.
3.3. Classificazione, prestazioni, caratteristiche e differenze
3.3.1. Munizioni civili e militari
Occorre distinguere tra cartucce per uso militare e cartucce per armi comuni da
sparo.
I criteri per distinguere queste due tipologie di cartucce sono assolutamente
interessanti e meritevoli di riflessione.
Secondo la legge del 18 Aprile 1975 n°110
“Agli effetti delle leggi penali, di quelle di pubblica sicurezza e delle altre
disposizioni legislative o regolamenti in materia sono armi da guerra le armi di
ogni specie che, per la loro spiccata potenzialità di offesa, sono o possono essere
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destinate al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego
bellico, …
Fatto salvo quanto stabilito nel secondo comma dell’articolo 2, sono armi tipo
guerra quelle che, pur non rientrando tra le armi da guerra, possono utilizzare lo
stesso munizionamento delle armi da guerra o sono predisposte al funzionamento
automatico per l’esecuzione del tiro a raffica o presentano caratteristiche
balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra.
Sono munizioni da guerra le cartucce e i relativi bossoli, i proiettili o parti di essi
destinati al caricamento delle armi da guerra”.
Dal punto di vista progettuale la suddivisione è valutata secondo criteri differenti.
Il progettista definisce munizioni da guerra le cartucce progettate, realizzate e
collaudate in accordo ad una specifica / richiesta militare.
D’altro lato definisce munizioni per armi comuni da sparo tutte le munizioni
progettate e realizzate in modo tale da soddisfare la normativa C.I.P.
Ciò evidenzia che per il progettista i requisiti prestazionali richiesti alle due
tipologie di munizioni sono differenti.
Le munizioni per armi comuni da sparo soddisfano la norma C.I.P. il cui scopo è
garantire una produzione dimensionalmente e qualitativamente conforme
affinché l’utilizzo di tali armi sia sicuro e non pregiudichi la sicurezza
dell’utilizzatore.
A questo scopo sono specificate:
 le dimensioni massime che una cartuccia può avere (si può ben intuire
cosa potrebbe capitare se una cartuccia avesse un proiettile il cui diametro
fosse eccessivo in relazione alla canna nella quale viene sparata);
 i limiti pressori massimi che una cartuccia, appartenente ad un
determinato calibro, può fornire;
 le caratteristiche della strumentazione da utilizzarsi per condurre le prove
atte a verificare i requisiti richiesti.
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D’altro lato, le specifiche militari, oltre a indicare il livello qualitativo del
munizionamento (tipi di difettosità e percentuale accettata) ed i limiti pressori a
cui è soggetta la cartuccia, elencano i requisiti minimi e le prestazioni che devono
essere soddisfatti.
Qui di seguito alcuni dei requisiti richiesti:
 impermeabilità del munizionamento;
 foro minimo di estrazione della pallottola;
 valutazione delle tensioni residue nel bossolo;
 sensibilità e sicurezza dell’apparecchio d’innesco;
 capacità di perforazione del proietto.
Tali requisiti e le relative modalità di rilevamento possono apparire comuni alle
due normative, ma sono, in realtà, così diversi da rendere difficoltosa una
immediata comparazione.
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La tabella qui di seguito evidenzia le differenze in termini di alcuni dei principali
requisiti di una cartuccia Cal. 9 Luger ed una Cal. 9 Parabellum NATO:
Caratteristica
9 Luger
Lunghezza della canna 150mm
9 NATO
200mm
di prova
Pressione
media 2350 Bar
230 Mpa
massima ammissibile
Punto
di
rilevamento Camera
pressione
cartuccia
Profilo di canna
C.I.P.
Capacità di perforazione Non
Precisione
Bocca bossolo
NATO
Elmetto e giubbetto antiproiettile a 23 m
richiesta
in accordo alla STANAG 4090
Non
A 46 m raggio inferiore a 76mm
richiesta
Velocità
Non
Tale da soddisfare il requisito energetico
richiesta
di energia 542J < E0 < 814J
Ecc.
Se si volesse fare un raffronto diretto allo scopo di valutare le reali differenze tra
le due tipologie in termini prestazionali (velocità e pressione) si dovrebbero
sparare in contemporanea le due cartucce con le diverse strumentazioni.
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La tabella qui di seguito esemplifica i valori ottenuti comparando due lotti di
produzione Fiocchi come indicato al punto precedente:
Strumentazione Caratteristiche
9 Luger FMJ 115 9 NATO FMJ 115
C.I.P.
Velocità V10/1
377 m/s
413 m/s
Pressione
2030 Bar
2906 Bar
NATO
Arma
Velocità V16/15 364 m/s
397 m/s
Pressione
140 Mpa
196 Mpa
92 FS V2.5/1
342 m/s
378 m/s
PX4 V2.5/1
327 m/s
367 m/s
Glock 17 V2.5/1 345 m/s
380 m/s
La velocità, e di conseguenza le energie, sono notevolmente più alte nel
munizionamento NATO, anche se non si può escludere di trovare sul mercato
cartucce Cal. 9 Luger che, pur rimanendo nei limiti pressori imposti dalla
normative C.I.P., presentano velocità più elevate rispetto a quanto fornito dalle
cartucce militari (è il caso di cartucce caricate con palle leggere).
Cartucce per armi comuni da sparo:
queste cartucce sono prodotte in conformità alla normativa vigente C.I.P.
Pur restando entro i limiti imposti, il progettista studia e progetta le cartucce in
funzione dell’utilizzo di queste munizioni.
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Per tale motivo la gamma comprende:
 cartucce da tiro a segno;
 cartucce per difesa;
 cartucce da caccia.
Queste tipologie si differenziano tra loro principalmente per la struttura della
pallottola che montano e per il tipo di caricamento (tipo e quantità di polvere).
Cartucce da Tiro a segno:
le cartucce per tiro a segno sono, come dice la parola stessa, destinate al tiro a
segno ed hanno quindi una precisione intrinseca. Possono essere usate per il tiro
informale o per le discipline sportive nelle diverse specialità.
Sono prevalentemente costituite da piombo grassato o trattato con un particolare
rivestimento antifrizione.
Sono animate da velocità relativamente basse se paragonate a quelle di altri
proiettili dello stesso calibro.
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Recentemente per il tiro informale in poligono vengono usati proiettili in piombo
con rivestimento galvanico rame o sue leghe.
Questi proiettili permettono di combinare i vantaggi del piombo: limitati
rimbalzi,
ridotta
capacità
di
perforazione
fornendo
tuttavia
ridotto
impiombamento delle canne e ridotto sviluppo di vapori di piombo nei pressi del
tiratore durante la fase di sparo.
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Cartucce per difesa personale:
queste cartucce, realizzate per ottenere il massimo effetto invalidante, sono
costituite da due famiglie:
 con pallottola a deformazione controllata o hollow point;
 blindate.
Le prime sono conformate in modo tale da subire una forte deformazione
strutturale all’impatto con i tessuti molli. Tale deformazione determina una
modifica delle caratteristiche geometriche ovvero un aumento del diametro. Per
questo vengono definite espansive.
La velocità è particolarmente elevata in relazione al calibro così da garantire la
corretta espansione.
Durante la penetrazione nei tessuti molli l’espansione strutturale determina un
forte rallentamento della pallottola con elevata cessione energetica al bersaglio.
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Di seguito si riporta il disegno di una moderna pallottola ad espansione
controllata (Fiocchi EMB) e di una hollow point.
A lato a ciascun disegno è riportata la foto della pallottola recuperata in gelatina,
così da poter mostrare la deformazione subita.
Cavità
Copertura
Nucleo
Proiettile recuperato
dopo sparo in gelatina
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D’altro lato, le cartucce con pallottola blindata sono costituite da un nucleo in
piombo ed una camicia esterna in lega di rame o ferro dolce bi-placcato.
Sono pressoché indeformabili negli impatti con tessuti molli per cui la
penetrazione avviene con tramite lineare.
Di seguito, a scopo illustrativo, è rappresentata una pallottola Fiocchi Cal. 9 della
linea Black Mamba. L’aspetto più interessante è la geometria dell’ogiva che
presenta una depressione nella parte apicale. Tale depressione, da non confondere
con una munizione hollow point, non modifica il comportamento in impatti con
tessuti molli tipica delle cartucce blindate.
Copertura
Nucleo
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L’esempio riportato serve a evidenziare che la classificazione di un proiettile non
può essere limitata alle sole caratteristiche geometriche ma dipende
esclusivamente dalla deformazione che subisce durante l’impatto.
Esistono in commercio pallottole totalmente camiciate che inglobano
completamente il nucleo di piombo con lo scopo di evitare lo svilupparsi di
vapori ‘tossici’ durante le sessioni di tiro.
Generalmente questa tipologia di palla è associata ad inneschi senza piombo o
senza metalli pesanti.
Nucleo in Piombo
Copertura
Scodellino
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Cartucce da caccia:
le cartucce da caccia sono di vari tipi e principalmente in calibri per arma lunga.
Concettualmente sono realizzate in modo tale da cedere la maggior energia
possibile all’animale per causarne la morte istantanea con la minima sofferenza.
Possono essere di tipo Hollow point o a deformazione strutturata.
Sono animate da velocità elevate per poter avere una traiettoria più tesa possibile.
Cartucce militari:
appositamente sviluppate per soddisfare uno specifico capitolato militare sono
destinate ad equipaggiare le armi automatiche e semiautomatiche in dotazione
agli eserciti.
Si distinguono in munizioni per arma corta e munizioni per arma lunga.
In questa trattazione considereremo solamente il munizionamento leggero
adottato in ambito NATO.
Munizioni militari per arma corta Cal. 9 Parabellum NATO:
Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (Panel III/SP.1/D170).
Le cartucce di tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia in
ottone e nucleo di piombo.
Innesco e giunto palla bossolo sono sigillati per mezzo di vernice
impermeabilizzante.
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Le cartucce oltre ad essere prodotte in conformità ai capitolati prescritti possono
essere anche omologate dalla NATO; in questo caso recano sul confezionamento
esterno il simbolo di intercambiabilità (quadrifoglio)
e sul fondello il simbolo NATO (cerchietto con la croce).
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“Il solo simbolo NATO sul fondello, senza quello di intercambiabilità sul
confezionamento esterno, non ha significato ufficiale. Tuttavia è generalmente
accettato che munizioni marcate con questo simbolo dovrebbero, ma non è
garantito, camerare correttamente nelle armi.
Con ciò non deve essere sottointeso il fatto che queste forniscano i requisiti di
performance e i livelli di sicurezza richiesti dalla specifica NATO” (vedi manuale
NATO) .
Oltre a cartucce con palla ordinaria si possono avere cartucce con palle traccianti
(poco comuni in Cal. 9) e pallottole di tipo perforante.
L’utilizzo di cartucce Cal. 9 perforanti è destinato ad impieghi militari speciali
pertanto la produzione ne risulta limitata.
Munizioni militari per arma lunga Cal. 5,56 NATO:
Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (LG/3-SG/1/D/8).
Le cartucce di tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia in
tombacco con nucleo anteriore in acciaio (penetratore) ed un nucleo posteriore in
piombo.
Innesco e giunto palla bossolo sono sigillate per mezzo di vernice
impermeabilizzante.
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Oltre a cartucce con palla ordinaria si possono avere cartucce con palle traccianti
e pallottole di tipo perforante.
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Da ricordare che le prime versioni di cartucce Cal. 5,56x45 Americane
utilizzavano una pallottola FMJ 55 grs (M 193) costituita da una camicia in lega
di rame ed un nucleo in piombo.
È possibile trovare ancora oggi cartucce Cal. 5,56x45 che utilizzano questo tipo
di pallottola.
Munizioni militari per arma lunga Cal. 7,62 NATO:
Realizzate secondo la specifica NATO AC225 (LG/3-SG/1/D/9).
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Le cartucce tipo ordinario sono costituite da una pallottola con camicia di acciaio
biplaccato e nucleo di piombo.
Innesco e giunto palla bossolo sono sigillate per mezzo di vernice
impermeabilizzante.
Anche per questo calibro sono disponibili cartucce traccianti e perforanti.
3.3.2. Dati e caratteristiche dei vari calibri
In questo paragrafo concentreremo la nostra attenzione solo sulle cartucce civili
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più diffuse, ossia i calibri: 9x21 I.M.I. , .40, .45 A.C.P. , .38 Special, .38 Super
Auto, .357 Magnum. Prima di scendere in approfondimenti e in tabelle di dati
(velocità, pesi, ecc.) delle varie munizioni, iniziamo a conoscere le varie
tipologie di cartucce18:
 9x21 IMI Cartuccia nata appositamente per il mercato italiano in
sostituzione del 9 mm Parabellum non presente sul mercato civile. I primi
prototipi di questa munizione videro la luce per opera della ditta Jager di
Loano che approntava le cartucce impiegando bossoli Cal. 7,65 Para
mediante opportuno allargamento del colletto (quindi rispettando la genesi
del 9 mm Para senza però operare l’accorciamento del bossolo). Sul
bossolo così ricavato furono provate diverse graniture di palla ad iniziare
dalla 6,50 grammi tronco-conica della 9x18 Police, e successivamente
proiettili da 7,45 – 8,0 – 10,4 grammi. In seguito, per motivi di ordine
burocratico legati alla presunta spinta similitudine tra la munizione e il 9
Para, la ditta Jager iniziò la sperimentazione della cartuccia impiegando,
per accorciamento, bossoli Cal. 9 mm Styer, (9x23 mm), in quanto di
forma pressoché cilindrica e non conica come il 9 Para. La munizione così
concepita superò lo stadio ideativo e venne collaudata al Banco Nazionale
di Prova con la dizione di 9x21 Jager, e successivamente presentata alla
Commissione Consultiva con la pistola Colt Combat Commander per essa
camerata, arma che ottenne il relativo numero nel catalogo Nazionale
delle Armi Comuni da Sparo. La munizione così concepita non raggiunse
mai lo stadio produttivo fino a che la israeliana I.M.I. decise di
commercializzare il prodotto seguendo però i criteri del 9 mm Para, cioè
impiegando un bossolo conico come quello prima maniera ricavato dal .30
Luger. La cartuccia prese così il nome di 9x21 I.M.I. e impiegò un
proiettile standard del peso di 8,0 grammi (124 grani), cilindro-ogivale
completamente mantellato (RN.FMJ). Successivamente anche la Fiocchi e
la Geco iniziarono la produzione della munizione impiegando ambedue
18 Romanini P., Cartucce per armi corte, Editoriale Olimpia, Firenze, 1991.
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una palla cilindro-tronco-conica (TC.FMJ), di 7,97 grammi (123 grani),
sebbene leggermente diverse a livello di profilo. La cartuccia 9x21 IMI,
nata per occupare il posto della 9 mm Para sul mercato italiano, presenta
caratteristiche balistiche generali e peculiarità di impiego del tutto
sovrapponibili a quest’ultima.
 .40 Ideata dalla Smith&Wesson nel 1980, riceve la classificazione
SAAMI, (Sporting Arms and Ammunition Manufactures Institute), il 9
Febbraio 1990; il 29 Maggio dello stesso anno inizia la produzione da
parte della Winchester […]. La ditta di New Haven impiega per questa
munizione una palla da 100 grani (11,6 grammi), di tipo mantellato a
punta cava (JHP), per la quale dichiara una V0 di 302 m/s ed energia di 32
Joule. Questa cartuccia deriva dalla versione F.B.I. (Firearms Training
Unit) della 10 mm Auto, caratterizzata da una impostazione tipicamente
combat, con caratteristiche balistiche assai inferiori allo standard
originario di quella munizione. In questo contesto la .40 S.&W. Nasce da
un processo di “aggiustamento” dell’impianto su quelle prestazioni
balistiche, e quindi costituisce un tipico prodotto nato sull’ottimizzazione
di un concetto balistico rivolto a funzioni essenzialmente operative
antiuomo. Incarna per antonomasia l’immagine della cartuccia intermedia
nel contesto della scuola statunitense, conseguente all’influenza che in tale
ambiente ha esercitato l’enorme diffusione delle semiautomatiche a
grande capacità camerate per la 9 mm Para. E’ uno dei pochissimi prodotti
post-bellici nati negli States con finalità non sportive o venatorie, ma
espressamente dedicati a compiti operativi con funzioni squisitamente
rivolte al bersaglio umano in ambito di D.P. e Polizia. Balisticamente
parlando il suo ambito di competenza non si discosta significamene da
quello proprio della .41 Action Express della I.M.I., e come questa vanta
ottimi indici di efficacia terminale.
 .45 A.C.P. La cartuccia nasce nel 1905 per opera di J.M. Browning e nel
1911 viene adottata per camerare la pistola semiauto Colt 1911
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(Government), d’ordinanza dell’ U.S. Army. La .45 A.C.P. rappresenta il
punto di arrivo degli studi americani arrivati all’inizio del secolo e
provocati dal fallimento della nuova cartuccia d’ordinanza, la .38
LongColt, che nel 1892 aveva assunto sulle sue fragili spalle i compiti
fino allora propri dei gloriosi .45 Colt e .44 W.C.F. . […] L’Army medical
Service decise di affrontare il problema relativo al potere d’arresto del
munizionamento per armi corte, spinto in tale direzione dai numerosi esiti
di inefficacia manifestatasi con la .38 LongColt dai campi di battaglia, e
specialmente […] giungevano numerosi rapporti di inefficienza nei
confronti della .38 LongColt che non si dimostrava all’altezza dei compiti
prefissi. […] Così, dopo enormi studi, avvennero forti sviluppi del
munizionamento degli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda la nuova
cartuccia d’ordinanza adottata nel 1911 […]. La cartuccia ebbe
successivamente enorme diffusione in tutto il globo e venne prodotta da
quasi tutti i costruttori di munizioni del mondo occidentale in un numero
elevatissimo di versioni adatte a tutti gli impieghi. […] La .45 A.C.P. è
una cartuccia dotata di bossolo Rimless Straight montato […] da una palla
cilindrico-ogivale completamente mantellata (RN.FMJ) del peso di 14,90
grammi (230 grani); in una canna di circa 11 calibri essa sviluppa un
regime velocitario di 220/250 m/s con conseguente ambito energetico di
360/460 Joule. Essa rappresenta per antonomasia la concezione
statunitense della balistica dell’arma corta, la quale affida la propria
efficacia alle caratteristiche ponderali e diametrali dell’agente balistico
ponendo in secondo piano il fattore dinamico, ritenuto meno appagante sul
piano dell’efficacia immediata sul soft target. Questa cartuccia è uno dei
pochi esempi ancora operativi di munizione per pistola squisitamente
dedicata e ottimizzata sul bersaglio biologico umano sulla base delle
indicazioni della scuola americana di inizio secolo, derivata da quella
inglese di formazione squisitamente coloniale. […] Sul piano dell’utilizzo
pratico civile la .45 rimane ancora una delle cartucce più usate, sia in
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ambito sportivo, che per scopi di difesa personale. A differenza infatti di
quanto comunemente asserito, […] questa cartuccia […] presenta un
ottimo indice di dominabilità anche nel tiro rapido istintivo, grazie al tipo
di sollecitazione “morbida” dovuta alle basse pressioni di combustione.
Questa caratteristica, al contrario di quanto spesso viene detto, consente a
utenti non particolarmente addestrati di ottenere discreti risultati,
ovviamente in confronto ad altre cartucce di equivalente livello energetico
eroganti pressioni superiori, anche se dotati di palle più leggere (9 Para,
.38 Super Auto, ecc.).
 .38 Special Nasce nel 1899 da una rielaborazione radicale del .38
LongColt, (in quel periodo ordinanza dell’esercito USA), per opera di
Daniel B. Wesson, personaggio che unitamente ad Horace Smith diede
vita alla nota ditta produttrice di revolvers Smith & Wesson. L’impianto
della .38 Special prende forma negli anni immediatamente successivi
all’adozione del .38 LongColt e costituisce un tentativo di ottenere una
cartuccia cal. 38 centesimi di pollice dalle caratteristiche balistiche adatte
a sostenere un impiego militare, funzione per la quale il .38 LongColt non
si era dimostrato all’altezza. Wesson presto intuì che gli interventi di
modifica che si succedevano a ritmo vertiginoso nel tentativo di dotare
l’ordinanza di caratteristiche idonee al suo compito, si sarebbero
dimostrate inadatte a conferire nuova dignità alla cartuccia. Urgevano
interventi più mirati di quelli a carico del propellente del proiettile,
inevitabilmente volti ad una completa revisione dell’impianto base della
munizione, pur mantenendo la stessa nel medesimo ambito sezionale. Così
egli ridisegnò l’intera cartuccia dotandola di un bossolo più lungo
(+3mm), quindi più capace, e dotato di struttura più robusta,
standardizzando il peso palla in 10,24 grammi (158 grani), e adottando il
profilo FlatNose. Nel 1899 il frutto del lavoro di Wesson diveniva realtà
[…]. Sebbene la nuova cartuccia fosse assai migliore della attuale
ordinanza, non venne adottata dall’esercito americano, fatto che spinse
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Wesson ad eseguire alcune piccole ulteriori modifiche alla sua creazione e
ad immettere la medesima sul mercato servendosi però di una nuova
denominazione: […] .38 S.&W. Special […]. La .38 Special iniziò
comunque ben presto la sua enorme diffusione in ambito mondiale e
venne discretamente usata anche militarmente, sebbene la massima
penetrazione essa la mostrerà sul mercato civile, come munizione dedicata
alle forze di polizia, e come dotazione degli agenti in borghese grazie alla
buona compattezza delle armi per essa camerate, caratteristica che si
accompagna alle eccellenti prestazioni balistiche della munizione. […] La
.38 Special iniziò immediatamente la sua inarrestabile ascesa e in breve
tempo la sua diffusione raggiunse livelli di vertice nel panorama del
munizionamento per armi corte. L’eccellente precisione intrinseca, ed il
rapido miglioramento delle nuove polveri, che avevano trasformato il suo
“boiling room”, inizialmente eccessivo, in un impianto dotato di ottima
flessibilità di caricamento, conquistarono larghe fette d’utenza e imposero
la cartuccia come riferimento costante di prova e di studio. Così essa
segue i mutati indirizzi balistici dimostrandosi in grado addirittura di
sovvertire la sua impostazione di base impiegando palle leggere e
aumentando con esse le prestazioni dinamiche, nell’ottica delle moderne
impostazioni operative. L’enorme varietà della dotazione ponderale e
tipologica dei proiettili impiegati da questa cartuccia […] unitamente alla
variabile rappresentata dalla lunghezza di canna impiegata, fanno della .38
Special una cartuccia dal comportamento terminale assolutamente non
generalizzabile che spazia dal soft target da esiti tipicamente lineari di tipo
penetrativo scarsamente diffusi (palle da 158 grani FMJ.RN. in particolare
se in canne da 2-3 pollici), a comportamenti di tipo spiccatamente
“energetico” con sufficienti capacità di concentrazione, e conseguente non
trascurabile lesività indotta discretamente diffusa (palle da 90-110 grani
[…] in munizioni ad alta pressione, particolarmente se impiegate in canne
di almeno 4 pollici). Oggi questa cartuccia rappresenta ancora un punto di
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riferimento primario nell’ambito del munizionamento per armi destinate
alla difesa personale, grazie alla impiegabilità in revolver dal
vantaggiosissimo rapporto ingombro/efficacia, ed in virtù dell’estesa
gamma di caricamenti adatti a qualsiasi eventualità operativa. […]
Attualmente anche in ambito di polizia la cartuccia segue principalmente
la tendenza dell’impiego in piccole armi adatte ad agenti in borghese e
corpi con incarichi speciali, sebbene il suo utilizzo come “ordinanza” in
divisa sia ancora estremamente generalizzato e apprezzato specialmente
negli Stati Uniti. In quest’ultimo compito la .38 Special sta comunque
subendo l’attacco della 9 mm Para, oggi in piena e costante diffusione
mondiale grazie all’enorme indotto militare.
 .38 Super Auto La cartuccia .38 Super Automatic costituisce la versione
potenziata della .38 Automatic, della quale possiede lo stesso impianto e le
stesse caratteristiche dimensionali. Questa cartuccia trae origine
dall’esigenza di disporre di un prodotto cal. .38 centesimi di pollice da
impiegarsi in armi semiautomatiche, dotato di prestazioni balistiche atte a
garantire buona efficacia terminale sia a carico del soft target sia nei
confronti dei bersagli bruti, comunemente interessati negli impieghi
operativi della munizione. […] Rispetto al munizionamento cal. 9mm […]
essa evidenzia […] un’impronta di base meno conciliante con le moderne
esigenze balistico-interne, ma più rivolta al fattore terminale nel quale
contesto unisce ottime prestazioni velocitarie ad un agente balistico dotato
di buone caratteristiche ponderali. Il suo proiettile da 130 grani dotato di
una V0 di circa 380 m/s in arma corta, consente una resa energetica di
circa 600 Joule: mediamente 50-100 in più del 9mm Para con palla da 123
grani. […] La .38 Super Auto, sebbene in assoluto più energica della .45
A.C.P. ha sempre ricoperto quindi l’involontario ruolo di cartuccia minore,
senza peraltro emergere nell’ambito dei 9mm, per motivi direttamente
legati al suo impianto originario, obbiettivamente meno attuale di quello
della 9mm Luger. […] La .38 Super Auto vanta oggi negli Stati Uniti un
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elevato indice di impiego nella disciplina del tiro pratico.
 .357 Magnum La cartuccia .357 Magnum nasce nel 1935 per opera della
Smith&Wesson per essere camerata nel Revolver Mod. 27 prodotto dalla
stessa casa di Springfield. Lo sviluppo della munizione, che con la sua
nascita segna l’avvento delle moderne filosofie statunitensi in fatto di
munizionamento per revolver e rappresenta la prima Magnum dell’attuale
generazione, risulta sorprendentemente simile a quello della .38 Special,
sia per quanto riguarda le cause che lo determinarono, sia per il succedersi
degli eventi tecnici e sperimentali che inquadrarono e determinarono
l’impianto definitivo di questa cartuccia. Ancora una volta la molla che
avviò la richiesta di una munizione balisticamente più spinta, è
rappresentata dalle prestazioni garantite dalla […] voluminosa .45 A.C.P.
[…]; negli anni compresi tra il 1925 ed il 1930 una parte dell’utenza del
.38 Special, in particolare tutti coloro che di questa cartuccia facevano un
impiego operativo legato a compiti di rischio reale, sia attivamente
(servizi vari), che passivamente (difesa della persona), avvertirono
l’oggettiva necessità di usufruire di una cartuccia in grado di consentire un
più alto indice di efficacia, che si ponesse ai livelli tipici espressi dal .45
Auto pur mantenendosi in un contesto balistico-interno conforme
all’impiego di revolvers strutturalmente e dimensionalmente simili agli
attuali in .38 Special, quindi senza richiedere impianti meccanici come
quelli destinati ad ospitare i calibri .44 e .45 allora in uso, considerati
eccessivamente ingombranti. […] Si mostrava impellente la necessità di
uscire dalle imitazioni dimensionali proprie del bossolo della .38 Special,
ormai giunto al limite delle sue possibilità operative, e oggettivamente
inadatto a sopportare ulteriori sviluppi legati a nuovi incrementi
prestazionali. […] Quindi il bossolo venne rinforzato per consentire
maggiore autonomia pressoria, unitamente ad un aumento di capienza
ottenuto mediante allungamento di 1/8 di pollice […]. Il proiettile
standard della nuova cartuccia fu mantenuto del peso di 10,24 grammi
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(158 grani) […]. Le nuove armi camerate per il .357 Magnum ebbero un
immediato successo in quanto in esse poteva essere impiegato anche il .38
Special, […] ed inoltre rappresentavano una garanzia di potenza assai utile
a tutti gli impieghi operativi. […] Oggi la .357 rappresenta la cartuccia
Magnum più versatile e impiegata del mondo, ed in particolare in tutti
quei ruoli operativi ove non sia possibile prescindere dall’impiego di armi
veramente efficaci sul piano terminale, e dotate di un impianto meccanico
di ottima portabilità. […] Questa munizione possiede caratteristiche
intrinseche di base sulle quali oggi è possibile ottenere cartucce
estremamente efficaci non solo sul soft target (nei confronti del quale le
110 e 125 grani FN.HP. producono effetti invalidanti di estrema gravità),
ma anche a carico di tutti i bersagli “duri” occasionalmente o
intenzionalmente posti a difesa del bersaglio biologico. Questa cartuccia
infatti, dotata di agenti balistici dedicati, è efficace dietro vetri di
sicurezza, portiere di auto anche di elevato spessore, pareti divisorie anche
in laterizio, protezioni metalliche occasionali anche di notevole entità
sezionale, nonché vetri antibalistici leggeri, e nei confronti di parecchi tipi
di giubbotti antiproiettile, ecc. Sul piano terminale a carico del soft target
la .357 Magnum con palle standard da 10,24 grammi (158 grani), unisce le
buone caratteristiche diametrali e ponderali del proiettile, con un regime
velocitario di rilievo, fattori che concorrono a conferire buona efficacia
anche
a proiettili spiccatamente “duri” quali i “Metal Piercing” non
ottimizzati per il soft target, ma spesso prediletti per la loro grande
efficacia residua dietro superfici di protezione anche di spiccata resistenza
meccanica. Decisamente rivolte alla “neutralizzazione per lesione” le
versioni con palle da 7,13 e 8,1 grammi (110 e 125 grani) di tipo
semimantellato a punta cava (FN.SN.HP.), che rappresentano la tipologia
specificatamente dedicata al bersaglio biologico, e nel quale compiono un
incisivo lavoro terminale caratterizzato dalla massiccia presenza di effetti
di origine pressoria e idrostatico-dinamica, dovuti all’ottimo modulo
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energetico espresso in assoluto dal proiettile e dall’elevata cessione
unitaria intra-bersaglio, favorita dal profilo e dalle caratteristiche
dell’agente balistico. In alcuni casi questi proiettili a ogiva cava vengono
usati in ambito criminale per veicolare sfere di acciaio duro
(comunemente impiegate nei cuscinetti a sfere); questo abbinamento
facilita l’espansione del proiettile in impatti su tessuti biologici molli,
mentre a carico di materiali duri (in particolare cristalli stratificati e
superfici metalliche), costituisce un agente penetrante di grande efficacia.
La cartuccia .357 Magnum è impiegata anche nella caccia col revolver, in
discipline sportive di ispirazione operativa o venatoria […].
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Concludiamo questo nostro excursus con una tabella che ci permette un
confronto diretto tra le varie cartucce trattate; i dati riportati a seguito sono tratti
dal catalogo Fiocchi 2010, e fanno riferimento in particolare alla linea Fiocchi
Fuochi Centrali19 :
Cartuccia
Tipo Massa palla
Massa palla
Velocità V10 Energia E10
grani
m/s
Joule
FMJ 7,97
123
380
575
.38 Super Auto FMJ 8,36
129
355
527
.40 S&W
FMJ 11,02
170
345
656
.45 A.C.P.
FMJ 14,90
230
260
504
.38 S&W
FMJ 10,24
158
305
476
FMJ 9,20
142
440
891
grammi
9x21 IMI
Special
.357
MAGNUM
19 Catalogo Fiocchi 2010, pp. 13-14. “I fuochi centrali Fiocchi sono progettati e realizzati per ottenere i
migliori risultati in ogni circostanza. Qualità e prestazioni eccellenti sono la conseguenza dell’alta
tecnologia applicata a tutte le fasi del processo produttivo e sono garantiti da un eccezionale insieme
di competenza, impegno e passione espresso da tutti gli operatori”.
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3.4. Leggi in materia di munizionamento
Munizioni sono le cartucce a palla o a salve destinate a caricare armi da sparo
(non quelle per le armi a salve di apposito calibro e quelle per strumenti da
lavoro, che sono libere). Sono:
- per arma lunga (la legge parla di armi da caccia, ma quando la norma è stata
scritta nel 1940 tutte le armi lunghe erano da caccia e infatti non esiste norma che
regoli le munizioni per armi lunghe non da caccia), sono quelle nate per essere
usate in fucili o carabine; le munizioni .22 long rifle, come dice il nome e la loro
storia, sono munizioni per carabina (contraria una circolare del Min. Int., ma è
certamente sbagliata)
- per arma corta, sono quelle nate per essere usate in pistole (a nulla rileva che
poi si sparino anche in una carabina)
- a palla, sono quelle che montano un proiettile unico
- a munizione spezzata o a pallini, quelle che contengono nel bossolo più palle
di piombo o altro materiale (la legge ignora la distinzione commerciale fra pallini
e pallettoni).
La legge vieta per ogni uso i proiettili a punta cava (detti ad espansione;
attenzione certi proiettili hanno un forellino di stabilizzazione in punta il quale
non rende ad espansione la palla), a nucleo perforante, traccianti, incendiari, a
carica esplosiva. I proiettili a punta cava non sono di derivazione o destinazione
militare, non sono da guerra, e manca una sanzione per il loro impiego. Proiettili
perforanti sono solo quelli con nucleo di acciaio ad alta durezza (500 Brinnel),
non quelli interamente in acciaio dolce.
Acquisto: come per le armi. Chi è iscritto al TSN può acquistare da esso,
liberamente, le munizioni per sparare, ma deve consumarle entro il poligono.
Denunzia: non va denunziato l’acquisto, ma la detenzione; chi compera le
munizioni (o polvere da sparo) e le usa entro due o tre giorni non deve
denunziarle; chi ha denunziato delle munizioni e le spara o le usa altrimenti, non
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deve denunziare che sono diminuite e non deve denunziare il reintegro del
quantitativo iniziale (Cassazione costante, accolta da circolare del Min. Int.).
Le cartucce a munizione spezzata per fucile (non quelle per pistola) sono esenti
da denunzia fino ad un massimo di mille purché si abbiano armi da fuoco
denunziate. Se si supera il numero di mille, alcuni ritengono che tutte le cartucce
a munizione spezzata vadano denunziate, ma è tesi priva di razionalità. Le
cartucce a palla devono essere denunziate in qualsiasi quantitativo. Non è tenuto
a denunzia di munizioni e polvere chi è titolare di licenza di collezione per armi
antiche e rare.
La Cassazione dice che è lecito non denunziare fino a gr. 1785 di polvere
occorrenti per caricare le mille cartucce "esenti". Ma si potrebbe sostenere
agevolmente che non si deve denunziare la polvere fino a 5 kg . Si possono
detenere munizioni anche per armi che non si possiedono. I collezionisti di armi
moderne non possono detenere munizioni pertinenti alle armi in collezione, salvo
che abbiano arma in eguale calibro fuori collezione.
Quantitativi: non occorre licenza di deposito per detenere un quantitativo
massimo di 200 cartucce per arma corta + 1500 cartucce per arma lunga a palla o
a munizione spezzata oppure 5 kg di polvere da sparo; chi detiene sia cartucce
che polvere deve conteggiare la polvere entro le cartucce; si consiglia in tal caso
di non detenere più di 200 colpi per arma corta + 1000 per arma lunga + 3 kg di
polvere. Chi vuol detenere quantitativi superiori deve richiedere al prefetto
licenza di deposito di esplosivi. Viene rilasciata ai tiratori agonisti e ad altre
categorie che ne abbiano necessità. La licenza viene rilasciata per l’intero
quantitativo detenibile di materie esplodenti (ad es. 1500 cartucce per fucile +
1500 per arma corta + 5 kg polvere) e il quantitativo massimo effettivamente
detenuto va denunziato. Per modesti quantitativi di cartucce e polvere (ad. 1500
per fucile e 1500 per pistola) non si richiedono particolari misure di sicurezza. È
opportuno far precisare che la licenza di deposito autorizza anche al trasporto di
quanto in deposito.
In alcune questure si impone un limite di acquisto annuo per le cartucce a palla: è
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una limitazione illegittima perché la legge 306/1992 che la prevedeva non è mai
entrata in vigore per mancanza del regolamento. Chi si ritrova il limite sulla
licenza deve però osservarlo fino a che non riesce a farselo togliere.
Più persone coabitanti possono detenere ciascuna il quantitativo consentito, ma è
consigliato di tenerli in locali separati.
Trasporto: le munizioni e la polvere, nelle misure sopra indicate, possono essere
liberamente trasportate dal loro detentore. Si ritiene che più persone su di un’auto
possano trasportare ciascuna il quantitativo consentito.
Ricarica: le munizioni possono essere caricate in casa; non devono essere
denunziati bossoli, inneschi, bossoli innescati, proiettili ed altri componenti
diversi dalla polvere. Chi ha denunziato la polvere non deve denunziare le
cartucce caricate; anzi la Cassazione ha affermato che non è necessario neppure
denunziare la polvere fino a 1785 gr. in quanto mille cartucce a pallini da caccia
sono liberamente detenibili (e quindi anche la polvere in esse).
Impiego: Per difesa personale può essere utilizzato qualsiasi tipo di proiettile,
salvo quelli a punta cava; possono essere usate anche munizioni spezzate o con
palla di gomma.
Munizioni da guerra: Sono ormai molto poche e ne è vietata la detenzione. Tra i
calibri per pistola sono ancora (erroneamente) considerate tipo guerra quelle in
Cal. 9 Para o Luger se con il proiettile camiciato; con proiettile non camiciato
sono in vendita come munizioni comuni. Tra le munizioni per carabina sono tipo
guerra quelle nei calibri in uso alla NATO e, in particolare, il 7,62 NATO purché
con palla di tipo proibito (con nucleo perforante, esplosiva, ecc,). Infatti identica
cartuccia è però in vendita come .308 Winchester con palla non totalmente
camiciata. Le scritte sul bossolo non sono rilevanti e perciò bossoli marchiati con
simboli NATO possono essere ricaricati con palle consentite. Non sono mai da
guerra le cartucce a salve o da esercitazione.
Sono ovviamente da guerra le munizioni per mitragliatrici o artiglierie. Il
Ministero ha correttamente stabilito che i bossoli di munizioni da guerra sparati
non sono praticamente ricaricabili e sono perciò liberamente detenibili . Lo stesso
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principio vale per involucri di vecchie mine o bombe, svuotati di ogni
meccanismo di scatto.
Munizioni a salve: Quelle nei calibri per arma comune da sparo (ad es. 9x21,
7,65, .45 A.C.P.) sono soggette allo stesso regime delle munizioni cariche; quelle
per armi di libera vendita o per attrezzi (Cal. 6, 8, 9 mm) sono liberalizzate.
Munizioni disattivate: Per disattivare le munizioni è sufficiente sia praticato un
forellino sul corpo del bossolo per eliminare la polvere. Tutti gi altri componenti
sono di libera detenzione.
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4. EFFICIENZA DI TIRO
4.1. Balistica
La balistica è il ramo della fisica meccanica che studia il moto di un proiettile,
inteso come un corpo inerte sottoposto alla forza di gravità e all’attrito viscoso.
Si può suddividere in balistica interna, ossia ci si focalizza sui calcoli di balistica
interna, sulla velocità dei gas alla bocca, la velocità del proiettile a seconda della
lunghezza della canna; balistica esterna, ossia la gittata massima, l’influenza del
vento, la densità dell’aria, la derivazione del proiettile; la balistica terminale
studia e analizza invece la penetrazione (ed eventuale dilatazione) del proietto
ove viene trovato (ferro, legno, terra, osso, cute, tessuti molli del corpo umano,
ecc.).
4.1.1. Balistica interna
Sicuramente la balistica interna come disciplina scientifica è nata dopo la
balistica esterna: se infatti quest'ultima fa riferimento esclusivamente ai principi
della meccanica, perché trattasi del comportamento di una massa, quella del
"proietto", nel campo gravitazionale (in presenza di fenomeni non semplici quali
la resistenza del mezzo e l'effetto giroscopico) la balistica interna si incentra sullo
studio della combustione della carica di lancio, sul conseguente andamento
pressorio all'interno della "canna" dell'arma da fuoco e sugli effetti indotti che
molto spesso, al di là del pregiudizio circa il risultato del tiro, mettono in
discussione l'incolumità del tiratore. L'esistenza dei diversi Banchi di Prova
nazionali delle Armi da Fuoco (particolarmente famoso quello italiano) dimostra
della necessità di doverle assoggettare a prove particolari, che ne riguardano il
comportamento "interno" e che presuppongono, ad avvenuto superamento,
apposita marchiatura. Più che a Galileo e alle sue leggi, la balistica interna fa
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riferimento alla chimica e alla termodinamica: per questo è senz'altro disciplina
recente. Si aggiunga che i fenomeni accennati si svolgono in regimi transitori di
durata infinitesima, che complicano notevolmente la possibilità di misure e di
rilievi. Comunque, volendo semplificare il quadro, diremo che scopo
fondamentale della balistica interna è il rilievo o comunque la previsione
dell'andamento pressorio all'interno della canna. Il suddetto rilievo risulta di
particolare importanza nelle armi dove la ripetizione del colpo avviene per effetto
dell' "automatismo" innescato dal colpo precedente. In effetti, se per effetto di
tale automatismo, l'otturatore arretrasse prima che la pressione residuale nella
canna, dovuta al colpo sparato, sia scesa a valori accettabili, ne andrebbe
dell'incolumità del tiratore, che sarebbe investito dal "dardo" pressorio, ad alta
temperatura, che si sprigionerebbe dalla culatta. Gli elementi che concorrono al
comportamento balistico interno di un sistema sono: il tipo di carica di lancio (
polvere da sparo ), il suo innesco e la sua quantità, le condizioni al contorno di
umidità e pressione atmosferica, l'inerzia del proiettile, il modo come esso
impegna la rigatura, l'attrito, ecc.
In linea di principio, si può affermare che quanto maggiore è "la difficoltà" del
proiettile ad uscire dalla canna, tanto maggiore e più pericolosa sarà la pressione
al suo interno. Si ricorre in questo caso alle polveri da sparo cosiddette
"progressive", caratterizzate da combustioni più lunghe e incrementi pressori più
graduali, in contrapposizione alle polveri cosiddette "vivaci". Volendo riferirsi a
un'analogia, questa è rappresentata da quanto succede nella camera di
combustione di un motore alternativo: il pistone è il proiettile, la miscela è la
carica di lancio, la candela è l'innesco. Il monitoraggio del fenomeno è costituito
dal relativo diagramma pressorio, altrimenti noto come diagramma "indicato", il
cui rilievo permette di giudicare circa la bontà tecnica di quanto vi avviene.
Anche nel caso di un motore ad accensione comandata la combustione della
miscela deve avvenire in modo graduale: donde l'estrema improprietà della
dizione di "motore a scoppio". Quando la miscela scoppia, il motore si comporta
male, perché batte in testa: la liberazione di energia è così repentina e violenta
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che il pistone non riesce a tenerle dietro per trasformarla in lavoro: per cui essa si
dissipa in forma di onde di pressione di picco elevato, che danneggiano il motore
perché rompono il velo protettivo del lubrificante e innescano la presenza di
punti caldi che portano all'anarchia assoluta delle combustioni successive. Da qui
il fatto che le polveri da sparo moderne sono diverse dagli esplosivi anche se ne
hanno in comune l'origine: esse debbono comunque prevedere al loro interno un
meccanismo di moderazione nella liberazione dell'energia, che se avviene in
modo dirompente porta allo scoppio della canna. Rappresentano un
compromesso tra l'azione esplosiva della nitroglicerina e quella ritardante della
cellulosa: donde appunto la diffusione delle polveri cosiddette a doppia base,
nitroglicerina e nitrocellulosa, che consentono di ottenere questo compromesso.
4.1.2. Balistica esterna
Per comprendere la tematica della balistica esterna e in un certo senso la sua
necessità scientifica conviene partire dal problema elementare: il comportamento
di una massa "lanciata" (in greco "ballo" significa lanciare, donde balistica) con
una certa velocità iniziale, indipendentemente dal modo come questo lancio è
ottenuto: con una catapulta, con una balestra o la deflagrazione di una carica
nella canna di un'arma da fuoco. Sappiamo che se non ci fossero la gravità e altre
forze, la massa continuerebbe a percorrere in modo rettilineo e a velocità costante
la traiettoria impressa dal lancio, secondo quanto asserito dal primo principio
della dinamica. Se trascuriamo tutte le altre forze e ammettiamo che esista
soltanto la gravità, il problema si approccia molto semplicemente considerando
che la velocità iniziale si scompone in due componenti, di cui una orizzontale
costante e l'altra verticale uniformemente decelerata per effetto della gravità. Nel
punto più alto della traiettoria la componente verticale è nulla e la corrispondente
parte di energia cinetica iniziale è tutta trasformata in energia potenziale
gravitazionale. La traiettoria è una parabola indipendente dalla massa. Se
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consideriamo la resistenza dell'aria, questa è una forza che, per effetto
dell'irregolarità della forma del proiettile, non passa esattamente per il suo
baricentro, dove è applicata la forza di gravità. Ne consegue la nascita di una
coppia che tende a far capovolgere il proiettile, con evidente imprecisione del
tiro. Si ricorre allora all'espediente di imprimere al proiettile, tramite la rigatura
della canna, un moto rotatorio intorno al proprio asse principale. Per il principio
dell'effetto giroscopico, si verifica che il proiettile anziché capovolgersi tende a
derivare, ossia a deviare dal piano della parabola teorica del tiro, con un errore
detto appunto di deriva, peraltro in grado di essere corretto dai congegni di
puntamento e di mira.
La balistica esterna studia il tragitto del proiettile dalla volata dell’arma fino
all’impatto con il bersaglio. Il proiettile si muove lungo una traiettoria curva che
è influenzata da due fattori: la forza di gravità e la resistenza dell’aria. La forza di
gravità inizia ad avere effetto sulla palla fin dal momento in cui questa esce dalla
volata dell’arma, esattamente come se la palla fosse lasciata cadere da ferma. La
resistenza dell’aria rallenta progressivamente il proiettile e fa in modo che la
caduta dovuta all’attrazione gravitazionale diventi sempre più marcata man mano
che aumenta la distanza dalla canna dell’arma.
Per il cacciatore è conveniente avere una traiettoria il più possibile tesa e questo
può essere ottenuto dando al proiettile un’alta velocità iniziale ed usando
proiettili efficienti dal punto di vista aerodinamico. Se consideriamo la distanza
di tiro (fino a 300 metri circa), l’efficienza aerodinamica della palla non è di
importanza fondamentale e la tensione della traiettoria si ottiene lanciando il
proiettile a velocità elevata. Naturalmente l’impiego di una palla altamente
aerodinamica non ha alcun inconveniente, ma i suoi vantaggi sono apprezzabili
soprattutto a distanze notevoli (500 metri ed oltre).
Una opportuna regolazione dell’ottica di mira consente di sfruttare nel miglior
modo possibile la traiettoria del proiettile. Sparando con la canna perfettamente
orizzontale la palla inizia immediatamente a cadere verso il basso e la caduta
immediata rende la distanza di tiro utile piuttosto breve, senza che la traiettoria
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attraversi mai la linea di mira.
Quando invece la linea di mira è regolata in modo da inclinare la canna verso
l’alto, il proiettile incrocia la linea di mira due volte: parte sotto la linea di mira e
la attraversa dal basso verso l’alto dopo aver percorso una breve distanza (di
solito intorno ai 30metri o poco di più), per un certo tratto si muove sopra la
linea, poi la attraversa di nuovo dall’alto verso il basso ed inizia a cadere in modo
sempre più marcato. I punti di incontro sono considerati valore zero, mentre i
punti che si trovano sopra la linea sono identificati con un valore positivo (per
esempio +5 cm) e quelli sotto la linea con un valore negativo (per esempio –5
cm). Quando si parla di azzeramento dell’arma ci si riferisce al secondo di questi
punti di incontro, che viene stabilito al momento di tarare l’ottica e che viene
deciso in base alla traiettoria del proiettile, la quale dipende dal calibro dell’arma,
dal tipo di munizionamento usato e dall’altezza della mira ottica rispetto all’asse
della canna. La regolazione della carabina deve essere effettuata da una posizione
il più possibile stabile, idealmente da un apposito bancone dotato di rest
regolabile o di sacchetti di sabbia di altezza adeguata, sostenendo l’arma sia in
corrispondenza dell’astina (mai della canna) che dietro l’impugnatura. Tutto ciò
ha lo scopo di ridurre al minimo l’errore umano, ma è necessario sottolineare che
anche il tiro dal bancone richiede tecnica e pratica ed i risultati ottenuti da un
esperto sono ben diversi da quelli di un principiante. Il bersaglio ideale per
questo scopo, se si utilizza un cannocchiale di mira con reticolo a croce come la
maggior parte dei cacciatori, è un quadrato disposto con una diagonale
perpendicolare ed una parallela al terreno, di dimensioni adatte alla distanza di
tiro ed al numero di ingrandimenti dell’ottica. E’ comunque possibile impiegare
con risultati soddisfacenti anche altri tipi di bersaglio.
Talvolta si è tentati di azzerare a distanza troppo lunga allo scopo di aumentare la
portata utile. Così facendo la traiettoria è eccessivamente alta prima di arrivare
alla distanza di azzeramento e questa è una situazione da evitare per più di un
motivo. I proiettili sparati dalle moderne carabine da caccia hanno una traiettoria
molto tesa e raggiungono il loro punto di massima altezza poco oltre la metà
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della distanza di azzeramento, quindi se lo zero è troppo lontano il cacciatore
nella maggior parte dei tiri agli ungulati si trova penalizzato dalla palla che
viaggia considerevolmente più alta della linea di mira. Inoltre tutti sanno che la
traiettoria si alza nei tiri inclinati verso l’alto o verso il basso proporzionalmente
all’angolo di inclinazione, ma non tutti sanno che l’innalzamento è contenuto
quando la palla sul terreno orizzontale si muove vicina alla linea di mira ma
aumenta considerevolmente man mano che aumenta l’altezza del proiettile sulla
linea di mira nel tiro in orizzontale. Per questo motivo se la traiettoria in pianura
raggiunge l’altezza già eccessiva di 10 e più centimetri, in montagna dove i tiri
inclinati sono quasi la regola l’altezza può diventare tale da mancare
completamente il bersaglio. Con armi camerate per calibri moderni la traiettoria è
sufficientemente tesa da consentire un tiro utile fino a 250 metri ed oltre senza
alzare eccessivamente la palla sulla linea di mira. In questo modo anche nei tiri
inclinati la traiettoria non viene alterata in modo tale da compromettere il
risultato.
Parlando di balistica esterna bisogna prendere in considerazione anche il vento
che è in grado di modificare la traiettoria, però in modo variabile dal momento
che, a differenza della forza di gravità, non ha sempre la stessa direzione ed
intensità. L’effetto del vento è dipendente dalla direzione in quanto è massimo
quando è perpendicolare alla linea di tiro (definito ad ore 3 o ore 9 , dove il
bersaglio è ad ore 12 ed il tiratore ad ore 6) e diminuisce se la direzione si
avvicina alla posizione ore 6 oppure alla posizione ore 12. Se il vento è parallelo
alla linea di tiro l’effetto è praticamente nullo.
Semplificando l’argomento si può affermare che la deviazione laterale è legata
alla massa della palla ed al tempo impiegato per raggiungere il bersaglio (questo
tempo viene in genere definito TOF, dalle iniziali delle parole inglesi “time of
flight”). I proiettili veloci resistono al vento meglio di quelli lenti ed i proiettili
pesanti meglio di quelli leggeri.
Le palle molto leggere sono deviate dal vento in modo considerevole ed anche
per questo motivo, oltre che per altri legati alla balistica terminale, non è
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consigliabile usare per la caccia agli ungulati proiettili di peso inferiore a 90
grani, peso che impone un diametro minimo di 6,2 millimetri. Nelle gare di tiro a
distanze estreme, per esempio 1000 yarde, la capacità di valutare l’intensità e la
direzione del vento è determinante per il risultato della prova. A distanze di tiro
di 200 o 250 metri il vento incide in misura minore, ma un vento trasversale
violento è comunque in grado di alterare il risultato del tiro al punto di provocare
il ferimento di un animale che in condizione di calma sarebbe abbattuto in modo
corretto. E’ perciò importante che il cacciatore tenga conto del vento al momento
del tiro, arrivando a rinunciare ad effettuare tiri a lunghe distanze in presenza di
un forte vento trasversale.
Una sufficiente conoscenza della balistica esterna consente al tiratore di capire
cosa succede al proiettile durante il viaggio verso il bersaglio e di conseguenza
gli
permette
di
sfruttare
al
meglio
le
possibilità
del
sistema
arma/ottica/munizionamento.
4.1.3. Balistica terminale
La balistica terminale è la branca della balistica che studia le interazioni fra il
proiettile ed il bersaglio al momento dell'impatto e negli istanti successivi.
La balistica terminale studia le interazioni fra i proiettili e i bersagli.
Lo studio è spesso finalizzato a massimizzare il potere di arresto delle munizioni,
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con riguardo non solo al calibro, ma soprattutto alla struttura del proiettile, e ciò
a maggior ragione nell'utilizzo a fini di difesa personale. Per la difesa personale
non è infatti importante che il proiettile sia letale ma è invece importante che
arresti l'aggressore. Nella balistica terminale vengono quindi studiate le
deformazioni che il proiettile subisce al momento dell'impatto, eventuali
frammentazioni che devono essere evitate, e la forma che il proiettile assume a
seconda della tipologia della munizione (palle camiciate, blindate, semicamiciate,
nude, ecc.)
Un proiettile che penetra il corpo attraversandolo trasmette solo una parte
dell'energia cinetica che possiede al bersaglio, ed ha quindi un basso potere di
arresto. In questo caso il proiettile può essere letale ma spesso non trasmette al
bersaglio lo shock necessario a fermarlo istantaneamente ed evitare una
pericolosa risposta ostile. Il potere di arresto è infatti legato alla quantità di
energia cinetica presente all'impatto ed alla percentuale di questa che viene
trasmessa al bersaglio.
Lo studio della balistica terminale di un proiettile è quindi importante: un
proiettile che si deformi all'impatto, assumendo la classica forma a fungo, verrà
facilmente fermato dal corpo del bersaglio che assorbirà quindi la totalità
dell'energia cinetica; l'effetto shock e quindi il potere d'arresto saranno
massimizzati. È questo il caso delle pallottole a punta cava, che sono però
proibite dalla legge italiana ai fini di difesa personale, mentre sono permesse le
pallottole blindate, analoghe a quelle usate per usi militari, che hanno invece la
caratteristica di essere letali ma con basso potere di arresto, e di rimbalzare
ovunque in caso di errore nel tiro con ovvi pericoli, e infine spesso di attraversare
il bersaglio in modo anch'esso pericoloso.
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4.2. Tattica
Questo paragrafo ha lo scopo di mostrare come anche dalla posizione dei vari
soggetti si possa determinare la loro abilità tattico/logistica. Infatti quello che
maggiormente si può notare è che, in un conflitto, un professionista non sarà mai
in una posizione critica o di svantaggio, in quanto è proprio qui che si denota la
discrepanza tra principianti e non. Possiamo dire, per fare un breve esempio, che
il professionista, applicando il codice dei colori20 riesce a gestire e a prevedere
ogni tipo di situazione e a non venire mai (o quasi mai) colto di sorpresa o
impreparato. Un professionista si può individuare per questi motivi, oltre che per
la corretta scelta dell’arma e del calibro usati, senza dimenticare infine l’ottima
capacità di colpire nel luogo predeterminato (generalmente la destinazione dei
colpi sono le parti vitali) il bersaglio prefissato. Altro fattore di notevole
importanza è il fatto che consapevole dei rischi a cui va incontro (ferimento,
morte, ecc.), difficilmente il professionista inizia lo scontro a fuoco, e in caso di
sparatoria non è difficile vedere come si destreggia un esperto rispetto a un
principiante. La tecnica usata dai professionisti, ovviamente grandi conoscitori
delle armi e delle parti vitali ove gli effetti dei colpi risulta più devastante, è
chiamata Body-Body-Head: questa tecnica garantisce un elevato tasso di
successo nell’abbattimento/arresto del bersaglio (soft target) e consiste nello
sparare due colpi in rapida successione nella fascia toracica in modo da
determinare un forte impatto e garantire un arresto immediato della persona
colpita, anche nel caso in cui venga indossato un giubbotto antiproiettile, facendo
anche in modo di ramificare l’afflusso di adrenalina che se concentrata su un solo
punto (sparo singolo) potrebbe permettere al soggetto colpito qualche reazione.
In una situazione del genere sarebbe poi “facile” poter colpire il soggetto alla
testa, cosa che ne garantirebbe una definitiva eliminazione. Da qui appunto il
20 Codice dei colori:
Bianco – situazione di completo relax.
Giallo – aumento del livello di attenzione.
Rosso – minaccia reale, fortissimo livello di attenzione e risc assestment.
Nero – situazione di conflitto a fuoco.
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nome Body-Body-Head.
Come si può intuire, difficile che ritroveremo un professionista che spari anche
un solo colpo in più di quelli necessari, in contrasto magari con coloro che
commettono delitti passionali o comunque inesperti che scaricano magari anche
un intero caricatore sul soggetto/bersaglio predestinato.
Principi di tattica individuale in ambiente urbano
Intendendo la “tattica” come l’arte21 militare che regola azioni e manovre dirette
al conseguimento della sopravvivenza. In uno scontro a fuoco possiamo ritrovare
in essa: le regole base di tattica, la tattica in condizione di luce scarsa, le regole
avanzate di tattica, il movimento tattico, la tattica con impiego di veicoli, la
tattica nel confronto ravvicinato, l’uso dei ripari, la tattica in caso di ferimento, la
gestione di un attacco simultaneo di più avversari, la tattica in condizioni di
scarsa visibilità, la tattica in presenza di ostaggi, la tattica per la ritenzione
dell’arma.
Passiamo ora ad accennare le regole fondamentali di bonifica:
1. individuazione dei segnali indicatori della presenza di estranei
2. evitare segnali indicatori della propria presenza
3. non voltare le spalle a qualcosa che non è ancora stato controllato
4. valutare i rischi di tutte le possibili situazioni e prevedere sempre lo
scenario peggiore
5. tenersi lontano dagli angoli
6. utilizzare al meglio le superfici riflettenti (regola dei tre occhi)
7. attenzione alle strettoie fatali (finestre, porte, corridoi, scale, botole, ecc.)
Come regalo al lettore interessato, riportiamo a seguito le corrette tattiche da
impiegare nelle varie situazioni:
21 Qui intesa come: “attività umana regolata da accorgimenti tecnici e fondata sull’esperienza”.
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PASSAGGIO DA UNA PORTA:
1. AVVICINAMENTO ALLA PORTA
2. APERTURA DELLA PORTA
3. BONIFICA DALL’ESTERNO
4. ENTRATA DINAMICA
5. MOVIMENTO ALL’INTERNO DELLA STANZA
FIG. 1
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FIG. 2
FIG.3
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FIG.4
FIG.5
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FIG.6
FIG.7
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Ecco come focalizzare l’ambiente da bonificare:
Situazione di avvicinamento ad un angolo:
FIG.1
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FIG.2
FIG.3
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Infine, mostriamo IN CASO DI NECESSITA’ DOVE DOBBIAMO
COLPIRE (si avvisano i lettori della presenza di argomenti e immagini che
possono rendere spiacevole il proseguimento nella lettura. Consiglio vivamente a
chi non vuole entrare in contatto con certi contenuti di passare al paragrafo
successivo):
FIG.1
FIG.2
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FIG.3
Concludiamo questo paragrafo dedicato alla TATTICA parlando della cosa
più
importante:
L’IMPIEGO
TATTICO
DEI
RIPARI
E
DEI
NASCONDIGLI
Innanzitutto diamo le definizioni e facciamo capire le differenze tra i due tipi di
protezione:
RIPARO:
qualcosa che rende meno visibile ed individuabile il soggetto
che si nasconde dietro di essa e che offre inoltre al suddetto soggetto una
protezione balistica
NASCONDIGLIO: qualcosa che ci rende non visibili al nemico, ma che
non ci protegge dal fuoco avversario
Se qualcuno non ha mai sentito parlare né ha mai affrontato l’argomento
potrebbe sorgere la domanda: “In caso di scontro prima ci si ripara dal fuoco
nemico e poi si risponde al fuoco, o viceversa?” Beh, la risposta è che se non si
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ha un bersaglio a cui razionalmente sparare PRIMA BISOGNA RIPARARSI.
Le regole generali in questi casi sono:
 Individuare con anticipo il proprio riparo (tempo, distanza, pericolo).
 Raggiungere il riparo possibilmente prima che inizi il conflitto a fuoco.
 Quando si è dietro al riparo acquisire un buon bilanciamento.
 Esporsi solo per sparare.
 Quando si spara, esporsi il meno possibile.
 Se il riparo è basso, esporsi di lato.
 Non utilizzare il riparo come appoggio dell’arma.
 L’arma è la prima ad uscire e l’ultima a rientrare.
 Esporsi sempre uscendo da punti diversi del riparo.
Ed infine una delle regole più importanti:
stare lontano dal proprio riparo almeno 2 metri (a seguito immagini che mostrano
i pericoli della situazione descritta)
FIG.1
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FIG. 2
Concludiamo il discorso sui ripari (e nascondigli) sottolineando che si lascia un
riparo soltanto se:
 il conflitto a fuoco è finito;
 si può raggiungere un riparo più sicuro e se ciò può avvenire in sicurezza;
 per attaccare il nemico;
 se lo scenario tattico lo richiede.
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4.3. La gestione dello stress
Cosa si nasconde in questa parola, più volte sentita nella nostra quotidianità e
cosa può avere a che fare con l’ambito trattato in questo elaborato? Iniziamo
questo paragrafo spiegando innanzitutto qual è il significato che attribuiamo alla
parola stress: “condizione fisica, chimica, psichica che, esercitando uno stimolo
dannoso sull’organismo, ne provoca una certa reazione22”.
Naturale conseguenza della definizione appena data è sapere cosa può avvenire
nel corpo umano durante un fortissimo stress, come ad esempio in un conflitto a
fuoco:
 Impossibilità di prendere decisioni importanti
possiamo ritrovare diversi comportamenti, quali immobilismo e sensazioni di
paralisi (si tende a rimanere in piedi immobili e non si cercano eventuali ripari),
grandi esitazioni (si entra e si esce dai ripari in maniera convulsa), la ripetizione
dello stesso movimento (ad esempio: si camera il colpo, si preme il grilletto,
l’arma non spara perché è in sicura e si camera un altro colpo), il verificarsi di
situazioni di default cerebrale (si prendono solo decisioni semplici legate a
ricordi primitivi).
 Perdita del coordinamento motorio fine
riguarda nello specifico la difficoltà nei movimenti delle gambe (si cade se si fa
un passo incrociato), dei piedi (rimangono intrappolati con facilità), la perdita
della sensibilità nelle mani (l’arma ha funzionato?), l’assenza della coordinazione
mani-occhi.
 Visione a tunnel
a causa di uno sbalzo di adrenalina si irrigidiscono i muscoli degli occhi e ciò
provoca l’abbassamento della vista periferica con conseguente effetto della
visione di solo pochi fasci di luci, appunto chiamata “visione a tunnel”. Le
pericolosità di questo effetto sono la non individuazione dei propri compagni,
l’impossibilità di effettuare un tiro preciso, ecc.
22 Definizione tratta da documenti dell’Accademia Benelli Beretta di Terni.
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 Irrigidimento dei muscoli
il corpo non riesce a gestire lo sbalzo d’adrenalina a cui è sottoposto e ne avviene
un irrigidimento talmente smodato da provocare forti difficoltà nei movimenti.
Questo effetto è molto pericoloso, infatti si hanno problemi di respirazione, si
danno (involutamente) segnali indicatori della propria presenza, possono
verificarsi situazioni in cui avviene la partenza accidentale del colpo, si è soggetti
ad una bassa ossigenazione di tutti gli organi (a causa della forte tensione dei
tessuti) e si abbassa notevolmente la resistenza muscolare.
 Distorsione del tempo e dello spazio
come si evince da studi fatti dalla polizia americana, durante i conflitti a fuoco,
siamo ad elencare come l’adrenalina sviluppi fortissime distorsione di tempo e
spazio in quanto l’alterazione della stessa ha conseguenze massicce anche sul
cervello e provoca squilibri nella percezione del tempo e dello spazio, per cui
azioni della durata di pochi secondi vengono ricordate e descritte in una
tempistica molto superiore a quella reale ed inoltre gli stessi luoghi possono
venire confusi.
Le principali pericolosità di questo effetto sono: il tempo sembra non passare
mai, gli oggetti e le persone vengono percepite più vicine e conseguono forti
difficoltà di puntamento e tiro.
 Diminuzione dell’udito
a causa dell’aumento della vista, nonostante a tunnel, l’udito viene pesantemente
influito dall’adrenalina in quanto avviene una sorta di ovattamento, e lo stesso
diviene molto confuso, per cui si hanno difficoltà a sentire le indicazioni dei
compagni e dei superiori, non si danno conseguentemente i comandi alla squadra,
non si percepiscono armi silenziate, si possono non percepire rumori (indicatori
di bersaglio).
 Incapacità di ricordare
l’adrenalina va a influire sulla memoria in quanto si ha una fortissima difficoltà a
ricordare e si hanno solo forti e confuse percezioni soggettive della realtà che si è
verificata. Studi sulla Polizia americana hanno dimostrato che in un vastissimo
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numero di casi fra la descrizione riportata dagli agenti dei presunti criminali
(descrizione forma e corporatura dei soggetti) e quella reale permessa dopo
l’arresto dei suddetti, si hanno forti incongruenze e le descrizioni dei poliziotti
coinvolti sono spesso caricature della realtà. Le pericolosità di questo effetto
sono principalmente il rischio di rimanere con l’arma scarica e l’effettuazione di
bonifiche di luoghi già bonificati e viceversa.
Diamo ora una corretta definizione dell’adrenalina e una valutazione specifica
dei relativi effetti: l'adrenalina o epinefrina è un ormone secreto dalle ghiandole
surrenali (situate sopra i reni) sotto lo stimolo di sforzi o emozioni ed è stata
ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico
(l'adrenalina viene liberata anche a livello di sinapsi del tessuto nervoso, è cioè
utilizzata anche come neurotrasmettitore); è un ormone che appartiene a una
classe di sostanze che vanno fortemente ad incidere sul corpo umano
provocando:
 Aumento del consumo di ossigeno.
 Diminuzione della fatica nelle parti periferiche del corpo.
 Aumento del rendimento metabolico.
 Aumento del consumo di sostanze nutritive.
 Dilatazione delle pupille.
 Aumento della frequenza cardiaca.
 Vasocostrizione a livello cutaneo.
 Aumento della pressione arteriosa.
 Incremento delle capacità muscolari.
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5. LA RICERCA
5.1. Introduzione
Arriviamo alla parte più pratica, forse quella che attirerà la maggiore attenzione
del lettore: la ricerca. Essa consiste nel sottoporre varie persone, che verranno da
me definite “tester”, a test sia pratici che psicologici volti alla determinazione di
sbalzi di tensione e stati d’ansia prima, durante e dopo l’utilizzo di armi da fuoco
oltre ovviamente la mera differenziazione di prestazioni ed efficacia che ne
possano determinare una classificazione, iniziando a spogliare da ogni soggettiva
interpretazione gli aspetti che sono nostro oggetto di studio al fine di stabilire in
caso di atti criminali che implichino l’utilizzo di armi da fuoco le competenze/
abilità/ conoscenze necessarie per il compimento di tali azioni.
Esaminiamo brevemente tale affermazione per essere sicuri di offrirne la
migliore e più oggettiva comprensione: per competenze / abilità / conoscenze
intendiamo le capacità di azione, le conoscenze tattico-logistiche, le attitudini, il
comportamento, la scaltrezza, le tempistiche di reazione, le capacità di analisi, il
backgroud esperenziale del soggetto nella sua totalità, la sua formazione, la
capacità di gestione dello stress e degli stati d’ansia, la conoscenza e
l’ottimizzazione della gestione degli strumenti usati. Tutte queste informazioni,
scisse in molteplici frammenti, se analizzate e sviscerate, ci permettono di
ottenere enormi chiarimenti e di fornirci particolari chiave che potranno darci la
possibilità di restringere i soggetti delle nostre indagini in tempistiche
relativamente brevi.
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5.2. I test psicologici
Riporto a seguito i test che ho utilizzato nella mia ricerca, che mi sono stati
consigliati e forniti gentilmente dal Professore Gianni Brighetti, docente
dell’Università di Bologna, Facoltà di Psicologia.
TEST STAI X1
PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO
1 Mi sento calmo
1
2
3
4
2 Mi sento sicuro
1
2
3
4
3 Sono teso
1
2
3
4
4 Ho dei rimpianti
1
2
3
4
5 Mi sento tranquillo
1
2
3
4
6 Mi sento turbato
1
2
3
4
7 Sono attualmente preoccupato per possibili disgrazie
1
2
3
4
8 Mi sento riposato
1
2
3
4
9 Mi sento ansioso
1
2
3
4
10 Mi sento a mio agio
1
2
3
4
11 Mi sento sicuro di me
1
2
3
4
12 Mi sento nervoso
1
2
3
4
13 Sono agitato
1
2
3
4
14 Mi sento molto teso
1
2
3
4
15 Sono rilassato
1
2
3
4
16 Mi sento contento
1
2
3
4
17 Sono preoccupato
1
2
3
4
18 Mi sento sovraeccitato e scosso
1
2
3
4
19 Mi sento allegro
1
2
3
4
20 Mi sento bene
1
2
3
4
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TEST STAI X1 RE‐TEST
PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO
1 Mi sento calmo
1
2
3
4
2 Mi sento sicuro
1
2
3
4
3 Sono teso
1
2
3
4
4 Ho dei rimpianti
1
2
3
4
5 Mi sento tranquillo
1
2
3
4
6 Mi sento turbato
1
2
3
4
7 Sono attualmente preoccupato per possibili disgrazie
1
2
3
4
8 Mi sento riposato
1
2
3
4
9 Mi sento ansioso
1
2
3
4
10 Mi sento a mio agio
1
2
3
4
11 Mi sento sicuro di me
1
2
3
4
12 Mi sento nervoso
1
2
3
4
13 Sono agitato
1
2
3
4
14 Mi sento molto teso
1
2
3
4
15 Sono rilassato
1
2
3
4
16 Mi sento contento
1
2
3
4
17 Sono preoccupato
1
2
3
4
18 Mi sento sovraeccitato e scosso
1
2
3
4
19 Mi sento allegro
1
2
3
4
20 Mi sento bene
1
2
3
4
___________________________________________________________________
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TEST ANSIA DI TRATTO
PER NULLA UN POCO ABBASTANZA MOLTISSIMO
3.01 Mi sento bene
1
2
3
4
3.02 Mi stanco facilmente
1
2
3
4
3.03 Mi sento come se dovessi piangere
1
2
3
4
3.04 Vorrei poter essere felice come sembrano essere gli altri
1
2
3
4
3.05 Spesso perdo delle occasioni perché non riesco a decidermi abbastanza in fretta
1
2
3
4
3.06 Mi sento riposato
1
2
3
4
3.07 Io sono calmo, tranquillo e padrone di me
1
2
3
4
3.08 Sento che le difficoltà si accumulano tanto da non poterle superare
1
2
3
4
3.09 Mi preoccupo troppo di cose che in realtà non hanno importanza
1
2
3
4
3.10 Sono felice
1
2
3
4
3.11 Tendo a considerare "difficili" le cose
1
2
3
4
3.12 Manco di fiducia in me stesso
1
2
3
4
3.13 Mi sento sicuro
1
2
3
4
3.14 Cerco di evitare di affrontare crisi e difficoltà
1
2
3
4
3.15 Mi sento stanco e depresso
1
2
3
4
3.16 Sono contento
1
2
3
4
3.17 Pensieri di scarsa importanza mi passano per la mente e mi infastidiscono
1
2
3
4
3.18 Vivo le delusioni con tanta partecipazione da non potermele togliere dalla testa
1
2
3
4
3.19 Sono una persona costante
1
2
3
4
3.20 Divento teso e turbato quando penso alle mie attuali occupazioni
1
2
3
4
___________________________________________________________________
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5.3. Il test di sparo
Riporto a seguito la spiegazione del test di sparo compiuto dai vari tester: il test
consiste nello sparare ad una sagoma (di tipo OFFICIAL I.D.P.A.) con arma da
fuoco caricata con 5 colpi (di cui uno in canna), impugnata, con partenza ad
un’angolazione compresa tra i 30 e i 45 gradi; il tester dovrà sparare a 5 colpi alla
sagoma distante 7 metri, poi 5 colpi alla sagoma distante 10 metri ed altri 5 colpi
alla sagoma distante 15 metri (la sagoma è una, che in ordine di distanza viene
allontanata progressivamente dopo il quinto colpo sparato alla distanza
prefissata). La prima sessione di spari, per un totale di 15 colpi, viene sparata dal
tester a sua discrezione di tempistica, tecnica, impugnatura, ecc., mentre al
termine della prima sessione si riposizionerà la sagoma alle medesime distanze,
però il tester dovrà sparare alla sagoma 5 colpi in un tempo massimo di 3
secondi. Questo si ripeterà per le tre distanze come nel test precedente, per un
totale di altri 15 colpi ed un ammontare complessivo di colpi sparati sia per il
primo che per il secondo test di 30 colpi.
Le fasce della sagoma sono suddivise in “0”, “1”, ”3” e in caso di miss shot
(colpo che non colpisce la sagoma) “5”. Le diciture nella tabella (formato excel)
NORMAL stanno ad indicare la prima sessione di spari, mentre STRESS indica
la seconda sessione di spari. Esse vengono suddivise in NORMAL o STRESS
7m, 10m, 15m, ossia le sagome poste a 7, 10 e 15 metri di distanza. Esempio:
NORMAL 7m indica che il tester spara senza limiti di tempo e con tecnica libera
alla distanza di metri 7, STRESS 10m indica che il tester deve sparare 5 colpi in
3 secondi alla sagoma distante 10 metri, NORMAL 15m indica che il tester spara
5 colpi alla sagoma distante 15 metri senza limiti di tempo e con tecnica libera,
ecc. . La sagoma viene suddivisa in quattro “punteggi”, per individuare e definire
i punti colpiti della sagoma; si hanno infatti “0”, ossia le parti della sagoma a cui
corrisponde il massimo punteggio (testa e parte più centrale del petto -sterno-),
“1” la fascia esterna delle costole e la parte addominale superiore, “3” la fascia
delle braccia, del bacino e dei contorni della sagoma e “5”, ossia i colpi fuori
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sagoma. Indi per cui se, in corrispondenza della colonna NORMAL 7m 0 avremo
il numero 3, vorrà dire che il tester, alla distanza di metri 7, in condizioni di
tecnica libera e senza limiti di tempo avrà colpito la sagoma 3 volte nella fascia
“0”, e così di seguito, in quanto per la categoria NORMAL 7m il tester deve
sparare 5 colpi (che saranno ripartiti tra NORMAL 7m 0, NORMAL 7m 1,
NORMAL 7m 3 e NORMAL 7m 5). Infine avremmo la somma totale dei punti
(che sono equipollenti alle fasce della sagoma) e potremmo vedere e confrontare
le diverse prestazioni dei tiratori (a minor punteggio corrisponderà la maggior
abilità).
5.4. Gli items sul background esperienziale
Riporto qui di seguito, in copia originale, gli items a cui sono sottoposti come
prima prova i tester.
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Numero tester ………….
QUIZ (Anonimo) 1.
2.
3.
4.
TITOLO DI STUDIO ………………………………………………………………………………………………………………………. PROFESSIONE ……………………………………………………………………………………………………………………………… FASCIA D’ETA 18‐30 31‐40 41‐50 51‐60 61‐70 POSSIEDE IL PORTO D’ARMI ? SI NO Se si, quale tipo ? …………………………………………………………………………………………………………………………. 5. POSSIEDE ARMA/I ? SI NO Se si quale/ i ? (tipologia e numero armi) ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………………………… 6. QUANTE VOLTE L’ANNO FREQUENTA IL POLIGONO? DA 1 A 10 ‐ DA 11 A 50 ‐ DA 51 A 100 ‐ OLTRE 101 7. HA SVOLTO IL SERVIZIO MILITARE ? SI NO 8. E’ MAI STATO COINVOLTO IN UNO SCONTRO A FUOCO ? SI NO 9. E’ MAI ANDATO A CACCIA (con qualsiasi tipologia di arma) ? SI NO 10. COME REPUTA LE SUE CONOSCENZE IN: ‐a‐ AMBITO BALISTICO SCARSE ‐ SUFFICIENTI ‐ BUONE ‐ OTTIME ‐b‐ AMBITO LEGISLATIVO (leggi, normative, ecc.) RIGUARDANTI LE ARMI SCARSE ‐ SUFFICIENTI ‐ BUONE ‐ OTTIME ‐c‐ SICUREZZA (custodia/ utilizzo dell’arma) SCARSE ‐ SUFFICIENTI ‐ BUONE ‐ OTTIME ‐d‐ CAPACITA’ TATTICO‐LOGISTICHE IN CASO D’INTERVENTO CON UTILIZZO DI ARMI SCARSE ‐ SUFFICIENTI ‐ BUONE ‐ OTTIME 11. RICARICA PERSONALMENTE LE CARTUCCE CHE UTILIZZA ? SI NO 12. QUALE MUNIZIONAMENTO USA ? CHE TIPO DI OGIVA (marca, forma, peso in grani) ? CHE POLVERE USA (marca, quantità espressa in grani) ? ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………………………….... 13. PARTECIPA/HA PARTECIPATO AD ATTIVITA’ AGONOSTICHE CHE PREVEDONO L’USO DI ARMI ? SI NO
14. HA MAI FREQUENTATO CORSI PER L’UTILIZZO DELLE ARMI/ CORSI DI TIRO ? SI NO Se si quali ? ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………
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5.5. L’analisi dei dati
Per un’analisi semplice e veloce di tutti i dati e delle informazioni raccolti nei
vari test effettuati riporto la tabella usata per poter vedere e confrontare i vari
risultati e la legenda necessaria per la corretta comprensione:
Legenda:
LEGENDA PER TESI BALISTICA COMPARAZIONE EXCEL
ITEMS:
1. 1-LICENZA ELEMENTARE 2-LICENZA MEDIA 3-LICENZA SUPERIORE
4-LAUREA
2. 1-PROFESSIONI CHE PREVEDONO IL PORTO/ L’UTILZZO DI ARMI DA
FUOCO 2-PROFESSIONI CHE NON PREVEDONO IL PORTO/
L’UTILIZZO DI ARMI DA FUOCO
3. FASCIA D’ETA’: 1- 18-30, 2- 31-40, 3- 41-50, 4- 51-60, 5- 61-70
4. SI= S NO= N
5. SI= S NO= N
6. FREQUENTAZIONE ANNUE DEL POLIGONO: 1- DA 1 A 10, 2- DA 11
A 50, 3- DA 51 A 100, 4- OLTRE 101
7. SI= S NO= N
8. SI= S NO= N
9. SI= S NO= N
10. LA SEGUENTE LEGENDA E’ VALIDA PER LE DOMANDE a-b-c-d: 1SCARSE, 2- SUFFICIENTI, 3- BUONE, 4- OTTIME
11. SI= S NO= N
12. MUNIZIONAMENTO USATO: 1- 9X21, 2- .40, 3- .45ACP, 4- .38SPEC,
5- .357MAG, 6- .38 SUPER AUTO, 7- .44SPEC, 8- .22
13. SI= S NO= N
14. SI= S NO= N
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TEST DI SPARO (vedi sopra)
Tester QUIZ 1
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
2
4
2
3
3
2
1
2
2
3
2
2
4
3
3
4
2
3
3
3
2
2
QUIZ 2 QUIZ 3
1
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
2
1
2
2
2
2
2
1
QUIZ 4
4S
3S
2S
1S
1S
5S
5S
2S
2S
1S
2N
2S
3S
5S
4S
3S
2N
4S
3S
3S
3S
3S
QUIZ 5 QUIZ 6 QUIZ 7 S
3N
S
2N
S
2S
S
2N
S
2N
S
3N
S
1N
S
1N
S
2S
S
2N
N
2S
S
2N
S
2S
S
3N
S
2S
S
2S
N
2S
S
2S
S
4S
S
2S
S
2N
S
3N
QUIZ 8
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
N
S
N
N
N
S
N
N
N
QUIZ 9 QUIZ 10 a QUIZ 10 b QUIZ 10 c
S
3
3
N
3
2
S
2
2
N
1
1
N
2
3
N
1
2
N
1
2
N
2
2
S
2
2
N
2
1
N
2
2
N
2
2
N
2
2
N
3
2
N
4
3
S
3
4
S
1
1
N
4
4
S
2
2
S
2
2
N
2
3
N
4
4
3
2
3
3
4
4
4
4
4
4
2
2
3
4
4
4
1
4
3
3
4
4
QUIZ 10 d QUIZ 11 QUIZ 12 QUIZ 13
3S
1S
3S
1N
2S
1N
1N
8N
2N
1N
3S
1S
1N
1N
3N
1N
2S
3S
3S
1N
2N
2N
2N
3N
1S
3S
1S
2S
4N
4N
3N
1S
1N
5N
4S
4S
2S
3S
2S
2S
3S
4S
4S
4S
QUIZ 14 NORMAL 7m 0
S
N
N
N
N
N
N
N
S
S
S
S
S
N
S
S
RIFIUTO
N
S
N
N
S
S
5
2
1
4
5
5
2
4
5
2
4
2
4
5
2
5
5
5
5
4
5
NORMAL 7m 1 NORMAL 7m 3 NORMAL 7m 5 NORMAL 10m 0 NORMAL 10m 1
5
3
5
4
3
1
4
5
4
3
4
1
2
5
3
4
1
4
3
3
1
5
5
3
1
1
5
5
5
5
5
5
NORMAL 10m 3 NORMAL 10m 5 NORMAL 15m 0 NORMAL 15m 1
5
3
1
4
2
4
1
2
1
1
2
1
5
1
1
1
2
2
3
5
1
2
1
1
1
1
3
3
5
5
5
5
NORMAL 15m 3 NORMAL 15m 5 STRESS 7m 0
STRESS 7m 1
2
1
1
3
1
1
3
3
2
4
1
2
2
1
2
3
2
1
1
1
3
4
1
3
2
1
2
1
3
1
3
1
2
2
5
4
3
5
5
STRESS 7m 3 STRESS 7m 5 STRESS 10m 0
3
2
1
3
3
3
3
1
1
1
3
2
2
1
1
2
1
1
1
2
1
2
1
3
1
3
1
2
STRESS 10m 1 STRESS 10m 3
4
1
3
1
2
2
3
3
2
2
1
1
2
2
2
1
1
2
3
5
1
3
1
4
2
1
4
1
3
2
1
5
1
3
STRESS 10m 5
1
1
3
1
1
2
1
3
1
1
1
1
STRESS 15m 0 STRESS 15m 1 STRESS 15m 3 STRESS 15m 5
2
3
1
2
3
1
1
3
2
2
1
5
2
3
1
1
1
2
2
2
2
3
2
5
1
1
2
3
4
5
1
1
3
4
1
5
1
1
3
ANSIA TRATTO
1
1
3
1
5
5
1
1
RIFIUTO
1
3
1
2
2
STAI‐X1 STAI‐X1 RE‐TEST
40
41
47
49
43
41
50
41
44
43
43
43
44
46
50
39
44
43
36
37
45
37
43
35
38
39
41
40
49
35
40
42
40
40
38
44
37
42
39
48
37
41
51
4
1
5
Per facilitare e garantire un’immediata comprensione dei dati seguiranno grafici
riguardanti i dati estrapolati nella mia ricerca, volti a fornire dati oggettivi senza
troppe personali interpretazioni:
___________________________________________________________________
112
42
40
49
45
43
41
50
40
39
43
43
38
44
45
50
44
37
47
41
40
42
49
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Percentuali per titolo di studio
4,8
9,5
lic.element.
lic.media
diploma
38,1
47,6
laurea
Percentuali per fascie di età
14,3
14,3
18-30
14,3
31-40
41-50
28,6
51-60
61-70
28,6
___________________________________________________________________
113
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Percentuali possesso porto d'armi
9,5
porto d'armi SI
porto d'armi NO
90,5
La risultante di questo dato è dovuta al fatto che chi frequenta i poligoni, ove si
svolgono attività con armi da fuoco, possiede in larghissima parte il porto d’armi.
___________________________________________________________________
114
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Percentuali possesso arma propria
9,5
porto d'armi SI
porto d'armi NO
90,5
Ovviamente le due persone( 9,5%) che non hanno il porto d’armi, non hanno
nemmeno un’arma propria.
Percentuali di frequentazione annua poligono
4,8
9,5
19,0
1-10 volte
11-50 volte
51-100 volte
oltre 101
66,7
___________________________________________________________________
115
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Per poter effettuare alcuni test statistici inferenziali si è ridotta la dispersione in
classi accorpando l’unico soggetto che frequenta il poligono più di 100 volte con
quelli che lo frequentano da 50 a 100.
Percentuali assolvimento servizio militare
42,9
assolto
57,1
esentato
___________________________________________________________________
116
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Percentuali di coinvolgimento in scontro a fuoco
9,5
mai coinvolto
coinvolto
90,5
Percentuali di partecipazione a battute di caccia
28,6
partecipato
mai partecipato
71,4
___________________________________________________________________
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Valutazione delle proprie conoscenze di balistica pratica
14,3
19,0
scarse
14,3
sufficienti
buone
ottime
52,4
Valutazione delle proprie conoscenze normative sull'uso
delle armi
9,5
14,3
19,0
scarse
sufficienti
buone
ottime
57,1
___________________________________________________________________
118
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Valutazione della propria conoscenza sulla
custodia/utilizzo delle armi
4,8
14,3
scarse
sufficienti
52,4
buone
ottime
28,6
___________________________________________________________________
119
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Valutazione delle prorpie capacità tattico-logistiche in
caso di utilizzo di armi
14,3
23,8
scarse
sufficienti
buone
28,6
ottime
33,3
Ricarica personalmente le cartucce che utilizza ?
38,1
SI
NO
61,9
___________________________________________________________________
120
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Munizionamento usato
4,8
14,3
9X21
38,1
4,8
40
45ACP
38SPEC
4,8
357MAG
38SUPER AUTO
44SPEC
19,0
14,3
___________________________________________________________________
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Ha partecipato o partecipa ad attività agonistiche di tiro con
armi ?
47,6
52,4
SI
NO
Ha mai frequentato corsi per l'utilizzo delle armi/ corsi di tiro
?
47,6
52,4
___________________________________________________________________
122
SI
NO
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Passiamo ora all’analisi dei test di sparo:
Prima seduta di tiro : medie del centraggio dei tiri
da distanze progressive per frequenza
di allenamento al poligono
8
7
6
5
4
3
2
1
0
-1
-2
-3
7 metri prima seduta
15 metri prima seduta
10 metri prima seduta
1-10 volte al poligono
11-50 volte al poligono
da 51 a oltre 100
Il grafico dimostra che i soggetti che vanno molte volte al poligono (linea verde)
hanno un rendimento migliore (risultati medi 4,66) rispetto ai soggetti che lo
frequentano 11-50 volte (risultati medi 3,72) e ancora di più rispetto a quelli che
vanno solo 1-10 volte l’anno (media risultati (2,33). Ma soprattutto il rendimento
dei più allenati al tiro è molto costante rispetto alla distanza, mentre chi va poco
al poligono ha un rendimento discreto essenzialmente a 10 metri, ed è pessimo a
15.
___________________________________________________________________
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Nel grafico successivo vengono mostrati i risultati nella seconda prova:
Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da distanze progressive
per frequenza di allenamento al poligono
6
5
4
3
2
1
0
-1
-2
-3
-4
7 metri seconda seduta
15 metri seconda seduta
10 metri seconda seduta
1-10 volte al poligono
11-50 volte al poligono
da 50 a oltre 100
I risultati del grafico mostrano rendimenti nella seconda prova di non facile
interpretazione. Il dato comune è che la media di rendimento si abbassa per tutti i
soggetti (1-10 volte linea blu, media = 1,33; 11-50 volte linea rossa, media =
1,88; da 50 a oltre 100 linea verde, media = 2,2), ma soprattutto i rendimenti
perdono la loro costanza anche nei soggetti con più allenamento sempre in
dipendenza dalla distanza del bersaglio.
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Andamento delle medie dei tipi di centri nelle due prove
per distanza
4,50
4,00
3,50
3,00
2,50
prima prova
2,00
seconda prova
1,50
1,00
0,50
5
m
15
m
3
1
15
m
15
m
0
5
15
m
3
10
10
m
m
1
0
10
m
3
1
5
10
7m
7m
7m
7m
0
0,00
Il grafico di sotto è la rappresentazione di un test statistico ANOVA Within
subjects che è risultato significativo.
Significativo vuol dire che anche se il campione dei soggetti è piccolo,
l’equazione che sta alla base del test dimostra che anche se si facessero 5000
soggetti o di più, il risultato verrebbe così.
E si deve interpretare in questo modo: tutti i soggetti hanno poca ansia di tratto,
cioè loro di base non sono ansiosi, lo diventano invece molto quando fanno le
prove e l’ansia che hanno (di stato, in quel momento lì) è indipendente dalla
prova, che sia la prima o la seconda.
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Per dare più forza al test, è stato effettuato un test chiamato “Post Hoc di
Bonferroni” che è rappresentato in tabella sotto il grafico che segue, e che
dimostra che effettivamente le differenze (in rosso) sono molto significative fra le
due ansie di stato al test e al retest rispetto alla condizione generale di ansia dei
soggetti, ma che non c’è differenza fra test e retest d’ansia
Interazione Within subjects fra le medie ai test di ansia
Current effect: F(2, 40)=9,1580, p=,00053
47
46
45
44
43
42
41
40
39
38
37
ANSIA TRATTO
ANSIA STATO
RETEST ANSIA STATO
Bonferroni test; variable DV_1 (Tesi balistica comparazione excel.sta)
Probabilities for Post Hoc Tests
Error: Within MS = 8,0024, df = 40,000
R1
{1}
1 ANSIA TRATTO
2 STAI-X1
{2}
{3}
0,000992 0,004164
0,000992
1,000000
3 STAI-X1 RE-TEST 0,004164 1,000000
___________________________________________________________________
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I due grafici di sotto si riferiscono alla media di tiri più centrali nella prima e
nella seconda prova in relazione al fatto che i soggetti abbiano partecipato o no a
gare.
Le differenze NON sono statisticamente significative, ma si vede bene che chi
partecipa a gare va meglio degli altri almeno nella prima seduta.
Come si vede tuttavia dal grafico della seconda seduta stranamente chi partecipa
a gare, nella distanza da 10 metri va addirittura peggio di chi non partecipa. La
spiegazione può essere complicata, direi che potrebbe trattarsi di ansia da
prestazione, ma non è chiaro perchè la distanza dei 10 metri sia quella più
difficile. La mia personale supposizione è che i tiratori si allenano generalmente
alle distanze di 8 metri o passano direttamente a 15, indi per cui quando si sono
ritrovati la sagoma alla distanza di 7 metri sono stati avvantaggiati e facilitati,
mentre alla distanza non allenata dei 10 metri sono stati “colti sprovveduti di
allenamento” e magari questa distanza non praticata ha portato difficoltà (magari
anche solo più d’impatto psicologico che reali). Sta di fatto che l’accurata scelta
della sagoma e delle distanze per effettuare il test ha dato ottimi risultati (ossia
non dare punti di riferimento, evitare di premiare tiratori agonisti più che altri
mettendo tutti in situazione di disagio, di necessità di adattamento in situazioni
sconosciute in modo da generare – anche seppur minimamente - situazioni di
stress).
___________________________________________________________________
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Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da
distanze progressive per frequenza a gare
6,0
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
hanno partecipato a gare
non hanno partecipato a gare
0,0
7 metri
10 metri
15 metri
___________________________________________________________________
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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più centrali
da distanze progressive per frequenza a gare
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
7 metri
10 metri
15 metri
hanno partecipato a gare
non hanno partecipato a gare
I grafici di sotto rappresentano la stessa abilità di tiro ma dividendo i soggetti fra
quelli che hanno fatto corsi e quelli che non li hanno fatti. Come si vede nella
prima seduta sono uguali, e questo potrebbe essere un po’ imbarazzante da
spiegare agli eventuali organizzatori di corsi, ma ancora più complicato, capire
come mai nella seconda seduta questa differenza si amplia.
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Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da
distanze progressive per partecipazione a corsi
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
7 metri
10 metri
15 metri
hanno partecipato a corsi
non hanno partecipato a corsi
___________________________________________________________________
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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive per partecipazione a corsi
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
7 metri
10 metri
15 metri
hanno partecipato a corsi
non hanno partecipato a corsi
I grafici che seguono sono basati sull’uso di un metodo statistico del tutto
corretto, ma dal punto di vista del disegno sperimentale e un poco artificioso.
Poiché i soggetti non sono nessuno particolarmente ansioso, in questi casi si può
calcolare la mediana dei valori riportati dal gruppo per le tre variabili: ansia tratto
stai- x1 e stai-x1 retest e sulla base della mediana dividere i soggetti in due
gruppi, l’uno un poco più ansioso dell’altro. Perché artificioso: perché di fatto i
soggetti sono piuttosto simili, ma a quel punto possiamo andare a vedere cosa
succede nei tiri fra prima e seconda prova in dipendenza da una piccola quota di
ansia che li distingue.
___________________________________________________________________
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I risultati devono essere interpretati, ma nessuno di essi è significativo
statisticamente, si tratta di rappresentazioni che magari però possono suggerire
qualcosa:
Prima seduta di tiro : medie dei tiri più centrali da
distanze progressive per differenze di tratto d'ansia
6,0
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia tratto
elevata ansia tratto
___________________________________________________________________
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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive per differenze di tratto d'ansia
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia tratto
elevata ansia tratto
___________________________________________________________________
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Prima seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive
per differenze di ANSIA 1
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia 1
elevata ansia 1
___________________________________________________________________
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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive
per differenze di ANSIA 1
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia 1
elevata ansia 1
___________________________________________________________________
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Prima seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive
per differenze di ANSIA RETEST
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia retest
elevata ansia retest
___________________________________________________________________
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Seconda seduta di tiro : medie dei tiri più
centrali da distanze progressive
per differenze di ANSIA RETEST
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
7 metri
10 metri
15 metri
bassa ansia retest
elevata ansia retest
___________________________________________________________________
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5.6. Conclusioni
A fronte di tutti i dati raccolti, di quanto fin’ora trattato, delle mie esperienze
personali e testimonianze dirette, traggo le seguenti conclusioni: ogni persona
potenzialmente può utilizzare un arma corta ed avere ottimi risultati sul bersaglio
alle brevi distanze, in quanto, a tali distanze, di facile utilizzo (ad es. è
impossibile mancare un bersaglio “a bruciapelo”). La diversità tra tiratori esperti
e non, si può notare solo a distanze apprezzabili (almeno qualche metro) e
soprattutto si nota che, quello che differisce i vari tiratori, è l’allenamento per il
tiro effettuato. Ovvio che tra una persona che non ha mai maneggiato un arma e
una che ne abbia anche solo un discreto maneggio, cambino molte variabili e
dinamiche (sia d’impiego che di utilizzo). Come risulta dai dati della ricerca
infatti, coloro che hanno il porto dell’arma, ma che ne fanno un raro utilizzo, non
differiscono in maniera incisiva da tiratori amateur. Quello che veramente denota
la differenza sono gli allenamenti; infatti quei tiratori che sparano più
frequentemente e tirano un maggior numero di colpi avranno migliori risultati
(ovviamente nell’ambito delle modalità di tiro e delle distanze allenate).
Altri fattore che possono farci capire l’abilità del tiratore sono: le linee di tiro, le
traiettorie (un tiratore esperto conosce molto bene la tattica oltre alla tecnica), il
numero di colpi utilizzati ed il loro effettivo raggiungimento del bersaglio
(improbabile che un tiratore esperto manchi il bersaglio designato), il calibro
utilizzato (che può anche essere messo in relazione alla distanza tra bersaglio e
tiratore). Tutte queste e altre variabili “sono tutte parti di un puzzle”, dove ogni
particolare è fondamentale e unico, e che possono essere colte e valutate soltanto
da esperti, in quanto molto complesse e di difficile individuazione.
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6. LA BALISTICA FORENSE
6.1. Differenza tra impronte di classe e di singolarità d’arma
La prima cosa è sapere conoscere le procedure che consentano di discriminare tra
le tracce di classe – ovvero quelle micro e macro tracce presenti su ogni elemento
e su altri milioni di elementi simili a quello, in quanto “figli” di un unico progetto
– e le peculiarità che sono le sole tracce che consentono, nella balistica forense,
di poter affermare la identità o la non identità. Tali peculiarità si formano grazie a
tutta una serie di eventi che non sono legati, se non per eventi eccezionali, al
progetto originario, mentre anche nelle tracce di classe si formeranno le
peculiarità. E’ anche importante e fondamentale seguire le procedure per il
posizionamento dei reperti o dei test in un contesto spaziale ben definito, in
modo da ottenere un quadro topografico degli elementi sempre sovrapponibile tra
loro.
CLASSE
Sono le impronte lasciate dagli organi dell’arma, organi di progettazione, ed
hanno quasi sempre una disposizione spaziale ben definita oltre a quella
morfologica e generalmente metrica. Per cui è possibile affermare, in assenza di
anomalie, che tutte le armi di una certa marca ma di quel modello, siano esse 10
oppure un milione, lasceranno sul bossolo esploso identici segni, ubicati sempre
nella stessa posizione spaziale, per come già detto, chiamati segni di repere.
Normalmente le impronte di classe sono prodotte da:
== Estrattore.
== Espulsore.
== Percussore.
== Culatta.
== Pieni di rigatura.
___________________________________________________________________
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== Vuoti di rigatura.
== Numero dei solchi conduttori.
== Verso dei solchi.
== Angolo con la generatrice.
SINGOLARITA’
Queste impronte possono essere localizzate su ogni parte del reperto e sono
presenti anche nelle impronte di classe. Sono causate da moltissimi fattori quali:
· Segni di lavorazione sull’arma (limature, tornio, etc. segni che si differenziano
anche per il consumo dell’utensile usato).
· Residui di lavorazione (trucioli).
· Ossidazioni.
· Sostituzione di pezzi o segni di arnesi.
· Pulizia con oggetti duri che causano micro peculiarità.
· Usura diversificata.
· Ecc., ecc.
6.2. Tipi di perizie balistiche: mezzi e strumenti
Tra i molteplici campi d’azione in cui opera l’indagine tecnica di polizia
scientifica rivestono particolare interesse ed esercitano indubbio fascino quelli
connessi con l’impiego delle armi da fuoco per la commissione di delitti e, come
tali, rientranti nella casistica giudiziaria.
Ciò considerato, proprio per l’importanza e per la complessità dell’argomento in
questione, risulta necessario affrontare una trattazione minimamente organica
delle problematiche legate all’indagine balistica riportando, almeno in rapidi e
sintetici accenni la vigente normativa, le informazioni generali e lo stato attuale
della tecnologia delle armi e delle munizioni.
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Solo premettendo quanto sopra – e quindi sostanzialmente indicando l’oggetto
dello specifico accertamento - é dunque possibile far seguire una dissertazione
sui modi di indagine e sulle pratiche operative attualmente in uso presso le
sezioni di indagine balistica della Polizia Scientifica italiana.
6.3. Gli strumenti indispensabili per la comparazione balistica
Lo strumento principe per eseguire una corretta comparazione balistica è
sicuramente il microscopio comparatore anche se altri strumenti essenziali per
uno studio approfondito sono: il banco di smontaggio delle armi, il banco
reprovit fotografico, il microscopio stereoscopico, la bilancia elettronica, il
cronografo balistico, il calibro (meglio se digitale) e il micrometro, una cassa di
recupero dei proiettili e lo sbossolatore.
6.4. Le impronte utili nel bossolo esploso per la comparazione balistica
Le impronte utili per la comparazione balistica presenti sul bossolo esploso in
un’arma semiautomatica sono: quelle dell’unghia estrattrice e dell’espulsore
(rigano in maniera unica il bossolo al momento dell’espulsione), quella del cane
(che lascia segni e rigature sul fondello), e quella del percussore che provoca
un’impressione sulla capsula dell’innesco (che però può venire facilmente
alterata – se viene limata, graffiata o anche solo minimamente scalfita -).
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6.5. Alterazioni e modifica di armi
Limitiamoci a dire vietato alterare le armi da sparo mediante alterazione della
meccanica in modo da aumentarne la potenzialità o mediante modifica delle
dimensioni per facilitarne porto od occultamento. Quindi è vietato accorciare
notevolmente la canna, ma è consentito un taglio di qualche cm per riparazioni; è
vietato aumentare il calibro, trasformare l’arma da semiautomatica a raffica,
rendere il calcio pieghevole; non è vietato montare accessori quali cannocchiale,
variatore di strozzatura, freno di bocca, contrappesi, congegni di mira; non è
quindi vietato filettare la canna per montare tali accessori. Non sono vietate
alterazioni che non incidano sulla meccanica e alterazioni che non aumentino
potenza o occultabilità. È consentito alesare e ritubare una canna perché ciò ne
diminuisce la potenzialità; la modifica del calibro va denunziata. La lunghezza
delle canne delle armi a canna liscia non risulta da nessun atto ufficiale e molte
sono costruite su misura; quindi la lunghezza delle canne può essere variata in
misura più ampia purché non si giunga a creare una “lupara”. Il reato di
alterazione di arma è ascrivibile solo a chi ha modificato l’arma; non commette
alcun reato il detentore, salvo che abbia concorso nel reato di alterazione o abbia
commesso ricettazione.
6.6. Residui di sparo
RESIDUI DELLO SPARO - STUB
ANTEFATTO
Nel mondo forense, ma sopratutto nell' universo scientifico, anche pochi anni
possono portare grossi mutamenti. Due eventi importanti, in questo ambito, sono
riportati brevemente qui di seguito:
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Il 15 febbraio 2007 l’ASTM approvava una nuova release dello standard per i
GSR denominata E 1588 – 07.
Oltre a numerose altre modifiche rispetto alla precedente versione E 1588 – 95
(reapproved 2001), una delle novità più rilevanti è la declassificazione definitiva
da caratteristiche a compatibili.
Ad ottobre dello stesso anno si teneva a Lione il 15th International Forensic
Science Symposium indetto dall’Interpool. Semplicemente, in tale congresso
furono recepiti i criteri e le linee guida già fissati nel corso dell’FBI Symposium
del 2005 e di alcuni altri lavori nel frattempo pubblicati da ricercatori del settore.
Per gli addetti ai lavori ciò vuol dire che è avvenuto un importante cambiamento
nella sostanza, nella tecniche operative, nei protocolli ed infine nella valutazione
dei risultati ottenuti.
PREMESSA
Molti scritti sono reperibili sul mercato anche se espressamente incanalati,
naturalmente, nel mondo forense. Interessantissime notizie, esperienze e come
rappresentarsi di fronte alle problematiche connesse da tali indagini, mi sono
state trasmesse direttamente da esperti. Tale scienza la ritengo, tra le più difficili,
vasta e complessa proprio perché racchiude materie come la fisica, la chimica, la
matematica, l’ingegneria meccanica e la balistica.
L’argomento sarà trattato in modo sintetico e conciso per ovvi motivi.
GENERALITA’
Un importante elemento di validità probatoria ai fini dell'identificazione
dell'autore di un reato ove sia stata utilizzata un’arma da fuoco, è la ricerca dei
residui dello sparo.
L'interesse attribuito a questo mezzo di investigazioni riveste una notevole
rilevanza tecnica in quanto la stessa scienza è reduce di tipologie di accertamenti
in materia considerati insicuri, dubbiosi e litigiosi che non consentivano,
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appunto, di accertare in “scienza e coscienza” la presenza o meno di particelle
derivanti dalla deflagrazione di munizionamento.
Gli stub chiusi
CENNI STORICI
Gonzales negli anni 30 fu il primo ad interessarsi e ad istituire un metodo
protocollare per individuare i residui dello sparo sulle mani dell’indiziato.
Individuò un metodo che prevedeva la spalmatura di paraffina fusa, quindi molto
calda, sulle mani degli indiziati. Il fatto che fosse molto calda in teoria avrebbe
dovuto dilatare i pori dell’epidermide dell’indiziato e catturare le eventuali
particelle presenti sulla mano, sia particelle combuste e sia non combuste. Il
prodotto raffreddato finale, chiamato in gergo guanto di paraffina, veniva
sottoposto ad una indagine chimica chiamata Difenilammina. Il risultato finale di
tale ricerca, nel caso di positività, era quella che i residui si coloravano di blu.
Venne dimostrato che questa colorazione veniva raggiunta, anche, con presenza
di urina (nitriti e nitrati) e fertilizzanti, etc.
In occasione delle indagini sull’omicidio del Presidente Kennedy negli USA
vennero messe a punto metodiche intese ad accertare la presenza di residui
metallici derivanti dalla detonazione della miscela innescante (stifnato di piombo,
biossido di bario, solfuro di antimonio, ecc.). Si svilupparono così orientamenti
tecnici di ricerca.
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NOTIZIE TECNICHE
Durante lo “sparo” di un’arma da fuoco, la notevole pressione e temperatura dei
gas di combustione all’interno della canna da un lato produce la fuoriuscita del
proiettile dall’altro provoca reazioni chimico-fisiche su piccolissime particelle di
polvere da sparo. Queste ultime vengono proiettate fuori dalla stessa arma ed
investono le superfici circostanti sotto forma di aerosoli.
Nelle cartucce in genere, si ritrovano due tipi di polvere da sparo:
la polvere d’innesco che trasforma l’energia meccanica di percussione in energia
termo-chimica, che successivamente viene trasferita alla polvere di lancio;
la polvere di lancio che realizza la propulsione del proiettile.
Struttura interna dello stub
Come componenti dell’innesco si è soliti ritrovare:
- bario nitrato – Ba (N03)2;
- piombo nitrato – Pb (N03)2;
- calcio silicato – Ca Si2;
- antimonio solfato – Sb2S3;
- piombo diossido – Pb02;
- piombo solfocianato – Pb (SCN)2;
- piombo stifnato (C6HN3O8Pb);
- alluminio – Al.
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Il materiale più comunemente utilizzato per la fabbricazione dei bossoli è
l’ottone (ottone Cu-Zn 35, il numero indica la percentuale di zinco presente).
Nella fabbricazione dei bossoli vengono, altresì, utilizzati alluminio, zinco, rame
ed alcuni tipi di plastica.
Per quanto concerne i proiettili, essi possono essere costituiti soltanto da piombo,
oppure avere la parte centrale (nucleo) in piombo ed un rivestimento esterno
(mantello) in rame oppure antimonio o nichel.
I residui dello sparo, pertanto, possono essere costituiti oltre che da elementi
provenienti dagli inneschi anche da quelli che derivano dalla camiciatura del
proiettile e dall’orlo del bossolo.
Quando avviene la deflagrazione all’interno della camera di scoppio di un’arma
si succedono in pochissimi secondi tre fasi:
a) una prima fase (cosiddetta PIROSTATICA) caratterizzata dalla combustione
della polvere di lancio a volume costante essendo il proiettile fermo. In questa
fase la temperatura raggiunge i 2.000 °C e la pressione i 1.400 p.s.i. (pound
square inch=libbra x pollice quadrato);
b) una seconda fase (cosiddetta PIRODINAMICA) caratterizzata dalla
contemporaneità della combustione a volume costante e pressioni variabili. La
temperatura e la pressione raggiungono i massimi livelli: circa 3.600°C e circa
40.000 p.s.i.;
c) una terza fase (cosiddetta di ESPANSIONE) caratterizzata dall’espansione del
gas e dal moto del proiettile. Le tre fasi successive si verificano quasi
contestualmente alla detonazione dell’innesco.
Come si è già detto, gli elementi metallici come il piombo, l’antimonio ed il
bario, che fanno parte della composizione chimica delle polveri da innesco,
durante lo sparo, così come altri elementi metallici facenti parte della
composizione chimica della polvere di lancio, del proiettile e del bossolo per
effetto dell’elevata energia termica e meccanica e dell’alta pressione a cui sono
sottoposti, subiscono un processo di fusione e successiva vaporizzazione
ritrovandosi pertanto presenti insieme sotto forma di goccioline fuse (aerosoli)
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che si raffreddano immediatamente venendo ad assumere spesso, ma non sempre,
un caratteristico aspetto sferoidale, analogamente al fenomeno dei boli vulcanici,
tanto da essere state chiamate FIREBALLS (palle di fuoco).
La forma e la composizione di tali residui, denominati GSR (Gun Shot Residue)
o CDR (Catridge Discharge Residue) provenienti dalla polvere innescante
durante lo sparo è tale da non lasciare adito ad alcun dubbio ai fini delle indagini.
Infatti, non si conoscono allo stato attuale attività umane diverse dallo sparare
che possano produrre particelle contenenti insieme piombo (Pb), bario (Ba) ed
antimonio (Sb).
Il loro diametro varia solitamente da 0,5 a 50 micron.
IMPORTANTI ELEMENTI per l’individuazione, interpretazione e per le
conclusioni, sono:
• TEMPI DI PERSISTENZA: Per motivi di gravità, il numero di particelle
presenti su di una determinata superficie è destinato a decrescere con il passare
del tempo. Parliamo di ore.
• IL NUMERO DELLE PARTICELLE: E’ evidente che l’utilizzo delle svariate
tipologie di armi influisce necessariamente sulla quantità di particelle presenti
sulla persona indagata (arma corta, arma lunga, ecc.).
• MORFOLOGIA E DATI METRICI: Molto influenti per le conclusioni
risultano: la forma e il diametro. Per esempio ritrovare una grossa particella dopo
un lasso di tempo di molte ore è un evento negativo in quanto sono proprio le
grandi particelle che a causa della forza di gravità sono le prime a cadere.
• LA BALISTICA: Che dallo studio meccanico dell’arma individua la
compatibilità tra numero, qualità ed ubicazione delle particelle presenti.
CLASSIFICAZIONE: Nel 1984, J.S. Wallace e J. McQuillan (del Northern
Ireland Forensic Science Laboratory - Belfast) rivisitarono la classificazione di
Wolten et Coll. e pubblicarono il lavoro nel vol. 24, pp. 495 - 508 del Journal of
the Forensic Science Society “Discharge Residues from Cartridge-operated
Industrial Tools”. Ecco una sintesi di pag. 503 e ss.:
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"Firearms discharge residue classification"
The following classification system is a modification of that given by Wolten and
colleagues [1]. It is based on casework experience with bulk elemental analysis
and particle analysis, past laboratory tests on firearms and associated items
(including cartridge tools) and the available literature on the chemistry relating
to firarms.
...(Omissis)...
This classification system applies to brass-cased, lead-, antimony- and bariumprimed ammunition and brass-cased, lead and barium primed ammunition. It is
intended as a general guide only, and is shown in Table 4.
Traduzione:
Classificazione dei residui di sparo di arma da fuoco
Il seguente sistema di classificazione è una modifica di quello dato da Wolten e
colleghi [1]. E' basato su esperienza di lavoro con sistemi di analisi qualitativi e
analisi di particelle, su prove di armi e munizioni (incluse quelle per strumenti da
lavoro) eseguite in laboratorio e sulla letteratura disponibile concernente la
chimica riguardante le armi da fuoco.
...Omissis...
Questo sistema di classificazione si applica a cartucce con bossolo in ottone e
innesco a base di piombo, antimonio e bario e a cartucce con bossolo in ottone e
innesco a base di piombo e bario. E' inteso solo come guida generale ed è
riepilogato nella Tavola 4.
TAVOLA 4 - Classificazione delle particelle residuo di sparo1
Univoche
Pb, Sb and Ba
Sb and Ba
Indicative
Ba, Ca e Si2
Pb e Sb
Pb e Ba
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Sb (con S)
Sb (senza S)
Ba2
Pb
Pb, Sb e Ba assente 3,4
1.Le particelle di tipo indicativo sono elencate in un ordine approssimativamente
decrescente di significatività.
2.S assente o accettabile solo in traccia quando il Ba è presente a livello
maggiore.
3.Ciascuna delle sopraelencate combinazioni possono contenere parte o tutti dei
seguenti elementi: Al, Ca, S, Si a livello maggiore, minore o in traccia; Cl, Cu, K,
Fe, Zn (solo se Cu è anche presente e Zn/Cu minore di 1) a livello minore o in
traccia; Mg, Na e P solo a livello di traccia, vedi testo.
4.Le particelle che non contengono Pb, Sb o Ba possono essere considerate
indicative se sono composte esclusivamente degli elementi elencati al punto 3. e
se sono accompagnate da altri tipi di particelle indicative.
Come è possibile notare le quattro composizioni considerate univoche da Wolten
et Coll. si riducono a due soltanto nella revisione di Wallace e Mc Quillan.
Il metodo, protocollato per la prima volta da Wolten et Coll. alla fine degli anni
settanta e successivamente rivisto da Wallace e Mc Quillan, non subirà variazioni
di rilievo fino alla metà degli anni novanta almeno in relazione al procedimento
analitico, che è stato solo migliorato con il continuo aggiornamento della
strumentazione utilizzata, certamente oggi più maneggevole ed affidabile di
quanto allora non fosse.
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7. Legislazione in materia di armi e munizioni
7.1 Leggi varie
Acquisto di armi
Ogni cittadino sano di mente, che non si ubriachi o non si droghi e che non sia
pregiudicato o malfamato o obiettore di coscienza ha diritto di acquistare armi.
Chi è munito di una qualsiasi licenza di porto d’armi ha già dimostrato
all’autorità di essere sano di mente ed onesto e quindi può acquistare armi e
munizioni di ogni genere, nei limiti consentiti. Chi ha licenza di porto di fucile
può acquistare armi corte, e viceversa. Per le munizioni si veda apposita voce. I
limiti per la detenzione di armi sono:
Armi da caccia:
senza limite
Armi sportive:
6 pezzi
Armi comuni in genere:
3 pezzi
Entro tali limiti si possono detenere più esemplari dello stesso modello di arma.
Chi non ha una licenza di porto d’armi deve invece richiedere apposito nulla
osta per ogni operazione di acquisto di una o più armi. Va richiesto alla questura
indicando i motivi (caccia, difesa, sport) e il tipo di armi che si intendono
acquistare; la questura può richiedere un certificato di sanità mentale rilasciato
dal medico di famiglia o, a discrezione del questore, dalla ASL. È prassi delle
questure richiedere l’idoneità al maneggio delle armi. In alcune questure si
richiede, a chi non ha fatto il militare, il certificato di capacità al maneggio delle
armi rilasciato dal TSN; è richiesta che non trova supporto nella legge, ma del
tutto usuale. In alcune questure, come suggerito dal Ministero, non richiedono il
certificato se il richiedente rinunzia a detenere le munizioni per l’arma; soluzione
esatta perché neppure il collezionista deve produrlo, visto che non può detenere
le munizioni. Ovvio poi che sarebbe insensato chiedere il certificato del TSN al
maneggio di armi da fuoco, a chi vuol acquistare un’arma bianca o un’arma
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antica. Sono illegittime imposizioni circa le modalità di custodia (arma smontata,
arma in cassaforte) apposte nel nulla osta perché modificano l’atto tipico previsto
dalla legge.
Il nulla osta è gratuito e vale trenta giorni per tutto il territorio italiano. Esso
autorizza a trasportare le armi acquistate fino al luogo di detenzione. Per recenti
disposizioni del Min. Finanze è stato reintrodotto il bollo sulla domanda di
rilascio e sul nulla osta.
Gli obiettori al servizio militare possono acquistare liberamente armi
liberalizzate e possono ottenere nulla osta solo per acquisto di armi ad aria
compressa con più di 7,5 Joule o di repliche di armi ad avancarica a più colpi.
Possono ottenere licenze di trasporto per esse. Possono ovviamente usare le armi
liberalizzate e quindi ottenere il nulla osta per acquisto di polvere nera. Essi
hanno diritto di ottenere dal TSN certificato di abilitazione al tiro per le armi loro
consentite. Se hanno rinunziato allo status di obiettore riacquistano i diritti di
ogni altro cittadino.
I cittadini comunitari non residenti in Italia devono esibire alla questura il nulla
osta del proprio paese. In teoria anche un cittadino extracomunitario può ottenere
licenze di PS, ma spesso si richiede reciprocità di trattamento e gli può essere
difficile dimostrare i requisiti personali.
La legge prevede che il prefetto può vietare la detenzione di armi a chi potrebbe
abusarne. È un provvedimento amministrativo che deve rispettare la procedura
prevista per i provvedimenti amministrativi. Accade sempre più spesso che agenti
di polizia giudiziaria che accertano un modesto illecito in materia di armi, oltre a
sequestrare l’arma o cartuccia corpo di reato, si portino via “in via cautelare”
tutte le armi. È comportamento non consentito dalla legge e che potrebbe
comportare risarcimento danni. Solamente in caso di urgenza e pericolo (segni di
squilibrio del detentore, atti gravi di violenza) il “Capo dell’Ufficio di P.S. del
luogo”, e non altri, può adottare un provvedimento provvisorio da trasmettere
con urgenza al prefetto. Quindi per la restituzione di queste armi è competente il
prefetto.
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Denunzia e custodia di armi.
Chi è in possesso di armi o loro parti essenziali deve denunziarle al più presto
(due o tre giorni). La detenzione di armi non richiede il possesso di licenze di
porto. La denunzia viene fatta in duplice copia e in carta libera, indicando i dati
indicativi delle armi e il luogo di loro custodia. La denunzia viene presentata alla
Questura o Commissariato del comune di custodia; se mancano, ai Carabinieri.
Essi timbrano l’originale per ricevuta e trattengono la copia. Il funzionario non
può rifiutarsi di timbrare la denunzia, anche se sbagliata o incompleta, perché il
cittadino ha il diritto di avere la prova di aver fatto denunzia tempestiva; le
correzioni verranno fatte, se necessario, successivamente. La denunzia può essere
fatta anche per raccomandata con ricevuta di ritorno o con mezzi telematici, in
particolare con il fax (si veda modulo di denunzia nel sito Polizia di Stato). Si
consiglia di inviare la denunzia senza busta, in modo che sia timbrata sul retro.
La denunzia deve contenere anche l’elenco delle armi già denunziate,
specialmente se ad altra autorità. Le munizioni possono essere denunziate
assieme alle armi o separatamente. Le munizioni possono anche essere non
pertinenti alle armi denunziate.
Anche la detenzione temporanea di armi ricevute in comodato va denunziata da
parte di chi le riceve se supera due o tre giorni; non va denunziato il prestito fatto
in viaggio, durante una partita di caccia o un turno di gare.
Le armi possono essere detenute e denunziate in luoghi diversi dalla residenza ed
anche in più luoghi diversi (casa di abitazione, ufficio, negozio, cassetta di
sicurezza in banca, seconda abitazione). Unica cosa da tener presente è che il
luogo in cui si trovano dia sufficienti garanzie di adeguata custodia. Anche in
questo caso il funzionario non può censurare in anticipo il luogo scelto per la
custodia e rifiutare la denunzia. Se successivamente accerterà che in concreto le
armi sono mal custodite, denunzierà tale reato.
Nel luogo di denunzia privato le armi possono essere detenute cariche e pronte
all’uso, perché sono destinate anche alla difesa abitativa; non devono essere
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conservate smontate o chiuse in cassaforte. Importa solo che esse siano al sicuro
da furti quando nessuno è in casa e che non le usino bambini o minorati. È
consentito lasciarle alla portata di familiari ed altre persone ospitate, se capaci;
non è richiesto che siano abilitate al maneggio di armi. Una casa con finestre non
accessibili e con robusta porta e serrature è un luogo idoneo per impedire furti. In
una casa di campagna che rimane vuota per parecchi giorni è consigliabile una
cassaforte. L’obbligo di custodia non riguarda (o è molto attenuato) le parti di
armi; perciò l’arma privata di una parte essenziale richiede minori cautele. Le
armi non vanno lasciate all’aperto in auto, incustodita.
I fabbricanti e commercianti di armi non devono denunziare né armi né
munizioni poiché le devono caricare sul registro giornaliero. Non deve
denunziare le armi l’Agente di P.S. che le detiene per servizio (la detenzione
risulta da atti pubblici).
Collezione di armi
Chi intende detenere più di 6 armi sportive o più di 3 armi comuni non da caccia
deve munirsi preventivamente di licenza di collezione; questa ha essenzialmente
lo scopo di accertare che siano adottate misure di custodia adeguate al numero e
tipo delle armi. La licenza si richiede al questore (unendo due bolli) ed è gratuita
e permanente. Non è richiesta la capacità tecnica né la idoneità fisica. Si può
richiedere la licenza anche se non si intende detenere armi fuori collezione ed
anche per una sola arma. Nulla vieta che nella richiesta iniziale si indichi il
numero presumibile delle armi che si intendono collezionare in futuro e indicare
misure di custodia già adeguate al numero finale, così rendendo automatico
l’inserimento dei successivi acquisti.
Ottenuta la licenza si può procedere ai successivi acquisti chiedendo ogni volta
l’inserimento dell’arma o delle armi nella licenza (due bolli). Alcune questure
richiedono la domanda preventiva, prima dell’acquisto; questa è necessaria solo
se già si è esaurito il numero di armi fuori collezione.
In collezione si può tenere un solo esemplare per ogni modello di arma
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catalogata; per le armi non catalogate in quanto precedenti al 1979 se ne possono
detenere due esemplari con la stessa denominazione e calibro; altri esemplari
possono essere detenuti fra quelli fuori collezione (quindi se uno ama solo le
Luger può averne cinque).
Non possono essere detenute munizioni pertinenti alle armi in collezione; il
divieto cade se si hanno armi dello stesso calibro fuori collezione.
Nessuna norma vieta l’uso delle armi in collezione e perciò esse possono essere
portate al poligono per tirare e possono essere date in comodato, se sportive; le
armi da caccia non vanno in collezione. Però molti questori hanno frainteso la
legge e impongono nella licenza il divieto di uso; è prescrizione erronea, ma chi
se la ritrova deve osservarla.
Chi trasferisce le armi in altro domicilio deve rinnovare preventivamente la
licenza.
Anche la licenza di collezione di armi antiche rare ed artistiche è gratuita e
permanente; le misure di sicurezza non sono richieste per le armi bianche e
possono essere largamente attenuate od omesse per quelle da sparo (le repliche
moderne di un’arma antica, funzionanti e robuste, sono di libera detenzione); è
vietato detenere le munizioni, ma si può detenere polvere da sparo. Il titolare può
ampliare la collezione senza denunziare le nuove armi se esse sono dello stesso
genere per cui stata rilasciata la licenza (ad es. una nuova pistola se già si
detenevano armi da fuoco; se si fossero detenute solo armi bianche, la pistola
andrà denunziata).
Chi ha una stanza blindata per la collezione di armi, può ovviamente conservare
in essa anche le armi fuori collezione.
Le armi bianche moderne possono essere detenute in qualsiasi numero senza
licenza di collezione, ma vanno denunziate.
Porto di armi
Le armi possono uscire dal luogo in cui sono custodite e sue adiacenze solo in
mano di persona munita di licenza di trasporto o di porto d’armi. Adiacenze di
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una abitazione sono i luoghi esterni direttamente collegati ad essa e di uso
esclusivo del proprietario (aia, cortile, orto, giardino, atrio, garage, stalle, ecc.)
poiché ad essi è logico estendere le esigenze di difesa abitativa.
Per ottenere una di queste licenze bisogna non aver commesso reati gravi ed aver
fatto il militare oppure avere il certificato di idoneità al maneggio delle armi, dato
dal TSN. Il certificato è generico e non ha importanza se sia stato conseguito con
armi lunghe o corte. Inoltre occorre produrre il certificato di idoneità psicofisica
rilasciato dalla ASL o dal Medico Militare o della Polizia. La riabilitazione
cancella interamente i vecchi reati.
Alcune persone, salvo che siano obiettori, possono portare armi senza licenza:
Prefetti, Ufficiali di P.S., Magistrati ordinari, Giudici di pace, Magistrati onorari
ed amministrativi, Dirigenti di carceri. Altri, appartenenti a corpi militari o
dipendenti da enti pubblici, portano le armi senza licenza durante il servizio e
secondo i propri regolamenti. Gli Ufficiali delle FF.AA. in servizio permanente
attivo hanno diritto alla licenza di porto d’armi gratuita (alcuni uffici contestano
la gratuità). Altre categorie possono ottenere licenza gratuita se il richiedente è
esposto a particolare rischio.
Le licenze di porto d’arma sono:
• Licenza di porto di arma corta per difesa personale: non esiste più da tempo
la distinzione tra pistola e rivoltella. Viene rilasciata dal prefetto a chi ha
dimostrato bisogno di difendersi (frequente trasporto di danaro, pericolo di
sequestro, possesso di preziosi, professione a rischio, politici, ecc.). Deve essere
rinnovata ogni anno (€ 115), ma il libretto con la foto viene rilasciato con la
validità di cinque anni; ogni anno va inserito il foglietto intercalare che avrà
valore per un anno dalla data del rilascio. Se non si è pagata la tassa il libretto
non vale nulla e non abilita all’acquisto di armi e al loro trasporto.
Autorizza al porto di armi corte, anche di modello sportivo (tesi contestata da
alcuni, ma in contrasto con l’espressa volontà del legislatore indicata negli atti
parlamentari), in ogni tempo e luogo salvo che in riunioni pubbliche (comizi,
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partite di calcio, discoteche affollate) e su aeromobili; su treni e mezzi di
trasporto pubblico terrestre statali o regionali e su traghetti delle ferrovie devono
essere scariche e smontate (per le pistole basta togliere il caricatore).
Autorizza a sparare con arma corta, per sport o per difesa, ovunque al di fuori di
luoghi abitati; nell’abitato si può sparare per diletto, ma solo in luoghi chiusi ove
sia esclusa la fuoriuscita di proiettili e inquinamento acustico.
La licenza rilasciata alla guardie giurate è una normale licenza di porto d’armi a
tariffa scontata, non soggetta a limitazioni temporali (non possono però andare in
riunioni pubbliche, ecc., se non in specifico servizio). Se licenziate può essere
sospesa dal prefetto.
La legge prevede una licenza per il bastone animato, ormai obsoleta.
Competente al rilascio è il prefetto della provincia in cui si ha la residenza o il
domicilio.
• Licenza di porto di fucile (anche) per uso di caccia: originariamente la
licenza di porto di fucile per difesa personale non richiedeva dimostrazione del
dimostrato bisogno; chi intendeva usarla anche per caccia doveva pagare una
ulteriore tassa; da ciò la dicitura.
Il Decreto 17 aprile 2003 del Min. Int. ha introdotto un unico libretto di porto di
fucile che verrà rilasciato o per caccia o per tiro a volo o per difesa personale.
Secondo la Cassazione, l’uso dell’arma per uno scopo diverso da quello specifico
(ad es. caccia con licenza per tiro a volo) non comporta sanzioni penali; può
comportare però il ritiro della licenza stessa. Si ricorda che la licenza di caccia
assorbe quella per il tiro a volo.
La licenza per difesa è annuale e deve essere rinnovata ogni anno, anche se il
libretto rimane valido per 5 anni; quindi è regolata come la licenza per arma
corta.
La licenza per caccia o tiro a volo è valida per sei anni, non occorre il foglietto
intercalare, ma basta pagare le tasse. Il fatto di non pagare la tassa annuale di
CC.GG. (€ 168) non comporta la sua inefficacia, ma solo sanzioni amministrative
e fiscali ; quindi anche se non si pagano le tasse, il libretto autorizza a comperare
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armi e al trasporto di armi e chi porta il fucile non commette alcun reato
(Cassazione costante). In questo caso infatti ha comunque valore di licenza di tiro
a volo, per l’appunto gratuita (e finché si ha la licenza di caccia non si può
ottenere anche la licenza di tiro a volo; ovvio quindi che essa valga comunque a
tal fine).
La licenza abilita al porto di ogni arma lunga comune (anche sportiva o non da
caccia), purché non per difesa personale, osservata la normativa venatoria (ad
esempio per tiri di prova). È però praticamente impossibile stabilire se un’arma
lunga è portata per difesa o per caccia, salvo che lo dichiari lo stesso autore del
fatto.
I limiti al porto sono gli stessi di cui alle armi corte; in più vanno osservati i
divieti venatori che vietano di portare fucili carichi in tempo e luoghi di caccia
non consentita e di osservare determinate distanze (violazioni punite con sanzioni
amministrative) e di usare determinati tipi di armi. Ciò comporta che in alcuni
luoghi e giorni non si può sparare liberamente con l’arma lunga, salvo che ciò
avvenga in luoghi attrezzati (poligoni, anche privati) oppure sotto il diretto
controllo dell’autorità amministrativa (ad es. gare estemporanee di tiro, prova di
fucili, esami di cacciatori, ecc.) la quale constati che non si fa del bracconaggio.
Il cacciatore può portare con sé più di un fucile.
Competente al rilascio della licenza è il questore della provincia in cui si ha la
residenza o il domicilio.
• Licenza di porto di fucile per il tiro a volo: qualcuno la chiama licenza per il
tiro sportivo, ma è dicitura priva di significato. Quando nel 1967 vennero
introdotte le tasse venatorie regionali si creò questa licenza per chi voleva portare
il fucile, ma non cacciare. Quindi è una normale licenza di porto che autorizza "il
porto di armi lunghe da fuoco" fino ad ogni campo di tiro a volo. È gratuita ed ha
la validità di sei anni. Non è richiesta la iscrizione alla FITAV, che è una
associazione privata. Non è necessario possedere un fucile, che può essere preso
in comodato. I requisiti richiesti sono gli stessi indicati per la licenza di caccia.
Chi ha la licenza di caccia non ha ragione di avere anche la licenza di TAV.
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Consente di acquistare e trasportare armi e munizioni di ogni genere (anche armi
corte).
Dall'insieme della legge si comprende che essa consente il porto solo di fucili a
canna liscia e il trasporto di ogni altro tipo di armi. Essa autorizza chiaramente il
porto di fucile, ma per prudenza consiglio di limitarsi a trasportare il fucile da
tiro a volo perché potrebbe essere considerato illegale il fatto di portarlo al di
fuori del campo di tiro. Non è consigliabile fare tiro a volo in aperta campagna.
Il titolare può sparare con il fucile in qualsiasi poligono, anche privato. Non è
consigliabile di sparare ai piattelli in zona non attrezzata a campo di tiro per
evitare contestazioni venatorie.
.
Trasporto di armi
Trasportare un’arma significa spostarla da un luogo ad un altro in condizioni tali
da rendere materialmente impossibile di usarla, carica o scarica, in modo rapido;
le armi non devono poter essere usate rapidamente, neppure se ci si trova in
situazione di pericolo e quindi di legittima difesa. Quindi: le armi dovranno
essere smontate in almeno due parti, se l’arma è di tipo scomponibile (nessun
problema per doppiette, sovrapposti, fucili con otturatore; lo smontaggio
potrebbe essere complicato, e quindi non dovuto, per pistole, rivoltelle e
semiautomatici); l’arma deve essere scarica, il caricatore senza cartucce e le
munizioni devono essere a parte o, se assieme alle armi, imballate a parte. Le
armi dovranno essere in un contenitore chiuso a chiave oppure in un involucro
ben legato con cinghie o corde. Questo in linea di massima perché, ad esempio,
se l’arma è imballata come se dovesse essere spedita, si può fare a meno di
smontarla; se l’arma è priva di un pezzo essenziale, si può fare a meno di
imballarla accuratamente, ma basta che sia in un involucro. Per armi da tiro può
bastare anche l’apposita valigetta, chiusa a chiave e senza munizioni nel
caricatore. La cosa importante è che chi controlla il trasporto possa constatare
che effettivamente per poter impugnare l’arma occorre una serie di operazioni
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non eseguibili in poche decine di secondi.
Le regole esposte valgono per le persone autorizzate al trasporto; chi trasporta
illegalmente dovrà fornire una prova molto più convincente! Infatti un
bracconiere non può andare nel bosco con un fucile ben imballato, appostarsi in
attesa di un cervo e, se scoperto, sostenere che egli l’arma la stava solo
trasportando! La sua condotta in questo caso dimostra che egli aveva l’arma allo
scopo di usarla (= portarla) illegalmente e pertanto verrà giustamente condannato
per porto illegale d’armi.
Per trasportare armi in genere occorre essere muniti:
Di apposita licenza di trasporto rilasciata dal questore; è gratuita (pagamento di
due bolli) e deve indicare giorno e mezzo del trasporto; si può trasportare a
mezzo corriere (ma pochi accettano armi) o con il mezzo proprio; in questo caso
chiedere espressa autorizzazione.
Di una qualsiasi licenza di porto d’armi (ivi compresa quella per tiro a volo):
queste autorizzano a trasportare fino a sei armi alla volta, proprie o ricevute in
comodato, oppure un numero illimitato di parti d’armi. Le armi possono essere
trasportate, usando la dovuta diligenza nel custodirle, dove pare e piace (altra
abitazione, poligono, armeria). Attenzione a non impugnare l’arma in luogo
pubblico o aperto al pubblico (salvo che entro una armeria) perché si avrebbe un
porto; si dubita se si possa usare l’arma trasportata nel luogo privato altrui al
chiuso (es. trasporto di arma per sparare nel poligono privato di un amico). La
prassi attuale, seguita in molti poligoni privati e non contestata dalle Autorità, è
nel senso che chi trasporta un’arma, lunga o corta, in un poligono privato, può
anche usarla in esso.
Vi sono poi licenze di trasporto limitate e sono:
La licenza di trasporto di armi sportive: essa viene rilasciata dal questore, è
gratuita ed ha validità di un anno. Occorre il certificato di idoneità psicofisica (si
può usare lo stesso utilizzato per iscriversi alla soc. sportiva), ma non è richiesto
il certificato di abilità al maneggio delle armi; occorre inoltre l’attestazione del
TSN o di altra federazione sportiva di tiro affiliata al CONI, da cui risulti la
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partecipazione ad attività sportiva. La licenza non deve elencare le armi da
trasportare perché le armi sportive possono essere prese in comodato.
La licenza autorizza al solo trasporto di un massimo di sei armi sportive su tutto
il territorio italiano, senza limitazioni (non solo per andare ad un poligono). Non
autorizza all’acquisto in armeria di armi o munizioni.
La cosiddetta carta verde: chi frequenta il TSN ha diritto di ottenere la licenza di
trasporto di armi ad un TSN; è una carta di riconoscimento annuale rilasciata dal
Presidente e vidimata dal Questore; autorizza esclusivamente a trasportare al
poligono a cui si è iscritti, o a quelli in cui si vada per gare sociali, armi del tipo
consentito nel poligono, anche se non sportive.
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8. Bibliografia:
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Bocca L.G., Nove secoli di armi da caccia, Firenze, 1967.
-
Cadiou R., Alphonse R., Armi da Fuoco, Milano, Mondadori, 1978.
-
Davis W., Gli Uomini della Frontiera , Milano, Idealibri, 1993.
-
Davis W., I Pistoleri , Milano, Idealibri, 1993.
Durdik J., Mudra M., Sada M., Armi da Fuoco Antiche, La Spezia, Fratelli
Melita, 1993.
-
Giuseppe De Florentiis, Tecnologia delle armi da fuoco portatili, Milano,
Hoepli Editore, 1972 (ristampa del 1991).
-
Hogg I., Il Grande Libro delle Pistole di Tutto il Mondo, Milano, De Vecchi,
1978.
-
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Musciarelli L., Storia delle armi da fuoco, Brescia, 1973.
-
Peterson H., Armi da Fuoco nei Secoli, Milano, Mondadori, 1964.
-
Ricketts H., Armi da Fuoco, Milano, Mursia, 1962.
-
Romanini P., Cartucce per armi corte, Editoriale Olimpia, Firenze, 1991.
Venner D., Revolvers et Pistolets Américains, coll. « L'Univers des armes »,
Paris, Solar, 1996.
-
-
Wilkinson F., Pistole e Revolver, Milano, Vallardi, 1994.
-
Wilson R., Colt: Una Leggenda Americana, Roma, Gremese, 1987.
Wilson R., La Conquista del West: Armi e Avventure del West Americano,
Roma, Gremese, 1987.
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-
Williams D., T. Lemke, Foye's, Principi di Chimica Farmaceutica, Padova,
2005.
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9. Sitografia
-
www.world.guns.ru
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www.bignami.it
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www.earmi.it
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www.poliziadistato.it
-
www.carabinieri.it
-
www.guardieinformate.net
-
www.hunterworld.it
-
www.studiobalisticolopez.net
-
www.oppizzisagome.it
-
www.tsnravenna.com
-
www.beretta.it
-
www.accademiaditiro.it
-
www.fitds.it
-
www.interno.it
-
www.diamant-sas.it
-
www.fikm.it
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www.itdsp.net
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www.fiocchigfl.it
-
www.teamberetta.it
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10. Ringraziamenti
Ho voluto fare un capitolo specifico per i ringraziamenti perché senza le persone
che hanno collaborato con me non sarei mai e poi mai riuscito ad affrontare e
trattare le tematiche presenti in questa tesi. Inizio col ringraziare di cuore il TSN
di Ravenna, in particolar modo il Presidente Ivo Angelini, che mi ha dato la
possibilità e i mezzi per poter svolgere i test necessari per lo svolgimento di
questo elaborato, oltre ai disponibilissimi e gentili Nanetti Marco, Ravaglia
Battista, Filipponi Daniele, Gelli Walter, Bargossi Mario, Cortini Dario,
Mambelli Franco, Melone Galdino, Mengozzi Sergio, Zattoni Terzo, Bravetti
Germano, Balbi Franco, Sassi Stefania, Strocchi Fulvio, che con professionalità e
competenze fuori dal comune hanno contribuito in diverse parti della mia tesi.
Altro pilastro di questo progetto è stata la ditta Fiocchi, in particolar modo l’Ing.
Andrea Pomi, che mi ha fornito dati, materiali e documenti essenziali che mai
avrei potuto reperire. Per quanto concerne la parte psicologica, i test, l’analisi e i
confronti, non bastano le parole per esprimere tutta la mia più sincera gratitudine
al Prof. Brighetti Gianni dell’Università di Bologna Facoltà di Psicologia, che
oltre a dimostrarsi interessato alla mia tesi, è stato estremamente disponibile e
gentile durante tutte le fasi del percorso che ha permesso di individuare, cogliere
e studiare dati di altissimo interesse e di individuazione veramente difficile.
Ringrazio per la collaborazione il Dott. Andrea Tassinari, titolare della ditta
Diamant, per avermi fornito testi importantissimi in materia di armi e la Sua
personale Tesi di Laurea presentata nella Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di
Laurea in Storia Contemporanea, intitolata “Le munizioni da caccia e tiro: storia
ed evoluzione”. Altra collaborazione d’eccellenza per lo svolgimento dei test
affrontati in questa tesi è stata l’Associazione Tiro Dinamico Adriatic Shooting
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Club Ravenna, in particolar modo ringrazio il Presidente Enzo Zanardi, tiratore
d’eccellenza, che mi ha dato l’opportunità di sottoporre se stesso e altri membri
del Suo esclusivo Club ai test richiesti. Ringrazio Ricci Antonio, titolare
dell’Armeria Armisport Ravenna, per avermi dato l’enorme possibilità di entrare
in contatto con le maggiori ditte del settore armi e non solo, oltre che per la
pazienza che ha avuto con me nell’insegnamento di nozioni tecniche e pratiche
sulle armi e per il rapporto di sincera amicizia che si è venuto a creare nel corso
dello svolgimento di questo elaborato. Ringrazio inoltre la ditta Oppizzi sagome,
che mi ha fornito, oltre che consigliato opportunamente, le sagome utilizzate per
la ricerca della mia tesi. Ringrazio enormemente l’Istruttore Andrea Antonelli
dell’Accademia Benelli Beretta di Terni, in quanto è stato colui dal quale tutte le
idee di questa tesi hanno preso concretezza e che mi è stato di continuo supporto
per tutte le vicissitudini e problematiche riscontrate in questo arduo percorso.
Ringrazio inoltre per la formazione impartitami e per gli insegnamenti teorici e
pratici i vari istruttori della Federazione Italiana Krav-Maga e altri istruttori di
diverse tecniche di difesa, combattimento e arti marziali internazionali: in
particolar modo Didier Leclinche, Dacid Loiseau, Roberto Rovelli, Cristian
Burde, Marco Magliano, Paolo Colla, Josè Pincay, Alberto Merlo, Ferdinando
Torrano, Savino Pellegrino, Laura Cardone, Alessandro Marchetti, Antonello
D’Agostino, Antonio Risecchi.
Infine ringrazio tutti coloro che pur mantenendo l’anonimato si sono resi
disponibili per la realizzazione dei test (fulcro di questo elaborato) che hanno
costituito l’inequivocabile prova della differenza applicata alla realtà nell’uso
delle armi da fuoco (corte) nelle varie condizioni d’impiego.
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